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> anno_i:[2000 TO 2030}
StampaQuotidiana ,
Il governo di un tema delicatissimo come quello delle biotecnologie è una responsabilità dalla quale la sinistra non si può sottrarre . Sino ad oggi , e forse lo sarà ancora nel futuro , il confronto si è animato da posizioni che non comunicano , chiuse nelle reciproche certezze . E l ' attuale codificazione internazionale non è in grado di garantire i consumatori . Così prevalgono i massimalismi e la sfiducia nei processi regolativi , le stesse Organizzazioni internazionali diventano uno strumento discutibile di organizzazione e cade il consenso , prevale nella pubblica opinione il contrasto verso la loro funzione ( Seattle , Ginevra e a Genova ) . Le recenti scelte strategiche adottate dall ' Ue che apre agli Ogm innescano una scelta strategica che rischia di essere irreversibile per l ' intero pianeta . Quale ruolo per il nostro Paese ? Il patrimonio di biodiversità straordinario del nostro paese , da Sud a Nord , il rapporto che essa ha con il territorio , con l ' agricoltura , con i microclimi , con le tecniche di lavorazione , con gli usi e costumi popolari , con le stesse attività agroindustriali moderne sono una risorsa per una moderna applicazione di " biotecnologie sostenibili " . La ricerca , la sperimentazione , l ' applicazione di " biotecnologie sostenibili " per aree di intervento di forte omogeneità ( vegetali su vegetali ) può diventare la scelta italiana valorizzando con ciò il nostro patrimonio di biodiversità . Penso alla riduzione dell ' impatto della chimica , all ' adattamento dell ' agricoltura al cambio climatico , alla capacità che hanno alcuni prodotti vegetali contro la desertificazione , alla resistenza e capacità di eliminazione di elementi patogeni che danneggiano culture mediterranee strategiche come ulivo , pomodoro , e vite attualmente trattati solo con i prodotti di derivazione chimica ; alla possibilità di operare anche in maniera più produttiva sul non food , sulle bio - masse , tutti questi sono solo alcuni aspetti di un uso intelligente delle " biotecnologie sostenibili " ! Occorre dunque orientare lo sviluppo del modello di ricerca in questa direzione , coordinando gli strumenti nazionali , regionali , universitari e privati è indispensabile . Una ricerca pubblica , cioè , finalizzata a tracciare una " via italiana " verso la valorizzazione delle biotecnologie " sostenibili " , caratterizzata da una forte originalità che la differenzi da quella già in essere attualmente in altri paesi . In Europa , Francia , Germania e Gran Bretagna hanno già scelto come azione strategica di impegnarsi da qualche anno sulle biotecnologie , le stesse risorse del quinto programma quadro dell ' Unione Europea , alla luce degli impegni finanziari nazionali di quei paesi , nella ricerca , sono marginali . Di questo passo i ritardi che l ' Italia accumulerà saranno pesantissimi , ed anche la nostra opzione minima , quella della gestione intelligente della biodiversità ed il suo utilizzo sostenibile , rischia di essere una enunciazione di principio . Il patrimonio straordinario del nostro germoplasma non basta solo declinarlo , o prenderlo a riferimento , bisogna rafforzare le iniziative già avviate , quindi catalogarlo , studiarlo , verificarne le potenzialità , considerarlo " res - pubblica " e prepararci con ciò ad una concorrenza internazionale che attraverso anche la rapina dei brevetti e l ' utilizzo del germoplasma non protetto costruisce una nuova concezione di dominio e di negazione delle identità territoriali . L ' Italia , in occasione del recepimento della direttiva dell ' Ue sulle biotecnologie , deve presentarsi con una sua forte proposta , con un suo modello giuridico e con programmi precisi di sviluppo delle biotecnologie sostenibili che modifichi in profondità la direttiva , nonché con un proprio piano strategico sulla ricerca . Guardare all ' Europa con le nostre idee e non dimenticare mai la nostra natura di paese mediterraneo , sono questi i due nessi che devono orientare lo sviluppo del piano sulle " biotecnologie sostenibile nel nostro paese . Ad Ivry , Francia e Germania hanno deciso di costruire un polo misto pubblico - privato di importanza strategica , attraverso un modello scientifico molto avanzato questo polo strategico non può essere sviluppato senza la partecipazione del nostro paese , per altro già sollecitato e richiesto . Nel polo di Ivry il modello della nostra ricerca può influenzare e orientare un nucleo di modello europeo che sta nascendo , molto diverso dallo schema angloamericano che sino ad ora ha condizionato lo sviluppo delle biotecnologie . Nel Mediterraneo e in Africa , avanza la desertificazione e le crisi alimentari sono sempre più forti . I paesi del Nord Africa cercano modelli di sviluppo agroalimentari e spazi di mercato sempre più orientati verso l ' Europa . Al contrario l ' egemonia nei grandi gruppi internazionali del commercio e del modello quantitativo dell ' agricoltura verso quei paesi rischia di essere totale orientando la produzione sull ' uso indiscriminato della chimica residuale alla quale si associa il dumping sociale . Tutto ciò crea una spirale di insostenibilità nello sviluppo agroalimentare di quei paesi ! Il sistema produttivo agricolo del Nord Africa è inoltre privo del supporto scientifico e della formazione - informazione , ed è evidente l ' impatto che si determina sulla sostenibilità e sulle risorse ormai fragili e rarissime come l ' acqua e il suolo . L ' Italia può offrire una sponda fondamentale come principale realtà mediterranea a questi sistemi economico - sociali attraverso il sostegno dei progetti mirati : nella formazione e nella ricerca , ma soprattutto sarebbe davvero innovativo proporre un progetto per la gestione - conservazione e brevettabilità ad uso comune delle risorse di biodiversità nell ' area mediterranea . Un progetto che interscambia e fa vivere al nostro paese una funzione di cerniera tra Nord e Sud del mondo . La nuova legge finanziaria , " quella della ripresa " deve dare segnali importanti a questo nuovo indirizzo . E ' questa la nostra responsabilità !
StampaQuotidiana ,
Il villaggio globale vede circolare alla velocità degli elettroni il denaro , gli ordini di merci , le idee . Ma anche la paura . È una delle lezioni dell'11 settembre . Lezione che ai cristiani , tra le tante , pone anche questa domanda : è possibile globalizzare la speranza ? Dare al mondo motivi per sperare , destrutturando la paura ? Questo pensiero così formulato non c ' è , nel libro di don Mario Toso , Umanesimo sociale ( Edizioni Las , 453 pagine , 48.000 lire ) . Quando ha finito di scriverlo , le Twin Towers erano ancora dritte , ben puntate verso il cielo di Manhattan . Ma questo pensiero è come se ci fosse . Perché alla fine del poderoso volume , con la sua architettura forte e la sua ambizione di essere al tempo stesso analitico e sintetico , rimane questa impressione : il cristianesimo è chiamato a riprendere a produrre cultura , a dare al mondo un progetto di speranza e di pace fondato sull ' uomo , non su un ' ideologia , o una religione ideologizzata . Gli strumenti per farcela li ha . Forse però li ha anche , in parte , dimenticati . Dove sono ? Nella dottrina sociale , che Toso ci fa visitare . Un umanesimo sociale , dunque ; e teocentrico : " Un umanesimo - spiega Toso - aperto alla trascendenza , cosa tutt ' altro che scontata . C ' è chi propone sì un umanesimo , ma di segno diverso , affermando che la democrazia per sostenersi ha bisogno di una " religione civile " , nutrita di un umanesimo fondato su una ragione che prescinda da Dio e faccia " come se Dio non ci fosse " . No . La vera libertà dell ' uomo consiste non nel distaccarsi da Dio , ma nella relazione con Dio . L ' umanesimo in cui crediamo non è immanentista e chiuso , ma aperto a Dio . E proprio tale apertura gli dà respiro , lo fa lievitare " . Toso insegna Filosofia sociale presso l ' Ups ( Università Pontificia Salesiana ) e Magistero sociale presso l ' Istituto di pastorale della Pontificia Università Lateranense . Non è certo la prima volta che sostiene che per un progetto capace di dare speranza al mondo non occorre andare lontano . Basta la dottrina sociale , di cui il suo ultimo libro ripercorre tutti i temi fondamentali , una gigantesca sintesi che finisce per fare da piedistallo all ' umanesimo cristiano , sociale , trascendente . Umanesimo che si propone come pensiero forte . E spinge Toso ad affermazioni controcorrente , come questa : lo scetticismo genera intolleranza . Non il contrario ? " Lo scetticismo nega la possibilità di verità oggettive . Ma in tal modo è costretto a negare pure una verità del bene . L ' uomo perde l ' orientamento e tutti i diritti diventano al tempo stesso " veri " e " falsi " . Dove trovare le ragioni per rispettare l ' altro , se un bene oggettivo non esiste ? In questo modo ci si predispone all ' intolleranza " . Toso conosce le obiezioni . Non sarebbe migliore una democrazia che si basasse sullo scetticismo assoluto ? Non sarebbe intollerante proprio se si basasse , invece , sulla verità ? " Se tutto è relativo , ognuno si tiene la propria opinione e non esiste possibilità di confronto reale , perché , se la verità non esiste , a quale scopo dovremmo confrontarci ? " . D ' accordo , ma per il cristiano con il suo umanesimo che cos ' è il confronto se non il tentativo di persuadere ? Se il cristiano possiede già la verità , non ha bisogno di confrontarsi per cercarla insieme agli altri ... " Sì , la verità ci è stata donata . La " possediamo " , ma come esseri limitati . Ne cogliamo dei barlumi . E accanto alla verità , al singolare , ce ne sono tante altre , al plurale , che vanno conquistate grazie alla ragione " . Quindi il credente non è un despota ? " Nei Parlamenti , il credente fa ricorso non ad argomenti teologici , ma persuasivi . Deve mostrare la ragionevolezza di ciò in cui crede . Un esempio attuale ? Il dibattito sulla famiglia " . E qui siamo al nuovo umanesimo cristiano , verità alla ricerca di altre verità . Una sorta di work in progress ? " In un certo senso , sì . I nuovi modelli di vita ispirati cristianamente vanno realizzati in un contesto multiculturale , in un confronto con le altre religioni e visioni della vita . Di qui la necessità , oggi , di mostrare il volto del proprio umanesimo in termini chiari , comprensibili anche da chi è molto diverso . I contesti cambiano , di conseguenza anche il nuovo umanesimo muta profilo . Sarà forse una nuova cultura popolata di tante culture " . E Jacques Maritain ? Toso non nega di ritenerlo ancora il faro dell ' umanesimo futuro . Non è datato ? " In parte sì , lo è . Ma l ' anima della " città dell ' uomo " a ispirazione cristiana , la città pluralista fondata su una libertà non radicale , non indifferente riguardo al vero e al bene , la città fraterna in cui l ' autorità è a servizio della persona ... Questo nucleo rimane validissimo " . Ma criticato , anche in casa cattolica . L ' idea di pluralismo e apertura , contestano alcuni , nuoce all ' identità cristiana : " Ma no . I credenti , anche quando operano nel sociale , non possono spogliarsi del loro essere . L ' errore consiste nell ' intendere l ' autonomia del credente come distacco dalla comunione della Chiesa . E perché mai ? È proprio all ' interno della Chiesa che il credente trova elementi per il progetto " . L ' umanesimo cristiano è più che mai vivo , dunque . E la sensazione è che farà da fulcro al prossimo compendio di dottrina sociale in preparazione presso il Pontificio Consiglio " Giustizia e pace " . Originali e profetici , capaci di dare speranza a un mondo attanagliato dalla paura : a questo sono chiamati i cristiani . Toso non ha dubbi : ci riusciranno radicandosi nell ' umanesimo trascendente ; nell ' uomo capace di guardare nel modo vero , giusto e buono agli altri uomini e alla storia perché rivolto , con gli occhi dello spirito , verso l ' alto .
StampaQuotidiana ,
La matematica è la scienza che si nasconde . Tutti si dimenticano che esiste . A molti appare come una disciplina astratta , aristocratica e distaccata , coltivata da geni strampalati . Poi d ' improvviso ci si rende conto che quanto di più moderno c ' è nella vita pratica , tante novità che sfrecciano nella cronaca , presuppongono l ' intervento decisivo della matematica . Il bancomat è sicuro grazie a numeri primi e curve ellittiche . Le più travolgenti operazioni di Borsa sono guidate da giovani e brillanti matematici . Parafrasando un pensiero di Italo Calvino , si potrebbe dire : fare matematica è " nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperto " . Ma ci è voluta l ' Unesco , proclamando il 2000 " Anno della matematica " , per indurre il mondo a vincere un ' inveterata pigrizia intellettuale nei confronti di questa disciplina straordinaria . Per spiegare il peso reale della matematica nella società , domani si terrà a Milano una manifestazione a cura dei dipartimenti interessati delle cinque università milanesi . L ' iniziativa dell ' Unesco ha rotto il ghiaccio . Finalmente interpellati , i matematici hanno tanto da raccontare . La matematica si nasconde proprio perché è essenziale . " La verità , secondo me , è la sua ubiquità . La matematica è un po ' come l ' aria : ce ne accorgiamo quando manca " , rileva Giandomenico Boffi , ordinario di Algebra all ' Università di Trieste . È fuori discussione che la matematica sia " nascosta " agli occhi della gente . " Sfugge perfino la natura dinamica della matematica : spesso mi sento chiedere se c ' è qualcosa di nuovo da scoprire , e noto stupore attorno a me se parlo di teoremi nuovi " , nota ancora Boffi . " Sfugge la valenza culturale della matematica : quanti si vantano di apprezzare tutte le espressioni dell ' ingegno umano ( lettere , arti , diritto ) ma confessano , con civetteria , di non capire nulla di matematica ? " . I matematici ci hanno provato a far capire che la matematica è dovunque . Boffi cita " Matematica e cultura " , la manifestazione che dal 1997 si svolge ogni anno a Venezia . Le numerose sessioni hanno titoli come " Matematica e arte " , " Matematica e musica " , " Matematica ed economia " , e via dicendo . " Ma chi riconosce in uno splendido design l ' influsso della geometria frattale ? Chi è al corrente dell ' analisi matematica del suono nella musica moderna ? " . E poi , proprio le persone colte tradiscono la matematica . " Si parla di particelle subatomiche e di spazi intergalattici , di intelligenza artificiale , di telecomunicazioni , di meccanica quantistica . Ma si dimentica che sotto c ' è sempre una teoria matematica . E il trattamento dell ' informazione ? Presenta problemi di natura squisitamente matematica " , sottolinea Boffi . " E poi la matematica è un linguaggio comune agli esseri umani di ogni luogo e di ogni tempo " . Nuove sfide attendono questa scienza , che non ha affatto concluso il suo lavoro . Ma che cosa c ' è ancora da scoprire , in questo campo ? " Moltissimo . Sicuramente molto di più di quanto è stato scoperto finora " , interviene Marco Andreatta , professore di Geometria all ' Università di Trento . " La matematica è una scienza che si occupa dell ' infinito e , per sua natura , ogni volta che risolve un problema contemporaneamente ne apre altri , a quello collegati " . Andreatta avverte che la decisione dell ' Unesco è un riconoscimento da non prendere con indifferenza , un ' occasione da non sprecare , se si vuol dare sempre più slancio alla ricerca matematica e rilanciarne l ' immagine . " Il principio che ogni cosa in natura può essere misurata , tradotta in numeri ( e in altri oggetti matematici ) già appare in Galileo e forse anche prima di lui . Ma attenzione a non ridurre la matematica a soli numeri , magari elaborati al computer . La matematica comprende dell ' altro : l ' intuizione , la bellezza e l ' eleganza ( ci sono dimostrazioni più belle ed eleganti di altre ) " . Il ruolo dell ' educazione matematica è indispensabile allo sviluppo del pensiero razionale . " Uno dei tratti più importanti della nostra disciplina - commenta Andreatta - è la sua grande libertà di pensiero . Un pensiero mosso dalla curiosità della mente umana , spesso senza i vincoli dell ' applicabilità " . Ma , proprio mentre l ' Unesco punta sulla matematica , in Europa , e in particolare in Italia , lo spazio riservato a questa disciplina viene ridotto , nelle scuole superiori e nelle università ( dove , a Scienza e Ingegneria , cala il numero degli iscritti ) . " Ecco , io temo che su questo piano il proposito dell ' Unesco rischi una grave sconfitta " , confessa ancora Andreatta . E invece un ' educazione matematica è oggi più salutare che mai , " in quest ' epoca di faciloneria , in cui dominano l ' irrazionalismo e le pseudoscienze ( si pensi all ' astrologia ) " , prende la parola Claudio Citrini , ordinario di Analisi matematica al Politecnico di Milano . E aggiunge : " La matematica dovrebbe richiamare alla razionalità della logica e alla fantasia dell ' invenzione . Doti che scarseggiano sempre più . Il popolo di Internet dovrebbe essere molto accorto . La matematica potrebbe aiutarlo a non lasciarsi incantare come il villano davanti all ' imbonitore della fiera , a non prendere per verità assoluta tutto quello che incontra nella rete " . La matematica sostiene tutte le grandi tecnologie e permette di affrontare questioni finora invincibili . C ' è l ' analisi numerica dietro strutture complesse o imponenti : si va dalla scocca dell ' auto ai grandi ponti , ai grattacieli , alle piattaforme petrolifere . Questi calcoli coinvolgono centinaia di migliaia , se non milioni , di incognite . Le fenomenologie nuove che s ' incontrano nello studio di sistemi complessi ( come quelli biologici , o il moto dei corpi celesti ) possono essere investigate con tecniche matematiche moderne ( teoria delle catastrofi , frattali , sistemi dinamici ) che conducono a risultati assolutamente inaspettati , spiega Citrini . " La matematica dà certezze ma , vista dal di dentro , appare assai più problematica " , aggiunge Citrini . " I suoi rapporti con le altre scienze sono altrettanto strani " , osserva il professore . Cita Albert Einstein : " Le proposizioni della matematica , se si riferiscono alla realtà , non sono sicure ; se sono sicure , non si riferiscono alla realtà " . E commenta : " A mio parere , il fascino della matematica sta nel fatto che è terreno conquistato palmo a palmo , dopo un continuo combattere per ottenere un nuovo risultato , una nuova verità " . Matematica e fede . Citrini ricorda che molti matematici si sono cimentati in dimostrazioni dell ' esistenza di Dio . " La più famosa è quella probabilistica di Pascal ( la scommessa secondo la quale , per chi crede , il guadagno è di gran lunga superiore all ' eventuale perdita ) . Ma anche Leibniz inferiva l ' esistenza di Dio dal sistema binario ( l ' uno divino che , unendosi al nulla del creato , forma l ' immensa varietà del tutto ) . Ultimo è Gödel , il grande logico dei primi del '900 che matematizzò in termini moderni la dimostrazione ontologica di Sant ' Anselmo . Dimostrazioni interessanti , ma nessuna di esse può convincere chi non crede . Semplicemente , Dio non è un oggetto matematico , come non è un oggetto fisico . E non può essere studiato da nessuna scienza ( né per affermarlo né per negarlo ) . A maggior ragione , non lo è il Dio rivelato
Genoma, a un passo dalla mappa ( Mastrolilli Paolo , 2000 )
StampaQuotidiana ,
Ancora non siamo arrivati alla mappatura completa dei geni umani , ma la notizia annunciata ieri dalla compagnia americana Celera Genomics ci ha portati ad un passo da questo risultato . In sostanza , l ' azienda con sede a Rockville , nel Maryland , ha dichiarato di aver finito la sequenza dell ' intero genoma di un uomo . I suoi studiosi hanno individuato le componenti chimiche del Dna , che costituiscono i nostri geni . Ora devono metterle in ordine , capire le loro funzioni , e definire la mappa vera e propria del genoma . Questo lavoro potrebbe prendere ancora un paio di anni , e avviene in concorrenza con lo Human Genome Project , ossia il progetto di ricerca pubblico condotto dai laboratori di sei paesi , compresa l ' Italia . L ' iniziativa per fare la mappatura era partita 13 anni fa , e ha lo scopo di individuare tutti i geni dell ' essere umano , per capire come fanno funzionare il corpo , e come possono essere trattati per curare gravi malattie . Il Dna ha circa 3,5 miliardi di paia di componenti chimiche , che creano un numero tra 80.000 e 100.000 geni , detentori delle informazioni per tutti i processi del nostro corpo , compreso il colore della pelle o degli occhi . Il consorzio pubblico dello Human Genome Project , che ha avviato l ' impresa , ha l ' obiettivo di mettere i dati a disposizione degli scienziati di tutto il mondo , e pochi giorni fa il presidente americano Clinton e il premier britannico Blair hanno ribadito l ' impegno a seguire questa linea . La Celera Genomics , invece , è un ' azienda privata , che ha lo scopo di ricavare profitti da questa operazione . L ' anno scorso , infatti , i suoi dirigenti avevano offerto al consorzio pubblico di collaborare per accelerare il progetto , in cambio del diritto esclusivo ad utilizzare alcuni risultati , che potrebbero tornare utili sul piano commerciale a sviluppare terapie per le malattie . Ma Francis Collins , direttore del National Human Genome Research Institute , rifiutò l ' offerta , e da allora è cominciata una specie di competizione . Quindi è probabile che l ' annuncio della Celera abbia anche l ' obiettivo di aumentare la pressione sul consorzio pubblico , mentre di sicuro ha già raggiunto lo scopo di far salire il valore delle azioni della compagnia , che ieri a Wall Street è cresciuto subito del 23% . Dopo la presa di posizione di Clinton e Blair , infatti , tutto il mercato delle aziende biotecnologiche aveva sofferto una crisi . Ma mercoledì il capo della Casa Bianca ha chiarito che impegnandosi alla pubblicità dei dati , non voleva ostacolare il lavoro delle aziende private impegnate nello stesso progetto , e subito ieri è arrivato l ' annuncio della Celera . Francis Collins ha detto di essere contento per il risultato raggiunto dai concorrenti , ma i responsabili dello Human Genome Project sostengono che la tecnica usata da loro per raggiungere lo stesso obiettivo è più precisa e affidabile . Il presidente della Celera , Craig Venter , ha detto che la sua compagnia potrà completare una " brutta copia " del progetto nel giro di poche settimane , e anche il consorzio pubblico prevede di raggiungere lo stesso risultato entro l ' anno . La mappatura vera e propria , però , non dovrebbe essere completata prima di due o tre anni . L ' annuncio della Celera , comunque , rende ancora più attuali due problemi chiave : primo , chi ha il diritto di possedere i dati del genoma ; secondo , come bisogna usarli per il bene degli esseri umani . Sul primo tema , la posizione presa da Clinton e Blair dovrebbe garantire la pubblicità della mappatura , che ogni scienziato troverà su internet per utilizzarla liberamente nei suoi studi . Le terapie che verranno scoperte , però , sono un discorso diverso , e qui entreranno in ballo gli enormi interessi economici delle grandi aziende biotecnologiche e farmaceutiche .
Genoma, manipolati o salvati? ( Raineri Paolo , 2000 )
StampaQuotidiana ,
In questi giorni c ' è stato un turbinio di notizie nel campo della genetica umana . Hanno iniziato Clinton e Blair ricordando che il genoma umano non è brevettabile e che l ' iniziativa governativa anglo - americana renderà disponibile la sequenza completa entro poco tempo . Il Nasdaq , il listino di borsa americano che racchiude i titoli tecnologici , ha reagito negativamente all ' annuncio , a testimoniare i legami sempre più stretti tra ricerca biologica e investimenti . Ha fatto seguito il 24 marzo l ' annuncio che il genoma della Drosophila , il moscerino della frutta che riveste una grande importanza nei laboratori di genetica , era stato completamente sequenziato . Dei giorni scorsi l ' annuncio della stessa Celera Genomics di aver terminato una sequenza quasi completa del genoma della nostra specie . Ma ieri il responsabile della fondazione internazionale " Progetto genoma umano " , Francis Collins , ha messo in dubbio il completamento della sequenza . Il tutto mentre si rincorrono voci e smentite sulla clonazione umana . Per questo è necessario non solo che vi sia un ampio dibattito su queste problematiche , ma soprattutto che vi sia una corretta informazione su quanto sta succedendo . Ospitiamo l ' intervento di Paolo Raineri e Paolo Vezzoni , dell ' Istituto di tecnologie biomediche avanzate del Cnr di Milano e collaboratori di Renato Dulbecco , e un ' intervista al decano dei genetisti italiani , il gesuita Angelo Serra . L ' ultimo secolo ha segnato un tumultuoso avanzamento nelle scienze della vita . La genetica , la branca della biologia che studia i meccanismi ereditari , si è imposta all ' attenzione dei ricercatori e poi del grande pubblico non solo come un insieme di conoscenze tese ad interpretare i fenomeni del vivente , ma anche come una serie di tecnologie che incidono fortemente sulla nostra vita quotidiana . Oggi ci si rivolge alla genetica per investigare malattie di grande diffusione come quelle tumorali , per diagnosticare con grande precisione i pazienti affetti da malattie ereditarie o per cercare di affrontare piaghe sociali quale quella dell ' Aida . In tutte queste patologie , il colpevole si trova nel genoma delle nostre cellule , cioè nel Dna , quella molecola di oltre tre miliardi di " lettere " che nel suo insieme racchiude tutte le istruzioni perché il nostro organismo si formi a partire da un ' unica cellula embrionaria e possa poi funzionare nel migliore dei modi . L ' alterazione anche di una sola di queste lettere può segnare fin dalla nascita la sorte dell ' individuo e portarlo a morte o ad invalidità permanente , sottolineando , se ancora ce ne fosse bisogno , quanto aleatorio sia il destino dell ' uomo . Oggi , grazie al Progetto Genoma iniziato poco meno di quindici anni fa , conosciamo quasi per intero tutto il testo racchiuso nel genoma della nostra specie . Si è trattato di un grande sforzo della comunità scientifica internazionale che sta per giungere a compimento non una ma due volte , in quanto all ' impegno del settore pubblico si è contrapposta un ' aggressiva iniziativa privata capitanata da Craig Venter , che da ricercatore degli Istituti nazionali di sanità di Bethesda nel Maryland è passato a dirigere il progetto privato . Questo sta a dimostrare non solo che i benefici sono enormi , ma che essi sono anche potenzialmente sfruttabili in termini commerciali . È intuibile che ogni nuova tecnologia possa portare con sé costi e benefici . Sarebbe ingenuo pensare che le scoperte scientifiche risolvano problemi senza crearne di nuovi . Un ' analisi razionale tuttavia consente in genere di massimizzare i vantaggi e ridurre i danni . Cosa ci può dare la conoscenza dei meccanismi che regolano i geni ottenuta nell ' ambito del Progetto Genoma ? Al momento attuale ci dà essenzialmente i mezzi per diagnosi precise e precoci , e in un futuro , speriamo prossimo , ci darà delle cure , che , bisogna ripeterlo bene per evitare atroci illusioni , non sono proprio dietro l ' angolo . La terapia genica , ad esempio , su cui si poggiano numerose speranze , non si è ancora rivelata utile in nessun paziente . D ' altro canto si deve pensare al fatto che l ' insulina oggi utilizzata per curare milioni di diabetici è insulina umana , cioè il prodotto di uno dei nostri geni , ottenuta con le tecniche dell ' ingegneria genetica . Cosa possiamo aspettarci di brutto dalla genetica ? Molti temono un ' invasione della privacy dell ' individuo . Certamente sarà possibile prevedere la predisposizione dell ' individuo ad alcune malattie e conseguentemente ognuno conoscerà di più sul proprio destino . Prendiamo ad esempio il morbo di Huntington , una grave malattia ereditaria in cui i primi sintomi si manifestano solo verso la quarta decade di vita . Il gene responsabile di questa malattia è stato individuato ed è così possibile predire alla nascita se un bambino si ammalerà o no . Le conseguenze psicologiche dell ' esecuzione del test possono essere drammatiche , perché chi risulterà sano trarrà un sospiro di sollievo , ma chi ne uscirà condannato potrebbe cadere in una grave depressione . La predizione delle malattie però non è una novità in campo medico , anzi è lo scopo principale di una branca della medicina preventiva , basti pensare ai test per identificare i cosiddetti " gruppi a rischio " per una determinata patologia . Con la genetica la precisione aumenterà notevolmente , ma resteranno sempre i criteri fondamentali della pratica clinica , la volontarietà dell ' esame e il segreto professionale , che sono già codificati dalle leggi , che , nel caso , potranno essere rinforzate . Nel caso del morbo di Huntington , ad esempio , ognuno è libero di sottoporsi o meno al test diagnostico e se deciderà di eseguirlo rimarrà l ' unico destinatario dell ' informazione . Lo stesso discorso vale per eventuali discriminazioni nelle assunzioni o nella stipula di assicurazioni , in quanto la legge può proibire la richiesta di esami da parte del datore di lavoro o della compagnia assicuratrice . L ' ultima paura riguarda infine la manipolazione genetica dell ' uomo . Questa può essere di due tipi , quella tesa a ristabilire la normalità , nel caso ad esempio di una malattia genetica ( terapia genica ) , e quella tesa al miglioramento della specie , reale o immaginario . Per quanto riguarda la terapia genica , quella eseguita sul singolo individuo ( terapia genica somatica ) è ormai accettata da tutti , essendo in sostanza uguale a qualsiasi intervento terapeutico di tipo tradizionale : in questo caso la modificazione rimane solamente nel paziente e non viene passata alla progenie . Vi sarebbe tuttavia la possibilità teorica di effettuare una terapia genica sulle cellule germinali o sugli embrioni a uno stadio assai precoce , così che non solo ne verrebbe curato il paziente , ma anche tutta la sua discendenza . Questo approccio , detto di terapia genica germinale , è in questo momento al di là delle nostre possibilità pratiche , e secondo molti sarebbe da vietare in ogni caso . Crediamo tuttavia che , se un domani si superassero gli ostacoli tecnici che la rendono oggi impossibile , essa non debba essere rifiutata a priori , ma attentamente vagliata sulla base dei benefici che essa potrebbe dare . In fondo , non si tratterebbe di un ' alterazione del genoma umano ma semplicemente di una sua " restitutio ad integrum " , che è essenzialmente lo scopo di tutta la scienza medica . Per quanto riguarda invece la possibilità di migliorare ( o peggiorare ? ) selettivamente la specie umana sulla base delle conoscenze acquisite nell ' ambito del Progetto Genoma , la prospettiva è assai più lontana , e per il momento non è ben chiaro neanche come questo potrebbe aver luogo , né con che benefici . Ma a prescindere da ciò , ogni intervento dovrebbe limitarsi a pratiche terapeutiche preventive o all ' eliminazione di difetti ; peraltro non vi sono criteri assoluti e conseguenti vincoli riguardo il concetto di " miglioramento " , che si presterebbe pertanto ad ogni genere di abusi . Possibilità nuove danno origine a problemi morali nuovi e , a volte , inediti . Ci sembra , però , che i tradizionali metodi di valutazione etica siano spesso insufficienti o inadeguati , in ragione soprattutto del loro riferimento a principi o norme troppo astratte e generali . Si ha l ' impressione che vi sia spesso uno iato tra la cultura scientifica biologica e il pensiero cattolico , il quale , pur focalizzandosi su alcuni aspetti peraltro importantissimi , lascia che altri vengano tranquillamente ignorati , come se fossero qualcosa che veramente non ci riguarda .
Credenti, tornate a sant'Ignazio ( Cecchetti Maurizio , 2001 )
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" Il confronto con la Riforma ha messo in ombra l ' attenzione alla " forma culturale " . L ' unico a rivalutarla è stato von Balthasar " . " Sono lontano dalle posizioni di Vattimo e di Prini . Sono convinto che occorra riscoprire il rito cercando di liberarsi delle proprie passioni " Uno dei libri più noti del filosofo dell ' estetica Mario Perniola riprende il titolo da una espressione che Walter Benjamin usa nel saggio sulla moda quando parla appunto di " sex appeal dell ' inorganico " . Avendo ben presenti le riflessioni di Leopardi , Benjamin coglie della moda la spinta mortificante , che costringe appunto il corpo dentro un artificio , lo rende cosa morta . Perniola , rovesciando la prospettiva di Benjamin , pensa invece che la " cosa " , proprio perché è inerte , possa costituire una metafora paradigmatica per l ' uomo contemporaneo rispetto a uno sviluppo della tecnica che rompe la barriera tra naturale e artificiale , tra corpo e protesi ; secondo Perniola quello tecnologico è il mondo dove la " cosa " acquista una enigmatica capacità di sentire , mentre l ' uomo si trasforma fino a farsi " cosa " , ovvero si purifica delle sue passioni . Il rimando al " post - organico " , tema di molteplici riflessioni in questi ultimi decenni , è d ' obbligo . Perniola ha scritto un saggio che ci riguarda da vicino : s ' intitola infatti " Del sentire cattolico " , e uscirà nei prossimi giorni dall ' editrice il Mulino . Non è un saggio da " credente " , Perniola si definisce " laico " ma non in quanto ateo , e la prima parte del libro ha un titolo sibillino : " Perché non posso non dirmi " cattolico " " . Richiamo a Croce che , tuttavia , rimanda alla questione storica dello scisma protestante , " è a partire da quella ferita storica - dice Perniola - che io intendo mostrare quali sono i caratteri essenziali del cattolicesimo " . Cattolico , per Perniola , è qualcosa che si spiega solo nel contrappunto con la Riforma . Il cattolicesimo che Perniola intende è ben delineato nel sottotitolo del libro : " La forma culturale di una religione universale " . Inutile nascondersi che la posizione del filosofo è critica verso il cattolicesimo dogmatico e la sua etica , che secondo Perniola si sono " irrigiditi troppo negli ultimi secoli , e penso - dice - alla lettera apostolica del 1998 Ad tuendam fidem , che ribadisce l ' estraneità alla piena comunione con la Chiesa cattolica di chi respinge determinate dottrine attinenti al campo dogmatico o morale " . Per Perniola la forma dogmatica che il cattolicesimo ha assunto dopo il Concilio di Trento è fondamentalmente ideologica , tesa al proselitismo e meno a determinare una cultura capace di arrivare anche a chi non è cattolico . " Pensi - mi dice - al successo culturale del protestantesimo , alla svolta culturale che il protestantesimo ha avuto con l ' illuminismo e quanta influenza ha esercitato sul pensiero ; e dall ' altro al successo culturale dell ' ebraismo dovuto al fatto che l ' ebraismo è una religione senza proselitismo . A mio avviso sarebbe una strada auspicabile anche per il cattolicesimo e nel mio libro cerco di dire che questo è già avvenuto , che fa parte dell ' essenza del cattolicesimo , sta scritto nel XVI secolo tra il 1517 , anno in cui Lutero si distacca dalla Chiesa , e il 1563 , quando si chiude il Concilio di Trento . Il mio punto di vista è che questa potenzialità culturale c ' era già ma è stata emarginata nel tempo con progressivi irrigidimenti dottrinali , secondo un principio di " rivalità mimentica " che la Chiesa ha manifestato verso il protestantesimo , l ' illuminismo , l 'ideologia..." . Perniola usa qui un concetto di René Girard , l ' antropologo e letterato che ha rivisto le teorie del " capro espiatorio " nel sacrificio primitivo mettendo in luce la sostanziale diversità e il capovolgimento radicale portato da Cristo col proprio olocausto ; il concetto è appunto quello della " rivalità mimentica " : " Nel senso - spiega Perniola - dell ' assunzione dei caratteri dell ' avversario per potersi mantenere sullo stesso piano " . Se così stanno le cose , dove sarebbe il limite del cattolicesimo attuale ? Secondo il filosofo consiste nell ' aver sacrificato gli aspetti formali e istituzionali che gli erano propri a vantaggio di quelli dogmatici : come esempio positivo cita sant ' Ignazio e il metodo pedagogico gesuitico . " Quando parlo di " forma culturale di una religione universale " - spiega - intendo una forma che consenta il confronto , per esempio , con le religioni orientali : sant ' Ignazio dice che gli esercizi spirituali possono essere fatti da tutti , credenti e non , anche dai pagani . Il suo , in definitiva , era un metodo per trovare l ' equilibrio spirituale a la propria strada nel mondo . In questo senso sostengo che il cattolicesimo può mettere tra parentesi le affermazioni dogmatiche e morali . E in effetti , guardando bene , si vede che l ' umanismo gesuitico è tattica più che strategia , perché i gesuiti si scoprono filoumanisti in Europa , in India sono filoinduisti , così come in Cina sono filoconfuciani . Il tema fondamentale dei discepoli di sant ' Ignazio è la flessibilità , non la difesa rigorosa dell ' identità che invece è tipica dell ' intellettuale umanista " . Non le pare che un cattolicesimo inteso come metodo o forma meditativa rischi di diventare una religione dell ' esteriorità ? " No , la vera contrapposizione è tra una religione della soggettività , che diventa una esperienza " dal di dentro " tipica della modernità e del protestantesimo , e una religione anti - soggettiva , che esalta appunto il proprio coefficiente di universalità , e produce un ' esperienza " dal di fuori " , cioè consente all ' individuo di liberarsi dalle sue passioni , dalle sue affezioni disordinate , per vedere la differenza nel mondo e nella storia , piuttosto che , come nel protestantesimo , cercare la differenza in Dio " . Uno dei nomi che Perniola evoca nel nostro colloquio è quello del teologo svizzero Hans Urs von Balthasar , l ' unico , secondo Perniola , ad aver riproposto nel nostro secolo la questione della " forma " essenziale del cattolicesimo , forma che Balthasar ritrova più spesso nell ' opera di certi poeti o scrittori che nei teologi . Anche Perniola , se dovesse indicare due nomi che nel Novecento hanno espresso i caratteri essenziali del cattolicesimo , chiamerebbe in causa due scrittori piuttosto che i teologi : sono l ' austriaco Robert Musil e la brasiliana Clarice Lispector . In particolare , a Perniola interessa di von Balthasar il tentativo di mostrare la continuità tra mondanità e sovramondanità , tra ellenismo e cristianesimo . Mi domando se questa interpretazione del pensiero di von Balthasar non sia conseguente con l ' idea di ritrovare nel cattolicesimo una linea di continuità col paganesimo ... Perniola replica secco : " Direi , piuttosto , con lo stoicismo " . Allo stoicismo - aggiunge - " si ricollega l ' idea di una " sensibilità anti - soggettiva " che tende alla liberazione dalle proprie passioni , senza essere per questo mera apatia , piuttosto è la dimensione di una " partecipazione impartecipe " al mondo e alla storia . Il riferimento è ancora Ignazio : non si poteva passare alla seconda settimana degli Esercizi se non si era raggiunto un punto d ' indifferenza ed essere così pronti ad assumere uno stato o un ' altro secondo quale sarà la volontà di Dio , la storia in sostanza . Il cattolicesimo come metodo o come forma può fare a meno della trascendenza ... " . Ma una fede nell ' ordine della pura immanenza , senza escatologia , non le sembra che si riduca a essere un credo per intellettuali , oppure una mera pratica meditativa ? " La mia strada è ben diversa da quella del cristianesimo debole di Vattimo o dallo " scisma sommerso " di Prini . Io metto tra parentesi la dimensione del credere e propongo quella del sentire , di un ' esperienza distaccata , che però è esperienza . Mi chiedo piuttosto se questa esigenza religiosa non possa essere soddisfatta dalla dimensione rituale e cerimoniale che invece mi sembra sia stata messa in disparte negli ultimi decenni ... " . Ma un rito senza contenuto non le pare un ' illusione ? " No , penso invece che sia un interrogativo su come andranno le cose , su quale sarà la volontà di Dio ; è un ' attenzione al problema della storia , e nel caso specifico , proprio per allontanare il sospetto di una religione per intellettuali , credo che il rito possa essere una strada accessibile a tutti " . Il rito però ha come sfondo una comunità ... " Secondo me no . Mi hanno molto aiutato , in questo senso , le riflessioni sul rito di Aldo Natale Terrin ( Il rito . Antropologia e fenomenologia della ritualità , Morcelliana , 1999 , ndr ) . La mia attenzione è diretta a chi sostiene che il rito non ha altra funzione che produrre delle persone ritualizzate , oppure che il rito non ha alcun significato , è , come spiega Terrin , autoreferenziale e autotelico , quindi nei suoi caratteri fondamentali implica il distacco da tutto ciò che è vitalistico , soggettivistico .
Vietato fare storia ( Blondet Maurizio , 2000 )
StampaQuotidiana ,
La patria è in pericolo . " Ritornano gli sconfitti della storia " ; le forze " fanatiche " , " reazionarie " e " sanfediste " dell ' anti - Risorgimento sono lanciate in " una aggressione contro i principi laici e liberali che sono parte fondante della Costituzione repubblicana " , con " propositi di erosione dell ' assetto democratico della società " . È Alessandro Galante Garrone a gridare ieri quest ' allarme un po ' spropositato in prima pagina di La Stampa con un articolo - anzi un appello " firmato già da 66 intellettuali " - di chiamata alla Nuova Resistenza : i sanfedisti assetati di rivincita " devono essere respinti " . La loro " provocazione è inaccettabile per l ' Italia civile " . Con chi ce l ' ha ? Con il tentativo , spiega , " nel meeting di Comunione e Liberazione " di denigrare il Risorgimento . Quell ' evento già dimenticato dalla cronaca continua a irritare i custodi universitari della Storia . Anzi , l ' irritazione cresce più il tempo passa . Galante Garrone è solo l ' ultimo a insorgere . Sempre su La Stampa , nella " data emblematica del 20 settembre " ( sic ) tre storici come Galasso , Salvadori e Tranfaglia hanno già gridato la loro indignazione per " il revisionismo " della " parte più primitiva del clericalismo italiano " . Il 22 settembre su Repubblica Salvadori rincara : è " un revisionismo da combattere " . Il 26 , un altro storico torinese , Angelo d ' Orsi , torna su La Stampa a spiegare : è vero , la " revisione è l ' anima della storia " . Ma essa va strappata dalle mani " degli ideologi di turno , siano i neointegralisti papisti o gli ammiratori del duce , per arrivare fino ai negatori dei campi di sterminio nazisti " . Solo " la cultura democratica e razionalista conosce l ' unico modo serio di essere revisionisti " . Conclusione ( nel titolo ) : " Il revisionismo è di sinistra " , altrimenti è un delitto . Esagerano ? " Quel che più spiace , è constatare che questa " ingiunzione a tacere " viene da storici che sanno il loro mestiere " , risponde lo storico Giorgio Rumi . " Io sono un cattolico che difende il Risorgimento , penso che l ' Unità d ' Italia sia stata un bene ; non per questo vilipendo chi combatté per i Borboni . Da una parte perché i cosiddetti " vinti " sono miei concittadini . Dall ' altra perché so che il Risorgimento non fu la lotta fra Luce e Tenebre , fra Progresso Laico e Reazione cattolica , raccontata da una certa versione ufficiosa . I fatti e le persone furono molto più complessi . Cavour e Ricasoli erano dei cristiani . Visconti Venosta , il ministro degli Esteri che preparò le condizioni per la presa di Roma , visse una crisi di coscienza che trascinò per vent ' anni . Il tenente che aprì a cannonate la breccia di Porta Pia finì frate di clausura . Nel Conclave del 1849 , l ' Austria mise un veto sull ' elezione di Mastai Ferretti , il futuro " reazionario " Pio IX , perché lo giudicava troppo liberale " . Aggiunge Rumi : " Mi pare penoso che quegli storiografi si arroghino un diritto di censura su chi interpreta i documenti in modo diverso . Come se usassero la storia per sacralizzare un assetto istituzionale di fatto , anziché per scoprire come è davvero andata . La storia non si scrive per difendere " la linea giusta " . La generazione di Galante Garrone è quella che , giustamente , si disgustò della " romanità " recitata dal fascismo . Dovrebbe dunque essere in grado di capire che i giovani di Cl , proprio in quanto giovani , fanno la stessa cosa : sentono finta la versione autorizzata del Risorgimento , non ci si ritrovano , la sfidano . E la sfida intellettuale , poi , è il bello della ricerca , storica e scientifica " . Ma la " generazione dei Galante Garrone " non ha accolto bene nemmeno la sfida di De Felice , la sua lettura del fascismo . " Giovanni Volpe fece lavorare alla Enciclopedia Italiana degli storici che sapeva bene essere antifascisti " , racconta Rumi a modo di apologo : " Quanti di noi sapremmo , quanti saprebbero avere la stessa generosità intellettuale , oggi ? Volpi fu grande in questo . E alcuni storiografi ufficiosi sono piccini " . Dice Agostino Giovagnoli ( storico alla Cattolica di Milano ) : " C ' è poco di storico in questa chiamata alle armi degli storici . Vedo un tentativo di risollevare una conflittualità , questa sì antistorica , fra cattolici e laici : e la provocazione della mostra di Rimini in fondo , fa comodo . Consente di gridare " al lupo " per un lupo di carta . In realtà , oggi , laici e cattolici sono entrambi minoranza di fronte a una società flaccidamente adagiata nel vuoto di valori e progetti " . Un altro storico , Francesco Traniello , docente di storia contemporanea a Scienze Politiche a Torino , giustifica : " L ' eccesso d ' allarme di tanti storiografi laici , fra cui ho molti amici , nasce dal fatto che quella mostra sull ' " altro Risorgimento " ha coinciso , del tutto casualmente , con la beatificazione di Pio IX . Per di più in un passaggio politico , dove è opportuno " tener fermo " ( lo raccomanda anche il Papa ) un certo grado di unità nazionale , contro derive disgreganti . E la reazione del campo laico è resa più esasperata da un fatto : il tipo di argomenti scelto dalla " provocazione " di Cl non appartiene agli argomenti polemici tradizionali di quella che Spadolini chiamò " l ' opposizione cattolica " , che è poi più il cattolicesimo sociale che quello liberale . Quelli , non sono mai giunti ad attaccare il mito dello Stato nazionale , a ridurre il Risorgimento a oppressione criminosa . Del resto , anche molti cattolici non mi pare siano stati contenti di quelle uscite cielline ... " . Appunto : i ciellini sono giovani d ' oggi . Non chiedono a nessuno il permesso di pensare . " D ' accordo . Non ci sono argomenti - tabù . Ma si deve sapere che nel campo laico certi nervi sono più scoperti . Mi sentirei di invitare tutti a più reciproca tolleranza . Qualche elemento comune deve pur restare ed essere difeso da tutti " . Franco Cardini è canzonatorio : " Nel momento in cui tutti , destra e sinistra , sono ( a parole ) per rifare l ' Italia in senso federale , come scandalizzarsi che qualcuno rilegga la storia dell ' unificazione nazionale ? E poi , l ' area culturale che ci ha rotto per anni le orecchie col " vietato vietare " , ora vuol vietare una lettura storica che discute la storia ufficiale . Mi sembra che i veri clericali siano proprio loro , i difensori d ' ufficio della versione " intoccabile " del Risorgimento " . E Pietro Scoppola ? " Non posso rispondere " , si scusa , " perché sto giusto scrivendo un articolo per Repubblica sul tema sollevato da Galante Garrone . Anche in risposta della sciagurata manifestazione anticlericale del 20 settembre " . Lo leggeremo .
Miracolo sulle rive del Tago ( Rossella Carlo , 2000 )
StampaPeriodica ,
Viviane , la proprietaria del ristorante A Travessa , ritrovo dei deputati a due passi dall ' assemblea nazionale portoghese , ha scovato un bel sistema per offrire pesce fresco ai suoi clienti . " Ho distribuito dei telefonini ai pescatori . Così mi chiamano dalle barche e mi dicono cosa hanno pescato in quel momento " . Il telefonino sui pescherecci è uno dei tanti simboli del nuovo Portogallo globalizzato ed europeo , passato in 25 anni dal quasi Medioevo del dottor Antonio de Oliveira Salazar al gsm bi - banda dell ' epoca socialista - democratica di Antonio Guterres . Il nuovo monumento di Lisbona , quello che tutti i tassisti consigliano di vedere , non è più la torre di Belem , che veglia ai bordi del Tago su un impero definitivamente scomparso . Ma è lo shopping center Colombo , un miraggio americano , un simbolo della globalizzazione commerciale , atterrato alla periferia della capitale . Un inviato di Le Figaro lo ha visitato e ne è rimasto stupefatto : 6 mila posti per parcheggiare le auto , 50 ristoranti , 450 negozi , apertura senza sosta per 365 giorni l ' anno , migliaia di clienti e di famiglie in visita , inebriati dal consumismo e dal miracolo portoghese . Anche se gli stipendi sono bassi ( il salario medio raggiunge appena 1.350.000 lire al mese lorde e quello di un quadro i 3 milioni ) , a dispetto di un sistema sociale arcaico ( non c ' è nulla fra il medico privato a 90 mila lire minime per visita e l ' ospedale pubblico dove si aspetta anni per essere operati ) , i 10 milioni di portoghesi consumano e si indebitano , visto che hanno una grande fiducia nel futuro del loro paese . La disoccupazione è al minimo storico , i posti di lavoro sono in continua crescita e l ' Europa non smette di pompare denaro nell ' economia . Il Portogallo , che dall'1 gennaio 2000 ha la presidenza semestrale dell ' Unione Europea , deve tutto all ' Europa . Agli inizi degli anni 80 , un quinquennio o poco più dalla rivoluzione dei garofani che cancellò definitivamente il regime salazarista , i lusitani guardavano ancora al mare . Oggi hanno scoperto , come nel Quindicesimo secolo , un nuovo continente , più redditizio delle Indie . Gli aiuti provenienti da Bruxelles coprono il 12 per cento del bilancio nazionale portoghese . Dal 1995 a oggi , per esempio , più di 35 mila miliardi di lire sono arrivati a Lisbona . E altrettanti ne arriveranno da qui al 2006 , quando i piani di assistenza avranno termine e il Portogallo dovrà camminare sulle proprie gambe . Almeno 110 mila posti di lavoro sono stati creati grazie all ' Europa . Coi fondi dell ' Unione si sono costruiti ponti , strade , autostrade , infrastrutture tecnologiche . Oggi i principali investimenti dello stato sono rivolti a migliorare la situazione delle zone rurali e poverissime dell ' interno . Non un escudo è stato sprecato o rubato . Non vi sono stati casi vergognosi di spreco , alla maniera della nostra Cassa del Mezzogiorno . La classe dei paesi si vede anche dalla gestione degli aiuti internazionali . Non a caso i grandi gruppi dell ' economia globalizzata preferiscono il Portogallo all ' Italia . Sulle rive del Tago ci sono più efficienza e onestà che su quelle del Tevere .
StampaQuotidiana ,
Quetta ( Pakistan ) - « Vivo o morto » , aveva detto giorni fa il presidente George Bush in uno dei suoi brevi infuocati appelli all ' America e al mondo , sollecitando una rapida clamorosa conclusione della caccia al principe del terrorismo , Osama Bin Laden , e presunto responsabile numero uno del « più atroce crimine contro l ' umanità » di tutti i tempi . Non c ' è bisogno di una taglia sopra la sua testa , come per Jessie James nel Far West , per incentivare le migliaia di investigatori che dall ' 11 settembre stanno indagando senza sosta , con accanimento , ma finora senza tangibili risultati . La supposizione che Bin Laden abbia lasciato il Paese o sia stato trafugato altrove ( ad esempio attraverso lo stretto corridoio montano che lambisce , all ' estremità , il territorio cinese ) è stata accolta con scetticismo dai segugi più scaltri e meglio informati . Fino ad ora quasi tutte le piste confluiscono nel cuore tenebroso dell ' Afghanistan , un Paese così ricco di anfratti , spelonche , caverne , cunicoli , canyon , voragini e miniere abbandonate che sembra fatto apposta per offrire rifugio permanente a un uomo in fuga . Come territorio prediletto di caccia , è stata scelta la zona attorno a Kandahar , capoluogo della provincia omonima sudoccidentale , che dall ' autunno del ' 96 è la sede del governo talebano e del suo inclito capo , il mullah Mohammad Omar . È stato proprio quest ' ultimo a convincere Bin Laden a lasciare Kabul , città insidiosa e politicamente equivoca , e a trasferirsi nella capitale del Sud - ovest , dove avrebbe trovato terreno fertile per il suo fervore di apostolo dell ' integralismo . E in qualche modo tutto questo ha funzionato fino al mese scorso : ma dall ' 11 settembre , le mura di Kandahar non son più bastate a proteggerlo , né le sue moschee , né le fittissime siepi dei suoi fioriti giardini . Prima ancora che il mullah Omar glielo consigliasse , Bin Laden ha messo al sicuro la sua famiglia in luoghi estremi e a « prova di bomba » , fuori dall ' eventuale traiettoria degli ordigni punitivi di Bush : un gruppetto di sfollati Vip - vien suggerito con ironia - , di cui fanno parte le quattro mogli - l ' ultima sposata recentemente - e la numerosa prole . Se è rimasto in zona , Bin Laden non deve essere troppo lontano dalla sua famiglia : ma nel tentativo di neutralizzare e prevenire le segnalazioni degli spioni , si sposterebbe di continuo , con moto perpetuo , da un nascondiglio all ' altro . Ma non è improbabile che abbia scelto altri luoghi dove la sua presenza sarebbe meno sospetta . L ' Afghanistan lo conosce bene ( quasi certamente meglio della sua patria , l ' Arabia Saudita ) essendoci stato negli anni Ottanta per combattere contro i russi a fianco dei mujaheddin ; ed essendovi tornato nel ' 96 , quando lo scacciarono - lui , il munifico finanziatore del terrorismo islamico - dal Sudan . La maggior parte dei capi - guerriglieri della guerra santa contro gli sciuravi , i russi , non sono più - come si dice - « sulla piazza » : e se lo fossero , dubito che vogliano inginocchiarsi accanto a lui cinque volte al giorno per pregare Allah o spartire con lui , la sera , riso , montone e latte cagliato . Ahmad Shad Massud , il leone del Panshir , è morto assassinato due giorni prima dell ' attacco alla due Torri ; il comandante Abdul Haq - altro vero eroe - peregrina da un Paese all ' altro , in esilio permanente ; il generale uzbeko Dustan , uomo per tutte le stagioni , è chissà dove ; altri oscuri eroi della Resistenza ai sovietici si sono eclissati per sempre , senza medaglie . Il solo uomo che potrebbe tendergli la mano e oserebbe farlo è Gulbuddin Heckmatyar , ex leader dello Hezb - i - Islami ( uno dei sette partiti della Santa Alleanza contro i sovietici ) , che dall ' Iran - dove si trova - si è detto pronto a tornare e ad abbracciare la causa dei talebani . Accomunati dalla stessa indole , sono dotati , ambedue , di sentimenti gentili : quand ' era studente di ingegneria a Kabul , durante il regime filosovietico , Gulbuddin ( è stato lui stesso a raccontarmelo ) portava in tasca la cartavetro per raschiar via il rossetto dalle labbra delle studentesse più audaci . Avendo amici ovunque , Bin Laden avrebbe potuto scegliere il rifugio da lui ritenuto più sicuro in ognuna delle trentadue province dell ' Afghanistan . Era a Jalalabad , nel Ningrahar , il 12 settembre del ' 96 quando i talebani la misero a ferro e a fuoco ; ed era a Kabul , due settimane dopo , quando cacciarono il governo legittimo di Rabbani - Massud . Era a Khost , a fine agosto del ' 98 , quando i missili americani colpirono un campo d ' addestramento per ucciderlo e ne uscì illeso . « Vivo o morto » , ha detto il presidente Bush . C ' è chi suggerisce che , se lo vogliono vivo , la caccia all ' uomo deve assumere ritmi più veloci : e questo perché Bin Laden - 44 anni - non gode ottima salute . Afflitto da un mal di schiena che lo perseguita da anni , il finanziatore del terrorismo islamico cammina a fatica e deve appoggiarsi ad un bastone . Ma non basta . Ha problemi di bassa pressione e disturbi ai reni . Secondo notizie di cronaca impossibili da verificare , è stato necessario l ' intervento urgente di un medico iracheno che si è precipitato in Afghanistan per assisterlo . Ha destato perciò sorpresa l ' annuncio ( se non si tratta di pura fantasia ) che con tanti acciacchi il miliardario arabo - saudita abbia voluto inserire nel suo harem una nuova , incontaminata perla . Non diversamente dalla salute , anche il suo favoloso patrimonio economico - secondo fonti del più stretto entourage talebano - sarebbero in declino : al punto - scrivono i giornali - da non poter più accedere per mancanza di fondi alle organizzazioni finanziarie internazionali che hanno finora sostenuto il movimento integralista islamico da lui fondato nel ' 98 , Al Qaeda . Ma non si può escludere il sospetto che all ' origine di queste voci vi sia il tentativo di sgretolare l ' « invulnerabilità » e « sacralità » ( per i suoi seguaci ) del personaggio . Gli afghani in fuga da Kandahar non hanno molto da raccontare quando , esausti e bianchi di polvere , raggiungono il Passo di Chaman , dopo una marcia ( più spesso a piedi ) di 120 chilometri . Stanno ammucchiati sotto il sole per ore nella terra di nessuno mentre le guardie di frontiera pachistane esaminano i documenti . Solo chi ha le carte in regola , può andare oltre , appena fuori dalla minaccia della guerra . Solo qualche giorno fa , trecento profughi ( in maggioranza donne e bambini ) erano riusciti a superare in qualche modo , semiclandestinamente , la barriera e avevano trovato temporaneo rifugio in un « campo » di vecchi afghani , scappati negli anni Ottanta , durante l ' invasione sovietica . Ma la polizia pachistana li ha snidati , caricati sui camion e poi scaricati nella terra di nessuno , a Chaman . Le donne piangevano , i bambini strillavano . Niente da fare . Tra le sue molte tragedie , il Pakistan ha anche questa . Ci sono già tre milioni di profughi nei termitai umani lungo il confine : e quei trecento , cui se ne aggiungeranno fatalmente altre centinaia di migliaia nei prossimi mesi , erano già di troppo . A Chaman ero stato altre volte , negli anni Ottanta . Non era difficile passare la frontiera perché i militari pachistani davano man forte ai guerriglieri afghani , contro i russi . Il difficile era raggiungere Kandahar , perché l ' unica strada era sorvegliata dalle truppe sovietiche ed esposta alle mitragliate dei Mig che la sorvolavano regolarmente . Per noi cronisti non esisteva altra soluzione che affrontare la crosta del deserto su una moto , nel mio caso una Yamaha , guidata da uno spericolato mujaheddin . « Desert very big » , mi aveva detto prima che mi mettessi a cavalcioni sul sellino : davvero grande quel deserto . E lo stato delle mie ossa , quando arrivai a destinazione dopo quindici - sedici ore di marcia , non era quello della partenza . Era il maggio dell ' 86 . Dopo sei anni e mezzo di guerra - aveva scritto - Kandahar era ancora , tra i grandi capoluoghi di provincia afghani , la città discola e impertinente che l ' Armata Rossa non era mai riuscita completamente a soggiogare . Si trovava in una situazione di comproprietà militare tra le forze del regime ( filosovietico ) e i vari gruppi della Resistenza . La potevi visitare solo di notte , quando i russi si ritiravano nelle caserme di periferia e lei tornava in mano alla sua gente , ai mujaheddin . « Kandahar è nostra - dicevano - , almeno fino all ' alba » . Adesso è del mullah Omar , dei talebani , di Osama Bin Laden . E gli afghani se ne scappano via , per sempre .
Se scompare la Farnesina dell'Eni ( Rossella Carlo , 2000 )
StampaPeriodica ,
Da quasi cinquant ' anni l ' Eni è una delle poche aziende italiane globalizzate . Alla fine degli anni Cinquanta l ' Ente nazionale idrocarburi , allora guidato dalla mano felice di Enrico Mattei , divenne una temibile potenza nel campo petrolifero ed energetico . Tanto potente da costringere i nemici ' amerikani ' di Mattei a tessere contro di lui un ' orribile congiura sfociata nella esplosione in volo dell ' aereo del presidente a Bascapè . L ' Eni , grazie al sostegno del premier Amintore Fanfani e all ' appoggio della sinistra Dc , aveva sviluppato nel mondo , soprattutto in quello arabo , una sua diplomazia molto efficiente . Al Quai d ' Orsay e al Foreign Office ancora ricordano l ' impegno dell ' apparato Eni a favore dell ' Fln algerino e dei movimenti indipendentisti in Africa occidentale . La politica estera dell ' ente , in quei tempi , i tempi dei cosiddetti ' mau mau della Farnesina ' , era in completa sintonia con quella del ministero degli Esteri . Fu questa la felice stagione della politica mediterranea dell ' Italia , tanto criticata a Washington , a Parigi e a Londra . Da allora l ' Eni ha sempre avuto un forte apparato all ' estero , guidato da personaggi di primissimo ordine , veri antesignani della globalizzazione e della mondializzazione . Per chi in questi ultimi decenni ha viaggiato fra Il Cairo e Caracas , Hong Kong e Teheran , Baghdad e Lagos , gli uomini dell ' Eni hanno sempre rappresentato un interessante punto di riferimento . Alla struttura internazionale dell ' Eni si è sempre appoggiato Franco Bernabè . Anche su questo apparato voleva fondare la sua strategia di suprema globalizzazione e mondializzazione del gruppo petrolifero un uomo di altissimo valore internazionale come l ' ambasciatore Renato Ruggiero , ex presidente dell ' Eni . Ma con una nota del 3 agosto 1999 ( quando era amministratore delegato ) Vittorio Mincato ha abolito la famosa direzione esteri , ha messo gli uffici di Londra , Vienna , Riyad , Istanbul , Tokyo e Singapore alle dipendenze del direttore generale della divisione Agip Luciano Sgubini ( da sempre critico verso la struttura diplomatica dell ' Eni e sostenitore di quella più commerciale dell ' Agip ) e si è preso direttamente carico delle sedi di New York e Mosca . E come risulta , da pochi giorni Sgubini ha addirittura deciso , d ' accordo con l ' attuale presidente Mincato , di dare il colpo finale alla ' Farnesina ' dell ' Eni e di chiudere definitivamente alcune sedi in Asia , Africa ed Europa ( i nomi sono ancora segreti ) e di richiamare in patria uomini di grande esperienza . In un momento tanto importante per le alleanze internazionali il vertice dell ' Eni si preoccupa di ridurre quelle rappresentanze all ' estero dove si possono trovare futuri partner e possibili convergenze . Tale comportamento appare , a dir poco , strano . Tutto ciò fa però capire meglio il mistero delle dimissioni di Ruggiero . L ' ambasciatore , uomo dai grandi orizzonti e dalle grandi strategie , si sentiva un po ' limitato nella sua azione da quel certo provincialismo che lo circondava . Proprio la soppressione , fortemente voluta da Mincato , della direzione esteri dell ' Eni gli aveva fatto capire che era giunto il momento di mollare . Così vanno le cose in Italia , un paese dove si parla a vanvera di globalizzazione ma si fa poco per sostenerne i protagonisti .