StampaQuotidiana ,
Il
governo
di
un
tema
delicatissimo
come
quello
delle
biotecnologie
è
una
responsabilità
dalla
quale
la
sinistra
non
si
può
sottrarre
.
Sino
ad
oggi
,
e
forse
lo
sarà
ancora
nel
futuro
,
il
confronto
si
è
animato
da
posizioni
che
non
comunicano
,
chiuse
nelle
reciproche
certezze
.
E
l
'
attuale
codificazione
internazionale
non
è
in
grado
di
garantire
i
consumatori
.
Così
prevalgono
i
massimalismi
e
la
sfiducia
nei
processi
regolativi
,
le
stesse
Organizzazioni
internazionali
diventano
uno
strumento
discutibile
di
organizzazione
e
cade
il
consenso
,
prevale
nella
pubblica
opinione
il
contrasto
verso
la
loro
funzione
(
Seattle
,
Ginevra
e
a
Genova
)
.
Le
recenti
scelte
strategiche
adottate
dall
'
Ue
che
apre
agli
Ogm
innescano
una
scelta
strategica
che
rischia
di
essere
irreversibile
per
l
'
intero
pianeta
.
Quale
ruolo
per
il
nostro
Paese
?
Il
patrimonio
di
biodiversità
straordinario
del
nostro
paese
,
da
Sud
a
Nord
,
il
rapporto
che
essa
ha
con
il
territorio
,
con
l
'
agricoltura
,
con
i
microclimi
,
con
le
tecniche
di
lavorazione
,
con
gli
usi
e
costumi
popolari
,
con
le
stesse
attività
agroindustriali
moderne
sono
una
risorsa
per
una
moderna
applicazione
di
"
biotecnologie
sostenibili
"
.
La
ricerca
,
la
sperimentazione
,
l
'
applicazione
di
"
biotecnologie
sostenibili
"
per
aree
di
intervento
di
forte
omogeneità
(
vegetali
su
vegetali
)
può
diventare
la
scelta
italiana
valorizzando
con
ciò
il
nostro
patrimonio
di
biodiversità
.
Penso
alla
riduzione
dell
'
impatto
della
chimica
,
all
'
adattamento
dell
'
agricoltura
al
cambio
climatico
,
alla
capacità
che
hanno
alcuni
prodotti
vegetali
contro
la
desertificazione
,
alla
resistenza
e
capacità
di
eliminazione
di
elementi
patogeni
che
danneggiano
culture
mediterranee
strategiche
come
ulivo
,
pomodoro
,
e
vite
attualmente
trattati
solo
con
i
prodotti
di
derivazione
chimica
;
alla
possibilità
di
operare
anche
in
maniera
più
produttiva
sul
non
food
,
sulle
bio
-
masse
,
tutti
questi
sono
solo
alcuni
aspetti
di
un
uso
intelligente
delle
"
biotecnologie
sostenibili
"
!
Occorre
dunque
orientare
lo
sviluppo
del
modello
di
ricerca
in
questa
direzione
,
coordinando
gli
strumenti
nazionali
,
regionali
,
universitari
e
privati
è
indispensabile
.
Una
ricerca
pubblica
,
cioè
,
finalizzata
a
tracciare
una
"
via
italiana
"
verso
la
valorizzazione
delle
biotecnologie
"
sostenibili
"
,
caratterizzata
da
una
forte
originalità
che
la
differenzi
da
quella
già
in
essere
attualmente
in
altri
paesi
.
In
Europa
,
Francia
,
Germania
e
Gran
Bretagna
hanno
già
scelto
come
azione
strategica
di
impegnarsi
da
qualche
anno
sulle
biotecnologie
,
le
stesse
risorse
del
quinto
programma
quadro
dell
'
Unione
Europea
,
alla
luce
degli
impegni
finanziari
nazionali
di
quei
paesi
,
nella
ricerca
,
sono
marginali
.
Di
questo
passo
i
ritardi
che
l
'
Italia
accumulerà
saranno
pesantissimi
,
ed
anche
la
nostra
opzione
minima
,
quella
della
gestione
intelligente
della
biodiversità
ed
il
suo
utilizzo
sostenibile
,
rischia
di
essere
una
enunciazione
di
principio
.
Il
patrimonio
straordinario
del
nostro
germoplasma
non
basta
solo
declinarlo
,
o
prenderlo
a
riferimento
,
bisogna
rafforzare
le
iniziative
già
avviate
,
quindi
catalogarlo
,
studiarlo
,
verificarne
le
potenzialità
,
considerarlo
"
res
-
pubblica
"
e
prepararci
con
ciò
ad
una
concorrenza
internazionale
che
attraverso
anche
la
rapina
dei
brevetti
e
l
'
utilizzo
del
germoplasma
non
protetto
costruisce
una
nuova
concezione
di
dominio
e
di
negazione
delle
identità
territoriali
.
L
'
Italia
,
in
occasione
del
recepimento
della
direttiva
dell
'
Ue
sulle
biotecnologie
,
deve
presentarsi
con
una
sua
forte
proposta
,
con
un
suo
modello
giuridico
e
con
programmi
precisi
di
sviluppo
delle
biotecnologie
sostenibili
che
modifichi
in
profondità
la
direttiva
,
nonché
con
un
proprio
piano
strategico
sulla
ricerca
.
Guardare
all
'
Europa
con
le
nostre
idee
e
non
dimenticare
mai
la
nostra
natura
di
paese
mediterraneo
,
sono
questi
i
due
nessi
che
devono
orientare
lo
sviluppo
del
piano
sulle
"
biotecnologie
sostenibile
nel
nostro
paese
.
Ad
Ivry
,
Francia
e
Germania
hanno
deciso
di
costruire
un
polo
misto
pubblico
-
privato
di
importanza
strategica
,
attraverso
un
modello
scientifico
molto
avanzato
questo
polo
strategico
non
può
essere
sviluppato
senza
la
partecipazione
del
nostro
paese
,
per
altro
già
sollecitato
e
richiesto
.
Nel
polo
di
Ivry
il
modello
della
nostra
ricerca
può
influenzare
e
orientare
un
nucleo
di
modello
europeo
che
sta
nascendo
,
molto
diverso
dallo
schema
angloamericano
che
sino
ad
ora
ha
condizionato
lo
sviluppo
delle
biotecnologie
.
Nel
Mediterraneo
e
in
Africa
,
avanza
la
desertificazione
e
le
crisi
alimentari
sono
sempre
più
forti
.
I
paesi
del
Nord
Africa
cercano
modelli
di
sviluppo
agroalimentari
e
spazi
di
mercato
sempre
più
orientati
verso
l
'
Europa
.
Al
contrario
l
'
egemonia
nei
grandi
gruppi
internazionali
del
commercio
e
del
modello
quantitativo
dell
'
agricoltura
verso
quei
paesi
rischia
di
essere
totale
orientando
la
produzione
sull
'
uso
indiscriminato
della
chimica
residuale
alla
quale
si
associa
il
dumping
sociale
.
Tutto
ciò
crea
una
spirale
di
insostenibilità
nello
sviluppo
agroalimentare
di
quei
paesi
!
Il
sistema
produttivo
agricolo
del
Nord
Africa
è
inoltre
privo
del
supporto
scientifico
e
della
formazione
-
informazione
,
ed
è
evidente
l
'
impatto
che
si
determina
sulla
sostenibilità
e
sulle
risorse
ormai
fragili
e
rarissime
come
l
'
acqua
e
il
suolo
.
L
'
Italia
può
offrire
una
sponda
fondamentale
come
principale
realtà
mediterranea
a
questi
sistemi
economico
-
sociali
attraverso
il
sostegno
dei
progetti
mirati
:
nella
formazione
e
nella
ricerca
,
ma
soprattutto
sarebbe
davvero
innovativo
proporre
un
progetto
per
la
gestione
-
conservazione
e
brevettabilità
ad
uso
comune
delle
risorse
di
biodiversità
nell
'
area
mediterranea
.
Un
progetto
che
interscambia
e
fa
vivere
al
nostro
paese
una
funzione
di
cerniera
tra
Nord
e
Sud
del
mondo
.
La
nuova
legge
finanziaria
,
"
quella
della
ripresa
"
deve
dare
segnali
importanti
a
questo
nuovo
indirizzo
.
E
'
questa
la
nostra
responsabilità
!
StampaQuotidiana ,
Il
villaggio
globale
vede
circolare
alla
velocità
degli
elettroni
il
denaro
,
gli
ordini
di
merci
,
le
idee
.
Ma
anche
la
paura
.
È
una
delle
lezioni
dell'11
settembre
.
Lezione
che
ai
cristiani
,
tra
le
tante
,
pone
anche
questa
domanda
:
è
possibile
globalizzare
la
speranza
?
Dare
al
mondo
motivi
per
sperare
,
destrutturando
la
paura
?
Questo
pensiero
così
formulato
non
c
'
è
,
nel
libro
di
don
Mario
Toso
,
Umanesimo
sociale
(
Edizioni
Las
,
453
pagine
,
48.000
lire
)
.
Quando
ha
finito
di
scriverlo
,
le
Twin
Towers
erano
ancora
dritte
,
ben
puntate
verso
il
cielo
di
Manhattan
.
Ma
questo
pensiero
è
come
se
ci
fosse
.
Perché
alla
fine
del
poderoso
volume
,
con
la
sua
architettura
forte
e
la
sua
ambizione
di
essere
al
tempo
stesso
analitico
e
sintetico
,
rimane
questa
impressione
:
il
cristianesimo
è
chiamato
a
riprendere
a
produrre
cultura
,
a
dare
al
mondo
un
progetto
di
speranza
e
di
pace
fondato
sull
'
uomo
,
non
su
un
'
ideologia
,
o
una
religione
ideologizzata
.
Gli
strumenti
per
farcela
li
ha
.
Forse
però
li
ha
anche
,
in
parte
,
dimenticati
.
Dove
sono
?
Nella
dottrina
sociale
,
che
Toso
ci
fa
visitare
.
Un
umanesimo
sociale
,
dunque
;
e
teocentrico
:
"
Un
umanesimo
-
spiega
Toso
-
aperto
alla
trascendenza
,
cosa
tutt
'
altro
che
scontata
.
C
'
è
chi
propone
sì
un
umanesimo
,
ma
di
segno
diverso
,
affermando
che
la
democrazia
per
sostenersi
ha
bisogno
di
una
"
religione
civile
"
,
nutrita
di
un
umanesimo
fondato
su
una
ragione
che
prescinda
da
Dio
e
faccia
"
come
se
Dio
non
ci
fosse
"
.
No
.
La
vera
libertà
dell
'
uomo
consiste
non
nel
distaccarsi
da
Dio
,
ma
nella
relazione
con
Dio
.
L
'
umanesimo
in
cui
crediamo
non
è
immanentista
e
chiuso
,
ma
aperto
a
Dio
.
E
proprio
tale
apertura
gli
dà
respiro
,
lo
fa
lievitare
"
.
Toso
insegna
Filosofia
sociale
presso
l
'
Ups
(
Università
Pontificia
Salesiana
)
e
Magistero
sociale
presso
l
'
Istituto
di
pastorale
della
Pontificia
Università
Lateranense
.
Non
è
certo
la
prima
volta
che
sostiene
che
per
un
progetto
capace
di
dare
speranza
al
mondo
non
occorre
andare
lontano
.
Basta
la
dottrina
sociale
,
di
cui
il
suo
ultimo
libro
ripercorre
tutti
i
temi
fondamentali
,
una
gigantesca
sintesi
che
finisce
per
fare
da
piedistallo
all
'
umanesimo
cristiano
,
sociale
,
trascendente
.
Umanesimo
che
si
propone
come
pensiero
forte
.
E
spinge
Toso
ad
affermazioni
controcorrente
,
come
questa
:
lo
scetticismo
genera
intolleranza
.
Non
il
contrario
?
"
Lo
scetticismo
nega
la
possibilità
di
verità
oggettive
.
Ma
in
tal
modo
è
costretto
a
negare
pure
una
verità
del
bene
.
L
'
uomo
perde
l
'
orientamento
e
tutti
i
diritti
diventano
al
tempo
stesso
"
veri
"
e
"
falsi
"
.
Dove
trovare
le
ragioni
per
rispettare
l
'
altro
,
se
un
bene
oggettivo
non
esiste
?
In
questo
modo
ci
si
predispone
all
'
intolleranza
"
.
Toso
conosce
le
obiezioni
.
Non
sarebbe
migliore
una
democrazia
che
si
basasse
sullo
scetticismo
assoluto
?
Non
sarebbe
intollerante
proprio
se
si
basasse
,
invece
,
sulla
verità
?
"
Se
tutto
è
relativo
,
ognuno
si
tiene
la
propria
opinione
e
non
esiste
possibilità
di
confronto
reale
,
perché
,
se
la
verità
non
esiste
,
a
quale
scopo
dovremmo
confrontarci
?
"
.
D
'
accordo
,
ma
per
il
cristiano
con
il
suo
umanesimo
che
cos
'
è
il
confronto
se
non
il
tentativo
di
persuadere
?
Se
il
cristiano
possiede
già
la
verità
,
non
ha
bisogno
di
confrontarsi
per
cercarla
insieme
agli
altri
...
"
Sì
,
la
verità
ci
è
stata
donata
.
La
"
possediamo
"
,
ma
come
esseri
limitati
.
Ne
cogliamo
dei
barlumi
.
E
accanto
alla
verità
,
al
singolare
,
ce
ne
sono
tante
altre
,
al
plurale
,
che
vanno
conquistate
grazie
alla
ragione
"
.
Quindi
il
credente
non
è
un
despota
?
"
Nei
Parlamenti
,
il
credente
fa
ricorso
non
ad
argomenti
teologici
,
ma
persuasivi
.
Deve
mostrare
la
ragionevolezza
di
ciò
in
cui
crede
.
Un
esempio
attuale
?
Il
dibattito
sulla
famiglia
"
.
E
qui
siamo
al
nuovo
umanesimo
cristiano
,
verità
alla
ricerca
di
altre
verità
.
Una
sorta
di
work
in
progress
?
"
In
un
certo
senso
,
sì
.
I
nuovi
modelli
di
vita
ispirati
cristianamente
vanno
realizzati
in
un
contesto
multiculturale
,
in
un
confronto
con
le
altre
religioni
e
visioni
della
vita
.
Di
qui
la
necessità
,
oggi
,
di
mostrare
il
volto
del
proprio
umanesimo
in
termini
chiari
,
comprensibili
anche
da
chi
è
molto
diverso
.
I
contesti
cambiano
,
di
conseguenza
anche
il
nuovo
umanesimo
muta
profilo
.
Sarà
forse
una
nuova
cultura
popolata
di
tante
culture
"
.
E
Jacques
Maritain
?
Toso
non
nega
di
ritenerlo
ancora
il
faro
dell
'
umanesimo
futuro
.
Non
è
datato
?
"
In
parte
sì
,
lo
è
.
Ma
l
'
anima
della
"
città
dell
'
uomo
"
a
ispirazione
cristiana
,
la
città
pluralista
fondata
su
una
libertà
non
radicale
,
non
indifferente
riguardo
al
vero
e
al
bene
,
la
città
fraterna
in
cui
l
'
autorità
è
a
servizio
della
persona
...
Questo
nucleo
rimane
validissimo
"
.
Ma
criticato
,
anche
in
casa
cattolica
.
L
'
idea
di
pluralismo
e
apertura
,
contestano
alcuni
,
nuoce
all
'
identità
cristiana
:
"
Ma
no
.
I
credenti
,
anche
quando
operano
nel
sociale
,
non
possono
spogliarsi
del
loro
essere
.
L
'
errore
consiste
nell
'
intendere
l
'
autonomia
del
credente
come
distacco
dalla
comunione
della
Chiesa
.
E
perché
mai
?
È
proprio
all
'
interno
della
Chiesa
che
il
credente
trova
elementi
per
il
progetto
"
.
L
'
umanesimo
cristiano
è
più
che
mai
vivo
,
dunque
.
E
la
sensazione
è
che
farà
da
fulcro
al
prossimo
compendio
di
dottrina
sociale
in
preparazione
presso
il
Pontificio
Consiglio
"
Giustizia
e
pace
"
.
Originali
e
profetici
,
capaci
di
dare
speranza
a
un
mondo
attanagliato
dalla
paura
:
a
questo
sono
chiamati
i
cristiani
.
Toso
non
ha
dubbi
:
ci
riusciranno
radicandosi
nell
'
umanesimo
trascendente
;
nell
'
uomo
capace
di
guardare
nel
modo
vero
,
giusto
e
buono
agli
altri
uomini
e
alla
storia
perché
rivolto
,
con
gli
occhi
dello
spirito
,
verso
l
'
alto
.
StampaQuotidiana ,
La
matematica
è
la
scienza
che
si
nasconde
.
Tutti
si
dimenticano
che
esiste
.
A
molti
appare
come
una
disciplina
astratta
,
aristocratica
e
distaccata
,
coltivata
da
geni
strampalati
.
Poi
d
'
improvviso
ci
si
rende
conto
che
quanto
di
più
moderno
c
'
è
nella
vita
pratica
,
tante
novità
che
sfrecciano
nella
cronaca
,
presuppongono
l
'
intervento
decisivo
della
matematica
.
Il
bancomat
è
sicuro
grazie
a
numeri
primi
e
curve
ellittiche
.
Le
più
travolgenti
operazioni
di
Borsa
sono
guidate
da
giovani
e
brillanti
matematici
.
Parafrasando
un
pensiero
di
Italo
Calvino
,
si
potrebbe
dire
:
fare
matematica
è
"
nascondere
qualcosa
in
modo
che
poi
venga
scoperto
"
.
Ma
ci
è
voluta
l
'
Unesco
,
proclamando
il
2000
"
Anno
della
matematica
"
,
per
indurre
il
mondo
a
vincere
un
'
inveterata
pigrizia
intellettuale
nei
confronti
di
questa
disciplina
straordinaria
.
Per
spiegare
il
peso
reale
della
matematica
nella
società
,
domani
si
terrà
a
Milano
una
manifestazione
a
cura
dei
dipartimenti
interessati
delle
cinque
università
milanesi
.
L
'
iniziativa
dell
'
Unesco
ha
rotto
il
ghiaccio
.
Finalmente
interpellati
,
i
matematici
hanno
tanto
da
raccontare
.
La
matematica
si
nasconde
proprio
perché
è
essenziale
.
"
La
verità
,
secondo
me
,
è
la
sua
ubiquità
.
La
matematica
è
un
po
'
come
l
'
aria
:
ce
ne
accorgiamo
quando
manca
"
,
rileva
Giandomenico
Boffi
,
ordinario
di
Algebra
all
'
Università
di
Trieste
.
È
fuori
discussione
che
la
matematica
sia
"
nascosta
"
agli
occhi
della
gente
.
"
Sfugge
perfino
la
natura
dinamica
della
matematica
:
spesso
mi
sento
chiedere
se
c
'
è
qualcosa
di
nuovo
da
scoprire
,
e
noto
stupore
attorno
a
me
se
parlo
di
teoremi
nuovi
"
,
nota
ancora
Boffi
.
"
Sfugge
la
valenza
culturale
della
matematica
:
quanti
si
vantano
di
apprezzare
tutte
le
espressioni
dell
'
ingegno
umano
(
lettere
,
arti
,
diritto
)
ma
confessano
,
con
civetteria
,
di
non
capire
nulla
di
matematica
?
"
.
I
matematici
ci
hanno
provato
a
far
capire
che
la
matematica
è
dovunque
.
Boffi
cita
"
Matematica
e
cultura
"
,
la
manifestazione
che
dal
1997
si
svolge
ogni
anno
a
Venezia
.
Le
numerose
sessioni
hanno
titoli
come
"
Matematica
e
arte
"
,
"
Matematica
e
musica
"
,
"
Matematica
ed
economia
"
,
e
via
dicendo
.
"
Ma
chi
riconosce
in
uno
splendido
design
l
'
influsso
della
geometria
frattale
?
Chi
è
al
corrente
dell
'
analisi
matematica
del
suono
nella
musica
moderna
?
"
.
E
poi
,
proprio
le
persone
colte
tradiscono
la
matematica
.
"
Si
parla
di
particelle
subatomiche
e
di
spazi
intergalattici
,
di
intelligenza
artificiale
,
di
telecomunicazioni
,
di
meccanica
quantistica
.
Ma
si
dimentica
che
sotto
c
'
è
sempre
una
teoria
matematica
.
E
il
trattamento
dell
'
informazione
?
Presenta
problemi
di
natura
squisitamente
matematica
"
,
sottolinea
Boffi
.
"
E
poi
la
matematica
è
un
linguaggio
comune
agli
esseri
umani
di
ogni
luogo
e
di
ogni
tempo
"
.
Nuove
sfide
attendono
questa
scienza
,
che
non
ha
affatto
concluso
il
suo
lavoro
.
Ma
che
cosa
c
'
è
ancora
da
scoprire
,
in
questo
campo
?
"
Moltissimo
.
Sicuramente
molto
di
più
di
quanto
è
stato
scoperto
finora
"
,
interviene
Marco
Andreatta
,
professore
di
Geometria
all
'
Università
di
Trento
.
"
La
matematica
è
una
scienza
che
si
occupa
dell
'
infinito
e
,
per
sua
natura
,
ogni
volta
che
risolve
un
problema
contemporaneamente
ne
apre
altri
,
a
quello
collegati
"
.
Andreatta
avverte
che
la
decisione
dell
'
Unesco
è
un
riconoscimento
da
non
prendere
con
indifferenza
,
un
'
occasione
da
non
sprecare
,
se
si
vuol
dare
sempre
più
slancio
alla
ricerca
matematica
e
rilanciarne
l
'
immagine
.
"
Il
principio
che
ogni
cosa
in
natura
può
essere
misurata
,
tradotta
in
numeri
(
e
in
altri
oggetti
matematici
)
già
appare
in
Galileo
e
forse
anche
prima
di
lui
.
Ma
attenzione
a
non
ridurre
la
matematica
a
soli
numeri
,
magari
elaborati
al
computer
.
La
matematica
comprende
dell
'
altro
:
l
'
intuizione
,
la
bellezza
e
l
'
eleganza
(
ci
sono
dimostrazioni
più
belle
ed
eleganti
di
altre
)
"
.
Il
ruolo
dell
'
educazione
matematica
è
indispensabile
allo
sviluppo
del
pensiero
razionale
.
"
Uno
dei
tratti
più
importanti
della
nostra
disciplina
-
commenta
Andreatta
-
è
la
sua
grande
libertà
di
pensiero
.
Un
pensiero
mosso
dalla
curiosità
della
mente
umana
,
spesso
senza
i
vincoli
dell
'
applicabilità
"
.
Ma
,
proprio
mentre
l
'
Unesco
punta
sulla
matematica
,
in
Europa
,
e
in
particolare
in
Italia
,
lo
spazio
riservato
a
questa
disciplina
viene
ridotto
,
nelle
scuole
superiori
e
nelle
università
(
dove
,
a
Scienza
e
Ingegneria
,
cala
il
numero
degli
iscritti
)
.
"
Ecco
,
io
temo
che
su
questo
piano
il
proposito
dell
'
Unesco
rischi
una
grave
sconfitta
"
,
confessa
ancora
Andreatta
.
E
invece
un
'
educazione
matematica
è
oggi
più
salutare
che
mai
,
"
in
quest
'
epoca
di
faciloneria
,
in
cui
dominano
l
'
irrazionalismo
e
le
pseudoscienze
(
si
pensi
all
'
astrologia
)
"
,
prende
la
parola
Claudio
Citrini
,
ordinario
di
Analisi
matematica
al
Politecnico
di
Milano
.
E
aggiunge
:
"
La
matematica
dovrebbe
richiamare
alla
razionalità
della
logica
e
alla
fantasia
dell
'
invenzione
.
Doti
che
scarseggiano
sempre
più
.
Il
popolo
di
Internet
dovrebbe
essere
molto
accorto
.
La
matematica
potrebbe
aiutarlo
a
non
lasciarsi
incantare
come
il
villano
davanti
all
'
imbonitore
della
fiera
,
a
non
prendere
per
verità
assoluta
tutto
quello
che
incontra
nella
rete
"
.
La
matematica
sostiene
tutte
le
grandi
tecnologie
e
permette
di
affrontare
questioni
finora
invincibili
.
C
'
è
l
'
analisi
numerica
dietro
strutture
complesse
o
imponenti
:
si
va
dalla
scocca
dell
'
auto
ai
grandi
ponti
,
ai
grattacieli
,
alle
piattaforme
petrolifere
.
Questi
calcoli
coinvolgono
centinaia
di
migliaia
,
se
non
milioni
,
di
incognite
.
Le
fenomenologie
nuove
che
s
'
incontrano
nello
studio
di
sistemi
complessi
(
come
quelli
biologici
,
o
il
moto
dei
corpi
celesti
)
possono
essere
investigate
con
tecniche
matematiche
moderne
(
teoria
delle
catastrofi
,
frattali
,
sistemi
dinamici
)
che
conducono
a
risultati
assolutamente
inaspettati
,
spiega
Citrini
.
"
La
matematica
dà
certezze
ma
,
vista
dal
di
dentro
,
appare
assai
più
problematica
"
,
aggiunge
Citrini
.
"
I
suoi
rapporti
con
le
altre
scienze
sono
altrettanto
strani
"
,
osserva
il
professore
.
Cita
Albert
Einstein
:
"
Le
proposizioni
della
matematica
,
se
si
riferiscono
alla
realtà
,
non
sono
sicure
;
se
sono
sicure
,
non
si
riferiscono
alla
realtà
"
.
E
commenta
:
"
A
mio
parere
,
il
fascino
della
matematica
sta
nel
fatto
che
è
terreno
conquistato
palmo
a
palmo
,
dopo
un
continuo
combattere
per
ottenere
un
nuovo
risultato
,
una
nuova
verità
"
.
Matematica
e
fede
.
Citrini
ricorda
che
molti
matematici
si
sono
cimentati
in
dimostrazioni
dell
'
esistenza
di
Dio
.
"
La
più
famosa
è
quella
probabilistica
di
Pascal
(
la
scommessa
secondo
la
quale
,
per
chi
crede
,
il
guadagno
è
di
gran
lunga
superiore
all
'
eventuale
perdita
)
.
Ma
anche
Leibniz
inferiva
l
'
esistenza
di
Dio
dal
sistema
binario
(
l
'
uno
divino
che
,
unendosi
al
nulla
del
creato
,
forma
l
'
immensa
varietà
del
tutto
)
.
Ultimo
è
Gödel
,
il
grande
logico
dei
primi
del
'900
che
matematizzò
in
termini
moderni
la
dimostrazione
ontologica
di
Sant
'
Anselmo
.
Dimostrazioni
interessanti
,
ma
nessuna
di
esse
può
convincere
chi
non
crede
.
Semplicemente
,
Dio
non
è
un
oggetto
matematico
,
come
non
è
un
oggetto
fisico
.
E
non
può
essere
studiato
da
nessuna
scienza
(
né
per
affermarlo
né
per
negarlo
)
.
A
maggior
ragione
,
non
lo
è
il
Dio
rivelato
StampaQuotidiana ,
Ancora
non
siamo
arrivati
alla
mappatura
completa
dei
geni
umani
,
ma
la
notizia
annunciata
ieri
dalla
compagnia
americana
Celera
Genomics
ci
ha
portati
ad
un
passo
da
questo
risultato
.
In
sostanza
,
l
'
azienda
con
sede
a
Rockville
,
nel
Maryland
,
ha
dichiarato
di
aver
finito
la
sequenza
dell
'
intero
genoma
di
un
uomo
.
I
suoi
studiosi
hanno
individuato
le
componenti
chimiche
del
Dna
,
che
costituiscono
i
nostri
geni
.
Ora
devono
metterle
in
ordine
,
capire
le
loro
funzioni
,
e
definire
la
mappa
vera
e
propria
del
genoma
.
Questo
lavoro
potrebbe
prendere
ancora
un
paio
di
anni
,
e
avviene
in
concorrenza
con
lo
Human
Genome
Project
,
ossia
il
progetto
di
ricerca
pubblico
condotto
dai
laboratori
di
sei
paesi
,
compresa
l
'
Italia
.
L
'
iniziativa
per
fare
la
mappatura
era
partita
13
anni
fa
,
e
ha
lo
scopo
di
individuare
tutti
i
geni
dell
'
essere
umano
,
per
capire
come
fanno
funzionare
il
corpo
,
e
come
possono
essere
trattati
per
curare
gravi
malattie
.
Il
Dna
ha
circa
3,5
miliardi
di
paia
di
componenti
chimiche
,
che
creano
un
numero
tra
80.000
e
100.000
geni
,
detentori
delle
informazioni
per
tutti
i
processi
del
nostro
corpo
,
compreso
il
colore
della
pelle
o
degli
occhi
.
Il
consorzio
pubblico
dello
Human
Genome
Project
,
che
ha
avviato
l
'
impresa
,
ha
l
'
obiettivo
di
mettere
i
dati
a
disposizione
degli
scienziati
di
tutto
il
mondo
,
e
pochi
giorni
fa
il
presidente
americano
Clinton
e
il
premier
britannico
Blair
hanno
ribadito
l
'
impegno
a
seguire
questa
linea
.
La
Celera
Genomics
,
invece
,
è
un
'
azienda
privata
,
che
ha
lo
scopo
di
ricavare
profitti
da
questa
operazione
.
L
'
anno
scorso
,
infatti
,
i
suoi
dirigenti
avevano
offerto
al
consorzio
pubblico
di
collaborare
per
accelerare
il
progetto
,
in
cambio
del
diritto
esclusivo
ad
utilizzare
alcuni
risultati
,
che
potrebbero
tornare
utili
sul
piano
commerciale
a
sviluppare
terapie
per
le
malattie
.
Ma
Francis
Collins
,
direttore
del
National
Human
Genome
Research
Institute
,
rifiutò
l
'
offerta
,
e
da
allora
è
cominciata
una
specie
di
competizione
.
Quindi
è
probabile
che
l
'
annuncio
della
Celera
abbia
anche
l
'
obiettivo
di
aumentare
la
pressione
sul
consorzio
pubblico
,
mentre
di
sicuro
ha
già
raggiunto
lo
scopo
di
far
salire
il
valore
delle
azioni
della
compagnia
,
che
ieri
a
Wall
Street
è
cresciuto
subito
del
23%
.
Dopo
la
presa
di
posizione
di
Clinton
e
Blair
,
infatti
,
tutto
il
mercato
delle
aziende
biotecnologiche
aveva
sofferto
una
crisi
.
Ma
mercoledì
il
capo
della
Casa
Bianca
ha
chiarito
che
impegnandosi
alla
pubblicità
dei
dati
,
non
voleva
ostacolare
il
lavoro
delle
aziende
private
impegnate
nello
stesso
progetto
,
e
subito
ieri
è
arrivato
l
'
annuncio
della
Celera
.
Francis
Collins
ha
detto
di
essere
contento
per
il
risultato
raggiunto
dai
concorrenti
,
ma
i
responsabili
dello
Human
Genome
Project
sostengono
che
la
tecnica
usata
da
loro
per
raggiungere
lo
stesso
obiettivo
è
più
precisa
e
affidabile
.
Il
presidente
della
Celera
,
Craig
Venter
,
ha
detto
che
la
sua
compagnia
potrà
completare
una
"
brutta
copia
"
del
progetto
nel
giro
di
poche
settimane
,
e
anche
il
consorzio
pubblico
prevede
di
raggiungere
lo
stesso
risultato
entro
l
'
anno
.
La
mappatura
vera
e
propria
,
però
,
non
dovrebbe
essere
completata
prima
di
due
o
tre
anni
.
L
'
annuncio
della
Celera
,
comunque
,
rende
ancora
più
attuali
due
problemi
chiave
:
primo
,
chi
ha
il
diritto
di
possedere
i
dati
del
genoma
;
secondo
,
come
bisogna
usarli
per
il
bene
degli
esseri
umani
.
Sul
primo
tema
,
la
posizione
presa
da
Clinton
e
Blair
dovrebbe
garantire
la
pubblicità
della
mappatura
,
che
ogni
scienziato
troverà
su
internet
per
utilizzarla
liberamente
nei
suoi
studi
.
Le
terapie
che
verranno
scoperte
,
però
,
sono
un
discorso
diverso
,
e
qui
entreranno
in
ballo
gli
enormi
interessi
economici
delle
grandi
aziende
biotecnologiche
e
farmaceutiche
.
StampaQuotidiana ,
In
questi
giorni
c
'
è
stato
un
turbinio
di
notizie
nel
campo
della
genetica
umana
.
Hanno
iniziato
Clinton
e
Blair
ricordando
che
il
genoma
umano
non
è
brevettabile
e
che
l
'
iniziativa
governativa
anglo
-
americana
renderà
disponibile
la
sequenza
completa
entro
poco
tempo
.
Il
Nasdaq
,
il
listino
di
borsa
americano
che
racchiude
i
titoli
tecnologici
,
ha
reagito
negativamente
all
'
annuncio
,
a
testimoniare
i
legami
sempre
più
stretti
tra
ricerca
biologica
e
investimenti
.
Ha
fatto
seguito
il
24
marzo
l
'
annuncio
che
il
genoma
della
Drosophila
,
il
moscerino
della
frutta
che
riveste
una
grande
importanza
nei
laboratori
di
genetica
,
era
stato
completamente
sequenziato
.
Dei
giorni
scorsi
l
'
annuncio
della
stessa
Celera
Genomics
di
aver
terminato
una
sequenza
quasi
completa
del
genoma
della
nostra
specie
.
Ma
ieri
il
responsabile
della
fondazione
internazionale
"
Progetto
genoma
umano
"
,
Francis
Collins
,
ha
messo
in
dubbio
il
completamento
della
sequenza
.
Il
tutto
mentre
si
rincorrono
voci
e
smentite
sulla
clonazione
umana
.
Per
questo
è
necessario
non
solo
che
vi
sia
un
ampio
dibattito
su
queste
problematiche
,
ma
soprattutto
che
vi
sia
una
corretta
informazione
su
quanto
sta
succedendo
.
Ospitiamo
l
'
intervento
di
Paolo
Raineri
e
Paolo
Vezzoni
,
dell
'
Istituto
di
tecnologie
biomediche
avanzate
del
Cnr
di
Milano
e
collaboratori
di
Renato
Dulbecco
,
e
un
'
intervista
al
decano
dei
genetisti
italiani
,
il
gesuita
Angelo
Serra
.
L
'
ultimo
secolo
ha
segnato
un
tumultuoso
avanzamento
nelle
scienze
della
vita
.
La
genetica
,
la
branca
della
biologia
che
studia
i
meccanismi
ereditari
,
si
è
imposta
all
'
attenzione
dei
ricercatori
e
poi
del
grande
pubblico
non
solo
come
un
insieme
di
conoscenze
tese
ad
interpretare
i
fenomeni
del
vivente
,
ma
anche
come
una
serie
di
tecnologie
che
incidono
fortemente
sulla
nostra
vita
quotidiana
.
Oggi
ci
si
rivolge
alla
genetica
per
investigare
malattie
di
grande
diffusione
come
quelle
tumorali
,
per
diagnosticare
con
grande
precisione
i
pazienti
affetti
da
malattie
ereditarie
o
per
cercare
di
affrontare
piaghe
sociali
quale
quella
dell
'
Aida
.
In
tutte
queste
patologie
,
il
colpevole
si
trova
nel
genoma
delle
nostre
cellule
,
cioè
nel
Dna
,
quella
molecola
di
oltre
tre
miliardi
di
"
lettere
"
che
nel
suo
insieme
racchiude
tutte
le
istruzioni
perché
il
nostro
organismo
si
formi
a
partire
da
un
'
unica
cellula
embrionaria
e
possa
poi
funzionare
nel
migliore
dei
modi
.
L
'
alterazione
anche
di
una
sola
di
queste
lettere
può
segnare
fin
dalla
nascita
la
sorte
dell
'
individuo
e
portarlo
a
morte
o
ad
invalidità
permanente
,
sottolineando
,
se
ancora
ce
ne
fosse
bisogno
,
quanto
aleatorio
sia
il
destino
dell
'
uomo
.
Oggi
,
grazie
al
Progetto
Genoma
iniziato
poco
meno
di
quindici
anni
fa
,
conosciamo
quasi
per
intero
tutto
il
testo
racchiuso
nel
genoma
della
nostra
specie
.
Si
è
trattato
di
un
grande
sforzo
della
comunità
scientifica
internazionale
che
sta
per
giungere
a
compimento
non
una
ma
due
volte
,
in
quanto
all
'
impegno
del
settore
pubblico
si
è
contrapposta
un
'
aggressiva
iniziativa
privata
capitanata
da
Craig
Venter
,
che
da
ricercatore
degli
Istituti
nazionali
di
sanità
di
Bethesda
nel
Maryland
è
passato
a
dirigere
il
progetto
privato
.
Questo
sta
a
dimostrare
non
solo
che
i
benefici
sono
enormi
,
ma
che
essi
sono
anche
potenzialmente
sfruttabili
in
termini
commerciali
.
È
intuibile
che
ogni
nuova
tecnologia
possa
portare
con
sé
costi
e
benefici
.
Sarebbe
ingenuo
pensare
che
le
scoperte
scientifiche
risolvano
problemi
senza
crearne
di
nuovi
.
Un
'
analisi
razionale
tuttavia
consente
in
genere
di
massimizzare
i
vantaggi
e
ridurre
i
danni
.
Cosa
ci
può
dare
la
conoscenza
dei
meccanismi
che
regolano
i
geni
ottenuta
nell
'
ambito
del
Progetto
Genoma
?
Al
momento
attuale
ci
dà
essenzialmente
i
mezzi
per
diagnosi
precise
e
precoci
,
e
in
un
futuro
,
speriamo
prossimo
,
ci
darà
delle
cure
,
che
,
bisogna
ripeterlo
bene
per
evitare
atroci
illusioni
,
non
sono
proprio
dietro
l
'
angolo
.
La
terapia
genica
,
ad
esempio
,
su
cui
si
poggiano
numerose
speranze
,
non
si
è
ancora
rivelata
utile
in
nessun
paziente
.
D
'
altro
canto
si
deve
pensare
al
fatto
che
l
'
insulina
oggi
utilizzata
per
curare
milioni
di
diabetici
è
insulina
umana
,
cioè
il
prodotto
di
uno
dei
nostri
geni
,
ottenuta
con
le
tecniche
dell
'
ingegneria
genetica
.
Cosa
possiamo
aspettarci
di
brutto
dalla
genetica
?
Molti
temono
un
'
invasione
della
privacy
dell
'
individuo
.
Certamente
sarà
possibile
prevedere
la
predisposizione
dell
'
individuo
ad
alcune
malattie
e
conseguentemente
ognuno
conoscerà
di
più
sul
proprio
destino
.
Prendiamo
ad
esempio
il
morbo
di
Huntington
,
una
grave
malattia
ereditaria
in
cui
i
primi
sintomi
si
manifestano
solo
verso
la
quarta
decade
di
vita
.
Il
gene
responsabile
di
questa
malattia
è
stato
individuato
ed
è
così
possibile
predire
alla
nascita
se
un
bambino
si
ammalerà
o
no
.
Le
conseguenze
psicologiche
dell
'
esecuzione
del
test
possono
essere
drammatiche
,
perché
chi
risulterà
sano
trarrà
un
sospiro
di
sollievo
,
ma
chi
ne
uscirà
condannato
potrebbe
cadere
in
una
grave
depressione
.
La
predizione
delle
malattie
però
non
è
una
novità
in
campo
medico
,
anzi
è
lo
scopo
principale
di
una
branca
della
medicina
preventiva
,
basti
pensare
ai
test
per
identificare
i
cosiddetti
"
gruppi
a
rischio
"
per
una
determinata
patologia
.
Con
la
genetica
la
precisione
aumenterà
notevolmente
,
ma
resteranno
sempre
i
criteri
fondamentali
della
pratica
clinica
,
la
volontarietà
dell
'
esame
e
il
segreto
professionale
,
che
sono
già
codificati
dalle
leggi
,
che
,
nel
caso
,
potranno
essere
rinforzate
.
Nel
caso
del
morbo
di
Huntington
,
ad
esempio
,
ognuno
è
libero
di
sottoporsi
o
meno
al
test
diagnostico
e
se
deciderà
di
eseguirlo
rimarrà
l
'
unico
destinatario
dell
'
informazione
.
Lo
stesso
discorso
vale
per
eventuali
discriminazioni
nelle
assunzioni
o
nella
stipula
di
assicurazioni
,
in
quanto
la
legge
può
proibire
la
richiesta
di
esami
da
parte
del
datore
di
lavoro
o
della
compagnia
assicuratrice
.
L
'
ultima
paura
riguarda
infine
la
manipolazione
genetica
dell
'
uomo
.
Questa
può
essere
di
due
tipi
,
quella
tesa
a
ristabilire
la
normalità
,
nel
caso
ad
esempio
di
una
malattia
genetica
(
terapia
genica
)
,
e
quella
tesa
al
miglioramento
della
specie
,
reale
o
immaginario
.
Per
quanto
riguarda
la
terapia
genica
,
quella
eseguita
sul
singolo
individuo
(
terapia
genica
somatica
)
è
ormai
accettata
da
tutti
,
essendo
in
sostanza
uguale
a
qualsiasi
intervento
terapeutico
di
tipo
tradizionale
:
in
questo
caso
la
modificazione
rimane
solamente
nel
paziente
e
non
viene
passata
alla
progenie
.
Vi
sarebbe
tuttavia
la
possibilità
teorica
di
effettuare
una
terapia
genica
sulle
cellule
germinali
o
sugli
embrioni
a
uno
stadio
assai
precoce
,
così
che
non
solo
ne
verrebbe
curato
il
paziente
,
ma
anche
tutta
la
sua
discendenza
.
Questo
approccio
,
detto
di
terapia
genica
germinale
,
è
in
questo
momento
al
di
là
delle
nostre
possibilità
pratiche
,
e
secondo
molti
sarebbe
da
vietare
in
ogni
caso
.
Crediamo
tuttavia
che
,
se
un
domani
si
superassero
gli
ostacoli
tecnici
che
la
rendono
oggi
impossibile
,
essa
non
debba
essere
rifiutata
a
priori
,
ma
attentamente
vagliata
sulla
base
dei
benefici
che
essa
potrebbe
dare
.
In
fondo
,
non
si
tratterebbe
di
un
'
alterazione
del
genoma
umano
ma
semplicemente
di
una
sua
"
restitutio
ad
integrum
"
,
che
è
essenzialmente
lo
scopo
di
tutta
la
scienza
medica
.
Per
quanto
riguarda
invece
la
possibilità
di
migliorare
(
o
peggiorare
?
)
selettivamente
la
specie
umana
sulla
base
delle
conoscenze
acquisite
nell
'
ambito
del
Progetto
Genoma
,
la
prospettiva
è
assai
più
lontana
,
e
per
il
momento
non
è
ben
chiaro
neanche
come
questo
potrebbe
aver
luogo
,
né
con
che
benefici
.
Ma
a
prescindere
da
ciò
,
ogni
intervento
dovrebbe
limitarsi
a
pratiche
terapeutiche
preventive
o
all
'
eliminazione
di
difetti
;
peraltro
non
vi
sono
criteri
assoluti
e
conseguenti
vincoli
riguardo
il
concetto
di
"
miglioramento
"
,
che
si
presterebbe
pertanto
ad
ogni
genere
di
abusi
.
Possibilità
nuove
danno
origine
a
problemi
morali
nuovi
e
,
a
volte
,
inediti
.
Ci
sembra
,
però
,
che
i
tradizionali
metodi
di
valutazione
etica
siano
spesso
insufficienti
o
inadeguati
,
in
ragione
soprattutto
del
loro
riferimento
a
principi
o
norme
troppo
astratte
e
generali
.
Si
ha
l
'
impressione
che
vi
sia
spesso
uno
iato
tra
la
cultura
scientifica
biologica
e
il
pensiero
cattolico
,
il
quale
,
pur
focalizzandosi
su
alcuni
aspetti
peraltro
importantissimi
,
lascia
che
altri
vengano
tranquillamente
ignorati
,
come
se
fossero
qualcosa
che
veramente
non
ci
riguarda
.
StampaQuotidiana ,
"
Il
confronto
con
la
Riforma
ha
messo
in
ombra
l
'
attenzione
alla
"
forma
culturale
"
.
L
'
unico
a
rivalutarla
è
stato
von
Balthasar
"
.
"
Sono
lontano
dalle
posizioni
di
Vattimo
e
di
Prini
.
Sono
convinto
che
occorra
riscoprire
il
rito
cercando
di
liberarsi
delle
proprie
passioni
"
Uno
dei
libri
più
noti
del
filosofo
dell
'
estetica
Mario
Perniola
riprende
il
titolo
da
una
espressione
che
Walter
Benjamin
usa
nel
saggio
sulla
moda
quando
parla
appunto
di
"
sex
appeal
dell
'
inorganico
"
.
Avendo
ben
presenti
le
riflessioni
di
Leopardi
,
Benjamin
coglie
della
moda
la
spinta
mortificante
,
che
costringe
appunto
il
corpo
dentro
un
artificio
,
lo
rende
cosa
morta
.
Perniola
,
rovesciando
la
prospettiva
di
Benjamin
,
pensa
invece
che
la
"
cosa
"
,
proprio
perché
è
inerte
,
possa
costituire
una
metafora
paradigmatica
per
l
'
uomo
contemporaneo
rispetto
a
uno
sviluppo
della
tecnica
che
rompe
la
barriera
tra
naturale
e
artificiale
,
tra
corpo
e
protesi
;
secondo
Perniola
quello
tecnologico
è
il
mondo
dove
la
"
cosa
"
acquista
una
enigmatica
capacità
di
sentire
,
mentre
l
'
uomo
si
trasforma
fino
a
farsi
"
cosa
"
,
ovvero
si
purifica
delle
sue
passioni
.
Il
rimando
al
"
post
-
organico
"
,
tema
di
molteplici
riflessioni
in
questi
ultimi
decenni
,
è
d
'
obbligo
.
Perniola
ha
scritto
un
saggio
che
ci
riguarda
da
vicino
:
s
'
intitola
infatti
"
Del
sentire
cattolico
"
,
e
uscirà
nei
prossimi
giorni
dall
'
editrice
il
Mulino
.
Non
è
un
saggio
da
"
credente
"
,
Perniola
si
definisce
"
laico
"
ma
non
in
quanto
ateo
,
e
la
prima
parte
del
libro
ha
un
titolo
sibillino
:
"
Perché
non
posso
non
dirmi
"
cattolico
"
"
.
Richiamo
a
Croce
che
,
tuttavia
,
rimanda
alla
questione
storica
dello
scisma
protestante
,
"
è
a
partire
da
quella
ferita
storica
-
dice
Perniola
-
che
io
intendo
mostrare
quali
sono
i
caratteri
essenziali
del
cattolicesimo
"
.
Cattolico
,
per
Perniola
,
è
qualcosa
che
si
spiega
solo
nel
contrappunto
con
la
Riforma
.
Il
cattolicesimo
che
Perniola
intende
è
ben
delineato
nel
sottotitolo
del
libro
:
"
La
forma
culturale
di
una
religione
universale
"
.
Inutile
nascondersi
che
la
posizione
del
filosofo
è
critica
verso
il
cattolicesimo
dogmatico
e
la
sua
etica
,
che
secondo
Perniola
si
sono
"
irrigiditi
troppo
negli
ultimi
secoli
,
e
penso
-
dice
-
alla
lettera
apostolica
del
1998
Ad
tuendam
fidem
,
che
ribadisce
l
'
estraneità
alla
piena
comunione
con
la
Chiesa
cattolica
di
chi
respinge
determinate
dottrine
attinenti
al
campo
dogmatico
o
morale
"
.
Per
Perniola
la
forma
dogmatica
che
il
cattolicesimo
ha
assunto
dopo
il
Concilio
di
Trento
è
fondamentalmente
ideologica
,
tesa
al
proselitismo
e
meno
a
determinare
una
cultura
capace
di
arrivare
anche
a
chi
non
è
cattolico
.
"
Pensi
-
mi
dice
-
al
successo
culturale
del
protestantesimo
,
alla
svolta
culturale
che
il
protestantesimo
ha
avuto
con
l
'
illuminismo
e
quanta
influenza
ha
esercitato
sul
pensiero
;
e
dall
'
altro
al
successo
culturale
dell
'
ebraismo
dovuto
al
fatto
che
l
'
ebraismo
è
una
religione
senza
proselitismo
.
A
mio
avviso
sarebbe
una
strada
auspicabile
anche
per
il
cattolicesimo
e
nel
mio
libro
cerco
di
dire
che
questo
è
già
avvenuto
,
che
fa
parte
dell
'
essenza
del
cattolicesimo
,
sta
scritto
nel
XVI
secolo
tra
il
1517
,
anno
in
cui
Lutero
si
distacca
dalla
Chiesa
,
e
il
1563
,
quando
si
chiude
il
Concilio
di
Trento
.
Il
mio
punto
di
vista
è
che
questa
potenzialità
culturale
c
'
era
già
ma
è
stata
emarginata
nel
tempo
con
progressivi
irrigidimenti
dottrinali
,
secondo
un
principio
di
"
rivalità
mimentica
"
che
la
Chiesa
ha
manifestato
verso
il
protestantesimo
,
l
'
illuminismo
,
l
'ideologia..."
.
Perniola
usa
qui
un
concetto
di
René
Girard
,
l
'
antropologo
e
letterato
che
ha
rivisto
le
teorie
del
"
capro
espiatorio
"
nel
sacrificio
primitivo
mettendo
in
luce
la
sostanziale
diversità
e
il
capovolgimento
radicale
portato
da
Cristo
col
proprio
olocausto
;
il
concetto
è
appunto
quello
della
"
rivalità
mimentica
"
:
"
Nel
senso
-
spiega
Perniola
-
dell
'
assunzione
dei
caratteri
dell
'
avversario
per
potersi
mantenere
sullo
stesso
piano
"
.
Se
così
stanno
le
cose
,
dove
sarebbe
il
limite
del
cattolicesimo
attuale
?
Secondo
il
filosofo
consiste
nell
'
aver
sacrificato
gli
aspetti
formali
e
istituzionali
che
gli
erano
propri
a
vantaggio
di
quelli
dogmatici
:
come
esempio
positivo
cita
sant
'
Ignazio
e
il
metodo
pedagogico
gesuitico
.
"
Quando
parlo
di
"
forma
culturale
di
una
religione
universale
"
-
spiega
-
intendo
una
forma
che
consenta
il
confronto
,
per
esempio
,
con
le
religioni
orientali
:
sant
'
Ignazio
dice
che
gli
esercizi
spirituali
possono
essere
fatti
da
tutti
,
credenti
e
non
,
anche
dai
pagani
.
Il
suo
,
in
definitiva
,
era
un
metodo
per
trovare
l
'
equilibrio
spirituale
a
la
propria
strada
nel
mondo
.
In
questo
senso
sostengo
che
il
cattolicesimo
può
mettere
tra
parentesi
le
affermazioni
dogmatiche
e
morali
.
E
in
effetti
,
guardando
bene
,
si
vede
che
l
'
umanismo
gesuitico
è
tattica
più
che
strategia
,
perché
i
gesuiti
si
scoprono
filoumanisti
in
Europa
,
in
India
sono
filoinduisti
,
così
come
in
Cina
sono
filoconfuciani
.
Il
tema
fondamentale
dei
discepoli
di
sant
'
Ignazio
è
la
flessibilità
,
non
la
difesa
rigorosa
dell
'
identità
che
invece
è
tipica
dell
'
intellettuale
umanista
"
.
Non
le
pare
che
un
cattolicesimo
inteso
come
metodo
o
forma
meditativa
rischi
di
diventare
una
religione
dell
'
esteriorità
?
"
No
,
la
vera
contrapposizione
è
tra
una
religione
della
soggettività
,
che
diventa
una
esperienza
"
dal
di
dentro
"
tipica
della
modernità
e
del
protestantesimo
,
e
una
religione
anti
-
soggettiva
,
che
esalta
appunto
il
proprio
coefficiente
di
universalità
,
e
produce
un
'
esperienza
"
dal
di
fuori
"
,
cioè
consente
all
'
individuo
di
liberarsi
dalle
sue
passioni
,
dalle
sue
affezioni
disordinate
,
per
vedere
la
differenza
nel
mondo
e
nella
storia
,
piuttosto
che
,
come
nel
protestantesimo
,
cercare
la
differenza
in
Dio
"
.
Uno
dei
nomi
che
Perniola
evoca
nel
nostro
colloquio
è
quello
del
teologo
svizzero
Hans
Urs
von
Balthasar
,
l
'
unico
,
secondo
Perniola
,
ad
aver
riproposto
nel
nostro
secolo
la
questione
della
"
forma
"
essenziale
del
cattolicesimo
,
forma
che
Balthasar
ritrova
più
spesso
nell
'
opera
di
certi
poeti
o
scrittori
che
nei
teologi
.
Anche
Perniola
,
se
dovesse
indicare
due
nomi
che
nel
Novecento
hanno
espresso
i
caratteri
essenziali
del
cattolicesimo
,
chiamerebbe
in
causa
due
scrittori
piuttosto
che
i
teologi
:
sono
l
'
austriaco
Robert
Musil
e
la
brasiliana
Clarice
Lispector
.
In
particolare
,
a
Perniola
interessa
di
von
Balthasar
il
tentativo
di
mostrare
la
continuità
tra
mondanità
e
sovramondanità
,
tra
ellenismo
e
cristianesimo
.
Mi
domando
se
questa
interpretazione
del
pensiero
di
von
Balthasar
non
sia
conseguente
con
l
'
idea
di
ritrovare
nel
cattolicesimo
una
linea
di
continuità
col
paganesimo
...
Perniola
replica
secco
:
"
Direi
,
piuttosto
,
con
lo
stoicismo
"
.
Allo
stoicismo
-
aggiunge
-
"
si
ricollega
l
'
idea
di
una
"
sensibilità
anti
-
soggettiva
"
che
tende
alla
liberazione
dalle
proprie
passioni
,
senza
essere
per
questo
mera
apatia
,
piuttosto
è
la
dimensione
di
una
"
partecipazione
impartecipe
"
al
mondo
e
alla
storia
.
Il
riferimento
è
ancora
Ignazio
:
non
si
poteva
passare
alla
seconda
settimana
degli
Esercizi
se
non
si
era
raggiunto
un
punto
d
'
indifferenza
ed
essere
così
pronti
ad
assumere
uno
stato
o
un
'
altro
secondo
quale
sarà
la
volontà
di
Dio
,
la
storia
in
sostanza
.
Il
cattolicesimo
come
metodo
o
come
forma
può
fare
a
meno
della
trascendenza
...
"
.
Ma
una
fede
nell
'
ordine
della
pura
immanenza
,
senza
escatologia
,
non
le
sembra
che
si
riduca
a
essere
un
credo
per
intellettuali
,
oppure
una
mera
pratica
meditativa
?
"
La
mia
strada
è
ben
diversa
da
quella
del
cristianesimo
debole
di
Vattimo
o
dallo
"
scisma
sommerso
"
di
Prini
.
Io
metto
tra
parentesi
la
dimensione
del
credere
e
propongo
quella
del
sentire
,
di
un
'
esperienza
distaccata
,
che
però
è
esperienza
.
Mi
chiedo
piuttosto
se
questa
esigenza
religiosa
non
possa
essere
soddisfatta
dalla
dimensione
rituale
e
cerimoniale
che
invece
mi
sembra
sia
stata
messa
in
disparte
negli
ultimi
decenni
...
"
.
Ma
un
rito
senza
contenuto
non
le
pare
un
'
illusione
?
"
No
,
penso
invece
che
sia
un
interrogativo
su
come
andranno
le
cose
,
su
quale
sarà
la
volontà
di
Dio
;
è
un
'
attenzione
al
problema
della
storia
,
e
nel
caso
specifico
,
proprio
per
allontanare
il
sospetto
di
una
religione
per
intellettuali
,
credo
che
il
rito
possa
essere
una
strada
accessibile
a
tutti
"
.
Il
rito
però
ha
come
sfondo
una
comunità
...
"
Secondo
me
no
.
Mi
hanno
molto
aiutato
,
in
questo
senso
,
le
riflessioni
sul
rito
di
Aldo
Natale
Terrin
(
Il
rito
.
Antropologia
e
fenomenologia
della
ritualità
,
Morcelliana
,
1999
,
ndr
)
.
La
mia
attenzione
è
diretta
a
chi
sostiene
che
il
rito
non
ha
altra
funzione
che
produrre
delle
persone
ritualizzate
,
oppure
che
il
rito
non
ha
alcun
significato
,
è
,
come
spiega
Terrin
,
autoreferenziale
e
autotelico
,
quindi
nei
suoi
caratteri
fondamentali
implica
il
distacco
da
tutto
ciò
che
è
vitalistico
,
soggettivistico
.
StampaQuotidiana ,
La
patria
è
in
pericolo
.
"
Ritornano
gli
sconfitti
della
storia
"
;
le
forze
"
fanatiche
"
,
"
reazionarie
"
e
"
sanfediste
"
dell
'
anti
-
Risorgimento
sono
lanciate
in
"
una
aggressione
contro
i
principi
laici
e
liberali
che
sono
parte
fondante
della
Costituzione
repubblicana
"
,
con
"
propositi
di
erosione
dell
'
assetto
democratico
della
società
"
.
È
Alessandro
Galante
Garrone
a
gridare
ieri
quest
'
allarme
un
po
'
spropositato
in
prima
pagina
di
La
Stampa
con
un
articolo
-
anzi
un
appello
"
firmato
già
da
66
intellettuali
"
-
di
chiamata
alla
Nuova
Resistenza
:
i
sanfedisti
assetati
di
rivincita
"
devono
essere
respinti
"
.
La
loro
"
provocazione
è
inaccettabile
per
l
'
Italia
civile
"
.
Con
chi
ce
l
'
ha
?
Con
il
tentativo
,
spiega
,
"
nel
meeting
di
Comunione
e
Liberazione
"
di
denigrare
il
Risorgimento
.
Quell
'
evento
già
dimenticato
dalla
cronaca
continua
a
irritare
i
custodi
universitari
della
Storia
.
Anzi
,
l
'
irritazione
cresce
più
il
tempo
passa
.
Galante
Garrone
è
solo
l
'
ultimo
a
insorgere
.
Sempre
su
La
Stampa
,
nella
"
data
emblematica
del
20
settembre
"
(
sic
)
tre
storici
come
Galasso
,
Salvadori
e
Tranfaglia
hanno
già
gridato
la
loro
indignazione
per
"
il
revisionismo
"
della
"
parte
più
primitiva
del
clericalismo
italiano
"
.
Il
22
settembre
su
Repubblica
Salvadori
rincara
:
è
"
un
revisionismo
da
combattere
"
.
Il
26
,
un
altro
storico
torinese
,
Angelo
d
'
Orsi
,
torna
su
La
Stampa
a
spiegare
:
è
vero
,
la
"
revisione
è
l
'
anima
della
storia
"
.
Ma
essa
va
strappata
dalle
mani
"
degli
ideologi
di
turno
,
siano
i
neointegralisti
papisti
o
gli
ammiratori
del
duce
,
per
arrivare
fino
ai
negatori
dei
campi
di
sterminio
nazisti
"
.
Solo
"
la
cultura
democratica
e
razionalista
conosce
l
'
unico
modo
serio
di
essere
revisionisti
"
.
Conclusione
(
nel
titolo
)
:
"
Il
revisionismo
è
di
sinistra
"
,
altrimenti
è
un
delitto
.
Esagerano
?
"
Quel
che
più
spiace
,
è
constatare
che
questa
"
ingiunzione
a
tacere
"
viene
da
storici
che
sanno
il
loro
mestiere
"
,
risponde
lo
storico
Giorgio
Rumi
.
"
Io
sono
un
cattolico
che
difende
il
Risorgimento
,
penso
che
l
'
Unità
d
'
Italia
sia
stata
un
bene
;
non
per
questo
vilipendo
chi
combatté
per
i
Borboni
.
Da
una
parte
perché
i
cosiddetti
"
vinti
"
sono
miei
concittadini
.
Dall
'
altra
perché
so
che
il
Risorgimento
non
fu
la
lotta
fra
Luce
e
Tenebre
,
fra
Progresso
Laico
e
Reazione
cattolica
,
raccontata
da
una
certa
versione
ufficiosa
.
I
fatti
e
le
persone
furono
molto
più
complessi
.
Cavour
e
Ricasoli
erano
dei
cristiani
.
Visconti
Venosta
,
il
ministro
degli
Esteri
che
preparò
le
condizioni
per
la
presa
di
Roma
,
visse
una
crisi
di
coscienza
che
trascinò
per
vent
'
anni
.
Il
tenente
che
aprì
a
cannonate
la
breccia
di
Porta
Pia
finì
frate
di
clausura
.
Nel
Conclave
del
1849
,
l
'
Austria
mise
un
veto
sull
'
elezione
di
Mastai
Ferretti
,
il
futuro
"
reazionario
"
Pio
IX
,
perché
lo
giudicava
troppo
liberale
"
.
Aggiunge
Rumi
:
"
Mi
pare
penoso
che
quegli
storiografi
si
arroghino
un
diritto
di
censura
su
chi
interpreta
i
documenti
in
modo
diverso
.
Come
se
usassero
la
storia
per
sacralizzare
un
assetto
istituzionale
di
fatto
,
anziché
per
scoprire
come
è
davvero
andata
.
La
storia
non
si
scrive
per
difendere
"
la
linea
giusta
"
.
La
generazione
di
Galante
Garrone
è
quella
che
,
giustamente
,
si
disgustò
della
"
romanità
"
recitata
dal
fascismo
.
Dovrebbe
dunque
essere
in
grado
di
capire
che
i
giovani
di
Cl
,
proprio
in
quanto
giovani
,
fanno
la
stessa
cosa
:
sentono
finta
la
versione
autorizzata
del
Risorgimento
,
non
ci
si
ritrovano
,
la
sfidano
.
E
la
sfida
intellettuale
,
poi
,
è
il
bello
della
ricerca
,
storica
e
scientifica
"
.
Ma
la
"
generazione
dei
Galante
Garrone
"
non
ha
accolto
bene
nemmeno
la
sfida
di
De
Felice
,
la
sua
lettura
del
fascismo
.
"
Giovanni
Volpe
fece
lavorare
alla
Enciclopedia
Italiana
degli
storici
che
sapeva
bene
essere
antifascisti
"
,
racconta
Rumi
a
modo
di
apologo
:
"
Quanti
di
noi
sapremmo
,
quanti
saprebbero
avere
la
stessa
generosità
intellettuale
,
oggi
?
Volpi
fu
grande
in
questo
.
E
alcuni
storiografi
ufficiosi
sono
piccini
"
.
Dice
Agostino
Giovagnoli
(
storico
alla
Cattolica
di
Milano
)
:
"
C
'
è
poco
di
storico
in
questa
chiamata
alle
armi
degli
storici
.
Vedo
un
tentativo
di
risollevare
una
conflittualità
,
questa
sì
antistorica
,
fra
cattolici
e
laici
:
e
la
provocazione
della
mostra
di
Rimini
in
fondo
,
fa
comodo
.
Consente
di
gridare
"
al
lupo
"
per
un
lupo
di
carta
.
In
realtà
,
oggi
,
laici
e
cattolici
sono
entrambi
minoranza
di
fronte
a
una
società
flaccidamente
adagiata
nel
vuoto
di
valori
e
progetti
"
.
Un
altro
storico
,
Francesco
Traniello
,
docente
di
storia
contemporanea
a
Scienze
Politiche
a
Torino
,
giustifica
:
"
L
'
eccesso
d
'
allarme
di
tanti
storiografi
laici
,
fra
cui
ho
molti
amici
,
nasce
dal
fatto
che
quella
mostra
sull
'
"
altro
Risorgimento
"
ha
coinciso
,
del
tutto
casualmente
,
con
la
beatificazione
di
Pio
IX
.
Per
di
più
in
un
passaggio
politico
,
dove
è
opportuno
"
tener
fermo
"
(
lo
raccomanda
anche
il
Papa
)
un
certo
grado
di
unità
nazionale
,
contro
derive
disgreganti
.
E
la
reazione
del
campo
laico
è
resa
più
esasperata
da
un
fatto
:
il
tipo
di
argomenti
scelto
dalla
"
provocazione
"
di
Cl
non
appartiene
agli
argomenti
polemici
tradizionali
di
quella
che
Spadolini
chiamò
"
l
'
opposizione
cattolica
"
,
che
è
poi
più
il
cattolicesimo
sociale
che
quello
liberale
.
Quelli
,
non
sono
mai
giunti
ad
attaccare
il
mito
dello
Stato
nazionale
,
a
ridurre
il
Risorgimento
a
oppressione
criminosa
.
Del
resto
,
anche
molti
cattolici
non
mi
pare
siano
stati
contenti
di
quelle
uscite
cielline
...
"
.
Appunto
:
i
ciellini
sono
giovani
d
'
oggi
.
Non
chiedono
a
nessuno
il
permesso
di
pensare
.
"
D
'
accordo
.
Non
ci
sono
argomenti
-
tabù
.
Ma
si
deve
sapere
che
nel
campo
laico
certi
nervi
sono
più
scoperti
.
Mi
sentirei
di
invitare
tutti
a
più
reciproca
tolleranza
.
Qualche
elemento
comune
deve
pur
restare
ed
essere
difeso
da
tutti
"
.
Franco
Cardini
è
canzonatorio
:
"
Nel
momento
in
cui
tutti
,
destra
e
sinistra
,
sono
(
a
parole
)
per
rifare
l
'
Italia
in
senso
federale
,
come
scandalizzarsi
che
qualcuno
rilegga
la
storia
dell
'
unificazione
nazionale
?
E
poi
,
l
'
area
culturale
che
ci
ha
rotto
per
anni
le
orecchie
col
"
vietato
vietare
"
,
ora
vuol
vietare
una
lettura
storica
che
discute
la
storia
ufficiale
.
Mi
sembra
che
i
veri
clericali
siano
proprio
loro
,
i
difensori
d
'
ufficio
della
versione
"
intoccabile
"
del
Risorgimento
"
.
E
Pietro
Scoppola
?
"
Non
posso
rispondere
"
,
si
scusa
,
"
perché
sto
giusto
scrivendo
un
articolo
per
Repubblica
sul
tema
sollevato
da
Galante
Garrone
.
Anche
in
risposta
della
sciagurata
manifestazione
anticlericale
del
20
settembre
"
.
Lo
leggeremo
.
StampaPeriodica ,
Viviane
,
la
proprietaria
del
ristorante
A
Travessa
,
ritrovo
dei
deputati
a
due
passi
dall
'
assemblea
nazionale
portoghese
,
ha
scovato
un
bel
sistema
per
offrire
pesce
fresco
ai
suoi
clienti
.
"
Ho
distribuito
dei
telefonini
ai
pescatori
.
Così
mi
chiamano
dalle
barche
e
mi
dicono
cosa
hanno
pescato
in
quel
momento
"
.
Il
telefonino
sui
pescherecci
è
uno
dei
tanti
simboli
del
nuovo
Portogallo
globalizzato
ed
europeo
,
passato
in
25
anni
dal
quasi
Medioevo
del
dottor
Antonio
de
Oliveira
Salazar
al
gsm
bi
-
banda
dell
'
epoca
socialista
-
democratica
di
Antonio
Guterres
.
Il
nuovo
monumento
di
Lisbona
,
quello
che
tutti
i
tassisti
consigliano
di
vedere
,
non
è
più
la
torre
di
Belem
,
che
veglia
ai
bordi
del
Tago
su
un
impero
definitivamente
scomparso
.
Ma
è
lo
shopping
center
Colombo
,
un
miraggio
americano
,
un
simbolo
della
globalizzazione
commerciale
,
atterrato
alla
periferia
della
capitale
.
Un
inviato
di
Le
Figaro
lo
ha
visitato
e
ne
è
rimasto
stupefatto
:
6
mila
posti
per
parcheggiare
le
auto
,
50
ristoranti
,
450
negozi
,
apertura
senza
sosta
per
365
giorni
l
'
anno
,
migliaia
di
clienti
e
di
famiglie
in
visita
,
inebriati
dal
consumismo
e
dal
miracolo
portoghese
.
Anche
se
gli
stipendi
sono
bassi
(
il
salario
medio
raggiunge
appena
1.350.000
lire
al
mese
lorde
e
quello
di
un
quadro
i
3
milioni
)
,
a
dispetto
di
un
sistema
sociale
arcaico
(
non
c
'
è
nulla
fra
il
medico
privato
a
90
mila
lire
minime
per
visita
e
l
'
ospedale
pubblico
dove
si
aspetta
anni
per
essere
operati
)
,
i
10
milioni
di
portoghesi
consumano
e
si
indebitano
,
visto
che
hanno
una
grande
fiducia
nel
futuro
del
loro
paese
.
La
disoccupazione
è
al
minimo
storico
,
i
posti
di
lavoro
sono
in
continua
crescita
e
l
'
Europa
non
smette
di
pompare
denaro
nell
'
economia
.
Il
Portogallo
,
che
dall'1
gennaio
2000
ha
la
presidenza
semestrale
dell
'
Unione
Europea
,
deve
tutto
all
'
Europa
.
Agli
inizi
degli
anni
80
,
un
quinquennio
o
poco
più
dalla
rivoluzione
dei
garofani
che
cancellò
definitivamente
il
regime
salazarista
,
i
lusitani
guardavano
ancora
al
mare
.
Oggi
hanno
scoperto
,
come
nel
Quindicesimo
secolo
,
un
nuovo
continente
,
più
redditizio
delle
Indie
.
Gli
aiuti
provenienti
da
Bruxelles
coprono
il
12
per
cento
del
bilancio
nazionale
portoghese
.
Dal
1995
a
oggi
,
per
esempio
,
più
di
35
mila
miliardi
di
lire
sono
arrivati
a
Lisbona
.
E
altrettanti
ne
arriveranno
da
qui
al
2006
,
quando
i
piani
di
assistenza
avranno
termine
e
il
Portogallo
dovrà
camminare
sulle
proprie
gambe
.
Almeno
110
mila
posti
di
lavoro
sono
stati
creati
grazie
all
'
Europa
.
Coi
fondi
dell
'
Unione
si
sono
costruiti
ponti
,
strade
,
autostrade
,
infrastrutture
tecnologiche
.
Oggi
i
principali
investimenti
dello
stato
sono
rivolti
a
migliorare
la
situazione
delle
zone
rurali
e
poverissime
dell
'
interno
.
Non
un
escudo
è
stato
sprecato
o
rubato
.
Non
vi
sono
stati
casi
vergognosi
di
spreco
,
alla
maniera
della
nostra
Cassa
del
Mezzogiorno
.
La
classe
dei
paesi
si
vede
anche
dalla
gestione
degli
aiuti
internazionali
.
Non
a
caso
i
grandi
gruppi
dell
'
economia
globalizzata
preferiscono
il
Portogallo
all
'
Italia
.
Sulle
rive
del
Tago
ci
sono
più
efficienza
e
onestà
che
su
quelle
del
Tevere
.
StampaQuotidiana ,
Quetta
(
Pakistan
)
-
«
Vivo
o
morto
»
,
aveva
detto
giorni
fa
il
presidente
George
Bush
in
uno
dei
suoi
brevi
infuocati
appelli
all
'
America
e
al
mondo
,
sollecitando
una
rapida
clamorosa
conclusione
della
caccia
al
principe
del
terrorismo
,
Osama
Bin
Laden
,
e
presunto
responsabile
numero
uno
del
«
più
atroce
crimine
contro
l
'
umanità
»
di
tutti
i
tempi
.
Non
c
'
è
bisogno
di
una
taglia
sopra
la
sua
testa
,
come
per
Jessie
James
nel
Far
West
,
per
incentivare
le
migliaia
di
investigatori
che
dall
'
11
settembre
stanno
indagando
senza
sosta
,
con
accanimento
,
ma
finora
senza
tangibili
risultati
.
La
supposizione
che
Bin
Laden
abbia
lasciato
il
Paese
o
sia
stato
trafugato
altrove
(
ad
esempio
attraverso
lo
stretto
corridoio
montano
che
lambisce
,
all
'
estremità
,
il
territorio
cinese
)
è
stata
accolta
con
scetticismo
dai
segugi
più
scaltri
e
meglio
informati
.
Fino
ad
ora
quasi
tutte
le
piste
confluiscono
nel
cuore
tenebroso
dell
'
Afghanistan
,
un
Paese
così
ricco
di
anfratti
,
spelonche
,
caverne
,
cunicoli
,
canyon
,
voragini
e
miniere
abbandonate
che
sembra
fatto
apposta
per
offrire
rifugio
permanente
a
un
uomo
in
fuga
.
Come
territorio
prediletto
di
caccia
,
è
stata
scelta
la
zona
attorno
a
Kandahar
,
capoluogo
della
provincia
omonima
sudoccidentale
,
che
dall
'
autunno
del
'
96
è
la
sede
del
governo
talebano
e
del
suo
inclito
capo
,
il
mullah
Mohammad
Omar
.
È
stato
proprio
quest
'
ultimo
a
convincere
Bin
Laden
a
lasciare
Kabul
,
città
insidiosa
e
politicamente
equivoca
,
e
a
trasferirsi
nella
capitale
del
Sud
-
ovest
,
dove
avrebbe
trovato
terreno
fertile
per
il
suo
fervore
di
apostolo
dell
'
integralismo
.
E
in
qualche
modo
tutto
questo
ha
funzionato
fino
al
mese
scorso
:
ma
dall
'
11
settembre
,
le
mura
di
Kandahar
non
son
più
bastate
a
proteggerlo
,
né
le
sue
moschee
,
né
le
fittissime
siepi
dei
suoi
fioriti
giardini
.
Prima
ancora
che
il
mullah
Omar
glielo
consigliasse
,
Bin
Laden
ha
messo
al
sicuro
la
sua
famiglia
in
luoghi
estremi
e
a
«
prova
di
bomba
»
,
fuori
dall
'
eventuale
traiettoria
degli
ordigni
punitivi
di
Bush
:
un
gruppetto
di
sfollati
Vip
-
vien
suggerito
con
ironia
-
,
di
cui
fanno
parte
le
quattro
mogli
-
l
'
ultima
sposata
recentemente
-
e
la
numerosa
prole
.
Se
è
rimasto
in
zona
,
Bin
Laden
non
deve
essere
troppo
lontano
dalla
sua
famiglia
:
ma
nel
tentativo
di
neutralizzare
e
prevenire
le
segnalazioni
degli
spioni
,
si
sposterebbe
di
continuo
,
con
moto
perpetuo
,
da
un
nascondiglio
all
'
altro
.
Ma
non
è
improbabile
che
abbia
scelto
altri
luoghi
dove
la
sua
presenza
sarebbe
meno
sospetta
.
L
'
Afghanistan
lo
conosce
bene
(
quasi
certamente
meglio
della
sua
patria
,
l
'
Arabia
Saudita
)
essendoci
stato
negli
anni
Ottanta
per
combattere
contro
i
russi
a
fianco
dei
mujaheddin
;
ed
essendovi
tornato
nel
'
96
,
quando
lo
scacciarono
-
lui
,
il
munifico
finanziatore
del
terrorismo
islamico
-
dal
Sudan
.
La
maggior
parte
dei
capi
-
guerriglieri
della
guerra
santa
contro
gli
sciuravi
,
i
russi
,
non
sono
più
-
come
si
dice
-
«
sulla
piazza
»
:
e
se
lo
fossero
,
dubito
che
vogliano
inginocchiarsi
accanto
a
lui
cinque
volte
al
giorno
per
pregare
Allah
o
spartire
con
lui
,
la
sera
,
riso
,
montone
e
latte
cagliato
.
Ahmad
Shad
Massud
,
il
leone
del
Panshir
,
è
morto
assassinato
due
giorni
prima
dell
'
attacco
alla
due
Torri
;
il
comandante
Abdul
Haq
-
altro
vero
eroe
-
peregrina
da
un
Paese
all
'
altro
,
in
esilio
permanente
;
il
generale
uzbeko
Dustan
,
uomo
per
tutte
le
stagioni
,
è
chissà
dove
;
altri
oscuri
eroi
della
Resistenza
ai
sovietici
si
sono
eclissati
per
sempre
,
senza
medaglie
.
Il
solo
uomo
che
potrebbe
tendergli
la
mano
e
oserebbe
farlo
è
Gulbuddin
Heckmatyar
,
ex
leader
dello
Hezb
-
i
-
Islami
(
uno
dei
sette
partiti
della
Santa
Alleanza
contro
i
sovietici
)
,
che
dall
'
Iran
-
dove
si
trova
-
si
è
detto
pronto
a
tornare
e
ad
abbracciare
la
causa
dei
talebani
.
Accomunati
dalla
stessa
indole
,
sono
dotati
,
ambedue
,
di
sentimenti
gentili
:
quand
'
era
studente
di
ingegneria
a
Kabul
,
durante
il
regime
filosovietico
,
Gulbuddin
(
è
stato
lui
stesso
a
raccontarmelo
)
portava
in
tasca
la
cartavetro
per
raschiar
via
il
rossetto
dalle
labbra
delle
studentesse
più
audaci
.
Avendo
amici
ovunque
,
Bin
Laden
avrebbe
potuto
scegliere
il
rifugio
da
lui
ritenuto
più
sicuro
in
ognuna
delle
trentadue
province
dell
'
Afghanistan
.
Era
a
Jalalabad
,
nel
Ningrahar
,
il
12
settembre
del
'
96
quando
i
talebani
la
misero
a
ferro
e
a
fuoco
;
ed
era
a
Kabul
,
due
settimane
dopo
,
quando
cacciarono
il
governo
legittimo
di
Rabbani
-
Massud
.
Era
a
Khost
,
a
fine
agosto
del
'
98
,
quando
i
missili
americani
colpirono
un
campo
d
'
addestramento
per
ucciderlo
e
ne
uscì
illeso
.
«
Vivo
o
morto
»
,
ha
detto
il
presidente
Bush
.
C
'
è
chi
suggerisce
che
,
se
lo
vogliono
vivo
,
la
caccia
all
'
uomo
deve
assumere
ritmi
più
veloci
:
e
questo
perché
Bin
Laden
-
44
anni
-
non
gode
ottima
salute
.
Afflitto
da
un
mal
di
schiena
che
lo
perseguita
da
anni
,
il
finanziatore
del
terrorismo
islamico
cammina
a
fatica
e
deve
appoggiarsi
ad
un
bastone
.
Ma
non
basta
.
Ha
problemi
di
bassa
pressione
e
disturbi
ai
reni
.
Secondo
notizie
di
cronaca
impossibili
da
verificare
,
è
stato
necessario
l
'
intervento
urgente
di
un
medico
iracheno
che
si
è
precipitato
in
Afghanistan
per
assisterlo
.
Ha
destato
perciò
sorpresa
l
'
annuncio
(
se
non
si
tratta
di
pura
fantasia
)
che
con
tanti
acciacchi
il
miliardario
arabo
-
saudita
abbia
voluto
inserire
nel
suo
harem
una
nuova
,
incontaminata
perla
.
Non
diversamente
dalla
salute
,
anche
il
suo
favoloso
patrimonio
economico
-
secondo
fonti
del
più
stretto
entourage
talebano
-
sarebbero
in
declino
:
al
punto
-
scrivono
i
giornali
-
da
non
poter
più
accedere
per
mancanza
di
fondi
alle
organizzazioni
finanziarie
internazionali
che
hanno
finora
sostenuto
il
movimento
integralista
islamico
da
lui
fondato
nel
'
98
,
Al
Qaeda
.
Ma
non
si
può
escludere
il
sospetto
che
all
'
origine
di
queste
voci
vi
sia
il
tentativo
di
sgretolare
l
'
«
invulnerabilità
»
e
«
sacralità
»
(
per
i
suoi
seguaci
)
del
personaggio
.
Gli
afghani
in
fuga
da
Kandahar
non
hanno
molto
da
raccontare
quando
,
esausti
e
bianchi
di
polvere
,
raggiungono
il
Passo
di
Chaman
,
dopo
una
marcia
(
più
spesso
a
piedi
)
di
120
chilometri
.
Stanno
ammucchiati
sotto
il
sole
per
ore
nella
terra
di
nessuno
mentre
le
guardie
di
frontiera
pachistane
esaminano
i
documenti
.
Solo
chi
ha
le
carte
in
regola
,
può
andare
oltre
,
appena
fuori
dalla
minaccia
della
guerra
.
Solo
qualche
giorno
fa
,
trecento
profughi
(
in
maggioranza
donne
e
bambini
)
erano
riusciti
a
superare
in
qualche
modo
,
semiclandestinamente
,
la
barriera
e
avevano
trovato
temporaneo
rifugio
in
un
«
campo
»
di
vecchi
afghani
,
scappati
negli
anni
Ottanta
,
durante
l
'
invasione
sovietica
.
Ma
la
polizia
pachistana
li
ha
snidati
,
caricati
sui
camion
e
poi
scaricati
nella
terra
di
nessuno
,
a
Chaman
.
Le
donne
piangevano
,
i
bambini
strillavano
.
Niente
da
fare
.
Tra
le
sue
molte
tragedie
,
il
Pakistan
ha
anche
questa
.
Ci
sono
già
tre
milioni
di
profughi
nei
termitai
umani
lungo
il
confine
:
e
quei
trecento
,
cui
se
ne
aggiungeranno
fatalmente
altre
centinaia
di
migliaia
nei
prossimi
mesi
,
erano
già
di
troppo
.
A
Chaman
ero
stato
altre
volte
,
negli
anni
Ottanta
.
Non
era
difficile
passare
la
frontiera
perché
i
militari
pachistani
davano
man
forte
ai
guerriglieri
afghani
,
contro
i
russi
.
Il
difficile
era
raggiungere
Kandahar
,
perché
l
'
unica
strada
era
sorvegliata
dalle
truppe
sovietiche
ed
esposta
alle
mitragliate
dei
Mig
che
la
sorvolavano
regolarmente
.
Per
noi
cronisti
non
esisteva
altra
soluzione
che
affrontare
la
crosta
del
deserto
su
una
moto
,
nel
mio
caso
una
Yamaha
,
guidata
da
uno
spericolato
mujaheddin
.
«
Desert
very
big
»
,
mi
aveva
detto
prima
che
mi
mettessi
a
cavalcioni
sul
sellino
:
davvero
grande
quel
deserto
.
E
lo
stato
delle
mie
ossa
,
quando
arrivai
a
destinazione
dopo
quindici
-
sedici
ore
di
marcia
,
non
era
quello
della
partenza
.
Era
il
maggio
dell
'
86
.
Dopo
sei
anni
e
mezzo
di
guerra
-
aveva
scritto
-
Kandahar
era
ancora
,
tra
i
grandi
capoluoghi
di
provincia
afghani
,
la
città
discola
e
impertinente
che
l
'
Armata
Rossa
non
era
mai
riuscita
completamente
a
soggiogare
.
Si
trovava
in
una
situazione
di
comproprietà
militare
tra
le
forze
del
regime
(
filosovietico
)
e
i
vari
gruppi
della
Resistenza
.
La
potevi
visitare
solo
di
notte
,
quando
i
russi
si
ritiravano
nelle
caserme
di
periferia
e
lei
tornava
in
mano
alla
sua
gente
,
ai
mujaheddin
.
«
Kandahar
è
nostra
-
dicevano
-
,
almeno
fino
all
'
alba
»
.
Adesso
è
del
mullah
Omar
,
dei
talebani
,
di
Osama
Bin
Laden
.
E
gli
afghani
se
ne
scappano
via
,
per
sempre
.
StampaPeriodica ,
Da
quasi
cinquant
'
anni
l
'
Eni
è
una
delle
poche
aziende
italiane
globalizzate
.
Alla
fine
degli
anni
Cinquanta
l
'
Ente
nazionale
idrocarburi
,
allora
guidato
dalla
mano
felice
di
Enrico
Mattei
,
divenne
una
temibile
potenza
nel
campo
petrolifero
ed
energetico
.
Tanto
potente
da
costringere
i
nemici
'
amerikani
'
di
Mattei
a
tessere
contro
di
lui
un
'
orribile
congiura
sfociata
nella
esplosione
in
volo
dell
'
aereo
del
presidente
a
Bascapè
.
L
'
Eni
,
grazie
al
sostegno
del
premier
Amintore
Fanfani
e
all
'
appoggio
della
sinistra
Dc
,
aveva
sviluppato
nel
mondo
,
soprattutto
in
quello
arabo
,
una
sua
diplomazia
molto
efficiente
.
Al
Quai
d
'
Orsay
e
al
Foreign
Office
ancora
ricordano
l
'
impegno
dell
'
apparato
Eni
a
favore
dell
'
Fln
algerino
e
dei
movimenti
indipendentisti
in
Africa
occidentale
.
La
politica
estera
dell
'
ente
,
in
quei
tempi
,
i
tempi
dei
cosiddetti
'
mau
mau
della
Farnesina
'
,
era
in
completa
sintonia
con
quella
del
ministero
degli
Esteri
.
Fu
questa
la
felice
stagione
della
politica
mediterranea
dell
'
Italia
,
tanto
criticata
a
Washington
,
a
Parigi
e
a
Londra
.
Da
allora
l
'
Eni
ha
sempre
avuto
un
forte
apparato
all
'
estero
,
guidato
da
personaggi
di
primissimo
ordine
,
veri
antesignani
della
globalizzazione
e
della
mondializzazione
.
Per
chi
in
questi
ultimi
decenni
ha
viaggiato
fra
Il
Cairo
e
Caracas
,
Hong
Kong
e
Teheran
,
Baghdad
e
Lagos
,
gli
uomini
dell
'
Eni
hanno
sempre
rappresentato
un
interessante
punto
di
riferimento
.
Alla
struttura
internazionale
dell
'
Eni
si
è
sempre
appoggiato
Franco
Bernabè
.
Anche
su
questo
apparato
voleva
fondare
la
sua
strategia
di
suprema
globalizzazione
e
mondializzazione
del
gruppo
petrolifero
un
uomo
di
altissimo
valore
internazionale
come
l
'
ambasciatore
Renato
Ruggiero
,
ex
presidente
dell
'
Eni
.
Ma
con
una
nota
del
3
agosto
1999
(
quando
era
amministratore
delegato
)
Vittorio
Mincato
ha
abolito
la
famosa
direzione
esteri
,
ha
messo
gli
uffici
di
Londra
,
Vienna
,
Riyad
,
Istanbul
,
Tokyo
e
Singapore
alle
dipendenze
del
direttore
generale
della
divisione
Agip
Luciano
Sgubini
(
da
sempre
critico
verso
la
struttura
diplomatica
dell
'
Eni
e
sostenitore
di
quella
più
commerciale
dell
'
Agip
)
e
si
è
preso
direttamente
carico
delle
sedi
di
New
York
e
Mosca
.
E
come
risulta
,
da
pochi
giorni
Sgubini
ha
addirittura
deciso
,
d
'
accordo
con
l
'
attuale
presidente
Mincato
,
di
dare
il
colpo
finale
alla
'
Farnesina
'
dell
'
Eni
e
di
chiudere
definitivamente
alcune
sedi
in
Asia
,
Africa
ed
Europa
(
i
nomi
sono
ancora
segreti
)
e
di
richiamare
in
patria
uomini
di
grande
esperienza
.
In
un
momento
tanto
importante
per
le
alleanze
internazionali
il
vertice
dell
'
Eni
si
preoccupa
di
ridurre
quelle
rappresentanze
all
'
estero
dove
si
possono
trovare
futuri
partner
e
possibili
convergenze
.
Tale
comportamento
appare
,
a
dir
poco
,
strano
.
Tutto
ciò
fa
però
capire
meglio
il
mistero
delle
dimissioni
di
Ruggiero
.
L
'
ambasciatore
,
uomo
dai
grandi
orizzonti
e
dalle
grandi
strategie
,
si
sentiva
un
po
'
limitato
nella
sua
azione
da
quel
certo
provincialismo
che
lo
circondava
.
Proprio
la
soppressione
,
fortemente
voluta
da
Mincato
,
della
direzione
esteri
dell
'
Eni
gli
aveva
fatto
capire
che
era
giunto
il
momento
di
mollare
.
Così
vanno
le
cose
in
Italia
,
un
paese
dove
si
parla
a
vanvera
di
globalizzazione
ma
si
fa
poco
per
sostenerne
i
protagonisti
.