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Sono andato a trovare Benedetto Croce e l ' ho distolto , per un istante , dagli studi ai quali è intento , con la mia curiosità giornalistica . Gli ho domandato : Avete letto nei giornali le rinnovate discussioni sul liberalismo e sul fascismo , sulla ragione d ' essere dell ' uno e dell ' altro e sui loro possibili rapporti ? Non vi pare che la disputa sia proceduta con molta confusione ? Voi , che ve ne state in disparte , dovreste , con la solita lucidezza di concetti , schiarire i termini in disputa e , insomma , dirci il vostro avviso . Caro Dell ' Erba , ci conosciamo da tanti anni che non vi dorrete se vi dico che la vostra domanda non tanto mi lusinga per la sua cortese intenzione quanto mi ferisce in una mia idea prediletta . Io ho sempre dichiarato ridicola la figura del filosofo che , spontaneo o invitato , si fa , in nome della filosofia e della scienza , a pronunziare sentenze su questioni politiche . Ridicola e anche un po ' odiosa , perché vi è della prepotenza in quel salto dall ' una all ' altra competenza , dalla sfera del pensiero e della critica all ' altra della pratica e dell ' azione . Su questioni politiche e di azione vi risponderà in modo certo più interessante chi si sente Achille in seno che non io che , tutt ' al più , ho Aristotele in seno . Ma ciò che vi domando riguarda appunto una questione , diciamo così , filosofica , ossia la più esatta definizione del liberalismo e del suo ufficio proprio , della virtù o del difetto dello Stato liberale . È , permettetemi , una falsa questione filosofica , giacché , per chi guarda con occhio di filosofo e di storico , tutti gli Stati sono sempre un unico Stato , tutti i governi un unico governo : quello di un gruppo che domina e perciò governa la maggioranza ; e tutti , finché durano , adempiono a un ' utilità , anzi alla maggiore utilità possibile nel momento dato ; e discernere volta per volta quale questa utilità sia stata è , appunto , opera dello storico , nel tempo in cui è dato far la storia di un moto giunto a compimento o ad esaurimento . Le forme politiche sono astrazioni dei teorici , e per questa ragione esse riescono indifferenti , così allo storico che non guarda mai alla astratta forma , ma alla sostanza , ossia alla forma riempita e concreta , come , in altro senso , sono indifferenti all ' uomo di azione , che le considera pregiudizi più o meno rispettabili . Le forme degli stati e gli effettivi governi vengono disciolte e sostituite non da una critica teorica che si eserciti su di loro , ma dalla presenza e dall ' azione di altri gruppi che rappresentano o fanno sperare una maggiore e migliore utilità sociale . Se volete mettere questa tesi in forma negativa , ricordatevi di Matteo Visconti , che , scacciato da Milano , se ne stava tranquillo a pescare sul lago di Garda , e a un milanese che gli domandava quando avrebbe ripigliato il dominio di Milano , rispondeva serenamente : « Quando la somma delle bestialità di coloro che ora governano , avrà superata quella delle bestialità commesse da me » . Sicché ? Fate voi l ' applicazione ai casi presenti , e lasciate che aggiunga che non mi sembra facile superare tanto presto la somma delle bestialità commesse in Italia , nei primi anni del dopo guerra . Nel fatto , dunque , non esiste ora una questione di liberalismo e di fascismo , ma solo una questione di forze politiche . Dove sono le forze che possano , ora , fronteggiare o prendere la successione del governo presente ? Io non le vedo . Noto invece grande paura di un eventuale ritorno alla paralisi parlamentare del 1922 . Per un tale effetto , nessuno , che abbia senno , augura un cangiamento . Ma voi , personalmente , accettate o no l ' idealità liberale ? Non so quanto possa importare di conoscere quel che io accetto ( io che ho Aristotele e non Achille in seno ) nelle cose della politica . Ma , se vi fa piacere saperlo , vi dirò che io , personalmente , sono e non saprei non essere liberale . Perché ? Non per deduzioni filosofiche o teoriche , che ho già escluse dalla considerazione politica ; ma , direi , allo stesso modo che mi sento napoletano o borghese meridionale . Tutto il mio essere intellettuale e morale è venuto fuori dalla tradizione liberale del Risorgimento . E come può non sentirsi liberale chi si è forviato nel primo cinquantennio della nuova Italia unitaria e liberale , e ha respirato in quell ' aria , e si è giovato di quelle iniziative , di quei contrasti , di quel rapido accrescimento e ammodernamento della vita italiana ? Sicché io , rinunziando a difendere il liberalismo ( come qualsiasi altro partito politico ) con argomenti teorici , tanto più lo asserisco come una mia realtà di sentimento e di volontà . Anzi , non ho bisogno , per mio conto , di difenderlo , cioè di appoggiarlo a cattivi ragionamenti e a sofismi . E auguro di cuore che i liberali italiani , ripigliando coscienza della loro migliore tradizione , restaurino il partito liberale , ridandogli quell ' elevato carattere etico , che ebbe nella sua forma originaria ; e in questa esigenza etica , nella devozione alla patria , trovino il modo di risanare le scissioni , che non solo li indeboliscono , ma li pervertono . Non c ' è contraddizione tra questa vostra fede liberale e l ' accettazione e giustificazione che mi avete data del fascismo ? Nessuna contraddizione . Se i liberali non hanno avuto la forza e la virtù di salvare l ' Italia dall ' anarchia in cui si dibatteva , debbono dolersi di sé medesimi , recitare il mea culpa , e intanto accettare e riconoscere il bene da qualunque parte sia sorto , e prepararsi per l ' avvenire . Questo il loro dovere . Ma non credo che essi abbiano l ' altro dovere di diventare « fascisti » , cioè di vestire la personalità di uomini che hanno altro temperamento , hanno percorso diversa esperienza , e appartengono in gran numero alla generazione più giovane . Sarebbero cattivi fascisti , perché fascisti in cattiva coscienza , laddove possono essere buoni liberali e rendere utili servigi all ' Italia nel presente e nell ' avvenire .