ProsaGiuridica ,
VITTORIO
EMANUELE
III
PER
GRAZIA
DI
DIO
E
PER
VOLONTÀ
DELLA
NAZIONE
RE
D
'
ITALIA
Visto
l
'
art
.
3
,
n
.
2
,
della
legge
31
gennaio
1926
,
n
.
100;
Udito
il
Consiglio
dei
Ministri
;
Ritenuta
la
necessità
urgente
ed
assoluta
di
estendere
l
'
ordinamento
podestarile
a
tutti
i
Comuni
del
Regno
;
Sulla
proposta
del
Nostro
Ministro
Segretario
di
Stato
per
gli
affari
dell
'
interno
di
concerto
con
quello
per
le
finanze
;
Abbiamo
decretato
e
decretiamo
:
Art
.
1
La
legge
4
febbraio
1926
,
n
.
237
,
ed
il
R
.
decreto
legge
9
maggio
1926
,
n
.
818
,
convertito
nella
legge
del
25
giugno
1926
,
n
.
1262
,
sono
estesi
a
tutti
i
Comuni
del
Regno
,
con
le
modificazioni
ed
aggiunte
risultanti
dagli
articoli
seguenti
.
Art
.
2
Ai
podestà
dei
Comuni
che
abbiano
popolazione
superiore
ai
20,000
abitanti
o
che
,
pur
avendo
popolazione
inferiore
,
siano
capoluoghi
di
Provincia
,
non
si
applica
il
disposto
dell
'
art
.
2
,
comma
3°
,
della
legge
4
febbraio
1926
,
n
.
237
,
per
quanto
concerne
il
trasferimento
.
Art
.
3
Nei
Comuni
indicati
all
'
articolo
precedente
,
il
Ministro
per
l
'
interno
può
nominare
un
vice
podestà
se
la
popolazione
non
sia
superiore
ai
100.000
abitanti
,
e
due
vice
podestà
se
il
Comune
abbia
una
popolazione
superiore
.
I
vice
podestà
durano
in
carica
5
anni
;
possono
sempre
essere
confermati
e
possono
essere
revocati
con
provvedimento
del
Ministro
per
l
'
interno
,
contro
il
quale
non
è
ammesso
alcun
gravame
né
amministrativo
,
né
giudiziario
.
Nel
Comuni
con
popolazione
superiore
ai
100.000
abitanti
,
un
vice
podestà
può
essere
scelto
anche
fra
i
funzionari
ed
impiegati
governativi
indicati
al
4°
comma
,
2°
capoverso
,
dell
'
art
.
26
del
testo
unico
della
legge
comunale
e
provinciale
,
approvato
con
R
.
decreto
4
febbraio
1915
,
n
.
148
.
Ai
vice
podestà
è
applicabile
il
disposto
dell
'
art
.
12
della
legge
4
febbraio
1926
,
n
.
237
.
Art
.
4
I
vice
podestà
coadiuvano
il
podestà
,
che
può
anche
affidar
loro
speciali
incombenze
nell
'
amministrazione
del
Comune
e
l
'
incarico
di
sostituirlo
nelle
sue
funzioni
in
caso
di
assenza
,
od
impedimento
.
Art
.
5
Nei
Comuni
indicati
all
'
art
.
2
,
il
podestà
è
assistito
da
una
Consulta
,
formata
di
un
numero
di
componenti
non
inferiore
a
10
e
non
superiore
a
24
nei
Comuni
con
popolazione
sino
a
100.000
abitanti
;
non
inferiore
a
24
e
non
superiore
a
40
negli
altri
.
Art
.
6
Il
numero
dei
consultori
,
entro
i
limiti
stabiliti
dall
'
articolo
precedente
,
è
fissato
,
per
ciascun
Comune
,
dal
Prefetto
.
La
scelta
dei
consultori
viene
effettuata
su
terne
designate
dalle
Associazioni
sindacali
comunali
legalmente
riconosciute
agli
effetti
della
legge
3
aprile
1926
,
n
.
563
.
Quando
la
popolazione
dei
Comuni
superi
i
100,000
abitanti
,
la
nomina
dei
consultori
spetta
al
Ministro
per
l
'
interno
;
negli
altri
casi
,
al
Prefetto
.
Le
norme
ed
i
termini
per
le
designazioni
di
cui
al
2°
comma
,
saranno
stabiliti
con
decreto
Reale
,
su
proposta
del
Ministro
per
l
'
interno
,
di
concerto
col
Ministro
per
le
corporazioni
.
Art
.
7
Per
gravi
ragioni
di
ordine
pubblico
o
di
carattere
amministrativo
,
il
Ministro
per
l
'
interno
può
disporre
lo
scioglimento
della
Consulta
o
sospenderne
la
nomina
.
Il
termine
entro
il
quale
avrà
luogo
la
ricostituzione
della
Consulta
sarà
indicato
nello
stesso
decreto
del
Ministro
,
ma
non
potrà
superare
la
durata
di
un
anno
.
Quando
la
Consulta
sia
sciolta
o
ne
sia
sospesa
la
nomina
,
provvede
,
senz
'
altro
,
il
podestà
,
anche
nei
casi
previsti
dall
'
art
.
9
.
Art
.
8
I
consultori
i
quali
,
senza
giustificato
motivo
,
non
intervengano
a
tre
adunanze
consecutive
,
sono
dichiarati
decaduti
.
La
decadenza
è
pronunciata
dal
Ministro
per
l
'
interno
o
dal
Prefetto
,
a
seconda
della
rispettiva
competenza
di
nomina
,
su
proposta
del
podestà
o
anche
d
'
ufficio
,
previa
contestazione
dei
motivi
all
'
interessato
.
Il
provvedimento
con
cui
viene
pronunziata
la
decadenza
del
consultore
è
definitivo
.
Art
.
9
Il
parere
della
Consulta
è
obbligatorio
per
i
Comuni
indicati
nell
'
art
.
2
,
quando
la
popolazione
non
superi
i
100,000
abitanti
,
in
tutti
i
casi
nei
quali
,
a
termini
delle
leggi
finora
in
vigore
,
il
provvedimento
sarebbe
stato
riservato
alla
esclusiva
competenza
del
Consiglio
comunale
;
nei
Comuni
con
popolazione
superiore
,
nei
casi
previsti
dall
'
art
.
217
della
legge
comunale
e
provinciale
,
testo
unico
4
febbraio
1915
,
n
.
148
,
sui
bilanci
,
sui
conti
e
sull
'
assunzione
diretta
dei
pubblici
servizi
.
Qualora
il
provvedimento
del
podestà
non
sia
conforme
al
parere
della
Consulta
,
deve
farsene
constare
nel
verbale
relativo
,
e
la
deliberazione
sarà
sottoposta
all
'
approvazione
del
Prefetto
,
anche
nei
casi
previsti
dai
commi
2°
e
3°
dell
'
art
.
11
.
Art
.
10
Le
adunanze
della
Consulta
non
sono
valide
qualora
non
intervenga
almeno
la
metà
dei
suoi
componenti
;
i
pareri
della
Consulta
vengono
emessi
a
maggioranza
assoluta
di
voti
.
Quando
in
due
successive
convocazioni
a
distanza
non
minore
di
5
giorni
,
la
Consulta
non
possa
pronunciarsi
per
mancanza
di
numero
legale
,
il
podestà
è
autorizzato
a
provvedere
anche
nei
casi
di
cui
all
'
articolo
precedente
,
pur
senza
il
parere
della
Consulta
.
Art
.
11
Le
deliberazioni
dei
podestà
dei
Comuni
indicati
all
'
articolo
2
con
popolazione
non
superiore
ai
100.000
abitanti
,
le
quali
non
siano
soggette
all
'
approvazione
della
Giunta
provinciale
amministrativa
a
termini
del
1°
comma
dell
'
articolo
13
della
legge
4
febbraio
1926
,
n
.
237
,
sono
sottoposte
all
'
approvazione
del
Prefetto
soltanto
quando
,
a
termini
delle
leggi
finora
in
vigore
,
sarebbero
state
riservate
alla
esclusiva
competenza
del
Consiglio
comunale
.
Negli
altri
casi
,
sono
soggette
soltanto
al
visto
di
legittimità
del
Prefetto
o
del
Sottoprefetto
.
Per
i
Comuni
con
popolazione
superiore
ai
100.000
abitanti
,
le
deliberazioni
del
podestà
,
che
non
siano
sottoposte
all
'
approvazione
della
Giunta
provinciale
amministrativa
a
termini
del
citato
comma
1°
dell
'
art
.
13
della
legge
4
febbraio
1926
,
n
.
237
,
sono
soggette
soltanto
al
visto
di
legittimità
del
Prefetto
.
Disposizioni
finali
e
transitorie
Art
.
12
Nei
Comuni
danneggiati
dal
terremoto
del
28
dicembre
1908
,
di
cui
alla
tabella
n
.
1
allegata
al
testo
unico
19
agosto
1917
,
n
.
1393
,
e
dal
terremoto
del
13
gennaio
1915
,
compresi
negli
elenchi
approvati
con
i
Regi
decreti
7
febbraio
1915
,
nn
.
71
e
72
,
14
febbraio
1915
,
n
.
118
,
e
22
aprile
1915
,
n
.
543
,
l
'
ufficio
di
podestà
può
essere
,
in
via
eccezionale
,
conferito
,
per
non
oltre
un
triennio
dalla
entrata
in
vigore
del
presente
decreto
,
anche
ai
funzionari
ed
impiegati
governativi
indicati
nel
4°
comma
,
2°
capoverso
,
dell
'
art
.
26
del
testo
unico
della
legge
comunale
e
provinciale
,
approvato
con
R
.
decreto
4
febbraio
1915
,
n
.
148
.
Se
i
Comuni
contemplati
dal
comma
precedente
sono
finitimi
,
l
'
amministrazione
può
essere
affidata
ad
un
solo
podestà
quando
anche
la
popolazione
complessiva
di
essi
superi
i
5000
abitanti
.
Resta
fermo
il
disposto
del
3°
capoverso
dell
'
art
.
2
del
R
.
decreto
legge
15
aprile
1926
,
n
.
765
,
convertito
nella
legge
1°
luglio
1926
,
n
.
1380
,
per
i
Comuni
che
siano
dichiarati
luoghi
di
cura
,
di
soggiorno
o
di
turismo
.
Art
.
13
Finché
non
siano
emanate
le
norme
di
cui
al
4°
comma
dell
'
art
.
6
ed
effettuata
la
nomina
della
Consulta
per
ogni
singolo
Comune
,
resta
sospesa
l
'
applicazione
delle
disposizioni
del
presente
decreto
relative
alla
Consulta
stessa
.
La
nomina
della
Consulta
dovrà
,
per
altro
,
essere
effettuata
entro
sei
mesi
dalla
data
di
pubblicazione
delle
norme
di
cui
al
4°
comma
dell
'
art
.
6
.
Art
.
14
L
'
applicazione
delle
norme
del
presente
decreto
resta
sospesa
nei
riguardi
del
comune
di
Napoli
sino
a
che
rimanga
in
vigore
il
R
.
decreto
legge
15
agosto
1925
,
n
.
1636
.
Nulla
è
innovato
,
nei
riguardi
del
comune
di
Roma
,
alle
disposizioni
dei
Regi
decreti
legge
28
ottobre
1925
,
n
.
1949
e
10
giugno
1926
,
n
.
1025
.
Art
.
15
Il
Governo
del
Re
è
autorizzato
a
coordinare
le
disposizioni
del
presente
decreto
con
quelle
della
legge
4
febbraio
1926
,
n
.
237
,
e
del
R
.
decreto
legge
9
maggio
1926
,
n
.
818
,
convertito
nella
legge
25
giugno
1926
,
n
.
1262
,
nonché
a
formare
il
nuovo
testo
unico
della
legge
comunale
e
provinciale
modificandone
le
disposizioni
per
porle
in
armonia
con
i
principî
informatori
delle
leggi
succitate
e
del
presente
decreto
.
Il
presente
decreto
sarà
presentato
al
Parlamento
per
la
conversione
in
legge
.
Il
Ministro
proponente
è
autorizzato
alla
presentazione
del
relativo
disegno
di
legge
.
Ordiniamo
che
il
presente
decreto
,
munito
del
sigillo
dello
Stato
,
sia
inserto
nella
raccolta
ufficiale
delle
leggi
e
dei
decreti
del
Regno
d
'
Italia
,
mandando
a
chiunque
spetti
di
osservarlo
e
di
farlo
osservare
.
Dato
a
Racconigi
,
addì
3
settembre
1926
.
VITTORIO
EMANUELE
.
MUSSOLINI
-
-
FEDERZONI
-
-
VOLPI
.
Visto
,
il
Guardasigilli
:
ROCCO
.
Registrato
alla
Corte
dei
conti
,
addì
19
novembre
1926
.
Atti
del
Governo
,
registro
254
,
foglio
108
.
-
-
COOP
StampaQuotidiana ,
Lo
scioglimento
del
Comitato
Centrale
di
Soccorso
in
ossequio
agli
ordini
del
governo
francese
,
dà
luogo
alla
seguente
domanda
:
Gli
onorevoli
Senatori
e
Deputati
che
componevano
quel
Comitato
non
potranno
più
riunirsi
attorno
al
letto
di
Cairoli
infermo
!
Qual
legge
può
loro
farne
divieto
?
Nessuna
.
Dunque
?
Dunque
continua
e
continuerà
a
pubblicarsi
il
Bollettino
di
quelli
onorandissimi
patrioti
,
con
questo
solo
divario
che
invece
di
chiamarsi
Bollettino
del
Comitato
Centrale
,
ora
si
chiama
,
con
risparmio
di
tre
parole
,
semplicemente
Bollettino
.
L
'
articolo
del
Codice
Penale
Lorenese
in
forza
del
quale
lo
scioglimento
è
stato
intimato
,
è
concepito
nei
termini
seguenti
:
«
Ogni
toscano
,
o
abitante
di
Toscana
,
il
quale
commettendo
nel
territorio
di
un
altro
Stato
atti
ostili
,
non
approvati
dal
Governo
,
ha
esposto
il
Granducato
al
pericolo
di
una
guerra
,
è
punito
con
la
casa
di
forza
da
tre
a
dieci
anni
,
e
se
ne
è
seguita
la
guerra
,
la
detta
pena
può
estendersi
fino
a
venti
anni
»
.
Il
trasferimento
della
capitale
ha
dunque
ridotto
l
'
Italia
alle
proporzioni
di
un
Granducato
?
!
Si
vuol
dunque
davvero
dar
ragione
alla
celebre
e
tremenda
lettera
di
Ricci
Vincenzo
?
La
Riforma
alla
lettura
di
quell
'
articolo
prorompe
in
queste
parole
:
«
La
prima
impressione
che
ogni
animo
retto
deve
sentirne
è
quella
d
'
una
immensa
meraviglia
,
quasi
d
'
incredulità
;
impressione
che
deve
far
luogo
ad
una
indignazione
profonda
»
.
E
per
verità
codesta
applicazione
di
legge
è
la
ricognizione
dello
Stato
Pontificio
contrariamente
al
diritto
nazionale
italiano
che
stabilisce
Roma
capitale
d
'
Italia
;
essa
è
un
nuovo
trovato
della
Consorteria
per
affermare
quella
Rinunzia
a
Roma
che
è
la
base
della
antinazionale
e
nefanda
politica
dei
Convenzionisti
.
Ma
chi
vivrà
vedrà
.
StampaQuotidiana ,
Quarantadue
sono
gli
iscritti
a
parlare
sulle
comunicazioni
del
Governo
;
e
,
a
quanto
si
assicura
,
sono
già
in
aumento
.
Saliranno
a
cinquanta
e
a
più
di
cinquanta
e
cioè
all
'
ottavo
dei
presenti
che
si
calcola
saranno
quattrocento
.
Questa
proporzione
è
assurda
e
ridicola
.
È
una
vecchia
tradizione
abitudinaria
,
che
bisogna
abbandonare
.
È
intollerabile
.
Sono
pregati
quanti
,
custodi
degl
'
immortali
principii
,
credessero
di
riconoscere
nelle
nostre
parole
un
proposito
di
violare
una
delle
tante
libertà
,
la
libertà
di
parola
,
di
ricordarsi
di
quello
che
inutilmente
è
stato
detto
e
scritto
e
ripetuto
tutte
le
volte
che
,
dopo
una
crisi
,
o
ad
una
riapertura
di
Camera
,
ci
sia
stata
la
solita
accademia
sulle
comunicazioni
del
governo
.
In
quelle
occasioni
,
da
tutte
le
parti
,
compresa
la
stampa
socialdemocratica
,
si
è
deplorato
le
chiacchiere
inutili
,
la
logorante
esposizione
di
tutto
lo
scibile
,
l
'
indisciplina
dei
gruppi
incapaci
di
designare
un
rappresentante
,
la
vanità
dei
singoli
,
preoccupati
di
collocare
il
proprio
discorso
,
e
via
di
seguito
.
E
la
deplorazione
è
stata
vana
,
sempre
vana
,
tanto
da
diventare
anche
essa
un
'
accademia
rituale
come
la
discussione
.
Noi
crediamo
invece
che
si
debba
finirla
con
l
'
una
e
con
l
'
altra
accademia
.
La
libertà
di
parola
non
c
'
entra
.
Poiché
in
un
Parlamento
bene
ordinato
il
diritto
di
parlare
trova
norme
e
limiti
spontanei
nella
disciplina
dei
gruppi
,
nella
sostanza
dei
discorsi
,
nella
condotta
degli
ascoltatori
.
In
Inghilterra
e
in
Francia
è
norma
quasi
costante
che
le
dichiarazioni
del
governo
abbiano
la
sanzione
del
voto
nella
giornata
stessa
in
cui
sono
state
pronunziate
.
Soltanto
in
Italia
un
voto
può
arrivare
dopo
una
settimana
.
Ci
pare
poi
che
questa
sia
una
buona
occasione
per
finirla
.
C
'
è
un
governo
che
si
costituisce
con
atti
,
che
si
è
già
affermato
con
atti
,
che
vuol
continuare
per
atti
.
Gli
atti
per
la
costituzione
del
governo
,
gli
atti
del
governo
,
sono
noti
,
definiti
.
La
Camera
quindi
può
,
deve
anzi
giudicarli
,
senza
prolisse
e
variopinte
interpretazioni
.
Le
comunicazioni
del
governo
saranno
appoggiate
a
questi
atti
e
non
saranno
il
solito
discorso
,
che
entra
in
gara
con
altri
discorsi
,
che
si
conclude
in
un
secondo
discorso
,
che
provochi
i
vani
discorsetti
delle
dichiarazioni
di
voto
.
Non
ci
deve
essere
posto
per
la
chiacchiera
,
soprattutto
per
la
chiacchiera
personale
dei
numerosi
deputati
,
i
quali
debbono
risolvere
pubblicamente
il
loro
caso
di
coscienza
,
per
passare
dal
culto
socialdemocratico
al
filofascismo
.
Questi
casi
di
coscienza
siano
risoluti
col
voto
,
e
basta
.
Tutto
il
resto
non
avrebbe
alcun
interesse
.
Potrebbe
anzi
fare
schifo
.
La
Camera
deve
,
se
ne
è
capace
,
dimostrare
alla
Nazione
di
assolvere
ancora
un
qualche
compito
.
Serio
,
positivo
,
quale
certamente
non
è
indicato
dal
numero
degli
oratori
,
chiamandoli
così
,
iscritti
per
la
discussione
sulle
comunicazioni
del
governo
.
La
Camera
deve
ricordarsi
di
avere
,
con
i
suoi
lunghi
periodi
di
vanità
parolaia
,
con
i
suoi
volgarissimi
e
abietti
litigi
,
con
la
sua
incontinenza
demagogica
nel
compromettere
la
solidità
del
bilancio
,
toccato
l
'
estremo
della
degenerazione
parlamentaristica
,
di
aver
essa
dato
al
Paese
il
tristo
spettacolo
di
un
istituto
in
paralisi
,
in
dissoluzione
.
La
Camera
ha
oggi
la
responsabilità
delle
sue
colpe
,
dei
suoi
errori
,
la
cui
diagnosi
è
stata
inutilmente
ripetuta
.
Spetta
oggi
alla
Camera
di
dimostrarsi
almeno
capace
di
contrizione
.
StampaQuotidiana ,
Nel
numero
di
ieri
ci
siamo
resi
interpreti
dei
sentimenti
dei
nostri
concittadini
.
La
quistione
di
Roma
,
santificata
da
nuovo
sangue
,
è
più
sacra
e
più
viva
che
mai
per
il
popolo
italiano
,
il
quale
non
si
sente
né
vinto
né
sconfortato
per
gli
intoppi
presenti
.
Garibaldi
vittorioso
a
Monterotondo
,
e
sopraffatto
dal
numero
a
Mentana
,
appare
più
sublime
che
mai
al
cuore
ed
alla
mente
d
'
Italia
,
che
in
lui
vede
il
propugnatore
dell
'
onore
nazionale
.
Ma
oggi
non
è
giorno
di
commenti
.
StampaQuotidiana ,
«
Noi
constatiamo
che
,
ogni
giorno
che
passa
,
le
esigenze
della
Nazione
appaiono
in
contrasto
sempre
più
chiaro
con
principii
e
con
metodi
che
il
massimalismo
dichiara
di
professare
»
.
Queste
sono
parole
del
manifesto
di
Turati
,
Treves
ed
altri
,
fra
i
quali
l
'
on
.
Buozzi
,
quello
stesso
che
dovrebbe
condurre
le
schiere
dei
metallurgici
.
Sono
parole
timide
e
tardive
,
imposte
dalla
evidenza
di
un
male
che
ha
già
fatto
tutto
il
suo
male
.
Sono
la
confessione
,
non
sappiamo
più
quanto
tempestiva
,
di
una
colpa
.
Quando
durante
la
guerra
,
crisi
per
eccellenza
della
Nazione
,
e
dopo
la
vittoria
,
suprema
e
massima
conquista
della
Nazione
,
noi
abbiamo
ostinatamente
denunziato
il
fine
antinazionale
del
socialismo
ufficiale
,
anche
i
firmatari
del
manifesto
ci
hanno
risposto
negando
,
deliberati
di
ignorare
la
Nazione
per
la
classe
.
Oggi
che
,
con
la
acquiescenza
prima
,
con
la
complicità
poi
durante
il
governo
di
Nitti
della
cosiddetta
classe
politica
dirigente
,
è
stato
distrutto
,
nella
diffamazione
dello
sforzo
bellico
,
nella
dilapidazione
del
patrimonio
morale
della
vittoria
,
il
beneficio
nazionale
e
però
anche
del
proletariato
,
il
benefizio
italiano
della
guerra
vinta
,
oggi
soltanto
,
quando
tutto
il
male
è
stato
fatto
e
si
impone
a
coloro
che
ne
sono
stati
anch
'
essi
autori
,
più
o
meno
inconsapevoli
,
si
osa
affermare
l
'
esistenza
di
una
Nazione
,
la
cui
vita
è
minacciata
dalla
propaganda
massimalista
.
Non
occorre
più
ricercare
prove
di
sotterranei
e
obliqui
rapporti
con
lo
straniero
,
bolscevico
e
non
bolscevico
;
non
occorre
sorprendere
i
colloqui
notturni
del
rappresentante
russo
Vodosonoff
con
l
'
on
.
Bucco
e
qualche
redattore
dell
'
Avanti
!
;
non
occorre
cercare
la
documentazione
di
sollecitazioni
,
diciamo
così
,
jugoslave
all
'
improvviso
sciopero
generale
della
Venezia
Giulia
.
Quando
si
deve
ammettere
che
l
'
azione
massimalista
è
in
contrasto
con
la
Nazione
,
dopo
un
mostruoso
esperimento
in
corpore
vili
oggi
ben
chiaro
per
tutti
,
la
coincidenza
dell
'
interesse
straniero
e
nemico
con
i
moti
operai
,
anche
esibiti
in
formule
economiche
,
è
inevitabile
.
È
nella
cosa
.
Ci
sia
una
Russia
bolscevica
,
costretta
dalla
disperazione
a
propagare
con
oro
il
suo
male
;
ci
sia
una
Jugoslavia
,
altrimenti
impotente
a
contrastarci
la
vittoria
,
interessata
ad
avere
una
Italia
paralizzata
a
prezzo
minore
di
un
qualsiasi
tentativo
bellico
;
ci
siano
una
Francia
,
un
'
Inghilterra
,
desiderose
di
eliminare
di
fatto
l
'
Italia
dal
rango
di
grande
potenza
,
sanguinosamente
conquistato
,
non
più
per
loro
sopraffazione
egemonica
,
ma
per
dissoluzione
interna
italiana
;
ci
siano
oppure
no
a
collaborare
queste
forze
,
avverse
o
addirittura
nemiche
,
questo
è
certo
:
che
il
massimalismo
nostrano
lavora
contro
la
Nazione
a
benefizio
dello
straniero
.
Anche
quando
finga
di
mantenersi
,
come
nella
lotta
dei
metallurgici
,
nei
termini
di
una
competizione
sociale
.
Poiché
,
ammesso
,
ciò
che
non
è
,
che
i
ripetuti
assalti
delle
categorie
organizzate
sieno
di
carattere
economico
,
è
inoppugnabile
che
,
dopo
la
conquista
degli
alti
salari
avvenuta
durante
la
guerra
stessa
,
l
'
Italia
doveva
saper
decidere
,
se
nella
formidabile
lotta
di
accaparramento
di
produzione
e
di
mercato
,
uscita
dalla
guerra
,
e
in
cui
si
gettavano
giganteschi
concorrenti
,
l
'
industria
italiana
,
cresciuta
nella
guerra
,
sarebbe
stata
sorretta
dalla
vittoria
o
umiliata
come
in
una
sconfitta
.
Ebbene
ciò
che
oggi
avviene
è
semplicemente
questo
:
che
la
sconfitta
,
respinta
al
nemico
vinto
in
campo
aperto
,
è
stata
trasferita
all
'
azione
interna
del
massimalismo
.
Questo
,
dopo
Vittorio
Veneto
,
ha
voluto
e
vuole
riportare
l
'
Italia
a
Caporetto
senza
il
Piave
.
Anche
se
si
tratti
di
una
Caporetto
economica
.
Poiché
basterà
aggiungere
alla
schiavitù
delle
materie
prime
,
a
quelle
del
tonnellaggio
e
del
cambio
,
anche
la
schiavitù
derivante
dall
'
inevitabile
crollo
della
produzione
stritolata
nei
puerili
e
criminali
esperimenti
di
gestione
collettiva
,
falliti
miseramente
anche
in
Russia
per
preparare
all
'
Italia
le
condizioni
di
una
servitù
politica
.
Ma
quando
si
consideri
che
il
movimento
economico
è
baldanzosamente
indicato
come
movimento
politico
,
di
deliberato
carattere
antinazionale
,
alimentato
soltanto
dalla
diffamazione
della
guerra
e
della
vittoria
,
quello
che
è
un
fatto
inevitabile
della
stessa
contesa
economica
nei
termini
che
assume
,
diventa
il
proposito
confessato
,
contro
cui
lo
stesso
manifesto
socialista
è
obbligato
di
porsi
.
Ebbene
questo
proposito
è
di
pochi
e
di
miserabili
.
Ma
ha
un
complice
:
il
governo
oggi
è
inferiore
a
quella
stessa
timida
e
tardiva
resipiscenza
tentata
dai
firmatari
del
manifesto
.
Il
suo
preteso
agnosticismo
nel
conflitto
economico
,
è
in
realtà
fumosa
cecità
politica
e
torbida
insensibilità
nazionale
.
Il
governo
ignora
di
dover
difendere
il
patrimonio
comune
,
il
patrimonio
nazionale
.
Di
doverlo
difendere
da
un
assalto
che
,
consapevolmente
o
non
,
serve
tutte
le
forze
antinazionali
e
soltanto
le
forze
antinazionali
.
Le
formule
,
da
esso
cercate
d
'
ora
in
ora
,
sono
miserabili
pretesti
.
La
sua
inazione
,
quando
basterebbe
una
modesta
azione
restauratrice
,
è
un
delitto
.
Esso
tradisce
,
poiché
quest
'
ora
che
noi
viviamo
non
è
di
rivoluzione
,
no
,
ma
di
disfatta
.
Di
disfatta
,
dopo
la
vittoria
sul
campo
!
StampaQuotidiana ,
Alcuni
giornali
d
'
altre
città
danno
come
prossima
la
partenza
di
Garibaldi
per
l
'
America
sopra
un
bastimento
noleggiato
in
Inghilterra
dai
due
figli
del
Generale
.
L
'
imbarco
avrebbe
luogo
d
'
accordo
col
governo
(
?
)
prima
della
convocazione
del
Parlamento
.
Questa
voce
era
corsa
anche
a
Torino
con
questa
variante
però
che
l
'
allontanamento
di
Garibaldi
sarebbe
voluto
dal
governo
italiano
sotto
pretesto
che
importa
anzitutto
alleviare
l
'
occupazione
francese
,
che
pertanto
Garibaldi
deve
eclissarsi
per
qualche
tempo
(
!
)
,
e
Roma
cessare
d
'
essere
l
'
argomento
di
eccitazione
.
In
premio
di
ciò
avremmo
tra
breve
la
soluzione
necessaria
della
quistione
romana
...
!
Polvere
agli
occhi
.
Quale
di
queste
due
versioni
sia
la
vera
lo
sapremo
tra
breve
,
perché
Garibaldi
,
sia
che
resti
in
Italia
,
come
speriamo
,
sia
che
chiegga
ospitalità
alla
libera
terra
d
'
America
,
farà
certamente
conoscere
i
suoi
intendimenti
.
Riserviamo
per
ciò
il
nostro
giudizio
sopra
cosa
di
tanta
gravità
,
e
ci
limiteremo
a
far
osservare
che
il
ministero
s
'
illude
stranamente
se
crede
che
Roma
nelle
mani
del
Papa
possa
mai
cessare
di
essere
in
Italia
argomento
di
eccitazione
!
Il
movimento
garibaldino
non
è
una
di
quelle
imprese
esclusivamente
militari
che
cessano
affatto
colla
sconfitta
d
'
uno
dei
due
eserciti
.
Espressione
d
'
un
bisogno
nazionale
e
umanitario
,
il
movimento
garibaldino
può
avere
una
sosta
apparente
,
ma
nel
fatto
continuerà
irresistibile
,
reso
più
forte
dall
'
apostolato
dei
reduci
,
più
sublime
dal
sangue
dei
martiri
,
e
non
cesserà
se
non
quando
quel
bisogno
sarà
soddisfatto
.
Coi
Bandiera
eran
pochi
individui
;
col
Pisacane
poche
decine
;
ma
dal
sangue
dei
Bandiera
e
dei
Pisacane
sorsero
i
mille
e
i
mille
:
il
sangue
di
Mentana
sarà
assai
più
fecondo
.
Finché
la
questione
di
Roma
non
abbia
ottenuto
uno
scioglimento
definitivo
,
non
v
'
è
distanza
che
valga
ad
eclissare
Garibaldi
,
il
generale
di
Roma
.
Se
fosse
effetto
di
violenza
,
l
'
allontanamento
del
Generale
sarebbe
un
nuovo
e
più
fiero
oltraggio
al
sentimento
nazionale
,
vale
a
dire
una
nuova
imprudenza
,
una
nuova
provocazione
.
StampaQuotidiana ,
La
deliberazione
della
Confederazione
delle
Industrie
merita
pieno
consenso
.
Essa
chiarisce
nettamente
come
dalla
vertenza
economica
tra
operai
e
industriali
metallurgici
si
sia
passati
per
sottomissione
operaia
alla
propaganda
massimalista
e
per
defezione
dello
Stato
nella
cosiddetta
neutralità
del
Governo
,
ad
un
tentativo
di
rivolta
sociale
e
politica
,
i
cui
risultati
già
innegabilmente
distruttivi
vanno
oltre
le
posizioni
singole
degli
industriali
e
toccano
il
patrimonio
della
Nazione
,
la
sua
possibilità
di
vita
e
di
sviluppo
nella
terribile
concorrenza
mondiale
.
Perché
possa
essere
ammessa
la
trattativa
economica
,
occorre
respingere
e
annullare
il
tentativo
di
rivolta
.
Non
di
rivoluzione
,
poiché
quando
le
rappresentanze
delle
organizzazioni
operaie
e
del
partito
socialista
dichiarano
che
la
presa
di
possesso
dei
mezzi
di
produzione
e
la
gestione
diretta
non
sono
,
come
dovrebbero
essere
,
un
fatto
di
coscienza
e
di
volontà
la
cui
deliberazione
non
dovrebbe
ammettere
revoche
,
ma
invece
un
mezzo
di
intimidazione
per
ottenere
un
aumento
di
salario
di
una
determinata
categoria
,
si
deve
confermare
quanto
ieri
abbiamo
detto
e
che
cioè
negli
avvenimenti
paralizzatori
della
vita
della
Nazione
,
cominciati
con
gli
scioperi
del
luglio
dell
'
anno
scorso
,
non
agisce
una
qualunque
forza
dinamica
costruttiva
,
ma
lo
spirito
dilapidatore
della
sconfitta
.
Persuasi
di
ciò
,
persuasi
che
per
la
salute
dello
stesso
proletariato
,
cui
la
cosiddetta
neutralità
governativa
ha
tolto
il
modo
di
poter
resistere
alle
impostazioni
della
minoranza
massimalista
riuscita
ad
usurpare
l
'
autorità
dello
Stato
,
persuasi
che
dopo
quattordici
mesi
di
continuo
scadimento
,
occorra
finalmente
fermarsi
ad
un
punto
chiaro
di
resistenza
,
riconosciamo
alla
deliberazione
della
Confederazione
delle
Industrie
un
preciso
valore
economico
,
sociale
,
nazionale
.
Un
valore
politico
di
decisione
utile
e
salutare
,
sulla
quale
provare
tutte
le
buone
forze
che
intendono
opporsi
ad
un
'
opera
di
dissolvimento
.
La
difesa
della
singola
industria
è
oggi
compresa
nella
difesa
di
un
ordinamento
economico
e
sociale
,
che
noi
crediamo
,
soprattutto
in
questo
momento
di
crisi
uscita
dalla
guerra
,
il
solo
capace
di
impedire
la
schiavitù
economica
e
quindi
politica
allo
straniero
tanto
più
potente
,
il
solo
capace
di
garantire
il
faticoso
acquisto
che
l
'
Italia
ha
compiuto
per
liberarsi
dalla
condizione
e
più
dallo
spirito
di
minorità
mondiale
.
Questo
valore
nazionale
dell
'
ordinamento
economico
e
sociale
,
da
noi
affermato
contro
tutte
le
miserabili
menzogne
e
calunnie
demagogiche
,
si
impone
oggi
nella
lotta
contro
il
comunismo
,
di
cui
economicamente
è
dimostrato
dallo
stesso
esperimento
russo
l
'
effetto
distruttivo
senza
nemmeno
il
benefizio
,
anzi
col
danno
della
classe
che
lo
compie
;
e
i
cui
equivalenti
politici
,
l
'
internazionalismo
e
l
'
antimilitarismo
,
sono
stati
così
in
contrasto
con
la
realtà
storica
da
obbligare
la
Russia
a
cercar
salute
soltanto
nella
negazione
risoluta
di
essi
:
nella
guerra
.
Ma
se
consentiamo
economicamente
,
socialmente
,
nazionalmente
e
anche
moralmente
,
per
uscire
con
un
atto
di
dignità
consapevole
da
questo
marasma
di
pusillanimità
,
con
la
deliberazione
della
Confederazione
delle
Industrie
,
non
possiamo
non
domandare
oggi
stesso
agli
industriali
che
si
uniscono
in
essa
,
che
per
l
'
efficacia
politica
di
questa
deliberazione
è
necessaria
una
resipiscenza
.
Essi
debbono
oggi
veder
chiaro
anche
nelle
loro
colpe
e
nelle
loro
responsabilità
,
che
sono
gravi
.
Essi
debbono
confessare
che
a
questa
coincidenza
della
loro
difesa
con
quella
dei
beni
materiali
e
morali
della
Nazione
non
sono
arrivati
con
una
coscienza
politica
nazionale
.
Non
pensiamo
,
questo
dicendo
,
alla
nostra
particolare
azione
che
tenacemente
abbiamo
proseguita
per
creare
una
coscienza
economica
nazionale
fuori
dei
luoghi
comuni
del
più
vuoto
riformismo
demagogico
,
e
che
è
stata
così
poco
intesa
dalla
classe
cosiddetta
dirigente
.
No
.
Andiamo
oltre
la
nostra
dottrina
e
la
nostra
posizione
e
constatiamo
che
quando
forze
costruttive
della
Nazione
,
le
quali
hanno
il
dovere
di
una
superiore
chiaroveggenza
,
hanno
consentito
e
collaborato
attivamente
e
passivamente
ad
una
politica
di
distruzione
della
vittoria
all
'
estero
e
all
'
interno
;
quando
una
classe
cosiddetta
dirigente
consente
che
si
aggiunga
al
disfattismo
della
guerra
il
disfattismo
della
vittoria
,
al
neutralismo
il
vilsonismo
;
quando
si
crede
estranea
alla
propria
attività
di
cittadino
,
dirigente
possenti
organizzazioni
,
la
custodia
e
la
difesa
degli
scopi
supremi
della
Nazione
,
quelli
della
sua
unità
territoriale
,
strategica
,
spirituale
minacciati
e
offesi
in
Adriatico
,
oltre
che
da
prepotenze
straniere
,
dalla
nostra
ignoranza
e
malvagità
;
quando
si
accetta
che
il
governo
ponga
,
con
l
'
amnistia
ai
disertori
e
cioè
al
reato
dei
reati
,
le
basi
della
dissoluzione
dello
Stato
e
della
defezione
governativa
innanzi
alla
singola
violenza
;
quando
a
governi
,
che
si
sottomettono
complici
agli
scioperanti
nei
pubblici
servizi
,
e
tutto
questo
compiono
,
si
da
la
propria
collaborazione
,
nella
illusione
che
tutto
ciò
possa
difendere
,
col
danno
della
Nazione
,
le
proprie
posizioni
economiche
;
quando
a
chi
ostinato
denunzia
i
pericoli
di
tanta
mostruosità
si
crea
l
'
isolamento
politico
e
morale
,
non
possiamo
non
domandare
che
il
valore
della
deliberazione
di
Milano
sia
anche
di
un
punto
fermo
ad
una
politica
che
ha
avuto
troppe
complicità
e
troppa
passività
negli
autori
di
quella
.
Se
questo
non
fosse
,
dovremmo
aspettare
la
restaurazione
della
Nazione
da
forze
oscure
e
non
ancora
ordinate
,
le
quali
certo
non
potrebbero
impedire
la
più
grave
crisi
che
oggi
minaccia
,
e
non
potrebbero
risolverla
in
fine
se
non
fuori
di
una
legge
e
a
prezzo
di
rovine
.
StampaQuotidiana ,
Sì
,
l
'
Italia
ha
diritto
di
piangere
.
Ella
ha
fatto
una
perdita
immensurabile
.
Sì
,
l
'
Italia
pianga
,
ma
pianga
col
cuore
e
tenga
saldo
il
cervello
.
Per
quanto
sia
giusto
,
per
quanto
debba
esser
grave
il
dolore
,
guai
se
sotto
al
peso
di
questo
l
'
Italia
s
'
accascia
.
Coraggio
.
L
'
Italia
conta
ancora
dei
nobili
figli
.
Per
Dio
,
l
'
Italia
avrà
ancora
degli
uomini
che
sappiano
porsi
a
livello
della
circostanza
.
Disotto
alle
grandi
sventure
germina
sempre
la
concordia
.
Abbiamo
quindi
diritto
a
sperare
che
tutte
le
forze
italiane
si
stringeranno
in
un
fascio
,
per
far
più
impeto
allo
scherno
della
fortuna
.
Noi
che
vediamo
passarci
muta
la
gente
dinanzi
,
noi
che
vedemmo
la
scorsa
notte
affollata
la
contrada
Cavour
di
una
popolazione
,
che
,
costernata
,
volea
avere
d
'
ora
in
ora
notizie
sulla
salute
del
grande
Cittadino
che
abbiamo
perduto
;
noi
che
vediamo
oggi
questa
popolazione
legittimamente
cupa
,
e
coll
'
espressione
solenne
del
suo
dolore
;
noi
che
vediamo
l
'
industria
,
il
commercio
,
la
città
tutta
chiusa
nella
sua
ambascia
,
possiamo
facilmente
argomentare
del
lutto
,
che
questa
triste
notizia
avrà
steso
sulle
povere
contrade
,
la
cui
vita
era
tutta
di
speranze
.
Coraggio
.
Pensiamo
che
l
'
opera
dell
'
Uomo
di
Stato
che
ci
fu
tolto
non
è
ancora
compiuta
.
Pensiamo
che
quanti
siamo
già
liberi
,
abbiamo
bisogno
di
calma
e
di
ordine
.
Pensiamo
che
c
'
è
Venezia
alla
quale
non
manca
già
la
calma
e
l
'
ordine
,
ma
la
vita
.
Per
Roma
la
è
una
questione
a
parte
,
e
già
risolta
in
principio
;
e
che
noi
,
come
l
'
abbiamo
già
annunciato
,
non
la
calcoliamo
la
questione
vitale
.
La
questione
di
vita
o
di
morte
è
Venezia
.
Noi
comprendiamo
la
immensità
del
dolore
che
piomberà
al
triste
annunzio
,
su
quella
già
desolata
contrada
.
Ebbene
;
che
al
dolore
della
perdita
non
si
aggiunga
la
notizia
di
una
ingiusta
sfiducia
.
Noi
non
andremo
a
cercare
nelle
memorie
antiche
il
coraggio
;
non
pescheremo
le
nostre
forze
nelle
tombe
dei
nostri
grandi
avi
;
lascieremo
ad
altri
la
pompa
delle
frasi
retoriche
;
sì
,
siamo
la
terra
dei
Vico
,
dei
Machiavelli
,
dei
Dante
,
dei
Ferruccio
,
dei
Michelangelo
,
e
di
quant
'
altri
giganti
piaccia
ad
altri
evocare
-
ma
oggi
queste
grandi
ombre
posson
poco
per
noi
lasciamole
dunque
al
loro
posto
,
e
,
senza
tante
vanterie
vaporose
e
sonore
,
diciamoci
prosaicamente
:
coraggio
;
Cavour
prima
di
morire
parlò
della
sua
Italia
.
E
di
che
altro
poteva
quel
grande
patriota
occuparsi
anche
morendo
?
...
Ebbene
!
gli
amici
che
raccolsero
il
suo
ultimo
sospiro
,
lo
sentirono
in
tutti
questi
giorni
parlare
parole
di
fiducia
pei
nostri
destini
.
Cavour
non
delirava
.
Egli
parlava
assennato
,
e
veggente
.
Chiese
egli
stesso
del
Padre
Giacomo
per
confidargli
che
la
sua
coscienza
era
sicura
.
E
compiute
in
ordine
tutte
le
cose
sue
,
tornò
a
parlare
cogli
uomini
politici
dell
'
Italia
.
E
ripetutamente
terminava
i
suoi
ragionamenti
con
queste
parole
Oh
,
ma
la
cosa
va
,
state
sicuri
che
ormai
la
cosa
va
.
Coraggio
,
dunque
,
attingiamo
da
queste
estreme
parole
la
fiducia
in
noi
stessi
pei
destini
della
patria
.
Certo
è
mancata
la
colonna
più
salda
,
una
colonna
di
porfido
;
ma
in
fine
se
ci
metteremo
tutti
sotto
,
l
'
edificio
non
crollerà
.
Su
dunque
quanti
siamo
onesti
(
e
di
fronte
alla
patria
spero
il
siam
tutti
)
,
facciamoci
uniti
stigmatizzando
senza
misericordia
chiunque
tentasse
turbare
la
calma
che
ci
abbisogna
.
Che
le
parole
del
Conte
Cavour
sieno
profetiche
per
l
'
Italia
.
Che
le
sorelle
gementi
ancora
in
catene
non
si
lascino
abbattere
dall
'
inattesa
sventura
.
Fu
una
perdita
grave
,
immensa
,
ma
la
storia
dei
nostri
giorni
ha
notati
nelle
sue
pagine
altri
figli
coraggiosi
,
e
intelligenze
illustri
.
Questi
figli
,
queste
intelligenze
sono
ancor
forze
vive
della
Nazione
.
Cavour
ha
detto
che
la
cosa
ormai
va
.
Ebbene
coraggio
,
viva
Dio
la
deve
andare
,
e
l
'
andrà
.
StampaQuotidiana ,
E
non
è
proprio
un
sogno
!
!
Abbiamo
assistito
ai
funerali
del
Conte
Camillo
Cavour
.
E
in
verità
,
quantunque
le
lagrime
che
ci
si
sgroppano
dal
cuore
attestino
questa
tremenda
realtà
,
non
sappiamo
ancora
persuaderci
che
lo
spettacolo
,
a
cui
abbiamo
assistito
,
non
sia
stato
che
una
tetra
fantasmagoria
.
Pur
troppo
,
era
il
Conte
di
Cavour
che
era
chiuso
là
in
quella
bara
,
ch
'
era
portato
via
su
quel
carro
parato
di
nero
.
Chi
sa
darci
ragione
di
questi
supremi
decreti
?
Una
vita
così
necessaria
e
preziosa
spenta
come
quella
di
un
altro
uomo
qualunque
!
!
Una
vita
che
fa
piangere
tutta
l
'
Italia
,
spenta
come
quella
di
tanti
inutili
che
brulicano
a
fastidio
della
patria
!
!
Solo
,
che
mentre
di
costoro
non
se
ne
darebbe
per
avvisato
nemmeno
il
loro
vicino
di
casa
,
per
quest
'
uomo
si
commuove
tutta
l
'
Europa
Civile
,
e
si
paralizza
nell
'
immenso
dolore
tutta
intera
una
Nazione
per
lui
solo
risorta
.
Povera
Italia
!
Egli
che
t
'
ha
presa
per
mano
,
che
ti
mostrò
a
chi
ti
sconfessava
,
che
gridò
incessantemente
a
tutti
e
dappertutto
,
perché
si
persuadessero
che
sei
viva
,
e
nobile
,
e
grande
,
e
che
non
meritavi
quindi
di
restartene
in
eterno
sepolta
;
Egli
che
ti
ha
portata
tant
'
alto
che
tutto
il
mondo
ora
ti
confessa
e
ti
onora
;
Egli
che
ti
ha
condotta
fino
alle
porte
del
Campidoglio
....
nel
mentre
stava
battendo
per
farti
entrare
,
è
morto
.
Ed
è
proprio
lui
quello
che
ieri
hai
veduto
portare
su
quel
carro
tirato
da
sei
bruni
cavalli
,
tutti
bardati
di
nero
!
E
quel
carro
era
preceduto
dalla
prode
nostra
armata
,
la
quale
portava
velate
a
bruno
quelle
bandiere
,
che
,
sovra
un
terreno
di
lunga
mano
da
lui
apparecchiato
,
s
'
eran
coperte
di
gloria
.
E
quella
nobile
armata
si
chiama
italiana
per
lui
!
!
!
Oh
aveva
ragione
d
'
essere
sì
mesta
!
Poi
veniva
tutta
intera
la
guardia
nazionale
,
palladio
delle
nostre
libertà
da
lui
così
onestamente
,
energicamente
difesa
;
e
non
vi
era
un
milite
che
avesse
potuto
snebbiar
la
sua
fronte
dalla
profonda
mestizia
che
siedeva
su
tutti
i
volti
.
E
la
salma
di
quest
'
Uomo
,
che
avea
coll
'
eloquenza
della
sua
parola
fatta
superba
la
Nazione
di
possederlo
,
passava
muta
in
mezzo
a
quei
senatori
e
deputati
,
che
furono
tante
volte
spettatori
estatici
dei
suoi
trionfi
,
che
subirono
tante
volte
il
fascino
della
sua
stragrande
potenza
.
Ed
ora
non
parla
più
.
Seguivano
la
guardia
nazionale
,
le
corporazioni
religiose
,
e
stavano
intorno
al
carro
i
ministri
e
presidenti
delle
due
Camere
,
coi
cavalieri
dell
'
Ordine
supremo
dell
'
Annunziata
.
Un
araldo
portava
sopra
un
cuscino
il
Collare
Supremo
del
defunto
.
Poi
venivano
i
cavalieri
dell
'
Ordine
,
gli
aiutanti
di
campo
del
Re
e
dei
Reali
Principi
,
i
Gran
Dignitari
dello
Stato
,
i
senatori
e
deputati
,
il
Consiglio
di
Stato
,
la
Corte
dei
Conti
,
la
Corte
d
'
Appello
,
il
Municipio
,
il
Corpo
Universitario
,
ed
i
Ministri
degli
Esteri
e
della
Marina
,
con
una
turba
infinita
di
altri
funzionari
.
Seguivano
quindi
la
Società
degli
Operai
di
Torino
,
in
corpo
con
bandiera
,
e
le
deputazioni
degli
Operai
tipografi
di
Milano
,
delle
Scuole
tecniche
con
bandiera
,
degli
Operai
di
Alessandria
,
di
Voghera
,
di
Caselle
,
di
Parma
,
le
Società
dei
Pristinai
di
Torino
,
dei
Cuochi
e
Camerieri
,
degli
Operai
delle
Strade
Ferrate
,
e
da
ultimo
l
'
Emigrazione
Veneta
e
Romana
,
ed
una
immensa
falange
di
volontari
garibaldini
,
tutti
colle
loro
bandiere
abbrunate
e
tutti
indistintamente
col
dolore
scolpito
sul
viso
.
Il
funebre
corteo
era
aperto
e
chiuso
da
un
picchetto
dei
Cavalleggeri
Ussari
di
Piacenza
e
percorse
l
'
itinerario
già
preventivamente
segnato
dagli
annunzi
ufficiali
.
Le
salve
dell
'
artiglieria
rompevano
a
larghi
intervalli
le
marce
funebri
delle
bande
dei
varii
Corpi
militari
,
e
lungo
tutto
lo
stradale
per
cui
passava
pendevano
dalle
finestre
le
brune
gramaglie
,
là
d
'
onde
ancor
ieri
l
'
altro
ondeggiavano
i
festoni
orifiamma
di
quella
prima
festa
,
che
solennizzava
la
Nazione
da
Cavour
unificata
.
E
compiuta
la
festa
,
il
Conte
Cavour
moriva
come
chi
avesse
tutto
compiuto
.
Il
tempo
,
durante
la
marcia
del
funebre
convoglio
,
pioveva
a
dirotto
.
Pure
la
popolazione
erasi
tutta
versata
sulle
vie
a
dar
l
'
estremo
saluto
a
Cavour
.
E
tutta
quella
gran
calca
di
gente
,
tutti
quei
grandi
dignitari
,
tutte
quelle
illustrazioni
della
Nazione
seguivano
il
feretro
come
se
a
tutti
nel
Conte
Cavour
fosse
mancato
il
padre
il
più
affettuoso
,
se
anche
taluni
si
fossero
talvolta
manifestati
suoi
avversari
.
Gli
è
che
proprio
sentivano
che
la
nostra
gran
madre
,
l
'
Italia
,
era
rimasta
vedova
.
Oh
abbiamo
un
bel
farci
violenza
per
consigliare
il
coraggio
,
abbiamo
un
bel
sentire
la
necessità
di
non
farci
più
piccoli
del
destino
,
abbiamo
un
bel
ripeterci
le
frasi
pompose
:
«
Gli
uomini
passano
,
le
nazioni
non
muoiono
»
,
ma
questa
intelligenza
europea
che
si
è
spenta
è
una
grande
,
è
un
'
immensa
,
è
una
irreparabile
sventura
.
E
quando
pensiamo
che
a
quest
'
Uomo
che
mette
a
lutto
colla
sua
morte
una
nazione
,
e
che
sgomenta
il
mondo
,
fecero
opposizione
certe
nullaggini
,
la
cui
morte
,
nonché
un
sospiro
,
non
darebbe
nemmanco
argomento
ad
un
Oh
!
E
che
si
pensavano
non
solo
discuterlo
,
ma
poterlo
surrogare
!
!
Oh
la
povera
gente
!
!
!
L
'
avete
veduta
questa
città
tetra
e
cupa
come
se
l
'
avessero
bombardata
?
Avete
veduto
tutte
quelle
liste
nere
che
sbarravano
tutti
i
negozii
con
scrittovi
sopra
:
Per
lutto
nazionale
!
Ditemi
quando
mai
un
sì
universale
dolore
ci
ha
tutti
così
investiti
?
Che
la
memoria
del
Conte
Cavour
ci
sia
sacra
,
o
Italiani
.
Che
nessuno
,
per
carità
,
turbi
con
insani
delirii
la
faticosa
soma
che
dovranno
adossarsi
gli
uomini
chiamati
a
succedergli
.
Noi
siam
pronti
di
gran
cuore
a
sorreggere
di
tutte
le
forze
nostre
in
questi
terribili
frangenti
gli
uomini
,
di
cui
la
voce
pubblica
comincia
a
pronunciare
il
nome
.
Non
iscoraggiamoli
in
quest
'
ora
di
solenne
sventura
,
con
ignobili
ed
inconsulte
parole
.
Pensiamo
che
la
Nazione
non
deve
già
tentare
alla
sventata
,
questa
o
quella
individualità
.
Ella
deve
affidarsi
ad
uomini
provati
,
ad
uomini
che
abbiano
fatto
qualche
cosa
per
lei
,
ad
uomini
che
,
alla
fermezza
dei
propositi
,
alla
grandezza
del
patriottismo
,
abbiano
mostrato
di
saper
congiungere
la
lealtà
,
l
'
onestà
,
la
dignità
del
carattere
.
Di
questi
uomini
la
Nazione
ne
ha
,
li
sperimentò
,
li
conosce
.
È
gravissimo
torto
il
tentare
di
sfiduciare
la
già
abbastanza
sconfortante
posizione
in
cui
versa
la
patria
.
Pensiamo
all
'
Italia
ed
al
Re
.
Ripariamo
presto
il
grande
vuoto
che
si
è
fatto
e
badiamo
a
non
aggiungere
,
alla
grande
sciagura
che
percosse
l
'
Italia
,
quella
più
funesta
ancora
di
indecorosi
garriti
.
E
la
tomba
di
Cavour
sia
il
tempio
della
nostra
concordia
.
StampaQuotidiana ,
Qualunque
sia
il
capriccio
della
stagione
,
splenda
il
sole
o
lo
velino
le
nubi
,
c
'
è
una
cosa
che
nessuna
stagione
più
vela
,
c
'
è
una
bandiera
che
nessun
tempo
ci
fa
più
ammainare
,
c
'
è
una
fede
che
più
non
si
oscura
,
e
questa
cosa
è
la
libertà
,
questa
bandiera
è
quella
dai
tre
colori
,
questa
fede
è
quella
di
Vittorio
Emanuele
.
Erede
del
primo
Re
che
ha
sfoderata
la
spada
per
la
rivoluzione
,
figlio
del
primo
campione
scettrato
per
la
indipendenza
d
'
Italia
,
Vittorio
Emanuele
ha
piantata
la
statua
della
libertà
sopra
un
piedistallo
di
porfido
,
e
l
'
Alfiere
di
Piazza
Castello
che
colla
spada
sguainata
veglia
minaccioso
al
vessillo
italiano
,
non
simboleggia
che
la
fierezza
,
italiana
di
questo
Re
,
che
da
16
anni
sta
a
guardia
della
risurrezione
della
patria
,
e
della
sua
libertà
.
Salve
,
Re
d
'
Italia
!
Se
sei
superbo
del
tuo
valore
e
della
tua
fede
,
n
'
hai
d
'
onde
.
Gira
attorno
lo
sguardo
e
sotto
le
assise
dei
tuoi
guerrieri
,
sotto
il
fremito
di
gioia
di
questi
popoli
che
ti
salutano
,
nello
stesso
seguito
del
tuo
stato
maggiore
,
conterai
gli
uomini
che
un
dì
nemici
a
tuttoché
sapeva
di
regio
,
ora
esultano
con
Te
nella
esultanza
italiana
.
Dal
sasso
dell
'
algente
Cenisio
a
quello
delle
terre
vulcaniche
,
tutta
la
gentile
penisola
inneggia
oggi
alla
libertà
.
Dove
segnavano
barriere
i
patiboli
,
ora
sventolano
i
colori
d
'
Italia
,
e
se
due
sorelle
mancano
ancora
al
nazionale
tripudio
,
non
son
esse
,
nel
lutto
,
meno
di
noi
incrollabili
nella
fede
dell
'
avvenire
,
perché
san
bene
che
tutto
questo
vasto
territorio
di
gente
libera
,
non
può
da
umana
forza
esser
più
risospinto
nelle
tenebre
E
finché
arde
la
luce
,
finché
questa
fiamma
è
tenuta
alta
dalla
forte
tua
destra
,
o
Re
Vittorio
,
non
può
più
sorger
timore
di
smarrire
la
via
che
ci
conduca
tutti
all
'
ultima
mèta
.
La
Spagna
può
avere
i
suoi
Galindi
anche
nel
pieno
possesso
della
sua
indipendenza
,
ma
l
'
Italia
è
terra
privilegiata
troppo
da
Dio
,
perché
una
volta
rotta
la
lapide
del
suo
sepolcro
,
non
torni
maestra
di
civiltà
a
quanti
sono
nella
barbarie
.
Salve
,
o
Re
d
'
Italia
!
Era
ben
tempo
che
se
un
Re
Galantuomo
disertasse
dal
sinedrio
dei
Re
spergiuri
,
anche
i
popoli
disertassero
dalle
mene
settarie
per
salutarlo
loro
padre
e
fratello
.
E
Tu
sei
l
'
uno
e
l
'
altro
per
noi
,
che
sbattuti
per
secoli
nelle
ire
di
parte
,
e
nelle
torture
dei
despoti
,
ti
abbiam
veduto
scendere
dal
trono
per
accomunarti
nei
diritti
ai
tuoi
cittadini
,
lasciare
la
reggia
per
accomunarti
nei
perigli
del
campo
ai
tuoi
gloriosi
soldati
,
gittar
la
Corona
di
Principe
per
aver
la
gemma
dell
'
amore
della
Nazione
.
E
questa
Nazione
ti
ama
,
perché
Tu
le
provasti
di
amarla
,
né
ama
Te
solo
ma
la
tua
stirpe
intera
,
perché
per
quanto
audacemente
aneli
al
progresso
,
ella
sente
che
niuna
forma
,
o
niun
nome
,
potrebbe
accrescerle
lo
splendore
che
Tu
le
hai
conquistato
,
né
garantirle
più
fortemente
la
libertà
,
che
dai
gradini
del
trono
è
a
lei
discesa
.
Oh
che
quella
concordia
che
fu
prima
autrice
di
questo
glorioso
presente
,
non
sia
mai
una
vana
invocazione
,
e
quanti
amano
e
sperano
si
confondano
nei
voti
tuoi
,
che
sono
voti
sinceri
di
cittadino
più
che
di
Re
!
E
Voi
,
fratelli
nostri
,
che
tendete
ansanti
a
superare
i
confini
che
ancora
segnano
una
linea
di
lutto
in
Italia
,
non
vi
scoraggiate
per
ore
o
per
giorni
che
ci
dividano
ancora
da
voi
Quando
sentirete
echeggiare
le
grida
del
nostro
saluto
,
gioite
e
sperate
,
ché
queste
grida
non
sono
di
egoistico
tripudio
,
ma
sì
di
altissimo
orgoglio
per
trecentomila
figli
che
assordano
l
'
aria
col
rimbombo
dei
loro
moschetti
,
col
tuono
dei
loro
cannoni
,
sono
grida
di
libertà
che
alla
vigilia
del
6
giugno
l
'
Italia
manda
alla
tomba
di
Santena
,
per
tranquillare
lo
spirito
del
Conte
Cavour
,
sulle
profetate
sorti
d
'
Italia
.
Se
è
morto
Cavour
,
è
sempre
come
torre
fermo
Vittorio
Emanuele
,
e
Vittorio
Emanuele
è
il
Re
Galantuomo
.
Nel
1865
solennizzeremo
la
libertà
in
Piazza
San
Marco
.