Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> autore_s:"-"
ProsaGiuridica ,
VITTORIO EMANUELE III PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D ' ITALIA Visto l ' art . 3 , n . 2 , della legge 31 gennaio 1926 , n . 100; Udito il Consiglio dei Ministri ; Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di estendere l ' ordinamento podestarile a tutti i Comuni del Regno ; Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per gli affari dell ' interno di concerto con quello per le finanze ; Abbiamo decretato e decretiamo : Art . 1 La legge 4 febbraio 1926 , n . 237 , ed il R . decreto ­ legge 9 maggio 1926 , n . 818 , convertito nella legge del 25 giugno 1926 , n . 1262 , sono estesi a tutti i Comuni del Regno , con le modificazioni ed aggiunte risultanti dagli articoli seguenti . Art . 2 Ai podestà dei Comuni che abbiano popolazione superiore ai 20,000 abitanti o che , pur avendo popolazione inferiore , siano capoluoghi di Provincia , non si applica il disposto dell ' art . 2 , comma 3° , della legge 4 febbraio 1926 , n . 237 , per quanto concerne il trasferimento . Art . 3 Nei Comuni indicati all ' articolo precedente , il Ministro per l ' interno può nominare un vice ­ podestà se la popolazione non sia superiore ai 100.000 abitanti , e due vice ­ podestà se il Comune abbia una popolazione superiore . I vice ­ podestà durano in carica 5 anni ; possono sempre essere confermati e possono essere revocati con provvedimento del Ministro per l ' interno , contro il quale non è ammesso alcun gravame né amministrativo , né giudiziario . Nel Comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti , un vice ­ podestà può essere scelto anche fra i funzionari ed impiegati governativi indicati al 4° comma , 2° capoverso , dell ' art . 26 del testo unico della legge comunale e provinciale , approvato con R . decreto 4 febbraio 1915 , n . 148 . Ai vice ­ podestà è applicabile il disposto dell ' art . 12 della legge 4 febbraio 1926 , n . 237 . Art . 4 I vice ­ podestà coadiuvano il podestà , che può anche affidar loro speciali incombenze nell ' amministrazione del Comune e l ' incarico di sostituirlo nelle sue funzioni in caso di assenza , od impedimento . Art . 5 Nei Comuni indicati all ' art . 2 , il podestà è assistito da una Consulta , formata di un numero di componenti non inferiore a 10 e non superiore a 24 nei Comuni con popolazione sino a 100.000 abitanti ; non inferiore a 24 e non superiore a 40 negli altri . Art . 6 Il numero dei consultori , entro i limiti stabiliti dall ' articolo precedente , è fissato , per ciascun Comune , dal Prefetto . La scelta dei consultori viene effettuata su terne designate dalle Associazioni sindacali comunali legalmente riconosciute agli effetti della legge 3 aprile 1926 , n . 563 . Quando la popolazione dei Comuni superi i 100,000 abitanti , la nomina dei consultori spetta al Ministro per l ' interno ; negli altri casi , al Prefetto . Le norme ed i termini per le designazioni di cui al 2° comma , saranno stabiliti con decreto Reale , su proposta del Ministro per l ' interno , di concerto col Ministro per le corporazioni . Art . 7 Per gravi ragioni di ordine pubblico o di carattere amministrativo , il Ministro per l ' interno può disporre lo scioglimento della Consulta o sospenderne la nomina . Il termine entro il quale avrà luogo la ricostituzione della Consulta sarà indicato nello stesso decreto del Ministro , ma non potrà superare la durata di un anno . Quando la Consulta sia sciolta o ne sia sospesa la nomina , provvede , senz ' altro , il podestà , anche nei casi previsti dall ' art . 9 . Art . 8 I consultori i quali , senza giustificato motivo , non intervengano a tre adunanze consecutive , sono dichiarati decaduti . La decadenza è pronunciata dal Ministro per l ' interno o dal Prefetto , a seconda della rispettiva competenza di nomina , su proposta del podestà o anche d ' ufficio , previa contestazione dei motivi all ' interessato . Il provvedimento con cui viene pronunziata la decadenza del consultore è definitivo . Art . 9 Il parere della Consulta è obbligatorio per i Comuni indicati nell ' art . 2 , quando la popolazione non superi i 100,000 abitanti , in tutti i casi nei quali , a termini delle leggi finora in vigore , il provvedimento sarebbe stato riservato alla esclusiva competenza del Consiglio comunale ; nei Comuni con popolazione superiore , nei casi previsti dall ' art . 217 della legge comunale e provinciale , testo unico 4 febbraio 1915 , n . 148 , sui bilanci , sui conti e sull ' assunzione diretta dei pubblici servizi . Qualora il provvedimento del podestà non sia conforme al parere della Consulta , deve farsene constare nel verbale relativo , e la deliberazione sarà sottoposta all ' approvazione del Prefetto , anche nei casi previsti dai commi 2° e 3° dell ' art . 11 . Art . 10 Le adunanze della Consulta non sono valide qualora non intervenga almeno la metà dei suoi componenti ; i pareri della Consulta vengono emessi a maggioranza assoluta di voti . Quando in due successive convocazioni a distanza non minore di 5 giorni , la Consulta non possa pronunciarsi per mancanza di numero legale , il podestà è autorizzato a provvedere anche nei casi di cui all ' articolo precedente , pur senza il parere della Consulta . Art . 11 Le deliberazioni dei podestà dei Comuni indicati all ' articolo 2 con popolazione non superiore ai 100.000 abitanti , le quali non siano soggette all ' approvazione della Giunta provinciale amministrativa a termini del 1° comma dell ' articolo 13 della legge 4 febbraio 1926 , n . 237 , sono sottoposte all ' approvazione del Prefetto soltanto quando , a termini delle leggi finora in vigore , sarebbero state riservate alla esclusiva competenza del Consiglio comunale . Negli altri casi , sono soggette soltanto al visto di legittimità del Prefetto o del Sottoprefetto . Per i Comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti , le deliberazioni del podestà , che non siano sottoposte all ' approvazione della Giunta provinciale amministrativa a termini del citato comma 1° dell ' art . 13 della legge 4 febbraio 1926 , n . 237 , sono soggette soltanto al visto di legittimità del Prefetto . Disposizioni finali e transitorie Art . 12 Nei Comuni danneggiati dal terremoto del 28 dicembre 1908 , di cui alla tabella n . 1 allegata al testo unico 19 agosto 1917 , n . 1393 , e dal terremoto del 13 gennaio 1915 , compresi negli elenchi approvati con i Regi decreti 7 febbraio 1915 , nn . 71 e 72 , 14 febbraio 1915 , n . 118 , e 22 aprile 1915 , n . 543 , l ' ufficio di podestà può essere , in via eccezionale , conferito , per non oltre un triennio dalla entrata in vigore del presente decreto , anche ai funzionari ed impiegati governativi indicati nel 4° comma , 2° capoverso , dell ' art . 26 del testo unico della legge comunale e provinciale , approvato con R . decreto 4 febbraio 1915 , n . 148 . Se i Comuni contemplati dal comma precedente sono finitimi , l ' amministrazione può essere affidata ad un solo podestà quando anche la popolazione complessiva di essi superi i 5000 abitanti . Resta fermo il disposto del 3° capoverso dell ' art . 2 del R . decreto ­ legge 15 aprile 1926 , n . 765 , convertito nella legge 1° luglio 1926 , n . 1380 , per i Comuni che siano dichiarati luoghi di cura , di soggiorno o di turismo . Art . 13 Finché non siano emanate le norme di cui al 4° comma dell ' art . 6 ed effettuata la nomina della Consulta per ogni singolo Comune , resta sospesa l ' applicazione delle disposizioni del presente decreto relative alla Consulta stessa . La nomina della Consulta dovrà , per altro , essere effettuata entro sei mesi dalla data di pubblicazione delle norme di cui al 4° comma dell ' art . 6 . Art . 14 L ' applicazione delle norme del presente decreto resta sospesa nei riguardi del comune di Napoli sino a che rimanga in vigore il R . decreto ­ legge 15 agosto 1925 , n . 1636 . Nulla è innovato , nei riguardi del comune di Roma , alle disposizioni dei Regi decreti ­ legge 28 ottobre 1925 , n . 1949 e 10 giugno 1926 , n . 1025 . Art . 15 Il Governo del Re è autorizzato a coordinare le disposizioni del presente decreto con quelle della legge 4 febbraio 1926 , n . 237 , e del R . decreto ­ legge 9 maggio 1926 , n . 818 , convertito nella legge 25 giugno 1926 , n . 1262 , nonché a formare il nuovo testo unico della legge comunale e provinciale modificandone le disposizioni per porle in armonia con i principî informatori delle leggi succitate e del presente decreto . Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge . Il Ministro proponente è autorizzato alla presentazione del relativo disegno di legge . Ordiniamo che il presente decreto , munito del sigillo dello Stato , sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d ' Italia , mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare . Dato a Racconigi , addì 3 settembre 1926 . VITTORIO EMANUELE . MUSSOLINI - - FEDERZONI - - VOLPI . Visto , il Guardasigilli : ROCCO . Registrato alla Corte dei conti , addì 19 novembre 1926 . Atti del Governo , registro 254 , foglio 108 . - - COOP
TORINO, 3 NOVEMBRE ( - , 1867 )
StampaQuotidiana ,
Lo scioglimento del Comitato Centrale di Soccorso in ossequio agli ordini del governo francese , dà luogo alla seguente domanda : Gli onorevoli Senatori e Deputati che componevano quel Comitato non potranno più riunirsi attorno al letto di Cairoli infermo ! Qual legge può loro farne divieto ? Nessuna . Dunque ? Dunque continua e continuerà a pubblicarsi il Bollettino di quelli onorandissimi patrioti , con questo solo divario che invece di chiamarsi Bollettino del Comitato Centrale , ora si chiama , con risparmio di tre parole , semplicemente Bollettino . L ' articolo del Codice Penale Lorenese in forza del quale lo scioglimento è stato intimato , è concepito nei termini seguenti : « Ogni toscano , o abitante di Toscana , il quale commettendo nel territorio di un altro Stato atti ostili , non approvati dal Governo , ha esposto il Granducato al pericolo di una guerra , è punito con la casa di forza da tre a dieci anni , e se ne è seguita la guerra , la detta pena può estendersi fino a venti anni » . Il trasferimento della capitale ha dunque ridotto l ' Italia alle proporzioni di un Granducato ? ! Si vuol dunque davvero dar ragione alla celebre e tremenda lettera di Ricci Vincenzo ? La Riforma alla lettura di quell ' articolo prorompe in queste parole : « La prima impressione che ogni animo retto deve sentirne è quella d ' una immensa meraviglia , quasi d ' incredulità ; impressione che deve far luogo ad una indignazione profonda » . E per verità codesta applicazione di legge è la ricognizione dello Stato Pontificio contrariamente al diritto nazionale italiano che stabilisce Roma capitale d ' Italia ; essa è un nuovo trovato della Consorteria per affermare quella Rinunzia a Roma che è la base della antinazionale e nefanda politica dei Convenzionisti . Ma chi vivrà vedrà .
QUARANTADUE ( - , 1922 )
StampaQuotidiana ,
Quarantadue sono gli iscritti a parlare sulle comunicazioni del Governo ; e , a quanto si assicura , sono già in aumento . Saliranno a cinquanta e a più di cinquanta e cioè all ' ottavo dei presenti che si calcola saranno quattrocento . Questa proporzione è assurda e ridicola . È una vecchia tradizione abitudinaria , che bisogna abbandonare . È intollerabile . Sono pregati quanti , custodi degl ' immortali principii , credessero di riconoscere nelle nostre parole un proposito di violare una delle tante libertà , la libertà di parola , di ricordarsi di quello che inutilmente è stato detto e scritto e ripetuto tutte le volte che , dopo una crisi , o ad una riapertura di Camera , ci sia stata la solita accademia sulle comunicazioni del governo . In quelle occasioni , da tutte le parti , compresa la stampa socialdemocratica , si è deplorato le chiacchiere inutili , la logorante esposizione di tutto lo scibile , l ' indisciplina dei gruppi incapaci di designare un rappresentante , la vanità dei singoli , preoccupati di collocare il proprio discorso , e via di seguito . E la deplorazione è stata vana , sempre vana , tanto da diventare anche essa un ' accademia rituale come la discussione . Noi crediamo invece che si debba finirla con l ' una e con l ' altra accademia . La libertà di parola non c ' entra . Poiché in un Parlamento bene ordinato il diritto di parlare trova norme e limiti spontanei nella disciplina dei gruppi , nella sostanza dei discorsi , nella condotta degli ascoltatori . In Inghilterra e in Francia è norma quasi costante che le dichiarazioni del governo abbiano la sanzione del voto nella giornata stessa in cui sono state pronunziate . Soltanto in Italia un voto può arrivare dopo una settimana . Ci pare poi che questa sia una buona occasione per finirla . C ' è un governo che si costituisce con atti , che si è già affermato con atti , che vuol continuare per atti . Gli atti per la costituzione del governo , gli atti del governo , sono noti , definiti . La Camera quindi può , deve anzi giudicarli , senza prolisse e variopinte interpretazioni . Le comunicazioni del governo saranno appoggiate a questi atti e non saranno il solito discorso , che entra in gara con altri discorsi , che si conclude in un secondo discorso , che provochi i vani discorsetti delle dichiarazioni di voto . Non ci deve essere posto per la chiacchiera , soprattutto per la chiacchiera personale dei numerosi deputati , i quali debbono risolvere pubblicamente il loro caso di coscienza , per passare dal culto socialdemocratico al filofascismo . Questi casi di coscienza siano risoluti col voto , e basta . Tutto il resto non avrebbe alcun interesse . Potrebbe anzi fare schifo . La Camera deve , se ne è capace , dimostrare alla Nazione di assolvere ancora un qualche compito . Serio , positivo , quale certamente non è indicato dal numero degli oratori , chiamandoli così , iscritti per la discussione sulle comunicazioni del governo . La Camera deve ricordarsi di avere , con i suoi lunghi periodi di vanità parolaia , con i suoi volgarissimi e abietti litigi , con la sua incontinenza demagogica nel compromettere la solidità del bilancio , toccato l ' estremo della degenerazione parlamentaristica , di aver essa dato al Paese il tristo spettacolo di un istituto in paralisi , in dissoluzione . La Camera ha oggi la responsabilità delle sue colpe , dei suoi errori , la cui diagnosi è stata inutilmente ripetuta . Spetta oggi alla Camera di dimostrarsi almeno capace di contrizione .
TORINO, 7 NOVEMBRE ( - , 1867 )
StampaQuotidiana ,
Nel numero di ieri ci siamo resi interpreti dei sentimenti dei nostri concittadini . La quistione di Roma , santificata da nuovo sangue , è più sacra e più viva che mai per il popolo italiano , il quale non si sente né vinto né sconfortato per gli intoppi presenti . Garibaldi vittorioso a Monterotondo , e sopraffatto dal numero a Mentana , appare più sublime che mai al cuore ed alla mente d ' Italia , che in lui vede il propugnatore dell ' onore nazionale . Ma oggi non è giorno di commenti .
CONTRO LA NAZIONE ( - , 1920 )
StampaQuotidiana ,
« Noi constatiamo che , ogni giorno che passa , le esigenze della Nazione appaiono in contrasto sempre più chiaro con principii e con metodi che il massimalismo dichiara di professare » . Queste sono parole del manifesto di Turati , Treves ed altri , fra i quali l ' on . Buozzi , quello stesso che dovrebbe condurre le schiere dei metallurgici . Sono parole timide e tardive , imposte dalla evidenza di un male che ha già fatto tutto il suo male . Sono la confessione , non sappiamo più quanto tempestiva , di una colpa . Quando durante la guerra , crisi per eccellenza della Nazione , e dopo la vittoria , suprema e massima conquista della Nazione , noi abbiamo ostinatamente denunziato il fine antinazionale del socialismo ufficiale , anche i firmatari del manifesto ci hanno risposto negando , deliberati di ignorare la Nazione per la classe . Oggi che , con la acquiescenza prima , con la complicità poi durante il governo di Nitti della cosiddetta classe politica dirigente , è stato distrutto , nella diffamazione dello sforzo bellico , nella dilapidazione del patrimonio morale della vittoria , il beneficio nazionale e però anche del proletariato , il benefizio italiano della guerra vinta , oggi soltanto , quando tutto il male è stato fatto e si impone a coloro che ne sono stati anch ' essi autori , più o meno inconsapevoli , si osa affermare l ' esistenza di una Nazione , la cui vita è minacciata dalla propaganda massimalista . Non occorre più ricercare prove di sotterranei e obliqui rapporti con lo straniero , bolscevico e non bolscevico ; non occorre sorprendere i colloqui notturni del rappresentante russo Vodosonoff con l ' on . Bucco e qualche redattore dell ' Avanti ! ; non occorre cercare la documentazione di sollecitazioni , diciamo così , jugoslave all ' improvviso sciopero generale della Venezia Giulia . Quando si deve ammettere che l ' azione massimalista è in contrasto con la Nazione , dopo un mostruoso esperimento in corpore vili oggi ben chiaro per tutti , la coincidenza dell ' interesse straniero e nemico con i moti operai , anche esibiti in formule economiche , è inevitabile . È nella cosa . Ci sia una Russia bolscevica , costretta dalla disperazione a propagare con oro il suo male ; ci sia una Jugoslavia , altrimenti impotente a contrastarci la vittoria , interessata ad avere una Italia paralizzata a prezzo minore di un qualsiasi tentativo bellico ; ci siano una Francia , un ' Inghilterra , desiderose di eliminare di fatto l ' Italia dal rango di grande potenza , sanguinosamente conquistato , non più per loro sopraffazione egemonica , ma per dissoluzione interna italiana ; ci siano oppure no a collaborare queste forze , avverse o addirittura nemiche , questo è certo : che il massimalismo nostrano lavora contro la Nazione a benefizio dello straniero . Anche quando finga di mantenersi , come nella lotta dei metallurgici , nei termini di una competizione sociale . Poiché , ammesso , ciò che non è , che i ripetuti assalti delle categorie organizzate sieno di carattere economico , è inoppugnabile che , dopo la conquista degli alti salari avvenuta durante la guerra stessa , l ' Italia doveva saper decidere , se nella formidabile lotta di accaparramento di produzione e di mercato , uscita dalla guerra , e in cui si gettavano giganteschi concorrenti , l ' industria italiana , cresciuta nella guerra , sarebbe stata sorretta dalla vittoria o umiliata come in una sconfitta . Ebbene ciò che oggi avviene è semplicemente questo : che la sconfitta , respinta al nemico vinto in campo aperto , è stata trasferita all ' azione interna del massimalismo . Questo , dopo Vittorio Veneto , ha voluto e vuole riportare l ' Italia a Caporetto senza il Piave . Anche se si tratti di una Caporetto economica . Poiché basterà aggiungere alla schiavitù delle materie prime , a quelle del tonnellaggio e del cambio , anche la schiavitù derivante dall ' inevitabile crollo della produzione stritolata nei puerili e criminali esperimenti di gestione collettiva , falliti miseramente anche in Russia per preparare all ' Italia le condizioni di una servitù politica . Ma quando si consideri che il movimento economico è baldanzosamente indicato come movimento politico , di deliberato carattere antinazionale , alimentato soltanto dalla diffamazione della guerra e della vittoria , quello che è un fatto inevitabile della stessa contesa economica nei termini che assume , diventa il proposito confessato , contro cui lo stesso manifesto socialista è obbligato di porsi . Ebbene questo proposito è di pochi e di miserabili . Ma ha un complice : il governo oggi è inferiore a quella stessa timida e tardiva resipiscenza tentata dai firmatari del manifesto . Il suo preteso agnosticismo nel conflitto economico , è in realtà fumosa cecità politica e torbida insensibilità nazionale . Il governo ignora di dover difendere il patrimonio comune , il patrimonio nazionale . Di doverlo difendere da un assalto che , consapevolmente o non , serve tutte le forze antinazionali e soltanto le forze antinazionali . Le formule , da esso cercate d ' ora in ora , sono miserabili pretesti . La sua inazione , quando basterebbe una modesta azione restauratrice , è un delitto . Esso tradisce , poiché quest ' ora che noi viviamo non è di rivoluzione , no , ma di disfatta . Di disfatta , dopo la vittoria sul campo !
TORINO, 14 NOVEMBRE ( - , 1867 )
StampaQuotidiana ,
Alcuni giornali d ' altre città danno come prossima la partenza di Garibaldi per l ' America sopra un bastimento noleggiato in Inghilterra dai due figli del Generale . L ' imbarco avrebbe luogo d ' accordo col governo ( ? ) prima della convocazione del Parlamento . Questa voce era corsa anche a Torino con questa variante però che l ' allontanamento di Garibaldi sarebbe voluto dal governo italiano sotto pretesto che importa anzitutto alleviare l ' occupazione francese , che pertanto Garibaldi deve eclissarsi per qualche tempo ( ! ) , e Roma cessare d ' essere l ' argomento di eccitazione . In premio di ciò avremmo tra breve la soluzione necessaria della quistione romana ... ! Polvere agli occhi . Quale di queste due versioni sia la vera lo sapremo tra breve , perché Garibaldi , sia che resti in Italia , come speriamo , sia che chiegga ospitalità alla libera terra d ' America , farà certamente conoscere i suoi intendimenti . Riserviamo per ciò il nostro giudizio sopra cosa di tanta gravità , e ci limiteremo a far osservare che il ministero s ' illude stranamente se crede che Roma nelle mani del Papa possa mai cessare di essere in Italia argomento di eccitazione ! Il movimento garibaldino non è una di quelle imprese esclusivamente militari che cessano affatto colla sconfitta d ' uno dei due eserciti . Espressione d ' un bisogno nazionale e umanitario , il movimento garibaldino può avere una sosta apparente , ma nel fatto continuerà irresistibile , reso più forte dall ' apostolato dei reduci , più sublime dal sangue dei martiri , e non cesserà se non quando quel bisogno sarà soddisfatto . Coi Bandiera eran pochi individui ; col Pisacane poche decine ; ma dal sangue dei Bandiera e dei Pisacane sorsero i mille e i mille : il sangue di Mentana sarà assai più fecondo . Finché la questione di Roma non abbia ottenuto uno scioglimento definitivo , non v ' è distanza che valga ad eclissare Garibaldi , il generale di Roma . Se fosse effetto di violenza , l ' allontanamento del Generale sarebbe un nuovo e più fiero oltraggio al sentimento nazionale , vale a dire una nuova imprudenza , una nuova provocazione .
PUNTO FERMO ( - , 1920 )
StampaQuotidiana ,
La deliberazione della Confederazione delle Industrie merita pieno consenso . Essa chiarisce nettamente come dalla vertenza economica tra operai e industriali metallurgici si sia passati per sottomissione operaia alla propaganda massimalista e per defezione dello Stato nella cosiddetta neutralità del Governo , ad un tentativo di rivolta sociale e politica , i cui risultati già innegabilmente distruttivi vanno oltre le posizioni singole degli industriali e toccano il patrimonio della Nazione , la sua possibilità di vita e di sviluppo nella terribile concorrenza mondiale . Perché possa essere ammessa la trattativa economica , occorre respingere e annullare il tentativo di rivolta . Non di rivoluzione , poiché quando le rappresentanze delle organizzazioni operaie e del partito socialista dichiarano che la presa di possesso dei mezzi di produzione e la gestione diretta non sono , come dovrebbero essere , un fatto di coscienza e di volontà la cui deliberazione non dovrebbe ammettere revoche , ma invece un mezzo di intimidazione per ottenere un aumento di salario di una determinata categoria , si deve confermare quanto ieri abbiamo detto e che cioè negli avvenimenti paralizzatori della vita della Nazione , cominciati con gli scioperi del luglio dell ' anno scorso , non agisce una qualunque forza dinamica costruttiva , ma lo spirito dilapidatore della sconfitta . Persuasi di ciò , persuasi che per la salute dello stesso proletariato , cui la cosiddetta neutralità governativa ha tolto il modo di poter resistere alle impostazioni della minoranza massimalista riuscita ad usurpare l ' autorità dello Stato , persuasi che dopo quattordici mesi di continuo scadimento , occorra finalmente fermarsi ad un punto chiaro di resistenza , riconosciamo alla deliberazione della Confederazione delle Industrie un preciso valore economico , sociale , nazionale . Un valore politico di decisione utile e salutare , sulla quale provare tutte le buone forze che intendono opporsi ad un ' opera di dissolvimento . La difesa della singola industria è oggi compresa nella difesa di un ordinamento economico e sociale , che noi crediamo , soprattutto in questo momento di crisi uscita dalla guerra , il solo capace di impedire la schiavitù economica e quindi politica allo straniero tanto più potente , il solo capace di garantire il faticoso acquisto che l ' Italia ha compiuto per liberarsi dalla condizione e più dallo spirito di minorità mondiale . Questo valore nazionale dell ' ordinamento economico e sociale , da noi affermato contro tutte le miserabili menzogne e calunnie demagogiche , si impone oggi nella lotta contro il comunismo , di cui economicamente è dimostrato dallo stesso esperimento russo l ' effetto distruttivo senza nemmeno il benefizio , anzi col danno della classe che lo compie ; e i cui equivalenti politici , l ' internazionalismo e l ' antimilitarismo , sono stati così in contrasto con la realtà storica da obbligare la Russia a cercar salute soltanto nella negazione risoluta di essi : nella guerra . Ma se consentiamo economicamente , socialmente , nazionalmente e anche moralmente , per uscire con un atto di dignità consapevole da questo marasma di pusillanimità , con la deliberazione della Confederazione delle Industrie , non possiamo non domandare oggi stesso agli industriali che si uniscono in essa , che per l ' efficacia politica di questa deliberazione è necessaria una resipiscenza . Essi debbono oggi veder chiaro anche nelle loro colpe e nelle loro responsabilità , che sono gravi . Essi debbono confessare che a questa coincidenza della loro difesa con quella dei beni materiali e morali della Nazione non sono arrivati con una coscienza politica nazionale . Non pensiamo , questo dicendo , alla nostra particolare azione che tenacemente abbiamo proseguita per creare una coscienza economica nazionale fuori dei luoghi comuni del più vuoto riformismo demagogico , e che è stata così poco intesa dalla classe cosiddetta dirigente . No . Andiamo oltre la nostra dottrina e la nostra posizione e constatiamo che quando forze costruttive della Nazione , le quali hanno il dovere di una superiore chiaroveggenza , hanno consentito e collaborato attivamente e passivamente ad una politica di distruzione della vittoria all ' estero e all ' interno ; quando una classe cosiddetta dirigente consente che si aggiunga al disfattismo della guerra il disfattismo della vittoria , al neutralismo il vilsonismo ; quando si crede estranea alla propria attività di cittadino , dirigente possenti organizzazioni , la custodia e la difesa degli scopi supremi della Nazione , quelli della sua unità territoriale , strategica , spirituale minacciati e offesi in Adriatico , oltre che da prepotenze straniere , dalla nostra ignoranza e malvagità ; quando si accetta che il governo ponga , con l ' amnistia ai disertori e cioè al reato dei reati , le basi della dissoluzione dello Stato e della defezione governativa innanzi alla singola violenza ; quando a governi , che si sottomettono complici agli scioperanti nei pubblici servizi , e tutto questo compiono , si da la propria collaborazione , nella illusione che tutto ciò possa difendere , col danno della Nazione , le proprie posizioni economiche ; quando a chi ostinato denunzia i pericoli di tanta mostruosità si crea l ' isolamento politico e morale , non possiamo non domandare che il valore della deliberazione di Milano sia anche di un punto fermo ad una politica che ha avuto troppe complicità e troppa passività negli autori di quella . Se questo non fosse , dovremmo aspettare la restaurazione della Nazione da forze oscure e non ancora ordinate , le quali certo non potrebbero impedire la più grave crisi che oggi minaccia , e non potrebbero risolverla in fine se non fuori di una legge e a prezzo di rovine .
StampaQuotidiana ,
Sì , l ' Italia ha diritto di piangere . Ella ha fatto una perdita immensurabile . Sì , l ' Italia pianga , ma pianga col cuore e tenga saldo il cervello . Per quanto sia giusto , per quanto debba esser grave il dolore , guai se sotto al peso di questo l ' Italia s ' accascia . Coraggio . L ' Italia conta ancora dei nobili figli . Per Dio , l ' Italia avrà ancora degli uomini che sappiano porsi a livello della circostanza . Disotto alle grandi sventure germina sempre la concordia . Abbiamo quindi diritto a sperare che tutte le forze italiane si stringeranno in un fascio , per far più impeto allo scherno della fortuna . Noi che vediamo passarci muta la gente dinanzi , noi che vedemmo la scorsa notte affollata la contrada Cavour di una popolazione , che , costernata , volea avere d ' ora in ora notizie sulla salute del grande Cittadino che abbiamo perduto ; noi che vediamo oggi questa popolazione legittimamente cupa , e coll ' espressione solenne del suo dolore ; noi che vediamo l ' industria , il commercio , la città tutta chiusa nella sua ambascia , possiamo facilmente argomentare del lutto , che questa triste notizia avrà steso sulle povere contrade , la cui vita era tutta di speranze . Coraggio . Pensiamo che l ' opera dell ' Uomo di Stato che ci fu tolto non è ancora compiuta . Pensiamo che quanti siamo già liberi , abbiamo bisogno di calma e di ordine . Pensiamo che c ' è Venezia alla quale non manca già la calma e l ' ordine , ma la vita . Per Roma la è una questione a parte , e già risolta in principio ; e che noi , come l ' abbiamo già annunciato , non la calcoliamo la questione vitale . La questione di vita o di morte è Venezia . Noi comprendiamo la immensità del dolore che piomberà al triste annunzio , su quella già desolata contrada . Ebbene ; che al dolore della perdita non si aggiunga la notizia di una ingiusta sfiducia . Noi non andremo a cercare nelle memorie antiche il coraggio ; non pescheremo le nostre forze nelle tombe dei nostri grandi avi ; lascieremo ad altri la pompa delle frasi retoriche ; sì , siamo la terra dei Vico , dei Machiavelli , dei Dante , dei Ferruccio , dei Michelangelo , e di quant ' altri giganti piaccia ad altri evocare - ma oggi queste grandi ombre posson poco per noi lasciamole dunque al loro posto , e , senza tante vanterie vaporose e sonore , diciamoci prosaicamente : coraggio ; Cavour prima di morire parlò della sua Italia . E di che altro poteva quel grande patriota occuparsi anche morendo ? ... Ebbene ! gli amici che raccolsero il suo ultimo sospiro , lo sentirono in tutti questi giorni parlare parole di fiducia pei nostri destini . Cavour non delirava . Egli parlava assennato , e veggente . Chiese egli stesso del Padre Giacomo per confidargli che la sua coscienza era sicura . E compiute in ordine tutte le cose sue , tornò a parlare cogli uomini politici dell ' Italia . E ripetutamente terminava i suoi ragionamenti con queste parole Oh , ma la cosa va , state sicuri che ormai la cosa va . Coraggio , dunque , attingiamo da queste estreme parole la fiducia in noi stessi pei destini della patria . Certo è mancata la colonna più salda , una colonna di porfido ; ma in fine se ci metteremo tutti sotto , l ' edificio non crollerà . Su dunque quanti siamo onesti ( e di fronte alla patria spero il siam tutti ) , facciamoci uniti stigmatizzando senza misericordia chiunque tentasse turbare la calma che ci abbisogna . Che le parole del Conte Cavour sieno profetiche per l ' Italia . Che le sorelle gementi ancora in catene non si lascino abbattere dall ' inattesa sventura . Fu una perdita grave , immensa , ma la storia dei nostri giorni ha notati nelle sue pagine altri figli coraggiosi , e intelligenze illustri . Questi figli , queste intelligenze sono ancor forze vive della Nazione . Cavour ha detto che la cosa ormai va . Ebbene coraggio , viva Dio la deve andare , e l ' andrà .
StampaQuotidiana ,
E non è proprio un sogno ! ! Abbiamo assistito ai funerali del Conte Camillo Cavour . E in verità , quantunque le lagrime che ci si sgroppano dal cuore attestino questa tremenda realtà , non sappiamo ancora persuaderci che lo spettacolo , a cui abbiamo assistito , non sia stato che una tetra fantasmagoria . Pur troppo , era il Conte di Cavour che era chiuso là in quella bara , ch ' era portato via su quel carro parato di nero . Chi sa darci ragione di questi supremi decreti ? Una vita così necessaria e preziosa spenta come quella di un altro uomo qualunque ! ! Una vita che fa piangere tutta l ' Italia , spenta come quella di tanti inutili che brulicano a fastidio della patria ! ! Solo , che mentre di costoro non se ne darebbe per avvisato nemmeno il loro vicino di casa , per quest ' uomo si commuove tutta l ' Europa Civile , e si paralizza nell ' immenso dolore tutta intera una Nazione per lui solo risorta . Povera Italia ! Egli che t ' ha presa per mano , che ti mostrò a chi ti sconfessava , che gridò incessantemente a tutti e dappertutto , perché si persuadessero che sei viva , e nobile , e grande , e che non meritavi quindi di restartene in eterno sepolta ; Egli che ti ha portata tant ' alto che tutto il mondo ora ti confessa e ti onora ; Egli che ti ha condotta fino alle porte del Campidoglio .... nel mentre stava battendo per farti entrare , è morto . Ed è proprio lui quello che ieri hai veduto portare su quel carro tirato da sei bruni cavalli , tutti bardati di nero ! E quel carro era preceduto dalla prode nostra armata , la quale portava velate a bruno quelle bandiere , che , sovra un terreno di lunga mano da lui apparecchiato , s ' eran coperte di gloria . E quella nobile armata si chiama italiana per lui ! ! ! Oh aveva ragione d ' essere sì mesta ! Poi veniva tutta intera la guardia nazionale , palladio delle nostre libertà da lui così onestamente , energicamente difesa ; e non vi era un milite che avesse potuto snebbiar la sua fronte dalla profonda mestizia che siedeva su tutti i volti . E la salma di quest ' Uomo , che avea coll ' eloquenza della sua parola fatta superba la Nazione di possederlo , passava muta in mezzo a quei senatori e deputati , che furono tante volte spettatori estatici dei suoi trionfi , che subirono tante volte il fascino della sua stragrande potenza . Ed ora non parla più . Seguivano la guardia nazionale , le corporazioni religiose , e stavano intorno al carro i ministri e presidenti delle due Camere , coi cavalieri dell ' Ordine supremo dell ' Annunziata . Un araldo portava sopra un cuscino il Collare Supremo del defunto . Poi venivano i cavalieri dell ' Ordine , gli aiutanti di campo del Re e dei Reali Principi , i Gran Dignitari dello Stato , i senatori e deputati , il Consiglio di Stato , la Corte dei Conti , la Corte d ' Appello , il Municipio , il Corpo Universitario , ed i Ministri degli Esteri e della Marina , con una turba infinita di altri funzionari . Seguivano quindi la Società degli Operai di Torino , in corpo con bandiera , e le deputazioni degli Operai tipografi di Milano , delle Scuole tecniche con bandiera , degli Operai di Alessandria , di Voghera , di Caselle , di Parma , le Società dei Pristinai di Torino , dei Cuochi e Camerieri , degli Operai delle Strade Ferrate , e da ultimo l ' Emigrazione Veneta e Romana , ed una immensa falange di volontari garibaldini , tutti colle loro bandiere abbrunate e tutti indistintamente col dolore scolpito sul viso . Il funebre corteo era aperto e chiuso da un picchetto dei Cavalleggeri Ussari di Piacenza e percorse l ' itinerario già preventivamente segnato dagli annunzi ufficiali . Le salve dell ' artiglieria rompevano a larghi intervalli le marce funebri delle bande dei varii Corpi militari , e lungo tutto lo stradale per cui passava pendevano dalle finestre le brune gramaglie , là d ' onde ancor ieri l ' altro ondeggiavano i festoni orifiamma di quella prima festa , che solennizzava la Nazione da Cavour unificata . E compiuta la festa , il Conte Cavour moriva come chi avesse tutto compiuto . Il tempo , durante la marcia del funebre convoglio , pioveva a dirotto . Pure la popolazione erasi tutta versata sulle vie a dar l ' estremo saluto a Cavour . E tutta quella gran calca di gente , tutti quei grandi dignitari , tutte quelle illustrazioni della Nazione seguivano il feretro come se a tutti nel Conte Cavour fosse mancato il padre il più affettuoso , se anche taluni si fossero talvolta manifestati suoi avversari . Gli è che proprio sentivano che la nostra gran madre , l ' Italia , era rimasta vedova . Oh abbiamo un bel farci violenza per consigliare il coraggio , abbiamo un bel sentire la necessità di non farci più piccoli del destino , abbiamo un bel ripeterci le frasi pompose : « Gli uomini passano , le nazioni non muoiono » , ma questa intelligenza europea che si è spenta è una grande , è un ' immensa , è una irreparabile sventura . E quando pensiamo che a quest ' Uomo che mette a lutto colla sua morte una nazione , e che sgomenta il mondo , fecero opposizione certe nullaggini , la cui morte , nonché un sospiro , non darebbe nemmanco argomento ad un Oh ! E che si pensavano non solo discuterlo , ma poterlo surrogare ! ! Oh la povera gente ! ! ! L ' avete veduta questa città tetra e cupa come se l ' avessero bombardata ? Avete veduto tutte quelle liste nere che sbarravano tutti i negozii con scrittovi sopra : Per lutto nazionale ! Ditemi quando mai un sì universale dolore ci ha tutti così investiti ? Che la memoria del Conte Cavour ci sia sacra , o Italiani . Che nessuno , per carità , turbi con insani delirii la faticosa soma che dovranno adossarsi gli uomini chiamati a succedergli . Noi siam pronti di gran cuore a sorreggere di tutte le forze nostre in questi terribili frangenti gli uomini , di cui la voce pubblica comincia a pronunciare il nome . Non iscoraggiamoli in quest ' ora di solenne sventura , con ignobili ed inconsulte parole . Pensiamo che la Nazione non deve già tentare alla sventata , questa o quella individualità . Ella deve affidarsi ad uomini provati , ad uomini che abbiano fatto qualche cosa per lei , ad uomini che , alla fermezza dei propositi , alla grandezza del patriottismo , abbiano mostrato di saper congiungere la lealtà , l ' onestà , la dignità del carattere . Di questi uomini la Nazione ne ha , li sperimentò , li conosce . È gravissimo torto il tentare di sfiduciare la già abbastanza sconfortante posizione in cui versa la patria . Pensiamo all ' Italia ed al Re . Ripariamo presto il grande vuoto che si è fatto e badiamo a non aggiungere , alla grande sciagura che percosse l ' Italia , quella più funesta ancora di indecorosi garriti . E la tomba di Cavour sia il tempio della nostra concordia .
16 ANNI DI LIBERTÀ ( - , 1864 )
StampaQuotidiana ,
Qualunque sia il capriccio della stagione , splenda il sole o lo velino le nubi , c ' è una cosa che nessuna stagione più vela , c ' è una bandiera che nessun tempo ci fa più ammainare , c ' è una fede che più non si oscura , e questa cosa è la libertà , questa bandiera è quella dai tre colori , questa fede è quella di Vittorio Emanuele . Erede del primo Re che ha sfoderata la spada per la rivoluzione , figlio del primo campione scettrato per la indipendenza d ' Italia , Vittorio Emanuele ha piantata la statua della libertà sopra un piedistallo di porfido , e l ' Alfiere di Piazza Castello che colla spada sguainata veglia minaccioso al vessillo italiano , non simboleggia che la fierezza , italiana di questo Re , che da 16 anni sta a guardia della risurrezione della patria , e della sua libertà . Salve , Re d ' Italia ! Se sei superbo del tuo valore e della tua fede , n ' hai d ' onde . Gira attorno lo sguardo e sotto le assise dei tuoi guerrieri , sotto il fremito di gioia di questi popoli che ti salutano , nello stesso seguito del tuo stato maggiore , conterai gli uomini che un dì nemici a tuttoché sapeva di regio , ora esultano con Te nella esultanza italiana . Dal sasso dell ' algente Cenisio a quello delle terre vulcaniche , tutta la gentile penisola inneggia oggi alla libertà . Dove segnavano barriere i patiboli , ora sventolano i colori d ' Italia , e se due sorelle mancano ancora al nazionale tripudio , non son esse , nel lutto , meno di noi incrollabili nella fede dell ' avvenire , perché san bene che tutto questo vasto territorio di gente libera , non può da umana forza esser più risospinto nelle tenebre E finché arde la luce , finché questa fiamma è tenuta alta dalla forte tua destra , o Re Vittorio , non può più sorger timore di smarrire la via che ci conduca tutti all ' ultima mèta . La Spagna può avere i suoi Galindi anche nel pieno possesso della sua indipendenza , ma l ' Italia è terra privilegiata troppo da Dio , perché una volta rotta la lapide del suo sepolcro , non torni maestra di civiltà a quanti sono nella barbarie . Salve , o Re d ' Italia ! Era ben tempo che se un Re Galantuomo disertasse dal sinedrio dei Re spergiuri , anche i popoli disertassero dalle mene settarie per salutarlo loro padre e fratello . E Tu sei l ' uno e l ' altro per noi , che sbattuti per secoli nelle ire di parte , e nelle torture dei despoti , ti abbiam veduto scendere dal trono per accomunarti nei diritti ai tuoi cittadini , lasciare la reggia per accomunarti nei perigli del campo ai tuoi gloriosi soldati , gittar la Corona di Principe per aver la gemma dell ' amore della Nazione . E questa Nazione ti ama , perché Tu le provasti di amarla , né ama Te solo ma la tua stirpe intera , perché per quanto audacemente aneli al progresso , ella sente che niuna forma , o niun nome , potrebbe accrescerle lo splendore che Tu le hai conquistato , né garantirle più fortemente la libertà , che dai gradini del trono è a lei discesa . Oh che quella concordia che fu prima autrice di questo glorioso presente , non sia mai una vana invocazione , e quanti amano e sperano si confondano nei voti tuoi , che sono voti sinceri di cittadino più che di Re ! E Voi , fratelli nostri , che tendete ansanti a superare i confini che ancora segnano una linea di lutto in Italia , non vi scoraggiate per ore o per giorni che ci dividano ancora da voi Quando sentirete echeggiare le grida del nostro saluto , gioite e sperate , ché queste grida non sono di egoistico tripudio , ma sì di altissimo orgoglio per trecentomila figli che assordano l ' aria col rimbombo dei loro moschetti , col tuono dei loro cannoni , sono grida di libertà che alla vigilia del 6 giugno l ' Italia manda alla tomba di Santena , per tranquillare lo spirito del Conte Cavour , sulle profetate sorti d ' Italia . Se è morto Cavour , è sempre come torre fermo Vittorio Emanuele , e Vittorio Emanuele è il Re Galantuomo . Nel 1865 solennizzeremo la libertà in Piazza San Marco .