StampaPeriodica ,
Gli
uomini
dei
secoli
XVIII
e
XIX
hanno
vissuto
la
crisi
dell
'
attività
teorica
.
Gli
uomini
del
secolo
XX
vivranno
la
crisi
dell
'
attività
pratica
...
La
crisi
dell
'
attività
teorica
,
o
romanticismo
,
può
essere
,
molto
sommariamente
divisa
,
in
due
grandi
periodi
.
1
)
La
sostituzione
di
idoli
nuovi
e
mobili
,
agli
idoli
vecchi
e
fissi
del
periodo
classico
.
2
)
La
distruzione
degli
idoli
.
Il
primo
periodo
comincia
storicamente
nella
seconda
metà
del
secolo
XVIII
in
Francia
ed
in
Germania
,
ed
idealmente
con
l
'
indirizzo
critico
e
adogmatico
della
scuola
inglese
e
di
Kant
;
in
arte
l
'
inizio
del
periodo
è
caratterizzato
dal
ritorno
alla
natura
,
considerata
come
miniera
inesauribile
di
ispirazione
e
di
imitazione
,
da
contrapporsi
al
libro
,
al
canone
,
alla
tradizione
,
alla
misura
...
Caratteri
suoi
generali
sono
la
reazione
al
dogma
in
religione
,
in
filosofia
,
e
in
morale
,
e
la
tendenza
a
sostituire
i
motivi
interni
ai
motivi
esterni
nella
azione
.
L
'
Olimpo
che
esso
distrugge
all
'
esterno
,
sotto
forma
di
tradizioni
e
di
credenze
religiose
,
e
di
sanzioni
ultraterrestri
,
viene
quindi
risuscitato
all
'
interno
sotto
forma
di
"
principi
generali
"
di
"
leggi
naturali
"
di
"
imperativi
categorici
"
di
"
criteri
utilitari
"
etc
....
Lo
scuotimento
e
la
distruzione
dei
vecchi
ideali
rigidi
e
fissi
ha
portato
,
attraverso
una
febbre
di
mobilità
e
di
liberazione
,
ad
altri
ideali
egualmente
rigidi
e
fissi
;
alla
religione
s
'
è
sostituita
la
scienza
,
alla
Chiesa
lo
Stato
;
ma
gli
argini
della
vita
appariscono
ben
tracciati
come
prima
ed
il
senso
della
corrente
non
può
essere
dubbio
per
l
'
uomo
equilibrato
che
guarda
le
cose
con
gli
occhi
del
suo
tempo
.
Intanto
mentre
l
'
umanità
effettua
in
se
stessa
questa
prima
cristallizzazione
del
romanticismo
,
una
altra
corrente
romantica
si
inizia
;
ma
questa
volta
il
movimento
è
destinato
a
restare
nelle
zone
più
profonde
della
coscienza
,
e
l
'
eco
che
l
'
arte
ne
porterà
al
di
fuori
giungerà
solo
ai
pochi
,
risvegliando
il
consenso
e
la
partecipazione
del
minor
numero
...
Ho
detto
più
sopra
che
questo
secondo
periodo
può
dirsi
della
distruzione
degli
idoli
.
Infatti
come
prima
la
critica
aveva
detronizzato
Dei
,
eroi
,
santi
,
ed
in
generale
tutti
i
tipi
concreti
ed
individuati
di
idealità
,
sostituendo
ad
essi
dei
tipi
astratti
che
ieri
soltanto
conquistarono
il
predominio
,
così
ora
la
critica
si
rivolge
contro
questi
stessi
tipi
astratti
che
ieri
soltanto
conquistarono
il
predominio
:
leggi
scientifiche
,
imperativi
morali
,
principi
intellettuali
universali
,
assiomi
,
postulati
e
fatti
...
L
'arte...,
ed
in
generale
tutte
le
attività
spontanee
ed
irriflesse
salgono
nella
scala
dei
valori
,
finché
giunti
all
'
estremo
limite
di
questo
sentiero
noi
troviamo
che
la
conoscenza
intellettuale
viene
riconosciuta
soltanto
quale
lato
interno
di
un
'
azione
,
nata
quindi
dall
'
azione
,
legata
strettamente
alla
necessità
d
'
agire
,
sicché
il
vecchio
tipo
del
sistema
intellettuale
sorto
indipendentemente
dalle
esigenze
pratiche
,
ispirato
dalla
contemplazione
teoretica
e
disinteressata
del
mondo
,
viene
ripudiato
e
condannato
a
sparire
,
e
tutta
la
filosofia
si
riduce
ad
uno
studio
di
mezzi
d
'
azione
,
ad
una
ricerca
di
movimenti
e
di
giustificazioni
,
ad
una
affermazione
di
finalità
dedotte
dall
'
apprezzamento
delle
utilità
individuali
;
e
in
altre
parole
:
la
filosofia
viene
ridotta
ad
una
teoria
filosofica
dell
'
impossibilità
della
filosofia
.
La
strada
della
critica
è
così
percorsa
fino
allo
estremo
.
Le
credenze
dogmatiche
sulle
realtà
,
esterne
o
interne
vengono
soppresse
.
Le
autorizzazioni
assolute
ad
agire
in
un
certo
modo
,
o
in
vista
di
certi
fini
,
spariscono
.
Né
per
questo
,
le
sensazioni
relative
acquistano
-
come
nel
dogmatismo
positivista
-
un
maggior
valore
;
poiché
questa
"
relatività
"
è
macchiata
anch
'
essa
dal
peccato
originale
di
una
critica
insufficiente
...
Quest
'
opera
è
stata
l
'
estrema
credenza
che
ha
riempito
la
vita
degli
ultimi
intellettualisti
;
per
noi
essa
è
il
frutto
di
cenere
che
ci
colma
la
bocca
...
GLI
ABITI
SONO
DELL
'
UOMO
Esaminiamo
attentamente
la
nostra
posizione
.
Se
supponiamo
che
la
domanda
:
"
Che
cosa
credete
?
"
sia
rivolta
a
noi
e
in
pari
tempo
a
un
uomo
di
quattro
secoli
fa
,
sentiamo
subito
a
che
punto
siamo
arrivati
.
A
quella
domanda
l
'
uomo
di
quattro
secoli
fa
,
avrebbe
risposto
recitando
il
suo
credo
dogmatico
-
cattolico
o
protestante
-
e
raffigurando
nelle
parole
un
mondo
spirituale
,
altrettanto
certo
e
completo
quanto
quello
materiale
.
Noi
invece
saremmo
costretti
a
rispondere
in
questi
termini
:
"
Crediamo
che
le
credenze
individuali
rappresentano
non
già
le
realtà
affermate
nel
loro
contenuto
,
-
sulla
cui
esistenza
esse
non
dicono
nulla
-
ma
bensì
la
costituzione
emozionale
e
volitiva
dell
'
individuo
,
.
sottostante
e
fissata
nel
temperamento
intellettuale
...
In
realtà
non
si
crede
,
se
la
credenza
non
ci
fa
fede
di
una
realtà
che
va
oltre
l
'
individuo
.
Dire
io
credo
ed
aggiungere
che
però
le
credenze
rispecchiano
soltanto
la
nostra
natura
intima
,
significa
soltanto
dire
con
poca
chiarezza
"
io
non
credo
"
...
Veniamo
ora
all
'
azione
...
L
'
uomo
di
quattro
secoli
fa
avrebbe
,
in
teoria
,
apprezzato
poco
l
'
azione
materiale
in
confronto
ai
fini
spirituali
della
vita
e
cioè
degli
ideali
.
L
'
azione
è
un
mezzo
;
il
suo
valore
e
la
sua
utilità
stanno
soltanto
nelle
sue
giustificazioni
assolute
,
vale
a
dire
nelle
credenze
che
costituiscono
la
fede
individuale
.
Per
l
'
uomo
nuovissimo
,
liberato
da
tutti
i
dogmi
,
il
criterio
di
giudizio
è
radicalmente
invertito
.
L
'
azione
ha
valore
per
sé
stessa
,
indipendentemente
dalle
proprie
giustificazioni
-
le
credenze
,
-
nonché
reggerla
e
nobilitarla
,
sono
il
suo
risultato
,
e
non
sussistono
senza
di
essa
.
Ma
nella
pratica
dell
'
azione
le
cose
stanno
ben
diversamente
.
L
'
uomo
di
quattro
secoli
fa
agisce
intensamente
,
con
entusiasmo
e
con
sicurezza
;
egli
che
solleva
idealmente
la
credenza
al
di
sopra
dell
'
atto
,
è
invece
l
'
uomo
pratico
e
attivo
per
eccellenza
.
I
resultati
dei
suoi
sforzi
,
guardati
con
occhi
del
ventesimo
secolo
,
sono
incalcolabili
.
L
'
uomo
attuale
invece
,
che
deifica
l
'
azione
,
è
assolutamente
incapace
del
più
piccolo
movimento
...
Come
mai
la
marcia
verso
la
ricchezza
dell
'
anima
ha
condotto
invece
alla
povertà
ed
all
'
inanizione
?
Chi
guarda
bene
addentro
al
periodo
romantico
vede
subito
che
il
suo
carattere
principale
e
distintivo
sta
nella
contraddizione
.
Il
classicismo
era
caratterizzato
dalla
proporzione
,
dall
'
armonia
della
logica
,
e
dalla
conseguenza
;
questi
caratteri
si
riscontravano
in
teoria
nelle
costruzioni
sillogistiche
e
dogmatiche
e
in
pratica
nella
sicurezza
dell
'
azione
,
tendente
al
limite
estremo
dei
vari
formalismi
e
delle
varie
ipocrisie
della
condotta
(
civismi
,
farisaismi
,
etc
.
)
.
Il
romanticismo
covò
invece
nel
suo
seno
mille
antitesi
,
e
fu
esso
stesso
tutta
una
grande
antitesi
,
che
condusse
nei
suoi
resultati
ad
infinite
situazioni
contraddittorie
,
superate
soltanto
con
l
'
annientamento
degli
elementi
stessi
delle
opposizioni
...
Il
periodo
post
-
romantico
ha
sviluppato
fino
alle
ultime
conseguenze
tutte
le
antitesi
senza
curarsi
dei
resultati
pratici
,
e
così
è
giunto
alla
completa
dissenzione
dello
spirito
ed
al
massimo
disseccamento
della
vita
umana
...
I
romantici
cominciarono
col
sostituire
gli
ideali
individuali
agli
ideali
generali
e
dogmatici
.
La
sorgente
dell
'
ideale
fu
ricercata
nell
'
io
-
al
di
dentro
invece
che
al
di
fuori
-
e
parve
così
per
molti
anni
che
la
massa
dell
'
idealità
umana
fosse
aumentata
a
dismisura
per
questa
via
,
poiché
ad
ogni
centro
individuale
sembrò
scaturire
un
imperativo
capace
di
imprimere
la
sua
nota
fondamentale
su
tutta
una
vita
umana
.
I
vecchi
dogmi
sui
quali
si
plasmavano
in
passato
le
vite
degli
uomini
parvero
qualche
cosa
di
esteriore
sovrapposta
all
'
individuo
;
portata
da
lui
come
si
portano
gli
abiti
e
perciò
furono
respinti
...
Invece
l
'
ideale
interno
e
personale
,
rappresentava
la
spontaneità
contrapposta
all
'
abitudine
,
il
cuore
contrapposto
all
'
intelletto
,
l
'
anima
contrapposta
all
'
abito
.
La
critica
della
ragion
pratica
,
innalzata
sulla
tabula
rasa
della
ragione
teorica
,
fu
l
'
espressione
generica
ed
intellettuale
dell
'
idealità
romantica
.
Fichte
le
diede
un
corpo
metafisico
,
e
Napoleone
,
il
solo
romantico
dell
'
azione
,
la
visse
.
I
poeti
riempirono
del
suo
profumo
una
delle
epoche
più
fortunate
della
letteratura
.
Però
questa
formula
dell
'
ideale
personale
ed
intimo
che
sembrava
l
'
estremo
limite
dell
'
attività
teorica
,
e
la
vetta
eccelsa
da
cui
l
'
aquila
avrebbe
spiccato
il
gran
volo
verso
le
stelle
,
rappresentava
invece
soltanto
un
termine
intermedio
,
da
superare
.
Quando
l
'
individuo
,
da
esecutore
passivo
di
una
Legge
eterna
predeterminata
,
fu
trasformato
in
creatore
della
propria
legge
e
riconosciuto
quale
sorgente
prima
delle
sanzioni
morali
,
l
'
indagine
successiva
si
portò
sulle
radici
psicologiche
più
profonde
dell
'
idealità
e
delle
credenze
,
sulla
genesi
della
scienza
(
credenza
collettiva
)
,
e
sui
rapporti
di
precedenza
fra
la
credenza
e
l
'
azione
.
Era
un
passo
in
avanti
sullo
stesso
cammino
.
Kant
aveva
distinto
e
dichiarato
irriducibile
il
formale
ed
il
materiale
,
il
classico
ed
il
romantico
.
Ora
si
trattava
di
ricercare
quale
dei
due
doveva
considerarsi
come
termine
primo
ed
originario
di
fronte
all
'
altro
.
Naturalmente
i
post
-
romantici
diedero
la
preferenza
al
materiale
,
al
particolare
,
al
sentimento
ed
all
'
azione
:
quindi
negli
stessi
ideali
individuali
,
che
parevano
il
fiore
più
spontaneo
e
più
puro
dell
'
era
romantica
,
si
passò
a
distinguere
l
'
elemento
classico
da
quello
romantico
,
riducendo
quest
'
ultimo
al
solo
fattore
dell
'
azione
.
Si
diventò
consapevoli
dell
'
arbitrarietà
delle
proprie
credenze
e
della
loro
dipendenza
dalla
volontà
ingiustificata
,
e
dall
'
azione
libera
da
motivi
.
Ma
allora
a
che
cosa
si
riducevano
gli
ideali
individuali
?
Ad
abiti
,
né
più
né
meno
,
che
i
vecchi
ideali
rigidi
dell
'
epoca
classica
.
L
'
uomo
volle
spogliare
i
suoi
abiti
e
ridursi
a
volontà
nuda
.
Senonché
giunto
a
questo
punto
-
ed
è
il
punto
in
cui
noi
ci
troviamo
attualmente
-
l
'
uomo
si
è
accorto
d
'
essersi
spogliato
della
sua
stessa
umanità
,
e
d
'
essersi
ridotto
ad
un
fantasma
nebbioso
,
ad
una
vuota
chimera
priva
di
realtà
concreta
...
La
tesi
hegeliana
è
rimasta
storicamente
e
idealmente
provata
;
l
'
uomo
,
per
difetto
di
ideale
,
ha
cessato
di
essere
reale
.
È
apparso
che
se
gli
ideali
sono
gli
abiti
,
gli
abiti
sono
l
'
uomo
.
L
'
uomo
,
che
non
cerca
sé
stesso
,
s
'
è
spinto
oltre
sé
stesso
,
col
pretesto
di
ritrovarsi
(
altra
antitesi
romantica
)
.
Ma
al
di
là
degli
abiti
ci
può
essere
Dio
,
se
sappiamo
trovarlo
;
l
'
uomo
non
v
'
è
di
certo
.
IL
BIVIO
Riflettiamo
un
istante
sulle
vie
da
seguire
che
si
presentano
all
'
uomo
attuale
.
Egli
si
trova
dunque
a
questo
punto
:
che
conosce
il
carattere
relativo
delle
proprie
credenze
e
la
loro
subordinazione
alla
volontà
ed
all
'
azione
.
D
'
altra
parte
per
esistere
(
e
l
'
esistenza
non
gli
sembra
facoltativa
)
egli
non
può
fare
a
meno
di
agire
;
e
per
agire
deve
credere
a
qualche
cosa
...
È
chiaro
che
due
vie
si
aprono
dinanzi
a
lui
:
quella
della
persistenza
nell
'
attuale
ordine
di
vedute
,
e
quella
di
una
rinnegazione
volontaria
della
teoria
volontarista
delle
credenze
e
di
un
conseguente
ritorno
alla
filosofia
.
Prendendo
la
prima
via
egli
ha
il
vantaggio
di
condurre
fino
alle
estreme
conseguenze
il
più
straordinario
esperimento
metafisico
che
sia
stato
mai
tentato
,
toccando
quando
che
sia
il
fondo
stesso
delle
cose
.
Prendendo
la
seconda
via
egli
può
farsi
guidare
da
due
diversi
motivi
:
o
egli
riconosce
di
avere
errato
in
qualche
.
punto
della
sua
teoria
volontarista
della
credenza
,
in
modo
da
dover
procedere
ad
una
revisione
della
propria
analisi
,
oppure
,
senza
riconoscere
niente
,
si
riabbandona
volontariamente
all
'
impulso
che
lo
trasporta
di
nuovo
dalla
riva
della
morte
alla
riva
della
vita
,
dalla
sponda
post
-
romantica
alla
sponda
classica
...
FASE
VEDANTINA
La
prima
strada
ci
conduce
ad
una
fase
metafisica
che
già
fu
vissuta
dall
'
India
antica
che
trovò
la
sua
espressione
intellettuale
nel
sistema
vedanta
.
Per
uno
strano
ricorso
storico
,
l
'
attività
speculativa
degli
Aryas
ritorna
al
suo
punto
di
partenza
,
e
risuscita
per
vie
imprevedute
una
delle
più
grandiose
avventure
spirituali
del
passato
.
La
filosofia
vedanta
enuncia
chiaramente
che
la
esistenza
del
mondo
è
relativa
alla
nostra
credenza
in
essa
.
Manas
la
mentalità
concreta
ed
induttiva
dove
le
tracce
delle
percezioni
si
raccolgono
,
si
aggrovigliano
e
si
trasformano
in
semi
di
credenze
,
Manas
è
il
Deus
-
ex
-
machina
di
questa
enorme
fantasmagoria
cosmica
.
Noi
siamo
immersi
nel
sogno
,
e
rimaniamo
in
tale
stato
solo
perché
non
sappiamo
di
essere
sognati
.
Il
sistema
vedanta
è
un
raggio
della
ragione
spirituale
,
un
punto
sveglio
di
questo
torbido
caos
sognante
.
Quando
questo
punto
si
avviva
in
una
coscienza
individuale
,
l
'
illuminazione
completa
segue
presto
;
la
fede
nella
realtà
del
mondo
viene
a
mancare
,
e
l
'
individuo
constata
la
propria
non
-
esistenza
come
quella
delle
cose
che
lo
circondano
e
delle
loro
distinzioni
,
e
si
perde
quindi
nel
non
-
essere
per
ritrovarsi
poi
in
modo
a
-
cosmico
quale
l
'
unico
Brahman
,
che
non
è
né
uno
,
né
molteplice
,
o
è
ambedue
queste
cose
a
un
tempo
...
Lasciando
da
parte
l
'
architettura
del
sistema
-
che
non
ci
riguarda
in
questo
momento
-
rileviamo
subito
che
il
tratto
caratteristico
di
questo
modo
di
pensiero
è
l
'
importanza
attribuita
alla
credenza
come
creatrice
del
mondo
esterno
.
Ma
questa
credenza
è
per
i
vedantini
arbitraria
,
ingiustificata
,
dovuta
alla
ignoranza
,
alla
Maya
.
Non
diciamo
noi
con
altre
parole
la
stessa
cosa
allorché
,
togliendo
alle
credenze
il
loro
valore
intimo
,
lamentiamo
soltanto
come
epifenomeni
della
volontà
e
dell
'
azione
?
La
filosofia
delle
scienze
del
Le
Roy
,
del
Mach
e
quella
dei
contingentisti
,
rappresentano
il
passo
più
avanzato
su
questa
via
della
riduzione
del
mondo
alle
nostre
credenze
,
e
della
conseguente
distruzione
del
mondo
con
l
'
indebolimento
delle
credenze
stesse
.
La
verità
intellettuale
viene
considerata
come
qualche
cosa
che
si
evolve
e
si
va
costituendo
.
Il
pensiero
non
si
adatta
alle
cose
,
ma
invece
adatta
le
cose
a
sé
stesso
;
le
leggi
non
sono
un
'
imposizione
dell
'
oggetto
al
soggetto
,
ma
rappresentano
soltanto
un
elemento
utilitario
d
'
ordine
che
noi
poniamo
nelle
cose
per
nostro
vantaggio
e
così
via
di
seguito
.
La
filosofia
delle
scienze
non
rispetta
nemmeno
il
fatto
-
e
tenta
di
ridurre
il
particolare
esterno
al
particolare
interno
,
il
fisico
al
psicologico
-
altro
fenomeno
di
quell
'
analisi
interna
del
romanticismo
che
conduce
all
'
inanizione
dell
'
ideale
.
Noi
siamo
portati
a
ritenere
che
la
chiave
delle
cose
sia
da
ricercare
nella
nostra
costituzione
psicologica
.
D
'
altra
parte
gli
occultisti
,
i
maghi
,
i
new
thinkers
,
ecc
.
ci
consigliano
di
sostituire
i
mezzi
interni
ai
mezzi
esterni
,
se
vogliamo
esercitare
un
'
influenza
nel
mondo
.
Essi
ci
assicurano
che
gli
aggruppamenti
dei
fenomeni
esterni
sono
come
sorretti
da
corrispondenti
gruppi
psicologici
sui
quali
noi
possiamo
avere
un
'
azione
diretta
.
È
possibile
in
una
parola
mutare
i
fatti
operando
sulle
loro
radici
.
Per
esempio
,
una
malattia
è
il
prodotto
della
nostra
credenza
di
esser
malati
.
Io
non
vedo
perché
so
che
il
mio
occhio
non
vede
.
Certi
isterici
non
hanno
certi
organi
e
non
possono
servirsene
sebbene
materialmente
li
posseggano
,
perché
credono
di
non
averli
.
I
due
casi
sembrano
diversi
;
ma
per
gli
oculisti
il
loro
carattere
è
identico
.
Ma
se
si
cambia
l
'
idea
sottostante
al
fatto
,
questo
viene
a
cambiare
immediatamente
.
Così
,
se
io
cieco
,
penso
con
grande
sicurezza
:
"
io
voglio
vedere
,
io
vedo
"
,
il
mio
organo
visivo
tornerà
a
funzionare
sull
'
istante
.
Generalizzando
,
si
può
ritenere
su
questa
via
,
che
tutto
il
mondo
esterno
riposa
nella
nostra
credenza
nella
sua
esistenza
,
e
che
se
noi
diciamo
a
noi
stessi
:
"
il
mondo
esterno
non
esiste
"
ci
risveglieremo
immediatamente
dal
lungo
sogno
di
Maya
.
Ecco
dunque
che
sorge
dinanzi
a
noi
la
suprema
tentazione
:
quella
di
essere
i
distruttori
dell
'
Universo
.
Dopo
aver
distrutto
tutti
gli
elementi
non
resta
altro
da
distruggere
che
la
totalità
.
La
fase
vedantina
ci
attira
naturalmente
,
ed
in
un
certo
senso
esercita
su
di
noi
un
fascino
magnetico
,
al
quale
ci
è
difficile
resistere
...
L
'
elemento
dogmatico
brillerebbe
oggi
come
la
stella
della
salute
sulle
esauste
sorgenti
della
vita
.
E
intanto
,
poiché
esso
non
appare
,
il
miraggio
vedantino
e
orientale
ci
attira
con
la
maggiore
intensità
,
e
noi
ci
accorgiamo
di
aver
percorso
in
soli
centocinquanta
l
'
intervallo
ideale
che
separa
Roma
da
Benares
,
Gregorio
VII
da
San
Karacharya
,
il
Cattolicismo
dal
Vedantismo
.
Perché
questa
via
che
ci
seduce
noi
non
la
percorriamo
?
RITORNO
SULLA
FILOSOFIA
Veniamo
dunque
all
'
altra
via
:
il
ritorno
sulla
filosofia
.
Dico
ritorno
sulla
filosofia
e
non
alla
filosofia
.
Non
intendo
con
questo
escludere
che
si
possa
anche
ritornare
alla
filosofia
,
come
fornitrice
di
qualche
sistemazione
cosmica
che
ci
renda
una
fede
qualunque
:
intendo
soltanto
che
per
il
momento
la
questione
da
esaminare
è
se
si
abbia
avuto
ragione
di
escludere
totalmente
l
'
elemento
generale
della
nostra
vita
.
Abbiamo
noi
avuto
ragione
sempre
ed
in
tutti
i
casi
nella
grande
crociata
contro
l
'
intellettualismo
e
contro
l
'
ontologismo
in
tutte
le
forme
in
cui
è
stata
combattuta
?
Non
intendo
suggerire
risposta
alcuna
:
pongo
soltanto
il
problema
.
Tutta
la
storia
dell
'
antitesi
romantica
fra
le
idealità
e
la
realtà
,
già
superata
nel
sistema
hegeliano
(
che
per
questo
lato
si
trova
a
livello
del
momento
attuale
)
,
ha
troppo
l
'
aria
di
uno
sviluppo
necessario
,
rassomiglia
troppo
ad
uno
di
quegli
scherzi
di
stile
che
la
storia
ci
presenta
spesso
quando
uomini
e
sistemi
sembrano
essersi
data
la
consegna
di
sviluppare
fino
all
'
estremo
limite
possibile
certe
linee
ideali
.
Quelli
che
vengono
dopo
s
'
accorgono
sempre
che
tutto
quanto
è
avvenuto
rappresentava
soltanto
la
dimostrazione
di
un
teorema
enunciato
precedentemente
.
Nel
caso
attuale
la
nostra
ricerca
potrebbe
esprimersi
con
queste
parole
:
"
qual
'
è
il
teorema
che
è
stato
dimostrato
dalla
storia
della
critica
e
del
romanticismo
?
"
.
DUBBIO
POST
-
CRITICO
Il
teorema
potrà
esistere
o
no
:
ma
questo
è
indifferente
per
il
nostro
stato
d
'
animo
attuale
.
Esso
è
riempito
oggi
da
quello
che
potremmo
chiamare
il
dubbio
post
-
critico
-
dubbio
totale
e
universale
poiché
investe
la
stessa
speculazione
che
lo
ha
prodotto
crollando
i
saldi
edifici
dogmatici
del
passato
-
e
forse
apre
l
'
anima
a
qualche
cosa
che
è
al
di
là
del
dogma
e
del
dubbio
...
Il
nostro
dubbio
post
-
critico
segue
la
nostra
sorpresa
.
Ci
siamo
tuffati
nella
realtà
per
afferrarla
tutta
e
ci
siamo
trovati
privi
di
realtà
.
Il
risultato
era
imprevisto
:
c
'
era
dunque
qualche
elemento
del
quale
non
avevamo
tenuto
conto
.
Qual
'
è
questo
elemento
?
Ecco
il
prossimo
lavoro
che
ci
attende
.
È
soltanto
dopo
aver
compiuto
questo
lavoro
che
noi
potremo
decidere
definitivamente
fra
la
scelta
radicale
della
via
della
non
-
credenza
,
e
la
scelta
sincera
e
sicura
del
ritorno
all
'
era
dogmatica
.
Ma
forse
da
qualche
osservatorio
dell
'
anima
,
lontano
dalle
due
strade
,
si
incomincia
a
presentire
la
luce
di
una
stella
non
mai
apparsa
.
StampaPeriodica ,
Si
accusano
i
tedeschi
di
essere
affetti
da
razionalismo
congenito
;
ma
il
prof
.
Harnack
,
che
pure
è
tedesco
e
teologo
,
sembra
compenetrato
dallo
spirito
della
philosophie
nouvelle
o
della
filosofia
dell
'
azione
.
Si
dimostra
in
tal
modo
buon
cristiano
,
rammentando
forse
che
il
principio
della
Verità
Vita
è
già
tutt
'
intero
nell
'
Ego
sum
via
,
veritas
et
vita
.
Nel
suo
recente
discorso
per
il
genetliaco
dello
Imperatore
egli
ha
tentato
un
'
applicazione
pratica
di
quel
principio
,
facendo
vedere
che
quando
due
forme
diverse
si
possono
vivere
con
uno
stesso
spirito
,
la
loro
differenza
può
ritenersi
secondaria
e
illusoria
.
Si
tratta
del
protestantesimo
e
del
cattolicismo
,
considerati
dal
punto
di
vista
dell
'
essenza
del
cristianesimo
.
"
Segue
un
libero
cattolico
nel
sentire
e
nel
vivere
-
si
chiede
Harnack
-
principi
e
misure
diverse
da
quelle
di
un
libero
protestante
?
"
.
Ecco
il
criterio
delle
conseguenze
pratiche
assunto
per
valutare
la
portata
delle
differenze
teoriche
;
si
direbbe
del
pragmatismo
.
"
Esistono
certamente
alcune
differenze
,
ma
non
ne
esiste
nessuna
tale
da
rendere
impossibile
una
comunione
interna
"
.
Interna
e
non
esterna
,
poiché
il
riavvicinamento
delle
due
confessioni
augurato
dall
'
Harnack
non
deve
concepirsi
"
affatto
come
una
unificazione
esterna
e
come
una
fusione
"
.
È
forse
necessaria
l
'
uniformità
delle
forme
esteriori
per
coloro
che
sono
animati
da
un
medesimo
sentimento
?
Son
forse
le
chiese
soltanto
scuole
,
la
cui
solidità
debba
misurarsi
dalla
rigidità
dei
dogmi
che
insegnano
?
non
è
forse
la
religione
radicata
in
un
sentimento
intimo
che
è
al
di
là
di
ogni
formalismo
dogmatico
?
E
se
è
così
,
si
può
benissimo
lasciar
da
parte
ogni
segno
di
unificazione
esterna
,
la
quale
non
darebbe
alcun
vantaggio
e
forse
potrebbe
contribuire
invece
a
moltiplicare
le
divisioni
,
e
tutti
i
cristiani
di
buona
volontà
debbono
unirsi
per
lavorare
all
'
unificazione
interna
delle
Chiese
.
Così
il
Professore
di
Berlino
.
Le
idee
di
Harnack
mi
sembrano
perfettamente
spiegabili
da
un
punto
di
vista
di
un
protestante
,
il
quale
vede
che
per
forza
dei
tempi
lo
spirito
della
Riforma
lavora
fin
dentro
le
mura
del
Castello
Cattolico
,
e
può
benissimo
all
'
infuori
di
ogni
confessionalismo
ristretto
restare
un
buon
riformato
e
diventare
un
uomo
tollerante
.
I
quattro
secoli
che
ci
separano
dalla
Riforma
sembrano
aver
dato
tanta
ragione
a
Lutero
da
permettergli
di
prendere
questa
posizione
di
lusso
:
restar
se
stesso
in
modo
completo
e
avvicinarsi
al
Papa
portando
in
mano
un
ramoscello
d
'
ulivo
.
L
'
Harnack
è
certo
in
perfetta
buona
fede
quando
augura
,
e
fino
a
un
certo
punto
constata
il
ravvicinamento
delle
due
Chiese
nel
campo
dei
fatti
;
ma
i
fatti
sono
suscettibili
di
due
diverse
interpretazioni
.
Può
darsi
veramente
che
uno
stesso
spirito
ha
vissuto
sempre
dietro
le
due
forme
confessionali
,
spingendole
a
riavvicinarsi
attraverso
i
secoli
,
e
può
darsi
invece
che
dietro
una
delle
due
forme
uno
spirito
vada
a
poco
a
poco
agonizzando
mentre
l
'
altro
,
impadronendosi
del
suo
involucro
esterno
,
lo
adopera
per
farlo
cooperare
con
l
'
altro
;
come
le
due
braccia
di
uno
stesso
individuo
lavorano
concordemente
per
un
solo
scopo
.
Potrebbe
darsi
insomma
che
il
cattolicismo
agonizzi
-
ignorato
e
solo
-
nell
'
interno
delle
sue
gigantesche
costruzioni
che
restan
salde
,
e
che
in
queste
passi
ad
abitate
,
per
diritto
di
conquista
,
lo
spirito
di
Lutero
.
Io
non
so
quale
è
la
verità
:
e
se
scrivo
queste
poche
righe
,
non
è
già
per
esprimere
la
mia
simpatia
per
una
soluzione
piuttosto
che
per
l
'
altra
,
ma
soltanto
perché
vorrei
che
gli
interessati
si
proponessero
seriamente
questo
problema
e
ci
facessero
poi
conoscere
la
loro
soluzione
.
Se
oltre
a
considerare
il
contenuto
concreto
dei
periodi
dell
'
Harnack
,
noi
portiamo
la
nostra
attenzione
anche
sulla
forma
e
sui
presupposti
di
pensiero
e
di
Cultura
impliciti
nel
suo
modo
di
esprimersi
e
di
ragionare
,
noi
sentiamo
nel
discorso
recente
uno
spirito
di
movimento
,
di
sviluppo
di
divenire
,
assai
in
armonia
con
quella
forma
cattolica
che
lo
spirito
protestante
ha
raggiunto
in
Hegel
.
C
'
è
là
dentro
la
convinzione
che
nel
movimento
è
il
bene
,
che
il
segreto
della
vita
è
nello
sviluppo
e
nel
cambiamento
,
e
che
occorre
ritirarsi
dalle
forme
,
in
se
stesse
,
immobili
,
appunto
per
ritrovar
nello
spirito
la
perfetta
fluidità
del
movimento
e
l
'
assoluta
libertà
della
vita
.
La
storia
,
intuita
come
visione
del
divenire
,
è
lo
strumento
più
grande
del
progresso
religioso
.
"
Una
conoscenza
approfondita
della
storia
è
divenuta
a
poco
a
poco
la
leva
più
possente
per
liberare
le
confessioni
dalle
angustie
e
dalle
catene
,
delle
quali
si
erano
gravate
da
se
stesse
...
Poiché
nella
conoscenza
della
storia
si
racchiude
sempre
,
in
ultima
analisi
,
un
potente
elemento
che
sospinge
in
avanti
.
Non
rimane
essa
la
fedele
ancella
che
cura
sempre
le
vecchie
faccende
di
casa
,
ma
invece
diviene
una
dominatrice
che
dà
alle
cose
un
nuovo
ordinamento
"
.
Si
direbbe
che
il
protestante
del
secolo
XX
diventando
più
protestante
dei
suoi
avi
del
secolo
XVI
,
rinunzi
all
'
illogicità
di
certe
forme
confessionali
troppo
dure
,
e
così
,
cessando
di
protestare
,
tenda
la
mano
al
vecchio
avversario
,
nel
punto
stesso
in
cui
perfeziona
e
consolida
la
sua
vecchia
natura
.
Qual
'
è
invece
la
posizione
del
cattolicismo
in
questo
riavvicinamento
?
È
assai
più
difficile
il
dirlo
.
I
cattolici
si
riportano
al
cardinal
Newman
ed
al
suo
concetto
dell
'
evoluzione
esterna
del
dogma
.
Però
questo
principio
resta
un
principio
troppo
generico
,
e
per
renderlo
chiaro
bisognerebbe
determinare
chiaramente
che
cosa
s
'
intende
per
natura
esterna
e
storica
del
dogma
,
e
fino
a
che
punto
si
può
andare
"
cattolicamente
"
per
questa
via
.
Si
richiede
cioè
una
filosofia
del
dogma
,
vale
a
dire
una
filosofia
cattolica
che
ci
dica
positivamente
che
cosa
debba
considerarsi
essenza
eterna
del
dogma
,
e
si
richiede
inoltre
una
critica
storica
che
per
ogni
dogma
speciale
separi
la
parte
essenziale
dalla
parte
transitoria
.
Ora
,
se
questa
critica
è
incompleta
ed
incerta
,
quella
filosofia
manca
poi
in
modo
assoluto
.
I
cattolici
,
e
soprattutto
i
nostri
,
sembrano
non
accorgersi
che
per
restar
tali
,
più
che
mantenere
certe
forme
esterne
,
debbono
definire
chiaramente
uno
spirito
che
sia
peculiare
del
cattolicismo
,
uno
spirito
che
si
possa
ricondurre
,
con
perfetta
continuità
,
senza
alcuna
interruzione
,
dovuta
a
penetrazioni
esterne
,
fino
al
nucleo
centrale
del
cristianesimo
.
Ora
questo
spirito
non
può
essere
riconosciuto
se
non
da
una
filosofia
religiosa
.
Ed
una
filosofia
di
questo
genere
dovrà
affrontare
le
più
grandi
opposizioni
a
risolverlo
,
poiché
avrà
dinanzi
a
sé
,
in
forma
storica
,
oltre
che
in
forma
metafisica
,
tutti
i
dualismi
che
il
pensiero
umano
ha
trovato
sul
suo
cammino
e
che
ha
cercato
e
cerca
sempre
più
di
mettere
da
parte
.
Un
filosofo
cattolico
potrebbe
bene
,
d
'
accordo
col
protestante
Harnack
voler
spingersi
sino
all
'
essenza
del
cristianesimo
;
però
dovrebbe
pretendere
che
in
quell
'
essenza
,
gli
spiriti
delle
due
confessioni
si
mantenessero
entrambi
per
perdersi
soltanto
in
qualche
cosa
di
superiore
.
Solo
in
questo
caso
si
potrebbe
dire
che
dietro
le
due
confessioni
c
'
era
la
stessa
vita
,
e
si
potrebbe
metter
da
parte
il
dubbio
che
dietro
la
forma
dell
'
una
sia
comparsa
,
ad
un
certo
punto
del
progresso
storico
,
la
vita
dell
'
altra
.
Si
tratta
insomma
di
sapere
in
modo
preciso
quale
sia
l
'
essenza
del
cattolicismo
,
e
se
,
restando
nell
'
essenza
del
cattolicismo
,
si
possa
giungere
fino
all
'
essenza
del
cristianesimo
.
Questo
è
il
problema
,
ed
è
,
lo
ripeto
,
il
problema
di
indole
filosofica
e
non
storica
.
I
cattolici
fanno
oggi
della
buona
esegesi
,
forse
anche
,
in
certi
casi
,
migliore
di
quella
protestante
;
ma
quando
si
mettono
a
pensare
prendono
istintivamente
la
via
di
S
.
Tommaso
.
E
mentre
hanno
bisogno
di
filosofia
-
cura
essenziale
-
si
danno
all
'
esegesi
,
ch
'
è
cosa
buona
ed
utile
,
ma
che
di
fronte
alla
malattia
è
soltanto
un
palliativo
.
Idealmente
,
e
storicamente
,
il
cattolicismo
si
trova
giunto
a
tal
punto
nel
quale
non
può
evitare
di
riflettere
sé
stesso
,
per
rialzarsi
più
forte
da
questa
meditazione
,
o
per
assopirsi
in
un
sonno
eterno
.
I
papi
temono
questo
secondo
risultato
e
perciò
prudentemente
consigliano
il
medio
evo
e
la
scolastica
:
preferiscono
cioè
la
morte
lenta
e
per
inedia
,
al
dubbio
della
morte
sicura
.
Il
fantasma
della
morte
atterrisce
i
detentori
delle
chiavi
della
morte
.
Ma
quei
cattolici
che
si
dicono
giovani
,
ed
uomini
moderni
,
e
che
restano
nella
loro
chiesa
solo
perché
credono
che
a
questa
resti
ancora
il
segreto
della
vita
vera
,
come
mai
non
sentono
la
necessità
di
affrontar
il
problema
centrale
del
loro
pensiero
religioso
essi
,
che
hanno
la
fiducia
di
poterlo
risolvere
vittoriosamente
?
Domanda
questa
alla
quale
molte
persone
in
Italia
dovrebbero
preoccuparsi
di
rispondere
:
e
più
degli
altri
,
mi
sembra
,
gli
scrittori
del
Rinnovamento
.
StampaPeriodica ,
Il
volume
dei
documenti
Galimberti
,
recentemente
pubblicati
da
Crispolto
Crispolti
e
da
Guido
Aureli
insieme
ad
una
estesa
introduzione
storica
destinata
ad
illuminarne
il
valore
ed
il
significato
,
permette
alla
nostra
curiosità
di
penetrare
un
po
'
più
addentro
nella
scena
politica
italiana
degli
anni
che
cominciano
intorno
all
'
80
e
terminano
intorno
al
'90
.
Dicendo
"
scena
politica
italiana
"
si
ha
forse
l
'
aria
di
rimpiccolire
a
torto
il
teatro
della
politica
vaticana
:
ma
guardando
le
cose
un
po
'
da
vicino
si
vede
che
non
impiccioliamo
niente
,
poiché
mentre
da
un
lato
i
protagonisti
della
politica
vaticana
erano
quasi
tutti
italiani
negli
anni
a
cui
si
riferiscono
questi
documenti
,
dall
'
altro
vedremo
facilmente
che
la
spina
dorsale
della
politica
di
Leone
XIII
e
di
Rampolla
contro
la
quale
si
erige
la
polemica
di
questa
pubblicazione
vindice
della
fama
di
Luigi
Galimberti
,
si
innesta
su
di
un
errore
della
politica
italiana
dopo
il
'70
(
quello
stesso
che
abbiamo
cercato
di
mettere
in
luce
due
settimane
fa
a
proposito
dell
'
Archivio
Crispi
)
che
perciò
la
gonfia
bolla
dell
'
imperialismo
pontificale
si
risolveva
tutta
in
una
fase
negativa
della
nuova
politica
italiana
.
-
Diamo
dunque
un
'
occhiata
assai
rapida
ai
due
campi
,
di
qua
e
di
là
del
Tevere
:
vediamo
un
po
'
che
cosa
valessero
,
in
Curia
Romana
o
in
Consiglio
dei
Ministri
,
i
soliti
nipoti
di
Machiavelli
.
Un
giudizio
demolitore
del
pontificato
di
Leone
XIII
è
da
parecchi
anni
superfluo
.
Lo
hanno
già
dato
,
in
Conclave
,
i
cardinali
chiamati
ad
eleggerne
il
successore
:
e
quel
giudizio
è
stato
irrimediabilmente
confermato
dall
'
opinione
cattolica
degli
anni
successivi
alla
elezione
di
Pio
X
.
Appena
morto
il
Pontefice
tutto
l
'
edificio
fastoso
e
barocco
della
fama
decorativa
di
Leone
XIII
è
sparito
come
per
incanto
.
Pareva
una
solida
costruzione
da
sfidare
i
secoli
,
tanto
che
gli
esaltatori
evocavano
in
suo
onore
le
immagini
più
gloriose
del
Pontificato
romano
-
Innocenzo
III
,
ad
esempio
-
ed
invece
si
rivelò
subito
per
un
castelletto
di
carte
,
o
per
una
nube
effimera
colorita
come
una
chimera
.
L
difficile
evocare
il
ricordo
di
un
'
altra
fama
declinata
con
altrettanta
rapidità
dopo
la
morte
dell
'
uomo
che
ne
godé
da
vivo
:
forse
per
avvicinarsi
al
caso
attuale
,
bisogna
pensare
ad
uno
scrittore
che
sparì
dalla
scena
del
mondo
alt
'
incirca
negli
stessi
anni
:
Emile
Zola
.
Come
si
spiega
questo
giudizio
sommario
che
ha
cancellato
,
in
mezzo
a
tanto
unanime
consenso
,
le
glorificazioni
,
durate
venticinque
anni
,
di
un
papato
che
parve
glorioso
ed
ora
sembra
a
tutti
vano
e
decorativo
?
È
possibile
spiegarlo
pensando
al
pontificato
di
Leone
XIII
come
ad
una
tesi
di
cui
,
ad
onta
di
numerosi
e
caparbi
tentativi
,
non
si
è
saputa
dare
la
dimostrazione
.
La
tesi
di
Leone
XIII
era
un
'
eco
delle
tradizioni
politiche
dello
Stato
romano
,
boriosamente
gonfiate
con
gli
ideali
universalistici
della
Chiesa
medioevale
:
la
mancata
dimostrazione
storica
di
questa
tesi
,
cioè
la
sua
mancata
attuazione
nel
campo
dei
fatti
,
aprì
gli
occhi
alla
massa
dei
cattolici
sulle
condizioni
della
Chiesa
,
non
dico
dopo
il
'70
ma
nel
mondo
moderno
;
poté
insomma
operare
in
molti
quell
'
operazione
di
carattere
a
cui
la
tipica
mentalità
cattolica
ostinatamente
rifiuta
.
Poiché
nella
Curia
di
Roma
vive
ancora
-
e
finché
si
vive
si
spera
-
una
visione
della
storia
moderna
in
cui
sarebbe
difficile
a
dire
se
sia
più
grande
l
'
incomprensione
o
l
'
orgoglio
;
una
visione
per
la
quale
si
concepisce
tutto
il
moto
moderno
che
parte
dalla
Riforma
e
passa
per
la
Rivoluzione
francese
e
per
la
rivendicazione
delle
nazionalità
,
come
una
deviazione
dalla
linea
maestra
del
genere
umano
,
alla
quale
si
dovrà
(
dopo
una
più
o
meno
lunga
cecità
)
ritornare
:
ed
alla
Chiesa
cattolica
si
dà
la
missione
di
aspettare
in
silenzio
,
conservando
il
patrimonio
sacro
dell
'
ortodossia
,
riaffermando
di
continuo
le
proprie
posizioni
fondamentali
senza
mai
rinunziare
a
nulla
,
in
attesa
del
giorno
in
cui
la
restaurazione
sarà
piena
e
completa
,
così
nell
'
ordine
dello
spirito
come
in
quello
del
mondo
.
Quella
certa
aria
di
grandiosità
che
circondò
il
pontificato
di
Leone
XIII
,
e
che
trasse
in
inganno
i
suoi
contemporanei
,
bisogna
ricondurla
a
questa
tradizione
oramai
secolare
,
alimentata
dal
tenace
ed
abile
sforzo
della
Compagnia
di
Gesù
,
ed
in
cui
non
bisogna
certo
vedere
nulla
che
rassomigli
ad
un
'
azione
personale
.
Sul
fondamento
di
,
questa
tradizione
,
si
svolse
la
politica
del
pontefice
.
La
quale
,
se
si
guarda
alla
facciata
,
sembra
vasta
,
multiforme
e
sollecita
di
ogni
bisogno
della
chiesa
:
si
svolge
essa
per
lunga
distesa
delle
questioni
dello
spirito
fino
a
quelle
della
società
ed
alla
diplomazia
.
Infatti
il
pontificato
leonino
sembra
avere
il
suo
fondamento
nella
restaurazione
della
filosofia
tomistica
quasiché
il
papa
volesse
incominciare
dallo
spirito
e
dalla
cultura
la
sua
opera
di
riedificazione
.
Viene
poi
la
preoccupazione
della
pace
religiosa
;
unione
delle
Chiese
orientali
,
liquidazione
del
Culturkampf
.
Indi
la
pace
sociale
interesse
per
le
classi
proletarie
,
fondazione
della
democrazia
cristiana
.
Su
questa
triplice
base
spirituale
sembra
riposare
la
politica
propriamente
detta
di
Leone
XIII
:
quale
base
sembrerebbe
a
prima
vista
più
solida
di
questa
per
quell
'
attività
che
la
Chiesa
,
vivendo
fra
gli
uomini
,
è
costretta
ad
esercitare
fra
gli
uomini
?
E
nessuno
certamente
vorrà
negare
a
quel
papa
una
certa
larghezza
d
'
ingegno
e
di
visione
arricchita
dalla
cultura
umanistica
che
gli
fu
propria
ma
nessuno
altresì
potrà
riconoscergli
la
solidità
dell
'
intelletto
politico
e
la
profonda
serietà
degli
scopi
:
quella
serietà
per
la
quale
l
'
individuo
scompare
,
totalmente
assimilato
ed
assorbito
,
nell
'
opera
della
sua
vita
.
Invece
l
'
immagine
di
Leone
XIII
,
con
la
sua
magnificenza
di
pose
e
di
parole
,
non
soltanto
non
è
scomparsa
nell
'
opera
del
suo
pontificato
,
ma
è
invece
una
delle
pochissime
cose
che
il
suo
pontificato
abbia
lasciato
dietro
di
sé
nel
mondo
.
Il
papa
di
Carpineto
amava
,
come
ogni
buon
italiano
,
la
letteratura
e
i
versi
,
e
riuscì
a
fare
della
propria
vita
un
discreto
componimento
letterario
-
latinamente
rotondo
-
ma
la
vita
,
nella
sua
difficile
ed
ardua
complessità
,
gli
sfuggì
quasi
totalmente
tanto
che
egli
,
nel
.
corso
di
pochi
anni
,
finì
per
mummificarsi
in
un
sogno
impossibile
il
quale
,
se
mettiamo
da
parte
il
valor
letterario
,
si
riduce
a
una
bizza
senile
senza
profondità
e
senza
coscienza
.
Alla
luce
di
questa
bizza
senile
nella
quale
si
rivelò
presto
il
motivo
fondamentale
di
tutta
la
sua
attività
,
noi
possiamo
apprezzare
il
giusto
valore
delle
sue
iniziative
filosofiche
,
spirituali
e
sociali
.
E
questo
valore
è
piccolo
,
perché
quasi
mai
egli
partecipa
intimamente
alle
iniziative
ch
'
egli
stesso
prende
:
in
esse
ha
l
'
aria
di
veder
soltanto
strumenti
di
grandezza
,
élisir
per
il
ritorno
della
vita
gagliarda
nel
vecchio
corpo
della
Chiesa
,
grande
ma
stanco
.
Così
il
neo
-
tomismo
è
ai
suoi
occhi
un
fondamento
granitico
su
cui
combattere
il
pensiero
moderno
insidiante
,
l
'
unione
delle
Chiese
è
la
costituzione
di
un
maggior
impero
per
la
sua
potestà
spirituale
e
la
stessa
democrazia
cristiana
(
forse
il
più
geniale
dei
suoi
disegni
)
vale
più
come
un
'
arma
di
battaglia
che
come
una
rivelazione
morale
e
sentimentale
dell
'
uomo
.
Tutte
queste
grandi
mosse
,
che
potevano
far
pensare
alla
fondazione
di
un
pontificato
nuovo
stile
-
il
pontificato
spirituale
-
misero
capo
invece
in
brevissimo
tempo
ad
un
sogno
ben
piccino
:
il
sogno
della
restaurazione
temporale
.
L
'
universalità
del
cattolicismo
medioevale
si
risolveva
rapidamente
in
un
legittimismo
,
nemmeno
nazionale
.
Orbene
:
il
pontificato
di
Leone
XIII
sembra
muoversi
fra
il
contrasto
di
due
tendenze
,
di
due
volontà
,
di
due
uomini
,
-
Galimberti
e
Rampolla
.
Tale
almeno
è
il
presupposto
del
volume
di
cui
ci
stiamo
occupando
,
gli
autori
del
quale
sembrano
credere
che
,
se
la
politica
del
Galimberti
avesse
potuto
prevalere
,
il
valore
del
pontificato
sarebbe
stato
diverso
.
La
lettura
dei
documenti
contenuti
nel
volume
a
dir
vero
non
autorizza
né
smentisce
questa
opinione
;
poiché
essi
ci
rappresentano
un
Galimberti
che
adottava
,
per
l
'
esecuzione
della
politica
papale
,
strumenti
diversi
,
talora
opposti
,
a
quelli
scelti
dal
Rampolla
:
ma
lasciano
poi
impregiudicata
la
questione
di
sapere
se
il
Galimberti
,
pur
scegliendo
strumenti
diversi
,
avrebbe
poi
saputo
o
potuto
trasformare
la
politica
papale
in
qualche
cosa
di
diverso
da
quel
meschino
tentativo
di
restaurazione
temporale
ch
'
essa
era
in
sostanza
.
Ad
ogni
modo
gli
episodi
del
contrasto
fra
i
due
politici
di
Curia
ci
offrono
il
modo
di
vedere
su
quale
base
effimera
poggiasse
la
politica
del
Vaticano
.
L
'
animo
di
Leone
,
essendosi
determinato
nel
fine
da
raggiungere
,
doveva
ancora
fissarsi
sui
mezzi
più
opportuni
per
ottenerlo
più
speditamente
.
Nell
'
attesa
di
potersi
decidere
,
egli
incominciò
col
voler
rialzare
il
prestigio
della
Chiesa
.
La
questione
del
Culturkampf
era
ancora
aperta
:
egli
si
propose
di
chiuderla
,
instaurando
la
pace
religiosa
in
Germania
;
si
proponeva
insieme
,
e
attraverso
i
necessari
contatti
col
Cancelliere
tedesco
,
di
saggiare
le
sue
disposizioni
di
spirito
riguardo
alla
questione
romana
.
Era
opportuno
l
'
intervento
diretto
della
Curia
nella
battaglia
che
Windthorst
andava
conducendo
da
tanti
anni
con
indomita
energia
?
È
difficile
esprimere
su
questo
punto
un
'
opinione
recisa
;
ma
i
dubbi
che
possono
sorgere
intorno
a
ciò
sono
piuttosto
rinforzati
che
dissipati
dagli
AA
.
,
che
pure
hanno
tanto
a
cuore
la
fama
del
Galimberti
:
il
quale
fu
lo
strumento
efficace
degli
accordi
che
si
stabilirono
fra
il
Papa
e
Bismarck
.
Questi
,
infatti
,
al
tempo
dell
'
elezione
di
Leone
XIII
,
era
piuttosto
stanco
ed
annoiato
della
lotta
da
lui
suscitata
,
e
cercava
più
che
altro
il
modo
di
ritirarsene
senza
che
fosse
avvertita
questa
sua
ritirata
.
Windthorst
,
che
teneva
il
campo
senza
paura
,
lo
avrebbe
probabilmente
costretto
a
svelare
le
proprie
intenzioni
.
Ma
venne
l
'
intervento
del
Papa
;
ed
ecco
aprirsi
un
nuovo
gioco
diplomatico
che
doveva
fornire
a
Bismarck
il
terreno
propizio
per
mascherare
il
proprio
insuccesso
,
e
per
sfruttare
le
velleità
papali
a
profitto
di
altre
necessità
della
politica
tedesca
.
Il
Papa
,
in
sostanza
,
veniva
col
suo
intervento
a
pregiudicare
le
condizioni
della
Chiesa
in
Germania
,
a
beneficio
di
una
ipotetica
risoluzione
della
questione
romana
;
e
Galimberti
,
in
questo
episodio
,
ci
appare
dalla
sua
.
Ora
,
proprio
in
questa
liquidazione
del
Culturkampf
,
iniziata
per
volontà
del
papa
ed
effettuata
dal
Galimberti
con
l
'
aiuto
dello
Schlozer
e
del
Kopp
,
si
gettavano
le
basi
del
colossale
insuccesso
della
politica
vaticana
in
quel
periodo
.
Per
persuadersi
di
ciò
bisogna
seguire
in
tutte
le
sue
fasi
la
prima
missione
del
Galimberti
a
Berlino
.
Le
istruzioni
pontificie
ch
'
egli
aveva
ricevuto
gli
facevano
obbligo
"
di
scandagliare
destramente
l
'
animo
del
Cancelliere
:
"
su
la
opportunità
e
i
vantaggi
di
una
rappresentanza
pontificia
in
Berlino
;
"
su
l
'
opinione
che
il
Principe
nutriva
verso
l
'
Italia
,
e
se
disposto
,
e
quando
e
come
,
a
ristabilire
il
Pontefice
nei
suoi
temporali
diritti
;
"
su
la
parte
che
all
'
azione
del
Papa
avrebbe
potuto
esser
riservata
nelle
vertenze
europee
;
"
su
la
possibilità
che
un
'
azione
di
tal
natura
fosse
invocata
in
ordine
all
'
Alsazia
-
Lorena
"
.
(
p
.
113
)
.
Di
qui
si
vede
che
,
chi
si
recava
a
negoziare
a
Berlino
la
pace
religiosa
teneva
in
pectore
la
questione
romana
;
e
si
trovava
quindi
in
condizione
psicologica
tale
da
poter
essere
indotto
a
stabilire
una
compensazione
fra
gli
svantaggi
che
potevano
incontrare
in
un
campo
e
gli
ipotetici
vantaggi
che
si
potevano
sperare
nell
'
altro
.
Così
Windthorst
fu
piegato
;
il
calore
spirituale
che
animava
l
'
opposizione
tedesca
allo
stato
prussiano
e
protestante
fu
intiepidito
dalla
diplomazia
romana
,
che
aveva
sulle
rive
della
Sprea
uno
dei
suoi
migliori
rappresentanti
nel
Galimberti
.
E
che
cosa
portò
questi
a
Roma
,
in
cambio
,
dal
Cancelliere
tedesco
?
Il
Galimberti
stesso
s
'
incarica
di
dircelo
.
"
Il
principe
portò
il
suo
discorso
sul
dono
da
farsi
al
Papa
per
il
Giubileo
sacerdotale
:
se
convenisse
donare
un
busto
dell
'
Imperatore
,
un
triregno
o
una
mitria
.
E
dal
discorso
del
Giubileo
,
passando
a
più
notevole
materia
venimmo
a
parlare
della
triplice
alleanza
.
Il
cancelliere
illustrò
il
suo
oggetto
:
essere
la
"
difesa
contro
attacchi
esterni
"
e
lasciar
quindi
libera
internamente
la
questione
romana
.
Disse
che
soltanto
il
pensiero
al
Papa
lo
aveva
tenuto
in
sospeso
se
stipularla
o
no
.
Se
l
'
Italia
desse
Roma
al
Papa
,
niuno
sarebbe
stato
più
felice
del
Cancelliere
:
perché
,
cessato
il
dissidio
tra
il
Papato
e
l
'
Italia
,
questa
sarebbe
stata
più
forte
.
Se
poi
egli
vedesse
il
prevalere
delle
"
idee
repubblicane
"
e
l
'
Italia
piegare
verso
la
Repubblica
e
perciò
verso
la
Francia
egli
non
esiterebbe
a
favorire
il
ritorno
del
dominio
temporale
del
Papa
;
non
solo
,
ma
anche
degli
antichi
sovrani
spodestati
.
"
Alle
mie
osservazioni
sulla
situazione
anormale
del
Papato
,
alle
dimostrazioni
che
cagionerebbero
al
Papato
le
scissure
,
ai
principi
opposti
dello
Stato
e
Chiesa
e
quindi
alle
inevitabili
collisioni
che
avrebbero
potuto
inevitabilmente
verificarsi
,
il
Principe
di
Bismarck
rispose
:
"
comprendo
che
senza
territorio
non
v
'
ha
indipendenza
,
non
v
'
ha
sovranità
reale
.
Ma
chaque
jour
a
son
travail
"
(
pag
.
134
)
.
Era
molto
?
era
poco
?
Doveva
passare
qualche
anno
prima
che
i
politici
di
Curia
riuscissero
a
rispondere
a
queste
domande
.
Ma
quando
poterono
rispondere
dovettero
riconoscere
che
Bismarck
nell
'
88
ebbe
un
accenno
a
riprendere
il
giuoco
dell
'
82
,
quando
,
esaurite
le
buone
ragioni
che
dovevano
indurre
l
'
Italia
ad
aderire
alla
Triplice
,
e
vedendo
che
quasi
non
bastava
la
stessa
occupazione
di
Tunisi
a
dissipare
la
francofilia
congenita
della
monarchia
italiana
,
pensò
di
ricorrere
alle
minaccie
,
e
sollevò
lo
spauracchio
della
questione
romana
.
L
'
Italia
che
non
aveva
compreso
le
ragioni
serie
,
capì
il
pericolo
e
andò
a
Vienna
.
Orbene
;
negli
anni
che
seguirono
l
'
adesione
dell
'
Italia
alla
Triplice
il
problema
dell
'
equilibrio
europeo
occupò
sempre
più
la
mente
oli
Bismarck
,
come
si
vede
chiaramente
dai
suoi
Ricordi
:
si
trattava
perciò
oli
dare
alla
sua
creazione
solidità
e
vitalità
.
Nell
'
87
,
prima
della
politica
di
Crispi
e
dopo
la
chicane
di
Robilant
,
l
'
Italia
era
ancora
nella
Triplice
un
elemento
incerto
:
bisognava
consolidarlo
.
La
chiusura
del
Culfurkampf
,
offrì
a
Bismarck
l
'
occasione
di
lusingare
al
tempo
stesso
le
velleità
papali
,
ottenendone
in
cambio
patti
migliori
,
e
di
ridar
vita
al
fantasma
della
questione
romana
:
ottimo
motivo
di
riflessione
per
gli
uomini
politici
del
Quirinale
.
Poco
dopo
infatti
Crispi
si
precipitava
a
Friedrichsruh
:
seguiva
a
breve
scadenza
la
rottura
dei
trattati
di
commercio
con
la
Francia
,
e
l
'
Italia
era
condotta
a
prendere
il
suo
posto
attivo
nell
'
alleanza
.
In
Vaticano
,
non
troppo
più
tardi
doveva
avvenire
il
contrario
.
Disilluso
amaramente
il
vecchio
Papa
con
la
visita
di
Guglielmo
II
,
che
si
risolse
in
un
oltraggio
alla
sua
dignità
-
un
oltraggio
che
gli
A
A
.
del
volume
non
esitano
a
paragonare
allo
schiaffo
di
Nogaret
a
Bonifazio
VIII
-
la
politica
vaticana
si
gettò
in
braccio
alla
Francia
,
dalla
quale
soltanto
si
aspettò
oramai
la
realizzazione
dei
suoi
sogni
temporalistici
.
Cominciò
allora
il
periodo
della
grande
tensione
fra
l
'
Italia
e
il
Vaticano
.
In
questo
modo
Bismarck
era
giunto
a
creare
una
vera
e
propria
"
questione
romana
"
nel
seno
dello
stato
italiano
:
una
questione
che
,
per
il
propendere
del
Vaticano
verso
la
Francia
,
faceva
necessariamente
dell
'
Italia
una
alleata
sicura
e
fedele
della
politica
tedesca
.
Bisogna
riconoscere
che
,
nell
'
un
campo
come
nell
'
altro
,
i
"
nipoti
di
Machiavelli
"
non
ci
fanno
una
troppo
bella
figura
.
Ma
chi
fa
la
figura
peggiore
è
certamente
il
Vaticano
,
il
cui
gioco
politico
è
evidentemente
inconsapevole
delle
condizioni
che
lo
rendono
possibile
:
nasce
cioè
da
un
'
errore
dell
'
Italia
ed
ha
invece
l
'
aria
di
riposare
su
solide
basi
autonome
e
di
muovere
alla
conquista
del
mondo
.
Basta
ricondursi
una
diecina
d
'
anni
indietro
dal
tempo
di
questi
avvenimenti
per
vedere
che
,
se
la
politica
italiana
si
fosse
svolta
logicamente
a
suo
tempo
secondo
la
linea
dei
veri
interessi
nazionali
,
tutto
questo
divertimento
politico
di
Leone
XIII
sarebbe
divenuto
impossibile
.
Bisogna
cioè
retrocedere
fino
alla
vigilia
del
Congresso
di
Berlino
,
quando
la
Germania
ci
offriva
l
'
Albania
in
cambio
della
Bosnia
,
e
l
'
alleanza
difensiva
contro
la
Francia
che
avrebbe
reso
impossibile
Tunisi
:
ed
allora
si
intende
come
un
'
adesione
tempestiva
all
'
amicizia
tedesca
avrebbe
non
soltanto
allontanato
da
noi
quei
danni
e
quelle
minacce
la
cui
eliminazione
diventò
poi
la
mèta
faticosa
della
politica
italiana
,
ma
ci
avrebbe
persuaso
per
tempo
che
lo
Stato
italiano
non
aveva
oramai
più
nulla
a
temere
dal
Vaticano
,
la
cui
ostilità
efficace
si
era
esaurita
nel
lungo
sforzo
secolare
contro
l
'
unità
italiana
:
che
anzi
lo
Stato
italiano
era
chiamato
a
succedere
ad
altri
stati
nell
'
esercizio
di
un
'
influenza
preponderante
sulla
politica
della
Santa
Sede
.
La
questione
romana
non
avrebbe
potuto
essere
galvanizzata
nemmeno
per
burla
se
ciò
non
fosse
stato
consono
in
qualche
modo
ai
disegni
di
Bismarck
:
e
spettava
all
'
Italia
di
fare
in
modo
che
tale
consonanza
non
ci
fosse
;
tanto
più
che
poteva
farlo
riconoscendo
e
servendo
i
suoi
reali
interessi
politici
.
Gli
uomini
di
Stato
italiani
,
invece
,
alla
visione
di
quegli
interessi
furono
ciechi
:
e
ci
volle
la
paura
per
aprir
loro
gli
occhi
,
e
per
spingere
la
Dinastia
trepidante
sulla
via
di
Vienna
.
Credevano
un
po
'
tutti
-
come
chi
poco
ragiona
e
poco
intende
-
alle
fantasime
dell
'
immaginazione
impressionata
;
credevano
così
,
più
che
alla
voce
dell
'
interesse
nazionale
,
allo
spettro
della
questione
romana
:
e
ci
volevano
il
conclave
di
Pio
X
e
il
cervello
prosaico
di
Giolitti
per
lasciar
dissipare
certe
paure
,
e
per
mostrare
la
funzione
che
poteva
avere
l
'
Italia
nella
vita
stessa
del
Vaticano
!
CRISPOLTO
CRISPOLTI
e
GUIDO
AURELI
..
-
La
politica
di
Leone
XIII
da
Luigi
Galimberti
a
Mariano
Rampolla
,
su
documenti
inediti
.
Roma
,
Bontempelli
e
Invernizzi
.
1912
.
Un
vol
.
di
pag
.
586
,
L
.
15
.
-
-
Alcuni
dei
documenti
pubblicati
nel
volume
hanno
una
reale
importanza
.
Si
legge
con
molto
profitto
l
'
introduzione
storica
,
scritta
da
chi
possiede
una
vera
conoscenza
dell
'
ambiente
vaticano
,
ed
un
buon
colpo
d
'
occhio
sulla
politica
europea
degli
ultimi
cinquant
'
anni
.