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NÉ IDEALE NÉ REALE ( AMENDOLA GIOVANNI , 1906 )
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Gli uomini dei secoli XVIII e XIX hanno vissuto la crisi dell ' attività teorica . Gli uomini del secolo XX vivranno la crisi dell ' attività pratica ... La crisi dell ' attività teorica , o romanticismo , può essere , molto sommariamente divisa , in due grandi periodi . 1 ) La sostituzione di idoli nuovi e mobili , agli idoli vecchi e fissi del periodo classico . 2 ) La distruzione degli idoli . Il primo periodo comincia storicamente nella seconda metà del secolo XVIII in Francia ed in Germania , ed idealmente con l ' indirizzo critico e adogmatico della scuola inglese e di Kant ; in arte l ' inizio del periodo è caratterizzato dal ritorno alla natura , considerata come miniera inesauribile di ispirazione e di imitazione , da contrapporsi al libro , al canone , alla tradizione , alla misura ... Caratteri suoi generali sono la reazione al dogma in religione , in filosofia , e in morale , e la tendenza a sostituire i motivi interni ai motivi esterni nella azione . L ' Olimpo che esso distrugge all ' esterno , sotto forma di tradizioni e di credenze religiose , e di sanzioni ultraterrestri , viene quindi risuscitato all ' interno sotto forma di " principi generali " di " leggi naturali " di " imperativi categorici " di " criteri utilitari " etc .... Lo scuotimento e la distruzione dei vecchi ideali rigidi e fissi ha portato , attraverso una febbre di mobilità e di liberazione , ad altri ideali egualmente rigidi e fissi ; alla religione s ' è sostituita la scienza , alla Chiesa lo Stato ; ma gli argini della vita appariscono ben tracciati come prima ed il senso della corrente non può essere dubbio per l ' uomo equilibrato che guarda le cose con gli occhi del suo tempo . Intanto mentre l ' umanità effettua in se stessa questa prima cristallizzazione del romanticismo , una altra corrente romantica si inizia ; ma questa volta il movimento è destinato a restare nelle zone più profonde della coscienza , e l ' eco che l ' arte ne porterà al di fuori giungerà solo ai pochi , risvegliando il consenso e la partecipazione del minor numero ... Ho detto più sopra che questo secondo periodo può dirsi della distruzione degli idoli . Infatti come prima la critica aveva detronizzato Dei , eroi , santi , ed in generale tutti i tipi concreti ed individuati di idealità , sostituendo ad essi dei tipi astratti che ieri soltanto conquistarono il predominio , così ora la critica si rivolge contro questi stessi tipi astratti che ieri soltanto conquistarono il predominio : leggi scientifiche , imperativi morali , principi intellettuali universali , assiomi , postulati e fatti ... L 'arte..., ed in generale tutte le attività spontanee ed irriflesse salgono nella scala dei valori , finché giunti all ' estremo limite di questo sentiero noi troviamo che la conoscenza intellettuale viene riconosciuta soltanto quale lato interno di un ' azione , nata quindi dall ' azione , legata strettamente alla necessità d ' agire , sicché il vecchio tipo del sistema intellettuale sorto indipendentemente dalle esigenze pratiche , ispirato dalla contemplazione teoretica e disinteressata del mondo , viene ripudiato e condannato a sparire , e tutta la filosofia si riduce ad uno studio di mezzi d ' azione , ad una ricerca di movimenti e di giustificazioni , ad una affermazione di finalità dedotte dall ' apprezzamento delle utilità individuali ; e in altre parole : la filosofia viene ridotta ad una teoria filosofica dell ' impossibilità della filosofia . La strada della critica è così percorsa fino allo estremo . Le credenze dogmatiche sulle realtà , esterne o interne vengono soppresse . Le autorizzazioni assolute ad agire in un certo modo , o in vista di certi fini , spariscono . Né per questo , le sensazioni relative acquistano - come nel dogmatismo positivista - un maggior valore ; poiché questa " relatività " è macchiata anch ' essa dal peccato originale di una critica insufficiente ... Quest ' opera è stata l ' estrema credenza che ha riempito la vita degli ultimi intellettualisti ; per noi essa è il frutto di cenere che ci colma la bocca ... GLI ABITI SONO DELL ' UOMO Esaminiamo attentamente la nostra posizione . Se supponiamo che la domanda : " Che cosa credete ? " sia rivolta a noi e in pari tempo a un uomo di quattro secoli fa , sentiamo subito a che punto siamo arrivati . A quella domanda l ' uomo di quattro secoli fa , avrebbe risposto recitando il suo credo dogmatico - cattolico o protestante - e raffigurando nelle parole un mondo spirituale , altrettanto certo e completo quanto quello materiale . Noi invece saremmo costretti a rispondere in questi termini : " Crediamo che le credenze individuali rappresentano non già le realtà affermate nel loro contenuto , - sulla cui esistenza esse non dicono nulla - ma bensì la costituzione emozionale e volitiva dell ' individuo , . sottostante e fissata nel temperamento intellettuale ... In realtà non si crede , se la credenza non ci fa fede di una realtà che va oltre l ' individuo . Dire io credo ed aggiungere che però le credenze rispecchiano soltanto la nostra natura intima , significa soltanto dire con poca chiarezza " io non credo " ... Veniamo ora all ' azione ... L ' uomo di quattro secoli fa avrebbe , in teoria , apprezzato poco l ' azione materiale in confronto ai fini spirituali della vita e cioè degli ideali . L ' azione è un mezzo ; il suo valore e la sua utilità stanno soltanto nelle sue giustificazioni assolute , vale a dire nelle credenze che costituiscono la fede individuale . Per l ' uomo nuovissimo , liberato da tutti i dogmi , il criterio di giudizio è radicalmente invertito . L ' azione ha valore per sé stessa , indipendentemente dalle proprie giustificazioni - le credenze , - nonché reggerla e nobilitarla , sono il suo risultato , e non sussistono senza di essa . Ma nella pratica dell ' azione le cose stanno ben diversamente . L ' uomo di quattro secoli fa agisce intensamente , con entusiasmo e con sicurezza ; egli che solleva idealmente la credenza al di sopra dell ' atto , è invece l ' uomo pratico e attivo per eccellenza . I resultati dei suoi sforzi , guardati con occhi del ventesimo secolo , sono incalcolabili . L ' uomo attuale invece , che deifica l ' azione , è assolutamente incapace del più piccolo movimento ... Come mai la marcia verso la ricchezza dell ' anima ha condotto invece alla povertà ed all ' inanizione ? Chi guarda bene addentro al periodo romantico vede subito che il suo carattere principale e distintivo sta nella contraddizione . Il classicismo era caratterizzato dalla proporzione , dall ' armonia della logica , e dalla conseguenza ; questi caratteri si riscontravano in teoria nelle costruzioni sillogistiche e dogmatiche e in pratica nella sicurezza dell ' azione , tendente al limite estremo dei vari formalismi e delle varie ipocrisie della condotta ( civismi , farisaismi , etc . ) . Il romanticismo covò invece nel suo seno mille antitesi , e fu esso stesso tutta una grande antitesi , che condusse nei suoi resultati ad infinite situazioni contraddittorie , superate soltanto con l ' annientamento degli elementi stessi delle opposizioni ... Il periodo post - romantico ha sviluppato fino alle ultime conseguenze tutte le antitesi senza curarsi dei resultati pratici , e così è giunto alla completa dissenzione dello spirito ed al massimo disseccamento della vita umana ... I romantici cominciarono col sostituire gli ideali individuali agli ideali generali e dogmatici . La sorgente dell ' ideale fu ricercata nell ' io - al di dentro invece che al di fuori - e parve così per molti anni che la massa dell ' idealità umana fosse aumentata a dismisura per questa via , poiché ad ogni centro individuale sembrò scaturire un imperativo capace di imprimere la sua nota fondamentale su tutta una vita umana . I vecchi dogmi sui quali si plasmavano in passato le vite degli uomini parvero qualche cosa di esteriore sovrapposta all ' individuo ; portata da lui come si portano gli abiti e perciò furono respinti ... Invece l ' ideale interno e personale , rappresentava la spontaneità contrapposta all ' abitudine , il cuore contrapposto all ' intelletto , l ' anima contrapposta all ' abito . La critica della ragion pratica , innalzata sulla tabula rasa della ragione teorica , fu l ' espressione generica ed intellettuale dell ' idealità romantica . Fichte le diede un corpo metafisico , e Napoleone , il solo romantico dell ' azione , la visse . I poeti riempirono del suo profumo una delle epoche più fortunate della letteratura . Però questa formula dell ' ideale personale ed intimo che sembrava l ' estremo limite dell ' attività teorica , e la vetta eccelsa da cui l ' aquila avrebbe spiccato il gran volo verso le stelle , rappresentava invece soltanto un termine intermedio , da superare . Quando l ' individuo , da esecutore passivo di una Legge eterna predeterminata , fu trasformato in creatore della propria legge e riconosciuto quale sorgente prima delle sanzioni morali , l ' indagine successiva si portò sulle radici psicologiche più profonde dell ' idealità e delle credenze , sulla genesi della scienza ( credenza collettiva ) , e sui rapporti di precedenza fra la credenza e l ' azione . Era un passo in avanti sullo stesso cammino . Kant aveva distinto e dichiarato irriducibile il formale ed il materiale , il classico ed il romantico . Ora si trattava di ricercare quale dei due doveva considerarsi come termine primo ed originario di fronte all ' altro . Naturalmente i post - romantici diedero la preferenza al materiale , al particolare , al sentimento ed all ' azione : quindi negli stessi ideali individuali , che parevano il fiore più spontaneo e più puro dell ' era romantica , si passò a distinguere l ' elemento classico da quello romantico , riducendo quest ' ultimo al solo fattore dell ' azione . Si diventò consapevoli dell ' arbitrarietà delle proprie credenze e della loro dipendenza dalla volontà ingiustificata , e dall ' azione libera da motivi . Ma allora a che cosa si riducevano gli ideali individuali ? Ad abiti , né più né meno , che i vecchi ideali rigidi dell ' epoca classica . L ' uomo volle spogliare i suoi abiti e ridursi a volontà nuda . Senonché giunto a questo punto - ed è il punto in cui noi ci troviamo attualmente - l ' uomo si è accorto d ' essersi spogliato della sua stessa umanità , e d ' essersi ridotto ad un fantasma nebbioso , ad una vuota chimera priva di realtà concreta ... La tesi hegeliana è rimasta storicamente e idealmente provata ; l ' uomo , per difetto di ideale , ha cessato di essere reale . È apparso che se gli ideali sono gli abiti , gli abiti sono l ' uomo . L ' uomo , che non cerca sé stesso , s ' è spinto oltre sé stesso , col pretesto di ritrovarsi ( altra antitesi romantica ) . Ma al di là degli abiti ci può essere Dio , se sappiamo trovarlo ; l ' uomo non v ' è di certo . IL BIVIO Riflettiamo un istante sulle vie da seguire che si presentano all ' uomo attuale . Egli si trova dunque a questo punto : che conosce il carattere relativo delle proprie credenze e la loro subordinazione alla volontà ed all ' azione . D ' altra parte per esistere ( e l ' esistenza non gli sembra facoltativa ) egli non può fare a meno di agire ; e per agire deve credere a qualche cosa ... È chiaro che due vie si aprono dinanzi a lui : quella della persistenza nell ' attuale ordine di vedute , e quella di una rinnegazione volontaria della teoria volontarista delle credenze e di un conseguente ritorno alla filosofia . Prendendo la prima via egli ha il vantaggio di condurre fino alle estreme conseguenze il più straordinario esperimento metafisico che sia stato mai tentato , toccando quando che sia il fondo stesso delle cose . Prendendo la seconda via egli può farsi guidare da due diversi motivi : o egli riconosce di avere errato in qualche . punto della sua teoria volontarista della credenza , in modo da dover procedere ad una revisione della propria analisi , oppure , senza riconoscere niente , si riabbandona volontariamente all ' impulso che lo trasporta di nuovo dalla riva della morte alla riva della vita , dalla sponda post - romantica alla sponda classica ... FASE VEDANTINA La prima strada ci conduce ad una fase metafisica che già fu vissuta dall ' India antica che trovò la sua espressione intellettuale nel sistema vedanta . Per uno strano ricorso storico , l ' attività speculativa degli Aryas ritorna al suo punto di partenza , e risuscita per vie imprevedute una delle più grandiose avventure spirituali del passato . La filosofia vedanta enuncia chiaramente che la esistenza del mondo è relativa alla nostra credenza in essa . Manas la mentalità concreta ed induttiva dove le tracce delle percezioni si raccolgono , si aggrovigliano e si trasformano in semi di credenze , Manas è il Deus - ex - machina di questa enorme fantasmagoria cosmica . Noi siamo immersi nel sogno , e rimaniamo in tale stato solo perché non sappiamo di essere sognati . Il sistema vedanta è un raggio della ragione spirituale , un punto sveglio di questo torbido caos sognante . Quando questo punto si avviva in una coscienza individuale , l ' illuminazione completa segue presto ; la fede nella realtà del mondo viene a mancare , e l ' individuo constata la propria non - esistenza come quella delle cose che lo circondano e delle loro distinzioni , e si perde quindi nel non - essere per ritrovarsi poi in modo a - cosmico quale l ' unico Brahman , che non è né uno , né molteplice , o è ambedue queste cose a un tempo ... Lasciando da parte l ' architettura del sistema - che non ci riguarda in questo momento - rileviamo subito che il tratto caratteristico di questo modo di pensiero è l ' importanza attribuita alla credenza come creatrice del mondo esterno . Ma questa credenza è per i vedantini arbitraria , ingiustificata , dovuta alla ignoranza , alla Maya . Non diciamo noi con altre parole la stessa cosa allorché , togliendo alle credenze il loro valore intimo , lamentiamo soltanto come epifenomeni della volontà e dell ' azione ? La filosofia delle scienze del Le Roy , del Mach e quella dei contingentisti , rappresentano il passo più avanzato su questa via della riduzione del mondo alle nostre credenze , e della conseguente distruzione del mondo con l ' indebolimento delle credenze stesse . La verità intellettuale viene considerata come qualche cosa che si evolve e si va costituendo . Il pensiero non si adatta alle cose , ma invece adatta le cose a sé stesso ; le leggi non sono un ' imposizione dell ' oggetto al soggetto , ma rappresentano soltanto un elemento utilitario d ' ordine che noi poniamo nelle cose per nostro vantaggio e così via di seguito . La filosofia delle scienze non rispetta nemmeno il fatto - e tenta di ridurre il particolare esterno al particolare interno , il fisico al psicologico - altro fenomeno di quell ' analisi interna del romanticismo che conduce all ' inanizione dell ' ideale . Noi siamo portati a ritenere che la chiave delle cose sia da ricercare nella nostra costituzione psicologica . D ' altra parte gli occultisti , i maghi , i new thinkers , ecc . ci consigliano di sostituire i mezzi interni ai mezzi esterni , se vogliamo esercitare un ' influenza nel mondo . Essi ci assicurano che gli aggruppamenti dei fenomeni esterni sono come sorretti da corrispondenti gruppi psicologici sui quali noi possiamo avere un ' azione diretta . È possibile in una parola mutare i fatti operando sulle loro radici . Per esempio , una malattia è il prodotto della nostra credenza di esser malati . Io non vedo perché so che il mio occhio non vede . Certi isterici non hanno certi organi e non possono servirsene sebbene materialmente li posseggano , perché credono di non averli . I due casi sembrano diversi ; ma per gli oculisti il loro carattere è identico . Ma se si cambia l ' idea sottostante al fatto , questo viene a cambiare immediatamente . Così , se io cieco , penso con grande sicurezza : " io voglio vedere , io vedo " , il mio organo visivo tornerà a funzionare sull ' istante . Generalizzando , si può ritenere su questa via , che tutto il mondo esterno riposa nella nostra credenza nella sua esistenza , e che se noi diciamo a noi stessi : " il mondo esterno non esiste " ci risveglieremo immediatamente dal lungo sogno di Maya . Ecco dunque che sorge dinanzi a noi la suprema tentazione : quella di essere i distruttori dell ' Universo . Dopo aver distrutto tutti gli elementi non resta altro da distruggere che la totalità . La fase vedantina ci attira naturalmente , ed in un certo senso esercita su di noi un fascino magnetico , al quale ci è difficile resistere ... L ' elemento dogmatico brillerebbe oggi come la stella della salute sulle esauste sorgenti della vita . E intanto , poiché esso non appare , il miraggio vedantino e orientale ci attira con la maggiore intensità , e noi ci accorgiamo di aver percorso in soli centocinquanta l ' intervallo ideale che separa Roma da Benares , Gregorio VII da San Karacharya , il Cattolicismo dal Vedantismo . Perché questa via che ci seduce noi non la percorriamo ? RITORNO SULLA FILOSOFIA Veniamo dunque all ' altra via : il ritorno sulla filosofia . Dico ritorno sulla filosofia e non alla filosofia . Non intendo con questo escludere che si possa anche ritornare alla filosofia , come fornitrice di qualche sistemazione cosmica che ci renda una fede qualunque : intendo soltanto che per il momento la questione da esaminare è se si abbia avuto ragione di escludere totalmente l ' elemento generale della nostra vita . Abbiamo noi avuto ragione sempre ed in tutti i casi nella grande crociata contro l ' intellettualismo e contro l ' ontologismo in tutte le forme in cui è stata combattuta ? Non intendo suggerire risposta alcuna : pongo soltanto il problema . Tutta la storia dell ' antitesi romantica fra le idealità e la realtà , già superata nel sistema hegeliano ( che per questo lato si trova a livello del momento attuale ) , ha troppo l ' aria di uno sviluppo necessario , rassomiglia troppo ad uno di quegli scherzi di stile che la storia ci presenta spesso quando uomini e sistemi sembrano essersi data la consegna di sviluppare fino all ' estremo limite possibile certe linee ideali . Quelli che vengono dopo s ' accorgono sempre che tutto quanto è avvenuto rappresentava soltanto la dimostrazione di un teorema enunciato precedentemente . Nel caso attuale la nostra ricerca potrebbe esprimersi con queste parole : " qual ' è il teorema che è stato dimostrato dalla storia della critica e del romanticismo ? " . DUBBIO POST - CRITICO Il teorema potrà esistere o no : ma questo è indifferente per il nostro stato d ' animo attuale . Esso è riempito oggi da quello che potremmo chiamare il dubbio post - critico - dubbio totale e universale poiché investe la stessa speculazione che lo ha prodotto crollando i saldi edifici dogmatici del passato - e forse apre l ' anima a qualche cosa che è al di là del dogma e del dubbio ... Il nostro dubbio post - critico segue la nostra sorpresa . Ci siamo tuffati nella realtà per afferrarla tutta e ci siamo trovati privi di realtà . Il risultato era imprevisto : c ' era dunque qualche elemento del quale non avevamo tenuto conto . Qual ' è questo elemento ? Ecco il prossimo lavoro che ci attende . È soltanto dopo aver compiuto questo lavoro che noi potremo decidere definitivamente fra la scelta radicale della via della non - credenza , e la scelta sincera e sicura del ritorno all ' era dogmatica . Ma forse da qualche osservatorio dell ' anima , lontano dalle due strade , si incomincia a presentire la luce di una stella non mai apparsa .
A. HARNACK E LA FILOSOFIA CATTOLICA ( AMENDOLA GIOVANNI , 1907 )
StampaPeriodica ,
Si accusano i tedeschi di essere affetti da razionalismo congenito ; ma il prof . Harnack , che pure è tedesco e teologo , sembra compenetrato dallo spirito della philosophie nouvelle o della filosofia dell ' azione . Si dimostra in tal modo buon cristiano , rammentando forse che il principio della Verità Vita è già tutt ' intero nell ' Ego sum via , veritas et vita . Nel suo recente discorso per il genetliaco dello Imperatore egli ha tentato un ' applicazione pratica di quel principio , facendo vedere che quando due forme diverse si possono vivere con uno stesso spirito , la loro differenza può ritenersi secondaria e illusoria . Si tratta del protestantesimo e del cattolicismo , considerati dal punto di vista dell ' essenza del cristianesimo . " Segue un libero cattolico nel sentire e nel vivere - si chiede Harnack - principi e misure diverse da quelle di un libero protestante ? " . Ecco il criterio delle conseguenze pratiche assunto per valutare la portata delle differenze teoriche ; si direbbe del pragmatismo . " Esistono certamente alcune differenze , ma non ne esiste nessuna tale da rendere impossibile una comunione interna " . Interna e non esterna , poiché il riavvicinamento delle due confessioni augurato dall ' Harnack non deve concepirsi " affatto come una unificazione esterna e come una fusione " . È forse necessaria l ' uniformità delle forme esteriori per coloro che sono animati da un medesimo sentimento ? Son forse le chiese soltanto scuole , la cui solidità debba misurarsi dalla rigidità dei dogmi che insegnano ? non è forse la religione radicata in un sentimento intimo che è al di là di ogni formalismo dogmatico ? E se è così , si può benissimo lasciar da parte ogni segno di unificazione esterna , la quale non darebbe alcun vantaggio e forse potrebbe contribuire invece a moltiplicare le divisioni , e tutti i cristiani di buona volontà debbono unirsi per lavorare all ' unificazione interna delle Chiese . Così il Professore di Berlino . Le idee di Harnack mi sembrano perfettamente spiegabili da un punto di vista di un protestante , il quale vede che per forza dei tempi lo spirito della Riforma lavora fin dentro le mura del Castello Cattolico , e può benissimo all ' infuori di ogni confessionalismo ristretto restare un buon riformato e diventare un uomo tollerante . I quattro secoli che ci separano dalla Riforma sembrano aver dato tanta ragione a Lutero da permettergli di prendere questa posizione di lusso : restar se stesso in modo completo e avvicinarsi al Papa portando in mano un ramoscello d ' ulivo . L ' Harnack è certo in perfetta buona fede quando augura , e fino a un certo punto constata il ravvicinamento delle due Chiese nel campo dei fatti ; ma i fatti sono suscettibili di due diverse interpretazioni . Può darsi veramente che uno stesso spirito ha vissuto sempre dietro le due forme confessionali , spingendole a riavvicinarsi attraverso i secoli , e può darsi invece che dietro una delle due forme uno spirito vada a poco a poco agonizzando mentre l ' altro , impadronendosi del suo involucro esterno , lo adopera per farlo cooperare con l ' altro ; come le due braccia di uno stesso individuo lavorano concordemente per un solo scopo . Potrebbe darsi insomma che il cattolicismo agonizzi - ignorato e solo - nell ' interno delle sue gigantesche costruzioni che restan salde , e che in queste passi ad abitate , per diritto di conquista , lo spirito di Lutero . Io non so quale è la verità : e se scrivo queste poche righe , non è già per esprimere la mia simpatia per una soluzione piuttosto che per l ' altra , ma soltanto perché vorrei che gli interessati si proponessero seriamente questo problema e ci facessero poi conoscere la loro soluzione . Se oltre a considerare il contenuto concreto dei periodi dell ' Harnack , noi portiamo la nostra attenzione anche sulla forma e sui presupposti di pensiero e di Cultura impliciti nel suo modo di esprimersi e di ragionare , noi sentiamo nel discorso recente uno spirito di movimento , di sviluppo di divenire , assai in armonia con quella forma cattolica che lo spirito protestante ha raggiunto in Hegel . C ' è là dentro la convinzione che nel movimento è il bene , che il segreto della vita è nello sviluppo e nel cambiamento , e che occorre ritirarsi dalle forme , in se stesse , immobili , appunto per ritrovar nello spirito la perfetta fluidità del movimento e l ' assoluta libertà della vita . La storia , intuita come visione del divenire , è lo strumento più grande del progresso religioso . " Una conoscenza approfondita della storia è divenuta a poco a poco la leva più possente per liberare le confessioni dalle angustie e dalle catene , delle quali si erano gravate da se stesse ... Poiché nella conoscenza della storia si racchiude sempre , in ultima analisi , un potente elemento che sospinge in avanti . Non rimane essa la fedele ancella che cura sempre le vecchie faccende di casa , ma invece diviene una dominatrice che dà alle cose un nuovo ordinamento " . Si direbbe che il protestante del secolo XX diventando più protestante dei suoi avi del secolo XVI , rinunzi all ' illogicità di certe forme confessionali troppo dure , e così , cessando di protestare , tenda la mano al vecchio avversario , nel punto stesso in cui perfeziona e consolida la sua vecchia natura . Qual ' è invece la posizione del cattolicismo in questo riavvicinamento ? È assai più difficile il dirlo . I cattolici si riportano al cardinal Newman ed al suo concetto dell ' evoluzione esterna del dogma . Però questo principio resta un principio troppo generico , e per renderlo chiaro bisognerebbe determinare chiaramente che cosa s ' intende per natura esterna e storica del dogma , e fino a che punto si può andare " cattolicamente " per questa via . Si richiede cioè una filosofia del dogma , vale a dire una filosofia cattolica che ci dica positivamente che cosa debba considerarsi essenza eterna del dogma , e si richiede inoltre una critica storica che per ogni dogma speciale separi la parte essenziale dalla parte transitoria . Ora , se questa critica è incompleta ed incerta , quella filosofia manca poi in modo assoluto . I cattolici , e soprattutto i nostri , sembrano non accorgersi che per restar tali , più che mantenere certe forme esterne , debbono definire chiaramente uno spirito che sia peculiare del cattolicismo , uno spirito che si possa ricondurre , con perfetta continuità , senza alcuna interruzione , dovuta a penetrazioni esterne , fino al nucleo centrale del cristianesimo . Ora questo spirito non può essere riconosciuto se non da una filosofia religiosa . Ed una filosofia di questo genere dovrà affrontare le più grandi opposizioni a risolverlo , poiché avrà dinanzi a sé , in forma storica , oltre che in forma metafisica , tutti i dualismi che il pensiero umano ha trovato sul suo cammino e che ha cercato e cerca sempre più di mettere da parte . Un filosofo cattolico potrebbe bene , d ' accordo col protestante Harnack voler spingersi sino all ' essenza del cristianesimo ; però dovrebbe pretendere che in quell ' essenza , gli spiriti delle due confessioni si mantenessero entrambi per perdersi soltanto in qualche cosa di superiore . Solo in questo caso si potrebbe dire che dietro le due confessioni c ' era la stessa vita , e si potrebbe metter da parte il dubbio che dietro la forma dell ' una sia comparsa , ad un certo punto del progresso storico , la vita dell ' altra . Si tratta insomma di sapere in modo preciso quale sia l ' essenza del cattolicismo , e se , restando nell ' essenza del cattolicismo , si possa giungere fino all ' essenza del cristianesimo . Questo è il problema , ed è , lo ripeto , il problema di indole filosofica e non storica . I cattolici fanno oggi della buona esegesi , forse anche , in certi casi , migliore di quella protestante ; ma quando si mettono a pensare prendono istintivamente la via di S . Tommaso . E mentre hanno bisogno di filosofia - cura essenziale - si danno all ' esegesi , ch ' è cosa buona ed utile , ma che di fronte alla malattia è soltanto un palliativo . Idealmente , e storicamente , il cattolicismo si trova giunto a tal punto nel quale non può evitare di riflettere sé stesso , per rialzarsi più forte da questa meditazione , o per assopirsi in un sonno eterno . I papi temono questo secondo risultato e perciò prudentemente consigliano il medio evo e la scolastica : preferiscono cioè la morte lenta e per inedia , al dubbio della morte sicura . Il fantasma della morte atterrisce i detentori delle chiavi della morte . Ma quei cattolici che si dicono giovani , ed uomini moderni , e che restano nella loro chiesa solo perché credono che a questa resti ancora il segreto della vita vera , come mai non sentono la necessità di affrontar il problema centrale del loro pensiero religioso essi , che hanno la fiducia di poterlo risolvere vittoriosamente ? Domanda questa alla quale molte persone in Italia dovrebbero preoccuparsi di rispondere : e più degli altri , mi sembra , gli scrittori del Rinnovamento .
LA POLITICA DI LEONE XIII ( AMENDOLA GIOVANNI , 1915 )
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Il volume dei documenti Galimberti , recentemente pubblicati da Crispolto Crispolti e da Guido Aureli insieme ad una estesa introduzione storica destinata ad illuminarne il valore ed il significato , permette alla nostra curiosità di penetrare un po ' più addentro nella scena politica italiana degli anni che cominciano intorno all ' 80 e terminano intorno al '90 . Dicendo " scena politica italiana " si ha forse l ' aria di rimpiccolire a torto il teatro della politica vaticana : ma guardando le cose un po ' da vicino si vede che non impiccioliamo niente , poiché mentre da un lato i protagonisti della politica vaticana erano quasi tutti italiani negli anni a cui si riferiscono questi documenti , dall ' altro vedremo facilmente che la spina dorsale della politica di Leone XIII e di Rampolla contro la quale si erige la polemica di questa pubblicazione vindice della fama di Luigi Galimberti , si innesta su di un errore della politica italiana dopo il '70 ( quello stesso che abbiamo cercato di mettere in luce due settimane fa a proposito dell ' Archivio Crispi ) che perciò la gonfia bolla dell ' imperialismo pontificale si risolveva tutta in una fase negativa della nuova politica italiana . - Diamo dunque un ' occhiata assai rapida ai due campi , di qua e di là del Tevere : vediamo un po ' che cosa valessero , in Curia Romana o in Consiglio dei Ministri , i soliti nipoti di Machiavelli . Un giudizio demolitore del pontificato di Leone XIII è da parecchi anni superfluo . Lo hanno già dato , in Conclave , i cardinali chiamati ad eleggerne il successore : e quel giudizio è stato irrimediabilmente confermato dall ' opinione cattolica degli anni successivi alla elezione di Pio X . Appena morto il Pontefice tutto l ' edificio fastoso e barocco della fama decorativa di Leone XIII è sparito come per incanto . Pareva una solida costruzione da sfidare i secoli , tanto che gli esaltatori evocavano in suo onore le immagini più gloriose del Pontificato romano - Innocenzo III , ad esempio - ed invece si rivelò subito per un castelletto di carte , o per una nube effimera colorita come una chimera . L difficile evocare il ricordo di un ' altra fama declinata con altrettanta rapidità dopo la morte dell ' uomo che ne godé da vivo : forse per avvicinarsi al caso attuale , bisogna pensare ad uno scrittore che sparì dalla scena del mondo alt ' incirca negli stessi anni : Emile Zola . Come si spiega questo giudizio sommario che ha cancellato , in mezzo a tanto unanime consenso , le glorificazioni , durate venticinque anni , di un papato che parve glorioso ed ora sembra a tutti vano e decorativo ? È possibile spiegarlo pensando al pontificato di Leone XIII come ad una tesi di cui , ad onta di numerosi e caparbi tentativi , non si è saputa dare la dimostrazione . La tesi di Leone XIII era un ' eco delle tradizioni politiche dello Stato romano , boriosamente gonfiate con gli ideali universalistici della Chiesa medioevale : la mancata dimostrazione storica di questa tesi , cioè la sua mancata attuazione nel campo dei fatti , aprì gli occhi alla massa dei cattolici sulle condizioni della Chiesa , non dico dopo il '70 ma nel mondo moderno ; poté insomma operare in molti quell ' operazione di carattere a cui la tipica mentalità cattolica ostinatamente rifiuta . Poiché nella Curia di Roma vive ancora - e finché si vive si spera - una visione della storia moderna in cui sarebbe difficile a dire se sia più grande l ' incomprensione o l ' orgoglio ; una visione per la quale si concepisce tutto il moto moderno che parte dalla Riforma e passa per la Rivoluzione francese e per la rivendicazione delle nazionalità , come una deviazione dalla linea maestra del genere umano , alla quale si dovrà ( dopo una più o meno lunga cecità ) ritornare : ed alla Chiesa cattolica si dà la missione di aspettare in silenzio , conservando il patrimonio sacro dell ' ortodossia , riaffermando di continuo le proprie posizioni fondamentali senza mai rinunziare a nulla , in attesa del giorno in cui la restaurazione sarà piena e completa , così nell ' ordine dello spirito come in quello del mondo . Quella certa aria di grandiosità che circondò il pontificato di Leone XIII , e che trasse in inganno i suoi contemporanei , bisogna ricondurla a questa tradizione oramai secolare , alimentata dal tenace ed abile sforzo della Compagnia di Gesù , ed in cui non bisogna certo vedere nulla che rassomigli ad un ' azione personale . Sul fondamento di , questa tradizione , si svolse la politica del pontefice . La quale , se si guarda alla facciata , sembra vasta , multiforme e sollecita di ogni bisogno della chiesa : si svolge essa per lunga distesa delle questioni dello spirito fino a quelle della società ed alla diplomazia . Infatti il pontificato leonino sembra avere il suo fondamento nella restaurazione della filosofia tomistica quasiché il papa volesse incominciare dallo spirito e dalla cultura la sua opera di riedificazione . Viene poi la preoccupazione della pace religiosa ; unione delle Chiese orientali , liquidazione del Culturkampf . Indi la pace sociale interesse per le classi proletarie , fondazione della democrazia cristiana . Su questa triplice base spirituale sembra riposare la politica propriamente detta di Leone XIII : quale base sembrerebbe a prima vista più solida di questa per quell ' attività che la Chiesa , vivendo fra gli uomini , è costretta ad esercitare fra gli uomini ? E nessuno certamente vorrà negare a quel papa una certa larghezza d ' ingegno e di visione arricchita dalla cultura umanistica che gli fu propria ma nessuno altresì potrà riconoscergli la solidità dell ' intelletto politico e la profonda serietà degli scopi : quella serietà per la quale l ' individuo scompare , totalmente assimilato ed assorbito , nell ' opera della sua vita . Invece l ' immagine di Leone XIII , con la sua magnificenza di pose e di parole , non soltanto non è scomparsa nell ' opera del suo pontificato , ma è invece una delle pochissime cose che il suo pontificato abbia lasciato dietro di sé nel mondo . Il papa di Carpineto amava , come ogni buon italiano , la letteratura e i versi , e riuscì a fare della propria vita un discreto componimento letterario - latinamente rotondo - ma la vita , nella sua difficile ed ardua complessità , gli sfuggì quasi totalmente tanto che egli , nel . corso di pochi anni , finì per mummificarsi in un sogno impossibile il quale , se mettiamo da parte il valor letterario , si riduce a una bizza senile senza profondità e senza coscienza . Alla luce di questa bizza senile nella quale si rivelò presto il motivo fondamentale di tutta la sua attività , noi possiamo apprezzare il giusto valore delle sue iniziative filosofiche , spirituali e sociali . E questo valore è piccolo , perché quasi mai egli partecipa intimamente alle iniziative ch ' egli stesso prende : in esse ha l ' aria di veder soltanto strumenti di grandezza , élisir per il ritorno della vita gagliarda nel vecchio corpo della Chiesa , grande ma stanco . Così il neo - tomismo è ai suoi occhi un fondamento granitico su cui combattere il pensiero moderno insidiante , l ' unione delle Chiese è la costituzione di un maggior impero per la sua potestà spirituale e la stessa democrazia cristiana ( forse il più geniale dei suoi disegni ) vale più come un ' arma di battaglia che come una rivelazione morale e sentimentale dell ' uomo . Tutte queste grandi mosse , che potevano far pensare alla fondazione di un pontificato nuovo stile - il pontificato spirituale - misero capo invece in brevissimo tempo ad un sogno ben piccino : il sogno della restaurazione temporale . L ' universalità del cattolicismo medioevale si risolveva rapidamente in un legittimismo , nemmeno nazionale . Orbene : il pontificato di Leone XIII sembra muoversi fra il contrasto di due tendenze , di due volontà , di due uomini , - Galimberti e Rampolla . Tale almeno è il presupposto del volume di cui ci stiamo occupando , gli autori del quale sembrano credere che , se la politica del Galimberti avesse potuto prevalere , il valore del pontificato sarebbe stato diverso . La lettura dei documenti contenuti nel volume a dir vero non autorizza né smentisce questa opinione ; poiché essi ci rappresentano un Galimberti che adottava , per l ' esecuzione della politica papale , strumenti diversi , talora opposti , a quelli scelti dal Rampolla : ma lasciano poi impregiudicata la questione di sapere se il Galimberti , pur scegliendo strumenti diversi , avrebbe poi saputo o potuto trasformare la politica papale in qualche cosa di diverso da quel meschino tentativo di restaurazione temporale ch ' essa era in sostanza . Ad ogni modo gli episodi del contrasto fra i due politici di Curia ci offrono il modo di vedere su quale base effimera poggiasse la politica del Vaticano . L ' animo di Leone , essendosi determinato nel fine da raggiungere , doveva ancora fissarsi sui mezzi più opportuni per ottenerlo più speditamente . Nell ' attesa di potersi decidere , egli incominciò col voler rialzare il prestigio della Chiesa . La questione del Culturkampf era ancora aperta : egli si propose di chiuderla , instaurando la pace religiosa in Germania ; si proponeva insieme , e attraverso i necessari contatti col Cancelliere tedesco , di saggiare le sue disposizioni di spirito riguardo alla questione romana . Era opportuno l ' intervento diretto della Curia nella battaglia che Windthorst andava conducendo da tanti anni con indomita energia ? È difficile esprimere su questo punto un ' opinione recisa ; ma i dubbi che possono sorgere intorno a ciò sono piuttosto rinforzati che dissipati dagli AA . , che pure hanno tanto a cuore la fama del Galimberti : il quale fu lo strumento efficace degli accordi che si stabilirono fra il Papa e Bismarck . Questi , infatti , al tempo dell ' elezione di Leone XIII , era piuttosto stanco ed annoiato della lotta da lui suscitata , e cercava più che altro il modo di ritirarsene senza che fosse avvertita questa sua ritirata . Windthorst , che teneva il campo senza paura , lo avrebbe probabilmente costretto a svelare le proprie intenzioni . Ma venne l ' intervento del Papa ; ed ecco aprirsi un nuovo gioco diplomatico che doveva fornire a Bismarck il terreno propizio per mascherare il proprio insuccesso , e per sfruttare le velleità papali a profitto di altre necessità della politica tedesca . Il Papa , in sostanza , veniva col suo intervento a pregiudicare le condizioni della Chiesa in Germania , a beneficio di una ipotetica risoluzione della questione romana ; e Galimberti , in questo episodio , ci appare dalla sua . Ora , proprio in questa liquidazione del Culturkampf , iniziata per volontà del papa ed effettuata dal Galimberti con l ' aiuto dello Schlozer e del Kopp , si gettavano le basi del colossale insuccesso della politica vaticana in quel periodo . Per persuadersi di ciò bisogna seguire in tutte le sue fasi la prima missione del Galimberti a Berlino . Le istruzioni pontificie ch ' egli aveva ricevuto gli facevano obbligo " di scandagliare destramente l ' animo del Cancelliere : " su la opportunità e i vantaggi di una rappresentanza pontificia in Berlino ; " su l ' opinione che il Principe nutriva verso l ' Italia , e se disposto , e quando e come , a ristabilire il Pontefice nei suoi temporali diritti ; " su la parte che all ' azione del Papa avrebbe potuto esser riservata nelle vertenze europee ; " su la possibilità che un ' azione di tal natura fosse invocata in ordine all ' Alsazia - Lorena " . ( p . 113 ) . Di qui si vede che , chi si recava a negoziare a Berlino la pace religiosa teneva in pectore la questione romana ; e si trovava quindi in condizione psicologica tale da poter essere indotto a stabilire una compensazione fra gli svantaggi che potevano incontrare in un campo e gli ipotetici vantaggi che si potevano sperare nell ' altro . Così Windthorst fu piegato ; il calore spirituale che animava l ' opposizione tedesca allo stato prussiano e protestante fu intiepidito dalla diplomazia romana , che aveva sulle rive della Sprea uno dei suoi migliori rappresentanti nel Galimberti . E che cosa portò questi a Roma , in cambio , dal Cancelliere tedesco ? Il Galimberti stesso s ' incarica di dircelo . " Il principe portò il suo discorso sul dono da farsi al Papa per il Giubileo sacerdotale : se convenisse donare un busto dell ' Imperatore , un triregno o una mitria . E dal discorso del Giubileo , passando a più notevole materia venimmo a parlare della triplice alleanza . Il cancelliere illustrò il suo oggetto : essere la " difesa contro attacchi esterni " e lasciar quindi libera internamente la questione romana . Disse che soltanto il pensiero al Papa lo aveva tenuto in sospeso se stipularla o no . Se l ' Italia desse Roma al Papa , niuno sarebbe stato più felice del Cancelliere : perché , cessato il dissidio tra il Papato e l ' Italia , questa sarebbe stata più forte . Se poi egli vedesse il prevalere delle " idee repubblicane " e l ' Italia piegare verso la Repubblica e perciò verso la Francia egli non esiterebbe a favorire il ritorno del dominio temporale del Papa ; non solo , ma anche degli antichi sovrani spodestati . " Alle mie osservazioni sulla situazione anormale del Papato , alle dimostrazioni che cagionerebbero al Papato le scissure , ai principi opposti dello Stato e Chiesa e quindi alle inevitabili collisioni che avrebbero potuto inevitabilmente verificarsi , il Principe di Bismarck rispose : " comprendo che senza territorio non v ' ha indipendenza , non v ' ha sovranità reale . Ma chaque jour a son travail " ( pag . 134 ) . Era molto ? era poco ? Doveva passare qualche anno prima che i politici di Curia riuscissero a rispondere a queste domande . Ma quando poterono rispondere dovettero riconoscere che Bismarck nell ' 88 ebbe un accenno a riprendere il giuoco dell ' 82 , quando , esaurite le buone ragioni che dovevano indurre l ' Italia ad aderire alla Triplice , e vedendo che quasi non bastava la stessa occupazione di Tunisi a dissipare la francofilia congenita della monarchia italiana , pensò di ricorrere alle minaccie , e sollevò lo spauracchio della questione romana . L ' Italia che non aveva compreso le ragioni serie , capì il pericolo e andò a Vienna . Orbene ; negli anni che seguirono l ' adesione dell ' Italia alla Triplice il problema dell ' equilibrio europeo occupò sempre più la mente oli Bismarck , come si vede chiaramente dai suoi Ricordi : si trattava perciò oli dare alla sua creazione solidità e vitalità . Nell ' 87 , prima della politica di Crispi e dopo la chicane di Robilant , l ' Italia era ancora nella Triplice un elemento incerto : bisognava consolidarlo . La chiusura del Culfurkampf , offrì a Bismarck l ' occasione di lusingare al tempo stesso le velleità papali , ottenendone in cambio patti migliori , e di ridar vita al fantasma della questione romana : ottimo motivo di riflessione per gli uomini politici del Quirinale . Poco dopo infatti Crispi si precipitava a Friedrichsruh : seguiva a breve scadenza la rottura dei trattati di commercio con la Francia , e l ' Italia era condotta a prendere il suo posto attivo nell ' alleanza . In Vaticano , non troppo più tardi doveva avvenire il contrario . Disilluso amaramente il vecchio Papa con la visita di Guglielmo II , che si risolse in un oltraggio alla sua dignità - un oltraggio che gli A A . del volume non esitano a paragonare allo schiaffo di Nogaret a Bonifazio VIII - la politica vaticana si gettò in braccio alla Francia , dalla quale soltanto si aspettò oramai la realizzazione dei suoi sogni temporalistici . Cominciò allora il periodo della grande tensione fra l ' Italia e il Vaticano . In questo modo Bismarck era giunto a creare una vera e propria " questione romana " nel seno dello stato italiano : una questione che , per il propendere del Vaticano verso la Francia , faceva necessariamente dell ' Italia una alleata sicura e fedele della politica tedesca . Bisogna riconoscere che , nell ' un campo come nell ' altro , i " nipoti di Machiavelli " non ci fanno una troppo bella figura . Ma chi fa la figura peggiore è certamente il Vaticano , il cui gioco politico è evidentemente inconsapevole delle condizioni che lo rendono possibile : nasce cioè da un ' errore dell ' Italia ed ha invece l ' aria di riposare su solide basi autonome e di muovere alla conquista del mondo . Basta ricondursi una diecina d ' anni indietro dal tempo di questi avvenimenti per vedere che , se la politica italiana si fosse svolta logicamente a suo tempo secondo la linea dei veri interessi nazionali , tutto questo divertimento politico di Leone XIII sarebbe divenuto impossibile . Bisogna cioè retrocedere fino alla vigilia del Congresso di Berlino , quando la Germania ci offriva l ' Albania in cambio della Bosnia , e l ' alleanza difensiva contro la Francia che avrebbe reso impossibile Tunisi : ed allora si intende come un ' adesione tempestiva all ' amicizia tedesca avrebbe non soltanto allontanato da noi quei danni e quelle minacce la cui eliminazione diventò poi la mèta faticosa della politica italiana , ma ci avrebbe persuaso per tempo che lo Stato italiano non aveva oramai più nulla a temere dal Vaticano , la cui ostilità efficace si era esaurita nel lungo sforzo secolare contro l ' unità italiana : che anzi lo Stato italiano era chiamato a succedere ad altri stati nell ' esercizio di un ' influenza preponderante sulla politica della Santa Sede . La questione romana non avrebbe potuto essere galvanizzata nemmeno per burla se ciò non fosse stato consono in qualche modo ai disegni di Bismarck : e spettava all ' Italia di fare in modo che tale consonanza non ci fosse ; tanto più che poteva farlo riconoscendo e servendo i suoi reali interessi politici . Gli uomini di Stato italiani , invece , alla visione di quegli interessi furono ciechi : e ci volle la paura per aprir loro gli occhi , e per spingere la Dinastia trepidante sulla via di Vienna . Credevano un po ' tutti - come chi poco ragiona e poco intende - alle fantasime dell ' immaginazione impressionata ; credevano così , più che alla voce dell ' interesse nazionale , allo spettro della questione romana : e ci volevano il conclave di Pio X e il cervello prosaico di Giolitti per lasciar dissipare certe paure , e per mostrare la funzione che poteva avere l ' Italia nella vita stessa del Vaticano ! CRISPOLTO CRISPOLTI e GUIDO AURELI .. - La politica di Leone XIII da Luigi Galimberti a Mariano Rampolla , su documenti inediti . Roma , Bontempelli e Invernizzi . 1912 . Un vol . di pag . 586 , L . 15 . - - Alcuni dei documenti pubblicati nel volume hanno una reale importanza . Si legge con molto profitto l ' introduzione storica , scritta da chi possiede una vera conoscenza dell ' ambiente vaticano , ed un buon colpo d ' occhio sulla politica europea degli ultimi cinquant ' anni .