StampaQuotidiana ,
Questi
due
scrittori
,
per
quanto
diversi
di
temperamento
,
se
non
di
cultura
,
e
diversi
,
sopratutto
,
per
gli
obiettivi
che
si
propongono
,
li
associamo
in
questo
breve
discorso
perché
le
loro
voci
suonano
,
sia
pure
da
opposti
orizzonti
,
caratteristiche
del
nostro
tempo
.
V
'
è
lo
stesso
acuto
scontento
dell
'
ieri
e
dell
'
oggi
,
che
preme
e
incalza
una
stessa
ansia
del
domani
.
Nessuna
verità
dolorosa
della
nostra
storia
essi
si
rifiutano
di
vedere
e
scoprire
:
ad
una
ad
una
le
rintracciano
tutte
,
nella
serie
delle
nostre
fortune
e
delle
nostre
sventure
,
con
un
certo
acre
desiderio
di
bene
e
di
fede
,
che
li
ha
sospinti
e
consigliati
all
'
opera
e
che
li
volge
all
'
avvenire
,
il
cuore
carico
di
passione
e
di
speranza
.
Guardiamoli
un
pò
da
vicino
,
questi
figli
del
tempo
,
nati
e
cresciuti
alla
conoscenza
e
all
'
esperienza
della
storia
quando
la
scettica
e
pigra
generazione
del
'14
ritrovava
i
valori
essenziali
della
vita
nell
'
estremo
sacrificio
della
guerra
:
guardiamoli
in
faccia
e
vi
troveremo
di
che
confortare
la
nostra
amarezza
e
la
nostra
fede
.
In
un
breve
opuscolo
di
un
centinaio
di
pagine
,
(
Rivoluzione
protestante
Piero
Gobetti
editore
,
Torino
1925
)
,
Giuseppe
Gangale
vede
la
crisi
italiana
essenzialmente
come
problema
religioso
da
risolvere
contro
la
Chiesa
e
contro
il
Cattolicesimo
.
«
Il
Cattolicesimo
egli
scrive
alla
prima
pagina
è
il
male
d
'
Italia
.
Cattolicesimo
prima
di
essere
istituto
è
mentalità
.
Il
riformismo
,
l
'
accomodantismo
,
il
gradualismo
o
peggio
,
il
quietismo
morale
religioso
politico
sono
caratteristiche
di
questa
»
.
In
un
'
altra
pagina
aggiunge
e
chiarisce
:
«
Noi
non
abbiamo
Patria
perché
non
abbiamo
Riforma
religiosa
,
che
sola
unifica
,
cementa
le
regioni
e
gli
spiriti
,
sola
dà
il
senso
messianico
del
compito
da
adempiere
»
.
Ancora
in
altro
luogo
dell
'
opuscolo
,
scrive
:
«
La
Chiesa
dice
di
essere
al
di
sopra
della
Storia
,
noi
diciamo
che
è
al
di
fuori
;
l
'
una
e
l
'
altra
formula
possono
accordarsi
in
quanto
la
Chiesa
è
al
di
fuori
appunto
perché
volle
mettersi
al
di
sopra
della
Storia
trattando
questa
come
materia
da
sottomettere
ed
assorbire
.
Il
protestantesimo
,
invece
,
che
ha
scoperto
essere
la
Chiesa
ideale
fatta
solo
come
mito
,
e
in
perpetuo
farsi
nell
'
attività
operosa
della
storia
,
sente
di
aderire
perfettamente
alla
storia
,
anzi
di
essere
esso
stesso
la
storia
»
.
E
conclude
,
raccogliendo
i
risultati
della
sua
critica
:
«
È
inutile
farsi
illusioni
.
Il
Cattolicesimo
è
espressione
di
un
'
altra
civiltà
,
cioè
di
un
'
altra
cultura
,
di
un
'
altra
politica
,
di
un
'
altra
economia
.
Dal
Rinascimento
in
qua
,
esso
,
come
il
paganesimo
sopravvisse
parecchi
secoli
al
suo
ciclo
,
dura
ma
è
compiuto
»
.
La
posizione
del
Gangale
,
come
si
vede
dai
brani
citati
che
sono
riassuntivi
della
sua
critica
al
Cattolicesimo
,
per
così
dire
,
in
funzione
italiana
,
è
intransigente
,
rivoluzionaria
.
L
'
Italia
non
potrà
conquistarsi
una
modernità
politica
,
economica
,
morale
,
non
potrà
esprimere
e
sviluppare
una
sua
originalità
nazionale
,
non
potrà
infine
creare
uno
Stato
che
di
questa
originalità
sia
assieme
l
'
interprete
e
il
fattore
operoso
,
se
non
mettendosi
a
pari
con
le
grandi
democrazie
inglese
,
americana
e
tedesca
,
che
alla
modernità
economica
e
politica
,
all
'
originalità
nazionale
,
allo
Stato
,
arrivano
attraverso
e
dopo
la
rivoluzione
religiosa
.
Come
accade
a
tutte
le
posizioni
intransigenti
,
anche
questa
del
Gangale
appare
e
finisce
per
essere
dommatica
.
Tanto
che
il
suo
acume
critico
,
ricco
di
buona
e
sostanziosa
cultura
storica
e
filosofica
,
è
portato
-
diremmo
costretto
per
la
foga
della
tesi
e
per
la
volontà
di
provarla
ad
ogni
costo
,
a
trascurare
certe
piccole
verità
che
sono
orientatrici
della
storia
italiana
.
E
si
potrebbe
cominciare
col
domandargli
:
è
proprio
vero
che
tutti
gli
stati
moderni
sono
nati
da
e
per
la
Riforma
religiosa
?
E
se
ciò
fosse
vero
,
secondo
la
tesi
,
cara
soprattutto
al
pubblicismo
tedesco
e
di
qui
importata
tra
di
noi
,
come
e
perché
è
accaduto
che
l
'
Italia
,
che
pure
ha
conquistato
la
sua
unità
e
il
suo
Stato
e
con
quella
e
con
questo
ha
retto
alla
prova
della
guerra
,
è
rimasta
ed
è
nella
sua
grande
maggioranza
assente
al
problema
religioso
com
'
è
visto
e
pensato
dall
'
Autore
?
Ed
ancora
:
crede
proprio
il
Gangale
che
il
Cattolicesimo
o
meglio
la
Chiesa
,
abbia
ancor
oggi
nella
storia
in
genere
e
in
quella
italiana
in
ispecie
,
una
funzione
ed
un
'
efficienza
attuali
?
o
non
piuttosto
che
essa
sopravviva
,
come
ottimamente
il
Gangale
afferma
,
«
espressione
di
un
'
altra
civiltà
,
d
'
un
'
altra
cultura
,
di
un
'
altra
politica
,
di
un
'
altra
economia
»
,
momento
formale
ed
estrinseco
d
'
una
forza
e
d
'
una
tradizione
,
del
tutto
esaurite
?
Se
il
Gangale
è
portato
fatalmente
a
una
concezione
esclusiva
e
dommatica
del
problema
religioso
,
fuori
del
quale
egli
non
vede
salvezza
e
dal
quale
fa
dipendere
tutti
gli
altri
problemi
della
nostra
storia
,
Mario
Vinciguerra
conclude
il
suo
Un
quarto
di
secolo
(
Piero
Gobetti
editore
,
Torino
,
1925
)
con
animo
più
sereno
e
più
promettente
.
In
un
centinaio
di
pagine
agili
e
vivaci
,
il
Vinciguerra
tratteggia
,
nei
suoi
esponenti
più
significativi
,
la
crisi
della
cultura
e
del
pensiero
che
ha
caratterizzato
e
caratterizza
il
«
quarto
di
secolo
»
.
Dal
dannunzianesimo
al
neo
-
cristianesimo
,
dall
'
intuizionismo
,
all
'
idealismo
crociano
,
la
cui
intima
unità
e
continuità
di
pensiero
,
come
ben
dice
il
Vinciguerra
,
è
malauguratamente
sfuggita
agli
italiani
,
al
panlogismo
gentiliano
,
giù
sino
alle
esaltazioni
dell
'
attivismo
individualista
e
relativista
,
ansia
febbrile
e
irrimediabile
del
«
sempre
migliore
e
sempre
maggiore
»
,
il
Vinciguerra
rintraccia
i
momenti
tipici
ed
essenziali
attraverso
cui
è
pressata
la
cultura
di
quest
'
ultimo
venticinquennio
.
Con
quali
risultati
?
«
Oggi
siamo
a
questo
:
risponde
il
Vinciguerra
che
abbiamo
perduto
il
senso
dell
'
uomo
completo
,
cioè
animale
ragionevole
.
L
'
uomo
d
'
oggi
è
eminentemente
animale
.
Perché
l
'
equilibrio
si
ristabilisca
,
bisogna
che
l
'
equivoco
sia
dissipato
e
che
la
cultura
ristabilisca
effettivamente
una
linea
di
continuità
con
tutto
il
pensiero
del
secolo
XIX
,
riconoscendo
quali
furono
i
fondamenti
di
quello
:
l
'
imperativo
categorico
kantiano
e
l
'
ispirazione
sociale
di
Faust
.
Quando
avranno
bevuto
nuovamente
alle
fonti
della
propria
tradizione
ed
avranno
ripreso
la
propria
sanità
,
allora
è
probabile
che
gli
uomini
di
oggi
costruiranno
qualche
cosa
per
l
'
avvenire
»
.
Sì
:
un
ordine
,
oggi
,
non
può
esprimersi
che
da
una
concezione
fortemente
morale
ed
unitaria
della
vita
.
La
caccia
al
frammentario
,
al
superfluo
,
allo
strano
,
al
mostruosamente
grande
e
bello
e
tutti
i
feticismi
dell
'
atto
puro
e
della
relatività
hanno
rotto
e
corrotto
quel
poco
di
organico
e
serio
che
la
cultura
nell
'
ultimo
'800
e
agli
inizi
del
'900
aveva
creato
e
prodotto
nello
spirito
italiano
.
Un
ordine
morale
,
come
coscienza
individuale
e
sociale
:
ecco
il
bisogno
del
tempo
al
quale
tendono
,
sia
pure
per
vie
e
mete
diverse
,
il
Gangale
e
il
Vinciguerra
.
Forse
né
il
ritorno
a
Kant
né
la
riforma
protestante
ci
daranno
quell
'
ordine
.
Ma
certi
problemi
basta
affermarli
e
sentirli
come
esigenza
dello
spirito
.
La
storia
,
creazione
nostra
e
di
tutti
,
penserà
al
resto
.
StampaQuotidiana ,
È
un
libro
,
questo
pubblicato
recentemente
da
Novello
Papafava
(
NOVELLO
PAPAFAVA
Fissazioni
liberali
.
Piero
Gobetti
editore
,
Torino
)
,
che
merita
d
'
essere
letto
e
divulgato
largamente
,
perché
chiarisce
molte
e
molte
genericità
e
moltissimi
errori
d
'
uso
e
abuso
correnti
,
attorno
al
liberalismo
e
alla
dottrina
liberale
.
Fissazioni
utili
,
che
,
mentre
tuttora
grandina
e
dilaga
l
'
enfasi
della
polemica
antiliberale
,
possono
contribuire
a
confortare
e
ordinare
le
idee
e
a
saggiarne
,
sulle
recenti
esperienze
,
i
principi
.
Strana
sorte
,
quella
del
liberalismo
,
nell
'
ultimo
decennio
.
Come
se
non
fossero
bastate
le
deformazioni
socialiste
e
nazionaliste
,
coincidenti
non
senza
ragione
,
per
la
comune
concezione
materialistica
e
meccanica
della
storia
,
propria
ai
due
partiti
,
e
riprese
,
con
la
ormai
nota
grossolanità
e
impreparazione
,
dal
pubblicismo
fascista
,
anche
reputati
scrittori
liberali
vollero
aggiungere
confusione
e
difficoltà
alla
concezione
tradizionale
puramente
e
semplicemente
politica
,
del
liberalismo
.
I
travestimenti
ormai
non
si
contano
:
l
'
uzzolo
della
originalità
ad
ogni
costo
impiegò
il
trampolino
filosofico
e
,
specie
quello
dell
'
idealismo
hegeliano
e
del
nostrano
idealismo
attuale
,
per
ogni
specie
d
'
avventura
;
e
il
liberalismo
,
poverino
,
comparve
a
volta
a
volta
negli
aspetti
più
assurdi
:
chi
lo
fece
inerte
,
e
lo
condannò
ad
assistere
,
senza
volontà
propria
,
allo
spettacolo
sempre
nuovo
della
storia
e
l
'
identificò
con
questa
,
chi
lo
vestì
di
vecchie
armature
e
lo
costrinse
dispotico
e
tiranno
,
e
chi
lo
fece
mezzano
d
'
ogni
compromesso
e
lo
mise
a
braccetto
finanche
con
i
comunisti
.
In
tanto
rintronare
di
voci
e
variar
di
colori
,
tutti
finsero
di
capire
e
tutti
si
dissero
liberali
:
ma
nessuno
osò
contraddire
.
Fu
proprio
necessario
il
fascismo
perché
lo
stordimento
passasse
e
tornassero
ad
aver
posto
e
valore
,
nel
campo
quotidiano
della
politica
e
in
quello
degli
studi
,
idee
e
tradizioni
,
principi
ed
esperienze
,
che
,
secondo
la
nomenclatura
di
moda
,
erano
stati
o
negati
o
superati
.
Fissazioni
liberali
riportano
ordine
e
perspicuità
di
indagine
in
un
campo
devastato
in
ogni
senso
dalla
retorica
e
dalla
presunzione
.
Nel
saggio
«
Liberalismo
e
Fascismo
»
che
è
il
più
organico
del
volumetto
e
in
cui
le
qualità
del
Papafava
si
svolgono
appieno
,
nell
'
acutezza
dell
'
argomentare
e
nella
sobrietà
e
chiarezza
dello
stile
,
egli
si
propone
di
definire
i
principi
fondamentali
della
dottrina
liberale
.
Il
termine
«
liberalismo
»
viene
usato
egualmente
per
tre
categorie
diverse
:
e
cioè
come
credo
etico
,
come
teoria
economica
e
come
metodo
politico
.
Esaminato
il
liberalismo
nelle
due
asserzioni
,
economica
e
filosofica
,
il
Papafava
ne
definisce
e
limita
la
funzione
politica
.
«
Il
liberalismo
scrive
il
Papafava
come
teoria
sociale
è
indipendente
da
qualunque
scuola
filosofica
.
Può
conciliarsi
con
l
'
idealismo
e
col
realismo
.
Tanto
se
si
concepisce
la
storia
come
perenne
,
attuale
,
immanente
,
dialettica
,
quanto
se
si
crede
che
questa
finalità
consiste
nel
polarizzarsi
di
tutta
l
'
umanità
attorno
ad
una
nazione
o
ad
una
classe
eletta
quanto
se
si
spera
che
possa
giungere
ad
una
perfetta
società
di
eguali
è
possibile
essere
liberali
:
basta
credere
che
il
migliore
metodo
sia
per
lo
svolgersi
di
una
dialettica
sia
per
il
raggiungimento
d
'
una
finalità
ideale
consista
nel
rispetto
del
prossimo
e
nella
libera
conversione
dell
'
avversario
»
.
Concretamente
il
Papafava
definisce
l
'
aspirazione
politica
sociale
del
liberalismo
nel
tentativo
di
regolare
la
perenne
rotazione
delle
aristocrazie
o
minoranze
dirigenti
sulla
base
di
alcuni
fondamentali
valori
,
quali
la
libertà
individuale
,
la
libertà
di
pensiero
,
di
parola
,
di
stampa
e
di
insegnamento
,
la
libertà
di
associazione
,
di
riunione
e
di
voto
,
i
quali
,
appunto
perché
senza
di
essi
non
è
concepibile
una
tranquilla
ordinata
indagine
delle
classi
dirigenti
,
sono
inviolabili
,
«
non
possono
essere
legalmente
soppressi
,
né
da
maggioranze
,
né
da
minoranze
,
né
da
individui
,
ossia
trascendono
l
'
arbitrio
degli
individui
singoli
e
associati
e
perciò
devono
essere
custoditi
ed
imposti
da
un
potere
indipendente
dalle
oscillazioni
della
volontà
popolare
»
.
La
forma
classica
di
governo
liberale
è
,
pel
Papafava
,
la
monarchia
costituzionale
:
la
libertà
è
garantita
dallo
Statuto
,
ossia
da
una
legge
che
vincola
il
Re
e
i
sudditi
.
Ma
,
data
questa
concezione
,
che
è
poi
la
classica
e
tradizionale
,
del
governo
liberale
,
essa
importa
uno
sviluppo
e
un
'
educazione
politica
cui
per
ragioni
diverse
non
sono
ancora
pervenute
anche
alcune
delle
nazioni
che
pur
si
dicono
o
si
dicevano
a
reggimento
liberale
.
Sicché
è
facile
ed
inevitabile
domandarsi
per
quali
vie
e
con
quali
mezzi
che
non
contraddicano
alla
sua
essenza
e
alla
sua
funzione
lo
Stato
liberale
possa
e
debba
evitare
straripamenti
e
violenze
nel
processo
di
assimilazione
e
rotazione
delle
classi
dirigenti
.
«
Lo
Stato
liberale
risponde
il
Papafava
dovrà
attivamente
e
positivamente
provvedere
alla
educazione
politica
dei
suoi
cittadini
,
e
poi
,
contro
chi
persista
nel
metodo
rivoluzionario
,
avendo
la
possibilità
di
seguire
le
vie
legali
per
tendere
alla
propria
finalità
,
deve
difendersi
con
la
repressione
:
alle
bombe
dei
rivoluzionari
cronici
dovrà
rispondere
con
le
sue
mitragliatrici
.
Almeno
così
i
rivoluzionari
potranno
fare
sul
serio
la
loro
rivoluzione
»
.
Astrattamente
la
posizione
del
Papafava
non
è
facilmente
prendibile
e
il
liberalismo
da
lui
concepito
,
sulla
traccia
della
grande
tradizione
inglese
e
della
stessa
tradizione
italiana
,
offre
un
disegno
così
chiaro
e
convincente
dell
'
organizzazione
statale
,
che
al
termine
del
libro
quasi
non
si
riesce
a
capire
come
e
perché
gli
uomini
si
affatichino
tanto
e
soffrano
e
lottino
e
affrontino
rischi
e
si
accaniscano
l
'
un
contro
l
'
altro
quando
hanno
a
portata
di
mano
e
di
volontà
un
ordinamento
sociale
così
perfetto
di
equilibrio
e
di
funzionamento
.
È
forse
la
stessa
domanda
che
il
Papafava
si
sarà
a
varie
riprese
rivolta
man
mano
che
elaborava
,
sciogliendola
d
'
ogni
sorta
di
suggestioni
e
pregiudizi
accumulatisi
attorno
al
liberalismo
,
la
sua
concezione
.
La
quale
,
a
nostro
giudizio
,
che
ha
voluto
pur
trovare
una
qualche
ragione
plausibile
al
perché
gli
uomini
si
rifiutino
oggi
come
oggi
,
di
ordinarsi
secondo
il
sistema
delineato
dal
Papafava
,
risente
troppo
di
un
certo
modo
di
teorizzare
,
schematico
e
preciso
,
che
è
proprio
dei
giuristi
.
E
infatti
quella
società
alla
quale
il
liberalismo
del
Papafava
assicura
tranquillità
di
sviluppo
ed
accrescimento
politico
,
è
un
entità
astratta
e
pregiudiziale
non
storica
,
un
dato
per
così
dire
ideologico
,
non
una
realtà
viva
,
dove
abbiano
parte
gli
uomini
con
la
loro
volontà
e
i
loro
istinti
,
le
loro
necessità
e
le
loro
illusioni
.
Ma
ciò
non
toglie
valore
al
libro
che
,
ripetiamo
,
può
utilmente
servire
di
orientamento
nella
confusione
delle
lingue
che
domina
la
torre
di
babele
dei
partiti
e
degli
studi
politici
.
StampaQuotidiana ,
Tre
le
molte
e
varie
manifestazioni
che
hanno
tentato
di
dare
un
ordine
e
uno
schema
storico
al
fascismo
,
mette
conto
di
notare
questo
Programma
della
destra
fascista
(
Firenze
Casa
Editrice
«
La
Voce
»
,
1924
)
.
Il
nome
dell
'
autore
,
Volt
,
è
dei
pochi
che
con
frequenza
s
'
incontrano
,
sfogliando
giornali
e
riviste
in
fama
d
'
autorità
presso
il
fascismo
,
e
le
numerose
recensioni
che
hanno
tenuto
a
battesimo
il
volumetto
,
hanno
confermato
che
fascisti
,
anche
autorevoli
,
concordano
in
gran
parte
con
la
tesi
in
esso
svolta
.
Sicché
ci
è
piaciuto
leggerlo
attentamente
,
con
grande
scrupolo
e
serenità
,
l
'
animo
disposto
e
pronto
ad
accogliere
disinteressatamente
quelle
verità
che
i
fiumi
della
polemica
quotidiana
avevano
potuto
sinora
nascondere
.
Ma
peggiore
disavventura
non
poteva
toccarci
.
Quanto
più
scrupoloso
era
stato
il
nostro
impegno
a
non
lasciarci
trascinare
dalle
nostre
particolari
vedute
e
opinioni
possiamo
assicurare
,
tra
parentesi
,
che
costa
una
vera
fatica
spogliarsi
sia
pure
per
breve
ora
,
delle
proprie
consuetudini
e
dei
propri
abiti
mentali
!
tanto
più
evidente
e
fastidiosa
,
dalle
prime
pagine
del
libro
,
ci
è
apparsa
l
'
assenza
d
'
ogni
qualsiasi
meditata
e
studiata
elaborazione
nel
materiale
preparato
staremmo
per
dire
ammucchiato
dall
'
autore
,
per
lo
svolgimento
della
sua
tesi
.
Ma
prima
di
venire
a
giudizi
parziali
o
generali
sul
libro
,
anche
per
dare
prova
di
mantenuta
fede
alla
promessa
di
serenità
,
è
bene
vedere
brevemente
la
composizione
e
coordinazione
degli
argomenti
trattati
.
In
quattro
capitoli
,
dai
titoli
impressionanti
Il
regime
della
dissoluzione
.
Genesi
dello
Stato
fascista
.
Il
nuovo
regime
,
teoria
dell
'
impero
Volt
ricerca
,
con
digressioni
...
pittoresche
nel
campo
filosofico
,
giuridico
e
sociologico
,
le
giustificazioni
storiche
e
la
fisionomia
ideale
del
fascismo
,
non
solo
nello
svolgimento
della
storia
italiana
,
ma
in
confronto
del
pensiero
e
della
vita
europea
.
La
conclusione
è
,
all
'
ultimo
paragrafo
dell
'
ultimo
capitolo
:
«
La
libertà
di
coscienza
,
ecco
il
nemico
.
Questa
è
la
grande
eresia
del
secolo
XIX
.
L
'
uomo
che
detta
a
sé
le
sue
legge
,
divenendo
simile
a
Dio
;
la
superbia
dell
'
intelletto
,
l
'
individualismo
,
il
razionalismo
,
peccato
originale
del
genere
umano
...
Se
non
vogliamo
togliere
al
travaglio
della
coscienza
italiana
ogni
significato
ideale
,
dobbiamo
riconoscere
in
pieno
al
fascismo
il
suo
carattere
di
antirivoluzione
.
La
Marcia
su
Roma
sta
alla
Rivoluzione
francese
,
come
il
Concilio
di
Trento
sta
alla
Riforma
protestante
....
Fuori
dalla
legge
integrale
per
noi
non
vi
è
che
ribellione
ad
ogni
legge
...
Non
può
sorgere
l
'
ordine
dal
disordine
,
la
pace
dal
contrasto
delle
volontà
individuali
,
la
verità
dalla
discussione
,
la
legge
dall
'
arbitrio
,
lo
Stato
dal
contratto
,
l
'
autorità
dalla
libertà
.
Pace
vi
può
essere
solo
là
dove
tutti
s
'
inchinano
all
'
autorità
d
'
un
potere
trascendente
...
Il
corso
della
storia
è
mutato
.
Da
Lutero
e
Lenin
il
ciclo
della
grande
eresia
è
conchiuso
.
La
società
dell
'
avvenire
non
sarà
fondata
sulla
«
Dichiarazione
dei
diritti
dell
'
uomo
»
ma
sul
«
Sillabo
»
.
Questo
breve
saggio
delle
150
e
più
pagine
del
libro
potrebbe
consigliare
a
fare
punto
.
In
tempi
come
questi
,
lo
credeva
Volt
,
non
vi
può
essere
«
superbia
d
'
intelletto
»
;
la
rassegnazione
«
a
non
capire
»
è
non
pure
un
dovere
,
ma
il
solo
vero
farmaco
alle
nostre
e
alla
altrui
piaghe
.
Due
esempi
,
tra
i
molti
che
i
margini
delle
pagine
,
attentamente
segnati
,
potrebbero
offrirci
.
Dunque
niente
più
libertà
di
coscienza
e
diritti
dell
'
uomo
,
ma
il
Sillabo
,
sola
verità
e
sola
legge
,
fuori
e
contro
l
'
individuo
.
Tutto
perfettamente
;
ma
il
Sillabo
implica
l
'
accettazione
di
tutta
la
concezione
cattolica
alla
base
della
quale
è
la
fede
.
Sicché
delle
due
,
una
:
o
il
fascismo
,
riconoscendo
appieno
la
concezione
cattolica
si
dà
in
braccia
al
Papa
e
da
questo
riceve
l
'
investitura
,
oppure
Mussolini
(
l
'
agnosticismo
mussoliniano
è
figlio
della
mentalità
empirica
e
positiva
dei
settentrionali
,
si
legge
a
pagina
72
)
è
lui
stesso
il
Papa
e
le
di
lui
volontà
,
rivelategli
direttamente
da
Dio
(
Volt
batte
con
gran
furore
sulla
trascendenza
)
sono
il
Sillabo
.
Si
potrebbe
continuare
per
cercare
in
posto
logico
ed
un
significato
all
'
agnosticismo
mussoliniano
,
tra
la
trascendenza
e
il
Sillabo
:
ma
temiamo
che
finiremmo
per
avvolgere
di
tenebre
anche
quel
poco
che
,
colpa
nostra
,
ci
è
riuscito
approssimativamente
chiaro
.
E
veniamo
al
secondo
esempio
.
A
pagina
69
si
legge
:
«
Volendo
una
teoria
metafisica
,
io
credo
che
valga
ancora
la
vecchia
teoria
del
diritto
divino
...
Scientificamente
essa
trascende
la
realtà
fenomenica
,
ma
non
la
nega
.
Può
assumere
due
forme
:
l
'
una
positiva
,
pei
credenti
,
vede
nell
'
ordine
giuridico
attuata
la
volontà
di
Dio
,
concepito
come
persona
;
l
'
altra
agnostica
,
vede
nello
Stato
l
'
attuazione
di
una
suprema
Necessità
,
che
si
impone
al
volere
dei
singoli
associati
e
non
ne
deriva
.
Sotto
questa
seconda
forma
la
teoria
del
diritto
divino
può
essere
accettata
anche
dagli
increduli
.
Se
vogliamo
dare
allo
Stato
una
salda
base
etica
non
conviene
farlo
dipendere
dalla
volontà
umana
,
ma
non
è
nemmeno
necessario
farne
una
divinità
astratta
.
Non
è
lo
Stato
che
dobbiamo
divinizzare
,
ma
la
sua
Causa
»
.
La
teoria
del
diritto
divino
,
dunque
,
può
assumere
due
forme
,
una
positiva
e
una
agnostica
e
quest
'
ultima
può
essere
accettata
anche
dagli
increduli
.
Gentile
l
'
ha
gridato
:
questi
sono
tempi
talmente
religiosi
,
che
gli
stessi
increduli
...
credono
al
diritto
divino
.
Il
quale
,
se
ci
riesce
di
capire
,
è
sostenuto
dall
'
autore
perché
può
servire
a
togliere
di
mezzo
l
'
individuo
con
tutti
i
rompicapi
della
sua
coscienza
e
della
sua
volontà
.
Ma
dopo
,
che
significa
divinizzare
non
lo
Stato
ma
la
sua
Causa
con
la
C
maiuscola
?
Se
è
divina
la
causa
,
non
è
divino
l
'
effetto
?
Le
vertigini
,
alle
cui
insidie
abbiamo
sinora
opposto
eroicamente
tutte
le
nostre
forze
sia
ben
chiaro
che
v
'
è
distanza
notevole
tra
l
'
eroismo
dell
'
autore
che
ha
scritto
il
libro
e
quello
modesto
di
noi
che
lo
abbiamo
letto
le
vertigini
oramai
formicolano
d
'
ogni
parte
e
ci
minacciano
irrimediabili
cadute
.
Bisogna
salvarci
,
ad
ogni
costo
.
Farinacci
,
Ciarlanni
,
Suket
,
quale
che
sia
il
tuo
nome
benedetto
,
soccorrici
all
'
estremo
passo
.
Volt
ci
ha
perduto
,
tu
,
o
benvenuto
,
ci
hai
restituito
alla
luce
del
sole
e
alla
gioia
del
libero
respiro
.
E
giuriamo
che
,
d
'
ora
innanzi
certe
letture
nemmeno
le
cominceremo
.