StampaPeriodica ,
Pergolato
d
'
uva
in
un
luogo
alto
.
Il
sole
è
tramontato
,
ma
l
'
aperta
concavalle
è
ancora
piena
di
luce
.
-
Mi
sai
dire
,
Giotto
,
dove
tu
guardi
e
ridi
?
-
Guardo
laggiù
quel
brav
'
uomo
lungo
Muccione
che
sta
facendo
prova
di
tirare
sulla
strada
il
ciuco
andato
nel
fosso
,
e
senza
riuscire
gli
séguita
a
tenere
le
braccia
intorno
al
collo
,
fermi
tutti
e
due
che
si
potrebbero
dipingere
.
Lo
vedi
?
l
'
hai
visti
?
-
Io
non
riesco
,
Giotto
,
a
capire
come
tu
fai
ad
avere
sempre
gli
occhi
da
per
tutto
.
Però
veggo
con
dispiacere
che
con
te
non
è
possibile
fare
un
discorso
come
che
sia
concettoso
e
continuato
.
Qualunque
cosa
ti
capiti
sotto
questi
occhiacci
tondi
e
vagabondi
basta
a
fuorviarti
dagli
argomenti
che
pure
dovrebbero
tenerti
legato
con
più
forza
l
'
intelletto
.
Eppure
tu
sai
quanto
sia
divenuta
difficile
ai
nostri
giorni
la
pratica
dell
'
arte
nostra
;
tu
sai
che
abbiamo
su
di
noi
gli
occhi
e
il
malanimo
di
tutti
,
giovani
e
vecchi
,
che
non
chiederebbero
di
meglio
che
di
vederci
ricadere
per
disperati
nei
vecchi
espedienti
e
trucchi
bizantini
,
tanto
per
concludere
che
la
maniera
nova
di
dipingere
era
pure
la
sciocca
e
povera
maniera
;
e
tu
ti
vai
a
perdere
dietro
i
ciuchi
di
queste
strade
di
monte
,
e
a
tutto
mostri
di
fare
attenzione
tranne
a
quello
che
ti
dico
io
.
Ti
parlerò
francamente
:
mi
pare
d
'
averne
qualche
diritto
;
infine
,
parlo
per
il
tuo
bene
.
Se
davvero
in
te
dura
il
proposito
d
'
avvantaggiarti
in
quest
'
arte
della
pittura
per
la
quale
da
principio
hai
dato
a
vedere
una
così
sicura
e
bella
inclinazione
,
allora
figliol
mio
bisognerà
che
tu
ti
decida
a
considerare
molto
seriamente
la
strada
che
percorri
,
e
che
comunque
ti
guardi
dai
passi
cattivi
,
dalle
distrazioni
,
dalle
frivole
occupazioni
e
veda
di
cambiare
radicalmente
sistema
di
vita
,
di
studio
e
di
lavoro
.
Io
non
t
'
ho
mai
nascosto
che
l
'
arte
fosse
una
pratica
,
a
volerla
condurre
bene
,
di
gran
rischio
e
fatica
;
ma
sempre
insieme
ti
dicevo
che
la
sua
eccellenza
e
il
grandissimo
onore
che
può
tornare
a
chi
v
'
attende
sono
appunto
a
prezzo
di
queste
difficoltà
.
Tu
sai
per
contro
il
bene
che
t
'
ho
voluto
e
che
ti
voglio
;
tu
hai
visto
dal
giorno
che
t
'
ho
preso
a
bottega
che
vita
è
stata
la
mia
,
il
fegato
che
mi
ci
son
mangiato
,
per
sostenere
l
'
arte
toscana
all
'
altezza
dei
tempi
:
e
sai
quanto
mi
sorrideva
la
speranza
che
un
giorno
Giotto
,
avend
'
io
chiuso
per
sempre
gli
occhi
alla
bella
pittura
,
potesse
lui
essere
il
vero
erede
e
depositario
dei
buoni
principi
di
quest
'
arte
.
T
'
ho
fatto
vedere
in
che
mani
era
andata
a
finire
,
e
che
pratica
noiosa
,
inerte
e
fredda
gli
altri
pittori
n
'
avevano
fatta
,
al
punto
in
cui
,
da
solo
,
dandomi
anima
e
corpo
,
e
lavorandoci
intorno
come
il
cane
all
'
osso
,
io
mi
son
messo
all
'
opera
,
cercando
con
ogni
studio
d
'
accordare
il
vecchio
latino
col
volgare
,
il
divino
coll
'
umano
.
Nei
primi
tempi
tu
stesso
mi
dicevi
con
giovanile
entusiasmo
che
quest
'
arte
malandata
io
ero
riuscito
una
buona
volta
a
metterla
sopra
solide
fondamenta
,
e
non
c
'
era
insegnamento
dell
'
arte
di
cui
tu
non
t
'
appropriassi
con
poca
lezione
.
Ora
m
'
avveggo
che
se
non
ci
fossi
qui
io
a
rimettertele
in
capo
una
per
una
tu
dimenticheresti
ogni
buona
norma
;
e
così
accade
che
sempre
ci
dobbiamo
rifare
da
capo
e
sprecare
tempo
e
parole
,
chi
sa
poi
con
quale
frutto
.
Che
se
poi
considero
l
'
impiego
frettoloso
e
intemperante
che
adesso
nelle
tue
pitture
fai
d
'
alcuni
tra
i
miei
precetti
,
senza
curare
di
richiamarti
anche
a
quegli
altri
che
insieme
t
'
avevo
impartito
,
davvero
m
'
entra
la
paura
che
,
a
lasciarti
fare
,
tu
riaffonderesti
l
'
arte
proprio
nel
momento
che
stava
sorgendo
.
Tu
concedi
a
te
stesso
,
al
piacere
dei
tuoi
sensi
e
all
'
immaginazione
dei
profani
,
troppo
più
di
quel
che
sia
consentito
all
'
umile
pittura
.
In
quello
che
tu
disegni
e
colorisci
ci
riman
sempre
qualche
cosa
che
poi
divaga
l
'
anima
,
invece
di
guidarla
al
senso
che
hai
voluto
figurare
;
e
qualche
volta
questo
senso
nemmeno
più
lo
si
scopre
,
sopraffatto
com
'
è
da
questo
qualche
cosa
di
estraneo
,
di
troppo
personale
,
di
troppo
domestico
e
confidenziale
,
un
soprappiù
,
direi
,
di
come
fatto
in
casa
,
che
,
figliol
mio
,
assolutamente
non
va
,
e
non
può
andare
.
Guastare
la
pittura
ti
par
forse
poco
,
che
anche
cerchi
di
smontare
la
devozione
della
gente
?
Non
che
ricondurre
alla
Fede
qualche
cuore
torbido
e
stanco
,
vorrai
anche
rubare
al
cielo
le
preghiere
delle
anime
semplici
?
Vorrai
forse
credere
che
l
'
intelligenza
dell
'
Arte
ci
sia
data
da
Dio
solo
per
piacer
nostro
?
Il
ciuco
di
verso
Muccione
,
e
quella
faccia
che
facevi
di
volertelo
mangiare
cogli
occhi
,
a
me
facevan
paura
proprio
per
questo
:
che
già
vedevo
spuntare
il
giorno
che
tu
non
ci
penserai
due
volte
a
dipingere
quel
ciuco
bardato
e
il
boscaiolo
che
gli
teneva
le
braccia
al
collo
;
magari
in
chiesa
,
magari
sopra
una
tavola
d
'
altare
.
Vorrei
poi
che
mi
dicessi
se
credi
veramente
degno
fine
dell
'
arte
perdere
il
tempo
come
tu
fai
a
dipingere
una
per
una
le
pieghe
dei
mantelli
,
i
travicelli
dei
soffitti
,
i
gangheri
delle
porte
,
i
ciuffi
d
'
erba
tra
le
rocce
,
i
tegami
e
le
fiscelle
sulle
mense
,
e
se
credi
di
giovare
all
'
arte
cacciando
in
mezzo
alle
sacre
rappresentazioni
,
come
ho
visto
che
ti
studi
di
fare
,
tutta
una
gente
intrusa
e
senza
nome
,
che
ciascuno
tira
a
sé
per
suo
conto
l
'
attenzione
dei
cristiani
,
quale
per
i
colori
del
vestiario
,
quale
per
la
foggia
della
berretta
,
quale
perché
gli
sei
andato
senz
'
altro
a
ritrattare
il
viso
del
sagrestano
o
del
campanaro
,
che
tutti
quassù
a
bella
prima
s
'
accorgerebbero
di
riconoscere
e
griderebbero
guarda
Maso
e
guarda
Boge
.
Tu
così
non
ti
fai
scrupolo
di
ridurre
i
Santi
Vangeli
a
novellette
di
brigata
,
i
tuoi
Angioli
sono
spalluti
come
uomini
di
fatica
e
con
certe
facce
guanciute
che
sembrano
ingrassati
nella
stia
.
La
pittura
è
fatta
sì
per
gli
occhi
,
che
son
le
porte
dell
'
anima
,
ma
tu
con
quelle
tue
figure
che
paiono
venire
fuori
dalle
pareti
lasci
in
tutti
gli
altri
sensi
di
chi
li
guarda
uno
stimolo
inquieto
e
confuso
,
principalmente
al
tatto
,
che
delle
porte
del
corpo
sai
bene
essere
la
più
carnale
.
Se
i
tuoi
Paradisi
son
pieni
di
ciccia
,
dei
tuoi
Conventi
non
ne
parliamo
.
Ma
io
vorrei
che
tu
immaginassi
un
momento
,
per
analogia
,
che
domani
un
Filosofo
o
un
Poeta
volesse
descrivere
l
'
oltre
tomba
,
Inferno
,
Paradiso
e
Purgatorio
,
col
proposito
d
'
ammonire
i
peccatori
e
ritrarli
dalla
via
della
perdizione
;
credi
tu
che
questi
otterrebbe
il
suo
scopo
se
s
'
indugiasse
a
parlarci
dei
fatti
di
casa
sua
,
dei
suoi
amori
,
delle
sue
corna
,
dei
campanari
della
sua
contrada
?
Tanto
sarebbe
valso
allora
lasciar
la
filosofia
a
dormire
nei
libri
dei
pagani
e
la
poesia
a
cantare
sugli
angoli
di
piazza
per
bocca
d
'
uomini
ignorantissimi
d
'
ogni
scienza
e
d
'
ogni
arte
,
no
?
Bada
a
quel
che
ti
dice
il
vecchio
Cimabue
.
Questa
nostra
cortesia
,
che
pure
ha
parti
degne
e
di
buona
ragione
,
di
voler
volgarizzare
la
Sapienza
Divina
,
non
varchi
il
segno
:
per
noi
sta
tutta
qui
la
difficoltà
e
il
merito
.
Un
antico
Filosofo
ebbe
una
volta
in
sogno
la
visione
delle
idee
della
Scienza
che
in
guisa
di
belle
donne
si
stavano
al
bordello
.
Il
Filosofo
spaventato
disse
:
che
è
questo
?
Non
siete
voi
le
idee
della
Scienza
?
Risposero
che
eran
desse
.
E
siete
al
bordello
?
Risposero
:
e
sei
precisamente
tu
che
qui
ci
fai
stare
.
Allora
il
Filosofo
intese
che
volgarizzare
la
Scienza
vuol
dire
menomare
la
divinità
.
A
quanto
mi
pare
,
anche
tu
,
Giotto
,
vorresti
tradire
la
pittura
e
menarla
diritta
al
bordello
.
Un
po
'
di
silenzio
,
tanto
che
la
sera
s
'
imbruna
.
Poi
Giotto
dice
:
-
Io
,
Cimabue
,
non
vorrei
tradire
nessuno
e
nessuno
menare
al
bordello
.
Solamente
,
non
posso
tenere
questi
miei
occhi
che
non
riguardino
,
e
certo
con
quell
'
insistenza
di
cui
mi
fai
una
colpa
,
le
cose
di
questo
mondo
così
ben
fatto
,
per
un
vivo
e
continuo
desiderio
che
ne
hanno
:
di
modo
che
appena
una
di
queste
tante
cose
me
se
li
prende
,
ogni
altra
voglia
,
ogni
altro
proposito
cade
.
È
più
forte
di
me
.
Ostinarmi
non
varrebbe
a
nulla
;
mentre
a
lasciarmi
andare
tutto
il
cuore
dolcemente
consente
;
ma
l
'
animo
mio
,
t
'
avessi
a
dire
,
tutt
'
altro
che
protestare
,
nella
sua
ragione
tranquillamente
s
'
applaude
,
come
se
una
buona
volta
si
sentisse
perfettamente
a
posto
,
appoggiato
e
difeso
da
tutto
un
mondo
.
In
te
la
fede
,
la
dottrina
,
la
volontà
.
In
me
tutte
queste
belle
cose
a
un
certo
momento
cedono
senza
combattere
,
ed
è
la
Memoria
che
trionfa
,
è
la
Memoria
che
si
serve
di
me
per
rimettere
in
campo
tutto
ciò
che
le
si
è
offerto
,
lasciandomi
solo
la
libertà
di
disporre
i
particolari
come
meglio
mi
può
piacere
;
ma
che
non
vuol
disfare
le
tende
se
non
dopo
ch
'
io
le
ho
dato
la
misura
di
quanto
so
fare
nell
'
arte
mia
.
Ho
capito
che
il
ciuco
di
Muccione
tu
me
lo
vuoi
fare
scontare
.
Peccato
che
io
non
ti
possa
far
capire
l
'
amicizia
che
in
questo
momento
tutta
la
mia
fantasia
sente
per
quel
povero
ciuchino
.
Hai
colto
nel
segno
:
domani
,
o
quando
che
sia
,
io
non
potrò
fare
a
meno
di
disegnarlo
e
di
colorirlo
quale
ancora
lo
vedo
:
perché
s
'
io
torno
a
guardare
in
quella
direzione
,
benché
la
campagna
sia
già
buia
e
il
ciuco
a
quest
'
ora
chi
sa
dov
'
è
arrivato
,
il
mio
occhio
ritrova
ancora
fermi
e
vivi
i
colori
di
quella
scena
senz
'
altro
mutamento
,
forse
,
che
d
'
una
luce
ancor
più
chiara
di
prima
.
Io
ho
bisogno
di
accompagnare
le
cose
fino
al
fondo
.
intanto
i
precetti
me
li
dimentico
,
e
non
serve
nemmeno
che
l
'
oggetto
che
m
'
ha
invaghito
mi
sia
sottratto
alla
vista
,
perché
tanto
continuo
a
vederlo
lo
stesso
e
anche
allo
scuro
sento
che
mi
viene
incontro
.
Sempre
poi
che
tu
mi
parli
dell
'
avvenire
nostro
,
e
dell
'
arte
,
siamo
sinceri
,
oggi
stiam
qui
all
'
osteria
,
domani
tutti
e
due
sotto
l
'
erba
fiorita
,
come
vuoi
che
il
futuro
ci
tocchi
?
Io
sento
piuttosto
una
grande
avversione
per
quelli
che
seguiteranno
a
vedere
il
sole
quando
noi
avremo
gli
occhi
pieni
di
nero
e
niente
più
.
L
'
anima
,
ciascuno
se
la
salvi
come
può
.
Quanto
a
me
,
la
pittura
intendo
di
servirla
alla
mia
maniera
,
e
solo
nella
misura
ch
'
ella
serve
a
me
,
per
le
ore
belle
che
a
prezzo
d
'
una
piacevole
fatica
mi
sa
dare
.
E
quanto
ai
sogni
dei
filosofi
,
a
proposito
,
Cimabue
!
ho
da
raccontarti
anch
'
io
un
sogno
,
e
di
donne
,
sul
genere
di
quello
del
tuo
filosofo
,
ma
non
da
bordello
,
e
con
tutt
'
un
'
altra
conclusione
.
Le
oneste
giovani
donne
del
mio
sogno
erano
dunque
a
banchettare
:
avevan
tutte
un
viso
ridente
,
una
persona
grande
,
riposata
e
come
fluente
.
Io
nel
sogno
stringevo
con
questa
mano
la
vita
della
più
bella
fra
tutte
,
e
invitandola
a
bere
nel
mio
bicchiere
la
richiedevo
del
suo
nome
.
Non
ti
sei
accorto
,
mi
rispondeva
,
amor
mio
,
che
son
la
Pittura
?
Io
ritraevo
subito
atterrito
,
proprio
come
il
tuo
filosofo
,
la
mano
e
il
bicchiere
;
ma
la
Pittura
,
donnescamente
ridendo
,
mi
diceva
:
caro
,
non
ti
scostare
dal
mio
bel
fianco
:
tienci
la
mano
:
dammi
ancora
da
bere
di
quel
buon
vino
:
non
fare
che
mi
passi
l
'
età
,
ché
la
mia
vita
è
di
piacerti
a
questo
modo
.
Vecchio
Cimabue
,
favola
per
favola
,
che
ne
dici
del
mio
sogno
?
S
'
è
fatta
notte
buia
e
tra
il
pergolato
brillano
le
stelle
.
Si
sente
Cimabue
che
risponde
:
-
Favola
per
favola
,
alla
malora
i
sogni
e
qualunque
altra
ispirazione
della
notte
,
bue
d
'
un
Cimabue
che
altro
non
sono
!
Vanamente
contenderei
con
un
incaponito
che
si
difende
a
colpi
di
luna
.
Se
questo
sogno
birbante
tu
l
'
abbia
poi
fatto
a
occhi
chiusi
ovvero
a
occhi
aperti
,
non
posso
dire
d
'
averlo
ben
inteso
.
Però
d
'
una
cosa
son
certo
:
d
'
avertelo
letto
in
faccia
non
più
tardi
della
mattina
che
l
'
hai
strologato
:
ah
sì
!
da
quel
giorno
in
poi
c
'
è
sempre
rimasta
qualche
nuvola
in
aria
,
fra
noi
due
.
Come
discepolo
affezionato
tu
cercavi
di
ritardare
più
che
potevi
il
colpo
ed
hai
voluto
aspettare
che
la
prima
botta
la
dessi
io
;
la
sai
lunga
,
giovanotto
.
E
per
questo
in
fondo
mi
piaci
;
e
tra
che
siamo
al
buio
ti
voglio
anche
dire
che
se
io
credessi
ai
sogni
questo
tuo
mi
ti
farebbe
invidiare
più
che
il
Papa
per
la
sua
infallibilità
e
il
Re
di
Francia
per
le
sue
ricchezze
.
Ma
di
pittura
non
voglio
discutere
:
tu
m
'
hai
fatto
pensare
che
non
è
il
caso
.
Del
resto
la
Fortuna
è
così
vigliacca
che
potrebbe
darsi
benissimo
che
,
come
tu
credi
,
una
bella
mattina
il
più
ignaro
di
tutti
i
dormienti
possa
essersi
svegliato
e
aver
trovato
la
chiave
che
apre
tutte
le
porte
sotto
il
cuscino
.
Nel
qual
caso
,
io
avrei
davvero
curato
bene
i
miei
interessi
!
In
rotta
col
passato
,
mi
sarei
tolto
di
grazia
anche
all
'
avvenire
...
Ma
che
ci
vorresti
fare
?
son
cose
che
succedono
...
Oste
!
ei
di
casa
!
oste
!
un
'
altra
caraffa
di
vino
!
paga
il
vecchio
Cimabue
,
questo
vecchio
lavativo
di
Cimabue
:
e
un
lume
!
che
possa
vederlo
in
viso
il
giovine
manigoldo
che
m
'
ha
da
sotterrare
.
Una
ragazza
entra
col
lume
sotto
il
pergolato
e
non
si
vedono
più
le
stelle
dietro
i
pampani
illuminati
.
Intorno
al
lume
danzano
farfalle
grandi
e
piccine
.
Cimabue
versa
da
bere
.
StampaQuotidiana ,
Un
pomeriggio
di
sabato
passavano
in
bicicletta
frotte
chiassose
di
ragazzi
e
ragazze
avviate
fuori
porta
.
Era
con
me
un
vecchio
compagno
d
'
università
e
stavamo
rivangando
i
giorni
di
prima
dell
'
altra
guerra
.
Quale
mancanza
d
'
iniziative
!
quante
mai
ore
fermi
a
discutere
sulla
porta
della
Biblioteca
Nazionale
!
E
il
discorso
cadde
sulle
ragazze
d
'
allora
.
Ai
nostri
tempi
,
ricordi
?
,
era
un
gran
passeggiare
sotto
le
finestre
.
E
qualche
volta
quelle
brave
figliuole
abitavano
agli
ultimi
piani
!
Anche
maturotte
,
non
uscivano
di
casa
se
non
accompagnate
dalla
mamma
o
dal
fratello
.
E
seppure
si
riusciva
a
fermarne
una
,
a
sola
,
per
la
strada
,
quanta
fretta
!
Subito
parlare
con
papà
e
mammà
.
Altrimenti
niente
(
o
pochissimo
)
da
fare
.
Ancora
c
'
era
un
sacrosanto
orrore
per
gl
'
impieghi
femminili
:
Roma
fu
una
delle
ultime
città
ad
arrendersi
,
e
si
arrese
,
si
può
dire
,
per
fame
.
Studenti
torinesi
e
bolognesi
,
o
ci
raccontavano
delle
fandonie
,
o
effettivamente
dovevano
durare
assai
meno
fatica
di
noi
a
far
breccia
nelle
coetanee
.
Davamo
la
colpa
al
papa
.
E
tutte
queste
bionde
,
di
dove
son
venute
fuori
?
Ai
nostri
tempi
,
ricordi
?
,
non
se
ne
vedeva
una
,
o
non
erano
romane
.
Con
questa
bella
novità
il
panorama
della
città
è
profondamente
alterato
.
Roma
portava
ancora
integro
il
vanto
delle
belle
more
,
come
per
il
passato
,
quando
tutte
le
Memorie
dei
viaggiatori
erano
piene
delle
lodi
della
chioma
corvina
delle
donne
romane
.
Ma
tu
fa
caso
come
in
effetti
sia
stonata
la
bionda
aureola
intorno
al
grugnettaccio
risentito
di
quella
carbonaretta
di
Trastevere
che
attraversa
adesso
in
strada
...
Ai
nostri
tempi
!
Un
momento
.
Tutt
'
altro
che
nostro
,
quel
tempo
.
Roma
è
stata
sempre
una
città
piuttosto
matrimoniale
.
La
galanteria
vi
attacca
poco
.
Lo
sanno
gl
'
intraprendenti
fastidiosi
che
cosa
possa
uscire
da
quelle
rosee
labbra
...
È
nota
la
uscita
della
bella
trasteverina
alla
quale
lo
scultore
Dupré
,
nuovo
di
Roma
,
ronzava
troppo
accosto
per
meglio
ammirarla
.
Gli
si
fece
addosso
con
lo
spillone
tolto
ai
capelli
chiedendo
:
Sor
paino
,
che
ve
puzza
'
l
campà
?
Fiera
e
pudibonda
la
ragazza
romana
s
'
era
mantenuta
fino
a
quei
nostri
tempi
:
e
per
difesa
della
sua
pudibonderia
,
magari
anche
un
po
'
sguaiata
.
«
Ecco
mi
sorrida
,
e
mi
dica
una
soave
ingiuria
in
romanesco
»
:
con
tali
parole
il
Carducci
(
che
nuove
ricerche
e
nuovi
documenti
ci
mostrano
assai
più
ardito
e
concludente
in
approcci
femminili
che
prima
non
si
supponesse
)
stuzzicava
una
bella
romana
:
l
'
Adele
Bergamini
.
Il
matrimonio
,
dicevo
,
a
Roma
si
succhia
nell
'
aria
.
Ne
fece
assaggio
Gustavo
Flaubert
,
scapolo
scapolorum
,
di
passaggio
per
Roma
la
Settimana
Santa
del
1851
,
quando
un
chiaro
pomeriggio
d
'
aprile
nella
basilica
di
San
Paolo
gli
apparve
una
bella
convalescente
languidamente
appoggiata
al
braccio
d
'
una
accompagnatrice
:
con
le
chiome
corvine
divise
in
due
bande
e
acconciate
con
una
sciarpa
rossa
,
con
un
corsaletto
rosso
e
lunghi
guanti
di
pelle
verde
(
modella
o
amica
di
qualche
pittore
?
)
.
Bastò
che
la
bella
romana
girasse
un
momento
i
suoi
occhi
nerissimi
e
sfolgoranti
sul
forastiero
perché
il
normanno
si
sentisse
trapassare
core
e
coratella
(
anzi
scrive
:
une
rage
subite
m
'
est
descendue
comme
la
foudre
dans
le
ventre
)
e
venire
senz
'
altro
la
voglia
di
andarla
a
chiedere
in
isposa
al
padre
(
!
)
.
«
Se
avessi
saputo
l
'
italiano
,
seguita
,
avrei
ben
trovato
io
il
modo
d
'
attaccare
conversazione
»
.
(
Romanziere
!
l
'
impaccio
della
lingua
è
una
scusa
.
Garibaldi
che
dall
'
alto
del
cassero
dell
'
Itaparica
vede
col
binocolo
Anita
apparire
alla
finestra
di
una
casa
sulla
collina
di
faccia
e
si
precipita
a
incontrarla
,
si
fa
capire
a
meraviglia
«
tu
devi
essere
mia
»
senza
bisogno
d
'
interprete
)
.
Rentré
conclude
Flaubert
à
l
'
hôtel
à
4
heures
,
déjà
ses
traits
s
'
effacent
dans
ma
mémoire
.
Va
e
fidati
dei
romanzieri
!
Flaubert
aveva
trent
'
anni
.
Qualche
anno
prima
,
sui
suoi
quaranta
,
era
passato
da
Roma
Teofilo
Gautier
e
le
donne
romane
,
outrageusement
belles
,
l
'
avevano
colpito
per
la
loro
venustà
piena
e
compatta
.
Vingt
enfants
tiendraient
à
la
fois
dans
leurs
flancs
robustes
;
e
fantasticava
che
occorressero
busti
rinforzati
di
ferro
per
tenere
a
posto
quei
loro
petti
orgogliosi
.
Il
grandioso
portamento
delle
donne
romane
glie
le
fece
sembrare
tante
statue
discese
dai
piedistalli
.
E
qualche
vent
'
anni
prima
,
Stendhal
scriveva
:
«
Che
cosa
non
darei
per
poter
fare
comprendere
che
cosa
sia
l
'
aspetto
impassibile
d
'
una
bella
romana
.
Essa
considera
la
faccia
dell
'
uomo
che
la
guarda
ammirato
,
come
voi
guardereste
di
mattina
,
in
campagna
,
una
montagna
.
Ed
è
siffatta
impassibilità
che
poi
rende
così
affascinante
un
minimo
segno
d
'
interessamento
da
parte
loro
»
.
La
gravità
e
l
'
indifferenza
delle
ragazze
romane
fecero
effetto
anche
a
Leopardi
,
il
quale
si
meravigliava
che
girando
per
le
strade
«
in
compagnia
di
giovani
molto
belli
e
ben
vestiti
»
nessuna
alzasse
loro
gli
occhi
in
viso
.
(
Al
contino
non
venne
il
sospetto
che
le
ragazze
cittadine
potessero
veder
tutto
anche
senza
sollevare
le
ciglia
...
)
.
Benedette
ragazze
.
Un
uomo
di
cinquant
'
anni
ha
una
figlia
di
diciassette
anni
.
Gli
piacciono
ancora
le
donne
come
gli
sono
sempre
piaciute
e
per
consuetudine
se
le
rimira
con
quella
compiacenza
affettuosa
,
condita
di
una
punta
di
desiderio
,
con
la
quale
un
uomo
di
buon
sangue
considera
naturalmente
una
donna
nel
suo
fiore
.
Altro
alle
donne
non
chiede
,
il
mio
cinquantenne
,
se
non
che
si
lascino
guardare
senza
tirar
fuori
lo
spillone
dai
capelli
.
Ora
gli
accade
questo
:
che
fino
ai
suoi
quarantasette
,
fino
a
quando
cioè
la
figliuola
ne
contava
quattordici
,
egli
si
beava
a
guardare
anche
le
ragazze
sui
diciassette
.
Ma
quando
la
figlia
ebbe
toccati
i
sedici
ecco
che
papà
cominciò
a
farsi
un
certo
scrupolo
d
'
appoggiare
lo
sguardo
su
quante
s
'
accostassero
ai
diciotto
.
Quando
la
figlia
ne
avrà
diciotto
la
cosa
dunque
si
farà
grave
.
Perché
,
come
si
fa
a
non
posare
volentieri
lo
sguardo
su
una
bella
ragazza
di
vent
'
anni
?
,
È
vero
altresì
che
disturba
maledettamente
il
nostro
cinquantenne
quel
dover
pensare
,
quel
dover
ammettere
che
altri
,
cinquantenne
o
meno
,
possa
poi
posare
sopra
sua
figlia
lo
stesso
sguardo
col
quale
egli
considera
la
diciottenne
figlia
di
chicchessia
.
Potrebbe
,
provvisoriamente
,
in
via
d
'
accomodamento
,
farsi
una
legge
di
sbirciarle
oramai
solo
dai
ventuno
in
su
:
ma
il
tempo
fa
presto
a
passare
,
e
di
questo
passo
andrebbe
a
finire
che
un
giorno
dovrebbe
limitarsi
a
godere
in
pace
solo
la
vista
e
la
compagnia
delle
patronesse
del
Lyceum
.
Meglio
il
chiostro
,
ragiona
quel
cinquantenne
.
Un
santo
eremita
aveva
per
uso
,
ogni
volta
che
gli
accadeva
di
scorgere
nella
polvere
della
strada
un
'
impronta
di
piede
femminile
,
di
cancellarla
perché
altri
non
vi
dovesse
inciampare
.
Santo
eremita
,
facci
strada
tu
...
Un
mio
amico
il
più
brav
'
uomo
del
mondo
era
stato
per
oltre
mezzo
secolo
un
imperterrito
amatore
.
Passata
la
settantina
e
calate
le
forze
,
cominciò
a
pensare
all
'
aldilà
e
piegava
un
poco
a
bacchettone
.
Ma
le
donne
seguitavano
a
piacergli
,
sempre
,
molto
,
troppo
.
In
istrada
si
faceva
forza
di
non
voltarsi
a
guardarle
,
anche
per
pietà
dei
propri
capelli
tutti
bianchi
:
ma
era
più
forte
di
lui
.
Un
giorno
(
andava
oramai
pei
settantaquattro
)
eravamo
fermi
sul
marciapiede
di
Aragno
e
c
'
era
un
passaggio
,
come
succede
certi
giorni
a
certe
ore
,
d
'
una
dopo
l
'
altra
,
una
più
bella
dell
'
altra
e
non
una
da
buttar
via
.
In
fine
ne
passò
una
che
dette
al
mio
amico
il
colpo
di
grazia
:
trionfante
,
raggiante
e
,
a
dire
il
vero
,
abbracciabilissima
.
Si
girò
sulla
vita
indolorita
a
vederla
allontanare
,
e
poi
sospirava
e
mi
guardava
al
disopra
degli
occhiali
.
Due
volte
aperse
bocca
per
parlare
e
poi
la
richiuse
.
Coraggio
gli
feci
ridendo
.
Mi
afferrò
allora
per
un
braccio
.
Non
ridere
e
dimmi
tu
come
può
stare
,
come
può
essere
vero
che
anche
solo
a
desiderarle
sia
peccato
mortale
.
E
lo
disse
come
uno
che
si
sentisse
in
corrente
fra
due
porte
,
una
aperta
sul
Paradiso
e
l
'
altra
sull
'
Inferno
e
vedesse
la
prima
chiudersi
lenta
lenta
e
spalancarsi
lenta
lenta
quell
'
altra
.
L
'
accento
mi
fece
fremere
.
Morì
l
'
anno
appresso
:
e
la
notte
vedeva
i
diavoli
che
venivano
a
portarselo
via
e
chiamava
atterrito
i
famigliari
che
salissero
a
tenergli
compagnia
.
Santo
eremita
,
prega
per
il
mio
amico
.
Da
giovani
sembrano
cose
da
ridere
,
e
nessuno
ci
aveva
riso
più
del
mio
amico
.
(
Santo
eremita
,
comincio
a
preoccuparmi
anch
'
io
)
.
Giovane
era
e
ci
rideva
di
gusto
Carlo
Bini
,
quando
scrisse
quel
suo
bellissimo
contrasto
con
lo
spione
Innocenzio
Tienlistretti
al
Forte
della
Stella
.
Innocenzio
:
Dunque
voi
avete
desiderato
la
donna
degli
altri
?
Carlo
:
Confesso
la
mia
debolezza
;
io
l
'
ho
desiderata
e
la
desidero
tuttavia
.
Ne
ho
desiderate
molte
;
non
quante
voi
,
perché
avete
più
anni
,
ma
molte
davvero
:
tante
,
che
se
mi
fossero
venute
tutte
ne
avrei
rimandate
via
la
metà
.
Eppoi
venne
il
giorno
che
una
bella
castigamatti
,
l
'
Adele
Witt
,
gli
tolse
grado
a
grado
la
voglia
di
scherzare
,
e
a
lungo
lo
tenne
in
corrente
fra
la
porta
della
Beatitudine
e
quella
della
Disperazione
.
Sarà
pur
bello
che
uomo
e
donna
,
pur
piacendosi
a
perdifiato
,
riescano
a
stare
insieme
in
vicinanza
coraggiosa
e
monda
.
È
un
verso
dell
'
Aleardi
,
non
bello
,
anzi
gaetanesco
:
ma
dipinge
una
situazione
tipicamente
aleardiana
:
due
innamorati
che
stanno
sempre
vicini
e
non
si
toccano
mai
.
(
Spiego
il
gaetanesco
.
Aleardo
Aleardi
non
si
chiamava
Aleardo
:
si
chiamava
,
una
bella
differenza
!
,
Gaetano
.
E
,
a
ben
considerarla
,
la
sua
poesia
ha
doppia
tempra
:
in
alcuni
versi
si
sente
la
mano
sfiorante
di
Aleardo
,
in
altri
la
mano
pesante
di
Gaetano
.
Più
forte
è
la
stonatura
dove
un
sentimento
da
vero
Aleardo
viene
calato
,
come
è
il
caso
di
sopra
,
in
versi
da
vero
Gaetano
)
.
Sarà
pur
bello
...
(
Santo
eremita
,
ora
pro
me
)
.
StampaQuotidiana ,
L
'
antipatia
,
quello
che
mi
fa
soffrire
!
Per
vincerla
,
mi
sono
sottoposto
a
cure
eroiche
.
Niente
.
Ha
vinto
l
'
antipatia
.
Due
fratelli
imbestialiti
per
un
contrasto
di
successione
si
andavano
cercando
armati
per
tutta
la
città
.
Si
incontrano
alla
fine
nell
'
atrio
di
un
grande
albergo
e
si
sparano
dodici
colpi
fracassando
vetri
e
specchi
senza
colpirsi
:
dopodiché
si
buttano
le
braccia
al
collo
scoppiando
in
lagrime
uno
sulla
spalla
dell
'
altro
.
Come
li
capisco
!
Ho
amici
coi
quali
da
tempo
c
'
è
un
malinteso
che
mi
fa
soffrire
,
e
forse
cruccia
anche
loro
,
perché
non
s
'
è
trovato
ancora
il
modo
di
fracassare
insieme
un
po
'
di
porcellane
e
cristallerie
.
Ma
c
'
è
degli
altri
(
mica
tanti
:
tre
o
quattro
,
sopra
il
milione
di
abitanti
della
città
dove
vivo
,
e
due
o
tre
dispersi
,
fra
Catania
e
Torino
)
per
i
quali
un
'
intera
Boemia
di
cristalli
frantumata
a
colpi
di
cannone
non
saprebbe
determinare
la
catarsi
d
'
una
piena
pacificazione
.
Anche
perché
,
a
questi
sei
o
sette
,
io
non
ho
mai
dichiarato
guerra
.
Mi
sono
semplicemente
antipatici
.
Viva
la
faccia
dell
'
odio
,
sentimento
che
occupa
fortemente
tutto
l
'
animo
,
eccitazione
violenta
che
nutre
e
corròbora
,
quando
invece
l
'
antipatia
è
una
scròfola
senza
altro
sfogo
che
di
piccoli
sgarbi
,
dispetti
,
calunnie
,
che
finiscono
con
avvilire
e
rimordere
chi
li
fa
senza
intaccare
la
salute
del
destinatario
.
Potessi
cambiare
in
doppie
d
'
odio
sonante
tutti
i
palanconi
d
'
antipatia
che
m
'
appesantiscono
il
cammino
,
già
mi
parrebbe
d
'
aver
fatto
il
buon
guadagno
!
Ma
dall
'
antipatia
all
'
odio
non
c
'
è
possibilità
di
conversione
,
né
c
'
è
speranza
mai
di
promozione
.
Sotto
le
bandiere
dell
'
odio
si
combattono
anche
le
belle
battaglie
.
L
'
odio
è
padre
della
satira
,
dell
'
invettiva
,
della
commedia
.
Ma
le
antipatie
,
oltreché
siano
assolutamente
infeconde
,
è
mortificante
anche
solo
darle
a
conoscere
,
anche
parlarne
.
Bisogna
curàrsele
di
nascosto
:
e
non
c
'
è
cura
che
valga
.
Viva
la
faccia
anche
dell
'
invidia
,
sentimento
tanto
più
confessabile
e
sociale
:
ché
è
possibile
portare
invidia
anche
a
persona
che
ci
resti
straordinariamente
simpatica
.
E
tanto
dell
'
odio
quanto
dell
'
invidia
si
guarisce
e
può
nascerne
come
niente
un
grande
amore
:
la
favola
della
Fonte
di
Ardenna
,
alla
quale
si
beveva
in
ugual
misura
avversione
ed
amore
,
significa
ben
questo
.
L
'
antipatia
è
invece
una
pappa
fredda
che
non
cava
né
la
fame
né
la
sete
.
Consuma
la
pazienza
,
ruba
tempo
,
sciupa
la
digestione
.
Non
cresce
né
cala
.
In
ogni
sua
fase
è
insalubre
e
insopportabile
.
Né
a
guarirne
giova
la
distanza
.
Anzi
la
distanza
l
'
aggredisce
d
'
ombre
,
e
di
tutti
i
rimedi
sperimentati
per
renderla
meno
fastidiosa
il
migliore
(
caro
costa
!
)
resta
pur
sempre
la
frequentazione
della
persona
antipatica
.
Se
metto
in
fila
le
persone
che
tali
mi
sono
,
hanno
tutte
in
comune
due
tratti
:
una
faccia
verde
e
soddisfatta
,
ignoranza
e
sprezzo
del
buon
dritto
altrui
.
Consideriamo
un
caso
tipico
:
quello
di
Demetrio
Sufficienti
.
Che
cosa
è
che
mi
mette
di
malumore
al
solo
pensiero
ch
'
egli
viva
in
questa
città
?
Che
si
creda
troppo
da
più
di
quanto
pesa
e
vedere
come
tale
convinzione
lo
situi
in
un
atteggiamento
gratuito
e
stonato
di
fronte
al
prossimo
.
Tra
'
l
quale
prossimo
ci
sono
anch
'
io
.
Sarebbe
dunque
l
'
antipatia
un
moto
e
un
modo
istintivi
di
difesa
collettiva
?
Me
lo
farebbe
credere
il
fatto
che
per
solito
chi
è
antipatico
a
me
lo
è
anche
per
molti
altri
,
se
non
proprio
tutti
tutti
(
con
l
'
eccezione
solo
di
persone
o
troppo
ingenue
o
troppo
distratte
e
indifferenti
;
non
certo
con
l
'
eccezione
d
'
altri
colleghi
in
antipatia
,
giacché
,
se
Dio
vuole
,
è
buona
regola
che
antipatico
con
antipatico
si
facciano
sempre
pessima
grinta
)
;
ma
non
è
che
da
questa
solidarietà
col
prossimo
la
mia
rancura
possa
trarre
qualche
consolazione
.
Il
fatto
di
sapermi
condiviso
non
mènoma
affatto
il
mio
malessere
.
Mi
sforzo
di
immaginare
Demetrio
battuto
,
scornato
,
vilipeso
,
sbandito
e
magari
sotterrato
.
La
mia
antipatia
non
disarma
per
questo
:
antipatico
mi
resta
né
riesco
a
vederlo
sotto
altra
luce
che
non
sia
quella
dell
'
antipatia
.
Cerco
di
farmi
una
ragione
.
Dico
:
Demetrio
si
crede
un
granché
.
E
con
questo
?
;
non
è
detto
che
cerchi
il
male
di
qualcuno
;
anche
il
tenore
Isidoro
si
crede
più
bravo
di
tutti
i
tenori
,
il
calzolaio
Crispino
più
bravo
di
tutti
i
calzolai
:
non
ci
vedo
motivo
perché
tu
perda
la
bella
pace
dell
'
anima
per
Demetrio
.
Altro
aspetto
del
«
problema
»
:
c
'
è
tanti
superbiosi
e
vanesii
coi
quali
vado
benissimo
d
'
accordo
;
c
'
è
dei
prepotentoni
vicino
ai
quali
sento
anzi
uno
speciale
calore
di
protezione
che
mi
piace
moltissimo
;
e
c
'
è
dei
tipi
veramente
ingombranti
dai
quali
pure
mi
lascio
portar
via
quasi
volentieri
parte
del
mio
«
spazio
vitale
»
.
Che
cosa
c
'
è
dunque
in
Demetrio
che
non
mi
è
possibile
perdonargli
?
Intanto
,
è
proprio
la
soddisfazione
di
sé
che
leggo
nei
suoi
occhi
e
in
ogni
sua
parola
.
Sicuramente
la
mia
antipatia
non
va
al
suo
potere
e
al
suo
successo
effettivi
,
di
quattrini
,
di
autorità
,
di
nominanza
,
di
donne
:
Creso
,
Cesare
,
don
Giovanni
non
hanno
mai
turbato
i
miei
sonni
,
eppoi
bene
spesso
quegli
che
mi
procura
tant
'
uggia
è
un
povero
diavolo
scansato
e
maltrattato
dall
'
universale
;
ma
va
,
la
mia
antipatia
,
proprio
a
quello
che
lui
si
ostina
a
credere
di
sé
nel
suo
cervellaccio
e
che
non
stinge
per
nessun
acquazzone
di
contrarietà
e
grandinata
di
botte
.
Ma
è
caritatevole
ciò
da
parte
mia
?
Certo
che
no
,
se
le
cose
stessero
tutte
e
semplicemente
a
questo
modo
.
Ma
ci
dev
'
essere
altro
,
e
me
n
'
assicura
il
fatto
che
,
insieme
con
me
,
a
non
poter
soffrire
Demetrio
,
siamo
in
tanti
,
e
fra
i
tanti
ci
sono
persone
infinitamente
più
giuste
e
longanimi
di
me
...
Demetrio
della
malora
,
se
tu
sapessi
nascondere
un
po
'
meglio
quella
tua
terribile
contentezza
di
te
stesso
,
se
tu
sapessi
essere
soltanto
un
po
'
ipocrita
,
vedi
quanta
noia
potresti
risparmiare
a
me
e
a
tant
'
altre
brave
persone
...
E
in
fondo
quanta
vergogna
.
Perché
,
in
fondo
,
proprio
questo
noi
ti
rinfacciamo
:
di
non
saperci
nascondere
la
tua
innocua
soperchieria
mentale
,
la
tua
troppo
ingenua
arroganza
.
Dice
:
Non
ci
pensare
.
E
una
parola
!
Antipatia
è
implicitamente
riconoscimento
di
personalità
,
come
quando
camminando
al
buio
abbiamo
l
'
impressione
di
star
sempre
per
urtare
in
qualcuno
.
Se
odiare
significa
sentir
la
voglia
di
acchiappare
Demetrio
per
il
petto
,
sbatterlo
contro
il
muro
,
piantargli
un
palmo
di
lama
nel
costato
,
è
certo
ch
'
io
non
ho
mai
odiato
Demetrio
.
Se
odiare
,
più
modestamente
,
vuol
dire
vagheggiare
nel
pensiero
che
Demetrio
venga
a
trovarsi
in
una
situazione
ridicola
e
tremenda
,
accompagnato
a
suon
di
fischi
e
a
furia
di
torsoli
fuori
delle
porte
della
città
,
neanche
a
questo
punto
ho
mai
odiato
Demetrio
.
Ma
se
per
odiare
bastasse
desiderare
che
Demetrio
non
fosse
mai
venuto
al
mondo
e
capitato
fra
i
piedi
,
allora
sono
ottimo
odiatore
anch
'
io
.
Mi
spiego
:
non
è
ch
'
io
gli
voglia
specificatamente
del
male
;
ma
la
sola
idea
che
ora
monto
sul
treno
e
potrei
trovarlo
dentro
lo
scompartimento
,
che
vado
a
rispondere
al
telefono
e
posso
sentire
la
sua
voce
,
mi
rende
smanioso
.
Peggio
,
mi
rende
antipatico
a
me
stesso
.
Cattiveria
da
parte
mia
non
è
,
ché
in
conclusione
il
solo
a
soffrirne
,
dei
due
,
sono
io
.
Male
che
la
vada
,
lui
si
bea
.
Dirò
l
'
ultima
:
l
'
idea
che
Demetrio
possa
intervenire
al
mio
funerale
già
mi
sciupa
il
riposo
della
fossa
.
StampaQuotidiana ,
La
vedova
Mondella
,
avendo
confidato
Lucia
alle
mura
del
convento
di
Monza
,
se
ne
torna
in
baroccio
ai
suoi
monti
.
Si
fa
smontare
al
convento
di
Pescarenico
e
chiede
del
padre
Cristoforo
.
Chi
cercate
,
buona
donna
?
Il
padre
Cristoforo
.
Non
c
'
è
.
Starà
molto
a
tornare
?
Mah
!
Dov
'
è
andato
?
A
Palermo
.
Eh
la
Peppa
!
Ma
così
si
legge
nella
primitiva
redazione
del
romanzo
,
quando
ancora
s
'
intitolava
Fermo
e
Lucia
.
Nei
Promessi
Sposi
il
dialogo
acquista
in
mimica
e
verisimiglianza
.
In
tanto
,
chi
viene
ad
aprire
è
una
cara
conoscenza
:
fra
Galdino
delle
noci
.
Oh
la
mia
donna
,
che
vento
v
'
ha
portato
?
Vengo
a
cercare
il
padre
Cristoforo
.
Il
padre
Cristoforo
?
Non
c
'
è
.
Oh
,
starà
molto
a
tornare
?
Ma
...
?
disse
il
frate
,
alzando
le
spalle
e
ritirando
nel
cappuccio
la
testa
rasa
.
Dov
'
è
andato
?
A
Rimini
.
Cominciamo
a
ragionare
:
l
'
autore
ammette
che
già
l
'
«
andare
a
piedi
da
Pescarenico
a
Rimini
è
una
bella
passeggiata
»
(
qualche
cosa
come
quattrocento
chilometri
)
;
fino
a
Palermo
,
poi
!
A
tenere
insieme
presenti
il
testo
di
Fermo
e
Lucia
(
1821-1823
)
e
quello
delle
due
edizioni
dei
Promessi
Sposi
(
1827-1840
)
è
come
andare
lungo
la
spiaggia
quando
il
mare
ha
il
respiro
più
corto
e
ancora
si
scorgono
i
segni
e
i
detriti
che
le
onde
lunghe
avevano
impresso
e
portato
sulla
sabbia
.
Onda
lunga
:
il
frate
a
Palermo
;
onda
corta
:
il
frate
a
Rimini
.
Onda
lunga
:
il
fattaccio
di
Gertrude
spiegato
per
filo
e
per
segno
;
onda
corta
:
«
la
sventurata
rispose
»
.
Onda
lunga
,
la
fine
in
frenesia
di
don
Rodrigo
sul
cavallo
scavezzato
;
onda
corta
,
la
sua
agonia
sulla
paglia
nella
capanna
del
lazzaretto
;
e
lo
stesso
dicasi
per
tutto
quanto
nel
romanzo
da
principio
era
eccessivo
,
feroce
,
sguaiato
,
stonato
anche
nella
santimònia
come
nella
scena
del
«
banchetto
»
di
pane
e
acqua
recitata
dal
cardinale
Federigo
in
conspetto
alla
turba
acclamante
dei
fedeli
,
o
di
meno
accettabile
quale
appunto
la
trottata
di
più
che
mille
miglia
sul
cavallo
di
San
Francesco
,
dalla
Brianza
alla
Conca
d
'
oro
,
d
'
un
povero
cappuccino
.
Ciò
è
molto
istruttivo
.
A
tanta
disciplina
discrezione
dolcezza
il
Manzoni
prosatore
non
poteva
arrivare
alla
prima
e
gli
convenne
lasciarsi
andare
giù
per
la
china
d
'
una
impetuosa
improvvisazione
,
per
poi
risalire
l
'
erta
«
pensandoci
su
»
,
lentamente
,
cautamente
,
per
anni
e
anni
.
Voglio
dire
che
se
il
povero
frate
non
fosse
partito
col
foglio
di
via
dell
'
«
obbedienza
»
per
oltrestretto
,
con
molta
probabilità
non
sarebbe
arrivato
neanche
sulle
rive
del
Marecchia
.
Resta
poi
da
dire
che
se
il
romanziere
fosse
rimasto
incastrato
a
Fermo
e
Lucia
,
dove
pure
il
romanzo
,
in
quanto
romanzo
,
c
'
era
già
tutto
,
d
'
un
Manzoni
prosatore
,
a
un
secolo
di
distanza
,
appena
si
pispiglierebbe
.
(
Che
lezione
,
per
i
«
contenutisti
»
che
si
sentono
vocati
a
consegnare
alla
carta
quanto
più
consistenti
partite
di
vita
sia
loro
possibile
accaparrare
!
)
.
Com
'
è
parimente
vero
che
il
Manzoni
non
sarebbe
riuscito
quel
prodigioso
tessitore
ch
'
egli
è
se
in
un
primo
tempo
non
avesse
steso
un
po
'
alla
carlona
,
con
la
mano
ancora
pesante
,
la
malatrama
di
quell
'
affrettato
canovaccio
.
(
Che
lezione
,
per
i
«
calligrafi
»
che
si
fanno
scrupolo
di
offendere
il
candore
della
pagina
con
una
parola
di
troppo
!
)
.
Tutti
ricordano
il
ritratto
che
di
Margherita
di
Savoia
fa
il
Carducci
in
Eterno
femminino
regale
:
Ella
sorgeva
con
una
rara
purezza
di
linee
e
di
pose
nell
'
atteggiamento
e
con
una
eleganza
semplice
e
veramente
superiore
sì
dell
'
adornamento
gemmato
sì
del
vestito
(
color
tortora
,
parrai
)
largamente
cadente
.
In
tutti
gli
atti
,
e
nei
cenni
,
e
nel
mover
raro
dei
passi
e
della
persona
,
e
nel
piegar
della
testa
,
nelle
inflessioni
della
voce
e
nelle
parole
,
mostrava
una
bontà
dignitosa
;
ma
non
rideva
né
sorrideva
mai
.
Riguardava
a
lungo
,
cogli
occhi
modestamente
quieti
,
ma
fissi
;
e
la
bionda
dolcezza
del
sangue
sassone
pareva
temperare
non
so
che
,
non
dirò
rigido
,
e
non
vorrei
dire
imperioso
...
«
Questo
è
schietto
e
puro
Manzoni
»
,
assevera
Giulio
Bertoni
(
Lingua
e
poesia
,
Firenze
1937
,
pag
.
205
)
,
che
aveva
probabilmente
nell
'
orecchio
le
descrizioni
della
Signora
di
Monza
e
della
madre
di
Cecilia
.
Senonché
,
a
proposito
del
medesimo
passo
carducciano
Mario
Praz
(
La
carne
,
la
morte
e
il
diavolo
nella
letteratura
romantica
,
Milano
1930
,
pag
.
433
)
esce
a
dire
:
«
Chi
non
sente
che
il
movimento
della
prosa
aulica
di
Stelio
[
leggi
:
D
'
Annunzio
]
nel
Fuoco
,
prende
origine
di
qui
?
»
.
Concediamo
pure
che
qualche
parte
di
vero
sia
nel
rilievo
dell
'
uno
e
l
'
altro
insigne
filologo
a
quei
tre
periodi
carducciani
(
io
forse
ci
ritroverei
anche
qualche
pennellata
del
Tommaseo
ritrattista
di
belle
donne
)
e
togliamo
un
momento
idealmente
di
mezzo
la
pagina
da
essi
citata
al
doppio
confronto
,
per
il
gusto
raro
di
vedere
una
volta
stare
a
fronte
l
'
autore
del
Piacere
e
quello
della
Morale
cattolica
,
come
chi
dicesse
il
diavolo
e
l
'
acqua
santa
.
Che
si
dicono
,
che
fanno
?
Disagio
e
meraviglia
sono
reciproci
.
Avesse
dovuto
riempire
lui
la
trama
dei
Promessi
,
da
che
verso
D
'
Annunzio
l
'
avrebbe
tirata
?
Potreste
garantire
ch
'
egli
non
avrebbe
assunto
il
punto
di
vista
di
don
Rodrigo
e
del
conte
Attilio
piuttosto
che
quello
del
padre
Cristoforo
?
Magari
dopo
vinta
la
tentazione
di
fare
del
cappuccino
un
personaggio
sul
tipo
di
quel
fra
'
Lucerta
di
Terra
vergine
che
muore
di
emorragia
cerebrale
per
la
rientrata
voglia
d
'
una
bella
villana
?
(
«
Ohibò
,
ohibò
,
le
ragazze
non
istanno
bene
coi
cappuccini
»
era
del
resto
anche
l
'
opinione
d
'
uno
degli
scherani
d
'
Egidio
che
avean
dato
mano
al
ratto
della
povera
giovane
in
Fermo
e
Lucia
)
.
Dico
che
è
quasi
più
facile
immaginarsi
un
Manzoni
che
lavori
al
Piacere
che
non
un
D
'
Annunzio
che
attenda
sul
serio
ai
Promessi
Sposi
...
Tornando
al
punto
:
D
'
Annunzio
che
riecheggia
inconsciamente
Carducci
che
riecheggia
involontariamente
Manzoni
...
Caro
Ugo
,
caro
Massimo
,
(
Vedi
Corriere
della
Sera
del
14
e
del
21
ottobre
)
,
caro
Giulio
e
caro
Mario
,
caro
Gabriele
e
carissimo
don
Lisander
,
sarebbe
questa
,
per
caso
,
la
Tradizione
?
Avversarsi
,
sconoscersi
,
vilipendersi
;
peggio
,
ignorarsi
;
peggio
ancora
,
esser
convinti
d
'
aver
trovato
il
proprio
bene
precisamente
nelle
letterature
più
remote
dallo
spirito
della
letteratura
materna
,
e
non
cessare
per
questo
d
'
appartenere
in
pieno
alla
stessa
grande
famiglia
,
non
è
forse
questa
la
Tradizione
?
L
'
esemplificazione
porterebbe
lontano
.
Si
potrebbero
rifilare
alla
Feroniade
di
nascosto
certi
versi
d
'
Alcione
e
nessuno
s
'
accorgerebbe
del
tassello
;
neanche
il
Monti
.
Laus
vitae
e
Il
Giorno
:
D
'
Annunzio
e
l
'
abate
Parini
:
si
possono
pensare
opere
e
uomini
più
distanti
?
Eppure
talune
rigirate
perifrasi
nel
primo
,
e
per
maggiore
singolarità
nei
passi
dove
più
il
poeta
ambiva
investire
liricamente
aspetti
della
vita
contemporanea
,
m
'
hanno
fatto
tornare
a
mente
certi
arguti
artifizi
del
poemetto
settecentesco
.
Quel
«
carro
elettrico
»
(
che
poi
sarebbe
il
tranvai
elettrico
:
Maia
,
verso
5537
)
il
quale
corre
tra
la
ferrea
fune
sospesa
e
il
duplice
ferro
seguace
,
e
più
ancora
quel
telefono
(
ibid
.
v
.
2681
)
per
il
quale
la
voce
sonora
formata
dal
labro
spirante
in
cavo
artificio
s
'
ingolfa
,
di
sillaba
in
sillaba
vibra
tacitamente
lontana
,
ravvivasi
come
in
profonda
búccina
e
favellare
l
'
ascolta
l
'
orecchio
inclinato
,
m
'
hanno
indotto
a
ricercare
nel
Giorno
la
pagina
dove
si
parla
dell
'
inventore
del
microscopio
e
quella
(
Notte
,
v
.
287
)
dove
si
cantano
le
laudi
del
canapè
.
Vero
è
che
il
«
cavo
artificio
»
e
la
«
profonda
bùccina
»
levano
ogni
voglia
di
telefonare
,
mentre
quel
canapè
«
di
tavole
contesto
e
molli
cigne
»
,
col
«
pàtulo
appoggio
»
per
il
dorso
e
i
flessuosi
bracciuoli
per
i
gomiti
,
«
mal
repugnante
e
mal
cedente
insieme
Sotto
ai
mobili
fianchi
»
,
fa
già
voglia
di
sbottonarsi
il
colletto
e
lasciarvisi
cadere
.
Ma
è
che
la
peregrinità
circonlocutoria
pariniana
è
ricomperata
appieno
dall
'
ironia
che
vi
serpeggia
per
entro
a
ludibrio
di
quella
società
manierosa
della
quale
l
'
Abate
scopre
perfidamente
gli
altarini
,
mentre
l
'
annunciatore
della
Decima
Musa
arrotonda
il
suo
indovinello
coll
'
ozioso
impegno
di
chi
proprio
sul
serio
chiamasse
la
barba
«
onor
del
mento
»
.
D
'
Annunzio
,
voi
dite
,
non
sta
tutto
lì
;
(
rispondo
:
ci
mancherebbe
altro
!
)
e
pensate
anche
:
Se
la
Tradizione
è
l
'
onor
del
mento
,
benefà
Bontempelli
a
raccomandarci
di
infischiarcene
.
Ma
,
della
Tradizione
,
il
cavo
ordigno
e
l
'
onor
del
mento
sono
,
come
altri
innumerevoli
spezzati
di
magniloquenza
o
di
ardua
criptoloquenza
,
i
ferrivecchi
;
la
cui
secolare
giacenza
nei
magazzini
della
Tradizione
poetica
italiana
denuncia
per
altro
un
attaccamento
,
che
non
può
esser
fortuito
,
ai
modi
più
nobili
.
Muse
straccione
non
hanno
mai
fatto
fortuna
in
Italia
.
Viene
poi
il
momento
che
una
ispirazione
verace
riconforta
coonesta
ed
abbella
anche
i
ferrivecchi
.
Quando
Leopardi
ode
«
augelli
far
festa
»
nessuno
si
sogna
di
arricciare
il
naso
perché
il
poeta
non
ha
scritto
uccelli
,
passeri
o
cardelli
.
Quando
è
verso
di
Ungaretti
iniziale
di
più
d
'
una
sua
poesia
:
uno
di
quei
suoi
versi
fatti
d
'
una
sola
parola
lungamente
vibrata
e
sospesa
che
hanno
fatto
tanto
ridere
gli
sciocchi
.
Quando
mi
morirà
questa
notte
e
come
un
altro
potrò
guardarla
...
Ma
centomila
poesie
italiane
,
di
sommi
e
di
mediocri
,
auliche
o
popolari
,
oziose
o
concitate
,
allegre
o
sentimentali
,
cominciano
con
«
quando
»
.
Basta
riandare
con
la
memoria
le
poesie
imparate
a
scuola
.
«
Quando
Orion
dal
cielo
...
»
,
«
Quando
Giason
dal
Pelio
...
»
e
tante
altre
rimasteci
impresse
dalle
prime
letture
autonome
;
basta
scorrere
gl
'
«
indici
dei
capoversi
»
in
fondo
alle
raccolte
di
tanti
poeti
antichi
e
moderni
(
e
quanto
più
sono
poeti
di
corda
lenta
;
ma
Stecchetti
esagera
!
)
:
tutto
il
Parnaso
italiano
è
uno
scampanio
di
«
quando
»
,
da
Petrarca
a
Parzanese
,
da
Carducci
a
Ungaretti
.
(
Specie
i
sonetti
.
«
Quando
»
in
vista
,
sonetto
in
pista
.
Contro
quattordici
sonetti
di
Petrarca
aperti
in
«
quando
»
,
sta
una
sua
sola
canzone
.
Ma
è
il
più
bel
«
quando
»
della
lirica
italiana
:
«
Quando
il
soave
mio
fido
conforto
...
»
)
.
Esiste
,
per
finire
,
anche
una
poesia
,
unica
del
suo
genere
,
che
con
un
«
quando
»
termina
:
un
«
quando
»
paurosamente
isolato
e
interrogativo
.
È
l
'
ode
alla
Guerra
di
Carducci
,
scritta
giusto
di
questi
giorni
cinquant
'
anni
or
sono
,
in
occasione
del
terzo
Congresso
internazionale
per
la
Pace
,
solennemente
inaugurato
in
Campidoglio
il
2
novembre
1891
:
jettata
Pace
,
il
giorno
dei
Morti
!
I
congressisti
,
con
molti
battimani
e
qualche
battibecco
,
portarono
a
termine
i
loro
lavori
e
trascorsero
bellissime
giornate
romane
fra
luminarie
ricevimenti
e
serate
di
gala
.
Trionfava
nei
ritrovi
la
bella
baronessa
Suttner
,
che
aveva
pubblicato
da
poco
un
romanzo
intitolato
Abbasso
le
armi
.
Il
3
novembre
Carducci
prese
la
penna
.
Dopo
aver
ragionato
in
venti
strofe
qualcuna
stupenda
le
fatali
,
buone
e
cattive
,
ragioni
della
guerra
,
chiudeva
dicendo
pace
è
vocabolo
mal
certo
.
Dal
sangue
la
Pace
solleva
candide
l
'
àli
.
Quando
?
La
risposta
era
implicita
nell
'
ode
stessa
:
mai
.
Ancora
me
ne
dispiace
per
la
bella
baronessa
!
StampaQuotidiana ,
Ho
conosciuto
anni
fa
in
una
città
di
provincia
un
uomo
di
pasta
così
dolce
che
non
sapeva
che
cosa
fosse
dire
no
.
Una
volta
,
sotto
le
feste
di
carnevale
,
gli
fecero
fare
da
suggeritore
in
certe
recite
di
beneficenza
.
Or
bene
,
si
investiva
talmente
delle
parti
che
veniva
suggerendo
,
che
anche
alla
seconda
e
terza
replica
tornava
,
come
la
prima
sera
,
a
commuoversi
nelle
scene
dolorose
in
modo
da
non
riuscire
a
leggere
il
copione
per
le
lagrime
che
gli
facevano
velo
.
E
mentre
si
ripuliva
gli
occhiali
la
recitazione
tremolava
tutta
come
i
riflessi
d
'
un
tempietto
nelle
acque
d
'
un
lago
attraversato
da
una
flottiglia
di
cigni
neri
.
In
proposito
resti
quello
del
Metastasio
:
«
Sarebbe
un
picciol
cuoco
ed
inetto
quello
che
non
sapesse
far
sentire
gli
effetti
della
sua
magistrale
esperienza
se
non
agli
altri
cuochi
suoi
pari
»
.
Oh
via
,
ciascuno
serva
e
segua
come
può
meglio
il
proprio
talento
.
La
riuscita
peggiore
sempre
la
farebbero
gli
aridi
che
volessero
fingere
una
dolcezza
che
in
cuore
non
hanno
e
i
paciocconi
che
per
farsi
credere
al
corrente
(
ce
n
'
è
,
ce
n
'
è
)
si
mettessero
anche
loro
a
fare
i
difficilini
.
(
Una
cosa
m
'
auguro
:
che
all
'
inferno
gli
annoiatori
di
professione
stiano
in
una
bolgia
a
sé
,
senza
comunicazione
con
le
altre
)
.
Faccio
ogni
tanto
delle
scommesse
con
me
stesso
.
Leggendo
le
Lettere
al
marchese
Hercolani
sopra
alcune
particolarità
della
Baviera
(
1762
)
di
Gianlodovico
Bianconi
,
personaggio
serissimo
,
erudito
imparruccatissimo
,
Consigliere
di
Corte
presso
Augusto
III
duca
di
Sassonia
e
re
di
Polonia
,
avevo
scommesso
d
'
arrivare
in
fondo
al
volume
.
Stavo
lì
lì
per
perdere
la
scommessa
,
quando
mi
arriva
sott
'
occhio
un
periodo
il
quale
ricàrica
di
colpo
tutta
la
mia
attenzione
:
Ci
sono
dei
critici
bonaccioni
che
si
comportano
press
'
a
poco
come
quel
suggeritore
di
provincia
.
Sul
più
bello
della
lettura
(
che
a
farlo
apposta
coincide
quasi
sempre
col
più
brutto
)
lagrimano
dalla
consolazione
d
'
aver
trovato
quello
che
cercavano
.
Critici
da
ridere
.
Eppure
,
non
si
sa
se
siano
peggio
di
quei
critici
che
entrano
nei
libri
nuovi
schioccando
la
frusta
del
domatore
e
non
sono
contenti
fino
a
quando
non
si
siano
messi
libro
e
autore
sotto
i
piedi
.
E
se
quello
che
per
soverchia
arrendevolezza
d
'
animo
deve
togliersi
gli
occhiali
per
asciugar
le
lagrime
è
critico
da
ridere
,
quest
'
altro
che
si
fa
un
obbligo
d
'
avere
gli
occhi
sempre
asciutti
e
adopera
in
conformità
un
cifrario
talmente
risecchito
che
poi
se
lo
capiscono
,
o
fanno
finta
di
capirselo
,
solo
gli
ascritti
alla
setta
degli
Impassibili
,
è
critico
da
piangere
.
Da
piangere
,
non
da
compiangere
:
ché
non
ho
mai
conosciuto
gente
più
soddisfatta
e
piena
di
sé
che
tipi
siffatti
.
Vedersi
poco
o
punto
intesi
è
per
essi
già
un
diploma
di
eccezionale
superiorità
.
E
buon
pro
gli
faccia
;
per
quanto
il
nostro
modesto
parere
Voi
avrete
osservato
che
la
maggior
parte
delle
contadine
Tedesche
portano
le
gonne
assai
corte
,
come
portàvanle
,
al
dir
d
'
Euripide
,
le
fanciulle
spartane
,
chiamate
perciò
da
'
Greci
mostratrici
di
coscie
.
Immaginatevi
adunque
qual
allegria
regni
ne
'
loro
balli
,
e
quale
orgasmo
.
Ben
detto
,
consigliere
Parruccone
.
Orgasmo
viene
dal
greco
e
significa
agitazione
di
sangue
.
E
adesso
mi
toccherà
di
leggere
anche
Euripide
...
Contadinella
nostrana
assai
più
composta
vive
nelle
strofette
della
Villanella
tutta
-
Natura
dell
'
abate
Aurelio
Bertòla
,
in
Arcadia
Ticofilo
Cimmerio
:
Le
gambe
,
ove
col
breve
Piè
svelto
hanno
corfin
,
Careggia
lieve
lieve
Un
grigio
gonnellin
.
Il
zefiro
alcun
poco
Increspando
lo
va
:
Amor
gode
a
quel
gioco
,
Ed
ella
ancor
no
'
l
sa
.
Ha
sedici
anni
,
occhi
celesti
,
gote
di
mela
rosa
,
veste
un
corsetto
porporino
sopra
una
camiciola
bianca
come
la
neve
.
Fa
d
'
un
'
azzurra
maglia
A
l
'
auree
trecce
un
fren
E
un
cappellin
di
paglia
In
su
l
'
orecchio
tien
.
Miniatura
,
dove
c
'
è
tutta
la
grazia
e
il
colore
del
festevole
Settecento
.
(
Quella
retina
di
colore
a
chiudere
i
capelli
sarà
come
quella
tornata
ieri
di
moda
?
)
Figurina
,
direte
,
troppo
elegante
per
una
villanella
di
Torre
del
Greco
e
che
pare
venir
fuori
da
una
copertina
di
rivista
di
mode
.
Ma
la
puzza
di
piedi
e
le
croste
al
ginocchio
non
hanno
cittadinanza
nella
buona
letteratura
italiana
,
e
tanto
meno
nella
nostra
poesia
pastorale
.
Per
certo
«
villanella
»
,
al
pari
di
«
forosetta
»
e
come
,
in
fondo
,
anche
la
«
donzelletta
»
e
il
«
garzoncello
»
del
Sabato
del
villaggio
,
e
tutte
le
«
pastorale
»
e
le
«
ninfe
»
che
popolano
tre
secoli
abbondanti
della
nostra
letteratura
,
sono
parole
oramai
troppo
sbiadite
all
'
occhio
e
all
'
orecchio
.
Ma
dovremmo
per
questo
,
per
una
paroletta
sbiadita
,
per
un
'
espressione
ammanierata
,
buttare
a
mare
secoli
di
poesia
?
So
anch
'
io
che
basta
la
parola
«
ninfa
»
a
rendere
sospetta
e
stucchevole
tutta
la
pagina
:
ma
provate
a
sostituirla
con
un
nome
a
voi
caro
,
oppure
metteteci
bella
guagliona
,
bella
tosa
,
bella
mula
,
bella
maschietta
:
a
volte
questo
basterà
perché
tutto
il
quadro
si
riànimi
.
È
quel
che
accade
per
la
parola
«
fiera
»
o
«
fera
»
,
che
da
Petrarca
in
poi
ha
empito
le
carte
di
Parnaso
;
ma
non
c
'
è
affatto
bisogno
che
tutte
le
volte
che
vi
c
'
imbattete
andiate
proprio
a
pensare
ai
clamori
e
ai
fetori
dello
Zoo
:
le
più
volte
si
tratta
d
'
un
cagnolino
,
d
'
un
canarino
,
d
'
uno
scoiattolo
.
Si
arriva
fino
a
Carducci
e
al
famoso
tramonto
della
Chiesa
di
Polenta
:
taccion
le
fiere
e
gli
uomini
e
le
cose
:
ora
,
che
fiere
volete
voi
che
si
trovassero
all
'
ora
di
cena
per
quei
dolci
colli
fra
Cesena
e
Bertinoro
?
Buoi
,
cani
,
somarelli
,
galline
.
Fiere
che
facevano
coccodè
.
Tempo
già
fu
che
la
faccia
verde
e
gli
occhi
d
'
antracite
della
Belgioioso
calamitarono
i
miei
sogni
.
Ma
oggi
mi
toccano
più
a
fondo
le
gote
di
mela
rosa
della
villanella
del
Bertòla
.
Il
poeta
romantico
coi
capelli
e
la
cravatta
al
vento
,
che
dall
'
alto
d
'
una
rupe
a
picco
sul
mare
grida
alle
onde
frementi
le
sue
estasi
ed
urla
al
vento
le
sue
pene
,
è
molto
bello
.
Ma
oggi
agli
occhi
miei
è
molto
più
bello
Metastasio
che
ogni
giorno
,
racconta
il
Bertòla
nelle
sue
Osservazioni
sopra
Metastasio
(
1784
)
,
tornava
a
chiudersi
in
casa
,
a
ora
fissa
,
«
preparandosi
così
ad
accogliere
il
momento
dell
'
estro
»
.
Ispirazione
a
domicilio
.
E
l
'
abate
romagnolo
commenta
:
«
Un
sì
fatto
aspettare
a
sangue
freddo
non
è
nel
vero
da
tutti
;
e
vi
si
richiede
principalmente
un
fondo
di
sofferenza
[
nel
significato
di
:
pazienza
]
che
non
è
gran
fatto
familiare
ai
poeti
»
.
Ma
anche
ai
giovani
di
sangue
caldo
che
andavano
a
trovarlo
Metastasio
garantiva
l
'
efficacia
del
proprio
metodo
:
«
Se
oggi
non
si
fa
nulla
,
non
importa
:
la
fantasia
intanto
va
riscaldandosi
sull
'
argomento
che
vi
siete
proposto
:
farete
dimani
;
ma
non
lasciate
di
pensarvi
seriamente
ogni
giorno
»
.
Sono
parole
,
credete
,
di
uno
che
se
n
'
intende
.
E
anche
diceva
,
il
Cantore
di
Nice
,
in
altra
occasione
:
«
Non
è
affatto
vero
,
come
si
crede
,
che
coteste
fanciulle
[
le
Muse
]
siano
state
meco
e
facili
e
cortesi
.
Per
farle
fare
a
mio
modo
ho
dovuto
sempre
sudar
moltissimo
ed
affannarmi
»
.
Farle
fare
a
proprio
modo
,
qui
è
il
punto
:
e
qui
il
divario
con
la
concezione
romantica
dell
'
ispirazione
che
tuona
dalla
nube
e
monta
dal
mare
.
Da
giovane
,
chi
non
s
'
è
fatta
una
religione
di
quella
rupe
,
di
quel
vento
,
di
quel
mare
e
di
quell
'
omìno
lassù
con
la
cravatta
svolazzante
?
Ma
oggi
non
so
che
darei
per
essere
stato
un
confidente
e
copista
del
Metastasio
che
avesse
qualche
volta
occasione
d
'
accompagnare
il
poeta
di
Corte
,
ci
-
devant
figlio
del
pizzicagnolo
di
via
dei
Cappellari
,
verso
casa
,
per
l
'
ora
di
quella
visita
,
sempre
incerta
e
sempre
possibile
,
di
Madama
Poesia
.
Salendo
le
scale
doveva
pensare
:
«
Sarà
per
oggi
,
forse
»
con
la
dolce
emozione
d
'
un
amante
non
ancora
guastato
da
troppe
fortune
né
amareggiato
da
gravi
insuccessi
.
Aspettava
un
po
'
:
e
:
«
Sarà
per
domani
,
forse
»
.
Il
conte
Alfieri
Antimetastasio
per
definizione
poetava
a
cavallo
e
controvento
,
e
più
tempaccio
faceva
,
e
più
intorno
il
paesaggio
gli
s
'
infoschiva
di
pioggia
o
illividiva
di
neve
,
e
più
pare
che
l
'
estro
gli
sfavillasse
:
dico
l
'
Alfieri
delle
Rime
,
non
delle
Tragedie
.
Di
un
interesse
particolarissimo
sono
le
indicazioni
di
tempo
,
stagione
,
luogo
,
occasione
,
annotate
ogni
volta
in
fondo
agli
autografi
delle
Rime
,
dalle
quali
indicazioni
ricaviamo
quanti
dei
suoi
trecento
,
o
poco
meno
,
sonetti
fossero
pensati
e
composti
a
cavallo
,
e
attraverso
quali
monti
e
torrenti
,
o
per
le
selve
d
'
abeti
di
Germania
,
o
sotto
le
mura
e
sui
ponti
delle
chiare
città
di
Toscana
,
e
quanti
in
vettura
per
le
strade
acciottolate
di
Francia
,
e
quanti
a
piedi
passeggiando
sui
ventosi
«
baloardi
»
di
Parigi
:
quali
sotto
«
pioggia
dirotta
»
,
quali
tra
«
nebbia
orrenda
»
,
«
nevicando
»
,
con
«
vento
del
diavolo
»
e
simili
.
Ma
sono
quasi
altrettanto
,
se
Dio
vuole
,
i
sonetti
che
l
'
Alfieri
scrisse
a
letto
:
e
anche
per
quelli
specificava
:
«
in
letto
,
gran
neve
»
,
«
in
letto
,
su
l
'
alba
»
,
«
in
letto
,
spirando
tramontana
»
e
via
dicendo
.
Anche
Carducci
segnava
le
date
e
spesso
anche
l
'
ora
precisa
in
cui
aveva
staccato
la
penna
dal
foglio
.
A
cavallo
non
andava
.
Qualche
poesia
la
scrisse
in
treno
.
E
almeno
d
'
una
si
sa
che
anche
lui
la
scrisse
in
letto
:
un
sonetto
:
il
IX
del
Ça
ira
:
quello
,
fate
caso
,
che
comincia
:
Oh
non
mai
re
di
Francia
al
suo
levare
.
Tale
di
salutanti
ebbe
un
drappello
!
Mossa
d
'
inizio
tanto
impetuosa
e
festosa
quanto
poi
il
componimento
volge
al
cupo
e
al
raccapricciante
con
quella
testa
mozza
della
Lamballe
che
picchia
alla
finestra
del
Tempio
,
dov
'
è
prigioniera
la
Famiglia
reale
.
Tu
sorprendi
il
poeta
repubblicano
che
non
s
'
è
neanche
fidato
di
scendere
e
vestirsi
per
non
dar
tempo
alla
ispirazione
di
freddarsi
,
e
,
sollevato
sul
fianco
nel
suo
lettuccio
di
ferro
tutto
circondato
da
palchetti
di
libri
,
butta
giù
a
matita
i
primi
versi
sul
rovescio
d
'
una
busta
o
sui
margini
bianchi
della
Domenica
del
Fracassa
.
Stando
dunque
in
letto
il
poeta
s
'
immedesima
col
re
di
Francia
nella
rievocazione
dei
petits
e
dei
grands
levers
nella
raggiante
Versaglia
,
cui
assisteva
,
per
gran
privilegio
,
la
folla
chiassosa
dei
cortigiani
.
(
Questa
del
petit
lever
di
Versaglia
stava
nel
gozzo
al
Carducci
già
da
un
pezzo
,
da
quando
nella
Consulta
araldica
aveva
inveito
contro
quelli
che
porgevano
la
camicia
di
bucato
al
dormiglioso
re
)
.
E
nessuno
mi
leva
dalla
testa
che
anche
i
primi
bellissimi
versi
dell
'
Idillio
maremmano
Co
'
l
raggio
de
l
'
april
nuovo
che
inonda
.
Roseo
la
stanza
tu
sorridi
ancora
Improvvisa
al
mio
cuore
,
o
Maria
binda
;
Giosue
non
li
vedesse
primamente
come
impressi
,
aprendo
gli
occhi
nel
suo
letto
,
sulle
pareti
di
carta
fiorata
,
in
quel
beato
mattino
d
'
aprile
del
1867
.
StampaQuotidiana ,
Ausonio
,
poeta
latino
della
Garonna
,
quando
gli
nacque
il
primo
figlio
aveva
il
padre
ancora
in
gamba
,
di
giovanile
prestanza
.
Il
nuovo
sentimento
che
si
destò
nel
suo
petto
gl
'
inspirò
una
poesiola
di
straordinaria
delicatezza
.
Traduco
liberamente
,
ma
il
concetto
è
tale
.
Ecco
,
babbo
,
che
questo
mio
piccino
ti
ha
fatto
nonno
:
per
suo
merito
èccoci
papà
tutti
e
due
:
hoc
nato
nos
sumus
ambo
patres
.
A
fàrmiti
voler
bene
,
adesso
non
è
più
solo
il
mio
cuore
di
figlio
:
dal
giorno
che
sei
babbo
due
volte
,
anche
il
bene
ch
'
io
ti
portavo
s
'
è
raddoppiato
.
E
mi
pare
d
'
aver
un
più
grave
motivo
d
'
amarti
ora
che
mi
tocca
mostrare
a
questo
marmocchio
come
s
'
abbia
da
voler
bene
al
proprio
babbo
.
Si
dà
poi
quest
'
altra
magnifica
novità
:
che
,
da
poi
che
il
nostro
piccolo
mi
ha
insignito
dell
'
Ordine
di
Padre
,
io
mi
trovo
ad
essere
in
un
certo
senso
tuo
parigrado
.
Mi
sono
scordato
gli
anni
che
hai
,
mi
pare
quasi
d
'
esserti
fratello
.
I
primi
giorni
che
mio
figlio
andò
soldato
non
potevo
incontrare
un
po
'
di
salita
senza
sentirmi
pesare
anch
'
io
sulle
spalle
il
suo
zaino
,
né
veder
piovere
senza
sentirmi
arrivare
la
pioggia
nelle
ossa
.
E
se
poi
mi
accadeva
di
sentire
per
la
strada
una
fanfara
militare
raddrizzavo
le
vecchie
schiene
come
un
cavallo
da
corsa
.
Tra
me
e
mio
figlio
corre
lo
stesso
divario
d
'
età
che
correva
tra
me
e
mio
padre
.
Il
giorno
che
andai
a
trovarlo
soldato
lontano
da
casa
provai
una
viva
emozione
nel
vedermi
da
lui
guardato
con
la
stessa
intenzione
giocosamente
incoraggiante
con
la
quale
io
consideravo
mio
padre
quando
venne
a
trovarmi
soldato
,
anch
'
io
la
prima
volta
lontano
da
casa
.
Mai
come
quel
giorno
,
riaccompagnando
mio
figlio
in
caserma
mentre
suonava
la
tromba
della
ritirata
,
mi
sono
sentito
accanto
l
'
Ombra
premurosa
e
lieta
di
mio
padre
:
con
l
'
orgoglio
e
la
soddisfazione
che
anch
'
Essa
vedesse
bravo
Ausonio
!
che
figlio
in
gamba
avevamo
.
E
mentre
rimiravo
mio
figlio
anche
coi
Suoi
occhi
di
nonno
,
mi
sentivo
alleggerito
,
insolitamente
,
pur
di
quel
poco
di
severità
che
è
naturalmente
nel
fondo
dell
'
amore
paterno
.
Come
si
fa
,
di
fatti
,
a
sgridare
un
figlio
in
arme
,
anche
appena
soldato
di
fanteria
?
(
La
mamma
,
alla
prima
licenza
,
c
'
è
ancora
riuscita
,
con
sollazzo
di
tutti
,
figlio
compreso
)
.
E
come
non
mi
riesce
più
di
sgridarlo
,
èccomi
dunque
diventato
anch
'
io
nonno
.
Dica
chi
l
'
ha
provato
,
se
a
sentirsi
chiamar
papà
da
un
figlio
in
grigioverde
non
si
sveglia
un
'
eco
in
qualche
parte
che
raddoppia
quelle
sillabe
,
come
muro
ai
colpi
del
tamburello
.
Ricordo
quando
mio
padre
ebbe
dalle
superiori
autorità
il
permesso
di
venirmi
a
trovare
in
zona
d
'
operazioni
,
soldato
anch
'
io
di
fanteria
,
sull
'
Isonzo
.
Ebbi
qualche
ora
di
permesso
e
con
un
biroccino
,
tenendo
io
il
fucile
e
papà
l
'
ombrello
fra
le
gambe
,
andammo
a
far
colazione
in
una
piccola
osteria
di
Medeuzza
.
Erano
mesi
che
non
mangiavo
seduto
a
una
tavola
apparecchiata
.
Ma
nella
memoria
m
'
è
rimasto
,
chiaro
e
pungente
,
solo
il
momento
del
distacco
.
Avevo
anche
ottenuto
di
accompagnar
mio
padre
per
un
tratto
di
strada
fuori
dell
'
accampamento
.
Non
era
nemmeno
una
strada
,
ma
una
specie
di
tratturo
fangoso
,
pesticciato
da
truppa
e
carreggio
.
Calava
la
sera
d
'
autunno
:
di
minuto
in
minuto
tuonava
stanco
il
cannone
,
nelle
pause
facendo
più
profondo
il
silenzio
della
campagna
deserta
.
Presto
venne
il
momento
di
separarci
.
Io
rimasi
a
vederlo
allontanare
.
Aveva
un
pastranello
di
mezza
stagione
e
il
cappello
duro
,
e
faceva
un
curioso
effetto
vedere
un
borghese
da
quelle
parti
.
Il
mio
papà
!
Ogni
tanto
si
voltava
e
io
rinnovavo
il
cenno
d
'
addio
.
Dei
ricordi
che
a
un
quarto
di
secolo
di
distanza
la
guerra
m
'
ha
lasciato
,
uno
dei
più
vivi
e
cocenti
è
questo
.
di
quel
padre
fatto
sempre
più
piccolo
dalla
lontananza
sotto
uno
spicchio
di
luna
settembrina
,
sperduto
per
una
strada
senza
limite
di
fosso
o
di
siepe
,
ansioso
del
figlio
,
che
lasciava
sullo
sfondo
brontolante
di
quelle
cannonate
.
`
Rifatti
un
momento
avanti
,
Ausonio
di
Burdigala
e
dicci
anche
quell
'
altra
poesia
che
facesti
da
vecchio
per
tua
moglie
Attusia
:
quella
che
dice
:
Et
teneamus
nomina
quae
primo
sumpsimus
in
thalamo
...
Che
bellezza
,
vecchierella
mia
,
esser
andati
sempre
così
d
'
accordo
e
poterci
ancora
dare
i
nomi
che
ci
vennero
sulle
labbra
la
prima
notte
...
Il
tempo
che
passa
non
ci
tanga
,
come
non
fosse
affar
nostro
:
io
per
te
,
tu
per
me
,
seguitiamo
ad
essere
i
ragazzi
che
allora
fummo
.
E
il
fianco
antico
scaldami
dormendo
La
moglie
vecchierella
...
Quel
poeta
dell
'
uggia
e
dello
stento
,
quel
marito
pocodibuono
e
padre
solo
extratàlamo
che
fu
Giulio
Perticari
trovò
modo
di
essere
,
almeno
una
volta
in
vita
sua
,
poeta
brioso
e
delicato
e
,
almeno
in
intenzione
,
caro
marito
padre
nonno
e
bisnonno
,
nella
persona
del
vecchio
Menicone
Frufolo
di
quel
suo
poemetto
rusticano
(
Cantilena
per
Nozze
)
degno
per
vero
d
'
un
premio
demografico
«
(
Si
fa
la
casa
un
covo
di
conigli
;
s
'
adunan
tutti
,
e
mi
ballano
a
canto
sino
i
figli
de
'
figli
de
'
miei
figli
)
»
,
popolato
e
festoso
come
un
quadro
di
Jan
Steen
o
di
van
Ostade
.
Nel
quale
poemetto
il
nobile
marchigiano
squaderna
le
delizie
d
'
un
matrimonio
«
tutto
fiorito
e
senza
spino
alcuno
»
.
«
(
vo
'
del
matrimonio
i
cari
doni
,
il
mèle
,
l
'
oro
,
le
soavità
,
le
gentilezze
,
le
consolazioni
mostrarti
...
)
»
ch
'
era
esattamente
il
contrario
di
quel
suo
,
che
riuscì
tutto
spinoso
e
senza
fiore
alcuno
,
pur
avendo
tolto
in
moglie
la
bella
delle
belle
:
Costanza
Monti
.
Ma
fu
colpa
sua
,
e
dei
suoi
parenti
-
serpenti
,
come
racconta
persuasivamente
Maria
Borgese
nel
bel
libro
edito
dal
Sansoni
.
Rivalse
dei
poeti
:
quel
che
non
ebbe
e
non
seppe
meritarsi
nelle
sue
case
gentilizie
di
Pesaro
e
di
Savignano
,
la
beata
concordia
e
i
«
cari
doni
»
del
matrimonio
,
il
conte
Giulio
se
l
'
era
finti
nell
'
abituro
affumicato
di
Menicone
e
della
sua
vecchierella
,
tra
suoni
canti
balli
e
strepiti
del
più
cordiale
dei
parentadi
,
tra
rumor
di
telai
,
smiagolìo
di
gatti
,
abbaiar
di
cani
,
vocio
di
marmocchi
,
e
fuori
il
canto
della
serenata
di
qualche
spasimante
d
'
una
nipote
ancora
da
marito
.
In
casa
del
poeta
,
tutto
il
contrario
:
musi
lunghi
,
calunnie
sorde
,
disgusti
d
'
ogni
sorta
,
insinuazioni
da
coltello
,
malintesi
atroci
e
non
un
solo
bambino
da
far
saltare
sui
ginocchi
.
Il
ritratto
che
di
Costanza
fece
il
pittore
romano
Agricola
,
famoso
più
che
altro
pel
sonetto
del
Monti
,
dà
una
ben
pallida
idea
della
conclamata
bellezza
di
quella
mamma
mancata
(
ebbe
una
sola
gravidanza
e
andò
male
)
:
una
specie
di
Fornarina
cresciuta
all
'
ombra
invece
che
al
sole
:
petto
pieno
e
morbido
,
mani
affusolate
,
bocca
da
bambina
,
capelli
biondi
e
sottili
;
ma
occhi
bovini
e
faccia
troppo
larga
.
Senza
paragone
più
lieto
e
parlante
è
il
sonetto
:
Più
la
contemplo
,
più
vaneggio
in
quella
:
Mirabil
tela
...
Più
sotto
dice
che
,
al
paragone
di
quella
,
ogni
altra
«
tela
»
vien
meno
.
Curioso
:
manco
a
farlo
apposta
il
ritratto
è
dipinto
su
tavola
!
Grande
poeta
il
Monti
,
ma
che
,
bene
bene
,
non
ne
imbroccava
mai
una
.
StampaQuotidiana ,
Il
tiro
forse
più
birbone
che
amico
m
'
abbia
mai
fatto
fu
quello
giocatomi
dal
poeta
ticinese
Giuseppe
Zoppi
il
giorno
che
mi
fece
salire
a
tradimento
sulla
cattedra
d
'
un
'
aula
gremita
di
giovanotti
e
giovanotte
,
e
sulla
cattedra
stava
aperto
a
pagina
tale
un
mio
libro
,
con
invito
a
darne
io
lettura
e
commento
.
La
scuola
era
il
Politecnico
di
Zurigo
e
la
cattedra
quella
resa
illustre
fra
il
cinquantacinque
e
il
sessanta
da
Francesco
De
Sanctis
,
e
oggi
egregiamente
tenuta
dallo
Zoppi
;
il
quale
,
a
parte
il
tradimento
perpetrato
ai
miei
danni
,
bisogna
riconoscere
che
si
è
reso
simpaticamente
benemerito
della
nostra
letteratura
per
avere
avviati
nel
modo
più
cordiale
i
suoi
discepoli
alla
conoscenza
degli
scrittori
italiani
,
anche
viventi
.
Rifiutarmi
,
dopo
molte
gentilezze
ricevute
in
quella
cara
città
,
non
potevo
:
sarebbe
stata
una
scortesia
imperdonabile
.
Celando
il
mio
disappunto
,
lessi
e
commentai
.
(
Mi
lessi
e
mi
commentai
.
Fui
al
tempo
stesso
Dante
e
Scartazzini
:
Dante
in
quanto
italiano
e
Scartazzini
in
quanto
svizzero
)
.
Pur
condita
d
'
amaro
,
fu
esperienza
istruttiva
.
Di
fronte
a
un
pubblico
da
conferenze
,
costituito
per
solito
dalla
grigia
milizia
volontaria
di
zitelle
e
di
pensionati
che
non
sanno
trovare
modo
più
allegro
d
'
impiegare
le
ore
del
pomeriggio
,
non
sarebbe
stato
il
caso
d
'
aver
tanti
scrupoli
;
anzi
,
lécito
scodellare
loro
qualsiasi
minestra
:
e
se
la
minestra
è
sciocca
e
il
ragguaglio
inadeguato
,
tanto
peggio
pei
volontari
dell
'
uggia
.
Ma
un
'
aula
di
scuola
è
un
'
altra
cosa
,
ai
giovani
son
dovuti
altra
considerazione
e
altro
rispetto
.
Per
quanto
al
mio
tempo
io
sia
stato
sui
banchi
tutt
'
altro
che
uno
scolaro
esemplare
,
nei
venti
minuti
che
durarono
la
mia
lettura
e
il
mio
splanamento
più
d
'
una
volta
ebbi
,
antipaticissimo
,
il
senso
di
star
profanando
,
dall
'
alto
della
stessa
sedia
episcopale
,
un
tempio
venerando
.
Una
tacita
rampogna
saliva
a
me
dalla
pagina
del
mio
libro
,
che
alla
lettura
da
cattedra
mi
si
veniva
empiendo
idealmente
,
sui
margini
e
tra
le
righe
,
di
una
quantità
di
freghi
blu
e
di
segnacci
rossi
,
accusanti
la
debole
tessitura
dello
insieme
e
le
approssimazioni
le
improprietà
le
sconvenienze
delle
singole
espressioni
.
Parca
dirmi
,
la
povera
mia
pagina
oramai
ingiallita
dal
tempo
:
bella
figura
mi
stai
facendo
fare
,
e
anche
tu
fai
.
(
Curioso
:
nei
punti
dove
mi
pareva
che
la
pagina
resistesse
meglio
alla
lettura
avevo
l
'
impressione
di
stare
commentando
un
morto
,
mentre
nei
punti
dove
la
pagina
aveva
i
più
forti
cedimenti
mi
ci
ritrovavo
fin
troppo
vivo
)
.
E
levando
dalla
pagina
gli
occhi
in
viso
a
quelle
giovanotte
così
attente
e
sorridenti
mi
veniva
una
fiera
voglia
di
dire
:
fate
bene
a
essere
così
contente
,
ma
ohi
!
,
si
spera
che
tutto
questo
non
torni
a
scàpito
del
buon
concetto
che
vi
stavate
facendo
della
letteratura
del
mio
Paese
.
La
verità
è
,
avrei
voluto
anche
dire
,
che
nessuno
sa
,
nessuno
oggi
può
affermare
,
sia
di
questa
che
m
'
hanno
messa
a
tradimento
sotto
gli
occhi
che
delle
tante
che
,
in
tanti
,
siamo
andati
scrivendo
gli
ultimi
anni
in
Italia
,
fino
a
che
punto
,
in
un
domani
più
o
meno
lontano
,
venuti
cioè
al
punto
d
'
una
idonea
e
sufficiente
prospettiva
,
possano
essere
giudicate
meritevoli
di
commento
in
una
scuola
.
Mentre
una
cosa
terrei
per
certa
:
che
da
una
cattedra
,
da
qualsiasi
cattedra
,
sia
quella
di
Francesco
De
Sanctis
sia
quella
di
Coso
Cosi
,
oggi
e
sempre
debbano
impartirsi
e
onorarsi
conquiste
assodate
di
scienza
o
di
stile
e
non
ipotesi
più
o
meno
generose
;
e
che
in
iscuola
,
a
conoscenza
dei
giovani
debbano
esser
portati
solo
forme
e
concetti
collaudati
da
una
sufficiente
stagionatura
.
Ogni
acquisizione
di
scuola
dovrebbe
avere
un
suo
crisma
di
durabilità
e
inalterabilità
.
La
Messa
è
buona
cantata
in
buon
latino
e
non
improvvisata
o
stornellata
in
vernacolo
.
Per
la
spesa
in
ispiccioli
del
giorno
basta
la
Radio
.
Ma
in
iscuola
,
sarebbe
desiderabile
che
il
maestro
mettesse
la
sua
gloria
piuttosto
nell
'
indirizzare
i
giovani
alla
comprensione
e
al
gusto
di
quelle
letture
meno
ligie
al
costume
dell
'
ora
che
volge
,
che
da
soli
non
sarebbero
in
grado
d
'
intendere
alla
bella
prima
,
e
che
sole
invece
potranno
un
giorno
servir
loro
di
pietra
di
paragone
del
bello
e
del
brutto
,
del
vero
e
del
falso
.
E
facciamo
pure
l
'
ipotesi
,
generosa
affé
,
che
anche
questa
pagina
che
lo
Zoppi
mi
ha
fatto
ritrovare
aperta
sulla
cattedra
,
si
scopra
un
giorno
che
avesse
qualche
numero
buono
anche
per
gli
scolari
di
domani
:
voi
capite
,
care
le
mie
giovanotte
,
in
quale
increscevole
situazione
adesso
mi
venga
a
trovare
:
d
'
essere
cioè
,
io
intruso
cattedrante
occasionale
,
di
parere
assolutamente
contrario
a
quello
del
titolare
a
venire
d
'
una
cattedra
così
gloriosa
.
Io
affermo
che
la
coerenza
d
'
un
insegnamento
va
salvaguardata
con
una
consonanza
di
giudizi
attraverso
almeno
tre
generazioni
.
Le
mura
della
scuola
,
come
dei
monasteri
,
dovrebbero
essere
a
prova
di
ciclone
e
di
terremoto
,
e
maestri
e
priori
sapersi
tenere
con
intenzione
allo
scuro
delle
mode
e
delle
contromode
.
Caro
Zoppi
,
tu
ci
aiuteresti
a
zoppicare
...
Quarant
'
anni
fa
,
uno
studente
d
'
una
nostra
facoltà
di
lettere
che
si
fosse
messo
a
esplorare
un
autore
più
vicino
a
noi
che
non
fossero
Ruggerone
da
Palermo
o
Cenne
de
la
Chitarra
era
tenuto
in
gran
sospetto
dal
docente
.
Esagerazioni
!
Oggi
,
dalle
medesime
cattedre
,
si
ammettono
,
quando
non
proprio
si
suggeriscano
,
esercitazioni
e
tesi
su
Marinetti
,
Ungaretti
,
Quasimodo
.
Parte
lo
esploratore
armato
di
tutto
punto
e
si
ferma
dal
tabaccaio
.
Eh
no
,
troppo
facile
e
troppo
comodo
!
Tutte
le
volte
che
ho
parlato
davanti
a
quel
pubblico
che
dicevo
,
di
zitelle
e
di
pensionati
,
mi
sono
trovato
di
fronte
il
penoso
dilemma
se
chiudere
o
no
il
mio
sermone
col
pistolotto
.
(
A
buon
conto
lo
preparavo
,
salvo
saltarlo
all
'
ultimo
momento
)
.
Platealissimo
espediente
,
il
«
pistolotto
»
,
e
indegno
di
persona
bennata
,
ma
che
offre
il
grande
vantaggio
di
rendere
accorto
l
'
uditorio
che
il
sermone
è
arrivato
alla
fine
e
ch
'
è
venuto
il
momento
di
batter
le
mani
:
giacché
un
discorso
senza
battimano
alla
chiusa
,
sia
pure
di
sole
quattro
mani
,
è
cosa
da
piangere
:
e
quella
frazione
di
tempo
che
il
pubblico
alle
volte
mette
ad
accorgersi
che
il
divertimento
è
finito
,
per
poco
che
si
protragga
,
è
cosa
,
credete
a
chi
n
'
ha
fatto
esperimento
,
è
cosa
da
languire
...
Un
disagio
dello
stesso
genere
è
quello
che
si
prova
quando
per
distrazione
del
macchinista
il
sipario
indugia
qualche
secondo
a
calare
sul
finale
del
dramma
:
e
sapevano
certo
quello
che
si
facevano
,
i
vecchi
commediografi
,
quando
mettevano
in
bocca
a
un
attore
quattro
parole
di
commiato
con
le
quali
questi
,
rivolto
agli
spettatori
,
chiedeva
insieme
compatimento
e
battimano
.
«
Fàteci
con
lieto
plauso
o
spettatori
intendere
che
non
vi
sia
spiaciuta
questa
favola
»
.
Un
pistolotto
,
sia
pure
molto
bene
mascherato
,
ci
vuole
.
Così
da
bambino
,
se
non
sentivo
«
stretta
la
foglia
larga
la
via
»
,
mi
pareva
che
la
favola
non
fosse
ancora
veramente
finita
.
Anche
l
'
ultimo
periodo
dei
Promessi
Sposi
,
col
suo
«
vogliate
bene
a
chi
l
'
ha
scritto
e
anche
un
pochino
a
chi
l
'
ha
raccomodato
»
è
nel
tono
della
captatio
benevolentiae
d
'
un
finale
di
commedia
.
Ma
un
libro
almeno
si
vede
,
quand
'
è
finito
:
e
quella
captatio
il
Manzoni
se
la
sarebbe
potuta
risparmiare
;
come
,
d
'
altronde
,
se
l
'
era
risparmiata
nella
primitiva
stesura
di
Fermo
e
Lucia
che
faceva
punto
al
periodo
precedente
,
nel
quale
,
dalle
parole
di
Fermo
,
il
Manzoni
aveva
cavato
il
«
costrutto
morale
di
tutti
gli
avvenimenti
»
:
(
nei
Promessi
dirà
,
più
alla
buona
:
«
il
sugo
di
tutta
la
storia
»
)
.
E
non
è
detto
che
il
suo
romanzo
non
potesse
,
e
sempre
con
bellissimi
effetti
,
fermarsi
anche
qualche
periodo
prima
:
se
non
che
l
'
autore
ci
tenne
a
chiudere
la
partitura
con
un
pianissimo
,
arrivando
a
toccare
col
mignolo
proprio
l
'
ultimo
tasto
del
pianoforte
.
Ad
esempio
,
sarebbe
andato
benissimo
anche
se
avesse
staccato
la
penna
una
dozzina
di
righe
più
sopra
,
al
punto
dove
Lucia
,
«
soavemente
sorridendo
»
(
finalmente
,
dopo
settecento
pagine
,
si
ricorda
di
sorridere
!
)
,
chiude
la
bocca
a
Renzo
,
in
vena
di
filosofare
sulla
propria
storia
,
con
le
parole
:
«
quando
non
voleste
dire
che
il
mio
sproposito
sia
stato
quello
di
volervi
bene
,
e
di
promettermi
a
voi
»
,
dove
quel
promettersi
all
'
ultima
riga
sarebbe
stato
un
felice
richiamo
al
titolo
dell
'
opera
.
Altro
finale
indovinato
,
e
plausibilissimo
,
poteva
darsi
venticinque
righe
più
sopra
,
dove
dice
:
«
fu
una
bambina
;
e
potete
credere
che
le
fu
messo
nome
Maria
»
.
Immagino
che
Marino
Moretti
,
se
i
Promessi
l
'
avesse
scritti
lui
,
a
quella
bambina
si
sarebbe
fermato
.
Quant
'
a
me
,
non
ho
ancora
ben
deciso
se
troncare
dodici
righe
prima
o
sei
righe
dopo
Moretti
:
o
,
cioè
,
dove
dice
:
«
e
fu
,
da
quel
punto
in
poi
,
una
vita
delle
più
tranquille
,
delle
più
facili
,
delle
più
invidiabili
;
di
maniera
che
,
se
ve
l
'
avessi
a
raccontare
,
vi
seccherebbe
a
morte
»
;
oppure
dove
fa
parola
dei
figli
che
vennero
dopo
la
piccola
Maria
,
«
e
Renzo
volle
che
imparassero
tutti
a
leggere
e
scrivere
,
dicendo
che
,
giacché
la
c
'
era
questa
birberia
,
dovevano
almeno
profittarne
anche
loro
»
.
E
sulle
bozze
avrei
espunto
il
la
prima
di
c
'
era
...
StampaQuotidiana ,
Se
,
vinta
questa
guerra
,
la
vita
ci
accorderà
tanto
margine
di
tempo
da
poterci
riassuefare
all
'
idea
e
alla
pratica
della
pace
,
quale
effetto
ci
faranno
i
vent
'
anni
intercorsi
fra
le
due
«
mondiali
»
?
A
quella
guisa
che
le
cime
di
due
aspre
montagne
viste
di
lontano
qualche
volta
sembrano
far
parte
d
'
uno
stesso
crinale
e
poi
qualcuno
ci
spiega
come
qualmente
in
mezzo
vi
si
adagi
una
comoda
valle
,
allegra
di
campanili
e
di
agevoli
strade
,
già
d
'
ora
mi
pare
di
capire
che
lo
spazio
frapposto
all
'
uno
e
all
'
altro
conflitto
(
«
conflagrazione
»
!
si
diceva
l
'
altra
volta
)
ci
sembrerà
incredibilmente
accorciato
.
Ebbi
di
ciò
il
senso
nettissimo
la
prima
notte
di
questa
guerra
agli
urli
della
sirena
che
mi
svegliarono
nel
bel
mezzo
del
sonno
.
La
mia
mano
corse
a
incontrare
quella
della
sposa
e
rimanemmo
qualche
minuto
immoti
,
senza
scambiare
parola
,
in
ascolto
delle
artiglierie
antiaeree
e
del
ritmo
leggermente
affannato
del
nostro
respiro
.
Fulmineo
e
concorde
il
pensiero
ci
era
corso
al
primo
allarme
inteso
insieme
a
Padova
io
già
vecchio
soldato
e
lei
nuovissima
a
quella
scena
.
nel
diciotto
,
sposini
da
una
settimana
.
Allora
eravamo
balzati
dal
letto
e
,
vestiti
alla
meglio
,
eravamo
scesi
in
cantina
.
Questa
volta
,
più
vecchi
di
vent
'
anni
,
siamo
rimasti
immobili
,
con
la
mano
nella
mano
,
e
nello
stesso
momento
rivenne
a
entrambi
sulle
labbra
la
frase
della
nostra
padrona
di
casa
padovana
in
quei
frangenti
:
I
xe
qua
.
Ringiovaniti
di
colpo
!
Se
non
che
,
dopo
un
momento
,
ci
entrarono
in
camera
con
due
candele
i
figli
già
grandi
(
il
maschio
,
di
leva
)
,
leggermente
esaltati
per
la
grande
novità
della
cosa
.
La
novità
della
cosa
...
L
'
ammiraglio
«
Canossa
»
(
il
nome
,
naturalmente
,
è
di
mio
cònio
)
commentando
alla
Radio
i
«
fatti
del
giorno
»
ha
la
debolezza
di
volerci
far
sapere
che
tutti
gli
strepitosi
avvenimenti
che
da
qualche
anno
a
questa
parte
vanno
succedendo
nel
mondo
egli
li
aveva
già
previsti
,
scritti
e
stampati
dieci
,
quindici
,
vent
'
anni
prima
.
E
ogni
tanto
èccotelo
che
riapre
nel
discorso
due
virgolette
e
comincia
a
sillabare
con
particolare
espressione
questo
o
quel
passaggio
di
certi
suoi
vecchi
libri
,
riviste
e
giornali
.
Se
ci
fosse
la
televisione
,
sono
sicuro
che
a
quei
passi
ci
guarderebbe
da
sopra
gli
occhiali
come
Azzeccagarbugli
guarda
Renzo
mentre
gli
va
leggendo
la
grida
del
15
ottobre
dell
'
anno
prima
e
ci
strizzerebbe
l
'
occhio
.
In
breve
,
il
nostro
ammiraglio
tratta
la
Storia
come
una
scolaretta
famosa
per
la
sua
distrazione
,
e
la
richiama
,
e
l
'
ammonisce
:
Impara
mo
'
,
ci
sei
venuta
,
carina
,
a
Canossa
,
hai
dovuto
convincerti
,
cocciutella
,
che
avevo
ragione
io
?
Curiose
fisime
,
malinconiche
soddisfazioni
:
credere
che
tutta
quest
'
iradiddio
sia
capitata
a
bella
posta
per
dare
ragione
a
lui
,
all
'
ammiraglio
«
Canossa
»
!
Tutte
le
volte
che
lo
sento
avvicinarsi
a
quei
punti
previsti
a
me
pare
di
vedergli
sorgere
lenta
alle
spalle
,
come
nel
fondo
verdecupo
d
'
un
ritratto
«
metafisico
»
di
De
Chirico
,
una
grandiosa
testona
di
marmo
:
è
Cronos
,
che
dondola
i
riccioloni
di
marmo
e
sotto
i
suoi
baffoni
se
la
ride
delle
uscite
del
cronista
.
Infrarossi
dovevano
essere
i
raggi
della
immaginazione
d
'
Omero
,
per
rompere
,
come
fanno
,
lo
spessore
dell
'
aria
svelando
la
faccia
abbagliante
degl
'
iddei
dietro
le
terga
degli
eroi
duramente
impegnati
nell
'
azione
.
Sdegnato
contro
Agamènnone
,
Achille
ha
già
tirato
fuori
più
che
mezza
dal
fodero
la
grande
spada
e
Pallade
Atena
gli
sorge
alle
spalle
trattenendolo
pei
rossi
capelli
:
l
'
eroe
si
volge
esterrefatto
e
allo
splendore
tremendo
di
quelle
pupille
riconosce
la
dea
,
fatta
a
lui
solo
visibile
.
Ieri
sera
,
alla
Radio
,
c
'
era
un
tale
dei
«
trenta
minuti
nel
mondo
»
che
diceva
le
Fonti
del
Clitunno
in
un
modo
così
stonato
e
sguaiato
che
a
un
certo
momento
ho
creduto
di
vedergli
spuntare
dietro
le
spalle
l
'
ombra
corrucciata
di
Giosue
con
un
tortóre
in
mano
;
ma
quegli
seguitò
a
urlare
i
4
lascia
e
i
5
corri
delle
due
strofe
centrali
dell
'
ode
famosa
senza
un
sospetto
al
mondo
del
tortóre
imminente
.
Più
tardi
.
quattro
interpreti
dei
«
dieci
minuti
Mondadori
»
entrarono
a
recitare
dei
brani
delle
Vergini
delle
rocce
.
Claudio
Cantelmo
tornava
in
biroccino
al
castello
avito
col
solito
cloc
cloc
cloc
della
cavallina
a
sonagli
(
ma
nel
romanzo
si
trattava
,
se
ben
ricordo
,
d
'
una
borbonica
carrozza
a
due
cavalli
)
,
e
,
mentre
l
'
orchestra
accennava
un
tema
della
Quinta
sinfonia
;
(
ma
che
trovate
!
)
,
si
cominciavano
a
sentire
in
lontananza
cantilenare
le
voci
delle
tre
«
sorelle
prigioniere
»
in
un
modo
così
svenevole
che
questa
volta
,
su
quel
«
fondo
verdecupo
»
,
ho
visto
la
fronte
marmorea
di
Gabriele
lui
che
non
seppe
mai
vergogna
diventare
rossa
come
un
peperone
...
Il
tono
di
voce
di
...
(
non
starò
a
far
nomi
,
ma
dev
'
esser
pisano
)
mi
pare
,
di
tutti
,
il
più
appropriato
ai
«
commenti
»
che
dicevamo
:
né
da
cattedra
né
da
pulpito
,
né
troppo
drammatico
né
troppo
chiacchieratico
,
con
quel
tanto
d
'
affabile
sostenutezza
che
basti
a
cattivare
e
fermare
l
'
attenzione
dei
radioascoltatori
.
Altri
,
a
dire
il
vero
,
strafà
,
si
agita
troppo
,
sembra
che
parli
sempre
da
una
barricata
o
dal
ponte
d
'
una
caravella
conquassata
dalla
tempesta
;
altri
pare
che
detti
il
compito
a
una
scuola
serale
scarsamente
illuminata
e
poco
frequentata
,
con
lo
scaldino
fra
i
piedi
e
il
gatto
sulle
ginocchia
;
altri
ha
sempre
quell
'
ùzzolo
di
fare
un
contradittorio
d
'
alto
stile
coi
grandi
reggitori
di
popolo
;
altri
infine
ci
tratta
,
tutti
quanti
siamo
,
come
tanti
Pierini
in
calzoni
corti
sprovveduti
di
ogni
memoria
del
passato
e
d
'
ogni
comprensione
del
presente
.
Con
l
'
aiuto
della
Radio
è
da
pensare
che
nascerà
(
ma
già
sta
nascendo
)
una
nuova
forma
d
'
oratoria
,
più
normativa
che
esornativa
,
più
persuasiva
che
provocante
;
un
'
oratoria
,
che
non
sarà
né
da
chiesa
,
né
da
politeama
,
né
da
piazza
;
che
non
potrà
più
contare
sulle
teatrali
risorse
del
gesto
né
sulla
suggestione
contagiosa
di
trovarsi
insieme
a
comizio
;
una
oratoria
che
arrivi
spedita
e
franca
di
suggestioni
a
domicilio
,
alla
famiglia
,
alla
persona
,
il
babbo
che
fuma
la
pipa
,
la
mamma
che
rammenda
,
la
ragazza
che
stira
,
il
nonno
in
pantofole
,
il
ragazzo
che
si
rode
le
unghie
,
la
serva
al
fornello
:
un
ambiente
assolutamente
refrattario
,
dove
i
paroloni
non
darebbero
rimbombo
,
le
volate
non
hanno
corso
,
gli
effetti
preparati
cascano
nel
vuoto
,
le
preziosità
fanno
ridere
e
i
pistolotti
fanno
cecca
.
Ci
s
'
arriverà
;
ci
si
sta
arrivando
.
Bella
tra
le
belle
la
grande
orazione
dannunziana
della
Sagra
dei
Mille
,
pronunciata
in
faccia
al
mare
garibaldino
,
in
mezzo
alle
bandiere
ondeggianti
;
ma
pensate
all
'
effetto
che
v
'
avrebbe
fatto
se
vi
fosse
arrivata
in
casa
all
'
ora
di
cena
:
«
la
Notte
di
Michelangelo
s
'
è
desta
,
l
'
Aurora
di
Michelangelo
,
pontando
sul
sasso
il
piede
e
il
cubito
»
ecc
.
ecc
.
;
i
radioascoltatori
in
pantofole
avrebbero
detto
:
Ma
dove
le
va
trovando
,
Gabriele
...
L
'
immaginazione
del
poeta
lavorò
sempre
in
grande
e
nel
peregrino
.
La
prima
volta
che
aveva
parlato
in
pubblico
fu
al
liceo
«
Benedetto
Marcello
»
di
Venezia
nel
novembre
del
'95
.
Riscosse
un
bellissimo
successo
mondano
e
la
serata
si
chiuse
con
un
banchetto
di
cinquanta
coperti
(
Ojetti
se
ne
deve
ricordare
)
.
Aveva
pronunziato
l
'
orazione
detta
dell
'
Allegoria
dell
'
Autunno
,
quella
stessa
che
poi
inserì
nella
prima
parte
del
Fuoco
,
mettendola
in
bocca
al
protagonista
.
Ma
come
se
la
fece
fruttare
,
nel
romanzo
!
Cominciamo
col
dire
che
Stelio
Effrena
la
pronuncia
all
'
augusta
presenza
(
immaginaria
)
di
Margherita
di
Savoia
e
nientemeno
che
nel
Palazzo
Ducale
e
nientemeno
che
nella
Sala
del
Maggior
Consiglio
,
sotto
la
portentosa
Apoteosi
di
Venezia
dipinta
nel
soffitto
dal
Veronese
,
sullo
sfondo
dello
spettacolosissimo
Paradiso
dipinto
dal
Tintoretto
,
coi
ritratti
in
giro
di
ben
settantadue
dogi
che
lo
stavano
a
rimirare
...
Quel
benedetto
uomo
aveva
bisogno
di
parlare
sempre
sopra
le
righe
e
di
gittare
le
parole
oltre
il
segno
.
Una
platea
di
belle
signore
gli
diventava
una
platea
di
regine
.
Ed
ai
contadini
d
'
Ortonammare
parlava
come
a
una
folla
d
'
Ateniesi
.
«
Meditando
sul
fato
della
stirpe
io
ho
veduto
talvolta
nella
confusa
massa
umana
e
terrestre
disegnarsi
una
figura
ideale
che
mi
pareva
avere
io
medesimo
scolpita
con
le
mie
mani
caduche
,
come
quello
statuario
che
scolpì
nello
smisurato
monte
la
figura
eroica
di
Alessandro
cui
dalla
destra
sorgeva
una
città
e
dalla
sinistra
scaturiva
un
fiume
»
(
discorso
elettorale
,
agosto
'97
)
.
Pare
di
vederli
,
a
bocc
'
aperta
,
tutti
quegli
Aligi
e
Domenicantoni
...
Qualche
volta
mi
dico
:
quando
l
'
ultimo
residuo
del
persistente
dannunzianesimo
sarà
scomparso
,
e
tutti
,
borghesi
e
militari
,
saran
tornati
a
dire
le
cose
alla
spiccia
e
alla
buona
,
e
in
questo
anche
la
Radio
avrà
avuto
la
sua
parte
oh
come
ci
parrà
bello
e
ci
sarà
caro
e
come
a
cuore
libero
e
animo
tranquillo
ci
sarà
dato
finalmente
d
'
amarlo
il
nostro
Gabriele
!
StampaQuotidiana ,
Per
quel
viziaccio
di
«
rugare
»
,
tutta
la
vita
di
Rugantino
è
un
continuo
infortunio
sul
lavoro
.
(
«
Rugante
»
esprime
qualche
cosa
che
sta
fra
bravante
arrogante
e
brontolante
)
.
Alla
resa
dei
conti
ne
busca
sempre
e
di
quelle
dure
;
ma
questo
non
basta
a
guarirlo
della
sua
ruganza
,
dato
ch
'
egli
vive
nella
beata
persuasione
che
la
partita
si
chiuda
sempre
a
suo
favore
:
«
me
n
'
hanno
date
,
ma
je
n
'
ho
dette
!
»
.
Anzi
,
è
proprio
sotto
le
botte
che
quella
cucuzza
dalla
grinta
feroce
sprigiona
le
scintille
più
luminose
.
Come
«
personaggio
»
,
Rugantino
consiste
solo
in
una
vaga
tradizione
di
popolano
che
protesta
e
ne
busca
.
Il
momento
in
cui
la
sua
figura
prese
più
determinata
parvenza
fu
ai
giorni
e
per
merito
d
'
un
burattinaio
romano
vissuto
a
cavallo
del
Sette
e
dell
'
Ottocento
,
Gaetano
Santangelo
,
detto
«
Gaetanaccio
»
.
Andava
costui
per
i
larghi
e
le
piazze
di
Roma
col
suo
casotto
sulle
spalle
per
metterlo
in
piedi
non
appena
s
'
avesse
raccolto
intorno
un
numero
sufficiente
di
spettatori
.
Primo
attore
e
principale
richiamo
della
sua
«
compagnia
»
era
per
appunto
Rugantino
.
Le
trovate
di
Gaetanaccio
erano
di
quelle
che
facevano
andare
in
visibilio
il
popolo
minuto
.
Una
delle
più
belle
fu
questa
.
Nel
1823
i
Francesi
,
andati
in
Ispagna
per
rimettere
sul
trono
Ferdinando
VII
,
si
affrettarono
ad
annunciare
dal
primo
momento
una
strepitosa
vittoria
.
Subito
poi
si
sparse
voce
che
erano
invece
state
botte
da
orbi
.
Gaetanaccio
coglie
in
aria
la
notizia
e
corre
col
suo
trabaccolo
a
piazza
di
Spagna
sotto
le
finestre
dell
'
Ambasciata
.
La
gente
gli
fa
mucchio
intorno
.
Rugantino
,
quel
giorno
,
ha
una
serva
chiamata
guarda
combinazione
Vittoria
.
Entra
a
diverbio
con
Pulcinella
,
il
quale
sfodera
subito
l
'
asso
di
bastoni
e
comincia
a
farlo
rimbalzare
sulla
zucca
del
«
primo
attore
»
.
Sotto
la
gragnuola
Rugantino
inferocito
fa
il
giro
della
scena
chiamando
:
Vittoria
!
Vittoria
!
Entusiasmo
del
pubblico
,
e
facce
verdi
dietro
i
vetri
dell
'
Ambasciata
.
A
prenderle
da
Rugantino
,
poveretta
,
non
c
'
è
che
la
moglie
.
Nell
'
atto
,
entra
il
Diavolo
a
fargli
paura
.
Rugantino
gli
si
rivolta
come
una
tigre
:
Che
v
'
impicciate
de
li
fatti
mii
?
Ciavete
moje
voi
?
Brum
brum
fa
il
Diavolo
crollando
la
testa
.
Sete
vedovo
?
Brum
brum
.
Nun
ce
l
'
avete
?
...
ma
quela
lì
nun
è
testa
da
scapolo
.
Che
lingua
avran
parlato
all
'
inferno
Pluto
e
Nembrotte
?
Dante
la
sapeva
lunga
:
per
tenere
obbligata
all
'
infinito
la
curiosità
dei
lettori
capì
che
niente
sarebbe
servito
meglio
che
farli
scervellare
su
dei
quesiti
propriamente
insolubili
,
e
con
aria
di
niente
ci
ficcò
il
piè
fermo
,
il
veltro
,
pape
satan
,
raphel
may
amech
et
similia
.
Altro
bel
quesito
:
in
quale
lingua
Cacciaguida
rivolge
la
parola
al
suo
trisnipote
?
Accetto
le
conclusioni
,
acutissime
,
di
Manfredi
Porena
in
un
suo
saggio
recente
:
non
la
sola
terzina
iniziale
(
0
sanguis
meus
,
Paradiso
XV
)
,
ma
tutte
le
novantanove
terzine
del
suo
discorso
nonno
Cacciaguida
le
discorre
in
latino
.
Sarà
contento
Galassi
Paluzzi
.
Dante
,
bontà
sua
,
ce
le
traduce
.
(
Mi
dispiace
per
Galassi
Paluzzi
)
.
Quella
che
Carlo
Galassi
Paluzzi
,
fondatore
e
presidente
dell
'
Istituto
di
Studi
romani
,
va
combattendo
da
molti
anni
,
col
mezzo
di
riviste
bollettini
repertori
conferenze
e
congressi
nazionali
e
internazionali
,
per
far
rifiorire
a
nuova
vita
l
'
uso
scritto
e
parlato
della
lingua
latina
si
può
veramente
a
dirla
con
l
'
anonimo
dei
Promessi
Sposi
«
deffinire
una
guerra
illustre
contro
il
Tempo
»
.
Tutto
lascia
credere
che
sarà
una
guerra
dura
,
lunga
,
forse
disperata
.
Si
fa
già
così
fatica
a
discorrere
in
italiano
...
Il
mezzo
più
sicuro
per
imparare
il
latino
lo
aveva
probabilmente
escogitato
quello
scrittore
indiavolato
che
fu
Girolamo
Gigli
.
Galassi
Paluzzi
dovrebbe
riprendere
l
'
idea
del
settecentista
.
Non
credo
che
esista
libro
di
più
curioso
e
ozioso
spasso
del
(
il
titolo
è
un
po
'
lungo
)
Collegio
Petroniano
delle
Balie
Latine
e
solenne
suo
aprimento
in
quest
'
anno
1719
in
Siena
per
dote
e
istituto
del
Cardinale
Riccardo
Petroni
a
benefizio
di
tutta
la
Nazione
Italiana
ad
effetto
di
rendere
naturale
la
Lingua
Latina
quale
fu
presso
i
Romani
,
col
vero
metodo
degli
Studi
per
la
Gioventù
dell
'
uno
e
dell
'
altro
Sesso
nel
medesimo
Collegio
stabiliti
,
del
Dottor
Salvatore
Toraci
,
primo
medico
di
detto
Collegio
.
È
una
pensata
in
tutto
e
per
tutto
degna
di
quell
'
amaro
allegorista
che
fu
Gionata
Swift
,
quello
della
mostruosa
Modesta
proposta
per
impedire
ai
figli
dei
poveri
d
'
Irlanda
d
'
esser
a
carico
dei
loro
genitori
e
del
loro
Paese
e
per
renderli
giovevoli
al
pubblico
(
1729
:
di
dieci
anni
posteriore
alle
Balie
Latine
e
la
proposta
era
di
cibarsi
della
carne
dei
bambini
in
età
d
'
un
anno
)
;
ma
resa
festevole
dalla
fantasia
d
'
un
Aldo
Palazzeschi
(
quello
del
Codice
di
Perelà
)
o
d
'
un
Ramón
Gomez
de
la
Serna
(
quello
del
libro
su
I
seni
)
;
con
l
'
accompagnamento
d
'
una
marcia
trionfale
come
nei
Maestri
cantori
,
ma
accomodata
alla
burlesca
da
uno
Stravinski
(
quello
della
Storia
d
'
un
soldato
)
;
perché
tutta
la
prima
parte
del
libro
delle
Balie
Latine
è
presa
dalla
descrizione
d
'
una
immaginaria
processione
sfilata
sotto
archi
trionfali
per
le
vie
di
Siena
,
dal
Palazzo
della
Signoria
all
'
inaugurando
Collegio
,
verso
il
tramonto
d
'
un
giorno
di
febbraio
.
Precedono
con
trombe
e
tamburi
(
siamo
nella
città
del
Palio
)
i
gonfaloni
della
Signoria
,
e
i
rappresentanti
di
tutti
gli
Ordini
della
città
,
delle
Arti
,
delle
Accademie
,
degli
Studii
,
i
Censori
,
i
Confessori
,
i
Cerusici
,
gli
Speziali
,
i
quali
aprono
solennemente
il
corteo
delle
trentotto
Balie
latine
24
oltramontane
e
14
senesi
:
vestite
di
scarlatto
le
nutrici
dei
bambini
nobili
e
di
turchino
le
altre
ciascuna
portando
al
petto
quando
uno
e
quando
due
poppanti
e
avendo
ai
lati
due
Nobili
gentildonne
Moderatrici
-
Assistenti
coronate
d
'
alloro
,
ciascuna
delle
quali
servita
da
un
Gentiluomo
,
dell
'
Accademia
degl
'
Intronati
,
recante
la
impresa
della
Dama
,
e
a
'
fianchi
vanno
i
Braccieri
e
gli
Staffieri
delle
signore
e
dei
nobili
Lattanti
.
Seguono
i
mariti
delle
Balie
,
le
carrozze
delle
Dame
,
i
cavalcanti
delle
Contrade
e
gran
turba
di
popolo
.
Per
dare
un
saggio
della
regia
,
insaporita
di
tutta
l
'
onomastica
e
araldica
toscana
,
prendo
a
caso
una
coppia
di
Balie
oltramontane
:
Donna
Vespasia
Maria
Ethingia
di
Pomerania
,
lattante
il
Signor
felicissimo
Massimo
Antonio
de
'
Conti
Fede
di
Pistoia
di
mesi
tre
e
il
signor
Frediano
Ferroni
dei
Signori
di
Bella
Quadra
di
giorni
48
,
allo
stesso
petto
;
e
Donna
Amelia
Pleutnitz
di
Pretervaradino
,
lattante
il
signor
Sardino
Sardini
di
Lucca
di
giorni
74;
in
mezzo
alla
signora
Maura
Dei
ne
'
Signori
del
Cotono
ed
alla
signora
Laura
Pinocci
ne
'
Tancredi
degli
Antichi
Signori
di
Terra
Rossa
,
e
queste
erano
servite
dal
Signor
Affricano
Dei
e
dal
signor
Polibio
Petrucci
.
E
una
coppia
di
Balie
senesi
:
Donna
Orsola
Penni
Buzzichelli
,
tenente
al
petto
Giovan
Pilogio
Romei
di
giorni
37
e
Gaetano
Torrenti
di
giorni
22
,
Alunni
;
e
Donna
Elisabetta
Bidellini
ne
'
Bindi
che
sostenea
le
due
Alunne
Diomira
Buginelli
de
'
Celli
de
'
Cecchi
di
giorni
63
e
Luigia
Funel
di
Mercante
francese
stanziato
in
Siena
nata
di
giorni
9
,
in
mezzo
alla
signora
Calidonia
Guglielmi
Guidini
e
Lucia
Orlandini
Cosatti
:
allato
alle
quali
i
signori
Capitan
Domenico
Borghesi
e
Francesco
Chigi
.
L
'
idea
geniale
del
Gigli
è
questa
:
che
il
latino
,
per
saperlo
veramente
,
vada
succhiato
col
latte
d
'
una
balia
talmente
impratichita
,
con
lunga
scuola
e
conveniente
appartatura
dal
mondo
,
nella
lingua
di
Cicerone
da
quasi
aver
messa
in
oblio
la
natia
favella
.
L
'
infante
passa
immediatamente
dal
ventre
materno
alla
mammella
latina
;
i
primi
suoni
che
colpiscono
le
sue
orecchie
son
tutti
latini
:
i
quadri
che
vede
sulle
pareti
del
Collegio
son
tutti
di
Storia
Antica
;
vedrà
solo
spettacoli
latini
e
batterà
le
manine
in
latino
,
mangerà
la
pappa
in
latino
,
chiederà
di
fare
pipì
e
popò
in
latino
,
invece
di
bambole
bionde
avrà
pupazzi
dell
'
Eneide
e
della
Tebaide
...
Bollettini
repertorii
conferenze
,
tutto
bene
;
ma
il
giorno
che
Galassi
Paluzzi
,
con
quella
sua
barba
di
buon
brigante
,
riuscisse
a
mettersi
per
le
vie
di
Roma
in
testa
a
una
processione
come
quella
fantasticata
dallo
scanzonato
senese
nelle
duecento
pagine
in
80
del
Collegio
Petroniano
,
solo
quel
giorno
la
sua
battaglia
contro
il
Tempo
potrebbe
dirsi
bene
avviata
.
Repertorii
conferenze
bollettini
...
La
pratica
va
ripresa
da
molto
più
indietro
.
StampaQuotidiana ,
Una
ragazza
siede
al
telaio
e
facendo
«
su
la
panchetta
»
un
po
'
di
posto
a
Giovannino
Pascoli
gli
mormora
:
Mio
dolce
amore
...
(
La
tessitrice
,
nei
Canti
di
Castelvecchio
)
;
ma
la
ragazza
è
morta
da
un
gran
pezzo
e
l
'
incontro
avviene
solo
nell
'
affettuosa
fantasia
.
Il
poeta
Giulio
Orsini
si
strugge
per
Iacovella
:
Iacovella
,
è
vespro
e
siamo
soli
:
viene
a
sedermiti
allato
...
Ma
Iacovella
è
morta
da
quattrocent
'
anni
.
E
con
questo
?
Vivi
e
morti
,
a
noi
che
importa
?
Sino
a
te
lungo
i
secoli
arrivo
.
Una
bella
giovane
abbandona
in
quelle
scarnite
di
Giacomo
Leopardi
una
morbida
mano
che
il
contino
ventunenne
va
coprendo
di
baci
e
si
stringe
al
petto
(
Il
sogno
,
nei
Canti
)
;
ma
anch
'
essa
è
morta
«
or
son
più
lune
»
e
il
sogno
s
'
interrompe
sul
più
bello
:
e
nell
'
incerto
raggio
del
Sol
vederla
io
mi
credeva
ancora
.
(
Quattr
'
anni
più
tardi
scriverà
la
canzone
Alla
sua
donna
,
che
,
per
dichiarazione
dell
'
autore
,
è
propriamente
«
la
donna
che
non
si
trova
»
)
.
Il
Sannazaro
(
canzone
XII
delle
Rime
)
stava
sognando
di
tenere
anche
lui
stretta
fra
le
sue
la
tenera
mano
della
Bella
.
Acciò
il
felice
inganno
si
prolunghi
,
accòrtosi
che
il
sonno
è
sul
rompersi
,
lungo
spazio
non
volli
gli
occhi
aprire
.
Ma
dalla
bianca
mano
,
che
si
stretta
tenea
,
sentia
lasciarme
.
Questo
è
proprio
dei
sogni
,
in
sul
mattino
.
Molto
bello
e
poeticamente
detto
.
Se
la
poesia
italiana
è
piena
di
donne
vagheggiate
in
sogno
a
occhi
aperti
o
ad
occhi
chiusi
,
a
distanza
di
luogo
e
a
distanza
di
tempo
,
quando
non
addirittura
divenute
mummie
da
quattrocent
'
anni
,
la
colpa
va
fatta
rimontare
in
gran
parte
al
Sospiroso
di
Laura
,
che
aveva
finito
col
trovare
un
amaro
piacere
anche
,
e
forse
sopra
tutto
,
nella
non
conclusione
del
suo
amore
.
Proprio
vero
,
che
chi
si
contenta
gode
.
Un
giorno
l
'
imperatore
d
'
Oriente
aveva
mandato
a
regalare
al
Petrarca
,
che
non
sapeva
di
greco
,
un
codice
d
'
Omero
.
«
Vederlo
scrive
il
poeta
(
Lettere
familiari
XVIII
,
2
)
a
un
amico
è
già
per
me
una
gioia
straordinaria
.
Ogni
tanto
me
lo
stringo
al
seno
e
dico
sospirando
:
oh
quanto
è
d
'
ascoltarti
in
me
il
desio
!
»
.
Petrarca
che
amorosamente
si
stringe
al
seno
un
codice
che
non
è
in
grado
di
sfogliare
e
di
leggere
,
è
tutto
un
programma
.
Prender
coraggio
a
scrivere
una
dichiarazione
d
'
amore
a
una
giovinetta
straniera
in
una
lingua
ch
'
ella
non
può
intendere
e
unicamente
per
il
fatto
che
non
la
possa
intendere
,
anche
questa
è
una
situazione
squisitamente
petrarchesca
e
ci
si
trovò
il
gentile
Pindemonte
.
La
ragazza
era
una
inglesina
di
Londra
,
Agnese
H
*
*
*
alla
quale
il
poeta
aveva
cercato
d
'
insegnare
qualche
po
'
di
italiano
,
ma
l
'
estatica
zucconcella
non
aveva
saputo
trarre
profitto
di
sorta
da
quelle
preziose
lezioni
.
Mancando
pochi
giorni
al
suo
ritorno
in
patria
,
il
marchese
Ippolito
sfogò
sulla
carta
una
canzone
(
«
O
giovinetta
che
la
dubbia
via
»
)
che
,
quanto
al
sentimento
,
è
tra
le
più
delicate
della
nostra
lirica
amorosa
.
Canzone
,
a
lei
davante
tu
non
andrai
:
ché
né
tua
voce
intende
,
né
andarti
lascerei
,
se
l
'
intendesse
...
Ché
se
or
ti
parlo
,
e
grido
la
fiamma
di
cui
pieno
il
cor
trabocca
,
farlo
nella
natia
lingua
mi
lice
,
che
non
è
ancor
felice
.
si
che
uscir
possa
di
tua
rosea
bocca
.
Gli
basta
e
avanza
di
volerle
bene
nel
suo
segreto
,
di
vederla
e
sentirla
in
quelle
rare
amabili
occasioni
,
e
altro
per
sé
non
domanda
.
Il
men
di
che
può
donna
esser
cortese
ver
'
chi
l
'
ha
di
sé
stesso
assai
più
cara
da
te
,
Vergine
pura
,
io
non
vorrei
...
Sommo
scrupolo
e
affettuoso
terrore
egli
ha
di
poter
turbare
in
qualche
modo
l
'
incanto
di
quella
innocenza
,
la
rosea
serenità
di
quei
sogni
verginali
.
Né
volentier
torrei
di
spargerti
nel
sen
foco
amoroso
,
ché
quanto
è
a
me
più
noto
il
fiero
ardore
delitto
far
maggiore
mi
parria
,
s
'
io
turbassi
il
tuo
riposo
.
Maestro
io
primo
ti
sarò
d
'
affanno
?
Non
sia
mai
!
Ma
neanche
,
diviso
com
'
è
fra
invidia
desiderio
curiosità
gelosia
,
egli
sopporta
in
pace
il
pensiero
che
ci
possa
essere
un
fortunato
che
abbia
core
di
staccar
quel
fiore
dalla
pianta
.
Ma
che
fatto
avrà
mai
di
bello
e
strano
chi
vorrà
la
tua
mano
?
Non
so
sì
grande
e
sì
leggiadra
cosa
per
cui
degno
un
uom
sia
d
'
averti
sposa
.
Vieto
il
frasario
madrigalesco
e
girato
con
qualche
stento
il
periodo
,
ma
il
sentimento
è
genuino
.
Il
poeta
dunque
partirà
lasciando
mezzo
il
suo
cuore
a
Londra
,
e
altra
consolazione
non
ispera
alle
sue
pene
che
di
ricevere
di
quando
in
quando
lettere
,
non
già
di
Miss
Agnese
,
ma
di
Lady
Madre
,
che
facilmente
troverà
modo
di
dargli
qualche
notizia
della
graziosa
figliuola
.
Consolerà
i
miei
pianti
foglio
che
a
me
dalla
tua
madre
viene
,
su
cui
(
deh
spesso
!
)
ella
tuo
nome
segna
.
Avete
mai
incontrato
un
«
patito
»
sui
trentacinque
anni
di
più
trepido
cuore
e
semplice
contentatura
del
poeta
delle
Campestri
?
Sentimenti
squisiti
per
certo
:
specie
se
poi
pensiamo
ad
Ugo
,
il
grande
amico
d
'
Ippolito
,
che
non
si
faceva
scrupolo
di
far
girare
la
testa
e
sconvolgere
l
'
animo
a
quante
belle
giovani
gli
venissero
incontrate
.
Insegni
il
caso
della
Cecchina
dei
conti
Giovio
,
con
la
quale
l
'
invasato
autore
dell
'
Ortis
fece
il
cascamorto
nello
stesso
periodo
di
tempo
in
cui
portava
avanti
per
lo
meno
altre
quattro
operazioni
amorose
.
Aveva
cacciato
sé
e
la
ragazza
in
una
situazione
alla
lunga
insostenibile
e
,
quando
la
poverina
fu
per
bene
inciuccata
,
se
la
cavò
con
una
lettera
.
Io
vi
amerò
sempre
,
ve
lo
giuro
dal
profondo
del
cuore
,
vi
amerò
fino
all
'
estremo
sospiro
,
e
giuro
sull
'
onor
mio
[
che
cosa
mai
le
vorrà
giurare
con
tanta
solennità
?
]
di
non
ammogliarmi
finché
voi
non
sarete
d
'
altri
.
Se
l
'
infermità
,
se
gli
anni
,
se
gli
accidenti
vi
rapiranno
la
beltà
e
gli
agi
,
se
sarete
disgraziata
,
[
bei
discorsi
da
toccar
ferro
,
veramente
bei
discorsi
da
farsi
a
una
povera
ragazza
innamorata
e
di
cui
ci
si
dice
innamorati
!
]
se
vi
mancasse
nel
mondo
un
marito
,
un
amico
,
io
volerò
da
voi
:
io
vi
sarò
marito
[
ohé
]
,
padre
[
toh
]
,
amico
[
ahi
]
,
fratello
.
Parole
:
e
anche
fredde
,
anche
brutte
parole
.
Nella
guerra
d
'
amor
vince
chi
fugge
.
Ma
è
una
gran
brutta
vittoria
.
Una
meschina
vittoria
.
Non
per
questo
dipingeremo
Foscolo
tutto
rosso
come
il
Diavolo
,
né
Pindemonte
tutto
azzurro
come
un
Serafino
.
Nobili
,
non
v
'
ha
dubbio
,
i
sentimenti
del
marchese
;
ma
che
forse
non
a
bastanza
nascondono
il
suo
desiderio
di
non
vedersi
togliere
la
bella
libertà
della
quale
fu
sempre
gelosissimo
guardiano
.
Curioso
tipo
,
il
marchese
Ippolito
.
Gli
amici
,
e
più
ancora
le
amiche
,
si
lamentarono
di
«
possederlo
poco
»
.
Aveva
un
modo
tutto
suo
,
praticato
ben
prima
del
viaggio
a
Londra
,
di
squagliarsi
all
'
inglese
.
Ma
sapeva
poi
così
bene
indorare
di
cortesia
l
'
indifferenza
,
e
l
'
uggia
di
gentilezza
,
che
amici
ed
amiche
finivano
col
mandargliela
buona
,
così
che
visse
ben
voluto
da
tutti
e
senza
farsi
dei
nemici
.
Mentre
Foscolo
!
Nessuno
,
meglio
del
Pindemonte
,
sapeva
,
al
momento
opportuno
,
fare
il
distratto
,
il
trasognato
,
il
«
poeta
»
,
ed
eclissarsi
lasciando
i
restanti
nella
rispettosa
credenza
d
'
una
urgente
chiamata
delle
Muse
.
Al
promesso
sposo
della
Malinconia
non
occorrevano
pretesti
per
isolarsi
,
quando
sentisse
il
richiamo
della
«
Ninfa
gentile
»
.
«
Una
tal
sicurezza
acqueta
;
quando
parte
si
dice
:
nol
perdo
del
tutto
,
egli
va
a
dipingersi
,
lo
rivedrò
fra
non
molto
»
:
così
spiegava
la
cosa
con
affettuosa
malizia
,
nel
suo
vivace
Ritratto
d
'
Ippolito
,
la
spiritosa
Isabella
Teotochi
Albrizzi
,
che
in
un
certo
momento
aveva
anche
sperato
d
'
accomodarsi
marchesa
Pindemonte
.
Mi
piaci
così
tanto
,
pare
che
il
Pindemonte
in
fondo
voglia
dire
anche
alla
bionda
vergine
del
Tamigi
,
e
posso
volerti
tanto
bene
appunto
perché
,
lasciandoti
io
così
tua
,
posso
restare
così
mio
.
Non
ho
fatto
un
passo
per
possederti
,
perché
tu
nel
tuo
entusiasmo
giovanile
non
facessi
quell
'
altro
mezzo
che
sarebbe
bastato
a
farmiti
prigione
.
Estatica
zucconcella
,
il
tuo
poco
poco
-
maestro
d
'
italiano
per
questo
si
fidò
di
consegnarti
il
segreto
del
suo
cuore
solo
nell
'
ornato
scrigno
d
'
una
lingua
che
tu
non
saresti
riuscita
ad
aprire
.
In
una
parola
,
e
secondo
il
suo
costume
,
ti
si
dette
in
modo
che
tu
non
lo
potessi
acchiappare
.
Non
è
detto
che
nel
Terzo
cielo
,
nel
ciel
di
Venere
,
il
disastroso
Ugo
non
sia
sistemato
un
grado
più
alto
dell
'
inincatenabile
Ippolito
.