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Parliamo di Milano - II ( Bianciardi Luciano , 1963 )
StampaQuotidiana ,
La bella Gigogin Fra i camioncini della campagna elettorale , brutti , col podio , l ' altoparlante e i manifesti , i più fragorosi suonano l ' Inno di Roma ; i monarchici la marcia reale ; i liberali la Bella Gigogin . Questa mi pare un ' appropriazione indebita , perché la bella Gigogin venne alla finestra nel 1859 , e diventò subito l ' inno dei volontari lombardi , che la portarono con sé in Sicilia e su fino a Napoli . Era cioè l ' inno della gioventù di parte radicale e garibaldina . E non discende forse il Partito liberale dall ' opposto filone , moderato e cavourriano ? Alienatiello Il professor Alessandro Cutolo va a donare l ' uovo pasquale al nipotino . Lo trova in cucina , che fa merenda . Mentre beve la sua tazza di cioccolata , giocherella coi biscottini , li dispone in tondo sul tavolo , a raggiera . « Ma tu che cosa stai facendo ? » , gli chiede . « Sto facendo l ' ora dei pavesini , nonno » . E allora il professore , in un impeto di affettuosa stizza , abbraccia il nipotino , esclamando « Alienatiello mio ! » . Verdi vuole tutto A ogni prima verdiana della Scala scende da Parigi Manlio Cancogni e sale da Grosseto Carlo Cassola . Poi si va tutti a cena insieme ed è vietato parlare d ' altro : chi li frena in tal momento ? Da altri segni appar chiaro la perenne popolarità di Verdi . Basti pensare che « Selezione » , un ' editrice che tira decine di migliaia di copie , mette ora sul mercato , accanto ai libri , un microsolco con Traviata , Ballo in maschera eAida . E giovedì sera c ' era pieno alla Piccola Scala , eppure non davano alcuno spettacolo : era filologia musicale , conce chiarì Gian Andrea Gavazzeni . Presentavano il nastro delle prove del Ballo in maschera , diretto da Toscanini con l ' orchestra della NBC . Musica , interruzioni , daccapo , commenti , impennate del maestro , si sentiva tutto . « Andiamo , signori , non battete la fiacca , Verdi vuole tutto , non gli basta la metà . E quelle note piccole , suonatele , sono importanti . In italiano si chiamano abbellimenti . Rendere la musica more beautiful , capite , signori ? » È una registrazione del 1954 , quando Toscanini aveva 87 anni , eppure canta , si adira , si diverte , rievoca un aneddoto curioso : « Ho suonato anch ' io in orchestra , signori , e con Verdi . Dirigeva lui 1'Otello . Più forte , più forte , il secondo violoncello , disse a me e allora , signori , non badate al " piano " di Verdi . Daccapo , suonatemelo tutto questo brano , perché mi piace , mi piace da morire » . Neologismi Le ultime novità della lingua neoitaliana si trovano specialmente al padiglione delle macchine per ufficio . Ci incontri il Francopost , lo Sportellkass , l ' Univac , la Fotolux e il Rotaprint . C ' è anche la macchina spezzatrice . In un altro padiglione impari invece che « il polietilene viene estruso » : participio passato del verbo estrudere , che , prima del 12 aprile 1963 , non esisteva . Si sono dimenticati della balia L ' altra sera discutevamo di bambini : un medico , un pedagogista , un architetto e uno psicologo . Fecero anche vedere un documentario sul gioco , piuttosto bello . E si sentirono i pareri più diversi . Per esempio che il gioco della « campana » ( chiamato anche del « mondo » o del « paradiso » ) ha origini antichissime , rituali e magiche . Che bisogna spostare i giochi infantili sulle terrazze , essendo le strade impraticabili , anzi micidiali . Che il sessanta per cento dei bambini milanesi avrebbero bisogno di ginnastica correttiva , tanto diffuse sono le malformazioni delle scapole e della spina dorsale . Che son da abbandonare i giocattoli di serie . La soluzione sta nell ' autobus scolastico , diceva l ' uno : scuole e campi di gioco in periferia , con mezzi di trasporto veloci e comodi . La città , diceva l ' altro , non è in sé un male , anzi ha molti aspetti educativi e stimolanti : basta rifarla con spazi verdi più estesi . Bisogna moltiplicare , interveniva un terzo , i campi di gioco rionali . L ' unica proposta che nessuno fece fu di ritornare a un ' antica usanza , di mandare cioè i bambini piccoli a balia . Certo , potremmo inventare un sistema di baliatico moderno , magari collettivo , razionale ed economico . Perché la constatazione è triste : il bambino milanese impara verso i cinque anni che le uova le fanno le galline e il latte le mucche .
Parliamo di Milano - III ( Bianciardi Luciano , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Giovani « indaffarati » tra gondole e stalattiti Il locale è al primo casello dell ' autostrada per Genova . Entrando vedi un bar comunissimo , la televisione accesa , un carabiniere che sta a guardare , due cani che si rincorrono , una cameriera alla macchina degli espressi . Ma il bello comincia dentro : sono cinque o sei stanze una dietro l ' altra , arredate in uno stile che varia dal neoveneziano al cavernicolo . Qui oblò , gondole , remi , lampioncini fiochi , là stalattiti di cartapesta che pendono dal soffitto . Per sedere , divanetti a due posti di quelli col bracciolo tondo di legno lucido , come usavano nel '35 . Qualche coppia balla , senza spostarsi oltre il raggio di un metro , la musica è centralizzata , un nastro continuo che gli altoparlanti fanno echeggiare sommessa dovunque . Le altre coppie stanno sedute sui divanetti , e si baciano senza sosta . Quasi tutti giovani . I ragazzi sono impegnatissimi , seri , tenaci , aggrondati : paiono apprendisti meccanici alle prese col « pezzo » : c ' è chi svita e chi trapana , chi fresa e chi smussa . Entrano due coppie sui quaranta , e si siedono sbagliate , qua gli uomini , di fronte le donne . Chiedono da bere e invece della cameriera arriva trafelata la padrona . « Va mica bene così » dice , e li fa spostare . Coppie han da essere . Le targhe da gioco A notte alta in via Manzoni due tipi si spostano pendolarmente da un lato all ' altro della strada , e ogni volta consultano con attenzione la targa delle auto in sosta . Potrebbero essere due poliziotti o due esperti di statistica in missione notturna . Invece sono due colleghi : chiuso l ' ultimo bar , continuano la partita per strada , e hanno appunto inventato il « poker di targhe » . Al primo toccano le auto di destra , al secondo quelle di sinistra , e coi numeri formano tutte le combinazioni del poker vero : coppia di sei , full di nove , poker di quattro , scala . Con le targhe milanesi , a sei numeri , si può fare anche pokerissimo e superpoker . Non esiste ancora un regolamento preciso , specialmente circa il valore da attribuire agli zeri . Il gioco si è già diffuso in molti ambienti , e alcuni appassionati seguono con ansia gli sviluppi della motorizzazione ; a chi toccherà , per la prima volta nella storia milanese , la ventura di fare superpoker di sette ? Ma non attacca In un grande magazzino c ' è una ragazza in grembiule turchino che « dimostra » i vantaggi di una nuova padella , detta « inadherent » . I cibi in cottura non attaccano mai sul fondo , e senza bisogno di olio , burro o grassi . Così si risparmia e si mantiene la linea . La dimostratrice rompe un uovo , lo sbatte , ne versa un po ' nella padella posata sul gas , lascia cuocere , poi col mestolino stacca la frittata , sottile come un ' ostia . Ne ha già fatto un bel mucchietto . Una donna che sta a guardare curiosa , azzarda un dito sulle frittatine , domanda se davvero non c ' è olio . Non c ' è . Nemmeno sale ? No . « Allora non le mangio . » E se ne va .
Parliamo di Milano - IV ( Bianciardi Luciano , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Weekend sulle ali Venerdì scorso s ' è inaugurato un servizio aereo diretto fra Milano e Taormina , studiato apposta per chi voglia trascorrere la fine della settimana ( corta ) a Taormina . In meno di due ore si passa dalle brume lombarde al mare cupo di Sicilia , alle nevi dell ' Etna , al vortice della roulette . Si rincasa la domenica a sera , riposati , abbronzati , e a tasche vuote . Passatempo Passatempo del lunedì : coi nomi dei giocatori scesi in campo la domenica scorsa , serie A e B , formare una squadra tutta di scrittori , viventi e no , purché famosi . Ecco la formazione più robusta : Negri , Grossi , Manzoni , De Marchi , Baldini , Sereni , De Robertis , Di Giacomo , Petroni , Micheli , Campana . « Cecilio » Rivera Gianni Rivera è forse il più grande calciatore europeo , oggi . Ma fuori dal campo ridiventa un giovanotto cortesissimo , prudente e neutrale . Quando parla fa venire in mente la versione maschile d ' un personaggio moraviano . Esempio : « Come le è parsa l ' Inghilterra ? » « Ho visto molto poco . Eravamo in ritiro » . « Sa che lei gioca benissimo ? » « Be ; faccio del mio meglio . » « Dove andrà in vacanza ? » « Non ho ancora deciso . » « Preferisce il mare o la montagna ? » « Un po ' il mare , un po ' la montagna . » « Allora grazie , signor Rivera , e buongiorno . » «Speriamo.» Gettone per Ungaretti In un bar di via Fontana , c ' è un juke - box che periodicamente smette con le canzoni e offre soltanto poesie . Dice il proprietario che l ' iniziativa è sua , perché gli piacciono i versi . Ma anche i clienti , giovani , non disdegnano di tanto in tanto sentire Ungaretti anziché Celentano . Intanto un editore milanese prepara una gigantesca Storia della letteratura italiana ( testi e commento critico ) in circa quaranta microsolchi a 33 giri .
Parliamo di Milano - V ( Bianciardi Luciano , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Il bucato di massa Versione moderna dei vecchi lavatoi pubblici , ecco il « Lavaget » , « supercentro del bucato » . Da dodici a ventiquattro lavatrici automatiche a gettoni per ventisette minuti di lavatura , cioè per quattro chili e mezzo di biancheria , si pagano duecento lire . L ' acqua è speciale , depurata , e speciale il detersivo , che un ' altra macchina a gettone distribuisce nella dose giusta , per cinquanta lire . Altre cinquanta lire , e funziona l ' asciugatrice . In tutto sono trecento lire , e trentadue minuti di tempo , con nessuna fatica : la massaia intanto può anche andare a fare la spesa . A Milano cc ne sono sessanta , e lavorano dalle sette del mattino alle dieci di sera , ininterrottamente . È sempre più raro che i panni sporchi si lavino in famiglia . Uomo di giugno Ogni mese alcune signore di Milano ( fra le altre spiccano Bianca Toccafondi , Fanny Branca , Biki e Germana Marucelli ) , nominano , durante una cena alla « brasera » l ' uomo del giorno , scelto fra i più meritevoli e famosi . In maggio il premio toccò a Luchino Visconti . Stasera , per il mese di giugno , la palma andrà a Dino Buzzati . Il premio è puramente simbolico .
Parliamo di Milano - VI ( Bianciardi Luciano , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Al livello ( dicono ) dell ' arte Dicono le statistiche che l ' americano consuma in media duecentodieci libbre di carta soltanto per imballare , impacchettare , involgere . Non abbiamo dati italiani , ma almeno come tendenza siamo su quella strada . L ' uomo moderno incarta , e quello è ormai uno dei suoi gesti fondamentali e vitali . Perché dunque non sublimare fino al livello dell ' arte questo costante dato attivo del nostro esistere ? Ci ha pensato il giovane bulgaro Christo ( forse Cristoforo , di cognome Javaceff ) . Ventisettenne , abita a Parigi e sta esponendo alla galleria Apollinaire di via Brera , diretta dal signor Guido Lo Noci , pugliese . L ' impacchettamento , dice il suo esegeta Pierre Restany , è un gesto di appropriazione che ricoprendo l ' oggetto in un involto chiuso ( carta o stoffa che sia ) ce lo fa vedere « altrimenti » . Ce lo fa vedere se l ' involto è al cellofan : per esempio quel manichino di donna appeso di traverso al muro , oppure quel materasso piegato , con carrozzella da bambini , su un portapacchi d ' auto , il tutto assicurato da spaghi di diverso spessore e robustezza . Se invece l ' involto è carta da pacchi , oppure stoffa , allora non si vede quel che c ' è dentro , e il bello sta nel dubbio circa il contenuto . Come da bambini la calza della Befana . Il pittore Lucio Fontana ha comperato il manichino , un altro avventore ha preso il pacchetto - non grande - che contiene , dentro cellofan legato con spaghi , un settimanale illustrato . La mostra rimane aperta anche in luglio . Fantascienza in burrasca La pubblicazione di Robot e il Minotauro e il festival triestino dei film di fantascienza , con tavola rotonda e dibattito sui problemi relativi , dimostrano che la « science fiction » ha in Italia i suoi cultori attivi , specialmente a Milano . Addirittura esistono quattro correnti , o scuole , spesso in polemica fra di loro : gli « ortodossi » di « Galaxy » , che esigono rigoroso rispetto per la verosimiglianza scientifica , i « decadenti » di « Urania » , con alla testa Carlo Fruttero , autore di un racconto avveneristico sotto lo pseudonimo di Obstbaum , i « dissidenti » di « Interplanet » ( Janda , Staffilano , Aldani , Della Corte ) . I « protezionisti » di « Futuro » ( Inisero Cremaschi e Gilda Musa ) , i quali sostengono la necessità di una fantascienza nazionale . Ci sono poi gli isolati : Giorgio De Maria , che fra l ' altro ha tradotto i lirici greci in dialetto piemontese , Roberto Vacca e Umberto Eco . Formano la cosiddetta « piccola Borghesia » , dal nome del loro modello ideale , « Borges » . Basta la vasca e un po ' di fortuna È il metodo Salmanoff , subito accolto con entusiasmo dai milanesi attenti alle novità , dopo l ' uscita del suo libro ( Segreti e saggezza del corpo ) da Bompiani . Il traduttore , Mario Mancini , è anche impegnatissimo seguace del Maestro , e ha inventato lui lo slogan : « Basta una vasca da bagno » . Basta , cioè , per guarire ogni malattia . La teoria del Salmanoff ( quasi novantenne , operante a Parigi , ma già medico personale di Lenin e riorganizzatore dei servizi termali e antitubercolari nella Russia rivoluzionaria ) si basa su due punti : che vada curato il corpo e non l ' organo malato , e che tutte le malattie dipendono da una disfunzione dei vasi capillari . Rimedio sovrano il bagno , caldo o freddo . Impacchi al torace per la tracheite , compresse fredde sul collo per la sinusite , immersione degli avambracci per l ' influenza , bagni di fieno per il raffreddore . Borsa calda e cachet vascolari prevengono e curano l ' infarto . Aereo per la foce Bocca di Magra fu scoperta venticinque anni or sono dai letterati , che tenacemente , dopo di allora , l ' hanno difesa dalla « valorizzazione » turistica , anche contro la volontà di parte della popolazione indigena . Purtroppo sembra che cemento , go - kart e juke - boxe stiano per prevalere . Sorgono nuove ville , come « Nido del gatto » inaugurato alla Punta Bianca del celebre couturier parmense Luciano Zanini . Agli ospiti - alcuni son giunti in aereo da Parma - è stato offerto pesce allo spiedo . Infermiere volanti La benemerita Clinica Mutua Sanitaria Resnati , che funziona dal 1924 ed assiste 47mila 300 fra dipendenti comunali , artigiani , piccoli imprenditori e liberi professionisti , per soddisfare le esigenze dei suoi assistiti ha presentato al pubblico il nuovo corpo delle infermiere disponibili a domicilio . Entreranno in servizio il 1° luglio : le dirige la dott. Costa . Il calzolaio cantato Diventano sempre più consueti i rapporti fra scrittori e cantanti . La settimana scorsa Maria Monti è andata apposta a Vigevano per conoscere Lucio Mastronardi . L ' incontro è stato cordialissimo , e Mastronardi ha subito accettato di scrivere i versi per una canzone nuova di ambiente vigevanese . Già ne sappiamo il ritornello : « Un calzolaio / attacca il cuoio / alla tomaia / con il collante . / Il poverino / grida io muoio / e sull ' istante / tira le cuoia » . L ' infernale cura del caldo Bisogna andarci con un amico esperto , che consigli e guidi . Entri , affitti lo spogliatoio , col suo bel lettino di vegetale . Indossi l ' accappatoio , e tenendo in mano la salvietta vai alla doccia . Poi ti pesi , entri in una cabina , premi un pomo nichelato e da sotto la panca di marmo scaturisce un getto di vapore caldissimo , che serve ad aprire i pori . Ora sei pronto a entrare nella prima sala , la grande . Pannelli di legno grezzo , odoroso , alle pareti , gradoni dello stesso legno su cui ti siedi o ti sdrai : più in alto fa più caldo , ma già al primo piano siamo sui sessanta gradi , la temperatura della baia di Assali Eppure l ' amico esperte ) spiega che così serve a poco . Ci vuol la fornace . Dunque altra doccia , e via nella stanzina piccola , che ha da una parte un forno come quelli all ' antica per il pane . Tre gradoni di legno : sull ' ultimo sono cento gradi precisi . Cominci a ruscellare , senti nel naso odor di bruciaticcio , e una strana acquolina gelida in bocca . Dieci minuti bastano , poi l ' esperto attinge acqua da un mastello e ne butta nel forno tanti mestoli per quanti sono i presenti più uno : come per fare il tè . È il « colpo di vapore » , un clima che non esiste in alcuna parte della terra , nemmeno nel Kuwait . Ti pizzica la pelle , e allora esci e ti butti in una piscina di acqua fredda e corrente . ( A rigore ci vorrebbe una bella nuotata nel fiume . ) Poi torni nel camerino e ti metti a letto , con tre coperte addosso , e ricominci , incredibile , a sudare . Talvolta t ' addormenti . Al risveglio vai nel tepidario ottagonale : anziani grassi in accappatoio , come tanti senatori romani , giovani snelli che si coprono appena le vergogne maggiori , o neanche quelle , come soldati spartani . Uscendo dalla sauna ti par d ' essere in Svizzera . Ti senti fresco , leggero . Infatti hai perso almeno un chilo . E speso 1800 lire . Il prezzo del vitello , prima scelta .
I CALABRESI A COURMAYEUR ( Bianciardi Luciano , 195 )
StampaPeriodica ,
COURMAYEUR , giugno - È la festa dell ' Ascensione , ma non si direbbe , con queste basse nubi che nascondono persino l ' incombente vetta del Chetif ( non si parla poi del Monte Bianco ) e con la pioggerella fine e ghiaccia che abbassa la colonna di mercurio poco sopra lo zero . Poco meno che inverno , specie per chi è venuto quassù senza cappotto : a quest ' ora i fiorentini vanno per grilli mori alle Cascine . Non si direbbe che è finito maggio , non si direbbe , nel paesino deserto , che è festa , se non fosse per la sparuta banda che passa sotto le finestre dell ' albergo , di buon ' ora . Una dozzina di ottoni , in tutto , e non è gran musica : hanno in testa un berrettino azzurro con la visiera , per il resto son vestiti come tutti i giorni e trascinano i piedi , a tempo , su per il pendio che porta alla chiesa . A guardarli non c ' è nessuno , tranne un gruppetto di giovanotti : piccoli , scuri , le mani nelle tasche dei calzoni , una giacchetta striminzita addosso . Uno ha sui gomiti e sul sedere vistose toppe di diverso colore . Stanno a parlare fra di loro a bassa voce : quello che tiene banco a un tratto tira fuori la borsetta del trinciato , si mette in bocca , per un pizzo , la cartina , si bagna la punta dell ' indice e del pollice , e con un gesto rapido e minuto arrotola una sigaretta . Se non basta vederli , così piccoli , bruni , con la fronte bassa e gli occhi vivaci , le guance mai rasate , a sentirli parlare puoi convincerti che son gente del Sud : calabresi per la precisione . Altri se ne vedono lungo la strada che va alla chiesa , sempre raccolti in gruppo , a volte seduti sui muretti che guardano lo strapiombo della Dora , che laggiù è un vorticoso torrente sassoso . Courmayeur , insomma , alla fine di maggio , il giorno della Ascensione , è un paese di gente del Sud , di calabresi . L ' emigrazione calabrese è un fatto abbastanza normale , in Val d ' Aosta . Ogni anno un centinaio di questi uomini piccoli e scuri lascia la campagna povera di Catanzaro e di Cosenza e viene quassù a far fortuna . Le linee della emigrazione interna , da sud a nord , una emigrazione disperata ( gente che parte senza sapere se e dove troverà lavoro , chiamandosi sudi anno in anno , fratello , cugino , compare , paesano ) si sono delineate con una certa precisione . I pugliesi vanno in Lombardia , a Milano , a riempire baracche , sottoscala , scantinati , in attesa di un lavoro qualsiasi e di un alloggio migliore . I napoletani li troverete a Bolzano e in tutto l ' Alto Adige ; ora ecco i calabresi in Val d ' Aosta . Pare che il Nord sia diventato sul serio il polo magnetico della gente povera , che punta sempre più su , sempre più vicino ai confini . E Courmayeur è a pochi chilometri dalla frontiera francese e da quella svizzera . Quest ' anno il fenomeno è stato più intenso di sempre . Un giovanotto calabrese , si chiama Rocco Cilurzo ed è di Paola , presso Cosenza , ci spiega come sono andate le cose . Dopo la guerra ha lavorato sempre poco ; con cinque fratelli grandi non arrivavano a mettere insieme di che vivere , loro ed i genitori vecchi . Un tempo c ' era l ' emigrazione , l ' America ( suo nonno , per esempio , aveva trovato na ' giobba a Broccolino ) ma oggi gli Stati Uniti hanno « contingentato » gli immigranti . Il Refugee Relief Act fissa la quota a sessantamila , per tre anni . Una cifra assai bassa . Non solo : più della metà dei posti sono riservati a profughi della Venezia Giulia , e per gli altri occorre la richiesta e la garanzia di un parente già stabilito negli Stati e già cittadino americano , non c ' è niente da fare , non si passa l ' Oceano : se si emigra , si emigra a nord , in Lombardia , a Bolzano , in Val d ' Aosta . A Cilurzo , che passava giornate inerti al paese , senza saper che fare , un bel giorno dissero che su , verso i confini , preparavano un lavoro colossale . Lo aveva detto la radio , lo avevano persino fatto vedere con la televisione . Dovevano traforare un grosso monte , il Monte Bianco . Così , lui ed altri amici , e tanti altri , non solo di Paola , ma di tutta la provincia , e di più lontano , specialmente di Catanzaro , erano partiti . Ora son qui , a Courmayeur e ad Entreves , che è più avanti , proprio sotto il Monte Bianco , ma il traforo non si fa , almeno per ora . Così han cercato altro : qualcuno , come appunto Cilurzo , fa il manovale in una impresa edile , altri son dai contadini , a giornata . Dormono dove capita , in un fienile , in una stalla , in un garage , e pochi se la sentono di riprendere la lunga strada del paese , dove li attenderebbe la solita miseria , ed in più lo scorno dei paesani , a vederli tornare con le pive nel sacco . Aspettano che cominci il traforo , si arrangiano per strappare la giornata , fanno la farne peggio che a casa loro , la gente del posto li sta a guardare . La valle della Dora Baltea , stretta e profonda , lunga una settantina di chilometri , costituisce , anche economicamente , la spina dorsale della regione aostana . I paesi sono disposti lungo la vallata , da Pont San Martin , dove nella Dora affluisce il Lys , fino ad Entreves . Aosta e Saint Vincent ne sono i centri maggiori . Se le zone montagnose sono evidentemente incolte , le parti più basse , ricchissime di acque e ben esposte al sole , sono assai fertili e molto ben coltivate : patate soprattutto , poi segale , mais e uva e frutta , soprattutto mele . I prati verdi e foltissimi sono un pascolo ideale per queste vaccherelle pezzate , piccole , mansuete : perciò latte , burro e formaggio . Quasi tutti i contadini sono piccoli proprietari , ciascuno con pochi fazzoletti di terra , magari dispersi , uno a levante ed uno a ponente , distanti ore di strada . Non è gran proprietà , ma nemmeno può dirsi che ci sia miseria . Non solo , ma da qualche anno si è andato incrementando il turismo . Courmayeur ed Entreves sono nomi noti a tutti ; a Saint Vincent c ' è una casa di gioco , un premio cinematografico e giornalistico ; la regione , autonoma , offre certi privilegi ai suoi cittadini , ed ai turisti che vi soggiornino abbastanza a lungo . Il turismo sta diventando la principale risorsa dell ' economia valdostana . Accade che i contadini vendano la loro poca terra e con il ricavato riattino la casetta per darla in affitto durante l ' estate . I cartelli che offrono un appartamento per la « stagione alta » sono frequentissimi a Courmayeur e ad Entreves . Quattrocentosessanta appartamenti a Courmayeur soltanto : un paese di poco più di mille abitanti , durante i mesi di luglio e di agosto raggiunge le sei o settemila « presenze » giornaliere , i villeggianti vengono dal Piemonte , dall ' Emilia , ma soprattutto dalla Lombardia , da Milano . Il milanese , come ci spiega il giovane presidente della Azienda di Soggiorno , è il turista ideale perché è facile a contentarsi , entusiasta di monti , laghi , ghiacciai , perciò disposto a spendere con larghezza . Per non dire poi di Saint Vincente della casa di gioco , che vede arrivare ogni sera decine di milanesi che si riposano dalla dura giornata degli affari - le tratte , le scadenze , le fatture - perdendo qualche biglietto da diecimila al tavolo verde . Ai cittadini della regione è vietato l ' accesso al gioco : i soldi devono venir da fuori , dicono , ma probabilmente c ' è anche un motivo di puritanesimo in questo divieto , il peccato è un affare , ma resta peccato , perciò lasciate che lo compiano gli altri . Incrementandosi il turismo , aumenta anche la costruzione di nuove case , il riattamento delle vecchie , l ' apertura di nuovi alberghi . C ' è un certo bisogno di mano d ' opera , e ne approfittano i contadini calabresi , per salire su a frotte : a Courmayeur ne arrivano un centinaio ogni anno . Ora poi che si parlava del traforo ... Per la Francia e per la Svizzera non esistono trafori automobilistici ; soltanto valichi che nella stagione invernale sono chiusi al transito dalle nevi . Traforando il Monte Bianco si creerebbe una via rapida di comunicazione tra Genova e la pianura padana e il continente europeo . La galleria dovrebbe cominciare poco sotto Entreves e terminare presso Chamonix : sarebbero dodici chilometri di lunghezza , otto metri di larghezza , quanto basta cioè per due piste automobilistiche ; un lavoro di anni e di miliardi , di cui per ora esiste soltanto un abbozzo di progetto ( non sono stati completati nemmeno i rilevamenti geometrici ) . Non ci sono nemmeno i capitali occorrenti . Il maggior fautore del progetto , che è un nobile biellese , arricchitosi con le funivie del Cervino e del Monte Bianco ( si chiama conte Lora Totino ) è disposto a tirar fuori , di suo , duecentocinquanta milioni : una goccia , insomma , rispetto al fiume di milioni che effettivamente occorrerebbero . Il traforo vien visto , da chi lo vuole , in funzione turistica : abbreviando la strada fra il continente e la pianura padana e Genova , si creerebbe una via di traffico nuova , foriera di turisti e di quattrini . E i calabresi ? Abbiamo parlato a lungo con un giovane di Courmayeur , il signore Orazio Bron ( di origine svizzero - tedesca , ci spiega ) , un giovane intelligente appassionato della sua valle , spregiudicato , non certo sospettabile di arretratezza mentale . « Qua da noi » , ci ha detto parlandoci degli immigrati calabresi , « li chiamano sudafricani » , e ci indica il solito gruppetto che se ne sta in disparte a chiacchierare . « In Valle d ' Aosta non c ' è mai stata vera miseria . Lei non vedrà in giro un solo accattone . Abbiamo una economia limitata , se vuole , ma solida , Il turismo ci apre prospettive nuove e larghissime . Abbiamo un ' autonomia regionale . Paghiamo poco più di settanta lire un litro di benzina . Lo zucchero , il cacao e il caffè ci costano la metà che da voi . Gli alcolici , sia quelli di produzione legale che i cognac francesi , ci costano pochissimo . Noi abbiamo il diritto e il dovere di difendere questa nostra condizione , purché sappiamo fare ... Seguire l ' esempio svizzero , insomma . In Svizzera , ottenere non dico la cittadinanza , ma la residenza , è molto difficile . Non basta nemmeno sposare un cittadino , o una cittadina , della confederazione . Occorre avere un lavoro ben preciso , abitarvi da almeno quattro anni , essere proprietari di immobili . Lo stesso dovremmo fare noi : limitare l ' immigrazione , setacciare le domande di residenza . Il forestiero sia benvenuto , ma quando arriva tra noi come turista . Io capisco quel che lei mi obbietta , capisco che questi calabresi al paese loro fanno la fame , ma perché dobbiamo rimetterci noi ? » E una conferma a questo atteggiamento la troviamo leggendo la stampa locale in lingua francese . L ' articolo attacca l ' assessore regionale alla pubblica istruzione , professor Berthiet , il quale aveva dichiarato essere le infiltrazioni straniere una necessità storica ed economica . « Come ? » , sostiene l ' articolo , « Proprio un intellettuale afferma queste eresie ? » « La semilibération administrative et économique ne sera qu ' un feu de paille si les élites ne s ' attaquent pas à la libération intellectuelle par un retour aux traditions linguistiques ancestrales . » E dopo aver riprovato l ' « Invasion méridionale » ( così vien definito l ' annuale afflusso dei calabresi ) l ' articolo se la prende con una maestra « indegna » la quale « parlait le français , mais mal et avec le plus bel accent italien et manifestait des sentiments romains » . Eppure , a nostro avviso , ha ragione il professor Berthiet : l ' invasione meridionale è davvero una « necessità storica ed economica » : in parole povere , e finché le cose andranno come vanno , non c ' è da far nulla per fermare il flusso dei poveri e dei disoccupati verso la Valle d ' Aosta . Verranno ogni anno , perché hanno fame , perché sono vivi , a cercare lavoro , ad aspettare . Ad aspettare anche il traforo del Monte Bianco , questa impresa colossale di cui , se si farà , parleranno i giornali di tutto il mondo in tono di epopea . E il progresso e la ricchezza della valle saranno stati opera anche di questi piccoli uomini scuri , di cui forse nessuno ricorderà il nome .
StampaQuotidiana ,
Si chiama e si firma proprio così : nei rapporti con L ' ATM , Si capisce . In una azienda così grossa capitano frequenti gli omonimi , fra i dipendenti di ieri e quelli di oggi , perciò conviene , per intendersi , dar loro un numero progressivo . Si sa per esempio di un Rossi duecentonovantasette . Lorini Quattro invece non esiste , e per adesso è lui l ' ultimo della dinastia : Lorini Due era suo padre , mentre di Lorini Uno si son perse le tracce . Ma il suo vero nome è Franco : un uomo di poco sopra i quaranta , col viso asciutto , i capelli castani , un po ' stempiato , gli occhi fermi e chiari , il sorriso difficile e un po ' stirato , come tutti quelli che soffrono allo stomaco . L ' ho incontrato in un bar vicino alla grande rimessa di Baggio , in via delle Forze Armate , e intorno altri colleghi , incuriositi , stavano a sentire , uno ha azzardato un parere , e a poco a poco tutti intervenivano a correggere , precisare , aggiungere . Mi ci ha portato un giovanotto avellinese di nome Spirito , anzi Spirito Uno , prova , se occorresse , dell ' immissione dei meridionali in questo vecchio mestiere milanese con tradizioni antiche di quasi un secolo . Spirito Uno è appunto allievo di Lorini Tre , e fa il bigliettario ( « si dice così , siete voialtri che dimenticate sempre la erre » ) ma con un mese di corso può passare guidatore , o manovratore , come sta scritto sulla targhetta , che t ' ammonisce di non parlargli , perché altrimenti si distrae . Ma è poi difficile condurre , guidare , manovrare , pilotare , comunque si dica , un tram ? In sé non è difficile , spiega Lorini , i comandi sono due , cioè il « controller » ( questo è il nome tecnico ma tra loro dicono « manetta » ) e il freno . Il campanello si suona col piede . Svoltare svolta da sé , naturalmente , questo bestione più pesante d ' un carro armato , che costa venticinque milioni , ed è mosso da quattro motori di 650 volts ciascuno . Portarlo di qui a San Siro , mettiamo , con la città sgombra , riuscirebbe facile anche a me . Le cose cambiano se pensiamo che le strade sono ingombre di mezzi e di pedoni , che la gente sale e scende , che bisogna star bene attenti agli orari . I ritardi sono giustificabili ( se c ' è un ingorgo , se manca la corrente ) ma gli anticipi , sopra il minuto , mai , allora c ' è il rapporto e la multa . Sono dalle tre alle quattro doppie corse giornaliere , in un turno di sei ore e mezza continuato , tranne che per gli anziani , ai quali tocca l ' orario speciale . Può sembrare comodo e non lo è affatto . Se ne accorgono appunto i nuovi arrivati come Spirito : hanno fatto il militare nel Nord , questi meridionali , oppure hanno sentito dire che quassù la vita è tutta rose , i salari alti , gli svaghi infiniti , la libertà , le ragazze , ma poi , quando sono entrati nell ' ATM , e agli inizi prendono cinquantamila al mese , e devono pagarsi la camera , il mangiare , la lavatura , le sigarette , allora s ' accorgono che non c ' è proprio da scialare . E nemmeno ci sono grandi possibilità di far carriera : entri bigliettario , e se non fai il corso di guidatore , bigliettario rimani . Altrimenti puoi diventare controllore , controllore capo , vice ispettore , ispettore , e qui ti fermi . Ogni passaggio è subordinato all ' esame di concorso , severo . Franco Lorini entrò nelle tranvie nell ' immediato dopoguerra . Classe 1921 , ha digerito la sua bella fetta di naja , è tornato con in tasca appena il diploma di terza avviamento , e a quei tempi trovare un posto non era facile , e poi l ' esempio paterno finì per convincerlo . Ora c ' è e ci resterà fino alla pensione , che arriva a sessant ' anni , ma se potesse tornare indietro , e avere vent ' anni con le possibilità di oggi , farebbe volentieri l ' operaio meccanico specializzato . Con moglie e un figlio , compresi gli assegni familiari , prende al netto poco più di sessantamila lire . Altri suoi colleghi si cercano un secondo lavoro , dopo il turno di servizio , ma lui no : il tempo libero lo dedica al figlio Claudio , che ha tanto bisogno di aria aperta . E potendo lo farà studiare , perché già mostra buona disposizione a imparare . Gli domando come sono , dal punto di vista suo , i rapporti col pubblico . « Prenda l ' esempio di Roma » ( sempre il solito paragone , anche lui ) . « A Roma è differente , in tram parlano tutti , così il bigliettario si sfoga , il guidatore anche . Magari ci scappa lo sfottò , il mezzo insulto , ma è roba che si scorda subito , e fa bene ai nervi . Qui invece chiacchierano poco e covano dentro , e il bigliettario incassa , il guidatore incassa . Le proteste di chi ha fretta , la muta ostinazione di chi sosta sulla piattaforma di dietro , ( e quel « portarsi avanti » che tanto mi irrita , spiega Lorini , non è per malanimo : anche se la piattaforma è sgombra , il regolamento parla chiaro , e il bigliettario deve dire sempre così , perché può essere l ' ispettore in incognito , in borghese , che annota e poi fa il suo bel rapporto ) , i clacson irritati degli automobilisti . Però sono uomini anche loro , incassano incassano , e a un certo punto sbottano e magari ne fa le spese il passeggero che aveva ragione . Ci vorrebbe più comprensione , più bonomia , certo , ma qui a Milano è facile dirlo , assai meno facile arrivarci : hanno tutti fretta , hanno tutti i guai per la testa , hanno la grana , e la grana si capisce , l ' ansia di arrivare a farla , tanta e presto , oppure poca e tutti i giorni , quella poca che serve per non andare sotto , che come risultato è lo stesso , anche per i tranvieri : ecco perché tanti casi di epatite , di mal di fegato . E poi l ' ulcera gastrica , che dipende anche dai turni , dal dovere ogni giorno mettersi in giro col pasto sullo stomaco . E poi i reumatismi e le artriti , specialmente il guidatore , che ha la porta davanti proprio a un metro dal lungo umido inverno milanese . Ma insomma , vien fatto di chiedere a Lorini Tre , ci sono aspetti positivi , qualcosa che valga la pena nel suo mestiere ? Ci pensa un po ' , con gli occhi sempre fissi , un po ' duri , e finalmente ecco . C ' è la solidarietà fra compagni di lavoro , gran bella cosa ( però il pubblico , precisa , quando scioperano sembra che non li consideri lavoratori come tutti gli altri ) , c ' è la sicurezza del lavoro e della pensione , che scoccati i sessant ' anni è pari al 92 per cento della paga . Che altro ? Un bel centro climatico a Ospedaletti , che in pratica è un albergo di lusso , purtroppo piccolo per accogliere tutti ; e infatti lui c ' è stato due volte solo . Poi le colonie per i bambini , e la banda musicale , che è fra le migliori d ' Italia , e anzi di recente si è classificata sesta a un concorso internazionale in Germania : ma qui , a parte l ' orgoglio , la soddisfazione è di chi ci suona , e ha un ' ora di abbuono giornaliero per le prove . Poi la squadra di calcio che gioca in serie D , i gruppi di pesca , di caccia , di bocce . Lo sport anzi ha sempre dato buoni frutti , all ' ATM : dai pugili dilettanti sono usciti fior di campioni , come Giancarlo Garbelli , beniamino del pubblico milanese , che un tempo puliva i tram proprio nella rimessa lì accanto . Anche Lorini un tempo faceva , e bene , dello sport : era lottatore nei pesi piuma , e poi fu per dieci anni arbitro di calcio . Oramai però basta : lo sport lo legge sui giornali ( libri purtroppo non ne compra , costano cari , dice ) , e il tempo libero lo dedica quasi tutto alla persona che gli è più cara al mondo : Claudio . Gli piacerebbe che diventasse Lorini Quattro ? No , sinceramente no .
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Qualcuno dice ancora , all ' antica , brumista , ma oramai sono pochi . I più , anche fra i clienti , hanno accettato , insieme all ' esito in « ista » sempre più comune ai nomi di mestiere , qua al Nord , lo scontro , sconosciuto invece nella lingua e nei dialetti , fra gutturale e sibilante . Sicché , mentre a Roma si dice tassì e tassinaro , a Milano sentiamo , anche in bocca al popolo , taxi e taxista , ossia « tàcsi » e « tàcsista » . Con le nuove licenze che di recente ha concesso il Comune , i tacsisti o taxisti che dir si voglia sono ormai più di tremilacinquecento . E fra questi predominano i padroncini , cioè i conducenti padroni del loro mezzo , per i quali l ' incasso , tolte le spese , è guadagno netto . Che tengano molto al mestiere lo dimostra il continuo crescere delle grosse cilindrate , delle marche di pregio ( Taunus , Oldsmobile , ma soprattutto Opel ) , delle carrozzerie vistose , addirittura con le pinne : insomma la macchina all ' americana . Vanno scomparendo , all ' opposto , i vecchi mezzi all ' europea , antichi e talvolta scassati . Per tutto questo , le tariffe più basse d ' Italia : venti lire ogni 280 metri di corsa , venti lire ogni minuto di sosta ; con cinquecento lire vai da piazza Amendola alla stazione Centrale , e ci scappa anche la mancia . Mario P . è padroncino , e si lascia intervistare a patto che non faccia il suo nome : non crede alla pubblicità , e risponde per semplice cortesia , perché è un giovanotto ben educato . Sulla trentina , alto e biondo , piuttosto taciturno ma preciso , abita con la moglie e il figlio in una sola stanza , con la cucina ricavata dietro un tramezzo e il gabinetto nel sottoscala . C ' è ordine e pulizia , la radio e la televisione , ma non c ' è spazio per stare comodi ; trovare almeno due vani ad affitto ragionevole in questo momento è il suo problema più serio . Un tempo Mario era camionista , mestiere che ricorda assai malvolentieri , faticoso , ingrato , pieno di responsabilità mai abbastanza , niente affatto romantico , se non nelle canzoni di Yves Montand . Ma anche fare il padroncino di taxi non è tutt ' oro . Si mette a farmi i conti sotto gli occhi . Ha comprato una Seicento , il mezzo meno costoso , e la pagherà un milione tondo , a rate che sembrano comode : quarantamila mensili per venticinque mesi . Quaranta di rata , trentacinque di benzina , dieci fra rimessa e olio , dieci di tasse , quindici fra assicurazione e riparazioni : si parte ogni mese da meno centodieci , e per vivere da padroncino bisogna arrivare a più centodieci . Siccome non si lavora tutti i giorni ( altrimenti uno finisce all ' ospedale ) bisogna far uscire le duecentoventi mensili da venticinque giorni di lavoro , se tutto va bene . Se lavorasse sotto padrone non avrebbe spese , né tanti pensieri , il guadagno sarebbe sicuro anche se minore dell ' attuale . Allora perché farsi padroncino , lui e tanti come lui ? È più amore d ' indipendenza che desiderio di puro guadagno : il padrone , si sa , è sempre padrone , meglio la libertà coi pensieri che la dipendenza spensierata . E i pensieri ci sono . « Durante la corsa tenersi agli appositi sostegni » avverte immancabilmente la targhetta dentro . E la ragione c ' è : le frenate inevitabili viaggiando in città . Il passeggero sbadato può abbattere la testa sul vetro , e allora ti fa causa e vuole i danni : è successo più d ' una volta . Come sono i clienti qui a Milano ? In generale corretti , ma i piantagrane non mancano mai , quelli che « rugano » sul percorso scelto dall ' autista , che sembra arbitrario e vizioso anche quando è solamente inconsueto , e magari più breve , sensi vietati a parte . Insomma il cliente non vuole « esser fatto fesso » , dubitare che tu l ' abbia ingannato . E invece l ' esperienza dimostra che mai un taxista milanese ricorre al trucco del tourbillon fasullo per far salire il conto sul tassametro . Mario P . me lo spiega : chi gabba il cliente ha poco da lucrare e molto da scalpitare ; poche decine di lire non ripagano la scontentezza di lui , che alla fine negherà senz ' altro la mancia , ormai quasi consueta a Milano . Il guadagno cresce in un modo solo , aumentando il numero delle corse quotidiane , facendole salire da venti a venticinque . Ecco dunque la ragione dell ' altra accusa che si sente fare contro i taxisti , specialmente dai tranvieri e dagli altri autisti : che corrono troppo , che si sentono troppo sicuri della loro bella patente di terzo grado , e vogliono fare la gimcana in mezzo al traffico milanese . Non è vero : se corrono la ragione è l ' altra , di far presto , di beccare una corsa in più , di strappare altre mille lire , perle rate , per le spese , per vivere . Il lavoro dei taxisti è diviso in turni di dieci ore ciascuno , stabiliti dal Comune , e contraddistinti dal triangolo , o dal quadrato , o dal disco di lamiera a colori che ogni vettura ha sul tetto . Lo si può cambiare , previa autorizzazione del Comune e sostituzione del segnale : cedere per esempio il triangolo verde , che indica il turno dalle sei alle sedici , e prendere il quadrato rosso , da mezzogiorno alle ventidue , oppure il disco bianco barrato , che indica turno di notte , dalle diciassette alle due del mattino . Non ci sono obblighi circa i posteggi , ciascuno può scegliere quello che vuole , purché naturalmente si metta in fila ed aspetti il suo momento : l ' autodisciplina in questo caso è perfetta , non sorgono mai contestazioni fra colleghi cioè fra concorrenti . Un taxi può anche ottenere , oltre al turno del triangolo verde ( è il caso attuale di Mario P . ) anche il quadrato giallo canarino , e fare servizio nottetempo alla stazione , purché la macchina sia affidata a un secondo autista . Ed è giusto così perché altrimenti sarebbero venti ore di guida filate , pericolosissime per via della stanchezza . Il quadrato giallo canarino è il segno dei cosiddetti « marziani » : non possono imbarcare passeggeri strada facendo , debbono correre , pendolarmente dalla stazione al domicilio del cliente , e poi tornare subito in Centrale . Scoperti in contravvenzione - e per questo può bastare il rapporto , documentato , di un collega , - perdono la licenza , cioè il pane , per qualche settimana . Le malattie professionali ? Sono le solite della circolazione stradale : stomaco e fegato , a sfondo nervoso . Ecco perché tu cliente li senti tanto spesso - e ti irriti - sbraitare contro l ' universo su quattro ruote , e contro i pedoni , e contro i tranvieri , e contro i vigili , e ti par sempre che vogliano coinvolgere anche te in questa astiosa , continua , logorante e sterile polemica . Lo fanno soprattutto per sfogarsi : sempre meglio così che covare la rabbia in corpo e allevarsi l ' ulcera gastrica . Certo , conclude Mario P . , sempre meglio padroncino che camionista . La responsabilità è minore , la fatica più tollerabile , il mestiere più vario : a volte capita di far quattro chiacchiere con un cliente simpatico , a volte d ' incontrarne , di conoscerne uno famoso : Josephine Baker , per esempio , che fu una sua cliente un pomeriggio e si dimostrò molto cortese , oppure Vittorio Gassman , o Mike Bongiorno . Se dimostri di averli riconosciuti , se attacchi discorso e poi magari domandi l ' autografo sono contentissimi , certo . Si potrebbe scrivere un capitolo sulla vanità umana come appare nello specchietto retrovisore , volendo . Ma intanto Mario P . segue un corso per corrispondenza , di radiotecnica . Non si sa mai .
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« Secondo lei uno che ha sete , ma sete vera , che cosa beve , a quest ' ora ? » « Un whisky con molto ghiaccio , e due schizzi di menta » « Non si potrebbe fare l ' inverso , una menta in ghiaccio con due schizzi di whisky ? » « Non si può . La menta non fa base » . Il barista Gianni sorride , corretto ma inflessibile . E , interrogato come si deve , dà anche la spiegazione . Ogni misura di bevande ( in inglese cocktail ) , per quanto ampia sia la scelta lasciata al barista , non può evitare certe regole di ferro , anzitutto la regola delle basi , altrimenti vien fuori un guazzabuglio senza sapore preciso . E le basi sono : vermut , gin , cognac , whisky . Dolce o secco , forte o amabile , un cocktail deve poggiarsi su uno ( o più ) dei quattro elementi . Come l ' universo di Empedocle . Esempio : vermut rosso , gin , bitter in parti eguali , scorza di arancio : è un Negroni . Oppure , due terzi di gin , uno di vermut secco , appena uno schizzo di bitter : è un Cardinale . Un terzo di vermut , due di scotch , una goccia di angostura , ed è Manhattan . Il nome whisky , intanto , è di origine gaelica , e significa , più o meno , « acqua di vita » . La stessa cosa vuol dire vodka , e ovviamente anche il nostro « acquavite » . Una volta tanto i popoli si trovano concordi nel riconoscere i benefici effetti dello spirito , sia di vino che di frumento . Per whisky appunto s ' intende ogni fermentato di cereali . Poi cominciano le differenze : lo scotch ( scozzese , è chiaro ) esige il frumento , il bourbon ( americano ) l ' avena , il rye ( canadese ) la segale . La qualità dipende dalla stagionatura , cioè dai recipienti e dai metodi di conservazione . Difficile dire quale sia la miglior marca in commercio , dipende un po ' anche dai gusti . E lui , Gianni , s ' è mai provato a inventare una bevanda ? Certo , ecco la prima ricetta : Bacardi , vodka , curaçao , una goccia di angostura , è già un azzardo fuor delle regole canoniche . Si chiama « Tiziana » . Oppure : vermut rosso , bitter , biancosarti , seltz , ovviamente più leggero : si chiama « Alfreda » . Il perché dei modi è chiaro : Tiziana ( Mischi ) e Alfreda ( Zanega ) sono le due giovani e belle signore proprietarie del bar e dell ' annessa trattoria . Fino a qualche tempo fa attrici di prosa , hanno messo su bottega da un mese circa . Hanno rilevato una bettola in via Fiori Chiari , hanno ripulito tutto , via gli intonachi , via le pitture sul legno alle pareti , allo scoperto la colonna centrale di granito e i due travi e l ' arco scempio in mattoni , hanno rifatto la targa che dice : « Bar e trattoria dell ' angolo » . In quel punto Fiori Chiari fa angolo con via Formentini . La conduzione è familiare : le due signore , una parente che cucina , due garzoni e lui , Gianni il barista , che è anche un vecchio amico . Lo trovarono in un bar di via Pontaccio , sempre da quelle parti , e lo convinsero a passare nella nuova combinazione . Gianni ha venticinque anni e da nove fa il barista , ma non è sempre stato così . Cominciò a lavorare giovanissimo , ha fatto , fra le altre cose , il tipografo , il falegname e l ' operaio in una fabbrica di giradischi . Prima era stato quasi sempre in collegio , e anzi ne aveva cambiati quattro , non per suo capriccio , ma perché scappava , e ogni volta dovevano chiuderlo in un posto nuovo . Di quegli anni non parla molto volentieri . Fra i motivi di questa sua irrequietezza infantile c ' è il cognome : Gianni infatti si chiama Pizza , e in collegio i compagni lo tormentavano per quel cognome strano . Se potesse , lo cambierebbe , ma in fondo può anche andare così : i clienti lo chiamano Gianni e basta , come succede a tutti i baristi bravi . È un giovanotto alto e magro , bruno , con le sopracciglia folte e gli occhi neri , potrebbe passare per meridionale , e invece la madre è friulana , il padre lombardo e lui si considera senz ' altro milanese . Come sono i clienti ? Quelli della zona , si capisce , quelli che lavorano o bazzicano dalle parti di Brera , i pittori , gli scultori , i giornalisti , qualche industriale e qualche bella signora che ama il pittoresco . È gente che sa bere , sia che chieda un calice di bianco , sia che ordini una specialità ignota ai più . Distingue il vino dall ' acqua , l ' uva dai fichi secchi , l ' etichetta nera dalla rossa . Gente che dà soddisfazione . Un esempio : i più qua dentro evitano la pletora delle bevande gassate e dolciastre , e chiedono birra , birra di buona marca e fresca di cantina : più volte , nello stesso pomeriggio , gli tocca scendere nella cantina , che a poco a poco attrezzeranno come si deve . A sera , insieme ai clienti di trattoria ( piccione con funghi e cipolline , questa la specialità da assaggiare ) capitano i bevitori seri , quelli corazzati contro la sbronza , o almeno capaci di mascherarla . Gianni potrebbe scriverci un trattato : ci sono le sbronze tristi e quelle allegre , le malinconiche e le violente , le evocative e le programmatiche , le storiografiche e le fantascientifiche , le centripete e le centrifughe , le taciturne e le verbose . A mettere un registratore dietro lo scaffale delle bottiglie , sarebbero tanti racconti già scritti : una zona della letteratura contemporanea tuttora ignota dagli storici classificatori per « generi » e tuttora inedita . Chissà ! Anche come barista Gianni ha cambiato diversi posti , e ricorda con riconoscenza il principale d ' un bar di via Plinio , che sapeva il fatto suo e gli ha insegnato non poche cose , diverse piccole raffinatezze del mestiere . Per esempio , quando si prepara il Martini , anziché strizzare sul gin e sul vermut la scorza del limone , conviene meglio strofinarla col bastoncino di vetro sul fondo del bicchiere , e poi toglierla con un gesto preciso : più pulito e il risultato è migliore . E ancora : lo shaker si adopera per i liquori densi , oleosi , oppure quando occorre aggiungere zucchero . Per i liquidi secchi , niente shaker , ma mixer e bastoncino di vetro . Lo dice anche il nome : nel secondo caso si mischia , nel primo si sbatte . Oggi i baristi buoni son molto ricercati , perché scarseggiano . Gianni ha avuto una buona offerta da un locale del centro , ma qui si trova bene . Come paga , quella sindacale : il bar è di terza categoria e quindi gli spettano , più o meno , settantamila lire mensili . Poi ci sono le mance , che il cliente magari la prima volta non dà , ma basta servirlo a puntino e quello , che è un intenditore , immancabilmente ritorna e la seconda volta lascia di sicuro qualcosa nel piattino , anche mille lire . Per ora dorme ancora alla pensione di via Plinio , ma siccome le signore insieme al locale hanno affittato cinque stanze al piano di sopra ( vi si accede dal pianterreno per una scaletta a chiocciola ) presto avrà una camera tutta per sé , là sopra : casa e bottega . Cambierebbe solo a un patto , di farsi un locale tutto suo , un baretto anche piccolo ma ben messo , specializzato , un posto dove la gente venisse non per « bere qualcosa » , ma per gustare una bevanda preferita , ben precisa ed esatta , o magari per lasciarsi consigliare da lui , Gianni , barista estroso ma di fiducia .
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Aveva cominciato il mestiere da poche settimane , e già voleva smettere , dopo il fattaccio . Eppure non fu colpa sua , il cliente che gli stava sotto il rascio s ' era messo a discutere con il vicino , e , preso dal calore del discorso , a un tratto voltò la faccia bruscamente , lui non fu pronto a staccare il ferro , e la guancia cominciò a sanguinare , proprio un bel sette . Santino Trimarchi non se l ' è ancora scordato . Allora aveva diciassette anni : perso il padre in guerra , non c ' erano i mezzi , dopo i tre anni delle medie , per continuare gli studi , e così accettò un posto da garzone nella barberia del suo paesino , in provincia di Messina . Il padrone e il cliente stesso lo fecero convinto che la colpa non era stata sua e allora rimase . Anzi , come spesso accade ai siciliani giovani e poveri , decise di venirsene al Nord , e più a Nord di così , in Italia , non poteva andare : a Bolzano trovò un lavoro in un reparto militare . Esentato dal servizio di leva perché orfano primogenito , la sua naja fu questa : rapare le reclute , sbarbare soldati e sottufficiali . Di questo periodo ha un bel ricordo , specialmente quando il reparto andava al campo estivo , per esempio sulla Marmolada . Girando per i paeselli dell ' Alto Adige , a volte sforniti di « salone » , capitava di fare qualche barba e qualche taglio extra : gli ufficiali chiudevano un occhio , perché a rigore sarebbe stato proibito , ma Santino si era guadagnata la stima e la simpatia di tutti . Al punto che ottenne di attrezzare a dovere la stanza della caserma che gli serviva da bottega . Prima c ' erano soltanto uno sgabello e una mensola , ma lui ottenne poltrona , specchio e scalda - acqua , insomma poteva fare la sua figura , e non soltanto sotto la naja . Portava la giacca a vento dei reparti di montagna , gli avevano trovato un par di calzoni di velluto , e gli scarponi . Vitto e alloggio assicurati , soldi forse pochi , ma un ragazzo sotto i vent ' anni cos ' altro può pretendere ? Poi venne a Milano , e da allora avrà cambiato due , tre padroni al massimo . Adesso lavora in un negozio d ' un quartiere buono in zona Magenta , poco oltre la Fiera , verso San Siro . Ì : un quartiere alberato e alberoso , residenziale , con molti palazzi nuovi di lusso o quasi . I clienti sono persone educate e distinte , qualcuno addirittura celebre : l ' allenatore dell ' Inter Herrera , che abita quasi davanti al negozio , o l ' attore Gino Bramieri , che sta anche lui in quella casa . Ebbe occasione di servire , una volta , Mario Sironi , il pittore . Da quelle parti c ' è anche una casa di dischi , e ci vanno i cantanti a incidere , così può accadere che in negozio capiti Luciano Virgili , o Nicola Arigliano , il quale visto da vicino non è poi così brutto come vuole la leggenda ( e la televisione ) . Sono clienti docili , non fanno mai storie , accettano dopo il taglio sciampo e frizione , anzi ormai ci sono abituati e la chiedono da sé . Con Santino lavora un altro siciliano , Giovanni Tomaselli , che ormai si considera milanese , tanto più che tutti lo chiamano , alla lombarda , Gianni . Il sabato e la domenica viene a dare una mano anche il signor Peppino , un barbiere più anziano , di poca salute , e che non ce la fa più di tanto . Il padrone invece è bergamasco , il signor Antonio Clementi , e ha grande stima dei suoi lavoranti . No non è detto che per forza debbano essere meridionali i lavoranti in gamba , ma siccome la maggioranza sono loro , è naturale che dalla massa emerga prima o poi il buon artigiano , e persino l ' artista . Parlano proprio di arte alla scuola di Foro Buonaparte , anzi all ' Accademia per acconciature maschili , che Santino ha frequentato con profitto , e continua a frequentare insieme a Gianni . E a rigore se diciamo « barbiere » ormai questa è un ' inesattezza , perché la barba è l ' ultima cosa che si fa in un salone . I rasoi elettrici ormai permettono a tutti di radersi con poca spesa e poca perdita di tempo , anche se non viene fuori una guancia liscia come col rasoio . E i barbieri dal canto loro non se ne lagnano , perché una barba porta via almeno un quarto d ' ora di lavoro e le duecentocinquanta lire della tariffa a fatica coprono la spesa . Meglio dunque specializzarsi nel taglio , a fare la frizione e lo sciampo . Perché se ne son fatti di progressi in quest ' arte ( diciamolo pure anche noi ) . La scuola , per esempio , con quattro ore settimanali e due anni di corso , comincia col taglio all ' italiana , si curano soprattutto le basette e gli sgarbi ( cioè lo stacco intorno all ' orecchio fino al termine della sfumatura ) . Il lavoro è di forbici e pettine . Niente macchinetta : la macchinetta è un ' invenzione che già va sparendo , almeno nei negozi seri , al massimo serve per i bambini e per i clienti frettolosi , che smaniano sotto la mantiglia ( a Milano non si dice « cappa » ) . Poi comincia il taglio alla francese , bombé coi capelli tutti pari , da tre a cinquanta centimetri , e alla fine deve risultare una testa tonda perfetta . In questo caso interviene anche il rasoio : è il cosiddetto taglio scolpito . Bisogna infatti sapere che le forbici troncano il capello seccamente , come le cesoie d ' un giardiniere il rametto da potare , mentre il rasoio lo sfila , funziona insomma come il temperino quando appunta il lapis . Così la punta del capello viene assottigliata , e poi con il phon si tratta a piacimento , e viene bene , anche la trasformazione di fantasia . A questo punto entra in ballo il gusto del barbiere , e sta a lui decidere se fare un ' onda sul davanti , e dare una bella piega a tutta la capigliatura . Alla gara di fine corso , che fu un mese fa , Santino perse il terzo posto in classifica , per un punto solo , proprio perché la trasformazione non gli venne fatta come avrebbe voluto lui . Ma anche quarto su trenta , con la medaglia di bronzo , non è poco , e Santino tiene appeso il diploma incorniciato a una parete del negozio . Gianni , del primo corso fu nono , e per il signor Antonio è stata una bella soddisfazione , avere tutti e due i lavoranti piazzati . Certo , non è solo soddisfazione morale : il lavorante che si distingue alla scuola merita un premio . Così alle quarantacinquemila lire mensili che spettano per contratto , il signor Antonio aggiunge una regalia ; poi ci sono le mance , che ormai qui danno a tutti , e fatte le somme in capo al mese Santino Trimarchi porta a casa le sue ottantacinque - novantamila lire . Vive in pensione , e gli resta di che vestirsi e svagarsi . Come ? Santino non va spesso al cinema , leggere non legge , anzi dice che un libro aperto gli fa venire sonno , guarda la televisione quando fuori piove , altrimenti preferisce andare a passeggio , e la domenica non perde mai la partita . È tifoso dell ' Inter , e quando capita Helenio Herrera non si lascia sfuggire l ' occasione per fargli qualche domanda . Con tatto però . La fama che hanno i barbieri , di chiacchierare troppo , non è completamente falsa , e lui , Santino , ammette d ' essere un po ' chiacchierone . Ma è convinto che bisogna correggersi , capire se il cliente desidera oppure no la conversazione , e in caso negativo starsene zitti , che tutto sommato è meglio , perché si ha più testa al lavoro . Se è faticoso ? Certo , sono dieci ore giornaliere . Non si lavora di continuo , d ' accordo , ma bisogna stare molto in piedi : un lavorante che si rispetti non dovrebbe mai accomodarsi sulle poltrone riservate ai clienti in attesa . Al massimo può andare nel retrobottega , a fumare una sigaretta , ma il collega deve sempre restare in negozio . Poi c ' è la tensione nervosa , continua , se uno tiene a far bene il suo mestiere . Santino appunto ci tiene ; direi che questa è la sua unica ambizione . Farsi un negozio tutto suo , no . Magari si trovano ditte che ti arredano un salotto e te lo fanno pagare con comodo , ma Santino Trimarchi non se la sentirebbe di fare debito , e poi dare la settimana ai lavoranti , e pensare ai contributi , alle tasse , a tutto da solo . No , Santino Trimarchi è un barbiere tranquillo , e tranquillo vuol dormire ogni notte .