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> autore_s:"Bianciardi Luciano"
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Spesso capita di parlar male degli attivisti indigeni , ma anche quelli d ' importazione non scherzano , specialmente i romani . Sarà forse complesso di colpa , voglia di smentire la nomea che li dice pelandroni , fatto sta che appena arrivano fra le nebbie si scatenano . Per esempio quelli del cinema : Giovanni , l ' aiuto - regista , lavora dodici , sedici ore al giorno , e la sera eccotelo per casa , con gli occhi rossi , il naso intasato dal raffreddore . « Sto male , sto male » , fa , ma comincia subito a proporre , e a proporsi altro lavoro . Un documentario su Milano , per esempio , perché Milano è stata la grande scoperta dei cinematografari , proprio non se l ' aspettavano , quest ' aria ( bah ! ) , questa luce , questa nebbia . Un documentario , dunque , sulla mia generazione , sulla tua generazione , sulla nostra generazione , le speranze , le illusioni e le delusioni : tu , Maria , Lizzani , Guttuso , basta che parliate , e io registro . Avete il registratore ? Prendilo , prendilo , questo benedetto registratore , e forza , sveglia , pelandroni , lui lavora dodici ore al giorno eppure eccolo , di sera , pronto a lavorare ancora . Negli attimi di pausa legge un giornale di dieci anni fa che ha scoperto in un cassetto , e dice che è interessante . Il giorno dopo invece arriva Marcello , uomo di teatro , e dice che bisogna fare un documentario in dieci , dodici puntate su Israele , dieci , dodici storie di ebrei , purché ci sia di mezzo l ' Italia , anche solo un passaggio . Oppure un film a episodi sul tipo dei Mostri . Ma sulle donne . Diciamo pure le mostre . Ma no , non va , le mostre è equivoco , fa pensare troppo alla pittura . Semmai le orche , neanche , la censura a Roma , almeno , lo proibirebbe . Le orchesse ? Sì , le orchesse andrebbe bene . Oppure un film compatto , la storia di un adulterio . Vediamo praticamente la scena . Tu rientri da una trasferta , apri la porta , c ' è tua moglie che t ' aspetta . Come state , cara ? Bene , risponde lei . Anzi no , dice subito : marito mio ti ho tradito . E tu come ti comporti ? Sette ipotesi italiane , oggi : la ammazzi , la butti fuori di casa , te ne vai tu , la prendi a botte , soffri ma resti , non te ne importa nulla , sei contento . Anzi , meglio , prendiamo un personaggio classico e riraccontiamolo in chiave moderna . Per esempio , Orlando , il furioso . Chi è oggi Orlando ? È il difensore delle verità costituite che parte lancia in resta contro gli infedeli , che sono tutti , dai comunisti ai liberi pensatori , agli adulteri . Senza macchia e senza paura . Poi un bel giorno s ' innamora d ' una dattilografa , certa Angelica , e perde il senno . Il suo amico dott. Astolfi si rivolge a uno psicanalista che abita all ' ultimo piano d ' un grattacielo , un ambiente irreale , lunare . E Angelica va a finire fra le braccia di una mezz ' ala di serie C , un ragazzetto biondo e un poco fesso di nome Medoro . Ti va ? Me lo scrivi tu il soggetto , due cartellini , che poi io parto e trovo subito il produttore . Ritelefona la mattina all ' alba : « Allora , quest ' Orlando , come andiamo con quest ' Orlando ? L ' hai scritto il soggetto ? » .
MUORE DI SONNO PER SCACCIARE LA NOIA ( Bianciardi Luciano , 1964 )
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A mezzogiorno di venerdì 17 , il campione non c ' è ; sta mangiando un boccone a casa sua , spiega il proprietario del bar - quasi famoso ormai - di via Fratti , dalle parti della stazione . I1 bancone , pochi tavoli , il calcio balilla , due stanzucce : ha un nome di donna , Rita , ma per il resto è identico ai centomila baretti di periferia dove vanno a prendere il caffè o il grappino operai e artigiani prima e dopo il lavoro . Naturalmente c ' è il juke - box , che da dieci minuti ripete la solita solfa . E ci sono quattro o cinque giovanotti coi cartelli che attaccano al muro e appiccicano ai vetri i manifesti pubblicitari di una marca di caffè , la stessa ripetuta sugli scatoloni di latta , enormi e vuoti , posati sul bancone . Nell ' altra stanza , seduti a tavolino , due signori bassotti , atticciati , il viso scuro , hanno tirato fuori una carta bollata da duecento lire e ci stanno scrivendo un atto di procura , che affida a uno di loro l ' esclusiva di tutta la pubblicità che possa nascere dall ' impresa : battere il record mondiale di resistenza volontaria al sonno , sinora detenuto dallo studente californiano sedicenne Tandy Gardner . Finalmente eccolo , il campione nostrano : porta una cuffia di maglia a strisce nere e azzurre , calata fin sotto le orecchie , che gli nasconde mezza faccia ; in più ha gli occhiali neri , una sciarpa colorata al collo e il bavero del cappotto rialzato . Insomma , gli si vede solo il naso , piuttosto sporgente , e la bocca , con due incisivi scheggiati che formano un buco triangolare . Porta la testa in su , buttata un po ' all ' indietro , come se fiutasse l ' aria , cammina aggobbito , una spalla più alta , a passi lunghi e dinoccolati , anzi disossati . Somiglia vagamente , da quel poco che si vede , ad Adriano Celentano , e quella camminata sembra la caricatura del modo di muoversi del famoso urlatore . I due al tavolo riescono a farlo sedere , e lui sta lì , gobbo , quella spalla più alta che ritmicamente sale ancora più su , come per una contrazione del torace , involontaria . Gli parlano , ma non sono certi neanche loro che li stia a sentire , perché all ' improvviso si alza , ricomincia a passeggiare avanti e indietro , e bisogna prenderlo per la manica , tirarlo di nuovo a sedere . Di là continuano a picchiare col martello sul muro , altri manifesti come quello lì sul muro , con la scatola e il barattolo , miscela speciale , o come l ' altro , col chicco di caffè in figura umana , una enorme testa bruna ovoidale che sotto ha le gambe . « Ecco » , gli dice uno . « Quando arriva la televisione , tu prendi la tazzina e dici : Mi tengo su con del caffè T . Anzi no , non dici l ' aggettivo caffè , perché quelli della televisione sulla pubblicità ci speculano , fanno i caroselli e non ti permettono di dire caffè . Dirai solo : Mi tengo su con del T . Hai capito ? » Per maggiore sicurezza , il signore bassotto tira fuori un pezzo di carta , con su scritte queste parole : Mi tengo su con del caffè T . Cancella la parola caffè e porge il foglietto al campione . « Ecco , ti lascio il testo perché tu possa studiarlo . Hai capito bene ? Mi tengo su con del T . , devi dire . Se poi quello della televisione ti chiede : Ma che cosa è questo T . ? , tu magari puoi aggiungere : Ma diamine , è un buon caffè . E tieni la tazzina in mano . Anzi , facciamo la prova » . È arrivato il proprietario del bar con una tazza grande da caffè , che ha la marca da una parte . Ricomincia la lezione : « Tu tieni sempre questa tazzina in mano . Così , con la mano destra , in questa posizione , in modo che la marca si veda bene . Non la lasciare mai , altrimenti te ne potresti dimenticare . Sei nel tuo diritto , capisci , questi del caffè fanno dei sacrifici , ti danno cinquantamila lire per queste poche parole e per mostrare la marca : Mi tengo su con del T . Non dire il sostantivo caffè , perché quelli della televisione , che speculano sulla pubblicità , te lo potrebbero impedire . Dunque , a te non le hanno ancora fatte , ma a quell ' americano , a quel Gardner , sì , le iniezioni di caffeina . Tu prendi il caffè , e basta . Proviamo , per l ' ennesima volta : la tazza in mano , non la lasciare mai , e ripeti con me le parole : Mi tengo su con del T . Anzi , prendi il testo e studialo » . Il campione prende il foglietto , se lo infila in tasca e s ' alza in piedi , accennando di sì , che ha capito , ma non dice una parola . Ricomincia a passeggiare , avanti e indietro , come un fantoccio di gomma , quella spalla più alta che gli sale ancora di più , ogni volta che tira il fiato , e i due bassotti lo stanno a guardare , poi lo riagguantano per la manica , lo fanno sedere , gli danno una penna per firmare quella carta bollata della procura . Gli guidano la mano perché trovi il rigo giusto . All ' amico che mi ha portato in macchina fino a Parma , chiedo se per caso non ha appetito , e lui mi risponde subito di sì : poi si potrebbe anche andarcene a vedere la mostra di Guttuso , aggiunge . Dopo pranzo il campione s ' è levato la cuffia e , davanti allo specchio , nel cerchio di amici che lo stanno a guardare , si pettina : ha i capelli di almeno quattro mesi , castani , una lieve peluria sotto il naso prominente , le guance quasi glabre , gli zigomi più gonfi di come l ' avevo visto nelle fotografie , gli occhi in fuori , un colorito tra la cera e la terra . Si chiama Giuliano Fantoni , diciannovenne , di professione imbianchino e verniciatore . Non dorme da centottantatré ore , e intende continuare per altre centocinque , fino a mezzanotte di martedì prossimo , per un totale di duecento e ottantotto ore . Per adesso il record è dello studente californiano , record mondiale di resistenza volontaria al sonno : duecentosessantaquattro ore . Il nostro campione è uscito dal bar e passeggia alla sua solita maniera sul marciapiede , fiutando l ' aria . Bisogna che stia così , in piedi o seduto ; se si stende , anche per terra , anche sui chiodi , dorme . Di notte va in un garage lì vicino , dove lo ospita il guardiano notturno , e dove vanno a fargli compagnia gli amici ; di giorno sta sempre qui , al bar Rita di via Fratti , e s ' allontana soltanto , e in compagnia , per i pasti . Prende più che altro latte , uova col limone , succhi di frutta , carne di cavallo cruda , tritata . A parte il caffè , assicurano che non piglia eccitanti , e anzi ha smesso di fumare . Ha già avuto due volte la crisi , che qui chiamano « balordon » : tremarella , sudore freddo , conati di vomito . E continua ad andare su e giù con quell ' andatura da orso . Apriamo un testo di medicina : Dopo circa 60-90 ore di veglia forzata ( da quattro a sei volte l ' arco normale di 16-17 ore ) l ' effetto più palese è un ' estrema stanchezza muscolare . Chi si sottoponga a un simile esperimento desidera soprattutto chiudere gli occhi e stendersi , ma proprio questa forzata attività muscolare gli permette di rimanere sveglio . Altri aspetti caratteristici della veglia forzata sono : irritabilità fino al limite dell ' iracondia anche in soggetti normalmente pacifici , e disorganizzazione mentale che si manifesta in varie forme - sogni a occhi aperti , allucinazioni , automatismo della condotta , temporanea pazzia . Ecco perché col cosiddetto metodo del « terzo grado » - continui interrogatori per molte ore senza concedere al soggetto la possibilità di dormire - si riesce a ottenere una confessione anche da un individuo innocente , il quale non desidera altro ormai che chiudere gli occhi , e non capisce nemmeno più la gravità della sua autoaccusa . Il cerchio degli amici sta a guardare il campione , e sono occhi protettivi , preoccupati , vigili . Evitano di rispondere alle domande , e fare domande a lui mi parrebbe un ' inutile crudeltà . Ma si riesce ugualmente a capire come sono andate le cose . Giuliano è un bravo ragazzo , un compagnone , uno dei tanti giovani che si sentono a loro agio soltanto fuori casa , fra gli amici , uno di quelli insomma che « tengono banco » . Una volta ballò il twist per due ore di seguito , poi scommise che non si sarebbe fatto più tagliare i capelli . A Capodanno era sempre fuori , da una festa all ' altra dal bar alla balera . « Son due giorni che non chiudo occhio » , disse una mattina . « Figurati » , gli rispose uno mostrandogli la fotografia di un giovanotto americano , biondo sorridente , occhialuto , l ' indice e il medio sollevati nel segno della vittoria . « Figurati . Quest ' americano non ha dormito per undici giorni di seguito » . « Con quella faccia ? Ma allora son capace anch ' io . Anzi , starò sveglio dodici giorni , così divento campione mondiale » . In provincia - o in periferia che è lo stesso - non di rado succedono queste sfide assurde : a chi mangia più tortellini ( fino a scoppiare ) , a chi scola una bottiglia di grappa in un sorso solo ( a rischio di restarci secco ) , a chi s ' ingozza più pastasciutta con le mani legate dietro la schiena . La sfida nasce nelle lunghe ore di noia al caffè , quando non si sa più che altro fare e che altro dire , perché ormai si è fatto e detto tutto quel che c ' era da dire e fare , e la fantasia non suggerisce altro , non suggerisce di meglio . Questo soltanto , mi pare : non c ' è smania di pubblicità , anche se la pubblicità , nella forma balorda che si è visto cominciando ( chi rifiuta il caffè non dice forse « grazie no , che poi non dormo » ? ) , cerca di impadronirsi del fenomeno e di adoperarlo . Mi tengo su col caffè T . Ma la televisione non è arrivata , non possiamo controllare se Giuliano si ricorda quelle parole , e sarà meglio andarsene . Dopo il freddo della strada , dentro la macchina viene la sonnolenza . Ecco il guaio dei servizi fuori Milano e col rientro in giornata : non ti puoi stendere un po ' dopo mangiato .
L'ARCHITETTA NEOLOGISTA ( Bianciardi Luciano , 1964 )
StampaQuotidiana ,
La forza di una lingua si misura anche dalla sua capacità di ammaliare le parole straniere : noi oggi diciamo ponce , Parigi , Londra , e un tempo Benvenuto Cellini diceva , beato lui , Fontana Beliò , e intendeva Fontainebleau . I giornalisti sportivi dicono stoppare e dribblare , e forse troveranno il modo di italianizzare anche il tackle . Gli italiani d ' America dicono carro per auto , giobba per lavoro , gelle per carcere , bisinesse per affare . Dicono , come tutti sanno , Broccolino . Non tutti invece hanno sentito una madre chiamare il figlio Vasintone , eppure succede : in Romagna e in Toscana , troviamo Vasintone , Vilsone e Bicchesio , cioè Washington , Wilson , Bixio . Gli arredatori dicono bovindo per indicare un tipo di finestra che aggetta rispetto al muro . Parola nuovissima e inusitata - non se ne aveva notizia prima del gennaio 1964 - è triggerare . La si legge nel manifesto invito per una mostra di Nanda Vigo . I1 contesto : « Ritengo quindi che dovendo tradurre esteticamente un codice di comando atto a triggerare un ' informazione con una scelta precisa , queste forme siano le più atte a concretizzarlo in armonia con il postulato cronotopico » . Il senso generale del discorso dev ' essere abbastanza complicato , ma non ci interessa in questa sede . Qui preme cogliere a frullo il neologismo , questa deverbazione da una parola straniera , e cioè trigger . Dice lo Webster : « Leva collegata a un ritegno , e che serve a liberarlo » . Nelle armi da fuoco , il trigger è la parte che , premuta dal dito , libera il percussore . E to trigger significherà far scattare il grilletto . Deverbale dall ' italiano era difficile , certo : « sgrillettare » suonerebbe male . Perciò ecco « triggerare » qualcuno dirà che sarebbe stato più giusto « trigherare » , ma sono pedanterie . Qualcun altro dirà che si poteva anche scegliere un « far scattare » , un « dar la via » , un « dar le mosse » , o ancora , restando nel gergo meccanico : « mollare » , « scatenare » , « sparare » . Chi avesse bisogno di altre notizie si rivolga a Nanda Vigo : nata a Milano , nel 1936 , laureata in architettura all ' Institute Polithecnique de Lausanne , ha lavorato in California , Jugoslavia e Milano , poi , dopo aver assimilato varie proposte stilistiche , nel 1961 iniziò la formulazione plastica che si caratterizza nei cronotopi esposti nel 1962 . Così almeno sta scritto sull ' invito .
FIRMA LE SUE STORIE CON UNA CROCE ( Bianciardi Luciano , 1964 )
StampaQuotidiana ,
I D ' Orlando , madre e figlio , abitano in una traversa di via Paolo Sarpi a Milano ; un quartiere popolare , di costruzioni vecchie , al massimo a tre piani , coi fondi tutti occupati da una fila continua di negozi e qualche bottega imprevista , come quella dove ancora fabbricano a mano ceri e candele di tutte le misure . Loro due stanno a un quarto piano di una casa non diversa dalle altre : nel cortile la fila di bidoni della spazzatura , la scala stretta ed erta , umida fino a sapere di muffa , le file degli usci che si aprono sul ballatoio , rimasto come ai tempi in cui l ' appartamento si riduceva a una stanza e i « servizi » erano in comune , giù in fondo . Sulla porta di casa , sotto il nome a caratteri rossi , stampati - di certo il ritaglio d ' un catalogo di mostra - c ' è un altro cartiglio , scritto a mano , che dice : « Gordon Vernon , B.A. Teacher of English » . Aprono e sono due stanzucce : un tramezzo nella prima isola il cucinino , col fornello a gas , l ' acquaio e un piccolo frigorifero , e basta appena a contenere un armadio e una rete di letto col materasso e la coperta alla militare . Nell ' altra , l ' unica vera camera , due brande : ci dormono appunto Pasquale D ' Orlando e l ' amico suo baccelliere che dà lezioni private d ' inglese , poi due tavoli , una scrivania accostata al muro , uno scaffaletto pei libri e in un angolo , ammucchiati , barattoli vuoti di colore e di tè . I telai delle finestre sono dipinti di rosso vivo . Pasquale è un ragazzo robusto e paffuto , che non dimostra i suoi ventisette anni . Come accade spesso nei napoletani - e contro un luogo comune che li vuole scuri , anzi bluastri - lui ha gli occhi chiari , le guance rosee , la barba scarsa . Più tardi entra un suo amico piccoletto , biondo , fine nei lineamenti , e lo scambio per il coinquilino inglese , mentre invece è napoletano anche lui . Ma finalmente eccola , la madre , Maria D ' Orlando : è molto piccola , tonda , con la faccia piena , i capelli grigi raccolti a ciuffo , un occhio velato e semichiuso . Sulla veste turchina porta uno zinale nero e tiene le gambe in certi calzerotti di lana grossa , grigi . Quando si accomoda a sedere il figlio deve metterle sotto i piedi un barattolo vuoto , altrimenti non arriva a toccare terra . Le domando per curiosità la sua statura , e lei va a prendere dentro l ' armadio , in una custodia di plastica insieme ad altri documenti , la carta d ' identità : Maria Zarrillo in D ' Orlando , vedova , nata a Torre del Greco nel 1897 , statura bassa . Infatti , così a occhio , non dovrebbe superare il metro e quaranta . Eppure quando sorride diventa bella , con quei bei denti sani e bianchi : fa accomodare anche me e Sergio Cossu , che è ritornato per fare altre fotografie , ma anche , mi pare , perché ormai si considera di casa e ci viene volentieri , ci offre un bicchierino stravecchio ( l ' etichetta dice ancora cognac ) , e ci dà il tempo di guardare intorno . Appesi al muro quadri , del figlio e suoi . Questi ultimi si riconoscono subito , per la violenza dei colori e il piglio deciso dei tratti : figure umane , fiori , un carretto , cavalli ; su tela , su compensato , su carta , e ciascuno ha in un angolo , a mo ' di firma , la croce . Infatti Maria D ' Angelo non ha mai imparato a scrivere , né sa leggere . Ha imparato invece a dipingere : basta una scorsa alle due grosse cartelle che il figlio sta voltando sul tavolo . f ) ai primi abbozzi con la penna a sfera , ai quadri appesi , ai fogli di queste ultime settimane c ' è un ' evoluzione evidente , pur restando identici i temi , insistiti tenacemente ; ancora figure umane , ancora cavalli , ancora carretti . E lei spiega : questi sono due bambini che portano i fiori alla mamma ; e anche la mamma sta mutandosi in pianta , le nascono dentro rami e foglie . Questo è un bambino travolto da un cavallo : ma il cavallo sta mettendo una coda di pavone , coloritissima . Questo è un uomo che spinge un carretto , ma le ruote son viste , per così dire , in sviluppo , sono due fondi accanto al rettangolo del carretto . In tutto Maria D ' Orlando ha da mostrare cinquecento opere . Ma come è stata , questa scoperta della pittura ? Lo spiega il figlio Pasquale , di professione pittore : volle fare lui una specie di esperimento , mettere in mano alla madre analfabeta quest ' altro modo di esprimersi , vedere il comportamento d ' una creatura « primitiva » , d ' una donna di sessantacinque anni , carica di esperienza , ma rimasta culturalmente bambina . Non le diede alcun consiglio , di nessun genere , anzi oggi è lei che - mi spiega Pasquale - dà al figlio avvertimenti su come scegliere e accostare i colori : i suoi sono squillanti , arditi , suggestivi , sottolineano i simboli già così chiari del disegno . Come mai , le chiedo , occhi così grandi e così rossi , in quella figura maschia , anzi virile , perché su questo punto il disegno non lascia davvero dubbio alcuno . Lei sorride , alza gli occhi per guardami in faccia ( col sommo della testa mi arriva di poco sopra il gomito ) e fa : « Eh , voi capite , non mi piace la cosa meschina , piccirella . L ' uomo è grande » . Per esempio Giovanni , il povero marito suo , morto nel quarantaquattro : lo chiamavano di soprannome Scialone , perché era un gigante , fortissimo , capace di spingere su un carretto dodici quintali di farina lungo una salita . Si spargeva la voce che Scialone spingeva dodici quintali , e la gente usciva dalle case per assistere allo spettacolo . E pensare che s ' era scelto per moglie una donna così piccola , e per giunta figlia della Madonna . Qualcuno la prese con sé , ma non ebbe mai una madre e un padre , neanche adottivi : anzi , a dieci anni già l ' avevano messa a guardare le bestie giù in una masseria dalle parti di Cassino . Lei non ci stava volentieri , così un bel giorno scappò : andò alla stazione , vestita come una « pacchianella » e lì trovò un soldatino che , saputa la storia , le mise in mano due lire , e le dette questo consiglio : salita in treno , al controllore doveva dire esattamente : tengo due lire e dieci anni , e sono figlia della Madonna . Se volete che scenda , io scendo . Ma chi poteva avere il cuore di buttar giù dal treno una figlia della Madonna ? Le diedero un lavoro migliore , e per tutta la vita Maria lavorò : il marito facchino lei col carretto delle erbe e delle verdure . Ebbe due figli , ma altri ne perse durante la gravidanza , perché le crescevano in grembo troppo grossi , e poi una volta ci fu lo spavento d ' un cavallo imbizzarrito , quello appunto che ritorna tanto spesso nella sua pittura . Morto Scialone nel '44 , con la guerra appena finita , furono anni di fame . Il figlio maggiore se ne andò in Francia , « passò le montagne » e anche lì trovò vita difficile , la polizia arrivò al punto di fargli mangiare il sapone , per tormento e dispetto contro questo « terrone » che osava venirsene a rubare il pane ai cittadini francesi , e lui , per farsi condurre finalmente dal console italiano , fece diciassette giorni di sciopero della fame . Al figlio più piccolo , Pasquale , questo , fece in modo di assicurare il pane mettendolo in una casa di rieducazione a Urbino , dove i metodi rieducativi erano quelli vecchi , botte sulle mani con una cinghia di cuoio bagnata . Eppure a Urbino lui fece i suoi primi studi d ' arte , pittura , ceramica , grafica , e quando fu in età da andare soldato , rinunciò all ' esonero che gli spettava e trovò il modo , dopo il CAR di Pesaro , di farsi mandare a Milano , perché Milano era - ed è - la capitale dell ' arte moderna in Italia . Aviatore , durante la libera uscita cominciò a frequentare i bar intorno a Brera , e lì conobbe i suoi amici di oggi , questi stessi che , come Grippa , Dova , Fontana , sono venuti a vedere i dipinti della madre Maria , e ne parlano con schietto entusiasmo , come d ' un bell ' esempio di pittura naïve . A Milano Pasquale volle restare anche dopo il congedo , tirando la cinghia ma senza mai rinunciare al suo sogno , d ' essere pittore e basta . Anzi , appena possibile chiamò con sé la madre , e adesso nelle due stanzucce al quarto piano di via Messina 6 sono in due ad adoperare il pennello , non sono rose neanche ora : l ' affitto è sulle ventimila lire al mese , come riscaldamento c ' è solo una stufetta di ghisa che mangia altre ventimila lire fra carbone e legna . Che proprio saltino i pasti non si può dire , ma capita che qualche sera lei sia costretta a « inventare » la cena ed è una brava cuoca . Quando cucina ha gli stessi gesti di quando dipinge , o forse è vero il contrario : foglio di carta sul tavolo , apre i barattoli dei colori con la stessa amorosa precisione con cui dosa il sale nella pentola , e traffica con il pennello come se rimestasse una minestra coi « pulpetielli » . I quadri li abbiamo visti , il brodo di polpi , ancora polpi per secondo piatto , conditi a olio e limone , li verremo ad assaggiare un ' altra volta , senza impegni di lavoro , da buoni amici di casa , Cossu ed io . Ma intanto facciamo queste altre fotografie , montiamole un po ' . Ecco bisognerà fissare alla porta , con qualche chiodino , i disegni già scelti , e poi mettere lei seduta su quello sfondo , magari mentre pela le patate , ché tanto le deve pelare per cuocerle a tocchettini nel brodo . Forse i disegni sono troppi , e lei interviene : « Sergio , state a sentire a mammà . Qui risulta troppa confusione , nevvero ? Levate , levate » . E si siede , con il barattolo vuoto a fare da poggiapiedi altrimenti non tocca terra . Prima del congedo vuole abbracciare tutti e tre , anche il figlio che pure rimane in casa . « Prima che il Signore mi chiama voglio lasciare un milione di lavoro » , gli dice . E siccome il figlio scatta su a rispondere che non sono i quattrini la cosa più importante , lei precisa : « Un milione di lavoro , un milione di quadri . Li lascio al figlio , ma la consolazione è mia : quando faccio un quadro sono consolata » .
BUBE: «O I TAGLI O METÀ DELLA TORTA» ( Bianciardi Luciano , 1964 )
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Alla stazione , quando chiedo a un ferroviere se per favore sa dove abita ( anzi « dove sta di casa » ) Renato Ciandri , quello mi guarda strizzando un po ' gli occhi , come uno che non ha capito bene . « Ciani ? » chiede a sua volta . No , Ciandri , Renato Ciandri , quello del libro , quello del film , insomma della Ragazza di Bube . « Ah , ho capito . Dovrebbero essere tornati a casa di lei » . La prima a destra , poi a sinistra su per la salita , si scende , si trova una piazza , si va ancora avanti , tino alla seconda piazza , quella grande con l ' obelisco e proprio di faccia stanno loro due . Al primo piano , in cima a una rampa di scale breve e ripida , sull ' uscio ci sono i nomi , Giorni - Ciandri . Viene ad aprire lei in persona , è una bella donna , con la faccia matura , aperta , piena , sotto i capelli nerissimi che serbano una traccia di cotonatura : un viso toscano , non c ' è che dire , ospitale e insieme interrogativo e leggermente ironico . Le solite spiegazioni : vengo da Milano e ci lavoro , ma come lei sente non ci sono nato , sono di Grosseto . « Amico di Cassola , allora » interviene e avverto subito la leggera impennata della voce . A pranzo con me e con Claus Fischer , che se ne sta zitto e non osa tirar fuori la macchina dalla borsetta . « Lei mi capirà , siamo piuttosto guardati , di questi tempi . » E poi Renato , il marito , non ritorna a casa per il pranzo , rimane a Firenze perché riattacca alle due , là al centro - carni dove lavora da facchino . Smette alle cinque , e va subito dall ' avvocato tutte le sere . Ha lasciato detto così : se viene qualcuno per via del film , mandalo dritto dall ' avvocato , se invece è per altre ragioni là al centro - carni . Lasciano entrare , sicuro . « Posso offrire qualcosa ? » Dalla vetrina tira fuori una bottiglia d ' un liquorino dolce , che non avevo mai assaggiato , e ce lo offre ; poi dall ' altra stanza arrivano gli strilli di Moreno ( « cinque mesi e mezzo » , precisa ) e bisognerà che la scusiamo , ma i bimbi non possono aspettare , specialmente se si tratta di mangiare . No , il film non l ' ha visto , e neanche ci tiene . « Caso mai voleste fare una chiacchieratine , un po ' più lunga , venite domani con calma , che è domenica e c ' è anche mio marito » . Ci fa vedere la fotografia di Moreno , la camera coi mobili nuovi e la televisione ( « tutta col nostro lavoro » precisa ) e ci riaccompagna sul pianerottolo . Sono passati dieci minuti appena , e ora bisognerà , dopo aver mangiato al Girarrosto , ripigliare il treno di Firenze e poi un altro mezzo che ci porti in via Circondaria , dove si trova questo benedetto centro - carni , che sarebbe come a dire i macelli . Per un pelo non lo perdiamo : appena oltre il cancello eccolo lì che a passo svelto va verso la motocicletta . Me l ' ero immaginato , leggendo il libro e poi vedendo Chakiris nel film , proprio ieri sera , più piccolo , più basso . Sul metro e settantacinque , asciutto , dritto , porta un paio di calzoni di velluto a coste sopra quelli buoni , proprio per andare in motocicletta . La giacca è grigia , principe di Galles , mi pare che si dica , non porta la camicia né la cravatta , ha invece una maglietta di lana scura . E i baffi , naturalmente , neri come i capelli ; gli occhi sono fra il castano e il verde , in fossati , vivacissimi . Dovrebbe proprio andarsene , e invece rimane lì con le mani sul manubrio della moto , toccando a tratti con la scarpa il pedale dell ' avvio . « Ah , amico di Cassola ? » Certo , amico di Cassola , e anche di Silvano Ceccherini , che lui dovrebbe aver conosciuto in carcere a San Gimignano . Infatti , e mi ripete preciso preciso quel che a suo tempo mi aveva raccontato Ceccherini , dopo avere scritto La traduzione , gliela fece leggere e fu appunto lui che gli consigliò di mandarla a Cassola , il suo amico scrittore , perché si interessasse di farla avere a qualche editore di Milano . « Anzi , guardi , ho qui in tasca un ritaglio di giornale che racconta tutta la storia . » Lo tira fuori , ed è un mio vecchio articolo . Ora si può parlare meglio , lasciar perdere la moto , fare insieme due passi intorno all ' isolato , e Claus Fischer , silenzioso biondino di Dresda , finalmente tira fuori la macchina , ci precede di qualche metro e comincia a scattare . Ciandri non ci ha nulla da ridire , e così veniamo al dunque . La ragazza di Bube uscì mentre Renato Ciandri era ancora in carcere per il fatto di sangue di undici anni prima : il successo del libro , e l ' interessamento di Cassola gli giovarono certamente ad avere una quindicina di mesi di condono . « Gliene sono ancora grato » , fa lui fissandomi , « anche se subito dopo averlo letto dissi che non eravamo d ' accordo su come ci aveva trattati » . Specialmente Nada , la moglie : tutta inventata la storia di Stefano , il giovanotto serio e un po ' retorico che fa la corte a Mara mentre Bube è via ; tutto inventato l ' attacco del libro , con lei così ragazzina e un po ' civetta ; tutto inventato persino che lei non sa portare tacchi a spillo . D ' accordo , c ' è l ' invenzione letteraria , uno che scrive ha il diritto di pigliare certi fatti veri e di ricamarci sopra con la fantasia . Ma intanto quando lui uscì di carcere , tutti seppero che quella era la storia sua . « Guardi . Io non sono un beduino , una ragazza secondo me può avere un fidanzato prima di sposarsi con un altro uomo . Ma la storia di Stefano non è vera . Sì , lo so , daccapo , lo scrittore inventa , ma io non campo mica in mezzo ai letterati . Queste cose le capiscono i letterati , e le capisco anche io che un poco ho letto , in quegli undici anni . Ora molto meno , perché il lavoro è faticoso , e quando torno a casa , fra il bagno , la cena , un po ' di televisione , si fa presto ad addormentarsi . Cosa ho letto ! Mah , soprattutto romanzi sociali , Victor Hugo , Zola , Jack London , specialmente Il tallone di ferro , che è il più bel romanzo sociale . Anche Cronin , si capisce , E le stelle stanno a guardare , poi La cittadella , Il castello del cappellaio . Gli italiani ? Le dico la verità , gli italiani non mi sfagiolano mica tanto , sa » . Veramente quest ' uomo non è affatto come me l ' ero immaginato . Non è Bube , ecco : quel romanzo di Cronin , per esempio , potrebbe leggerlo più verosimilmente Stefano che Bube . E poi , man mano che il discorso s ' infittisce , ecco che gli scrittori italiani lui non li ignora affatto , parla di Pasolini , parla di Calvino , soprattutto parla di Cassola , e m ' accorgo che l ' ha letto tutto , e che lo giudica con affettuoso distacco , come se questa brutta storia delle carte bollate , del sequestro eccetera , non lo riguardasse nemmeno più . Si fece vivo , appena seppe che il film entrava in lavorazione : il libro è uscito , ha avuto il successo che ha avuto , contiene la loro storia e loro due non sono d ' accordo su come è raccontata . Pace . Acqua passata . Ma ora anche il film , no . Un libro lo leggono , quando va bene come è andato bene questo , centocinquanta , duecentomila persone . Ma se poi ne fanno anche un film , la storia la risanno tutti , anche chi non ha mai imparato a leggere , anche chi non sa , non vuole distinguere fra verità e invenzione , soprattutto quelli anzi , e parlano , parlano , parlano . Non che a Pontassieve qualcuno abbia osato dirgli qualcosa in faccia , no . Anzi , sono discreti e corretti , ma le chiacchiere si sentono a fiuto , che girano nell ' aria come mosconi . Così si fece vivo con la produzione , avvisandoli che non era d ' accordo , che si fermassero . E quelli risposero facendo i meravigliati : non capivano proprio il perché . Invece c ' era , il suo perché . « Quella è la storia mia , l ' hanno detto e ripetuto proprio loro , Cassola è un grande scrittore e un uomo onesto , ma è anche un ingenuo , quando dice di non capire . È una storia di vent ' anni fa , e venti anni fa il mondo , l ' Italia , era diversa . I fatti di allora , raccontati oggi , pigliano tutto un altro verso . Venti anni fa , per esempio , la rapina a mano armata non era un fatto grave come sarebbe oggi . Oggi , i giovani che a quei tempi non erano nati , o non potevano capire , se vedono raccontata la mia storia con la mentalità di oggi , travisano tutto , non possono convincersi che allora era differente . Io mi sono rifatta una vita , lavoro qui ai macelli , e quel che guadagno mi basta per campare , per mangiare , per le sigarette . E anzi ne fumo anche troppe . Perciò mi lascino in pace , la smettano con questa storia di Bube » . « Ehi , Bube » , lo chiama da dietro un suo compagno di lavoro , piccoletto , sorridente , che subito si aggrega , e volentieri sta in posa davanti all ' obbiettivo di Claus Fischer . Già che ci siamo , si va tutti a bere qualcosa lì all ' angolo , una botteguccia dove sono soliti ritrovarsi tutti i facchini dei macelli . Il piccoletto si chiama Guani , poi viene anche uno anziano che ha un nome illustre , Puccini , e cominciano a girare i mezzi litri . Ciandri e io seduti vicini , Fischer in piedi dietro il banco che spara come una mitragliatrice . E si riattacca a parlare di letteratura : una scena del Soldato , se è giusta l ' impostazione politica di Fausto e Anna , il personaggio di Guglielmo nel luglio del bosco , il dolore calato nel paesaggio , la scrittura così scorrevole dell ' Entrata in guerra . No , proprio non è come me l ' ero immaginato questo Ciandri Renato di Volterra , classe 1924 , detto Bube , che è poi il soprannome di famiglia , nonno , padre e lui , già alabastraio , poi partigiano Baffo ( questo il nome di battaglia , e non già Vendicatore ) . Me l ' ero immaginato parco di parole , rigido , semplice , elementare , e invece qua nessuno poi è semplice , neanche il Guani che scherza sempre ( anzi « fa il chiasso » ) e si scusa se qualche volta « nel discorrere si sbarroccia un po ' . Sa siamo gente alla buona , senza istruzione . lo ho fatto appena la quarta , e parlo come mi viene . Certe parole difficili come le scrivete voi , io non le capirei nemmeno » . E continua per un po ' a fare il chiasso , cioè a canzonarmi , con questa storia delle parole difficili . Altre parole difficili , e stridenti , mi sta dicendo Renato : sequestro , azione civile , azione penale , comparizione . Cioè tra qualche giorno si dovranno incontrare le due parti dinanzi al giudice . Ma loro cosa chiedono , cosa vogliono ? « Levare di mezzo il film sarebbe la cosa migliore . O almeno che si arrivasse ai tagli indispensabili : tutta la storia di Stefano , per esempio , via . Questione di soldi non s ' è mai fatta , non se n ' è mai parlato . Però se non ci fosse altra via d ' uscita , allora dividiamo la torta . Perché sulla nostra storia ci dovrebbero guadagnare solamente gli altri ? Meglio di tutto , eliminare il film ; sennò i tagli . AI peggio , dividiamo la torta , mi diano quel che ci vuole per cambiare posto e vita » . Lo dice senz ' ira , senza nemmeno emozione . Davanti al pretore fu proprio così , mi spiega distaccato , quasi assente . E volentieri cambia discorso , dice che il film non l ' ha visto , ottocento lire sono troppe , aspetta caso mai che venga a Pontassieve , dove cento bastano . Preferisce discorrere ancora di letteratura , fino al momento di andarsene , si è infilato il cappotto , col bavero su per il primo freddo del crepuscolo , dà un colpo di pedale , avvia , parte diritto e sicuro in mezzo al traffico di via Circondaria .
IL VILLAGGIO RESISTE AL CONDOMINIO DI MASSA ( Bianciardi Luciano , 1965 )
StampaQuotidiana ,
Sant ' Anna di Rapallo - Anche qui i metodi didattici si sono ammodernati : bando alle aste , scrivono parole fin dal primo giorno , a Natale le sanno già quasi tutte , e dopo le feste abbandonano la matita per impugnare la penna vera , quella che s ' inzuppa nell ' inchiostro . Le prime volte sono macchie , sbaffi , pasticci , anzi « pacciughi » . Escono alle cinque del pomeriggio , i diciotto alunni della maestra Luisa Solari , prima B , sdoppiata perché gli iscritti , contro le previsioni , furono quasi quaranta , l ' inverno è mite , e prima di rincasare sostano lì fra il cancello e la strada che va alle case dell ' INA , a giocare . Fra questi diciotto alunni , e fra gli altri scolari della « Giovanni Pascoli » , sono relativamente pochi i liguri , i Canepa , gli Assereto , i Costa : Marcellino per esempio si chiama Jatosti , che è un cognome abruzzese , forse di lontana origine polacca . È nato a Milano e abita coi suoi ( padre toscano , madre romana ) al terzo piano del condominio lì di fronte . I suoi comprarono l ' appartamento anche perché videro la comodità della scuola così vicina . Le due bambine , gemelle , sono Cariddi , Michele è un Tricarico . Renato è un Bellonzi , di madre napoletana e di padre ferrarese , cameriere giù a Rapallo , e abitano a Savagna , in collina , quindicimila mensili una casetta e un ettaro di terra . A tempo perso allevano polli e conigli di razza speciale , dal pelo fulvo . Gaetano sta accanto alla chiesa di Sant ' Anna , che dà nome al paesino . Di cognome fa De Luca : padre siciliano , già sarto , poi operaio , adesso allevatore anche lui di polli e conigli . La madre invece lavora al golf . Al golf , appunto , perché ormai quasi tutti dicono così : abito al golf , devo andare al golf , la corriera per il golf , il golf di Rapallo , nove buche , cioè la metà di un campo regolamentare , ma sembra che già comprino altre terre , fino a Valle Christi per arrivare alle fatidiche diciotto . Il campo naturalmente è assai bello e tenuto a dovere , costa carissimo come tutti i golf d ' Italia , dove lo sport non è affatto popolare , la sede del circolo è signorilmente arredata , ma vista da fuori sembra un palazzo della GIL , e non a caso lo costruirono in epoca fascista . Un tempo , al posto dei green e del bunker c ' era « la fanga » , ricordano i più anziani , c ' erano « e pusse de Sant ' Anna » . Pozze formate a furia di scavare argilla da mattoni , e che il torrente ( si chiamerebbe Bogo ma i villeggianti e le carte topografiche dicono Boato , imprevedibile e violento con le sue piene puntualmente allagava , e da Rapallo venivano fin qui con lo zatterino a pescare . Sant ' Anna a quei tempi era un borgo di fornaciai e di ortolani . Oggi le fornaci non ci sono più e c ' è invece il golf . Secondo le agenzie immobiliari ( compravendita , affitti e permute ) questa è zona verde con vista golfi una precisazione che dà tono , certo , ma i prezzi sono i più bassi , sulle novantamila al metroquadro . Man mano che si procede verso il mare i prezzi salgono : zona tranquilla , zona semicentrale , a cinque minuti dalla passeggiata ( ma cinque minuti di che cosa ? Di marcia o di automobile ? ) , zona centrale , zona centralissima , vista mare . Chi vuol vedere il mare paga più di tutti , fino a duecentottanta al metroquadro . Ma la domanda ristagna e ci sono i primi cenni del ribasso ( sulle diecimila al metroquadro in meno , dal cinque al dieci per cento ) . A Sant ' Anna il mare non si vede , il centro dista due chilometri , siamo insomma all ' estrema periferia di Rapallo , ed ecco perché vendesi a prezzi vantaggiosissimi , anche con mutuo . È appunto la fila dei condomini che percorre tutta la vallata del Bogo , identici l ' uno all ' altro ; progettati dallo stesso architetto , calcolati dallo stesso ingegnere : una gabbia di cemento armato su cui poi si tendono i foratoni , per i solai e per i muri . Altezza gronda in 17,50 , secondo i limiti del regolamento edilizio , ma spesso sopra la gronda cresce l ' attico o il superattico , e così si arriva ai metri 20,50; e ci entrano , a settantacinque metroquadri per famiglia , fino a cinquanta inquilini , ciascuno col suo bravo nome e titolo a stampatello sulla targa dei campanelli : Anzaghi , Carugati , Viganò , Terzi , Colombo , Garbagnati , poi qualche Codognotto e qualche Canessa . È la proprietà privata di massa . Parecchie tapparelle restano sempre chiuse , gli inquilini compaiono al massimo il venerdì sera , fanno la gitarella a Portofino o a Montallegro , e poi dopo cena si trovano tutti quanti a parlare di nebbia e di quattrini ( che non ci sono più ) . Meno male che lo hanno fatto in tempo , quest ' investimento di setto - otto milioni : hanno un posticino per le vacanze , il gruzzoletto è al sicuro , e possono sempre dire « la nostra villa in Riviera » . Dopo tutto non sono neanche lontane le villette vere , le « unifamiliari » con giardino : basta salire un po ' più su e la zona comincia a valorizzarsi : ampio panorama , splendida veduta , vista golfo . Da vedere il golf a vedere il golfo la differenza è del doppio preciso . La più bella di tutte si chiama « Villa Mia » , e il proprietario è il signor Osvaldo Menga : ampio terreno a parco con alberi pregiati , vialetti ghiaiosi , lampioni , finti pozzi , passeggiata archeologica con Veneri monche e putti , la piscina di maiolica verde . Ora è deserta , ma d ' estate ci danno splendide feste con orchestrina e cantanti , gare di tiro alla pistola e rinfreschi assortiti . Per questa popolazione saltuaria e lombarda , due o tre anni or sono , hanno allestito , in quindici giorni , comprese le fondamenta , una chiesa prefabbricata , che prende nome dal Sacro Cuore . L ' armatura è di montanti in lamiera traforata , che s ' imbullonano come i pezzi del Meccano , con sopra un rivestimento di materiale precompresso . Un ' unica grande navata col tetto uso rimessa , accanto all ' altare c ' è l ' usciolino della sacrestia , che ha uno sportello scorrevole , a coprire la grata del confessionale . Ci dicono messa soltanto la domenica , in inverno e debbono accendere le stufe dal sabato sera , altrimenti i fedeli scesi per lo « weekend » in Riviera « barbellano » dal freddo . I santannesi stanziali - sia gli indigeni che gli immigrati con fissa dimora - vanno , se ci vanno , all ' altra chiesa , che è il centro del vecchio borgo . È un minuscolo ma non brutto esempio di barocco genovese , con la cupola a tegole di ardesia , e sta per compiere trecento anni precisi . I borghigiani ne parlano con un certo orgoglio . La sezione ( anzi la sessione ) del Partito comunista è poco più sotto , in una baracchetta di legno , quasi di fronte all ' osteria di Giovannino Raffo da Sestri Levante . Qui la sera vengono a giocare a carte , a bersi un bicchiere , e a discorrere in quel loro curioso dialetto che sembra portoghese , gli adulti di Sant ' Anna , quelli che all ' ingrosso , hanno già fatto il militare e possiedono il fucile da caccia . Ma la selvaggina deve essere scarsa . I giovani invece vanno al bar del Porri , dove il mese scorso si tenne un memorabile torneo di boccette , con medaglia d ' oro . Davano per favorito il giovane Arminetti , detto « Canna » perché è alto e sottile , e invece vinse un altro , e ora « Canna » continua a mugugnare e a dire « belan » , pur essendo nato a Mimose , in Calabria . Ormai Sant ' Anna è un cuneo di case , serrato fra due sensi unici , coi condomini da una parte e il verde del golf dall ' altra , il vertice al ponticello sulla confluenza dei due torrenti che formano , appunto , il Bogo . Due bar , tre o quattro botteghe di alimentari , il macellaio , il vinaio , qualche officina , un coiffeur pour dames , le rimesse delle carrozze . Un tempo i vetturini tenevano i cavalli ( due , sempre , il grande e il pony , che può anche essere un somarello sardegnolo ) giù al mare , vicino ai grandi alberghi , a disposizione dei turisti stranieri , ma poi è sembrato più decoroso spostarli quassù . E oltre tutto le carrozze sono ridotte a una decina , i vetturini hanno ormai l ' età della pensione : il più popolare , ma non il più vecchio , ha sessantun anni . Si chiama Luigi Tasso , detto « Fante » ( qui il soprannome sembra obbligatorio , lo mettono persino sugli avvisi mortuari ) e diversi anni or sono , girandosi proprio a Rapallo un film con Peppino De Filippo , lo scelsero per una particina . A Sant ' Anna se ne parla ancora . A Sant ' Anna dunque c ' è una inconsapevole , forse , volontà di restare villaggio : si trovano al caffè , provano a chiamar per nome ( in attesa che s ' inventi il soprannome ) anche il forestiero , hanno la scuola e la posta . Manca invece la farmacia , e manca l ' edicola dei giornali . Eppure qualcuno è ottimista . Da un mese al bar del Pozzi c ' è una clientela nuova : gli operai che sparano le mine e guidano le ruspe dalle parti di San Pietro . Sono i lavori per l ' autostrada nuova , da Genova a Sestri , che sveltirà il traffico sulla Riviera di Levante . In due ore dalle brume lombarde all ' eterno tepore di qui : l ' imbocco sarà proprio a Sant ' Anna , e già s ' immagina il « movimento » che ci sarà , fra un paio d ' anni . Gente che va , gente che viene . E speriamo che si fermi . I ragazzini della scuola « Giovanni Pascoli » la smetteranno di gingillarsi lì davanti , finita la lezione . Potranno finalmente dire che abitano al casello di Rapallo .
LA LAMBRETTA DEI MINATORI ( Bianciardi Luciano , 1954 )
StampaPeriodica ,
« Guardi , diceva un minatore muovendo in giro la mano tesa , tutto quello che lei vede è della Montecatini . Non si può sbagliare . » La Montecatini , qua a Niccioleta , possiede le case , le strade , gli spacci aziendali , i mezzi di trasporto , le sedi dei partiti politici , il terreno circostante . Della Montecatini sono i grossi casamenti gialli , sparsi in disordine per le pendici di questi colli scabri , collegati appena da un sentiero scosceso , con larghi improvvisi sterrati nudi ; il palazzotto del dopolavoro , una costruzione pseudo - razionale , di taglio littorio , stile 900 , come si diceva nel ventennio ; e la chiesa , un altro scatolone con una specie di pronao rettangolare , che fa pensare ad una palestra di boxe . Son della Montecatini le grigie e scialbe casette degli impiegati , e la mediocre villa della contadina , ed i più vecchi amano ancora , dopo la miniera , coltivare un pezzetto di terra , per cavarne ortaggi , od allevarvi un coniglio , un paio di galline . Molti operai non abitano qui , ma nei villaggi vicini , a Prata , a Monterotondo , o vengono addirittura da Massa Marittima : tutti su automezzi della Montecatini ; prima della guerra venivano in bicicletta , e non pochi a piedi , dieci chilometri di strada e dopo il lavoro . Al paese alcuni conservano un orto , una vigna , a cui si dedicano nelle ore libere dal lavoro , e persino nei giorni di sciopero . La sovrapposizione delle due economie , e la progressiva scomparsa di quella più antica , l ' agricola , sotto il peso della moderna , la mineraria , qui è palese : qui sta accadendo quel che in Inghilterra si verificò alla fine del Settecento , ed il processo è ancora in corso . L ' agricoltura di collina scompare a poco a poco , poiché la miniera ne ha assorbito la mano d ' opera , ed i giovani non seguono più l ' esempio degli anziani . A Niccioleta abitano circa millecinquccento persone , fra operai e familiari , ma ci sono anche gli scapoli , giù ai « camerotti » , specie di casermette basse ed allungate , divise in tante stanze quadrate ciascuna delle quali ospita sei o sette operai , con le brande e gli armadietti metallici . L ' aria di caserma è evidente anche all ' interno : accenti meridionali , cartoline e ritratti appiccicati al muro , la Madonna di Loreto , il golfo di Napoli , la fidanzata , Togliatti , il calendario dell ' ANPI , Una diva americana . Sopra gli armadietti c ' è sempre una cassetta di legno , col lucchetto : è l ' unica proprietà privata degli operai , il resto , brande , armadietti , ed i camerotti stessi , è della Montecatini . La sensazione insomma è che la Montecatini qui non sia soltanto proprietaria assoluta di ogni cosa , ma goda di una sorta di diritto di extraterritorialità , che governi , insomma , con leggi , costumi , e riti suoi propri . Può accadere , per esempio , che il forestiero si senta chiedere i documenti , non appena scende di macchina ed entra in un bar per prendere il caffè . « Lei , permetta , quale attività svolge ? Può dimenticarla ? Su che cosa intende scrivere ? Quale è il suo giornale ? » Sono domande che un brigadiere dei carabinieri , a Niccioleta , rivolge con estrema naturalezza . La Montecatini , qui , nei suoi locali , ha una stazione dei carabinieri , ha le guardie di pubblica sicurezza , ed ha anche tuia sua milizia privata , di guardie giurate , con una loro divisa nera , che fan servizio dentro la miniera , intorno alla miniera , in paese . La strada che conduce ai pozzi è sbarrata ad un tratto da una traversa bianca e nera ; accanto c ' è una garitta , con dentro la guardia per controllare chi entra e chi esce . Non si passa di là senza il permesso del direttore : alla fine dei turni suona la sirena ed i minatori escono alla spicciolata oltre la barriera . Son diversi dal cliché usuale che del minatore ciascuno di noi , anche inconsapevolmente , si porta in testa , il cliché del minatore grande e membruto , come lo si vede nei manifesti di propaganda . La cronaca recente , fra l ' altro , si è occupata del caso del giovane Milo Malagoli , un ragazzo alto oltre due metri e grosso in proporzione , il « gigante di Niccioleta » , come è stato definito . Ma in realtà nessun minatore somiglia al Malagoli . Quasi tutti di statura inferiore alla media ( le grandi stature , oltre tutto , sono antieconomiche nei lavori del sottosuolo ) son uomini pallidi e curvi , dal passo pesante e stanco : vestiti senza uniformità , portano spesso in testa un elmetto di materia plastica , foggiato come quello d ' acciaio dei soldati inglesi . Al vecchio tascapane si va sostituendo la « panierina » , una cassetta di zinco , con una tracolla di tela , che serve per portare il pasto . Fino ad un paio di anni or sono era caratteristico , in mano agli operai alla fine dei turni , il « tròppolo » , cioè un pezzo di legno , frammento delle armature di galleria , che la società concedeva ogni giorno a ciascun dipendente : doveva servire per gli usi domestici , per il riscaldamento o la cucina . Ora prelevare il « tròppolo » è proibito , e le guardie giurate qualche volta ispezionano persino i tascapane e le panierine , perché dalla miniera non deve uscire niente . E non deve entrare nulla che non sia mano d ' opera e materiale di lavoro . Subito dopo la fine della guerra era relativamente facile accedere ai piazzali , alla laveria , alle officine , persino alla grande galleria di accesso al pozzo maggiore . Ricordo che fu sufficiente la parola di un operaio , e l ' approvazione di un sorvegliante . Oggi non c ' è da sperarlo : il direttore dirà che occorre il permesso della direzione centrale , e farà anche intendere , in tutta confidenza , che è inutile chiederlo . Bisogna contentarsi di raggiungere il ciglio della collina : di fronte , oltre la vallata , sul fianco ripido del colle contrapposto , si addossa tutto l ' apparato della laveria . In alto i rompitori che frantumano il minerale , più giù tutta la serie dei canali e dei traballatori . La pirite è un bisolfuro di ferro , che cristallizza in dodecaedri , di color giallo lucido ; nel passato veniva usata solo per costruire acciarini , ma oggi , con il processo delle camere di piombo , fornisce l ' acido solforico , elemento fondamentale per fabbricare , fra l ' altro , esplosivi e concimi chimici . La miniera di Niccioleta , sul versante meridionale delle Colline Metallifere ( una vasta zona montuosa al confine fra le province di Siena , Pisa e Grosseto ) , è solo una delle cinque che lavorano nella zona : le altre sono a Boccheggiano , Gerfalco , Ravi , Gavorrano e recenti sondaggi , anche superficiali , han dimostrato che la pirite si trova un po ' dappertutto , sì che non è azzardato ritenere che le cinque miniere lavorino su di un unico enorme giacimento , di capacità pressoché inesauribile . Del resto la pirite si estrae anche all ' isola del Giglio , ed al non lontano promontorio dell ' Argentario si è localizzato un giacimento che potrebbe dare non meno di dieci milioni di tonnellate . Allo stato attuale delle cose il giacimento maremmano produce oltre l ' ottanta per cento della pirite italiana , che è quasi completamente nelle mani della Montecatini . La miniera di Niccioleta produce quasi un terzo esatto della pirite maremmana . Nel 1953 la produzione è stata di 436.969,90 tonnellate . Ciò equivale , al netto , a un prodotto di circa 250mila tonnellate « mercantili » , commerciabili . Non è difficile calcolare i costi di produzione . Le maestranze impiegate raggiungono il numero di 1.441 dipendenti . Ecco le loro tabelle salariali : Donne : 16-18 anni , lire 573; 18-20 anni , 650,80; terza categoria , 755,80; seconda categoria , 803,50; prima categoria , 847,20 . Uomini : 16-18 anni , lire 681,80; 18-20 anni , 866,50; manovali adulti , 928,80; operai comuni , 995,20; operai qualificati , 1.055,50; operai specializzati , 1.184,10 . A queste somme va aggiunta un ' indennità di caro - pane variabile da 20 a 60 lire giornaliere , proporzionalmente alle condizioni di lavoro , ed una indennità di sottosuolo ( che spetta solo agli interni ) di 92 lire . Non si è potuto appurare quale sia lo stipendio degli impiegati ; ma un calcolo generale piuttosto largo , e ammesso come verosimile dalla società , ci fa ritenere che il costo complessivo ( retribuzioni ed oneri sociali ) sia , per ogni dipendente , di 2.200 lire per giornata lavorativa . Fa , in tutto , un onere mensile di 79.255.000lire , ed annuo di 951.060.000lire . Gli altri costi , eccedenti la mano d ' opera , non sono , naturalmente , resi noti , ma si possono valutare in non più del 35 per cento dei costi totali , che salgono così a 1.463.169.228 lire . Il calcolo si fa più difficile quando si tratti di mettere a confronto i costi di produzione con il ricavato . La Montecatini dichiara ufficialmente che la pirite si vende a 7 000 lire la tonnellata ; su questa base si deduce un ricavo annuo di 1.712.921 lire dalla sola miniera di Niccioleta ; ciò che dà un profitto che si aggira sul quarto di miliardo . Ma il fatto è che la Montecatini non vende la pirite , ma la utilizza nei suoi stessi stabilimenti , sì che il vero profitto si realizza solo alla fine del ciclo di produzione , nella vendita dei concimi chimici . Il prezzo serve solo per battere l ' eventuale concorrenza di altri produttori di pirite : è il caso della miniera del Giglio , che la Montecatini ha assorbito con quel sistema ; e la Marchi di Ravi , come la STIMA di Gerfalco ( che possiedono , del resto , le miniere più piccole ) reggono solo finché e come la Montecatini vuole . Che il profitto si realizzi solo alla fine del ciclo produttivo è confermato dall ' alto prezzo dei concimi chimici ( fino a 22mila lire il quintale ) e , di conseguenza , dallo scarso uso che ne fa l ' agricoltura italiana : 16 milioni di quintali annui contro una media europea di almeno 50 . Il profitto della Montecatini , a Niccioleta , non dovrebbe essere in realtà inferiore al triplo di quello qui calcolato sui dati ufficiali , ed in tutta la Maremma dovrebbe aggirarsi sui 2 miliardi annui . La miniera , in Maremma , ha preso dall ' agricoltura la mano d ' opera , e sull ' agricoltura preme per realizzare i suoi profitti . Sui minatori e sul loro modo di vita c ' è un altro pregiudizio , assai diffuso nel ceto piccolo borghese paesano e cittadino : lo abbiamo sentito ripetere , anche in buona fede , da oratori di vari partiti , durante l ' ultima campagna elettorale . I minatori sarebbero dei privilegiati , rispetto alle altre categorie di lavoratori maremmani : « Hanno persino la radio , la cucina economica e la " Lambretta " : Dunque ( e questa è la conclusione politica che se ne trae ) perché si lamentano , perché si agitano ? » . Ora , è indubbio che , rispetto all ' anteguerra , e con la potente spinta che seguì la liberazione , i minatori realizzarono grandi progressi : si rivalutarono i salari , e si ebbero , come si hanno oggi , punte che si avvicinano alle 70-75mila lire mensili . Va tenuto presente , però , che tali limiti massimi sono accessibili ad un esiguo drappello di cottimisti , che tiran fuori dal monte quantità di pirite superiori alla norma : un lavoro arduo ed estenuante . I salari fondamentali , che son poi quelli della maggioranza , parlano chiaro : il privilegio non c ' è . C ' è invece il rischio , ed il peso di un lavoro professionalmente assai pericoloso . Gli incidenti non mancano in nessuna miniera , e nel caso della pirite è presente un altro pericolo , quello della silicosi , che attacca immancabilmente tutti gli operai interni . La perforazione delle pareti di « piastra » , cioè degli scisti permici che separano i filoni di pirite , provoca un sottile e denso pulviscolo che , respirato , attacca meccanicamente i polmoni ( lei minatori , provocando irritazione e traumi : conseguenza collaterale , la tubercolosi . La capacità respiratoria ne risulta diminuita ( una percentuale ciel 35 per cento dà diritto alla pensione ) . L ' uso della maschera può attenuarne gli effetti , ma non può impedire il passaggio dei granelli silicei di più minute proporzioni , uno o due micron , che son poi i più pericolosi . Una statistica del settembre 1953 ci dà , fra i tbc del Sanatorio di Grosseto , una percentuale di minatori variante dal 18 al 25 per cento . Si può dire , semmai , che in Maremma il minatore è l ' operaio più moderno ( e la sua retribuzione è quindi superiore a quella dell ' operaio tradizionale , il bracciante ) più evoluto e più combattivo . Staccato a forza dall ' agricoltura , abbandona necessariamente la tipica mentalità del contadino toscano , che ancora permane , in qualche misura , fra gli operai più anziani , e trascina con sé nella lotta anche alcuni gruppi di tecnici . Ecco una ultima serie di cifre . Si tratta dei risultati nella elezione della commissione interna ( sempre nel 1953 ) : su 1168 voti validi degli operai , 887 ( con 7 seggi in commissione ) sono andati alla CGIL , 284 alla UIL ( 2 seggi ) ; su 49 voti validi dei tecnici , 34 alla CGIL , e 15 alla UIL ; su 17 voti validi degli impiegati amministratori , 17 alla UIL ( la CGIL non ha presentato la lista ) . Ed è anche ovvio che un mutamento nel modo di vita si sta in effetti realizzando : se i più anziani non conoscono altra « cultura » che non sia il bicchiere di vino all ' osteria e la partita a briscola , i giovani cercano di allargare il proprio interesse umano e sociale . La tanto deprecata « lambretta » , che agli occhi dei piccoli borghesi rappresenta lo scandalo maggiore , è in fondo una innocente evasione dalla bettola , dall ' abbruttimento ( anch ' esso scandaloso , per la gente per bene ) . Ma dove c ' è maggior coesione , e dove son possibili rapporti umani con i ceti più evoluti , ecco sorgere biblioteche , circoli del cinema , iniziative di carattere culturale . La Montecatini se n ' è accorta , e dal canto suo organizza i suoi circoli , peraltro riservati a dirigenti ed a impiegati . A Massa Marittima , una antica cittadina piena di tesori d ' arte medievale , e che oggi è in certo senso la capitale della Maremma mineraria , gli operai hanno realizzato concreti e solidi rapporti di alleanza con certi gruppi di intellettuali . Il loro circolo ha un ' attiva e ben fornita bibliotechina , e gestisce anche il maggior cinema cittadino . Spesso organizzano conferenze , letture , dibattiti culturali . Il responsabile del circolo , che è un giovane universitario , mi mostra orgoglioso le statistiche delle letture : in testa è Vasco Pratolini , che lo scorso anno venne quassù di persona , per parlare del suo lavoro . Ora che è uscito il film di Lizzani sulle Cronache di poveri amanti , il circolo minatori intende farne una presentazione di gala , invitando il regista e gli attori . Dopo tutto , chissà che a qualcuno non venga in mente di girare un film proprio in quest ' ambiente ?
LANA E SILENZIO ( Bianciardi Luciano , 1954 )
StampaPeriodica ,
Valdagno , aprile - Il palazzotto dei conti di Valdagno è una moderna costruzione massiccia di pietra biancastra , con due avancorpi che sporgono e fan pensare a torri d ' angolo rimaste incomplete , ed una decorazione di falsi merli . Grandi alberi verdi chiudono la corte silenziosa , dove si intravedono due grossi cani che si disputano un osso ed a tratti la divisa di tela coloniale di una guardia giurata . Gira tutto intorno un alto muro , rotto a tratti da cancelli chiusi . Il castello si leva sulla cima di una breve collinetta , che domina il grigio complesso degli stabilimenti , e la cittadina , distesa sulle rive dell ' Agno , un torrentaccio sassoso che percorre tutta la vallata , per gettarsi da sinistra nel Bacchiglione . Valdagno deve il suo nome alla posizione centrale in questa lunga vallata verde , chiusa in fondo alla mole grigia del Pasubio . Sulla destra c ' è il paese vecchio , sulla sinistra la cittadina nuova , tutta lucida , pulita ed anonima . Si chiama Valdagno Nuova : qui sorgono i grossi edifici che capitano le istituzioni sociali di Marzotto , le scuole , tutte intestate a V.E. Marzotto ( fa eccezione il Liceo Classico , che , grazie alle celebrazioni di un centenario , ha avuto in sorte il nome del Trissino ) , lo stadio dei fiori , la tenuta « Favorita » , la grande piazza chiusa in fondo dal cinema Rivoli , di cui scintilla al sole l ' immensa facciata di maiolica verde . Un vento freddo che vien giù dalle piccole Dolomiti infila le strade ed il lungofiume , deserti . I locali pubblici sono vuoti : il vasto salone del circolo ENAL è pieno di tavoli e di poltroncine nichelate , disposte in bell ' ordine geometrico , ma non c ' è nessuno a sedere . Due operai in un angolo , giocano silenziosamente a carte . Di sopra c ' è la palestra e la piscina coperta , da qualche tempo chiusa , e forse per sempre . Un giovane negoziante mi spiega che nessuno la frequenta mai , che con gli incassi non recuperavano nemmeno un decimo delle spese per riscaldare l ' acqua , e perciò han deciso di chiuderla . Anche lo spazio delle bocce è deserto . B mezzogiorno di domenica , ed a Valdagno nuova non si vede nessuno . Da qualsiasi parte il visitatore giunga a Valdagno , non mancherà di scontrarsi con l ' onda circolare del mito dei Marzotto : i loro stabilimenti , le loro previdenze sociali , l ' impresa agricola di Portogruaro , la squadra di calcio in serie D , le rendite immense . La scuderia di macchine da corsa , il premio letterario , gli alberghi Jolly , i saponi di bellezza , l ' alta dichiarazione di redditi , il figlio più giovane che danza con la Pampanini . L ' onda del mito qualche volta ci arriva anche riflessa , ed ecco infatti cosa scrive su di un numero di Le Monde ( 4 novembre '53 ) Marcel Chaminade : « Tutto è chiaro e pulito , immacolato , come un giocattolo nuovo appena tirato fuori dalla scatola . Un giocattolo nuovo , appunto , che non diverte nessuno . Questa cittadina lucida , anonima e triste ci sembra di conoscerla già , di averla letta da qualche parte : ecco , pare una cittadina sovietica , conce la descriverebbe un " liberale di sinistra " . La fortuna di Marzotto cominciò più di cento anni or sono , nel 1838 , quando il fondatore , nonno ed omonimo dell ' attuale conte di Valdagno , mise su una piccola fabbrica di 12 operai , con un capitale di 2.000 lire ; a quel tempo Valdagno era un paesino di 3.000 abitanti . Quarant ' anni dopo la popolazione era raddoppiata , e gli operai erano saliti a 400 . Tre anni più tardi , nel 1879 , un altro stabilimento fu aperto nella frazione di Maglio , ed al principio del secolo l ' industria di Marzotto aveva già una consistenza notevole , con 1.700 operai , che salivano a 3.000 nel 1920 ed a 6.000 nel 1931 , quando si aprirono altri stabilimenti a Manerbio , Brugherio , Mortara . Finalmente , all ' inizio della seconda guerra mondiale , si aprivano anche le fabbriche di Brebbio e di Pisa . Oggi , Valdagno , con le vicine frazioni , è una cittadina di quasi trentamila abitanti , che lavorano tutti , direttamente o no , per i Marzotto . Gli stabilimenti producono diciassette chilometri di tessuti al giorno , impiegando oltre 7000 operai e 500 impiegati . Gli operai sono quasi tutti di recente origine contadina ; molti conservano una loro piccola proprietà al paese di provenienza , Cornedo , Castelgamberto , Trissino , Brogliano , Recoaro : quasi duemilacinquecento in tutto , che ogni giorno vengono al lavoro con il treno di Marzotto , o con gli autobus di Marzotto . Agli inizi del '52 la direzione mise in programma il licenziamento di 1500 operai : impianti più moderni consentivano la stessa produzione con 6.000 operai . I licenziamenti non si fecero , ma in cambio oggi metà del personale lavora ad orario ridotto , 4 o 6 ore : sono i reparti di filatura , cardatura , pettinatura , mentre i tessitori lavorano a pieno regime , anzi , hanno turni quotidiani di nove ore . Il lavoro dei tessitori è pagato in ragione di 46,70 lire per ora , oltre la contingenza , purché sia raggiunta la norma giornaliera di 30mila battiti : sopra la norma si retribuisce il cottimo , sotto la norma si applicano multe . In complesso , lavorando a ritmo di cottimo , l ' operaio qualificato Lorenzo Griffani mi dice che raggiungeva , con moglie ed un figlio a carico , le 45.000 lire mensili . Il giovane Carpanini , che fa i il magazziniere , e che è stato campione veneto dei pesi piuma , mi mostra il foglio paga : mamma e sorella a carico , il totale è di 35.929 lire . Si tratta insomma dei minimi contrattuali . Diversa è la situazione degli impiegati , che si staccano nettamente dagli operai per una sorta di partecipazione agli utili , per mezzo di un premio mensile di produzione . Un impiegato amministrativo , diti categoria , riceve ogni mese circa 60mila lire , oltre al premio che si aggira sulle 15mila . Man mano che si sale nella scala gerarchica dell ' apparato burocratico , che è massiccio , e forse sproporzionato ( 500 impiegati , oltre a 200 guardie giurate ) crescono anche gli stipendi , in misura geometrica , e di conseguenza cresce anche il tono della vita e del costume . Gli impiegati di grado più alto ed i dirigenti di azienda hanno le loro villette , dai nomi esotici ( « Candia » , « Capri » , « Marocco » ) possiedono una macchina , frequentano locali riservati , si cimentano , ogni domenica , nel tiro a volo , in cima al monte Miravalle . Agli operai sono riservate le istituzioni sociali e ricreative , il maggior vanto sociale dei Marzotto . Alcune sono a Valdagno , come la maternità , l ' asilo nido , l ' orfanotrofio , la poliambulanza , la casa di riposo , il ricreatorio femminile , il circolo operaio , la scuola di musica , solfeggio , canto e giardinaggio ; altre sono in montagna , come la colonia alpina « Dolomiti » , od al mare come il villaggio di Fesolo . Grande posto si è fatto alle istituzioni sportive : la palestra , la squadra ciclistica , quella di hockey a rotelle , quella di pallacanestro , il circolo alpinistico , i campi di tennis , la sezione di scherma , il gruppo pugilistico , le due piscine per il nuoto ed i tuffi , le bocce ed il ping - pong . In complesso circa 400 giovani sono interessati a questa attività sportiva . Stranamente limitata è invece la piccola e disorganica biblioteca del CRAL : 4.100 volumi , in gran parte di inferiore od infima narrativa : una recente deliberazione consiliare l ' ha tolta al circolo operaio , per costituire il primo nucleo della Biblioteca Comunale , che si chiamerà , naturalmente , «V.E . Marzotto » . Tutto il complesso di attività sociali e ricreative ha avuto , nel '49-'50 , un bilancio di circa 120 milioni , coperti per due terzi dai rimborsi degli operai , per un terzo dalla direzione . Ogni operaio ha diritto ad un appartamento di quattro o cinque stanze , per cui paga 60.000 lire annue : il licenziamento provoca automaticamente , a distanza di quattro mesi , la rescissione del contratto d ' affitto . Su che cosa si fonda , in definitiva , il mito dei Marzotto , perché tale , ormai , lo possiamo considerare ? Marzotto ha potuto creare la sua industria , con i suoi metodi , in questa lontana valle del vicentino , quasi ai confini con il Trentino ; i suoi esperimenti in altre parti d ' Italia , per esempio in Toscana , hanno dato , e non poteva essere diversamente , risultati negativi . Ha potuto far questo in una provincia italiana storicamente assuefatta alla scarsa autonomia , ed alla soggezione , fosse quella dei Longobardi , dei Da Romano , di Padova , di Venezia , degli Asburgo . L ' infanzia della Controriforma , ed in generale del clero cattolico , si è fatta e si fa sentire in maniera determinante . Le crociate antiblasfeme che ancor oggi si organizzano con successo nel vicentino , sarebbero incomprensibili in altre parti d ' Italia . I cartelli che propongono di sostituire la bestemmia con espressioni foneticamente simili , ma innocue ( Orcocane , Sallustio , Sacripante ) farebbero ridere altrove : qui le prendon sul serio , pro o contro , quasi tutti . E Marzotto non a caso ha affidato a preti e monache la direzione dei suoi istituti sociali . A Valdagno si contano otto parrocchie , ciascuna con almeno tre sacerdoti . l ; arcipretura è una carica assai ambita , anche perché due ex arcipreti sono diventati vescovi a Reggio Emilia ed a Pordenone . La popolazione , come si è detto , è tutta di formazione contadina : ancor oggi si dice , fra gli operai , « andare a far opera » per significare « recarsi in fabbrica » : un ' espressione tolta di peso dal gergo della campagna . « Servo » e « serva » per « operaio « è di uso comune ; e per nulla offensivo . Non c ' è un tono di rimpianto in questa frase , che leggiamo in una pubblicazione ufficiale commemorativa : « L ' arte della lana aveva ottenuto dalla chiesa che i preti raccomandassero dall ' altare il lavoro bel fatto - pena - in caso contrario - un ' ammonizione , una seconda ammonizione e poi addirittura la scomunica , oltre a una multa da portare in chiesa , specialmente se s ' era commesso il reato di annaspare la matassa con più di un filo » . La corporazione della lana appunto : si tende , licenziando un operaio , a sostituirgli un altro membro della sua stessa famiglia , meglio se dell ' altro sesso : la percentuale delle donne supera già largamente la metà , e tende a crescere . Le donne , oltre che economicamente più utili , sono anche più facili a governare ; gli uomini è meglio che restino legati alla terra , a coltivare il poderetto . In seno alla corporazione si tende a creare la casta chiusa : in questo senso vogliono avere le alte retribuzioni degli impiegati , ed i risultati finora raggiunti , cioè l ' isolamento rispetto agli operai , ne sono una conferma . Nell ' interno della categoria si mira a diffondere uno spirito particolare . La direzione ha redatto una sorta di vademecum dell ' impiegata modello , con una serie di consigli , seguiti da un quiz sul quale l ' impiegata può controllare il suo grado di perfezione , e cercare di elevarlo : « Se non ti senti di farlo non elogiare il tuo superiore , perché noi qui non ti si dice di essere ipocrita ; ma se ricorderai che gli elogi schietti fanno sempre piacere a tutti , non lascerai occasione favorevole per parlare bene di lui » . E più avanti : « Se devi rispondere al telefono ricordati che in quel momento tu sei la voce della ditta e quindi devi dare ad essa la massima musicalità » . La norma che riguarda il parlare al telefono è seguita da un ' altra , che raccomanda il silenzio : « Una buona norma per vivere tranquilla è tacere . Taci sui tuoi dispiaceri personali , sui pettegolezzi d ' ufficio e non di ufficio . TACI PRINCIPALMENTE sui segreti del tuo lavoro . Se vieni a conoscenza di qualche notizia o di qualche rapporto confidenziale non divulgarlo . Questa è una buona norma per far carriera e per farsi benvolere » . L ' opuscolo è dedicato « a tutte le impiegate d ' Italia » che desiderano « far carriera e guadagnare » . È l ' unica vera forma di cultura che Marzotto riesca ad elaborare . Del premio letterario che è una manifestazione grossolana , mastoide e culturalmente insignificante , anche se ben dotata di milioni , gli operai non hanno avuto tempo e modo di occuparsi . Ricordano appena che quella sera , sulla piazza principale , c ' erano molte macchine in più e che a notte alta arrivò Alida Valli . Mettere Marzotto sulla stessa linea di Olivetti o di Pellizzari sarebbe un grave errore d ' impostazione . Sugli operai si agisce fomentando un facile campanilismo . Le imprese sociali son quasi tutte ristrette alla valle dell ' Agro , e son tutte di chiaro intento propagandistico : la squadra di calcio che gioca in serie il è ciò che entusiasma i tifosi valdagnesi , e si realizzano infatti incassi da grande città . Quando c ' è la partita con la squadra di Vicenza , comperata di recente dalle lane Rossi , un ' industria concorrente , alla normale onda di tifo della provincia contro il capoluogo si accavallano motivi di rivalità industriale . La fortuna politica di uno dei Marzotto , recentemente eletto alla Camera , si fonda anche su questo : « Se Marzotto non vince , porta via gli stabilimenti » . La campagna fu condotta in maniera che è rimasta proverbiale , a base di fiaschi di vino , pacchetti di sigarette , e democratiche manate sulle spalle . Tutto il resto è magnificenza , che sta fra il fasto di una corte rinascimentale e gli hobbies di un industriale americaneggiante ; chi ritiene che , con la candidatura del figlio Vittorio , il vecchio conte abbia voluto crearsi una piattaforma per sostenere la sua politica industriale , probabilmente sbaglia . Marzotto , che riceve normalmente in casa sua onorevoli , ministri , alti prelati , e persino il presidente della Repubblica , ha ben altre maniglie a portata di mano . La realtà è che il conte ha aspirato invano , per anni , durante e dopo il fascismo , al laticlavio : non ottenendolo , la presenza alla Camera di uno dei figli lo compensa in qualche modo della sua assenza fra i padri coscritti . Anche le prodezze automobilistiche di Giannino , che han scandalizzato la ben pensante borghesia vicentina , a conti fatti sono una forma di magnificenza che si traduce in mito , ed in tanta efficace pubblicità . Un giovane intellettuale di Valdagno , che è consigliere comunale di parte socialdemocratica , mi dice che i bilanci del comune son sempre in sospeso perché non si sa quanto pagherà il maggior contribuente : il conte infatti non riceve , come tutti i cittadini , la normale cartella delle imposte , compilata dall ' ufficio . Lui stesso stabilisce quanto darà ; ed ogni anno aggiunge , munificamente , un regalo extra , per far la scuola nuova , od illuminare una strada . La lotta politica a Valdagno è scialba , ed in pratica i partiti politici , eccettuato quello comunista , che è un gruppo piuttosto piccolo , ma abbastanza attivo , non esistono . La Democrazia cristiana ha il suo punto di forza nell ' azione delle parrocchie : ottenne più di 10mila voti nel '45 , ma il 7 giugno se li vide dimezzare dalla concorrenza dei liberali , e cioè da Marzotto , la cui presenza nella campagna elettorale determinò anche lo sfasciamento dei socialdemocratici , che puntarono nelle amministrative del '51 e avevano avuto più di 3.000 suffragi , e si son ridotti a prenderne 162 . I 5.370 voti di Marzotto sono chiaramente voti padronali ; il Blocco Nazionale , infatti , non ottenne , il 18 aprile , più di 200 voti . I partiti di sinistra hanno ottenuto circa duemila voti , quattrocento in più rispetto al 18 aprile . Ed ecco la situazione sindacale . Nelle ultime elezioni , per la Commissione Interna , si sono avuti 5.605 votanti ( altissimo perciò il numero degli astenuti ) e 4.989 voti validi ( 260 schede nulle e 356 bianche ) . La CISL ha raccolto 2205 voti ; 1941 sono andati alla FIOT ( aderente alla CGIL ) : 343 ad una lista indipendente , chiaramente sostenuta dalla direzione ; per la prima volta , e solo nella sezione elettorale di Valdagno , ha fatto capolino la lista fascista della CISNAL , ottenendo 305 voti . I seggi in Commissione Interna sono così divisi : 10 alla CISL , 9 alla CGIL , 2 agli indipendenti ed 1 alla CISNAL . La lista indipendente , come era da prevedersi , ha avuto largo successo ( quasi la maggioranza ) fra gli impiegati . I poteri della Commissione Interna , come sta accadendo in quasi tutte le industrie italiane , si van restringendo : uno dei membri della vecchia CI , l ' operaio specializzato Lorenzo Griffani , è stato sospeso di recente per aver attaccato la direzione sudi un foglio di partito . Aspetta il licenziamento . Manca qualsiasi forma di direzione operaia nelle istituzioni sociali e ricreative ; al Circolo ENAL non elegge un comitato direttivo sin dal 1945 ed a conti fatti è questa la ragione per cui gli operai non si divertono con il giocattolo n uovo di papà Marzotto . A mano a mano che diventano maggiorenni , decidono di scegliere da sé i loro divertimenti e tutta la loro vita .
IRA E LACRIME A RIBOLLA ( Bianciardi Luciano , 1954 )
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Sono arrivato a Ribolla la mattina del 4 maggio alle undici . Due ore e mezza dopo la esplosione questo triste villaggio di minatori stenta ancora a credere . Per le strade si aggira una folla stordita , che si muove incerta qua e là , muta , senza saper che fare , dove andare . Non è facile capire quel che realmente è successo . Una piccola folla di donne si accalca dinanzi al cancello dell ' infermeria , ne esce un ' auto con a bordo un uomo svenuto , la testa reclinata sui cuscini : ma non è un ferito . Faceva parte delle prime squadre di soccorso , quelle che son calate giù all ' improvviso , senza mezzi di protezione , e dopo mezz ' ora son tornati fuori così , bianchi come cenci . Carabinieri , poliziotti , guardie giurate cercano di trattenere la gente , che man mano cresce e preme : è stata la prima cura della direzione , quella dell ' ordine pubblico . L ' allarme è venuto solo dopo le undici , e fino ad allora negli altri pozzi si è lavorato , come tutti i giorni . E quasi l ' una quando arrivano i respiratori dei vigili del fuoco , e si organizza il soccorso . Dalla lampisteria un altoparlante chiama a raccolta volontari , e la risposta è immediata : anche dalle altre miniere vengono giù con gli autocarri . Sfila , inquadrato , un gruppo di operai di Niccioleta : scenderanno fra poco , mi dice in fretta uno di loro . Ai pozzi si giunge per un viottolo tortuoso e pieno di fango , che a tratti traversa un campo di grano , e poi costeggia i binari dei décauville , i mucchi di detriti di miniera , dominati dalle alte impalcature scure degli ascensori . Questo è il « Raffo » , ad un chilometro in linea d ' aria si vede il « Camorra » . Qui si lavora febbrilmente : vibrano le corde d ' acciaio , ronzando , calano giù legname da armatura , tubi di aerazione , ed uomini . La gente sta a guardare in silenzio , un gruppo di donne , in piedi su di un greppo , attende . Un maresciallo dei carabinieri vuoi far sgombrare , alza la voce , ma nessuno lo ascolta . Lì accanto si vede un gran cartello giallo , ammonisce che è vietato scendere in miniera senza i pantaloni lunghi e la maglietta « almeno con le mezze maniche » . Un giovane ingegnere del Distretto Minerario è venuto su da Grosseto : gli hanno dato una tuta blu , le scarpe grosse da minatore , l ' elmetto di materia plastica , tutta roba nuova , con ancora le pieghe della stiratura sui pantaloni . Così , e con gli occhiali , è goffo e impacciato . C ' è anche il medico della miniera , con un largo mantello impermeabile , di tela cerata , e gli infermieri accanto all ' ambulanza , pronta , con lo sportellone aperto e la barella lì per terra . Quando suona il campanello dell ' arganista il silenzio si fa ancora più grave , perché vuoi dire che arriva la gabbia . La gabbia , affiorando , sferraglia contro le guide di acciaio e si blocca : ne scende un ragazzo , pallido in volto pur sotto la maschera di polvere nera , qualcuno gli si fa incontro , vuoi sapere cosa succede laggiù , ma la guardia della Montecatini lo afferra sotto il braccio e lo trascina , barcollante , dentro la cabina dell ' arganista , e grida : « Via , via ! » . Ma la voce si è già sparsa , arrivano tre corpi . Gli infermieri si avvicinano alla bocca del pozzo brandendo tre coperte di tipo militare . Il medico dà ordini a bassa voce . Appena la gabbia affiora di nuovo si fanno avanti , coprono qualcosa , è un cadavere , e lo trascinano come un sacco sulla barella . Riesco a vedere appena uno scarpone , uno solo . Dicono che al « Raffo » ne han tirati fuori altri quattro . Quando torno in paese si è scatenata l ' onda del terrore , e le donne son scese in strada , così come si trovavano , con quattro stracci addosso : urlano davanti alla saracinesca abbassata del garage , dove trasportano i cadaveri , man mano che li trovano . Due poliziotti , a tratti , alzano quanto basta perché entri un uomo , una barella . Un vecchio cammina avanti e indietro gridando solo una bestemmia , sempre quella . Fa : « Dio - lùpo , diolùpo , diolùpo » . Il lutto sul viso di tutti : amici , incontrandosi , appena si salutano con un cenno del capo . È arrivato il procuratore della Repubblica , con il giudice istruttore . Gli operai più anziani gli si fanno incontro per raccontare : « L ' avevamo detto tante volte , che doveva succedere , ed è successo » . Un vecchio parla di tempi passati : « Ci s ' aveva i nostri lavori belli comodi , freschi . Si stava tanto bene » . Vuoi dire gli anni della guerra . Cominciano ad arrivare i giornalisti , con le macchine fotografiche : erano nella zona per « Italic Sky » , le manovre di sbarco della NATO , ed hanno i rotolini già per metà impressionati coi reattori , i marines , i generali : chissà se qui in paese troveranno altra pellicola ? A tarda sera arrivano le autorità , visibilmente preoccupate per la grossa grana . Arriva anche il ministro Vigorelli : entra in direzione , fa dichiarazioni di cordoglio ai giornalisti e conclude promettendo « contribuzioni straordinarie e immediate varianti dalle 60 alle 100 mila lire . Naturalmente ciò non incide per niente sul trattamento previdenziale dell ' INAIL che resta invariato » . Dirige i lavori , giù ai pozzi , l ' ing. Carli , con il capo - servizio Marcon . Non si è ancora visto il direttore della miniera : dicono che è ammalato , che è a Milano , che è a Roma . Non si è visto il dott. Riccardi , capo dei servizi assistenziali . Un anno fa , al « Camorra » , arrestarono 45 operai che si erano calati giù e non volevano uscire , per protesta contro un ' ondata di licenziamenti . Riccardi , allora , al « Camorra » , diresse la polizia : volle che dal pozzo gli operai uscissero ammanettati , « per dare l ' esempio » . A notte comincia a piovere , e l ' alba si leva più livida e grigia su Ribolla . Giù ai pozzi han lavorato tutta la notte ed il numero dei cadaveri , nel garage , va crescendo ora per ora . Dopo l ' identificazione li incassano e li portano nel cinema . Son salito in galleria con Antonio Palandri , segretario della Federazione Minatori . Palandri è stato minatore , e qui lo conoscono tutti . Per le scale incontriamo una donna , quando lo vede si mette a piangere e lo abbraccia : « Le nostre lotte , Tonino , le nostre lotte » . Di quassù si vede tutta la sala : sotto lo schermo han montato un altarino , con due candele e un crocifisso , ai lati tutte bandiere rosse . Sopra ogni bara c ' è un mazzo di fiori , e l ' elmetto del minatore ucciso : si direbbe un manipolo di soldati , e forse è davvero così . Il dolore è più composto , qua dentro . Una sposa meridionale sfoga la sua pena con un lungo lamento ritmico , nel quale ricorda le virtù del suo uomo e gli chiede perdono di qualcosa . Quanti modi di piangere a Ribolla ! Una vecchia maremmana sta immobile , con gli occhi arrossati fissi nel vuoto . E sopra , accanto a noi , si addensa tutta la gente di Ravi , di Caldana , di Tatti , di Sassofortino , di Roccatederighi , di Roccastrada , di Montemassi , questi scuri paesi aggrappati alla vetta dei colli circostanti . Di là ogni mattina scendevano per il lavoro questi che son morti . Alla porta fan servizio d ' ordine i minatori , la polizia non c ' è più . Un telegramma del sindaco ha invitato i rappresentanti dei partiti politici , delle organizzazioni sindacali , di vari enti , per costituire un comitato che provveda alle onoranze . Infatti , a sera , arrivano quattro ragazzi : « Dicci » , dicono , « ACLI , CISL , PRI » . Il ragazzo del un giovane avvocato , spiega che i « saragattiani » non son venuti perché forse , a quell ' ora , in federazione non c ' era nessuno . Ha visto l ' avviso del telegramma infilato sotto la porta . Alle onoranze non parteciperà la Montecatini . La società offre « assegni assistenziali » di 500mila lire e di un milione , « secondo i relativi carichi familiari » . Comunica ai giornalisti che le spese dei funerali saranno a suo carico , « secondo una vecchia tradizione » . Ma il governo ha già comunicato che sarà lo Stato a pagare queste spese . Intanto si cominciano a vedere i manifesti listati a lutto : su quello dei repubblicani si legge : « Ancora una volta , nel crudo , necessario , eterno dialogo dell ' Uomo con la Materia , gli oscuri avamposti della insonne fatica son caduti nel puro silenzio dei martiri » . La mattina dei funerali è comparso il sole . La folla delle bandiere , le auto , i fiori , si vanno ammassando per le esequie . Riconosco la voce dell ' altoparlante che dirige ogni spostamento . E Ivo Tocco . Dice , a un certo punto : « I carabinieri tengano sgombro il marciapiede . Si presenti subito un commissario di Pubblica Sicurezza » . Ivo Tocco è un giovane funzionario comunista . Fa caldo , su questa collinetta di detriti della miniera : qua e là il terreno fuma , perché le scorie di minerale , al contatto con l ' aria , si incendiano . Alle spalle , là dietro si vede lontanissimo , il pozzo « Camorra » , davanti c ' è Montemassi . Stamani , venendo su , ho incontrato Bandinelli ! Mi ricordo che a Siena , una volta , Bandinelli parlava a una riunione in palazzo comunale , nella sala dove c ' è l ' affresco di Simone Martini , quello famoso di Guidoriccio da Fogliano che si reca all ' assedio di Montemassi . Mi chiedo perché sto pensando a queste cose . Le parole accorate di Di Vittorio calano sulla gran folla , e mi pare giusto che sia un contadino pugliese a parlare ai minatori maremmani . Non vogliono far parlare Viglianesi . Qua , per i minatori , l ' un , è il sindacato della Montecatini , e la Montecatini non è ai funerali . Nessuno , nemmeno le guardie giurate , ha voluto portare le sue corone . La direzione è presidiata dai carabinieri . Poi la cerimonia si scioglie : le bare partono con i furgoni , seguiti dalle auto piene di donne vestite di nero . La gente se ne va , in una grande confusione di grida , clacson , motori . Le auto nere targate Roma e Milano entrano nei cancelli della direzione : ne scendono industriali , prelati , ministri , sindacalisti liberi . Si torna alla normalità : partono i carabinieri ed arriva la « celere » . Mi trovo solo a girare per le strade polverose , e non riesco a credere che sia proprio tutto finito e che non ci sia niente da fare .
SCIOPERO A SESTO SAN GIOVANNI ( Bianciardi Luciano , 1954 )
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MILANO , giugno - Sono stati lieti , quasi festosi i giorni di Sesto San Giovanni . L ' annuncio dello sciopero è giunto come una notizia attesa come la conferma di una determinazione che era già maturata negli operai : ne parlavano a voce alta nei loro circoli a pranzo , per strada , nella sala d ' aspetto della stazione e sul marciapiede mentre aspettavano il treno . Si affollavano intorno a noi : gli operai ed i loro dirigenti politici e sindacali sapevano di avere di fronte i « giornalisti di Roma » e volevano che riportassimo a casa , con le notizie , una buona impressione di Sesto San Giovanni . La mattina dello sciopero erano tutti al loro posto di agitazione , durante la notte pochi avevano potuto dormire , perché in poche ore avevano dovuto organizzare i picchetti , stampare i manifesti , fare le scritte . Ma erano contenti : facevano siepe dinnanzi all ' ingresso degli stabilimenti , fronteggiati dallo schieramento della polizia . Non ci furono incidenti : anche per i crumiri sparuti e visibilmente convinti di star facendo una cattiva figura , ci furono solo lunghi , pazienti discorsi , ed appena qualche lazzo . « Venduti , cornuti e sordomuti » gridavano a tratti , e cioè incapaci di sentire e di giustificarsi . Volevano chiarire alcune cose , anche a noi : il ridicolo degli aumenti accettati dai sindacati scissionisti , la grave provocazione politica contenuta nell ' accordo « truffa » , il fatto che l ' accordo si firmasse a Milano , l ' ignobile connubio con i fascisti della CISNAL . « Quel di Loreto » , diceva un vecchio operaio . E per tutto il giorno fu un febbrile spandersi di notizie , un accorrere di staffette improvvisate che venivano al « rondò » da ogni parte di Sesto , dalla Breda , dai Magneti , dalla Ercole Marelli , dalla Falk : i dirigenti raccoglievano le notizie , i dati percentuali ( uno di loro manovrava rapidamente un regolo calcolatore ) e ce ne spiegavano il significato in termini definitivi . Il loro linguaggio , rigidamente politico , e che in altra situazione avrebbe anche potuto apparire schematico , pareva qui perfettamente giustificato . E un linguaggio sorto da questi luoghi , un linguaggio carico di storia . Un secolo fa , Sesto era ancora un borgo di campagna , buono per la villeggiatura della borghesia milanese : il clima era mite , « il beato di Sesto aer sereno » che piacque al Monti ( oggi è diverso , vi domina l ' afa caliginosa di tutti i centri industriali ) . Anche i più giovani ricordano i tempi del tram a cavalli , che proprio qui davanti faceva un largo giro , per rientrare a Milano : ne è rimasta traccia nel nome di questa piazza , che ancor oggi si chiama « rondò » . Il primo inizio dell ' attività industriale è del 1840 , con le filande dei Puricelli Guerra e dei Gaslini . Ma è stato nel ventennio , con due guerre mondiali e l ' autarchia , che Sesto si è enormemente accresciuta : dai 4189 abitanti del 1861 siamo oggi a quasi 50mila : il terzo comune di tutta la provincia , dopo Milano e Monza , più di duemilasettecento abitanti per chilometro quadrato . In quel periodo si formò la fortuna dei Falk , una famiglia di ingegneri tedeschi , sagaci organizzatori di matrimoni a sfondo industriale , dei Breda e dei Marelli . Ercole Marelli si chiama una delle vie cittadine . Le maestranze impiegate raggiunsero persino le 40 mila unità , prima della smobilitazione della Breda : a quel tempo , cioè negli anni successivi al '47 , ci fu una lotta assai dura , di cui restano palesi tracce nelle grandi scritte che ancora restano sui muri : incitano gli operai a salvare la Breda , e con essa l ' economia lombarda . Ne furono licenziati l0mila , che oggi si son riversati nell ' edilizia , o sono stati riassunti a termine ( veri contratti capestro ) o son finiti nella miseranda schiera dei venditori ambulanti e nel declassamento . Ne abbiamo conosciuto uno , un ragazzo della Breda , che ha fatto un po ' tutti i mestieri , ed ora è finito male ; ma lo racconta con una residua fierezza , né diserta il suo circolo , e partecipa moralmente allo sciopero . Gli operai di Sesto son oggi 30 000 circa , di cui seimila donne . Di essi 6946 lavorano alla Falk , che oggi è il complesso più forte , e non solo numericamente . 6700 alla Breda , 5200 alla Ercole Marelli , 4800 alla Magneti . Gli altri son distribuiti nelle fabbriche minori ( minori solo per modo di dire , perché spesso superano i duemila dipendenti , cioè alla OSVA , alla Pirelli , ecc . ) . Non tutti gli operai abitano a Sesto : alla fine del turno prendono il treno per Milano , per Monza , e addirittura per i paesi del Cremasco , del Bergamasco , della Brianza , vanno a Brugherio , Usmate , Agrate . I brianzoli sono gli operai più recenti , quasi tutti ex contadini , e si distinguono facilmente dagli altri , non solo per il loro dialetto cupo ed incomprensibile , ma anche per una sostanziale differenza nell ' aspetto fisico , nel modo di vestire , di muoversi , di gestire . Lavorano quasi tutti alla Falk , nel reparto siderurgico . La Falk infatti ha un ciclo di lavorazione completo , dalla siderurgia alla metallurgia , e produce ghisa , ferro , acciaio , laminati . La Breda ha quattro reparti distinti , anche nella produzione : macchine elettriche il primo , materiale ferroviario il secondo ; il terzo , che si chiama eufemisticamente sezione fucina , è in realtà di produzione bellica , soprattutto proiettili da cannone , mentre il quarto è un reparto siderurgico . Apparecchi elettrici ed elettrodomestici si producono nei due stabilimenti Marelli . Le paghe medie degli operai di Sesto superano spesso quelle di altre maestranze . Un operaio di medio livello , con moglie e due figli , riceve oggi 735 007 lire annue ( nel computo è compreso , oltre alla paga base , il caropane , la gratifica natalizia , gli assegni familiari , l ' indennità di mensa , insomma qualsiasi somma percepita a qualsiasi titolo ) . Confrontata con la paga del primo luglio 1938 , che era di 8095,20 questa ( l ' oggi appare rivalutata nella misura di 90,80 volte . Se alla paga sommiamo gli oneri sociali , troveremo che un operaio medio costa annualmente alla ditta 920 183 lire , contro le 9042 del 1938; la rivalutazione , in questo caso , è di 101,76 volte . Questa differenza di dieci punti significa che la rivalutazione dei salari non è stata congrua , rispetto alle richieste rivalutative degli enti statali di assistenza sociale . Ed ecco la situazione degli impiegati e dei tecnici ( complessivamente circa diecimila dipendenti , a Sesto ) : 13.283,30 lire nel 1938 contro 10.194,65 lire di oggi ( si parla sempre di impiegato medio con carico familiare tipico , cioè moglie e due figli ) . Il costo totale di un impiegato medio , compresi gli oneri sociali , è oggi di 1.297.092 lire , contro le 13.342,72 del 1938 . La rivalutazione degli stipendi si è fatta quindi nella misura di 75,75 volte , quella dei costi totali invece nella misura di 84,54 volte . Lo scarto fra l ' una e l ' altra rivalutazione rimane perciò costante ; ma in linea generale è chiaro che gli impiegati non hanno realizzato i progressi degli operai , e sono proporzionalmente trattati peggio . Ciò dipende dalla loro minore combattività e da un malinteso spirito di categoria , che li stacca spesso dalle lotte delle maestranze : le direzioni degli stabilimenti mirano a conservare e peggiorare questa situazione . Un recente viaggio « d ' istruzione » in America a cui hanno partecipato tecnici ed impiegati della Falk mirava proprio a questo . Questo va tenuto presente , se si vuol comprendere la situazione sindacale di Sesto . Su di essa influiscono numerosi e diversi elementi : l ' origine sociale delle maestranze , la provenienza geografica , il tipo della lavorazione . Diamo una scorsa ai risultati più recenti per la elezione della commissione interna . Cerchiamo di interpretarli : all ' osservatore astratto può forse sembrare strano che l ' UIL , sia quasi sempre assente dalla competizione elettorale per la CI . L ' opinione diffusa è che la socialdemocrazia milanese dovrebbe ottenere ben altri risultati ; ma è un ' opinione astratta . In realtà i voti che Saragat raccoglie nel milanese son voti di bottegai e di impiegati . Il padronato industriale punta sulla CISL , la quale ha alle sue spalle il peso della tradizione cattolica e dell ' appoggio del clero . Non a caso le percentuali più alte son quelle ottenute alla Falk , ed in particolare nei reparti siderurgici , che occupano prevalentemente maestranze della Brianza , cattoliche e di recente origine contadina . I dirigenti della Falk conoscono benissimo l ' importanza di queste cose , e perciò finanziano le parrocchie , ottenendo in cambio pubblici elogi dall ' altare , ogni domenica al momento del Vangelo . Per questo si son preoccupati di far giungere gratuitamente ad ogni operaio una copia di Nuovi martiri cristiani del Pisoni , insieme , naturalmente , a Ho scelto la libertà . La punta massima raggiunta dalla CISL la troviamo alla Falk Ge.Va . : una sigla che significa « servizi generali e vari » , cioè mensa , pulizia dei reparti , magazzinaggio ecc. È insomma il reparto più lontano dalla produzione , meno legato al ritmo del lavoro complessivo , quello che raccoglie in più larga misura raccomandati e confidenti del padrone . Nello schieramento padronale è alla Falk il punto più avanzato , quello su cui si concentra tutta la spinta organizzata di ogni genere di pressioni , della corruzione , della propaganda differenziata . Falk si pone più di ogni altro il problema dei cosiddetti human relations , e lo risolve da par suo : ha creato due villaggi operai , l ' Edison e il Diaz : può minacciare di sfratto gli operai che si rendano sgraditi . Ha organizzato un asilo infantile , di tipo montessoriano : l ' importanza di iniziative verso l ' infanzia non può sfuggire a nessuno , se si pensa che un sesto delle maestranze è costituito da donne . Svolge attività assistenziale e « culturale » , cioè gite , squadre sportive , qualche mostra di pittura . In genere i padroni non si pongono mai seriamente il problema di una vita culturale fra gli operai : la cultura , qualunque essa sia , è sempre in qualche modo rivoluzionaria . A detta di qualche operaio , oggi si fa meno , in quel settore , che sotto il fascismo . La mediocre leggenda della « Stalingrado d ' Italia » ( che , guardata da vicino , non significa assolutamente nulla ) è di elaborazione padronale , ed infatti si è diffusa attraverso la stampa milanese . Gli operai , in qualche misura , han commesso l ' ingenuità di accettarla . L ' azione repressiva si svolge in forme ormai consuete , nelle fabbriche italiane : c ' è il tempo di polizia ( « un reggimento » , dicono gli operai ) organizzato alla militare , con una bella divisa di panno blu ; si convocano le mogli degli operai per premere sui mariti , si punisce e si licenzia per aver propagato « notizie false e tendenziose » , cioè per aver criticato l ' opera delle direzioni . Si taralo firmare , specialmente alle donne , contratti contenenti clausole che impegnano a non partecipare a scioperi , o addirittura a non prendere marito . I Falk sono ormai specializzati , in questo tipo di attività . Per questo , in quei giorni lieti e quasi festosi di Sesto San Giovanni , le notizie che venivano dai cancelli della Falk erano le più attese : le percentuali furono buone sin dal mattino , ma crebbero nel pomeriggio e raggiunsero nell ' ultimo turno punte mai viste . Allora han fatto festa , perché i « falchetti » si eran comportati bene . Siamo rientrati a Milano con il treno : tram ed autobus crumiri passavano rari , tristi ed affollati , col fattorino scortato dalla polizia . Davanti al finestrino scorreva il duro paesaggio di Sesto , le alte muraglie plumbee , i massicci edifici degli stabilimenti , la lunga strada di Monza che taglia in due l ' abitato . È un luogo comune quello che fa di Sesto la periferia industriale di Milano . Forse era vero sino a qualche anno fa : Sesto è cresciuta a casaccio , case e fabbriche accavallate ai fianchi di un ' unica via congestionata di traffico ; la stazione ferroviaria è rimasta quella di un tempo , un casotto giallo , come di villaggio campagnolo . I diretti neppure si fermano , sferragliano fischiando tra le banchine affollate di operai in attesa . Ma qualcosa , e non solo dal punto di vista urbanistico , sta cambiando . Gli amministratori del comune vogliono far di Sesto una cittadina moderna , con una sua precisa fisionomia . Per questo hanno riorganizzato i servizi pubblici , le fognature e le strade , han costruito i marciapiedi ( e questa è stata una grossa novità per tutti ) hanno aperto al pubblico un bel parco verde , ed hanno acquistato la villa Zorn per farne un centro di riposo e di svago . A villa Zorn è ospitata la biblioteca di Sesto , che è una grata eccezione nel panorama generale delle biblioteche italiane ( istituti settecenteschi ancora , nella struttura e nel funzionamento ) . La biblioteca di Sesto , che ha appena tre anni di vita , è un centro di diffusione culturale , dove si tengono conferenze , discussioni , mostre di arte , scuole di pittura , audizioni musicali . Si potrebbe pensare che tutto questo non è poi di grande utilità , visto che la capitale lombarda è a dieci minuti di treno . Ma il bibliotecario , che è un giovane insegnante cattolico , spiega che è giusto ed indispensabile , invece , questo legame culturale degli operai ( e di tutti ) con la vita di Sesto , con il lavoro e la produzione di Sesto . Vogliono creare il centro civico , in una grande nuovissima piazza che farà centro intorno alla casa comunale e che si chiamerà « Piazza della Resistenza » . Stanno per ottenere dal Ministero dell ' Interno il titolo di città , e ne sono orgogliosi . In altra situazione sarebbe ovvio pensare ad una forma provinciale di campanilismo , ma Sesto è diverso . Un giovane funzionario comunista mi fa vedere la raccolta di un settimanale che un gruppo di operai fondò e diresse fino a qualche anno fa . È un foglio agile ed elegante , persino pretenzioso , forse . Sesto Rondò , e cioè vuol alludere sin dal titolo , ad un aspetto antico e tradizionale della vita sestese . Questo non è , ripetiamo , campanilismo o nostalgia assurda , oltre tutto , in uomini giovani e seriamente moderni come son questi . La verità è che Sesto conquista in questo modo la sua maturità , staccandosi , anche nel costume , dal feudo del capitale milanese : ora che si son fatti adulti i cittadini di Sesto vogliono essere tali . Non sono più di periferia di Milano .