StampaQuotidiana ,
Un
tempo
la
Rosa
veniva
a
Milano
tutte
le
mattine
col
gamba
di
legno
,
a
lavorare
in
un
maglificio
.
Poi
il
maglificio
ha
chiuso
,
il
gamba
di
legno
non
cammina
più
,
ma
lei
a
Milano
viene
lo
stesso
,
tutte
le
mattine
presto
,
con
l
'
autobus
nuovo
.
Ora
fa
i
mestieri
nelle
case
dei
signori
al
grattacielo
,
e
forse
guadagna
di
più
,
pagata
un
tanto
a
ora
.
Va
dalla
signora
inglese
,
dal
proprietario
del
bar
napoletano
e
dal
signor
professore
.
In
realtà
,
la
signora
inglese
è
slava
(
inglese
semmai
è
suo
marito
)
,
quello
del
bar
non
è
di
Napoli
,
ma
di
Bitonto
,
il
professore
non
è
niente
,
ma
siccome
in
casa
ha
più
di
mille
libri
e
scrive
sempre
a
macchina
,
dev
'
essere
senz
'
altro
una
persona
istruita
.
Figuriamoci
che
,
quando
la
conobbe
e
seppe
da
dove
veniva
ogni
mattina
,
fece
:
«
To
'
ma
lo
sa
lei
,
signora
Rosa
,
che
a
Magenta
cento
anni
fa
fecero
una
grande
battaglia
?
»
.
Uno
che
senza
essere
di
Magenta
sa
queste
cose
,
dev
'
essere
senz
'
altro
un
professore
.
«
Lo
so
,
lo
so
»
,
rispose
lei
,
«
ma
poi
hanno
ricostruito
tutto
nuovo
.
»
Quando
arriva
nelle
case
,
suona
due
colpi
brevi
di
campanello
,
e
si
annuncia
:
«
La
Rosa
!
»
.
Poi
dà
anche
il
buongiorno
,
ma
il
professore
e
sua
moglie
sono
sempre
lì
che
battono
a
macchina
,
e
qualche
volta
si
dimenticano
di
rispondere
.
La
pagano
il
sabato
:
lei
arriva
puntuale
con
il
foglietto
,
il
conto
delle
ore
e
la
moltiplicazione
.
Ogni
tanto
alza
il
prezzo
,
senza
contrattarlo
,
per
conto
suo
.
Si
abbocca
con
le
altre
donne
,
cameriere
o
a
ore
come
lei
,
e
decidono
.
Decidono
di
non
dare
più
la
cera
a
mano
sui
pavimenti
:
fa
venire
il
«
prolascio
»
.
E
che
bisogna
comprare
il
«
respirapolvere
»
nuovo
.
O
il
nuovo
detersivo
:
lo
acquista
lei
stessa
dal
droghiere
e
fa
mettere
sul
conto
del
signor
professore
,
che
poverino
batte
sempre
su
quella
macchina
,
è
svelto
e
intelligente
,
ma
di
soldini
ne
vede
pochi
.
Bastano
appena
il
sabato
,
per
comprarsi
una
collanina
,
o
un
paio
di
pantofole
ricamate
,
ai
grandi
magazzini
.
E
così
ripiglia
l
'
autobus
per
Magenta
,
ben
vestita
come
una
signora
.
Fa
la
sua
figura
.
L
'
altro
giorno
un
signore
anziano
l
'
ha
fermata
per
strada
,
voleva
sapere
,
voleva
toccare
.
«
Signora
Mariuccia
,
una
donna
in
questi
casi
come
deve
comportarsi
?
È
vero
che
i
vecchi
danno
tanti
soldini
!
»
.
StampaQuotidiana ,
Qualche
volta
,
se
la
portiera
non
riesce
a
bloccarle
,
ti
arrivano
fin
sull
'
uscio
di
casa
.
Suonano
alle
otto
del
mattino
,
tu
apri
con
gli
occhi
gonfi
di
sonno
,
ed
eccola
lì
,
impalata
,
con
la
borsa
a
braccia
che
recita
:
«
Siamo
lieti
di
offrirle
questo
nuovo
prodotto
per
la
casa
,
di
cui
la
sua
signora
potrà
constatare
immediatamente
i
vantaggi
»
.
Ti
mette
in
mano
una
scatola
di
qualcosa
,
poi
continua
:
«
Per
aprire
la
scatola
basta
premere
sull
'
angolo
superiore
e
strappare
leggermente
»
.
Ci
sono
poi
quelle
dei
buoni
-
sconto
per
l
'
acquisto
di
un
dentifricio
anticarie
al
fluoro
superlativo
formato
medio
a
sole
lire
100
invece
di
130
.
Il
buono
è
valido
se
reca
:
il
timbro
del
fornitore
,
la
linguetta
di
chiusura
dell
'
astuccio
,
il
nome
,
il
cognome
e
l
'
indirizzo
del
mittente
.
Queste
ragazze
arrivano
fino
alla
cassetta
delle
lettere
e
te
l
'
imbottiscono
.
Girano
a
gruppi
di
tre
o
quattro
con
una
borsa
a
tracolla
,
un
modulo
,
una
penna
a
sfera
e
un
gessetto
.
Il
gessetto
serve
per
marcare
il
marciapiede
,
dinanzi
alla
casa
in
cui
entrano
,
con
una
sigla
,
cioè
due
lettere
,
di
cui
la
prima
è
l
'
iniziale
della
spettabile
ditta
,
la
seconda
il
contrassegno
della
ragazza
.
In
questo
modo
,
la
capogruppo
sa
momento
per
momento
dove
lei
è
.
E
quando
esce
,
accanto
alla
sigla
traccia
una
punta
di
freccia
,
orientata
secondo
la
parte
dove
s
'
incammina
.
Al
cantone
doppia
punta
di
freccia
,
segno
che
la
ragazza
ha
svoltato
.
L
'
altra
mattina
una
di
queste
povere
untorelle
batteva
viale
Ezio
,
dove
sono
più
che
altro
i
villini
dei
pensionati
di
trenta
anni
fa
.
Cercava
di
raggiungere
la
cassetta
,
appesa
al
muro
dalla
parte
di
dentro
,
dietro
il
cancellino
.
Ma
dietro
il
cancellino
c
'
era
,
a
guardia
,
un
cane
lupo
,
che
a
ogni
azzardo
della
manina
saltava
su
ringhiando
e
mostrando
le
zanne
.
Chissà
come
,
la
ragazza
ha
vinto
,
ha
imbucato
i
suoi
buoni
,
poi
si
è
chinata
a
tracciare
la
doppia
punta
di
freccia
,
perché
lì
viale
Ezio
(
generale
romano
)
finisce
e
si
va
in
Marco
Terenzio
Varrone
(
storico
romano
)
:
una
strada
privata
,
cioè
senza
asfalto
e
senza
luci
.
Dopo
buio
ci
vanno
altre
ragazze
,
che
fanno
ben
altro
mestiere
,
e
lasciano
per
terra
ben
altri
contrassegni
del
loro
passaggio
.
StampaQuotidiana ,
Spesso
capita
di
parlar
male
degli
attivisti
indigeni
,
ma
anche
quelli
d
'
importazione
non
scherzano
,
specialmente
i
romani
.
Sarà
forse
complesso
di
colpa
,
voglia
di
smentire
la
nomea
che
li
dice
pelandroni
,
fatto
sta
che
appena
arrivano
fra
le
nebbie
si
scatenano
.
Per
esempio
quelli
del
cinema
:
Giovanni
,
l
'
aiuto
-
regista
,
lavora
dodici
,
sedici
ore
al
giorno
,
e
la
sera
eccotelo
per
casa
,
con
gli
occhi
rossi
,
il
naso
intasato
dal
raffreddore
.
«
Sto
male
,
sto
male
»
,
fa
,
ma
comincia
subito
a
proporre
,
e
a
proporsi
altro
lavoro
.
Un
documentario
su
Milano
,
per
esempio
,
perché
Milano
è
stata
la
grande
scoperta
dei
cinematografari
,
proprio
non
se
l
'
aspettavano
,
quest
'
aria
(
bah
!
)
,
questa
luce
,
questa
nebbia
.
Un
documentario
,
dunque
,
sulla
mia
generazione
,
sulla
tua
generazione
,
sulla
nostra
generazione
,
le
speranze
,
le
illusioni
e
le
delusioni
:
tu
,
Maria
,
Lizzani
,
Guttuso
,
basta
che
parliate
,
e
io
registro
.
Avete
il
registratore
?
Prendilo
,
prendilo
,
questo
benedetto
registratore
,
e
forza
,
sveglia
,
pelandroni
,
lui
lavora
dodici
ore
al
giorno
eppure
eccolo
,
di
sera
,
pronto
a
lavorare
ancora
.
Negli
attimi
di
pausa
legge
un
giornale
di
dieci
anni
fa
che
ha
scoperto
in
un
cassetto
,
e
dice
che
è
interessante
.
Il
giorno
dopo
invece
arriva
Marcello
,
uomo
di
teatro
,
e
dice
che
bisogna
fare
un
documentario
in
dieci
,
dodici
puntate
su
Israele
,
dieci
,
dodici
storie
di
ebrei
,
purché
ci
sia
di
mezzo
l
'
Italia
,
anche
solo
un
passaggio
.
Oppure
un
film
a
episodi
sul
tipo
dei
Mostri
.
Ma
sulle
donne
.
Diciamo
pure
le
mostre
.
Ma
no
,
non
va
,
le
mostre
è
equivoco
,
fa
pensare
troppo
alla
pittura
.
Semmai
le
orche
,
neanche
,
la
censura
a
Roma
,
almeno
,
lo
proibirebbe
.
Le
orchesse
?
Sì
,
le
orchesse
andrebbe
bene
.
Oppure
un
film
compatto
,
la
storia
di
un
adulterio
.
Vediamo
praticamente
la
scena
.
Tu
rientri
da
una
trasferta
,
apri
la
porta
,
c
'
è
tua
moglie
che
t
'
aspetta
.
Come
state
,
cara
?
Bene
,
risponde
lei
.
Anzi
no
,
dice
subito
:
marito
mio
ti
ho
tradito
.
E
tu
come
ti
comporti
?
Sette
ipotesi
italiane
,
oggi
:
la
ammazzi
,
la
butti
fuori
di
casa
,
te
ne
vai
tu
,
la
prendi
a
botte
,
soffri
ma
resti
,
non
te
ne
importa
nulla
,
sei
contento
.
Anzi
,
meglio
,
prendiamo
un
personaggio
classico
e
riraccontiamolo
in
chiave
moderna
.
Per
esempio
,
Orlando
,
il
furioso
.
Chi
è
oggi
Orlando
?
È
il
difensore
delle
verità
costituite
che
parte
lancia
in
resta
contro
gli
infedeli
,
che
sono
tutti
,
dai
comunisti
ai
liberi
pensatori
,
agli
adulteri
.
Senza
macchia
e
senza
paura
.
Poi
un
bel
giorno
s
'
innamora
d
'
una
dattilografa
,
certa
Angelica
,
e
perde
il
senno
.
Il
suo
amico
dott.
Astolfi
si
rivolge
a
uno
psicanalista
che
abita
all
'
ultimo
piano
d
'
un
grattacielo
,
un
ambiente
irreale
,
lunare
.
E
Angelica
va
a
finire
fra
le
braccia
di
una
mezz
'
ala
di
serie
C
,
un
ragazzetto
biondo
e
un
poco
fesso
di
nome
Medoro
.
Ti
va
?
Me
lo
scrivi
tu
il
soggetto
,
due
cartellini
,
che
poi
io
parto
e
trovo
subito
il
produttore
.
Ritelefona
la
mattina
all
'
alba
:
«
Allora
,
quest
'
Orlando
,
come
andiamo
con
quest
'
Orlando
?
L
'
hai
scritto
il
soggetto
?
»
.
StampaQuotidiana ,
A
mezzogiorno
di
venerdì
17
,
il
campione
non
c
'
è
;
sta
mangiando
un
boccone
a
casa
sua
,
spiega
il
proprietario
del
bar
-
quasi
famoso
ormai
-
di
via
Fratti
,
dalle
parti
della
stazione
.
I1
bancone
,
pochi
tavoli
,
il
calcio
balilla
,
due
stanzucce
:
ha
un
nome
di
donna
,
Rita
,
ma
per
il
resto
è
identico
ai
centomila
baretti
di
periferia
dove
vanno
a
prendere
il
caffè
o
il
grappino
operai
e
artigiani
prima
e
dopo
il
lavoro
.
Naturalmente
c
'
è
il
juke
-
box
,
che
da
dieci
minuti
ripete
la
solita
solfa
.
E
ci
sono
quattro
o
cinque
giovanotti
coi
cartelli
che
attaccano
al
muro
e
appiccicano
ai
vetri
i
manifesti
pubblicitari
di
una
marca
di
caffè
,
la
stessa
ripetuta
sugli
scatoloni
di
latta
,
enormi
e
vuoti
,
posati
sul
bancone
.
Nell
'
altra
stanza
,
seduti
a
tavolino
,
due
signori
bassotti
,
atticciati
,
il
viso
scuro
,
hanno
tirato
fuori
una
carta
bollata
da
duecento
lire
e
ci
stanno
scrivendo
un
atto
di
procura
,
che
affida
a
uno
di
loro
l
'
esclusiva
di
tutta
la
pubblicità
che
possa
nascere
dall
'
impresa
:
battere
il
record
mondiale
di
resistenza
volontaria
al
sonno
,
sinora
detenuto
dallo
studente
californiano
sedicenne
Tandy
Gardner
.
Finalmente
eccolo
,
il
campione
nostrano
:
porta
una
cuffia
di
maglia
a
strisce
nere
e
azzurre
,
calata
fin
sotto
le
orecchie
,
che
gli
nasconde
mezza
faccia
;
in
più
ha
gli
occhiali
neri
,
una
sciarpa
colorata
al
collo
e
il
bavero
del
cappotto
rialzato
.
Insomma
,
gli
si
vede
solo
il
naso
,
piuttosto
sporgente
,
e
la
bocca
,
con
due
incisivi
scheggiati
che
formano
un
buco
triangolare
.
Porta
la
testa
in
su
,
buttata
un
po
'
all
'
indietro
,
come
se
fiutasse
l
'
aria
,
cammina
aggobbito
,
una
spalla
più
alta
,
a
passi
lunghi
e
dinoccolati
,
anzi
disossati
.
Somiglia
vagamente
,
da
quel
poco
che
si
vede
,
ad
Adriano
Celentano
,
e
quella
camminata
sembra
la
caricatura
del
modo
di
muoversi
del
famoso
urlatore
.
I
due
al
tavolo
riescono
a
farlo
sedere
,
e
lui
sta
lì
,
gobbo
,
quella
spalla
più
alta
che
ritmicamente
sale
ancora
più
su
,
come
per
una
contrazione
del
torace
,
involontaria
.
Gli
parlano
,
ma
non
sono
certi
neanche
loro
che
li
stia
a
sentire
,
perché
all
'
improvviso
si
alza
,
ricomincia
a
passeggiare
avanti
e
indietro
,
e
bisogna
prenderlo
per
la
manica
,
tirarlo
di
nuovo
a
sedere
.
Di
là
continuano
a
picchiare
col
martello
sul
muro
,
altri
manifesti
come
quello
lì
sul
muro
,
con
la
scatola
e
il
barattolo
,
miscela
speciale
,
o
come
l
'
altro
,
col
chicco
di
caffè
in
figura
umana
,
una
enorme
testa
bruna
ovoidale
che
sotto
ha
le
gambe
.
«
Ecco
»
,
gli
dice
uno
.
«
Quando
arriva
la
televisione
,
tu
prendi
la
tazzina
e
dici
:
Mi
tengo
su
con
del
caffè
T
.
Anzi
no
,
non
dici
l
'
aggettivo
caffè
,
perché
quelli
della
televisione
sulla
pubblicità
ci
speculano
,
fanno
i
caroselli
e
non
ti
permettono
di
dire
caffè
.
Dirai
solo
:
Mi
tengo
su
con
del
T
.
Hai
capito
?
»
Per
maggiore
sicurezza
,
il
signore
bassotto
tira
fuori
un
pezzo
di
carta
,
con
su
scritte
queste
parole
:
Mi
tengo
su
con
del
caffè
T
.
Cancella
la
parola
caffè
e
porge
il
foglietto
al
campione
.
«
Ecco
,
ti
lascio
il
testo
perché
tu
possa
studiarlo
.
Hai
capito
bene
?
Mi
tengo
su
con
del
T
.
,
devi
dire
.
Se
poi
quello
della
televisione
ti
chiede
:
Ma
che
cosa
è
questo
T
.
?
,
tu
magari
puoi
aggiungere
:
Ma
diamine
,
è
un
buon
caffè
.
E
tieni
la
tazzina
in
mano
.
Anzi
,
facciamo
la
prova
»
.
È
arrivato
il
proprietario
del
bar
con
una
tazza
grande
da
caffè
,
che
ha
la
marca
da
una
parte
.
Ricomincia
la
lezione
:
«
Tu
tieni
sempre
questa
tazzina
in
mano
.
Così
,
con
la
mano
destra
,
in
questa
posizione
,
in
modo
che
la
marca
si
veda
bene
.
Non
la
lasciare
mai
,
altrimenti
te
ne
potresti
dimenticare
.
Sei
nel
tuo
diritto
,
capisci
,
questi
del
caffè
fanno
dei
sacrifici
,
ti
danno
cinquantamila
lire
per
queste
poche
parole
e
per
mostrare
la
marca
:
Mi
tengo
su
con
del
T
.
Non
dire
il
sostantivo
caffè
,
perché
quelli
della
televisione
,
che
speculano
sulla
pubblicità
,
te
lo
potrebbero
impedire
.
Dunque
,
a
te
non
le
hanno
ancora
fatte
,
ma
a
quell
'
americano
,
a
quel
Gardner
,
sì
,
le
iniezioni
di
caffeina
.
Tu
prendi
il
caffè
,
e
basta
.
Proviamo
,
per
l
'
ennesima
volta
:
la
tazza
in
mano
,
non
la
lasciare
mai
,
e
ripeti
con
me
le
parole
:
Mi
tengo
su
con
del
T
.
Anzi
,
prendi
il
testo
e
studialo
»
.
Il
campione
prende
il
foglietto
,
se
lo
infila
in
tasca
e
s
'
alza
in
piedi
,
accennando
di
sì
,
che
ha
capito
,
ma
non
dice
una
parola
.
Ricomincia
a
passeggiare
,
avanti
e
indietro
,
come
un
fantoccio
di
gomma
,
quella
spalla
più
alta
che
gli
sale
ancora
di
più
,
ogni
volta
che
tira
il
fiato
,
e
i
due
bassotti
lo
stanno
a
guardare
,
poi
lo
riagguantano
per
la
manica
,
lo
fanno
sedere
,
gli
danno
una
penna
per
firmare
quella
carta
bollata
della
procura
.
Gli
guidano
la
mano
perché
trovi
il
rigo
giusto
.
All
'
amico
che
mi
ha
portato
in
macchina
fino
a
Parma
,
chiedo
se
per
caso
non
ha
appetito
,
e
lui
mi
risponde
subito
di
sì
:
poi
si
potrebbe
anche
andarcene
a
vedere
la
mostra
di
Guttuso
,
aggiunge
.
Dopo
pranzo
il
campione
s
'
è
levato
la
cuffia
e
,
davanti
allo
specchio
,
nel
cerchio
di
amici
che
lo
stanno
a
guardare
,
si
pettina
:
ha
i
capelli
di
almeno
quattro
mesi
,
castani
,
una
lieve
peluria
sotto
il
naso
prominente
,
le
guance
quasi
glabre
,
gli
zigomi
più
gonfi
di
come
l
'
avevo
visto
nelle
fotografie
,
gli
occhi
in
fuori
,
un
colorito
tra
la
cera
e
la
terra
.
Si
chiama
Giuliano
Fantoni
,
diciannovenne
,
di
professione
imbianchino
e
verniciatore
.
Non
dorme
da
centottantatré
ore
,
e
intende
continuare
per
altre
centocinque
,
fino
a
mezzanotte
di
martedì
prossimo
,
per
un
totale
di
duecento
e
ottantotto
ore
.
Per
adesso
il
record
è
dello
studente
californiano
,
record
mondiale
di
resistenza
volontaria
al
sonno
:
duecentosessantaquattro
ore
.
Il
nostro
campione
è
uscito
dal
bar
e
passeggia
alla
sua
solita
maniera
sul
marciapiede
,
fiutando
l
'
aria
.
Bisogna
che
stia
così
,
in
piedi
o
seduto
;
se
si
stende
,
anche
per
terra
,
anche
sui
chiodi
,
dorme
.
Di
notte
va
in
un
garage
lì
vicino
,
dove
lo
ospita
il
guardiano
notturno
,
e
dove
vanno
a
fargli
compagnia
gli
amici
;
di
giorno
sta
sempre
qui
,
al
bar
Rita
di
via
Fratti
,
e
s
'
allontana
soltanto
,
e
in
compagnia
,
per
i
pasti
.
Prende
più
che
altro
latte
,
uova
col
limone
,
succhi
di
frutta
,
carne
di
cavallo
cruda
,
tritata
.
A
parte
il
caffè
,
assicurano
che
non
piglia
eccitanti
,
e
anzi
ha
smesso
di
fumare
.
Ha
già
avuto
due
volte
la
crisi
,
che
qui
chiamano
«
balordon
»
:
tremarella
,
sudore
freddo
,
conati
di
vomito
.
E
continua
ad
andare
su
e
giù
con
quell
'
andatura
da
orso
.
Apriamo
un
testo
di
medicina
:
Dopo
circa
60-90
ore
di
veglia
forzata
(
da
quattro
a
sei
volte
l
'
arco
normale
di
16-17
ore
)
l
'
effetto
più
palese
è
un
'
estrema
stanchezza
muscolare
.
Chi
si
sottoponga
a
un
simile
esperimento
desidera
soprattutto
chiudere
gli
occhi
e
stendersi
,
ma
proprio
questa
forzata
attività
muscolare
gli
permette
di
rimanere
sveglio
.
Altri
aspetti
caratteristici
della
veglia
forzata
sono
:
irritabilità
fino
al
limite
dell
'
iracondia
anche
in
soggetti
normalmente
pacifici
,
e
disorganizzazione
mentale
che
si
manifesta
in
varie
forme
-
sogni
a
occhi
aperti
,
allucinazioni
,
automatismo
della
condotta
,
temporanea
pazzia
.
Ecco
perché
col
cosiddetto
metodo
del
«
terzo
grado
»
-
continui
interrogatori
per
molte
ore
senza
concedere
al
soggetto
la
possibilità
di
dormire
-
si
riesce
a
ottenere
una
confessione
anche
da
un
individuo
innocente
,
il
quale
non
desidera
altro
ormai
che
chiudere
gli
occhi
,
e
non
capisce
nemmeno
più
la
gravità
della
sua
autoaccusa
.
Il
cerchio
degli
amici
sta
a
guardare
il
campione
,
e
sono
occhi
protettivi
,
preoccupati
,
vigili
.
Evitano
di
rispondere
alle
domande
,
e
fare
domande
a
lui
mi
parrebbe
un
'
inutile
crudeltà
.
Ma
si
riesce
ugualmente
a
capire
come
sono
andate
le
cose
.
Giuliano
è
un
bravo
ragazzo
,
un
compagnone
,
uno
dei
tanti
giovani
che
si
sentono
a
loro
agio
soltanto
fuori
casa
,
fra
gli
amici
,
uno
di
quelli
insomma
che
«
tengono
banco
»
.
Una
volta
ballò
il
twist
per
due
ore
di
seguito
,
poi
scommise
che
non
si
sarebbe
fatto
più
tagliare
i
capelli
.
A
Capodanno
era
sempre
fuori
,
da
una
festa
all
'
altra
dal
bar
alla
balera
.
«
Son
due
giorni
che
non
chiudo
occhio
»
,
disse
una
mattina
.
«
Figurati
»
,
gli
rispose
uno
mostrandogli
la
fotografia
di
un
giovanotto
americano
,
biondo
sorridente
,
occhialuto
,
l
'
indice
e
il
medio
sollevati
nel
segno
della
vittoria
.
«
Figurati
.
Quest
'
americano
non
ha
dormito
per
undici
giorni
di
seguito
»
.
«
Con
quella
faccia
?
Ma
allora
son
capace
anch
'
io
.
Anzi
,
starò
sveglio
dodici
giorni
,
così
divento
campione
mondiale
»
.
In
provincia
-
o
in
periferia
che
è
lo
stesso
-
non
di
rado
succedono
queste
sfide
assurde
:
a
chi
mangia
più
tortellini
(
fino
a
scoppiare
)
,
a
chi
scola
una
bottiglia
di
grappa
in
un
sorso
solo
(
a
rischio
di
restarci
secco
)
,
a
chi
s
'
ingozza
più
pastasciutta
con
le
mani
legate
dietro
la
schiena
.
La
sfida
nasce
nelle
lunghe
ore
di
noia
al
caffè
,
quando
non
si
sa
più
che
altro
fare
e
che
altro
dire
,
perché
ormai
si
è
fatto
e
detto
tutto
quel
che
c
'
era
da
dire
e
fare
,
e
la
fantasia
non
suggerisce
altro
,
non
suggerisce
di
meglio
.
Questo
soltanto
,
mi
pare
:
non
c
'
è
smania
di
pubblicità
,
anche
se
la
pubblicità
,
nella
forma
balorda
che
si
è
visto
cominciando
(
chi
rifiuta
il
caffè
non
dice
forse
«
grazie
no
,
che
poi
non
dormo
»
?
)
,
cerca
di
impadronirsi
del
fenomeno
e
di
adoperarlo
.
Mi
tengo
su
col
caffè
T
.
Ma
la
televisione
non
è
arrivata
,
non
possiamo
controllare
se
Giuliano
si
ricorda
quelle
parole
,
e
sarà
meglio
andarsene
.
Dopo
il
freddo
della
strada
,
dentro
la
macchina
viene
la
sonnolenza
.
Ecco
il
guaio
dei
servizi
fuori
Milano
e
col
rientro
in
giornata
:
non
ti
puoi
stendere
un
po
'
dopo
mangiato
.
StampaQuotidiana ,
La
forza
di
una
lingua
si
misura
anche
dalla
sua
capacità
di
ammaliare
le
parole
straniere
:
noi
oggi
diciamo
ponce
,
Parigi
,
Londra
,
e
un
tempo
Benvenuto
Cellini
diceva
,
beato
lui
,
Fontana
Beliò
,
e
intendeva
Fontainebleau
.
I
giornalisti
sportivi
dicono
stoppare
e
dribblare
,
e
forse
troveranno
il
modo
di
italianizzare
anche
il
tackle
.
Gli
italiani
d
'
America
dicono
carro
per
auto
,
giobba
per
lavoro
,
gelle
per
carcere
,
bisinesse
per
affare
.
Dicono
,
come
tutti
sanno
,
Broccolino
.
Non
tutti
invece
hanno
sentito
una
madre
chiamare
il
figlio
Vasintone
,
eppure
succede
:
in
Romagna
e
in
Toscana
,
troviamo
Vasintone
,
Vilsone
e
Bicchesio
,
cioè
Washington
,
Wilson
,
Bixio
.
Gli
arredatori
dicono
bovindo
per
indicare
un
tipo
di
finestra
che
aggetta
rispetto
al
muro
.
Parola
nuovissima
e
inusitata
-
non
se
ne
aveva
notizia
prima
del
gennaio
1964
-
è
triggerare
.
La
si
legge
nel
manifesto
invito
per
una
mostra
di
Nanda
Vigo
.
I1
contesto
:
«
Ritengo
quindi
che
dovendo
tradurre
esteticamente
un
codice
di
comando
atto
a
triggerare
un
'
informazione
con
una
scelta
precisa
,
queste
forme
siano
le
più
atte
a
concretizzarlo
in
armonia
con
il
postulato
cronotopico
»
.
Il
senso
generale
del
discorso
dev
'
essere
abbastanza
complicato
,
ma
non
ci
interessa
in
questa
sede
.
Qui
preme
cogliere
a
frullo
il
neologismo
,
questa
deverbazione
da
una
parola
straniera
,
e
cioè
trigger
.
Dice
lo
Webster
:
«
Leva
collegata
a
un
ritegno
,
e
che
serve
a
liberarlo
»
.
Nelle
armi
da
fuoco
,
il
trigger
è
la
parte
che
,
premuta
dal
dito
,
libera
il
percussore
.
E
to
trigger
significherà
far
scattare
il
grilletto
.
Deverbale
dall
'
italiano
era
difficile
,
certo
:
«
sgrillettare
»
suonerebbe
male
.
Perciò
ecco
«
triggerare
»
qualcuno
dirà
che
sarebbe
stato
più
giusto
«
trigherare
»
,
ma
sono
pedanterie
.
Qualcun
altro
dirà
che
si
poteva
anche
scegliere
un
«
far
scattare
»
,
un
«
dar
la
via
»
,
un
«
dar
le
mosse
»
,
o
ancora
,
restando
nel
gergo
meccanico
:
«
mollare
»
,
«
scatenare
»
,
«
sparare
»
.
Chi
avesse
bisogno
di
altre
notizie
si
rivolga
a
Nanda
Vigo
:
nata
a
Milano
,
nel
1936
,
laureata
in
architettura
all
'
Institute
Polithecnique
de
Lausanne
,
ha
lavorato
in
California
,
Jugoslavia
e
Milano
,
poi
,
dopo
aver
assimilato
varie
proposte
stilistiche
,
nel
1961
iniziò
la
formulazione
plastica
che
si
caratterizza
nei
cronotopi
esposti
nel
1962
.
Così
almeno
sta
scritto
sull
'
invito
.
StampaQuotidiana ,
I
D
'
Orlando
,
madre
e
figlio
,
abitano
in
una
traversa
di
via
Paolo
Sarpi
a
Milano
;
un
quartiere
popolare
,
di
costruzioni
vecchie
,
al
massimo
a
tre
piani
,
coi
fondi
tutti
occupati
da
una
fila
continua
di
negozi
e
qualche
bottega
imprevista
,
come
quella
dove
ancora
fabbricano
a
mano
ceri
e
candele
di
tutte
le
misure
.
Loro
due
stanno
a
un
quarto
piano
di
una
casa
non
diversa
dalle
altre
:
nel
cortile
la
fila
di
bidoni
della
spazzatura
,
la
scala
stretta
ed
erta
,
umida
fino
a
sapere
di
muffa
,
le
file
degli
usci
che
si
aprono
sul
ballatoio
,
rimasto
come
ai
tempi
in
cui
l
'
appartamento
si
riduceva
a
una
stanza
e
i
«
servizi
»
erano
in
comune
,
giù
in
fondo
.
Sulla
porta
di
casa
,
sotto
il
nome
a
caratteri
rossi
,
stampati
-
di
certo
il
ritaglio
d
'
un
catalogo
di
mostra
-
c
'
è
un
altro
cartiglio
,
scritto
a
mano
,
che
dice
:
«
Gordon
Vernon
,
B.A.
Teacher
of
English
»
.
Aprono
e
sono
due
stanzucce
:
un
tramezzo
nella
prima
isola
il
cucinino
,
col
fornello
a
gas
,
l
'
acquaio
e
un
piccolo
frigorifero
,
e
basta
appena
a
contenere
un
armadio
e
una
rete
di
letto
col
materasso
e
la
coperta
alla
militare
.
Nell
'
altra
,
l
'
unica
vera
camera
,
due
brande
:
ci
dormono
appunto
Pasquale
D
'
Orlando
e
l
'
amico
suo
baccelliere
che
dà
lezioni
private
d
'
inglese
,
poi
due
tavoli
,
una
scrivania
accostata
al
muro
,
uno
scaffaletto
pei
libri
e
in
un
angolo
,
ammucchiati
,
barattoli
vuoti
di
colore
e
di
tè
.
I
telai
delle
finestre
sono
dipinti
di
rosso
vivo
.
Pasquale
è
un
ragazzo
robusto
e
paffuto
,
che
non
dimostra
i
suoi
ventisette
anni
.
Come
accade
spesso
nei
napoletani
-
e
contro
un
luogo
comune
che
li
vuole
scuri
,
anzi
bluastri
-
lui
ha
gli
occhi
chiari
,
le
guance
rosee
,
la
barba
scarsa
.
Più
tardi
entra
un
suo
amico
piccoletto
,
biondo
,
fine
nei
lineamenti
,
e
lo
scambio
per
il
coinquilino
inglese
,
mentre
invece
è
napoletano
anche
lui
.
Ma
finalmente
eccola
,
la
madre
,
Maria
D
'
Orlando
:
è
molto
piccola
,
tonda
,
con
la
faccia
piena
,
i
capelli
grigi
raccolti
a
ciuffo
,
un
occhio
velato
e
semichiuso
.
Sulla
veste
turchina
porta
uno
zinale
nero
e
tiene
le
gambe
in
certi
calzerotti
di
lana
grossa
,
grigi
.
Quando
si
accomoda
a
sedere
il
figlio
deve
metterle
sotto
i
piedi
un
barattolo
vuoto
,
altrimenti
non
arriva
a
toccare
terra
.
Le
domando
per
curiosità
la
sua
statura
,
e
lei
va
a
prendere
dentro
l
'
armadio
,
in
una
custodia
di
plastica
insieme
ad
altri
documenti
,
la
carta
d
'
identità
:
Maria
Zarrillo
in
D
'
Orlando
,
vedova
,
nata
a
Torre
del
Greco
nel
1897
,
statura
bassa
.
Infatti
,
così
a
occhio
,
non
dovrebbe
superare
il
metro
e
quaranta
.
Eppure
quando
sorride
diventa
bella
,
con
quei
bei
denti
sani
e
bianchi
:
fa
accomodare
anche
me
e
Sergio
Cossu
,
che
è
ritornato
per
fare
altre
fotografie
,
ma
anche
,
mi
pare
,
perché
ormai
si
considera
di
casa
e
ci
viene
volentieri
,
ci
offre
un
bicchierino
stravecchio
(
l
'
etichetta
dice
ancora
cognac
)
,
e
ci
dà
il
tempo
di
guardare
intorno
.
Appesi
al
muro
quadri
,
del
figlio
e
suoi
.
Questi
ultimi
si
riconoscono
subito
,
per
la
violenza
dei
colori
e
il
piglio
deciso
dei
tratti
:
figure
umane
,
fiori
,
un
carretto
,
cavalli
;
su
tela
,
su
compensato
,
su
carta
,
e
ciascuno
ha
in
un
angolo
,
a
mo
'
di
firma
,
la
croce
.
Infatti
Maria
D
'
Angelo
non
ha
mai
imparato
a
scrivere
,
né
sa
leggere
.
Ha
imparato
invece
a
dipingere
:
basta
una
scorsa
alle
due
grosse
cartelle
che
il
figlio
sta
voltando
sul
tavolo
.
f
)
ai
primi
abbozzi
con
la
penna
a
sfera
,
ai
quadri
appesi
,
ai
fogli
di
queste
ultime
settimane
c
'
è
un
'
evoluzione
evidente
,
pur
restando
identici
i
temi
,
insistiti
tenacemente
;
ancora
figure
umane
,
ancora
cavalli
,
ancora
carretti
.
E
lei
spiega
:
questi
sono
due
bambini
che
portano
i
fiori
alla
mamma
;
e
anche
la
mamma
sta
mutandosi
in
pianta
,
le
nascono
dentro
rami
e
foglie
.
Questo
è
un
bambino
travolto
da
un
cavallo
:
ma
il
cavallo
sta
mettendo
una
coda
di
pavone
,
coloritissima
.
Questo
è
un
uomo
che
spinge
un
carretto
,
ma
le
ruote
son
viste
,
per
così
dire
,
in
sviluppo
,
sono
due
fondi
accanto
al
rettangolo
del
carretto
.
In
tutto
Maria
D
'
Orlando
ha
da
mostrare
cinquecento
opere
.
Ma
come
è
stata
,
questa
scoperta
della
pittura
?
Lo
spiega
il
figlio
Pasquale
,
di
professione
pittore
:
volle
fare
lui
una
specie
di
esperimento
,
mettere
in
mano
alla
madre
analfabeta
quest
'
altro
modo
di
esprimersi
,
vedere
il
comportamento
d
'
una
creatura
«
primitiva
»
,
d
'
una
donna
di
sessantacinque
anni
,
carica
di
esperienza
,
ma
rimasta
culturalmente
bambina
.
Non
le
diede
alcun
consiglio
,
di
nessun
genere
,
anzi
oggi
è
lei
che
-
mi
spiega
Pasquale
-
dà
al
figlio
avvertimenti
su
come
scegliere
e
accostare
i
colori
:
i
suoi
sono
squillanti
,
arditi
,
suggestivi
,
sottolineano
i
simboli
già
così
chiari
del
disegno
.
Come
mai
,
le
chiedo
,
occhi
così
grandi
e
così
rossi
,
in
quella
figura
maschia
,
anzi
virile
,
perché
su
questo
punto
il
disegno
non
lascia
davvero
dubbio
alcuno
.
Lei
sorride
,
alza
gli
occhi
per
guardami
in
faccia
(
col
sommo
della
testa
mi
arriva
di
poco
sopra
il
gomito
)
e
fa
:
«
Eh
,
voi
capite
,
non
mi
piace
la
cosa
meschina
,
piccirella
.
L
'
uomo
è
grande
»
.
Per
esempio
Giovanni
,
il
povero
marito
suo
,
morto
nel
quarantaquattro
:
lo
chiamavano
di
soprannome
Scialone
,
perché
era
un
gigante
,
fortissimo
,
capace
di
spingere
su
un
carretto
dodici
quintali
di
farina
lungo
una
salita
.
Si
spargeva
la
voce
che
Scialone
spingeva
dodici
quintali
,
e
la
gente
usciva
dalle
case
per
assistere
allo
spettacolo
.
E
pensare
che
s
'
era
scelto
per
moglie
una
donna
così
piccola
,
e
per
giunta
figlia
della
Madonna
.
Qualcuno
la
prese
con
sé
,
ma
non
ebbe
mai
una
madre
e
un
padre
,
neanche
adottivi
:
anzi
,
a
dieci
anni
già
l
'
avevano
messa
a
guardare
le
bestie
giù
in
una
masseria
dalle
parti
di
Cassino
.
Lei
non
ci
stava
volentieri
,
così
un
bel
giorno
scappò
:
andò
alla
stazione
,
vestita
come
una
«
pacchianella
»
e
lì
trovò
un
soldatino
che
,
saputa
la
storia
,
le
mise
in
mano
due
lire
,
e
le
dette
questo
consiglio
:
salita
in
treno
,
al
controllore
doveva
dire
esattamente
:
tengo
due
lire
e
dieci
anni
,
e
sono
figlia
della
Madonna
.
Se
volete
che
scenda
,
io
scendo
.
Ma
chi
poteva
avere
il
cuore
di
buttar
giù
dal
treno
una
figlia
della
Madonna
?
Le
diedero
un
lavoro
migliore
,
e
per
tutta
la
vita
Maria
lavorò
:
il
marito
facchino
lei
col
carretto
delle
erbe
e
delle
verdure
.
Ebbe
due
figli
,
ma
altri
ne
perse
durante
la
gravidanza
,
perché
le
crescevano
in
grembo
troppo
grossi
,
e
poi
una
volta
ci
fu
lo
spavento
d
'
un
cavallo
imbizzarrito
,
quello
appunto
che
ritorna
tanto
spesso
nella
sua
pittura
.
Morto
Scialone
nel
'44
,
con
la
guerra
appena
finita
,
furono
anni
di
fame
.
Il
figlio
maggiore
se
ne
andò
in
Francia
,
«
passò
le
montagne
»
e
anche
lì
trovò
vita
difficile
,
la
polizia
arrivò
al
punto
di
fargli
mangiare
il
sapone
,
per
tormento
e
dispetto
contro
questo
«
terrone
»
che
osava
venirsene
a
rubare
il
pane
ai
cittadini
francesi
,
e
lui
,
per
farsi
condurre
finalmente
dal
console
italiano
,
fece
diciassette
giorni
di
sciopero
della
fame
.
Al
figlio
più
piccolo
,
Pasquale
,
questo
,
fece
in
modo
di
assicurare
il
pane
mettendolo
in
una
casa
di
rieducazione
a
Urbino
,
dove
i
metodi
rieducativi
erano
quelli
vecchi
,
botte
sulle
mani
con
una
cinghia
di
cuoio
bagnata
.
Eppure
a
Urbino
lui
fece
i
suoi
primi
studi
d
'
arte
,
pittura
,
ceramica
,
grafica
,
e
quando
fu
in
età
da
andare
soldato
,
rinunciò
all
'
esonero
che
gli
spettava
e
trovò
il
modo
,
dopo
il
CAR
di
Pesaro
,
di
farsi
mandare
a
Milano
,
perché
Milano
era
-
ed
è
-
la
capitale
dell
'
arte
moderna
in
Italia
.
Aviatore
,
durante
la
libera
uscita
cominciò
a
frequentare
i
bar
intorno
a
Brera
,
e
lì
conobbe
i
suoi
amici
di
oggi
,
questi
stessi
che
,
come
Grippa
,
Dova
,
Fontana
,
sono
venuti
a
vedere
i
dipinti
della
madre
Maria
,
e
ne
parlano
con
schietto
entusiasmo
,
come
d
'
un
bell
'
esempio
di
pittura
naïve
.
A
Milano
Pasquale
volle
restare
anche
dopo
il
congedo
,
tirando
la
cinghia
ma
senza
mai
rinunciare
al
suo
sogno
,
d
'
essere
pittore
e
basta
.
Anzi
,
appena
possibile
chiamò
con
sé
la
madre
,
e
adesso
nelle
due
stanzucce
al
quarto
piano
di
via
Messina
6
sono
in
due
ad
adoperare
il
pennello
,
non
sono
rose
neanche
ora
:
l
'
affitto
è
sulle
ventimila
lire
al
mese
,
come
riscaldamento
c
'
è
solo
una
stufetta
di
ghisa
che
mangia
altre
ventimila
lire
fra
carbone
e
legna
.
Che
proprio
saltino
i
pasti
non
si
può
dire
,
ma
capita
che
qualche
sera
lei
sia
costretta
a
«
inventare
»
la
cena
ed
è
una
brava
cuoca
.
Quando
cucina
ha
gli
stessi
gesti
di
quando
dipinge
,
o
forse
è
vero
il
contrario
:
foglio
di
carta
sul
tavolo
,
apre
i
barattoli
dei
colori
con
la
stessa
amorosa
precisione
con
cui
dosa
il
sale
nella
pentola
,
e
traffica
con
il
pennello
come
se
rimestasse
una
minestra
coi
«
pulpetielli
»
.
I
quadri
li
abbiamo
visti
,
il
brodo
di
polpi
,
ancora
polpi
per
secondo
piatto
,
conditi
a
olio
e
limone
,
li
verremo
ad
assaggiare
un
'
altra
volta
,
senza
impegni
di
lavoro
,
da
buoni
amici
di
casa
,
Cossu
ed
io
.
Ma
intanto
facciamo
queste
altre
fotografie
,
montiamole
un
po
'
.
Ecco
bisognerà
fissare
alla
porta
,
con
qualche
chiodino
,
i
disegni
già
scelti
,
e
poi
mettere
lei
seduta
su
quello
sfondo
,
magari
mentre
pela
le
patate
,
ché
tanto
le
deve
pelare
per
cuocerle
a
tocchettini
nel
brodo
.
Forse
i
disegni
sono
troppi
,
e
lei
interviene
:
«
Sergio
,
state
a
sentire
a
mammà
.
Qui
risulta
troppa
confusione
,
nevvero
?
Levate
,
levate
»
.
E
si
siede
,
con
il
barattolo
vuoto
a
fare
da
poggiapiedi
altrimenti
non
tocca
terra
.
Prima
del
congedo
vuole
abbracciare
tutti
e
tre
,
anche
il
figlio
che
pure
rimane
in
casa
.
«
Prima
che
il
Signore
mi
chiama
voglio
lasciare
un
milione
di
lavoro
»
,
gli
dice
.
E
siccome
il
figlio
scatta
su
a
rispondere
che
non
sono
i
quattrini
la
cosa
più
importante
,
lei
precisa
:
«
Un
milione
di
lavoro
,
un
milione
di
quadri
.
Li
lascio
al
figlio
,
ma
la
consolazione
è
mia
:
quando
faccio
un
quadro
sono
consolata
»
.
StampaQuotidiana ,
Alla
stazione
,
quando
chiedo
a
un
ferroviere
se
per
favore
sa
dove
abita
(
anzi
«
dove
sta
di
casa
»
)
Renato
Ciandri
,
quello
mi
guarda
strizzando
un
po
'
gli
occhi
,
come
uno
che
non
ha
capito
bene
.
«
Ciani
?
»
chiede
a
sua
volta
.
No
,
Ciandri
,
Renato
Ciandri
,
quello
del
libro
,
quello
del
film
,
insomma
della
Ragazza
di
Bube
.
«
Ah
,
ho
capito
.
Dovrebbero
essere
tornati
a
casa
di
lei
»
.
La
prima
a
destra
,
poi
a
sinistra
su
per
la
salita
,
si
scende
,
si
trova
una
piazza
,
si
va
ancora
avanti
,
tino
alla
seconda
piazza
,
quella
grande
con
l
'
obelisco
e
proprio
di
faccia
stanno
loro
due
.
Al
primo
piano
,
in
cima
a
una
rampa
di
scale
breve
e
ripida
,
sull
'
uscio
ci
sono
i
nomi
,
Giorni
-
Ciandri
.
Viene
ad
aprire
lei
in
persona
,
è
una
bella
donna
,
con
la
faccia
matura
,
aperta
,
piena
,
sotto
i
capelli
nerissimi
che
serbano
una
traccia
di
cotonatura
:
un
viso
toscano
,
non
c
'
è
che
dire
,
ospitale
e
insieme
interrogativo
e
leggermente
ironico
.
Le
solite
spiegazioni
:
vengo
da
Milano
e
ci
lavoro
,
ma
come
lei
sente
non
ci
sono
nato
,
sono
di
Grosseto
.
«
Amico
di
Cassola
,
allora
»
interviene
e
avverto
subito
la
leggera
impennata
della
voce
.
A
pranzo
con
me
e
con
Claus
Fischer
,
che
se
ne
sta
zitto
e
non
osa
tirar
fuori
la
macchina
dalla
borsetta
.
«
Lei
mi
capirà
,
siamo
piuttosto
guardati
,
di
questi
tempi
.
»
E
poi
Renato
,
il
marito
,
non
ritorna
a
casa
per
il
pranzo
,
rimane
a
Firenze
perché
riattacca
alle
due
,
là
al
centro
-
carni
dove
lavora
da
facchino
.
Smette
alle
cinque
,
e
va
subito
dall
'
avvocato
tutte
le
sere
.
Ha
lasciato
detto
così
:
se
viene
qualcuno
per
via
del
film
,
mandalo
dritto
dall
'
avvocato
,
se
invece
è
per
altre
ragioni
là
al
centro
-
carni
.
Lasciano
entrare
,
sicuro
.
«
Posso
offrire
qualcosa
?
»
Dalla
vetrina
tira
fuori
una
bottiglia
d
'
un
liquorino
dolce
,
che
non
avevo
mai
assaggiato
,
e
ce
lo
offre
;
poi
dall
'
altra
stanza
arrivano
gli
strilli
di
Moreno
(
«
cinque
mesi
e
mezzo
»
,
precisa
)
e
bisognerà
che
la
scusiamo
,
ma
i
bimbi
non
possono
aspettare
,
specialmente
se
si
tratta
di
mangiare
.
No
,
il
film
non
l
'
ha
visto
,
e
neanche
ci
tiene
.
«
Caso
mai
voleste
fare
una
chiacchieratine
,
un
po
'
più
lunga
,
venite
domani
con
calma
,
che
è
domenica
e
c
'
è
anche
mio
marito
»
.
Ci
fa
vedere
la
fotografia
di
Moreno
,
la
camera
coi
mobili
nuovi
e
la
televisione
(
«
tutta
col
nostro
lavoro
»
precisa
)
e
ci
riaccompagna
sul
pianerottolo
.
Sono
passati
dieci
minuti
appena
,
e
ora
bisognerà
,
dopo
aver
mangiato
al
Girarrosto
,
ripigliare
il
treno
di
Firenze
e
poi
un
altro
mezzo
che
ci
porti
in
via
Circondaria
,
dove
si
trova
questo
benedetto
centro
-
carni
,
che
sarebbe
come
a
dire
i
macelli
.
Per
un
pelo
non
lo
perdiamo
:
appena
oltre
il
cancello
eccolo
lì
che
a
passo
svelto
va
verso
la
motocicletta
.
Me
l
'
ero
immaginato
,
leggendo
il
libro
e
poi
vedendo
Chakiris
nel
film
,
proprio
ieri
sera
,
più
piccolo
,
più
basso
.
Sul
metro
e
settantacinque
,
asciutto
,
dritto
,
porta
un
paio
di
calzoni
di
velluto
a
coste
sopra
quelli
buoni
,
proprio
per
andare
in
motocicletta
.
La
giacca
è
grigia
,
principe
di
Galles
,
mi
pare
che
si
dica
,
non
porta
la
camicia
né
la
cravatta
,
ha
invece
una
maglietta
di
lana
scura
.
E
i
baffi
,
naturalmente
,
neri
come
i
capelli
;
gli
occhi
sono
fra
il
castano
e
il
verde
,
in
fossati
,
vivacissimi
.
Dovrebbe
proprio
andarsene
,
e
invece
rimane
lì
con
le
mani
sul
manubrio
della
moto
,
toccando
a
tratti
con
la
scarpa
il
pedale
dell
'
avvio
.
«
Ah
,
amico
di
Cassola
?
»
Certo
,
amico
di
Cassola
,
e
anche
di
Silvano
Ceccherini
,
che
lui
dovrebbe
aver
conosciuto
in
carcere
a
San
Gimignano
.
Infatti
,
e
mi
ripete
preciso
preciso
quel
che
a
suo
tempo
mi
aveva
raccontato
Ceccherini
,
dopo
avere
scritto
La
traduzione
,
gliela
fece
leggere
e
fu
appunto
lui
che
gli
consigliò
di
mandarla
a
Cassola
,
il
suo
amico
scrittore
,
perché
si
interessasse
di
farla
avere
a
qualche
editore
di
Milano
.
«
Anzi
,
guardi
,
ho
qui
in
tasca
un
ritaglio
di
giornale
che
racconta
tutta
la
storia
.
»
Lo
tira
fuori
,
ed
è
un
mio
vecchio
articolo
.
Ora
si
può
parlare
meglio
,
lasciar
perdere
la
moto
,
fare
insieme
due
passi
intorno
all
'
isolato
,
e
Claus
Fischer
,
silenzioso
biondino
di
Dresda
,
finalmente
tira
fuori
la
macchina
,
ci
precede
di
qualche
metro
e
comincia
a
scattare
.
Ciandri
non
ci
ha
nulla
da
ridire
,
e
così
veniamo
al
dunque
.
La
ragazza
di
Bube
uscì
mentre
Renato
Ciandri
era
ancora
in
carcere
per
il
fatto
di
sangue
di
undici
anni
prima
:
il
successo
del
libro
,
e
l
'
interessamento
di
Cassola
gli
giovarono
certamente
ad
avere
una
quindicina
di
mesi
di
condono
.
«
Gliene
sono
ancora
grato
»
,
fa
lui
fissandomi
,
«
anche
se
subito
dopo
averlo
letto
dissi
che
non
eravamo
d
'
accordo
su
come
ci
aveva
trattati
»
.
Specialmente
Nada
,
la
moglie
:
tutta
inventata
la
storia
di
Stefano
,
il
giovanotto
serio
e
un
po
'
retorico
che
fa
la
corte
a
Mara
mentre
Bube
è
via
;
tutto
inventato
l
'
attacco
del
libro
,
con
lei
così
ragazzina
e
un
po
'
civetta
;
tutto
inventato
persino
che
lei
non
sa
portare
tacchi
a
spillo
.
D
'
accordo
,
c
'
è
l
'
invenzione
letteraria
,
uno
che
scrive
ha
il
diritto
di
pigliare
certi
fatti
veri
e
di
ricamarci
sopra
con
la
fantasia
.
Ma
intanto
quando
lui
uscì
di
carcere
,
tutti
seppero
che
quella
era
la
storia
sua
.
«
Guardi
.
Io
non
sono
un
beduino
,
una
ragazza
secondo
me
può
avere
un
fidanzato
prima
di
sposarsi
con
un
altro
uomo
.
Ma
la
storia
di
Stefano
non
è
vera
.
Sì
,
lo
so
,
daccapo
,
lo
scrittore
inventa
,
ma
io
non
campo
mica
in
mezzo
ai
letterati
.
Queste
cose
le
capiscono
i
letterati
,
e
le
capisco
anche
io
che
un
poco
ho
letto
,
in
quegli
undici
anni
.
Ora
molto
meno
,
perché
il
lavoro
è
faticoso
,
e
quando
torno
a
casa
,
fra
il
bagno
,
la
cena
,
un
po
'
di
televisione
,
si
fa
presto
ad
addormentarsi
.
Cosa
ho
letto
!
Mah
,
soprattutto
romanzi
sociali
,
Victor
Hugo
,
Zola
,
Jack
London
,
specialmente
Il
tallone
di
ferro
,
che
è
il
più
bel
romanzo
sociale
.
Anche
Cronin
,
si
capisce
,
E
le
stelle
stanno
a
guardare
,
poi
La
cittadella
,
Il
castello
del
cappellaio
.
Gli
italiani
?
Le
dico
la
verità
,
gli
italiani
non
mi
sfagiolano
mica
tanto
,
sa
»
.
Veramente
quest
'
uomo
non
è
affatto
come
me
l
'
ero
immaginato
.
Non
è
Bube
,
ecco
:
quel
romanzo
di
Cronin
,
per
esempio
,
potrebbe
leggerlo
più
verosimilmente
Stefano
che
Bube
.
E
poi
,
man
mano
che
il
discorso
s
'
infittisce
,
ecco
che
gli
scrittori
italiani
lui
non
li
ignora
affatto
,
parla
di
Pasolini
,
parla
di
Calvino
,
soprattutto
parla
di
Cassola
,
e
m
'
accorgo
che
l
'
ha
letto
tutto
,
e
che
lo
giudica
con
affettuoso
distacco
,
come
se
questa
brutta
storia
delle
carte
bollate
,
del
sequestro
eccetera
,
non
lo
riguardasse
nemmeno
più
.
Si
fece
vivo
,
appena
seppe
che
il
film
entrava
in
lavorazione
:
il
libro
è
uscito
,
ha
avuto
il
successo
che
ha
avuto
,
contiene
la
loro
storia
e
loro
due
non
sono
d
'
accordo
su
come
è
raccontata
.
Pace
.
Acqua
passata
.
Ma
ora
anche
il
film
,
no
.
Un
libro
lo
leggono
,
quando
va
bene
come
è
andato
bene
questo
,
centocinquanta
,
duecentomila
persone
.
Ma
se
poi
ne
fanno
anche
un
film
,
la
storia
la
risanno
tutti
,
anche
chi
non
ha
mai
imparato
a
leggere
,
anche
chi
non
sa
,
non
vuole
distinguere
fra
verità
e
invenzione
,
soprattutto
quelli
anzi
,
e
parlano
,
parlano
,
parlano
.
Non
che
a
Pontassieve
qualcuno
abbia
osato
dirgli
qualcosa
in
faccia
,
no
.
Anzi
,
sono
discreti
e
corretti
,
ma
le
chiacchiere
si
sentono
a
fiuto
,
che
girano
nell
'
aria
come
mosconi
.
Così
si
fece
vivo
con
la
produzione
,
avvisandoli
che
non
era
d
'
accordo
,
che
si
fermassero
.
E
quelli
risposero
facendo
i
meravigliati
:
non
capivano
proprio
il
perché
.
Invece
c
'
era
,
il
suo
perché
.
«
Quella
è
la
storia
mia
,
l
'
hanno
detto
e
ripetuto
proprio
loro
,
Cassola
è
un
grande
scrittore
e
un
uomo
onesto
,
ma
è
anche
un
ingenuo
,
quando
dice
di
non
capire
.
È
una
storia
di
vent
'
anni
fa
,
e
venti
anni
fa
il
mondo
,
l
'
Italia
,
era
diversa
.
I
fatti
di
allora
,
raccontati
oggi
,
pigliano
tutto
un
altro
verso
.
Venti
anni
fa
,
per
esempio
,
la
rapina
a
mano
armata
non
era
un
fatto
grave
come
sarebbe
oggi
.
Oggi
,
i
giovani
che
a
quei
tempi
non
erano
nati
,
o
non
potevano
capire
,
se
vedono
raccontata
la
mia
storia
con
la
mentalità
di
oggi
,
travisano
tutto
,
non
possono
convincersi
che
allora
era
differente
.
Io
mi
sono
rifatta
una
vita
,
lavoro
qui
ai
macelli
,
e
quel
che
guadagno
mi
basta
per
campare
,
per
mangiare
,
per
le
sigarette
.
E
anzi
ne
fumo
anche
troppe
.
Perciò
mi
lascino
in
pace
,
la
smettano
con
questa
storia
di
Bube
»
.
«
Ehi
,
Bube
»
,
lo
chiama
da
dietro
un
suo
compagno
di
lavoro
,
piccoletto
,
sorridente
,
che
subito
si
aggrega
,
e
volentieri
sta
in
posa
davanti
all
'
obbiettivo
di
Claus
Fischer
.
Già
che
ci
siamo
,
si
va
tutti
a
bere
qualcosa
lì
all
'
angolo
,
una
botteguccia
dove
sono
soliti
ritrovarsi
tutti
i
facchini
dei
macelli
.
Il
piccoletto
si
chiama
Guani
,
poi
viene
anche
uno
anziano
che
ha
un
nome
illustre
,
Puccini
,
e
cominciano
a
girare
i
mezzi
litri
.
Ciandri
e
io
seduti
vicini
,
Fischer
in
piedi
dietro
il
banco
che
spara
come
una
mitragliatrice
.
E
si
riattacca
a
parlare
di
letteratura
:
una
scena
del
Soldato
,
se
è
giusta
l
'
impostazione
politica
di
Fausto
e
Anna
,
il
personaggio
di
Guglielmo
nel
luglio
del
bosco
,
il
dolore
calato
nel
paesaggio
,
la
scrittura
così
scorrevole
dell
'
Entrata
in
guerra
.
No
,
proprio
non
è
come
me
l
'
ero
immaginato
questo
Ciandri
Renato
di
Volterra
,
classe
1924
,
detto
Bube
,
che
è
poi
il
soprannome
di
famiglia
,
nonno
,
padre
e
lui
,
già
alabastraio
,
poi
partigiano
Baffo
(
questo
il
nome
di
battaglia
,
e
non
già
Vendicatore
)
.
Me
l
'
ero
immaginato
parco
di
parole
,
rigido
,
semplice
,
elementare
,
e
invece
qua
nessuno
poi
è
semplice
,
neanche
il
Guani
che
scherza
sempre
(
anzi
«
fa
il
chiasso
»
)
e
si
scusa
se
qualche
volta
«
nel
discorrere
si
sbarroccia
un
po
'
.
Sa
siamo
gente
alla
buona
,
senza
istruzione
.
lo
ho
fatto
appena
la
quarta
,
e
parlo
come
mi
viene
.
Certe
parole
difficili
come
le
scrivete
voi
,
io
non
le
capirei
nemmeno
»
.
E
continua
per
un
po
'
a
fare
il
chiasso
,
cioè
a
canzonarmi
,
con
questa
storia
delle
parole
difficili
.
Altre
parole
difficili
,
e
stridenti
,
mi
sta
dicendo
Renato
:
sequestro
,
azione
civile
,
azione
penale
,
comparizione
.
Cioè
tra
qualche
giorno
si
dovranno
incontrare
le
due
parti
dinanzi
al
giudice
.
Ma
loro
cosa
chiedono
,
cosa
vogliono
?
«
Levare
di
mezzo
il
film
sarebbe
la
cosa
migliore
.
O
almeno
che
si
arrivasse
ai
tagli
indispensabili
:
tutta
la
storia
di
Stefano
,
per
esempio
,
via
.
Questione
di
soldi
non
s
'
è
mai
fatta
,
non
se
n
'
è
mai
parlato
.
Però
se
non
ci
fosse
altra
via
d
'
uscita
,
allora
dividiamo
la
torta
.
Perché
sulla
nostra
storia
ci
dovrebbero
guadagnare
solamente
gli
altri
?
Meglio
di
tutto
,
eliminare
il
film
;
sennò
i
tagli
.
AI
peggio
,
dividiamo
la
torta
,
mi
diano
quel
che
ci
vuole
per
cambiare
posto
e
vita
»
.
Lo
dice
senz
'
ira
,
senza
nemmeno
emozione
.
Davanti
al
pretore
fu
proprio
così
,
mi
spiega
distaccato
,
quasi
assente
.
E
volentieri
cambia
discorso
,
dice
che
il
film
non
l
'
ha
visto
,
ottocento
lire
sono
troppe
,
aspetta
caso
mai
che
venga
a
Pontassieve
,
dove
cento
bastano
.
Preferisce
discorrere
ancora
di
letteratura
,
fino
al
momento
di
andarsene
,
si
è
infilato
il
cappotto
,
col
bavero
su
per
il
primo
freddo
del
crepuscolo
,
dà
un
colpo
di
pedale
,
avvia
,
parte
diritto
e
sicuro
in
mezzo
al
traffico
di
via
Circondaria
.
StampaQuotidiana ,
Sant
'
Anna
di
Rapallo
-
Anche
qui
i
metodi
didattici
si
sono
ammodernati
:
bando
alle
aste
,
scrivono
parole
fin
dal
primo
giorno
,
a
Natale
le
sanno
già
quasi
tutte
,
e
dopo
le
feste
abbandonano
la
matita
per
impugnare
la
penna
vera
,
quella
che
s
'
inzuppa
nell
'
inchiostro
.
Le
prime
volte
sono
macchie
,
sbaffi
,
pasticci
,
anzi
«
pacciughi
»
.
Escono
alle
cinque
del
pomeriggio
,
i
diciotto
alunni
della
maestra
Luisa
Solari
,
prima
B
,
sdoppiata
perché
gli
iscritti
,
contro
le
previsioni
,
furono
quasi
quaranta
,
l
'
inverno
è
mite
,
e
prima
di
rincasare
sostano
lì
fra
il
cancello
e
la
strada
che
va
alle
case
dell
'
INA
,
a
giocare
.
Fra
questi
diciotto
alunni
,
e
fra
gli
altri
scolari
della
«
Giovanni
Pascoli
»
,
sono
relativamente
pochi
i
liguri
,
i
Canepa
,
gli
Assereto
,
i
Costa
:
Marcellino
per
esempio
si
chiama
Jatosti
,
che
è
un
cognome
abruzzese
,
forse
di
lontana
origine
polacca
.
È
nato
a
Milano
e
abita
coi
suoi
(
padre
toscano
,
madre
romana
)
al
terzo
piano
del
condominio
lì
di
fronte
.
I
suoi
comprarono
l
'
appartamento
anche
perché
videro
la
comodità
della
scuola
così
vicina
.
Le
due
bambine
,
gemelle
,
sono
Cariddi
,
Michele
è
un
Tricarico
.
Renato
è
un
Bellonzi
,
di
madre
napoletana
e
di
padre
ferrarese
,
cameriere
giù
a
Rapallo
,
e
abitano
a
Savagna
,
in
collina
,
quindicimila
mensili
una
casetta
e
un
ettaro
di
terra
.
A
tempo
perso
allevano
polli
e
conigli
di
razza
speciale
,
dal
pelo
fulvo
.
Gaetano
sta
accanto
alla
chiesa
di
Sant
'
Anna
,
che
dà
nome
al
paesino
.
Di
cognome
fa
De
Luca
:
padre
siciliano
,
già
sarto
,
poi
operaio
,
adesso
allevatore
anche
lui
di
polli
e
conigli
.
La
madre
invece
lavora
al
golf
.
Al
golf
,
appunto
,
perché
ormai
quasi
tutti
dicono
così
:
abito
al
golf
,
devo
andare
al
golf
,
la
corriera
per
il
golf
,
il
golf
di
Rapallo
,
nove
buche
,
cioè
la
metà
di
un
campo
regolamentare
,
ma
sembra
che
già
comprino
altre
terre
,
fino
a
Valle
Christi
per
arrivare
alle
fatidiche
diciotto
.
Il
campo
naturalmente
è
assai
bello
e
tenuto
a
dovere
,
costa
carissimo
come
tutti
i
golf
d
'
Italia
,
dove
lo
sport
non
è
affatto
popolare
,
la
sede
del
circolo
è
signorilmente
arredata
,
ma
vista
da
fuori
sembra
un
palazzo
della
GIL
,
e
non
a
caso
lo
costruirono
in
epoca
fascista
.
Un
tempo
,
al
posto
dei
green
e
del
bunker
c
'
era
«
la
fanga
»
,
ricordano
i
più
anziani
,
c
'
erano
«
e
pusse
de
Sant
'
Anna
»
.
Pozze
formate
a
furia
di
scavare
argilla
da
mattoni
,
e
che
il
torrente
(
si
chiamerebbe
Bogo
ma
i
villeggianti
e
le
carte
topografiche
dicono
Boato
,
imprevedibile
e
violento
con
le
sue
piene
puntualmente
allagava
,
e
da
Rapallo
venivano
fin
qui
con
lo
zatterino
a
pescare
.
Sant
'
Anna
a
quei
tempi
era
un
borgo
di
fornaciai
e
di
ortolani
.
Oggi
le
fornaci
non
ci
sono
più
e
c
'
è
invece
il
golf
.
Secondo
le
agenzie
immobiliari
(
compravendita
,
affitti
e
permute
)
questa
è
zona
verde
con
vista
golfi
una
precisazione
che
dà
tono
,
certo
,
ma
i
prezzi
sono
i
più
bassi
,
sulle
novantamila
al
metroquadro
.
Man
mano
che
si
procede
verso
il
mare
i
prezzi
salgono
:
zona
tranquilla
,
zona
semicentrale
,
a
cinque
minuti
dalla
passeggiata
(
ma
cinque
minuti
di
che
cosa
?
Di
marcia
o
di
automobile
?
)
,
zona
centrale
,
zona
centralissima
,
vista
mare
.
Chi
vuol
vedere
il
mare
paga
più
di
tutti
,
fino
a
duecentottanta
al
metroquadro
.
Ma
la
domanda
ristagna
e
ci
sono
i
primi
cenni
del
ribasso
(
sulle
diecimila
al
metroquadro
in
meno
,
dal
cinque
al
dieci
per
cento
)
.
A
Sant
'
Anna
il
mare
non
si
vede
,
il
centro
dista
due
chilometri
,
siamo
insomma
all
'
estrema
periferia
di
Rapallo
,
ed
ecco
perché
vendesi
a
prezzi
vantaggiosissimi
,
anche
con
mutuo
.
È
appunto
la
fila
dei
condomini
che
percorre
tutta
la
vallata
del
Bogo
,
identici
l
'
uno
all
'
altro
;
progettati
dallo
stesso
architetto
,
calcolati
dallo
stesso
ingegnere
:
una
gabbia
di
cemento
armato
su
cui
poi
si
tendono
i
foratoni
,
per
i
solai
e
per
i
muri
.
Altezza
gronda
in
17,50
,
secondo
i
limiti
del
regolamento
edilizio
,
ma
spesso
sopra
la
gronda
cresce
l
'
attico
o
il
superattico
,
e
così
si
arriva
ai
metri
20,50;
e
ci
entrano
,
a
settantacinque
metroquadri
per
famiglia
,
fino
a
cinquanta
inquilini
,
ciascuno
col
suo
bravo
nome
e
titolo
a
stampatello
sulla
targa
dei
campanelli
:
Anzaghi
,
Carugati
,
Viganò
,
Terzi
,
Colombo
,
Garbagnati
,
poi
qualche
Codognotto
e
qualche
Canessa
.
È
la
proprietà
privata
di
massa
.
Parecchie
tapparelle
restano
sempre
chiuse
,
gli
inquilini
compaiono
al
massimo
il
venerdì
sera
,
fanno
la
gitarella
a
Portofino
o
a
Montallegro
,
e
poi
dopo
cena
si
trovano
tutti
quanti
a
parlare
di
nebbia
e
di
quattrini
(
che
non
ci
sono
più
)
.
Meno
male
che
lo
hanno
fatto
in
tempo
,
quest
'
investimento
di
setto
-
otto
milioni
:
hanno
un
posticino
per
le
vacanze
,
il
gruzzoletto
è
al
sicuro
,
e
possono
sempre
dire
«
la
nostra
villa
in
Riviera
»
.
Dopo
tutto
non
sono
neanche
lontane
le
villette
vere
,
le
«
unifamiliari
»
con
giardino
:
basta
salire
un
po
'
più
su
e
la
zona
comincia
a
valorizzarsi
:
ampio
panorama
,
splendida
veduta
,
vista
golfo
.
Da
vedere
il
golf
a
vedere
il
golfo
la
differenza
è
del
doppio
preciso
.
La
più
bella
di
tutte
si
chiama
«
Villa
Mia
»
,
e
il
proprietario
è
il
signor
Osvaldo
Menga
:
ampio
terreno
a
parco
con
alberi
pregiati
,
vialetti
ghiaiosi
,
lampioni
,
finti
pozzi
,
passeggiata
archeologica
con
Veneri
monche
e
putti
,
la
piscina
di
maiolica
verde
.
Ora
è
deserta
,
ma
d
'
estate
ci
danno
splendide
feste
con
orchestrina
e
cantanti
,
gare
di
tiro
alla
pistola
e
rinfreschi
assortiti
.
Per
questa
popolazione
saltuaria
e
lombarda
,
due
o
tre
anni
or
sono
,
hanno
allestito
,
in
quindici
giorni
,
comprese
le
fondamenta
,
una
chiesa
prefabbricata
,
che
prende
nome
dal
Sacro
Cuore
.
L
'
armatura
è
di
montanti
in
lamiera
traforata
,
che
s
'
imbullonano
come
i
pezzi
del
Meccano
,
con
sopra
un
rivestimento
di
materiale
precompresso
.
Un
'
unica
grande
navata
col
tetto
uso
rimessa
,
accanto
all
'
altare
c
'
è
l
'
usciolino
della
sacrestia
,
che
ha
uno
sportello
scorrevole
,
a
coprire
la
grata
del
confessionale
.
Ci
dicono
messa
soltanto
la
domenica
,
in
inverno
e
debbono
accendere
le
stufe
dal
sabato
sera
,
altrimenti
i
fedeli
scesi
per
lo
«
weekend
»
in
Riviera
«
barbellano
»
dal
freddo
.
I
santannesi
stanziali
-
sia
gli
indigeni
che
gli
immigrati
con
fissa
dimora
-
vanno
,
se
ci
vanno
,
all
'
altra
chiesa
,
che
è
il
centro
del
vecchio
borgo
.
È
un
minuscolo
ma
non
brutto
esempio
di
barocco
genovese
,
con
la
cupola
a
tegole
di
ardesia
,
e
sta
per
compiere
trecento
anni
precisi
.
I
borghigiani
ne
parlano
con
un
certo
orgoglio
.
La
sezione
(
anzi
la
sessione
)
del
Partito
comunista
è
poco
più
sotto
,
in
una
baracchetta
di
legno
,
quasi
di
fronte
all
'
osteria
di
Giovannino
Raffo
da
Sestri
Levante
.
Qui
la
sera
vengono
a
giocare
a
carte
,
a
bersi
un
bicchiere
,
e
a
discorrere
in
quel
loro
curioso
dialetto
che
sembra
portoghese
,
gli
adulti
di
Sant
'
Anna
,
quelli
che
all
'
ingrosso
,
hanno
già
fatto
il
militare
e
possiedono
il
fucile
da
caccia
.
Ma
la
selvaggina
deve
essere
scarsa
.
I
giovani
invece
vanno
al
bar
del
Porri
,
dove
il
mese
scorso
si
tenne
un
memorabile
torneo
di
boccette
,
con
medaglia
d
'
oro
.
Davano
per
favorito
il
giovane
Arminetti
,
detto
«
Canna
»
perché
è
alto
e
sottile
,
e
invece
vinse
un
altro
,
e
ora
«
Canna
»
continua
a
mugugnare
e
a
dire
«
belan
»
,
pur
essendo
nato
a
Mimose
,
in
Calabria
.
Ormai
Sant
'
Anna
è
un
cuneo
di
case
,
serrato
fra
due
sensi
unici
,
coi
condomini
da
una
parte
e
il
verde
del
golf
dall
'
altra
,
il
vertice
al
ponticello
sulla
confluenza
dei
due
torrenti
che
formano
,
appunto
,
il
Bogo
.
Due
bar
,
tre
o
quattro
botteghe
di
alimentari
,
il
macellaio
,
il
vinaio
,
qualche
officina
,
un
coiffeur
pour
dames
,
le
rimesse
delle
carrozze
.
Un
tempo
i
vetturini
tenevano
i
cavalli
(
due
,
sempre
,
il
grande
e
il
pony
,
che
può
anche
essere
un
somarello
sardegnolo
)
giù
al
mare
,
vicino
ai
grandi
alberghi
,
a
disposizione
dei
turisti
stranieri
,
ma
poi
è
sembrato
più
decoroso
spostarli
quassù
.
E
oltre
tutto
le
carrozze
sono
ridotte
a
una
decina
,
i
vetturini
hanno
ormai
l
'
età
della
pensione
:
il
più
popolare
,
ma
non
il
più
vecchio
,
ha
sessantun
anni
.
Si
chiama
Luigi
Tasso
,
detto
«
Fante
»
(
qui
il
soprannome
sembra
obbligatorio
,
lo
mettono
persino
sugli
avvisi
mortuari
)
e
diversi
anni
or
sono
,
girandosi
proprio
a
Rapallo
un
film
con
Peppino
De
Filippo
,
lo
scelsero
per
una
particina
.
A
Sant
'
Anna
se
ne
parla
ancora
.
A
Sant
'
Anna
dunque
c
'
è
una
inconsapevole
,
forse
,
volontà
di
restare
villaggio
:
si
trovano
al
caffè
,
provano
a
chiamar
per
nome
(
in
attesa
che
s
'
inventi
il
soprannome
)
anche
il
forestiero
,
hanno
la
scuola
e
la
posta
.
Manca
invece
la
farmacia
,
e
manca
l
'
edicola
dei
giornali
.
Eppure
qualcuno
è
ottimista
.
Da
un
mese
al
bar
del
Pozzi
c
'
è
una
clientela
nuova
:
gli
operai
che
sparano
le
mine
e
guidano
le
ruspe
dalle
parti
di
San
Pietro
.
Sono
i
lavori
per
l
'
autostrada
nuova
,
da
Genova
a
Sestri
,
che
sveltirà
il
traffico
sulla
Riviera
di
Levante
.
In
due
ore
dalle
brume
lombarde
all
'
eterno
tepore
di
qui
:
l
'
imbocco
sarà
proprio
a
Sant
'
Anna
,
e
già
s
'
immagina
il
«
movimento
»
che
ci
sarà
,
fra
un
paio
d
'
anni
.
Gente
che
va
,
gente
che
viene
.
E
speriamo
che
si
fermi
.
I
ragazzini
della
scuola
«
Giovanni
Pascoli
»
la
smetteranno
di
gingillarsi
lì
davanti
,
finita
la
lezione
.
Potranno
finalmente
dire
che
abitano
al
casello
di
Rapallo
.
StampaPeriodica ,
«
Guardi
,
diceva
un
minatore
muovendo
in
giro
la
mano
tesa
,
tutto
quello
che
lei
vede
è
della
Montecatini
.
Non
si
può
sbagliare
.
»
La
Montecatini
,
qua
a
Niccioleta
,
possiede
le
case
,
le
strade
,
gli
spacci
aziendali
,
i
mezzi
di
trasporto
,
le
sedi
dei
partiti
politici
,
il
terreno
circostante
.
Della
Montecatini
sono
i
grossi
casamenti
gialli
,
sparsi
in
disordine
per
le
pendici
di
questi
colli
scabri
,
collegati
appena
da
un
sentiero
scosceso
,
con
larghi
improvvisi
sterrati
nudi
;
il
palazzotto
del
dopolavoro
,
una
costruzione
pseudo
-
razionale
,
di
taglio
littorio
,
stile
900
,
come
si
diceva
nel
ventennio
;
e
la
chiesa
,
un
altro
scatolone
con
una
specie
di
pronao
rettangolare
,
che
fa
pensare
ad
una
palestra
di
boxe
.
Son
della
Montecatini
le
grigie
e
scialbe
casette
degli
impiegati
,
e
la
mediocre
villa
della
contadina
,
ed
i
più
vecchi
amano
ancora
,
dopo
la
miniera
,
coltivare
un
pezzetto
di
terra
,
per
cavarne
ortaggi
,
od
allevarvi
un
coniglio
,
un
paio
di
galline
.
Molti
operai
non
abitano
qui
,
ma
nei
villaggi
vicini
,
a
Prata
,
a
Monterotondo
,
o
vengono
addirittura
da
Massa
Marittima
:
tutti
su
automezzi
della
Montecatini
;
prima
della
guerra
venivano
in
bicicletta
,
e
non
pochi
a
piedi
,
dieci
chilometri
di
strada
e
dopo
il
lavoro
.
Al
paese
alcuni
conservano
un
orto
,
una
vigna
,
a
cui
si
dedicano
nelle
ore
libere
dal
lavoro
,
e
persino
nei
giorni
di
sciopero
.
La
sovrapposizione
delle
due
economie
,
e
la
progressiva
scomparsa
di
quella
più
antica
,
l
'
agricola
,
sotto
il
peso
della
moderna
,
la
mineraria
,
qui
è
palese
:
qui
sta
accadendo
quel
che
in
Inghilterra
si
verificò
alla
fine
del
Settecento
,
ed
il
processo
è
ancora
in
corso
.
L
'
agricoltura
di
collina
scompare
a
poco
a
poco
,
poiché
la
miniera
ne
ha
assorbito
la
mano
d
'
opera
,
ed
i
giovani
non
seguono
più
l
'
esempio
degli
anziani
.
A
Niccioleta
abitano
circa
millecinquccento
persone
,
fra
operai
e
familiari
,
ma
ci
sono
anche
gli
scapoli
,
giù
ai
«
camerotti
»
,
specie
di
casermette
basse
ed
allungate
,
divise
in
tante
stanze
quadrate
ciascuna
delle
quali
ospita
sei
o
sette
operai
,
con
le
brande
e
gli
armadietti
metallici
.
L
'
aria
di
caserma
è
evidente
anche
all
'
interno
:
accenti
meridionali
,
cartoline
e
ritratti
appiccicati
al
muro
,
la
Madonna
di
Loreto
,
il
golfo
di
Napoli
,
la
fidanzata
,
Togliatti
,
il
calendario
dell
'
ANPI
,
Una
diva
americana
.
Sopra
gli
armadietti
c
'
è
sempre
una
cassetta
di
legno
,
col
lucchetto
:
è
l
'
unica
proprietà
privata
degli
operai
,
il
resto
,
brande
,
armadietti
,
ed
i
camerotti
stessi
,
è
della
Montecatini
.
La
sensazione
insomma
è
che
la
Montecatini
qui
non
sia
soltanto
proprietaria
assoluta
di
ogni
cosa
,
ma
goda
di
una
sorta
di
diritto
di
extraterritorialità
,
che
governi
,
insomma
,
con
leggi
,
costumi
,
e
riti
suoi
propri
.
Può
accadere
,
per
esempio
,
che
il
forestiero
si
senta
chiedere
i
documenti
,
non
appena
scende
di
macchina
ed
entra
in
un
bar
per
prendere
il
caffè
.
«
Lei
,
permetta
,
quale
attività
svolge
?
Può
dimenticarla
?
Su
che
cosa
intende
scrivere
?
Quale
è
il
suo
giornale
?
»
Sono
domande
che
un
brigadiere
dei
carabinieri
,
a
Niccioleta
,
rivolge
con
estrema
naturalezza
.
La
Montecatini
,
qui
,
nei
suoi
locali
,
ha
una
stazione
dei
carabinieri
,
ha
le
guardie
di
pubblica
sicurezza
,
ed
ha
anche
tuia
sua
milizia
privata
,
di
guardie
giurate
,
con
una
loro
divisa
nera
,
che
fan
servizio
dentro
la
miniera
,
intorno
alla
miniera
,
in
paese
.
La
strada
che
conduce
ai
pozzi
è
sbarrata
ad
un
tratto
da
una
traversa
bianca
e
nera
;
accanto
c
'
è
una
garitta
,
con
dentro
la
guardia
per
controllare
chi
entra
e
chi
esce
.
Non
si
passa
di
là
senza
il
permesso
del
direttore
:
alla
fine
dei
turni
suona
la
sirena
ed
i
minatori
escono
alla
spicciolata
oltre
la
barriera
.
Son
diversi
dal
cliché
usuale
che
del
minatore
ciascuno
di
noi
,
anche
inconsapevolmente
,
si
porta
in
testa
,
il
cliché
del
minatore
grande
e
membruto
,
come
lo
si
vede
nei
manifesti
di
propaganda
.
La
cronaca
recente
,
fra
l
'
altro
,
si
è
occupata
del
caso
del
giovane
Milo
Malagoli
,
un
ragazzo
alto
oltre
due
metri
e
grosso
in
proporzione
,
il
«
gigante
di
Niccioleta
»
,
come
è
stato
definito
.
Ma
in
realtà
nessun
minatore
somiglia
al
Malagoli
.
Quasi
tutti
di
statura
inferiore
alla
media
(
le
grandi
stature
,
oltre
tutto
,
sono
antieconomiche
nei
lavori
del
sottosuolo
)
son
uomini
pallidi
e
curvi
,
dal
passo
pesante
e
stanco
:
vestiti
senza
uniformità
,
portano
spesso
in
testa
un
elmetto
di
materia
plastica
,
foggiato
come
quello
d
'
acciaio
dei
soldati
inglesi
.
Al
vecchio
tascapane
si
va
sostituendo
la
«
panierina
»
,
una
cassetta
di
zinco
,
con
una
tracolla
di
tela
,
che
serve
per
portare
il
pasto
.
Fino
ad
un
paio
di
anni
or
sono
era
caratteristico
,
in
mano
agli
operai
alla
fine
dei
turni
,
il
«
tròppolo
»
,
cioè
un
pezzo
di
legno
,
frammento
delle
armature
di
galleria
,
che
la
società
concedeva
ogni
giorno
a
ciascun
dipendente
:
doveva
servire
per
gli
usi
domestici
,
per
il
riscaldamento
o
la
cucina
.
Ora
prelevare
il
«
tròppolo
»
è
proibito
,
e
le
guardie
giurate
qualche
volta
ispezionano
persino
i
tascapane
e
le
panierine
,
perché
dalla
miniera
non
deve
uscire
niente
.
E
non
deve
entrare
nulla
che
non
sia
mano
d
'
opera
e
materiale
di
lavoro
.
Subito
dopo
la
fine
della
guerra
era
relativamente
facile
accedere
ai
piazzali
,
alla
laveria
,
alle
officine
,
persino
alla
grande
galleria
di
accesso
al
pozzo
maggiore
.
Ricordo
che
fu
sufficiente
la
parola
di
un
operaio
,
e
l
'
approvazione
di
un
sorvegliante
.
Oggi
non
c
'
è
da
sperarlo
:
il
direttore
dirà
che
occorre
il
permesso
della
direzione
centrale
,
e
farà
anche
intendere
,
in
tutta
confidenza
,
che
è
inutile
chiederlo
.
Bisogna
contentarsi
di
raggiungere
il
ciglio
della
collina
:
di
fronte
,
oltre
la
vallata
,
sul
fianco
ripido
del
colle
contrapposto
,
si
addossa
tutto
l
'
apparato
della
laveria
.
In
alto
i
rompitori
che
frantumano
il
minerale
,
più
giù
tutta
la
serie
dei
canali
e
dei
traballatori
.
La
pirite
è
un
bisolfuro
di
ferro
,
che
cristallizza
in
dodecaedri
,
di
color
giallo
lucido
;
nel
passato
veniva
usata
solo
per
costruire
acciarini
,
ma
oggi
,
con
il
processo
delle
camere
di
piombo
,
fornisce
l
'
acido
solforico
,
elemento
fondamentale
per
fabbricare
,
fra
l
'
altro
,
esplosivi
e
concimi
chimici
.
La
miniera
di
Niccioleta
,
sul
versante
meridionale
delle
Colline
Metallifere
(
una
vasta
zona
montuosa
al
confine
fra
le
province
di
Siena
,
Pisa
e
Grosseto
)
,
è
solo
una
delle
cinque
che
lavorano
nella
zona
:
le
altre
sono
a
Boccheggiano
,
Gerfalco
,
Ravi
,
Gavorrano
e
recenti
sondaggi
,
anche
superficiali
,
han
dimostrato
che
la
pirite
si
trova
un
po
'
dappertutto
,
sì
che
non
è
azzardato
ritenere
che
le
cinque
miniere
lavorino
su
di
un
unico
enorme
giacimento
,
di
capacità
pressoché
inesauribile
.
Del
resto
la
pirite
si
estrae
anche
all
'
isola
del
Giglio
,
ed
al
non
lontano
promontorio
dell
'
Argentario
si
è
localizzato
un
giacimento
che
potrebbe
dare
non
meno
di
dieci
milioni
di
tonnellate
.
Allo
stato
attuale
delle
cose
il
giacimento
maremmano
produce
oltre
l
'
ottanta
per
cento
della
pirite
italiana
,
che
è
quasi
completamente
nelle
mani
della
Montecatini
.
La
miniera
di
Niccioleta
produce
quasi
un
terzo
esatto
della
pirite
maremmana
.
Nel
1953
la
produzione
è
stata
di
436.969,90
tonnellate
.
Ciò
equivale
,
al
netto
,
a
un
prodotto
di
circa
250mila
tonnellate
«
mercantili
»
,
commerciabili
.
Non
è
difficile
calcolare
i
costi
di
produzione
.
Le
maestranze
impiegate
raggiungono
il
numero
di
1.441
dipendenti
.
Ecco
le
loro
tabelle
salariali
:
Donne
:
16-18
anni
,
lire
573;
18-20
anni
,
650,80;
terza
categoria
,
755,80;
seconda
categoria
,
803,50;
prima
categoria
,
847,20
.
Uomini
:
16-18
anni
,
lire
681,80;
18-20
anni
,
866,50;
manovali
adulti
,
928,80;
operai
comuni
,
995,20;
operai
qualificati
,
1.055,50;
operai
specializzati
,
1.184,10
.
A
queste
somme
va
aggiunta
un
'
indennità
di
caro
-
pane
variabile
da
20
a
60
lire
giornaliere
,
proporzionalmente
alle
condizioni
di
lavoro
,
ed
una
indennità
di
sottosuolo
(
che
spetta
solo
agli
interni
)
di
92
lire
.
Non
si
è
potuto
appurare
quale
sia
lo
stipendio
degli
impiegati
;
ma
un
calcolo
generale
piuttosto
largo
,
e
ammesso
come
verosimile
dalla
società
,
ci
fa
ritenere
che
il
costo
complessivo
(
retribuzioni
ed
oneri
sociali
)
sia
,
per
ogni
dipendente
,
di
2.200
lire
per
giornata
lavorativa
.
Fa
,
in
tutto
,
un
onere
mensile
di
79.255.000lire
,
ed
annuo
di
951.060.000lire
.
Gli
altri
costi
,
eccedenti
la
mano
d
'
opera
,
non
sono
,
naturalmente
,
resi
noti
,
ma
si
possono
valutare
in
non
più
del
35
per
cento
dei
costi
totali
,
che
salgono
così
a
1.463.169.228
lire
.
Il
calcolo
si
fa
più
difficile
quando
si
tratti
di
mettere
a
confronto
i
costi
di
produzione
con
il
ricavato
.
La
Montecatini
dichiara
ufficialmente
che
la
pirite
si
vende
a
7
000
lire
la
tonnellata
;
su
questa
base
si
deduce
un
ricavo
annuo
di
1.712.921
lire
dalla
sola
miniera
di
Niccioleta
;
ciò
che
dà
un
profitto
che
si
aggira
sul
quarto
di
miliardo
.
Ma
il
fatto
è
che
la
Montecatini
non
vende
la
pirite
,
ma
la
utilizza
nei
suoi
stessi
stabilimenti
,
sì
che
il
vero
profitto
si
realizza
solo
alla
fine
del
ciclo
di
produzione
,
nella
vendita
dei
concimi
chimici
.
Il
prezzo
serve
solo
per
battere
l
'
eventuale
concorrenza
di
altri
produttori
di
pirite
:
è
il
caso
della
miniera
del
Giglio
,
che
la
Montecatini
ha
assorbito
con
quel
sistema
;
e
la
Marchi
di
Ravi
,
come
la
STIMA
di
Gerfalco
(
che
possiedono
,
del
resto
,
le
miniere
più
piccole
)
reggono
solo
finché
e
come
la
Montecatini
vuole
.
Che
il
profitto
si
realizzi
solo
alla
fine
del
ciclo
produttivo
è
confermato
dall
'
alto
prezzo
dei
concimi
chimici
(
fino
a
22mila
lire
il
quintale
)
e
,
di
conseguenza
,
dallo
scarso
uso
che
ne
fa
l
'
agricoltura
italiana
:
16
milioni
di
quintali
annui
contro
una
media
europea
di
almeno
50
.
Il
profitto
della
Montecatini
,
a
Niccioleta
,
non
dovrebbe
essere
in
realtà
inferiore
al
triplo
di
quello
qui
calcolato
sui
dati
ufficiali
,
ed
in
tutta
la
Maremma
dovrebbe
aggirarsi
sui
2
miliardi
annui
.
La
miniera
,
in
Maremma
,
ha
preso
dall
'
agricoltura
la
mano
d
'
opera
,
e
sull
'
agricoltura
preme
per
realizzare
i
suoi
profitti
.
Sui
minatori
e
sul
loro
modo
di
vita
c
'
è
un
altro
pregiudizio
,
assai
diffuso
nel
ceto
piccolo
borghese
paesano
e
cittadino
:
lo
abbiamo
sentito
ripetere
,
anche
in
buona
fede
,
da
oratori
di
vari
partiti
,
durante
l
'
ultima
campagna
elettorale
.
I
minatori
sarebbero
dei
privilegiati
,
rispetto
alle
altre
categorie
di
lavoratori
maremmani
:
«
Hanno
persino
la
radio
,
la
cucina
economica
e
la
"
Lambretta
"
:
Dunque
(
e
questa
è
la
conclusione
politica
che
se
ne
trae
)
perché
si
lamentano
,
perché
si
agitano
?
»
.
Ora
,
è
indubbio
che
,
rispetto
all
'
anteguerra
,
e
con
la
potente
spinta
che
seguì
la
liberazione
,
i
minatori
realizzarono
grandi
progressi
:
si
rivalutarono
i
salari
,
e
si
ebbero
,
come
si
hanno
oggi
,
punte
che
si
avvicinano
alle
70-75mila
lire
mensili
.
Va
tenuto
presente
,
però
,
che
tali
limiti
massimi
sono
accessibili
ad
un
esiguo
drappello
di
cottimisti
,
che
tiran
fuori
dal
monte
quantità
di
pirite
superiori
alla
norma
:
un
lavoro
arduo
ed
estenuante
.
I
salari
fondamentali
,
che
son
poi
quelli
della
maggioranza
,
parlano
chiaro
:
il
privilegio
non
c
'
è
.
C
'
è
invece
il
rischio
,
ed
il
peso
di
un
lavoro
professionalmente
assai
pericoloso
.
Gli
incidenti
non
mancano
in
nessuna
miniera
,
e
nel
caso
della
pirite
è
presente
un
altro
pericolo
,
quello
della
silicosi
,
che
attacca
immancabilmente
tutti
gli
operai
interni
.
La
perforazione
delle
pareti
di
«
piastra
»
,
cioè
degli
scisti
permici
che
separano
i
filoni
di
pirite
,
provoca
un
sottile
e
denso
pulviscolo
che
,
respirato
,
attacca
meccanicamente
i
polmoni
(
lei
minatori
,
provocando
irritazione
e
traumi
:
conseguenza
collaterale
,
la
tubercolosi
.
La
capacità
respiratoria
ne
risulta
diminuita
(
una
percentuale
ciel
35
per
cento
dà
diritto
alla
pensione
)
.
L
'
uso
della
maschera
può
attenuarne
gli
effetti
,
ma
non
può
impedire
il
passaggio
dei
granelli
silicei
di
più
minute
proporzioni
,
uno
o
due
micron
,
che
son
poi
i
più
pericolosi
.
Una
statistica
del
settembre
1953
ci
dà
,
fra
i
tbc
del
Sanatorio
di
Grosseto
,
una
percentuale
di
minatori
variante
dal
18
al
25
per
cento
.
Si
può
dire
,
semmai
,
che
in
Maremma
il
minatore
è
l
'
operaio
più
moderno
(
e
la
sua
retribuzione
è
quindi
superiore
a
quella
dell
'
operaio
tradizionale
,
il
bracciante
)
più
evoluto
e
più
combattivo
.
Staccato
a
forza
dall
'
agricoltura
,
abbandona
necessariamente
la
tipica
mentalità
del
contadino
toscano
,
che
ancora
permane
,
in
qualche
misura
,
fra
gli
operai
più
anziani
,
e
trascina
con
sé
nella
lotta
anche
alcuni
gruppi
di
tecnici
.
Ecco
una
ultima
serie
di
cifre
.
Si
tratta
dei
risultati
nella
elezione
della
commissione
interna
(
sempre
nel
1953
)
:
su
1168
voti
validi
degli
operai
,
887
(
con
7
seggi
in
commissione
)
sono
andati
alla
CGIL
,
284
alla
UIL
(
2
seggi
)
;
su
49
voti
validi
dei
tecnici
,
34
alla
CGIL
,
e
15
alla
UIL
;
su
17
voti
validi
degli
impiegati
amministratori
,
17
alla
UIL
(
la
CGIL
non
ha
presentato
la
lista
)
.
Ed
è
anche
ovvio
che
un
mutamento
nel
modo
di
vita
si
sta
in
effetti
realizzando
:
se
i
più
anziani
non
conoscono
altra
«
cultura
»
che
non
sia
il
bicchiere
di
vino
all
'
osteria
e
la
partita
a
briscola
,
i
giovani
cercano
di
allargare
il
proprio
interesse
umano
e
sociale
.
La
tanto
deprecata
«
lambretta
»
,
che
agli
occhi
dei
piccoli
borghesi
rappresenta
lo
scandalo
maggiore
,
è
in
fondo
una
innocente
evasione
dalla
bettola
,
dall
'
abbruttimento
(
anch
'
esso
scandaloso
,
per
la
gente
per
bene
)
.
Ma
dove
c
'
è
maggior
coesione
,
e
dove
son
possibili
rapporti
umani
con
i
ceti
più
evoluti
,
ecco
sorgere
biblioteche
,
circoli
del
cinema
,
iniziative
di
carattere
culturale
.
La
Montecatini
se
n
'
è
accorta
,
e
dal
canto
suo
organizza
i
suoi
circoli
,
peraltro
riservati
a
dirigenti
ed
a
impiegati
.
A
Massa
Marittima
,
una
antica
cittadina
piena
di
tesori
d
'
arte
medievale
,
e
che
oggi
è
in
certo
senso
la
capitale
della
Maremma
mineraria
,
gli
operai
hanno
realizzato
concreti
e
solidi
rapporti
di
alleanza
con
certi
gruppi
di
intellettuali
.
Il
loro
circolo
ha
un
'
attiva
e
ben
fornita
bibliotechina
,
e
gestisce
anche
il
maggior
cinema
cittadino
.
Spesso
organizzano
conferenze
,
letture
,
dibattiti
culturali
.
Il
responsabile
del
circolo
,
che
è
un
giovane
universitario
,
mi
mostra
orgoglioso
le
statistiche
delle
letture
:
in
testa
è
Vasco
Pratolini
,
che
lo
scorso
anno
venne
quassù
di
persona
,
per
parlare
del
suo
lavoro
.
Ora
che
è
uscito
il
film
di
Lizzani
sulle
Cronache
di
poveri
amanti
,
il
circolo
minatori
intende
farne
una
presentazione
di
gala
,
invitando
il
regista
e
gli
attori
.
Dopo
tutto
,
chissà
che
a
qualcuno
non
venga
in
mente
di
girare
un
film
proprio
in
quest
'
ambiente
?
StampaPeriodica ,
Valdagno
,
aprile
-
Il
palazzotto
dei
conti
di
Valdagno
è
una
moderna
costruzione
massiccia
di
pietra
biancastra
,
con
due
avancorpi
che
sporgono
e
fan
pensare
a
torri
d
'
angolo
rimaste
incomplete
,
ed
una
decorazione
di
falsi
merli
.
Grandi
alberi
verdi
chiudono
la
corte
silenziosa
,
dove
si
intravedono
due
grossi
cani
che
si
disputano
un
osso
ed
a
tratti
la
divisa
di
tela
coloniale
di
una
guardia
giurata
.
Gira
tutto
intorno
un
alto
muro
,
rotto
a
tratti
da
cancelli
chiusi
.
Il
castello
si
leva
sulla
cima
di
una
breve
collinetta
,
che
domina
il
grigio
complesso
degli
stabilimenti
,
e
la
cittadina
,
distesa
sulle
rive
dell
'
Agno
,
un
torrentaccio
sassoso
che
percorre
tutta
la
vallata
,
per
gettarsi
da
sinistra
nel
Bacchiglione
.
Valdagno
deve
il
suo
nome
alla
posizione
centrale
in
questa
lunga
vallata
verde
,
chiusa
in
fondo
alla
mole
grigia
del
Pasubio
.
Sulla
destra
c
'
è
il
paese
vecchio
,
sulla
sinistra
la
cittadina
nuova
,
tutta
lucida
,
pulita
ed
anonima
.
Si
chiama
Valdagno
Nuova
:
qui
sorgono
i
grossi
edifici
che
capitano
le
istituzioni
sociali
di
Marzotto
,
le
scuole
,
tutte
intestate
a
V.E.
Marzotto
(
fa
eccezione
il
Liceo
Classico
,
che
,
grazie
alle
celebrazioni
di
un
centenario
,
ha
avuto
in
sorte
il
nome
del
Trissino
)
,
lo
stadio
dei
fiori
,
la
tenuta
«
Favorita
»
,
la
grande
piazza
chiusa
in
fondo
dal
cinema
Rivoli
,
di
cui
scintilla
al
sole
l
'
immensa
facciata
di
maiolica
verde
.
Un
vento
freddo
che
vien
giù
dalle
piccole
Dolomiti
infila
le
strade
ed
il
lungofiume
,
deserti
.
I
locali
pubblici
sono
vuoti
:
il
vasto
salone
del
circolo
ENAL
è
pieno
di
tavoli
e
di
poltroncine
nichelate
,
disposte
in
bell
'
ordine
geometrico
,
ma
non
c
'
è
nessuno
a
sedere
.
Due
operai
in
un
angolo
,
giocano
silenziosamente
a
carte
.
Di
sopra
c
'
è
la
palestra
e
la
piscina
coperta
,
da
qualche
tempo
chiusa
,
e
forse
per
sempre
.
Un
giovane
negoziante
mi
spiega
che
nessuno
la
frequenta
mai
,
che
con
gli
incassi
non
recuperavano
nemmeno
un
decimo
delle
spese
per
riscaldare
l
'
acqua
,
e
perciò
han
deciso
di
chiuderla
.
Anche
lo
spazio
delle
bocce
è
deserto
.
B
mezzogiorno
di
domenica
,
ed
a
Valdagno
nuova
non
si
vede
nessuno
.
Da
qualsiasi
parte
il
visitatore
giunga
a
Valdagno
,
non
mancherà
di
scontrarsi
con
l
'
onda
circolare
del
mito
dei
Marzotto
:
i
loro
stabilimenti
,
le
loro
previdenze
sociali
,
l
'
impresa
agricola
di
Portogruaro
,
la
squadra
di
calcio
in
serie
D
,
le
rendite
immense
.
La
scuderia
di
macchine
da
corsa
,
il
premio
letterario
,
gli
alberghi
Jolly
,
i
saponi
di
bellezza
,
l
'
alta
dichiarazione
di
redditi
,
il
figlio
più
giovane
che
danza
con
la
Pampanini
.
L
'
onda
del
mito
qualche
volta
ci
arriva
anche
riflessa
,
ed
ecco
infatti
cosa
scrive
su
di
un
numero
di
Le
Monde
(
4
novembre
'53
)
Marcel
Chaminade
:
«
Tutto
è
chiaro
e
pulito
,
immacolato
,
come
un
giocattolo
nuovo
appena
tirato
fuori
dalla
scatola
.
Un
giocattolo
nuovo
,
appunto
,
che
non
diverte
nessuno
.
Questa
cittadina
lucida
,
anonima
e
triste
ci
sembra
di
conoscerla
già
,
di
averla
letta
da
qualche
parte
:
ecco
,
pare
una
cittadina
sovietica
,
conce
la
descriverebbe
un
"
liberale
di
sinistra
"
.
La
fortuna
di
Marzotto
cominciò
più
di
cento
anni
or
sono
,
nel
1838
,
quando
il
fondatore
,
nonno
ed
omonimo
dell
'
attuale
conte
di
Valdagno
,
mise
su
una
piccola
fabbrica
di
12
operai
,
con
un
capitale
di
2.000
lire
;
a
quel
tempo
Valdagno
era
un
paesino
di
3.000
abitanti
.
Quarant
'
anni
dopo
la
popolazione
era
raddoppiata
,
e
gli
operai
erano
saliti
a
400
.
Tre
anni
più
tardi
,
nel
1879
,
un
altro
stabilimento
fu
aperto
nella
frazione
di
Maglio
,
ed
al
principio
del
secolo
l
'
industria
di
Marzotto
aveva
già
una
consistenza
notevole
,
con
1.700
operai
,
che
salivano
a
3.000
nel
1920
ed
a
6.000
nel
1931
,
quando
si
aprirono
altri
stabilimenti
a
Manerbio
,
Brugherio
,
Mortara
.
Finalmente
,
all
'
inizio
della
seconda
guerra
mondiale
,
si
aprivano
anche
le
fabbriche
di
Brebbio
e
di
Pisa
.
Oggi
,
Valdagno
,
con
le
vicine
frazioni
,
è
una
cittadina
di
quasi
trentamila
abitanti
,
che
lavorano
tutti
,
direttamente
o
no
,
per
i
Marzotto
.
Gli
stabilimenti
producono
diciassette
chilometri
di
tessuti
al
giorno
,
impiegando
oltre
7000
operai
e
500
impiegati
.
Gli
operai
sono
quasi
tutti
di
recente
origine
contadina
;
molti
conservano
una
loro
piccola
proprietà
al
paese
di
provenienza
,
Cornedo
,
Castelgamberto
,
Trissino
,
Brogliano
,
Recoaro
:
quasi
duemilacinquecento
in
tutto
,
che
ogni
giorno
vengono
al
lavoro
con
il
treno
di
Marzotto
,
o
con
gli
autobus
di
Marzotto
.
Agli
inizi
del
'52
la
direzione
mise
in
programma
il
licenziamento
di
1500
operai
:
impianti
più
moderni
consentivano
la
stessa
produzione
con
6.000
operai
.
I
licenziamenti
non
si
fecero
,
ma
in
cambio
oggi
metà
del
personale
lavora
ad
orario
ridotto
,
4
o
6
ore
:
sono
i
reparti
di
filatura
,
cardatura
,
pettinatura
,
mentre
i
tessitori
lavorano
a
pieno
regime
,
anzi
,
hanno
turni
quotidiani
di
nove
ore
.
Il
lavoro
dei
tessitori
è
pagato
in
ragione
di
46,70
lire
per
ora
,
oltre
la
contingenza
,
purché
sia
raggiunta
la
norma
giornaliera
di
30mila
battiti
:
sopra
la
norma
si
retribuisce
il
cottimo
,
sotto
la
norma
si
applicano
multe
.
In
complesso
,
lavorando
a
ritmo
di
cottimo
,
l
'
operaio
qualificato
Lorenzo
Griffani
mi
dice
che
raggiungeva
,
con
moglie
ed
un
figlio
a
carico
,
le
45.000
lire
mensili
.
Il
giovane
Carpanini
,
che
fa
i
il
magazziniere
,
e
che
è
stato
campione
veneto
dei
pesi
piuma
,
mi
mostra
il
foglio
paga
:
mamma
e
sorella
a
carico
,
il
totale
è
di
35.929
lire
.
Si
tratta
insomma
dei
minimi
contrattuali
.
Diversa
è
la
situazione
degli
impiegati
,
che
si
staccano
nettamente
dagli
operai
per
una
sorta
di
partecipazione
agli
utili
,
per
mezzo
di
un
premio
mensile
di
produzione
.
Un
impiegato
amministrativo
,
diti
categoria
,
riceve
ogni
mese
circa
60mila
lire
,
oltre
al
premio
che
si
aggira
sulle
15mila
.
Man
mano
che
si
sale
nella
scala
gerarchica
dell
'
apparato
burocratico
,
che
è
massiccio
,
e
forse
sproporzionato
(
500
impiegati
,
oltre
a
200
guardie
giurate
)
crescono
anche
gli
stipendi
,
in
misura
geometrica
,
e
di
conseguenza
cresce
anche
il
tono
della
vita
e
del
costume
.
Gli
impiegati
di
grado
più
alto
ed
i
dirigenti
di
azienda
hanno
le
loro
villette
,
dai
nomi
esotici
(
«
Candia
»
,
«
Capri
»
,
«
Marocco
»
)
possiedono
una
macchina
,
frequentano
locali
riservati
,
si
cimentano
,
ogni
domenica
,
nel
tiro
a
volo
,
in
cima
al
monte
Miravalle
.
Agli
operai
sono
riservate
le
istituzioni
sociali
e
ricreative
,
il
maggior
vanto
sociale
dei
Marzotto
.
Alcune
sono
a
Valdagno
,
come
la
maternità
,
l
'
asilo
nido
,
l
'
orfanotrofio
,
la
poliambulanza
,
la
casa
di
riposo
,
il
ricreatorio
femminile
,
il
circolo
operaio
,
la
scuola
di
musica
,
solfeggio
,
canto
e
giardinaggio
;
altre
sono
in
montagna
,
come
la
colonia
alpina
«
Dolomiti
»
,
od
al
mare
come
il
villaggio
di
Fesolo
.
Grande
posto
si
è
fatto
alle
istituzioni
sportive
:
la
palestra
,
la
squadra
ciclistica
,
quella
di
hockey
a
rotelle
,
quella
di
pallacanestro
,
il
circolo
alpinistico
,
i
campi
di
tennis
,
la
sezione
di
scherma
,
il
gruppo
pugilistico
,
le
due
piscine
per
il
nuoto
ed
i
tuffi
,
le
bocce
ed
il
ping
-
pong
.
In
complesso
circa
400
giovani
sono
interessati
a
questa
attività
sportiva
.
Stranamente
limitata
è
invece
la
piccola
e
disorganica
biblioteca
del
CRAL
:
4.100
volumi
,
in
gran
parte
di
inferiore
od
infima
narrativa
:
una
recente
deliberazione
consiliare
l
'
ha
tolta
al
circolo
operaio
,
per
costituire
il
primo
nucleo
della
Biblioteca
Comunale
,
che
si
chiamerà
,
naturalmente
,
«V.E
.
Marzotto
»
.
Tutto
il
complesso
di
attività
sociali
e
ricreative
ha
avuto
,
nel
'49-'50
,
un
bilancio
di
circa
120
milioni
,
coperti
per
due
terzi
dai
rimborsi
degli
operai
,
per
un
terzo
dalla
direzione
.
Ogni
operaio
ha
diritto
ad
un
appartamento
di
quattro
o
cinque
stanze
,
per
cui
paga
60.000
lire
annue
:
il
licenziamento
provoca
automaticamente
,
a
distanza
di
quattro
mesi
,
la
rescissione
del
contratto
d
'
affitto
.
Su
che
cosa
si
fonda
,
in
definitiva
,
il
mito
dei
Marzotto
,
perché
tale
,
ormai
,
lo
possiamo
considerare
?
Marzotto
ha
potuto
creare
la
sua
industria
,
con
i
suoi
metodi
,
in
questa
lontana
valle
del
vicentino
,
quasi
ai
confini
con
il
Trentino
;
i
suoi
esperimenti
in
altre
parti
d
'
Italia
,
per
esempio
in
Toscana
,
hanno
dato
,
e
non
poteva
essere
diversamente
,
risultati
negativi
.
Ha
potuto
far
questo
in
una
provincia
italiana
storicamente
assuefatta
alla
scarsa
autonomia
,
ed
alla
soggezione
,
fosse
quella
dei
Longobardi
,
dei
Da
Romano
,
di
Padova
,
di
Venezia
,
degli
Asburgo
.
L
'
infanzia
della
Controriforma
,
ed
in
generale
del
clero
cattolico
,
si
è
fatta
e
si
fa
sentire
in
maniera
determinante
.
Le
crociate
antiblasfeme
che
ancor
oggi
si
organizzano
con
successo
nel
vicentino
,
sarebbero
incomprensibili
in
altre
parti
d
'
Italia
.
I
cartelli
che
propongono
di
sostituire
la
bestemmia
con
espressioni
foneticamente
simili
,
ma
innocue
(
Orcocane
,
Sallustio
,
Sacripante
)
farebbero
ridere
altrove
:
qui
le
prendon
sul
serio
,
pro
o
contro
,
quasi
tutti
.
E
Marzotto
non
a
caso
ha
affidato
a
preti
e
monache
la
direzione
dei
suoi
istituti
sociali
.
A
Valdagno
si
contano
otto
parrocchie
,
ciascuna
con
almeno
tre
sacerdoti
.
l
;
arcipretura
è
una
carica
assai
ambita
,
anche
perché
due
ex
arcipreti
sono
diventati
vescovi
a
Reggio
Emilia
ed
a
Pordenone
.
La
popolazione
,
come
si
è
detto
,
è
tutta
di
formazione
contadina
:
ancor
oggi
si
dice
,
fra
gli
operai
,
«
andare
a
far
opera
»
per
significare
«
recarsi
in
fabbrica
»
:
un
'
espressione
tolta
di
peso
dal
gergo
della
campagna
.
«
Servo
»
e
«
serva
»
per
«
operaio
«
è
di
uso
comune
;
e
per
nulla
offensivo
.
Non
c
'
è
un
tono
di
rimpianto
in
questa
frase
,
che
leggiamo
in
una
pubblicazione
ufficiale
commemorativa
:
«
L
'
arte
della
lana
aveva
ottenuto
dalla
chiesa
che
i
preti
raccomandassero
dall
'
altare
il
lavoro
bel
fatto
-
pena
-
in
caso
contrario
-
un
'
ammonizione
,
una
seconda
ammonizione
e
poi
addirittura
la
scomunica
,
oltre
a
una
multa
da
portare
in
chiesa
,
specialmente
se
s
'
era
commesso
il
reato
di
annaspare
la
matassa
con
più
di
un
filo
»
.
La
corporazione
della
lana
appunto
:
si
tende
,
licenziando
un
operaio
,
a
sostituirgli
un
altro
membro
della
sua
stessa
famiglia
,
meglio
se
dell
'
altro
sesso
:
la
percentuale
delle
donne
supera
già
largamente
la
metà
,
e
tende
a
crescere
.
Le
donne
,
oltre
che
economicamente
più
utili
,
sono
anche
più
facili
a
governare
;
gli
uomini
è
meglio
che
restino
legati
alla
terra
,
a
coltivare
il
poderetto
.
In
seno
alla
corporazione
si
tende
a
creare
la
casta
chiusa
:
in
questo
senso
vogliono
avere
le
alte
retribuzioni
degli
impiegati
,
ed
i
risultati
finora
raggiunti
,
cioè
l
'
isolamento
rispetto
agli
operai
,
ne
sono
una
conferma
.
Nell
'
interno
della
categoria
si
mira
a
diffondere
uno
spirito
particolare
.
La
direzione
ha
redatto
una
sorta
di
vademecum
dell
'
impiegata
modello
,
con
una
serie
di
consigli
,
seguiti
da
un
quiz
sul
quale
l
'
impiegata
può
controllare
il
suo
grado
di
perfezione
,
e
cercare
di
elevarlo
:
«
Se
non
ti
senti
di
farlo
non
elogiare
il
tuo
superiore
,
perché
noi
qui
non
ti
si
dice
di
essere
ipocrita
;
ma
se
ricorderai
che
gli
elogi
schietti
fanno
sempre
piacere
a
tutti
,
non
lascerai
occasione
favorevole
per
parlare
bene
di
lui
»
.
E
più
avanti
:
«
Se
devi
rispondere
al
telefono
ricordati
che
in
quel
momento
tu
sei
la
voce
della
ditta
e
quindi
devi
dare
ad
essa
la
massima
musicalità
»
.
La
norma
che
riguarda
il
parlare
al
telefono
è
seguita
da
un
'
altra
,
che
raccomanda
il
silenzio
:
«
Una
buona
norma
per
vivere
tranquilla
è
tacere
.
Taci
sui
tuoi
dispiaceri
personali
,
sui
pettegolezzi
d
'
ufficio
e
non
di
ufficio
.
TACI
PRINCIPALMENTE
sui
segreti
del
tuo
lavoro
.
Se
vieni
a
conoscenza
di
qualche
notizia
o
di
qualche
rapporto
confidenziale
non
divulgarlo
.
Questa
è
una
buona
norma
per
far
carriera
e
per
farsi
benvolere
»
.
L
'
opuscolo
è
dedicato
«
a
tutte
le
impiegate
d
'
Italia
»
che
desiderano
«
far
carriera
e
guadagnare
»
.
È
l
'
unica
vera
forma
di
cultura
che
Marzotto
riesca
ad
elaborare
.
Del
premio
letterario
che
è
una
manifestazione
grossolana
,
mastoide
e
culturalmente
insignificante
,
anche
se
ben
dotata
di
milioni
,
gli
operai
non
hanno
avuto
tempo
e
modo
di
occuparsi
.
Ricordano
appena
che
quella
sera
,
sulla
piazza
principale
,
c
'
erano
molte
macchine
in
più
e
che
a
notte
alta
arrivò
Alida
Valli
.
Mettere
Marzotto
sulla
stessa
linea
di
Olivetti
o
di
Pellizzari
sarebbe
un
grave
errore
d
'
impostazione
.
Sugli
operai
si
agisce
fomentando
un
facile
campanilismo
.
Le
imprese
sociali
son
quasi
tutte
ristrette
alla
valle
dell
'
Agro
,
e
son
tutte
di
chiaro
intento
propagandistico
:
la
squadra
di
calcio
che
gioca
in
serie
il
è
ciò
che
entusiasma
i
tifosi
valdagnesi
,
e
si
realizzano
infatti
incassi
da
grande
città
.
Quando
c
'
è
la
partita
con
la
squadra
di
Vicenza
,
comperata
di
recente
dalle
lane
Rossi
,
un
'
industria
concorrente
,
alla
normale
onda
di
tifo
della
provincia
contro
il
capoluogo
si
accavallano
motivi
di
rivalità
industriale
.
La
fortuna
politica
di
uno
dei
Marzotto
,
recentemente
eletto
alla
Camera
,
si
fonda
anche
su
questo
:
«
Se
Marzotto
non
vince
,
porta
via
gli
stabilimenti
»
.
La
campagna
fu
condotta
in
maniera
che
è
rimasta
proverbiale
,
a
base
di
fiaschi
di
vino
,
pacchetti
di
sigarette
,
e
democratiche
manate
sulle
spalle
.
Tutto
il
resto
è
magnificenza
,
che
sta
fra
il
fasto
di
una
corte
rinascimentale
e
gli
hobbies
di
un
industriale
americaneggiante
;
chi
ritiene
che
,
con
la
candidatura
del
figlio
Vittorio
,
il
vecchio
conte
abbia
voluto
crearsi
una
piattaforma
per
sostenere
la
sua
politica
industriale
,
probabilmente
sbaglia
.
Marzotto
,
che
riceve
normalmente
in
casa
sua
onorevoli
,
ministri
,
alti
prelati
,
e
persino
il
presidente
della
Repubblica
,
ha
ben
altre
maniglie
a
portata
di
mano
.
La
realtà
è
che
il
conte
ha
aspirato
invano
,
per
anni
,
durante
e
dopo
il
fascismo
,
al
laticlavio
:
non
ottenendolo
,
la
presenza
alla
Camera
di
uno
dei
figli
lo
compensa
in
qualche
modo
della
sua
assenza
fra
i
padri
coscritti
.
Anche
le
prodezze
automobilistiche
di
Giannino
,
che
han
scandalizzato
la
ben
pensante
borghesia
vicentina
,
a
conti
fatti
sono
una
forma
di
magnificenza
che
si
traduce
in
mito
,
ed
in
tanta
efficace
pubblicità
.
Un
giovane
intellettuale
di
Valdagno
,
che
è
consigliere
comunale
di
parte
socialdemocratica
,
mi
dice
che
i
bilanci
del
comune
son
sempre
in
sospeso
perché
non
si
sa
quanto
pagherà
il
maggior
contribuente
:
il
conte
infatti
non
riceve
,
come
tutti
i
cittadini
,
la
normale
cartella
delle
imposte
,
compilata
dall
'
ufficio
.
Lui
stesso
stabilisce
quanto
darà
;
ed
ogni
anno
aggiunge
,
munificamente
,
un
regalo
extra
,
per
far
la
scuola
nuova
,
od
illuminare
una
strada
.
La
lotta
politica
a
Valdagno
è
scialba
,
ed
in
pratica
i
partiti
politici
,
eccettuato
quello
comunista
,
che
è
un
gruppo
piuttosto
piccolo
,
ma
abbastanza
attivo
,
non
esistono
.
La
Democrazia
cristiana
ha
il
suo
punto
di
forza
nell
'
azione
delle
parrocchie
:
ottenne
più
di
10mila
voti
nel
'45
,
ma
il
7
giugno
se
li
vide
dimezzare
dalla
concorrenza
dei
liberali
,
e
cioè
da
Marzotto
,
la
cui
presenza
nella
campagna
elettorale
determinò
anche
lo
sfasciamento
dei
socialdemocratici
,
che
puntarono
nelle
amministrative
del
'51
e
avevano
avuto
più
di
3.000
suffragi
,
e
si
son
ridotti
a
prenderne
162
.
I
5.370
voti
di
Marzotto
sono
chiaramente
voti
padronali
;
il
Blocco
Nazionale
,
infatti
,
non
ottenne
,
il
18
aprile
,
più
di
200
voti
.
I
partiti
di
sinistra
hanno
ottenuto
circa
duemila
voti
,
quattrocento
in
più
rispetto
al
18
aprile
.
Ed
ecco
la
situazione
sindacale
.
Nelle
ultime
elezioni
,
per
la
Commissione
Interna
,
si
sono
avuti
5.605
votanti
(
altissimo
perciò
il
numero
degli
astenuti
)
e
4.989
voti
validi
(
260
schede
nulle
e
356
bianche
)
.
La
CISL
ha
raccolto
2205
voti
;
1941
sono
andati
alla
FIOT
(
aderente
alla
CGIL
)
:
343
ad
una
lista
indipendente
,
chiaramente
sostenuta
dalla
direzione
;
per
la
prima
volta
,
e
solo
nella
sezione
elettorale
di
Valdagno
,
ha
fatto
capolino
la
lista
fascista
della
CISNAL
,
ottenendo
305
voti
.
I
seggi
in
Commissione
Interna
sono
così
divisi
:
10
alla
CISL
,
9
alla
CGIL
,
2
agli
indipendenti
ed
1
alla
CISNAL
.
La
lista
indipendente
,
come
era
da
prevedersi
,
ha
avuto
largo
successo
(
quasi
la
maggioranza
)
fra
gli
impiegati
.
I
poteri
della
Commissione
Interna
,
come
sta
accadendo
in
quasi
tutte
le
industrie
italiane
,
si
van
restringendo
:
uno
dei
membri
della
vecchia
CI
,
l
'
operaio
specializzato
Lorenzo
Griffani
,
è
stato
sospeso
di
recente
per
aver
attaccato
la
direzione
sudi
un
foglio
di
partito
.
Aspetta
il
licenziamento
.
Manca
qualsiasi
forma
di
direzione
operaia
nelle
istituzioni
sociali
e
ricreative
;
al
Circolo
ENAL
non
elegge
un
comitato
direttivo
sin
dal
1945
ed
a
conti
fatti
è
questa
la
ragione
per
cui
gli
operai
non
si
divertono
con
il
giocattolo
n
uovo
di
papà
Marzotto
.
A
mano
a
mano
che
diventano
maggiorenni
,
decidono
di
scegliere
da
sé
i
loro
divertimenti
e
tutta
la
loro
vita
.