StampaPeriodica ,
Sono
arrivato
a
Ribolla
la
mattina
del
4
maggio
alle
undici
.
Due
ore
e
mezza
dopo
la
esplosione
questo
triste
villaggio
di
minatori
stenta
ancora
a
credere
.
Per
le
strade
si
aggira
una
folla
stordita
,
che
si
muove
incerta
qua
e
là
,
muta
,
senza
saper
che
fare
,
dove
andare
.
Non
è
facile
capire
quel
che
realmente
è
successo
.
Una
piccola
folla
di
donne
si
accalca
dinanzi
al
cancello
dell
'
infermeria
,
ne
esce
un
'
auto
con
a
bordo
un
uomo
svenuto
,
la
testa
reclinata
sui
cuscini
:
ma
non
è
un
ferito
.
Faceva
parte
delle
prime
squadre
di
soccorso
,
quelle
che
son
calate
giù
all
'
improvviso
,
senza
mezzi
di
protezione
,
e
dopo
mezz
'
ora
son
tornati
fuori
così
,
bianchi
come
cenci
.
Carabinieri
,
poliziotti
,
guardie
giurate
cercano
di
trattenere
la
gente
,
che
man
mano
cresce
e
preme
:
è
stata
la
prima
cura
della
direzione
,
quella
dell
'
ordine
pubblico
.
L
'
allarme
è
venuto
solo
dopo
le
undici
,
e
fino
ad
allora
negli
altri
pozzi
si
è
lavorato
,
come
tutti
i
giorni
.
E
quasi
l
'
una
quando
arrivano
i
respiratori
dei
vigili
del
fuoco
,
e
si
organizza
il
soccorso
.
Dalla
lampisteria
un
altoparlante
chiama
a
raccolta
volontari
,
e
la
risposta
è
immediata
:
anche
dalle
altre
miniere
vengono
giù
con
gli
autocarri
.
Sfila
,
inquadrato
,
un
gruppo
di
operai
di
Niccioleta
:
scenderanno
fra
poco
,
mi
dice
in
fretta
uno
di
loro
.
Ai
pozzi
si
giunge
per
un
viottolo
tortuoso
e
pieno
di
fango
,
che
a
tratti
traversa
un
campo
di
grano
,
e
poi
costeggia
i
binari
dei
décauville
,
i
mucchi
di
detriti
di
miniera
,
dominati
dalle
alte
impalcature
scure
degli
ascensori
.
Questo
è
il
«
Raffo
»
,
ad
un
chilometro
in
linea
d
'
aria
si
vede
il
«
Camorra
»
.
Qui
si
lavora
febbrilmente
:
vibrano
le
corde
d
'
acciaio
,
ronzando
,
calano
giù
legname
da
armatura
,
tubi
di
aerazione
,
ed
uomini
.
La
gente
sta
a
guardare
in
silenzio
,
un
gruppo
di
donne
,
in
piedi
su
di
un
greppo
,
attende
.
Un
maresciallo
dei
carabinieri
vuoi
far
sgombrare
,
alza
la
voce
,
ma
nessuno
lo
ascolta
.
Lì
accanto
si
vede
un
gran
cartello
giallo
,
ammonisce
che
è
vietato
scendere
in
miniera
senza
i
pantaloni
lunghi
e
la
maglietta
«
almeno
con
le
mezze
maniche
»
.
Un
giovane
ingegnere
del
Distretto
Minerario
è
venuto
su
da
Grosseto
:
gli
hanno
dato
una
tuta
blu
,
le
scarpe
grosse
da
minatore
,
l
'
elmetto
di
materia
plastica
,
tutta
roba
nuova
,
con
ancora
le
pieghe
della
stiratura
sui
pantaloni
.
Così
,
e
con
gli
occhiali
,
è
goffo
e
impacciato
.
C
'
è
anche
il
medico
della
miniera
,
con
un
largo
mantello
impermeabile
,
di
tela
cerata
,
e
gli
infermieri
accanto
all
'
ambulanza
,
pronta
,
con
lo
sportellone
aperto
e
la
barella
lì
per
terra
.
Quando
suona
il
campanello
dell
'
arganista
il
silenzio
si
fa
ancora
più
grave
,
perché
vuoi
dire
che
arriva
la
gabbia
.
La
gabbia
,
affiorando
,
sferraglia
contro
le
guide
di
acciaio
e
si
blocca
:
ne
scende
un
ragazzo
,
pallido
in
volto
pur
sotto
la
maschera
di
polvere
nera
,
qualcuno
gli
si
fa
incontro
,
vuoi
sapere
cosa
succede
laggiù
,
ma
la
guardia
della
Montecatini
lo
afferra
sotto
il
braccio
e
lo
trascina
,
barcollante
,
dentro
la
cabina
dell
'
arganista
,
e
grida
:
«
Via
,
via
!
»
.
Ma
la
voce
si
è
già
sparsa
,
arrivano
tre
corpi
.
Gli
infermieri
si
avvicinano
alla
bocca
del
pozzo
brandendo
tre
coperte
di
tipo
militare
.
Il
medico
dà
ordini
a
bassa
voce
.
Appena
la
gabbia
affiora
di
nuovo
si
fanno
avanti
,
coprono
qualcosa
,
è
un
cadavere
,
e
lo
trascinano
come
un
sacco
sulla
barella
.
Riesco
a
vedere
appena
uno
scarpone
,
uno
solo
.
Dicono
che
al
«
Raffo
»
ne
han
tirati
fuori
altri
quattro
.
Quando
torno
in
paese
si
è
scatenata
l
'
onda
del
terrore
,
e
le
donne
son
scese
in
strada
,
così
come
si
trovavano
,
con
quattro
stracci
addosso
:
urlano
davanti
alla
saracinesca
abbassata
del
garage
,
dove
trasportano
i
cadaveri
,
man
mano
che
li
trovano
.
Due
poliziotti
,
a
tratti
,
alzano
quanto
basta
perché
entri
un
uomo
,
una
barella
.
Un
vecchio
cammina
avanti
e
indietro
gridando
solo
una
bestemmia
,
sempre
quella
.
Fa
:
«
Dio
-
lùpo
,
diolùpo
,
diolùpo
»
.
Il
lutto
sul
viso
di
tutti
:
amici
,
incontrandosi
,
appena
si
salutano
con
un
cenno
del
capo
.
È
arrivato
il
procuratore
della
Repubblica
,
con
il
giudice
istruttore
.
Gli
operai
più
anziani
gli
si
fanno
incontro
per
raccontare
:
«
L
'
avevamo
detto
tante
volte
,
che
doveva
succedere
,
ed
è
successo
»
.
Un
vecchio
parla
di
tempi
passati
:
«
Ci
s
'
aveva
i
nostri
lavori
belli
comodi
,
freschi
.
Si
stava
tanto
bene
»
.
Vuoi
dire
gli
anni
della
guerra
.
Cominciano
ad
arrivare
i
giornalisti
,
con
le
macchine
fotografiche
:
erano
nella
zona
per
«
Italic
Sky
»
,
le
manovre
di
sbarco
della
NATO
,
ed
hanno
i
rotolini
già
per
metà
impressionati
coi
reattori
,
i
marines
,
i
generali
:
chissà
se
qui
in
paese
troveranno
altra
pellicola
?
A
tarda
sera
arrivano
le
autorità
,
visibilmente
preoccupate
per
la
grossa
grana
.
Arriva
anche
il
ministro
Vigorelli
:
entra
in
direzione
,
fa
dichiarazioni
di
cordoglio
ai
giornalisti
e
conclude
promettendo
«
contribuzioni
straordinarie
e
immediate
varianti
dalle
60
alle
100
mila
lire
.
Naturalmente
ciò
non
incide
per
niente
sul
trattamento
previdenziale
dell
'
INAIL
che
resta
invariato
»
.
Dirige
i
lavori
,
giù
ai
pozzi
,
l
'
ing.
Carli
,
con
il
capo
-
servizio
Marcon
.
Non
si
è
ancora
visto
il
direttore
della
miniera
:
dicono
che
è
ammalato
,
che
è
a
Milano
,
che
è
a
Roma
.
Non
si
è
visto
il
dott.
Riccardi
,
capo
dei
servizi
assistenziali
.
Un
anno
fa
,
al
«
Camorra
»
,
arrestarono
45
operai
che
si
erano
calati
giù
e
non
volevano
uscire
,
per
protesta
contro
un
'
ondata
di
licenziamenti
.
Riccardi
,
allora
,
al
«
Camorra
»
,
diresse
la
polizia
:
volle
che
dal
pozzo
gli
operai
uscissero
ammanettati
,
«
per
dare
l
'
esempio
»
.
A
notte
comincia
a
piovere
,
e
l
'
alba
si
leva
più
livida
e
grigia
su
Ribolla
.
Giù
ai
pozzi
han
lavorato
tutta
la
notte
ed
il
numero
dei
cadaveri
,
nel
garage
,
va
crescendo
ora
per
ora
.
Dopo
l
'
identificazione
li
incassano
e
li
portano
nel
cinema
.
Son
salito
in
galleria
con
Antonio
Palandri
,
segretario
della
Federazione
Minatori
.
Palandri
è
stato
minatore
,
e
qui
lo
conoscono
tutti
.
Per
le
scale
incontriamo
una
donna
,
quando
lo
vede
si
mette
a
piangere
e
lo
abbraccia
:
«
Le
nostre
lotte
,
Tonino
,
le
nostre
lotte
»
.
Di
quassù
si
vede
tutta
la
sala
:
sotto
lo
schermo
han
montato
un
altarino
,
con
due
candele
e
un
crocifisso
,
ai
lati
tutte
bandiere
rosse
.
Sopra
ogni
bara
c
'
è
un
mazzo
di
fiori
,
e
l
'
elmetto
del
minatore
ucciso
:
si
direbbe
un
manipolo
di
soldati
,
e
forse
è
davvero
così
.
Il
dolore
è
più
composto
,
qua
dentro
.
Una
sposa
meridionale
sfoga
la
sua
pena
con
un
lungo
lamento
ritmico
,
nel
quale
ricorda
le
virtù
del
suo
uomo
e
gli
chiede
perdono
di
qualcosa
.
Quanti
modi
di
piangere
a
Ribolla
!
Una
vecchia
maremmana
sta
immobile
,
con
gli
occhi
arrossati
fissi
nel
vuoto
.
E
sopra
,
accanto
a
noi
,
si
addensa
tutta
la
gente
di
Ravi
,
di
Caldana
,
di
Tatti
,
di
Sassofortino
,
di
Roccatederighi
,
di
Roccastrada
,
di
Montemassi
,
questi
scuri
paesi
aggrappati
alla
vetta
dei
colli
circostanti
.
Di
là
ogni
mattina
scendevano
per
il
lavoro
questi
che
son
morti
.
Alla
porta
fan
servizio
d
'
ordine
i
minatori
,
la
polizia
non
c
'
è
più
.
Un
telegramma
del
sindaco
ha
invitato
i
rappresentanti
dei
partiti
politici
,
delle
organizzazioni
sindacali
,
di
vari
enti
,
per
costituire
un
comitato
che
provveda
alle
onoranze
.
Infatti
,
a
sera
,
arrivano
quattro
ragazzi
:
«
Dicci
»
,
dicono
,
«
ACLI
,
CISL
,
PRI
»
.
Il
ragazzo
del
un
giovane
avvocato
,
spiega
che
i
«
saragattiani
»
non
son
venuti
perché
forse
,
a
quell
'
ora
,
in
federazione
non
c
'
era
nessuno
.
Ha
visto
l
'
avviso
del
telegramma
infilato
sotto
la
porta
.
Alle
onoranze
non
parteciperà
la
Montecatini
.
La
società
offre
«
assegni
assistenziali
»
di
500mila
lire
e
di
un
milione
,
«
secondo
i
relativi
carichi
familiari
»
.
Comunica
ai
giornalisti
che
le
spese
dei
funerali
saranno
a
suo
carico
,
«
secondo
una
vecchia
tradizione
»
.
Ma
il
governo
ha
già
comunicato
che
sarà
lo
Stato
a
pagare
queste
spese
.
Intanto
si
cominciano
a
vedere
i
manifesti
listati
a
lutto
:
su
quello
dei
repubblicani
si
legge
:
«
Ancora
una
volta
,
nel
crudo
,
necessario
,
eterno
dialogo
dell
'
Uomo
con
la
Materia
,
gli
oscuri
avamposti
della
insonne
fatica
son
caduti
nel
puro
silenzio
dei
martiri
»
.
La
mattina
dei
funerali
è
comparso
il
sole
.
La
folla
delle
bandiere
,
le
auto
,
i
fiori
,
si
vanno
ammassando
per
le
esequie
.
Riconosco
la
voce
dell
'
altoparlante
che
dirige
ogni
spostamento
.
E
Ivo
Tocco
.
Dice
,
a
un
certo
punto
:
«
I
carabinieri
tengano
sgombro
il
marciapiede
.
Si
presenti
subito
un
commissario
di
Pubblica
Sicurezza
»
.
Ivo
Tocco
è
un
giovane
funzionario
comunista
.
Fa
caldo
,
su
questa
collinetta
di
detriti
della
miniera
:
qua
e
là
il
terreno
fuma
,
perché
le
scorie
di
minerale
,
al
contatto
con
l
'
aria
,
si
incendiano
.
Alle
spalle
,
là
dietro
si
vede
lontanissimo
,
il
pozzo
«
Camorra
»
,
davanti
c
'
è
Montemassi
.
Stamani
,
venendo
su
,
ho
incontrato
Bandinelli
!
Mi
ricordo
che
a
Siena
,
una
volta
,
Bandinelli
parlava
a
una
riunione
in
palazzo
comunale
,
nella
sala
dove
c
'
è
l
'
affresco
di
Simone
Martini
,
quello
famoso
di
Guidoriccio
da
Fogliano
che
si
reca
all
'
assedio
di
Montemassi
.
Mi
chiedo
perché
sto
pensando
a
queste
cose
.
Le
parole
accorate
di
Di
Vittorio
calano
sulla
gran
folla
,
e
mi
pare
giusto
che
sia
un
contadino
pugliese
a
parlare
ai
minatori
maremmani
.
Non
vogliono
far
parlare
Viglianesi
.
Qua
,
per
i
minatori
,
l
'
un
,
è
il
sindacato
della
Montecatini
,
e
la
Montecatini
non
è
ai
funerali
.
Nessuno
,
nemmeno
le
guardie
giurate
,
ha
voluto
portare
le
sue
corone
.
La
direzione
è
presidiata
dai
carabinieri
.
Poi
la
cerimonia
si
scioglie
:
le
bare
partono
con
i
furgoni
,
seguiti
dalle
auto
piene
di
donne
vestite
di
nero
.
La
gente
se
ne
va
,
in
una
grande
confusione
di
grida
,
clacson
,
motori
.
Le
auto
nere
targate
Roma
e
Milano
entrano
nei
cancelli
della
direzione
:
ne
scendono
industriali
,
prelati
,
ministri
,
sindacalisti
liberi
.
Si
torna
alla
normalità
:
partono
i
carabinieri
ed
arriva
la
«
celere
»
.
Mi
trovo
solo
a
girare
per
le
strade
polverose
,
e
non
riesco
a
credere
che
sia
proprio
tutto
finito
e
che
non
ci
sia
niente
da
fare
.
StampaPeriodica ,
MILANO
,
giugno
-
Sono
stati
lieti
,
quasi
festosi
i
giorni
di
Sesto
San
Giovanni
.
L
'
annuncio
dello
sciopero
è
giunto
come
una
notizia
attesa
come
la
conferma
di
una
determinazione
che
era
già
maturata
negli
operai
:
ne
parlavano
a
voce
alta
nei
loro
circoli
a
pranzo
,
per
strada
,
nella
sala
d
'
aspetto
della
stazione
e
sul
marciapiede
mentre
aspettavano
il
treno
.
Si
affollavano
intorno
a
noi
:
gli
operai
ed
i
loro
dirigenti
politici
e
sindacali
sapevano
di
avere
di
fronte
i
«
giornalisti
di
Roma
»
e
volevano
che
riportassimo
a
casa
,
con
le
notizie
,
una
buona
impressione
di
Sesto
San
Giovanni
.
La
mattina
dello
sciopero
erano
tutti
al
loro
posto
di
agitazione
,
durante
la
notte
pochi
avevano
potuto
dormire
,
perché
in
poche
ore
avevano
dovuto
organizzare
i
picchetti
,
stampare
i
manifesti
,
fare
le
scritte
.
Ma
erano
contenti
:
facevano
siepe
dinnanzi
all
'
ingresso
degli
stabilimenti
,
fronteggiati
dallo
schieramento
della
polizia
.
Non
ci
furono
incidenti
:
anche
per
i
crumiri
sparuti
e
visibilmente
convinti
di
star
facendo
una
cattiva
figura
,
ci
furono
solo
lunghi
,
pazienti
discorsi
,
ed
appena
qualche
lazzo
.
«
Venduti
,
cornuti
e
sordomuti
»
gridavano
a
tratti
,
e
cioè
incapaci
di
sentire
e
di
giustificarsi
.
Volevano
chiarire
alcune
cose
,
anche
a
noi
:
il
ridicolo
degli
aumenti
accettati
dai
sindacati
scissionisti
,
la
grave
provocazione
politica
contenuta
nell
'
accordo
«
truffa
»
,
il
fatto
che
l
'
accordo
si
firmasse
a
Milano
,
l
'
ignobile
connubio
con
i
fascisti
della
CISNAL
.
«
Quel
di
Loreto
»
,
diceva
un
vecchio
operaio
.
E
per
tutto
il
giorno
fu
un
febbrile
spandersi
di
notizie
,
un
accorrere
di
staffette
improvvisate
che
venivano
al
«
rondò
»
da
ogni
parte
di
Sesto
,
dalla
Breda
,
dai
Magneti
,
dalla
Ercole
Marelli
,
dalla
Falk
:
i
dirigenti
raccoglievano
le
notizie
,
i
dati
percentuali
(
uno
di
loro
manovrava
rapidamente
un
regolo
calcolatore
)
e
ce
ne
spiegavano
il
significato
in
termini
definitivi
.
Il
loro
linguaggio
,
rigidamente
politico
,
e
che
in
altra
situazione
avrebbe
anche
potuto
apparire
schematico
,
pareva
qui
perfettamente
giustificato
.
E
un
linguaggio
sorto
da
questi
luoghi
,
un
linguaggio
carico
di
storia
.
Un
secolo
fa
,
Sesto
era
ancora
un
borgo
di
campagna
,
buono
per
la
villeggiatura
della
borghesia
milanese
:
il
clima
era
mite
,
«
il
beato
di
Sesto
aer
sereno
»
che
piacque
al
Monti
(
oggi
è
diverso
,
vi
domina
l
'
afa
caliginosa
di
tutti
i
centri
industriali
)
.
Anche
i
più
giovani
ricordano
i
tempi
del
tram
a
cavalli
,
che
proprio
qui
davanti
faceva
un
largo
giro
,
per
rientrare
a
Milano
:
ne
è
rimasta
traccia
nel
nome
di
questa
piazza
,
che
ancor
oggi
si
chiama
«
rondò
»
.
Il
primo
inizio
dell
'
attività
industriale
è
del
1840
,
con
le
filande
dei
Puricelli
Guerra
e
dei
Gaslini
.
Ma
è
stato
nel
ventennio
,
con
due
guerre
mondiali
e
l
'
autarchia
,
che
Sesto
si
è
enormemente
accresciuta
:
dai
4189
abitanti
del
1861
siamo
oggi
a
quasi
50mila
:
il
terzo
comune
di
tutta
la
provincia
,
dopo
Milano
e
Monza
,
più
di
duemilasettecento
abitanti
per
chilometro
quadrato
.
In
quel
periodo
si
formò
la
fortuna
dei
Falk
,
una
famiglia
di
ingegneri
tedeschi
,
sagaci
organizzatori
di
matrimoni
a
sfondo
industriale
,
dei
Breda
e
dei
Marelli
.
Ercole
Marelli
si
chiama
una
delle
vie
cittadine
.
Le
maestranze
impiegate
raggiunsero
persino
le
40
mila
unità
,
prima
della
smobilitazione
della
Breda
:
a
quel
tempo
,
cioè
negli
anni
successivi
al
'47
,
ci
fu
una
lotta
assai
dura
,
di
cui
restano
palesi
tracce
nelle
grandi
scritte
che
ancora
restano
sui
muri
:
incitano
gli
operai
a
salvare
la
Breda
,
e
con
essa
l
'
economia
lombarda
.
Ne
furono
licenziati
l0mila
,
che
oggi
si
son
riversati
nell
'
edilizia
,
o
sono
stati
riassunti
a
termine
(
veri
contratti
capestro
)
o
son
finiti
nella
miseranda
schiera
dei
venditori
ambulanti
e
nel
declassamento
.
Ne
abbiamo
conosciuto
uno
,
un
ragazzo
della
Breda
,
che
ha
fatto
un
po
'
tutti
i
mestieri
,
ed
ora
è
finito
male
;
ma
lo
racconta
con
una
residua
fierezza
,
né
diserta
il
suo
circolo
,
e
partecipa
moralmente
allo
sciopero
.
Gli
operai
di
Sesto
son
oggi
30
000
circa
,
di
cui
seimila
donne
.
Di
essi
6946
lavorano
alla
Falk
,
che
oggi
è
il
complesso
più
forte
,
e
non
solo
numericamente
.
6700
alla
Breda
,
5200
alla
Ercole
Marelli
,
4800
alla
Magneti
.
Gli
altri
son
distribuiti
nelle
fabbriche
minori
(
minori
solo
per
modo
di
dire
,
perché
spesso
superano
i
duemila
dipendenti
,
cioè
alla
OSVA
,
alla
Pirelli
,
ecc
.
)
.
Non
tutti
gli
operai
abitano
a
Sesto
:
alla
fine
del
turno
prendono
il
treno
per
Milano
,
per
Monza
,
e
addirittura
per
i
paesi
del
Cremasco
,
del
Bergamasco
,
della
Brianza
,
vanno
a
Brugherio
,
Usmate
,
Agrate
.
I
brianzoli
sono
gli
operai
più
recenti
,
quasi
tutti
ex
contadini
,
e
si
distinguono
facilmente
dagli
altri
,
non
solo
per
il
loro
dialetto
cupo
ed
incomprensibile
,
ma
anche
per
una
sostanziale
differenza
nell
'
aspetto
fisico
,
nel
modo
di
vestire
,
di
muoversi
,
di
gestire
.
Lavorano
quasi
tutti
alla
Falk
,
nel
reparto
siderurgico
.
La
Falk
infatti
ha
un
ciclo
di
lavorazione
completo
,
dalla
siderurgia
alla
metallurgia
,
e
produce
ghisa
,
ferro
,
acciaio
,
laminati
.
La
Breda
ha
quattro
reparti
distinti
,
anche
nella
produzione
:
macchine
elettriche
il
primo
,
materiale
ferroviario
il
secondo
;
il
terzo
,
che
si
chiama
eufemisticamente
sezione
fucina
,
è
in
realtà
di
produzione
bellica
,
soprattutto
proiettili
da
cannone
,
mentre
il
quarto
è
un
reparto
siderurgico
.
Apparecchi
elettrici
ed
elettrodomestici
si
producono
nei
due
stabilimenti
Marelli
.
Le
paghe
medie
degli
operai
di
Sesto
superano
spesso
quelle
di
altre
maestranze
.
Un
operaio
di
medio
livello
,
con
moglie
e
due
figli
,
riceve
oggi
735
007
lire
annue
(
nel
computo
è
compreso
,
oltre
alla
paga
base
,
il
caropane
,
la
gratifica
natalizia
,
gli
assegni
familiari
,
l
'
indennità
di
mensa
,
insomma
qualsiasi
somma
percepita
a
qualsiasi
titolo
)
.
Confrontata
con
la
paga
del
primo
luglio
1938
,
che
era
di
8095,20
questa
(
l
'
oggi
appare
rivalutata
nella
misura
di
90,80
volte
.
Se
alla
paga
sommiamo
gli
oneri
sociali
,
troveremo
che
un
operaio
medio
costa
annualmente
alla
ditta
920
183
lire
,
contro
le
9042
del
1938;
la
rivalutazione
,
in
questo
caso
,
è
di
101,76
volte
.
Questa
differenza
di
dieci
punti
significa
che
la
rivalutazione
dei
salari
non
è
stata
congrua
,
rispetto
alle
richieste
rivalutative
degli
enti
statali
di
assistenza
sociale
.
Ed
ecco
la
situazione
degli
impiegati
e
dei
tecnici
(
complessivamente
circa
diecimila
dipendenti
,
a
Sesto
)
:
13.283,30
lire
nel
1938
contro
10.194,65
lire
di
oggi
(
si
parla
sempre
di
impiegato
medio
con
carico
familiare
tipico
,
cioè
moglie
e
due
figli
)
.
Il
costo
totale
di
un
impiegato
medio
,
compresi
gli
oneri
sociali
,
è
oggi
di
1.297.092
lire
,
contro
le
13.342,72
del
1938
.
La
rivalutazione
degli
stipendi
si
è
fatta
quindi
nella
misura
di
75,75
volte
,
quella
dei
costi
totali
invece
nella
misura
di
84,54
volte
.
Lo
scarto
fra
l
'
una
e
l
'
altra
rivalutazione
rimane
perciò
costante
;
ma
in
linea
generale
è
chiaro
che
gli
impiegati
non
hanno
realizzato
i
progressi
degli
operai
,
e
sono
proporzionalmente
trattati
peggio
.
Ciò
dipende
dalla
loro
minore
combattività
e
da
un
malinteso
spirito
di
categoria
,
che
li
stacca
spesso
dalle
lotte
delle
maestranze
:
le
direzioni
degli
stabilimenti
mirano
a
conservare
e
peggiorare
questa
situazione
.
Un
recente
viaggio
«
d
'
istruzione
»
in
America
a
cui
hanno
partecipato
tecnici
ed
impiegati
della
Falk
mirava
proprio
a
questo
.
Questo
va
tenuto
presente
,
se
si
vuol
comprendere
la
situazione
sindacale
di
Sesto
.
Su
di
essa
influiscono
numerosi
e
diversi
elementi
:
l
'
origine
sociale
delle
maestranze
,
la
provenienza
geografica
,
il
tipo
della
lavorazione
.
Diamo
una
scorsa
ai
risultati
più
recenti
per
la
elezione
della
commissione
interna
.
Cerchiamo
di
interpretarli
:
all
'
osservatore
astratto
può
forse
sembrare
strano
che
l
'
UIL
,
sia
quasi
sempre
assente
dalla
competizione
elettorale
per
la
CI
.
L
'
opinione
diffusa
è
che
la
socialdemocrazia
milanese
dovrebbe
ottenere
ben
altri
risultati
;
ma
è
un
'
opinione
astratta
.
In
realtà
i
voti
che
Saragat
raccoglie
nel
milanese
son
voti
di
bottegai
e
di
impiegati
.
Il
padronato
industriale
punta
sulla
CISL
,
la
quale
ha
alle
sue
spalle
il
peso
della
tradizione
cattolica
e
dell
'
appoggio
del
clero
.
Non
a
caso
le
percentuali
più
alte
son
quelle
ottenute
alla
Falk
,
ed
in
particolare
nei
reparti
siderurgici
,
che
occupano
prevalentemente
maestranze
della
Brianza
,
cattoliche
e
di
recente
origine
contadina
.
I
dirigenti
della
Falk
conoscono
benissimo
l
'
importanza
di
queste
cose
,
e
perciò
finanziano
le
parrocchie
,
ottenendo
in
cambio
pubblici
elogi
dall
'
altare
,
ogni
domenica
al
momento
del
Vangelo
.
Per
questo
si
son
preoccupati
di
far
giungere
gratuitamente
ad
ogni
operaio
una
copia
di
Nuovi
martiri
cristiani
del
Pisoni
,
insieme
,
naturalmente
,
a
Ho
scelto
la
libertà
.
La
punta
massima
raggiunta
dalla
CISL
la
troviamo
alla
Falk
Ge.Va
.
:
una
sigla
che
significa
«
servizi
generali
e
vari
»
,
cioè
mensa
,
pulizia
dei
reparti
,
magazzinaggio
ecc.
È
insomma
il
reparto
più
lontano
dalla
produzione
,
meno
legato
al
ritmo
del
lavoro
complessivo
,
quello
che
raccoglie
in
più
larga
misura
raccomandati
e
confidenti
del
padrone
.
Nello
schieramento
padronale
è
alla
Falk
il
punto
più
avanzato
,
quello
su
cui
si
concentra
tutta
la
spinta
organizzata
di
ogni
genere
di
pressioni
,
della
corruzione
,
della
propaganda
differenziata
.
Falk
si
pone
più
di
ogni
altro
il
problema
dei
cosiddetti
human
relations
,
e
lo
risolve
da
par
suo
:
ha
creato
due
villaggi
operai
,
l
'
Edison
e
il
Diaz
:
può
minacciare
di
sfratto
gli
operai
che
si
rendano
sgraditi
.
Ha
organizzato
un
asilo
infantile
,
di
tipo
montessoriano
:
l
'
importanza
di
iniziative
verso
l
'
infanzia
non
può
sfuggire
a
nessuno
,
se
si
pensa
che
un
sesto
delle
maestranze
è
costituito
da
donne
.
Svolge
attività
assistenziale
e
«
culturale
»
,
cioè
gite
,
squadre
sportive
,
qualche
mostra
di
pittura
.
In
genere
i
padroni
non
si
pongono
mai
seriamente
il
problema
di
una
vita
culturale
fra
gli
operai
:
la
cultura
,
qualunque
essa
sia
,
è
sempre
in
qualche
modo
rivoluzionaria
.
A
detta
di
qualche
operaio
,
oggi
si
fa
meno
,
in
quel
settore
,
che
sotto
il
fascismo
.
La
mediocre
leggenda
della
«
Stalingrado
d
'
Italia
»
(
che
,
guardata
da
vicino
,
non
significa
assolutamente
nulla
)
è
di
elaborazione
padronale
,
ed
infatti
si
è
diffusa
attraverso
la
stampa
milanese
.
Gli
operai
,
in
qualche
misura
,
han
commesso
l
'
ingenuità
di
accettarla
.
L
'
azione
repressiva
si
svolge
in
forme
ormai
consuete
,
nelle
fabbriche
italiane
:
c
'
è
il
tempo
di
polizia
(
«
un
reggimento
»
,
dicono
gli
operai
)
organizzato
alla
militare
,
con
una
bella
divisa
di
panno
blu
;
si
convocano
le
mogli
degli
operai
per
premere
sui
mariti
,
si
punisce
e
si
licenzia
per
aver
propagato
«
notizie
false
e
tendenziose
»
,
cioè
per
aver
criticato
l
'
opera
delle
direzioni
.
Si
taralo
firmare
,
specialmente
alle
donne
,
contratti
contenenti
clausole
che
impegnano
a
non
partecipare
a
scioperi
,
o
addirittura
a
non
prendere
marito
.
I
Falk
sono
ormai
specializzati
,
in
questo
tipo
di
attività
.
Per
questo
,
in
quei
giorni
lieti
e
quasi
festosi
di
Sesto
San
Giovanni
,
le
notizie
che
venivano
dai
cancelli
della
Falk
erano
le
più
attese
:
le
percentuali
furono
buone
sin
dal
mattino
,
ma
crebbero
nel
pomeriggio
e
raggiunsero
nell
'
ultimo
turno
punte
mai
viste
.
Allora
han
fatto
festa
,
perché
i
«
falchetti
»
si
eran
comportati
bene
.
Siamo
rientrati
a
Milano
con
il
treno
:
tram
ed
autobus
crumiri
passavano
rari
,
tristi
ed
affollati
,
col
fattorino
scortato
dalla
polizia
.
Davanti
al
finestrino
scorreva
il
duro
paesaggio
di
Sesto
,
le
alte
muraglie
plumbee
,
i
massicci
edifici
degli
stabilimenti
,
la
lunga
strada
di
Monza
che
taglia
in
due
l
'
abitato
.
È
un
luogo
comune
quello
che
fa
di
Sesto
la
periferia
industriale
di
Milano
.
Forse
era
vero
sino
a
qualche
anno
fa
:
Sesto
è
cresciuta
a
casaccio
,
case
e
fabbriche
accavallate
ai
fianchi
di
un
'
unica
via
congestionata
di
traffico
;
la
stazione
ferroviaria
è
rimasta
quella
di
un
tempo
,
un
casotto
giallo
,
come
di
villaggio
campagnolo
.
I
diretti
neppure
si
fermano
,
sferragliano
fischiando
tra
le
banchine
affollate
di
operai
in
attesa
.
Ma
qualcosa
,
e
non
solo
dal
punto
di
vista
urbanistico
,
sta
cambiando
.
Gli
amministratori
del
comune
vogliono
far
di
Sesto
una
cittadina
moderna
,
con
una
sua
precisa
fisionomia
.
Per
questo
hanno
riorganizzato
i
servizi
pubblici
,
le
fognature
e
le
strade
,
han
costruito
i
marciapiedi
(
e
questa
è
stata
una
grossa
novità
per
tutti
)
hanno
aperto
al
pubblico
un
bel
parco
verde
,
ed
hanno
acquistato
la
villa
Zorn
per
farne
un
centro
di
riposo
e
di
svago
.
A
villa
Zorn
è
ospitata
la
biblioteca
di
Sesto
,
che
è
una
grata
eccezione
nel
panorama
generale
delle
biblioteche
italiane
(
istituti
settecenteschi
ancora
,
nella
struttura
e
nel
funzionamento
)
.
La
biblioteca
di
Sesto
,
che
ha
appena
tre
anni
di
vita
,
è
un
centro
di
diffusione
culturale
,
dove
si
tengono
conferenze
,
discussioni
,
mostre
di
arte
,
scuole
di
pittura
,
audizioni
musicali
.
Si
potrebbe
pensare
che
tutto
questo
non
è
poi
di
grande
utilità
,
visto
che
la
capitale
lombarda
è
a
dieci
minuti
di
treno
.
Ma
il
bibliotecario
,
che
è
un
giovane
insegnante
cattolico
,
spiega
che
è
giusto
ed
indispensabile
,
invece
,
questo
legame
culturale
degli
operai
(
e
di
tutti
)
con
la
vita
di
Sesto
,
con
il
lavoro
e
la
produzione
di
Sesto
.
Vogliono
creare
il
centro
civico
,
in
una
grande
nuovissima
piazza
che
farà
centro
intorno
alla
casa
comunale
e
che
si
chiamerà
«
Piazza
della
Resistenza
»
.
Stanno
per
ottenere
dal
Ministero
dell
'
Interno
il
titolo
di
città
,
e
ne
sono
orgogliosi
.
In
altra
situazione
sarebbe
ovvio
pensare
ad
una
forma
provinciale
di
campanilismo
,
ma
Sesto
è
diverso
.
Un
giovane
funzionario
comunista
mi
fa
vedere
la
raccolta
di
un
settimanale
che
un
gruppo
di
operai
fondò
e
diresse
fino
a
qualche
anno
fa
.
È
un
foglio
agile
ed
elegante
,
persino
pretenzioso
,
forse
.
Sesto
Rondò
,
e
cioè
vuol
alludere
sin
dal
titolo
,
ad
un
aspetto
antico
e
tradizionale
della
vita
sestese
.
Questo
non
è
,
ripetiamo
,
campanilismo
o
nostalgia
assurda
,
oltre
tutto
,
in
uomini
giovani
e
seriamente
moderni
come
son
questi
.
La
verità
è
che
Sesto
conquista
in
questo
modo
la
sua
maturità
,
staccandosi
,
anche
nel
costume
,
dal
feudo
del
capitale
milanese
:
ora
che
si
son
fatti
adulti
i
cittadini
di
Sesto
vogliono
essere
tali
.
Non
sono
più
di
periferia
di
Milano
.
StampaPeriodica ,
A
Viareggio
tutti
sanno
dirci
che
la
stagione
finisce
a
Ferragosto
,
immancabilmente
:
infatti
,
nei
giorni
che
precedettero
la
premiazione
,
il
tempo
fu
quanto
mai
instabile
e
minaccioso
.
La
stessa
temperie
negli
androni
del
Grand
Hotel
Royal
,
dove
la
giuria
sedeva
in
permanenza
:
notizie
nuove
e
contraddittorie
filtravano
d
'
ora
in
ora
,
ed
almeno
due
volte
al
giorno
giungeva
,
nemmeno
troppo
attenuata
,
l
'
eco
di
scontri
verbali
,
discussioni
,
litigi
.
Ad
un
certo
momento
la
situazione
fu
così
calda
che
(
incredibile
a
dirsi
)
Luigi
Russo
fu
chiamato
a
far
da
paciere
.
Calmissimi
e
ridenti
erano
invece
Ungaretti
e
Jahier
:
avevano
avuto
in
dono
due
bei
pugnali
da
pesca
subacquea
,
li
portavano
appesi
alla
cintura
,
a
tratti
sguainandoli
ed
urlando
.
Era
triste
invece
,
con
in
volto
un
'
espressione
muta
ed
abbottonata
,
Ignazio
Weiss
,
direttore
della
pubblicità
olivettiana
,
membro
della
giuria
e
occhio
di
lince
:
pareva
costantemente
in
timorosa
attesa
di
qualche
spiacevole
sinistro
.
Si
sbottonò
(
ma
solo
uno
spiraglio
)
la
mattina
precedente
la
premiazione
,
a
Collodi
.
La
giuria
era
salita
lassù
per
una
visita
allo
storico
giardino
,
ed
al
non
meno
famoso
bozzetto
per
il
monumento
a
Pinocchio
.
Nel
giardino
c
'
è
anche
un
labirinto
verde
,
che
conduce
ad
un
grande
albero
di
magnolia
:
erano
tutti
entusiasti
,
e
Weiss
sorrise
.
Ma
,
incautamente
,
era
passato
accanto
a
certi
ben
celati
zampilli
di
un
gioco
d
'
acqua
:
Repaci
,
che
lo
sorvegliava
da
un
ponticello
sovrastante
,
azionò
la
leva
e
lo
bagnò
nei
pantaloni
.
Allora
Weiss
si
riabbottonò
.
La
sera
del
premio
la
giuria
era
schierata
al
completo
sudi
un
palchetto
,
sotto
la
luce
di
due
grossi
riflettori
:
somigliavano
straordinariamente
alle
caricature
di
Uberto
Bonetti
,
appese
tutte
in
giro
,
in
cornici
di
cartapesta
dorata
.
C
'
era
un
pubblico
assortito
ed
elegante
:
due
avvocati
di
Pisa
,
il
maestro
calzettaio
Pilade
Franceschi
,
Carlo
Levi
,
alcune
poetesse
.
Poi
la
massa
:
salumai
di
Firenze
,
figli
e
nipoti
di
arrisicatori
livornesi
,
qualche
vitellone
,
industriali
milanesi
,
fabbricanti
di
polveri
insetticide
con
moglie
e
figlie
in
gran
toilette
.
Ascoltarono
tutti
pazientemente
la
relazione
della
giuria
:
due
milioni
,
un
milione
,
mezzo
milione
,
un
quarto
di
milione
,
gli
assegni
passavano
dalle
mani
di
Repaci
a
quelle
dei
premiati
.
Parlò
Carlo
Levi
,
ricordando
Rocco
Scotellaro
,
parlò
Raimondi
,
parlò
Giarrizzo
,
che
fece
una
dichiarazione
di
fede
in
Croce
,
Omodeo
,
De
Ruggiero
e
Chabod
,
parlò
Luporini
,
parlò
la
Giorgetti
,
rifiutando
la
parola
,
parlò
anche
Montella
,
che
raccontò
come
era
venuto
a
sapere
del
premio
toccatogli
,
e
di
come
se
lo
vide
dimezzare
fra
le
mani
,
all
'
ultimo
momento
.
Parlò
Mondadori
e
parlò
Paone
,
parlarono
tutti
,
insomma
,
anche
perché
la
relazione
della
giuria
fu
letta
a
brani
.
Poi
dettero
il
via
a
Nino
Taranto
,
anche
lui
parziale
vincitore
del
premio
Viareggio
:
si
ebbe
infatti
quattrocento
carte
da
mille
per
alcune
sue
vecchie
macchiette
,
pornografiche
nella
forma
e
qualunquiste
nel
contenuto
.
Ma
la
gente
era
lietissima
,
applaudiva
,
mostrava
di
capire
i
doppi
sensi
e
chiese
perfino
alcuni
bis
.
Comunque
Taranto
si
inseriva
da
par
suo
nella
«
napoletanità
»
del
ventiquattresimo
«
Viareggio
»
:
dai
contadini
lucani
ai
parenti
pugliesi
,
giù
,
giù
attraverso
i
proverbi
siciliani
,
fino
a
Carlo
Mazza
,
si
è
creduto
forse
di
riaffermare
l
'
impegno
meridionale
della
nostra
cultura
d
'
oggi
.
Poi
le
danze
:
si
pensò
bene
di
organizzare
un
supplemento
di
premio
,
per
la
donna
più
bella
,
più
elegante
,
più
intelligente
.
Consegnarono
vasi
da
fiori
,
un
paralume
di
tulle
rosa
,
boccette
di
profumo
e
di
lozione
per
dopobarba
.
Ma
finalmente
esplose
il
temporale
,
pieno
e
festoso
,
un
temporale
,
come
dicono
a
Viareggio
,
senza
babbo
né
mamma
.
Alle
tre
in
punto
un
fulmine
guastò
l
'
impianto
elettrico
e
la
gente
,
rimasta
al
buio
,
sfollò
lentamente
.
Quelli
dell
'
orchestra
riposero
in
fretta
gli
strumenti
nei
loro
astucci
e
se
ne
andarono
sbadigliando
.
In
albergo
rimasero
solo
alcuni
quarantenni
industriali
padani
,
con
le
loro
giovani
donne
dipinte
:
ordinarono
un
risotto
.
L
'
acquazzone
cresceva
,
denso
e
pieno
,
battendo
la
scenografia
dei
lungomare
viareggini
,
ripulendo
ogni
cosa
,
così
freddo
e
sonoro
nel
gran
silenzio
della
notte
oscura
.
La
stagione
era
finita
davvero
.
StampaQuotidiana ,
GROSSETO
,
novembre
-
La
scoperta
della
provincia
è
stata
,
in
questo
dopoguerra
,
uno
dei
temi
scelti
dalla
nostra
cultura
viva
:
e
pareva
che
un
approfondimento
di
ricerca
nell
'
Italia
periferica
e
negletta
fosse
,
oltre
tutto
,
l
'
unico
modo
di
uscire
dal
provincialismo
(
magari
pariginizzante
)
che
ci
aveva
mortificato
,
nel
ventennio
,
ma
forse
sempre
.
Il
cinema
neorealista
,
ed
in
misura
non
piccola
,
ha
fatto
questo
;
ha
fatto
questo
una
parte
non
trascurabile
della
nostra
narrativa
,
specialmente
quella
giovane
(
diciamo
,
per
far
dei
nomi
,
Levi
,
Pratolini
,
Jovine
,
Rea
)
.
Ma
anche
i
giornali
quotidiani
e
rotocalco
,
pur
con
vario
e
non
sempre
lodevole
intento
,
hanno
assunto
una
loro
parte
,
per
niente
trascurabile
,
in
questa
«
scoperta
»
della
provincia
e
non
è
raro
,
oggi
,
leggere
«
servizi
»
,
anche
illustrati
,
nei
quali
si
«
scopre
»
una
città
,
un
villaggio
,
un
lembo
d
'
Italia
,
insomma
.
In
questa
direzione
anche
la
Maremma
ha
avuto
i
suoi
«
scopritori
»
,
che
di
solito
però
han
seguito
itinerari
suggeriti
dalla
tradizione
:
gli
etruschi
,
per
esempio
,
od
i
butteri
,
o
i
cinghiali
.
Ma
non
pare
che
sia
questa
la
strada
più
sicura
per
intendere
davvero
la
Maremma
.
Gli
etruschi
sono
un
tema
allettante
(
oltre
che
per
gli
archeologi
seri
,
s
'
intende
)
solo
per
chi
vuol
trastullarsi
coi
fumosi
e
dilettanteschi
idoli
della
origine
illustre
,
i
butteri
non
esistono
più
da
quando
in
Maremma
si
è
iniziato
l
'
appoderamento
e
son
scomparsi
di
conseguenza
i
larghi
spazi
a
pascolo
;
i
cinghiali
,
ed
in
genere
la
caccia
,
fanno
parte
di
un
fenomeno
domestico
,
ormai
,
e
si
trovano
solo
in
bandita
.
La
cerchia
delle
mura
Grosseto
,
in
breve
,
non
è
questo
:
e
credere
che
sia
questo
è
un
atteggiamento
di
comodo
,
conservatore
.
Grosseto
si
scopre
davvero
giungendo
dalle
alte
terre
dell
'
interno
,
per
esempio
dai
poggi
di
Scansano
,
meglio
se
d
'
autunno
inoltrato
.
Quando
si
aprono
le
nubi
un
raggio
di
sole
rivela
la
città
,
bianca
e
distesa
in
mezzo
alla
pianura
con
le
sue
strade
diritte
ad
affrontare
la
campagna
.
Il
vecchio
nucleo
urbano
si
distingue
ancora
,
chiuso
e
contorto
nella
vecchia
cerchia
delle
mura
,
che
in
questo
caso
,
più
che
a
difendere
la
città
,
pare
che
servano
,
al
contrario
,
a
difendere
proprio
la
campagna
,
contro
gli
assalti
della
città
.
La
quale
ha
ormai
rotto
le
difese
e
trabocca
e
cresce
vittoriosa
fuori
da
quei
limiti
angusti
:
eccola
là
,
a
mezza
strada
fra
Livorno
e
Roma
,
la
vera
capitale
di
questi
trecentocinquanta
chilometri
di
costa
tirrenica
.
La
stessa
sensazione
se
la
guardiamo
dall
'
interno
.
Qui
a
Grosseto
,
più
che
le
vecchie
strade
della
città
antica
,
ben
più
modeste
che
nelle
illustri
sorelle
di
Toscana
,
Firenze
,
Pisa
,
Lucca
,
ma
anche
San
Gimignano
e
Volterra
e
Massa
Marittima
,
più
che
la
stessa
città
delle
mura
,
rifatta
dai
Medici
su
resti
senesi
,
più
che
la
modernissima
cattedrale
,
più
insomma
che
tutto
quel
che
di
solito
segnalano
le
guide
turistiche
,
qui
a
Grosseto
si
«
scopre
»
davvero
la
periferia
,
dove
rinasce
appunto
quella
sensazione
di
slancio
attivo
e
di
conquista
della
città
sulla
campagna
.
In
certe
zone
della
periferia
lo
sviluppo
è
stato
così
improvviso
che
la
pur
vigile
amministrazione
democratica
della
città
non
riesce
a
tener
dentro
,
con
la
strada
e
l
'
acqua
e
la
luce
,
alle
nuove
case
,
ai
nuovi
quartieri
che
sorgono
nel
breve
volgere
d
'
una
stagione
.
Si
direbbe
quasi
che
nella
sua
vittoriosa
avanzata
contro
la
campagna
,
nel
cuore
della
campagna
,
la
città
trascuri
questi
frammenti
di
campagna
:
ha
fretta
,
e
penserà
più
tardi
a
completare
la
conquista
.
Così
sta
nascendo
,
all
'
estrema
periferia
nord
,
una
grande
arteria
che
ha
preso
il
nome
beneaugurante
di
«
Viale
della
pace
»
.
In
questo
modo
accade
a
Grosseto
di
trovarsi
di
fronte
ad
una
nuovissima
villetta
borghese
,
con
il
giardino
e
la
siepe
di
rose
,
sorta
improvvisa
in
mezzo
ad
uno
spiazzo
erboso
accanto
ad
uno
sterrato
,
ad
un
orto
;
o
un
grosso
moderno
blocco
di
case
popolari
che
sovrasta
un
antico
casolare
cadente
ed
abbandonato
(
proprio
la
«
casina
lontana
lontana
»
della
nostra
infanzia
)
tanto
che
ormai
serve
solo
ai
bambini
,
che
ci
giocano
dentro
.
Il
giorno
di
mercato
Le
case
hanno
l
'
intonaco
ancor
fresco
,
e
già
portano
visibili
i
segni
della
vita
cominciata
,
i
panni
tesi
,
le
tendine
fresche
,
un
vaso
di
gerani
,
qualche
particolare
insomma
che
già
personalizza
un
appartamento
,
una
finestra
,
un
piano
.
Ancora
la
stessa
sensazione
se
a
Grosseto
si
capita
in
un
giorno
di
mercato
,
quando
dalla
campagna
e
dalla
montagna
accorrono
venditori
e
compratori
:
il
loro
concreto
e
rapido
contrattare
nella
piazza
affollata
dice
la
vitalità
del
commercio
.
E
si
compra
,
si
vende
,
olio
,
grano
,
vino
,
legna
,
bestiame
,
macchine
agricole
,
i
prodotti
della
provincia
che
dalla
provincia
partono
per
ogni
luogo
d
'
Italia
.
Non
è
un
paese
sterile
,
questo
,
o
sfiduciato
.
Con
quarantaquattro
abitanti
per
chilometro
quadrato
,
la
Maremma
ha
fiducia
nel
proprio
avvenire
,
e
si
apre
ai
forestieri
,
li
chiama
a
lavorare
.
Anche
per
questo
la
Maremma
è
democratica
.
Non
a
caso
un
ufficiale
americano
,
che
visse
in
Maremma
durante
la
guerra
,
diceva
che
ogni
volta
,
passando
da
Grosseto
,
aveva
la
sensazione
di
trovarsi
a
casa
sua
,
a
Kansas
City
.
Non
a
caso
,
perché
davvero
Grosseto
deve
somigliare
alle
città
americane
del
tempo
dei
pionieri
,
alle
città
della
frontiera
.
Grosseto
come
Kansas
City
.
StampaQuotidiana ,
GROSSETO
,
dicembre
-
C
'
è
un
proverbio
dell
'
Ottocento
che
dice
:
«
Per
fare
un
grossetano
,
uomo
di
Pistoia
e
donna
di
Scansano
»
.
Ed
in
realtà
Grosseto
si
è
formata
proprio
quando
uomini
di
ogni
parte
di
Toscana
sono
scesi
a
bonificare
,
a
dissodare
.
Pistoia
,
è
chiaro
,
significa
Toscana
tutta
,
e
forse
qualcosa
di
più
.
Venivano
dal
Casentino
e
da
Siena
,
dalla
val
di
Nievole
e
da
Lucca
,
dal
Valdarno
e
da
Livorno
,
ma
c
'
erano
anche
dell
'
Appennino
romagnolo
,
persino
della
Valle
padana
,
quelli
che
,
nelle
colline
della
Maremma
alta
,
con
un
termine
complessivo
e
storicamente
esatto
,
ancora
oggi
si
chiamano
«
lombardi
»
.
E
c
'
erano
abruzzesi
e
marchigiani
,
dalla
parlata
stretta
e
difficile
,
che
a
fatica
si
capivano
:
erano
pastori
,
barrocciai
,
badilanti
,
muratori
,
medici
,
preti
.
Avevano
tutti
fiducia
nell
'
avvenire
di
una
terra
che
concedeva
solo
aspra
fatica
,
disagi
,
e
la
terribile
micidiale
malaria
che
gonfia
la
milza
ed
atterra
in
poco
tempo
anche
l
'
uomo
più
robusto
:
«
Grosseto
ingrossa
,
Batignano
fa
la
mossa
,
Paganico
sotterra
l
'
osso
»
:
anche
questo
,
triste
,
è
un
proverbio
dell
'
Ottocento
.
In
Maremma
,
il
lavoro
ed
il
disagio
erano
per
tutti
,
accomunavano
tanti
,
era
difficile
che
ci
si
potesse
costituire
una
comunità
divisa
in
caste
od
in
circoli
chiusi
.
Ed
anche
il
grande
proprietario
era
come
gli
altri
,
se
non
altro
affrontava
il
caldo
e
le
zanzare
:
di
questo
,
perfino
ora
che
il
latifondista
ha
fatto
il
suo
tempo
,
resta
una
traccia
nel
costume
cittadino
,
rimasto
aperto
e
spregiudicato
.
Non
ci
sono
a
Grosseto
locali
esclusivi
,
circoli
chiusi
,
e
molto
difficilmente
prosperano
i
gruppi
di
élite
.
Qui
sono
tutti
figli
di
«
pionieri
»
,
scesi
nella
città
della
«
frontiera
»
,
quasi
per
una
battaglia
contro
il
padule
e
la
morte
.
Grosseto
come
Kansas
City
anche
in
questo
senso
,
insomma
.
Gli
storici
eruditi
ed
i
fanatici
delle
tradizioni
locali
(
e
questo
,
per
la
verità
,
è
un
guaio
che
succede
un
po
'
dovunque
)
quando
han
cercato
le
origini
di
Grosseto
,
non
han
resistito
all
'
ambizione
della
antichità
illustre
:
1e
origini
etrusche
,
i
resti
di
monumenti
romani
,
le
bolle
papali
che
nominano
Grosseto
durante
il
Medioevo
.
Ma
è
chiaro
che
la
ricerca
così
condotta
rimane
astratta
.
Può
anche
essere
utile
sapere
che
Innocenzo
II
concesse
a
Grosseto
,
nel
1138
,
il
titolo
di
città
,
ordinandovi
il
trasferimento
della
sede
vescovile
;
ma
l
'
atto
di
Innocenzo
Il
resta
una
mera
formalità
,
cui
non
corrisponde
un
effettivo
rifiorimento
di
vita
cittadina
.
'
Troviamo
infatti
che
alla
metà
del
secolo
xvn
la
città
supera
di
poco
i
mille
abitanti
,
e
che
un
secolo
più
tardi
la
popolazione
si
è
addirittura
dimezzata
.
In
Maremma
si
giunge
persino
a
rifiutare
il
dono
di
vaste
distese
di
terra
.
Quanto
agli
etruschi
,
dobbiamo
senz
'
altro
riconoscere
loro
il
grosso
merito
di
aver
saputo
dare
alla
zona
una
regola
idraulica
che
impediva
,
con
ingegnosi
impianti
,
la
formazione
del
padule
.
Ma
non
par
giusto
,
soltanto
per
questo
,
mitizzare
gli
etruschi
come
se
fossero
i
diretti
progenitori
dei
maremmani
d
'
oggi
.
O
forse
i
localisti
,
senz
'
avvedersene
,
hanno
ragione
,
nel
senso
che
anche
gli
etruschi
,
in
fondo
,
più
che
un
popolo
etnicamente
identificabile
,
furono
un
gruppo
attivissimo
,
e
di
formazione
eterogenea
,
che
tenne
allora
queste
cose
,
come
le
tengono
oggi
i
maremmani
.
Ma
questa
,
evidentemente
,
è
letteratura
,
perché
la
storia
vera
di
Grosseto
comincia
coi
Lorena
,
ai
quali
si
deve
non
soltanto
la
sistemazione
amministrativa
della
Maremma
,
ma
soprattutto
l
'
inizio
e
lo
sviluppo
di
ampi
lavori
di
bonifica
,
di
cui
anche
oggi
,
pur
con
i
progressi
fatti
dalla
scienza
idraulica
,
si
apprezza
l
'
utilità
.
Ma
ancora
alla
fine
del
secolo
scorso
,
Grosseto
viveva
in
una
condizione
di
inferiorità
e
di
semiabbandono
.
Qualcuno
dei
nostri
vecchi
ricorda
le
strade
bianche
,
polverose
,
del
grosso
borgo
oppresso
dalla
canicola
e
dall
'
afa
estive
,
abbandonato
,
solo
:
«
Da
Porta
Vecchia
a
Porta
Nuova
era
tanto
se
si
incontrava
un
cane
con
la
lingua
ciondoloni
»
.
Era
il
tempo
dell
'
estatatura
,
che
durava
da
sei
secoli
.
Era
cominciato
nel
1333
,
quando
il
podestà
di
Grosseto
chiese
alla
repubblica
di
Siena
il
permesso
di
abbandonare
la
città
e
di
trasferirsi
,
con
tutti
gli
uffici
,
a
Scansano
,
durante
i
mesi
di
luglio
,
agosto
e
settembre
.
Da
allora
si
continuò
l
'
esodo
estivo
,
e
Napoleone
pensò
bene
di
estenderlo
all
'
intero
anno
:
il
che
significava
che
Grosseto
era
ormai
il
capoluogo
soltanto
di
nome
.
I
vecchi
ricordano
l
'
estatatura
,
e
ci
dovrebbe
essere
una
pagina
del
Civinini
,
piuttosto
felice
,
dove
si
racconta
lo
squallore
di
questa
emigrazione
.
Oggi
Grosseto
ha
un
clima
nuovo
,
l
'
inverno
vi
è
mite
e
l
'
estate
ventilata
.
La
città
può
aprirsi
,
oggi
,
ai
venti
ed
ai
forestieri
.
Che
continueranno
a
venire
:
contadini
del
Veneto
,
minatori
di
Sicilia
,
carbonai
calabresi
,
pastori
del
Casentino
e
dell
'
Abruzzo
.
In
un
mondo
più
giusto
,
in
un
'
Italia
democratica
e
socialista
,
la
Maremma
accoglierà
almeno
mezzo
milione
di
forestieri
.
Verranno
,
un
giorno
:
purché
abbiano
buona
volontà
e
fiducia
nell
'
avvenire
,
la
Maremma
li
accoglierà
tutti
a
braccia
aperte
.
Ed
in
poco
tempo
diventeranno
anche
loro
maremmani
.
StampaQuotidiana ,
FOLLONICA
,
aprile
-
Visti
da
lontano
,
quando
si
passa
in
treno
,
quei
poggi
fra
Castiglione
e
Follonica
presentano
un
profilo
compatto
,
grigio
-
azzurro
.
Nella
lontananza
la
macchia
pare
uno
strato
omogeneo
,
disteso
uniforme
sulle
pendici
:
persino
le
fumate
delle
carbonaie
,
sotto
l
'
aria
già
greve
della
primavera
,
paiono
fondersi
col
profilo
dei
monti
e
con
la
foschia
.
Ma
se
questi
poggi
li
guardiamo
da
vicino
,
si
scoprono
volumi
nuovi
;
ciascuno
ha
un
suo
singolare
profilo
di
anfratti
,
botri
,
fossi
.
Il
lavoro
lungo
del
tempo
,
della
pioggia
,
ha
scavato
questa
complessa
fisionomia
.
Anche
la
macchia
prende
rilievo
.
Si
scoprono
piante
diverse
,
vari
toni
di
verde
,
e
profumi
mutevoli
:
questo
è
leccio
,
questa
è
mortella
,
frassine
,
carpino
,
albatro
,
ornello
.
La
macchia
è
bassa
,
giovane
;
da
questa
parte
,
ci
spiegano
,
il
tipo
predominante
.
Quella
più
giovane
,
nove
-
dieci
anni
,
si
chiama
pedagna
o
taglio
ceduo
;
quella
un
po
'
più
vecchia
invece
forteto
,
sui
quattordici
-
sedici
anni
.
I
boscaioli
distinguono
la
macchia
sia
secondo
il
criterio
dell
'
età
,
sia
secondo
quello
della
qualità
,
e
,
come
dicono
,
dell
'
essenza
:
dolce
e
forte
secondo
la
resa
della
carbonizzazione
.
Sono
tutte
cose
nuove
,
che
si
scoprono
a
poco
a
poco
,
avvicinando
i
boscaioli
e
conversando
con
loro
:
in
genere
,
rispondono
molto
brevemente
,
e
senza
mai
sospendere
il
lavoro
.
Veramente
i
primi
che
incontrammo
erano
mulattieri
,
all
'
imposto
.
L
'
imposto
,
cioè
la
piazzola
di
caricamento
,
è
sulle
pendici
più
basse
,
vicino
alla
strada
,
dove
possono
arrivare
anche
gli
autocarri
col
rimorchio
.
Intorno
si
vedono
lunghe
cataste
di
legna
,
tutta
tagliata
in
pezzi
di
eguale
lunghezza
,
un
metro
,
ed
anche
sui
muli
che
scendono
in
fila
dal
poggio
,
si
scorge
la
stessa
legna
,
nella
stessa
misura
.
Anche
la
catasta
è
alta
un
metro
,
ed
in
questo
modo
risulta
molto
facile
calcolare
la
quantità
di
legna
tagliata
.
I
metri
di
lunghezza
della
catasta
corrispondono
infatti
esattamente
ai
metri
steri
del
volume
complessivo
.
Queste
cose
ce
le
dice
un
mulattiere
,
alto
e
grosso
di
Cecina
,
mentre
carica
il
suo
mulo
:
intanto
continua
il
suo
lavoro
,
e
non
interrompe
neanche
la
conversazione
con
la
sua
bestia
;
a
volte
,
la
rimprovera
,
a
volte
la
vezzeggia
.
Quando
il
carico
è
ultimato
dà
un
ordine
breve
,
ed
il
mulo
si
muove
,
dietro
gli
altri
.
Più
su
sta
caricando
un
suo
compagno
,
un
marchigiano
bassotto
e
tarchiato
.
Il
cecinese
si
rivolge
a
lui
ad
alta
voce
,
qualche
volta
,
per
avere
un
chiarimento
alle
nostre
domande
:
«
Ehi
,
tu
,
Passione
,
quanti
ce
ne
sono
qua
,
delle
tu
parti
?
»
.
Gli
chiedo
perché
lo
chiama
in
quel
modo
,
che
cosa
significa
«
Passione
»
e
mi
risponde
che
il
suo
compagno
,
da
buon
marchigiano
,
ha
sempre
in
bocca
quella
parola
,
come
intercalare
,
e
che
perciò
tutti
,
ormai
,
gli
dicono
«
Passione
»
.
Ma
i
boscaioli
sono
più
in
alto
,
e
non
sarà
difficile
trovarli
,
basta
seguire
il
taglio
del
bosco
.
La
macchia
infatti
,
fino
alla
metà
della
pendice
,
è
stata
tagliata
ed
il
legno
è
quasi
tutto
a
terra
,
tranne
qualche
pianta
che
resta
in
piedi
,
e
che
viene
lasciata
perché
il
bosco
non
resti
tutto
abbattuto
:
queste
piante
risparmiate
costituiscono
il
«
corredo
»
del
bosco
.
Ma
più
su
ecco
la
macchia
compatta
,
che
si
leva
dritta
e
folta
,
impenetrabile
come
una
muraglia
verde
.
Basta
girare
il
colle
ed
ecco
i
boscaioli
.
I
primi
che
abbiamo
incontrato
erano
tre
fratelli
della
Garfagnana
,
i
fratelli
Bechelli
.
Nemmeno
loro
hanno
interrotto
il
lavoro
,
quando
li
abbiamo
interpellati
.
Uno
,
il
mezzano
,
Francesco
Bechelli
di
22
anni
,
accetta
una
sigaretta
e
si
mette
a
parlare
con
noi
,
mentre
prepara
il
pranzo
.
Sono
appena
le
undici
e
mezzo
,
ma
il
pranzo
dei
boscaioli
è
sempre
molto
per
tempo
,
perché
il
lavoro
si
regola
col
sole
,
e
quindi
c
'
è
ancora
molto
da
lavorare
in
questa
stagione
.
«
Cosa
mangiate
di
buono
?
»
«
Minestra
in
brodo
.
»
Riempie
d
'
acqua
un
paiolo
,
accende
sotto
un
focherello
di
sterpi
.
«
Quando
l
'
acqua
bolle
ci
butto
la
pasta
.
»
In
un
recipiente
a
parte
prepara
un
soffritto
con
un
po
'
d
'
olio
,
aglio
,
conserva
di
pomodoro
.
«
Quando
il
soffritto
è
pronto
,
mescolo
tutto
,
e
si
mangia
.
»
«
Ma
la
carne
non
ce
la
metti
?
»
«
La
carne
?
Quella
si
mangia
la
domenica
»
.
«
E
per
dopo
cos
'
hai
?
»
«
Pane
e
cacio
»
.
Francesco
Bechelli
,
ventiduenne
,
ha
un
paio
di
calzoni
fino
al
ginocchio
,
di
vecchia
stoffa
,
rattoppati
.
Indossa
un
farsetto
a
maglia
di
tipo
militare
,
e
sotto
si
vede
una
camiciola
bianca
,
di
lana
grezza
.
In
testa
porta
un
vecchio
cappello
da
alpino
,
che
apparteneva
a
suo
padre
,
durante
l
'
altra
guerra
.
«
Così
anche
quella
è
servita
a
qualcosa
»
conclude
.
Lui
non
ha
fatto
la
guerra
,
naturalmente
,
e
nemmeno
il
soldato
:
alla
visita
lo
scartarono
perché
aveva
l
'
ernia
,
e
l
'
ha
ancora
.
Le
sue
prospettive
per
l
'
avvenire
?
Ha
un
fratello
in
America
,
e
potrebbe
andar
via
anche
lui
,
se
facesse
la
richiesta
,
ma
con
l
'
ernia
incontra
difficoltà
;
e
poi
non
ha
soldi
per
il
viaggio
.
Guadagna
bene
,
dice
lui
,
più
di
mille
lire
al
giorno
,
e
qualche
volta
riesce
persino
a
metter
soldi
da
parte
.
Ma
poi
capita
la
stagione
morta
,
senza
lavoro
,
ed
allora
ci
si
mangia
tutto
.
Poi
c
'
è
il
babbo
,
che
ormai
è
vecchio
,
e
bisogna
mantenerlo
.
Ora
è
su
al
paese
,
in
Garfagnana
.
Francesco
Bechelli
vive
coi
due
fratelli
e
con
un
altro
,
nella
capanna
lì
accanto
.
È
una
piccola
capanna
a
«
dispensa
»
.
La
capanna
dei
boscaioli
ha
un
'
armatura
di
rami
sfondati
,
a
sezione
trapezoidale
,
come
un
padiglione
(
quello
che
,
in
gergo
,
si
dice
appunto
«
dispensa
»
)
.
Ce
ne
sono
anche
con
due
sole
pareti
oblique
riunite
al
vertice
;
questa
foggia
si
dice
,
in
gergo
,
a
«
Gesù
»
,
perché
la
posizione
delle
pareti
ricorda
quella
delle
palme
riunite
nella
preghiera
.
Ma
è
una
foggia
antica
,
scomoda
,
che
va
scomparendo
,
ed
infatti
quasi
tutte
le
capanne
che
abbiamo
visto
sono
dell
'
altro
tipo
.
Sopra
l
'
armatura
di
rami
si
pongono
larghe
zolle
di
terra
,
con
la
parte
erbosa
rivolta
verso
l
'
interno
.
Così
,
dal
di
fuori
,
le
capanne
di
boscaioli
paiono
più
grandi
mucchi
di
fango
che
abitazioni
.
Lo
spazio
interno
è
molto
limitato
.
Oltre
la
porta
,
molto
stretta
e
costruita
di
solito
con
rami
e
scopa
,
c
'
è
un
breve
tratto
di
terra
battuta
,
nuda
,
coperta
di
cenere
.
Qui
,
infatti
,
si
accende
ogni
sera
un
fuoco
di
carbonella
,
che
rimane
acceso
tutta
la
notte
.
Da
una
parte
e
dall
'
altra
sono
sistemate
le
«
rapazzole
»
,
e
cioè
le
lettiere
di
rami
,
scopa
e
paglia
.
Per
coprirsi
hanno
coperte
di
tipo
militare
.
Naturalmente
all
'
interno
non
c
'
è
altra
illuminazione
se
non
quella
dell
'
acetilene
,
ma
capisco
che
ne
fanno
un
uso
molto
parco
,
appena
sono
a
letto
,
si
spenge
.
Oltre
alla
compagnia
dei
fratelli
Bechelli
,
nei
paraggi
si
trovano
due
famiglie
al
completo
,
babbo
,
mamma
e
figlioli
:
la
famiglia
Bisacci
e
la
famiglia
Cresci
,
l
'
una
e
l
'
altra
pistoiesi
.
Qua
non
è
affatto
raro
trovare
forestieri
,
anzi
,
sono
pochi
i
maremmani
,
quelli
che
,
finito
il
lavoro
tornano
a
casa
in
bicicletta
.
Ci
sono
molti
abruzzesi
,
per
esempio
,
come
due
giovanotti
,
fratelli
,
che
lavorano
al
forno
da
brace
:
vivono
isolati
dagli
altri
,
anche
perché
sono
di
un
villaggio
albanese
e
non
parlano
quasi
affatto
l
'
italiano
.
Alle
veglie
nessuno
li
invita
mai
.
«
Non
c
'
è
nemmeno
sugo
,
mi
dice
il
Bisacci
,
nemmeno
si
capisce
quando
ragionano
.
»
La
veglia
è
l
'
unico
rudimentale
segno
di
una
vita
associata
,
fra
i
boscaioli
.
Quando
piove
,
qualche
volta
la
sera
dopo
cena
,
le
famiglie
amiche
,
come
i
Bisacci
e
i
Cresci
,
si
riuniscono
in
una
capanna
e
passano
insieme
un
'
ora
,
prima
di
dormire
.
Di
solito
,
raccontano
favole
e
,
meglio
ancora
,
storie
di
cronaca
nera
,
delitti
celebri
e
processi
.
«
Si
parla
del
bandito
Cucchiara
,
del
bandito
Russo
,
quelli
che
rubavano
dalle
parti
di
Massa
Marittima
.
Erano
delle
parti
della
Sicilia
,
laggiù
»
.
Dentro
la
capanna
si
conversa
con
la
moglie
del
Bisacci
,
una
bella
donna
sopra
i
quaranta
,
alta
e
robusta
.
«
Il
nostro
lavoro
,
caro
lei
,
è
il
peggiore
del
mondo
»
dice
il
Bisacci
.
«
Ma
anche
i
minatori
stanno
male
»
,
interviene
la
moglie
.
«
Pensa
un
po
'
tutto
il
giorno
ficcati
sotto
terra
,
senza
nemmeno
vedere
il
sole
.
E
poi
l
'
aria
che
respirano
.
Almeno
noi
la
salute
non
ci
abbandona
.
Meglio
così
,
Bisacci
»
.
La
moglie
chiama
il
marito
con
il
cognome
,
come
spesso
in
Toscana
fanno
i
contadini
.
Quando
la
chiamo
«
signora
Bisacci
»
diventa
rossa
e
si
schernisce
:
«
Signora
io
?
...
Ma
lo
vede
come
sono
conciata
,
che
non
sembro
nemmeno
più
una
donna
,
con
questi
pantalonacci
»
.
Resta
inteso
che
mangeremo
da
loro
,
e
la
Bisacci
si
dà
da
fare
,
per
trovarci
un
po
'
di
farina
gialla
per
la
polenta
.
Prepara
anche
una
bella
salsiccia
sulla
padella
,
col
grasso
che
gocciola
sulla
fetta
di
polenta
,
ed
ha
un
po
'
di
sapore
.
L
'
acqua
è
quella
del
bariletto
,
ancora
gelata
dopo
la
notte
.
Poi
si
fuma
,
e
gli
uomini
accettano
come
una
festa
le
nostre
sigarette
.
Il
Bisacci
di
solito
prende
il
trinciato
forte
.
«
E
quello
ti
rovina
lo
stomaco
»
conclude
la
moglie
.
I
Cresci
hanno
cinque
figlioli
e
stanno
poco
più
su
,
tutti
in
una
capanna
.
Delle
due
rapazzole
,
una
serve
ai
genitori
e
alle
bambine
,
l
'
altra
ai
figli
maschi
.
I
Bisacci
hanno
solo
due
figli
.
Uno
maggiore
,
Domenico
,
un
ragazzo
alto
e
biondo
che
da
poco
ha
passato
la
visita
di
leva
,
parla
volentieri
,
ed
accetta
anche
le
burle
,
come
quando
gli
domandiamo
se
si
è
trovato
la
fidanzata
.
Ogni
tanto
,
ci
dice
,
va
a
ballare
dai
contadini
;
sabato
scorso
,
per
esempio
,
rientrò
tardi
,
ed
il
vecchio
non
ne
fu
contento
.
«
Tu
sei
boscaiolo
ed
il
posto
tuo
è
qui
al
capanno
.
Guarda
se
io
mi
muovo
mai
!
»
«
Ma
non
ci
siamo
mica
legati
con
la
catena
,
qua
dentro
»
.
Domenico
ha
fra
le
mani
un
settimanale
illustrato
di
sport
.
Capisco
che
ne
compra
spesso
,
perché
la
madre
ne
ha
fatto
dei
ritagli
per
ornare
una
mensoletta
di
legno
,
con
sopra
un
bicchiere
,
il
pettine
,
la
medicina
per
lo
stomaco
del
marito
.
Chiedo
a
Domenico
cosa
legge
di
solito
,
se
si
limita
ai
giornali
sportivi
,
o
se
legge
anche
gli
altri
.
«
Si
legge
quel
che
capita
.
L
'
Unità
,
Il
Mattino
,
l
'
Avanti
!
,
Il
Messaggero
,
La
settimana
enigmistica
,
Otto
,
Bolero
.
Quando
uscirà
lo
scritto
suo
me
lo
mandi
:
Domenico
Bisacci
,
Puntone
.
Follonica
,
provincia
di
Grosseto
.
Parlate
di
noi
,
spiegate
come
si
campa
,
il
nostro
lavoro
.
Fate
qualche
cosa
per
noi
!
»
.
StampaQuotidiana ,
I
lavoratori
boschivi
,
in
Italia
,
sono
sessanta
o
settantamila
.
Di
questi
quasi
trentamila
lavorano
in
provincia
di
Grosseto
.
E
sono
per
metà
indigeni
e
per
metà
forestieri
.
Durante
la
guerra
,
quando
c
'
era
gran
richiesta
di
legna
da
ardere
e
di
carbone
vegetale
(
usato
perfino
nei
forni
di
fusione
,
al
posto
del
coke
)
,
aumentarono
fino
ad
otto
-
novecentomila
.
Oggi
,
vi
è
una
forte
crisi
,
dovuta
al
cresciuto
uso
delle
cucine
e
dei
forni
elettrici
od
a
gas
,
alla
concorrenza
della
legna
straniera
,
alla
spogliazione
dei
boschi
che
si
fece
in
passato
.
Se
fino
a
qualche
tempo
fa
buona
parte
della
lavorazione
era
affidata
a
piccoli
appaltatori
,
oggi
questi
sono
stati
ovunque
soppiantati
dalle
grandi
imprese
industriali
(
l
'
Armenti
,
il
Morganti
,
il
Poli
)
.
L
'
appalto
del
bosco
implica
sempre
una
forte
anticipazione
di
capitali
.
Occorre
acquistare
il
taglio
(
il
bosco
«
in
piedi
»
,
come
si
dice
)
,
pagare
gli
operai
,
provvedere
agli
attrezzi
,
e
prima
che
il
bosco
dia
il
guadagno
,
passano
cinque
,
sci
mesi
.
D
'
altro
canto
il
guadagno
è
sicuro
e
molto
forte
.
Il
Signor
Garibaldo
Nannetti
,
un
ex
boscaiolo
maremmano
,
che
è
stato
anche
segretario
nazionale
del
suo
sindacato
,
che
in
tale
veste
ha
stipulato
nello
scorso
aprile
il
contratto
nazionale
,
ci
ragguaglia
rapidamente
sui
costi
e
sui
redditi
.
Un
bosco
di
12
anni
,
tipo
forteto
-
Maremma
(
cioè
leccio
,
corbezzolo
,
erica
,
ornello
)
dà
una
media
di
50-55
metri
steri
per
ettaro
,
equivalenti
a
455-460
quintali
di
legna
,
ed
a
93
quintali
di
carbone
.
La
media
produttiva
di
un
taglio
ceduo
di
madricano
o
di
cerro
sale
invece
a
65-70
metri
steri
,
per
595mi1a
quintali
di
legna
,
o
125
di
carbone
.
La
legna
costa
800
lire
al
quintale
,
il
carbone
3000
lire
(
si
parla
di
prezzo
posto
stazione
)
.
Le
spese
,
con
un
calcolo
generoso
,
si
possono
così
riassumere
:
110
al
quintale
per
mano
d
'
opera
,
200
per
il
macchiatico
,
150
di
trasporto
,
50-60
di
assicurazioni
,
100
lire
per
spese
varie
ed
impreviste
.
Complessivamente
quindi
un
quintale
di
legna
costa
6
820
lire
,
ed
il
guadagno
netto
è
di
190
lire
al
quintale
.
Ciò
significa
che
per
ogni
etto
di
bosco
si
realizza
un
guadagno
che
va
dalle
81.900
alle
108.000
per
ettaro
.
Il
guadagno
è
superiore
se
si
calcola
in
carbone
.
I
principali
prodotti
dell
'
industria
boschiva
sono
:
la
legna
da
ardere
ed
il
carbone
vegetale
,
che
si
ottengono
specialmente
dal
taglio
ceduo
(
che
qui
si
chiama
«
pedagna
»
)
e
dal
forteto
.
Il
ciocco
di
scopa
si
utilizza
per
la
fabbricazione
delle
pipe
,
e
se
ne
esporta
molto
anche
all
'
estero
,
in
Francia
,
in
Svizzera
e
persino
oltremare
,
in
Inghilterra
ed
in
America
.
La
macchia
di
alto
fusto
ha
un
impiego
più
largo
.
Con
la
quercia
si
fanno
traverse
per
la
ferrovia
;
travi
di
quercia
si
usano
anche
per
la
costruzione
di
carri
,
ferroviari
ed
agricoli
,
o
come
legname
da
miniera
.
Il
legno
di
castagno
,
anch
'
esso
di
alto
fusto
,
serve
invece
come
materiale
da
mobilio
,
perché
è
molto
leggero
.
Inoltre
la
parte
più
vecchia
del
tronco
e
dei
rami
fornisce
il
tannino
,
indispensabile
per
le
concerie
.
La
sughera
,
anch
'
essa
di
alto
fusto
,
dà
il
sughero
,
che
è
poi
la
scorza
della
pianta
,
oltre
al
legno
,
che
è
ottimo
per
ardere
.
Mobili
si
fanno
anche
con
il
pino
,
l
'
abete
,
il
larice
,
il
pioppo
e
l
'
ontano
.
Dai
boschi
si
ricava
anche
la
ramaglia
minuta
,
che
si
utilizza
per
le
fascine
da
ardere
e
per
la
carbonella
.
I
lavoratori
boschivi
secondo
il
compito
loro
affidato
,
sono
perciò
carbonai
,
segantini
,
cavatori
di
ciocco
,
tagliatori
,
braciai
.
La
carbonizzazione
è
il
compito
più
difficile
e
più
faticoso
.
Ammucchiata
una
catasta
di
legna
,
con
un
foro
centrale
per
il
tiraggio
,
si
copre
il
tutto
con
uno
strato
di
terra
e
la
scelta
della
terra
da
copertura
ha
grande
importanza
:
il
carbone
maremmano
,
rispetto
agli
altri
,
ha
un
pregio
maggiore
proprio
per
questo
.
Il
processo
di
carbonizzazione
,
che
si
effettua
sempre
a
«
fuoco
morto
»
deve
essere
ininterrottamente
sorvegliato
per
tre
giorni
.
Una
distrazione
del
carbonaio
potrebbe
far
bruciare
tutto
e
compromettere
irrimediabilmente
l
'
operazione
.
E
occorre
stare
attenti
a
quando
cambia
il
vento
.
Se
il
carbonaio
non
ha
possibilità
di
darsi
il
turno
,
e
questo
accade
ancora
,
gli
tocca
vegliare
di
continuo
sulla
carbonaia
.
Per
la
brace
si
segue
un
processo
analogo
,
perfezionato
in
questi
ultimi
tempi
.
Si
scava
una
fossa
rettangolare
,
profonda
un
paio
di
metri
,
lunga
altrettanto
e
larga
poco
più
della
metà
;
la
si
riempie
di
ramaglia
,
quindi
si
incendia
e
si
copre
con
una
larga
lamiera
di
ferro
,
a
cerniera
,
e
si
provvede
,
man
mano
che
la
ramaglia
brucia
,
a
metterne
altra
fresca
.
Quando
si
apre
la
fossa
,
le
fiamme
erompono
improvvise
e
altissime
,
non
senza
rischio
di
scottature
per
i
braciai
.
I
due
ragazzi
abruzzesi
,
più
a
cenni
che
a
parole
,
ci
fecero
capire
che
non
passa
giorno
senza
incidenti
del
genere
.
Per
questo
lavoro
quali
sono
i
guadagni
?
Il
contratto
nazionale
di
lavoro
assegna
agli
operai
specializzati
1
232,25
lire
giornaliere
,
comprendenti
60
lire
di
caropane
ed
un
19%
quale
indennità
accessoria
.
La
paga
scende
a
973,15
per
i
manovali
adulti
,
fino
a
445,80
per
i
minori
di
16
anni
.
Purtroppo
queste
paghe
non
sono
nemmeno
rispettate
dai
datori
di
lavoro
:
i
Bisacci
ed
i
Cresci
,
per
esempio
,
ignoravano
persino
l
'
esistenza
del
contratto
nazionale
,
né
venivano
,
naturalmente
,
applicate
queste
tabelle
nei
loro
riguardi
.
Nannetti
spiega
anche
questo
.
Anche
lui
è
stato
come
loro
.
Ricorda
anzi
volentieri
la
sua
infanzia
nei
boschi
,
quando
faceva
il
«
meo
»
.
Bisogna
sapere
che
le
compagnie
maschili
non
possono
distaccare
un
adulto
per
i
lavori
,
se
così
si
può
dire
,
domestici
;
ed
allora
si
servono
di
un
ragazzino
,
nove
-
dieci
anni
per
rassettare
il
capanno
,
preparare
il
pranzo
ecc.
I
Cresci
hanno
Giselda
,
quattordicenne
.
Le
donne
adulte
hanno
il
lavoro
come
gli
uomini
.
Per
i
boscaioli
non
c
'
è
riposo
:
il
contratto
di
lavoro
impone
un
minimo
di
produzione
giornaliera
,
che
è
gravosa
,
anche
perché
non
prevede
situazioni
di
particolare
difficoltà
(
macchia
folta
,
per
esempio
,
o
terreno
scosceso
)
.
Per
i
boscaioli
non
c
'
è
riposo
,
tranne
quello
forzato
,
e
non
pagato
si
capisce
,
della
disoccupazione
o
del
maltempo
.
Quando
è
finito
il
taglio
basso
,
sotto
i
settecento
metri
,
si
spostano
in
montagna
e
continuano
.
Alcuni
cercano
un
'
occupazione
stagionale
come
contadini
,
piccoli
coltivatori
diretti
o
badilanti
.
In
termini
tecnici
i
boscaioli
sono
una
categoria
stagionale
,
di
emigrazione
,
promiscua
.
Il
loro
lavoro
li
disperde
,
e
non
si
formano
mai
gruppi
associati
di
notevole
entità
.
Anche
sindacalmente
,
quindi
,
sono
isolati
.
Eppure
bisogna
far
qualcosa
per
loro
,
come
chiedeva
Domenico
salutandoci
al
limite
del
taglio
.
Di
lassù
si
scopriva
buon
tratto
di
costa
,
illuminata
da
un
gran
tramonto
rosso
:
il
golfo
di
Follonica
,
la
pineta
,
i
campi
lavorati
,
tanti
rettangoli
di
terra
verde
e
scura
,
a
perdita
d
'
occhio
,
fino
alla
punta
di
Piombino
,
avvolta
dal
fumo
delle
ciminiere
.
StampaQuotidiana ,
MONTEPESCALI
,
giugno
-
Montepescali
si
vede
benissimo
,
passando
in
treno
,
pochi
chilometri
a
nord
di
Grosseto
.
E
un
paesino
in
vetta
di
un
colle
,
come
tanti
altri
della
Maremma
,
di
chiara
origine
feudale
,
con
le
stradine
ripide
e
tortuose
,
vecchie
case
,
palazzotti
con
qualche
pretesa
.
E
come
tutti
i
paesini
feudali
di
Maremma
,
tende
a
formarsi
a
fondo
valle
un
vasto
sobborgo
moderno
,
col
distributore
di
benzina
,
lo
spaccio
di
vino
e
tabacchi
,
la
trattoria
per
i
camionisti
.
Nel
caso
di
Montepescali
,
il
sobborgo
moderno
si
chiama
Braccagni
,
un
agglomerato
di
case
disteso
sulla
via
Aurelia
,
e
accanto
alla
ferrovia
che
raduna
tutta
la
vita
della
vasta
pianura
sovrastata
dal
colle
.
Oggi
,
Braccagni
,
con
tutta
la
campagna
,
conta
più
di
tremila
abitanti
,
mentre
su
al
paese
non
ve
ne
sono
più
di
mille
.
E
fu
un
giovanotto
di
Braccagni
,
proprio
il
padrone
della
trattoria
,
che
ci
propose
la
conferenza
.
Aveva
sentito
dire
che
alla
biblioteca
cittadina
si
conserva
un
vecchio
volume
di
cartapecora
,
che
riguarda
la
vita
amica
di
Montepescali
,
e
ci
chiese
di
illustrarlo
,
di
leggerlo
.
«
Non
velo
dovete
tenere
tutto
voi
;
è
anche
roba
nostra
,
e
celo
dovete
far
vedere
.
»
Fu
così
che
decidemmo
di
inaugurare
le
gite
del
bibliobus
,
proprio
come
una
lettura
commentata
degli
Statuti
del
comune
di
Montepescali
,
redatti
nel
1427
da
Intendem
ser
Egidi
,
Nello
Nicolai
Nelli
e
Antonio
Di
Simone
.
Nella
vetrina
del
bibliobus
,
mettemmo
in
bella
mostra
il
codice
manoscritto
in
bei
caratteri
rossi
e
neri
su
pergamena
logora
dall
'
uso
,
e
con
i
margini
pieni
di
chiose
.
La
gente
si
avvicinava
,
nella
piazzetta
,
intorno
all
'
autofurgone
,
a
guardare
gli
scaffali
metallici
,
nell
'
interno
,
tutti
pieni
di
libri
:
c
'
era
l
'
Università
Economica
,
la
collezione
popolare
Einaudi
,
rossi
e
grigi
,
i
volumetti
cinerini
della
BUR
di
Rizzoli
,
i
tometti
eleganti
e
ben
legati
con
la
copertina
bianca
e
rossa
di
Mondadori
.
E
poi
una
raccolta
di
costituzioni
antiche
e
moderne
,
dall
'
Inghilterra
agli
Stati
Uniti
,
all
'
Urss
,
all
'
Italia
.
Ed
ancora
:
manuali
Hoepli
di
divulgazione
tecnica
,
la
coltivazione
del
grano
,
le
assicurazioni
sociali
,
l
'
allevamento
del
bestiame
;
una
piccola
enciclopedia
,
un
dizionario
,
la
Bibbia
ed
il
Corano
.
Nella
vetrina
di
esposizione
,
accanto
agli
«
Statuti
»
una
modernissima
edizione
d
'
arte
su
Picasso
,
ed
il
secentesco
Teatro
del
mondo
di
Abramo
Ortolio
,
aperto
alla
tavola
della
Maremma
,
dove
tutti
cercavano
Montepescali
.
Ma
l
'
attenzione
maggiore
andava
agli
Statuti
,
al
libro
di
Montepescali
,
come
già
tutti
lo
chiamavano
.
Al
teatro
venne
tanta
gente
,
potevano
essere
duecentocinquanta
o
trecento
.
Gli
statuti
del
comune
di
Montepescali
sono
un
aspetto
della
generale
revisione
statutaria
che
la
repubblica
di
Siena
ordinò
tra
la
fine
del
Trecento
e
l
'
inizio
del
Quattrocento
,
per
ovviare
alla
gran
confusione
legislativa
che
si
era
creata
con
la
promulgazione
di
tana
vera
e
propria
selva
di
norme
spesso
contraddittorie
o
pleonastiche
.
Sotto
questo
aspetto
,
gli
statuti
di
Montepescali
non
differiscono
molto
da
tutti
gli
altri
.
La
grossa
novità
e
il
motivo
centrale
di
interesse
stanno
nel
fatto
che
alla
redazione
hanno
visibilmente
partecipato
uomini
del
popolo
di
Montepescali
:
da
qui
la
vivacità
della
stesura
,
e
soprattutto
l
'
aderenza
a
problemi
concreti
della
comunità
.
Si
insiste
a
lungo
,
ad
esempio
,
sulla
necessità
di
una
rigorosa
regolamentazione
idrica
:
«
La
fossa
maestra
,
la
fossa
del
pozzo
,
la
fossa
de
la
lama
,
le
fosse
di
corneccoli
,
la
fossa
de
le
pastine
,
infino
a
la
lama
mantelluccia
,
la
fossa
a
lato
a
la
via
de
'
pastini
et
la
fossa
de
la
roveta
,
la
fossa
del
piano
di
Sancto
Martino
,
la
fossa
di
Sansucola
,
la
fossa
d
'
archi
,
et
la
fossa
de
la
piscina
di
prato
vecchio
cl
comune
di
Montepescali
faccia
mantenere
et
acconciare
da
quelli
che
sono
vicini
ad
esse
fosse
,
quanto
tiene
el
loro
»
.
Ed
ecco
,
attraverso
la
norma
,
questa
drammatica
descrizione
della
cattura
di
un
malfattore
:
«
Se
assalimento
o
offesa
in
persona
,
con
effuxione
di
sangue
o
senza
,
homicidio
,
furto
o
robaria
,
o
alcuno
altro
enorme
delicto
fusse
commesso
in
Montepescali
,
o
ne
la
sua
corte
,
per
alcuna
persona
et
romore
ne
nascesse
,
ciascuno
al
romore
coll
'
armi
sua
debba
trarre
et
pigliare
al
mal
fattore
et
menarlo
preso
et
ne
la
forza
del
comune
di
Siena
preso
ci
debba
inectare
»
.
O
il
tono
dell
'
igiene
cittadina
,
attraverso
questa
colorita
vignetta
:
«
Lavatura
di
scudelle
o
altra
bructura
de
le
finestre
ne
le
vie
non
si
gitti
per
alcuna
persona
,
ac
,
prima
,
chi
la
gitta
no
dica
tre
volte
guarda
,
guarda
,
guarda
,
a
la
pena
di
soldi
cinque
di
denari
per
ciascuna
volta
et
mendi
el
danno
a
chi
Farà
ricevuto
senza
alcuna
dilazione
»
.
Ed
ancora
,
due
norme
di
moralità
pubblica
:
«
Per
servare
l
'
onestà
avemo
statuito
che
,
quando
le
femmine
macendolano
el
lino
,
nessun
huomo
vi
s
'
accosti
né
vada
a
casa
,
né
presso
si
stia
passando
per
via
né
con
le
femmine
favelli
»
.
«
Per
conservare
l
'
onestà
delle
donne
,
et
a
riparare
che
inconvenienti
ne
seguino
,
aviamo
deliberato
che
nessuna
femmina
,
nel
tempo
si
lavorano
le
vigne
et
si
fa
raccolta
de
'
biadi
,
possa
portare
agli
uomini
mangiare
né
bere
»
.
Un
vecchio
seduto
in
prima
fila
e
che
aveva
ascoltato
senza
perdere
una
parola
,
a
questo
punto
esplode
:
«
E
allora
,
come
facevano
quei
disgraziati
?
Dovevano
lavorare
senza
mangiare
?
Questa
legge
la
devono
aver
fatta
i
preti
»
.
E
non
ci
fu
verso
di
fargli
intendere
il
contrario
.
Si
affollarono
in
molti
,
dopo
la
lettura
,
a
chiedere
spiegazioni
.
«
È
vero
,
professore
,
che
le
donne
non
potevano
andare
ai
funerali
?
Perché
?
»
Qualcuno
aveva
preso
in
mano
il
codice
e
compitava
attento
la
scrittura
quattrocentesca
;
poi
chiesero
,
come
primo
prestito
del
bibliobus
,
una
copia
degli
statuti
.
«
Ma
poi
tornate
,
tornate
presto
,
a
parlarci
,
a
darci
altri
libri
.
»
Eravamo
contenti
al
ritorno
.
Soprattutto
per
questa
constatazione
.
Si
può
fare
della
cultura
popolare
anche
su
di
un
«
cimelio
»
.
Si
può
legare
la
tradizione
con
le
esigenze
moderne
e
popolari
.
Si
può
interessare
un
pubblico
non
specializzato
proprio
sudi
una
rarità
bibliografica
,
che
di
solito
si
tiene
chiusa
in
cassaforte
,
in
attesa
di
mostrarla
agli
specialisti
.
StampaQuotidiana ,
ARCIDOSSO
,
luglio
-
Tutti
sanno
indicarvi
dove
abita
Pietro
Tommencioni
:
alle
Fornaci
,
un
mucchietto
di
case
vecchie
dai
muri
grezzi
,
senza
intonaco
,
un
chilometro
da
Arcidosso
.
Basta
seguire
una
mulattiera
ripida
e
la
porta
con
la
pergola
è
quella
del
Tommencioni
.
Si
va
da
lui
perché
Tommencioni
è
oggi
uno
dei
più
vecchi
ed
autorevoli
seguaci
di
David
Lazzeretti
,
il
cassiere
anzi
,
ed
il
conservatore
dell
'
archivio
della
comunità
giurisdavidica
dell
'
Amiata
.
Ha
già
passato
i
settanta
e
se
non
fosse
per
un
'
artrite
dolorosa
sarebbe
sempre
in
gamba
.
Da
giovane
ha
fatto
un
po
'
di
tutto
:
il
contadino
,
il
boscaiolo
,
la
guardia
campestre
;
oggi
,
con
cinquemila
lire
di
pensione
e
l
'
età
avanzata
,
deve
arrangiarsi
alla
meglio
:
si
è
improvvisato
ciabattino
,
fabbrica
zoccoli
di
legno
,
fa
anche
qualche
piccola
riparazione
.
È
rimasto
solo
con
la
moglie
,
una
bella
vecchietta
bianca
e
quieta
,
i
figli
si
son
tutti
sposati
.
Uno
,
di
cui
si
vede
appesa
al
muro
la
fotografia
in
divisa
,
è
brigadiere
di
Finanza
ad
Ampezzo
:
deve
essere
il
figlio
prediletto
anche
perché
aderisce
alla
fratellanza
davidica
.
Tommencioni
parla
di
tutte
queste
cose
guardandoci
con
due
occhi
grigi
e
vivaci
:
non
si
è
affatto
sorpreso
della
visita
,
né
ce
ne
ha
chiesto
il
motivo
.
Del
resto
non
son
rare
le
gite
alle
Fornaci
per
sapere
del
santo
David
e
della
comunità
amiantina
,
e
Tommencioni
è
contento
che
gli
si
facciano
domande
e
soprattutto
che
si
parli
di
loro
.
Ci
mostra
la
tesi
di
laurea
di
una
ragazza
veronese
,
che
è
venuta
apposta
da
lui
,
ci
parla
del
prof.
Donini
,
che
fece
una
conferenza
sul
Lazzeretti
ad
Arcidosso
.
«
E
come
parlava
bene
.
Lo
disse
anche
il
prete
che
ad
Arcidosso
non
si
era
mai
sentito
un
parlatore
come
quello
.
La
gente
non
ci
canzona
più
,
dopo
che
sentirono
quel
che
disse
.
»
Il
Libro
dei
celesti
fiori
Oggi
i
giurisdavidici
sul
monte
Amiata
sono
un
centinaio
,
fra
«
segnati
»
(
in
Toscana
equivale
ad
«
iscritti
»
,
ma
in
questo
caso
vale
qualcosa
di
più
,
come
vedremo
)
e
simpatizzanti
.
Ma
giurisdavidici
se
ne
trovano
anche
altrove
,
a
Sabina
,
per
esempio
,
dove
esiste
una
comunità
piuttosto
numerosa
,
fondata
a
suo
tempo
dalla
moglie
di
Filippo
Imperiuzzi
,
un
sacerdote
che
seguì
David
.
La
comunità
ha
per
primo
scopo
il
mutuo
soccorso
,
con
una
quota
annua
di
tre
lire
,
esattamente
quel
che
era
prima
della
guerra
.
Nessuno
,
oggi
,
dà
soltanto
le
tre
lire
,
ma
è
sempre
molto
poco
quel
che
si
può
raccogliere
,
nel
fondo
comunitario
,
per
l
'
assistenza
dei
fratelli
bisognosi
.
Inoltre
essi
intendono
,
a
poco
a
poco
,
far
stampare
tutte
le
opere
del
Lazzeretti
.
Due
o
tre
anni
or
sono
pubblicarono
il
Libro
dei
celesti
fiori
,
forse
il
principale
manoscritto
inedito
del
santo
David
:
una
parte
della
somma
,
seimila
lire
,
la
versò
un
fratello
che
ora
sta
in
America
,
il
Franceschetti
,
ma
fu
una
grossa
fatica
pagar
tutto
:
fra
l
'
altro
i
giurisdavidici
,
che
non
si
intendono
di
queste
cose
,
chiesero
alla
tipografia
soltanto
duecento
copie
,
pensando
di
risparmiare
molto
con
una
bassa
tiratura
.
Ora
cercano
di
recuperare
in
parte
la
spesa
vendendo
le
copie
che
restano
:
ogni
tanto
viene
un
professore
di
fuori
e
si
prende
i
Celesti
fiori
,
lasciando
350
lire
e
magari
qualcosa
di
più
,
come
obolo
.
«
Ma
a
noi
importa
prima
di
tutto
che
la
nostra
dottrina
sia
conosciuta
ed
apprezzata
.
Noi
accogliamo
tutti
a
braccia
aperte
,
ma
non
facciamo
forza
a
nessuno
.
Chi
vuoi
stare
con
noi
,
ci
sta
:
chi
non
vuole
,
pazienza
.
Restiamo
amici
lo
stesso
,
di
tutti
»
.
Saltuariamente
i
giurisdavidici
si
riuniscono
per
le
loro
funzioni
e
per
le
loro
preghiere
,
che
furon
tutte
scritte
da
David
.
Hanno
una
loro
elementare
liturgia
,
con
sette
feste
religiose
:
la
maggiore
dura
quattro
giorni
,
dal
15
al
18
agosto
e
ricorda
la
passione
e
la
morte
di
David
:
in
questa
occasione
la
comunità
si
reca
sul
monte
Labro
,
dove
trascorre
un
'
intera
nottata
in
preghiera
.
Per
Pasqua
fanno
la
loro
comunione
,
che
non
è
preceduta
dalla
confessione
.
«
La
confessione
auricolare
»
,
spiega
Tommencioni
con
insospettata
precisione
di
termini
,
«
non
fu
accolta
dal
santo
»
.
Si
comunicano
con
il
pane
,
come
nell
'
ultima
cena
.
Hanno
anche
un
loro
battesimo
,
che
si
dà
a
vent
'
anni
:
con
un
sigillo
immerso
nell
'
olio
bollente
,
si
segnano
sul
petto
la
croce
davidica
con
lo
stigma
delle
due
«
C
»
che
simboleggiano
la
prima
e
la
seconda
venuta
di
Cristo
.
Un
tragico
racconto
Tommencioni
conserva
l
'
archivio
davidico
in
una
delle
tre
stanze
che
formano
la
sua
povera
casa
:
ci
sono
gli
scritti
del
Lazzeretti
e
dei
suoi
seguaci
,
per
esempio
del
Corsini
,
che
fu
anche
pittore
e
che
ha
lasciato
alla
comunità
alcuni
dipinti
che
rappresentano
le
visioni
del
santo
,
la
tragica
processione
del
18
agosto
1878
,
la
torre
sul
monte
Labro
.
Conserva
anche
,
il
Tommencioni
,
alcuni
abiti
che
furono
indossati
durante
quella
cerimonia
cruenta
:
una
camicia
rossa
con
lo
stigma
davidico
e
persino
le
scarpe
ed
il
berretto
che
David
aveva
indosso
quando
fu
ucciso
.
Su
di
una
scarpa
si
vede
una
macchia
scura
.
«
Questo
è
sangue
.
»
Tommencioni
ricorda
benissimo
il
racconto
che
gli
faceva
suo
padre
Francesco
,
che
nella
processione
portava
la
bandiera
proprio
accanto
a
David
e
vide
la
morte
del
santo
.
La
comunità
era
sul
monte
Labro
da
tre
giorni
,
in
digiuno
ed
in
penitenza
.
La
mattina
del
18
si
comunicarono
col
pane
e
con
l
'
agnello
,
poi
si
mossero
in
processione
,
uomini
,
donne
e
bambini
salmodianti
.
«
Avevano
avuto
il
permesso
dal
delegato
De
Luca
:
il
povero
David
gli
aveva
anche
dato
due
lire
,
per
le
carte
bollate
,
ma
sapeva
che
sarebbe
stato
ucciso
,
l
'
aveva
detto
più
volte
.
Infatti
quando
furono
all
'
ingresso
del
paese
De
Luca
dette
l
'
alt
.
«
David
ordinò
ai
suoi
di
fermarsi
e
fece
ancora
tre
o
quattro
passi
avanti
:
"
Io
vado
avanti
in
nome
di
Cristo
e
vi
porto
pace
e
prosperità
.
Se
volete
il
mio
sangue
,
ecco
il
mio
petto
"
.
Sparò
per
primo
il
delegato
,
col
fucile
da
caccia
,
ma
fece
cilecca
.
Spararono
i
carabinieri
:
sei
colpi
,
sei
cilecche
.
Ma
c
'
era
anche
un
bersagliere
,
che
De
Luca
si
era
aggregato
per
l
'
occasione
.
Disse
una
bestemmia
,
appoggiò
il
fucile
sulla
spalla
di
un
altro
e
sparò
»
.
David
,
colpito
in
fronte
,
sopravvisse
ancora
per
qualche
ora
e
spirò
alle
Bagnore
.
Ora
i
suoi
resti
sono
sepolti
a
Santa
Fiora
,
insieme
a
quelli
della
moglie
e
della
figlia
,
ma
i
giurisdavidici
vogliono
porre
almeno
una
pietra
sul
luogo
della
morte
.
Finora
non
son
riusciti
ad
avere
il
permesso
,
ma
il
sindaco
Ragnini
ha
promesso
che
farà
tutto
il
possibile
.
«
È
amico
mio
:
e
poi
noi
siamo
amici
di
tutti
,
vogliamo
far
del
bene
a
tutti
,
anche
a
chi
vuol
male
.
Noi
abbiamo
questa
fede
,
che
ci
pare
giusta
e
continuiamo
sulla
nostra
strada
.
Ci
possiamo
anche
sbagliare
,
ma
a
noi
pare
di
essere
nel
giusto
»
.
Tommencioni
è
stato
in
guerra
,
nel
1915
,
insieme
a
Nazzareno
Bargagli
,
anche
lui
giurisdavidico
.
Mi
dice
che
non
voleva
uccidere
:
«
Quelli
là
eran
gente
che
non
conoscevo
,
che
non
mi
aveva
fatto
niente
.
E
allora
,
perché
dovevo
ammazzarli
?
Mi
raccomandai
tanto
a
David
che
mi
facesse
scappare
,
ed
infatti
ebbi
l
'
esonero
.
Nazzareno
lo
stesso
:
si
raccomandò
tanto
a
David
,
gli
chiese
di
morire
,
o
magari
di
esser
ferito
,
prima
di
dover
ammazzare
qualcuno
.
E
infatti
rimase
ferito
e
tornò
a
casa
»
.
Non
è
facile
far
parlare
Tommencioni
,
al
principio
,
quando
gli
chiedo
se
la
comunità
ha
idee
politiche
.
Dice
che
la
politica
non
c
'
entra
niente
,
con
la
religione
e
che
lui
di
rado
legge
i
giornali
.
Ma
a
votare
vanno
sempre
,
si
capisce
.
«
Ma
non
c
'
è
nessun
partito
che
mette
in
pratica
le
idee
di
David
,
che
voleva
la
fratellanza
per
tutti
,
ed
il
vero
socialismo
»
.
«
Ma
allora
come
vi
comportate
,
a
chi
date
il
voto
?
»
«
A
quelli
che
sono
più
vicini
a
noi
,
ai
socialisti
»
.
«
Quali
socialisti
?
»
«
Quelli
veri
,
quelli
di
Nenni
»
.
«
E
perché
non
agli
altri
?
»
«
Quali
,
quelli
di
Saragat
?
Ma
quelli
son
dalla
parte
dei
signori
»
.
Tommencioni
a
questo
punto
si
anima
,
ed
alza
la
voce
.
«
Ma
come
fate
a
sapere
queste
cose
,
se
non
leggete
mai
i
giornali
?
»
«
Lo
sappiamo
,
Io
sappiamo
:
durante
le
elezioni
venivano
di
tutti
i
partiti
,
a
convincerci
;
ma
noi
non
ci
facciamo
mettere
nel
sacco
da
nessuno
.
Lo
sappiamo
quel
che
si
deve
fare
.
Avete
visto
,
però
,
che
bel
passo
avanti
.
E
se
si
rifacessero
le
elezioni
,
andrebbe
anche
meglio
»
.
StampaQuotidiana ,
RIBOLLA
,
luglio
-
Se
c
'
è
un
luogo
,
qua
in
Maremma
,
che
contraddice
la
immagine
convenzionale
che
molti
hanno
di
questa
terra
(
i
butteri
,
il
palude
,
i
cinghiali
)
quel
luogo
è
certamente
Ribolla
:
su
di
una
pianura
disuguale
,
ondulata
da
brevi
collinette
brulle
,
si
stendono
sparpagliate
le
casupole
dei
minatori
,
congiunte
da
una
lunga
strada
tortuosa
,
piena
di
polvere
.
Al
centro
,
sudi
un
viale
più
largo
,
un
edificio
di
chiara
architettura
del
ventennio
,
che
fu
la
sede
del
Dopolavoro
,
poi
alcune
palazzine
con
qualche
pretesa
,
uno
stento
giardinetto
,
gli
eucaliptus
annosi
,
che
in
Maremma
furono
piantati
quando
si
credeva
che
potessero
contribuire
ad
eliminare
l
'
umidità
del
terreno
,
e
quindi
la
malaria
.
Da
Ribolla
si
estrae
carbone
fossile
,
lignite
,
una
vecchia
miniera
che
era
già
in
attività
prima
dell
'
altra
guerra
.
La
guerra
,
anzi
,
ha
sempre
dato
maggior
lavoro
a
Ribolla
:
fu
così
al
tempo
della
Prima
,
è
stato
così
con
la
Seconda
,
quando
gli
operai
salirono
sopra
i
cinquemila
.
Da
allora
è
stata
una
progressiva
riduzione
del
personale
dai
tremilaseicento
del
'48
siamo
ai
milletrecento
circa
occupati
oggi
.
La
Montecatini
,
che
qui
è
proprietaria
,
oltre
che
della
miniera
,
anche
degli
impianti
,
delle
strade
,
delle
case
,
e
dell
'
aria
,
scrive
sui
manifesti
che
non
è
vero
quanto
affermano
le
organizzazioni
sindacali
,
che
cioè
si
intende
smobilitare
,
ma
le
cifre
restano
quelle
e
quella
è
la
tecnica
.
Si
cominciò
col
mandare
a
casa
gli
ultrasessantenni
,
poi
si
istituirono
premi
di
smobilitazione
per
chi
intendeva
andarsene
,
prima
sessanta
,
poi
cento
,
infine
trecentomila
lire
per
ogni
autolicenziato
.
Dei
cinque
pozzi
un
tempo
attivi
,
due
sono
stati
abbandonati
senza
allargare
le
ricerche
che
molto
probabilmente
sarebbero
state
fruttuose
:
degli
altri
tre
,
due
sono
in
esaurimento
e
la
società
vi
pratica
la
coltivazione
a
rapina
.
Non
si
preoccupa
,
cioè
,
di
colmare
di
terra
le
gallerie
esaurite
,
e
questo
rende
sempre
più
probabili
vuoti
d
'
aria
,
frane
ed
incendi
.
Si
fa
economia
di
legname
da
armatura
,
e
gli
incendi
si
fanno
sempre
più
frequenti
:
nello
scorso
anno
se
ne
ebbero
200
lievi
e
50
gravi
,
rispetto
ai
150
e
35
del
1951
,
con
un
aumento
,
cioè
,
rispettivamente
del
33,33
e
del
42,8
per
cento
.
Negli
ultimi
tre
mesi
si
sono
registrate
dodici
frane
.
Il
nuovo
direttore
della
miniera
,
che
si
chiama
(
non
è
uno
scherzo
)
Padroni
,
e
non
è
ingegnere
minerario
,
ma
elettrotecnico
,
ha
appunto
questo
incarico
:
risparmiare
fino
alla
smobilitazione
.
Sugli
operai
si
preme
in
vario
modo
:
minime
interdizioni
del
lavoro
sono
punite
con
multa
e
sospensione
in
prima
istanza
,
poi
con
il
licenziamento
.
Il
lavoro
si
svolge
con
una
temperatura
che
va
da
un
minimo
di
34
ad
un
massimo
di
oltre
42
gradi
:
poiché
il
«
calore
»
,
per
contratto
,
dev
'
essere
retribuito
con
una
indennità
aggiunta
,
la
società
ricorre
al
sistema
di
immettere
un
gocciolamento
d
'
aria
nei
tubi
di
ventilazione
,
con
il
risultato
di
diminuire
il
calore
,
aumentando
l
'
umidità
,
oppure
fa
pressione
sui
sorveglianti
perché
registrino
una
temperatura
inferiore
a
quella
reale
.
Agli
operai
si
impone
una
norma
costante
di
trenta
vagoncini
per
squadra
(
due
uomini
)
ogni
turno
,
senza
tener
conto
delle
infinite
varietà
della
situazione
in
cui
può
svolgersi
il
lavoro
:
si
sono
avuti
20
licenziamenti
per
inadempienza
della
norma
.
Nel
gennaio
scorso
l
'
operaio
Giovanni
Brizzigotti
è
morto
schiacciato
sotto
la
gabbia
dell
'
ascensore
:
gli
mancavano
tre
vagoncini
e
la
fine
del
turno
era
vicina
;
la
fretta
,
la
stanchezza
,
una
distrazione
,
e
l
'
incidente
è
avvenuto
.
Tutto
questo
è
stato
più
volte
denunciato
al
Distretto
minerario
,
in
quanto
contravviene
a
precise
norme
di
legislazione
mineraria
,
ma
tutto
è
rimasto
lettera
morta
.
Si
fanno
,
naturalmente
,
discriminazioni
di
carattere
politico
e
sindacale
.
L
'
anno
scorso
la
società
istituì
una
multa
di
cinquecento
,
e
poi
di
mille
lire
,
per
gli
scioperanti
,
ed
un
premio
eguale
per
i
crumiri
.
Molti
,
pur
non
accettando
lo
sciopero
e
recandosi
al
lavoro
,
hanno
rifiutato
il
premio
;
cinque
sorveglianti
hanno
chiesto
di
lasciare
il
grado
e
di
ritornare
semplici
operai
.
Tutte
queste
cose
mi
dice
Duilio
Betti
,
un
dirigente
sindacale
:
è
un
giovane
sui
trent
'
anni
,
di
robusta
corporatura
.
Parla
marchigiano
,
ed
infatti
è
nato
ad
Urbino
,
ma
la
lunga
permanenza
in
Maremma
dà
al
suo
accento
improvvise
e
strane
aperture
toscane
:
quando
dice
«
Montecarlo
»
aspira
con
enfasi
la
«
ci
»
,
come
un
operaio
del
luogo
.
Ha
lavorato
anche
alla
pirite
di
Gavorrano
,
ma
ora
,
nella
sua
qualità
di
dirigente
sindacale
,
è
in
aspettativa
.
L
'
episodio
più
recente
di
lotta
risale
allo
scorso
marzo
.
Quarantotto
operai
minacciati
di
licenziamento
rimasero
nel
pozzo
per
tre
giorni
.
La
polizia
bloccò
gli
accessi
,
sperando
di
prenderli
per
fame
,
ma
senza
risultato
.
Allora
,
la
società
decise
l
'
intervento
armato
:
dirigevano
le
operazioni
,
insieme
al
vicequestore
,
il
direttore
della
miniera
ed
il
dottor
Riccardi
,
commercialista
,
transfuga
dei
sindacati
operai
ed
attualmente
direttore
politico
del
gruppo
delle
miniere
della
Maremma
.
Abita
a
Massa
Marittima
,
organizza
circoli
culturali
per
impiegati
e
tecnici
,
ha
istituito
il
«
prete
di
fabbrica
»
,
cioè
un
sacerdote
che
avvicina
gli
operai
,
anche
in
fondo
ai
pozzi
,
e
li
«
rieduca
»
.
Anche
il
premio
di
crumiraggio
è
opera
sua
.
La
polizia
invase
i
pozzi
,
circondò
gli
operai
,
li
catturò
senza
che
facessero
un
gesto
di
ribellione
.
Il
commissario
di
P.S.
,
mi
racconta
Betti
,
non
voleva
ammanettarli
,
perché
non
avevano
commesso
reato
alcuno
,
ma
la
direzione
della
miniera
reclamò
che
venissero
fuori
con
i
ferri
,
per
dare
l
'
esempio
agli
altri
.
Furono
arrestati
ed
incarcerati
sotto
l
'
accusa
di
«
violazione
di
proprietà
»
e
rilasciati
dopo
cinque
giorni
di
detenzione
;
naturalmente
hanno
avuto
subito
il
licenziamento
.
I
giornali
democristiani
parlarono
della
«
brillante
manovra
»
della
polizia
e
si
felicitarono
con
chi
la
diresse
.
I
giornali
democristiani
dipingono
sovente
i
minatori
come
degli
agiati
incomprensibilmente
scontenti
:
il
fatto
è
che
la
media
dei
salari
si
aggira
,
tutto
compreso
,
sulle
35mila
lire
mensili
.
Si
hanno
delle
punte
fino
alle
55-60mila
lire
,
come
è
il
caso
dell
'
operaio
Capitani
,
che
ha
quattro
figli
ed
un
lavoro
specializzato
:
ma
Capitani
ha
trentotto
anni
e
ne
dimostra
cinquanta
,
dopo
ventotto
di
miniera
.
Mancano
le
case
,
a
Ribolla
.
Ho
visto
famiglie
di
quattro
persone
abitare
in
una
sola
stanza
,
divisa
da
un
tramezzo
che
separa
la
camera
dalla
cucina
.
Stanze
incredibilmente
pulite
e
rassettate
,
all
'
interno
,
magari
con
la
radio
e
la
cucina
a
gas
,
ma
senz
'
acqua
,
con
un
gabinetto
comune
ogni
trenta
-
quaranta
famiglie
.
I
cedimenti
del
terreno
provocano
vibrazioni
e
conseguenti
paurose
crepature
nei
muri
.
La
Montecatini
le
ha
dichiarate
inabitabili
,
rifiuta
gli
affitti
,
ed
ingiunge
alla
gente
di
andarsene
,
ma
dove
?
Intanto
le
più
pericolanti
sono
state
«
incatenate
»
,
assicurate
,
cioè
,
con
un
cavo
teso
intorno
alle
quattro
pareti
,
un
metro
sotto
il
tetto
,
per
impedire
che
si
sfascino
improvvisamente
.