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La violenza oscura ( Bobbio Norberto , 1984 )
StampaQuotidiana ,
L ' anno finisce nel nostro paese sotto il segno della violenza più abietta . Mi vado sempre più convincendo che la violenza terroristica , specie quella rivolta non contro il personaggio rappresentativo di un potere che si vuole abbattere , ma quella che si scatena contro una folla ignara , scelta a caso , con assoluta indifferenza , sia violenza fine a se stessa . La violenza per la violenza . O per lo meno l ' enorme sproporzione tra il mezzo e il fine è tale che nessuna persona ragionevole riesce a far valere rispetto a tale atto la massima machiavellica del fine che giustifica i mezzi . Questa massima fondamentale dell ' etica politica , e non solamente dell ' etica politica ma di ogni etica che giudica l ' azione , qualsiasi azione , non in base a principi universali ma in base ai risultati , richiede per essere accettata tre condizioni . Primo : non qualsiasi fine giustifica qualsiasi mezzo . Il fine che giustifica il mezzo deve a sua volta essere giustificato . In altre parole , deve essere un fine buono . Ma in base a quale criterio si distinguono i fini buoni dai fini cattivi ? E chi giudica quali sono i fini buoni e i fini cattivi ? La massima machiavellica lascia questo problema completamente aperto . L ' etica dei risultati rinvia all ' etica dei principi in un circolo senza fine . Secondo : il fine deve essere non solo in qualche modo giustificabile ma anche con una certa probabilità raggiungibile . Nel dramma di Camus , I giusti , uno dei protagonisti , il rivoluzionario , proclama : « Noi uccidiamo per costruire un mondo ove più nessuno ucciderà » , applicando la massima secondo cui il fine giustifica i mezzi , e annunciando un fine che non può non essere universalmente riconosciuto come moralmente nobile . Ma la sua compagna lo interrompe : « E se così non fosse ? » Quante volte nella storia è stata compiuta un ' azione moralmente riprovevole con intenzione di perseguire uno scopo nobile , ma poi , « non è stato così » ? Terzo : pure ammesso che il fine sia nobile , il che vuol dire giustificabile con argomenti di carattere etico , e raggiungibile con una certa probabilità , il che vuol dire non arbitrario , non velleitario , non ingenuamente utopistico , i mezzi impiegati debbono essere tali da far presumere in base al senso comune che siano adeguati al fine , e se vengono giudicati in base allo stesso senso comune immorali , siano anche i soli mezzi capaci di ottenere quello scopo e pertanto siano non solo opportuni ma anche rigorosamente necessari . In un atto terroristico come quello compiuto la sera di domenica 23 dicembre , non si ritrova nessuna di queste tre condizioni . Anzitutto qual è il fine ? Impossibile il giudizio sulla bontà o non bontà del fine , se non si sa esattamente quale sia il fine dichiarato o presunto . Generalmente nell ' atto di terrorismo puro il fine non è dichiarato : a differenza del terrorista che colpisce un bersaglio preciso , il terrorista il cui obiettivo è unicamente quello di seminar panico in una folla inerme , può rivendicare il gesto ma non ne rivela mai lo scopo . Per dare un ' apparenza di giustificazione razionale a questa forma di terrorismo si è creduto , dalla strage di piazza Fontana in poi , che un fine più o meno preciso ma reale esistesse ( e in questo senso si può parlare di fine presunto ) e consistesse nella creazione di uno stato di cose cui è stato dato un nome : destabilizzazione . Ma che significa « destabilizzare » ? Si tratta di una delle tante parole del linguaggio politico che , essendo abitualmente usate nella conversazione quotidiana , si finisce di convincersi abbiano un significato preciso , mentre non appena si tenta di definirle ci si accorge che sono mobili , fluide , inafferrabili . Proviamo a intendere per « destabilizzare » il provocare , in una compagine sociale , uno stato di confusione tale da rendere praticamente impossibile il normale funzionamento di un sistema politico qualunque esso sia ( non è detto che solo i regimi democratici possano essere oggetto di un ' azione destabilizzante ) . Ma questo fine è raggiungibile ? Che una strage anche grandissima , in un solo punto del territorio nazionale , specie quando si tratti di un territorio vasto come quello italiano , possa avere conseguenze tali da creare le condizioni per un rivolgimento capace di mutare radicalmente lo stato di cose vigente , è poco credibile . Del resto le stragi sinora compiute non hanno avuto altro esito che quello di seminare panico , sollevare indignazione , provocare lutti le cui conseguenze private sono infinitamente superiori a quelle pubbliche e politiche . Il corso degli eventi sarebbe stato diverso nel nostro paese se le stragi non fossero avvenute ? Avremmo avuto governi più stabili , politici meno discussi , maggiore o minore inflazione , maggiore o minore disoccupazione ? Non dovrebbe essere allora altrettanto destabilizzante un terremoto ? In un naufragio non muoiono altrettante vittime innocenti ? Ma se il raggiungimento del fine , anche di quello presunto , è poco probabile , non si dovrà dedurre che i mezzi ( mi riferisco alla terza condizione ) sono di per sé palesemente inadeguati ? Le interpretazioni possibili di una simile azione sono due : o l ' attore è irrazionale oppure il mezzo si è convertito nel fine , non ha un fine perché è esso stesso il fine . Riguardo all ' azione del terrorismo puro , io propendo per questa seconda interpretazione . L ' unico fine della strage è la strage . So benissimo di correre sul filo del paradosso . Ma cerco di far capire e di capire io stesso che vi sono azioni umane di fronte alle quali si può parlare di malvagità assoluta . Se è vero , come io credo sia vero , che la moralità assoluta consista nel fare il bene con nessun altro scopo che quello di fare il bene , disinteressatamente , la immoralità assoluta dovrà consistere nel compiere un ' azione malvagia con nessun altro scopo che quello di fare il male . Il terrorista che fa esplodere la bomba in un treno è perfettamente consapevole del fatto che le vittime designate sono innocenti . Non sono neppure suoi nemici . Non sono neppure capri espiatori di un rito propiziatorio compiuto per placare un dio irato . Sono cose vili , oggetti di nessun conto ( e per questo l ' uno vale l ' altro ) , la cui distruzione egli affida al caso per mostrare la sua cieca volontà di potenza , la sua radicale indifferenza ad ogni fine che la trascenda .