StampaQuotidiana ,
L
'
anno
finisce
nel
nostro
paese
sotto
il
segno
della
violenza
più
abietta
.
Mi
vado
sempre
più
convincendo
che
la
violenza
terroristica
,
specie
quella
rivolta
non
contro
il
personaggio
rappresentativo
di
un
potere
che
si
vuole
abbattere
,
ma
quella
che
si
scatena
contro
una
folla
ignara
,
scelta
a
caso
,
con
assoluta
indifferenza
,
sia
violenza
fine
a
se
stessa
.
La
violenza
per
la
violenza
.
O
per
lo
meno
l
'
enorme
sproporzione
tra
il
mezzo
e
il
fine
è
tale
che
nessuna
persona
ragionevole
riesce
a
far
valere
rispetto
a
tale
atto
la
massima
machiavellica
del
fine
che
giustifica
i
mezzi
.
Questa
massima
fondamentale
dell
'
etica
politica
,
e
non
solamente
dell
'
etica
politica
ma
di
ogni
etica
che
giudica
l
'
azione
,
qualsiasi
azione
,
non
in
base
a
principi
universali
ma
in
base
ai
risultati
,
richiede
per
essere
accettata
tre
condizioni
.
Primo
:
non
qualsiasi
fine
giustifica
qualsiasi
mezzo
.
Il
fine
che
giustifica
il
mezzo
deve
a
sua
volta
essere
giustificato
.
In
altre
parole
,
deve
essere
un
fine
buono
.
Ma
in
base
a
quale
criterio
si
distinguono
i
fini
buoni
dai
fini
cattivi
?
E
chi
giudica
quali
sono
i
fini
buoni
e
i
fini
cattivi
?
La
massima
machiavellica
lascia
questo
problema
completamente
aperto
.
L
'
etica
dei
risultati
rinvia
all
'
etica
dei
principi
in
un
circolo
senza
fine
.
Secondo
:
il
fine
deve
essere
non
solo
in
qualche
modo
giustificabile
ma
anche
con
una
certa
probabilità
raggiungibile
.
Nel
dramma
di
Camus
,
I
giusti
,
uno
dei
protagonisti
,
il
rivoluzionario
,
proclama
:
«
Noi
uccidiamo
per
costruire
un
mondo
ove
più
nessuno
ucciderà
»
,
applicando
la
massima
secondo
cui
il
fine
giustifica
i
mezzi
,
e
annunciando
un
fine
che
non
può
non
essere
universalmente
riconosciuto
come
moralmente
nobile
.
Ma
la
sua
compagna
lo
interrompe
:
«
E
se
così
non
fosse
?
»
Quante
volte
nella
storia
è
stata
compiuta
un
'
azione
moralmente
riprovevole
con
intenzione
di
perseguire
uno
scopo
nobile
,
ma
poi
,
«
non
è
stato
così
»
?
Terzo
:
pure
ammesso
che
il
fine
sia
nobile
,
il
che
vuol
dire
giustificabile
con
argomenti
di
carattere
etico
,
e
raggiungibile
con
una
certa
probabilità
,
il
che
vuol
dire
non
arbitrario
,
non
velleitario
,
non
ingenuamente
utopistico
,
i
mezzi
impiegati
debbono
essere
tali
da
far
presumere
in
base
al
senso
comune
che
siano
adeguati
al
fine
,
e
se
vengono
giudicati
in
base
allo
stesso
senso
comune
immorali
,
siano
anche
i
soli
mezzi
capaci
di
ottenere
quello
scopo
e
pertanto
siano
non
solo
opportuni
ma
anche
rigorosamente
necessari
.
In
un
atto
terroristico
come
quello
compiuto
la
sera
di
domenica
23
dicembre
,
non
si
ritrova
nessuna
di
queste
tre
condizioni
.
Anzitutto
qual
è
il
fine
?
Impossibile
il
giudizio
sulla
bontà
o
non
bontà
del
fine
,
se
non
si
sa
esattamente
quale
sia
il
fine
dichiarato
o
presunto
.
Generalmente
nell
'
atto
di
terrorismo
puro
il
fine
non
è
dichiarato
:
a
differenza
del
terrorista
che
colpisce
un
bersaglio
preciso
,
il
terrorista
il
cui
obiettivo
è
unicamente
quello
di
seminar
panico
in
una
folla
inerme
,
può
rivendicare
il
gesto
ma
non
ne
rivela
mai
lo
scopo
.
Per
dare
un
'
apparenza
di
giustificazione
razionale
a
questa
forma
di
terrorismo
si
è
creduto
,
dalla
strage
di
piazza
Fontana
in
poi
,
che
un
fine
più
o
meno
preciso
ma
reale
esistesse
(
e
in
questo
senso
si
può
parlare
di
fine
presunto
)
e
consistesse
nella
creazione
di
uno
stato
di
cose
cui
è
stato
dato
un
nome
:
destabilizzazione
.
Ma
che
significa
«
destabilizzare
»
?
Si
tratta
di
una
delle
tante
parole
del
linguaggio
politico
che
,
essendo
abitualmente
usate
nella
conversazione
quotidiana
,
si
finisce
di
convincersi
abbiano
un
significato
preciso
,
mentre
non
appena
si
tenta
di
definirle
ci
si
accorge
che
sono
mobili
,
fluide
,
inafferrabili
.
Proviamo
a
intendere
per
«
destabilizzare
»
il
provocare
,
in
una
compagine
sociale
,
uno
stato
di
confusione
tale
da
rendere
praticamente
impossibile
il
normale
funzionamento
di
un
sistema
politico
qualunque
esso
sia
(
non
è
detto
che
solo
i
regimi
democratici
possano
essere
oggetto
di
un
'
azione
destabilizzante
)
.
Ma
questo
fine
è
raggiungibile
?
Che
una
strage
anche
grandissima
,
in
un
solo
punto
del
territorio
nazionale
,
specie
quando
si
tratti
di
un
territorio
vasto
come
quello
italiano
,
possa
avere
conseguenze
tali
da
creare
le
condizioni
per
un
rivolgimento
capace
di
mutare
radicalmente
lo
stato
di
cose
vigente
,
è
poco
credibile
.
Del
resto
le
stragi
sinora
compiute
non
hanno
avuto
altro
esito
che
quello
di
seminare
panico
,
sollevare
indignazione
,
provocare
lutti
le
cui
conseguenze
private
sono
infinitamente
superiori
a
quelle
pubbliche
e
politiche
.
Il
corso
degli
eventi
sarebbe
stato
diverso
nel
nostro
paese
se
le
stragi
non
fossero
avvenute
?
Avremmo
avuto
governi
più
stabili
,
politici
meno
discussi
,
maggiore
o
minore
inflazione
,
maggiore
o
minore
disoccupazione
?
Non
dovrebbe
essere
allora
altrettanto
destabilizzante
un
terremoto
?
In
un
naufragio
non
muoiono
altrettante
vittime
innocenti
?
Ma
se
il
raggiungimento
del
fine
,
anche
di
quello
presunto
,
è
poco
probabile
,
non
si
dovrà
dedurre
che
i
mezzi
(
mi
riferisco
alla
terza
condizione
)
sono
di
per
sé
palesemente
inadeguati
?
Le
interpretazioni
possibili
di
una
simile
azione
sono
due
:
o
l
'
attore
è
irrazionale
oppure
il
mezzo
si
è
convertito
nel
fine
,
non
ha
un
fine
perché
è
esso
stesso
il
fine
.
Riguardo
all
'
azione
del
terrorismo
puro
,
io
propendo
per
questa
seconda
interpretazione
.
L
'
unico
fine
della
strage
è
la
strage
.
So
benissimo
di
correre
sul
filo
del
paradosso
.
Ma
cerco
di
far
capire
e
di
capire
io
stesso
che
vi
sono
azioni
umane
di
fronte
alle
quali
si
può
parlare
di
malvagità
assoluta
.
Se
è
vero
,
come
io
credo
sia
vero
,
che
la
moralità
assoluta
consista
nel
fare
il
bene
con
nessun
altro
scopo
che
quello
di
fare
il
bene
,
disinteressatamente
,
la
immoralità
assoluta
dovrà
consistere
nel
compiere
un
'
azione
malvagia
con
nessun
altro
scopo
che
quello
di
fare
il
male
.
Il
terrorista
che
fa
esplodere
la
bomba
in
un
treno
è
perfettamente
consapevole
del
fatto
che
le
vittime
designate
sono
innocenti
.
Non
sono
neppure
suoi
nemici
.
Non
sono
neppure
capri
espiatori
di
un
rito
propiziatorio
compiuto
per
placare
un
dio
irato
.
Sono
cose
vili
,
oggetti
di
nessun
conto
(
e
per
questo
l
'
uno
vale
l
'
altro
)
,
la
cui
distruzione
egli
affida
al
caso
per
mostrare
la
sua
cieca
volontà
di
potenza
,
la
sua
radicale
indifferenza
ad
ogni
fine
che
la
trascenda
.