StampaQuotidiana ,
Milano
,
dicembre
.
Qui
Milano
network
,
la
«
televisiun
»
,
privata
e
pubblica
,
reti
uno
,
quattro
,
cinque
,
Euro
TV
,
Rete
A
e
consideriamo
pure
a
parte
Antenna
3
,
il
cui
patron
,
Renzo
Villa
,
è
anche
il
conduttore
dello
show
festivo
,
tanto
per
capire
l
'
ambiente
,
un
po
'
saloon
.
Fin
che
la
dura
,
la
più
ricca
,
lussuosa
,
dissipatrice
televisione
del
creato
,
capace
da
sola
di
ingoiare
i
due
quinti
della
produzione
americana
e
di
consumare
in
un
giorno
tanti
film
,
telefilm
e
serial
quanto
gli
USA
o
la
Germania
in
una
settimana
.
Per
via
,
si
sa
,
della
sfida
infernale
delle
private
fra
di
loro
e
con
la
RAI
che
essendo
femmina
virtuosa
si
è
trovata
con
la
gonna
alzata
dalla
concorrenza
a
mostrar
natiche
un
po
'
rugose
e
biancheria
rattoppata
.
Reti
di
un
solo
proprietario
contro
reti
di
affiliati
,
come
i
contadini
contro
i
mandriani
del
West
,
per
disputarsi
l
'
immensa
prateria
televisiva
,
le
grasse
mandrie
pubblicitarie
da
condurre
al
santo
macello
,
con
lotta
all
'
ultimo
sangue
,
ossessiva
,
grottesca
per
la
audience
,
l
'
ascolto
pagato
con
cifre
enormi
,
non
sai
mai
se
autentiche
o
gonfiate
:
programmi
per
500
miliardi
e
2000
titoli
nei
magazzini
di
Canale
5
e
di
Rete
4
,
Dallas
contro
Dynasty
,
quanto
a
dire
serial
da
un
miliardo
a
puntata
,
per
la
produzione
,
comperati
prima
a
24.000
dollari
a
puntata
e
poi
,
a
forza
di
rilanci
,
a
100.000
.
E
dietro
a
valanga
Flamingo
road
,
Falcon
crest
,
Magnum
sino
alle
vette
di
Uccelli
di
rovo
e
di
Venti
di
guerra
in
quella
euforia
,
un
po
'
irresponsabile
,
che
vi
prende
nei
casinò
o
nel
salone
delle
grida
alla
Borsa
,
dicono
due
miliardi
a
testa
per
film
come
l
'
Ufficiale
e
gentiluomo
e
Rambo
e
sicuramente
mezzo
miliardo
per
qualsiasi
filmetto
pornodialettal
-
comico
.
Ma
chi
si
ferma
davanti
all
'
ascesa
continua
della
pubblicità
?
Le
sole
private
sono
passate
dai
60
miliardi
del
'79
,
ai
144
dell'80
,
ai
255
dell'81
,
ai
467
dell'82
,
ai
720
dell'83
ai
previsti
1400
dell'84
,
con
crescita
a
raddoppio
.
Sì
,
non
sarà
tutto
oro
quello
che
luce
,
le
cifre
sono
al
lordo
,
spesso
pagate
con
«
cambio
merci
»
cucine
,
piastrelle
,
liquori
che
poi
bisogna
rivendere
e
magari
quasi
al
limite
del
codice
,
con
ristorni
,
in
nero
,
ai
titolari
di
azienda
,
se
la
vedano
poi
loro
con
i
soci
,
le
banche
,
gli
azionisti
,
e
cospicui
gratuiti
:
se
mi
paghi
cento
spot
nelle
ore
di
punta
,
te
ne
regalo
cento
nelle
altre
ore
.
Non
sarà
tutto
oro
,
ma
tanto
oro
quanto
basta
per
celebrare
,
fra
addetti
,
le
gesta
dei
pistoleros
tivù
:
«
Giuseppe
Lamastra
,
direttore
acquisti
di
Rete
4
,
ha
soffiato
a
Berlusconi
tutto
lo
stock
della
Publikompass
»
.
Due
giorni
dopo
Silvio
Berlusconi
risponde
«
bloccando
l
'
intero
pacchetto
della
Cineriz
,
ha
scelto
fra
250
film
il
meglio
,
pagandoli
ognuno
36
milioni
(
cifre
del
'79
)
contro
i
35
del
concorrente
»
.
Allora
Formenton
,
boss
di
Rete
4
,
si
fionda
in
Brasile
a
mietere
telenovelas
.
Moltiplicando
per
cento
,
per
mille
è
un
po
'
come
il
boom
dei
rotocalchi
nell
'
immediato
dopoguerra
,
con
i
tipici
sviluppi
all
'
italiana
,
la
rana
che
si
gonfia
a
rischio
di
scoppiare
.
Nessuno
ha
tempo
per
studiare
,
per
inventare
si
fa
più
presto
a
comperare
il
meglio
che
c
'
è
,
íl
direttore
che
ha
avuto
successo
,
la
testata
fortunata
,
il
genere
che
va
.
Il
bollettino
di
guerra
risuona
per
corridoi
e
uffici
.
Udite
!
Udite
!
Lillo
Tombolini
è
passato
da
Rete
uno
a
Rete
4
con
Enzo
Papelli
in
fuga
dalla
RAI
e
allora
Canale
5
ha
sparato
a
zero
sulla
Sipra
,
concessionaria
RAI
,
le
ha
rubato
Longhi
,
direttore
vendite
!
Ma
di
queste
lotte
stellari
fra
gli
staff
televisivi
il
pubblico
sa
poco
e
nulla
e
poi
non
se
ne
cura
attonito
come
è
di
fronte
ai
trasferimenti
di
Mike
(
Bongiorno
)
di
Pippo
(
Baudo
)
e
di
Corrado
.
Come
ai
tempi
eroici
dei
rotocalchi
si
torna
all
'
editore
leggendario
,
al
padre
padrone
come
furono
l
'
Angelo
Rízzoli
e
l
'
Arnoldo
Mondadori
,
al
boss
duro
-
fraterno
,
capitalista
ma
amico
del
fattorino
,
tecnico
,
contabile
,
grafico
,
inventore
,
esperto
in
tette
da
copertina
,
simpatico
anche
nelle
sue
«
ire
funeste
»
,
il
factotum
che
attraversa
le
aziende
in
ogni
direzione
per
provvedere
a
tutto
,
per
tenere
assieme
questo
mondo
nuovo
che
sembra
sempre
sul
punto
di
sfasciarsi
,
di
dissolversi
.
Silvio
Berlusconi
è
il
padre
padrone
più
noto
,
conosciuto
anche
come
«
mister
five
»
o
«
il
ragazzo
della
via
Gluck
»
o
per
antonomasia
«
quello
che
trova
sempre
i
soldi
,
chi
sa
dove
»
fulmineo
e
onnipresente
e
vorace
come
un
Howard
Hughes
,
speriamo
per
lui
e
per
noi
un
po
'
meno
«
cabiria
»
;
o
il
Mario
Formenton
,
esitante
fra
l
'
aplomb
del
grande
editore
e
la
grinta
del
vecchio
rugbista
,
o
il
re
del
latte
Calisto
Tanzi
,
forse
il
più
temerario
dato
il
finanziamento
del
«
Globo
»
e
l
'
Alberto
Peruzzo
,
per
antonomasia
«
ma
da
dove
è
spuntato
?
»
.
E
al
loro
seguito
i
comprimari
e
le
macchinette
,
i
self
made
man
e
i
portaborracce
,
i
forzuti
e
le
bionde
eroine
.
Ecco
Annamaria
Frizzi
,
veneta
,
moglie
di
industriale
e
industriale
essa
stessa
che
pianta
marito
e
azienda
per
mettersi
nella
pubblicità
con
Berlusconi
e
tirar
su
in
un
anno
,
da
sola
,
15
miliardi
.
Non
male
al
15
per
cento
di
interessenza
.
E
papà
Balini
?
Per
anni
lo
hanno
visto
fare
anticamera
nei
corridoi
della
RAI
con
la
sua
valigia
piena
di
pizze
cinematografiche
italo
-
americane
che
i
signori
di
via
Mazzini
non
degnavano
di
uno
sguardo
.
Adesso
è
miliardario
,
si
è
stabilito
a
Hollywood
e
siccome
la
cucina
locale
non
gli
va
sta
aprendo
dei
ristoranti
italiani
,
mentre
procura
serial
a
Berlusconi
che
lo
paga
con
la
metà
degli
inserti
pubblicitari
inseriti
,
come
usa
dire
alla
brianzola
«
dentro
la
pucetta
»
dentro
lo
zabaione
del
successo
.
Uno
che
ricorda
un
po
'
Lombardi
,
«
l
'
amico
degli
animali
»
della
prima
televisione
,
è
il
Rino
Tommasi
consulente
sportivo
e
americanista
,
1800
libri
sullo
sport
yankee
,
intervista
di
un
'
ora
a
Kissinger
sul
soccer
e
l
'
olimpiade
,
un
tipico
«
superstat
»
macchina
statistica
.
A
parte
mettiamo
Carlo
Freccero
trentasette
anni
,
re
dei
programmi
che
hanno
fatto
la
fortuna
di
Canale
5
e
1
,
o
meglio
dire
del
palinsesto
,
che
se
lo
cerchi
sullo
Zingarellí
trovi
«
pergamena
più
volte
grattata
e
riscritta
»
che
non
è
poi
molto
distante
dal
significato
televisivo
.
Ci
incontriamo
alla
cafeteria
di
Milano
2
,
che
sembra
di
essere
a
Santa
Monica
California
,
luci
tenui
,
olive
e
Martini
,
stangone
biondo
platino
in
attesa
della
prova
di
balletto
,
registi
che
fanno
il
baciamano
.
E
c
'
è
anche
lui
,
Carlo
Freccero
intellettuale
sessantottino
,
raffinato
,
fra
la
nostalgia
e
l
'
incubo
della
stagione
utopica
.
«
Lei
Freccero
come
ha
sfondato
?
»
«
Mi
sono
sforzato
di
capire
tre
o
quattro
cose
,
già
molte
,
no
?
La
prima
è
che
sul
prodotto
non
puoi
bluffare
,
devi
avere
il
meglio
,
dunque
muoverti
sul
mercato
americano
.
La
seconda
l
'
avevo
scoperta
in
una
mia
archeologia
delle
TV
private
degli
inizi
:
quella
loro
rivelazione
del
prato
basso
italiano
,
ignoto
ma
ricco
e
vitale
,
il
prato
di
Portobello
,
degli
spettacoli
a
premi
,
partecipati
,
della
gente
che
parte
in
pullman
dalla
provincia
per
i
suoi
pellegrinaggi
laici
,
non
più
ai
santuari
per
chieder
la
grazia
alla
Madonna
,
ma
ai
teatri
televisivi
dove
si
celebra
il
dio
denaro
.
Poi
la
RAI
,
come
punto
di
riferimento
obbligatorio
,
perché
la
RAI
vuol
dire
venti
anni
di
abitudine
,
di
appuntamenti
fissi
,
magari
anche
di
noie
famigliari
,
ma
comunque
la
televisione
.
Quando
io
sono
arrivato
nella
professione
,
le
private
avevano
già
occupato
le
ore
vuote
o
silenziose
o
noiose
della
RAI
nel
pomeriggio
e
nella
tarda
sera
.
Restava
da
conquistare
il
peak
point
,
come
lo
chiamano
,
il
massimo
ascolto
delle
8
e
30
di
sera
.
Ce
l
'
abbiamo
fatta
con
dei
programmi
omogenei
,
sempre
riferiti
all
'
immagine
dell
'
emittente
,
famigliar
-
americana
di
Canale
5
,
italiano
popolare
di
Rete
uno
,
e
sottraendo
alla
RAI
i
Mike
e
i
Corrado
,
i
portavoce
o
maieutici
del
"
prato
basso
".»
Ora
andiamo
al
ristorante
dove
si
attende
il
boss
dei
boss
,
Silvio
Berlusconi
,
che
ha
appena
finito
di
festeggiare
non
so
quale
tribù
televisiva
di
venditori
o
di
aficionados
.
«
È
vero
»
gli
chiedo
«
che
mandriani
e
contadini
del
nostro
West
televisivo
stanno
per
fare
la
pace
?
Che
andate
a
un
'
unica
concessionaria
di
pubblicità
già
chiamata
Sipra
2
,
per
dire
nuovo
monopolio
in
vista
?
»
«
Lei
crede
che
il
primo
Agnelli
o
il
primo
Pirelli
potessero
davvero
autodimensionare
le
loro
aziende
?
No
e
neppure
noi
delle
TV
private
,
anche
noi
dobbiamo
misurarci
con
il
mercato
,
con
le
risorse
,
i
quali
dicono
che
solo
gli
oligopoli
possono
sopravvivere
.
»
«
Allora
continuerete
a
gettare
miliardi
nella
fornace
?
»
«
Spero
di
no
,
spero
in
un
gentleman
agreement
,
in
una
regola
di
comportamento
.
Ma
non
dimenticate
i
nostri
meriti
:
abbiamo
creato
una
ricchezza
pubblicitaria
in
crescita
anche
negli
anni
di
crisi
»
.
Il
boss
di
Rete
4
e
della
Mondadori
,
Mario
Formenton
,
sta
invece
meditabondo
ai
suoi
laghi
Masuri
,
pardon
,
ai
laghetti
ghiacciati
di
Segrate
(
chi
sa
le
tinche
giganti
come
se
la
passano
sotto
il
pack
)
.
«
Ho
qui
una
buona
notizia
»
dice
,
«
l
'
Associazione
degli
utenti
pubblicitari
si
è
decisa
a
creare
un
istituto
statistico
credibile
.
Dobbiamo
finirla
con
questi
rilevamenti
di
parte
che
a
sommarli
fanno
più
della
popolazione
italiana
»
.
«
Ma
a
Canale
5
dicono
che
il
vero
parametro
è
quello
delle
vendite
dei
prodotti
pubblicizzati
»
.
«
Già
,
come
non
sapessimo
che
una
campagna
pubblicitaria
punta
su
una
ventina
di
media
e
che
è
impossibile
dire
chi
ha
reso
di
più
per
le
vendite
»
.
«
È
il
meter
,
dottor
Formenton
,
l
'
aggeggio
elettronico
che
misura
l
'
ascolto
di
un
apparecchio
minuto
per
minuto
?
»
.
«
Sì
,
il
meter
,
ma
lo
gestisce
la
RAI
che
si
riserva
il
segreto
delle
postazioni
e
di
certi
rilevamenti
politici
.
Se
lo
immagina
lei
cosa
capiterebbe
se
facesse
sapere
che
appena
è
apparso
il
grande
leader
la
gente
è
scappata
?
»
.
L
'
alluvione
televisiva
è
come
quelle
del
Nilo
o
del
Mississippi
:
qui
distrugge
villaggi
,
là
posa
limo
fecondo
.
Una
rivoluzione
benefica
l
'
ha
compiuta
abbattendo
lo
steccato
della
TV
pubblica
,
storico
come
quello
vaticano
.
Mettendo
fine
a
una
lunga
stagione
di
sonni
,
di
alterigie
,
di
supponenza
,
vedi
la
Sipra
che
metteva
i
clienti
in
coda
,
zitti
e
buoni
.
Così
,
il
giorno
in
cui
un
suo
funzionario
di
nome
Trainetti
ha
dovuto
salire
le
scale
di
una
agenzia
pubblicitaria
,
lo
guardavano
increduli
come
la
vergine
di
Fatima
,
apparizione
divina
,
ma
anche
un
po
'
da
prendere
per
i
fondelli
:
«
Come
andiamo
Trainetti
,
è
vero
che
non
riuscite
a
raggiungere
il
tetto
pubblicitario
?
»
.
Si
è
dovuta
dare
una
regolata
anche
la
Sacis
,
che
per
anni
ha
svolto
l
'
unico
ridicolo
compito
della
censura
e
proibiva
negli
annunci
parole
come
estro
,
perché
pare
che
così
si
dica
dei
cavalli
in
calore
,
oltre
i
tradizionali
membro
,
sega
e
,
va
sans
dire
,
«
seghetto
alternativo
»
.
Adesso
in
difesa
della
RAI
e
della
Sipra
italiane
si
levano
i
«
vespri
»
patriottici
di
Flaminio
Piccoli
e
di
Gianni
Pasquarelli
che
se
la
prendono
con
la
colonizzazione
dell
'
Italia
,
con
l
'
americanismo
trionfante
che
mortifica
«
ogni
sforzo
onesto
di
produzione
plurima
»
.
Suvvia
,
lasciamo
perdere
,
diciamo
piuttosto
,
con
l
'
ingegner
Mattucci
direttore
RAI
in
Milano
,
che
le
private
sono
passate
«
dalla
cattiva
produzione
al
buon
acquisto
»
ma
solo
all
'
acquisto
,
incapaci
per
ora
di
creare
una
industria
televisiva
in
crescita
armonica
,
produttiva
.
L
'
antiamericanismo
alla
Jack
Lang
,
ministro
mitterrandiano
,
del
tipo
vive
la
France
abbasso
les
amerlos
,
gli
imitatori
dell
'
America
,
ha
un
senso
se
lo
traduci
in
capacità
produttive
,
in
somma
di
risorse
.
Ma
siccome
le
cifre
sono
quelle
che
sono
e
gli
investimenti
televisivi
italiani
sono
di
3000
miliardi
contro
i
30.000
delle
televisioni
americane
,
siccome
a
Broadway
e
a
Hollywood
ci
sono
migliaia
di
registi
,
scenografi
,
attori
,
operatori
che
da
noi
non
ci
sono
,
comperare
bisogna
.
Certo
,
come
macchina
socialculturale
,
la
televisione
commerciale
può
spaventare
,
ha
ragione
l
'
ingegner
Mattucci
a
dire
che
essa
«
può
far
morire
e
rinascere
il
cinema
,
dominare
le
comunicazioni
di
massa
,
creare
nuove
professioni
,
rovesciare
i
rapporti
culturali
»
.
Il
boom
delle
private
ha
avuto
,
per
dire
,
effetti
massicci
nella
stampa
di
intrattenimento
sollevando
a
un
milione
e
seicentomila
copie
,
massima
tiratura
italiana
(
il
25
per
cento
dei
giornali
venduti
nei
centri
con
meno
di
cinquemila
abitanti
)
,
«
Sorrisi
e
Canzoni
»
che
segue
le
trasmissioni
,
se
non
di
tutte
le
quattrocento
antenne
italiane
di
gran
parte
,
prima
redazione
computerizzata
per
tener
memoria
e
ordine
nel
mare
di
notizie
televisive
,
mentre
crollava
a
200.000
copie
il
«
Radiocorriere
Tv
»
che
ha
pagato
la
sua
fedeltà
alla
televisione
pubblica
.
La
«
televisiun
»
ha
anche
tolto
la
puzza
sotto
il
naso
degli
editori
racé
.
Se
uno
pensa
cosa
era
lo
snobismo
della
Einaudi
al
tempo
delle
vacanze
con
Vittorini
a
Bocca
di
Magra
quando
unici
interlocutori
accettabili
sembravano
il
poeta
Sereni
e
i
letterati
toscani
dell
'
altra
sponda
,
i
Tobino
,
i
Benedetti
,
i
Cancogni
;
o
ai
ricevimenti
cattedratici
in
casa
Laterza
con
i
professori
e
signore
in
nero
e
oggi
vede
Pippo
Baudo
al
centro
del
premio
Strega
,
adulato
,
corteggiato
assieme
al
suo
dirimpettaio
televisivo
della
domenica
,
Minà
,
per
il
potere
televisivo
che
hanno
di
farti
vendere
come
niente
diecimila
copie
in
più
,
capisce
che
se
ne
è
fatta
di
strada
dalle
élites
alle
masse
.
Carlo
Freccero
che
ha
l
'
occhio
del
mestiere
mi
faceva
osservare
:
«
Ha
notato
che
Baudo
,
adesso
,
delega
a
Grillo
ed
altri
attori
le
parti
grottesche
satiriche
?
Adesso
si
riserva
quelle
del
talk
show
autorevole
,
dell
'
amabile
cerimoniere
ormai
entrato
nell
'
establishment
culturale
»
.
La
televisione
è
un
'
alluvione
di
cui
pochi
conoscono
davvero
i
possibili
sbocchi
.
Per
ora
,
i
suoi
capitani
coraggiosi
come
Berlusconi
e
Formenton
navigano
un
po
'
a
vista
,
intuiscono
le
connessioni
con
i
teatri
,
i
giornali
,
l
'
editoria
specializzata
,
la
produzione
filmistica
in
proprio
,
l
'
azionariato
popolare
,
l
'
informazione
,
ma
senza
sapere
esattamente
cosa
c
'
è
dietro
quelle
porte
aperte
o
socchiuse
.
Oggi
le
prospettive
della
televisione
italiana
privata
e
pubblica
oscillano
fra
previsioni
trionfali
e
rischi
sempre
più
grandi
.
Si
scommette
su
una
crescita
senza
fine
della
pubblicità
,
si
preferisce
non
pensare
a
cosa
accadrebbe
se
dovesse
fermarsi
.
È
in
piena
angoscia
da
futuro
incerto
la
televisione
pubblica
.
C
'
è
una
commissione
parlamentare
che
dovrebbe
varare
la
famosa
legge
per
la
televisione
che
va
interrogando
un
po
'
tutti
,
in
cerca
della
pietra
filosofale
nel
Mugnone
,
capace
di
cambiar
i
sassi
in
oro
.
Mi
confida
il
dottor
Berretta
del
sindacato
pubblicitari
:
«
Hanno
convocato
anche
noi
,
ma
che
gli
diciamo
?
Che
quattordicimila
dipendenti
e
quattromila
consulenti
sono
una
follia
?
Che
bisogna
tagliarne
almeno
i
due
terzi
?
Ma
se
continuano
ad
assumere
giornalisti
democristiani
,
comunisti
,
socialisti
raccomandati
dai
partiti
.
Gli
proponi
un
canale
sovvenzionato
dagli
abbonamenti
e
pulito
di
pubblicità
?
Proprio
noi
?
Ma
le
pare
?
Eppure
sono
nei
guai
,
riescono
a
coprire
gli
spazi
pubblicitari
vicini
al
telegiornale
della
sera
,
ma
nelle
altre
ore
hanno
il
fiato
lungo
»
.
Per
l
'
ingegner
Luigi
Mattucci
,
direttore
della
RA1
a
Milano
,
l
'
unica
soluzione
praticabile
è
quella
di
una
televisione
pubblica
assistita
,
ma
concorrenziale
:
«
Se
molliamo
la
concorrenza
pubblicitaria
e
dell
'
audience
siamo
morti
.
Non
vedo
come
riusciremo
a
sfoltire
il
personale
.
Abbiamo
bisogno
di
quattro
o
cinque
anni
di
assistenza
,
il
tempo
necessario
per
riciclare
competenze
e
funzioni
,
diventare
una
azienda
che
dà
servizi
e
fa
ricerca
come
la
SIP
,
come
l
'
ENEL
»
.
Allora
,
altri
cinque
anni
di
compromessi
?
Di
informazione
televisiva
mutilata
,
congelata
?
Dice
Freccero
:
«
C
'
è
una
sola
via
per
vincere
tutte
le
censure
e
ottenere
tutte
le
interconnessioni
.
Fare
un
'
informazione
che
abbia
una
grande
audience
.
Allora
nessuno
si
preoccuperà
che
sia
di
sinistra
o
di
destra
,
tutti
staranno
attenti
agli
indici
di
gradimento
e
ai
miliardi
di
pubblicità
»
.