StampaQuotidiana ,
«
Chi
sono
i
milanesi
,
Antonio
?
»
«
Io
voglio
chiedere
scusa
,
ma
Mario
Riva
,
buonanima
dove
è
,
disse
che
Milano
fa
due
milioni
di
abitanti
,
ma
sapete
i
milanesi
quanti
sono
?
57
mila
.
E
dove
sono
io
non
so
,
sono
sempre
in
giro
per
turismo
.
»
Poi
Antonio
,
l
'
immigrato
,
dirà
come
tanti
altri
di
essere
«
libero
cittadino
milanese
»
,
senza
sapere
bene
che
cosa
sia
questo
tipo
d
'
uomo
in
cui
si
riconosce
,
nato
dalla
mescolanza
:
nella
fabbrica
dei
nuovi
italiani
,
fra
Milano
e
i
laghi
,
ogni
cosa
rimane
indefinibile
,
provvisoria
,
mutevole
.
Ci
arrivano
,
negli
ultimi
dieci
anni
,
600
mila
persone
,
un
terzo
lombardi
,
un
terzo
meridionali
,
gli
altri
dal
resto
d
'
Italia
.
Solo
due
su
dieci
vengono
da
città
capoluogo
,
la
maggioranza
sono
contadini
poveri
chiamati
dalla
promessa
:
«
Ma
cosa
aspetti
a
muoverti
,
disse
mio
padre
,
c
'
è
Milano
»
.
C
'
è
Milano
,
la
grande
città
della
ricchezza
che
accoglie
tutti
i
poveri
di
ogni
regione
.
Purché
siano
poveri
che
arricchiscono
in
fretta
,
secondo
il
suo
mito
.
Se
no
aria
,
la
buona
aria
del
Seveso
,
del
Lambro
e
dell
'
Olona
,
neanche
una
bollicina
di
ossigeno
,
neanche
un
'
erba
nelle
acque
bruciate
dagli
acidi
;
la
buona
aria
nei
villaggi
-
città
della
fascia
dove
nasce
il
«
libero
cittadino
milanese
»
,
questo
modello
in
fieri
,
che
c
'
è
e
che
non
c
'
è
,
così
composito
.
600
mila
di
regioni
e
di
culture
diverse
,
in
un
crogiolo
dove
i
gruppi
si
mescolano
,
ma
di
rado
si
amalgamano
.
Le
rare
fusioni
nella
carica
confusione
delle
mille
e
mille
aziende
che
si
spostano
verso
la
campagna
;
le
piccole
migrazioni
nella
grande
migrazione
,
gli
operai
cacciati
sempre
più
lontano
dal
centro
amministrativo
,
i
pendolari
,
i
gruppi
mobili
dell
'
edilizia
.
E
l
'
invasione
continua
,
ogni
giorno
centinaia
che
arrivano
,
molti
con
i
treni
del
Sud
,
biglietto
fino
a
Piacenza
,
gli
ultimi
chilometri
evitano
il
controllore
,
per
risparmiare
.
I
contadini
dell
'
Italia
povera
che
arrivano
nel
Milanese
immaginando
una
società
industriale
vagamente
marziana
e
poi
si
trovano
fra
gli
ex
contadini
,
ancora
contadini
nell
'
anima
,
di
un
'
Italia
un
po
'
meno
povera
.
Nella
fascia
il
mito
lombardo
rivela
la
modestia
delle
sue
pur
solide
strutture
,
qui
c
'
è
una
Lombardia
che
difende
i
suoi
privilegi
più
che
la
sua
cultura
.
Dietro
le
difese
lombarde
del
tipo
etnico
quasi
sempre
gli
affari
.
Otto
anni
fa
a
Cologno
,
Limbiate
,
Cusano
eccetera
si
comperava
con
60
mila
lire
il
terreno
per
la
casetta
,
250
metri
quadri
:
avanti
,
a
contanti
o
a
cambiali
,
qualsiasi
immigrato
.
Adesso
quel
terreno
costa
due
milioni
perciò
attenti
agli
immigrati
e
attentissimi
ai
meridionali
.
Non
perché
bruni
e
ricci
,
ma
perché
i
due
milioni
non
ce
li
hanno
e
difficilmente
li
avranno
.
Il
modello
lombardo
«
Se
verresti
qui
l
'
aria
è
pesante
,
ma
è
bello
vivere
nell
'industria.»
Vengono
e
incontrano
gli
ex
contadini
lombardi
,
brava
gente
,
laboriosa
,
quieta
,
onesta
,
rispettosa
di
Dio
e
dei
padroni
,
ma
non
gli
esseri
supercivili
immaginati
da
lontano
,
da
parlarne
a
«
bocca
grossa
»
.
Le
industrie
sono
apparse
nella
fascia
al
principio
del
secolo
e
l
'
hanno
visibilmente
modificata
fra
le
due
guerre
,
ma
il
costume
è
rimasto
contadino
arcaico
,
per
un
pezzo
:
gli
zoccoli
,
le
calze
nei
giorni
festivi
,
il
risotto
come
un
lusso
,
un
chicco
di
riso
appiccicato
sul
bavero
per
far
capire
che
se
ne
era
mangiato
.
Poi
naturalmente
gli
usi
più
arcaici
scompaiono
ma
le
maniere
sono
sempre
agresti
.
Quando
i
veneti
arrivano
a
Cinisello
,
in
questo
dopoguerra
,
scoprono
che
è
ancora
d
'
uso
pranzare
seduti
sui
gradini
di
casa
,
nella
strada
o
nella
corte
;
la
scodella
fra
le
ginocchia
colma
di
«
pumià
»
,
pane
di
segale
fatto
a
pezzi
nel
brodo
.
E
nel
1956
quasi
tutti
i
villaggi
hanno
sempre
le
strade
acciottolate
e
prive
di
illuminazione
.
Meglio
che
le
valli
nel
Delta
padano
,
meglio
che
l
'
Appennino
,
molto
meglio
che
il
feudo
meridionale
.
Ma
certe
cose
non
ignoriamole
e
non
dimentichiamole
,
per
esempio
queste
:
parecchi
villaggi
lombardi
restavano
fino
a
ieri
,
fino
all
'
arrivo
delle
immobiliari
,
proprietà
esclusiva
di
una
famiglia
,
i
Visconti
,
i
Suardi
,
i
Borromeo
;
in
certi
villaggi
a
sud
si
conserva
intatto
il
sistema
curtense
,
il
contadino
sfruttato
tre
volte
,
dall
'
orticoltore
,
dall
'
affittuario
,
dal
padrone
;
la
provincia
è
relativamente
povera
,
su
274
comuni
,
l
'
anno
scorso
ancora
121
privi
di
refezione
scolastica
,
148
senza
fognatura
,
182
senza
edilizia
sovvenzionata
,
22
mancanti
di
una
qualsiasi
sorveglianza
urbanistica
.
E
ciò
che
la
retorica
milanese
tenacemente
ignora
:
la
discriminazione
etnica
,
che
esiste
in
tutta
la
fascia
,
più
che
non
si
creda
.
È
la
sua
ipocrisia
.
«
Quando
si
arrabbiano
son
capaci
di
tutto
»
,
«
Sono
sporchi
,
non
hanno
voglia
di
lavorare
,
rubano
»
,
«
Se
scherzano
non
si
sa
come
va
a
finire
,
di
loro
non
ci
si
può
fidare
»
.
Le
accuse
che
ancora
si
ascoltano
mentre
tutti
sanno
che
gli
immigrati
,
specie
i
meridionali
,
lavorano
dalle
dodici
alle
quattordici
ore
al
giorno
,
sono
onesti
e
disonesti
come
tutti
gli
altri
delle
loro
condizioni
,
tengono
la
casa
più
pulita
di
molti
altri
,
certo
più
pulita
che
la
tradizionale
cascina
lombarda
.
E
allora
perché
?
Perché
mentire
serve
,
finché
serve
alla
conservazione
dei
grandi
come
dei
piccoli
privilegi
.
Vediamo
in
pratica
.
In
parecchi
comuni
della
fascia
i
dirigenti
locali
degli
enti
assistenziali
escludono
i
figli
degli
immigrati
dall
'
assistenza
«
perché
in
casa
hanno
la
televisione
e
sprecano
»
.
Il
moralismo
che
difende
la
fetta
di
torta
.
Dovunque
le
cooperative
e
i
circoli
rappresentano
altrettante
isole
di
conservazione
,
il
rifugio
delle
élites
operaie
.
Guardate
le
iscrizioni
negli
anni
della
grande
invasione
,
tra
il
1960
e
il
1962
.
Ferme
«
congelate
»
,
come
se
i
soci
si
fossero
chiusi
nel
loro
guscio
.
Iscritti
in
quegli
anni
:
0,2
per
cento
dei
soci
nella
cooperativa
di
Rogoredo
;
1
alla
Conquista
di
Milano
;
1,6
al
circolo
Cairoli
di
Sesto
;
1,7
ancora
a
Sesto
al
circolo
del
Rondò
.
E
comunque
anche
le
cooperative
che
in
quegli
anni
accettarono
parecchi
soci
,
vedi
Niguarda
,
diffidano
degli
immigrati
,
specie
dei
meridionali
che
restano
una
esigua
«
minoranza
»
:
3
su
cento
alla
Conquista
,
5
al
Centro
sociale
di
Cusano
Milanino
,
3
a
Rogoredo
,
8
a
Niguarda
.
E
dappertutto
cautela
,
pregiudizio
,
timori
nei
loro
confronti
.
«
Andavo
a
mangiare
in
una
cooperativa
di
quelli
di
Corsico
,
una
cosa
fatta
fra
di
loro
;
ma
un
giorno
Angelo
il
mio
amico
disse
che
gli
altri
non
volevano
vedere
terroni
.
»
Testimonianze
così
si
trovano
in
ogni
inchiesta
,
quasi
in
ogni
scheda
,
solo
i
comunisti
esitano
a
confessare
i
piccoli
egoismi
della
classe
operaia
,
ci
vuole
il
convegno
sull
'
immigrazione
del
1962
perché
si
osi
dire
«
che
anche
certi
settori
del
partito
stentano
a
capire
i
problemi
degli
immigrati
»
.
I
socialisti
sembrano
meno
inibiti
,
vi
dicono
subito
per
esempio
che
per
molti
anni
i
compagni
di
Pero
non
avevano
neanche
immaginato
che
si
dovessero
cercare
dei
contatti
con
gli
immigrati
impiegati
negli
orti
.
E
sono
i
partiti
degli
immigrati
quelli
che
si
son
mossi
per
primi
,
figuriamoci
gli
altri
.
Due
anni
fa
un
assessore
democristiano
alla
provincia
diceva
ancora
a
una
delegazione
di
immigrate
pugliesi
:
«
Mi
spiace
ma
avete
fatto
uno
sbaglio
,
non
dovevate
abbandonare
le
vostre
case
accoglienti
»
.
Il
neomeridionalismo
Poi
c
'
è
tutta
una
casistica
di
fatti
gravi
dove
l
'
interesse
di
classe
o
se
preferite
lo
sfruttamento
rompe
qualsiasi
copertura
etnica
e
si
mostra
per
ciò
che
è
.
A
Castiglione
Olona
un
medico
settentrionale
si
rifiuta
di
entrare
nella
baracca
di
immigrati
calabresi
«
perché
ci
hanno
sempre
i
pidocchi
»
;
in
un
cantiere
di
Busto
Arsizio
gli
immigrati
sardi
,
bergamaschi
,
bellunesi
pagano
un
posto
letto
in
baracca
15
mila
lire
al
mese
;
in
una
fornace
di
Lecco
si
ferisce
alla
gamba
un
manovale
immigrato
:
lo
portano
di
peso
,
fuori
dal
cancello
,
perché
quelli
della
Croce
Rossa
non
vedano
in
che
stato
sono
le
baracche
e
l
'
infermeria
.
«
A
noi
meridionali
ci
disprezzano
.
»
«
Basta
essere
meridionali
che
uno
sbaglia
poco
poco
e
lo
minacciano
.
Magari
uno
è
milanese
e
sbaglia
e
lo
prendono
subito
per
un
meridionale
.
»
Dicono
così
i
più
giovani
e
indifesi
.
Si
potrebbe
spiegargli
che
il
pregiudizio
etnico
fa
molto
comodo
ai
negozianti
,
agli
artigiani
,
ai
trasportatori
che
pagano
un
garzone
,
un
manovale
,
un
facchino
5
mila
o
6
mila
lire
la
settimana
.
Ma
il
loro
orgoglio
etnico
è
comunque
ferito
,
sorgono
le
inevitabili
reazioni
,
già
si
manifesta
nella
fascia
un
neomeridionalismo
ingenuo
ma
testardo
,
a
volte
irragionevole
che
trova
alimento
nella
lotta
politica
.
Per
cominciare
,
il
rifiuto
di
ogni
modello
meridionalistico
che
appaia
indecoroso
o
corrotto
.
Il
Visconti
di
Rocco
e
i
suoi
fratelli
e
il
Montaldi
di
Milano
Corea
sono
rifiutati
dai
meridionali
della
fascia
come
Pasolini
dagli
immigrati
delle
borgate
.
Poi
l
'
opinione
di
essere
più
che
necessari
(
e
necessari
certamente
lo
sono
)
indispensabili
e
più
che
indispensabili
redentori
e
provvidenziali
.
«
Ci
capita
di
vedere
Milano
.
Se
andiamo
via
noi
è
un
deserto
.
»
«
Io
voglio
dire
una
parola
.
Se
non
ci
siamo
noi
Milano
è
finita
.
»
E
poi
ancora
la
certezza
di
essere
sempre
più
numerosi
,
attivi
,
determinati
,
anche
se
nessuno
di
essi
è
mai
entrato
nella
«
camera
dei
bottoni
»
.
Certo
nei
comuni
della
fascia
otto
persone
su
dieci
che
entrano
in
un
municipio
sono
meridionali
:
quelli
del
luogo
non
hanno
bisogno
o
si
vergognao
a
chiedere
.
Così
i
meridionali
condizionano
le
amministrazioni
e
le
elezioni
.
Il
loro
numero
aumenta
:
rappresentano
nel
1956
il
21
per
cento
dell
'
immigrazione
e
oggi
sono
arrivati
al
35
per
cento
,
più
del
50
nei
villaggi
più
esterni
della
fascia
.
Aumenteranno
ancora
.
Il
pane
e
l
'
eguaglianza
I
villaggi
-
città
della
fascia
(
Sesto
più
di
80
mila
abitanti
)
ostili
e
agri
per
gli
immigrati
,
come
fu
l
'
America
per
gli
uomini
della
conquista
:
stesse
privazioni
,
infamie
,
sofferenze
e
delusioni
;
qui
come
nel
West
una
generazione
allo
sbaraglio
,
che
costruisce
le
sue
case
nella
notte
,
che
rischia
tutto
ciò
che
possiede
.
Ma
chi
pensa
che
qui
possa
uscire
un
nuovo
italiano
sicuro
,
fiducioso
,
orgoglioso
della
propria
epopea
come
l
'
americano
probabilmente
si
sbaglia
.
Nella
conquista
americana
,
nella
formazione
dell
'
americano
si
riconoscono
tre
elementi
decisivi
:
l
'
industria
,
la
democrazia
,
la
frontiera
.
Da
noi
manca
la
frontiera
e
tutto
ciò
che
essa
rappresenta
.
I
contadini
dell
'
Italia
povera
che
giungono
nel
Milanese
trovano
l
'
industria
e
si
iniziano
alla
democrazia
.
Qui
non
saranno
liberi
in
assoluto
,
qui
saranno
alla
resa
dei
conti
,
poco
liberi
,
ma
vengono
da
soggezioni
arcaiche
,
da
sudditanze
intollerabili
.
C
'
è
una
parola
usata
da
tutti
gli
immigrati
della
fascia
siano
lombardi
,
veneti
,
emiliani
,
meridionali
.
È
la
parola
«
confidenza
»
la
parola
magica
che
spiega
come
democrazia
e
industria
siano
legate
,
la
parola
che
sta
per
rispetto
nel
lavoro
,
per
fiducia
reciproca
nel
lavoro
,
per
un
minimo
di
civiltà
nei
rapporti
di
lavoro
:
«
Qui
il
capo
reparto
mi
tratta
con
confidenza
»
.
«
Mi
hanno
assunto
e
mi
hanno
dato
confidenza
.
»
Sotto
questo
aspetto
la
fascia
milanese
è
certamente
meglio
che
i
paesi
di
origine
,
sotto
questo
aspetto
si
può
dire
che
qui
c
'
è
davvero
«
un
'
idea
democratica
in
movimento
»
.
La
casa
,
il
lavoro
,
il
frigorifero
sono
le
grandi
aspirazioni
,
ma
la
conquista
maggiore
,
la
più
esaltante
,
è
la
libertà
fra
eguali
o
ciò
che
le
assomiglia
.
Uscire
in
piazza
,
in
strada
,
incontrare
un
sacco
di
gente
e
in
nessuno
riconoscere
il
padrone
o
i
sorveglianti
del
padrone
.
Tuffarsi
nell
'
anonimato
industriale
e
cittadino
,
sentirsi
fuori
dal
crudele
pettegolezzo
paesano
.
Ma
non
c
'
è
la
frontiera
,
manca
lo
spazio
sconosciuto
e
imprevedibile
che
solo
può
suscitare
le
grandi
speranze
.
Qui
l
'
immigrato
sente
subito
,
a
vista
e
a
naso
,
che
il
posto
è
piccolo
,
che
ognuno
dovrà
accontentarsi
della
sua
piccola
razione
.
Capisce
anche
,
sia
pure
oscuramente
,
che
il
tempo
del
capitalismo
individuale
e
delle
sue
epopee
è
finito
,
qui
nessun
Walt
Whitman
gli
ripete
le
parole
dell
'
indomito
ottimismo
:
«
Non
siamo
passati
attraverso
i
secoli
,
le
caste
,
le
migrazioni
e
la
miseria
per
fermarci
qui
»
.
Invece
fermarsi
è
proprio
il
desiderio
del
nostro
immigrato
:
sistemarsi
,
godere
di
ciò
che
si
è
ottenuto
,
chiamare
i
parenti
a
goderne
.
Con
i
modesti
desideri
dei
meridionali
.
«
Spero
di
diventare
cuoco
.
»
«
Spero
che
mi
passino
saldatore
.
»
Bisogna
interrogare
i
settentrionali
per
trovarne
uno
che
dica
:
«
Voglio
fare
fortuna
»
.
E
poi
,
si
scopre
che
ha
uno
zio
ingegnere
o
una
sorella
con
un
ottimo
impiego
.
Insomma
direi
che
manca
al
pionierismo
della
fascia
la
fiducia
emersoniana
del
successo
legato
al
merito
,
perché
«
ogni
uomo
è
la
sua
stella
»
.
Come
sarà
questo
uomo
nuovo
,
questo
«
libero
cittadino
milanese
»
nessuno
può
dirlo
con
precisione
.
Ma
si
può
già
dire
che
sarà
un
pioniere
rassegnato
.
Operaio
sì
,
ma
con
tutte
le
inibizioni
e
i
pregiudizi
dei
contadini
,
per
parecchi
anni
a
venire
.
Motorizzato
sì
,
ma
escluso
dalla
corrente
vitale
della
cultura
,
per
parecchi
anni
.
Mi
dicono
che
una
inchiesta
svolta
di
recente
fra
il
proletariato
londinese
ha
fatto
giustizia
delle
chiacchiere
più
o
meno
interessate
sulla
classe
unica
dove
borghesi
e
operai
non
si
riconoscono
.
Si
è
capito
che
anche
nella
civilissima
Londra
l
'
operaio
resta
operaio
,
escluso
dalla
maggior
parte
della
vita
culturale
,
pochissimi
libri
,
il
telefono
lo
ha
solo
il
9
per
cento
,
una
vita
sociale
monotona
e
misera
,
poca
corrispondenza
,
pochi
divertimenti
.
E
allora
figuriamoci
da
noi
,
figuriamoci
nella
fascia
.
Se
ne
parlerà
nei
prossimi
articoli
.
Ma
un
'
indicazione
dell
'
inchiesta
può
essere
anticipata
:
usciamo
dai
fumi
del
miracolo
,
guardiamoci
attorno
,
ricordiamoci
che
esistono
gli
«
altri
»
.