StampaQuotidiana ,
I
30
mila
di
Milano
città
più
quelli
della
fascia
industriale
fanno
mezzo
milione
di
analfabeti
.
Numero
grande
e
parola
brutta
.
Allora
si
preferisce
dire
che
sono
«
privi
di
cultura
»
,
senonché
Milano
è
in
Europa
e
l
'
Europa
è
tanto
esigente
:
uno
può
saper
firmare
,
mettendocela
tutta
,
e
per
lei
resta
analfabeta
.
Dunque
analfabeti
,
integrali
o
di
ritorno
,
in
gran
parte
giovani
,
meglio
non
pensare
alle
inutili
menzogne
statistiche
e
dire
le
cose
come
stanno
,
per
esempio
nelle
pensioni
.
Le
pensioni
del
Milanese
ospitano
,
sette
su
dieci
,
gli
immigrati
da
meno
di
un
anno
.
Giratele
,
chiedete
e
troverete
che
il
livello
di
istruzione
è
il
seguente
:
tredici
su
cento
privi
del
titolo
elementare
;
ottanta
su
cento
fermi
al
titolo
elementare
;
quindici
con
qualche
anno
di
scuola
media
;
quattro
diplomati
,
un
laureato
.
L
'
ILSES
giunge
,
nella
sua
accuratissima
inchiesta
,
a
risultati
analoghi
:
privi
di
qualsiasi
istruzione
venti
su
cento
;
con
il
titolo
delle
elementari
sessanta
;
di
una
scuola
secondaria
undici
;
del
liceo
sei
;
laureati
poco
più
di
uno
.
Idem
nelle
case
popolari
dello
Stato
,
dove
dovrebbero
funzionare
i
Centri
sociali
di
rieducazione
.
Il
professor
Leone
Diena
ne
parla
in
diversi
quartieri
con
diversi
inquilini
e
scopre
«
che
pochissimi
ne
hanno
sentito
parlare
»
.
Mezzo
milione
di
analfabeti
nella
provincia
più
ricca
e
progredita
d
'
Italia
.
Tagliati
fuori
dalla
cultura
tradizionale
e
spesso
anche
dalle
sottoculture
popolari
,
persino
da
quella
sportiva
che
ha
il
merito
indubbio
di
iniziare
le
moltitudini
a
un
certo
stile
di
vita
,
a
una
certa
gerarchia
dei
valori
.
Su
cinquanta
inquilini
di
una
pensione
in
via
Moscova
solo
due
hanno
assistito
a
una
partita
di
calcio
a
San
Siro
e
molti
ignorano
l
'
esistenza
di
squadre
che
si
chiamano
Inter
o
Milan
.
La
scarsa
istruzione
scolastica
di
cui
si
è
detto
:
e
l
'
improvviso
inaridirsi
di
ogni
vena
della
cultura
popolare
,
sia
favola
,
sia
rito
,
sia
folklore
.
Roberto
Leydi
,
che
compie
da
anni
una
preziosa
ricerca
di
canzoni
popolari
,
dice
che
gli
immigrati
nel
Milanese
ricordano
quelli
nelle
Americhe
,
una
voce
che
si
spezza
nel
trauma
della
migrazione
,
lo
stesso
rifiuto
e
l
'
oblio
,
la
sordità
per
i
temi
e
i
motivi
che
legano
al
passato
.
Fine
delle
vecchie
canzoni
,
dei
vecchi
racconti
.
E
uomini
stranieri
alla
cultura
che
li
accoglie
come
a
quella
che
si
sono
lasciata
alle
spalle
.
Imprevedibili
,
inspiegabili
,
casuali
.
A
volte
scatenati
in
manifestazioni
di
isterismo
collettivo
,
migliaia
di
persone
che
assediano
il
bar
di
Cinisello
dove
si
è
rifugiato
il
cantante
Dallara
;
a
volte
freddi
,
assenti
,
poche
persone
ad
ascoltare
i
cantastorie
famosi
;
sicché
capita
un
tale
che
ha
la
mania
di
recitare
poesie
del
Trecento
,
si
pensa
che
la
piazza
resterà
vuota
,
i
carabinieri
neppure
si
scomodano
ed
ecco
migliaia
di
persone
che
ascoltano
senza
capire
e
applaudono
.
Gente
letteralmente
spaesata
,
che
sembra
incapace
di
rappresentarsi
il
nuovo
mondo
e
di
rappresentarsi
,
di
guardarsi
dentro
e
di
comunicare
.
Se
si
tratta
di
bimbi
,
di
ragazzini
si
può
ancora
rimediare
.
Anche
se
arrivano
educati
in
quel
modo
piuttosto
mediocre
.
Le
maestre
in
qualsiasi
centro
della
fascia
,
dicono
che
la
quinta
elementare
degli
immigrati
dal
Sud
equivale
alla
terza
di
quassù
e
non
esagerano
,
anche
qui
meglio
non
pensare
a
certe
informazioni
menzognere
sulla
pubblica
istruzione
.
Poi
si
mettono
di
mezzo
i
genitori
con
i
loro
pregiudizi
e
l
'
orgoglio
familiare
:
«
Vengo
io
dalla
maestra
,
se
ti
tocca
»
.
«
Dicci
che
si
provasse
con
il
figlio
di
Antonio
Cotronei
»
.
E
la
maestra
attenta
a
non
correggere
gli
strafalcioni
del
padre
in
presenza
del
figlio
potrebbero
nascere
chi
sa
quali
reazioni
psicologiche
a
catena
.
Ma
può
capitare
che
perda
la
pazienza
.
Una
maestra
di
Poasco
chiama
il
padre
di
un
alunno
per
dirgli
«
Stia
attento
,
ieri
ha
cercato
di
rubarmi
questo
temperino
»
e
il
padre
«
Lei
non
si
permetta
,
quello
ce
lo
detti
io
»
al
che
la
maestra
esce
dai
gangheri
e
lo
caccia
fuori
.
Con
tutto
ciò
i
bambini
e
i
ragazzini
fanno
presto
a
rimettersi
in
corsa
,
quasi
sempre
si
rinnova
il
miracolo
del
fondo
civile
che
riaffiora
dopo
secoli
di
ignoranza
,
la
direttrice
delle
scuole
della
Certosa
dice
che
i
figli
degli
immigrati
,
qui
da
almeno
tre
anni
,
superano
l
'
ammissione
alla
media
come
i
locali
,
meglio
dei
figli
dei
braccianti
e
dei
mungitori
locali
.
Per
gli
anziani
la
faccenda
è
diversa
,
spesso
irrisolvibile
.
Non
sono
stupidi
o
tardi
.
Alle
prove
della
civiltà
industriale
capiscono
che
l
'
istruzione
serve
.
Ma
stretti
dal
bisogno
,
affamati
«
come
lupi
»
di
ciò
che
la
vita
può
dare
subito
,
non
riescono
a
superare
il
criterio
dell
'
utilità
immediata
ed
è
in
nome
di
questa
utilità
immediata
che
risultano
o
accettano
l
'
istruzione
.
«
Se
uno
guadagna
la
paga
con
i
libri
i
soldi
bastano
solo
a
lui
»
.
«
Allora
è
impossibilissimo
quanto
mai
studiare
perdendo
un
'
ora
di
lavoro
perché
sarebbero
300
lire
»
.
«
Se
l
'
aumento
è
sicuro
magari
studierei
»
.
Così
se
studiano
,
studiano
quel
tanto
che
basta
per
poter
fare
quel
tal
lavoro
che
dà
il
tale
aumento
del
salario
e
basta
.
E
chi
potrebbe
chiedergli
di
più
pensando
al
lungo
cammino
che
hanno
percorso
,
ai
traumi
che
li
hanno
segnati
e
al
lavoro
che
li
logora
?
Forse
i
loro
figli
o
i
nipoti
capiranno
che
il
progresso
delle
macchine
impone
un
'
istruzione
permanente
,
che
nella
società
moderna
si
va
a
scuola
dall
'
asilo
infantile
alla
pensione
.
A
questo
punto
sembra
piuttosto
arduo
sostenere
che
la
migrazione
significa
un
apporto
culturale
positivo
.
Ma
qualcuno
ci
si
prova
:
«
Tutti
noi
abbiamo
dovuto
porci
delle
domande
,
chiederci
chi
eran
costoro
che
arrivavano
.
Il
nostro
mondo
si
è
allargato
»
.
«
L
'
ansia
di
imparare
è
un
'
ansia
che
si
riceve
ma
che
si
dà
.
»
«
Passiamo
dalle
culture
regionali
a
una
cultura
unica
,
le
immigrate
da
Melissa
spiegano
alle
operaie
brianzole
come
si
svolse
l
'
occupazione
delle
terre
,
se
c
'
è
mancanza
di
zucchero
le
immigrate
del
Ferrarese
,
che
conoscono
l
'
industria
saccarifera
,
sanno
trovare
un
perché
»
.
E
tutte
le
altre
belle
storie
che
avranno
un
valore
episodico
e
un
sapore
letterario
,
ma
poco
o
nessun
riscontro
con
la
situazione
generale
del
Milanese
.
Sicché
l
'
unico
apporto
culturale
,
inevitabile
più
che
positivo
,
resta
quello
della
lingua
,
dei
contributi
che
gli
immigrati
e
gli
altri
danno
al
formarsi
di
una
nuova
lingua
.
«
Gli
immigrati
»
si
legge
in
molte
inchieste
«
si
vergognano
a
tentare
le
inflessioni
lombarde
»
.
Certo
tutti
esitano
a
tentare
una
lingua
nuova
,
ma
non
credo
che
la
ragione
sia
questa
,
se
a
Torino
gli
stessi
immigrati
il
dialetto
lo
adottano
subito
.
Il
fatto
è
che
a
Torino
il
dialetto
è
necessario
,
è
il
linguaggio
ufficiale
della
grande
fabbrica
,
lo
parlano
negli
uffici
e
nei
negozi
;
mentre
a
Milano
possono
farne
a
meno
,
nella
gran
mescolanza
che
si
è
formata
dal
principio
del
secolo
ci
vuole
la
lingua
per
capirsi
:
«
Noi
stiamo
qui
a
far
chiacchiere
che
io
non
comprendo
voi
e
voi
non
comprendete
me
.
Allora
diciamocela
in
italiano
,
se
questo
bicchiere
è
tondo
deve
essere
tondo
per
tutti
»
.
È
la
necessità
che
forma
il
nuovo
italiano
:
la
lingua
del
ceto
egemonico
,
più
qualcosa
della
lingua
del
mondo
contadino
,
più
le
parole
e
le
immagini
del
progresso
tecnico
.
E
ne
diamo
alcune
note
sparse
che
,
naturalmente
,
non
pretendono
a
studio
filologico
.
Gli
immigrati
,
nei
primi
mesi
applicano
le
parole
italiane
,
frettolosamente
apprese
,
ai
costrutti
dialettali
.
E
qualcosa
resta
,
come
una
tendenza
a
mettere
il
verbo
al
fondo
della
frase
,
spesso
al
passato
remoto
,
tipico
di
culture
come
quelle
del
Sud
,
volte
al
passato
.
Ma
proprio
per
questo
rimettono
nel
circuito
parole
di
un
italiano
arcaico
,
che
può
sembrare
puro
per
la
diretta
derivazione
dal
latino
:
locare
per
affittare
,
stipare
per
mettere
assieme
,
conservare
per
tenere
.
Dalla
civiltà
arcaica
e
contadina
,
del
Sud
come
del
Nord
,
vengono
anche
i
modi
di
dire
e
le
immagini
che
hanno
il
fascino
delle
reliquie
.
Ripetuti
per
automatismo
nella
mancanza
di
altre
immagini
o
sentenze
,
anche
se
non
hanno
più
alcun
rapporto
con
la
realtà
.
Nei
negozi
di
oggetti
per
la
casa
,
si
trova
,
in
parecchi
centri
della
fascia
,
una
piastrella
maiolicata
su
cui
si
legge
:
«
Fare
credito
è
un
errore
,
si
perde
il
denaro
e
l
'
avventore
»
.
E
sono
negozi
che
chiuderebbero
immediatamente
se
non
vendessero
tutto
a
credito
.
Poi
le
sentenze
della
retorica
contadina
,
suggerita
dal
paternalismo
:
«
Bisogna
dirci
papà
a
chi
ti
dà
da
mangiare
»
.
«
Poco
ma
in
pace
.
»
«
Dove
c
'
è
pace
c
'
è
Dio
.
»
«
Casa
mia
,
mamma
mia
,
vita
mia
.
»
«
Il
denaro
è
la
rovina
dell
'umanità.»
Che
potrebbero
essere
un
'
autocritica
elegante
e
ironica
se
non
fossero
soltanto
pigrizia
e
povertà
mentale
.
Un
regalo
a
Togliatti
«
Parleranno
dieci
dialetti
diversi
»
diceva
Giancarlo
Pajetta
,
nel
1962
,
«
ma
sanno
dire
tutti
la
parola
sciopero
»
.
E
ora
potrebbe
aggiungere
:
«
E
votare
comunista
»
.
È
la
verità
,
l
'
aumento
dei
voti
comunisti
nel
Milanese
è
dovuto
agli
immigrati
,
ci
si
chiede
solo
che
abbia
fatto
il
partito
per
meritarselo
.
Il
partito
ha
creato
un
ufficio
che
si
occupa
come
può
,
con
i
pochi
mezzi
che
ha
del
fenomeno
migratorio
;
ha
favorito
la
formazione
di
alcuni
gruppi
regionali
prestando
sedi
e
dirigenti
,
ma
sempre
una
goccia
nel
mare
,
intendiamoci
;
e
in
alcune
sezioni
della
fascia
,
da
contare
sulle
dita
di
una
mano
,
ha
organizzato
la
custodia
dei
bimbi
perché
le
madri
possono
partecipare
,
di
sera
alla
vita
del
partito
.
Tutto
qui
?
Tutto
qui
a
giudicare
dalle
critiche
che
gli
stessi
comunisti
si
rivolgevano
alla
vigilia
delle
elezioni
:
«
Manca
una
politica
,
non
abbiamo
una
piattaforma
sicura
rispetto
gli
immigrati
»
.
«
Per
anni
abbiamo
ignorato
il
fenomeno
.
E
mentre
il
partito
si
indeboliva
al
Sud
abbiamo
trascurato
di
rafforzarlo
al
Nord
.
»
«
I
compagni
che
vengono
al
Nord
dimenticano
il
partito
e
noi
non
facciamo
niente
per
recuperarli
.
»
Sicché
a
un
convegno
del
1962
l
'
onorevole
Pietro
Amendola
poteva
dire
,
scandalizzato
:
«
Visitavo
una
baracca
di
Magenta
e
mi
sono
sentito
tirare
per
una
manica
.
Mi
volto
e
riconosco
fra
gli
altri
i
migliori
compagni
di
Eboli
,
quelli
che
avevano
guidato
le
più
dure
lotte
.
Mescolati
fra
gli
altri
inutilizzati
»
.
Eppure
il
voto
di
molti
immigrati
va
al
partito
:
forse
il
meno
assente
fra
gli
assenti
,
forse
più
favorito
dai
demeriti
altrui
che
dai
meriti
propri
.
Si
dice
che
il
voto
degli
immigrati
è
stato
un
voto
di
protesta
:
i
muratori
di
Milano
che
conoscono
i
guadagni
di
chi
specula
sui
terreni
,
cioè
in
pochi
mesi
ciò
che
essi
guadagneranno
in
tutta
la
vita
;
quelli
di
Ispra
che
costruiscono
la
cittadella
atomica
dell
'
avvenire
abitando
in
baracche
cadenti
,
quelli
che
si
avventurano
nella
Milano
cara
scoprendo
dimensioni
e
valutazioni
a
distanze
astronomiche
.
«
Solo
un
voto
di
protesta
»
si
dice
«
questi
scontenti
si
immaginano
rivoluzionari
,
ma
la
tensione
rivoluzionaria
non
c
'
è
,
manca
una
chiara
convinzione
ideologica
,
sono
altri
voti
in
frigorifero
»
.
Altri
però
pensano
che
questo
frigorifero
incomincia
ad
essere
piuttosto
ingombrante
e
non
sono
proprio
sicuri
della
pretesa
superiorità
ideologica
degli
altri
voti
,
pensano
che
il
voto
di
certa
borghesia
agiata
è
stato
altrettanto
istintivo
e
protestatorio
.
Vedono
piuttosto
che
la
borghesia
agiata
,
quella
dell
'
alternativa
liberale
,
fa
niente
,
assolutamente
niente
per
avvicinare
gli
immigrati
,
per
aiutarli
,
per
consigliarli
.
Vedono
che
ancora
una
volta
gli
unici
avversari
validi
del
comunismo
sono
i
cattolici
che
appartengono
alle
ACLI
e
non
all
'
alternativa
liberale
,
essi
ad
aprire
nella
fascia
i
circoli
,
le
cooperative
,
i
doposcuola
.
I
sindaci
e
la
mafia
La
migrazione
rompe
gli
atteggiamenti
di
«
rispetto
verso
le
autorità
indifferenti
del
Sud
ed
esalta
,
al
Nord
,
l
'
autorità
più
impegnata
e
,
apparentemente
,
più
disinteressata
,
quella
del
sindaco
.
Nei
villaggi
città
della
fascia
il
sindaco
è
la
persona
più
autorevole
.
Più
dell
'
onorevole
,
del
parroco
,
del
comandante
dei
carabinieri
.
Egli
fa
parte
della
triade
onnipotente
società
immobiliare
-
municipio
-
ufficio
tecnico
e
ne
è
spesso
l
'
arbitro
.
Raramente
a
favore
suo
,
spesso
a
favore
del
suo
partito
.
Ma
queste
operazioni
di
alta
finanza
comunale
interessano
relativamente
gli
immigrati
,
ad
essi
basta
di
aver
trovato
,
per
la
prima
volta
dopo
secoli
,
qualcuno
che
si
occupa
effettivamente
dei
loro
bisogni
e
che
ha
un
potere
autonomo
e
sufficiente
per
soddisfarli
.
Gli
si
rivolgono
dapprima
per
avere
le
carte
necessarie
alla
residenza
e
al
lavoro
,
poi
per
la
casa
e
finisce
che
diventa
il
loro
padre
spirituale
e
magari
il
loro
consigliere
sentimentale
:
la
immigrata
cui
il
sindaco
ha
regolato
una
spinosa
faccenda
familiare
che
ogni
volta
gli
sorride
come
se
fosse
«
uno
della
congiura
»
;
le
mogli
che
gli
raccontano
i
tradimenti
dei
mariti
;
quelli
che
lo
vogliono
arbitro
di
una
loro
lite
.
I
sindaci
quasi
tutti
settentrionali
non
riescono
a
rendersi
conto
,
a
volte
,
del
potere
acquisito
,
né
a
prevedere
le
conseguenze
.
Un
giorno
,
a
una
riunione
di
immigrati
,
il
sindaco
di
San
Donato
dice
che
effettivamente
è
vero
,
quel
tale
padrone
di
case
si
comporta
da
esoso
.
E
poi
deve
fermare
la
corsa
al
linciaggio
,
quelli
sentendosi
approvati
dal
sindaco
,
dal
signore
«
della
Commune
»
muovono
già
alla
spedizione
punitiva
,
hanno
scambiato
un
suo
giudizio
per
una
autorizzazione
a
procedere
.
Come
arbitri
tra
le
immobiliari
e
gli
uffici
tecnici
i
sindaci
devono
fare
i
conti
con
l
'
organizzazione
mafiosa
che
si
è
trasferita
o
ricostruita
al
Nord
.
Il
«
ragioniere
»
o
«
la
napoletana
»
o
«
il
barista
»
che
intermediano
fra
i
nuovi
arrivano
e
i
proprietari
di
terreni
e
di
case
devono
per
forza
avere
qualche
«
aggancio
»
nel
municipio
,
sotto
questo
aspetto
qui
come
nel
Sud
la
mafia
rappresenta
una
degenerazione
dell
'
amministrazione
pubblica
.
Le
organizzazioni
mafiose
si
occupano
di
mediazioni
commerciali
e
di
reclutamento
operaio
.
Per
ora
non
sono
arrivate
a
uccidere
,
ma
usano
le
minacce
,
le
percosse
,
la
fame
.
Parecchi
gruppi
mafiosi
spediscono
i
loro
emissari
nel
Sud
per
offrire
«
casa
e
lavoro
»
.
Chi
accetta
deve
solo
firmare
un
impegno
e
quasi
sempre
lo
firma
senza
leggerlo
.
Poi
scoprirà
che
è
un
impegno
da
strozzino
,
persa
la
casa
alla
prima
rata
non
pagata
.
Il
controllo
è
difficile
,
molti
immigrati
non
conoscono
altra
mediazione
che
quella
mafiosa
.
Alcuni
arrivano
al
punto
di
rimpiangerla
.
Un
giorno
la
polizia
arresta
un
certo
Fioramonte
Panando
.
Ha
ucciso
un
reclutatore
di
manodopera
.
Perché
aveva
deciso
di
chiuder
bottega
e
non
voleva
più
occuparsi
di
trovargli
un
lavoro
.
Si
tratta
di
un
caso
limite
,
ma
anche
al
limite
è
una
triste
faccenda
.
Ne
abbiamo
ancora
di
strada
da
fare
,
non
vi
sembra
?
StampaQuotidiana ,
Milano
,
dicembre
.
Qui
Milano
network
,
la
«
televisiun
»
,
privata
e
pubblica
,
reti
uno
,
quattro
,
cinque
,
Euro
TV
,
Rete
A
e
consideriamo
pure
a
parte
Antenna
3
,
il
cui
patron
,
Renzo
Villa
,
è
anche
il
conduttore
dello
show
festivo
,
tanto
per
capire
l
'
ambiente
,
un
po
'
saloon
.
Fin
che
la
dura
,
la
più
ricca
,
lussuosa
,
dissipatrice
televisione
del
creato
,
capace
da
sola
di
ingoiare
i
due
quinti
della
produzione
americana
e
di
consumare
in
un
giorno
tanti
film
,
telefilm
e
serial
quanto
gli
USA
o
la
Germania
in
una
settimana
.
Per
via
,
si
sa
,
della
sfida
infernale
delle
private
fra
di
loro
e
con
la
RAI
che
essendo
femmina
virtuosa
si
è
trovata
con
la
gonna
alzata
dalla
concorrenza
a
mostrar
natiche
un
po
'
rugose
e
biancheria
rattoppata
.
Reti
di
un
solo
proprietario
contro
reti
di
affiliati
,
come
i
contadini
contro
i
mandriani
del
West
,
per
disputarsi
l
'
immensa
prateria
televisiva
,
le
grasse
mandrie
pubblicitarie
da
condurre
al
santo
macello
,
con
lotta
all
'
ultimo
sangue
,
ossessiva
,
grottesca
per
la
audience
,
l
'
ascolto
pagato
con
cifre
enormi
,
non
sai
mai
se
autentiche
o
gonfiate
:
programmi
per
500
miliardi
e
2000
titoli
nei
magazzini
di
Canale
5
e
di
Rete
4
,
Dallas
contro
Dynasty
,
quanto
a
dire
serial
da
un
miliardo
a
puntata
,
per
la
produzione
,
comperati
prima
a
24.000
dollari
a
puntata
e
poi
,
a
forza
di
rilanci
,
a
100.000
.
E
dietro
a
valanga
Flamingo
road
,
Falcon
crest
,
Magnum
sino
alle
vette
di
Uccelli
di
rovo
e
di
Venti
di
guerra
in
quella
euforia
,
un
po
'
irresponsabile
,
che
vi
prende
nei
casinò
o
nel
salone
delle
grida
alla
Borsa
,
dicono
due
miliardi
a
testa
per
film
come
l
'
Ufficiale
e
gentiluomo
e
Rambo
e
sicuramente
mezzo
miliardo
per
qualsiasi
filmetto
pornodialettal
-
comico
.
Ma
chi
si
ferma
davanti
all
'
ascesa
continua
della
pubblicità
?
Le
sole
private
sono
passate
dai
60
miliardi
del
'79
,
ai
144
dell'80
,
ai
255
dell'81
,
ai
467
dell'82
,
ai
720
dell'83
ai
previsti
1400
dell'84
,
con
crescita
a
raddoppio
.
Sì
,
non
sarà
tutto
oro
quello
che
luce
,
le
cifre
sono
al
lordo
,
spesso
pagate
con
«
cambio
merci
»
cucine
,
piastrelle
,
liquori
che
poi
bisogna
rivendere
e
magari
quasi
al
limite
del
codice
,
con
ristorni
,
in
nero
,
ai
titolari
di
azienda
,
se
la
vedano
poi
loro
con
i
soci
,
le
banche
,
gli
azionisti
,
e
cospicui
gratuiti
:
se
mi
paghi
cento
spot
nelle
ore
di
punta
,
te
ne
regalo
cento
nelle
altre
ore
.
Non
sarà
tutto
oro
,
ma
tanto
oro
quanto
basta
per
celebrare
,
fra
addetti
,
le
gesta
dei
pistoleros
tivù
:
«
Giuseppe
Lamastra
,
direttore
acquisti
di
Rete
4
,
ha
soffiato
a
Berlusconi
tutto
lo
stock
della
Publikompass
»
.
Due
giorni
dopo
Silvio
Berlusconi
risponde
«
bloccando
l
'
intero
pacchetto
della
Cineriz
,
ha
scelto
fra
250
film
il
meglio
,
pagandoli
ognuno
36
milioni
(
cifre
del
'79
)
contro
i
35
del
concorrente
»
.
Allora
Formenton
,
boss
di
Rete
4
,
si
fionda
in
Brasile
a
mietere
telenovelas
.
Moltiplicando
per
cento
,
per
mille
è
un
po
'
come
il
boom
dei
rotocalchi
nell
'
immediato
dopoguerra
,
con
i
tipici
sviluppi
all
'
italiana
,
la
rana
che
si
gonfia
a
rischio
di
scoppiare
.
Nessuno
ha
tempo
per
studiare
,
per
inventare
si
fa
più
presto
a
comperare
il
meglio
che
c
'
è
,
íl
direttore
che
ha
avuto
successo
,
la
testata
fortunata
,
il
genere
che
va
.
Il
bollettino
di
guerra
risuona
per
corridoi
e
uffici
.
Udite
!
Udite
!
Lillo
Tombolini
è
passato
da
Rete
uno
a
Rete
4
con
Enzo
Papelli
in
fuga
dalla
RAI
e
allora
Canale
5
ha
sparato
a
zero
sulla
Sipra
,
concessionaria
RAI
,
le
ha
rubato
Longhi
,
direttore
vendite
!
Ma
di
queste
lotte
stellari
fra
gli
staff
televisivi
il
pubblico
sa
poco
e
nulla
e
poi
non
se
ne
cura
attonito
come
è
di
fronte
ai
trasferimenti
di
Mike
(
Bongiorno
)
di
Pippo
(
Baudo
)
e
di
Corrado
.
Come
ai
tempi
eroici
dei
rotocalchi
si
torna
all
'
editore
leggendario
,
al
padre
padrone
come
furono
l
'
Angelo
Rízzoli
e
l
'
Arnoldo
Mondadori
,
al
boss
duro
-
fraterno
,
capitalista
ma
amico
del
fattorino
,
tecnico
,
contabile
,
grafico
,
inventore
,
esperto
in
tette
da
copertina
,
simpatico
anche
nelle
sue
«
ire
funeste
»
,
il
factotum
che
attraversa
le
aziende
in
ogni
direzione
per
provvedere
a
tutto
,
per
tenere
assieme
questo
mondo
nuovo
che
sembra
sempre
sul
punto
di
sfasciarsi
,
di
dissolversi
.
Silvio
Berlusconi
è
il
padre
padrone
più
noto
,
conosciuto
anche
come
«
mister
five
»
o
«
il
ragazzo
della
via
Gluck
»
o
per
antonomasia
«
quello
che
trova
sempre
i
soldi
,
chi
sa
dove
»
fulmineo
e
onnipresente
e
vorace
come
un
Howard
Hughes
,
speriamo
per
lui
e
per
noi
un
po
'
meno
«
cabiria
»
;
o
il
Mario
Formenton
,
esitante
fra
l
'
aplomb
del
grande
editore
e
la
grinta
del
vecchio
rugbista
,
o
il
re
del
latte
Calisto
Tanzi
,
forse
il
più
temerario
dato
il
finanziamento
del
«
Globo
»
e
l
'
Alberto
Peruzzo
,
per
antonomasia
«
ma
da
dove
è
spuntato
?
»
.
E
al
loro
seguito
i
comprimari
e
le
macchinette
,
i
self
made
man
e
i
portaborracce
,
i
forzuti
e
le
bionde
eroine
.
Ecco
Annamaria
Frizzi
,
veneta
,
moglie
di
industriale
e
industriale
essa
stessa
che
pianta
marito
e
azienda
per
mettersi
nella
pubblicità
con
Berlusconi
e
tirar
su
in
un
anno
,
da
sola
,
15
miliardi
.
Non
male
al
15
per
cento
di
interessenza
.
E
papà
Balini
?
Per
anni
lo
hanno
visto
fare
anticamera
nei
corridoi
della
RAI
con
la
sua
valigia
piena
di
pizze
cinematografiche
italo
-
americane
che
i
signori
di
via
Mazzini
non
degnavano
di
uno
sguardo
.
Adesso
è
miliardario
,
si
è
stabilito
a
Hollywood
e
siccome
la
cucina
locale
non
gli
va
sta
aprendo
dei
ristoranti
italiani
,
mentre
procura
serial
a
Berlusconi
che
lo
paga
con
la
metà
degli
inserti
pubblicitari
inseriti
,
come
usa
dire
alla
brianzola
«
dentro
la
pucetta
»
dentro
lo
zabaione
del
successo
.
Uno
che
ricorda
un
po
'
Lombardi
,
«
l
'
amico
degli
animali
»
della
prima
televisione
,
è
il
Rino
Tommasi
consulente
sportivo
e
americanista
,
1800
libri
sullo
sport
yankee
,
intervista
di
un
'
ora
a
Kissinger
sul
soccer
e
l
'
olimpiade
,
un
tipico
«
superstat
»
macchina
statistica
.
A
parte
mettiamo
Carlo
Freccero
trentasette
anni
,
re
dei
programmi
che
hanno
fatto
la
fortuna
di
Canale
5
e
1
,
o
meglio
dire
del
palinsesto
,
che
se
lo
cerchi
sullo
Zingarellí
trovi
«
pergamena
più
volte
grattata
e
riscritta
»
che
non
è
poi
molto
distante
dal
significato
televisivo
.
Ci
incontriamo
alla
cafeteria
di
Milano
2
,
che
sembra
di
essere
a
Santa
Monica
California
,
luci
tenui
,
olive
e
Martini
,
stangone
biondo
platino
in
attesa
della
prova
di
balletto
,
registi
che
fanno
il
baciamano
.
E
c
'
è
anche
lui
,
Carlo
Freccero
intellettuale
sessantottino
,
raffinato
,
fra
la
nostalgia
e
l
'
incubo
della
stagione
utopica
.
«
Lei
Freccero
come
ha
sfondato
?
»
«
Mi
sono
sforzato
di
capire
tre
o
quattro
cose
,
già
molte
,
no
?
La
prima
è
che
sul
prodotto
non
puoi
bluffare
,
devi
avere
il
meglio
,
dunque
muoverti
sul
mercato
americano
.
La
seconda
l
'
avevo
scoperta
in
una
mia
archeologia
delle
TV
private
degli
inizi
:
quella
loro
rivelazione
del
prato
basso
italiano
,
ignoto
ma
ricco
e
vitale
,
il
prato
di
Portobello
,
degli
spettacoli
a
premi
,
partecipati
,
della
gente
che
parte
in
pullman
dalla
provincia
per
i
suoi
pellegrinaggi
laici
,
non
più
ai
santuari
per
chieder
la
grazia
alla
Madonna
,
ma
ai
teatri
televisivi
dove
si
celebra
il
dio
denaro
.
Poi
la
RAI
,
come
punto
di
riferimento
obbligatorio
,
perché
la
RAI
vuol
dire
venti
anni
di
abitudine
,
di
appuntamenti
fissi
,
magari
anche
di
noie
famigliari
,
ma
comunque
la
televisione
.
Quando
io
sono
arrivato
nella
professione
,
le
private
avevano
già
occupato
le
ore
vuote
o
silenziose
o
noiose
della
RAI
nel
pomeriggio
e
nella
tarda
sera
.
Restava
da
conquistare
il
peak
point
,
come
lo
chiamano
,
il
massimo
ascolto
delle
8
e
30
di
sera
.
Ce
l
'
abbiamo
fatta
con
dei
programmi
omogenei
,
sempre
riferiti
all
'
immagine
dell
'
emittente
,
famigliar
-
americana
di
Canale
5
,
italiano
popolare
di
Rete
uno
,
e
sottraendo
alla
RAI
i
Mike
e
i
Corrado
,
i
portavoce
o
maieutici
del
"
prato
basso
".»
Ora
andiamo
al
ristorante
dove
si
attende
il
boss
dei
boss
,
Silvio
Berlusconi
,
che
ha
appena
finito
di
festeggiare
non
so
quale
tribù
televisiva
di
venditori
o
di
aficionados
.
«
È
vero
»
gli
chiedo
«
che
mandriani
e
contadini
del
nostro
West
televisivo
stanno
per
fare
la
pace
?
Che
andate
a
un
'
unica
concessionaria
di
pubblicità
già
chiamata
Sipra
2
,
per
dire
nuovo
monopolio
in
vista
?
»
«
Lei
crede
che
il
primo
Agnelli
o
il
primo
Pirelli
potessero
davvero
autodimensionare
le
loro
aziende
?
No
e
neppure
noi
delle
TV
private
,
anche
noi
dobbiamo
misurarci
con
il
mercato
,
con
le
risorse
,
i
quali
dicono
che
solo
gli
oligopoli
possono
sopravvivere
.
»
«
Allora
continuerete
a
gettare
miliardi
nella
fornace
?
»
«
Spero
di
no
,
spero
in
un
gentleman
agreement
,
in
una
regola
di
comportamento
.
Ma
non
dimenticate
i
nostri
meriti
:
abbiamo
creato
una
ricchezza
pubblicitaria
in
crescita
anche
negli
anni
di
crisi
»
.
Il
boss
di
Rete
4
e
della
Mondadori
,
Mario
Formenton
,
sta
invece
meditabondo
ai
suoi
laghi
Masuri
,
pardon
,
ai
laghetti
ghiacciati
di
Segrate
(
chi
sa
le
tinche
giganti
come
se
la
passano
sotto
il
pack
)
.
«
Ho
qui
una
buona
notizia
»
dice
,
«
l
'
Associazione
degli
utenti
pubblicitari
si
è
decisa
a
creare
un
istituto
statistico
credibile
.
Dobbiamo
finirla
con
questi
rilevamenti
di
parte
che
a
sommarli
fanno
più
della
popolazione
italiana
»
.
«
Ma
a
Canale
5
dicono
che
il
vero
parametro
è
quello
delle
vendite
dei
prodotti
pubblicizzati
»
.
«
Già
,
come
non
sapessimo
che
una
campagna
pubblicitaria
punta
su
una
ventina
di
media
e
che
è
impossibile
dire
chi
ha
reso
di
più
per
le
vendite
»
.
«
È
il
meter
,
dottor
Formenton
,
l
'
aggeggio
elettronico
che
misura
l
'
ascolto
di
un
apparecchio
minuto
per
minuto
?
»
.
«
Sì
,
il
meter
,
ma
lo
gestisce
la
RAI
che
si
riserva
il
segreto
delle
postazioni
e
di
certi
rilevamenti
politici
.
Se
lo
immagina
lei
cosa
capiterebbe
se
facesse
sapere
che
appena
è
apparso
il
grande
leader
la
gente
è
scappata
?
»
.
L
'
alluvione
televisiva
è
come
quelle
del
Nilo
o
del
Mississippi
:
qui
distrugge
villaggi
,
là
posa
limo
fecondo
.
Una
rivoluzione
benefica
l
'
ha
compiuta
abbattendo
lo
steccato
della
TV
pubblica
,
storico
come
quello
vaticano
.
Mettendo
fine
a
una
lunga
stagione
di
sonni
,
di
alterigie
,
di
supponenza
,
vedi
la
Sipra
che
metteva
i
clienti
in
coda
,
zitti
e
buoni
.
Così
,
il
giorno
in
cui
un
suo
funzionario
di
nome
Trainetti
ha
dovuto
salire
le
scale
di
una
agenzia
pubblicitaria
,
lo
guardavano
increduli
come
la
vergine
di
Fatima
,
apparizione
divina
,
ma
anche
un
po
'
da
prendere
per
i
fondelli
:
«
Come
andiamo
Trainetti
,
è
vero
che
non
riuscite
a
raggiungere
il
tetto
pubblicitario
?
»
.
Si
è
dovuta
dare
una
regolata
anche
la
Sacis
,
che
per
anni
ha
svolto
l
'
unico
ridicolo
compito
della
censura
e
proibiva
negli
annunci
parole
come
estro
,
perché
pare
che
così
si
dica
dei
cavalli
in
calore
,
oltre
i
tradizionali
membro
,
sega
e
,
va
sans
dire
,
«
seghetto
alternativo
»
.
Adesso
in
difesa
della
RAI
e
della
Sipra
italiane
si
levano
i
«
vespri
»
patriottici
di
Flaminio
Piccoli
e
di
Gianni
Pasquarelli
che
se
la
prendono
con
la
colonizzazione
dell
'
Italia
,
con
l
'
americanismo
trionfante
che
mortifica
«
ogni
sforzo
onesto
di
produzione
plurima
»
.
Suvvia
,
lasciamo
perdere
,
diciamo
piuttosto
,
con
l
'
ingegner
Mattucci
direttore
RAI
in
Milano
,
che
le
private
sono
passate
«
dalla
cattiva
produzione
al
buon
acquisto
»
ma
solo
all
'
acquisto
,
incapaci
per
ora
di
creare
una
industria
televisiva
in
crescita
armonica
,
produttiva
.
L
'
antiamericanismo
alla
Jack
Lang
,
ministro
mitterrandiano
,
del
tipo
vive
la
France
abbasso
les
amerlos
,
gli
imitatori
dell
'
America
,
ha
un
senso
se
lo
traduci
in
capacità
produttive
,
in
somma
di
risorse
.
Ma
siccome
le
cifre
sono
quelle
che
sono
e
gli
investimenti
televisivi
italiani
sono
di
3000
miliardi
contro
i
30.000
delle
televisioni
americane
,
siccome
a
Broadway
e
a
Hollywood
ci
sono
migliaia
di
registi
,
scenografi
,
attori
,
operatori
che
da
noi
non
ci
sono
,
comperare
bisogna
.
Certo
,
come
macchina
socialculturale
,
la
televisione
commerciale
può
spaventare
,
ha
ragione
l
'
ingegner
Mattucci
a
dire
che
essa
«
può
far
morire
e
rinascere
il
cinema
,
dominare
le
comunicazioni
di
massa
,
creare
nuove
professioni
,
rovesciare
i
rapporti
culturali
»
.
Il
boom
delle
private
ha
avuto
,
per
dire
,
effetti
massicci
nella
stampa
di
intrattenimento
sollevando
a
un
milione
e
seicentomila
copie
,
massima
tiratura
italiana
(
il
25
per
cento
dei
giornali
venduti
nei
centri
con
meno
di
cinquemila
abitanti
)
,
«
Sorrisi
e
Canzoni
»
che
segue
le
trasmissioni
,
se
non
di
tutte
le
quattrocento
antenne
italiane
di
gran
parte
,
prima
redazione
computerizzata
per
tener
memoria
e
ordine
nel
mare
di
notizie
televisive
,
mentre
crollava
a
200.000
copie
il
«
Radiocorriere
Tv
»
che
ha
pagato
la
sua
fedeltà
alla
televisione
pubblica
.
La
«
televisiun
»
ha
anche
tolto
la
puzza
sotto
il
naso
degli
editori
racé
.
Se
uno
pensa
cosa
era
lo
snobismo
della
Einaudi
al
tempo
delle
vacanze
con
Vittorini
a
Bocca
di
Magra
quando
unici
interlocutori
accettabili
sembravano
il
poeta
Sereni
e
i
letterati
toscani
dell
'
altra
sponda
,
i
Tobino
,
i
Benedetti
,
i
Cancogni
;
o
ai
ricevimenti
cattedratici
in
casa
Laterza
con
i
professori
e
signore
in
nero
e
oggi
vede
Pippo
Baudo
al
centro
del
premio
Strega
,
adulato
,
corteggiato
assieme
al
suo
dirimpettaio
televisivo
della
domenica
,
Minà
,
per
il
potere
televisivo
che
hanno
di
farti
vendere
come
niente
diecimila
copie
in
più
,
capisce
che
se
ne
è
fatta
di
strada
dalle
élites
alle
masse
.
Carlo
Freccero
che
ha
l
'
occhio
del
mestiere
mi
faceva
osservare
:
«
Ha
notato
che
Baudo
,
adesso
,
delega
a
Grillo
ed
altri
attori
le
parti
grottesche
satiriche
?
Adesso
si
riserva
quelle
del
talk
show
autorevole
,
dell
'
amabile
cerimoniere
ormai
entrato
nell
'
establishment
culturale
»
.
La
televisione
è
un
'
alluvione
di
cui
pochi
conoscono
davvero
i
possibili
sbocchi
.
Per
ora
,
i
suoi
capitani
coraggiosi
come
Berlusconi
e
Formenton
navigano
un
po
'
a
vista
,
intuiscono
le
connessioni
con
i
teatri
,
i
giornali
,
l
'
editoria
specializzata
,
la
produzione
filmistica
in
proprio
,
l
'
azionariato
popolare
,
l
'
informazione
,
ma
senza
sapere
esattamente
cosa
c
'
è
dietro
quelle
porte
aperte
o
socchiuse
.
Oggi
le
prospettive
della
televisione
italiana
privata
e
pubblica
oscillano
fra
previsioni
trionfali
e
rischi
sempre
più
grandi
.
Si
scommette
su
una
crescita
senza
fine
della
pubblicità
,
si
preferisce
non
pensare
a
cosa
accadrebbe
se
dovesse
fermarsi
.
È
in
piena
angoscia
da
futuro
incerto
la
televisione
pubblica
.
C
'
è
una
commissione
parlamentare
che
dovrebbe
varare
la
famosa
legge
per
la
televisione
che
va
interrogando
un
po
'
tutti
,
in
cerca
della
pietra
filosofale
nel
Mugnone
,
capace
di
cambiar
i
sassi
in
oro
.
Mi
confida
il
dottor
Berretta
del
sindacato
pubblicitari
:
«
Hanno
convocato
anche
noi
,
ma
che
gli
diciamo
?
Che
quattordicimila
dipendenti
e
quattromila
consulenti
sono
una
follia
?
Che
bisogna
tagliarne
almeno
i
due
terzi
?
Ma
se
continuano
ad
assumere
giornalisti
democristiani
,
comunisti
,
socialisti
raccomandati
dai
partiti
.
Gli
proponi
un
canale
sovvenzionato
dagli
abbonamenti
e
pulito
di
pubblicità
?
Proprio
noi
?
Ma
le
pare
?
Eppure
sono
nei
guai
,
riescono
a
coprire
gli
spazi
pubblicitari
vicini
al
telegiornale
della
sera
,
ma
nelle
altre
ore
hanno
il
fiato
lungo
»
.
Per
l
'
ingegner
Luigi
Mattucci
,
direttore
della
RA1
a
Milano
,
l
'
unica
soluzione
praticabile
è
quella
di
una
televisione
pubblica
assistita
,
ma
concorrenziale
:
«
Se
molliamo
la
concorrenza
pubblicitaria
e
dell
'
audience
siamo
morti
.
Non
vedo
come
riusciremo
a
sfoltire
il
personale
.
Abbiamo
bisogno
di
quattro
o
cinque
anni
di
assistenza
,
il
tempo
necessario
per
riciclare
competenze
e
funzioni
,
diventare
una
azienda
che
dà
servizi
e
fa
ricerca
come
la
SIP
,
come
l
'
ENEL
»
.
Allora
,
altri
cinque
anni
di
compromessi
?
Di
informazione
televisiva
mutilata
,
congelata
?
Dice
Freccero
:
«
C
'
è
una
sola
via
per
vincere
tutte
le
censure
e
ottenere
tutte
le
interconnessioni
.
Fare
un
'
informazione
che
abbia
una
grande
audience
.
Allora
nessuno
si
preoccuperà
che
sia
di
sinistra
o
di
destra
,
tutti
staranno
attenti
agli
indici
di
gradimento
e
ai
miliardi
di
pubblicità
»
.
StampaQuotidiana ,
Padova
,
22
.
«
Roberto
libero
»
scritto
in
azzurro
dagli
autonomi
e
sotto
,
«
Merda
»
scritto
in
nero
,
dai
fascisti
.
Finisce
così
,
Hegel
non
deve
essere
passato
per
Padova
,
la
dialettica
,
almeno
,
è
sconosciuta
a
questi
muri
.
«
Bruciamo
la
città
»
,
in
vernice
rossa
,
attraversa
una
facciata
,
ma
ad
ogni
buon
conto
il
cartolaio
d
'
angolo
appende
il
suo
cartellino
scritto
a
penna
:
«
Chiuso
il
sabato
»
.
Gli
opposti
,
a
Padova
,
qualche
volta
si
scontrano
,
più
spesso
si
ignorano
.
«
Mitra
è
bello
»
dichiarano
gli
autonomi
di
Psicologia
,
ma
il
Circolo
di
cultura
cattolico
finge
che
Padova
sia
ancora
quella
dell
'
Antonianum
,
della
grande
stagione
gesuitica
fra
le
due
guerre
,
invita
ad
ascoltare
Giovanni
Testori
«
che
leggerà
il
suo
ultimo
dramma
di
meditazione
sulla
morte
»
,
profumo
di
ceri
e
di
gigli
sfatti
.
Chi
entra
da
Ponte
Corvo
vede
,
a
sinistra
,
una
città
esotica
,
in
stupenda
decomposizione
,
un
ponticello
fragile
su
un
rivo
sepolto
da
una
vegetazione
metà
veneta
e
metà
subtropicale
;
da
cui
si
alzano
nel
cielo
le
cupole
e
i
minareti
-
campanile
del
santo
,
e
mura
annerite
dall
'
umidità
,
quei
marroni
tenui
delle
case
.
Ma
a
destra
condomini
altissimi
,
disegnati
da
Buzzati
,
laidi
e
tragici
,
nel
cielo
tempestoso
.
«
Morte
alla
borghesia
»
deve
essere
autonomo
,
a
vernice
,
ma
c
'
era
,
lì
accanto
,
una
bacheca
vuota
e
qualcuno
con
mano
notarile
,
in
bella
calligrafia
ha
scritto
«
Prego
,
non
sporchiamo
la
città
»
.
Gli
amici
di
Padova
-
squallidi
riformisti
,
s
'
intende
-
si
lamentano
dei
luoghi
comuni
giornalistici
,
dicono
che
c
'
è
anche
l
'
altra
Padova
.
Sarà
,
ma
la
Padova
dei
giovani
,
dell
'
Università
è
questa
:
un
dodici
per
cento
che
vota
,
in
maggioranza
democristiano
,
in
maggioranza
di
reddito
medio
alto
;
poi
quelli
che
non
si
vedono
mai
,
che
capitano
solo
agli
esami
,
forse
settanta
su
cento
e
poi
gli
incazzati
,
i
poveri
,
quelli
che
si
sentono
stranieri
a
questa
scuola
.
Anche
perché
non
capiscono
perché
ci
sia
,
a
cosa
serva
:
gli
autonomi
.
Perché
violenti
?
Musatti
ci
ha
detto
che
è
un
meccanismo
di
compensazione
,
l
'
altra
faccia
del
desiderio
di
onnipotenza
che
è
di
ogni
uomo
.
Violenza
contro
emarginazione
.
Uno
storico
come
il
professor
Prandstaller
può
vederci
una
storia
cattolica
,
dall
'
integralismo
dell
'
Antonianum
al
radicalismo
giacobino
.
E
il
portavoce
degli
autonomi
Emilio
Vesce
vi
dirà
,
senz
'
altro
,
che
tutto
dipende
«
dalla
assoluta
mancanza
di
credibilità
delle
istituzioni
,
qui
sono
nate
le
trame
nere
,
era
nera
la
magistratura
,
salvo
Tamburino
,
neri
i
poliziotti
»
.
La
storia
non
è
semplice
,
i
rami
per
cui
muove
la
provincia
cattolica
sono
sempre
contorti
,
sottili
,
la
spaccatura
fra
le
due
Padove
,
la
loro
incomunicabilità
può
sembrare
arcana
,
al
professor
Sabino
Acquaviva
,
quasi
una
maledizione
celeste
.
Ma
oggi
la
diversità
,
l
'
estraneità
hanno
la
chiarezza
di
una
stratificazione
geologica
,
argilla
o
granito
,
senza
alcuna
possibilità
di
dubbio
;
l
'
Italia
dei
partiti
,
dei
sindacati
,
degli
organizzati
,
dei
raziocinanti
,
del
buon
senso
,
delle
compatibilità
e
l
'
Italia
insicura
e
perciò
violenta
,
appena
uscita
dalla
foresta
nera
e
perciò
pronta
a
tutto
per
non
ritornarvi
,
che
nell
'
università
di
massa
vive
assieme
ai
ricchi
,
ne
mutua
i
desideri
e
i
bisogni
senza
poi
avere
i
mezzi
per
soddisfarli
:
ancora
un
esercito
di
«
spostati
»
come
dicono
i
sociologi
,
ancora
il
vecchio
gioco
delle
élites
colte
che
cercano
di
cavalcare
il
fatto
sociale
per
farne
uno
strumento
di
potere
,
nel
'21
per
fare
il
fascismo
,
adesso
chi
sa
.
Dove
il
privato
coincide
con
il
politico
,
dove
i
bisogni
esistenziali
si
verniciano
di
ideologie
arcaiche
o
fumose
,
dove
gli
uni
discutono
e
spesso
cianciano
a
vuoto
di
riforme
e
di
razionalità
,
e
gli
altri
chiedono
,
subito
,
posti
,
ragioni
di
esistere
,
di
partecipare
,
che
altro
può
esserci
se
non
la
incomunicabilità
e
l
'
ambiguità
?
Agli
occhi
dell
'
Italia
organizzata
,
assicurata
,
la
violenza
degli
altri
appare
incomprensibile
.
Se
a
Venezia
mettono
una
bomba
al
«
Gazzettino
»
,
giornale
cattolico
,
di
destra
,
si
pensa
,
secondo
la
comune
ragione
:
sarà
un
attentato
di
sinistra
.
Invece
sono
quelli
di
Ordine
Nuovo
.
Se
a
Padova
viene
sprangato
un
professore
«
democratico
»
,
ex
partigiano
,
comunista
come
Petter
o
come
Longo
si
dice
:
«
Sarà
una
provocazione
fascista
»
.
Invece
gli
autonomi
rivendicano
l
'
attentato
.
Nei
quartieri
popolari
di
Padova
la
violenza
scoppia
per
i
più
futili
pretesti
e
nelle
più
imprevedibili
direzioni
,
perché
è
un
bisogno
,
uno
sfogo
,
qualcosa
che
sta
nella
pancia
di
quelle
gioventù
e
deve
uscirne
,
e
noi
che
nella
pancia
quella
rabbia
non
ce
l
'
abbiamo
,
cerchiamo
,
smarriti
,
il
perché
e
il
per
come
politico
.
La
rapina
alle
casse
delle
mense
universitarie
non
è
razionale
,
ma
la
risposta
razionale
data
da
certe
facoltà
-
se
rapinano
le
casse
,
noi
le
facciamo
blindate
-
appare
come
una
provocazione
,
come
una
violenza
.
Non
c
'
è
comunicabilità
perché
non
c
'
è
quasi
niente
da
dire
.
La
cultura
cattolica
e
laica
,
che
ha
voluto
l
'
università
di
massa
per
sistemarvi
in
funzioni
docenti
i
suoi
figli
e
nipoti
,
ha
poco
o
niente
da
offrire
a
questi
che
fanno
i
neoleninisti
o
gli
helleriani
tanto
per
fare
qualcosa
,
ma
vogliono
posti
,
vogliono
soldi
,
vogliono
ciò
che
gli
altri
non
possono
dare
o
non
sono
capaci
di
dare
.
Così
la
violenza
serpeggia
imprevedibile
,
ambigua
,
indefinibile
.
In
vicolo
Ognissanti
viene
bruciata
una
sede
di
Lotta
continua
e
,
poco
più
in
là
,
una
agenzia
immobiliare
.
Perché
Lotta
continua
inclina
al
riformismo
?
Perché
l
'
agenzia
immobiliare
è
uno
strumento
della
speculazione
?
Sì
,
ma
come
pretesto
,
come
scusa
per
sentirsi
presenti
,
potenti
,
minacciosi
,
vivi
.
Un
giorno
irrompono
nel
negozietto
di
un
verduraio
:
qualche
cesto
di
frutta
,
un
po
'
di
insalata
,
due
contadini
inurbati
,
povera
gente
;
bastonati
a
sangue
,
il
negozio
incendiato
«
perché
era
aperto
durante
una
delle
festività
infrasettimanali
rubate
al
popolo
»
.
Ma
non
sono
popolo
due
contadini
inurbati
,
due
poveri
cristi
?
Sì
,
ma
i
casi
personali
non
contano
,
conta
l
'
esempio
,
l
'
azione
,
la
presenza
,
l
'
attivismo
.
Era
così
anche
il
fascismo
nascente
,
ma
non
cadiamo
nella
falsa
consolazione
dei
paragoni
troppo
facili
:
l
'
esercito
degli
«
spostati
»
è
di
nuovo
in
marcia
,
non
si
sa
dove
andrà
a
parare
;
e
imprecare
,
maledire
in
nome
della
santa
democrazia
serve
a
poco
;
anche
accorgersi
adesso
,
marzo
del
1979
,
che
alla
facoltà
di
Psicologia
di
Padova
è
stato
ripetuto
lo
stesso
errore
di
Trento
e
di
Milano
,
da
cui
,
si
poteva
almeno
ricordarlo
,
sono
nati
Potere
Operaio
e
le
Brigate
Rosse
.
La
facoltà
di
Psicologia
di
Padova
viene
immaginata
,
come
quella
di
Trento
,
come
una
università
di
élite
:
per
i
nuovi
tecnocrati
,
al
servizio
del
sistema
.
E
di
nuovo
l
'
esercito
degli
spostati
,
che
attende
in
ogni
provincia
italiana
,
lancia
il
suo
ballali
e
parte
alla
conquista
del
vuoto
;
una
facoltà
che
doveva
avere
mille
studenti
se
ne
trova
,
in
breve
,
novemila
.
Gli
autonomi
non
sono
di
aspetto
gradevole
,
come
di
solito
non
lo
sono
í
poveri
;
i
loro
metodi
sono
violenti
,
spesso
il
privato
si
traduce
in
ferocia
stupida
,
in
cinismo
da
quattro
soldi
;
il
gioco
del
potere
che
si
fa
sulla
loro
pelle
può
anche
assomigliare
a
una
triste
parodia
del
leninismo
.
Ma
anche
vedere
la
palazzina
dove
ha
sede
la
facoltà
di
Psicologia
non
è
un
bel
vedere
,
anche
vedere
degli
uffici
,
dei
locali
,
delle
attrezzature
che
andrebbero
in
frantumi
se
gli
studenti
compissero
il
loro
dovere
di
venirci
a
studiare
non
è
un
bel
vedere
.
Sono
accorsi
a
migliaia
a
Psicologia
per
le
stesse
ragioni
per
cui
erano
andati
a
Trento
:
l
'
illusione
di
impadronirsi
in
qualche
modo
della
chiave
per
capire
gli
altri
e
per
comandarli
;
ancora
il
desiderio
di
onnipotenza
pessimamente
collocato
in
una
macchina
della
frustrazione
e
della
impotenza
.
Che
altro
era
nella
vecchia
Italia
la
corsa
generale
a
Giurisprudenza
?
La
speranza
di
entrare
a
far
parte
di
quelli
che
conoscono
le
machiavelliche
procedure
dei
dottori
.
Qui
a
Psicologia
anche
la
voglia
della
scorciatoia
,
di
lauree
facili
con
bibliografia
ridotta
;
e
poi
di
posti
di
prestigio
,
in
una
categoria
di
moda
:
gli
psicologi
,
dopo
i
sociologi
,
gli
urbanisti
,
gli
architetti
e
le
altre
onde
delle
ricorrenti
mode
sociali
.
Dicono
bene
i
francesi
:
un
raz
de
marée
,
una
marea
che
sale
,
d
'
improvviso
;
in
una
di
quelle
professioni
che
fanno
saltare
i
nervi
,
le
professioni
-
dice
Pizzorno
-
che
mettono
di
fronte
i
mille
che
avranno
un
buon
posto
e
un
alto
stipendio
,
agli
ottomila
che
non
avranno
niente
e
lo
prevedono
,
lo
sanno
e
si
incazzano
in
anticipo
.
Certo
,
le
aggressioni
a
Petter
e
a
Longo
sono
state
ignobili
,
cretine
,
al
punto
che
fra
gli
stessi
autonomi
ci
sarebbero
critiche
,
dissensi
aperti
se
non
intervenisse
la
disciplina
neoleninista
-
carbonara
-
mafiosa
che
li
tiene
assieme
.
Ma
è
anche
stato
mediocre
,
prima
,
lasciar
gonfiare
la
facoltà
per
piazzarci
figli
e
nipoti
di
professori
.
Adesso
il
rettorato
cerca
una
soluzione
pratica
:
arrivare
in
qualche
modo
al
numero
chiuso
senza
proclamarlo
formalmente
.
Per
potere
,
si
può
,
all
'
italiana
.
Si
chiudono
gli
uffici
per
le
iscrizioni
,
si
mettono
a
tacere
per
il
primo
anno
i
corsi
più
importanti
,
si
inizia
il
decentramento
:
in
Francia
è
riuscito
,
in
America
funziona
.
Ma
sì
,
a
parole
si
può
fare
tutto
,
dire
tutto
;
ma
solo
con
le
parole
non
si
cambia
niente
e
qui
,
da
dieci
anni
a
questa
parte
,
pochissimo
è
cambiato
,
salvo
il
numero
degli
incazzati
e
degli
emarginati
che
è
in
continuo
aumento
,
salvo
il
numero
delle
pistole
e
delle
molotov
che
è
in
continua
moltiplicazione
,
salvo
la
prospettiva
di
una
guerriglia
diffusa
,
già
in
atto
e
magari
capace
di
allargarsi
a
guerra
civile
con
conseguenti
repressioni
di
tipo
argentino
.
Perché
questa
è
la
contrapposizione
tragica
:
un
potere
immobile
,
incapace
di
uscire
dai
suoi
vizi
,
e
una
opposizione
che
si
affida
solo
alla
rabbia
,
troppo
poco
per
essere
l
'
alternativa
in
un
paese
industriale
avanzato
.