Saggistica ,
Nota
dell
'
autore
Nel
levare
per
l
'
ultima
volta
la
mano
da
questi
Discorsi
,
mi
fo
lecito
di
avvertire
,
che
,
sebbene
finiti
soltanto
oggi
,
furono
da
assai
tempo
incominciati
e
maturati
,
e
scritti
anche
e
pubblicati
in
parte
.
Qualche
germe
o
idea
ne
gittai
già
nel
discorso
Di
un
migliore
avviamento
delle
lettere
italiane
moderne
al
proprio
loro
fine
,
che
servì
d
'
introduzione
al
Poliziano
,
specie
di
periodico
letterario
fiorentino
nato
e
morto
nel
1859
.
Di
non
poche
osservazioni
e
giudizii
intorno
al
secolo
decimoquinto
,
che
sono
nel
discorso
quarto
,
mi
giovai
per
il
saggio
Delle
poesie
toscane
di
messer
Angelo
Poliziano
,
messo
innanzi
alla
edizione
delle
Stanze
,
Orfeo
e
Rime
di
quel
poeta
curata
da
me
e
pubblicata
da
G
.
Barbèra
,
Firenze
,
1863
.
Un
breve
compendio
di
tutti
cinque
lessi
all
'
Ateneo
italiano
in
un
'
adunanza
tenuta
per
le
feste
del
centenario
di
Dante
;
e
fu
pubblicato
quasi
per
intiero
dalla
Rivista
italiana
di
scienze
lettere
ed
arti
stampata
allora
in
Firenze
(
anno
VI
,
n
.
248
,
16
ottobre
1865
)
.
Molta
parte
del
discorso
secondo
uscì
nel
vol
.
XIII
,
fasc
.
IV
,
della
Nuova
Antologia
(
aprile
1870
)
con
questa
intitolazione
,
Dello
Svolgimento
letterario
in
Italia
nel
sec
.
XIII
;
e
quasi
tutto
il
terzo
uscì
,
intitolato
Firenze
e
il
triumvirato
letterario
del
sec
.
XIV
,
nel
vol
.
XIX
,
fasc
.
I
(
1
gennaio
1872
)
dello
stesso
periodico
.
Ora
io
non
dico
già
di
rifiutare
(
che
sarebbe
troppo
superbo
e
troppo
umil
vocabolo
)
coteste
pubblicazioni
oramai
vecchie
e
fatte
a
pezzi
e
brani
e
con
errori
non
imputabili
a
me
,
ma
prego
,
ove
fosse
il
caso
,
di
esser
letto
e
giudicato
nella
presente
,
sola
compiuta
.
(
30
maggio
1873
)
DISCORSO
PRIMO
Dei
tre
elementi
formatori
della
letteratura
italiana
:
l
'
elemento
ecclesiastico
,
il
cavalleresco
,
il
nazionale
.
I
.
V
'
imaginate
il
levar
del
sole
nel
primo
giorno
dell
'
anno
mille
?
Questo
fatto
di
tutte
le
mattine
ricordate
che
fu
quasi
miracolo
,
fu
promessa
di
vita
nuova
,
per
le
generazioni
uscenti
dal
secolo
decimo
?
Il
termine
delle
profezie
etrusche
segnato
all
'
esser
di
Roma
;
la
venuta
del
Signore
a
rapir
seco
i
morti
e
i
vivi
nell
'
aere
,
annunziata
già
imminente
da
Paolo
ai
primi
cristiani
;
i
pochi
secoli
di
vita
che
fin
dal
tempo
di
Lattanzio
credevasi
rimanere
al
mondo
;
il
presentimento
del
giudizio
finale
prossimo
attinto
da
Gregorio
Magno
nelle
disperate
ruine
degli
anni
suoi
;
tutti
insieme
questi
terrori
,
come
nubi
diverse
che
aggroppandosi
fan
temporale
,
confluirono
su
'
l
finire
del
millennio
cristiano
in
una
sola
e
immane
paura
.
-
-
Mille
,
e
non
più
mille
-
-
aveva
,
secondo
la
tradizione
,
detto
Gesù
:
dopo
mille
anni
,
leggevasi
nell
'
Apocalipsi
,
Satana
sarà
disciolto
.
Di
fatto
nelle
nefandezze
del
secolo
decimo
,
in
quello
sfracellarsi
della
monarchia
e
della
società
dei
conquistatori
nelle
infinite
unità
feudali
,
in
quell
'
abiettarsi
ineffabile
del
ponteficato
cristiano
,
in
quelle
scorrerie
procellose
di
barbari
nuovi
ed
orribili
,
non
era
egli
lecito
riconoscere
i
segni
descritti
dal
veggente
di
Patmo
?
E
già
voci
correvano
tra
la
gente
di
nascite
mostruose
,
di
grandi
battaglie
combattute
nel
cielo
da
guerrieri
ignoti
a
cavalcione
di
draghi
.
Per
ciò
tutto
niun
secolo
al
mondo
fu
torpido
,
sciagurato
,
codardo
,
siccome
il
decimo
.
Che
doveva
importare
della
patria
e
della
società
umana
ai
morituri
,
aspettanti
d
'
ora
in
ora
la
presenza
di
Cristo
giudicatore
?
E
poi
,
piuttosto
che
ricomperarsi
una
misera
vita
coll
'
argento
rifrugato
tra
le
ceneri
della
patria
messa
in
fiamme
dagli
Ungari
,
come
avean
fatto
i
duecento
sopravvissuti
di
Pavia
,
non
era
meglio
dormire
tutti
insieme
sepolti
sotto
la
ruina
delle
Alpi
e
degli
Appennini
?
Battezzarsi
e
prepararsi
alla
morte
,
era
tutta
la
vita
.
Alcuni
,
a
dir
vero
,
moveansi
:
cercavano
peregrini
la
valle
di
Josafat
,
per
ivi
aspettar
più
da
presso
il
primo
squillo
della
tromba
suprema
.
Fu
cotesto
l
'
ultimo
grado
della
fievolezza
e
dell
'
avvilimento
a
cui
le
idee
degli
ascetici
e
la
violenza
dei
barbari
avevano
condotta
l
'
Italia
romana
.
E
che
stupore
di
gioia
e
che
grido
salì
al
cielo
dalle
turbe
raccolte
in
gruppi
silenziosi
intorno
a
'
manieri
feudali
,
accosciate
e
singhiozzanti
nelle
chiese
tenebrose
e
ne
'
chiostri
,
sparse
con
pallidi
volti
e
sommessi
mormorii
per
le
piazze
e
alla
campagna
,
quando
il
sole
,
eterno
fonte
di
luce
e
di
vita
,
si
levò
trionfale
la
mattina
dell
'
anno
mille
!
Folgoravano
ancora
sotto
i
suoi
raggi
le
nevi
delle
Alpi
,
ancora
tremolavano
commosse
le
onde
del
Tirreno
e
dell
'
Adriatico
,
superbi
correvano
dalle
rocce
alpestri
per
le
pingui
pianure
i
fiumi
patrii
,
si
tingevan
di
rosa
al
raggio
mattutino
così
i
ruderi
neri
del
Campidoglio
e
del
Fòro
come
le
cupole
azzurre
delle
basiliche
di
Maria
.
Il
sole
!
Il
sole
!
V
'
è
dunque
ancora
una
patria
?
v
'
è
il
mondo
?
E
l
'
Italia
distendeva
le
membra
raggricciate
dal
gelo
della
notte
,
e
toglieasi
d
'
intorno
al
capo
il
velo
dell
'
ascetismo
per
guardare
all
'
oriente
.
II
.
Di
fatti
sin
nei
primi
anni
del
secolo
undecimo
sentesi
come
un
brulicare
di
vita
ancor
timida
e
occulta
,
che
poi
scoppierà
in
lampi
e
tuoni
di
pensieri
e
di
opere
:
di
qui
veramente
incomincia
la
storia
del
popolo
italiano
.
Gl
'
imperatori
sassoni
,
intendendo
a
frenare
l
'
anarchia
ribelle
dei
grandi
feudatari
,
ne
avevano
spezzato
i
possedimenti
,
e
,
confinando
essi
nelle
contee
della
campagna
,
avevan
trasmesso
ai
vescovi
la
signoria
delle
città
.
Vero
è
che
la
corruzione
già
grande
della
chiesa
spirituale
ne
divenne
maggiore
;
ma
ne
crebbe
anche
,
anzi
ne
rinacque
,
la
virtù
dell
'
elemento
romano
;
poiché
i
vescovi
,
o
per
essersi
il
clero
mescolato
ai
nazionali
conquistati
e
per
essere
in
parte
nazionale
esso
stesso
,
o
per
tener
fronte
ai
feudatari
della
campagna
,
si
aiutarono
del
popolo
e
soffiarono
nelle
ceneri
ancor
calde
del
municipio
.
Cresciuta
intanto
la
corruzione
ecclesiastica
,
i
primi
imperatori
salici
vollero
aver
la
funesta
gloria
di
purificare
e
riformare
la
chiesa
.
Ora
la
chiesa
purificata
,
vale
a
dire
,
risanata
e
rinsanguata
,
con
quel
suo
romano
organamento
rafforzatosi
nei
secoli
,
era
naturale
che
non
volesse
sopra
di
sé
padroni
.
Non
era
ella
successa
nelle
tradizioni
unitarie
all
'
antico
impero
,
avendo
suoi
prefetti
i
vescovi
per
tutto
l
'
occidente
?
non
era
ella
che
avea
creato
l
'
impero
nuovo
?
Quindi
la
ruina
della
casa
salica
e
del
dominio
tedesco
.
Gregorio
VII
,
toscano
e
di
popolo
,
apparisce
nella
istoria
come
un
muro
ciclopico
delle
città
etrusche
presso
cui
era
nato
:
nell
'
urto
contro
di
lui
,
le
labarde
tedesche
volano
in
ischegge
;
e
come
ai
promontorii
della
sua
nativa
maremma
l
'
onda
del
Mediterraneo
,
schiuma
impotente
a
'
suoi
piedi
la
rabbia
dell
'
imperator
salico
.
Noi
né
compiangeremo
quell
'
imperatore
né
oltraggeremo
quel
papa
:
lasciamo
certi
sfoghi
all
'
arcadia
ghibellina
di
coloro
che
odian
Pietro
per
amore
di
Cesare
,
e
ammiriamo
il
popolo
;
il
popolo
italiano
che
,
in
mezzo
a
quel
fracasso
di
tutta
Europa
,
fattosi
avanti
senza
rumore
,
nelle
città
riprende
ai
vescovi
diritti
e
regalie
,
nelle
campagne
batte
i
feudatari
,
e
un
bel
giorno
piantatosi
in
mezzo
tra
i
due
contendenti
li
squadra
in
aria
di
dire
:
Ci
sono
anch
'
io
.
I
due
contendenti
allora
si
porsero
in
fretta
la
mano
,
perocché
intesero
troppo
bene
che
cosa
quel
terzo
venuto
volesse
.
E
indi
a
pochi
anni
Arnaldo
da
Brescia
lo
gridò
alto
-
-
Né
papa
né
imperatore
.
Risaliamo
il
Campidoglio
,
e
ristoriam
la
repubblica
-
-
.
L
'
Italia
s
'
era
rilevata
appoggiandosi
d
'
una
mano
alla
croce
di
Cristo
,
ma
ben
presto
aveva
disteso
l
'
altra
a
ricercare
tra
le
rovine
di
Roma
i
fasci
consolari
.
Il
moto
politico
necessariamente
commosse
gl
'
ingegni
e
le
facoltà
artistiche
,
indirizzando
queste
nel
campo
della
vita
effettiva
,
quelli
alla
coltura
specialmente
civile
.
E
già
sull
'
aprire
del
secolo
decimoprimo
il
tedesco
Vippone
proponeva
ad
Arrigo
II
l
'
esempio
degl
'
italiani
,
che
tutti
facevano
ai
figliuoli
sin
dai
primi
anni
imparare
,
non
che
lettere
,
la
propria
legge
;
e
,
su
'
l
fine
del
decimosecondo
,
Corrado
abate
urspergense
gli
ammirava
«
agguerriti
,
discreti
,
sobrii
,
parchi
nelle
spese
non
necessarie
,
e
soli
tra
tutt
'
i
popoli
che
reggansi
a
leggi
scritte
»
:
stoffa
repubblicana
in
somma
d
'
uomini
pratici
,
dalla
quale
non
v
'
è
speranza
di
tagliare
trovatori
e
menestrelli
e
perdigiorni
poetici
.
E
le
città
,
ferventi
di
popolo
nuovo
,
s
'
arricchivano
d
'
officine
e
si
munivano
di
costruzioni
da
guerra
contro
gl
'
imperatori
ed
i
nobili
del
contado
;
poi
,
vinti
questi
e
costrettili
a
farsi
cittadini
,
elle
spingevano
al
cielo
altrettante
torri
quante
eran
le
case
,
arnesi
di
battaglia
sociale
,
necessaria
e
feconda
,
tra
due
ordini
della
nazione
;
poi
,
impetrando
da
Dio
la
confermazione
della
libertà
che
si
andava
conquistando
,
gl
'
inalzavano
tempii
eguali
nella
grandezza
all
'
animo
d
'
un
popolo
che
solo
nel
cielo
poteva
accettare
un
re
.
Su
'
l
finire
del
secolo
decimosecondo
fu
anche
in
Italia
un
gran
fabbricare
di
basiliche
e
domi
:
era
un
festeggiare
il
risorgimento
,
un
attestar
la
fidanza
;
«
era
,
scrive
con
grottesca
evidenza
un
cronista
alemanno
,
come
se
il
mondo
,
scossa
da
sé
la
vecchiezza
,
si
rivestisse
per
tutto
d
'
una
candida
veste
di
chiese
»
.
Né
gli
scrittori
mancarono
;
latini
,
s
'
intende
:
incomincia
allora
ne
'
due
primi
campi
d
'
azione
della
penisola
,
il
settentrione
e
il
mezzogiorno
,
la
storia
secolare
,
comunale
o
monarchica
;
e
compariscono
alfine
gli
storici
cittadini
.
E
rilevanti
sono
le
attinenze
tra
gli
scrittori
latini
di
questi
due
secoli
e
gli
scrittori
volgari
dei
susseguenti
,
e
notevolissima
ed
evidente
l
'
aria
di
famiglia
.
I
cronisti
democratici
milanesi
arieggiano
assai
i
guelfi
Villani
,
come
il
monarchista
siciliano
Falcando
può
in
qualche
parte
esser
paragonato
al
cittadino
di
parte
bianca
Compagni
.
Certamente
Gherardo
da
Cremona
,
che
per
amore
della
scienza
si
esiglia
e
muore
tra
gli
arabi
di
Spagna
,
è
anticipata
imagine
degli
eruditi
del
secolo
decimoquinto
.
E
gli
Accursi
e
Cino
da
Pistola
e
Bartolo
non
fanno
che
seguitare
a
svolgere
l
'
opera
d
'
Irnerio
;
e
Tommaso
d
'
Aquino
riassume
e
compie
Anselmo
d
'
Aosta
e
Pietro
Lombardo
,
i
due
institutori
della
scolastica
nel
secolo
decimoprimo
e
decimosecondo
,
della
scolastica
che
empie
della
sua
prevalenza
o
della
resistenza
tutti
i
tre
secoli
della
letteratura
originale
.
In
somma
,
uno
è
il
fondo
;
la
diversità
è
della
lingua
.
Ma
con
tutto
questo
non
prima
del
trecento
poté
l
'
Italia
comparir
degnamente
nel
campo
dell
'
arte
.
Chi
ripensi
la
storia
politica
nostra
dei
secoli
duodecimo
e
decimoterzo
e
riguardi
poi
alla
letteratura
di
essi
secoli
,
quegli
anche
crederà
di
leggero
che
a
tanta
mole
di
fatti
non
si
agguagliasse
di
certo
la
gloria
degli
scritti
.
E
già
la
lingua
nuova
più
tardi
che
altrove
fu
qui
levata
all
'
uso
letterario
:
poi
la
nostra
prosa
e
poesia
per
tutto
quasi
il
duecento
fu
in
gran
parte
eco
di
letterature
straniere
.
Come
?
La
Spagna
ha
già
tessuto
la
leggenda
del
Cid
campeggiatore
,
la
Francia
settentrionale
ripete
da
molti
anni
le
sue
canzoni
di
gesta
e
svolge
quasi
a
trastullo
i
lunghi
cicli
delle
sue
cento
epopee
,
esulta
in
mille
forme
la
lirica
su
la
mandola
del
trovatore
di
Provenza
e
sul
liuto
del
minnesinghero
nei
castelli
della
verde
Soavia
e
della
Turingia
,
la
Germania
ha
già
fermato
in
un
'
ultima
composizione
il
suo
poema
nazionale
;
e
l
'
Italia
non
fa
che
ricantare
o
rinarrare
balbettando
quel
che
fu
già
cantato
in
lingua
d
'
oc
e
in
lingua
d
'
oil
?
Si
,
ma
intanto
ella
ha
constituito
a
repubblica
i
suoi
comuni
;
ella
ha
fiaccato
l
'
impero
e
fa
già
paura
al
papato
.
Non
vale
tutto
ciò
una
epopea
a
stanze
monoritme
?
Ella
ha
ristaurato
il
diritto
romano
,
ed
instaura
i
codici
di
commercio
nell
'
Europa
feudale
;
ella
pe
'
l
commercio
dominatrice
d
'
Europa
cuopre
di
legni
il
Mediterraneo
,
dispensiera
delle
ricchezze
d
'
oriente
spinge
le
sue
peregrinazioni
fino
alla
Cina
ed
al
Malabar
:
ciò
le
scusa
il
difetto
di
canzoni
originali
.
L
'
italiano
non
è
popolo
nuovo
:
altrove
dalla
mistura
dei
galloromani
e
degl
'
iberi
coi
burgundi
coi
vandali
coi
franchi
coi
goti
escono
i
provenzali
i
francesi
i
catalani
i
castigliani
:
qui
permane
l
'
Italia
,
qui
l
'
Italia
delle
confederazioni
umbre
latine
sannitiche
liguri
etrusche
,
l
'
Italia
della
guerra
sociale
,
risorge
dalle
ruine
di
Roma
.
L
'
Italia
ha
dunque
un
principio
di
civiltà
proprio
ed
antico
;
e
,
quando
sarà
tempo
che
questo
sormonti
agli
altri
principii
i
quali
dettero
una
prima
e
nuova
civiltà
al
resto
d
'
Europa
,
allora
anche
l
'
Italia
avrà
una
letteratura
.
Come
due
astri
,
riprendendo
la
solenne
metafora
,
guidavano
la
società
umana
per
la
età
di
mezzo
,
il
papa
cioè
e
l
'
imperatore
;
così
due
erano
i
principii
più
generali
di
quella
civiltà
letteraria
comune
a
tutta
l
'
Europa
,
l
'
ecclesiastico
e
il
cavalleresco
.
L
'
Italia
ebbe
di
proprio
i
comuni
e
l
'
elemento
romano
e
popolare
.
III
.
Discorrere
del
principio
ecclesiastico
,
e
pur
della
parte
che
egli
ebbe
nel
soggetto
dell
'
arte
e
della
letteratura
,
è
cosa
difficile
e
non
senza
odio
;
né
io
vorrei
disconoscere
quel
bene
che
la
morale
evangelica
penetrata
nelle
instituzioni
e
nei
costumi
possa
avere
operato
.
Se
non
che
,
la
morale
evangelica
quando
mai
regnò
ella
,
sola
e
pura
,
su
la
società
del
medio
evo
?
e
l
'
età
dell
'
oro
del
cristianesimo
non
la
vediamo
noi
,
a
mano
a
mano
che
risalgasi
la
storia
,
allontanarsi
più
sempre
e
dileguarsi
nel
buio
delle
catacombe
?
e
la
comunione
di
Gesù
dove
fu
ella
,
dopo
la
morte
degli
apostoli
?
La
idea
religiosa
dunque
,
la
chiamerò
così
però
che
nei
tempi
di
mezzo
religione
e
cristianesimo
fu
tutt
'
uno
,
la
idea
religiosa
,
chi
la
riguardi
nel
movimento
letterario
,
si
porge
molto
complessa
;
ma
più
specialmente
si
manifesta
per
due
guise
d
'
azione
e
con
due
forme
:
ascetica
ed
ecclesiastica
.
Nella
sua
parte
ascetica
,
il
cristianesimo
rimane
orientale
,
e
ritiene
la
immobilità
,
e
impone
l
'
annegamento
del
finito
nell
'
infinito
e
dell
'
uomo
in
Dio
:
nella
parte
ecclesiastica
,
si
fa
romano
,
ed
appropriandosi
quale
retaggio
le
tendenze
universali
e
le
tradizioni
eclettiche
dell
'
impero
trasforma
a
sua
foggia
il
paganesimo
sensuale
delle
genti
latine
e
il
paganesimo
naturale
delle
germaniche
per
servirsi
dell
'
uno
contro
l
'
altro
e
vicendevolmente
modificarli
.
Tra
spirito
e
materia
,
tra
anima
e
corpo
,
tra
cielo
e
terra
non
v
'
è
mezzo
:
lo
spirito
l
'
anima
il
cielo
è
Gesù
;
la
materia
il
corpo
la
terra
,
Satana
.
La
natura
il
mondo
la
società
è
Satana
;
il
vuoto
il
deserto
la
solitudine
,
Gesù
.
Felicità
,
dignità
,
libertà
,
è
Satana
;
servitù
,
mortificazione
,
dolore
,
Gesù
.
E
questo
Gesù
è
soave
tanto
da
scendere
co
'
l
perdono
e
con
l
'
amore
fin
tra
i
dannati
;
ma
a
patto
che
prima
sia
l
'
inferno
nell
'
universo
.
Questa
l
'
idea
della
perfezione
cristiana
,
la
cui
più
alta
astrazione
non
manifestasi
già
nei
martiri
e
nei
controversisti
,
nei
quali
il
fervor
della
lotta
manteneva
ancora
l
'
agitazione
del
sangue
;
ma
il
suo
fior
più
puro
,
le
cui
acute
fragranze
inebrian
di
morte
,
è
l
'
asceticismo
monastico
.
La
stoltezza
della
croce
,
l
'
obbrobrio
del
mondo
,
la
sete
del
dissolvimento
,
la
rinnegazione
della
vita
,
questo
è
la
legge
e
la
filosofia
:
i
Santi
Padri
del
deserto
sono
la
storia
eroica
plutarchiana
.
Nei
funerali
pagani
le
fiamme
de
'
roghi
accompagnavano
splendidamente
l
'
ultimo
addio
dell
'
anima
al
corpo
,
e
le
belle
urne
cinerarie
o
negli
atrii
delle
case
e
nelle
vie
popolose
rammemoravano
le
virtù
civili
degli
estinti
o
commovevano
pietosamente
gli
affetti
dei
vivi
:
i
miasmi
della
putrefazione
nel
santuario
cristiano
ammoniscono
di
continuo
l
'
uomo
della
viltà
sua
,
e
gl
'
ispirano
a
un
tempo
il
disgusto
dell
'
essere
e
l
'
orrore
del
nonessere
.
Tutto
rappresenta
la
morte
;
e
il
dio
crocefisso
e
gli
ossami
e
gli
scheletri
esposti
alla
venerazione
su
gli
altari
han
preso
il
luogo
di
Apollo
e
Diana
,
che
lanciavansi
,
giovenili
forme
divine
,
dal
marmo
pario
negli
spazi
della
vita
.
E
pure
,
no
'
l
negherò
già
io
,
quelle
idee
e
quelle
rappresentazioni
furono
storicamente
necessarie
ad
abbattere
pur
una
volta
la
sozza
materialità
dell
'
impero
e
ad
atterrire
i
Trimalcioni
dell
'
aristocrazia
romana
,
tiranni
godenti
del
mondo
;
furono
necessarie
a
contenere
la
materialità
selvaggia
de
'
barbari
,
a
infrenare
la
forza
cieca
e
orgogliosa
dei
discendenti
di
Attila
di
Genserico
di
Clodoveo
:
con
tanta
carne
e
tanto
sangue
un
po
'
d
'
astinenza
ci
voleva
.
E
Gesù
consolò
molte
anime
d
'
oppressi
,
asciugò
molte
lacrime
di
schiavi
:
nella
servitù
generale
la
chiesa
del
figliuol
del
legnaiuolo
era
pur
sempre
il
ricovero
della
libertà
e
dell
'
eguaglianza
.
Ma
con
idee
e
con
rappresentazioni
sì
fatte
non
vi
può
essere
arte
umana
;
anzi
non
vi
può
essere
arte
del
tutto
:
non
è
ella
in
vero
anche
l
'
arte
vanità
terrena
,
distrazione
dell
'
anima
,
peccato
?
L
'
anima
cristiana
può
bene
dinanzi
a
'
suoi
fantasmi
prorompere
in
un
grido
di
terrore
,
di
pietà
,
di
adorazione
;
può
co
'
suoi
fantasmi
profondarsi
in
sé
stessa
e
sublimarsi
negli
spazi
dell
'
infinito
;
può
col
pensiero
sfrenato
dalla
solitudine
nel
vuoto
rigirarsi
sopra
sé
quasi
con
tanti
molinelli
fino
alla
vertigine
:
ecco
il
cantico
,
la
visione
,
la
meditazione
;
ecco
la
Dies
irae
di
Tommaso
da
Celano
,
lo
Stabat
mater
di
Jacopo
da
Todi
,
il
Pange
lingua
di
Tommaso
d
'
Aquino
,
le
tre
più
grandi
odi
cristiane
;
ecco
la
Imitazione
di
Cristo
,
il
più
sublime
libro
religioso
del
medio
evo
e
un
de
'
più
dannosi
libri
del
mondo
;
ecco
le
mille
visioni
stupende
e
stupide
.
Ma
tutto
questo
è
arte
?
No
.
Tanto
è
vero
,
che
,
se
i
critici
e
i
retori
del
rinascimento
han
disdegnato
coteste
scritture
come
monumenti
letterari
,
i
dogmatici
e
i
fedeli
si
scandalizzano
quando
i
critici
e
gli
estetici
odierni
le
discutono
e
le
trattano
come
monumenti
letterari
.
Tra
l
'
aspirazione
cristiana
e
l
'
arte
v
'
è
odio
.
Tuttavia
quelle
idee
e
quelle
rappresentazioni
,
né
pur
questo
io
negherò
,
non
furono
senza
utili
effetti
su
l
'
arte
moderna
.
Sembra
,
per
esempio
,
che
quel
senso
profondo
della
così
detta
letteratura
interiore
,
da
Dante
e
dal
Petrarca
al
Rousseau
e
allo
Chateaubriand
e
a
'
più
recenti
,
siasi
per
grandissima
parte
educato
nel
raccoglimento
cui
il
cristianesimo
avvezzò
le
anime
,
nell
'
analisi
della
lotta
de
'
due
Adami
entro
l
'
uomo
,
tanto
paventata
ed
esecrata
,
ma
pur
riconosciuta
e
studiata
dagli
osservatori
cristiani
.
Non
che
il
sentimento
del
mondo
interno
mancasse
agli
antichi
;
ma
per
essi
avea
sempre
del
naturale
,
del
materiato
,
carne
e
colore
.
La
poesia
intima
cristiana
invece
sente
l
'
estenuamento
e
ha
dell
'
infermo
:
ricorda
il
febbricitante
che
si
tócca
il
polso
e
guardasi
l
'
unghie
,
e
l
'
etico
che
si
mira
allo
specchio
e
si
palpa
le
braccia
smunte
e
si
tenta
il
petto
.
Sarà
la
malattia
della
conchiglia
che
produce
la
perla
,
ma
è
malattia
.
Questo
,
l
'
ascetismo
puro
:
veniamo
ora
al
principio
ecclesiastico
misto
.
Perocché
durar
sempre
così
non
potevasi
:
e
la
chiesa
fattasi
,
dopo
la
distruzione
dell
'
antico
impero
,
romana
ella
,
pur
serbando
fede
teoricamente
al
suo
ideale
,
riconobbe
quel
non
so
che
di
pagano
,
che
,
a
confessione
di
Agostino
,
è
pur
sempre
insito
nell
'
uomo
;
e
seppe
giovarsene
.
Così
,
passati
i
primi
furori
,
santificò
il
colosseo
piantandovi
la
croce
;
raccolse
nel
panteon
le
ossa
dei
martiri
;
dedicò
a
Maria
i
tempii
di
Vesta
;
dei
numi
agresti
e
dei
semòni
delle
campagne
italiche
,
che
si
ostinavano
a
rimanere
in
vita
,
fe
'
santi
;
di
quelli
delle
selve
germaniche
,
demoni
e
mostri
;
e
così
contentando
l
'
un
popolo
e
l
'
altro
preparò
materia
al
lavoro
fantastico
.
Ancora
:
anatemizzò
i
mimi
su
le
piazze
,
ma
gli
ribenedisse
nei
vestiboli
delle
chiese
e
gli
accolse
a
mezzo
la
celebrazione
della
messa
;
proscrisse
i
poeti
gentili
,
ma
vestì
delle
loro
spoglie
i
suoi
santi
.
Quasi
allo
stesso
modo
si
comportò
con
la
scienza
.
Distruggere
tutta
la
civiltà
passata
non
era
né
possibile
né
utile
:
onde
cominciò
dal
cercare
un
accordo
tra
la
filosofia
pagana
e
i
suoi
dogmi
,
traviando
in
principio
nelle
scuole
alessandrine
:
sopravvenute
poi
l
'
età
grosse
della
barbarie
,
come
avea
imposto
il
nome
di
Maria
al
tempio
e
al
culto
di
Vesta
,
così
indossò
alla
scienza
la
tonaca
della
teologia
:
indi
all
'
ombra
dei
chiostri
,
con
lento
processo
,
nel
quale
alla
larghezza
dei
primi
filosofi
preferì
l
'
angusto
metodo
dei
compilatori
del
decadimento
e
dei
commentatori
,
ella
pervenne
a
cristallizzare
il
sistema
aristotelico
nella
scolastica
.
Quanto
alle
forme
,
avversata
in
principio
la
chiesa
dall
'
aristocrazia
politica
e
letteraria
di
Roma
e
ogni
forza
riconoscendo
dalla
plebe
,
il
suo
processo
,
anche
in
letteratura
,
cominciò
popolare
.
Dello
scadere
la
lingua
e
letteratura
romana
non
fu
la
chiesa
cagione
primissima
,
ma
certo
vi
conferì
potentemente
aiutando
co
'
suoi
scrittori
lo
scompaginarsi
della
sintesi
grammaticale
e
della
metrica
,
nobilitando
nelle
predicazioni
e
ne
'
libri
il
sermone
rustico
e
la
locuzione
volgare
e
il
ritmo
negl
'
inni
.
Per
tanto
ella
fu
da
prima
instrumento
efficacissimo
alla
formazione
delle
lingue
e
letterature
nuove
,
alle
quali
partecipò
dell
'
ispirazione
e
dell
'
afflato
orientale
:
ma
,
come
ogni
forza
,
giunta
che
sia
a
condizione
di
potenza
,
diviene
di
natura
sua
conservatrice
,
così
la
chiesa
,
dinanzi
ai
barbari
e
anche
dinanzi
al
prorompere
d
'
un
'
altra
forza
,
la
popolare
,
nella
manifestazione
delle
lingue
nuove
,
si
atteggiò
a
conservatrice
,
e
gelosa
,
della
lingua
latina
:
con
che
,
tenendo
ella
dello
stile
viziato
dei
tempi
del
decadimento
romano
,
fu
cagione
principalissima
di
quel
fare
concettoso
,
artifizioso
,
scolastico
,
di
quella
servilità
precoce
,
che
regna
nell
'
opera
letteraria
del
medio
evo
.
Del
resto
,
conservando
la
lingua
latina
e
spingendola
anche
oltre
il
termine
delle
antiche
colonie
romane
,
facendone
per
questa
guisa
il
veicolo
onde
tutte
le
tradizioni
e
le
cognizioni
dell
'
Europa
s
'
incontrarono
e
mescolarono
tra
loro
,
la
chiesa
compieva
un
alto
officio
:
succedendo
nell
'
opera
dell
'
unificazione
civile
all
'
antico
impero
,
ella
manteneva
a
suo
modo
la
romanità
dell
'
occidente
;
romanità
,
glorioso
vocabolo
,
trovato
da
uno
de
'
suoi
,
da
Tertulliano
.
Ma
ciò
tutto
in
fondo
è
poco
artistico
,
bisogna
pur
confessarlo
.
O
sia
che
il
tipo
letterario
ecclesiastico
è
troppo
complesso
e
resulta
d
'
elementi
troppo
eterogenei
,
o
sia
che
esso
il
cristianesimo
puro
è
troppo
fuor
della
natura
,
cotesta
religione
non
ha
inspirato
che
la
lirica
e
la
meditazione
:
un
'
epopea
evangelica
,
un
dramma
cristiano
,
per
intiero
,
non
è
mai
riuscito
.
Ma
parzialmente
il
principio
religioso
penetrò
tutte
quasi
le
forme
artistiche
:
ma
nel
medio
evo
la
chiesa
cristiana
,
conservatrice
unica
d
'
una
gran
lingua
,
d
'
una
letteratura
e
d
'
una
scienza
,
si
mescolò
a
tutto
;
a
tutto
attaccò
quella
febbre
,
quel
mal
essere
,
quella
nervosa
tensione
di
idee
ascetiche
e
incivili
ed
egoistiche
,
che
han
fatto
del
mondo
,
del
sano
e
luminoso
mondo
dei
Greci
,
un
ospitale
,
dalla
cui
mefite
non
riesce
né
pure
oggi
a
noi
di
trarci
fuora
,
o
ce
ne
leviamo
indolenziti
.
O
come
avrebber
potuto
trarsene
gli
uomini
del
medio
evo
?
Perocché
dove
non
è
la
chiesa
nel
medio
evo
?
Ella
restituisce
l
'
impero
,
o
lo
combatte
;
ella
benedice
la
cavalleria
,
o
la
scomunica
;
ella
favoreggia
i
comuni
,
o
gl
'
invade
;
ella
canonizza
i
dotti
,
o
gli
brucia
.
Tanto
meno
poteva
a
questo
predominio
sottrarsi
la
letteratura
in
Italia
;
ove
la
chiesa
aveva
accettato
e
nobilitato
la
sensualità
pagana
;
ove
,
mescolando
i
suoi
spiriti
invasori
e
ambiziosi
negli
odii
nazionali
contro
lo
straniero
ed
i
nobili
,
erasi
insinuata
in
tutte
quasi
le
nuove
instituzioni
;
ove
asseriva
a
sé
il
vanto
della
conservata
civiltà
antica
.
IV
.
Di
faccia
alla
chiesa
sorge
la
barbarie
,
o
,
diciam
meglio
,
la
società
di
conquista
,
rappresentata
nella
civiltà
e
nella
letteratura
cavalleresca
.
Ma
dell
'
elemento
cavalleresco
,
per
quanto
diversamente
si
modificasse
nelle
sue
molteplici
congiunzioni
al
genio
paesano
,
non
dubitiamo
asserire
che
fu
straniero
fra
noi
e
importato
.
È
esso
l
'
espressione
artistica
di
quella
generazione
che
le
conquiste
longobarde
franche
sassoni
alemanne
lasciarono
su
'
l
nostro
suolo
,
di
quella
generazione
che
,
per
le
origini
sue
germaniche
tenendo
all
'
individualismo
,
si
ordinò
nella
feudalità
,
fiorì
vigorosa
da
Carlomagno
al
Barbarossa
,
e
prima
ribellante
si
legò
poi
per
la
maggior
parte
agl
'
imperatori
nelle
guerre
d
'
investitura
e
contro
i
comuni
,
sin
che
vinta
da
questi
si
assembrò
entro
un
cerchio
di
mura
coi
vincitori
,
durando
tuttavia
la
primitiva
e
necessaria
discordia
nelle
parti
e
nei
nomi
di
ghibellini
o
di
grandi
,
di
guelfi
o
di
popolo
.
Ella
ebbe
le
ispirazioni
e
le
forme
dell
'
arte
fuori
d
'
Italia
:
di
qual
maniera
,
vediamo
.
Fermatisi
gl
'
invasori
con
obblighi
da
prima
reciproci
su
le
terre
conquistate
,
da
poi
col
mutar
delle
signorie
e
col
mancar
d
'
una
supremazia
legislativa
certa
raggiunsero
quella
indipendenza
individuale
,
che
è
un
istinto
speciale
delle
razze
germaniche
.
Ne
vennero
quelle
forze
personali
dominanti
la
scomposta
società
del
medio
evo
,
rappresentate
nei
tipi
dell
'
epopea
romanzesca
;
la
quale
,
vero
mito
della
società
feudale
,
ha
tanti
protagonisti
quanti
attori
,
tanti
episodi
quanti
i
fatti
dei
singoli
eroi
.
Allora
accadde
che
la
società
barbarica
si
scompose
in
mille
piccole
unità
;
e
un
sol
diritto
parea
presso
ad
emergere
dall
'
anarchia
europea
,
quel
della
forza
.
La
chiesa
accorse
al
riparo
tentando
di
collegare
e
disciplinare
sotto
un
vincolo
religioso
tanta
baldanza
di
personalità
vigorose
.
A
tutelare
la
società
dalla
forza
brutale
con
la
forza
disciplinata
ne
risultò
la
cavalleria
:
della
quale
non
può
negarsi
essere
stati
ecclesiastici
i
cominciamenti
,
chi
pensi
alle
forme
religiose
che
ne
consacravano
i
diversi
gradi
e
al
mito
del
sangraal
,
che
altro
non
è
se
non
simbolo
dell
'
eucaristia
.
Cotesti
uomini
,
o
raccolti
nella
vita
dei
castelli
solitari
o
agitati
nei
contrasti
di
quella
cupa
lor
società
,
nutriron
forti
gli
affetti
,
il
culto
delle
tradizioni
della
famiglia
e
dell
'
ordine
loro
,
il
sentimento
dell
'
onore
,
l
'
amore
dagl
'
instituti
germanici
e
dalle
dottrine
cristiane
fatto
più
severo
e
ideale
.
Ma
i
sentimenti
,
per
forti
che
siano
,
hanno
,
a
tradursi
nell
'
arte
,
bisogno
d
'
un
attrito
col
mondo
esteriore
;
e
i
baroni
,
sol
quando
riuniti
su
'
l
campo
delle
crociate
,
trovarono
al
principio
cavalleresco
la
forma
estetica
.
Allora
le
tradizioni
delle
varie
genti
si
fermarono
in
un
'
epopea
nuova
;
e
la
chiesa
,
che
prima
le
aveva
riprovate
e
tentato
distruggerle
nella
forma
dei
canti
nazionali
,
le
consacrò
col
suggello
della
religione
;
e
religione
,
amore
,
onore
,
individuità
,
avventure
informarono
quelle
mille
epopee
che
non
hanno
né
oggetto
né
termine
.
Il
sentimento
delle
nuove
razze
del
medio
evo
,
così
intenso
per
lo
innanzi
nella
solitudine
,
evaporò
a
poco
a
poco
in
una
folla
di
parvenze
bizzarre
,
che
si
accavallavano
le
une
alle
altre
tumultuando
e
sfumavano
a
un
tratto
.
Termini
di
tempi
,
di
luoghi
,
di
genti
scomparvero
;
e
una
metafora
originava
gli
eroi
e
le
geste
.
Ora
tutto
ciò
non
potea
convenire
con
gli
spiriti
romanamente
pratici
e
sociali
del
popolo
italiano
:
di
più
l
'
ordine
feudale
da
cui
moveva
e
a
cui
ritornava
la
poesia
cavalleresca
,
rimanendo
tra
noi
senza
un
centro
monarchico
nazionale
,
fu
ben
presto
sopraffatto
dall
'
elemento
indigeno
e
cittadino
con
cui
per
gran
parte
si
fuse
:
il
perché
non
ebbe
mai
l
'
Italia
né
cavalleria
vera
né
vera
poesia
cavalleresca
,
della
quale
attinse
le
materie
e
le
forme
al
di
fuori
,
per
trasmutarle
e
rimaneggiarle
.
V
.
Il
principio
ecclesiastico
dunque
era
comune
a
tutta
la
cristianità
,
comune
a
tutta
la
feudalità
europea
il
principio
cavalleresco
;
né
abbiamo
ancora
trovato
un
che
di
speciale
all
'
Italia
.
In
fatti
,
fino
a
un
certo
punto
dei
nostri
annali
,
del
solo
elemento
straniero
e
della
razza
dominatrice
è
l
'
istoria
;
e
che
osi
affrontarla
con
ardimento
che
talvolta
veste
sembianze
di
opposizione
nazionale
e
democratica
non
v
'
è
che
il
chiericato
.
Ma
intanto
,
all
'
ombra
della
chiesa
,
un
terzo
elemento
dalle
gilde
commerciali
e
dalle
maestranze
delle
arti
avanzava
a
poco
a
poco
alla
massa
alla
credenza
al
comune
,
e
nelle
contese
tra
pontefici
e
imperatori
sorse
,
terzo
e
più
vero
potere
,
fin
allora
sconosciuto
ed
oppresso
;
ma
con
lui
e
per
lui
stava
il
diritto
e
la
forza
e
l
'
avvenire
;
e
chiamavasi
,
con
nome
nella
storia
d
'
Italia
eternamente
memorando
,
il
popolo
.
Quel
popolo
,
che
altrove
rimaso
terzo
stato
aiutò
i
monarchi
a
snervare
ed
abbattere
il
clero
e
la
nobiltà
,
qui
all
'
ardita
opera
procede
primo
e
solo
.
E
,
come
egli
era
in
effetto
il
risvegliato
elemento
romano
,
così
l
'
opera
sua
di
civiltà
è
essenzialmente
pratica
,
e
il
movimento
ideale
è
di
restaurazione
e
continuazione
delle
tradizioni
antiche
.
Né
queste
son
fantasie
indettate
da
un
postumo
classicismo
.
Interrogate
le
vecchie
cronache
delle
nostre
città
;
e
udite
come
tutte
amino
fidare
le
loro
origini
alla
protezione
del
gran
nome
di
Roma
,
quali
germogli
novelli
sotto
la
materna
ombra
dell
'
albero
antico
.
Udite
,
nella
canzone
delle
scólte
modenesi
che
guardano
la
città
dagli
Unni
,
la
ricordanza
del
vegliare
di
Ettore
sopra
Troia
:
udite
il
favoleggiare
delle
donne
fiorentine
su
Fiesole
e
Roma
,
e
i
nomi
di
Catilina
e
di
Cesare
innestati
alle
origini
della
città
guelfa
:
udite
il
rapsodo
latino
della
vittoria
pisana
su
i
saracini
affermare
ch
'
ei
rinnova
la
memoria
degli
antichi
romani
e
della
guerra
cartaginese
.
Vedete
Firenze
serbare
con
gelosa
cura
il
tronco
del
suo
Marte
,
opporsi
Milano
che
non
si
abbatta
il
suo
Ercole
,
Padova
mostrar
la
tomba
di
Antenore
,
Mantova
stampar
nel
conio
delle
monete
l
'
imagine
di
Virgilio
e
cantarne
il
nome
nei
sacri
ufficii
,
i
pescatori
di
Messina
rinnovare
a
ogni
anno
la
processione
di
Saturno
e
di
Rea
.
Volevasi
dimenticare
la
barbarie
impiantatasi
su
le
rovine
italiche
:
in
certi
giorni
,
a
certe
rimembranze
,
torcevasi
quasi
la
faccia
dalla
croce
di
Cristo
per
salutare
ancora
una
volta
gl
'
iddii
dell
'
Italia
vittoriosa
:
il
paganesimo
perdurava
.
Della
qual
devozione
alle
tradizioni
antiche
,
come
,
per
ciò
che
spetta
a
reggimento
,
fu
insigne
testimone
nel
secolo
duodecimo
Arnaldo
,
così
fu
nelle
lettere
il
grammatico
Vilgardo
,
che
teneva
scuola
a
Ravenna
,
nel
secolo
undecimo
.
Il
quale
di
tanto
amore
s
'
era
preso
pei
solenni
scrittori
dell
'
antichità
,
che
insegnava
doversi
a
tutti
i
loro
dettati
ed
in
tutto
prestare
credenza
,
ed
altre
cose
molte
contrarie
alla
fede
;
e
credea
vedere
nella
notte
le
ombre
gloriose
di
Virgilio
di
Orazio
e
di
Giovenale
,
che
,
ringraziatolo
del
culto
onde
in
secolo
infelice
ei
proseguiva
le
sacre
e
diredate
lettere
,
gli
promettevano
di
metterlo
a
parte
della
lor
gloria
.
Delirii
innocenti
dell
'
infelice
grammatico
,
se
il
chiericato
desto
sempre
contro
le
lettere
profane
,
che
gli
erano
sospette
quando
non
coltivate
da
lui
,
non
avesse
sentenziato
le
ombre
degli
antichi
poeti
esser
demonii
,
lui
eretico
e
condannabile
,
perocché
troppi
,
aggiungea
notabilmente
la
sentenza
,
erano
in
Italia
gl
'
ingegni
macchiati
dalla
stessa
labe
.
Se
non
che
,
questa
forza
vitale
che
fermentò
lunghi
secoli
occulta
ne
'
residui
dell
'
antica
Italia
,
che
fu
come
il
glutine
della
nuova
Italia
,
che
per
ciò
può
dirittamente
considerarsi
come
l
'
elemento
nazionale
,
non
è
del
resto
un
proprio
e
puro
elemento
.
Ma
è
anzi
una
forza
complessa
,
che
si
spiega
per
due
maniere
di
azione
in
effetti
,
se
non
opposti
,
diversi
.
Per
una
parte
,
in
quanto
ella
mira
alla
ristorazione
alla
conservazione
alla
unità
nelle
forme
delle
instituzioni
e
dell
'
arte
,
in
quanto
ella
torna
a
un
ideale
di
nazione
di
letteratura
di
stile
,
il
suo
elemento
è
romano
,
e
l
'
azione
sua
è
dotta
e
aulica
:
per
un
'
altra
parte
,
in
quanto
ella
tende
al
rinnovamento
e
alla
varietà
,
e
si
produce
nelle
mille
forme
dialettali
rapsodiche
tradizionali
della
regione
e
del
comune
,
il
suo
elemento
è
l
'
italico
della
guerra
sociale
,
e
l
'
azione
sua
è
popolare
o
plebea
.
VI
.
Ora
la
storia
di
queste
tre
varie
o
forze
o
elementi
,
l
'
ecclesiastico
,
il
cavalleresco
,
il
nazionale
,
e
dell
'
accordo
e
della
discordia
tra
il
misto
elemento
ecclesiastico
e
l
'
elemento
nazionale
complesso
i
quali
a
diversi
fini
incontraronsi
in
un
'
azione
medesima
,
e
dell
'
opera
loro
di
modificazione
su
l
'
elemento
cavalleresco
il
quale
in
Italia
fu
soltanto
e
sempre
soggetto
e
materia
,
e
dell
'
ultimo
e
final
dissidio
,
dopo
un
momento
di
armonia
,
tra
que
due
primi
elementi
,
e
della
scissione
dell
'
elemento
nazionale
vittorioso
ne
'
suoi
due
principii
,
il
romano
e
l
'
italico
,
il
dotto
e
il
popolare
,
e
dell
'
ultima
armonia
di
essi
due
principii
signoreggianti
oramai
nell
'
ideal
della
forma
tutta
la
materia
soggetta
del
medio
evo
;
questa
storia
,
dico
,
è
la
storia
della
letteratura
italiana
.
Da
Arnaldo
al
Savonarola
,
da
Francesco
d
'
Assisi
a
Filippo
Neri
,
da
'
due
Landolfi
e
da
Falcando
al
Machiavelli
e
al
Guicciardini
,
dalla
traduzione
della
Tavola
rotonda
e
dal
Febusso
e
Breusso
all
'
Ariosto
,
da
Dante
o
meglio
da
Giacomino
di
Verona
al
Tasso
,
dal
Novellino
al
Bandello
e
al
Giraldi
,
da
Folgore
di
San
Gemignano
al
Berni
,
da
Albertano
al
Castiglione
,
da
Lorenzo
veronese
e
da
Arrigo
settimellese
al
Fracastoro
al
Vida
al
Flaminio
,
da
Nicolò
pisano
e
da
Cimabue
a
Michelangelo
e
a
Tiziano
,
è
perennità
,
è
continuità
,
è
processo
e
progresso
di
svolgimento
e
di
moto
.
DISCORSO
SECONDO
Dei
quattro
periodi
di
contrasto
e
di
formazione
:
periodo
latino
,
lombardo
,
siculo
,
bolognese
.
Quando
,
come
,
tra
quali
circostanze
e
su
quali
soggetti
cominci
l
'
opera
della
letteratura
nazionale
.
I
.
Quando
contro
la
potenza
di
Federico
II
,
che
dal
mezzogiorno
riallargavasi
ingrossando
verso
il
settentrione
solo
a
tempo
abbandonato
dal
padre
suo
,
si
stringeva
la
seconda
lega
delle
città
lombarde
,
Tirteo
della
libera
gesta
fu
Pier
della
Caravana
,
piemontese
.
Egli
cantava
:
«
Ecco
il
nostro
imperadore
che
raccoglie
gran
gente
.
Lombardi
,
guardatevi
bene
,
che
non
siate
ridotti
peggio
che
schiavi
comprati
,
se
non
durate
fermi
....
Sovvengavi
dei
valenti
baroni
di
Puglia
,
i
quali
nelle
loro
case
non
hanno
oramai
che
dolore
:
guardate
non
avvenga
altrettanto
di
voi
.
Non
vogliate
amare
la
gente
di
Lamagna
,
non
vi
piaccia
usare
la
sua
compagnia
:
lungi
,
lungi
da
voi
questi
cani
arrabbiati
.
Dio
salvi
Lombardia
,
Bologna
e
Milano
e
loro
consorti
,
e
Brescia
e
'
l
mantovano
,
e
i
buoni
marchigiani
,
sì
che
niuno
di
loro
sia
servo
»
.
Così
il
nobile
Piemonte
dava
all
'
Italia
il
primo
poeta
di
libertà
.
Ma
egli
poetava
in
provenzale
:
oh
perché
non
suonò
nella
lingua
della
patria
la
fierezza
di
quei
sensi
,
l
'
ardenza
di
quei
versi
,
e
il
martellar
feroce
del
ritornello
finale
,
Lombart
,
beus
gardaz
,
Qe
ja
non
siaz
Pejer
qe
compraz
,
Si
ferm
non
estaz
!
E
già
prima
,
circa
il
1195
,
quando
Lombardia
erasi
anche
levata
contro
Arrigo
VI
,
all
'
espressione
dell
'
odio
popolare
contro
il
tedesco
avea
dato
violenti
forme
in
provenzale
Pier
Vidal
.
All
'
incontro
,
la
vittoria
parmense
del
1248
che
dette
il
colpo
mortale
a
Federico
II
,
quando
il
plebeo
Gambacorta
predò
la
corona
imperiale
mostruosa
di
ricchezza
e
di
peso
,
fu
cantata
in
latino
:
in
latino
l
'
epinicio
guelfo
annunziava
alle
città
confederate
di
Milano
,
di
Bologna
,
di
Venezia
,
d
'
Ancona
,
che
«
il
Signore
levossi
a
tutela
della
nostra
libertà
e
già
apparve
alla
città
sua
di
Parma
»
.
Ora
questo
fatto
delle
battaglie
nazionali
d
'
un
popolo
nuovo
cantate
in
lingua
straniera
o
antica
a
troppi
altri
consimili
fatti
succede
,
sì
che
non
se
ne
vogliano
sottilmente
ricercare
e
discorrere
le
ragioni
.
Con
che
ci
verrà
fatto
di
rinvenire
il
perché
s
'
indugiasse
di
tanto
il
volgare
italiano
a
manifestarsi
nell
'
opera
letteraria
,
e
di
segnare
i
termini
de
'
periodi
che
a
quella
manifestazione
furono
innanzi
e
le
ragioni
varie
dei
fenomeni
che
vi
si
svolser
per
entro
.
II
.
Della
vitalità
tra
noi
del
latino
dobbiamo
certo
in
gran
parte
riferir
la
cagione
al
principio
religioso
,
il
quale
rappresentando
allora
una
specie
di
gerarchica
civiltà
avea
consacrato
l
'
idioma
dell
'
antico
impero
come
lingua
cattolica
sì
della
chiesa
sì
della
scienza
d
'
occidente
.
E
ciò
poté
più
efficacemente
volere
e
più
largamente
conseguire
in
Italia
,
dove
la
chiesa
era
in
questo
suo
intendimento
aiutata
dallo
stesso
principio
popolare
.
Il
quale
e
nella
scuola
conservava
la
tradizione
classica
,
e
con
le
leggi
e
con
le
forme
del
reggimento
mirava
tuttavia
a
Roma
;
la
cui
grande
imagine
stié
sempre
dinanzi
agli
occhi
degl
'
italiani
,
gli
confortò
schiavi
,
gli
inanimò
ribelli
,
liberi
gl
'
illustrò
della
sua
gloria
radiante
di
tra
le
ruine
,
come
la
fiammella
della
lampade
mortuaria
la
quale
raccontasi
si
serbasse
viva
a
traverso
i
secoli
nella
tomba
della
fanciulla
romana
figliuola
del
grande
oratore
.
Anche
per
gli
altri
popoli
d
'
occidente
era
il
latino
la
lingua
officiale
della
chiesa
e
della
scuola
,
dell
'
impero
e
delle
leggi
:
ma
fuor
di
chiesa
e
del
chiostro
,
al
di
qua
dei
cancelli
della
corte
di
giustizia
,
essi
sbrigliavano
il
volo
delle
fantasie
e
l
'
impeto
degli
affetti
nei
volgari
nuovi
.
Per
gl
'
italiani
il
latino
era
la
lingua
dei
padri
loro
,
con
la
quale
avevano
imperato
al
mondo
;
la
intendevano
e
la
parlavano
più
comunemente
;
la
reputavano
sola
degna
a
cui
commettere
i
pensamenti
dei
savi
,
le
gesta
delle
città
,
il
lavorìo
dell
'
arte
;
speravano
per
avventura
di
restituirle
l
'
antico
uso
di
dignità
.
Per
ciò
,
mentre
gli
altri
popoli
cominciarono
ben
presto
a
intessere
il
racconto
epico
o
a
svolgere
il
sentimento
lirico
nei
nuovi
idiomi
,
i
nostri
l
'
una
cosa
e
l
'
altra
fecero
latinamente
.
Ebbero
anch
'
essi
le
loro
leggende
su
le
barbariche
signorie
,
su
le
dinastie
che
li
opprimevano
;
ma
gli
avanzi
informi
d
'
una
leggenda
italica
primitiva
di
Valtario
d
'
Aquitania
e
di
Carlo
Magno
e
Adelchi
giacciono
trasfigurati
nella
cronaca
del
monastero
della
Novalesa
.
Tentarono
di
raccogliere
le
fila
dei
miti
antichi
ondeggianti
ancora
per
l
'
aere
di
primavera
nei
crepuscoli
tinti
in
rosa
dagli
ultimi
raggi
del
sole
su
le
vette
favolose
dei
colli
etruschi
e
latini
;
ma
dei
canti
misteriosi
,
che
le
ninfe
o
le
fate
lasciavan
sentire
dagli
spechi
di
Fiesole
di
Chiusi
di
Volterra
,
un
'
eco
a
pena
è
ripercossa
nel
Ninfale
fiesolano
e
nell
'
Ameto
del
Boccaccio
e
nel
Novelliere
di
Domenico
da
Prato
.
Di
quel
che
le
donne
fiorentine
nelle
veglie
severe
favoleggiavano
«
de
'
troiani
,
di
Fiesole
e
di
Roma
»
,
una
traccia
rimane
,
leggera
e
interrotta
,
nelle
croniche
del
Malespini
e
del
Villani
;
si
leggono
nelle
croniche
del
Cobelli
le
vicende
dei
discendenti
da
'
fondatori
romani
di
Forlì
mescolate
alle
gesta
dei
signori
nuovi
goti
e
longobardi
:
ma
il
Malespini
attesta
di
aver
còlto
il
leggiadro
racconto
da
certe
antiche
scritture
ch
'
ei
vide
in
casa
d
'
un
gentiluomo
vecchio
romano
,
e
il
Cobelli
da
altri
libri
pur
latini
d
'
un
cronicatore
antico
di
Ravenna
;
Roma
e
Ravenna
,
le
due
città
classiche
ed
imperiali
.
E
da
croniche
latine
antiche
delle
due
città
romane
d
'
Aquileia
e
Concordia
provenne
il
poema
di
Attila
e
de
'
suoi
italici
antagonisti
Giano
e
Foresto
,
romanzato
poi
nel
secolo
decimoquarto
in
versi
francesi
dal
bolognese
Nicolò
Càsola
e
nel
secolo
decimoquinto
in
prosa
popolare
veneziana
e
nel
decimosesto
in
elegante
prosa
italiana
da
Gian
Maria
Barbieri
e
da
altri
in
ottave
:
documento
non
unico
di
tutte
le
trasformazioni
per
cui
passò
la
materia
primitiva
della
nazional
letteratura
nei
primi
quattro
secoli
originali
.
Cotesti
libri
latini
del
resto
,
che
certamente
esisterono
e
che
potevano
dimostrarci
l
'
azione
prossima
esercitata
dalle
tradizioni
della
patria
antichità
su
le
fantasie
degl
'
italiani
del
medio
evo
e
darne
a
divedere
l
'
opera
loro
di
rifusione
dell
'
ideale
antico
col
nuovo
soprannaturale
e
con
la
storia
di
tutti
i
giorni
;
cotesti
libri
,
dico
,
dopo
il
fiorir
vigoroso
della
letteratura
nazionale
e
il
rifiorire
del
classicismo
,
andarono
spregiati
e
perduti
.
A
ogni
modo
;
e
i
vestigi
sparsi
che
avanzano
di
così
fatte
leggende
paesane
nelle
croniche
latine
e
volgari
fino
al
secolo
decimoquinto
;
e
i
lineamenti
che
un
po
'
svaniti
o
ver
caricati
pur
emergono
di
quei
miti
nelle
imitazioni
letterarie
,
nelle
rapsodie
e
nelle
fiorite
dello
stesso
tempo
;
e
i
pochi
canti
lirici
latini
che
sopravvivono
interi
,
ultimo
de
'
quali
l
'
epinicio
parmense
pur
ora
ricordato
;
tutto
ciò
dà
fede
d
'
un
periodo
fossile
,
per
così
dire
,
e
preistorico
della
letteratura
nazionale
:
periodo
che
da
'
Carolingi
,
se
non
da
innanzi
,
estendesi
a
mezzo
il
secolo
decimoterzo
,
e
nel
quale
il
principio
popolare
ebbe
in
lingua
latina
una
letteratura
sua
,
ma
che
pur
sentì
l
'
influsso
degli
altri
due
principii
,
l
'
ecclesiastico
e
il
cavalleresco
.
E
cotesta
letteratura
fu
certamente
il
substrato
della
posteriore
in
lingua
volgare
.
Così
nulla
va
perduto
nel
mondo
:
non
l
'
orma
de
'
misteriosi
augelli
primitivi
su
l
'
arena
di
tanti
secoli
che
s
'
è
fatta
pietra
,
e
né
pure
,
quel
ch
'
è
più
mirabile
,
lo
sfiorar
dell
'
ala
della
fantasia
umana
su
le
brume
del
passato
sfumanti
in
vetta
alla
montagna
dei
secoli
.
Ma
l
'
uomo
non
bada
.
III
.
Se
non
che
,
quando
il
settentrione
della
penisola
diventò
primo
campo
alle
battaglie
del
risvegliato
elemento
romano
,
o
perché
il
movimento
letterario
della
nuova
lingua
non
si
accompagnò
alla
vitale
contesa
dei
comuni
lombardi
coll
'
impero
e
alla
vittoria
che
la
coronò
?
Perché
non
si
manifestò
egli
da
prima
nella
valle
del
Po
e
dell
'
Adige
,
tutta
ancora
fremente
dell
'
ardore
della
riscossa
?
perché
,
in
quella
vece
,
i
monumenti
letterari
di
cotesta
gloriosa
regione
in
cotesta
età
gloriosissima
sono
eglino
,
tutti
da
prima
,
e
quasi
tutti
anche
di
poi
,
in
lingua
provenzale
?
Probabilmente
anche
tra
noi
il
primo
impulso
a
una
poesia
artifiziosa
in
lingua
nuova
mosse
dal
principio
cavalleresco
,
che
aggiunse
il
sommo
dell
'
esser
suo
prima
che
fosse
maturo
il
nazionale
.
Ora
il
principio
cavalleresco
si
manifestò
colle
imitazioni
delle
corti
di
Provenza
e
colla
importazione
della
poesia
provenzale
in
Lombardia
,
o
più
largamente
nella
Italia
superiore
,
da
mezzo
l
'
imperare
del
Barbarossa
a
tutto
il
regno
di
Federico
II
.
Perocché
i
trovadori
provenzali
,
gente
di
corte
attratta
dal
barbaglio
dell
'
acciaio
e
dell
'
oro
,
cominciarono
a
passare
in
Italia
all
'
occasione
delle
varie
calate
del
Barbarossa
,
e
,
seguitando
il
campo
o
la
corte
di
lui
e
alle
varie
corti
feudali
accogliendosi
che
allora
in
Italia
fiorivano
,
vi
portarono
colle
più
belle
costumanze
e
co
'
più
fini
riti
di
cavalleria
tutto
il
corpo
della
poesia
loro
,
la
lirica
meglio
loro
propria
e
i
romanzi
che
per
lo
più
imitarono
dalla
Francia
settentrionale
.
A
questa
prima
immigrazione
una
più
stabile
ne
seguitò
nei
primi
trent
'
anni
del
secolo
decimoterzo
,
massimamente
quando
la
spada
di
Simone
di
Montfort
ebbe
reciso
nel
proprio
terreno
quel
lieto
e
gentil
fiore
della
coltura
occitanica
.
Allora
i
trovadori
,
e
altri
che
della
gaia
scienza
si
facevano
un
mestiero
per
vivere
,
ripararono
in
Italia
,
quando
a
punto
la
potenza
ghibellina
e
con
essa
il
principio
cavalleresco
pareva
raffermarsi
tra
noi
mediante
il
naturalizzarsi
dell
'
impero
con
Federico
II
.
A
questo
tempo
la
imitazione
delle
cortesie
e
delle
fantasie
cavalleresche
risplende
nelle
feste
,
nelle
costumanze
,
nei
nomi
;
e
non
fu
solamente
dei
signori
e
feudatarii
,
ma
e
dei
cittadini
de
'
nuovi
comuni
che
pure
in
ciò
vollero
venire
in
gara
con
quelli
.
Ne
seguì
la
coltura
anche
tra
noi
della
gaia
scienza
,
la
quale
aveva
raggiunto
la
perfezione
artistica
nella
poesia
provenzale
.
Ma
questa
poesia
era
tale
un
sistema
artificioso
d
'
idee
complicate
e
riflesse
,
di
sentimenti
squisiti
e
affettati
,
di
convenute
sottigliezze
e
di
forme
consacrate
e
immutabili
,
che
ricercava
una
lingua
,
se
non
doviziosa
,
raffinatissima
e
nata
insieme
con
i
concetti
tutti
speciali
a
cui
doveva
adattarsi
.
Ora
i
dialetti
dell
'
Italia
superiore
,
ispidi
di
per
sé
né
politi
dall
'
uso
o
al
più
adoperati
in
un
'
arte
di
popolo
semplicissima
e
primordiale
,
erano
tutt
'
altro
che
acconci
a
ricevere
la
studiatissima
forma
trovadorica
e
a
rendere
le
sottigliezze
dell
'
amore
cavalleresco
.
Il
perché
parve
ai
nostri
più
agevol
cosa
l
'
usare
a
ciò
la
lingua
stessa
provenzale
,
che
del
resto
era
anche
la
lingua
di
moda
,
come
più
tardi
fu
la
francese
,
del
più
bel
fiore
della
cavalleria
europea
.
Così
pigliando
le
mosse
da
Nizza
e
giù
per
la
riviera
toccando
Genova
e
spingendoci
alle
foci
della
Magra
,
risalendo
poi
Monferrato
sino
a
Torino
,
sostando
oltre
Po
a
Pavia
e
a
Milano
e
su
'
l
Mincio
a
Mantova
,
montando
per
il
Friuli
e
discendendo
a
Venezia
e
ripassando
in
fine
il
Po
da
Ferrara
a
Bologna
,
in
poco
più
di
mezzo
secolo
,
da
Alberto
Malaspina
marchese
di
Lunigiana
che
rimava
circa
il
1204
fino
a
mastro
Ferrari
che
visse
alla
corte
di
Azzo
VII
estense
,
possiamo
contare
un
venticinque
italiani
i
quali
cantarono
in
provenzale
:
due
soli
,
tra
essi
,
toscani
;
feudatarii
quasi
tutti
,
e
,
salvo
pochissimi
,
di
parte
imperiale
,
od
uomini
di
corte
.
E
tutt
'
insieme
questi
rimatori
,
provenzali
nativi
e
italiani
che
provenzalmente
componevano
,
agitarono
la
vita
e
le
passioni
entro
la
valle
del
Po
nelle
guerre
de
'
comuni
con
l
'
impero
o
de
'
comuni
co
'
grandi
feudatarii
o
de
'
feudatarii
tra
loro
,
constituendo
un
secondo
periodo
letterario
,
il
periodo
lombardo
,
che
s
'
incastra
in
parte
nel
primo
periodo
latino
e
precede
in
parte
e
in
parte
accompagna
lo
svolgimento
del
volgare
italiano
.
Certo
,
in
niuna
altra
regione
d
'
Italia
fiorì
la
coltura
cavalleresca
meglio
che
in
Lombardia
e
nella
Marca
trivigiana
,
ma
fu
coltura
straniera
;
tanto
che
,
mentre
in
Lombardia
poetavasi
in
provenzale
,
alle
corti
del
Friuli
si
parlava
francese
,
e
francese
si
scrisse
anche
più
tardi
in
Venezia
e
in
Bologna
da
'
poeti
cortigiani
della
cavalleresca
casa
d
'
Este
.
Onde
ciò
?
Troppo
era
per
avventura
mista
di
sangui
diversi
la
generazione
lombarda
,
e
troppo
il
sangue
predominante
era
affine
al
celtico
d
'
oltr
'
alpe
,
onde
quella
nuova
letteratura
procedeva
.
Che
se
cotesta
mescolanza
di
sangui
fu
e
allora
e
di
poi
argomento
di
vigore
e
cagione
di
lunga
vitalità
a
quel
forte
popolo
,
le
impedì
anche
di
dare
su
quel
súbito
la
propria
impronta
all
'
opera
artistica
.
O
forse
anche
il
principio
cavalleresco
era
tra
noi
troppo
debole
,
sì
che
potesse
domare
e
fecondare
un
dialetto
ancor
vergine
.
Su
'
l
finire
del
periodo
,
circa
il
1250
,
l
'
ombra
di
un
nuovo
idioma
italiano
sembrò
voler
sorgere
nelle
parti
settentrionali
d
'
Italia
e
distinguersi
dall
'
italiano
del
centro
,
parve
prossima
a
farsi
un
'
idealizzazione
letteraria
de
'
dialetti
circumpadani
;
e
tentativi
di
poesia
religiosa
ci
furono
nelle
cantilene
di
fra
'
Giacomino
da
Verona
e
nelle
altre
d
'
ignoti
,
di
poesia
borghese
in
quelle
di
fra
'
Bonvicino
da
Riva
,
e
,
un
po
'
più
dopo
,
d
'
imitazione
delle
rapsodie
francesi
nel
Renardo
.
Ma
era
troppo
tardi
,
rispetto
alle
condizioni
politiche
della
Italia
settentrionale
;
e
quei
dialetti
troppo
riuscivano
all
'
opera
poveri
e
rozzi
,
e
troppo
erano
anche
sottomesse
le
menti
agl
'
influssi
d
'
oltr
'
alpe
,
sì
che
la
nazione
se
ne
potesse
giovare
.
Da
altri
anni
adunque
e
da
altri
paesi
dové
l
'
Italia
aspettarsi
i
primi
e
vigorosi
esperimenti
d
'
una
propria
letteratura
in
lingua
sua
.
IV
.
Del
resto
,
che
del
mancato
svolgimento
d
'
una
letteratura
nazionale
in
Lombardia
non
debba
recarsi
la
cagione
a
solo
il
dialetto
,
ma
sì
più
tosto
al
principio
cavalleresco
che
informò
quel
periodo
,
anche
da
questo
apparisce
:
quasi
allo
stesso
tempo
che
in
Lombardia
,
al
mezzogiorno
,
secondo
centro
d
'
attrazione
alla
vita
nuova
d
'
Italia
,
si
può
determinare
un
terzo
periodo
letterario
,
che
pur
s
'
incastra
per
il
tempo
nel
periodo
lombardo
,
ed
è
il
siculo
;
e
questo
in
un
dialetto
che
fu
veramente
idealizzato
a
idioma
letterario
,
o
che
almeno
molto
influì
e
contribuì
nella
lingua
letteraria
,
tanto
che
da
Dante
e
dal
Petrarca
si
dà
a
'
siciliani
l
'
onor
del
primato
di
tempo
,
che
par
difficile
contrastare
,
nella
volgar
poesia
:
e
tuttavia
anche
il
periodo
siculo
è
nazionale
solo
nelle
forme
esterne
,
e
non
in
tutte
.
E
pure
se
il
principio
cavalleresco
avesse
mai
potuto
esser
cagione
efficace
da
per
sé
solo
di
propria
e
nazionale
letteratura
,
qual
migliore
occasione
,
qual
miglior
tempo
,
qual
miglior
luogo
di
quello
!
L
'
ideale
cavalleresco
,
che
oltre
alpe
cominciava
già
a
illanguidire
,
pareva
allora
raccogliere
i
raggi
più
puri
intorno
al
biondo
capo
del
giovine
imperador
di
Soavia
:
con
lui
era
da
principio
la
chiesa
,
ed
egli
conducea
le
crociate
;
e
quando
la
chiesa
l
'
abbandonò
,
gli
vennero
fedeli
a
'
due
lati
la
scienza
e
la
forza
:
ricco
e
bello
ed
ameno
il
paese
,
se
altro
mai
,
e
lungo
i
fiorenti
e
odorati
seni
del
Ionio
sonante
ancora
delle
sacre
armonie
della
musa
greca
:
molle
,
colorito
,
profondamente
soave
l
'
accento
su
le
rosee
labbra
delle
donne
di
Sicilia
;
potente
e
altamente
intonato
su
la
bocca
della
viril
gioventù
.
Con
tutto
ciò
quella
misera
poesia
siciliana
e
pugliese
fu
tutt
'
altro
,
ripetiamolo
,
che
nazionale
.
Allor
che
il
regno
di
Sicilia
e
Puglia
passò
per
eredità
negli
svevi
,
spostatosi
il
centro
della
politica
ghibellina
,
la
coltura
cavalleresca
,
aulica
di
sua
natura
e
feudale
non
ostante
qualche
accenno
in
contrario
,
seguì
dall
'
alta
Italia
a
Palermo
,
ove
i
normanni
le
avean
preparato
la
stanza
,
la
corte
degli
imperatori
.
Ma
le
contrade
meridionali
trasformano
e
fanno
simili
a
sé
così
gli
uomini
come
le
piante
:
bisogna
o
morirvi
o
prender
l
'
abito
del
paese
.
A
quel
modo
che
gli
svevi
nel
mezzogiorno
divennero
principi
italiani
,
la
poesia
provenzale
si
fe
'
siciliana
.
Ma
,
come
sotto
la
simulazione
italiana
trasparisce
più
d
'
una
volta
in
Federico
II
la
bestialità
tedesca
,
così
nella
poesia
siciliana
,
sol
che
guardiate
oltre
la
prima
pelle
,
vedrete
scorrere
,
languido
omai
e
scolorato
,
il
sangue
provenzale
.
Ragion
vuole
che
si
distinguano
alcuni
versi
da
cui
spira
fresco
e
odorato
un
alito
di
sensibile
voluttà
o
da
cui
rompe
alcun
grido
di
passione
degno
d
'
un
popolo
misto
di
sangue
greco
e
di
arabo
,
che
si
avverta
ad
alcuni
echi
dell
'
idillio
di
Teocrito
,
ad
alcune
melodie
che
prenunziano
il
Mèli
.
E
cotesta
,
qualunque
siasi
,
è
poesia
che
esce
dall
'
ordine
delle
ispirazioni
e
forme
cavalleresche
:
son
frammenti
di
un
'
arte
paesana
e
di
popolo
,
anteriore
alle
imitazioni
occitaniche
:
son
faville
di
quella
letteratura
sensuale
e
ardente
che
si
addimostrerà
poi
nelle
novelle
del
Boccaccio
,
nelle
ballate
del
Poliziano
,
nelle
pastorali
del
Tasso
e
del
Guarino
.
Ma
quelle
rime
auliche
,
quelle
rime
della
così
detta
academia
fondata
da
Federico
II
,
quelle
rime
oh
che
misera
cosa
son
esse
!
Né
la
miseria
loro
procede
già
dai
difetti
che
son
quasi
necessari
in
arte
nascente
.
Che
anzi
la
pretensione
v
'
è
troppa
:
v
'
è
arguzia
,
v
'
è
sforzo
,
v
'
è
erudizione
accattata
;
v
'
è
,
innanzi
alle
academie
propriamente
dette
,
il
colore
academico
:
è
il
balbettare
infantile
della
decrepitezza
.
E
di
fatti
la
poesia
cavalleresca
fu
,
dopo
pochi
anni
di
esistenza
,
ridotta
al
verde
:
lasciate
pure
che
sotto
il
patrocinio
di
Manfredi
la
sua
fiammolina
si
allarghi
ancora
tra
i
ghibellini
di
Toscana
;
lasciate
queste
illusioni
di
vitalità
alla
povera
moribonda
.
Ella
trascinerà
la
sua
poca
vita
fino
al
1266
,
poi
cadrà
anch
'
ella
su
'
l
campo
di
Benevento
;
e
il
compianto
che
un
trovator
provenzale
scioglierà
su
la
morte
del
re
tedesco
nato
in
Italia
sarà
ad
un
tempo
il
canto
di
requie
a
una
generazione
di
poeti
defunti
.
Mentre
i
cavalieri
angioini
si
spartivano
co
'
piedi
i
tesori
di
casa
sveva
,
e
un
ribaldo
dell
'
esercito
di
Carlo
gittava
il
corpo
del
re
di
Sicilia
,
del
re
dei
poeti
e
delle
belle
,
ignudo
e
sozzo
di
polvere
e
sangue
,
a
traverso
un
asino
,
gridando
pe
'
l
campo
-
-
Chi
compra
Manfredi
?
-
-
;
mentre
de
'
suoi
baroni
un
solo
,
il
prigioniere
conte
Giordano
Lancia
,
osava
riconoscere
il
suo
re
e
lacrimando
e
piangendo
abbracciarne
il
cadavere
;
mentre
niuno
dei
rimatori
cortigiani
di
Sicilia
e
di
Puglia
aveva
un
accento
di
dolore
per
il
nipote
di
tanti
imperatori
caduto
con
la
sua
casa
e
co
'
l
suo
regno
in
battaglia
;
un
povero
trovatore
straniero
,
Americo
di
Peguilhan
,
si
ricordò
di
lui
,
di
lui
che
ne
'
bei
dì
della
gloria
avrà
a
pena
fatto
un
cenno
di
grazia
al
poeta
.
E
-
-
Tutti
gli
onori
,
cantava
,
tutte
le
azioni
gloriose
furono
guaste
e
messe
in
fondo
il
giorno
che
morte
uccise
colui
che
meglio
le
pregiava
,
il
più
piacente
che
nascesse
mai
di
madre
umana
,
il
valente
re
Manfredi
che
fu
capitano
di
valore
e
di
ogni
virtù
.
Ora
l
'
onore
se
ne
va
solo
e
piangendo
,
ché
non
è
uomo
né
cosa
che
a
sé
lo
chiami
,
non
è
conte
né
marchese
né
re
che
si
faccia
innanzi
e
lo
inviti
.
Ora
il
disonore
fa
tutto
ciò
che
mai
volle
fare
.
Per
tutto
il
mondo
e
per
tutt
'
i
mari
voglio
che
vada
questo
mio
sirventese
,
se
potesse
trovar
uomo
che
gli
sapesse
dir
nuove
del
re
Artù
e
quando
dee
rivenire
.
-
-
Re
Arturo
,
o
poeta
,
dorme
ben
forte
nelle
grotte
armoricane
di
sua
sorella
Morgana
,
e
non
torna
più
:
i
cavalieri
e
i
trovatori
della
dolce
Provenza
giacciono
per
sempre
schiacciati
sotto
le
ruine
dei
loro
castelli
messi
a
fuoco
dai
gentiluomini
francesi
e
dai
frati
spagnuoli
:
il
re
Manfredi
non
ode
,
sotto
la
«
grave
mora
»
degli
Angioini
,
il
tuo
compianto
.
I
re
se
ne
vanno
,
o
poeta
,
ma
l
'
onore
rimane
,
e
la
poesia
alla
loro
morte
rinasce
.
La
cavalleria
è
morta
,
ben
veramente
morta
;
ma
le
succede
il
popolo
.
Firenze
,
ove
e
già
nato
Dante
,
ove
stan
per
nascere
il
Petrarca
e
il
Boccaccio
,
non
ha
per
suo
grido
di
guerra
nome
alcuno
d
'
imperatore
o
di
re
o
di
barone
;
ella
«
in
poca
piazza
fa
mirabil
cose
»
con
due
parole
plebee
,
Popolo
e
Libertà
.
V
.
La
poesia
cavalleresca
finisce
dunque
in
Lombardia
e
in
Sicilia
senza
eredi
.
Quelle
piante
esotiche
menavano
frutti
,
perché
il
favore
principesco
le
annaffiava
:
tolto
cotesto
,
appassiscono
e
in
terreno
non
suo
vengono
meno
.
Ma
in
lor
vece
è
ella
fiorita
per
avventura
la
letteratura
nazionale
?
Dante
nasce
poco
men
d
'
un
anno
prima
che
si
combatta
a
Benevento
.
Intanto
tra
la
vecchia
poesia
che
rappresentava
il
principio
caduto
in
Benevento
e
la
poesia
nuova
che
sgorgherà
gloriosa
dal
petto
di
questo
fanciullo
intercede
un
momento
d
'
inerzia
e
incertezza
.
Col
sormontare
di
parte
guelfa
conseguente
a
quella
battaglia
,
spostato
una
terza
volta
il
centro
politico
dell
'
Italia
,
il
primato
civile
che
non
poteva
esser
più
ripreso
dalle
città
lombarde
rifinite
omai
di
forze
dalla
difesa
lunga
contro
l
'
impero
e
già
sottomesse
a
tiranni
domestici
o
vicine
ad
essere
,
il
primato
civile
,
dico
,
passa
alle
città
del
mezzo
,
che
se
lo
contendon
tra
loro
fin
che
lo
prende
tutto
Firenze
.
Allora
quasi
ognuna
di
quelle
città
e
di
quelle
terre
ebbe
poeti
e
scrittori
;
ma
l
'
arte
non
si
levò
súbito
a
nuove
altezze
.
Tra
due
età
che
differiscono
di
spiriti
e
forme
havvi
sempre
,
chi
sappia
scorgerlo
,
un
limite
nel
quale
vengono
a
combaciarsi
,
trasmutandosi
a
grado
a
grado
il
vecchio
nel
nuovo
.
Ma
degli
autori
che
segnano
nell
'
età
letterarie
questo
passaggio
è
destino
esser
poi
sopraffatti
dai
successori
,
e
obliati
,
quando
non
disprezzati
;
se
pure
alcuno
dei
più
grandi
che
mosse
i
primi
passi
sotto
la
loro
scorta
non
gli
salvi
con
un
benigno
riguardo
di
gratitudine
.
L
'
oblio
e
lo
spregio
toccò
per
gran
parte
a
Guittone
d
'
Arezzo
,
che
pur
s
'
ingegnò
primo
di
far
passare
la
poesia
dal
principio
cavalleresco
al
nazionale
,
dalle
forme
trovadoriche
alle
latine
;
a
Guittone
,
che
aspirò
a
quella
poesia
politica
concionatrice
levata
di
poi
sì
alto
dal
Petrarca
;
a
Guittone
,
che
diede
il
primo
esempio
della
prosa
dotta
italiana
.
Lo
sguardo
benigno
d
'
un
gran
poeta
toccò
a
Guido
Guinicelli
e
alla
scuola
bolognese
.
Bologna
,
posta
fra
Lombardia
e
Toscana
,
raccolse
in
sé
le
tradizioni
delle
due
più
gloriose
popolazioni
italiane
;
gloriosa
la
prima
nel
cominciare
,
gloriosa
la
seconda
nel
continuare
il
movimento
nazionale
.
E
non
poteva
non
essere
che
l
'
arte
della
parola
,
tócco
a
pena
il
suolo
santificato
dalla
libertà
,
non
ne
attignesse
forze
nuove
e
altra
vita
.
In
Bologna
,
Guidotto
,
accomodando
primo
tra
i
nostri
i
precetti
dell
'
antica
eloquenza
alla
lingua
nuova
,
trovava
modo
,
pur
dedicando
il
suo
libro
a
Manfredi
re
,
trovava
modo
a
designare
l
'
officio
di
parlator
cittadino
in
comune
libero
.
E
nella
canzone
del
Guinicelli
la
fredda
affettazione
dei
siculi
cede
luogo
all
'
imaginoso
sentimento
lirico
,
la
dovizia
misera
del
ritmo
provenzale
all
'
ondeggiamento
armonioso
e
solenne
della
stanza
italica
,
le
forme
convenute
agl
'
intelletti
della
scienza
.
Per
amore
del
Guinicelli
,
riconosciuto
novatore
solenne
fin
da
'
coetanei
e
salutato
padre
da
Dante
,
a
questo
quarto
periodo
della
nascente
letteratura
,
che
è
periodo
di
passaggio
e
che
si
estese
ad
altre
regioni
dell
'
Italia
mediana
,
rimane
e
rimarrà
l
'
aggiunto
di
bolognese
.
Bologna
,
la
madre
degli
studi
,
prima
sentì
l
'
arte
e
prima
all
'
arte
sposò
la
scienza
,
divinando
gli
spiriti
e
le
forme
della
grande
letteratura
che
era
per
venire
.
VI
.
Dalle
prime
croniche
del
mille
,
ove
l
'
elemento
nazionale
incomincia
a
dare
indizio
di
vitalità
,
fino
alla
morte
del
Guinicelli
avvenuta
nel
1276
,
è
tutto
dunque
un
contrasto
fra
i
diversi
elementi
o
principi
che
informar
dovevano
la
letteratura
novella
.
Come
i
quattro
periodi
letterari
finora
segnati
s
'
incrociano
e
incastrano
l
'
uno
nell
'
altro
;
così
i
principii
moventi
s
'
intrecciano
ed
avviluppano
nell
'
azion
letteraria
,
e
la
materia
soggetta
si
agita
e
si
rimesce
senza
posarsi
in
una
forma
determinata
.
Nel
periodo
latino
l
'
elemento
nazionale
apparisce
in
potenza
,
ma
sotto
l
'
azione
prevalente
del
principio
ecclesiastico
e
cavalleresco
:
nel
periodo
lombardo
l
'
elemento
cavalleresco
si
mescola
al
nazionale
,
e
questo
per
la
parte
sua
più
popolana
al
religioso
:
nel
periodo
siculo
il
principio
cavalleresco
informa
un
'
arte
puramente
feudale
e
di
corte
:
il
periodo
bolognese
in
fine
,
serbando
del
contenuto
e
delle
forme
anteriori
,
discuopre
gl
'
intendimenti
e
i
lineamenti
primi
di
un
'
arte
nazionale
e
dotta
.
E
quando
in
Italia
sta
per
sorgere
questa
letteratura
,
nazionale
ad
un
tempo
ed
europea
;
quando
cominciano
ad
apparire
nella
penisola
i
pensatori
,
gli
scrittori
,
gli
artisti
,
per
i
quali
la
patria
nostra
esercitò
il
glorioso
officio
di
conciliatrice
tra
l
'
antichità
e
l
'
età
di
mezzo
,
tra
l
'
età
di
mezzo
e
la
moderna
;
quando
si
determina
tra
noi
il
proprio
e
vero
rinascimento
letterario
,
considerato
come
ideale
ed
artistica
manifestazione
del
risvegliato
e
ritemperato
elemento
romano
;
in
quel
tempo
,
dico
,
la
nativa
e
legittima
arte
del
medio
evo
va
scadendo
così
nella
feudale
Germania
come
nella
Francia
cavalleresca
.
In
Germania
,
il
decadimento
ha
principio
col
finire
della
imperial
casa
sveva
;
con
quella
stessa
ruina
che
segnò
un
mutamento
essenziale
e
un
rinnovamento
letterario
per
l
'
Italia
.
Sotto
gli
Absburghi
le
grandi
epopee
intisichiscono
,
svaporano
le
sottili
fantasie
e
i
tenui
sentimenti
dei
minnesingheri
;
e
invano
Ulrico
di
Lichtenstein
tenta
di
ravvivare
con
l
'
esagerazione
,
come
in
simili
casi
suol
farsi
,
la
tradizione
dell
'
amore
cavalleresco
,
ché
Hadlaub
di
Zurigo
volta
in
parodia
i
canti
dei
trovatori
.
Succede
il
poema
didattico
prosaico
e
pedantesco
;
e
la
poesia
piattamente
borghese
dei
maestri
artigiani
tiene
il
campo
per
lunghi
anni
.
Anche
in
Francia
la
gloriosa
età
letteraria
del
medio
evo
finisce
press
'
a
poco
in
quel
medesimo
tempo
,
col
regno
di
Luigi
IX
:
nata
con
le
crociate
,
quell
'
arte
non
sopravvive
al
santo
re
che
muore
in
potere
degli
infedeli
.
Suo
fido
vassallo
e
storico
,
il
signor
di
Joinville
,
della
partenza
per
oltremare
scrive
con
la
solita
potente
semplicità
:
«
Io
non
volli
rivolger
mai
gli
occhi
verso
Joinville
,
perché
il
cuore
non
mi
s
'
intenerisse
del
bel
castello
che
io
lasciava
e
de
'
miei
due
fanciulli
»
.
Questo
sentimento
così
umano
di
rincrescimento
pe
'
i
beni
terreni
che
si
lasciano
alle
spalle
,
quando
s
'
ha
dinanzi
alla
vista
dell
'
anima
Terra
Santa
,
è
già
ben
lontano
dal
furor
sacro
che
spingeva
le
turbe
della
prima
crociata
,
guerrieri
e
vecchi
,
donne
e
fanciulli
,
a
gridare
:
Dio
lo
vuole
!
Il
succhio
di
quella
superba
vegetazione
di
cento
e
cento
epopee
,
la
fede
e
l
'
entusiasmo
,
s
'
è
dunque
esaurito
:
anche
qui
è
la
volta
dei
poemi
d
'
imitazione
,
e
,
peggio
,
delle
contraffazioni
e
delle
parodie
.
Perocché
con
Filippo
il
bello
,
col
re
odiato
da
Dante
,
in
Francia
,
nella
terra
dei
cavalieri
,
comincia
una
letteratura
borghese
.
Di
tal
mutamento
la
prova
più
parlante
è
nelle
due
parti
,
distinte
così
per
l
'
autore
come
per
gli
spiriti
,
del
Romanzo
della
Rosa
.
Nella
prima
parte
,
composta
sotto
il
regno
di
Luigi
IX
da
Guglielmo
di
Lorris
,
spira
l
'
ultimo
anelito
dell
'
amore
cavalleresco
:
ella
è
una
mummia
che
mostra
i
lineamenti
disfatti
dell
'
Arte
d
'
amare
di
Ovidio
,
raffazzonata
con
gli
stracci
a
più
colori
delle
allegorie
monacali
,
e
suvvi
tra
le
rappezzature
qualche
fiorellino
vizzo
dell
'
arte
trovadorica
;
cammina
in
punta
di
piedi
e
barcollando
su
le
sottigliezze
della
scolastica
.
La
seconda
parte
,
composta
da
Giovanni
di
Meung
sotto
Filippo
il
Bello
,
è
un
lungo
,
troppo
lungo
e
troppo
grossolano
,
scoppio
di
risa
plebee
contro
tutto
ciò
che
pochi
anni
innanzi
era
stato
grande
,
gentile
,
ideale
;
contro
l
'
amore
e
contro
le
donne
,
contro
la
cavalleria
e
contro
la
religione
.
Né
basta
.
Così
in
Francia
come
in
Germania
la
bella
poesia
della
prima
età
del
medio
evo
divenne
ben
presto
antica
,
tanto
antica
,
che
,
dimenticata
per
più
secoli
come
cosa
morta
,
ella
fu
solo
a
questi
ultimi
tempi
dissotterrata
dai
dotti
e
rimessa
su
gli
altari
,
nazionale
reliquia
.
E
non
pur
essa
era
morta
,
ma
anche
la
lingua
che
le
servì
d
'
instrumento
.
La
Canzone
di
Rolando
in
Francia
e
i
Nibelunghi
in
Germania
,
perché
sieno
intesi
dai
francesi
e
dai
tedeschi
d
'
oggigiorno
,
convien
tradurli
nel
francese
e
nel
tedesco
d
'
oggigiorno
.
Quelle
lingue
,
germanica
e
francese
d
'
allora
,
soggette
a
mutazioni
continue
,
parevano
non
poter
uscire
dalla
condizione
tumultuosa
di
dialetti
.
E
già
in
Alemagna
il
dialetto
meridionale
dei
minnesingheri
era
succeduto
a
più
altri
più
antichi
,
per
cedere
poi
il
luogo
alla
lingua
di
Lutero
,
che
fu
,
solo
fa
ora
a
pena
cent
'
anni
,
classicamente
fermata
dal
Klopstock
e
dal
Goethe
.
In
Francia
alla
lingua
cavalleresca
dei
secoli
decimosecondo
e
decimoterzo
si
frappose
un
'
anarchica
invasione
di
dialetti
,
s
'
impose
il
pedantismo
dei
dotti
di
Carlo
V
e
VI
,
e
su
questo
il
grecismo
e
latinismo
della
pleiade
in
lotta
coll
'
imitazione
italiana
e
con
lo
spirito
gallese
puro
al
tempo
di
Francesco
I
,
e
di
poi
la
dittatura
grammaticale
del
Malherbe
sotto
Enrico
IV
,
e
in
fine
il
purismo
academico
del
decimoquarto
Luigi
.
Così
cinque
strati
diversi
di
lingua
s
'
accumularono
aggravando
su
la
primitiva
letteratura
francese
.
Tutto
al
contrario
in
Italia
.
Qui
la
lingua
nuova
ascese
tardi
al
ministero
delle
lettere
:
ma
a
pena
si
mostra
,
ed
è
già
fermata
,
determinata
:
e
con
essa
,
le
forme
dell
'
arte
nazionale
.
Che
cosa
v
'
è
da
aggiungere
di
essenziale
,
che
cosa
è
stato
mai
aggiunto
di
veramente
nuovo
e
bello
e
grande
,
che
cosa
d
'
inevitabilmente
necessario
,
all
'
arte
di
Dante
,
del
Petrarca
,
del
Boccaccio
?
O
abbiam
noi
per
avventura
bisogno
di
tradurre
,
perché
sia
inteso
dalla
maggior
parte
della
nazione
,
il
canto
di
Ugolino
?
Le
letterature
medievali
di
Francia
e
Germania
,
e
come
nazionali
e
come
europee
,
furono
per
grandissima
parte
,
lo
abbiam
detto
più
volte
,
la
espressione
di
una
civiltà
di
convenzione
di
un
ordine
privilegiato
.
Ora
,
quando
su
lo
scorcio
del
secolo
decimoterzo
la
grande
unità
cristiana
s
'
interruppe
nell
'
occidente
,
causa
in
parte
il
venir
meno
delle
crociate
e
in
parte
l
'
indebolimento
dell
'
impero
;
quando
le
grandi
guerre
si
ruppero
tra
francesi
e
fiamminghi
,
tra
francesi
e
inglesi
;
quando
cominciarono
in
Germania
le
rivolte
dei
borghesi
,
e
in
Francia
il
sollevamento
del
terzo
stato
;
quelle
letterature
e
divennero
straniere
l
'
una
all
'
altra
,
e
perdettero
la
continuità
e
il
filo
della
tradizione
,
e
furono
sopraffatte
dall
'
elemento
plebeo
,
che
le
ammaccò
e
infranse
come
il
godendac
dei
fiamminghi
fiaccò
la
cavalleria
francese
a
Coltrai
.
Vero
è
che
né
in
Germania
né
in
Francia
l
'
elemento
popolare
era
constituito
politicamente
o
constituibile
;
onde
là
la
lotta
sociale
non
fu
che
una
delle
conseguenze
anarchiche
dello
sfacimento
dell
'
impero
,
e
qua
il
terzo
stato
non
fe
'
che
servire
,
credendosele
collegato
,
alla
monarchia
,
la
quale
,
adoperato
che
l
'
ebbe
a
recidere
i
nervi
del
feudalismo
e
del
clero
,
pose
d
'
un
sol
cenno
silenzio
al
canto
fescennino
,
e
ridusse
l
'
ilota
all
'
usata
catena
.
Ma
ad
ogni
modo
,
tra
lo
smembramento
dell
'
unità
cristiana
del
medio
evo
su
'
l
finire
del
secolo
decimoterzo
e
il
ricostruirsi
delle
unità
monarchiche
nel
decimosesto
,
una
gran
lacuna
per
l
'
Europa
ci
fu
:
lacuna
che
è
segnata
dalle
orme
gravi
della
barbarie
.
In
questo
mezzo
sta
l
'
Italia
,
che
di
tra
la
luce
crepuscolare
del
medio
evo
ha
ripreso
la
fiaccola
della
civiltà
nelle
tombe
del
passato
,
ne
ha
illuminato
un
gran
tratto
di
cielo
,
e
la
distende
benigna
e
incurante
ad
accendere
le
lampadi
delle
sorelle
che
la
percuotono
.
Perocché
in
Italia
il
principio
popolare
era
la
forza
dell
'
elemento
romano
connaturato
al
terreno
e
ritemperatosi
alla
vita
novella
.
Educato
nelle
tradizioni
della
civiltà
antica
,
raffermatosi
nell
'
uso
dei
reggimenti
e
delle
leggi
,
con
gli
attriti
con
le
industrie
co
'
viaggi
e
i
commerci
s
'
era
fatto
pratico
di
tutta
l
'
Europa
.
Scelse
il
tempo
e
il
luogo
opportuno
,
e
poi
guidato
dal
genio
antico
,
e
conscio
dei
nuovi
fati
,
procedé
grave
,
severo
,
all
'
opera
letteraria
.
Già
lo
dissi
:
l
'
Italia
avrà
letteratura
nuova
e
sua
,
quando
il
principio
popolare
,
più
veramente
qui
nazionale
,
potrà
equilibrarsi
o
sormontare
agli
altri
,
l
'
ecclesiastico
e
il
cavalleresco
.
Ora
siamo
al
punto
.
VII
.
Il
termine
della
potenza
imperiale
tra
noi
fu
segnato
,
lo
ripeto
,
dalla
battaglia
di
Benevento
.
In
Benevento
di
fatti
,
meglio
che
l
'
infelice
e
valoroso
Manfredi
,
cadeva
ferita
al
cuore
la
parte
imperiale
con
le
sue
tradizioni
necessariamente
germaniche
e
feudali
.
La
battaglia
di
Benevento
compiva
quella
di
Legnano
;
e
le
spade
dei
guelfi
fiorentini
che
seguivano
,
o
,
meglio
,
precedevano
Carlo
d
'
Angiò
,
rescindevan
di
fatto
i
vincoli
onde
i
mal
destri
guelfi
lombardi
si
erano
volontariamente
impedite
le
mani
a
Costanza
.
Che
importa
se
un
papa
bandisce
cotesta
guerra
,
se
la
conduce
un
francese
?
Lasciate
passare
qualche
anno
;
e
se
il
papa
,
libero
al
fine
dalla
téma
dell
'
imperatore
presente
,
vorrà
allungare
li
ugnòli
,
i
comuni
e
i
signori
italiani
non
son
più
ormai
bestiuole
da
prendersi
a
inganno
e
farne
strazio
:
parte
guelfa
si
rinnoverà
per
modo
da
far
rientrare
pietosamente
quelle
granfie
.
Lasciate
passare
qualche
anno
;
e
la
concordia
tra
i
reali
di
Francia
e
la
chiesa
finirà
con
lo
schiaffo
di
cui
Filippo
il
Bello
,
mediante
la
mano
inguantata
di
ferro
di
Sciarra
Colonna
,
lasciò
l
'
impronta
su
la
faccia
senile
di
Bonifazio
VIII
.
Conseguitata
allora
all
'
abbiettazione
del
principio
d
'
autorità
feudale
quella
dell
'
ecclesiastico
,
e
trasferita
la
sede
alla
così
detta
cattività
babilonica
d
'
Avignone
,
nell
'
ecclisse
dei
due
luminari
del
medio
evo
,
la
luce
della
civiltà
italiana
empirà
mirabilmente
tutto
il
cielo
d
'
Europa
.
La
battaglia
di
Benevento
[
1266
]
,
e
la
caduta
della
repubblica
di
Firenze
[
1530
]
,
la
nascita
di
Dante
e
la
morte
dell
'
Ariosto
,
sono
dunque
come
l
'
oriente
e
l
'
occidente
di
questo
glorioso
giorno
d
'
Italia
;
o
,
se
volete
comprendervi
i
crepuscoli
dell
'
aurora
e
quelli
del
vespero
,
la
pace
di
Costanza
[
1183
]
e
il
trattato
di
Castel
Cambresis
[
1559
]
che
sottometteva
del
tutto
l
'
Italia
alla
casa
austriaca
di
Spagna
.
Così
,
quando
gli
astri
del
ponteficato
e
dell
'
impero
tramontano
,
nasce
quello
d
'
Italia
:
a
pena
i
primi
si
rincrociano
su
l
'
orizzonte
come
sinistre
comete
,
quel
d
'
Italia
ricade
.
VIII
.
Ma
quando
il
principio
popolare
e
nazionale
si
mise
all
'
opera
letteraria
,
quali
monumenti
trovò
egli
per
la
sua
via
,
quali
avanzi
,
quali
parti
incompiute
o
lasciate
a
mezzo
o
a
pena
delineate
,
del
gran
lavoro
che
avean
fatto
per
addietro
o
stavan
facendo
i
due
principii
emuli
?
Badò
egli
o
disprezzò
?
Riformò
o
distrusse
?
Distruggere
è
dei
barbari
;
e
l
'
elemento
italiano
troppo
è
di
natura
sua
assimilatore
.
E
di
più
l
'
opera
di
quei
due
principii
tanto
era
stata
prossima
e
tanto
influsso
aveva
esercitato
su
le
idee
,
che
sottrarsele
ed
evitarla
diveniva
,
per
allora
almeno
,
impossibile
.
Cominciamo
dal
principio
cavalleresco
,
la
cui
arte
si
spande
per
due
rivi
:
soggettiva
,
nella
lirica
amorosa
dei
trovadori
e
minnesingheri
;
oggettiva
,
nelle
epopee
romanzesche
normanne
bretoni
e
alemanne
.
Ma
l
'
epopea
romanzesca
non
divenne
europea
e
popolare
se
non
per
la
intromissione
e
la
mezzanità
del
principio
religioso
.
Ora
nel
primo
ciclo
di
quelle
epopee
,
intieramente
germanico
,
anzi
della
Germania
pagana
,
nel
ciclo
dei
Nibelunghi
e
della
Kudrun
e
del
Libro
degli
eroi
,
la
chiesa
non
ebbe
che
fare
;
né
il
cristianesimo
era
ancor
giunto
a
incivilire
con
la
cavalleria
quegli
eroi
,
che
son
veri
germani
della
migrazione
e
si
scannano
ferocemente
tra
loro
da
veri
burgundi
e
franchi
veri
.
Questo
ciclo
adunque
rimase
interamente
germanico
,
e
non
poteva
entrare
a
parte
della
letteratura
cavalleresca
europea
,
e
tanto
meno
della
italiana
.
Delle
quali
in
vece
è
universal
vanto
il
ciclo
carolingio
,
probabilmente
normannico
,
santificato
dalla
chiesa
colla
introduzione
delle
crociate
e
delle
guerre
per
la
fede
,
e
per
ciò
,
e
per
la
memoria
del
ristorato
impero
,
coltivato
con
amore
speciale
dai
popoli
di
Europa
.
Romanzesco
più
veramente
nel
senso
moderno
,
pieno
cioè
di
avventure
ardite
e
di
tenere
elegie
d
'
amore
,
era
il
terzo
ciclo
,
celtica
invenzione
dei
bretoni
,
più
intimo
,
più
moderno
,
più
veramente
francese
:
e
anche
di
quello
s
'
impossessò
la
chiesa
,
e
lo
affidò
a
'
pii
tedeschi
che
lo
idealizzassero
fino
a
simboleggiarvi
il
mistero
dell
'
eucaristia
.
Tale
era
la
materia
epica
,
germanica
e
celtica
,
che
l
'
Italia
ebbe
innanzi
.
Ma
l
'
ordine
feudale
da
cui
moveva
e
a
cui
ritornava
la
poesia
cavalleresca
,
in
Italia
,
senza
centro
suo
d
'
unità
,
fu
bentosto
sopraffatto
dall
'
elemento
indigeno
e
cittadino
con
cui
si
fuse
:
onde
ispirazione
d
'
arte
puramente
cavalleresca
l
'
Italia
non
ebbe
mai
.
Ebbe
una
materia
cavalleresca
,
che
fu
spasso
al
popolo
e
soggetto
di
esperienze
artistiche
ai
poeti
.
Le
canzoni
di
gesta
e
i
romanzi
avevano
da
un
pezzo
passate
le
Alpi
,
e
seguitavano
probabilmente
a
passarle
dopo
l
'
avvenimento
degli
angioini
.
Ma
gente
che
finiva
allora
d
'
avere
messo
insieme
il
corpo
del
diritto
romano
,
gente
che
aveva
da
affrontare
la
realtà
della
vita
negl
'
interessi
dei
comuni
,
nelle
lotte
dei
partiti
,
negli
ardimenti
dell
'
industria
,
potevano
per
allora
pensare
a
rifar
su
'
l
serio
quegl
'
intrecci
di
eroi
dai
lievi
contorni
che
vanno
sfumando
in
un
turbine
di
avventure
mal
comprese
?
potevano
pensarvi
essi
che
ammiravano
Virgilio
ed
Ovidio
?
Cavalieri
e
dame
leggevano
di
Lancillotto
e
Ginevra
in
francese
:
il
popolo
ascoltava
con
diletto
nelle
piazze
i
cantastorie
di
Orlando
e
Carlo
Magno
,
che
potevano
essere
anche
francesi
o
che
cantavano
un
francese
fatto
a
pena
italiano
nelle
desinenze
,
come
è
quello
del
Renart
veneto
;
ascoltava
,
e
,
dov
'
ei
vedesse
un
masso
di
meravigliosa
mole
,
diceva
esser
quello
stesso
che
fu
spezzato
in
due
dalla
spada
del
paladino
d
'
Anglante
;
affermava
rialzate
o
edificate
dal
santo
imperatore
quelle
mura
e
quella
basilica
;
poneva
nell
'
Etna
il
fatale
nascondiglio
di
Artù
o
nelle
buche
delle
fate
di
Fiesole
il
misterioso
sacrario
dell
'
incantagione
d
'
Orlando
.
Ma
intanto
il
comune
di
Bologna
,
a
cui
certi
oziosi
circoli
non
garbavano
,
vietava
con
decreto
del
1288
,
che
i
cantores
francigenarum
si
fermassero
su
le
piazze
.
E
i
cavalieri
attendevano
alle
loro
possessioni
allodiali
,
o
con
lor
masnade
andavano
di
terra
in
terra
per
capitani
e
podestà
;
e
il
popolo
badava
a
snidar
dai
castelli
quel
che
avanzava
di
feudatarii
e
a
costringerli
a
città
e
poi
cacciarli
anche
di
città
come
grandi
.
I
romanzi
d
'
avventura
furon
dunque
riserbati
per
il
rifacimento
,
pe
'
l
ricreamento
,
dirò
anzi
,
artistico
,
a
secoli
più
oziosi
o
più
aristocraticamente
foggiati
,
il
decimoquinto
e
il
decimosesto
;
per
allora
si
tradussero
alla
meglio
,
tanto
per
servire
alla
richiesta
dei
disoccupati
e
delle
donne
,
alla
meglio
,
come
sono
stati
tradotti
a
'
nostri
tempi
i
romanzi
del
Dumas
da
mestieranti
.
Ci
fu
per
avventura
qualche
tentativo
poetico
,
ma
di
poco
nome
o
di
niuno
:
tutto
finisce
qui
.
Per
adesso
della
poesia
cavalleresca
maggior
vestigi
lasciò
e
più
si
apprese
alle
menti
quella
parte
che
di
natura
sua
è
più
universale
e
comune
;
la
lirica
individuale
.
E
due
effetti
operò
;
buono
l
'
uno
,
e
pessimo
l
'
altro
:
inculcò
,
almeno
per
moda
,
quello
speciale
rispetto
alla
donna
,
considerata
come
sorgente
di
virtù
e
perfezione
,
che
mantenne
certa
gentilezza
nel
costume
e
nelle
idee
de
'
nostri
popoli
di
un
po
'
rude
naturalezza
:
esercitò
con
le
sue
forme
una
ben
triste
influenza
su
la
lirica
italiana
,
impigliandone
più
d
'
una
volta
e
costringendone
il
proprio
e
libero
procedere
,
e
avvezzandola
talvolta
,
e
assai
di
buon
'
ora
,
a
un
che
di
arguto
e
manierato
.
Più
efficace
opera
,
e
di
più
durevole
impressione
,
almeno
in
parte
,
aveva
fatto
il
principio
ecclesiastico
.
Lasciamo
stare
i
suoi
cicli
leggendarii
accumulati
nelle
età
grosse
del
medio
evo
e
tramandati
di
secolo
in
secolo
;
i
cicli
orientali
e
bizantini
dei
martiri
,
dei
solitari
e
dei
contemplanti
;
i
cicli
latini
cominciati
da
Gregorio
Magno
col
Dialogo
e
chiusi
coll
'
Aurea
leggenda
del
Da
Varagine
;
lasciamoli
stare
,
sebbene
e
'
sien
qui
tutti
pronti
su
le
soglie
dell
'
età
nuova
a
fornire
materia
ed
argomento
ai
raccontatori
ed
ai
mistici
del
secolo
decimoquarto
,
alla
poesia
drammatica
del
secolo
decimoquinto
,
alla
pittura
dal
duecento
a
tutto
quasi
il
cinquecento
.
La
chiesa
avea
fatto
assai
di
più
.
Su
'
l
principio
del
secolo
decimoterzo
,
contro
le
eresie
della
ragione
e
del
sentimento
d
'
ogni
dove
irrompenti
e
favoreggiate
più
o
meno
apertamente
,
secondo
le
occasioni
,
da
Federico
II
e
dalla
parte
imperiale
,
la
chiesa
avea
commesso
il
suo
verbo
a
due
potenti
milizie
;
e
queste
si
erano
sparse
tra
le
genti
rinnovando
su
'
l
mondo
il
suggello
della
fede
.
Intorno
al
capo
di
san
Francesco
,
frate
innamorato
di
tutte
le
creature
,
socialista
cristiano
,
volano
le
colombe
,
e
i
lupi
gli
lambiscon
la
mano
;
e
il
popolo
gl
'
intesse
una
ghirlanda
lucida
e
serena
che
si
riflette
su
l
'
arte
della
parola
e
del
disegno
.
Intorno
al
capo
di
san
Domenico
rugghiano
le
fiamme
dei
roghi
e
sibila
come
fionda
di
piombo
il
sillogismo
del
definitore
teologo
:
egli
brandisce
una
facella
,
che
vorrebbe
esser
di
luce
,
ma
che
vapora
d
'
inferno
per
la
via
dei
secoli
.
E
due
famiglie
,
due
eserciti
,
seguitano
quei
padri
e
quei
duci
.
In
mezzo
all
'
una
procede
contemplando
e
inneggiando
il
serafico
autore
dell
'
Itinerario
della
mente
verso
Dio
,
in
mezzo
all
'
altra
,
tutto
chiuso
e
concludendo
in
forma
,
l
'
«
Angelo
delle
scuole
»
.
Gli
uni
si
rivolgono
al
sentimento
col
misticismo
,
gli
altri
all
'
intelletto
colla
scolastica
.
Letterati
e
artisti
,
gli
uni
fanno
miglior
prova
nella
leggenda
nella
lirica
nell
'
architettura
,
gli
altri
nel
trattato
e
nella
pittura
.
Ribelli
all
'
autorità
,
gli
uni
si
chiameranno
fraticelli
della
povera
vita
,
specie
di
quaqueri
,
e
daranno
,
vittima
ignota
,
un
fra
'
Michele
;
gli
altri
produranno
fra
'
Girolamo
Savonarola
e
i
piagnoni
,
tendenti
a
una
democrazia
monastica
.
Per
intanto
due
forme
d
'
arte
mistica
rifioriscono
intorno
a
loro
,
la
visione
e
la
meditazione
.
E
in
cima
alla
Somma
di
Tommaso
d
'
Aquino
la
teologia
s
'
abbraccia
con
la
scienza
;
e
in
cima
alla
ontologia
di
Bonaventura
la
fede
s
'
abbraccia
con
l
'
arte
;
e
tutte
quattro
paion
d
'
alto
irraggiare
le
belle
cattedrali
sorgenti
nell
'
Italia
di
mezzo
e
i
timidi
colori
dell
'
arte
che
aspetta
Giotto
.
Dante
sta
ritto
in
piedi
tra
i
colonnati
solenni
e
leggiadri
,
e
guarda
,
rapito
in
contemplazione
.
DISCORSO
TERZO
Del
periodo
toscano
:
affermarsi
della
letteratura
nazionale
:
Firenze
e
il
gran
triumvirato
.
I
.
Diamo
ora
uno
sguardo
a
tutto
insieme
il
fluire
maestoso
di
questo
fiume
divino
,
come
avrebbe
detto
Omero
,
della
letteratura
italiana
nel
secolo
decimoterzo
e
nel
decimoquarto
.
Incominciata
dalla
poesia
individuale
,
seguitò
,
come
letteratura
di
popolo
libero
,
segnando
la
superbia
del
nome
latino
rivendicato
e
i
fasti
della
nuova
libertà
nelle
croniche
,
descrivendo
le
tradizioni
e
i
costumi
nelle
leggende
e
novelle
;
abbracciò
,
come
ne
'
suoi
principii
ogni
letteratura
non
primitiva
,
tutta
la
scienza
e
del
passato
e
del
presente
nelle
enciclopedie
;
attestò
nei
volgarizzamenti
la
conservazione
dell
'
arte
e
della
scienza
antica
.
Altrove
si
scherzò
con
versi
leggeri
,
ma
nell
'
Italia
del
mezzo
e
tra
la
cittadinanza
fiorentina
nacque
la
prosa
del
Trecento
,
gentile
ed
elevata
,
forte
ed
elegante
,
come
poi
l
'
architettura
di
Santo
Spirito
;
qui
prese
moto
e
colore
quella
poesia
che
nelle
luminose
visioni
della
Vita
nuova
sembra
tendere
al
cielo
come
i
due
angeli
dipinti
da
Giotto
nella
cattedrale
d
'
Assisi
,
o
che
sorge
come
Santa
Maria
del
Fiore
gigantesca
e
solitaria
nella
Divina
Commedia
.
Sublime
spettacolo
,
il
popolo
italiano
,
raffermo
e
assodato
,
porre
il
fondamento
e
dare
proprissime
alla
sua
civiltà
la
forza
e
l
'
azione
,
le
figure
e
le
sembianze
,
con
un
acconcio
temperamento
dell
'
antico
e
del
nuovo
,
del
cristiano
e
dell
'
etnico
,
del
latino
e
del
medievale
,
tanto
ne
'
reggimenti
e
negl
'
instituti
,
quanto
nella
scienza
e
nell
'
arte
;
certo
per
quella
facoltà
di
sapiente
eclettismo
e
di
artistica
assimilazione
che
fu
della
gente
nostra
,
degli
elleni
e
latini
.
Ma
il
popolo
d
'
Italia
,
più
simiglievole
in
ciò
a
'
greci
che
non
a
'
romani
,
questi
mezzi
di
ravvicinamento
gli
ebbe
in
sé
stesso
;
come
quello
che
si
aveva
connaturato
,
pur
riadattandolo
estrinsecamente
a
sé
,
il
cristianesimo
,
e
che
ne
'
forzati
mescolamenti
delle
genti
settentrionali
qualche
cosa
aveva
attinto
di
loro
.
E
come
il
popolo
d
'
Italia
,
a
quella
guisa
che
i
romani
con
le
armi
e
i
greci
con
le
colonie
e
le
dinastie
,
si
stese
con
i
commerci
per
tutto
il
levante
e
a
settentrione
;
così
le
lettere
ed
arti
sue
,
a
guisa
di
chi
sentesi
ricco
di
dottrina
ed
esperienza
propria
e
pur
gli
giova
guardare
all
'
altrui
e
profittarne
,
attinse
largamente
non
che
dal
francese
e
dal
germanico
,
ma
e
dal
bizantino
e
dall
'
orientale
.
E
come
la
nuova
plebe
latina
aveva
co
'
l
lavoro
di
secoli
contemperato
a
sé
artisticamente
il
cristianesimo
anzi
che
essersi
lasciata
ritemprare
da
quello
;
e
come
ella
,
più
presto
che
non
distrusse
,
assorbì
in
sé
molta
parte
di
feudalismo
e
d
'
aristocrazia
,
facendo
cittadini
e
artigiani
i
suoi
antichi
signori
;
e
come
lasciò
poi
sorgere
di
sé
il
popolo
grasso
e
la
nobiltà
popolana
,
non
restando
ella
veramente
in
soggezione
de
'
nuovi
ordini
,
ma
piuttosto
partecipando
con
quelli
il
reggimento
;
così
la
primitiva
letteratura
italiana
,
incominciata
dal
popolo
e
promossa
e
aiutata
dal
sentimento
religioso
e
dal
principio
ecclesiastico
,
prese
poi
della
feudale
ed
ecclesiastica
quello
che
le
conveniva
,
rinnovandola
per
altro
a
maggior
durata
col
temprarne
l
'
essenza
e
le
forme
;
quindi
lasciò
sviluppare
di
sé
una
letteratura
più
dotta
,
alla
quale
seguitò
ella
a
porger
del
suo
,
perché
riuscisse
più
che
altro
una
sua
necessaria
prosecuzione
e
un
perfezionamento
.
Adunque
,
ricollegare
pazientemente
l
'
antico
col
nuovo
,
la
imitazione
allargare
,
accomodare
la
scienza
a
tale
arte
che
pur
rimanesse
popolana
e
sopra
tutto
guardar
sempre
al
popolo
e
alla
nazione
;
furono
i
caratteri
della
prima
letteratura
d
'
Italia
.
Quindi
volgarizzamenti
di
scrittori
greci
e
latini
,
sacri
e
profani
;
vite
di
santi
e
leggende
bizantine
e
orientali
,
e
trattati
e
poemi
di
origine
provenzale
ed
arabica
;
quindi
il
re
Artù
e
Tristano
ed
Isotta
la
bionda
per
una
parte
,
e
Alessandro
e
Cesare
e
Catilina
per
un
'
altra
;
e
novelle
che
la
materia
pigliano
da
ogni
paese
;
e
nella
poesia
la
canzon
filosofica
accanto
al
sirventese
politico
e
alla
gaia
ballata
,
e
le
ire
di
municipio
con
la
carità
di
cristiano
,
e
l
'
erudizione
classica
col
genio
paesano
d
'
Italia
e
con
gli
spiriti
cavallereschi
di
Provenza
;
e
l
'
elegia
che
fiorisce
d
'
onde
spunta
la
satira
,
e
l
'
entusiasmo
lirico
col
sillogismo
delle
scuole
;
e
negli
spazi
della
visione
popolati
di
mille
fantasie
le
arduità
matematiche
:
il
che
tutto
raccoglie
in
sé
,
rappresentatore
supremo
di
questa
universalità
della
prima
arte
italiana
,
Orfeo
,
Omero
ed
Esiodo
a
un
tempo
,
Dante
Alighieri
.
E
in
questa
varietà
è
tuttavia
da
notare
la
potenza
,
che
quei
nostri
vecchi
ebbero
mirabile
,
di
dare
l
'
aria
del
paese
e
l
'
atteggiamento
di
famiglia
così
alle
erudizioni
diverse
e
alle
difficili
astrazioni
della
scienza
come
alle
fantasie
che
pigliavano
di
lontano
.
I
romanzatori
de
'
Reali
di
Francia
attinsero
certo
d
'
oltre
monte
la
materia
e
parte
anche
delle
forme
;
ma
quei
romanzi
divennero
accettissimi
alla
nazione
,
e
tuttora
rimangono
lettura
tradizionale
di
questo
popolo
,
che
dei
moderni
imitatori
di
Francia
e
di
Germania
non
sa
pure
il
nome
.
Ritraggono
dall
'
oriente
le
leggende
cristiane
;
ma
sono
ad
un
'
ora
di
quelle
cose
dove
più
cara
fiorisce
la
favella
toscana
e
dove
il
sentimento
popolano
fiammeggia
più
limpido
.
Il
Cavalcanti
poeteggia
sottili
filosofemi
nelle
gravi
stanze
della
canzone
;
ma
le
sue
ballate
furono
certo
intese
e
cantate
dalle
donne
e
dai
giovani
.
E
non
erano
elleno
popolari
le
fantasie
della
Divina
Commedia
?
e
anche
l
'
allegoria
che
la
domina
non
era
il
popolo
d
'
allora
avvezzo
a
contemplarla
e
meditarla
nelle
leggende
nelle
pitture
e
fin
negli
ornamenti
architettonici
delle
chiese
?
in
fin
,
non
era
egli
tutto
avvivato
dalle
ricordanze
del
popolo
italiano
il
poema
dell
'
aristocratico
fiorentino
?
Onde
il
popolo
e
lo
cantò
,
come
poi
udì
cantare
nelle
piazze
versi
del
Petrarca
,
e
volle
che
glie
ne
fosse
dichiarata
nelle
chiese
ai
dì
di
festa
la
parte
scientifica
.
E
dal
popolo
desunse
il
Boccaccio
non
poco
della
materia
al
suo
Decameron
,
e
delle
forme
le
più
belle
e
durature
.
Allora
Dante
,
il
Petrarca
,
il
Boccaccio
,
ingegni
sovrani
,
parlavano
al
popolo
d
'
alte
cose
e
di
leggiadre
con
alti
ed
ornati
sensi
e
parole
;
e
n
'
erano
compresi
ed
ammirati
.
Oggi
ingegni
mezzanissimi
fanno
prova
d
'
imitare
il
popolo
;
e
le
sono
smorfie
;
e
il
popolo
non
bada
a
loro
.
Degnamente
.
Il
popolo
vuolsi
rialzare
;
non
rimpiccolir
noi
né
bamboleggiare
senilmente
,
per
mantenerlo
sempre
in
condizion
di
minore
.
II
.
Del
resto
,
la
letteratura
del
Trecento
è
toscana
quasi
tutta
,
sì
per
gli
scrittori
e
la
lingua
,
come
per
le
esterne
cagioni
che
la
informarono
e
condizionarono
via
via
.
Dei
volgarizzamenti
,
che
tanto
conferirono
a
scozzonare
la
favella
e
scaltrirla
agli
stili
diversi
,
i
più
e
i
maggiori
,
in
tutte
le
direzioni
dello
spirito
e
in
tutte
le
colture
,
la
religiosa
,
la
classica
,
la
cavalleresca
,
sono
opera
di
toscani
:
toscani
i
predicatori
e
gli
autori
spirituali
,
tanta
parte
allora
della
educazione
e
lettura
popolare
:
toscani
i
meglio
dei
cronisti
e
i
novellatori
:
toscani
poi
tutti
gli
scrittori
che
più
fedelmente
e
largamente
comprendono
e
rendono
nelle
opere
loro
il
movimento
il
sentimento
il
colorito
del
tempo
:
Brunetto
Latini
,
il
Giamboni
,
Giordano
da
Rivalta
,
il
Cavalcanti
,
Dante
,
Dino
,
il
Cavalca
,
Bartolommeo
da
San
Concordio
,
il
Villani
,
il
Petrarca
,
Fazio
degli
Uberti
,
il
Passavanti
,
il
Boccaccio
,
Caterina
da
Siena
,
Giovanni
dalle
Celle
,
Franco
Sacchetti
.
Dinanzi
a
tali
nomi
ed
opere
perdono
ogni
importanza
quegli
alcuni
o
rimatori
o
volgarizzatori
o
cronisti
di
altre
regioni
italiane
,
i
quali
,
del
resto
,
se
scrivono
con
intenzione
di
arte
,
seguono
con
più
o
meno
d
'
incertezza
i
toscani
,
o
vero
nella
rozzezza
loro
tradiscono
la
niuna
cultura
del
dialetto
nativo
;
quando
invece
dal
volgare
delle
domestiche
e
private
scritture
fiorentine
pisane
e
senesi
al
volgare
del
Villlani
del
Cavalca
di
Caterina
non
corre
divario
,
o
ben
poco
.
Insomma
,
nella
prima
età
della
letteratura
italiana
,
il
suggello
è
nazionale
e
toscana
l
'
impronta
.
Toscana
ho
detto
e
doveva
dir
fiorentina
.
Perocché
Arezzo
Pistoia
Lucca
tacciono
ben
presto
;
un
poco
più
tardi
,
e
onoratamente
,
ma
pur
anche
Siena
e
Pisa
cedon
del
campo
;
che
Firenze
occupa
e
tiene
,
sempre
,
sola
,
gloriosa
.
III
.
Per
quel
che
concerne
la
materia
e
l
'
instrumento
letterario
;
più
puro
,
più
elegante
,
più
regolare
degli
altri
italici
apparisce
dalle
scritture
private
che
di
quei
tempi
ci
avanzano
il
dialetto
che
si
parlava
in
Firenze
.
Non
che
si
voglia
o
debbasi
con
ciò
dare
il
vanto
della
lingua
a
lei
tutta
sola
;
ché
italiano
erasi
già
scritto
a
Palermo
,
erasi
scritto
a
Bologna
.
E
fu
notato
che
i
primi
tentativi
per
sollevare
a
dignità
letteraria
i
varii
dialetti
riuscivano
come
al
ritrovamento
di
una
lingua
comune
.
Il
che
non
parrà
strano
,
quando
si
ripensi
che
quei
dialetti
,
reliquie
dei
vecchi
linguaggi
italici
passati
per
il
crogiuolo
del
latino
,
erano
allora
per
la
più
parte
men
lontani
tra
loro
e
men
diversi
che
oggi
non
siano
;
e
la
prova
veniva
sempre
facendosi
allo
specchio
del
latino
da
uomini
ingegnosi
,
nelle
città
più
cólte
d
'
Italia
.
Con
tali
condizioni
e
con
sì
fatta
norma
era
naturale
che
ad
una
lingua
comune
,
stabile
e
regolare
,
si
arrivasse
ben
presto
,
quando
la
letteratura
da
benigna
necessità
storica
fu
condotta
a
fiorire
nel
bel
mezzo
dell
'
Italia
centrale
,
nel
bel
mezzo
della
famiglia
de
'
dialetti
più
veramente
latini
,
dove
più
omogeneamente
tenevasi
raccolto
l
'
elemento
antico
e
men
turbato
da
misture
straniere
.
Ma
veramente
per
solo
il
dialetto
non
avrebbe
Firenze
potuto
esercitare
quella
gran
parte
che
ebbe
nello
svolgimento
della
letteratura
nazionale
e
della
coltura
moderna
.
Altre
e
più
forti
ragioni
vi
sono
per
le
quali
il
Comune
che
occupava
poche
miglia
d
'
un
territorio
non
fertile
dovesse
occupare
del
suo
nome
l
'
Europa
.
Nello
scorcio
del
secolo
decimoterzo
gli
angioini
di
Napoli
,
non
avendo
piè
fermo
né
diritti
sovrani
su
le
parti
più
vitali
della
penisola
,
non
ebbero
più
dopo
Carlo
I
vera
potenza
,
e
l
'
opera
loro
non
fu
che
d
'
intrighi
più
o
meno
avveduti
e
ambiziosi
:
al
settentrione
,
i
signori
pullulavano
da
per
tutto
,
rappresentanti
,
è
vero
,
del
popolo
contro
i
nobili
e
i
grandi
,
ma
non
amici
di
libertà
,
e
i
comuni
,
esauste
le
forze
,
si
accasciavano
omai
sotto
il
giogo
civile
di
uno
più
volontieri
che
non
combattessero
contro
cento
:
le
repubbliche
marittime
attendevano
a
'
lor
commerci
e
conquisti
e
a
contenderseli
fra
loro
:
nel
centro
,
Roma
,
dopo
l
'
esilio
de
'
papi
e
negli
scismi
che
lo
accompagnarono
e
nella
debolezza
che
da
quelli
conseguitò
al
ponteficato
,
travagliava
nell
'
anarchia
sé
e
le
province
che
le
erano
addette
di
diritto
o
di
fatto
.
Ecco
,
parmi
,
le
cagioni
più
apparenti
per
che
focolare
proprio
alla
nuova
civiltà
fu
per
gran
parte
Toscana
,
e
per
grandissima
parte
Firenze
.
Quando
le
altre
repubbliche
allentavano
il
corso
e
sostavano
in
una
quiete
che
era
stanchezza
,
ella
,
l
'
ultima
nata
delle
grandi
sorelle
,
aveva
a
pena
preso
le
mosse
:
con
lei
era
la
gioventù
e
la
freschezza
delle
forze
,
e
per
lei
l
'
avvenire
.
In
Firenze
,
il
Comune
,
o
meglio
,
la
cittadinanza
popolaresca
che
fu
il
nocciolo
vero
del
Comune
,
di
mezzo
alle
schiatte
di
nobili
,
tedesche
e
feudali
,
partite
in
guelfe
e
ghibelline
,
aveva
con
rigoroso
ordinamento
civile
e
militare
saputo
e
potuto
constituirsi
in
modo
da
acquistare
un
'
azione
propria
e
indipendente
,
da
infrenare
le
due
parti
,
o
,
all
'
occasione
,
abbatter
l
'
una
collegandosi
all
'
altra
.
Guelfo
il
Comune
di
Firenze
fu
,
come
in
fondo
ogni
comune
italiano
,
per
rispetto
a
quel
certo
favoreggiamento
che
le
libertà
civili
ebbero
,
nel
loro
primo
contendere
ad
affermarsi
,
dalla
politica
dei
papi
improvvida
delle
conseguenze
;
fu
guelfo
in
opposizione
al
ghibellinismo
cesareo
di
casa
sveva
,
al
ghibellinismo
tirannico
e
aristocratico
degli
aderenti
suoi
feudatari
e
nobili
;
ma
gl
'
interessi
dell
'
esistenza
libera
,
i
diritti
allo
svolgimento
infinito
della
vita
democratica
,
gli
manteneva
e
proseguiva
contro
guelfi
e
ghibellini
del
pari
.
La
cittadinanza
guelfa
di
Firenze
,
o
,
a
dir
più
chiaro
,
la
borghesia
,
nel
contrasto
dei
due
poteri
e
delle
parti
,
fu
neutrale
ad
un
'
ora
ed
attiva
:
ella
era
anzi
tutto
fiorentina
;
e
con
questa
politica
venne
a
stabilirsi
nella
constituzione
del
1282
.
Allora
,
posta
tra
l
'
alta
e
la
mediana
Italia
,
con
in
mano
le
chiavi
dell
'
Appennino
,
con
un
'
indomita
forza
di
espansione
,
con
una
operosità
infaticabile
,
Firenze
divenne
ben
presto
potentato
italiano
,
leva
al
movimento
politico
,
economico
,
artistico
della
penisola
.
E
ben
presto
,
per
ricchezza
di
commercio
,
per
esuberanza
di
produzione
materiale
e
intellettuale
,
per
prosperità
e
civiltà
interna
,
per
influenza
tutta
popolare
e
industriale
al
di
fuori
,
non
ebbe
pari
,
su
'
l
finire
del
secolo
decimoterzo
e
nel
decimoquarto
;
più
tardi
,
ebbe
pari
soltanto
le
città
di
Olanda
.
Ella
era
la
prima
potenza
denaresca
d
'
Europa
;
le
sue
banche
fiorivano
ad
Augusta
a
Marsiglia
a
Parigi
a
Londra
,
negli
scali
d
'
Oriente
:
il
pontefice
chiamavala
fonte
dell
'
oro
,
il
soldano
ammirava
i
suoi
fiorini
,
i
re
d
'
Europa
ricorrevano
a
'
suoi
banchieri
o
li
rubavano
.
Ma
i
fiorentini
non
erano
solamente
e
grossolanamente
banchieri
e
mercanti
.
Come
le
corporazioni
delle
arti
venivano
ad
essere
,
più
utilmente
forse
che
non
le
società
politiche
della
rivoluzione
francese
,
altrettante
repubbliche
nella
repubblica
,
così
ogni
mercante
,
ogni
artigiano
,
anche
prima
di
prender
parte
al
governo
,
anche
senza
prendervi
parte
,
si
addestrava
nella
discussione
,
nella
conoscenza
degli
statuti
e
del
reggimento
,
nell
'
amministrazione
degl
'
interessi
pubblici
,
non
che
dei
grandi
interessi
della
sua
corporazione
sparsi
per
tutta
la
terra
civile
.
E
per
tutta
la
terra
civile
cotesti
mercanti
e
artigiani
portavano
il
fino
ingegno
,
lo
scòrto
maneggio
,
l
'
acuta
osservazione
,
il
sentimento
nobile
della
patria
repubblicana
:
per
essi
Firenze
si
rispecchiava
nell
'
Europa
e
nell
'
Asia
,
e
l
'
Asia
e
l
'
Europa
in
Firenze
:
onde
il
detto
di
Bonifazio
VIII
,
quando
nel
ricevere
ambasciatori
di
varie
e
strane
nazioni
li
sentì
tutti
fiorentini
,
essere
i
fiorentini
il
quinto
elemento
del
mondo
.
E
certo
furono
nel
medio
evo
e
nel
Rinascimento
l
'
elemento
essenziale
della
civiltà
moderna
.
Né
il
commercio
ammolliva
loro
il
braccio
o
ne
rimpiccioliva
l
'
animo
o
ne
fiaccava
gli
spiriti
.
Fuori
,
i
negozi
e
le
banche
spargevano
le
fiorentine
manifatture
,
moltiplicavano
l
'
oro
fiorentino
:
dentro
,
gli
opificii
delle
sete
e
delle
lane
risuonavano
del
lieto
strepito
del
lavoro
:
ma
a
un
bisogno
,
sol
che
la
nota
insegna
sventolasse
dalla
casa
del
gonfalonier
di
quartiere
,
le
spole
e
i
naspi
tacevano
,
e
quattordicimila
lavoranti
e
capi
di
bottega
erano
in
armi
a
difendere
da
ogni
attentato
la
constituzione
del
popolo
,
a
rivendicar
tutti
l
'
oltraggio
fatto
ad
un
solo
.
E
quando
l
'
imperatore
o
alcun
de
'
tiranni
ghibellini
minacciasse
il
comune
,
venticinquemila
uomini
portanti
l
'
armi
rassegnava
la
città
,
settantamila
si
raccoglievano
nel
contado
:
onde
alle
minacce
di
Arrigo
VII
potevasi
rispondere
senza
iattanza
,
Firenze
non
aver
mai
per
niun
signore
abbassate
le
corna
.
E
intanto
in
quel
reggimento
che
passava
per
tutte
le
fasi
di
uno
stato
a
popolo
,
con
la
partizione
e
lo
sminuzzamento
all
'
infinito
del
potere
e
degli
offici
voluto
dalla
gelosia
democratica
,
non
che
per
le
vive
emulazioni
delle
parti
,
le
forze
individuali
dovevano
manifestarsi
,
esplicarsi
,
incontrarsi
per
tutti
i
versi
.
Aggiungete
il
sentimento
generale
che
in
paese
piccolo
e
raccolto
più
facilmente
viene
educato
dai
personaggi
gloriosi
per
poi
alla
sua
volta
educarli
.
Aggiungete
l
'
occasione
,
gli
stimoli
,
l
'
insegnamento
,
che
lo
Stato
porgeva
,
risvegliava
,
forniva
.
Nel
popolo
di
Firenze
l
'
istruzione
più
che
elementare
era
diffusa
come
oggi
nelle
principali
città
di
Germania
:
molti
libri
di
compilazioni
e
di
versioni
,
oggi
testi
di
lingua
,
eran
composti
per
il
popolo
;
e
il
bottegaio
teneva
sotto
il
banco
Livio
e
Sallustio
,
l
'
Eneide
e
la
Tavola
rotonda
,
ultimamente
tradotti
;
leggeva
e
giudicava
il
Villani
e
anche
Dante
,
e
ne
trascriveva
ne
'
suoi
quaderni
le
cose
notevoli
o
che
più
lo
toccassero
.
Le
scuole
di
grammatica
e
di
logica
erano
frequentate
da
seicento
studenti
,
e
dal
fiore
della
gioventù
popolana
le
prime
università
d
'
Italia
e
d
'
Europa
.
Intendesi
così
come
le
cure
del
guadagno
e
degli
utili
e
materiali
godimenti
non
ottundessero
il
senso
de
'
bisogni
morali
,
non
ghiacciassero
l
'
alito
delle
pure
e
sublimi
aspirazioni
,
non
intralciassero
e
impedissero
lo
svolgimento
intimo
e
intellettivo
:
intendesi
come
quella
libera
larghezza
di
vivere
non
respingesse
troppo
presto
le
nobili
usanze
antiche
,
non
rompesse
così
subito
i
confini
dell
'
antica
disciplina
.
Onde
quella
varietà
,
quella
molteplicità
,
quel
contrasto
di
colori
nella
superficie
della
società
fiorentina
:
qui
le
feste
magnifiche
ed
eleganti
,
i
lieti
ritrovi
dei
giovani
con
giuochi
d
'
armi
e
di
cavalleria
,
e
il
culto
gentile
della
donna
:
là
le
famiglie
attinenti
ed
avverse
ragunate
al
corrotto
de
'
morti
,
e
quindi
d
'
intorno
alla
bara
e
dalla
chiesa
saltare
all
'
armi
in
su
la
piazza
:
e
le
confraternite
dalle
lugubri
fogge
e
dai
lugubri
canti
nelle
cappelle
sotterranee
,
e
le
rappresentazioni
dei
misteri
della
vita
oltremondana
su
i
ponti
e
le
piazze
;
e
in
mezzo
a
tutto
questo
i
tentativi
severi
nel
campo
della
verità
e
della
bellezza
,
della
scienza
e
dell
'
arte
,
salutati
come
una
gioia
e
come
una
gloria
del
comune
:
la
tradizione
della
Madonna
dipinta
da
Cimabue
e
del
popolo
che
trae
raggiante
di
letizia
a
vederla
,
onde
il
nome
di
Borgo
Allegri
,
quante
mai
cose
dimostra
,
quanti
secreti
rivela
!
Tutti
i
diversi
elementi
della
vita
nuova
italiana
;
la
fantasia
religiosa
etrusca
,
l
'
intelletto
sociale
romano
,
il
sentimento
individuale
germanico
,
lo
spirito
leggiadro
provenzale
e
francese
,
l
'
istinto
pratico
e
progressivo
dei
comuni
lombardi
;
tutto
ciò
ne
si
presenta
in
Firenze
in
meravigliosa
varietà
di
fenomeni
;
in
Firenze
che
vede
presso
su
'
l
monte
le
ruine
etrusche
di
Fiesole
,
in
Firenze
colonia
romana
e
di
romane
memorie
superba
,
in
Firenze
ove
i
tedeschi
venuti
con
Ottone
constituiscono
la
nobiltà
più
armigera
e
irrequieta
,
in
Firenze
il
cui
giglio
ama
fiorire
co
'
l
giglio
di
Francia
e
che
sormonta
coll
'
avvenimento
degli
angioini
.
Ma
tutto
ciò
Firenze
lo
trasforma
a
nuova
e
originale
unità
.
Arnolfo
e
Giotto
dalla
durezza
dalla
rigidità
dall
'
inceppamento
dell
'
arte
bizantina
e
tedesca
passano
alle
serene
e
liete
forme
italiane
:
il
Cavalcanti
e
Dante
appianano
e
arrotondano
le
asperità
e
la
rozzezza
della
scolastica
in
quello
stesso
che
sollevano
nel
dotto
edificio
della
strofe
la
leggera
canzone
provenzale
.
Lo
slancio
degli
uomini
e
degli
ingegni
,
in
così
breve
spazio
,
entro
sì
angusti
termini
,
fu
miracoloso
,
e
non
ha
pari
nella
storia
che
quel
d
'
Atene
dopo
Maratona
;
col
quale
ha
pur
questa
essenzial
somiglianza
,
che
in
tanto
ardimento
,
in
tanta
realtà
di
vita
,
non
fu
deposto
quel
quasi
senso
fanciullesco
,
nel
significato
migliore
della
parola
,
d
'
un
'
arte
nuova
,
il
tremore
l
'
orrore
l
'
amore
dinanzi
al
soprannaturale
all
'
infinito
al
divino
;
orrore
e
tremore
che
è
lo
stesso
in
Eschilo
e
in
Dante
,
amore
che
è
in
Sofocle
e
nel
Petrarca
.
IV
.
Per
le
quali
cose
tutte
,
Firenze
su
'
l
finire
del
medio
evo
fu
all
'
Europa
dal
lato
della
coltura
e
della
civiltà
secolare
quel
che
era
Roma
per
la
religione
,
Parigi
per
la
scolastica
.
Per
la
letteratura
nazionale
poi
,
i
termini
del
primo
originale
periodo
si
riscontrano
agevolmente
e
naturalmente
nella
storia
fiorentina
;
dal
1282
,
quando
il
reggimento
si
rinnovò
con
la
instituzione
de
'
priori
delle
arti
e
di
libertà
,
nel
quale
anno
o
nell
'
appresso
Dante
scrisse
il
primo
sonetto
della
Vita
nuova
,
al
1378
,
quando
la
democrazia
fiorentina
passata
per
tutte
le
rivoluzioni
precipitò
nel
tumulto
sociale
dei
Ciompi
:
quattro
anni
avanti
erano
morti
il
Petrarca
e
il
Boccaccio
.
L
'
anno
1282
fu
,
nelle
debite
proporzioni
,
per
il
popolo
di
Firenze
quel
che
il
1789
per
la
borghesia
di
Francia
:
sterpate
già
al
di
fuori
le
più
prossime
piante
dell
'
aristocrazia
feudale
,
fu
in
cotesto
anno
con
la
instituzione
de
'
priori
estirpato
anche
ogni
germe
interno
dell
'
aristocrazia
di
nascita
,
e
assicurato
il
governo
nelle
mani
del
popolo
grasso
.
L
'
anno
1293
fu
per
Firenze
quel
che
il
1793
per
la
Francia
:
allargò
i
termini
del
governo
popolare
,
lo
corroborò
con
la
instituzione
dei
gonfalonieri
capi
della
milizia
civica
,
e
con
gli
ordinamenti
di
giustizia
che
furono
,
senza
sangue
,
la
legge
dei
sospetti
contro
le
famiglie
grandi
.
La
rivoluzione
del
1301
,
a
cui
seguitò
la
cacciata
dei
Bianchi
,
non
fu
che
un
colpo
di
stato
di
Corso
Donati
e
di
alcuni
oligarchi
borghesi
,
non
contro
la
constituzione
,
ma
contro
parte
Bianca
,
che
aveva
allora
il
potere
e
lo
esercitava
con
molto
rispetto
alla
legge
,
se
bene
non
con
efficacia
democratica
.
Da
quell
'
avvenimento
alla
cacciata
del
duca
d
'
Atene
,
dal
1301
al
1343
,
in
un
continuo
alternare
di
oligarchie
sofferte
o
rovesciate
,
di
signorie
invocate
o
cacciate
,
di
guerre
grosse
vigorosamente
sostenute
dalla
borghesia
,
il
governo
e
la
città
sono
dal
più
al
meno
in
mano
di
essa
,
che
dilaga
e
compenetra
di
sé
tutte
le
instituzioni
,
tutti
i
fatti
e
le
idee
.
Dal
1343
al
1378
la
borghesia
,
pur
seguitando
a
battere
i
grandi
dentro
la
città
e
fuori
per
tutta
la
Toscana
e
a
contrabilanciare
minacciosa
le
signorie
crescenti
nella
penisola
,
si
divide
sempre
più
tra
sé
,
e
così
porge
il
fianco
al
popolo
minuto
;
il
quale
fin
dalla
cacciata
del
duca
d
'
Atene
aveva
cominciato
a
numerarsi
e
a
paragonarsi
,
e
che
in
fine
piglia
lo
stato
ed
irrompe
nel
tumulto
sociale
,
succeduto
alla
rivoluzione
del
18
luglio
1376
fatta
da
Salvestro
de
'
Medici
contro
la
borghesia
,
come
le
giornate
del
giugno
1848
successero
alla
rivoluzione
di
febbraio
.
Così
tre
generazioni
diverse
,
tre
diversi
popoli
,
con
origini
con
sentimenti
con
intendimenti
diversi
,
passano
su
la
scena
del
comune
:
il
popolo
vecchio
,
dei
cittadini
e
grandi
antichi
,
i
quali
avevano
stabilita
o
accettata
la
constituzione
dell'82
:
il
popolo
nuovo
,
la
borghesia
più
piccola
e
l
'
avventizia
del
contado
,
che
tiene
il
campo
dopo
il
'93
e
specialmente
dopo
il
1301
:
il
popolo
minuto
,
o
la
plebe
,
che
si
fa
avanti
dal
1343
al
'78
.
Ora
Dante
,
il
Petrarca
,
il
Boccaccio
,
per
una
ventura
che
non
è
tutta
caso
,
ne
si
prestano
a
darne
la
storia
dello
svolgersi
l
'
ideale
artistico
e
civile
nelle
diverse
fasi
,
negli
strati
,
per
così
dire
,
diversi
del
comune
fiorentino
,
che
del
resto
raccoglie
e
riflette
in
sé
la
vita
degli
altri
comuni
italiani
che
non
ebbero
letteratura
.
V
.
Dante
rappresenta
il
popolo
vecchio
.
Gli
Elisei
,
ceppo
di
sua
gente
,
vantavano
sangue
romano
,
un
cavaliere
di
Carlomagno
,
un
gentiluomo
di
compagnia
d
'
Arrigo
II
,
un
crociato
cavaliere
di
Corrado
III
e
martire
della
fede
;
tennero
parte
ghibellina
,
e
aveano
castella
in
contado
e
torri
in
città
.
Gli
Alighieri
,
diramatine
al
tempo
dei
consoli
,
seguitarono
in
vece
parte
guelfa
,
e
furono
della
nobiltà
del
primo
popolo
:
Brunetto
,
zio
di
Dante
,
era
guardia
al
carroccio
nella
battaglia
di
Montaperto
contro
i
ghibellini
cesarei
,
come
Dante
combatté
a
Campaldino
contro
i
ghibellini
feudali
.
Cresciuto
così
tra
memorie
gentilizie
e
tradizioni
guelfe
,
egli
difese
con
le
armi
il
governo
del
1882
e
l
'
ornò
con
gli
studii
.
In
quella
primavera
della
storia
fiorentina
che
durò
dall''82
al
'93
e
anche
al
1300
,
quando
tra
il
popolo
nuovo
e
le
vecchie
famiglie
che
avevano
accettato
la
constituzione
borghese
era
tregua
che
pareva
pace
,
era
accordo
che
pareva
fusione
;
quando
la
vita
repubblicana
abbellivasi
ancora
di
fogge
cavalleresche
per
le
fósche
vie
non
più
asserragliate
passava
la
«
festa
del
dio
d
'
amore
»
,
Dante
prese
dalla
parte
più
severa
dell
'
anterior
generazione
la
poesia
lirica
,
quella
poesia
che
,
provenuta
dall
'
elemento
cavalleresco
,
cantava
già
civilmente
l
'
amore
come
principio
di
gentilezza
e
salute
,
come
instrumento
e
forma
in
somma
di
perfezionamento
morale
;
la
prese
e
compenetrò
di
dottrine
scolastiche
per
sollevarla
a
un
ideale
immateriato
di
meditazione
e
contemplazione
mistica
.
Egli
«
trasse
fuori
le
nuove
rime
»
contro
gli
antichi
trovatori
:
cioè
l
'
opera
sua
giovanile
,
che
consiste
nel
recare
l
'
astrazione
e
la
spiritualità
dell
'
amore
e
della
poesia
al
più
alto
punto
che
mai
toccassero
,
fu
anch
'
ella
un
'
opera
di
reazione
intellettuale
e
morale
del
nuovo
comune
contro
la
corruzione
monarchica
e
aristocratica
dell
'
impero
di
Federico
II
,
contro
l
'
averroismo
della
corte
sveva
,
l
'
epicureismo
di
Farinata
e
dei
ghibellini
toscani
,
la
sensualità
della
poesia
siciliana
e
di
parte
imperiale
:
Dante
scriveva
le
rime
della
Vita
nuova
in
quegli
anni
stessi
che
l
'
una
dopo
l
'
altra
,
e
l
'
una
a
canto
all
'
altra
,
quasi
per
incanto
,
sorgevano
le
chiese
bellissime
di
Firenze
,
Santa
Maria
Novella
,
Santa
Croce
,
Santa
Maria
del
fiore
.
Ma
a
rompere
quella
processione
di
visioni
ove
tutto
è
sovrumano
,
a
fugare
quelle
forme
angeliche
ondeggianti
nell
'
azzurro
infinito
,
a
richiudere
il
cielo
,
sopravvenne
non
tanto
la
morte
di
Beatrice
quanto
Giano
della
Bella
con
gli
Ordinamenti
di
giustizia
,
i
quali
escludevano
dallo
stato
tutte
le
antiche
famiglie
che
non
lavorassero
o
non
inscrivessero
i
loro
nomi
alle
arti
.
Dante
si
segnò
speziale
,
e
diedesi
a
studi
più
gravi
di
filosofia
e
di
arte
civile
sempre
negl
'
intendimenti
,
di
ristaurazione
e
progresso
a
un
tempo
,
del
Comune
.
Così
il
Convito
è
la
prima
opera
italiana
,
ove
l
'
elemento
nazionale
si
manifesti
con
un
ben
determinato
concetto
sì
della
scienza
sì
delle
forme
antiche
,
e
con
la
trattazione
per
volgare
delle
materie
scolastiche
segna
a
un
'
ora
il
primo
passo
alla
secolarizzazione
della
scienza
e
alla
confermazione
classica
dell
'
arte
nuova
.
E
il
poeta
aveva
dalla
parte
sua
fatto
di
tutto
per
seguitare
il
rapido
corso
della
democrazia
,
si
era
adoperato
del
suo
meglio
per
entrare
come
nella
civiltà
del
comune
così
nella
vita
pratica
del
popolo
nuovo
:
egli
ambasciatore
,
egli
priore
,
egli
fin
sindaco
sulle
strade
:
quando
venne
d
'
un
tratto
il
colpo
di
stato
di
Corso
Donati
e
degli
oligarchi
alleati
di
parte
guelfa
a
spazzar
via
il
partito
bianco
,
che
fu
come
la
Gironda
della
repubblica
fiorentina
.
Dante
esule
sentì
finalmente
che
ogni
rivendicazione
pacifica
e
legale
tornava
oramai
impossibile
,
che
il
popolo
vecchio
aveva
finito
,
che
le
antiche
famiglie
,
le
quali
obliando
tutto
il
glorioso
passato
non
iscendessero
a
patti
prima
co
'
tiranni
del
momento
poi
col
nuovo
ordine
di
cose
,
erano
destinate
inesorabilmente
a
consumarsi
rabbiose
nell
'
esilio
o
a
languire
innominate
in
domestiche
relegazioni
entro
quella
patria
che
più
non
le
conosceva
.
Le
memorie
soavi
della
giovinezza
,
le
nobili
ambizioni
della
virilità
,
le
speranze
di
un
bello
e
riposato
vivere
tra
le
vecchie
tradizioni
e
le
glorie
nuove
nella
patria
felice
:
tutto
era
perduto
.
E
in
lui
risorse
l
'
antico
aristocratico
:
dimenticò
suo
zio
Brunetto
e
il
carroccio
,
dimenticò
Campaldino
e
il
priorato
,
per
ricordare
soltanto
gli
avi
suoi
romani
,
gli
avi
suoi
crociati
,
gli
avi
suoi
cavalieri
di
Carlomagno
,
di
Arrigo
II
,
di
Corrado
III
.
Nella
espansione
vertiginosa
del
comune
non
vide
che
anarchia
;
nella
esuberanza
della
vita
economica
e
commerciale
non
vide
che
corruzione
;
nell
'
affollarsi
della
plebe
al
conquisto
dei
diritti
politici
non
vide
che
villani
puzzolenti
d
'
Aguglione
e
di
Signa
,
che
villan
rifatti
figliuoli
di
padri
accattoni
,
i
quali
andavano
già
alla
cerca
in
Semifonte
e
ora
chiudevano
le
porte
della
patria
su
'
l
petto
a
lui
,
sangue
romano
,
che
per
amor
della
patria
si
era
fatto
speziale
.
E
al
comune
toscano
incanagliato
preferì
le
corti
dell
'
alta
Italia
:
«
S
'
io
son
fatto
romano
e
tu
lombardo
»
,
rinfacciavagli
sin
da
quei
giorni
l
'
Angiolieri
senese
,
e
Giuseppe
Ferrari
ben
qualificò
da
questo
lato
la
Divina
Commedia
per
il
poema
della
tirannia
italiana
.
Perocché
Dante
per
dispetto
del
presente
ritornò
non
tanto
al
tempo
di
Federico
II
,
da
cui
,
pur
ammirando
egli
quel
diffuso
splendore
di
civiltà
profana
,
le
credenze
sue
religiose
e
le
opinioni
filosofiche
e
l
'
indirizzo
de
'
suoi
studii
e
i
ricordi
de
'
suoi
giovenili
sentimenti
aborrivano
,
ma
al
tempo
del
buon
Federico
I
,
sotto
il
cui
imperial
protettorato
il
popolo
vecchio
delle
città
italiane
avrebbe
dopo
la
pace
di
Costanza
con
miglior
senno
potuto
ordinarsi
a
regolata
aristocrazia
;
tornò
anche
più
a
dietro
,
e
invidiò
i
tempi
beati
di
Cacciaguida
,
quando
Firenze
aveva
confine
il
Galluzzo
.
Da
ciò
all
'
unità
d
'
Italia
ci
corre
.
E
pure
come
smisuratamente
,
nel
rimpicciolimento
de
'
concetti
politici
e
delle
passioni
di
parte
,
come
smisuratamente
si
svolse
e
crebbe
oltre
i
termini
nostri
quell
'
animo
e
quell
'
ingegno
!
Quanto
mai
devono
l
'
Italia
e
l
'
arte
e
il
mondo
a
quell
'
esilio
,
che
d
'
un
priore
fiorentino
,
d
'
un
poeta
elegiaco
,
d
'
un
trattatista
scolastico
,
fece
l
'
uomo
fatale
,
il
cui
severo
profilo
,
nel
quale
disegnasi
tutta
un
'
epoca
della
storia
umana
,
domina
i
secoli
,
ne
fece
,
dico
,
il
profeta
non
nazionale
,
ma
europeo
,
ma
cristiano
,
dell
'
evo
medio
!
Profeta
,
ho
detto
;
e
Dante
in
vero
,
come
i
profeti
del
popolo
ebreo
,
ebbe
un
ideale
del
passato
:
quanti
passi
innanzi
aveva
fatti
l
'
Italia
comunale
nelle
idee
politiche
e
sociali
,
tanti
egli
ne
fece
per
indietro
:
la
sua
Roma
,
«
che
il
buon
tempo
feo
»
con
i
suoi
due
soli
(
perocché
è
un
degli
ardimenti
di
Dante
di
aver
sollevato
l
'
imperatore
dal
grado
di
luna
,
a
cui
il
medio
evo
l
'
avea
confinato
,
a
quel
di
sole
,
per
agguagliarlo
al
pontefice
)
,
la
sua
Roma
è
la
Roma
di
Costantino
e
di
Giustiniano
:
quel
paradiso
,
che
con
i
suoi
nove
cieli
concentrici
quasi
con
altrettanti
cerchi
di
adamante
racchiude
e
sòffoca
la
terra
,
ha
la
sembianza
d
'
una
cupola
bizantina
,
sotto
la
cui
stretta
volta
smaltata
ad
oro
e
azzurro
il
poeta
contempli
,
figurato
in
rigido
musaico
,
lo
aggreggiarsi
pacifico
,
uniforme
,
monotono
,
dei
regni
e
dei
popoli
,
dei
signori
e
dei
Comuni
,
nella
monarchia
di
Dio
,
sotto
lo
scettro
dell
'
imperatore
,
sotto
il
pastorale
del
papa
.
E
ciò
quando
i
mercanti
fiorentini
segnavano
schernevolmente
nei
loro
libri
di
banco
le
partite
inesigibili
a
conto
d
'
Arrigo
di
Lucimburgo
imperator
di
Lamagna
,
quando
del
papa
il
re
di
Francia
aveva
fatto
un
suo
cappellano
,
quando
l
'
uman
pensiero
cominciava
già
ad
irrompere
nel
sacrario
della
teologia
e
della
scolastica
dietro
la
scienza
e
la
libertà
,
a
quel
modo
onde
un
de
'
contemporanei
antisegnani
di
quelle
,
Raimondo
Lullo
,
aveva
,
essendo
ancor
cavaliere
,
seguìto
galoppando
a
cavallo
la
dama
de
'
suoi
pensieri
entro
la
chiesa
di
Maiorca
.
E
all
'
idea
sociale
e
politica
risponde
nella
maggiore
opera
di
Dante
il
concepimento
estetico
.
Egli
giunse
a
tempo
a
raccogliere
in
sé
i
riverberi
delle
mille
visioni
del
medio
evo
e
a
rispecchiarli
potentemente
uniti
su
'
l
mondo
;
giunse
a
tempo
a
chiudere
con
un
monumento
gigantesco
l
'
età
dell
'
allegoria
.
Egli
,
in
quel
secolo
stesso
che
le
cattedrali
di
Germania
e
d
'
Italia
rimanevano
interrotte
per
non
essere
riprese
più
mai
;
egli
,
come
per
uno
di
quegl
'
incanti
o
di
quei
miracoli
de
'
quali
intorno
alla
fabbrica
di
quelle
cattedrali
favoleggiavasi
;
egli
,
nella
solitudine
dell
'
esilio
,
in
una
notte
di
dolore
,
imaginò
,
disegnò
,
distribuì
,
adornò
,
dipinse
,
finì
in
tutti
i
minimi
particolari
,
il
suo
monumento
gigantesco
,
il
domo
e
la
tomba
del
medio
evo
.
Havvi
momenti
storici
in
che
le
nazioni
,
dopo
lente
e
lunghe
modificazioni
che
per
una
parte
hanno
operato
su
la
religione
e
per
l
'
altra
hanno
dalla
religione
ricevuto
,
giungono
quasi
a
identificarsi
con
essa
religione
nei
sentimenti
e
nelle
idee
,
nei
costumi
e
nelle
instituzioni
:
allora
la
religione
prende
quasi
il
carattere
della
nazione
,
e
la
nazione
quel
della
religione
alla
sua
volta
:
in
cotesti
momenti
solo
è
possibile
la
epopea
religiosa
a
un
tempo
e
politica
.
Ciò
dopo
Pier
Damiano
,
Francesco
d
'
Assisi
,
Tommaso
d
'
Aquino
,
Bonaventura
da
Bagnorea
,
dopo
Gregorio
VII
ed
Innocenzo
III
,
vivente
Bonifazio
VIII
,
in
quegli
ultimi
dieci
anni
del
secolo
XIII
che
furono
la
primavera
della
democrazia
e
dell
'
arte
toscana
e
dell
'
anima
di
Dante
,
era
avvenuto
del
cattolicismo
rispetto
all
'
Italia
.
Ora
Dante
,
com
'
è
natura
de
'
poeti
veramente
grandi
di
rappresentare
e
conchiudere
un
grande
passato
,
Dante
fu
l
'
Omero
di
cotesto
momento
di
civiltà
.
Ma
son
momenti
che
presto
passano
;
e
i
diversi
elementi
,
dopo
incontratisi
nelle
loro
correnti
,
riprendono
ognun
la
sua
via
.
Per
ciò
avvenne
che
della
Divina
Commedia
,
rimanendo
vivo
tutto
che
è
concezione
e
rappresentazione
individuale
,
fosse
già
antica
fin
nel
Trecento
la
forma
primigenia
,
la
visione
teologica
:
per
ciò
Dante
non
ebbe
successori
in
integro
.
Egli
discese
di
paradiso
portando
seco
le
chiavi
dell
'
altro
mondo
,
e
le
gettò
nell
'
abisso
del
passato
:
niuno
le
ha
più
ritrovate
.
VI
.
Il
Petrarca
,
figliuolo
d
'
un
notaio
venuto
dall
'
Incisa
,
rappresenta
quella
parte
più
eletta
del
popolo
nuovo
che
sorse
intorno
a
Giano
della
Bella
o
poco
dopo
lui
;
ritrae
moralmente
dai
Bianchi
,
dei
quali
il
padre
suo
partecipò
gli
affetti
politici
e
la
sorte
,
meglio
di
Dante
,
che
tratto
fra
loro
dal
corso
degli
avvenimenti
se
ne
distaccò
poi
bruscamente
;
e
ciò
tutto
rappresenta
e
ritrae
con
tanto
più
nobile
e
più
pura
astrazione
,
quanto
egli
visse
lontano
da
Firenze
e
dagli
affari
e
dai
turbamenti
delle
parti
.
E
come
quegli
che
vide
sol
da
lontano
e
senza
passioni
la
vita
dei
comuni
d
'
Italia
,
allargò
il
nome
e
l
'
affetto
di
patria
:
per
lui
l
'
Italia
non
è
il
giardino
dell
'
impero
né
la
polledra
indomita
che
il
Cesare
tedesco
ha
da
inforcare
,
ella
è
la
gloriosa
nazione
romana
che
si
stende
dall
'
Alpi
al
mare
e
che
dee
sterminare
da
sé
ogni
straniero
,
ogni
barbaro
:
egli
creò
il
concetto
o
l
'
ideale
letterario
d
'
un
'
Italia
.
Ancora
:
come
quegli
che
secondo
gl
'
instinti
suoi
nobili
rappresentò
l
'
elemento
italico
del
popolo
nuovo
,
specialmente
nella
tendenza
alla
ristorazione
delle
instituzioni
e
della
civiltà
antica
,
così
egli
sollevò
l
'
idea
del
comune
fino
alla
repubblica
degli
Scipioni
.
Per
l
'
impero
fu
freddissimo
,
senza
amore
e
senza
odio
;
sebbene
qualche
volta
sentì
e
confessò
riciso
esser
nome
vano
senza
soggetto
;
sebbene
altra
volta
,
dopo
la
mala
prova
della
repubblica
di
Cola
,
alle
lusinghe
di
Carlo
di
Lussemburgo
rispose
con
un
omaggio
da
antiquario
inviandogli
certe
monete
romane
(
il
povero
imperatore
avrebbe
tolto
invece
fiorini
)
e
molti
conforti
a
venir
in
Italia
e
ricalcar
le
orme
degli
Augusti
e
de
'
Traiani
,
non
senza
rampogne
d
'
inerzia
e
d
'
inettitudine
.
Odiò
la
corte
romana
e
assalse
la
chiesa
corrotta
con
tanta
ira
che
parve
poi
ribellione
;
sebbene
egli
rimanesse
intimamente
devoto
,
ma
non
,
come
Dante
,
religioso
essenzialmente
.
Con
queste
affezioni
e
con
questi
istinti
affrettò
l
'
uscita
dal
medio
evo
.
Come
il
popolo
,
di
cui
era
nato
,
invocava
di
quando
in
quando
la
balía
di
un
re
o
di
un
signore
,
così
egli
non
rigettò
le
grazie
de
'
príncipi
,
alla
cui
protezione
del
resto
anche
Dante
erasi
male
affidato
;
e
,
se
vi
lasciaste
ingannare
alle
brutte
forme
della
sua
retorica
latina
,
parrebbe
che
gli
adulasse
.
Non
è
vero
:
niuno
sentì
così
fieramente
l
'
eguaglianza
democratica
e
la
dignità
umana
in
conspetto
agli
ordini
privilegiati
e
prepossenti
.
Il
Petrarca
nella
vita
letteraria
prosegue
a
modo
suo
l
'
opera
di
Giano
della
Bella
:
che
anzi
nella
esortatoria
a
Cola
di
Rienzo
l
'
odio
suo
contro
i
grandi
oltrepassa
gli
ordinamenti
di
giustizia
,
e
in
quel
bando
di
persecuzione
e
di
sterminio
diresti
che
il
«
dolce
testor
degli
amorosi
detti
»
rasentasse
alcuna
volta
la
feroce
eloquenza
dell
'
«
Amico
del
Popolo
»
.
Letterato
,
si
lasciò
richiedere
e
desiderare
ai
principi
,
li
trattò
graziosamente
da
pari
a
pari
,
fe
'
sentire
ai
tiranni
guelfi
e
ghibellini
,
ai
re
di
Napoli
e
d
'
Ungheria
,
all
'
imperatore
e
al
papa
esservi
al
mondo
oramai
un
'
altra
potenza
,
crescente
ogni
di
più
e
tendente
a
cacciar
di
luogo
quella
della
nascita
e
della
spada
,
la
potenza
del
pensiero
.
Niuno
onorò
in
sé
e
fece
onorata
da
popoli
e
principi
l
'
arte
e
la
dottrina
meglio
e
più
del
Petrarca
:
niuno
fece
rispettare
e
ammirare
il
popolo
d
'
Italia
,
che
dalle
sue
città
piene
di
gloria
e
lavoro
chiedeva
i
titoli
di
nobiltà
non
ai
secoli
passati
ma
agli
avvenire
,
non
all
'
imperatore
ma
al
mondo
,
niuno
,
dico
,
fece
riverire
e
ammirare
all
'
Europa
feudale
cotesto
popolo
di
borghesi
ribelli
meglio
e
più
del
Petrarca
,
di
questo
figliuolo
d
'
un
notaio
fiorentino
,
al
quale
i
re
s
'
inchinavano
.
La
incoronazione
di
lui
in
Campidoglio
,
tra
il
popolo
plaudente
,
con
la
fortunata
assenza
del
papa
e
dell
'
imperatore
,
fu
come
la
sacra
del
Rinascimento
in
mezzo
all
'
Europa
nel
medio
evo
:
su
la
quale
,
a
grande
augumento
della
civiltà
,
egli
esercitò
nel
tempo
suo
quella
medesima
dittatura
,
anzi
legislazione
dell
'
ingegno
e
dell
'
arte
,
che
esercitarono
poi
su
'
l
secolo
XVI
Erasmo
di
Rotterdam
e
sul
XVIII
il
Voltaire
.
Come
artista
,
egli
,
uscito
di
un
popolo
che
faceva
constituzioni
e
commerci
,
non
comprese
il
mondo
fantastico
e
avventuriere
del
medio
evo
,
e
sentì
che
era
finito
co
'
poemi
francesi
;
sentì
che
anche
il
mondo
soprannaturale
cristiano
erasi
chiuso
con
Dante
,
e
non
avea
certo
l
'
intuizione
universale
di
lui
;
del
mondo
antico
non
sentì
che
le
forme
,
e
non
le
migliori
.
Ma
sentì
in
sé
l
'
uomo
;
e
mentre
gl
'
infiniti
lirici
del
medio
evo
,
francesi
,
tedeschi
,
italiani
,
dei
quali
è
mal
vezzo
di
critici
superficiali
e
ripetitori
l
'
accusarlo
imitatore
,
lui
originalissimo
e
che
deve
agli
antecessori
suoi
solo
qualche
frase
di
cattivo
gusto
,
mentre
quei
lirici
cantarono
o
il
senso
ben
limitato
o
l
'
idea
molto
indeterminata
,
egli
scoprì
in
sé
e
rivelò
l
'
uomo
;
l
'
uomo
del
medio
evo
,
a
cui
la
natura
ha
cominciato
a
rifavellare
da
'
libri
de
'
poeti
antichi
,
l
'
uomo
del
medio
evo
in
contrasto
tra
la
materia
e
la
forma
,
tra
il
senso
e
lo
spirito
,
tra
il
cristiano
e
il
pagano
.
E
questo
contrasto
ei
lo
prese
ad
analizzare
e
a
svolgere
sottilmente
,
finamente
,
profondamente
,
per
ogni
verso
,
con
tutta
leggerezza
di
tócco
,
con
tutta
delicatezza
di
ombreggiamento
,
con
tutta
misura
,
senza
lasciarsi
vincer
la
mano
alla
passione
inestetica
.
Riprese
l
'
opera
giovanile
di
Dante
,
movendo
anch
'
egli
dall
'
antecedente
lirica
cavalleresca
:
ma
Dante
risalì
o
si
smarrì
nel
misticismo
,
il
Petrarca
ritornò
al
naturalismo
ideale
,
e
anche
per
questa
parte
apre
l
'
età
del
Rinascimento
.
VII
.
Dante
e
il
Petrarca
avean
mosso
ambedue
dal
medio
evo
e
dal
principio
cavalleresco
:
Dante
poi
erasi
fermato
al
principio
ecclesiastico
e
alle
sue
forme
,
la
visione
e
l
'
allegoria
.
Contro
l
'
uno
e
l
'
altro
di
questi
principii
insorge
ora
il
più
fervido
ammiratore
di
Dante
,
l
'
amico
più
affettuoso
del
Petrarca
,
Giovanni
Boccaccio
,
cittadin
fiorentino
.
Il
Boccaccio
era
nipote
a
un
Chellino
venuto
a
città
dal
contado
di
Val
d
'
Elsa
,
da
Certaldo
che
allora
aveva
nome
soltanto
dalle
cipolle
che
produce
in
copia
;
apparteneva
dunque
a
quella
cittadinanza
che
Dante
spregiava
di
cuore
,
«
la
cittadinanza
,
ch
'
è
or
mista
Di
Campi
,
di
Certaldo
e
di
Figghine
»
;
e
la
nobil
donna
,
de
'
cui
fastidi
il
certaldese
si
vendicò
nel
Corbaccio
,
poteva
bene
mandargli
a
dire
«
Torni
a
sarchiar
le
cipolle
e
lasci
star
le
gentildonne
»
.
Più
:
egli
era
nato
a
Parigi
dagli
amori
non
consecrati
di
suo
padre
mercante
con
una
donna
francese
.
Plebeo
,
bastardo
,
e
con
sangue
parigino
dentro
le
vene
,
il
gran
distruttore
dell
'
amore
cavalleresco
e
dell
'
ideale
monastico
è
il
più
sicuro
rappresentante
di
quel
popolo
grasso
del
secolo
XIV
,
che
finì
di
ricoprire
con
la
sua
alluvione
il
popolo
vecchio
e
l
'
Italia
del
secolo
XIII
.
Egli
è
il
vero
borghese
italiano
del
Trecento
;
se
non
quanto
,
non
ostante
la
pompa
delle
sue
allusioni
,
delle
sue
erudizioni
,
del
suo
stile
,
non
ostante
l
'
ammirazione
e
devozione
sua
all
'
aristocrazia
dell
'
ingegno
,
egli
piega
inconsciamente
verso
i
Ciompi
;
però
che
anch
'
egli
intende
a
distruggere
ciò
ch
'
era
stato
venerato
fin
allora
.
Come
uomo
e
cittadino
,
è
repubblicano
più
francamente
del
Petrarca
;
più
francamente
e
finamente
di
lui
deride
l
'
imperatore
e
l
'
impero
:
anche
,
rimprovera
l
'
amico
del
frequentare
ch
'
ei
fa
i
tiranni
lombardi
:
non
fioretta
panegirici
ai
re
,
e
poco
usa
a
corte
,
se
non
da
giovane
e
per
amoreggiarne
le
figliuole
:
al
suo
comune
e
ai
cittadini
dice
aspre
verità
,
ma
quello
serve
e
con
questi
si
trova
a
suo
agio
;
non
gli
odia
come
Dante
,
non
gli
sfugge
come
il
Petrarca
,
ne
studia
il
ridicolo
.
Una
sola
grandezza
v
'
è
,
della
quale
egli
si
fa
volentieri
cortigiano
,
che
egli
ama
di
amor
più
tenero
che
non
le
donne
:
la
grandezza
dell
'
ingegno
.
L
'
ideale
suo
è
tutto
soggettivo
:
l
'
arte
.
E
per
ciò
,
riproduttore
largo
e
indifferente
,
diresti
ch
'
e
'
cercasse
di
fondare
come
il
Goethe
una
letteratura
eclettica
:
certo
,
fece
anche
egli
le
sue
prove
in
tutt
'
i
generi
,
nella
visione
allegorica
di
Dante
,
nella
lirica
amorosa
del
Petrarca
,
nella
epopea
antica
,
nella
epopea
cavalleresca
,
nel
romanzo
d
'
avventura
,
nel
racconto
mitologico
,
nella
leggenda
,
nella
satira
,
nell
'
orazione
,
nell
'
ecloga
e
nell
'
idillio
,
nella
geografia
,
nella
mitologia
,
nella
filologia
e
nella
erudizione
;
e
riesce
solo
quando
scende
al
reale
,
quando
rappresenta
il
sensuale
,
il
sensuale
,
dico
,
nel
migliore
e
peggior
significato
:
del
reale
è
veramente
pittore
,
anzi
scultore
,
miracoloso
.
Ma
,
se
pone
l
'
arte
in
cima
d
'
ogni
idea
,
non
per
ciò
egli
è
scrittore
ozioso
,
non
per
ciò
egli
sbizzarrisce
soltanto
.
Il
Decameron
non
fu
scritto
,
come
una
ignorante
e
parzial
critica
afferma
,
per
trarre
l
'
Italia
al
bordello
:
il
Decameron
fu
opera
d
'
opposizione
contro
il
principio
cavalleresco
ed
ecclesiastico
.
Ricordiamo
che
le
cento
novelle
s
'
incoronano
con
la
«
Griselda
»
,
stupenda
rappresentazione
della
donna
del
dovere
,
glorioso
trionfo
della
donna
moglie
e
madre
,
come
cavalieri
e
frati
non
volevano
che
la
donna
fosse
.
Contro
cavalieri
e
frati
,
e
contro
i
borghesi
in
parte
,
il
ridicolo
,
il
grottesco
,
il
triviale
e
il
sublime
,
sì
,
anche
il
sublime
,
sono
in
cotesta
grande
commedia
umana
del
plebeo
certaldese
adoperati
come
niuno
gli
adoperò
dopo
Aristofane
e
avanti
il
Molière
.
Il
Decameron
,
la
commedia
umana
di
Giovanni
Boccaccio
,
è
la
sola
opera
comparabile
per
universalità
alla
Commedia
divina
di
Dante
.
Due
grandi
artisti
,
con
intendimenti
diversi
,
da
opposti
lati
,
sorpresero
e
abbracciarono
tutt
'
insieme
con
un
olimpico
sguardo
due
mondi
antipodi
,
e
gl
'
improntarono
vivi
e
spiranti
in
tale
una
materia
e
forma
,
che
è
marmo
per
lo
splendore
e
la
durata
,
cristallo
per
la
trasparenza
.
VIII
.
Così
in
Dante
nel
Petrarca
nel
Boccaccio
si
raccoglie
la
somma
della
letteratura
del
secolo
decimoquarto
,
del
periodo
del
comune
;
nel
quale
il
principio
nazionale
con
i
suoi
due
elementi
romano
e
italico
s
'
equilibrò
da
prima
e
poi
prevalse
agli
altri
principii
:
s
'
equilibrò
nell
'
opera
di
Dante
al
principio
ecclesiastico
,
trasformò
in
quella
del
Petrarca
il
principio
cavalleresco
,
e
all
'
uno
e
all
'
altro
prevalse
in
quella
del
Boccaccio
.
Così
Dante
,
il
Petrarca
,
il
Boccaccio
,
accogliendo
in
sé
il
secolo
XIV
,
quel
secolo
,
cioè
,
nel
quale
il
movimento
democratico
dei
comuni
attinse
l
'
ultima
velocità
e
pienezza
,
diedero
ancora
alla
letteratura
nazionale
la
materia
e
gl
'
instrumenti
e
le
forme
che
meglio
fiorirono
nell
'
età
migliori
e
che
durano
ancora
:
Dante
,
la
lingua
lo
stile
e
gli
animi
a
tutta
la
poesia
;
il
Petrarca
,
i
metri
e
le
forme
alla
lirica
;
il
Boccaccio
,
l
'
ottava
e
il
periodo
alla
epopea
e
alla
prosa
del
Rinascimento
.
E
come
il
Rinascimento
muove
da
essi
,
così
nelle
opere
loro
è
in
germe
il
fiore
lussureggiante
dell
'
arte
del
Cinquecento
:
v
'
è
quel
carattere
speciale
che
fu
proprio
della
nostra
letteratura
e
pe
'
l
quale
ella
è
quasi
mezzo
tra
l
'
arte
antica
e
l
'
arte
del
medio
evo
,
tra
la
Grecia
e
la
Germania
;
quel
,
come
uno
scrittor
tedesco
lo
chiama
,
non
pure
presentimento
,
nato
da
affinità
,
del
bello
classico
,
ma
vera
affinità
elettiva
con
quello
spirito
d
'
intelligente
e
discreta
proporzione
in
tutte
cose
che
è
l
'
essenza
fondamentale
di
esso
bello
,
con
quella
sofrosine
in
opposizione
alla
stravaganza
senza
forma
e
senza
misura
che
domina
le
rappresentazioni
medioevali
.
Se
non
che
,
mentre
il
Petrarca
e
il
Boccaccio
furono
subito
fatti
famigliari
alla
lontana
Inghilterra
dallo
Chaucer
,
ed
ebbero
poco
di
poi
la
cittadinanza
in
tutte
le
nuove
letterature
;
mentre
il
Petrarca
restò
lungamente
modello
alla
lirica
non
pure
italiana
,
ma
francese
e
spagnola
,
ma
tedesca
e
inglese
;
mentre
non
pur
le
forme
del
Boccaccio
si
perennarono
nei
novellatori
italiani
e
francesi
del
secolo
XV
e
XVI
ma
ne
rivissero
gli
spiriti
nel
Machiavelli
e
nell
'
Ariosto
comici
,
nel
Rabelais
,
nel
Molière
,
nel
Voltaire
,
nel
Lessing
;
scarso
per
contro
e
debole
fu
l
'
influsso
di
Dante
,
sebbene
la
singolar
grandezza
sua
fosse
,
massime
in
Italia
,
riconosciuta
sempre
.
Anche
il
suo
metro
,
la
mistica
terzina
,
ch
'
egli
creò
veramente
quasi
risonante
segno
della
sua
venerazione
al
cabalistico
tre
continuamente
rintrecciantesi
nel
nove
,
non
ebbe
quella
splendida
posterità
che
la
ottava
limitata
del
novellatore
:
non
ebbe
la
Divina
Commedia
tra
noi
altro
che
pallide
imitazioni
nella
parte
dottrinale
e
allegorica
,
il
Dittamondo
e
il
Quadriregio
;
al
di
fuori
,
appena
una
traduzione
francese
di
quel
secolo
stesso
,
che
,
per
trovarsi
in
solo
un
codice
,
è
da
credere
fosse
più
che
altro
uno
studio
individuale
;
ebbe
invece
ben
presto
,
e
in
poco
più
che
cent
'
anni
,
tre
versioni
nella
cattolica
Spagna
e
imitatore
valente
un
baron
castigliano
.
Or
vengano
i
soliti
critici
a
rimproverare
all
'
Italia
l
'
abbandono
delle
tradizioni
dantesche
.
E
già
,
se
non
intendano
delle
tradizioni
di
stile
e
di
forma
e
di
pura
poesia
,
che
non
sarebbe
vero
;
se
per
avventura
non
pretendono
che
tutta
la
nostra
letteratura
fosse
una
continua
e
fedel
ripetizione
della
Commedia
;
che
cosa
sono
allora
coteste
tradizioni
dantesche
?
la
filosofia
di
san
Tommaso
?
la
mistica
di
Dionigi
Areopagita
e
d
'
Ugo
o
di
Riccardo
da
San
Vittore
?
la
visione
teologica
?
l
'
allegoria
?
l
'
impero
del
buon
Barbarossa
o
di
Giustiniano
santo
?
l
'
età
dell
'
oro
di
Cacciaguida
?
il
concerto
di
maledizioni
a
tutt
'
i
comuni
d
'
Italia
?
Dante
stesso
ci
narra
come
egli
dopo
la
morte
di
Beatrice
si
lasciasse
movere
ai
segni
di
pietà
che
scòrse
in
viso
di
una
donna
gentile
,
e
tanto
se
ne
lasciasse
poi
attrarre
da
darsi
per
qualche
tempo
in
signoria
di
lei
,
dimenticando
la
gentilissima
Beatrice
passata
al
reame
ove
gli
angeli
hanno
pace
.
Quella
nuova
donna
gentile
era
,
com
'
egli
stesso
ci
afferma
,
la
filosofia
,
e
gli
toccò
poi
smarrirsi
nella
selva
a
ruinare
in
basso
loco
,
e
gli
bisognò
attraversare
il
centro
della
terra
,
per
ritornare
alla
sua
Beatrice
beata
,
alla
Beatrice
trasfigurata
,
alla
Beatrice
teologale
.
Egli
dunque
,
l
'
uomo
del
medio
evo
,
ritornò
a
Beatrice
;
ma
l
'
Italia
non
più
mai
.
IX
.
Un
'
ultima
osservazione
resta
a
fare
.
La
poesia
delle
altre
genti
d
'
Europa
,
divenute
nazioni
molto
prima
della
italiana
,
ebbe
anche
oltre
le
forme
un
contenuto
nazionale
:
i
Nibelunghi
rappresentano
i
Germani
delle
migrazioni
,
i
romanzi
francesi
cantano
le
glorie
dell
'
impero
di
Carlomagno
e
la
lotta
della
feudalità
co
'
discendenti
di
lui
,
quelli
spagnoli
la
guerra
continuata
con
gli
invasori
.
La
poesia
italiana
,
tardiva
come
la
nazione
,
non
ha
un
fondo
nazionale
:
la
Commedia
,
il
Canzoniere
,
il
Decameron
sono
per
il
contenuto
più
presto
europei
,
cristiani
o
umani
,
che
non
italiani
.
Ricordiamo
che
l
'
elemento
popolare
risorse
nella
penisola
come
romano
,
e
che
l
'
Italia
appariva
a
Dante
come
il
giardino
dell
'
impero
,
al
Petrarca
come
la
sede
della
repubblica
degli
Scipioni
.
Di
qui
avvenne
che
i
nostri
cercassero
le
loro
tradizioni
nazionali
nell
'
antichità
,
e
la
parte
epica
della
storia
italiana
consista
nelle
origini
troiane
o
romane
delle
città
e
nella
derivazione
delle
famiglie
nobili
dagli
ultimi
romani
che
contrastarono
ai
barbari
:
Virgilio
,
Lucano
,
Claudiano
erano
sempre
i
poeti
di
nostra
gente
;
Cesare
,
Livio
,
Sallustio
,
gli
storici
.
E
l
'
Italia
,
in
quello
stesso
che
non
aveva
la
conscienza
di
nazione
moderna
,
sentivasi
,
nella
sua
continuazione
romana
,
la
capitale
d
'
Europa
.
I
nostri
poeti
quindi
vennero
a
compiere
e
a
nobilitare
il
medio
evo
con
le
forme
antiche
,
come
poeti
dell
'
Europa
cristiana
,
dell
'
occidente
latino
.
Ecco
:
Dante
dà
la
consecrazione
cattolica
e
classica
a
tutte
le
visioni
dell
'
oltremondo
smarrite
per
le
isole
brittaniche
,
per
la
Germania
e
la
Francia
:
il
Petrarca
chiude
il
ciclo
dei
poeti
d
'
amore
provenzali
,
francesi
,
tedeschi
,
nel
suo
virgiliano
«
bosco
degli
ombrosi
mirti
»
:
il
Boccaccio
raccoglie
le
pietruzze
dai
conti
dai
favolelli
dalle
leggende
di
tutti
i
giullari
e
menestrelli
per
istoriarne
il
suo
musaico
romano
.
Quel
che
le
altre
nazioni
produssero
singolo
,
staccato
,
informe
,
in
Italia
è
uno
,
armonico
,
vivo
.
La
terra
dei
comuni
non
può
restringersi
troppo
tosto
nella
esclusività
di
nazione
:
come
i
suoi
padri
con
le
armi
,
ella
conquista
con
l
'
arte
tutti
i
paesi
:
come
l
'
impero
e
la
chiesa
cattolica
,
onde
ella
eredita
,
diedero
la
cittadinanza
romana
a
tutti
i
corpi
e
a
tutte
le
anime
,
così
ella
la
dà
a
tutte
le
tradizioni
,
a
tutte
le
idee
:
dà
alla
turbolenta
rappresentanza
del
medio
evo
germanico
la
forma
artistica
antica
e
lo
spirito
nuovo
sociale
,
creando
la
letteratura
universale
del
Rinascimento
.
E
tutto
ciò
fu
fatto
nello
spazio
di
tre
generazioni
da
tre
uomini
di
Firenze
:
così
il
comune
specchia
l
'
umanità
.
DISCORSO
QUARTO
Del
Quattrocento
:
il
rinascimento
e
la
federazione
;
la
letteratura
dotta
e
la
popolare
.
I
.
Nominanza
non
buona
ha
tra
i
secoli
della
coltura
italiana
il
decimoquinto
;
e
gli
nuoce
forse
più
ch
'
altro
la
gloria
grande
della
età
che
gli
fu
innanzi
e
di
quella
che
dopo
.
Gli
storici
della
nostra
letteratura
,
attratti
agli
splendori
del
Trecento
e
del
Cinquecento
,
cercano
solo
in
que
'
due
secoli
le
manifestazioni
della
vita
italiana
nell
'
arte
,
e
,
pur
trovandole
tanto
diverse
tra
loro
,
di
quella
diversità
non
curano
indagar
le
ragioni
o
ne
recano
di
tali
che
potrebbero
al
più
valer
per
le
forme
:
nel
Quattrocento
poi
non
veggono
che
densa
barbarie
e
ricrudescenza
di
vecchiume
e
brulicame
di
pedanteria
,
dove
galleggia
,
non
si
sa
come
,
il
Boiardo
e
il
Poliziano
,
e
onde
emergono
il
Bembo
e
il
Sannazzaro
,
il
Machiavello
e
l
'
Ariosto
,
così
la
storia
della
letteratura
,
la
storia
cioè
de
'
mutamenti
e
degli
avvenimenti
de
arte
,
mutamenti
e
avvenimenti
che
procedendo
dalle
facoltà
intellettuali
e
morali
dell
'
uomo
hanno
uno
svolgimento
tutto
graduale
e
coordinato
,
si
cambia
per
molti
in
una
storia
di
miracoli
.
O
,
meglio
,
così
certi
geografi
,
conosciuti
da
Plutarco
,
i
paesi
a
loro
ignoti
sopprimevano
nelle
estremità
di
lor
tavole
,
notando
ne
'
margini
che
al
di
là
erano
secche
arene
e
torbida
palude
o
freddo
scitico
o
mare
agghiacciato
.
Ma
perché
la
produzione
letteraria
del
Cinquecento
è
tanto
ricca
e
svariata
e
lieta
in
confronto
a
quella
del
Trecento
che
per
parte
sua
è
più
profonda
più
comprensiva
più
vera
?
Perché
tanta
differenza
tra
la
poesia
di
Dante
e
quella
dell
'
Ariosto
?
E
quale
delle
due
risponde
meglio
al
genio
del
popolo
italiano
?
quale
ne
rende
meglio
gli
spiriti
?
e
come
si
trasmutò
o
come
si
fermò
questo
genio
,
che
dall
'
una
si
potesse
passare
all
'
altra
?
Dalla
risposta
a
tali
dimande
si
avrà
la
piena
intelligenza
del
generale
svolgimento
della
letteratura
nazionale
;
e
quella
risposta
non
saprei
richiederla
che
allo
studio
su
le
mutazioni
della
vita
intellettuale
italiana
nel
secolo
XV
,
il
quale
non
fu
né
di
sosta
né
di
scadimento
,
ma
di
fermentazione
e
di
maggior
dichiarazione
del
carattere
e
del
sentimento
italiano
.
Né
altrimenti
poteva
essere
il
secolo
,
nel
quale
l
'
Europa
vide
fermarsi
le
diverse
nazionalità
e
gli
ordini
politici
tuttora
esistenti
,
e
,
nel
cominciato
dissidio
tra
il
ragionamento
e
la
fede
,
il
pensiero
umano
in
faccia
alle
presentite
battaglie
armarsi
di
nuovi
e
stupendi
trovati
;
il
secolo
nel
quale
non
fu
speranza
agl
'
italiani
dolorosa
e
scherno
agli
estranei
miserabile
la
indipendenza
d
'
Italia
,
e
Italia
vide
lo
scoprimento
del
nuovo
e
il
ritrovamento
dell
'
antico
mondo
compiuto
da
soli
quasi
italiani
,
e
fiorire
nelle
lettere
insieme
il
Belcari
ed
il
Poggio
,
il
Pulci
e
il
Ficino
,
il
Boiardo
e
il
Pontano
,
e
Lorenzo
de
'
Medici
e
il
Savonarola
.
II
.
Le
novissime
parole
su
la
grande
letteratura
del
secolo
XIV
,
con
la
espressione
del
presentimento
,
radamente
vano
,
che
ha
della
debolezza
de
'
suoi
successori
ogni
generazione
vigorosa
,
furono
dette
da
Franco
Sacchetti
nella
canzone
per
la
morte
del
Boccaccio
:
Sonati
sono
i
corni
D
'
ogni
parte
a
ricolta
:
La
stagione
è
rivolta
:
Se
tornerà
non
so
,
ma
credo
tardi
.
E
in
vero
come
disco
su
la
fine
del
corso
segna
ancora
per
la
forza
del
primo
impulso
alcuni
giri
nella
rena
,
poi
vacilla
,
poi
cade
;
così
,
su
'
l
declinare
del
Trecento
e
'
l
cominciare
del
secolo
di
poi
,
la
letteratura
toscana
divenuta
per
virtù
del
triumvirato
italiana
.
Ora
di
quello
scoramento
e
di
quella
diminuzione
di
pensieri
e
di
produzioni
debbonsi
cercare
più
sottilmente
le
cause
.
Unico
Dante
aveva
potuto
rivolgere
laicamente
il
principio
religioso
ad
una
sua
grande
concezione
artistica
,
del
resto
più
tosto
cristiana
che
nazionale
,
più
tosto
europea
che
italiana
.
Del
principio
cavalleresco
il
Petrarca
aveva
saputo
trasformare
classicamente
l
'
elemento
soggettivo
lirico
:
l
'
elemento
oggettivo
ed
epico
era
stato
incominciato
a
lavorare
con
sola
intenzione
e
a
solo
fine
di
arte
dal
Boccaccio
ne
'
suoi
poemi
.
Quanto
al
principio
nazionale
,
la
restaurazione
della
tradizion
romana
nell
'
idea
di
stato
e
di
patria
e
nelle
forme
civili
,
e
con
ciò
della
tradizion
virgiliana
e
tulliana
nell
'
arte
e
nello
stile
,
la
restaurazione
in
somma
della
tradizione
solenne
aristocratica
unitaria
,
era
stata
in
gran
parte
operata
per
intiero
e
in
altre
parti
tentata
felicemente
da
tutti
tre
insieme
quei
grandi
scrittori
:
ma
il
Boccaccio
poi
rappresentava
meglio
nell
'
opera
sua
maggiore
la
tradizione
italica
di
varietà
,
di
libertà
,
di
resistenza
,
la
tradizione
democratica
e
federale
di
Nevio
,
di
Lucilio
,
di
Plauto
.
La
Divina
Commedia
,
ammirata
,
venerata
,
ma
solitaria
,
rimaneva
quasi
monumento
di
un
favoloso
gigante
,
che
gli
uomini
contemplano
stupiti
,
ma
che
non
lascia
addentellato
alle
costruzioni
di
una
generazione
minore
,
che
niuno
osa
abitare
,
niuno
edificarvi
appresso
,
e
sorge
come
avvolto
nell
'
ombra
di
una
sacra
paura
:
la
luce
della
visione
allegorica
già
abbuiatasi
nel
Quadriregio
finisce
spegnendosi
in
alcuni
poemi
inferiori
nominati
appena
dai
dotti
.
È
pur
forza
persuadersene
:
Dante
nella
vita
del
popolo
italiano
è
una
apparizion
singolare
:
più
che
romano
o
italico
,
lo
direste
etrusco
:
vissuto
un
po
'
prima
,
nel
secolo
duodecimo
,
egli
avrebbe
forse
suscitato
una
letteratura
religiosa
e
ideale
,
ma
più
civile
che
non
fosse
poi
quella
della
Spagna
cattolica
,
ma
più
pratica
che
non
quella
della
panteistica
Germania
:
fiorito
nel
Trecento
,
di
vivo
ed
effettuale
non
lasciò
che
il
movimento
impresso
alla
lingua
,
il
lavoro
poetico
,
la
passione
sua
,
e
non
è
poco
;
ma
l
'
essersi
vent
'
anni
dopo
la
Commedia
potuto
comporre
e
universalmente
ammirare
il
Decameron
,
prova
che
l
'
idea
fondamentale
,
l
'
anima
di
quella
era
sparita
,
era
fuggita
dalla
nazione
.
Tanto
ciò
è
vero
,
che
la
forma
dell
'
epopea
dantesca
servì
nel
Quattrocento
al
Medici
per
la
satira
comica
de
'
Beoni
,
e
la
solenne
terzina
andò
a
finire
ne
'
capitoli
berneschi
;
mentre
l
'
ottava
del
novellatore
,
del
Filocopo
,
della
Teseide
,
del
Ninfale
,
divenne
di
più
in
più
popolare
,
visse
di
florida
vita
,
maestrevolmente
coltivata
dal
Poliziano
,
dall
'
Ariosto
,
dal
Tasso
.
Della
poesia
del
Petrarca
il
contenuto
era
molto
inferiore
al
dantesco
e
più
limitato
il
campo
,
ma
quello
più
comprensibile
e
a
più
,
più
accessibile
questo
:
onde
gli
effetti
furono
più
larghi
e
più
duraturi
.
Se
non
che
,
anche
del
Petrarca
le
forme
anzi
che
altro
rimasero
:
le
forme
che
eccitavano
il
vagheggiamento
lo
studio
la
imitazione
,
perché
meglio
mostravano
il
lavorio
,
a
dir
vero
finissimo
e
meraviglioso
:
onde
tutt
'
insieme
esercitarono
non
inutilmente
le
facoltà
artistiche
dei
successori
.
Ma
l
'
intima
poesia
del
canzoniere
non
poteva
,
come
s
'
intende
facilmente
,
essere
riprodotta
:
ci
voleva
quell
'
anima
e
quella
vita
:
onde
che
la
elegia
psicologica
del
Petrarca
,
già
svaporata
nelle
eleganti
fantasiucce
del
Montemagno
,
inacidì
ben
presto
tra
le
frasi
contorte
o
pedantesche
di
Cino
Rinuccini
e
coetanei
,
e
svanì
del
tutto
nelle
lievi
imitazioni
di
Giusto
de
'
Conti
.
Rimaneva
il
Boccaccio
;
il
cui
ingegno
eclettico
,
oggettivo
,
sensuale
,
meglio
accordavasi
al
genio
del
popolo
italiano
;
la
cui
opera
molteplice
,
con
la
rappresentazione
della
vita
reale
nelle
novelle
,
col
rimaneggiamento
non
epico
ma
romanzesco
della
materia
cavalleresca
ne
'
poemi
d
'
argomento
medioevale
,
colla
riproduzione
del
fantastico
dell
'
arte
antica
innovellato
ne
'
poemi
d
'
argomento
classico
,
fornì
gli
esempi
e
le
norme
al
lavoro
delle
generazioni
posteriori
,
che
meno
distratte
dalla
agitazione
politica
e
nulla
preoccupate
dal
sentimento
religioso
dovevano
essere
più
artistiche
se
meno
poetiche
.
Ma
e
il
Boccaccio
e
gli
altri
maggiori
del
Trecento
,
quantunque
traessero
intenzioni
e
modi
dall
'
età
loro
,
tuttavia
nei
concepimenti
dell
'
arte
e
nell
'
uso
della
dottrina
di
troppo
avanzarono
i
contemporanei
e
i
prossimi
successori
,
i
quali
non
avevano
più
né
forze
né
mezzi
ad
aiutare
e
continuare
adeguatamente
il
rinnovamento
da
quelli
promosso
.
Anche
:
è
vero
che
i
tre
grandi
scrittori
del
Trecento
improntarono
saldamente
e
immutabilmente
alla
nuova
produzione
letteraria
un
suggello
nazionale
;
ma
l
'
opera
fu
,
più
che
altro
,
individuale
,
e
toscano
l
'
instrumento
e
la
materia
.
Occorreva
adunque
esercitar
le
forze
e
mettere
in
comune
i
mezzi
del
lavoro
artistico
,
per
aggiungere
quel
grado
di
perfezione
,
per
serbare
quell
'
ideale
di
bellezza
che
il
gran
triumvirato
del
Trecento
avea
tócco
.
Occorreva
che
l
'
opera
stessa
da
individuale
divenisse
comparativamente
sociale
,
e
l
'
impronta
di
toscana
si
facesse
italiana
.
Il
movimento
letterario
nel
Trecento
fu
parziale
,
generale
nel
Cinquecento
:
il
processo
fu
nel
Trecento
toscano
,
italiano
nel
Cinquecento
.
Il
Quattrocento
fu
secolo
di
passaggio
;
un
po
'
staccato
,
un
po
'
anarchico
,
ma
tutto
fermentante
e
fecondo
di
trasformazioni
e
fenomeni
nuovi
.
Sotto
questo
aspetto
vuolsi
studiare
il
Quattrocento
,
o
,
meglio
,
quella
età
critica
della
nostra
letteratura
che
corre
dal
tumulto
de
'
Ciompi
alla
seconda
cacciata
dei
Medici
,
dal
ristabilimento
dei
papi
in
Italia
e
dal
primo
affermarsi
delle
signorie
in
principati
regionali
fino
alla
calata
di
Carlo
VIII
,
dal
1378
al
1494
,
dalla
morte
del
Petrarca
e
del
Boccaccio
a
quella
del
Boiardo
e
del
Poliziano
,
dalla
morte
di
Caterina
da
Siena
a
Girolamo
Savonarola
.
Ora
questa
età
presenta
così
negli
avvenimenti
storici
come
in
quelli
della
coltura
e
degli
spiriti
due
periodi
nettamente
distinti
:
il
primo
,
nella
storia
politica
,
è
dello
scisma
e
dei
condottieri
;
nella
letteraria
,
è
del
dissidio
tra
l
'
italiano
e
il
latino
e
della
poesia
popolare
:
il
secondo
,
nella
storia
politica
,
è
della
confederazione
ordinata
e
dell
'
equilibrio
,
nella
letteraria
,
è
il
rinascimento
della
vita
italiana
nella
forma
classica
.
III
.
La
letteratura
dell
'
età
anteriore
,
come
scintilla
dall
'
attrito
di
due
massi
,
come
fulmine
dallo
scontro
di
due
nubi
,
proruppe
dai
contrasti
della
chiesa
con
l
'
impero
,
e
poi
del
popolo
con
l
'
impero
e
la
chiesa
:
l
'
elemento
romano
contro
il
germanico
,
la
borghesia
contro
la
feudalità
,
la
plebe
contro
la
borghesia
,
il
laicismo
contro
il
chiericato
,
ecco
i
moventi
,
o
almeno
le
circostanze
di
quella
letteratura
.
Ma
il
papato
,
conteso
per
settanta
interi
anni
tra
due
o
tre
pretendenti
,
schiaffeggiato
da
tutti
i
principi
e
dai
preti
stessi
nei
concilii
di
Costanza
e
Basilea
,
mentre
un
soldato
di
ventura
assidevasi
nella
Marca
funesta
agli
imperatori
del
secolo
XIII
segnando
le
lettere
Ex
Girifalco
nostro
firmiano
invito
Petro
et
Paulo
;
il
papato
,
non
che
delle
ire
di
Dante
e
del
Petrarca
,
era
indegno
oramai
degli
sghignazzamenti
del
Boccaccio
e
del
Sacchetti
:
«
Papa
Martino
non
vale
un
quattrino
»
,
questo
distico
intonato
dietro
il
successore
di
Gregorio
VII
d
'
Innocenzo
III
di
Bonifazio
VIII
dai
ragazzi
della
guelfa
Firenze
,
ecco
i
paralipomeni
dell
'
invettiva
di
san
Pietro
nel
ventisettesimo
del
Paradiso
,
ecco
la
sola
poesia
degna
del
papato
nel
secolo
XV
.
E
l
'
impero
?
A
chi
importava
più
dell
'
impero
in
Italia
?
L
'
ultimo
dei
lussemburghesi
,
di
quella
famiglia
che
tanti
amori
e
odi
di
sé
aveva
eccitati
nel
secolo
prima
,
Sigismondo
,
mercanteggi
pure
a
sua
posta
le
alleanze
,
ingrossi
gli
stati
ereditari
,
faccia
il
gendarme
ai
preti
di
Costanza
;
l
'
Italia
sa
a
pena
che
egli
esista
.
E
in
Italia
intanto
la
democrazia
avea
da
per
tutto
ceduto
o
cedeva
il
luogo
ai
tiranni
mutantisi
in
príncipi
,
e
la
borghesia
con
le
invidie
e
paure
sue
avea
sollevato
i
signori
.
Chi
ricorda
come
finisse
Michele
di
Lando
,
il
Cavaignac
dei
Ciompi
,
dai
borghesi
,
per
merito
di
averli
sottratti
alla
vendetta
plebea
,
cacciato
in
esilio
?
La
stessa
oscurità
che
è
su
la
fine
dell
'
eroe
popolare
involge
il
lento
venir
meno
della
democrazia
fiorentina
.
Spaventata
co
'
supplizi
,
dispersa
per
gli
esili
,
lusingata
,
domata
forse
con
la
miseria
e
con
la
corruzione
ad
un
'
ora
,
la
plebe
tace
,
s
'
allontana
,
sparisce
,
se
non
quanto
si
mostra
a
bestemmiare
i
vinti
ad
applaudire
i
vincitori
padroni
.
Le
grandi
casate
del
popolo
grasso
costituiscono
a
poco
a
poco
un
'
aristocrazia
dell
'
oro
,
avida
,
inetta
,
brigante
,
senza
né
onore
né
valore
;
e
come
già
ai
comuni
del
Duecento
e
del
Trecento
si
sovrappose
a
poco
alla
volta
l
'
oligarchia
della
capital
regionale
,
così
tra
le
famiglie
borghesi
insorge
e
soverchia
,
quasi
da
parte
della
plebe
e
rappresentante
e
vindice
de
'
suoi
diritti
,
prima
un
uomo
,
poi
una
famiglia
;
e
ne
riesce
il
più
corruttor
de
'
governi
,
il
principato
civile
in
uno
stato
a
forme
repubblicane
.
Né
i
príncipi
sentirono
più
le
grandi
ambizioni
,
onde
dai
popoli
troppo
spesso
si
fan
perdonare
la
tirannia
:
niuno
di
essi
dopo
Giovan
Galeazzo
Visconti
ordinò
al
suo
gioielliere
la
corona
d
'
Italia
.
Battaglie
ingloriose
degli
angioini
tra
loro
nel
mezzogiorno
e
nel
centro
,
poi
d
'
angioini
e
d
'
aragonesi
;
schermaglie
tra
il
senato
veneto
la
cui
cupidigia
non
può
chiamarsi
ambizione
,
la
debolezza
di
Filippo
Maria
Visconti
e
l
'
astuzia
di
Cosimo
dei
Medici
;
e
scorrazzare
delle
masnade
di
ventura
da
una
parte
ad
un
'
altra
,
e
sorgerne
un
prode
o
fortunato
od
accorto
e
giungere
al
regno
:
ecco
i
fatti
della
metà
prima
del
secolo
.
L
'
oscurarsi
delle
idee
,
il
mancare
de
'
principii
,
la
incertezza
degli
stessi
avvenimenti
avean
tolto
via
quei
contrasti
fecondi
delle
passioni
e
dei
pensieri
onde
risulta
la
letteratura
viva
.
In
verità
la
sola
letteratura
a
cotesti
anni
possibile
fu
quella
degli
antiquari
,
che
nel
fervore
dei
ritrovamenti
e
nella
adorazione
del
passato
non
avean
agio
da
riguardare
al
presente
o
non
se
ne
accorgevano
,
o
solo
ne
coglievano
le
apparenze
mobili
e
false
.
In
fatti
súbito
dopo
la
morte
del
Boccaccio
l
'
elemento
nazionale
cominciò
a
manifestare
nello
svolgimento
letterario
due
tendenze
diverse
:
l
'
armonia
,
che
nelle
opere
del
triumvirato
era
stata
meravigliosa
,
tra
la
ristorazione
e
l
'
innovazione
,
tra
le
memorie
dell
'
antichità
e
le
instituzioni
nuove
e
il
sentimento
del
presente
,
tra
l
'
ideale
e
il
reale
,
tra
la
nobiltà
dei
concetti
e
la
popolarità
delle
forme
,
si
rompe
;
e
,
per
l
'
una
parte
,
la
forza
viva
popolare
,
sopraffatta
nel
Trecento
dallo
splendore
del
triumvirato
,
si
risente
ora
e
sbizzarrisce
a
baldanza
in
una
quasi
anarchica
foggia
di
produzione
,
e
il
tumulto
de
'
Ciompi
passa
dalla
piazza
nell
'
arte
,
ove
par
che
vada
perdendosi
ogni
decoro
,
ogni
norma
,
ogni
ordine
;
per
l
'
altra
la
letteratura
dotta
crede
che
la
tradizione
classica
basti
a
sé
sola
,
e
tesaurizzando
l
'
antichità
riprende
l
'
opera
della
ristorazione
romana
dai
tre
grandi
fiorentini
con
devoto
ardore
incominciata
,
ma
rimasta
ben
di
qua
dal
termine
di
perfezione
a
cui
aveano
condotto
il
rinnovamento
italiano
;
la
riprende
con
intendimenti
esclusivi
e
come
fine
a
sé
stessa
.
Ed
ecco
:
per
un
Petrarca
che
andava
frugando
le
città
dei
barbari
in
cerca
di
qualche
opera
obliata
di
Cicerone
;
per
un
Boccaccio
che
saliva
trepidante
di
gioia
nella
biblioteca
di
Montecassino
tra
l
'
erba
cresciuta
grande
su
'
l
pavimento
,
mentre
il
vento
soffiava
libero
per
le
finestre
scassinate
e
le
porte
lasciate
senza
serrami
scotendo
la
polvere
da
lunghi
anni
ammontata
su
'
volumi
immortali
,
e
sdegnavasi
a
vederli
mancanti
de
'
quadernetti
onde
la
stupida
ignoranza
dei
monaci
avea
fatto
brevi
da
vendere
alle
donne
;
per
uno
,
dico
,
ecco
sorgere
le
diecine
di
questi
devoti
dell
'
antichità
,
affrontando
pericoli
di
lunghi
viaggi
,
passando
monti
e
mari
,
peregrinando
poveri
e
soli
per
contrade
inospitali
,
tra
popoli
o
avversi
o
sopettosi
,
de
'
quali
non
sapevan
la
lingua
,
tra
tedeschi
,
tra
turchi
.
Andavano
,
dicean
essi
,
a
liberare
i
gloriosi
padri
«
dagli
ergastoli
dei
germani
e
dei
galli
»
.
E
i
baroni
dai
torrazzi
del
castello
e
i
servi
dalla
gleba
per
avventura
ridevano
al
veder
passare
quegl
'
italiani
magri
,
sparuti
,
con
lo
sguardo
fisso
,
con
l
'
aria
trasognata
,
e
salire
affannosi
le
scale
ruinate
di
qualche
abbazia
gotica
,
e
scenderne
raggianti
con
un
codice
sotto
il
braccio
:
ridevano
,
e
non
sapevano
che
da
quel
codice
era
per
uscire
la
parola
e
la
libertà
,
che
dovea
radere
al
suolo
quelle
torri
e
spezzare
quelle
catene
;
non
sapevano
che
quei
poveri
stranieri
erano
i
vati
d
'
un
dio
ancora
ignoto
ma
prossimo
successore
al
dio
medioevale
,
immane
dio
medioevale
con
la
cui
sanzione
non
solo
i
servi
esistevano
,
ma
erano
dati
cibo
ai
mastini
del
barone
,
e
le
loro
donne
arse
per
istreghe
dai
monaci
.
Fino
a
questi
ultimi
tempi
usò
in
Italia
ridere
del
fanatismo
erudito
del
Quattrocento
;
e
più
ne
ridevano
e
declamavano
i
più
ignoranti
,
ai
quali
è
permesso
godere
i
frutti
della
coltura
laica
moderna
e
schernirne
i
primi
operai
,
perché
non
ebbero
propriamente
l
'
aria
di
giardinieri
eleganti
.
Ma
è
forza
ai
discreti
ammirare
la
fede
e
la
religione
che
ebbe
per
la
scienza
e
per
l
'
arte
il
secolo
XV
,
riconoscere
il
progredimento
della
società
italiana
ne
'
suoi
amori
nelle
sue
passioni
intellettive
,
quando
leggesi
(
e
sia
pur
un
mito
)
come
il
Guarino
veronese
,
perdute
per
naufragio
due
casse
di
libri
che
trasportava
da
Costantinopoli
,
incanutì
dal
cordoglio
,
come
il
Panormita
per
comperare
un
Tito
Livio
vendé
un
podere
,
come
gli
antichi
manoscritti
rubavansi
con
lo
stesso
furore
di
devozione
che
secoli
innanzi
le
reliquie
dei
santi
.
E
a
quella
guisa
che
alcuni
secoli
innanzi
l
'
un
re
mandava
all
'
altro
per
dono
preziosissimo
qualche
frammento
di
un
legno
della
croce
,
così
ora
la
repubblica
di
Lucca
attestava
la
sua
gratitudine
al
duca
Filippo
Maria
di
Milano
col
presente
di
due
codici
;
e
Cosimo
de
'
Medici
inviava
per
tessera
di
pace
ad
Alfonso
di
Napoli
un
Tito
Livio
,
aperto
súbito
con
avidità
grande
dal
re
contro
l
'
avviso
dei
cortigiani
e
dei
fisici
,
i
quali
coi
sospetti
d
'
allora
ammonivano
,
badasse
bene
,
in
quel
libro
,
dono
di
nemico
,
potersi
ascondere
un
veleno
che
solo
aspirato
uccidesse
l
'
uomo
;
e
quel
re
stesso
a
udirsi
leggere
un
capitolo
di
Quinto
Curzio
guaría
dalla
febbre
.
Secolo
strano
cotesto
,
in
cui
i
re
ed
i
potenti
facevano
da
cortigiani
a
poveri
grammatici
.
Cotanto
amore
sfrenato
per
la
ritrovata
antichità
prese
veramente
la
forma
di
superstizione
:
il
furore
dei
crociati
parve
rinascere
negli
eruditi
viaggianti
in
cerca
di
codici
,
ma
fu
una
crociata
della
civiltà
:
come
quella
fratellanza
degli
studi
umani
per
mezzo
della
lingua
latina
fu
quasi
un
cattolicismo
letterario
contro
la
barbarie
e
la
tirannia
spirituale
.
E
testimonianza
onesta
rendevane
Poggio
Bracciolini
,
quando
in
mezzo
a
'
chierici
del
concilio
di
Costanza
e
a
'
masnadieri
di
Sigismondo
imperatore
osava
,
solo
forse
in
Europa
,
venerare
la
gran
figura
di
Girolamo
da
Praga
e
accoglier
nel
cuore
gli
ultimi
accenti
dell
'
inno
che
tra
il
vortice
delle
fiamme
attizzate
dallo
scettro
e
dal
pastorale
quel
martire
del
libero
esame
cristiano
innalzava
al
trono
del
suo
dio
.
Ora
questo
ritorno
all
'
antichità
,
il
quale
contribuì
più
d
'
ogni
altra
cosa
a
liberar
l
'
Europa
dai
lacci
della
scolastica
e
dal
carcere
tenebroso
del
medio
evo
,
è
senza
dubbio
il
fatto
del
secolo
XV
più
notato
e
più
notevole
:
del
quale
alcuni
vorrebbero
dar
l
'
onore
ai
greci
sfuggenti
dinanzi
alla
ruina
ottomana
,
e
nel
quale
altri
veggono
un
furore
intempestivo
che
venne
a
interrompere
il
filo
delle
tradizioni
nazionali
nell
'
arte
e
impedì
lo
svolgimento
ulteriore
dell
'
original
medio
evo
.
Per
noi
è
la
continuazione
e
l
'
esplicazione
necessaria
del
moto
di
restaurazione
del
risvegliato
elemento
romano
.
Come
?
pochi
greci
passando
in
Italia
avranno
informato
un
secolo
intiero
e
fatto
rinascere
la
letteratura
classica
qui
,
dove
,
pur
tacendo
del
Petrarca
e
del
Boccaccio
,
fin
Tommaso
d
'
Aquino
fu
ricercatore
avidissimo
degli
autori
antichi
?
ove
la
Divina
Commedia
fu
cominciata
in
versi
latini
,
ove
in
latino
fu
scritta
la
più
antica
forse
delle
tragedie
europee
,
certo
la
prima
d
'
argomento
moderno
,
da
Albertino
Mussato
?
La
caduta
dell
'
impero
orientale
recò
nuovi
aiuti
al
classico
rinascimento
:
ma
la
cagione
intrinseca
era
,
lo
ripeto
,
nel
genio
paesano
,
allettato
anche
da
quel
bisogno
di
riposo
in
un
ideale
artistico
determinato
,
che
ogni
nazione
sente
dopo
le
grandi
creazioni
prime
.
L
'
idea
di
ristorazione
,
e
l
'
ho
avvertito
già
più
d
'
una
volta
in
questi
discorsi
,
ebbe
gran
parte
nelle
rivoluzioni
italiane
del
medio
evo
;
o
almeno
il
movimento
fu
sentito
e
operato
come
restaurazione
dai
nostri
.
Dante
credeva
nell
'
impero
romano
,
reduce
con
Cesare
,
quando
che
fosse
,
in
Campidoglio
,
e
scriveva
latino
;
come
latino
scriveva
il
Petrarca
,
aspettando
ch
'
e
'
ritornasse
lingua
civile
dell
'
Italia
innovata
e
affrettando
co
'
voti
la
repubblica
degli
Scipioni
.
E
se
i
cronisti
del
secolo
XIII
chiamavano
figliuola
di
Roma
Firenze
e
la
dicevano
fabbricata
da
Cesare
a
imagine
di
Roma
,
se
i
nobili
del
primo
cerchio
vantavano
sé
di
puro
sangue
romano
;
potea
bene
il
Poliziano
chiamarla
anch
'
egli
città
meonia
,
potea
ben
dire
,
come
avrebbe
detto
Catullo
della
Roma
dei
tempi
suoi
,
essere
in
essa
trasportato
con
tutto
il
suo
suolo
e
con
ogni
suppellettile
Atene
.
E
se
i
pavesi
celebravano
offici
di
santo
a
Boezio
,
se
Dante
d
'
accordo
col
tempo
suo
metteva
in
paradiso
Traiano
e
custode
al
purgatorio
Catone
,
qual
meraviglia
che
il
Ficino
tentasse
d
'
intramettere
all
'
ufficiatura
ecclesiastica
qualche
sentenza
di
Platone
?
E
quando
Pomponio
Leto
,
per
l
'
amore
dell
'
antichità
romana
a
cui
aveva
consacrato
il
suo
libero
e
alto
animo
e
la
vita
innocente
,
mutava
in
gentili
i
nomi
cristiani
degli
ascritti
alla
sua
academia
,
quando
partiva
il
tempo
per
calende
,
quando
nell
'
annuale
dell
'
edificazione
di
Roma
si
prostrava
co
'
suoi
dinanzi
alla
statua
di
Romolo
Quirino
;
non
era
ciò
una
conseguenza
,
fantastica
se
volete
,
ma
pur
conseguenza
,
dell
'
essere
stato
il
rinascimento
italiano
inauspicato
nel
nome
di
Roma
antica
e
delle
antiche
instituzioni
da
Arnaldo
?
E
osservate
:
per
una
parte
Paolo
II
scomunica
l
'
academia
romana
e
imprigiona
gli
academici
,
a
quel
modo
stesso
e
per
quella
stessa
ragione
che
l
'
arcivescovo
di
Ravenna
aveva
nel
secolo
XI
scomunicato
il
grammatico
Vilgardo
:
per
l
'
altra
Lorenzo
Valla
,
lo
scrittore
delle
eleganze
latine
,
combatte
non
pure
gli
aristotelici
e
gli
scolastici
in
nome
della
natura
e
della
voluttà
,
ma
la
donazione
di
Constantino
e
il
dominio
temporale
dei
papi
in
nome
della
critica
storica
.
IV
.
Il
che
tutto
se
è
vero
,
pur
da
questo
apparrà
vana
l
'
accusa
che
altri
fanno
al
culto
delle
risorte
lettere
latine
e
greche
:
cioè
dello
avere
l
'
arte
italiana
per
esse
smarrito
il
sentimento
e
il
concetto
religioso
,
abbandonato
le
tradizioni
nazionali
,
alterato
le
forme
,
impoverito
la
lingua
.
È
vero
che
il
secolo
XV
non
ebbe
nei
primi
cinquanta
o
sessanta
anni
scrittori
italiani
degni
di
nota
:
ché
tali
non
sono
certamente
i
poveri
imitatori
del
Petrarca
o
di
Dante
,
né
i
continuatori
delle
leggende
ascetiche
,
e
né
pure
Leon
Battista
Alberti
e
quei
pochi
i
quali
del
Boccaccio
ripresero
più
o
meno
felicemente
lo
stile
non
i
modi
larghi
e
vivi
della
rappresentazione
.
Ma
in
quella
metà
prima
del
Quattrocento
séguita
da
canto
alla
corrente
un
po
'
mista
e
non
troppo
abondevole
della
letteratura
dotta
,
séguita
dalle
sorgive
del
Duecento
e
Trecento
a
devolversi
il
bel
fiume
della
popolar
letteratura
,
e
par
che
acquisti
in
cammino
maggior
copia
di
acque
,
e
a
certi
luoghi
anche
rompendo
dilaga
per
nuove
campagne
con
avviamenti
nuovi
.
Vi
sarebbe
da
mettere
insieme
una
rara
e
non
breve
biblioteca
di
cotesta
letteratura
popolare
,
e
per
ciò
quasi
tutta
anonima
,
del
secolo
XV
:
la
quale
,
in
disparte
dalle
tre
grandi
opere
classiche
del
Trecento
,
onde
solo
accettò
certe
forme
e
colori
di
stile
,
ebbe
largamente
coltivati
,
oltre
le
novelle
e
leggende
in
prosa
,
i
tre
generi
della
poesia
,
la
lirica
,
la
epica
,
la
drammatica
.
Della
lirica
popolare
del
Quattrocento
,
che
trae
la
vita
dal
secolo
innanzi
benché
allora
fosse
più
regolata
su
gli
esempi
de
'
poeti
letterati
,
e
che
su
quelli
esempi
improntò
o
modificò
le
forme
retoriche
e
metriche
,
poco
v
'
è
a
dire
,
non
potendosi
né
dovendosi
qui
far
dimostrazioni
od
analisi
.
Vi
scarseggia
,
se
non
manca
del
tutto
,
l
'
elemento
epico
:
nulla
che
pur
da
lontano
assomigli
alla
ballata
scozzese
,
alla
romanza
spagnuola
:
v
'
è
in
quella
vece
l
'
elemento
della
novella
borghese
,
satirica
e
cinica
,
con
le
smorfie
della
farsa
.
Del
resto
,
la
maggior
sua
materia
sono
le
laudi
religiose
,
le
canzoni
a
ballo
,
le
canzonette
e
frottole
,
gli
strambotti
o
rispetti
d
'
amore
:
né
tra
il
canto
religioso
e
l
'
amoroso
v
'
è
differenza
altro
che
dell
'
oggetto
;
la
intonazione
,
la
espressione
,
la
versificazione
è
la
stessa
ne
'
due
diversi
indirizzi
:
si
cantavano
i
medesimi
strambotti
alla
Vergine
e
alla
donna
del
cuore
,
alla
rosa
di
Gerico
e
alla
rosa
rossa
del
balcone
:
le
antiche
stampe
delle
laudi
avvertono
che
«
Crocifisso
a
capo
chino
»
si
canta
su
l
'
aria
di
una
delle
più
sconce
ballate
.
Non
è
lirica
di
riflessione
come
quella
de
'
migliori
poeti
de
'
due
secoli
anteriori
,
e
né
pur
di
forma
,
di
pura
forma
classica
,
come
quella
de
'
secoli
di
poi
.
È
lirica
di
sentimento
,
e
,
più
che
di
sentimento
,
di
senso
,
con
tutti
i
rapimenti
e
le
delicature
,
ma
anche
con
le
volgarità
e
i
traviamenti
,
del
senso
:
esclamazione
enfatica
,
più
che
espressione
;
improvvisazione
abondante
in
cui
il
sospiro
si
smarrisce
tra
le
parole
,
l
'
affetto
tra
i
colori
.
E
con
tutto
ciò
v
'
è
passione
,
la
passione
degli
elegiaci
latini
che
fu
sublimata
e
diversamente
atteggiata
dall
'
Ariosto
e
dal
Tasso
in
Olimpia
e
in
Fiordiligi
,
in
Armida
e
in
Erminia
.
Del
resto
,
quella
lirica
vive
tutt
'
ora
,
a
punto
perché
è
la
natural
rappresentazione
della
vita
affettiva
del
popolo
nostro
,
vive
materiata
nei
canti
popolari
che
si
van
raccogliendo
per
le
diverse
regioni
d
'
Italia
,
vive
idealizzata
nella
nostra
opera
in
musica
dal
Cimarosa
al
Rossini
.
Più
notevoli
,
per
la
opposizione
tra
la
materia
e
il
lavoro
,
per
la
complicazione
dei
soggetti
con
l
'
opera
,
sono
la
epica
e
la
drammatica
popolare
del
Quattrocento
.
Il
popolo
italiano
era
risorto
pagano
e
classico
,
e
ciò
non
per
tanto
nel
secolo
XV
lavora
e
rilavora
la
materia
cavalleresca
e
cristiana
.
Né
poteva
altrimenti
avvenire
.
Antico
,
e
molto
meno
misto
di
nuovi
elementi
che
non
fossero
al
paragone
gli
altri
popoli
neo
latini
,
come
quello
che
con
la
sua
potente
vitalità
romana
aveasi
assorbito
e
assimilato
il
germanesimo
,
egli
non
aveva
né
materia
né
idea
epica
sua
:
imperocché
la
epopea
,
quando
è
indigena
,
necessaria
,
primitiva
,
sia
quasi
l
'
ardore
e
la
luce
che
manda
una
nazione
ancor
rovente
nella
fusione
de
'
suoi
vari
elementi
.
Per
la
drammatica
poi
,
almeno
in
quanto
la
drammatica
non
è
intieramente
comica
né
recente
,
doveva
anch
'
esso
partire
dalla
religione
:
nella
razza
nostra
le
origini
del
dramma
sono
religiose
,
il
primo
teatro
è
il
tempio
.
Così
,
nell
'
Italia
del
Quattrocento
,
l
'
epopea
,
o
,
a
dir
meglio
,
il
racconto
poetico
fu
cavalleresco
,
biblico
od
evangelico
il
dramma
.
Ho
detto
che
il
nostro
racconto
poetico
fu
cavalleresco
;
e
avrei
dovuto
dire
che
i
nostri
lavorarono
la
materia
epica
francese
importata
in
Italia
con
le
idee
cavalleresche
fin
dal
primo
Duecento
.
La
quale
,
fatta
ormai
volgare
nel
Trecento
dai
cantastorie
specialmente
lombardi
e
veneti
che
la
riproducevano
in
un
francese
italianizzato
o
in
un
italiano
francesizzato
,
avea
già
preso
nella
prosa
de
'
Reali
di
Francia
le
forme
classiche
nostre
,
con
un
'
ampiezza
di
riposata
narrazione
quasi
liviana
,
con
una
macchina
ideale
quasi
virgiliana
,
con
un
accendimento
nella
rappresentazione
delle
passioni
d
'
amore
quasi
ovidiano
,
con
un
apparente
intendimento
di
cristianesimo
,
ma
di
cristianesimo
tutto
politico
,
tutto
romano
.
I
Reali
di
Francia
sono
ancora
oggi
lettura
del
popolo
,
e
specialmente
dei
campagnoli
;
e
ciò
dimostra
che
quella
ricomposizione
romanzesca
rispondea
veramente
al
sentimento
epico
fantastico
del
popolo
italiano
preso
in
generale
.
Ma
per
il
popolo
delle
città
italiane
del
secolo
XV
,
ove
le
cattedrali
rimanevano
interrotte
,
ove
le
logge
d
'
ordine
misto
s
'
eran
fatte
largo
tra
le
torri
feudali
smozzate
o
atterrate
,
ove
su
le
pareti
a
bozze
che
rammentavano
i
castelli
feudali
cominciava
a
ridere
la
finestra
del
rinascimento
co
'
l
suo
colonnato
ad
arco
rotondo
e
,
dentro
,
l
'
atrio
ad
ordine
dorico
,
ciò
era
già
troppo
:
in
quella
prosa
quasi
aristocratica
soverchia
l
'
idealismo
del
Trecento
.
Ignoti
raspodi
ripresero
adunque
quella
materia
:
la
rimaneggiarono
e
la
rimpastarono
in
forma
più
moderna
,
più
ciompa
:
la
volgarizzarono
con
un
senso
di
crudo
realismo
.
I
paladini
ne
divennero
un
po
'
bèceri
e
lazzaroni
;
ma
ne
acquistarono
un
tanto
di
vita
,
in
paragone
almeno
non
degli
originali
francesi
,
ma
delle
misere
traduzioni
e
imitazioni
italiane
del
Duecento
e
dei
rifacimenti
del
Trecento
.
Con
le
sacre
rappresentanze
il
popolo
italiano
arrivò
da
sé
,
senza
o
prima
che
gli
scrittori
propriamente
detti
se
ne
accorgessero
o
lo
tentassero
essi
,
a
quello
che
è
il
terzo
stadio
d
'
una
civiltà
letteraria
,
il
passaggio
dal
racconto
all
'
imitazione
del
fatto
,
dall
'
epopea
o
dalla
leggenda
al
dramma
.
E
questo
procedimento
lo
fece
su
la
materia
greggia
ch
'
egli
aveva
presente
,
il
mito
religioso
,
la
leggenda
cristiana
.
Ma
al
modo
onde
il
popolo
italiano
maneggia
cotesta
materia
,
alla
trasformazione
ch
'
ei
fa
de
'
tipi
mitici
,
è
facile
avvedersi
come
a
perdere
il
sentimento
intimamente
religioso
non
gli
occorressero
motivi
od
esempi
esterni
;
ei
di
per
sé
non
lo
aveva
.
Nelle
sacre
rappresentanze
del
secolo
XV
ricerchereste
in
vano
l
'
ideale
e
la
fede
;
in
vano
guardate
intorno
al
capo
dei
personaggi
del
vecchio
e
nuovo
Testamento
,
intorno
al
capo
dei
martiri
o
dei
padri
del
deserto
,
per
l
'
aureola
d
'
oro
e
d
'
azzurro
:
i
santi
han
messo
il
cappuccio
e
portano
la
barbetta
aguzza
ed
arguta
del
cittadin
fiorentino
.
Nelle
città
di
Palestina
o
d
'
Egitto
,
nel
tempio
ebraico
,
nel
pretorio
o
nell
'
anfiteatro
romano
,
nelle
catacombe
voi
rivedete
la
piazza
di
Firenze
,
il
palazzo
dei
Signori
,
Mercato
vecchio
,
San
Marco
e
Santa
Maria
Novella
,
con
le
loro
anguste
superstizioni
,
coll
'
ipocrisia
loro
,
co
'
l
loro
formalismo
,
con
la
commedia
,
che
non
avendo
ancora
un
campo
proprio
e
una
forma
sua
,
sbizzarrisce
ad
arbitrio
nella
leggenda
del
martirologio
e
sotto
i
veli
della
religione
.
Nella
poesia
sacra
è
avvenuto
ben
presto
,
troppo
presto
forse
,
lo
stesso
che
nella
pittura
religiosa
:
le
figure
bizantine
hanno
disciolto
quelle
loro
avviluppate
e
indistinte
gambe
,
e
movon
quegl
'
informi
piedi
danzando
:
le
teste
estatiche
,
ove
Giotto
raccogliea
tutta
la
vita
della
figura
,
hanno
scosso
il
lor
duro
incordamento
,
e
si
volgono
meravigliate
e
ridenti
su
'
l
corpo
di
carne
novellamente
acquistato
,
tutte
liete
che
siasi
rotto
lo
incanto
che
le
condannava
all
'
immobilità
ascetica
.
Masaccio
e
il
naturalismo
fioriscono
e
regnano
:
frate
Angelico
,
che
dipinge
in
ginocchio
,
è
solitario
nel
suo
chiostro
di
San
Marco
:
Lippo
Lippi
disegna
le
vergini
facendo
all
'
amore
con
le
monache
,
e
rapisce
dal
convento
i
modelli
.
Quindi
è
facile
presentire
che
,
quando
l
'
antichità
con
le
sue
forme
e
co
'
l
senso
del
naturale
idealizzato
si
rivelerà
a
questo
popolo
,
questo
popolo
sarà
ben
preparato
ad
accoglierla
e
ad
abbracciarla
.
V
.
Ma
ciò
non
poteva
essere
nei
primi
cinquanta
anni
del
secolo
XV
;
quando
,
tra
perché
la
poesia
popolare
o
borghese
trasse
a
sé
le
moltitudini
al
cui
intendimento
agguagliavasi
senza
sollevarlo
,
e
perché
i
dotti
non
curarono
d
'
indirizzarsi
al
popolo
reputando
la
erudizione
sola
degna
a
cui
si
attendesse
,
avvenne
che
letteratura
propriamente
nazionale
in
lingua
italiana
non
esistesse
;
quella
letteratura
,
cioè
,
che
al
di
sopra
delle
partizioni
di
scuole
e
di
classi
si
fa
specchio
a
tutto
il
pensiero
e
il
sentimento
della
nazione
,
ne
séguita
i
movimenti
,
ne
è
come
l
'
irradiazione
spirituale
.
In
questi
anni
preparavansi
soltanto
gli
elementi
di
una
nuova
assimilazione
.
Ma
il
necessario
procedere
degli
avvenimenti
cagionava
circa
la
metà
del
secolo
un
mutamento
notevolissimo
nelle
condizioni
così
civili
come
letterarie
d
'
Italia
.
E
prima
di
tutto
per
la
occupazione
di
Costantinopoli
(
1453
)
la
patria
nostra
divenne
sola
erede
e
conservatrice
della
civiltà
antica
,
come
già
era
la
ordinatrice
della
nuova
.
Quindi
lo
stimolo
a
una
letteratura
più
operosa
,
fatto
poi
maggiore
dalla
invenzione
della
stampa
che
ben
presto
di
Germania
passò
tra
di
noi
(
1465
)
.
Aggiungasi
che
il
fine
dello
scisma
occidentale
(
1438
)
rese
stabile
a
Roma
il
papato
e
una
successione
per
alcuni
anni
di
pontefici
men
tristi
;
che
l
'
impiantamento
definitivo
degli
aragonesi
in
Napoli
(
1441
)
e
degli
Sforza
in
Lombardia
(
1447
)
e
la
nuova
dignità
degli
estensi
(
1450
)
e
l
'
affermarsi
dei
Medici
in
Firenze
(
14341480
)
determinarono
meglio
le
relazioni
dei
maggiori
stati
d
'
Italia
:
onde
si
condusse
questa
a
più
pacifico
e
ordinato
vivere
,
e
nella
confederazione
mantenuta
coll
'
equilibrio
si
aprirono
quei
quarant
'
anni
di
florida
se
non
gloriosa
indipendenza
tanto
ricordati
poi
e
rimpianti
dal
Machiavelli
e
dal
Guicciardini
.
In
quella
quiete
confortata
dalla
prosperità
materiale
,
rallegrata
dai
sollazzi
,
dalle
feste
,
dalle
magnificenze
civili
e
principesche
,
la
poesia
italiana
risalì
di
per
le
strade
e
le
piazze
,
nei
palagi
e
nelle
regge
:
dove
strinse
e
riaffermò
un
'
alleanza
talvolta
un
po
'
servile
,
come
avviene
ai
potentati
freschi
,
con
la
classica
letteratura
.
Lo
studio
dei
grandi
modelli
dell
'
antichità
,
lo
addestramento
e
il
disciplinamento
degli
ingegni
e
delle
facoltà
in
quelle
forme
organiche
e
sintetiche
,
doveva
essere
il
mezzo
onde
gli
scrittori
delle
varie
regioni
italiche
riuscissero
a
fare
italiana
la
toscanità
nazionale
di
Dante
del
Petrarca
del
Boccaccio
.
Ciò
si
preparava
,
ciò
cominciava
a
scorgersi
:
ma
la
fusione
,
la
trasformazione
,
non
era
ancora
avvenuta
.
La
nuova
letteratura
del
Quattrocento
rimase
letteratura
della
confederazione
.
E
come
la
confederazione
ebbe
specialmente
tre
centri
intorno
a
cui
si
raccolsero
le
forze
minori
,
Napoli
pe
'
l
mezzogiorno
,
Milano
pe
'
l
settentrione
,
Firenze
pe
'
l
mezzo
;
così
tre
scuole
o
tre
capitali
ebbe
la
letteratura
della
confederazione
;
Napoli
con
isfoggio
di
erudizione
e
lussuria
di
forma
monarchica
;
non
Milano
che
troppo
poco
aveva
nel
Bellincioni
e
nel
Visconti
ed
era
riserbata
centro
a
un
posteriore
rinnovamento
,
ma
Ferrara
coi
suoi
duchi
già
ospiti
dei
trovatori
,
con
le
sue
tradizioni
signorili
e
l
'
aria
magnifica
e
cavalleresca
;
e
Firenze
in
ultimo
,
sempre
democratica
per
una
parte
,
per
l
'
altra
contemperatrice
dei
diversi
elementi
nell
'
arte
a
quel
modo
che
nell
'
ordine
politico
era
co
'
l
Medici
conservatrice
dell
'
equilibrio
.
VI
.
A
Napoli
avvenne
ciò
che
a
Roma
:
erano
ambedue
quelle
città
troppo
rimaste
fuori
dal
movimento
dei
comuni
,
e
per
ciò
tardi
entrarono
al
lavoro
letterario
,
e
vi
entrarono
con
il
latino
.
Napoli
nel
Quattrocento
con
la
sua
academia
pontaniana
promuove
e
coopera
anche
più
che
essa
Roma
al
movimento
di
restaurazione
dell
'
arte
classica
e
della
poesia
latina
.
All
'
ultima
perfezione
dell
'
arte
classica
,
quale
dimostravasi
nella
poesia
latina
rinnovellata
allora
genialmente
in
Italia
,
toccò
,
in
mezzo
la
erudizione
del
secolo
XV
,
Gioviano
Pontano
.
Da
quella
folla
di
grammatici
e
retori
,
di
filologi
ed
eruditi
,
che
empierono
di
lor
fatiche
la
maggior
parte
del
secolo
,
più
lavoranti
che
artisti
,
più
zappatori
che
costruttori
,
egli
uscì
fuori
poeta
;
egli
,
e
il
Poliziano
:
ma
il
Pontano
rende
ancora
più
spiccata
imagine
che
non
il
Poliziano
di
ciò
che
fu
il
pensiero
e
l
'
opera
di
tutto
insieme
il
secolo
,
la
reazione
estetica
e
dotta
contro
il
misticismo
e
l
'
idealismo
cristiano
dell
'
età
anteriore
.
I
libri
suoi
degli
amori
e
li
endecasillabi
baiani
sono
proprio
il
contrario
dei
canzonieri
di
Dante
e
del
Petrarca
,
e
Fannia
e
Focilla
il
contrapposto
di
Beatrice
e
di
Laura
:
queste
non
hanno
mai
velo
che
basti
,
quelle
si
affrettano
ridenti
a
denudare
ogni
loro
bellezza
in
conspetto
al
sole
e
all
'
amore
:
quelli
adorarono
,
inginocchiati
o
con
gli
occhi
levati
;
il
Pontano
abbraccia
con
un
rapimento
di
voluttà
non
meno
lirico
di
quell
'
estasi
.
Tutto
ciò
che
la
fantasia
riflessa
dell
'
antichità
poteva
operare
su
'
l
sentimento
assai
superficiale
d
'
un
borghese
italiano
del
Quattrocento
,
il
Pontano
lo
provò
e
lo
rese
.
E
,
con
quel
suo
riposato
senso
di
voluttà
e
di
sincero
godimento
della
vita
,
egli
,
in
latino
,
è
il
poeta
più
moderno
e
più
vero
del
suo
tempo
e
del
suo
paese
.
Perocché
Napoli
,
la
sensuale
e
imaginosa
Napoli
,
non
ha
poeti
ed
artisti
nel
più
severo
significato
della
parola
:
quel
popolo
,
così
potente
nell
'
astrazione
,
non
ha
vigore
alla
concezione
feconda
e
all
'
espressione
vitale
del
fantasma
:
un
'
onda
colorata
e
sonante
,
senza
armonia
nel
suo
monotono
flusso
e
riflusso
;
un
vortice
di
forme
e
d
'
imagini
lussureggianti
che
s
'
incalzano
e
si
confondono
tra
loro
sino
al
delirio
della
tarantella
;
ecco
la
poesia
napolitana
o
meridionale
.
E
così
la
rappresenta
nel
secolo
XV
il
Pontano
fattosi
napolitano
d
'
imaginazione
,
di
studi
,
di
affetti
,
il
Pontano
che
è
per
avventura
il
maggiore
dei
napolitani
poeti
,
che
ricorda
Ovidio
e
che
accenna
un
po
'
a
quel
che
sarà
nelle
parti
più
elette
il
Marini
.
Ma
il
Pontano
non
presenta
che
una
sembianza
del
Rinascimento
:
questo
nel
concetto
suo
più
nobile
,
come
risorgimento
del
naturalismo
ideale
,
doveva
nell
'
accordo
dell
'
antichità
e
del
cristianesimo
e
nell
'
accordo
esteticamente
migliore
delle
belle
forme
greche
alle
belle
forme
toscane
,
di
Omero
a
Dante
,
di
Virgilio
al
Petrarca
,
doveva
,
dico
,
essere
inteso
e
tentato
in
Firenze
.
Nel
palazzo
di
Via
Larga
,
monumento
magnifico
dell
'
arte
toscana
adorno
delle
più
rare
e
pregiate
reliquie
di
Grecia
,
Lorenzo
de
'
Medici
dà
l
'
una
mano
al
Poliziano
,
l
'
altra
al
Pulci
.
Ei
per
sé
non
fu
artista
o
inventore
eccellentissimo
,
ma
operò
efficacemente
su
i
circostanti
e
i
contemporanei
,
risollevando
a
più
razionalità
col
platonismo
l
'
ideale
dantesco
e
petrarchesco
,
e
con
ciò
ritornando
egli
e
richiamando
l
'
arte
e
lo
stile
alle
nobili
tradizioni
del
Trecento
per
quanto
,
e
non
era
poco
,
rimaneva
in
esse
di
vivo
,
e
in
quelle
chiare
fresche
e
dolci
acque
riforbendo
la
poesia
popolare
dall
'
attrito
plebeo
:
nella
quale
ultima
opera
gli
fu
compagno
il
Poliziano
.
E
tutti
due
presero
a
rifare
un
po
'
più
letterariamente
il
dramma
popolare
,
senza
che
riuscissero
a
dargli
novità
alcuna
o
movimento
di
vita
e
di
composizione
;
ripresero
,
e
con
incomparabile
felicità
,
la
lirica
popolare
:
le
canzoni
a
ballo
e
certe
ottave
sì
dell
'
uno
sì
dell
'
altro
sono
delle
cose
più
spontanee
e
più
schiette
di
tutta
la
nostra
poesia
,
ridono
d
'
una
rosea
morbidezza
che
è
pur
gran
pregio
dell
'
arte
e
non
fu
raggiunta
più
mai
.
Ma
il
sommo
di
quell
'
arte
assimilatrice
in
originale
imitazione
,
che
uscir
dovea
dagli
antichi
monumenti
e
da
quei
del
Trecento
studiati
con
ingegno
e
con
animo
desto
al
senso
del
presente
,
il
sommo
di
quella
bella
e
breve
arte
fu
toccato
dal
Poliziano
.
Scrittore
greco
e
latino
a
quattordici
anni
,
traduttore
di
Omero
a
quindici
,
padre
della
filologia
,
revisore
del
testo
delle
Pandette
,
poeta
di
mitologia
viva
e
di
classicismo
elegante
e
fervido
nelle
Stanze
e
nell
'
Orfeo
,
e
insieme
improvvisator
fiorentino
;
egli
,
accoppiando
la
dottrina
alla
popolarità
,
la
riflessione
alla
spontaneità
,
è
il
tipo
,
se
non
più
grande
,
certo
più
universale
e
più
vero
,
del
miglior
Quattrocento
.
E
,
non
ostante
alcune
macchie
della
sua
vita
e
alcune
brutture
de
'
suoi
carmi
latini
,
anche
il
più
gentile
.
Il
Pontano
è
troppo
materialmente
sensuale
e
stanca
:
il
Poliziano
ama
con
sentimento
di
greco
la
natura
bella
e
serena
,
e
ne
rispecchia
la
imagine
nella
quiete
dell
'
idillio
,
ch
'
egli
insegnò
o
lasciò
in
retaggio
con
l
'
armonia
dell
'
ottava
all
'
Ariosto
ed
al
Tasso
.
Il
Medici
e
il
Poliziano
detersero
quella
parte
di
poesia
popolana
ch
'
e
'
tolsero
a
maneggiare
;
il
Pulci
nella
massa
informe
dell
'
epopea
di
popolare
sollazzo
,
della
quale
abbozzai
più
sopra
l
'
imagine
,
impresse
il
suo
individuale
suggello
.
Egli
sentendosi
,
come
ogni
poeta
vero
,
tratto
ad
espandere
la
disposizione
dell
'
animo
suo
nel
suo
tempo
,
le
cui
tempre
e
condizioni
partecipava
e
sperimentava
tutte
,
non
andò
cercando
materie
e
forme
strane
;
ma
ad
infondervi
l
'
anima
sua
tolse
la
materia
che
più
aveva
alla
mano
,
le
rapsodie
cavalleresche
e
avventuriere
delle
piazze
e
delle
strade
;
e
anche
serbò
il
colorito
e
le
formole
dei
rapsodi
che
le
componevano
o
le
cantavano
.
Ma
non
si
lasciò
assorbire
com
'
essi
dall
'
argomento
:
egli
intervenne
co
'
sentimenti
suoi
all
'
opera
epica
,
vi
mescolò
i
suoi
intendimenti
,
che
erano
a
punto
i
sentimenti
e
gl
'
intendimenti
della
borghesia
italiana
del
tempo
.
Il
Pulci
non
è
ateo
:
egli
,
come
il
popolo
italiano
,
ondeggia
tra
lo
scetticismo
a
cui
la
educazione
delle
circostanze
lo
portarono
,
e
le
memorie
affettive
,
più
che
credenze
,
della
religione
a
cui
il
sentimento
della
prima
educazione
lo
richiama
:
quindi
una
professione
di
fede
epicurea
a
canto
d
'
una
invocazione
a
Maria
.
Il
Pulci
in
fondo
non
crede
a
quelli
imperatori
e
re
,
a
quelli
eroi
,
a
que
'
giganti
,
e
più
d
'
una
volta
dà
loro
repubblicanamente
e
filosoficamente
la
baia
;
ma
curioso
,
e
,
come
il
popolo
italiano
,
avido
del
mirabile
,
del
fantastico
,
del
soprannaturale
ben
trovato
e
bene
adobbato
,
cupido
d
'
impressioni
e
di
sensazioni
tuttor
rinnovantisi
,
si
lascia
trasportare
dal
suo
racconto
;
e
a
certi
punti
grida
,
strepita
,
benedice
,
prega
e
piange
,
per
poi
tornare
a
scherzare
e
sorridere
quando
il
nodo
dell
'
avventura
è
sciolto
.
Tale
è
Luigi
Pulci
:
non
credente
ma
né
pure
ateo
,
non
certo
caldo
di
spiriti
cavallereschi
ma
né
pure
intenzionato
di
parodiarli
,
non
romanzesco
ma
né
pure
burlesco
:
tutto
insieme
,
il
poeta
più
indipendente
del
Rinascimento
,
il
più
popolare
forse
della
nostra
letteratura
o
quello
almeno
che
più
si
lascia
andare
alla
natura
sua
;
e
per
ciò
forse
il
più
maltrattato
dai
cultori
della
poesia
fatturata
.
Il
Pulci
,
in
Firenze
democratica
,
infondeva
i
suoi
spiriti
e
la
vita
del
suo
ingegno
nella
materia
epica
cavalleresca
,
pur
serbandole
la
trasformazione
che
il
popolo
le
aveva
dato
:
Matteo
Boiardo
,
nell
'
aristocratica
Ferrara
,
prendeva
a
rinnovarla
signorilmente
con
l
'
intenzione
a
un
ideale
artistico
.
Ciò
che
dell
'
elemento
feudale
e
delle
tradizioni
cavalleresche
poté
salvarsi
e
soprannuotare
alla
invasione
borghese
e
plebea
erasi
raccolto
nelle
corti
lombarde
,
e
le
popolazioni
lombarde
,
forse
per
una
segreta
affinità
elettiva
a
quelle
tradizioni
,
le
conservarono
più
volentieri
e
più
lungamente
;
e
da
codeste
tradizioni
fu
ben
presto
attratto
il
conte
di
Scandiano
,
gentiluomo
e
feudatario
.
Egli
sarebbe
,
senza
Torquato
Tasso
,
il
primo
e
l
'
ultimo
vero
cavaliere
della
poesia
italiana
:
certo
,
è
il
solo
cavaliere
della
prima
età
del
Rinascimento
,
e
pure
non
ha
nulla
del
don
Chisciotte
:
è
cavaliere
e
dotto
e
cittadino
italiano
insigne
.
Studia
i
poeti
francesi
,
e
traduce
Erodoto
e
Senofonte
;
compone
rime
colle
più
squisite
forme
dantesche
e
petrarchiane
ammollite
e
rifiorenti
alla
tepid
'
aura
dell
'
antica
poesia
,
e
traduce
lo
Anfitrione
e
l
'
Asino
d
'
oro
;
ricerca
memorie
storiche
pe
'
suoi
castelli
e
contraffà
i
cronisti
del
medio
evo
,
e
scrive
ecloghe
latine
;
serve
i
duchi
come
governatore
militare
,
e
si
fa
rimproverare
da
un
solenne
giurista
l
'
avversione
alla
pena
di
morte
;
conversa
con
i
contadini
del
suo
feudo
,
e
fa
suonare
le
campane
a
doppio
quando
ha
trovato
un
bel
nome
per
un
bell
'
episodio
.
Così
fatto
il
Boiardo
,
un
de
'
più
vari
e
larghi
e
amabili
esemplari
dell
'
ingegno
italiano
,
imprese
la
più
varia
e
larga
e
genial
rinnovazione
della
materia
cavalleresca
a
racconto
romanzesco
che
abbiano
le
letterature
del
Rinascimento
,
fondendo
insieme
per
una
parte
i
poemi
del
ciclo
carolingio
e
quelli
del
ciclo
bretone
,
l
'
eroismo
e
l
'
avventura
,
l
'
ideale
epico
e
l
'
intreccio
amoroso
,
e
in
quella
fusione
mescolando
per
l
'
altra
parte
l
'
epopea
antica
,
gli
episodi
omerici
e
virgiliani
.
E
tutto
questo
fece
su
'
l
serio
,
imperocché
egli
credeva
a
'
suoi
cavalieri
e
gli
amava
:
quanto
studio
di
verità
,
quanto
fervore
di
artista
nei
caratteri
che
egli
primo
in
questa
terza
lavorazione
dell
'
antica
materia
determinò
,
e
fissò
!
quanta
gentilezza
in
quelle
donne
,
ch
'
egli
creò
,
naturali
e
tenere
e
nobili
insieme
!
Il
Boiardo
è
senza
dubbio
un
de
'
più
grandi
poeti
italiani
:
con
tutto
ciò
a
quella
prolissità
,
a
quel
suo
manco
,
alle
volte
,
di
forza
risentita
nel
colorire
,
mentre
ha
pur
così
larga
facoltà
di
comprendere
e
rappresentare
,
voi
v
'
accorgete
che
egli
,
il
cavaliere
,
è
vecchio
di
qualche
secolo
.
Che
aveva
a
fare
con
la
età
dei
condottieri
e
degli
avvelenatori
il
principio
cavalleresco
?
E
,
poi
che
la
Divina
Commedia
non
aveva
lasciato
effetti
,
che
cosa
poteva
ormai
operare
in
Italia
il
principio
religioso
?
Dal
lavoro
letterario
troppo
è
evidente
la
sua
assenza
.
E
pure
,
mentre
per
un
lato
l
'
elemento
ecclesiastico
seguitava
esagerando
la
sua
trasformazione
romana
sino
a
far
pagana
la
corte
dei
papi
,
il
principio
religioso
,
per
l
'
altro
lato
,
contro
il
sensualismo
classico
del
Pontano
,
contro
lo
scetticismo
popolaresco
del
Pulci
,
contro
il
paganesimo
artistico
del
Poliziano
,
contro
l
'
idealismo
romanzesco
del
Boiardo
,
contro
la
corruzione
dei
Medici
,
di
Firenze
,
d
'
Italia
e
della
Chiesa
,
contro
il
Rinascimento
in
somma
insorgeva
con
un
ultimo
tentativo
di
ascetica
reazione
in
persona
di
Girolamo
Savonarola
.
Non
tutto
il
clero
,
a
dir
vero
,
avea
seguitato
il
pontificato
nella
sua
abiettazione
,
e
nella
sua
degenerazione
la
Chiesa
:
che
anzi
,
quanto
più
quello
e
questa
avanzavano
,
tanto
più
,
in
quegli
ordini
specialmente
che
parteciparono
con
maggior
ardenza
al
rinnovamento
cattolico
dei
secoli
XII
e
XIII
,
andavano
crescendo
gli
spiriti
dell
'
opposizione
:
la
quale
negli
scrittori
ascetici
del
Trecento
e
del
Quattrocento
va
sempre
più
maturando
un
cotal
concetto
di
riformazione
,
tanto
più
chiaramente
accennato
quanto
quegli
scrittori
sentivano
la
necessità
di
raffermare
,
purificando
la
Chiesa
,
il
sentimento
cristiano
e
il
dogma
cattolico
contro
la
civiltà
profana
che
d
'
ogni
parte
dilagava
e
premeva
.
E
il
movimento
di
opposizione
cristiana
mise
capo
in
Girolamo
Savonarola
.
Nel
quale
,
posto
,
per
un
'
incidenza
che
non
è
tutta
caso
,
tra
il
chiudere
del
medio
evo
e
l
'
aprirsi
della
modernità
,
quasi
a
raccogliere
e
benedire
gli
ultimi
aneliti
della
libertà
popolana
già
sórta
nel
nome
del
cristianesimo
e
a
mandare
l
'
ultima
vampa
di
fede
verso
i
tempi
nuovi
,
voi
vedete
convergere
le
aspirazioni
più
pure
,
voi
vedete
rinascere
le
figure
più
ardite
del
monachismo
democratico
.
In
lui
lo
sdegno
su
la
corruzione
della
chiesa
che
traeva
alla
solitudine
i
contemplanti
,
in
lui
l
'
amore
alle
plebi
fraterne
che
richiamava
su
le
piazze
e
tra
le
armi
dei
cittadini
contendenti
ad
uccidersi
i
frati
paceri
,
in
lui
la
scienza
teologica
e
civile
di
Tommaso
,
in
lui
il
repubblicanismo
di
Arnaldo
,
in
lui
finalmente
anche
le
fantasie
e
le
fantasticherie
di
Iacopone
da
Todi
.
E
di
quel
pensiero
italiano
che
intorno
alla
religione
andavasi
da
secoli
svolgendo
nell
'
arte
nella
scienza
nella
politica
,
di
quel
pensiero
che
è
lo
stesso
così
in
Arnaldo
repubblicano
all
'
antica
come
in
Dante
ghibellino
o
nel
Petrarca
letterato
,
così
in
fra
'
Iacopone
maniaco
religioso
come
nel
Sacchetti
novelliere
profano
,
il
Savonarola
pronunziò
la
formola
:
Rinnovamento
della
Chiesa
.
Era
troppo
tardi
.
Quel
che
nella
mente
italiana
del
Savonarola
era
avanzato
di
intendimento
civile
tra
le
ebrietà
mistiche
del
chiostro
,
ei
lo
depose
grandiosamente
nella
instituzione
del
Consiglio
grande
:
del
resto
,
come
martire
religioso
,
salva
la
reverenza
debita
sempre
a
cui
nobilita
il
genere
umano
attestando
col
sangue
suo
la
sua
fede
,
come
novatore
mistico
,
egli
(
perché
no
'
l
diremo
?
)
egli
è
misero
.
Rivocare
il
medio
evo
su
la
fine
del
secolo
XV
;
far
da
profeta
alla
generazione
tra
cui
cresceva
il
Guicciardini
;
ridurre
tutta
a
un
monastero
la
città
ove
il
Boccaccio
avea
novellato
di
ser
Ciappelletto
e
dell
'
agnolo
Gabriele
,
la
città
ove
di
poco
era
morto
il
Pulci
;
respingere
le
fantasie
dalla
natura
,
novamente
rivelatasi
,
alla
visione
,
le
menti
dalla
libertà
e
dagli
strumenti
suoi
,
novamente
conquistati
,
alla
scolastica
:
fu
concetto
quanto
superbo
altr
'
e
tanto
importuno
e
vano
.
Il
Rinascimento
sfolgorava
da
tutte
le
parti
;
da
tutti
i
marmi
scolpiti
,
da
tutte
le
tele
dipinte
,
da
tutti
i
libri
stampati
in
Firenze
e
in
Italia
irrompeva
la
ribellione
della
carne
contro
lo
spirito
,
della
ragione
contro
il
misticismo
;
ed
egli
,
povero
frate
,
rizzando
suoi
roghi
innocenti
contro
l
'
arte
e
la
natura
,
parodiava
gli
argomenti
di
discussione
di
Roma
;
egli
ribelle
,
egli
scomunicato
,
egli
in
nome
del
principio
d
'
autorità
destinato
a
ben
altri
roghi
.
E
non
sentiva
che
la
riforma
d
'
Italia
era
il
Rinascimento
pagano
,
che
la
riforma
puramente
religiosa
era
riservata
ad
altri
popoli
più
sinceramente
cristiani
;
e
tra
le
ridde
de
'
suoi
piagnoni
non
vedeva
,
povero
frate
,
in
qualche
canto
della
piazza
sorridere
pietosamente
il
pallido
viso
di
Nicolò
Machiavelli
.
DISCORSO
QUINTO
Del
Cinquecento
:
l
'
unità
classica
,
l
'
idealismo
e
lo
scadimento
.
I
.
L
'
ultimo
canto
dell
'
Orlando
innamorato
,
breve
contro
il
consueto
degli
altri
,
termina
abbandonando
i
lettori
a
mezzo
un
racconto
d
'
amore
.
Però
che
il
poeta
vede
la
Italia
tutta
a
fiamma
e
foco
per
i
Galli
che
vengono
e
non
può
più
cantare
;
racconterà
,
egli
promette
,
un
'
altra
volta
:
ma
non
raccontò
,
perché
mori
poco
dopo
,
in
quel
funesto
1494
venuto
a
chiudere
i
quaranta
anni
di
pace
e
prosperità
dell
'
Italia
equilibrata
nella
federazione
.
La
quinta
età
della
letteratura
nazionale
,
l
'
età
del
perfezionamento
nella
copia
ordinata
,
nella
ricca
e
baliosa
eleganza
,
nell
'
armonica
varietà
,
nell
'
unità
concettuale
delle
forme
,
si
svolge
a
punto
dal
1494
,
l
'
anno
della
prima
invasione
straniera
,
con
l
'
uscire
del
Sannazaro
e
del
Bembo
a
dittatori
del
nuovo
gusto
e
riformatori
della
lingua
nelle
regioni
del
mezzogiorno
e
del
settentrione
,
co
'
l
crescere
del
maggior
poeta
,
l
'
Ariosto
,
e
del
maggior
prosatore
,
il
Machiavelli
.
La
maturità
è
circa
il
1530
,
l
'
anno
della
caduta
di
Firenze
,
nel
quale
morirono
il
Sannazaro
e
Andrea
del
Sarto
:
il
Machiavelli
era
morto
nel
'27
e
il
Castiglione
nel
'29;
Leonardo
da
Vinci
nel
'19
e
Raffaello
nel
'20
:
l
'
Ariosto
morrà
nel
'33
e
il
Correggio
nel
'34
.
Il
movimento
fecondo
séguita
fino
al
1559
,
l
'
anno
della
pace
di
Castel
Cambrésis
che
affermò
il
dominio
e
il
predominio
della
casa
austriaca
di
Spagna
sopra
l
'
Italia
e
aprì
nella
penisola
l
'
età
delle
signorie
straniere
avvalorate
dal
diritto
europeo
;
e
si
può
tenere
che
venisse
mancando
circa
il
1565
,
un
anno
dopo
la
chiusura
del
concilio
tridentino
,
che
compì
il
rinnovamento
cattolico
e
soffocò
la
libertà
del
pensiero
e
della
parola
,
fino
allora
,
di
fatto
se
non
di
diritto
,
lasciata
alle
lettere
,
o
,
salvo
qualche
resipiscenza
furiosa
,
almen
tollerata
.
Questi
ultimi
anni
nell
'
arte
son
pieni
della
vecchiezza
di
Michelangelo
e
di
Tiziano
;
nella
letteratura
,
del
fiore
dei
minori
prosatori
:
il
Guicciardini
morì
nel
'40
e
il
Bembo
nel
'47
,
il
Fracastoro
nel
'53
e
il
Vida
nel
'66
:
Torquato
Tasso
era
nato
nel
'44
.
II
.
Ora
,
enumerando
pur
questi
nomi
e
ricorrendo
con
la
memoria
quelle
tante
opere
a
cui
vanno
congiunti
,
avviene
di
dubitare
se
parecchi
storici
delle
cose
e
delle
lettere
italiane
non
abbiano
per
avventura
fatto
del
piagnone
a
gridare
la
morte
dell
'
Italia
,
quando
ella
più
fervidamente
addimostrava
la
sua
vitalità
in
così
frequenti
e
così
nobili
produzioni
di
pensiero
e
di
arte
.
E
come
per
fermo
creder
morto
o
malato
a
morte
un
popolo
,
dal
cui
mezzo
esce
il
Colombo
a
trovare
fra
gli
errori
paurosi
della
tradizione
un
nuovo
mondo
?
dal
cui
mezzo
esce
il
Machiavello
a
liberare
d
'
ogni
ombra
mitica
,
d
'
ogni
apparenza
fantastica
,
il
campo
della
storia
e
riporvi
la
verità
del
fatto
umano
?
dal
cui
mezzo
uscirà
il
Galileo
a
cacciare
dai
pianeti
,
loro
ultimo
nido
,
l
'
autorità
e
la
fizione
scolastica
,
a
rifare
co
'
l
cannocchiale
i
cieli
,
co
'
l
metodo
sperimentale
le
menti
?
Morto
questo
popolo
,
che
in
nome
della
ragione
e
da
parte
della
libertà
prende
possesso
del
mare
,
del
cielo
,
della
terra
e
dell
'
uomo
?
E
che
morti
sono
questi
a
cui
canta
le
esequie
l
'
Ariosto
,
Michelangelo
edifica
il
cimitero
e
scolpisce
i
sepolcri
,
i
quali
a
gara
dipingono
Leonardo
e
Raffaello
e
Tiziano
?
Sono
dunque
testamenti
le
filosofie
del
Telesio
e
del
Bruno
?
Potrà
bene
quel
filosofo
della
storia
con
molta
accensione
d
'
ingegno
provarci
che
il
movimento
dell
'
Italia
nel
secolo
XVI
altro
non
fu
che
oblio
spensierato
della
realità
e
un
prepararsi
a
ben
morire
,
che
l
'
Italia
doveva
morire
perché
non
si
era
fatta
nazione
e
non
aveva
la
conscienza
di
nazione
:
potrà
questo
storico
della
letteratura
con
isquisite
sottigliezze
mostrarci
che
tutta
l
'
arte
del
secolo
XVI
è
dissoluzione
,
e
che
l
'
Italia
doveva
dissolversi
perché
non
credeva
,
perché
non
aveva
operato
la
riforma
della
religione
.
Ma
la
storia
è
quel
che
è
:
volerla
rifare
noi
a
nostro
senno
,
voler
riveder
noi
come
un
tema
scolastico
il
gran
libro
dei
secoli
e
inscrivervi
sopra
con
cipiglio
di
maestri
le
correzioni
,
e
,
peggio
,
cancellar
d
'
un
frego
di
penna
le
pagine
che
non
ci
gustano
,
e
,
peggio
ancora
,
castigare
con
la
ferula
della
dialettica
nostra
o
della
nostra
declamazione
un
popolo
come
uno
scolare
,
o
anche
tagliargli
il
capo
di
netto
quando
è
tutto
vivo
,
perché
non
ha
fatto
a
punto
come
noi
intendevamo
che
fosse
il
meglio
o
come
noi
avremmo
voluto
che
facesse
;
tutto
ciò
è
arbitrio
o
ginnastica
d
'
ingegno
,
ma
non
è
il
vero
,
anzi
è
il
contrario
.
La
storia
è
quel
che
è
:
certi
spostamenti
,
certi
oscuramenti
,
certe
,
direi
,
sincopi
,
nella
ragione
dell
'
universal
movimento
,
nel
rifrangersi
della
luce
da
uno
ad
altro
lato
,
nell
'
affluire
del
sangue
più
tosto
a
quella
che
a
questa
parte
del
corpo
sociale
,
sono
necessarie
;
né
avvengon
già
sempre
per
colpa
del
popolo
che
pure
ha
più
da
soffrirne
,
né
si
potevano
per
altre
disposizioni
evitare
,
né
era
bene
che
si
evitassero
.
Il
Cinquecento
apre
in
Europa
un
'
età
nuova
:
alla
quale
dié
principio
la
Francia
,
rafforzatasi
nell
'
unità
sotto
l
'
undecimo
Luigi
e
compiutasi
per
l
'
aggiunta
del
gran
feudo
di
Borgogna
sotto
l
'
ottavo
Carlo
,
col
manifestare
la
sua
forza
d
'
espansione
,
e
la
Spagna
,
uscendo
dalle
lunghissime
guerre
co
'
Mori
vittoriosa
,
compatta
,
irritata
al
combattimento
,
con
la
conquista
;
e
con
la
rivoluzione
religiosa
la
Germania
,
covante
nell
'
inerzia
feudale
ardori
di
battaglia
e
lusingante
gli
odii
antichi
di
razza
con
novelli
ardiri
di
ragionamento
;
la
Germania
a
cui
anche
l
'
impero
,
incominciando
e
fermarsi
nella
casa
d
'
Austria
forte
di
stati
ereditari
,
dava
,
se
non
la
compattezza
di
quelle
altre
due
nazioni
,
il
peso
d
'
una
gran
mole
;
la
Germania
cui
anche
la
irrequietezza
del
nuovo
imperatore
Massimiliano
conferiva
a
riportare
nell
'
azione
europea
.
A
cotesta
età
dunque
la
Francia
e
la
Spagna
impartirono
il
movimento
storico
,
che
fu
quello
degl
'
interessi
dinastici
,
al
cui
servigio
i
monarchi
adoperarono
le
nazioni
novellamente
formatesi
intorno
a
loro
;
la
Germania
impartì
un
po
'
più
tardi
l
'
ardore
della
controversia
e
della
discussione
,
che
non
doveva
né
restringersi
nei
limiti
della
conscienza
religiosa
né
finire
con
i
soli
effetti
estrinseci
della
riforma
.
Ora
,
dinanzi
alla
foga
della
Francia
e
della
Spagna
traboccanti
dall
'
alveo
loro
,
da
poi
che
ivi
il
popolo
nell
'
urto
contro
gli
stranieri
si
era
agglomerato
con
le
feudalità
attorno
il
re
a
forma
di
nazione
,
l
'
Italia
non
aveva
che
le
sue
tradizioni
e
gli
ordinamenti
suoi
federali
:
il
turbine
poi
delle
passioni
religiose
che
ventava
dalle
alpi
germaniche
non
la
distrasse
dalla
quiete
solenne
nella
quale
ella
svolgeva
l
'
elaborazione
ultima
del
suo
organamento
nazionale
e
politico
,
della
sua
conscienza
di
popolo
,
nel
pensiero
e
nell
'
arte
.
Imperocché
nazione
ella
sentivasi
ed
era
nelle
tradizioni
,
nella
lingua
,
nella
gloria
:
ma
,
scossa
che
ebbe
la
soma
dell
'
impero
tedesco
,
non
aveva
voluto
sacrificare
la
libertà
alla
forza
,
la
varietà
all
'
unità
.
E
perché
avrebbe
dovuto
farlo
,
ella
,
che
dalle
ruine
di
Roma
era
risorta
col
senso
dell
'
Italia
sociale
,
dell
'
Italia
delle
confederazioni
sannitiche
ed
etrusche
?
E
se
lo
avesse
fatto
,
se
fossesi
lasciata
maneggiare
da
uno
svevo
o
da
un
angioino
o
da
un
Visconti
che
,
domata
,
spremuta
,
battuta
,
l
'
avesse
poi
spinta
come
caval
di
battaglia
alle
conquiste
,
avrebbe
ella
operato
quel
che
operò
nello
svolgimento
libero
di
tutti
gli
elementi
suoi
,
di
tutte
le
sue
genti
?
avrebbe
ella
avuto
i
suoi
commerci
unificatori
d
'
Europa
,
l
'
arte
sua
conciliatrice
dell
'
antichità
e
del
medio
evo
,
il
suo
rinascimento
?
o
avrebbe
ella
potuto
produrlo
con
tale
una
rifioritura
universale
,
con
tale
un
'
efficacia
feconda
,
da
inocularne
lo
spirito
vivificatore
alle
altre
nazioni
?
o
non
più
tosto
lo
avrebbe
prodotto
manco
e
superficiale
come
la
Francia
,
parziale
come
la
Germania
?
La
riforma
religiosa
come
avrebbe
dovuto
o
potuto
promuoverla
o
accettarla
l
'
Italia
,
ella
che
aveva
fatto
ad
imagine
sua
pagano
il
cristianesimo
?
Come
avrebbe
dovuto
accettar
da
Lutero
l
'
autorità
della
bibbia
ella
che
nella
politica
poneva
co
'
l
Machiavelli
fattore
e
signore
del
tutto
il
pensiero
umano
,
ella
che
nella
scienza
era
co
'
l
Galileo
per
dare
il
primo
crollo
alla
Genesi
,
ella
che
nell
'
arte
fastidiva
co
'
l
Bembo
lo
stile
di
san
Paolo
?
Ma
è
egli
possibile
a
imaginare
il
rinascimento
in
Italia
luterano
?
e
un
Ariosto
zuingliano
?
un
Machiavelli
puritano
?
un
Raffaello
calvinista
?
un
Michelangelo
quaquero
?
No
,
veramente
:
la
vita
e
l
'
anima
dell
'
Italia
fu
la
federazione
nell
'
ordinamento
politico
,
il
razionalismo
in
filosofia
e
in
religione
,
il
naturalismo
in
arte
.
Ella
nel
secolo
XVI
finiva
di
compiere
,
per
quel
che
spetta
ad
arte
e
pensiero
,
l
'
opera
che
aveva
cominciato
fino
dal
mille
,
con
la
rivoluzione
sociale
dei
Comuni
,
il
rinascimento
:
il
rinascimento
che
fu
motivo
alla
riforma
religiosa
di
Germania
,
la
quale
alla
sua
volta
trasportatasi
e
trasformatasi
tra
gli
olandesi
e
gl
'
inglesi
fu
nutrimento
e
incentivo
alla
rivoluzione
politica
maturata
dalla
Francia
nell
'
ottantanove
.
A
ciascuna
nazione
l
'
età
sua
,
a
ciascuna
età
il
suo
officio
.
Che
colpa
,
del
resto
,
aveva
la
nostra
patria
,
se
ella
era
a
quel
tempo
la
più
libera
,
la
più
bella
,
la
più
ricca
,
la
più
civile
e
comparativamente
la
più
felice
tra
le
nazioni
d
'
Europa
?
Ella
compiva
serenamente
disinteressata
l
'
officio
suo
,
quando
Spagna
Francia
e
Germania
nel
lor
bisogno
di
gittarsi
fuora
a
pascolare
e
a
sbizzarrire
secondarono
gli
avidi
e
avventurieri
istinti
dei
re
condottieri
intorno
ai
quali
eransi
aggreggiate
,
e
presero
questa
bella
musa
che
cantava
la
libertà
la
natura
la
ragione
,
e
la
gittarono
con
le
mani
e
i
piedi
legati
e
co
'
l
bavaglio
alla
bocca
in
balia
dei
due
ciclopi
del
medio
evo
.
Certo
,
che
,
quando
papa
ed
imperatore
fossero
per
necessità
di
cose
tornati
concordi
all
'
azione
loro
in
Europa
,
la
vita
dell
'
Italia
liberamente
federale
e
produttiva
,
che
era
un
ribellamento
a
quell
'
azione
ed
avea
vigoreggiato
negl
'
intervalli
o
nella
sòsta
di
essa
,
dovea
finire
e
languire
.
E
così
la
ruina
ultima
dell
'
Italia
provenne
da
ciò
che
era
stato
oggetto
alle
utopie
idealistiche
de
'
suoi
grandi
uomini
.
Cesare
tornò
pur
troppo
,
e
questa
volta
pose
da
vero
mano
alla
predella
e
inforcò
la
polledra
selvaggia
:
Dante
poteva
esser
contento
,
l
'
idea
ghibellina
aveva
trionfato
.
Pietro
si
era
riconciliato
con
Cesare
,
e
in
una
città
del
retaggio
di
Matilde
gli
avea
dato
il
bacio
di
pace
in
bocca
e
la
corona
dell
'
impero
in
capo
,
e
ne
avea
ricevuto
il
donativo
dell
'
altare
:
il
Petrarca
e
Caterina
da
Siena
potevano
ringraziare
Dio
,
i
vóti
dei
guelfi
eran
pieni
.
Firenze
e
Siena
lo
seppero
,
ed
esperimentò
ben
Milano
per
oltre
tre
secoli
gli
effetti
pratici
del
trattato
di
monarchia
.
Ma
dire
che
ciò
avvenisse
non
curante
e
non
resistente
l
'
Italia
,
non
resistente
per
la
debolezza
e
la
opposizione
d
'
interessi
cagionata
dall
'
ordinamento
federale
,
non
curante
per
la
dissoluzione
in
cui
lo
scetticismo
e
il
materialismo
pratico
l
'
avevano
precipitata
,
non
è
né
vero
né
giusto
né
generoso
.
E
,
anzi
tutto
,
onde
partirono
le
provocazioni
all
'
invasione
straniera
?
da
'
due
stati
monarchici
,
da
Milano
e
da
Napoli
;
e
la
causa
più
vera
o
il
pretesto
più
prossimo
ne
fu
una
ragione
di
succession
dinastica
a
Napoli
,
al
regno
da
antico
accentratore
.
E
dove
la
resistenza
agli
oppressori
stranieri
e
indigeni
fu
nobile
,
eroica
,
senza
concessioni
,
fino
agli
estremi
,
con
aureola
di
sacrificio
?
nelle
repubbliche
democratiche
di
Firenze
e
di
Siena
.
E
quali
furono
gli
stati
che
la
piena
barbarica
non
ricoprì
o
che
si
tennero
diritti
in
mezzo
al
temporale
?
Ancora
le
repubbliche
,
Venezia
e
Genova
.
Io
non
dico
se
quelle
repubbliche
sarebbero
desiderabili
oggi
:
elle
erano
quel
che
dovevano
e
potevano
essere
secondo
le
rivoluzioni
loro
e
rispetto
alle
condizioni
italiane
e
europee
:
io
rilevo
un
fatto
.
E
tanto
aveva
l
'
Italia
poca
voglia
di
morire
,
che
il
sacro
romano
impero
dové
adoperarsi
con
tutte
le
sue
forze
,
con
tutti
gli
argomenti
anche
co
'
l
tradimento
,
per
istrangolare
due
città
come
Firenze
e
Siena
;
e
pur
tra
le
branche
del
ciclope
le
due
viragini
belle
si
divincolavano
fieramente
,
ed
empievano
della
meraviglia
dei
loro
ultimi
sforzi
e
della
pietà
di
lor
grida
Europa
:
soccomberono
,
ma
non
furono
violate
.
E
tanta
era
la
vitalità
del
popolo
italiano
,
e
tanto
era
egli
poco
rassegnato
a
morire
,
che
,
mancato
all
'
operosità
sua
il
campo
domestico
,
ei
ne
si
ripresenta
meditante
e
operante
in
tutta
la
storia
d
'
Europa
.
Questa
Europa
,
che
ci
voleva
morti
,
i
nostri
scrittori
la
illuminano
,
i
nostri
artisti
l
'
adornano
,
i
nostri
uomini
di
stato
l
'
agitano
o
la
infrenano
,
i
nostri
guerrieri
la
insanguinano
.
Chi
ornò
Versaglia
ed
il
Louvre
?
chi
l
'
Escuriale
?
E
onde
vennero
all
'
impero
i
Farnesi
,
i
Piccolomini
,
i
Montecuccoli
,
gli
Eugenio
di
Savoia
?
E
non
pare
una
vendetta
del
fato
che
il
Mazzarino
governasse
la
Francia
e
l
'
Alberoni
la
Spagna
?
III
.
Il
sin
qui
detto
mi
esenterà
da
altre
apologie
e
da
parziali
difese
,
e
servirà
pure
a
determinar
meglio
l
'
essere
e
i
modi
della
letteratura
italiana
nel
secolo
XVI
.
Il
cui
svolgimento
procedé
poi
così
largo
e
magnifico
,
che
le
ragioni
di
tutte
le
sue
varietà
non
possono
restar
contenute
nei
limiti
di
un
discorso
:
del
resto
,
chi
non
sa
esser
quella
,
almeno
per
gli
effetti
largamente
ed
efficacemente
prodotti
su
la
nuova
coltura
europea
,
l
'
età
più
gloriosa
delle
lettere
italiane
?
E
io
credo
che
nulla
di
propriamente
nuovo
avanzi
a
dire
,
per
esempio
,
su
'
l
Machiavelli
o
su
l
'
Ariosto
:
essi
,
rispetto
a
Dante
e
agli
altri
scrittori
del
Trecento
e
del
Quattrocento
,
sono
moderni
,
o
sì
veramente
principiasi
con
essi
quella
età
che
fu
moderna
fino
all
'
ottantanove
,
che
sussiste
ancora
per
poco
:
tutti
noi
gli
comprendiamo
a
un
modo
,
e
l
'
Europa
li
ha
giudicati
con
la
sicurtà
del
senso
recente
.
Per
ciò
,
a
non
voler
ripetere
cose
già
dette
,
mi
contenterò
di
rilevare
più
netto
ch
'
io
possa
le
linee
del
movimento
e
i
contorni
del
confine
di
quella
letteratura
.
Della
quale
se
il
decimosesto
secolo
vide
il
frutto
,
il
germe
fu
nel
decimoquinto
.
Nel
secolo
XV
eran
nati
a
poca
distanza
tra
loro
il
Machiavelli
,
il
Buonarroti
,
il
Guicciardini
che
in
sé
accolsero
gli
ultimi
spiriti
dei
Comuni
e
la
somma
dell
'
esperienza
e
le
virtù
estreme
del
reggimento
libero
,
e
il
Sannazaro
il
Bembo
il
Castiglione
,
rappresentanti
della
più
eletta
coltura
aulica
secondo
l
'
intendimento
di
Dante
,
che
sórsero
dittatori
del
bel
costume
alle
nuove
generazioni
e
del
linguaggio
regolare
e
dello
stile
elegante
.
Nel
secolo
XV
era
cresciuto
l
'
Ariosto
,
che
nella
maggiore
opera
sua
procede
senza
dubbio
dal
Boiardo
:
come
il
Machiavelli
procede
per
una
piccola
parte
dalla
erudizione
e
dalla
critica
degli
umanisti
,
per
esempio
,
del
Valla
,
e
indubbiamente
poi
ritrae
la
materia
e
il
meccanismo
di
storico
più
dagli
storiografi
latini
del
Quattrocento
che
dai
cronisti
del
Trecento
.
Anzi
che
concepimenti
e
produzioni
nuove
,
vide
adunque
il
secolo
XVI
compiersi
e
fermarsi
,
nell
'
accordo
delle
attività
diverse
e
nell
'
armonia
delle
forme
,
l
'
ultimo
perfezionamento
di
tutta
la
produzione
anteriore
ancor
viva
o
vitale
.
La
letteratura
del
Trecento
nella
espressione
artistica
era
stata
individuale
e
d
'
impronta
toscana
:
quella
del
Quattrocento
,
parziale
e
federale
:
quella
del
Cinquecento
fu
una
,
classica
,
italiana
.
Sì
,
il
carattere
più
rilevatamente
storico
ed
estetico
della
letteratura
del
Cinquecento
è
l
'
unità
nel
classicismo
della
forma
e
nella
italianità
della
lingua
.
L
'
unità
italica
non
risultò
mai
così
evidente
nell
'
arte
come
in
quel
secolo
:
parve
che
la
patria
nostra
nell
'
imminenza
del
suo
sfacelo
politico
intendesse
con
ogni
vigor
che
le
avanzava
a
chiarirsi
ed
affermarsi
nazione
.
E
tuttavia
non
vi
fu
sfórzo
:
era
l
'
ultima
conseguente
modificazione
dello
svolgimento
.
Cessato
l
'
urto
tra
i
diversi
elementi
a
mano
a
mano
con
l
'
estinguersi
sin
dalla
fine
del
secolo
XIII
dell
'
elemento
feudale
,
co
'
l
languire
del
religioso
e
co
'
l
sormontare
necessario
dell
'
elemento
nazionale
;
cessò
nel
secolo
XVI
anche
il
dissidio
tra
le
due
forze
o
tendenze
differenti
di
quest
'
ultimo
elemento
,
l
'
aristocratica
e
la
democratica
,
la
unitaria
e
la
federale
,
la
romana
e
l
'
italica
:
forze
e
tendenze
che
Dante
aveva
già
riconosciute
e
contrassegnate
,
quando
distingueva
l
'
idioma
illustre
,
cardinale
,
aulico
,
curiale
,
e
la
poesia
che
in
quello
componevasi
,
dal
volgare
plebeo
e
paesano
.
Il
contrasto
e
il
distacco
tra
Dante
e
l
'
Angiolieri
,
tra
Battista
Alberti
e
il
Burchiello
,
tra
il
Boiardo
e
Sostegno
di
Zanobi
,
non
fu
più
possibile
nel
Cinquecento
come
fatto
letterario
notevole
e
notato
.
Il
processo
di
assimilazione
era
compíto
,
dell
'
assimilazione
della
materia
indigena
e
medievale
co
'
l
classicismo
rinato
;
e
le
idee
e
le
forme
ne
avean
preso
un
atteggiamento
nuovo
.
L
'
assimilazione
,
se
vuolsi
,
non
fu
tutta
omogenea
,
e
l
'
atteggiamento
non
senza
sforzo
:
ma
la
mutazione
o
,
meglio
,
la
trasformazione
era
avvenuta
.
Di
che
deesi
per
gran
parte
recar
la
cagione
all
'
avere
la
coltura
classica
acquistato
sempre
più
del
terreno
:
ma
è
anche
vero
che
il
popolo
nel
secolo
XVI
si
ritrasse
quasi
volontario
dell
'
intervenir
più
come
autore
nel
lavoro
letterario
.
E
di
codesto
ritrarsi
altri
potrebbe
,
con
apparenza
e
forse
con
parte
di
verità
,
trovar
la
ragione
nella
caduta
d
'
ogni
reggimento
democratico
,
nel
forzato
spegnersi
della
vita
pubblica
e
nella
società
artifiziata
delle
corti
e
delle
academie
da
per
tutto
prevalsa
.
Sebbene
è
forse
più
vero
che
quello
che
nel
nostro
popolo
,
non
nuovo
e
per
ciò
non
intimamente
poeta
,
vigeva
d
'
impulso
creatore
o
modificatore
,
erasi
omai
rilassato
.
E
di
fatti
pare
che
l
'
avvenimento
dell
'
ottava
,
metro
popolare
e
per
ciò
passato
in
silenzio
dall
'
autore
del
Vulgare
Eloquio
e
dagli
altri
trattatisti
del
Trecento
,
al
regno
dell
'
epopea
classica
segni
l
'
ultimo
grado
dell
'
ascensione
poetica
del
popolo
italiano
:
come
il
suo
sentimento
soggettivo
era
evaporato
compenetrando
la
parte
più
viva
e
calda
della
lirica
del
Duecento
e
del
Quattrocento
,
del
Cavalcanti
e
del
Poliziano
,
così
il
sentimento
oggettivo
si
era
idealizzato
,
o
stava
idealizzandosi
,
ne
'
poemi
dell
'
Ariosto
e
del
Tasso
:
dopo
di
che
,
pago
a
contemplare
e
ad
ammirare
in
quei
poemi
la
sua
trasformazione
ideale
,
il
popolo
italiano
non
dié
veramente
più
opera
,
né
con
inspirare
le
forme
né
con
provvedere
gli
argomenti
,
al
lavoro
letterario
nazionale
.
Nella
lingua
avvenne
quasi
lo
stesso
.
Il
primato
della
Toscana
,
la
quale
co
'
l
suo
dialetto
foggiato
a
idioma
letterario
rappresentava
la
tendenza
popolare
,
scadde
un
tal
poco
nel
Cinquecento
;
ma
le
successe
l
'
Italia
,
e
piemontesi
e
istriani
e
marchigiani
e
lombardi
scrissero
regolarmente
e
quasi
ad
un
tipo
solo
.
E
primo
introduttore
del
regolare
italiano
nel
mezzogiorno
fu
un
solenne
poeta
latino
,
il
Sannazaro
:
e
primo
a
fermare
in
regole
pratiche
la
grammatica
e
a
restituire
il
bell
'
uso
del
Petrarca
e
del
Boccaccio
fu
il
Bembo
,
la
cui
maggiore
opera
è
di
prosa
latina
:
tanto
è
vero
che
in
questo
fatto
della
unificazione
e
fermazion
della
lingua
e
della
prosa
è
più
veramente
e
specialmente
da
riconoscere
il
lavorío
lungo
lento
instancabile
della
tradizione
aulica
e
dotta
.
Già
da
principio
Guittone
nelle
Lettere
,
Dante
nel
Convito
,
e
in
tutte
le
prose
il
Boccaccio
,
avevano
inteso
a
cotesto
,
con
l
'
esempio
del
latino
essi
toscani
;
e
solo
il
molto
uso
del
latino
nel
secolo
XV
riuscì
a
disciplinare
le
impazienze
anarchiche
delle
regioni
italiane
:
allo
specchio
del
latino
gli
altri
dialetti
si
raffrontarono
col
toscano
,
e
il
toscano
si
rassettò
;
e
in
quel
rassettamento
,
che
fu
concessione
,
venne
accolto
.
Così
nel
secolo
XVI
il
concetto
del
Vulgare
Eloquio
e
di
tutta
la
teorica
di
Dante
era
effettuato
,
e
assommato
l
'
edifizio
della
letteratura
nazionale
.
E
pure
cotesta
classica
unità
letteraria
,
fatta
bene
ma
con
un
po
'
di
sopraffazione
e
di
frode
,
come
del
resto
tutte
le
unità
,
lasciò
in
fine
solo
e
malcontento
il
popolo
.
E
questo
,
per
quel
tanto
che
gli
era
rimasto
di
vita
,
fece
la
secessione
nel
campo
de
'
dialetti
.
In
fatti
,
la
letteratura
dei
dialetti
,
ricchissima
negli
ultimi
tre
secoli
e
più
originale
,
in
molte
parti
,
che
non
la
nazionale
,
incomincia
dal
Cinquecento
;
e
in
essa
sopravvive
l
'
autonomia
fantastica
e
artistica
delle
regioni
.
IV
.
Dopo
ciò
,
chi
si
rechi
a
mente
la
contenenza
della
letteratura
italiana
nel
Cinquecento
,
dovrà
,
se
abbia
osservato
largamente
e
con
quiete
,
ammirare
tanta
ricchezza
e
orginalità
di
prosa
,
tanta
squisita
eleganza
di
poesia
.
Prima
del
Cinquecento
,
per
quanto
grandi
o
felici
esempi
individuali
possano
arrecarsi
e
contrapporsi
da
'
due
secoli
anteriori
,
prima
del
Cinquecento
resta
pur
sempre
vero
che
l
'
Italia
non
ebbe
prosa
stabile
e
formata
;
e
nel
Cinquecento
questo
,
per
così
dire
,
tipo
nazionale
di
prosa
lo
ebbe
.
Non
sarà
quello
che
possa
piacere
a
noi
,
non
risponderà
ai
nostri
gusti
e
bisogni
;
ma
allora
fu
vivo
e
vero
e
bello
,
fu
quel
che
occorreva
alla
coltura
e
civiltà
d
'
allora
:
tanto
è
vero
che
francesi
e
spagnoli
lo
presero
ad
imitare
.
Né
quella
prosa
era
certamente
,
nella
sua
idealità
tipica
,
tutta
uniforme
o
improntata
a
uno
stampo
:
quanta
varietà
più
tosto
e
che
diversità
dal
Machiavelli
al
Caro
,
dal
Sannazaro
al
Firenzuola
,
dal
Castiglione
al
Davanzati
,
dal
Tasso
al
Cellini
!
Minore
per
contrario
nella
moltitudine
delle
rime
la
varietà
:
ma
negare
la
bontà
estetica
di
non
poche
tra
quelle
poesie
italiane
e
latine
non
potrebbe
senza
ingiustizia
chi
abbia
conoscenza
adeguata
dell
'
arte
:
per
esempio
,
le
Api
del
Rucellai
e
la
Ninfa
tiberina
del
Molza
hanno
la
stessa
ragion
d
'
essere
che
certi
lavori
d
'
oreficeria
del
Cellini
.
Se
non
che
tra
tanta
prosa
e
sì
grave
come
mai
tante
rime
e
sì
leggere
?
Se
il
determinarsi
della
storia
a
genere
letterario
e
la
classificazione
della
prosa
sono
i
segni
più
certi
che
l
'
intendimento
e
il
lavoro
sociale
dell
'
epopea
e
della
poesia
universalmente
sono
finiti
,
come
mai
il
Cinquecento
,
non
pur
ricchissimo
di
storie
e
quali
storie
!
,
ma
che
tutti
produsse
e
perfezionò
i
generi
della
prosa
,
come
poté
essere
secolo
poetico
?
Poetico
veramente
non
fu
,
fu
artistico
.
Dante
e
il
Boccaccio
,
il
Boiardo
e
il
Pulci
,
il
Petrarca
e
il
Poliziano
erano
passati
;
e
il
popolo
italiano
era
giunto
alla
maturità
per
mezzo
ogni
maniera
di
esperimenti
,
eravi
giunto
un
po
'
lasso
e
disilluso
e
tra
tali
circostanze
che
gli
toglievano
luogo
e
agio
a
rifarsi
.
Per
ciò
la
maturità
sua
non
fu
consolata
di
memorie
o
speranze
liete
,
non
ebbe
né
Erodoto
,
né
Platone
né
Demostene
:
ebbe
la
intuizione
del
reale
nell
'
universo
e
l
'
idealismo
dell
'
arte
nella
vita
.
Tali
furono
le
condizioni
morali
e
le
manifestazioni
spirituali
dell
'
Italia
al
secolo
XVI
;
e
in
questa
ella
cercava
riposo
da
quella
,
e
ambedue
erano
il
portato
necessario
dello
svolgimento
anteriore
:
e
si
addimostrarono
più
che
altrove
insigni
nelle
opere
di
Nicolò
Machiavelli
e
di
Ludovico
Ariosto
,
nei
quali
pare
che
si
raccolga
e
rifletta
tutto
ciò
che
sparsamente
fu
il
pensiero
e
l
'
arte
italiana
in
quella
età
grande
e
triste
.
Negli
scritti
del
Machiavelli
risorge
,
senza
pompa
di
toga
e
spacciatamente
succinto
,
il
genio
romano
,
pratico
,
ordinatore
,
imperatorio
,
accresciuto
della
energia
tumultuosa
e
della
forte
pazienza
dei
Comuni
,
avvalorato
alla
freddezza
della
contemplazione
senza
visioni
dall
'
accoramento
del
cittadino
che
vede
fuor
di
speranza
cadersi
sotto
gli
occhi
la
patria
e
la
repubblica
.
A
misurar
giusto
l
'
altezza
del
Principe
,
dei
Discorsi
su
le
Deche
,
dell
'
Arte
della
guerra
,
delle
Storie
fiorentine
,
servono
mirabilmente
le
tante
commissioni
e
provvisioni
e
le
legazioni
e
relazioni
del
gran
segretario
,
dietro
la
cui
scorta
possiamo
seguitarne
i
passi
nella
conoscenza
dei
fatti
e
delle
persone
dell
'
Italia
,
dell
'
Europa
,
del
mondo
.
E
l
'
uom
si
spaventa
a
considerare
come
non
v
'
è
cosa
per
piccola
la
quale
non
si
faccia
immensa
sotto
la
osservazione
di
lui
,
che
l
'
abbraccia
la
compenetra
la
riempie
di
luce
per
ogni
minutissima
fibra
:
come
non
v
'
è
personaggio
o
avvenimento
grande
che
sotto
lo
sguardo
acuto
freddo
fisso
di
quell
'
occhio
nero
e
duro
non
rimpiccolisca
.
Come
diventan
meschini
Massimiliano
imperatore
e
Luigi
re
di
Francia
,
e
che
importanza
acquistano
la
guerra
di
Pisa
e
la
ribellione
d
'
Arezzo
!
E
qual
sublime
e
doloroso
spettacolo
quella
grandezza
inaudita
d
'
ingegno
costretto
a
dibattersi
impotente
nell
'
angustia
dal
difetto
dei
tempi
!
Egli
,
con
in
sé
la
forza
di
un
fatale
institutore
e
legislator
di
repubbliche
,
dover
vedere
nel
1512
la
ruina
miserabile
dell
'
onesto
governo
di
Pier
Soderini
,
dover
sentirsi
interdetto
il
palazzo
della
Signoria
dal
misero
governo
del
cardinal
Giulio
:
egli
,
con
in
mente
tutta
la
futura
rivoluzione
del
pensiero
europeo
,
andare
commissario
di
questo
governo
al
capitolo
dei
frati
minori
in
Carpi
,
e
riconoscere
il
sommo
non
della
gratitudine
o
della
stima
ma
dei
favori
della
sua
patria
e
del
secolo
nella
provvisione
con
cui
gli
officiali
dello
Studio
fiorentino
,
per
volere
del
cardinale
dei
Medici
,
lo
stipendiano
,
pe
'
l
termine
di
due
anni
e
a
cento
fiorini
di
lire
quattro
per
anno
,
a
far
più
cose
in
loro
servigio
,
e
,
tra
le
altre
,
gli
annali
e
le
cronache
fiorentine
!
E
pure
né
lagni
né
dispetti
,
e
né
meno
l
'
ombra
di
una
preoccupazione
privata
,
risalivano
a
turbare
l
'
asciutta
serenità
di
quell
'
alta
mente
virile
,
quando
,
nei
tristi
ozii
della
villa
di
San
Casciano
,
dopo
ingaglioffatosi
tutto
il
giorno
giocando
a
tric
trac
e
contendendo
per
un
quattrino
con
beccai
mugnai
e
fornaciai
,
il
segretario
rientrava
la
sera
nel
suo
studio
,
e
,
spogliatasi
quella
vesta
contadina
tutta
piena
di
fango
e
rivestitosi
condecentemente
di
panni
reali
e
curiali
,
ritornava
a
parlare
con
gli
antichi
uomini
e
a
intrattenersi
con
loro
da
pari
a
pari
,
pascendosi
di
quel
cibo
che
solo
era
suo
e
per
il
quale
era
nato
.
Ora
in
questo
sentimento
artistico
di
trattare
e
considerare
la
politica
in
sé
e
per
sé
senza
riguardo
a
un
fine
immediato
,
in
questo
astrarre
dalle
apparenze
parziali
del
presente
transitorio
per
meglio
impossessarsi
del
reale
eterno
e
imminente
e
assoggettarselo
,
in
questo
a
punto
è
la
singolarità
dell
'
ingegno
di
Nicolò
Machiavelli
,
ed
in
questo
egli
prende
e
rende
gli
spiriti
e
gl
'
intendimenti
tutti
dell
'
Italia
del
Cinquecento
.
Chi
potrebbe
senza
ingiustizia
negare
al
Commines
e
al
De
Thou
qualità
e
virtù
di
osservatori
e
storici
non
comuni
?
ma
essi
rimangono
sempre
incatenati
al
fatto
presente
;
l
'
avvenimento
giorno
per
giorno
impaccia
loro
il
passo
e
ne
occupa
e
ritiene
troppo
gli
sguardi
,
che
non
si
stendono
mai
riposati
su
larga
distesa
.
Nicolò
Machiavelli
in
vece
non
è
propriamente
il
politico
del
tempo
suo
:
forse
nel
giudizio
dei
fatti
e
degli
uomini
di
quel
tempo
,
e
certo
nella
larga
rappresentazione
della
storia
contemporanea
e
nel
sapiente
svolger
dei
fili
che
gli
avvenimenti
d
'
Italia
collegavano
a
quelli
d
'
Europa
,
gli
va
innanzi
d
'
assai
Francesco
Guicciardini
,
il
più
poderoso
storico
del
rinascimento
.
Ancora
:
il
Machiavelli
non
ebbe
forse
l
'
attitudine
e
l
'
abitudine
storica
;
e
le
sue
Storie
fiorentine
sono
per
avventura
più
tosto
un
gran
libro
di
dimostrazione
e
un
'
eloquente
opera
politica
,
che
non
una
storia
vera
,
esatta
,
fedele
,
ordinata
della
città
di
Firenze
;
che
anzi
,
e
per
la
scelta
critica
e
per
la
intierezza
della
esposizione
,
lasciano
a
desiderare
,
e
appariscono
più
che
altro
come
la
improvvisazione
di
un
grand
'
ingegno
.
Cha
importa
cotesto
?
Il
Machiavelli
ha
tre
fasi
e
tre
stili
.
Negli
scritti
d
'
officio
,
il
segretario
fiorentino
osserva
,
pensa
e
scrive
,
avvisato
e
arguto
,
spigliato
e
serrato
,
in
farsetto
;
è
in
somma
fiorentino
,
come
altri
molti
,
salvo
la
maggior
prestanza
dell
'
ingegno
suo
:
nei
lavori
letterarii
,
eccetto
la
Mandragora
e
la
Commedia
in
versi
,
è
anch
'
egli
rotondo
e
ridondante
e
profuso
e
incerto
,
e
somiglia
un
po
'
troppo
agli
altri
cinquecentisti
della
metà
prima
del
secolo
che
avevano
il
gusto
non
ancora
formato
:
nelle
Storie
tiene
molto
delle
virtù
fiorentine
e
qualcosa
dei
vizi
retorici
,
e
non
poco
de
'
pregi
e
delle
qualità
sue
proprie
uniche
e
sole
:
pregi
e
qualità
che
risplendono
nell
'
Arte
della
guerra
e
specialmente
nel
Principe
e
nei
Discorsi
.
In
coteste
opere
lo
stile
è
combattimento
,
combattimento
a
corpo
a
corpo
della
parola
lucidissima
col
profondissimo
pensiero
;
e
l
'
alitare
del
combattente
rileva
a
pena
il
tessuto
sopraffino
delle
maglie
sottilissime
del
periodo
:
e
i
colpi
sono
freddi
,
spessi
,
sicuri
,
e
dati
co
'
l
riposo
solenne
e
leggiadro
di
schermidore
maestro
.
Imperocché
non
bisogna
credere
che
la
conversazione
serale
del
villeggiante
di
San
Casciano
fosse
così
idilliaca
com
'
egli
ce
la
descrive
nella
mirabile
lettera
del
10
decembre
1513
,
onde
la
ho
riferita
più
sopra
:
non
gli
credete
ch
'
ei
si
rivestisse
di
panni
reali
e
tanto
men
di
curiali
.
Egli
con
la
vesta
contadina
spogliavasi
ogni
vezzo
,
ogni
affezione
nazionale
e
cittadina
,
e
nell
'
atletica
nudità
muscolosa
del
suo
pensiero
lottava
con
tutte
le
apparizioni
monumentali
e
gigantesche
e
mostruose
del
tempo
antico
e
del
nuovo
,
e
se
le
abbatteva
a
'
piedi
,
e
le
cacciava
dal
campo
della
storia
,
per
poi
su
quello
disgombrato
continuare
la
sua
lotta
fredda
,
accanita
,
anelante
,
col
fenomeno
informe
del
fatto
politico
.
Da
alcuni
luoghi
dei
Discorsi
su
le
Deche
e
dalle
Storie
apparrebbe
che
egli
intendesse
a
dar
documenti
e
instituzioni
di
repubblica
;
dalla
conchiusione
del
Principe
,
ch
'
egli
pensasse
alla
unificazione
d
'
Italia
:
e
all
'
Italia
gitta
qualche
volta
un
grido
di
fiero
amore
,
e
volge
gli
occhi
quasi
in
cerca
di
qualcheduno
,
sia
un
Borgia
sia
un
Medici
,
che
metta
le
mani
nelle
trecce
alla
sciagurata
e
la
strappi
alle
voglie
dei
forestieri
e
dei
preti
,
dell
'
imperatore
e
del
papa
.
Ma
non
lasciate
illudervi
al
movimento
passionato
dell
'
istante
.
Egli
torna
súbito
e
tutto
freddo
a
studiare
così
la
patria
sua
come
la
patria
degli
svizzeri
e
le
altre
patrie
antiche
e
moderne
,
a
dissolvere
e
ricomporre
così
monarchie
come
repubbliche
,
a
discutere
dittatori
e
profeti
,
re
e
numi
.
E
stritolando
sotto
i
suoi
colpi
il
mondo
eroico
e
il
mondo
sacro
,
e
soffiando
via
con
un
alito
il
mondo
artisticamente
fattizio
del
rinascimento
,
prepara
la
rivoluzione
e
la
informa
alla
pura
energia
del
pensiero
umano
.
Di
Ludovico
Ariosto
non
si
può
dire
che
preparasse
o
incominciasse
un
rivolgimento
nella
poesia
;
perocché
,
mentre
le
opere
del
Machiavelli
segnano
il
passaggio
della
conscienza
e
del
pensiero
della
nazione
italiana
dalla
concezione
e
produzione
fantastica
alla
osservazione
sperimentale
e
reale
,
la
maggior
poesia
dell
'
Ariosto
è
l
'
ultimo
fenomeno
di
quel
primo
stato
,
il
frutto
maturo
di
quella
fervida
estate
:
ma
del
resto
,
come
per
il
Machiavelli
la
meditazione
politica
è
fine
a
sé
stessa
,
così
per
l
'
Ariosto
la
poesia
:
egli
è
tra
i
poeti
italiani
quello
che
più
veramente
fece
ciò
che
i
moderni
dicono
l
'
arte
per
l
'
arte
.
Non
che
l
'
Ariosto
non
sentisse
i
mali
della
patria
e
le
brutture
di
quel
mondo
tra
cui
era
sortito
a
vivere
;
che
anzi
se
ne
compianse
e
se
ne
sdegnò
più
d
'
una
volta
,
e
dié
anche
qualche
crollo
per
iscuoter
via
dalle
sue
belle
ali
di
fenice
la
polvere
e
il
fango
della
corte
e
del
secolo
.
Ma
poi
egli
cercava
e
trovava
per
sé
e
apriva
altrui
un
refugio
nell
'
arte
.
E
l
'
arte
ei
non
trattò
né
come
un
simbolo
né
come
un
apologo
né
come
la
dimostrazione
di
una
tesi
:
egli
inventò
per
amore
dell
'
invenzione
,
tutto
inteso
a
svolgere
dilettosamente
la
sua
facoltà
creativa
e
a
riprodurre
moltiplicata
la
sua
lieta
e
serena
fantasia
per
mille
aspetti
e
in
mille
forme
,
che
empiessero
a
lui
di
sorrisi
gl
'
intervalli
della
vita
,
e
di
luce
e
di
canto
all
'
Italia
gl
'
intermezzi
del
triste
dramma
storico
che
precipitava
alla
catastrofe
.
Egli
fece
quel
che
desiderava
,
quel
che
voleva
e
ispirava
l
'
Italia
d
'
allora
:
un
'
opera
da
esser
letta
nelle
sale
del
ducal
palazzo
d
'
Urbino
immenso
e
leggiadro
,
posto
che
avesse
termine
il
Castiglione
ai
discorsi
di
gentilezza
e
d
'
amore
,
tra
i
cerchi
delle
gentildonne
presiedute
dalla
elegante
e
pensosa
Elisabetta
Gonzaga
:
un
'
opera
da
esser
letta
nelle
sale
del
castello
di
Ferrara
o
del
palazzo
di
Belfiore
,
dopo
alcuno
dei
pranzi
inauditamente
sfarzosi
d
'
Alfonso
I
,
tra
i
cavalieri
italiani
e
francesi
concorsi
ai
tornei
ed
alle
feste
,
arridente
Lucrezia
Borgia
che
sapea
di
latino
e
ammirante
la
giovinetta
Renata
di
Francia
:
un
'
opera
da
poter
esser
letta
nelle
sale
di
Roma
o
di
Venezia
,
alle
cui
pareti
ridesse
o
una
Galatea
affrescata
da
Raffaello
o
una
Venere
colorita
da
Tiziano
,
nel
cui
mezzo
risplendesse
un
candelabro
di
Benvenuto
e
si
contorcesse
in
un
angolo
un
satiro
di
bronzo
di
Michelangelo
;
sale
che
la
sera
potessero
essere
preparate
per
la
recitazione
della
Calandra
o
della
Mandragora
o
della
Cassaria
:
un
'
opera
in
fine
da
potere
esser
letta
e
cantata
per
le
vie
di
Ferrara
,
su
le
piazze
e
i
ponti
di
Roma
e
di
Firenze
,
ne
'
canali
di
Venezia
,
su
'
l
porto
di
Napoli
,
da
un
popolo
abituato
a
spettacoli
e
pompe
di
cui
eran
parte
imperatori
e
re
e
principi
e
cavalieri
e
soldati
di
tutte
le
lingue
d
'
Europa
,
francesi
,
spagnoli
,
tedeschi
,
fiamminghi
;
da
un
popolo
abituato
a
vedersi
da
un
giorno
all
'
altro
sorgere
sotto
gli
occhi
quei
palazzi
quelle
chiese
quelle
piazze
e
fontane
di
stile
e
di
ornato
così
originalmente
classico
così
bizzaramente
puro
,
a
contemplare
in
quelle
chiese
in
quei
palazzi
in
quelle
piazze
tanta
copia
di
statue
e
di
bassorilievi
e
di
quadri
e
di
cose
belle
,
che
a
ripensarci
in
questa
gretta
e
gelida
vita
odierna
,
nella
quale
per
riscaldarci
leggiamo
o
inventiamo
ciascuno
a
nostra
posta
un
sistema
estetico
al
giorno
,
paiono
un
giuoco
di
ridenti
e
prodighe
fate
:
e
tutto
ciò
in
mezzo
a
rumore
di
guerre
grosse
e
spicciolate
,
lente
e
furiose
,
lunghe
,
rinnovate
,
continue
,
che
desolavano
regioni
intiere
per
lunghi
anni
,
e
oggi
levavano
di
mezzo
uno
stato
,
domani
un
altro
.
Cotali
circostanze
,
tra
le
quali
fu
maturato
e
compito
l
'
Orlando
furioso
,
aiutano
a
intendere
e
a
mostrare
ciò
che
l
'
opera
sia
.
È
la
riproduzione
della
vista
esterna
,
estetica
e
morale
,
d
'
allora
:
è
uno
specchio
in
cui
apparenze
straordinarie
,
mobili
,
instabili
,
abbaglianti
,
ma
senza
fisionomia
,
s
'
affacciano
,
s
'
intrecciano
,
s
'
inseguono
,
spariscono
,
rapide
,
improvvise
,
inconsulte
:
all
'
Orlando
furioso
manca
il
nodo
epico
,
come
alla
storia
italiana
del
Cinquecento
una
ragione
intima
sua
.
Ma
non
perciò
l
'
opera
è
meno
meravigliosa
.
L
'
Ariosto
,
pur
lavorandovi
intorno
con
quella
serietà
che
gli
artisti
grandi
portano
nelle
cose
dell
'
arte
,
non
ebbe
l
'
intendimento
di
fare
un
poema
,
un
di
quei
poemi
di
composizione
riflessa
che
pur
tengono
sì
alto
luogo
nelle
età
secondarie
di
una
letteratura
:
senza
rendersene
forse
ragione
,
egli
sentiva
che
la
cavalleria
,
cosa
rimorta
,
non
poteva
dar
vita
a
un
poema
.
Ma
anche
sottilizzò
,
e
con
poco
adeguata
conoscenza
dell
'
uomo
e
del
tempo
,
chi
sostenne
ch
'
e
'
mirasse
a
una
parodia
de
'
poemi
cavallereschi
,
ch
'
e
'
fosse
come
il
precursore
del
Cervantes
.
L
'
Ariosto
non
ebbe
secondi
fini
:
egli
intese
di
fare
un
romanzo
da
dilettare
e
meravigliare
la
generazione
tra
cui
viveva
.
L
'
epopea
francese
,
che
dovrebbe
essere
la
materia
sua
,
non
gli
è
che
mezzo
:
il
Boiardo
aveva
empito
della
sua
fama
e
dell
'
infinito
poema
gli
ultimi
anni
del
secolo
XV
e
abituato
specialmente
la
corte
e
la
città
di
Ferrara
a
quel
genere
:
l
'
Ariosto
,
che
l
'
aveva
fin
da
giovinetto
ammirato
,
maturo
lo
continuò
:
era
il
più
comodo
:
Ferrara
con
i
suoi
antichissimi
estensi
non
era
omai
la
città
epica
e
romanzesca
?
Ma
della
leggenda
epica
francese
il
fondo
è
storico
;
l
'
anima
,
nazionale
e
cristiana
;
la
forma
,
popolare
e
primitiva
come
poteva
nel
medio
evo
:
dalla
parte
loro
gl
'
italiani
,
che
prima
dell
'
Ariosto
avean
preso
a
rifare
tutto
cotesto
,
avevan
pure
,
secondo
che
eran
borghesi
o
cavalieri
,
dato
a
quei
loro
poemi
,
di
genere
,
per
così
dire
,
composito
,
le
sembianze
nazionali
del
tempo
loro
e
del
loro
ordine
.
L
'
Ariosto
no
;
egli
,
intimamente
italiano
nella
pienezza
armonica
delle
sue
facoltà
e
nella
determinatezza
smagliante
del
colorito
,
nel
soggetto
e
nei
caratteri
non
è
poi
né
italiano
né
francese
:
di
storico
non
ha
che
le
appendici
estensi
,
di
nazionale
che
qualche
grido
di
dolore
mandato
quasi
tra
parentesi
.
L
'
Italia
si
presentava
per
l
'
ultima
volta
nella
sua
sembianza
cosmopolitica
e
romana
di
capitale
dell
'
Europa
;
e
come
avea
dato
al
medio
evo
il
maggior
poeta
cristiano
in
Dante
,
così
diede
al
rinascimento
il
maggiore
artista
pagano
nell
'
Ariosto
.
Ed
egli
,
come
Michelangelo
le
statue
bibliche
,
come
Raffaello
le
Vergini
,
moltiplicava
le
sue
fantasie
di
dame
e
cavalieri
e
amori
per
versar
loro
attorno
tutti
i
tesori
della
divina
arte
plastica
greca
e
romana
.
Direste
che
egli
si
compiacesse
di
veder
tumultuare
nel
mondo
fantastico
da
sé
creato
un
popolo
d
'
imperatori
e
di
re
e
di
guerrieri
e
di
donne
e
di
giganti
e
di
nani
e
di
mostri
e
di
spiriti
e
di
maghi
e
di
fate
,
per
poi
trarseli
dietro
ammaliati
al
suono
dell
'
orfica
lira
e
attelati
al
suo
carro
infrenarli
con
le
redini
d
'
oro
dell
'
Apollo
ellenico
.
V
.
Così
,
mentre
l
'
apparizione
del
Machiavelli
,
e
con
lui
dell
'
osservazione
esperimentale
su
'
l
fatto
umano
,
annunzia
finita
l
'
età
della
poesia
,
come
causa
a
un
tempo
ed
effetto
di
una
data
civiltà
,
come
lavoro
a
cui
la
nazione
tutta
coopera
;
il
poema
dell
'
Ariosto
,
nel
quale
la
fantasia
individuale
licenziasi
a
un
viaggio
senza
termine
ed
oggetto
,
viene
a
dire
lo
stesso
.
L
'
arte
per
l
'
arte
è
la
fine
della
poesia
popolare
e
nazionale
o
sociale
che
voglia
dirsi
:
l
'
arte
per
l
'
arte
gira
e
rigira
sopra
sé
stessa
,
e
anche
nega
e
rinnega
e
oltraggia
e
distrugge
,
non
sé
veramente
e
il
sentimento
o
lavoro
individuale
,
ma
il
termine
oggettivo
della
poesia
.
Ed
ecco
:
al
poema
romanzesco
prima
assai
che
la
dolorosa
e
alta
satira
del
Cervantes
e
il
lepido
travestimento
del
Tassoni
,
tocca
la
parodia
grossolana
del
Folengo
e
dell
'
Aretino
:
le
maccaronee
sbizzarriscono
a
canto
alle
eleganze
latine
del
Fracastoro
e
del
Vida
;
e
un
nuovo
genere
,
il
bernesco
,
si
contrappone
alla
lirica
.
L
'
Italia
nel
secolo
XVI
levò
la
poesia
a
idealismo
artistico
,
e
insieme
,
che
è
effetto
assai
comune
dell
'
idealizzare
,
la
fissò
,
la
cristallizzò
.
Pure
le
rimaneva
ancora
del
movimento
e
dell
'
azione
:
il
Machiavelli
e
l
'
Ariosto
da
due
parti
opposte
venivano
a
riscontrarsi
e
toccarsi
nella
commedia
;
e
il
fatto
di
uno
storico
e
di
un
epico
commediografi
dà
ragione
,
più
assai
che
ogni
lungo
discorrere
,
di
quel
secolo
e
di
quella
letteratura
.
Ma
in
vece
di
buone
commedie
l
'
Italia
ebbe
un
altro
poema
,
un
poema
eroico
e
religioso
,
la
Gerusalemme
liberata
.
L
'
Europa
latina
pareva
su
quelle
prime
accettar
con
fervore
il
rinnovamento
cattolico
che
la
chiesa
tentò
opporre
nel
concilio
tridentino
alla
riforma
protestante
;
tutta
l
'
Europa
cristiana
sentiva
minacciata
la
sua
civiltà
dall
'
impero
ottomano
:
suonava
ancora
dai
mari
il
fragore
della
battaglia
di
Lepanto
,
l
'
ultima
grande
battaglia
cristiana
della
quale
tanta
parte
furono
gl
'
italiani
,
l
'
ultimo
còzzo
glorioso
tra
l
'
occidente
e
l
'
oriente
.
Il
tempo
era
opportuno
,
e
il
Tasso
tale
da
poter
sorgere
poeta
e
del
rinnovamento
cattolico
e
della
civiltà
cristiana
.
Nessuna
figura
in
fatti
ha
il
Cinquecento
così
seria
e
gentile
come
quella
di
Torquato
Tasso
.
Egli
è
l
'
erede
legittimo
di
Dante
Alighieri
:
crede
,
e
ragiona
la
sua
fede
per
filosofia
:
ama
,
e
comenta
gli
amori
dottrinalmente
:
è
artista
,
e
scrive
dialoghi
di
speculazioni
scolastiche
che
vorrebbon
essere
platonici
:
innova
,
e
teorizza
.
E
,
come
Dante
,
ha
sempre
qualcosa
da
rimproverarsi
nella
conscienza
sua
di
cattolico
:
al
suo
poema
,
pur
essenzialmente
religioso
e
cavalleresco
,
sovraintesse
un
'
allegoria
spirituale
e
morale
:
a
ogni
modo
teme
sempre
di
averlo
fatto
soverchiamente
profano
,
e
lo
rifà
purificato
:
né
anche
del
rifacimento
si
contenta
,
e
finisce
co
'
l
poema
della
creazione
.
Egli
è
il
solo
cristiano
del
nostro
rinascimento
:
del
quale
per
altro
partecipa
tanto
,
che
il
sensualismo
nell
'
opera
sua
si
mescola
al
misticismo
;
ed
egli
se
ne
addolora
e
pente
,
mentre
il
popolo
se
ne
piace
.
Ma
di
questa
duplicità
dell
'
essere
suo
ondeggiante
tra
il
sensualismo
e
l
'
idealismo
tra
il
misticismo
e
l
'
arte
;
ma
di
questa
discordia
della
vita
a
cui
è
condannato
egli
,
cavaliere
del
medio
evo
,
scolastico
del
secolo
XIII
,
erede
di
Dante
,
smarrito
in
mezzo
al
rinascimento
,
tra
l
'
Ariosto
e
il
Machiavelli
,
tra
il
Rabelais
e
il
Cervantes
;
di
questa
duplicità
,
di
questa
discordia
egli
porta
innocente
la
pena
,
e
se
ne
accora
tanto
che
ne
impazza
.
Il
grido
molle
e
straziante
della
elegia
che
pur
tra
gli
accordi
della
tromba
epica
gli
prorompe
dal
cuore
mesto
e
voluttuoso
lo
annunzia
il
primo
in
tempo
dei
poeti
moderni
:
il
Tasso
ha
la
malattia
delle
età
di
passaggio
,
dello
Chateaubriand
,
del
Byron
,
del
Leopardi
.
E
così
in
disaccordo
com
'
egli
era
co
'
l
tempo
suo
,
poté
raccogliere
in
sé
gli
estremi
spiriti
della
cavalleria
e
della
religione
.
E
fu
l
'
ultima
prova
.
Dopo
lui
,
né
la
raffermatasi
autorità
ecclesiastica
né
la
tradizione
monarchica
cominciata
coll
'
impianto
di
una
gran
dinastia
straniera
al
mezzogiorno
e
al
settentrione
poterono
o
eccitare
o
ravvivare
più
oltre
fra
noi
il
movimento
cavalleresco
e
il
religioso
.
E
quello
andava
oscuramente
a
finire
nei
cavalieri
serventi
;
e
questo
,
aduggiato
dalla
triste
ombra
del
gesuitismo
,
degenerò
dai
santi
popolari
,
la
cui
serie
si
chiude
con
Filippo
Neri
,
nell
'
egoismo
ascetico
di
Luigi
Gonzaga
,
e
dalle
grandi
leggende
del
medio
evo
nell
'
eroicomica
scimunitaggine
del
padre
Ceva
De
puero
Jesu
.
Del
resto
,
terminata
l
'
età
del
sentimento
e
della
fantasia
ed
esaurito
anche
l
'
idealismo
artistico
,
con
quale
azione
e
a
qual
punto
l
'
Italia
libera
del
suo
svolgimento
avrebbe
potuto
seguitare
ad
espandersi
nella
riflessione
nell
'
osservazione
nell
'
indagine
del
pensiero
,
e
a
quali
effetti
avrebbe
portato
il
suo
lavoro
di
trecento
anni
,
e
come
ne
fosse
impedita
,
lo
dicano
il
Telesio
,
il
Bruno
,
il
Vanini
.
Ma
oramai
dopo
la
pace
di
Castel
Cambrésis
e
il
concilio
di
Trento
al
Machiavelli
non
poteva
succedere
altri
che
il
Galileo
.
Il
cielo
rimaneva
libero
,
e
non
senza
pericolo
:
con
men
di
pericolo
i
sepolcri
.
Notevole
in
fatti
su
lo
scorcio
del
secolo
XVI
apparisce
la
trasformazione
della
storia
;
la
quale
di
particolare
tende
a
farsi
generale
,
di
politica
o
patriottica
diviene
erudita
e
critica
.
L
'
Italia
,
non
potendo
altro
,
sfoga
il
bisogno
del
dubbio
,
dell
'
investigazione
e
della
disamina
intorno
la
materia
dei
fatti
;
e
dopo
i
Discorsi
su
le
Deche
e
le
Istorie
fiorentine
produce
i
Trattati
su
'
l
diritto
romano
e
la
Storia
del
regno
d
'
Italia
di
Carlo
Sigonio
,
che
aprono
insignemente
all
'
Europa
l
'
età
critica
degli
studi
su
l
'
antichità
e
su
'
l
medio
evo
.
Nulla
doveva
mancare
a
quella
nostra
universal
letteratura
del
Cinquecento
.
Ma
intanto
la
poesia
e
l
'
arte
emigravano
alle
altre
genti
latine
,
alle
giovini
e
vittoriose
nazioni
di
Spagna
e
di
Francia
:
nella
prima
delle
quali
il
principio
religioso
e
nella
seconda
il
cavalleresco
o
feudale
doveano
fare
la
miglior
prova
d
'
una
letteratura
cattolica
e
monarchica
.
E
così
in
Spagna
e
in
Francia
,
come
in
Inghilterra
che
a
punto
allora
presentava
i
primi
frutti
dell
'
ingegno
germanico
maturatosi
nella
riforma
,
la
gloria
maggiore
della
nuova
letteratura
fu
il
dramma
.
L
'
Europa
in
fatti
era
giunta
a
quel
secondo
stadio
storico
,
nel
quale
il
dramma
è
la
vera
estrinsecazione
artistica
di
un
popolo
,
che
,
passato
per
una
gran
prova
,
si
sente
essere
nel
rigoglio
delle
sue
forze
e
nella
pienezza
della
vita
,
ha
in
fine
la
conscienza
di
nazione
co
'
l
sentimento
o
il
presentimento
della
civiltà
che
gli
conviene
,
non
importa
poi
sotto
qual
reggimento
o
con
quali
forme
politiche
.
Ora
l
'
Italia
,
non
per
colpa
sua
,
ma
per
la
necessità
storica
dello
svolgersi
di
altre
genti
con
idee
di
stato
altre
da
quelle
tra
le
quali
ella
aveva
esercitato
la
sua
operosità
civile
,
l
'
Italia
sopraffatta
e
spostata
non
aveva
più
né
quel
senso
del
presente
né
quel
presentimento
fiducioso
.
E
però
non
ebbe
un
teatro
,
quale
i
primi
esperimenti
e
massime
quel
del
Machiavelli
parevano
imprometterle
.
Ebbe
per
altro
due
opere
drammatiche
originali
e
sue
,
che
dopo
la
Gerusalemme
furono
anche
le
due
opere
più
insigni
dello
scorcio
del
secolo
;
l
'
Aminta
e
il
Pastor
fido
:
originali
e
sue
veramente
,
come
quelle
che
sono
la
miglior
dimostrazione
estetica
dell
'
idealismo
artistino
italiano
del
Cinquecento
applicato
al
dramma
;
e
l
'
Aminta
per
la
finitezza
determinata
pare
far
riscontro
alla
Gerusalemme
e
il
Pastor
fido
per
la
florida
e
bizzarra
varietà
all
'
Orlando
.
E
voglionsi
ricordare
,
non
tanto
perché
al
meno
nelle
forme
offersero
quelle
opere
il
passaggio
dall
'
idealismo
del
Cinquecento
alla
maniera
dell
'
Arcadia
,
quanto
perché
il
dramma
pastorale
e
mitologico
fu
la
materia
propria
della
musica
.
La
poesia
italiana
nel
suo
progressivo
idealizzarsi
andò
sempre
più
estenuandosi
:
a
poco
a
poco
non
più
invenzione
né
movimento
né
azione
,
non
più
caratteri
né
passioni
,
non
più
stile
né
forme
:
ma
colori
e
parole
e
suoni
che
simulavano
lusinghieramente
la
vita
;
sin
che
la
poesia
evaporò
,
e
fu
la
musica
:
la
musica
,
sola
arte
che
all
'
Italia
rimanesse
dopo
il
secolo
XVI
,
e
sola
sua
gloria
per
troppo
tempo
di
poi
.
La
sua
grande
letteratura
,
la
letteratura
viva
,
nazionale
a
un
tempo
ed
umana
,
con
la
quale
ella
conciliò
l
'
antichità
e
il
medio
evo
e
rappresentò
romanamente
l
'
Europa
innovata
,
finì
co
'
l
Tasso
.
VI
.
Spettacolo
che
altri
potrà
dir
vergognoso
e
che
a
me
apparisce
pieno
di
sacra
pietà
,
cotesto
di
un
popolo
di
filosofi
di
poeti
di
artisti
,
che
in
mezzo
ai
soldati
stranieri
d
'
ogni
parte
irrompenti
séguita
accorato
e
sicuro
l
'
opera
sua
di
civiltà
.
Crosciano
sotto
le
artiglierie
di
tutte
le
genti
le
mura
che
pur
videro
tante
fughe
di
barbari
:
guizza
la
fiamma
intorno
ai
monumenti
dell
'
antichità
,
e
son
messe
a
ruba
le
case
paterne
:
la
solitudine
delle
guaste
campagne
è
piena
di
cadaveri
:
e
pure
le
tele
e
le
pareti
non
risero
mai
di
più
allegri
colori
,
non
mai
lo
scalpello
disascose
dal
marmo
più
terribili
fantasie
e
forme
più
pure
,
non
mai
più
allegre
selve
di
colonne
sorsero
a
proteggere
ozii
e
sollazzi
e
pensamenti
che
oramai
venivano
meno
;
e
il
canto
de
'
poeti
supera
il
triste
squillo
delle
trombe
,
straniere
,
e
i
torchi
di
Venezia
di
Firenze
di
Roma
stridono
all
'
opera
d
'
illuminare
il
mondo
.
Non
è
codardia
:
perocché
,
dove
fu
popolo
,
ivi
fu
ancora
resistenza
e
pugna
gloriosa
.
E
né
pure
è
spensieratezza
.
Oh
quanta
mestizia
nel
dolce
viso
di
Raffaello
,
che
cipiglio
corruccioso
in
quel
del
Buonarroti
e
quanta
pena
nelle
figure
del
Machiavelli
e
del
Guicciardini
!
l
'
Ariosto
sorride
,
ma
come
triste
!
fino
il
Berni
si
adira
.
Perché
oltraggiare
quei
grandi
intelletti
del
Cinquecento
?
non
vediamo
noi
l
'
arcano
dolore
,
il
fastidio
fatale
che
da
ogni
parte
gl
'
investe
?
Sempre
grande
il
sacrifizio
;
ma
,
quando
sia
una
nazione
che
si
sacrifichi
,
è
cosa
divina
:
e
l
'
Italia
sacrificò
sé
all
'
avvenire
degli
altri
popoli
.
Cara
e
santa
patria
!
ella
ricreò
il
mondo
intellettuale
degli
antichi
,
ella
diè
la
forma
dell
'
arte
al
mondo
tumultuante
e
selvaggio
del
medio
evo
,
ella
aprì
alle
menti
un
mondo
superiore
di
libertà
e
di
ragione
;
e
di
tutto
fe
'
dono
all
'
Europa
:
poi
avvolta
nel
suo
manto
sopportò
con
la
decenza
d
'
Ifigenia
i
colpi
dell
'
Europa
.
Così
finiva
l
'
Italia
.