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AL FERETRO DI GIUSEPPE REGALDI ( CARDUCCI GIOSUÈ , 1883 )
StampaPeriodica ,
Dicendo le ultime parole su gli avanzi mortali di Giuseppe Regaldi , che la città e la Università di Bologna onorando e commemorando restituiscono agli affetti de ' suoi e della terra natale , io farò prova di vincere la tristezza che m ' invade dinanzi al mancare di questo collega che anche mi fu per quindici anni amico buono , al disparire di questo quasi ultimo raggio della poesia de ' nostri padri . I pianti delle prefiche e gli strilli dei panegiristi sono per i morti volgari : dalle bare degli uomini che servirono nobilmente la patria sorge il documento della vita loro a confortare ad ammonire a illuminare i superstiti . Se bene a ripensare che della gioventù di quest ' uomo , il quale passò biondo cantore fra le genti latine , che vedendolo e udendolo si domandavano ammirate Or come ritornano gli aedi e i trovatori nell ' età della stampa e delle gazzette ? se bene , dico , a ripensare che di quella gioventù ed energia di spiriti , di quell ' espansione dell ' anima , di quelle gioie , di quelle glorie , di quelli amori , resta a pena una languida memoria , e che sparirono come l ' ombra d ' un sogno ; se bene , a ripensare tutto cotesto , la tristezza è necessaria e profondamente umana . Ma lasciamo alla storia letteraria le ricordanze di questo ultimo dei trovatori , il quale fu anche egli attratto , come i predecessori suoi del medio evo , dalla visione del mistico oriente , dal desio dei pellegrinaggi nella terra madre dei popoli , delle religioni e delle scienze , e infine , come i trovatori antichi si rendevano a Dio raccogliendo nella solitudine d ' un chiostro l ' età sfiorita , si raccolse , obbedendo ai tempi , in miglior solitudine , per consacrare alla scienza e all ' insegnamento gli anni della vita matura nell ' esperienza . Alla storia letteraria il giudizio e la lode del facile poeta ritemperato nei forti studi e nei fermi ideali . A noi , suoi colleghi ed amici , a voi , suoi discepoli , la testimonianza del culto ch ' egli ebbe per l ' arte e la scienza , della religione ch ' egli portò nell ' adempimento del dovere : della religione del dovere , che è la qualità più alta del carattere e la parte più nobile della vita , perché la più disinteressata . Per degnamente apprezzare la coscienza di Giuseppe Regaldi e trar documenti dal suo esempio , bisogna aver veduto e udito come cotesto poeta estemporaneo si fosse condotto a pesare , infaticato e incontentabile , su bilance sempre nuove di giudizio e disamina , non pure ogni fatto , ogni cifra , ogni asserzione , ma ogni espressione ed ogni parola , prima di pronunziarla dalla cattedra o di consegnarla al libro : bisogna aver saputo e veduto com ' egli , così innanzi negli anni , vegliasse le notti o sorgesse con l ' alba per preparare in lunghe cure di ricerche e raffronti quelle lezioni di storia , delle quali gli uditori ammiravano la colorita facondia . Come egli , già strascinantesi negli ultimi passi della vita , fosse rigido osservatore dell ' officio suo a tutte le lezioni , nelle ore anche men comode , nelle stagioni anche più rigide , gli studenti lo sanno : lo sappiamo , con dolore , noi suoi amici , che in vano ci adoperammo a persuaderlo di risparmiarsi . Il voto supremo del vecchio era finire il suo Egitto : come chiamava egli il libro , pubblicato nell ' ultima estate , ove raccolse le sue peregrinazioni di poeta e i suoi studi di professore . Gli ultimi due anni della vita egli travagliò intorno all ' Egitto , quasi ricercando dall ' oriente la luce che gli consolasse e riscaldasse il solitario crepuscolo . Finito il suo Egitto , al Regaldi parve oramai finita la parte sua nel mondo ; e rassegnato chinò il bianco capo sotto il volo della Parca che veniva . E la Parca lo toccò pur allora uscito dalle soglie dell ' Università , dal tempio , così egli diceva , della sapienza : lo toccò e gli disse : Basta , buono operaio ; va , e riposa . Or ecco quello che avanza di Giuseppe Regaldi . La spoglia e gli affetti ultimi del poeta , la gentile alterezza della sua fama , alla terra nativa : le sue ispirazioni e gli studi alla storia letteraria e civile d ' Italia : a noi suoi colleghi ed amici , la memoria , sempre onorata , sempre cara , delle virtù sue e della bontà ; a voi , giovani , l ' ammaestramento e l ' esempio . O giovani , ogni qual volta vi avviene ( in questi anni ahi troppo spesso ) di assistere al passaggio supremo di alcuno dei valenti di quella generazione che cooperò a riconstituirvi la patria , a riconstituire di tanti volghi dispersi , la più gloriosamente dotata delle nazioni latine , o giovani , voi dovete pensare : pensare quanto voi dovete ai vostri maggiori , quanto da voi aspetta la patria . I vostri maggiori , o giovani , come apprese loro il padre ideale della nuova Italia , vollero , sempre vollero , fortemente vollero ; e vollero le nobili e alte cose . Giuseppe Regaldi diceva a me nelle famigliari conversazioni , e lo scrisse per avventura in alcun de ' suoi libri : Io ebbi sempre innanzi tre ideali che mi si andavano a grado a grado allargando nella poesia e negli studi : Dio , Patria , Umanità . Tre grandi ideali in vero , o giovani : Dio empié la storia dei popoli semiti : la Patria fece la storia di Grecia e di Roma ; l ' Umanità va informando la storia nuova iniziata dal pensiero rivendicatosi a libertà . E o che gl ' ideali della Patria e dell ' Umanità si voglia considerare come trasformantisi rispecchiati nell ' ideale immanente di Dio , o che gl ' ideali di Dio e della Patria si considerino come trasformantisi e modificati nell ' ideale permanente dell ' Umanità , il vero è che senza ideali le civiltà non fioriscono , che senza ideali non v ' è disciplina non v ' è instituzione . L ' arte , per sé sola , è trastullo inutile : la scienza , fine a sé stessa , è inutile tormento : ambedue conspiranti all ' azione fraternamente umana nella luce che viene dagli esempi degli spiriti magni sono la corona della vita . Milizia è la vita degli uomini su la terra sentenziò il savio orientale : milizia di combattenti per il vero e per il buono , dove solo è la felicità . E se questo pensando , se ripensando al passato e all ' avvenire d ' Italia , con una mano sul cuore , voi solleverete un momento gli occhi al cielo della patria , vi parrà , o giovani , vedere i vostri padri , i vostri morti , accennarvi dall ' alto e inanimarvi con gli scudi circonfusi di gloria e rutilanti di luce , con i vessilli sventolanti vittoria nell ' azzurra eternità senza passione . Bologna , 16 Febbraio 1883 .
ETERNO FEMMININO REGALE ( CARDUCCI GIOSUÈ , 1882 )
StampaPeriodica ,
A Ravenna , dove io era il 6 giugno , per la inaugurazione del monumento al Farini , rappresentando la Deputazione storica romagnola instituita già dal dittatore , rividi , per la prima volta da che ministro , Benedetto Cairoli . O , a dir meglio , egli primo vide me ; e per la sala affollata di deputati , di senatori , di generali , mi corse incontro con quella sua bella faccia serena come un maggio di Lombardia , e mi abbracciò e mi strinse forte le mani guardandomi in viso , e mi batté su le spalle ; e tràttomi in disparte , e chiamati a sé gli onorevoli Baccarini e Zanardelli , tutti tre mi furono a dosso a mezza spada perché mi rendessi alla croce del merito civile di Savoia . Io risposi : ci pensassero su dell ' altro , e vedrebbero che sì per me sì per loro il meglio sarebbe non ne far nulla . La sera al tardi rividi gli onorevoli Baccarini e Zanardelli in un ritrovo di progressisti a cena . Con i progressisti di Ravenna si può anche andare a cena , senza pericolo che vi appioppino su le spalle un macigno di discorso politico o vi facciano scattare in faccia qualche macchinetta elettorale . E lì in mezzo a tutti quei progressisti , di colore anzi che no acceso , e taluno anche , se volete , repubblicano a larga cintura , il Zanardelli con quel suo fare tra dinoccolato e nervoso , cominciò a movere il discorso su la grande penetrazione d ' ingegno e la squisita coltura di S.M. la Regina . E poi , con un atto di testuggine ritraendo il collo per entro le spalle quasi per non parere d ' esser lui , seguitò della molta stima in che ella aveva i versi del Carducci e specialmente le odi barbare . A questo , riallungando il collo e volgendo in qua e in là la testa fine e la fronte irrequieta , come un baco da seta che vada al bosco ( chiedo perdòno all ' autore della riforma elettorale , a cui sono con molta stima affezionato : ma per la fedeltà della descrizione mi abbisognano questi paragoni ) , prese a raccontare come la Regina ricevendolo a udienza lo salutasse coi versi , Lieta del fato Brescia raccolsemi , Brescia la forte , Brescia la ferrea , Brescia leonessa d ' Italia , ecc . e poi rifacendosi da capo gli dicesse a mente tutta l ' ode . E qui mi guardava con que ' suoi occhi sbadatamente interrogatori . Io sorridevo . E il ministro seguitava come la Regina conchiudesse Ah sì , il ... è da vero il primo dei nostri poeti viventi ( qui il ministro è proprio mallevadore lui di tutto ) . Al che egli rispose con democratica cortigianeria Non so se a tal giudizio rimarrebbero contenti altri , ma non io oserò contraddire alla Maestà Vostra . Poi si passò ad altro ; ma su l ' uscire egli mi disse così sottovoce In somma la Regina vorrebbe che voi aveste la croce del merito civile . La mattina di poi , avviandomi con alcuni amici alla Pineta , ci scontrammo nelle carrozze che traevano i ministri alla stazione . E Benedetto Cairoli allungando e agitando le braccia tra i molti saluti mi gridò Dunque è fatto ; e il rumore delle ruote trascorrenti si portò il resto e mi tolse il rispondere . Io non ci pensava già più , quando di lì a un mese mi venne il decreto di nomina con gli statuti dell ' ordine , ove è fermato l ' obbligo di giurare fedeltà al re e ai successori , ponendo , inginocchiato , la mano destra su gli evangeli , tra due testimoni , dinanzi al ministro dell ' interno , che ha da firmare il verbale del giuramento . Rinunziai ; dico vero , con dispiacere ; co ' dispiacere di dover apparire , non essendo , sconoscente a chi mi tenne non indegno d ' una nobile onorificenza , fatta più insigne dall ' assentimento , che richiedesi a conferirla , degl ' illustri signori sedenti nel consiglio dell ' Ordine . Sì che , quando il rettore dell ' Università , un giorno prima che i Reali d ' Italia arrivassero a Bologna , chiamatomi a sé , cominciò a sollecitarmi che andassi anch ' io alla visita di ossequio , tanto più che la Regina aveva mostrato desiderio di vedermi , ecc . ecc . , l ' egregio rettore e amico senator Magni non ebbe a spendere parole molte . Che la Regina volesse proprio veder me , mi parve un tiro degli amici ministeriali per battermi nel debole ed espugnarmi . Ma io , che tante regine aveva cercate e osservate e studiate nella storia nell ' epopea e nel dramma , era ben io curioso di vedere una regina viva e vera e compiacentesi della poesia e delle arti . Intanto i Reali vennero . Erano di quelle giornate quali il novembre non ne dà , credo , che a Bologna . Fango in terra e fango in cielo : stillanti , grondanti , chiazzati in tetra umidità i tetti , le case , i muri : cinereo e grigio tutto : e dalla monotona deformità delle nubi filtrava un ' acquerugiola lenta , fredda , ostinata , che non si vedeva e immollava l ' anima , che non si sentiva ed empieva le contrade di una poltiglia mobile e appiccicaticcia , lubrica e attaccaticcia e impacciante , come eloquenza parlamentare : erano di quelle giornate che vien voglia di dar delle pedate alla gente in cui uno si abbatte , pensando Guarda quest ' altro fango che anche si move . In quel brutto vespero dunque del 4 novembre la confusione dell ' ingresso per via Galliera fu strana . Il popolo avea rotte e turbate le file e mescolati i colori officiali : erano aiuole di bianco e di turchino , di rosso e di nero , e sprazzi e barbagli d ' oro e d ' argento dagli elmi dai galloni dalle decorazioni dai gioielli per mezzo una gran massa oscura , una materia uniforme , che moveva moveva mugghiando e trasportando con sé cavalli e carrozze , e ufficiali e signore , e , al di sopra , le selve delle bandiere crollantisi e barcollanti quasi a un vento invisibile . Io era tra la folla che si pigiava innanzi dai portici ; e in quella confusione la figura della Regina mi passò davanti come un che bianco e biondo , come una imagine romantica in mezzo una descrizione verista , potente se volete , ma che non finisce mai ed annoia . La sera , nella piazza di San Petronio e nella attigua del Nettuno , lo spazio era , al paragone , più libero e l ' uomo poteva girare . E quando , ondeggiante per la fòsca storica piazza la variazione dei bengàla , uno dei finestroni di quel palazzo di mattone s ' aprì , e chiamati dagli applausi il Re e la Regina comparvero al verone , e dietro loro lo splendore della sala impallidiva in faccia alla gran tenebra e al fantastico alternare e mescolare dei tre colori , verde , candido , rosso ; quei due giovani , allora , risalutanti con effusione di gentilezza il popolo salutante , da quel luogo ove i legati pontificii s ' affacciavano a spargere le benedizioni per la morte e le maledizioni e le impiccagioni e le taglie e tutti i danni e i disonori della servitù e della viltà su la vita e su l ' Italia , doverono , io lo sento , toccare il cuore ai credenti di fede nelle sorti della monarchia unite alle sorti della patria . Io guardai la Regina , spiccante mite in bianco , bionda e gemmata , tra quel buio rotto ma non vinto da quelli strani bagliori o da quel rumore fluttuante . E una fantasia mi assalì , non ella fosse per avventura una delle Ore che attorniano il carro di Febo trionfante per l ' erte del cielo , e che attratta da un mago nordico nella notte del medio evo e imprigionata in quel castello di preti si affacciasse a vedere se anche venisse il momento di slanciarsi a volo dietro il carro del dio risalente . Ma la torre intanto del Potestà in quell ' emisfero di tenebre superiore si coronava di luce ; e io che ho pratica grande con quei monumenti , e ne so , massime di notte , tutti i segreti , vidi Enzo re di Sardegna ritto in piedi tra ' merli , senza spada e senz ' elmo , appoggiata la sinistra su lo scudo con l ' aquila nera dell ' impero e la destra su ‘ l petto ; e salutava e sorrideva , biondo anch ' egli e mestamente sereno . San Petronio taceva ; se non che quando un insolente riflesso di bengàla osava spingersi a quell ' ardua sua fronte ciclopica , cui questa grande intelligenza borghese vorrebbe appiccicare la maschera bianca d ' una facciata , pareva corrugarsi di dispetto : il vecchio gigante ingrugnato pensava ancora al suo piccolo comune trionfatore di re e di duchi , e non conosceva o non volea riconoscere . Gli entusiasmi andarono crescendo e vampeggiando più accesi il giorno appresso . Ai fuochi d ' artifizio e di frasi della gente per bene e sennata io non credo e non bado o rispondo con motti . Ma l ' entusiasmo degli artieri , dei lavoranti , dei facchini , l ' entusiasmo delle donne e dei ragazzi , mi trascina , mi eleva , m ' inumidisce qualche volta gli occhi . Ecco , io dico , questa parte men ragionevole e men culta , affermano , della razza umana , della razza in cui il primo e naturale reciproco saluto tra due individui che si riscontrino nella selva primitiva o nella selva civile è Io ti voglio mangiare o Io ti voglio ingannare ; questa parte men ragionevole e men culta di un popolo , il quale da molti e molti secoli credé ( le eccezioni confermano ) e crede che oltre e sopra la fisica tutto al mondo è impostura e ciarlataneria , che bisogna per altro mantenere pur con la forza per amore delle armonie sociali ; ecco , questa parte della razza feroce , questa classe del popolo scettico , si espande ancora spontanea ad amare e credere e godere qualche cosa fuori di sé , che a lei non giova ; l ' ideale . Perché , non mi si esca fuori con la servilità , con la viltà , con l ' ignoranza e con simili frasi fatte . Quei facchini , quei ragazzi , quelle donne , che sperano o che si ripromettono da que ' due giovani per sé ? D ' esser fatti ministri , come voi , repubblicani e papalini e borbonici dell ' altr ' ieri ? Di avere una prefettura o un posto di canattiere , uno spaccio di tabacco o una cattedra d ' economia ? No . La monarchia fu ed è un gran fatto storico , e rimane per molta gente una idealità realizzata : e il popolo acclama in que ' due giovani a punto una idealità realizzata . Di due sorte re ha la gente ariana : il conning germanico , quello che è forte ; il rex latino , quello che regge : nel primo , che vien da Dio , il popolo adora chi l ' ha fatto forte , Dio : nel secondo , che procede dall ' elezione , il popolo vede e riconosce la forma e il fine del reggimento , la legge e la patria . Ecco tutto . Altre idealità dovranno realizzarsi : va bene . O , più tosto , altre realità avverranno , che idealizzarsi non devono : va benissimo ; e vedremo . Queste cose io filosofo peripatetico andavo rimuginando sotto i portici del Pavaglione tra la folla . E mi fermai al negozio Zanichelli . Dove indi a poco entrò un signore , vecchio oltre gli ottanta , e dimandò volgendosi attorno Ma dove sono i repubblicani ? In Italia repubblicani non ce ne può essere ; o , se ce n ' è , non sono italiani . Io guardai quel vecchio signore ; poi volgendomi a un giovine dissi : Ecco , io son uno ; e al di là delle Alpi credono che io sia italiano . E la mattina di poi andai ad ossequiare i Reali d ' Italia . La mia bambina piccola mi disse Salutami la Regina . Ella ha nome Libertà ; e l ' augurio fu buono . Aspettando nell ' anticamera la nostra volta ( l ' anticamera era divisa in due spartimenti , in uno gli ufficiali , nell ' altro gli abiti neri ) io pensava meco stesso come io sapessi benissimo che fosse un re . Il re è un uomo allevato , vestito , decorato , stipendiato , nominato e salutato in una maniera convenuta , al quale anche si presta da alcuni o da molti leale e onorata obbedienza come da altri si fanno vili e perfide adulazioni . Ma in fondo il re è un essere governato , il quale dee moversi a posta di questo e di quello e cedere a esigenze e imperii anche impersonali . Sua Maestà è il più governato dei sudditi di Sua Maestà . Io per me non vorrei esser re , né meno per proclamar la repubblica . Ma il mondo quale ce lo siamo fatti o lo concepiamo e lo percepiamo noi è tutto fittizio : il discendente di Prometeo , animale plastico e artistico per eccellenza , fa suoi idoli diversi , e li vagheggia e adora o li vitupera e batte , perché rapito all ' ammirazione o all ' odio della sua idea nella imagine figurata dimentica che è opera sua , o perché l ' ha fatta a posta per isfogarci sopra i suoi capricci . E seguitavo discorrendo tra me e me . Io non ho per casa Savoia le antipatie , per esempio , della democrazia lombarda , suggellate in pagine di fuoco da Carlo Cattaneo . Degli Estensi non ce ne sono più e furon tutti mediocri : i Medici anche finirono come doveva finire una famiglia di banchieri illustrata dalla porpora e non dalla corazza : né la corazza deterse i Farnesi dalla macchia originale d ' esser figli di preti . Dunque , se il popolo italiano , persuaso non si potesse unificare la patria senza la monarchia , chiamò i Savoia , che colpa ne hanno essi , amico Alberto Mario ? L ' ambizione storica e politica della dinastia sarebbesi probabilmente limitata all ' Italia superiore : noi , noi stessi , Giuseppe Mazzini a capo , la tirammo nell ' Italia centrale : il Generale Garibaldi le conquistò il mezzogiorno e la conquistò al mezzogiorno . Ora , grazie a quella tendenza plastica dell ' animale umano a realizzare personalmente le sue idealità per poterle efficacemente adorare o vituperare a sua posta , il capo della famiglia di Savoia rappresenta l ' Italia e lo stato . Dunque viva l ' Italia ! Valletti , alzate la portiera , e passiamo a inchinare il Re . E la Regina ancora , l ' eterno femminino . Ella stava diritta e ferma in mezzo la sala ; e il Re , da parte , verso una finestra , passava , parlando accalorato e con forti strette di mano a tutti , di cerchio in cerchio . Benedetto Cairoli , raccolto nel suo giubbone di ministro , s ' era riparato in un canto ; e di lì , tal volta passando la mano destra sui mustacchi memori di una castanea sincerità e su la bocca sorridente , come per accarezzarsi , tale altra appoggiando il gomito sinistro a una colonna , mandava intorno intorno lo sguardo scintillante di contentezza . Diffuso era per gli occhi e per le gene di benigna letizia , in atto pio , quale a tenero padre si conviene . E avea ragione . Cotesto superstite d ' una famiglia di cittadini morti tutti per la patria ; cotesto cittadino che aveva il solo , assai curioso per un soldato , titolo di dottore ; cotesto uomo che camminando zoppica un po ' sempre e si appoggia volentieri al braccio di chi lo avvicina , Benedetto , in fine , come noi lo chiamiamo ; in quei giorni sorreggeva egli e portava e presentava agli entusiasmi del popolo d ' Italia la più antica famiglia reale d ' Europa , due giovani , cui la morte improvvisa del padre , forte ed esperto nocchiero , avea slanciato d ' un tratto nel difficile mareggio del regno e della popolarità . La Regina intanto , senza darsene l ' aria e non essendo nella sala né men l ' apparenza del trono , troneggiava ella da vero in mezzo . Tra quelli abiti neri a coda , come si dice , di rondine , e quelle cravatte bianche , ridicole insegne d ' eguaglianza sotto cui l ' invidia cinica del terzo stato accomunò l ' eroe al cameriere , ella sorgeva con una rara purezza di linee e di pòse nell ' atteggiamento e con una eleganza semplice e veramente superiore sì dell ' adornamento gemmato sì del vestito ( color tortora , parmi ) largamente cadente . In tutti gli atti , e nei cenni , e nel mover raro dei passi e della persona , e nel piegar della testa , e nelle inflessioni della voce e nelle parole , mostrava una bontà dignitosa ; ma non rideva né sorrideva mai . Riguardava a lungo , con gli occhi modestamente quieti , ma fissi ; e la bionda dolcezza del sangue sassone pareva temperare non so che , non dirò rigido , e non vorrei dire imperioso , che domina alla radice della fronte ; e tra ciglio e ciglio un corusco fulgore di aquiletta balenava su quella pietà di colomba . Delle soavità di colomba , de ' sorrisi più rosei , ella , la discendente degli Amidei e di Vitichindo , è cortese al popolo : in palazzo è regina . E se io le dissi Signora , non è vero che mi correggessi Volevo dire Maestà , non sono avvezzo a parlare con le regine . Cotesto è un madrigale ignorante . Come al Re nel vocativo si dice Sire , così alla Maestà della Regina d ' Italia si dice Signora , come Senora a quella di Spagna e Madame a quella di Francia quando ce n ' era . Cortigiani delle gazzette , imparate almeno le prime creanze del servaggio . Tali le impressioni e le ricordanze che di Sua Maestà la Regina d ' Italia io riportai e conservai da palazzo . Dove gentiluomini tutti croci e colonnelli tutti oro mi furono d ' intorno con grandi carezze , e mi lisciavano il pelo come a una belva oramai addomesticata 23 dec . 1881
Saggistica ,
Nota dell ' autore Nel levare per l ' ultima volta la mano da questi Discorsi , mi fo lecito di avvertire , che , sebbene finiti soltanto oggi , furono da assai tempo incominciati e maturati , e scritti anche e pubblicati in parte . Qualche germe o idea ne gittai già nel discorso Di un migliore avviamento delle lettere italiane moderne al proprio loro fine , che servì d ' introduzione al Poliziano , specie di periodico letterario fiorentino nato e morto nel 1859 . Di non poche osservazioni e giudizii intorno al secolo decimoquinto , che sono nel discorso quarto , mi giovai per il saggio Delle poesie toscane di messer Angelo Poliziano , messo innanzi alla edizione delle Stanze , Orfeo e Rime di quel poeta curata da me e pubblicata da G . Barbèra , Firenze , 1863 . Un breve compendio di tutti cinque lessi all ' Ateneo italiano in un ' adunanza tenuta per le feste del centenario di Dante ; e fu pubblicato quasi per intiero dalla Rivista italiana di scienze lettere ed arti stampata allora in Firenze ( anno VI , n . 248 , 16 ottobre 1865 ) . Molta parte del discorso secondo uscì nel vol . XIII , fasc . IV , della Nuova Antologia ( aprile 1870 ) con questa intitolazione , Dello Svolgimento letterario in Italia nel sec . XIII ; e quasi tutto il terzo uscì , intitolato Firenze e il triumvirato letterario del sec . XIV , nel vol . XIX , fasc . I ( 1 gennaio 1872 ) dello stesso periodico . Ora io non dico già di rifiutare ( che sarebbe troppo superbo e troppo umil vocabolo ) coteste pubblicazioni oramai vecchie e fatte a pezzi e brani e con errori non imputabili a me , ma prego , ove fosse il caso , di esser letto e giudicato nella presente , sola compiuta . ( 30 maggio 1873 ) DISCORSO PRIMO Dei tre elementi formatori della letteratura italiana : l ' elemento ecclesiastico , il cavalleresco , il nazionale . I . V ' imaginate il levar del sole nel primo giorno dell ' anno mille ? Questo fatto di tutte le mattine ricordate che fu quasi miracolo , fu promessa di vita nuova , per le generazioni uscenti dal secolo decimo ? Il termine delle profezie etrusche segnato all ' esser di Roma ; la venuta del Signore a rapir seco i morti e i vivi nell ' aere , annunziata già imminente da Paolo ai primi cristiani ; i pochi secoli di vita che fin dal tempo di Lattanzio credevasi rimanere al mondo ; il presentimento del giudizio finale prossimo attinto da Gregorio Magno nelle disperate ruine degli anni suoi ; tutti insieme questi terrori , come nubi diverse che aggroppandosi fan temporale , confluirono su ' l finire del millennio cristiano in una sola e immane paura . - - Mille , e non più mille - - aveva , secondo la tradizione , detto Gesù : dopo mille anni , leggevasi nell ' Apocalipsi , Satana sarà disciolto . Di fatto nelle nefandezze del secolo decimo , in quello sfracellarsi della monarchia e della società dei conquistatori nelle infinite unità feudali , in quell ' abiettarsi ineffabile del ponteficato cristiano , in quelle scorrerie procellose di barbari nuovi ed orribili , non era egli lecito riconoscere i segni descritti dal veggente di Patmo ? E già voci correvano tra la gente di nascite mostruose , di grandi battaglie combattute nel cielo da guerrieri ignoti a cavalcione di draghi . Per ciò tutto niun secolo al mondo fu torpido , sciagurato , codardo , siccome il decimo . Che doveva importare della patria e della società umana ai morituri , aspettanti d ' ora in ora la presenza di Cristo giudicatore ? E poi , piuttosto che ricomperarsi una misera vita coll ' argento rifrugato tra le ceneri della patria messa in fiamme dagli Ungari , come avean fatto i duecento sopravvissuti di Pavia , non era meglio dormire tutti insieme sepolti sotto la ruina delle Alpi e degli Appennini ? Battezzarsi e prepararsi alla morte , era tutta la vita . Alcuni , a dir vero , moveansi : cercavano peregrini la valle di Josafat , per ivi aspettar più da presso il primo squillo della tromba suprema . Fu cotesto l ' ultimo grado della fievolezza e dell ' avvilimento a cui le idee degli ascetici e la violenza dei barbari avevano condotta l ' Italia romana . E che stupore di gioia e che grido salì al cielo dalle turbe raccolte in gruppi silenziosi intorno a ' manieri feudali , accosciate e singhiozzanti nelle chiese tenebrose e ne ' chiostri , sparse con pallidi volti e sommessi mormorii per le piazze e alla campagna , quando il sole , eterno fonte di luce e di vita , si levò trionfale la mattina dell ' anno mille ! Folgoravano ancora sotto i suoi raggi le nevi delle Alpi , ancora tremolavano commosse le onde del Tirreno e dell ' Adriatico , superbi correvano dalle rocce alpestri per le pingui pianure i fiumi patrii , si tingevan di rosa al raggio mattutino così i ruderi neri del Campidoglio e del Fòro come le cupole azzurre delle basiliche di Maria . Il sole ! Il sole ! V ' è dunque ancora una patria ? v ' è il mondo ? E l ' Italia distendeva le membra raggricciate dal gelo della notte , e toglieasi d ' intorno al capo il velo dell ' ascetismo per guardare all ' oriente . II . Di fatti sin nei primi anni del secolo undecimo sentesi come un brulicare di vita ancor timida e occulta , che poi scoppierà in lampi e tuoni di pensieri e di opere : di qui veramente incomincia la storia del popolo italiano . Gl ' imperatori sassoni , intendendo a frenare l ' anarchia ribelle dei grandi feudatari , ne avevano spezzato i possedimenti , e , confinando essi nelle contee della campagna , avevan trasmesso ai vescovi la signoria delle città . Vero è che la corruzione già grande della chiesa spirituale ne divenne maggiore ; ma ne crebbe anche , anzi ne rinacque , la virtù dell ' elemento romano ; poiché i vescovi , o per essersi il clero mescolato ai nazionali conquistati e per essere in parte nazionale esso stesso , o per tener fronte ai feudatari della campagna , si aiutarono del popolo e soffiarono nelle ceneri ancor calde del municipio . Cresciuta intanto la corruzione ecclesiastica , i primi imperatori salici vollero aver la funesta gloria di purificare e riformare la chiesa . Ora la chiesa purificata , vale a dire , risanata e rinsanguata , con quel suo romano organamento rafforzatosi nei secoli , era naturale che non volesse sopra di sé padroni . Non era ella successa nelle tradizioni unitarie all ' antico impero , avendo suoi prefetti i vescovi per tutto l ' occidente ? non era ella che avea creato l ' impero nuovo ? Quindi la ruina della casa salica e del dominio tedesco . Gregorio VII , toscano e di popolo , apparisce nella istoria come un muro ciclopico delle città etrusche presso cui era nato : nell ' urto contro di lui , le labarde tedesche volano in ischegge ; e come ai promontorii della sua nativa maremma l ' onda del Mediterraneo , schiuma impotente a ' suoi piedi la rabbia dell ' imperator salico . Noi né compiangeremo quell ' imperatore né oltraggeremo quel papa : lasciamo certi sfoghi all ' arcadia ghibellina di coloro che odian Pietro per amore di Cesare , e ammiriamo il popolo ; il popolo italiano che , in mezzo a quel fracasso di tutta Europa , fattosi avanti senza rumore , nelle città riprende ai vescovi diritti e regalie , nelle campagne batte i feudatari , e un bel giorno piantatosi in mezzo tra i due contendenti li squadra in aria di dire : Ci sono anch ' io . I due contendenti allora si porsero in fretta la mano , perocché intesero troppo bene che cosa quel terzo venuto volesse . E indi a pochi anni Arnaldo da Brescia lo gridò alto - - Né papa né imperatore . Risaliamo il Campidoglio , e ristoriam la repubblica - - . L ' Italia s ' era rilevata appoggiandosi d ' una mano alla croce di Cristo , ma ben presto aveva disteso l ' altra a ricercare tra le rovine di Roma i fasci consolari . Il moto politico necessariamente commosse gl ' ingegni e le facoltà artistiche , indirizzando queste nel campo della vita effettiva , quelli alla coltura specialmente civile . E già sull ' aprire del secolo decimoprimo il tedesco Vippone proponeva ad Arrigo II l ' esempio degl ' italiani , che tutti facevano ai figliuoli sin dai primi anni imparare , non che lettere , la propria legge ; e , su ' l fine del decimosecondo , Corrado abate urspergense gli ammirava « agguerriti , discreti , sobrii , parchi nelle spese non necessarie , e soli tra tutt ' i popoli che reggansi a leggi scritte » : stoffa repubblicana in somma d ' uomini pratici , dalla quale non v ' è speranza di tagliare trovatori e menestrelli e perdigiorni poetici . E le città , ferventi di popolo nuovo , s ' arricchivano d ' officine e si munivano di costruzioni da guerra contro gl ' imperatori ed i nobili del contado ; poi , vinti questi e costrettili a farsi cittadini , elle spingevano al cielo altrettante torri quante eran le case , arnesi di battaglia sociale , necessaria e feconda , tra due ordini della nazione ; poi , impetrando da Dio la confermazione della libertà che si andava conquistando , gl ' inalzavano tempii eguali nella grandezza all ' animo d ' un popolo che solo nel cielo poteva accettare un re . Su ' l finire del secolo decimosecondo fu anche in Italia un gran fabbricare di basiliche e domi : era un festeggiare il risorgimento , un attestar la fidanza ; « era , scrive con grottesca evidenza un cronista alemanno , come se il mondo , scossa da sé la vecchiezza , si rivestisse per tutto d ' una candida veste di chiese » . Né gli scrittori mancarono ; latini , s ' intende : incomincia allora ne ' due primi campi d ' azione della penisola , il settentrione e il mezzogiorno , la storia secolare , comunale o monarchica ; e compariscono alfine gli storici cittadini . E rilevanti sono le attinenze tra gli scrittori latini di questi due secoli e gli scrittori volgari dei susseguenti , e notevolissima ed evidente l ' aria di famiglia . I cronisti democratici milanesi arieggiano assai i guelfi Villani , come il monarchista siciliano Falcando può in qualche parte esser paragonato al cittadino di parte bianca Compagni . Certamente Gherardo da Cremona , che per amore della scienza si esiglia e muore tra gli arabi di Spagna , è anticipata imagine degli eruditi del secolo decimoquinto . E gli Accursi e Cino da Pistola e Bartolo non fanno che seguitare a svolgere l ' opera d ' Irnerio ; e Tommaso d ' Aquino riassume e compie Anselmo d ' Aosta e Pietro Lombardo , i due institutori della scolastica nel secolo decimoprimo e decimosecondo , della scolastica che empie della sua prevalenza o della resistenza tutti i tre secoli della letteratura originale . In somma , uno è il fondo ; la diversità è della lingua . Ma con tutto questo non prima del trecento poté l ' Italia comparir degnamente nel campo dell ' arte . Chi ripensi la storia politica nostra dei secoli duodecimo e decimoterzo e riguardi poi alla letteratura di essi secoli , quegli anche crederà di leggero che a tanta mole di fatti non si agguagliasse di certo la gloria degli scritti . E già la lingua nuova più tardi che altrove fu qui levata all ' uso letterario : poi la nostra prosa e poesia per tutto quasi il duecento fu in gran parte eco di letterature straniere . Come ? La Spagna ha già tessuto la leggenda del Cid campeggiatore , la Francia settentrionale ripete da molti anni le sue canzoni di gesta e svolge quasi a trastullo i lunghi cicli delle sue cento epopee , esulta in mille forme la lirica su la mandola del trovatore di Provenza e sul liuto del minnesinghero nei castelli della verde Soavia e della Turingia , la Germania ha già fermato in un ' ultima composizione il suo poema nazionale ; e l ' Italia non fa che ricantare o rinarrare balbettando quel che fu già cantato in lingua d ' oc e in lingua d ' oil ? Si , ma intanto ella ha constituito a repubblica i suoi comuni ; ella ha fiaccato l ' impero e fa già paura al papato . Non vale tutto ciò una epopea a stanze monoritme ? Ella ha ristaurato il diritto romano , ed instaura i codici di commercio nell ' Europa feudale ; ella pe ' l commercio dominatrice d ' Europa cuopre di legni il Mediterraneo , dispensiera delle ricchezze d ' oriente spinge le sue peregrinazioni fino alla Cina ed al Malabar : ciò le scusa il difetto di canzoni originali . L ' italiano non è popolo nuovo : altrove dalla mistura dei galloromani e degl ' iberi coi burgundi coi vandali coi franchi coi goti escono i provenzali i francesi i catalani i castigliani : qui permane l ' Italia , qui l ' Italia delle confederazioni umbre latine sannitiche liguri etrusche , l ' Italia della guerra sociale , risorge dalle ruine di Roma . L ' Italia ha dunque un principio di civiltà proprio ed antico ; e , quando sarà tempo che questo sormonti agli altri principii i quali dettero una prima e nuova civiltà al resto d ' Europa , allora anche l ' Italia avrà una letteratura . Come due astri , riprendendo la solenne metafora , guidavano la società umana per la età di mezzo , il papa cioè e l ' imperatore ; così due erano i principii più generali di quella civiltà letteraria comune a tutta l ' Europa , l ' ecclesiastico e il cavalleresco . L ' Italia ebbe di proprio i comuni e l ' elemento romano e popolare . III . Discorrere del principio ecclesiastico , e pur della parte che egli ebbe nel soggetto dell ' arte e della letteratura , è cosa difficile e non senza odio ; né io vorrei disconoscere quel bene che la morale evangelica penetrata nelle instituzioni e nei costumi possa avere operato . Se non che , la morale evangelica quando mai regnò ella , sola e pura , su la società del medio evo ? e l ' età dell ' oro del cristianesimo non la vediamo noi , a mano a mano che risalgasi la storia , allontanarsi più sempre e dileguarsi nel buio delle catacombe ? e la comunione di Gesù dove fu ella , dopo la morte degli apostoli ? La idea religiosa dunque , la chiamerò così però che nei tempi di mezzo religione e cristianesimo fu tutt ' uno , la idea religiosa , chi la riguardi nel movimento letterario , si porge molto complessa ; ma più specialmente si manifesta per due guise d ' azione e con due forme : ascetica ed ecclesiastica . Nella sua parte ascetica , il cristianesimo rimane orientale , e ritiene la immobilità , e impone l ' annegamento del finito nell ' infinito e dell ' uomo in Dio : nella parte ecclesiastica , si fa romano , ed appropriandosi quale retaggio le tendenze universali e le tradizioni eclettiche dell ' impero trasforma a sua foggia il paganesimo sensuale delle genti latine e il paganesimo naturale delle germaniche per servirsi dell ' uno contro l ' altro e vicendevolmente modificarli . Tra spirito e materia , tra anima e corpo , tra cielo e terra non v ' è mezzo : lo spirito l ' anima il cielo è Gesù ; la materia il corpo la terra , Satana . La natura il mondo la società è Satana ; il vuoto il deserto la solitudine , Gesù . Felicità , dignità , libertà , è Satana ; servitù , mortificazione , dolore , Gesù . E questo Gesù è soave tanto da scendere co ' l perdono e con l ' amore fin tra i dannati ; ma a patto che prima sia l ' inferno nell ' universo . Questa l ' idea della perfezione cristiana , la cui più alta astrazione non manifestasi già nei martiri e nei controversisti , nei quali il fervor della lotta manteneva ancora l ' agitazione del sangue ; ma il suo fior più puro , le cui acute fragranze inebrian di morte , è l ' asceticismo monastico . La stoltezza della croce , l ' obbrobrio del mondo , la sete del dissolvimento , la rinnegazione della vita , questo è la legge e la filosofia : i Santi Padri del deserto sono la storia eroica plutarchiana . Nei funerali pagani le fiamme de ' roghi accompagnavano splendidamente l ' ultimo addio dell ' anima al corpo , e le belle urne cinerarie o negli atrii delle case e nelle vie popolose rammemoravano le virtù civili degli estinti o commovevano pietosamente gli affetti dei vivi : i miasmi della putrefazione nel santuario cristiano ammoniscono di continuo l ' uomo della viltà sua , e gl ' ispirano a un tempo il disgusto dell ' essere e l ' orrore del nonessere . Tutto rappresenta la morte ; e il dio crocefisso e gli ossami e gli scheletri esposti alla venerazione su gli altari han preso il luogo di Apollo e Diana , che lanciavansi , giovenili forme divine , dal marmo pario negli spazi della vita . E pure , no ' l negherò già io , quelle idee e quelle rappresentazioni furono storicamente necessarie ad abbattere pur una volta la sozza materialità dell ' impero e ad atterrire i Trimalcioni dell ' aristocrazia romana , tiranni godenti del mondo ; furono necessarie a contenere la materialità selvaggia de ' barbari , a infrenare la forza cieca e orgogliosa dei discendenti di Attila di Genserico di Clodoveo : con tanta carne e tanto sangue un po ' d ' astinenza ci voleva . E Gesù consolò molte anime d ' oppressi , asciugò molte lacrime di schiavi : nella servitù generale la chiesa del figliuol del legnaiuolo era pur sempre il ricovero della libertà e dell ' eguaglianza . Ma con idee e con rappresentazioni sì fatte non vi può essere arte umana ; anzi non vi può essere arte del tutto : non è ella in vero anche l ' arte vanità terrena , distrazione dell ' anima , peccato ? L ' anima cristiana può bene dinanzi a ' suoi fantasmi prorompere in un grido di terrore , di pietà , di adorazione ; può co ' suoi fantasmi profondarsi in sé stessa e sublimarsi negli spazi dell ' infinito ; può col pensiero sfrenato dalla solitudine nel vuoto rigirarsi sopra sé quasi con tanti molinelli fino alla vertigine : ecco il cantico , la visione , la meditazione ; ecco la Dies irae di Tommaso da Celano , lo Stabat mater di Jacopo da Todi , il Pange lingua di Tommaso d ' Aquino , le tre più grandi odi cristiane ; ecco la Imitazione di Cristo , il più sublime libro religioso del medio evo e un de ' più dannosi libri del mondo ; ecco le mille visioni stupende e stupide . Ma tutto questo è arte ? No . Tanto è vero , che , se i critici e i retori del rinascimento han disdegnato coteste scritture come monumenti letterari , i dogmatici e i fedeli si scandalizzano quando i critici e gli estetici odierni le discutono e le trattano come monumenti letterari . Tra l ' aspirazione cristiana e l ' arte v ' è odio . Tuttavia quelle idee e quelle rappresentazioni , né pur questo io negherò , non furono senza utili effetti su l ' arte moderna . Sembra , per esempio , che quel senso profondo della così detta letteratura interiore , da Dante e dal Petrarca al Rousseau e allo Chateaubriand e a ' più recenti , siasi per grandissima parte educato nel raccoglimento cui il cristianesimo avvezzò le anime , nell ' analisi della lotta de ' due Adami entro l ' uomo , tanto paventata ed esecrata , ma pur riconosciuta e studiata dagli osservatori cristiani . Non che il sentimento del mondo interno mancasse agli antichi ; ma per essi avea sempre del naturale , del materiato , carne e colore . La poesia intima cristiana invece sente l ' estenuamento e ha dell ' infermo : ricorda il febbricitante che si tócca il polso e guardasi l ' unghie , e l ' etico che si mira allo specchio e si palpa le braccia smunte e si tenta il petto . Sarà la malattia della conchiglia che produce la perla , ma è malattia . Questo , l ' ascetismo puro : veniamo ora al principio ecclesiastico misto . Perocché durar sempre così non potevasi : e la chiesa fattasi , dopo la distruzione dell ' antico impero , romana ella , pur serbando fede teoricamente al suo ideale , riconobbe quel non so che di pagano , che , a confessione di Agostino , è pur sempre insito nell ' uomo ; e seppe giovarsene . Così , passati i primi furori , santificò il colosseo piantandovi la croce ; raccolse nel panteon le ossa dei martiri ; dedicò a Maria i tempii di Vesta ; dei numi agresti e dei semòni delle campagne italiche , che si ostinavano a rimanere in vita , fe ' santi ; di quelli delle selve germaniche , demoni e mostri ; e così contentando l ' un popolo e l ' altro preparò materia al lavoro fantastico . Ancora : anatemizzò i mimi su le piazze , ma gli ribenedisse nei vestiboli delle chiese e gli accolse a mezzo la celebrazione della messa ; proscrisse i poeti gentili , ma vestì delle loro spoglie i suoi santi . Quasi allo stesso modo si comportò con la scienza . Distruggere tutta la civiltà passata non era né possibile né utile : onde cominciò dal cercare un accordo tra la filosofia pagana e i suoi dogmi , traviando in principio nelle scuole alessandrine : sopravvenute poi l ' età grosse della barbarie , come avea imposto il nome di Maria al tempio e al culto di Vesta , così indossò alla scienza la tonaca della teologia : indi all ' ombra dei chiostri , con lento processo , nel quale alla larghezza dei primi filosofi preferì l ' angusto metodo dei compilatori del decadimento e dei commentatori , ella pervenne a cristallizzare il sistema aristotelico nella scolastica . Quanto alle forme , avversata in principio la chiesa dall ' aristocrazia politica e letteraria di Roma e ogni forza riconoscendo dalla plebe , il suo processo , anche in letteratura , cominciò popolare . Dello scadere la lingua e letteratura romana non fu la chiesa cagione primissima , ma certo vi conferì potentemente aiutando co ' suoi scrittori lo scompaginarsi della sintesi grammaticale e della metrica , nobilitando nelle predicazioni e ne ' libri il sermone rustico e la locuzione volgare e il ritmo negl ' inni . Per tanto ella fu da prima instrumento efficacissimo alla formazione delle lingue e letterature nuove , alle quali partecipò dell ' ispirazione e dell ' afflato orientale : ma , come ogni forza , giunta che sia a condizione di potenza , diviene di natura sua conservatrice , così la chiesa , dinanzi ai barbari e anche dinanzi al prorompere d ' un ' altra forza , la popolare , nella manifestazione delle lingue nuove , si atteggiò a conservatrice , e gelosa , della lingua latina : con che , tenendo ella dello stile viziato dei tempi del decadimento romano , fu cagione principalissima di quel fare concettoso , artifizioso , scolastico , di quella servilità precoce , che regna nell ' opera letteraria del medio evo . Del resto , conservando la lingua latina e spingendola anche oltre il termine delle antiche colonie romane , facendone per questa guisa il veicolo onde tutte le tradizioni e le cognizioni dell ' Europa s ' incontrarono e mescolarono tra loro , la chiesa compieva un alto officio : succedendo nell ' opera dell ' unificazione civile all ' antico impero , ella manteneva a suo modo la romanità dell ' occidente ; romanità , glorioso vocabolo , trovato da uno de ' suoi , da Tertulliano . Ma ciò tutto in fondo è poco artistico , bisogna pur confessarlo . O sia che il tipo letterario ecclesiastico è troppo complesso e resulta d ' elementi troppo eterogenei , o sia che esso il cristianesimo puro è troppo fuor della natura , cotesta religione non ha inspirato che la lirica e la meditazione : un ' epopea evangelica , un dramma cristiano , per intiero , non è mai riuscito . Ma parzialmente il principio religioso penetrò tutte quasi le forme artistiche : ma nel medio evo la chiesa cristiana , conservatrice unica d ' una gran lingua , d ' una letteratura e d ' una scienza , si mescolò a tutto ; a tutto attaccò quella febbre , quel mal essere , quella nervosa tensione di idee ascetiche e incivili ed egoistiche , che han fatto del mondo , del sano e luminoso mondo dei Greci , un ospitale , dalla cui mefite non riesce né pure oggi a noi di trarci fuora , o ce ne leviamo indolenziti . O come avrebber potuto trarsene gli uomini del medio evo ? Perocché dove non è la chiesa nel medio evo ? Ella restituisce l ' impero , o lo combatte ; ella benedice la cavalleria , o la scomunica ; ella favoreggia i comuni , o gl ' invade ; ella canonizza i dotti , o gli brucia . Tanto meno poteva a questo predominio sottrarsi la letteratura in Italia ; ove la chiesa aveva accettato e nobilitato la sensualità pagana ; ove , mescolando i suoi spiriti invasori e ambiziosi negli odii nazionali contro lo straniero ed i nobili , erasi insinuata in tutte quasi le nuove instituzioni ; ove asseriva a sé il vanto della conservata civiltà antica . IV . Di faccia alla chiesa sorge la barbarie , o , diciam meglio , la società di conquista , rappresentata nella civiltà e nella letteratura cavalleresca . Ma dell ' elemento cavalleresco , per quanto diversamente si modificasse nelle sue molteplici congiunzioni al genio paesano , non dubitiamo asserire che fu straniero fra noi e importato . È esso l ' espressione artistica di quella generazione che le conquiste longobarde franche sassoni alemanne lasciarono su ' l nostro suolo , di quella generazione che , per le origini sue germaniche tenendo all ' individualismo , si ordinò nella feudalità , fiorì vigorosa da Carlomagno al Barbarossa , e prima ribellante si legò poi per la maggior parte agl ' imperatori nelle guerre d ' investitura e contro i comuni , sin che vinta da questi si assembrò entro un cerchio di mura coi vincitori , durando tuttavia la primitiva e necessaria discordia nelle parti e nei nomi di ghibellini o di grandi , di guelfi o di popolo . Ella ebbe le ispirazioni e le forme dell ' arte fuori d ' Italia : di qual maniera , vediamo . Fermatisi gl ' invasori con obblighi da prima reciproci su le terre conquistate , da poi col mutar delle signorie e col mancar d ' una supremazia legislativa certa raggiunsero quella indipendenza individuale , che è un istinto speciale delle razze germaniche . Ne vennero quelle forze personali dominanti la scomposta società del medio evo , rappresentate nei tipi dell ' epopea romanzesca ; la quale , vero mito della società feudale , ha tanti protagonisti quanti attori , tanti episodi quanti i fatti dei singoli eroi . Allora accadde che la società barbarica si scompose in mille piccole unità ; e un sol diritto parea presso ad emergere dall ' anarchia europea , quel della forza . La chiesa accorse al riparo tentando di collegare e disciplinare sotto un vincolo religioso tanta baldanza di personalità vigorose . A tutelare la società dalla forza brutale con la forza disciplinata ne risultò la cavalleria : della quale non può negarsi essere stati ecclesiastici i cominciamenti , chi pensi alle forme religiose che ne consacravano i diversi gradi e al mito del sangraal , che altro non è se non simbolo dell ' eucaristia . Cotesti uomini , o raccolti nella vita dei castelli solitari o agitati nei contrasti di quella cupa lor società , nutriron forti gli affetti , il culto delle tradizioni della famiglia e dell ' ordine loro , il sentimento dell ' onore , l ' amore dagl ' instituti germanici e dalle dottrine cristiane fatto più severo e ideale . Ma i sentimenti , per forti che siano , hanno , a tradursi nell ' arte , bisogno d ' un attrito col mondo esteriore ; e i baroni , sol quando riuniti su ' l campo delle crociate , trovarono al principio cavalleresco la forma estetica . Allora le tradizioni delle varie genti si fermarono in un ' epopea nuova ; e la chiesa , che prima le aveva riprovate e tentato distruggerle nella forma dei canti nazionali , le consacrò col suggello della religione ; e religione , amore , onore , individuità , avventure informarono quelle mille epopee che non hanno né oggetto né termine . Il sentimento delle nuove razze del medio evo , così intenso per lo innanzi nella solitudine , evaporò a poco a poco in una folla di parvenze bizzarre , che si accavallavano le une alle altre tumultuando e sfumavano a un tratto . Termini di tempi , di luoghi , di genti scomparvero ; e una metafora originava gli eroi e le geste . Ora tutto ciò non potea convenire con gli spiriti romanamente pratici e sociali del popolo italiano : di più l ' ordine feudale da cui moveva e a cui ritornava la poesia cavalleresca , rimanendo tra noi senza un centro monarchico nazionale , fu ben presto sopraffatto dall ' elemento indigeno e cittadino con cui per gran parte si fuse : il perché non ebbe mai l ' Italia né cavalleria vera né vera poesia cavalleresca , della quale attinse le materie e le forme al di fuori , per trasmutarle e rimaneggiarle . V . Il principio ecclesiastico dunque era comune a tutta la cristianità , comune a tutta la feudalità europea il principio cavalleresco ; né abbiamo ancora trovato un che di speciale all ' Italia . In fatti , fino a un certo punto dei nostri annali , del solo elemento straniero e della razza dominatrice è l ' istoria ; e che osi affrontarla con ardimento che talvolta veste sembianze di opposizione nazionale e democratica non v ' è che il chiericato . Ma intanto , all ' ombra della chiesa , un terzo elemento dalle gilde commerciali e dalle maestranze delle arti avanzava a poco a poco alla massa alla credenza al comune , e nelle contese tra pontefici e imperatori sorse , terzo e più vero potere , fin allora sconosciuto ed oppresso ; ma con lui e per lui stava il diritto e la forza e l ' avvenire ; e chiamavasi , con nome nella storia d ' Italia eternamente memorando , il popolo . Quel popolo , che altrove rimaso terzo stato aiutò i monarchi a snervare ed abbattere il clero e la nobiltà , qui all ' ardita opera procede primo e solo . E , come egli era in effetto il risvegliato elemento romano , così l ' opera sua di civiltà è essenzialmente pratica , e il movimento ideale è di restaurazione e continuazione delle tradizioni antiche . Né queste son fantasie indettate da un postumo classicismo . Interrogate le vecchie cronache delle nostre città ; e udite come tutte amino fidare le loro origini alla protezione del gran nome di Roma , quali germogli novelli sotto la materna ombra dell ' albero antico . Udite , nella canzone delle scólte modenesi che guardano la città dagli Unni , la ricordanza del vegliare di Ettore sopra Troia : udite il favoleggiare delle donne fiorentine su Fiesole e Roma , e i nomi di Catilina e di Cesare innestati alle origini della città guelfa : udite il rapsodo latino della vittoria pisana su i saracini affermare ch ' ei rinnova la memoria degli antichi romani e della guerra cartaginese . Vedete Firenze serbare con gelosa cura il tronco del suo Marte , opporsi Milano che non si abbatta il suo Ercole , Padova mostrar la tomba di Antenore , Mantova stampar nel conio delle monete l ' imagine di Virgilio e cantarne il nome nei sacri ufficii , i pescatori di Messina rinnovare a ogni anno la processione di Saturno e di Rea . Volevasi dimenticare la barbarie impiantatasi su le rovine italiche : in certi giorni , a certe rimembranze , torcevasi quasi la faccia dalla croce di Cristo per salutare ancora una volta gl ' iddii dell ' Italia vittoriosa : il paganesimo perdurava . Della qual devozione alle tradizioni antiche , come , per ciò che spetta a reggimento , fu insigne testimone nel secolo duodecimo Arnaldo , così fu nelle lettere il grammatico Vilgardo , che teneva scuola a Ravenna , nel secolo undecimo . Il quale di tanto amore s ' era preso pei solenni scrittori dell ' antichità , che insegnava doversi a tutti i loro dettati ed in tutto prestare credenza , ed altre cose molte contrarie alla fede ; e credea vedere nella notte le ombre gloriose di Virgilio di Orazio e di Giovenale , che , ringraziatolo del culto onde in secolo infelice ei proseguiva le sacre e diredate lettere , gli promettevano di metterlo a parte della lor gloria . Delirii innocenti dell ' infelice grammatico , se il chiericato desto sempre contro le lettere profane , che gli erano sospette quando non coltivate da lui , non avesse sentenziato le ombre degli antichi poeti esser demonii , lui eretico e condannabile , perocché troppi , aggiungea notabilmente la sentenza , erano in Italia gl ' ingegni macchiati dalla stessa labe . Se non che , questa forza vitale che fermentò lunghi secoli occulta ne ' residui dell ' antica Italia , che fu come il glutine della nuova Italia , che per ciò può dirittamente considerarsi come l ' elemento nazionale , non è del resto un proprio e puro elemento . Ma è anzi una forza complessa , che si spiega per due maniere di azione in effetti , se non opposti , diversi . Per una parte , in quanto ella mira alla ristorazione alla conservazione alla unità nelle forme delle instituzioni e dell ' arte , in quanto ella torna a un ideale di nazione di letteratura di stile , il suo elemento è romano , e l ' azione sua è dotta e aulica : per un ' altra parte , in quanto ella tende al rinnovamento e alla varietà , e si produce nelle mille forme dialettali rapsodiche tradizionali della regione e del comune , il suo elemento è l ' italico della guerra sociale , e l ' azione sua è popolare o plebea . VI . Ora la storia di queste tre varie o forze o elementi , l ' ecclesiastico , il cavalleresco , il nazionale , e dell ' accordo e della discordia tra il misto elemento ecclesiastico e l ' elemento nazionale complesso i quali a diversi fini incontraronsi in un ' azione medesima , e dell ' opera loro di modificazione su l ' elemento cavalleresco il quale in Italia fu soltanto e sempre soggetto e materia , e dell ' ultimo e final dissidio , dopo un momento di armonia , tra que ’ due primi elementi , e della scissione dell ' elemento nazionale vittorioso ne ' suoi due principii , il romano e l ' italico , il dotto e il popolare , e dell ' ultima armonia di essi due principii signoreggianti oramai nell ' ideal della forma tutta la materia soggetta del medio evo ; questa storia , dico , è la storia della letteratura italiana . Da Arnaldo al Savonarola , da Francesco d ' Assisi a Filippo Neri , da ' due Landolfi e da Falcando al Machiavelli e al Guicciardini , dalla traduzione della Tavola rotonda e dal Febusso e Breusso all ' Ariosto , da Dante o meglio da Giacomino di Verona al Tasso , dal Novellino al Bandello e al Giraldi , da Folgore di San Gemignano al Berni , da Albertano al Castiglione , da Lorenzo veronese e da Arrigo settimellese al Fracastoro al Vida al Flaminio , da Nicolò pisano e da Cimabue a Michelangelo e a Tiziano , è perennità , è continuità , è processo e progresso di svolgimento e di moto . DISCORSO SECONDO Dei quattro periodi di contrasto e di formazione : periodo latino , lombardo , siculo , bolognese . Quando , come , tra quali circostanze e su quali soggetti cominci l ' opera della letteratura nazionale . I . Quando contro la potenza di Federico II , che dal mezzogiorno riallargavasi ingrossando verso il settentrione solo a tempo abbandonato dal padre suo , si stringeva la seconda lega delle città lombarde , Tirteo della libera gesta fu Pier della Caravana , piemontese . Egli cantava : « Ecco il nostro imperadore che raccoglie gran gente . Lombardi , guardatevi bene , che non siate ridotti peggio che schiavi comprati , se non durate fermi .... Sovvengavi dei valenti baroni di Puglia , i quali nelle loro case non hanno oramai che dolore : guardate non avvenga altrettanto di voi . Non vogliate amare la gente di Lamagna , non vi piaccia usare la sua compagnia : lungi , lungi da voi questi cani arrabbiati . Dio salvi Lombardia , Bologna e Milano e loro consorti , e Brescia e ' l mantovano , e i buoni marchigiani , sì che niuno di loro sia servo » . Così il nobile Piemonte dava all ' Italia il primo poeta di libertà . Ma egli poetava in provenzale : oh perché non suonò nella lingua della patria la fierezza di quei sensi , l ' ardenza di quei versi , e il martellar feroce del ritornello finale , Lombart , beus gardaz , Qe ja non siaz Pejer qe compraz , Si ferm non estaz ! E già prima , circa il 1195 , quando Lombardia erasi anche levata contro Arrigo VI , all ' espressione dell ' odio popolare contro il tedesco avea dato violenti forme in provenzale Pier Vidal . All ' incontro , la vittoria parmense del 1248 che dette il colpo mortale a Federico II , quando il plebeo Gambacorta predò la corona imperiale mostruosa di ricchezza e di peso , fu cantata in latino : in latino l ' epinicio guelfo annunziava alle città confederate di Milano , di Bologna , di Venezia , d ' Ancona , che « il Signore levossi a tutela della nostra libertà e già apparve alla città sua di Parma » . Ora questo fatto delle battaglie nazionali d ' un popolo nuovo cantate in lingua straniera o antica a troppi altri consimili fatti succede , sì che non se ne vogliano sottilmente ricercare e discorrere le ragioni . Con che ci verrà fatto di rinvenire il perché s ' indugiasse di tanto il volgare italiano a manifestarsi nell ' opera letteraria , e di segnare i termini de ' periodi che a quella manifestazione furono innanzi e le ragioni varie dei fenomeni che vi si svolser per entro . II . Della vitalità tra noi del latino dobbiamo certo in gran parte riferir la cagione al principio religioso , il quale rappresentando allora una specie di gerarchica civiltà avea consacrato l ' idioma dell ' antico impero come lingua cattolica sì della chiesa sì della scienza d ' occidente . E ciò poté più efficacemente volere e più largamente conseguire in Italia , dove la chiesa era in questo suo intendimento aiutata dallo stesso principio popolare . Il quale e nella scuola conservava la tradizione classica , e con le leggi e con le forme del reggimento mirava tuttavia a Roma ; la cui grande imagine stié sempre dinanzi agli occhi degl ' italiani , gli confortò schiavi , gli inanimò ribelli , liberi gl ' illustrò della sua gloria radiante di tra le ruine , come la fiammella della lampade mortuaria la quale raccontasi si serbasse viva a traverso i secoli nella tomba della fanciulla romana figliuola del grande oratore . Anche per gli altri popoli d ' occidente era il latino la lingua officiale della chiesa e della scuola , dell ' impero e delle leggi : ma fuor di chiesa e del chiostro , al di qua dei cancelli della corte di giustizia , essi sbrigliavano il volo delle fantasie e l ' impeto degli affetti nei volgari nuovi . Per gl ' italiani il latino era la lingua dei padri loro , con la quale avevano imperato al mondo ; la intendevano e la parlavano più comunemente ; la reputavano sola degna a cui commettere i pensamenti dei savi , le gesta delle città , il lavorìo dell ' arte ; speravano per avventura di restituirle l ' antico uso di dignità . Per ciò , mentre gli altri popoli cominciarono ben presto a intessere il racconto epico o a svolgere il sentimento lirico nei nuovi idiomi , i nostri l ' una cosa e l ' altra fecero latinamente . Ebbero anch ' essi le loro leggende su le barbariche signorie , su le dinastie che li opprimevano ; ma gli avanzi informi d ' una leggenda italica primitiva di Valtario d ' Aquitania e di Carlo Magno e Adelchi giacciono trasfigurati nella cronaca del monastero della Novalesa . Tentarono di raccogliere le fila dei miti antichi ondeggianti ancora per l ' aere di primavera nei crepuscoli tinti in rosa dagli ultimi raggi del sole su le vette favolose dei colli etruschi e latini ; ma dei canti misteriosi , che le ninfe o le fate lasciavan sentire dagli spechi di Fiesole di Chiusi di Volterra , un ' eco a pena è ripercossa nel Ninfale fiesolano e nell ' Ameto del Boccaccio e nel Novelliere di Domenico da Prato . Di quel che le donne fiorentine nelle veglie severe favoleggiavano « de ' troiani , di Fiesole e di Roma » , una traccia rimane , leggera e interrotta , nelle croniche del Malespini e del Villani ; si leggono nelle croniche del Cobelli le vicende dei discendenti da ' fondatori romani di Forlì mescolate alle gesta dei signori nuovi goti e longobardi : ma il Malespini attesta di aver còlto il leggiadro racconto da certe antiche scritture ch ' ei vide in casa d ' un gentiluomo vecchio romano , e il Cobelli da altri libri pur latini d ' un cronicatore antico di Ravenna ; Roma e Ravenna , le due città classiche ed imperiali . E da croniche latine antiche delle due città romane d ' Aquileia e Concordia provenne il poema di Attila e de ' suoi italici antagonisti Giano e Foresto , romanzato poi nel secolo decimoquarto in versi francesi dal bolognese Nicolò Càsola e nel secolo decimoquinto in prosa popolare veneziana e nel decimosesto in elegante prosa italiana da Gian Maria Barbieri e da altri in ottave : documento non unico di tutte le trasformazioni per cui passò la materia primitiva della nazional letteratura nei primi quattro secoli originali . Cotesti libri latini del resto , che certamente esisterono e che potevano dimostrarci l ' azione prossima esercitata dalle tradizioni della patria antichità su le fantasie degl ' italiani del medio evo e darne a divedere l ' opera loro di rifusione dell ' ideale antico col nuovo soprannaturale e con la storia di tutti i giorni ; cotesti libri , dico , dopo il fiorir vigoroso della letteratura nazionale e il rifiorire del classicismo , andarono spregiati e perduti . A ogni modo ; e i vestigi sparsi che avanzano di così fatte leggende paesane nelle croniche latine e volgari fino al secolo decimoquinto ; e i lineamenti che un po ' svaniti o ver caricati pur emergono di quei miti nelle imitazioni letterarie , nelle rapsodie e nelle fiorite dello stesso tempo ; e i pochi canti lirici latini che sopravvivono interi , ultimo de ' quali l ' epinicio parmense pur ora ricordato ; tutto ciò dà fede d ' un periodo fossile , per così dire , e preistorico della letteratura nazionale : periodo che da ' Carolingi , se non da innanzi , estendesi a mezzo il secolo decimoterzo , e nel quale il principio popolare ebbe in lingua latina una letteratura sua , ma che pur sentì l ' influsso degli altri due principii , l ' ecclesiastico e il cavalleresco . E cotesta letteratura fu certamente il substrato della posteriore in lingua volgare . Così nulla va perduto nel mondo : non l ' orma de ' misteriosi augelli primitivi su l ' arena di tanti secoli che s ' è fatta pietra , e né pure , quel ch ' è più mirabile , lo sfiorar dell ' ala della fantasia umana su le brume del passato sfumanti in vetta alla montagna dei secoli . Ma l ' uomo non bada . III . Se non che , quando il settentrione della penisola diventò primo campo alle battaglie del risvegliato elemento romano , o perché il movimento letterario della nuova lingua non si accompagnò alla vitale contesa dei comuni lombardi coll ' impero e alla vittoria che la coronò ? Perché non si manifestò egli da prima nella valle del Po e dell ' Adige , tutta ancora fremente dell ' ardore della riscossa ? perché , in quella vece , i monumenti letterari di cotesta gloriosa regione in cotesta età gloriosissima sono eglino , tutti da prima , e quasi tutti anche di poi , in lingua provenzale ? Probabilmente anche tra noi il primo impulso a una poesia artifiziosa in lingua nuova mosse dal principio cavalleresco , che aggiunse il sommo dell ' esser suo prima che fosse maturo il nazionale . Ora il principio cavalleresco si manifestò colle imitazioni delle corti di Provenza e colla importazione della poesia provenzale in Lombardia , o più largamente nella Italia superiore , da mezzo l ' imperare del Barbarossa a tutto il regno di Federico II . Perocché i trovadori provenzali , gente di corte attratta dal barbaglio dell ' acciaio e dell ' oro , cominciarono a passare in Italia all ' occasione delle varie calate del Barbarossa , e , seguitando il campo o la corte di lui e alle varie corti feudali accogliendosi che allora in Italia fiorivano , vi portarono colle più belle costumanze e co ' più fini riti di cavalleria tutto il corpo della poesia loro , la lirica meglio loro propria e i romanzi che per lo più imitarono dalla Francia settentrionale . A questa prima immigrazione una più stabile ne seguitò nei primi trent ' anni del secolo decimoterzo , massimamente quando la spada di Simone di Montfort ebbe reciso nel proprio terreno quel lieto e gentil fiore della coltura occitanica . Allora i trovadori , e altri che della gaia scienza si facevano un mestiero per vivere , ripararono in Italia , quando a punto la potenza ghibellina e con essa il principio cavalleresco pareva raffermarsi tra noi mediante il naturalizzarsi dell ' impero con Federico II . A questo tempo la imitazione delle cortesie e delle fantasie cavalleresche risplende nelle feste , nelle costumanze , nei nomi ; e non fu solamente dei signori e feudatarii , ma e dei cittadini de ' nuovi comuni che pure in ciò vollero venire in gara con quelli . Ne seguì la coltura anche tra noi della gaia scienza , la quale aveva raggiunto la perfezione artistica nella poesia provenzale . Ma questa poesia era tale un sistema artificioso d ' idee complicate e riflesse , di sentimenti squisiti e affettati , di convenute sottigliezze e di forme consacrate e immutabili , che ricercava una lingua , se non doviziosa , raffinatissima e nata insieme con i concetti tutti speciali a cui doveva adattarsi . Ora i dialetti dell ' Italia superiore , ispidi di per sé né politi dall ' uso o al più adoperati in un ' arte di popolo semplicissima e primordiale , erano tutt ' altro che acconci a ricevere la studiatissima forma trovadorica e a rendere le sottigliezze dell ' amore cavalleresco . Il perché parve ai nostri più agevol cosa l ' usare a ciò la lingua stessa provenzale , che del resto era anche la lingua di moda , come più tardi fu la francese , del più bel fiore della cavalleria europea . Così pigliando le mosse da Nizza e giù per la riviera toccando Genova e spingendoci alle foci della Magra , risalendo poi Monferrato sino a Torino , sostando oltre Po a Pavia e a Milano e su ' l Mincio a Mantova , montando per il Friuli e discendendo a Venezia e ripassando in fine il Po da Ferrara a Bologna , in poco più di mezzo secolo , da Alberto Malaspina marchese di Lunigiana che rimava circa il 1204 fino a mastro Ferrari che visse alla corte di Azzo VII estense , possiamo contare un venticinque italiani i quali cantarono in provenzale : due soli , tra essi , toscani ; feudatarii quasi tutti , e , salvo pochissimi , di parte imperiale , od uomini di corte . E tutt ' insieme questi rimatori , provenzali nativi e italiani che provenzalmente componevano , agitarono la vita e le passioni entro la valle del Po nelle guerre de ' comuni con l ' impero o de ' comuni co ' grandi feudatarii o de ' feudatarii tra loro , constituendo un secondo periodo letterario , il periodo lombardo , che s ' incastra in parte nel primo periodo latino e precede in parte e in parte accompagna lo svolgimento del volgare italiano . Certo , in niuna altra regione d ' Italia fiorì la coltura cavalleresca meglio che in Lombardia e nella Marca trivigiana , ma fu coltura straniera ; tanto che , mentre in Lombardia poetavasi in provenzale , alle corti del Friuli si parlava francese , e francese si scrisse anche più tardi in Venezia e in Bologna da ' poeti cortigiani della cavalleresca casa d ' Este . Onde ciò ? Troppo era per avventura mista di sangui diversi la generazione lombarda , e troppo il sangue predominante era affine al celtico d ' oltr ' alpe , onde quella nuova letteratura procedeva . Che se cotesta mescolanza di sangui fu e allora e di poi argomento di vigore e cagione di lunga vitalità a quel forte popolo , le impedì anche di dare su quel súbito la propria impronta all ' opera artistica . O forse anche il principio cavalleresco era tra noi troppo debole , sì che potesse domare e fecondare un dialetto ancor vergine . Su ' l finire del periodo , circa il 1250 , l ' ombra di un nuovo idioma italiano sembrò voler sorgere nelle parti settentrionali d ' Italia e distinguersi dall ' italiano del centro , parve prossima a farsi un ' idealizzazione letteraria de ' dialetti circumpadani ; e tentativi di poesia religiosa ci furono nelle cantilene di fra ' Giacomino da Verona e nelle altre d ' ignoti , di poesia borghese in quelle di fra ' Bonvicino da Riva , e , un po ' più dopo , d ' imitazione delle rapsodie francesi nel Renardo . Ma era troppo tardi , rispetto alle condizioni politiche della Italia settentrionale ; e quei dialetti troppo riuscivano all ' opera poveri e rozzi , e troppo erano anche sottomesse le menti agl ' influssi d ' oltr ' alpe , sì che la nazione se ne potesse giovare . Da altri anni adunque e da altri paesi dové l ' Italia aspettarsi i primi e vigorosi esperimenti d ' una propria letteratura in lingua sua . IV . Del resto , che del mancato svolgimento d ' una letteratura nazionale in Lombardia non debba recarsi la cagione a solo il dialetto , ma sì più tosto al principio cavalleresco che informò quel periodo , anche da questo apparisce : quasi allo stesso tempo che in Lombardia , al mezzogiorno , secondo centro d ' attrazione alla vita nuova d ' Italia , si può determinare un terzo periodo letterario , che pur s ' incastra per il tempo nel periodo lombardo , ed è il siculo ; e questo in un dialetto che fu veramente idealizzato a idioma letterario , o che almeno molto influì e contribuì nella lingua letteraria , tanto che da Dante e dal Petrarca si dà a ' siciliani l ' onor del primato di tempo , che par difficile contrastare , nella volgar poesia : e tuttavia anche il periodo siculo è nazionale solo nelle forme esterne , e non in tutte . E pure se il principio cavalleresco avesse mai potuto esser cagione efficace da per sé solo di propria e nazionale letteratura , qual migliore occasione , qual miglior tempo , qual miglior luogo di quello ! L ' ideale cavalleresco , che oltre alpe cominciava già a illanguidire , pareva allora raccogliere i raggi più puri intorno al biondo capo del giovine imperador di Soavia : con lui era da principio la chiesa , ed egli conducea le crociate ; e quando la chiesa l ' abbandonò , gli vennero fedeli a ' due lati la scienza e la forza : ricco e bello ed ameno il paese , se altro mai , e lungo i fiorenti e odorati seni del Ionio sonante ancora delle sacre armonie della musa greca : molle , colorito , profondamente soave l ' accento su le rosee labbra delle donne di Sicilia ; potente e altamente intonato su la bocca della viril gioventù . Con tutto ciò quella misera poesia siciliana e pugliese fu tutt ' altro , ripetiamolo , che nazionale . Allor che il regno di Sicilia e Puglia passò per eredità negli svevi , spostatosi il centro della politica ghibellina , la coltura cavalleresca , aulica di sua natura e feudale non ostante qualche accenno in contrario , seguì dall ' alta Italia a Palermo , ove i normanni le avean preparato la stanza , la corte degli imperatori . Ma le contrade meridionali trasformano e fanno simili a sé così gli uomini come le piante : bisogna o morirvi o prender l ' abito del paese . A quel modo che gli svevi nel mezzogiorno divennero principi italiani , la poesia provenzale si fe ' siciliana . Ma , come sotto la simulazione italiana trasparisce più d ' una volta in Federico II la bestialità tedesca , così nella poesia siciliana , sol che guardiate oltre la prima pelle , vedrete scorrere , languido omai e scolorato , il sangue provenzale . Ragion vuole che si distinguano alcuni versi da cui spira fresco e odorato un alito di sensibile voluttà o da cui rompe alcun grido di passione degno d ' un popolo misto di sangue greco e di arabo , che si avverta ad alcuni echi dell ' idillio di Teocrito , ad alcune melodie che prenunziano il Mèli . E cotesta , qualunque siasi , è poesia che esce dall ' ordine delle ispirazioni e forme cavalleresche : son frammenti di un ' arte paesana e di popolo , anteriore alle imitazioni occitaniche : son faville di quella letteratura sensuale e ardente che si addimostrerà poi nelle novelle del Boccaccio , nelle ballate del Poliziano , nelle pastorali del Tasso e del Guarino . Ma quelle rime auliche , quelle rime della così detta academia fondata da Federico II , quelle rime oh che misera cosa son esse ! Né la miseria loro procede già dai difetti che son quasi necessari in arte nascente . Che anzi la pretensione v ' è troppa : v ' è arguzia , v ' è sforzo , v ' è erudizione accattata ; v ' è , innanzi alle academie propriamente dette , il colore academico : è il balbettare infantile della decrepitezza . E di fatti la poesia cavalleresca fu , dopo pochi anni di esistenza , ridotta al verde : lasciate pure che sotto il patrocinio di Manfredi la sua fiammolina si allarghi ancora tra i ghibellini di Toscana ; lasciate queste illusioni di vitalità alla povera moribonda . Ella trascinerà la sua poca vita fino al 1266 , poi cadrà anch ' ella su ' l campo di Benevento ; e il compianto che un trovator provenzale scioglierà su la morte del re tedesco nato in Italia sarà ad un tempo il canto di requie a una generazione di poeti defunti . Mentre i cavalieri angioini si spartivano co ' piedi i tesori di casa sveva , e un ribaldo dell ' esercito di Carlo gittava il corpo del re di Sicilia , del re dei poeti e delle belle , ignudo e sozzo di polvere e sangue , a traverso un asino , gridando pe ' l campo - - Chi compra Manfredi ? - - ; mentre de ' suoi baroni un solo , il prigioniere conte Giordano Lancia , osava riconoscere il suo re e lacrimando e piangendo abbracciarne il cadavere ; mentre niuno dei rimatori cortigiani di Sicilia e di Puglia aveva un accento di dolore per il nipote di tanti imperatori caduto con la sua casa e co ' l suo regno in battaglia ; un povero trovatore straniero , Americo di Peguilhan , si ricordò di lui , di lui che ne ' bei dì della gloria avrà a pena fatto un cenno di grazia al poeta . E - - Tutti gli onori , cantava , tutte le azioni gloriose furono guaste e messe in fondo il giorno che morte uccise colui che meglio le pregiava , il più piacente che nascesse mai di madre umana , il valente re Manfredi che fu capitano di valore e di ogni virtù . Ora l ' onore se ne va solo e piangendo , ché non è uomo né cosa che a sé lo chiami , non è conte né marchese né re che si faccia innanzi e lo inviti . Ora il disonore fa tutto ciò che mai volle fare . Per tutto il mondo e per tutt ' i mari voglio che vada questo mio sirventese , se potesse trovar uomo che gli sapesse dir nuove del re Artù e quando dee rivenire . - - Re Arturo , o poeta , dorme ben forte nelle grotte armoricane di sua sorella Morgana , e non torna più : i cavalieri e i trovatori della dolce Provenza giacciono per sempre schiacciati sotto le ruine dei loro castelli messi a fuoco dai gentiluomini francesi e dai frati spagnuoli : il re Manfredi non ode , sotto la « grave mora » degli Angioini , il tuo compianto . I re se ne vanno , o poeta , ma l ' onore rimane , e la poesia alla loro morte rinasce . La cavalleria è morta , ben veramente morta ; ma le succede il popolo . Firenze , ove e già nato Dante , ove stan per nascere il Petrarca e il Boccaccio , non ha per suo grido di guerra nome alcuno d ' imperatore o di re o di barone ; ella « in poca piazza fa mirabil cose » con due parole plebee , Popolo e Libertà . V . La poesia cavalleresca finisce dunque in Lombardia e in Sicilia senza eredi . Quelle piante esotiche menavano frutti , perché il favore principesco le annaffiava : tolto cotesto , appassiscono e in terreno non suo vengono meno . Ma in lor vece è ella fiorita per avventura la letteratura nazionale ? Dante nasce poco men d ' un anno prima che si combatta a Benevento . Intanto tra la vecchia poesia che rappresentava il principio caduto in Benevento e la poesia nuova che sgorgherà gloriosa dal petto di questo fanciullo intercede un momento d ' inerzia e incertezza . Col sormontare di parte guelfa conseguente a quella battaglia , spostato una terza volta il centro politico dell ' Italia , il primato civile che non poteva esser più ripreso dalle città lombarde rifinite omai di forze dalla difesa lunga contro l ' impero e già sottomesse a tiranni domestici o vicine ad essere , il primato civile , dico , passa alle città del mezzo , che se lo contendon tra loro fin che lo prende tutto Firenze . Allora quasi ognuna di quelle città e di quelle terre ebbe poeti e scrittori ; ma l ' arte non si levò súbito a nuove altezze . Tra due età che differiscono di spiriti e forme havvi sempre , chi sappia scorgerlo , un limite nel quale vengono a combaciarsi , trasmutandosi a grado a grado il vecchio nel nuovo . Ma degli autori che segnano nell ' età letterarie questo passaggio è destino esser poi sopraffatti dai successori , e obliati , quando non disprezzati ; se pure alcuno dei più grandi che mosse i primi passi sotto la loro scorta non gli salvi con un benigno riguardo di gratitudine . L ' oblio e lo spregio toccò per gran parte a Guittone d ' Arezzo , che pur s ' ingegnò primo di far passare la poesia dal principio cavalleresco al nazionale , dalle forme trovadoriche alle latine ; a Guittone , che aspirò a quella poesia politica concionatrice levata di poi sì alto dal Petrarca ; a Guittone , che diede il primo esempio della prosa dotta italiana . Lo sguardo benigno d ' un gran poeta toccò a Guido Guinicelli e alla scuola bolognese . Bologna , posta fra Lombardia e Toscana , raccolse in sé le tradizioni delle due più gloriose popolazioni italiane ; gloriosa la prima nel cominciare , gloriosa la seconda nel continuare il movimento nazionale . E non poteva non essere che l ' arte della parola , tócco a pena il suolo santificato dalla libertà , non ne attignesse forze nuove e altra vita . In Bologna , Guidotto , accomodando primo tra i nostri i precetti dell ' antica eloquenza alla lingua nuova , trovava modo , pur dedicando il suo libro a Manfredi re , trovava modo a designare l ' officio di parlator cittadino in comune libero . E nella canzone del Guinicelli la fredda affettazione dei siculi cede luogo all ' imaginoso sentimento lirico , la dovizia misera del ritmo provenzale all ' ondeggiamento armonioso e solenne della stanza italica , le forme convenute agl ' intelletti della scienza . Per amore del Guinicelli , riconosciuto novatore solenne fin da ' coetanei e salutato padre da Dante , a questo quarto periodo della nascente letteratura , che è periodo di passaggio e che si estese ad altre regioni dell ' Italia mediana , rimane e rimarrà l ' aggiunto di bolognese . Bologna , la madre degli studi , prima sentì l ' arte e prima all ' arte sposò la scienza , divinando gli spiriti e le forme della grande letteratura che era per venire . VI . Dalle prime croniche del mille , ove l ' elemento nazionale incomincia a dare indizio di vitalità , fino alla morte del Guinicelli avvenuta nel 1276 , è tutto dunque un contrasto fra i diversi elementi o principi che informar dovevano la letteratura novella . Come i quattro periodi letterari finora segnati s ' incrociano e incastrano l ' uno nell ' altro ; così i principii moventi s ' intrecciano ed avviluppano nell ' azion letteraria , e la materia soggetta si agita e si rimesce senza posarsi in una forma determinata . Nel periodo latino l ' elemento nazionale apparisce in potenza , ma sotto l ' azione prevalente del principio ecclesiastico e cavalleresco : nel periodo lombardo l ' elemento cavalleresco si mescola al nazionale , e questo per la parte sua più popolana al religioso : nel periodo siculo il principio cavalleresco informa un ' arte puramente feudale e di corte : il periodo bolognese in fine , serbando del contenuto e delle forme anteriori , discuopre gl ' intendimenti e i lineamenti primi di un ' arte nazionale e dotta . E quando in Italia sta per sorgere questa letteratura , nazionale ad un tempo ed europea ; quando cominciano ad apparire nella penisola i pensatori , gli scrittori , gli artisti , per i quali la patria nostra esercitò il glorioso officio di conciliatrice tra l ' antichità e l ' età di mezzo , tra l ' età di mezzo e la moderna ; quando si determina tra noi il proprio e vero rinascimento letterario , considerato come ideale ed artistica manifestazione del risvegliato e ritemperato elemento romano ; in quel tempo , dico , la nativa e legittima arte del medio evo va scadendo così nella feudale Germania come nella Francia cavalleresca . In Germania , il decadimento ha principio col finire della imperial casa sveva ; con quella stessa ruina che segnò un mutamento essenziale e un rinnovamento letterario per l ' Italia . Sotto gli Absburghi le grandi epopee intisichiscono , svaporano le sottili fantasie e i tenui sentimenti dei minnesingheri ; e invano Ulrico di Lichtenstein tenta di ravvivare con l ' esagerazione , come in simili casi suol farsi , la tradizione dell ' amore cavalleresco , ché Hadlaub di Zurigo volta in parodia i canti dei trovatori . Succede il poema didattico prosaico e pedantesco ; e la poesia piattamente borghese dei maestri artigiani tiene il campo per lunghi anni . Anche in Francia la gloriosa età letteraria del medio evo finisce press ' a poco in quel medesimo tempo , col regno di Luigi IX : nata con le crociate , quell ' arte non sopravvive al santo re che muore in potere degli infedeli . Suo fido vassallo e storico , il signor di Joinville , della partenza per oltremare scrive con la solita potente semplicità : « Io non volli rivolger mai gli occhi verso Joinville , perché il cuore non mi s ' intenerisse del bel castello che io lasciava e de ' miei due fanciulli » . Questo sentimento così umano di rincrescimento pe ' i beni terreni che si lasciano alle spalle , quando s ' ha dinanzi alla vista dell ' anima Terra Santa , è già ben lontano dal furor sacro che spingeva le turbe della prima crociata , guerrieri e vecchi , donne e fanciulli , a gridare : Dio lo vuole ! Il succhio di quella superba vegetazione di cento e cento epopee , la fede e l ' entusiasmo , s ' è dunque esaurito : anche qui è la volta dei poemi d ' imitazione , e , peggio , delle contraffazioni e delle parodie . Perocché con Filippo il bello , col re odiato da Dante , in Francia , nella terra dei cavalieri , comincia una letteratura borghese . Di tal mutamento la prova più parlante è nelle due parti , distinte così per l ' autore come per gli spiriti , del Romanzo della Rosa . Nella prima parte , composta sotto il regno di Luigi IX da Guglielmo di Lorris , spira l ' ultimo anelito dell ' amore cavalleresco : ella è una mummia che mostra i lineamenti disfatti dell ' Arte d ' amare di Ovidio , raffazzonata con gli stracci a più colori delle allegorie monacali , e suvvi tra le rappezzature qualche fiorellino vizzo dell ' arte trovadorica ; cammina in punta di piedi e barcollando su le sottigliezze della scolastica . La seconda parte , composta da Giovanni di Meung sotto Filippo il Bello , è un lungo , troppo lungo e troppo grossolano , scoppio di risa plebee contro tutto ciò che pochi anni innanzi era stato grande , gentile , ideale ; contro l ' amore e contro le donne , contro la cavalleria e contro la religione . Né basta . Così in Francia come in Germania la bella poesia della prima età del medio evo divenne ben presto antica , tanto antica , che , dimenticata per più secoli come cosa morta , ella fu solo a questi ultimi tempi dissotterrata dai dotti e rimessa su gli altari , nazionale reliquia . E non pur essa era morta , ma anche la lingua che le servì d ' instrumento . La Canzone di Rolando in Francia e i Nibelunghi in Germania , perché sieno intesi dai francesi e dai tedeschi d ' oggigiorno , convien tradurli nel francese e nel tedesco d ' oggigiorno . Quelle lingue , germanica e francese d ' allora , soggette a mutazioni continue , parevano non poter uscire dalla condizione tumultuosa di dialetti . E già in Alemagna il dialetto meridionale dei minnesingheri era succeduto a più altri più antichi , per cedere poi il luogo alla lingua di Lutero , che fu , solo fa ora a pena cent ' anni , classicamente fermata dal Klopstock e dal Goethe . In Francia alla lingua cavalleresca dei secoli decimosecondo e decimoterzo si frappose un ' anarchica invasione di dialetti , s ' impose il pedantismo dei dotti di Carlo V e VI , e su questo il grecismo e latinismo della pleiade in lotta coll ' imitazione italiana e con lo spirito gallese puro al tempo di Francesco I , e di poi la dittatura grammaticale del Malherbe sotto Enrico IV , e in fine il purismo academico del decimoquarto Luigi . Così cinque strati diversi di lingua s ' accumularono aggravando su la primitiva letteratura francese . Tutto al contrario in Italia . Qui la lingua nuova ascese tardi al ministero delle lettere : ma a pena si mostra , ed è già fermata , determinata : e con essa , le forme dell ' arte nazionale . Che cosa v ' è da aggiungere di essenziale , che cosa è stato mai aggiunto di veramente nuovo e bello e grande , che cosa d ' inevitabilmente necessario , all ' arte di Dante , del Petrarca , del Boccaccio ? O abbiam noi per avventura bisogno di tradurre , perché sia inteso dalla maggior parte della nazione , il canto di Ugolino ? Le letterature medievali di Francia e Germania , e come nazionali e come europee , furono per grandissima parte , lo abbiam detto più volte , la espressione di una civiltà di convenzione di un ordine privilegiato . Ora , quando su lo scorcio del secolo decimoterzo la grande unità cristiana s ' interruppe nell ' occidente , causa in parte il venir meno delle crociate e in parte l ' indebolimento dell ' impero ; quando le grandi guerre si ruppero tra francesi e fiamminghi , tra francesi e inglesi ; quando cominciarono in Germania le rivolte dei borghesi , e in Francia il sollevamento del terzo stato ; quelle letterature e divennero straniere l ' una all ' altra , e perdettero la continuità e il filo della tradizione , e furono sopraffatte dall ' elemento plebeo , che le ammaccò e infranse come il godendac dei fiamminghi fiaccò la cavalleria francese a Coltrai . Vero è che né in Germania né in Francia l ' elemento popolare era constituito politicamente o constituibile ; onde là la lotta sociale non fu che una delle conseguenze anarchiche dello sfacimento dell ' impero , e qua il terzo stato non fe ' che servire , credendosele collegato , alla monarchia , la quale , adoperato che l ' ebbe a recidere i nervi del feudalismo e del clero , pose d ' un sol cenno silenzio al canto fescennino , e ridusse l ' ilota all ' usata catena . Ma ad ogni modo , tra lo smembramento dell ' unità cristiana del medio evo su ' l finire del secolo decimoterzo e il ricostruirsi delle unità monarchiche nel decimosesto , una gran lacuna per l ' Europa ci fu : lacuna che è segnata dalle orme gravi della barbarie . In questo mezzo sta l ' Italia , che di tra la luce crepuscolare del medio evo ha ripreso la fiaccola della civiltà nelle tombe del passato , ne ha illuminato un gran tratto di cielo , e la distende benigna e incurante ad accendere le lampadi delle sorelle che la percuotono . Perocché in Italia il principio popolare era la forza dell ' elemento romano connaturato al terreno e ritemperatosi alla vita novella . Educato nelle tradizioni della civiltà antica , raffermatosi nell ' uso dei reggimenti e delle leggi , con gli attriti con le industrie co ' viaggi e i commerci s ' era fatto pratico di tutta l ' Europa . Scelse il tempo e il luogo opportuno , e poi guidato dal genio antico , e conscio dei nuovi fati , procedé grave , severo , all ' opera letteraria . Già lo dissi : l ' Italia avrà letteratura nuova e sua , quando il principio popolare , più veramente qui nazionale , potrà equilibrarsi o sormontare agli altri , l ' ecclesiastico e il cavalleresco . Ora siamo al punto . VII . Il termine della potenza imperiale tra noi fu segnato , lo ripeto , dalla battaglia di Benevento . In Benevento di fatti , meglio che l ' infelice e valoroso Manfredi , cadeva ferita al cuore la parte imperiale con le sue tradizioni necessariamente germaniche e feudali . La battaglia di Benevento compiva quella di Legnano ; e le spade dei guelfi fiorentini che seguivano , o , meglio , precedevano Carlo d ' Angiò , rescindevan di fatto i vincoli onde i mal destri guelfi lombardi si erano volontariamente impedite le mani a Costanza . Che importa se un papa bandisce cotesta guerra , se la conduce un francese ? Lasciate passare qualche anno ; e se il papa , libero al fine dalla téma dell ' imperatore presente , vorrà allungare li ugnòli , i comuni e i signori italiani non son più ormai bestiuole da prendersi a inganno e farne strazio : parte guelfa si rinnoverà per modo da far rientrare pietosamente quelle granfie . Lasciate passare qualche anno ; e la concordia tra i reali di Francia e la chiesa finirà con lo schiaffo di cui Filippo il Bello , mediante la mano inguantata di ferro di Sciarra Colonna , lasciò l ' impronta su la faccia senile di Bonifazio VIII . Conseguitata allora all ' abbiettazione del principio d ' autorità feudale quella dell ' ecclesiastico , e trasferita la sede alla così detta cattività babilonica d ' Avignone , nell ' ecclisse dei due luminari del medio evo , la luce della civiltà italiana empirà mirabilmente tutto il cielo d ' Europa . La battaglia di Benevento [ 1266 ] , e la caduta della repubblica di Firenze [ 1530 ] , la nascita di Dante e la morte dell ' Ariosto , sono dunque come l ' oriente e l ' occidente di questo glorioso giorno d ' Italia ; o , se volete comprendervi i crepuscoli dell ' aurora e quelli del vespero , la pace di Costanza [ 1183 ] e il trattato di Castel Cambresis [ 1559 ] che sottometteva del tutto l ' Italia alla casa austriaca di Spagna . Così , quando gli astri del ponteficato e dell ' impero tramontano , nasce quello d ' Italia : a pena i primi si rincrociano su l ' orizzonte come sinistre comete , quel d ' Italia ricade . VIII . Ma quando il principio popolare e nazionale si mise all ' opera letteraria , quali monumenti trovò egli per la sua via , quali avanzi , quali parti incompiute o lasciate a mezzo o a pena delineate , del gran lavoro che avean fatto per addietro o stavan facendo i due principii emuli ? Badò egli o disprezzò ? Riformò o distrusse ? Distruggere è dei barbari ; e l ' elemento italiano troppo è di natura sua assimilatore . E di più l ' opera di quei due principii tanto era stata prossima e tanto influsso aveva esercitato su le idee , che sottrarsele ed evitarla diveniva , per allora almeno , impossibile . Cominciamo dal principio cavalleresco , la cui arte si spande per due rivi : soggettiva , nella lirica amorosa dei trovadori e minnesingheri ; oggettiva , nelle epopee romanzesche normanne bretoni e alemanne . Ma l ' epopea romanzesca non divenne europea e popolare se non per la intromissione e la mezzanità del principio religioso . Ora nel primo ciclo di quelle epopee , intieramente germanico , anzi della Germania pagana , nel ciclo dei Nibelunghi e della Kudrun e del Libro degli eroi , la chiesa non ebbe che fare ; né il cristianesimo era ancor giunto a incivilire con la cavalleria quegli eroi , che son veri germani della migrazione e si scannano ferocemente tra loro da veri burgundi e franchi veri . Questo ciclo adunque rimase interamente germanico , e non poteva entrare a parte della letteratura cavalleresca europea , e tanto meno della italiana . Delle quali in vece è universal vanto il ciclo carolingio , probabilmente normannico , santificato dalla chiesa colla introduzione delle crociate e delle guerre per la fede , e per ciò , e per la memoria del ristorato impero , coltivato con amore speciale dai popoli di Europa . Romanzesco più veramente nel senso moderno , pieno cioè di avventure ardite e di tenere elegie d ' amore , era il terzo ciclo , celtica invenzione dei bretoni , più intimo , più moderno , più veramente francese : e anche di quello s ' impossessò la chiesa , e lo affidò a ' pii tedeschi che lo idealizzassero fino a simboleggiarvi il mistero dell ' eucaristia . Tale era la materia epica , germanica e celtica , che l ' Italia ebbe innanzi . Ma l ' ordine feudale da cui moveva e a cui ritornava la poesia cavalleresca , in Italia , senza centro suo d ' unità , fu bentosto sopraffatto dall ' elemento indigeno e cittadino con cui si fuse : onde ispirazione d ' arte puramente cavalleresca l ' Italia non ebbe mai . Ebbe una materia cavalleresca , che fu spasso al popolo e soggetto di esperienze artistiche ai poeti . Le canzoni di gesta e i romanzi avevano da un pezzo passate le Alpi , e seguitavano probabilmente a passarle dopo l ' avvenimento degli angioini . Ma gente che finiva allora d ' avere messo insieme il corpo del diritto romano , gente che aveva da affrontare la realtà della vita negl ' interessi dei comuni , nelle lotte dei partiti , negli ardimenti dell ' industria , potevano per allora pensare a rifar su ' l serio quegl ' intrecci di eroi dai lievi contorni che vanno sfumando in un turbine di avventure mal comprese ? potevano pensarvi essi che ammiravano Virgilio ed Ovidio ? Cavalieri e dame leggevano di Lancillotto e Ginevra in francese : il popolo ascoltava con diletto nelle piazze i cantastorie di Orlando e Carlo Magno , che potevano essere anche francesi o che cantavano un francese fatto a pena italiano nelle desinenze , come è quello del Renart veneto ; ascoltava , e , dov ' ei vedesse un masso di meravigliosa mole , diceva esser quello stesso che fu spezzato in due dalla spada del paladino d ' Anglante ; affermava rialzate o edificate dal santo imperatore quelle mura e quella basilica ; poneva nell ' Etna il fatale nascondiglio di Artù o nelle buche delle fate di Fiesole il misterioso sacrario dell ' incantagione d ' Orlando . Ma intanto il comune di Bologna , a cui certi oziosi circoli non garbavano , vietava con decreto del 1288 , che i cantores francigenarum si fermassero su le piazze . E i cavalieri attendevano alle loro possessioni allodiali , o con lor masnade andavano di terra in terra per capitani e podestà ; e il popolo badava a snidar dai castelli quel che avanzava di feudatarii e a costringerli a città e poi cacciarli anche di città come grandi . I romanzi d ' avventura furon dunque riserbati per il rifacimento , pe ' l ricreamento , dirò anzi , artistico , a secoli più oziosi o più aristocraticamente foggiati , il decimoquinto e il decimosesto ; per allora si tradussero alla meglio , tanto per servire alla richiesta dei disoccupati e delle donne , alla meglio , come sono stati tradotti a ' nostri tempi i romanzi del Dumas da mestieranti . Ci fu per avventura qualche tentativo poetico , ma di poco nome o di niuno : tutto finisce qui . Per adesso della poesia cavalleresca maggior vestigi lasciò e più si apprese alle menti quella parte che di natura sua è più universale e comune ; la lirica individuale . E due effetti operò ; buono l ' uno , e pessimo l ' altro : inculcò , almeno per moda , quello speciale rispetto alla donna , considerata come sorgente di virtù e perfezione , che mantenne certa gentilezza nel costume e nelle idee de ' nostri popoli di un po ' rude naturalezza : esercitò con le sue forme una ben triste influenza su la lirica italiana , impigliandone più d ' una volta e costringendone il proprio e libero procedere , e avvezzandola talvolta , e assai di buon ' ora , a un che di arguto e manierato . Più efficace opera , e di più durevole impressione , almeno in parte , aveva fatto il principio ecclesiastico . Lasciamo stare i suoi cicli leggendarii accumulati nelle età grosse del medio evo e tramandati di secolo in secolo ; i cicli orientali e bizantini dei martiri , dei solitari e dei contemplanti ; i cicli latini cominciati da Gregorio Magno col Dialogo e chiusi coll ' Aurea leggenda del Da Varagine ; lasciamoli stare , sebbene e ' sien qui tutti pronti su le soglie dell ' età nuova a fornire materia ed argomento ai raccontatori ed ai mistici del secolo decimoquarto , alla poesia drammatica del secolo decimoquinto , alla pittura dal duecento a tutto quasi il cinquecento . La chiesa avea fatto assai di più . Su ' l principio del secolo decimoterzo , contro le eresie della ragione e del sentimento d ' ogni dove irrompenti e favoreggiate più o meno apertamente , secondo le occasioni , da Federico II e dalla parte imperiale , la chiesa avea commesso il suo verbo a due potenti milizie ; e queste si erano sparse tra le genti rinnovando su ' l mondo il suggello della fede . Intorno al capo di san Francesco , frate innamorato di tutte le creature , socialista cristiano , volano le colombe , e i lupi gli lambiscon la mano ; e il popolo gl ' intesse una ghirlanda lucida e serena che si riflette su l ' arte della parola e del disegno . Intorno al capo di san Domenico rugghiano le fiamme dei roghi e sibila come fionda di piombo il sillogismo del definitore teologo : egli brandisce una facella , che vorrebbe esser di luce , ma che vapora d ' inferno per la via dei secoli . E due famiglie , due eserciti , seguitano quei padri e quei duci . In mezzo all ' una procede contemplando e inneggiando il serafico autore dell ' Itinerario della mente verso Dio , in mezzo all ' altra , tutto chiuso e concludendo in forma , l ' « Angelo delle scuole » . Gli uni si rivolgono al sentimento col misticismo , gli altri all ' intelletto colla scolastica . Letterati e artisti , gli uni fanno miglior prova nella leggenda nella lirica nell ' architettura , gli altri nel trattato e nella pittura . Ribelli all ' autorità , gli uni si chiameranno fraticelli della povera vita , specie di quaqueri , e daranno , vittima ignota , un fra ' Michele ; gli altri produranno fra ' Girolamo Savonarola e i piagnoni , tendenti a una democrazia monastica . Per intanto due forme d ' arte mistica rifioriscono intorno a loro , la visione e la meditazione . E in cima alla Somma di Tommaso d ' Aquino la teologia s ' abbraccia con la scienza ; e in cima alla ontologia di Bonaventura la fede s ' abbraccia con l ' arte ; e tutte quattro paion d ' alto irraggiare le belle cattedrali sorgenti nell ' Italia di mezzo e i timidi colori dell ' arte che aspetta Giotto . Dante sta ritto in piedi tra i colonnati solenni e leggiadri , e guarda , rapito in contemplazione . DISCORSO TERZO Del periodo toscano : affermarsi della letteratura nazionale : Firenze e il gran triumvirato . I . Diamo ora uno sguardo a tutto insieme il fluire maestoso di questo fiume divino , come avrebbe detto Omero , della letteratura italiana nel secolo decimoterzo e nel decimoquarto . Incominciata dalla poesia individuale , seguitò , come letteratura di popolo libero , segnando la superbia del nome latino rivendicato e i fasti della nuova libertà nelle croniche , descrivendo le tradizioni e i costumi nelle leggende e novelle ; abbracciò , come ne ' suoi principii ogni letteratura non primitiva , tutta la scienza e del passato e del presente nelle enciclopedie ; attestò nei volgarizzamenti la conservazione dell ' arte e della scienza antica . Altrove si scherzò con versi leggeri , ma nell ' Italia del mezzo e tra la cittadinanza fiorentina nacque la prosa del Trecento , gentile ed elevata , forte ed elegante , come poi l ' architettura di Santo Spirito ; qui prese moto e colore quella poesia che nelle luminose visioni della Vita nuova sembra tendere al cielo come i due angeli dipinti da Giotto nella cattedrale d ' Assisi , o che sorge come Santa Maria del Fiore gigantesca e solitaria nella Divina Commedia . Sublime spettacolo , il popolo italiano , raffermo e assodato , porre il fondamento e dare proprissime alla sua civiltà la forza e l ' azione , le figure e le sembianze , con un acconcio temperamento dell ' antico e del nuovo , del cristiano e dell ' etnico , del latino e del medievale , tanto ne ' reggimenti e negl ' instituti , quanto nella scienza e nell ' arte ; certo per quella facoltà di sapiente eclettismo e di artistica assimilazione che fu della gente nostra , degli elleni e latini . Ma il popolo d ' Italia , più simiglievole in ciò a ' greci che non a ' romani , questi mezzi di ravvicinamento gli ebbe in sé stesso ; come quello che si aveva connaturato , pur riadattandolo estrinsecamente a sé , il cristianesimo , e che ne ' forzati mescolamenti delle genti settentrionali qualche cosa aveva attinto di loro . E come il popolo d ' Italia , a quella guisa che i romani con le armi e i greci con le colonie e le dinastie , si stese con i commerci per tutto il levante e a settentrione ; così le lettere ed arti sue , a guisa di chi sentesi ricco di dottrina ed esperienza propria e pur gli giova guardare all ' altrui e profittarne , attinse largamente non che dal francese e dal germanico , ma e dal bizantino e dall ' orientale . E come la nuova plebe latina aveva co ' l lavoro di secoli contemperato a sé artisticamente il cristianesimo anzi che essersi lasciata ritemprare da quello ; e come ella , più presto che non distrusse , assorbì in sé molta parte di feudalismo e d ' aristocrazia , facendo cittadini e artigiani i suoi antichi signori ; e come lasciò poi sorgere di sé il popolo grasso e la nobiltà popolana , non restando ella veramente in soggezione de ' nuovi ordini , ma piuttosto partecipando con quelli il reggimento ; così la primitiva letteratura italiana , incominciata dal popolo e promossa e aiutata dal sentimento religioso e dal principio ecclesiastico , prese poi della feudale ed ecclesiastica quello che le conveniva , rinnovandola per altro a maggior durata col temprarne l ' essenza e le forme ; quindi lasciò sviluppare di sé una letteratura più dotta , alla quale seguitò ella a porger del suo , perché riuscisse più che altro una sua necessaria prosecuzione e un perfezionamento . Adunque , ricollegare pazientemente l ' antico col nuovo , la imitazione allargare , accomodare la scienza a tale arte che pur rimanesse popolana e sopra tutto guardar sempre al popolo e alla nazione ; furono i caratteri della prima letteratura d ' Italia . Quindi volgarizzamenti di scrittori greci e latini , sacri e profani ; vite di santi e leggende bizantine e orientali , e trattati e poemi di origine provenzale ed arabica ; quindi il re Artù e Tristano ed Isotta la bionda per una parte , e Alessandro e Cesare e Catilina per un ' altra ; e novelle che la materia pigliano da ogni paese ; e nella poesia la canzon filosofica accanto al sirventese politico e alla gaia ballata , e le ire di municipio con la carità di cristiano , e l ' erudizione classica col genio paesano d ' Italia e con gli spiriti cavallereschi di Provenza ; e l ' elegia che fiorisce d ' onde spunta la satira , e l ' entusiasmo lirico col sillogismo delle scuole ; e negli spazi della visione popolati di mille fantasie le arduità matematiche : il che tutto raccoglie in sé , rappresentatore supremo di questa universalità della prima arte italiana , Orfeo , Omero ed Esiodo a un tempo , Dante Alighieri . E in questa varietà è tuttavia da notare la potenza , che quei nostri vecchi ebbero mirabile , di dare l ' aria del paese e l ' atteggiamento di famiglia così alle erudizioni diverse e alle difficili astrazioni della scienza come alle fantasie che pigliavano di lontano . I romanzatori de ' Reali di Francia attinsero certo d ' oltre monte la materia e parte anche delle forme ; ma quei romanzi divennero accettissimi alla nazione , e tuttora rimangono lettura tradizionale di questo popolo , che dei moderni imitatori di Francia e di Germania non sa pure il nome . Ritraggono dall ' oriente le leggende cristiane ; ma sono ad un ' ora di quelle cose dove più cara fiorisce la favella toscana e dove il sentimento popolano fiammeggia più limpido . Il Cavalcanti poeteggia sottili filosofemi nelle gravi stanze della canzone ; ma le sue ballate furono certo intese e cantate dalle donne e dai giovani . E non erano elleno popolari le fantasie della Divina Commedia ? e anche l ' allegoria che la domina non era il popolo d ' allora avvezzo a contemplarla e meditarla nelle leggende nelle pitture e fin negli ornamenti architettonici delle chiese ? in fin , non era egli tutto avvivato dalle ricordanze del popolo italiano il poema dell ' aristocratico fiorentino ? Onde il popolo e lo cantò , come poi udì cantare nelle piazze versi del Petrarca , e volle che glie ne fosse dichiarata nelle chiese ai dì di festa la parte scientifica . E dal popolo desunse il Boccaccio non poco della materia al suo Decameron , e delle forme le più belle e durature . Allora Dante , il Petrarca , il Boccaccio , ingegni sovrani , parlavano al popolo d ' alte cose e di leggiadre con alti ed ornati sensi e parole ; e n ' erano compresi ed ammirati . Oggi ingegni mezzanissimi fanno prova d ' imitare il popolo ; e le sono smorfie ; e il popolo non bada a loro . Degnamente . Il popolo vuolsi rialzare ; non rimpiccolir noi né bamboleggiare senilmente , per mantenerlo sempre in condizion di minore . II . Del resto , la letteratura del Trecento è toscana quasi tutta , sì per gli scrittori e la lingua , come per le esterne cagioni che la informarono e condizionarono via via . Dei volgarizzamenti , che tanto conferirono a scozzonare la favella e scaltrirla agli stili diversi , i più e i maggiori , in tutte le direzioni dello spirito e in tutte le colture , la religiosa , la classica , la cavalleresca , sono opera di toscani : toscani i predicatori e gli autori spirituali , tanta parte allora della educazione e lettura popolare : toscani i meglio dei cronisti e i novellatori : toscani poi tutti gli scrittori che più fedelmente e largamente comprendono e rendono nelle opere loro il movimento il sentimento il colorito del tempo : Brunetto Latini , il Giamboni , Giordano da Rivalta , il Cavalcanti , Dante , Dino , il Cavalca , Bartolommeo da San Concordio , il Villani , il Petrarca , Fazio degli Uberti , il Passavanti , il Boccaccio , Caterina da Siena , Giovanni dalle Celle , Franco Sacchetti . Dinanzi a tali nomi ed opere perdono ogni importanza quegli alcuni o rimatori o volgarizzatori o cronisti di altre regioni italiane , i quali , del resto , se scrivono con intenzione di arte , seguono con più o meno d ' incertezza i toscani , o vero nella rozzezza loro tradiscono la niuna cultura del dialetto nativo ; quando invece dal volgare delle domestiche e private scritture fiorentine pisane e senesi al volgare del Villlani del Cavalca di Caterina non corre divario , o ben poco . Insomma , nella prima età della letteratura italiana , il suggello è nazionale e toscana l ' impronta . Toscana ho detto e doveva dir fiorentina . Perocché Arezzo Pistoia Lucca tacciono ben presto ; un poco più tardi , e onoratamente , ma pur anche Siena e Pisa cedon del campo ; che Firenze occupa e tiene , sempre , sola , gloriosa . III . Per quel che concerne la materia e l ' instrumento letterario ; più puro , più elegante , più regolare degli altri italici apparisce dalle scritture private che di quei tempi ci avanzano il dialetto che si parlava in Firenze . Non che si voglia o debbasi con ciò dare il vanto della lingua a lei tutta sola ; ché italiano erasi già scritto a Palermo , erasi scritto a Bologna . E fu notato che i primi tentativi per sollevare a dignità letteraria i varii dialetti riuscivano come al ritrovamento di una lingua comune . Il che non parrà strano , quando si ripensi che quei dialetti , reliquie dei vecchi linguaggi italici passati per il crogiuolo del latino , erano allora per la più parte men lontani tra loro e men diversi che oggi non siano ; e la prova veniva sempre facendosi allo specchio del latino da uomini ingegnosi , nelle città più cólte d ' Italia . Con tali condizioni e con sì fatta norma era naturale che ad una lingua comune , stabile e regolare , si arrivasse ben presto , quando la letteratura da benigna necessità storica fu condotta a fiorire nel bel mezzo dell ' Italia centrale , nel bel mezzo della famiglia de ' dialetti più veramente latini , dove più omogeneamente tenevasi raccolto l ' elemento antico e men turbato da misture straniere . Ma veramente per solo il dialetto non avrebbe Firenze potuto esercitare quella gran parte che ebbe nello svolgimento della letteratura nazionale e della coltura moderna . Altre e più forti ragioni vi sono per le quali il Comune che occupava poche miglia d ' un territorio non fertile dovesse occupare del suo nome l ' Europa . Nello scorcio del secolo decimoterzo gli angioini di Napoli , non avendo piè fermo né diritti sovrani su le parti più vitali della penisola , non ebbero più dopo Carlo I vera potenza , e l ' opera loro non fu che d ' intrighi più o meno avveduti e ambiziosi : al settentrione , i signori pullulavano da per tutto , rappresentanti , è vero , del popolo contro i nobili e i grandi , ma non amici di libertà , e i comuni , esauste le forze , si accasciavano omai sotto il giogo civile di uno più volontieri che non combattessero contro cento : le repubbliche marittime attendevano a ' lor commerci e conquisti e a contenderseli fra loro : nel centro , Roma , dopo l ' esilio de ' papi e negli scismi che lo accompagnarono e nella debolezza che da quelli conseguitò al ponteficato , travagliava nell ' anarchia sé e le province che le erano addette di diritto o di fatto . Ecco , parmi , le cagioni più apparenti per che focolare proprio alla nuova civiltà fu per gran parte Toscana , e per grandissima parte Firenze . Quando le altre repubbliche allentavano il corso e sostavano in una quiete che era stanchezza , ella , l ' ultima nata delle grandi sorelle , aveva a pena preso le mosse : con lei era la gioventù e la freschezza delle forze , e per lei l ' avvenire . In Firenze , il Comune , o meglio , la cittadinanza popolaresca che fu il nocciolo vero del Comune , di mezzo alle schiatte di nobili , tedesche e feudali , partite in guelfe e ghibelline , aveva con rigoroso ordinamento civile e militare saputo e potuto constituirsi in modo da acquistare un ' azione propria e indipendente , da infrenare le due parti , o , all ' occasione , abbatter l ' una collegandosi all ' altra . Guelfo il Comune di Firenze fu , come in fondo ogni comune italiano , per rispetto a quel certo favoreggiamento che le libertà civili ebbero , nel loro primo contendere ad affermarsi , dalla politica dei papi improvvida delle conseguenze ; fu guelfo in opposizione al ghibellinismo cesareo di casa sveva , al ghibellinismo tirannico e aristocratico degli aderenti suoi feudatari e nobili ; ma gl ' interessi dell ' esistenza libera , i diritti allo svolgimento infinito della vita democratica , gli manteneva e proseguiva contro guelfi e ghibellini del pari . La cittadinanza guelfa di Firenze , o , a dir più chiaro , la borghesia , nel contrasto dei due poteri e delle parti , fu neutrale ad un ' ora ed attiva : ella era anzi tutto fiorentina ; e con questa politica venne a stabilirsi nella constituzione del 1282 . Allora , posta tra l ' alta e la mediana Italia , con in mano le chiavi dell ' Appennino , con un ' indomita forza di espansione , con una operosità infaticabile , Firenze divenne ben presto potentato italiano , leva al movimento politico , economico , artistico della penisola . E ben presto , per ricchezza di commercio , per esuberanza di produzione materiale e intellettuale , per prosperità e civiltà interna , per influenza tutta popolare e industriale al di fuori , non ebbe pari , su ' l finire del secolo decimoterzo e nel decimoquarto ; più tardi , ebbe pari soltanto le città di Olanda . Ella era la prima potenza denaresca d ' Europa ; le sue banche fiorivano ad Augusta a Marsiglia a Parigi a Londra , negli scali d ' Oriente : il pontefice chiamavala fonte dell ' oro , il soldano ammirava i suoi fiorini , i re d ' Europa ricorrevano a ' suoi banchieri o li rubavano . Ma i fiorentini non erano solamente e grossolanamente banchieri e mercanti . Come le corporazioni delle arti venivano ad essere , più utilmente forse che non le società politiche della rivoluzione francese , altrettante repubbliche nella repubblica , così ogni mercante , ogni artigiano , anche prima di prender parte al governo , anche senza prendervi parte , si addestrava nella discussione , nella conoscenza degli statuti e del reggimento , nell ' amministrazione degl ' interessi pubblici , non che dei grandi interessi della sua corporazione sparsi per tutta la terra civile . E per tutta la terra civile cotesti mercanti e artigiani portavano il fino ingegno , lo scòrto maneggio , l ' acuta osservazione , il sentimento nobile della patria repubblicana : per essi Firenze si rispecchiava nell ' Europa e nell ' Asia , e l ' Asia e l ' Europa in Firenze : onde il detto di Bonifazio VIII , quando nel ricevere ambasciatori di varie e strane nazioni li sentì tutti fiorentini , essere i fiorentini il quinto elemento del mondo . E certo furono nel medio evo e nel Rinascimento l ' elemento essenziale della civiltà moderna . Né il commercio ammolliva loro il braccio o ne rimpiccioliva l ' animo o ne fiaccava gli spiriti . Fuori , i negozi e le banche spargevano le fiorentine manifatture , moltiplicavano l ' oro fiorentino : dentro , gli opificii delle sete e delle lane risuonavano del lieto strepito del lavoro : ma a un bisogno , sol che la nota insegna sventolasse dalla casa del gonfalonier di quartiere , le spole e i naspi tacevano , e quattordicimila lavoranti e capi di bottega erano in armi a difendere da ogni attentato la constituzione del popolo , a rivendicar tutti l ' oltraggio fatto ad un solo . E quando l ' imperatore o alcun de ' tiranni ghibellini minacciasse il comune , venticinquemila uomini portanti l ' armi rassegnava la città , settantamila si raccoglievano nel contado : onde alle minacce di Arrigo VII potevasi rispondere senza iattanza , Firenze non aver mai per niun signore abbassate le corna . E intanto in quel reggimento che passava per tutte le fasi di uno stato a popolo , con la partizione e lo sminuzzamento all ' infinito del potere e degli offici voluto dalla gelosia democratica , non che per le vive emulazioni delle parti , le forze individuali dovevano manifestarsi , esplicarsi , incontrarsi per tutti i versi . Aggiungete il sentimento generale che in paese piccolo e raccolto più facilmente viene educato dai personaggi gloriosi per poi alla sua volta educarli . Aggiungete l ' occasione , gli stimoli , l ' insegnamento , che lo Stato porgeva , risvegliava , forniva . Nel popolo di Firenze l ' istruzione più che elementare era diffusa come oggi nelle principali città di Germania : molti libri di compilazioni e di versioni , oggi testi di lingua , eran composti per il popolo ; e il bottegaio teneva sotto il banco Livio e Sallustio , l ' Eneide e la Tavola rotonda , ultimamente tradotti ; leggeva e giudicava il Villani e anche Dante , e ne trascriveva ne ' suoi quaderni le cose notevoli o che più lo toccassero . Le scuole di grammatica e di logica erano frequentate da seicento studenti , e dal fiore della gioventù popolana le prime università d ' Italia e d ' Europa . Intendesi così come le cure del guadagno e degli utili e materiali godimenti non ottundessero il senso de ' bisogni morali , non ghiacciassero l ' alito delle pure e sublimi aspirazioni , non intralciassero e impedissero lo svolgimento intimo e intellettivo : intendesi come quella libera larghezza di vivere non respingesse troppo presto le nobili usanze antiche , non rompesse così subito i confini dell ' antica disciplina . Onde quella varietà , quella molteplicità , quel contrasto di colori nella superficie della società fiorentina : qui le feste magnifiche ed eleganti , i lieti ritrovi dei giovani con giuochi d ' armi e di cavalleria , e il culto gentile della donna : là le famiglie attinenti ed avverse ragunate al corrotto de ' morti , e quindi d ' intorno alla bara e dalla chiesa saltare all ' armi in su la piazza : e le confraternite dalle lugubri fogge e dai lugubri canti nelle cappelle sotterranee , e le rappresentazioni dei misteri della vita oltremondana su i ponti e le piazze ; e in mezzo a tutto questo i tentativi severi nel campo della verità e della bellezza , della scienza e dell ' arte , salutati come una gioia e come una gloria del comune : la tradizione della Madonna dipinta da Cimabue e del popolo che trae raggiante di letizia a vederla , onde il nome di Borgo Allegri , quante mai cose dimostra , quanti secreti rivela ! Tutti i diversi elementi della vita nuova italiana ; la fantasia religiosa etrusca , l ' intelletto sociale romano , il sentimento individuale germanico , lo spirito leggiadro provenzale e francese , l ' istinto pratico e progressivo dei comuni lombardi ; tutto ciò ne si presenta in Firenze in meravigliosa varietà di fenomeni ; in Firenze che vede presso su ' l monte le ruine etrusche di Fiesole , in Firenze colonia romana e di romane memorie superba , in Firenze ove i tedeschi venuti con Ottone constituiscono la nobiltà più armigera e irrequieta , in Firenze il cui giglio ama fiorire co ' l giglio di Francia e che sormonta coll ' avvenimento degli angioini . Ma tutto ciò Firenze lo trasforma a nuova e originale unità . Arnolfo e Giotto dalla durezza dalla rigidità dall ' inceppamento dell ' arte bizantina e tedesca passano alle serene e liete forme italiane : il Cavalcanti e Dante appianano e arrotondano le asperità e la rozzezza della scolastica in quello stesso che sollevano nel dotto edificio della strofe la leggera canzone provenzale . Lo slancio degli uomini e degli ingegni , in così breve spazio , entro sì angusti termini , fu miracoloso , e non ha pari nella storia che quel d ' Atene dopo Maratona ; col quale ha pur questa essenzial somiglianza , che in tanto ardimento , in tanta realtà di vita , non fu deposto quel quasi senso fanciullesco , nel significato migliore della parola , d ' un ' arte nuova , il tremore l ' orrore l ' amore dinanzi al soprannaturale all ' infinito al divino ; orrore e tremore che è lo stesso in Eschilo e in Dante , amore che è in Sofocle e nel Petrarca . IV . Per le quali cose tutte , Firenze su ' l finire del medio evo fu all ' Europa dal lato della coltura e della civiltà secolare quel che era Roma per la religione , Parigi per la scolastica . Per la letteratura nazionale poi , i termini del primo originale periodo si riscontrano agevolmente e naturalmente nella storia fiorentina ; dal 1282 , quando il reggimento si rinnovò con la instituzione de ' priori delle arti e di libertà , nel quale anno o nell ' appresso Dante scrisse il primo sonetto della Vita nuova , al 1378 , quando la democrazia fiorentina passata per tutte le rivoluzioni precipitò nel tumulto sociale dei Ciompi : quattro anni avanti erano morti il Petrarca e il Boccaccio . L ' anno 1282 fu , nelle debite proporzioni , per il popolo di Firenze quel che il 1789 per la borghesia di Francia : sterpate già al di fuori le più prossime piante dell ' aristocrazia feudale , fu in cotesto anno con la instituzione de ' priori estirpato anche ogni germe interno dell ' aristocrazia di nascita , e assicurato il governo nelle mani del popolo grasso . L ' anno 1293 fu per Firenze quel che il 1793 per la Francia : allargò i termini del governo popolare , lo corroborò con la instituzione dei gonfalonieri capi della milizia civica , e con gli ordinamenti di giustizia che furono , senza sangue , la legge dei sospetti contro le famiglie grandi . La rivoluzione del 1301 , a cui seguitò la cacciata dei Bianchi , non fu che un colpo di stato di Corso Donati e di alcuni oligarchi borghesi , non contro la constituzione , ma contro parte Bianca , che aveva allora il potere e lo esercitava con molto rispetto alla legge , se bene non con efficacia democratica . Da quell ' avvenimento alla cacciata del duca d ' Atene , dal 1301 al 1343 , in un continuo alternare di oligarchie sofferte o rovesciate , di signorie invocate o cacciate , di guerre grosse vigorosamente sostenute dalla borghesia , il governo e la città sono dal più al meno in mano di essa , che dilaga e compenetra di sé tutte le instituzioni , tutti i fatti e le idee . Dal 1343 al 1378 la borghesia , pur seguitando a battere i grandi dentro la città e fuori per tutta la Toscana e a contrabilanciare minacciosa le signorie crescenti nella penisola , si divide sempre più tra sé , e così porge il fianco al popolo minuto ; il quale fin dalla cacciata del duca d ' Atene aveva cominciato a numerarsi e a paragonarsi , e che in fine piglia lo stato ed irrompe nel tumulto sociale , succeduto alla rivoluzione del 18 luglio 1376 fatta da Salvestro de ' Medici contro la borghesia , come le giornate del giugno 1848 successero alla rivoluzione di febbraio . Così tre generazioni diverse , tre diversi popoli , con origini con sentimenti con intendimenti diversi , passano su la scena del comune : il popolo vecchio , dei cittadini e grandi antichi , i quali avevano stabilita o accettata la constituzione dell'82 : il popolo nuovo , la borghesia più piccola e l ' avventizia del contado , che tiene il campo dopo il '93 e specialmente dopo il 1301 : il popolo minuto , o la plebe , che si fa avanti dal 1343 al '78 . Ora Dante , il Petrarca , il Boccaccio , per una ventura che non è tutta caso , ne si prestano a darne la storia dello svolgersi l ' ideale artistico e civile nelle diverse fasi , negli strati , per così dire , diversi del comune fiorentino , che del resto raccoglie e riflette in sé la vita degli altri comuni italiani che non ebbero letteratura . V . Dante rappresenta il popolo vecchio . Gli Elisei , ceppo di sua gente , vantavano sangue romano , un cavaliere di Carlomagno , un gentiluomo di compagnia d ' Arrigo II , un crociato cavaliere di Corrado III e martire della fede ; tennero parte ghibellina , e aveano castella in contado e torri in città . Gli Alighieri , diramatine al tempo dei consoli , seguitarono in vece parte guelfa , e furono della nobiltà del primo popolo : Brunetto , zio di Dante , era guardia al carroccio nella battaglia di Montaperto contro i ghibellini cesarei , come Dante combatté a Campaldino contro i ghibellini feudali . Cresciuto così tra memorie gentilizie e tradizioni guelfe , egli difese con le armi il governo del 1882 e l ' ornò con gli studii . In quella primavera della storia fiorentina che durò dall''82 al '93 e anche al 1300 , quando tra il popolo nuovo e le vecchie famiglie che avevano accettato la constituzione borghese era tregua che pareva pace , era accordo che pareva fusione ; quando la vita repubblicana abbellivasi ancora di fogge cavalleresche per le fósche vie non più asserragliate passava la « festa del dio d ' amore » , Dante prese dalla parte più severa dell ' anterior generazione la poesia lirica , quella poesia che , provenuta dall ' elemento cavalleresco , cantava già civilmente l ' amore come principio di gentilezza e salute , come instrumento e forma in somma di perfezionamento morale ; la prese e compenetrò di dottrine scolastiche per sollevarla a un ideale immateriato di meditazione e contemplazione mistica . Egli « trasse fuori le nuove rime » contro gli antichi trovatori : cioè l ' opera sua giovanile , che consiste nel recare l ' astrazione e la spiritualità dell ' amore e della poesia al più alto punto che mai toccassero , fu anch ' ella un ' opera di reazione intellettuale e morale del nuovo comune contro la corruzione monarchica e aristocratica dell ' impero di Federico II , contro l ' averroismo della corte sveva , l ' epicureismo di Farinata e dei ghibellini toscani , la sensualità della poesia siciliana e di parte imperiale : Dante scriveva le rime della Vita nuova in quegli anni stessi che l ' una dopo l ' altra , e l ' una a canto all ' altra , quasi per incanto , sorgevano le chiese bellissime di Firenze , Santa Maria Novella , Santa Croce , Santa Maria del fiore . Ma a rompere quella processione di visioni ove tutto è sovrumano , a fugare quelle forme angeliche ondeggianti nell ' azzurro infinito , a richiudere il cielo , sopravvenne non tanto la morte di Beatrice quanto Giano della Bella con gli Ordinamenti di giustizia , i quali escludevano dallo stato tutte le antiche famiglie che non lavorassero o non inscrivessero i loro nomi alle arti . Dante si segnò speziale , e diedesi a studi più gravi di filosofia e di arte civile sempre negl ' intendimenti , di ristaurazione e progresso a un tempo , del Comune . Così il Convito è la prima opera italiana , ove l ' elemento nazionale si manifesti con un ben determinato concetto sì della scienza sì delle forme antiche , e con la trattazione per volgare delle materie scolastiche segna a un ' ora il primo passo alla secolarizzazione della scienza e alla confermazione classica dell ' arte nuova . E il poeta aveva dalla parte sua fatto di tutto per seguitare il rapido corso della democrazia , si era adoperato del suo meglio per entrare come nella civiltà del comune così nella vita pratica del popolo nuovo : egli ambasciatore , egli priore , egli fin sindaco sulle strade : quando venne d ' un tratto il colpo di stato di Corso Donati e degli oligarchi alleati di parte guelfa a spazzar via il partito bianco , che fu come la Gironda della repubblica fiorentina . Dante esule sentì finalmente che ogni rivendicazione pacifica e legale tornava oramai impossibile , che il popolo vecchio aveva finito , che le antiche famiglie , le quali obliando tutto il glorioso passato non iscendessero a patti prima co ' tiranni del momento poi col nuovo ordine di cose , erano destinate inesorabilmente a consumarsi rabbiose nell ' esilio o a languire innominate in domestiche relegazioni entro quella patria che più non le conosceva . Le memorie soavi della giovinezza , le nobili ambizioni della virilità , le speranze di un bello e riposato vivere tra le vecchie tradizioni e le glorie nuove nella patria felice : tutto era perduto . E in lui risorse l ' antico aristocratico : dimenticò suo zio Brunetto e il carroccio , dimenticò Campaldino e il priorato , per ricordare soltanto gli avi suoi romani , gli avi suoi crociati , gli avi suoi cavalieri di Carlomagno , di Arrigo II , di Corrado III . Nella espansione vertiginosa del comune non vide che anarchia ; nella esuberanza della vita economica e commerciale non vide che corruzione ; nell ' affollarsi della plebe al conquisto dei diritti politici non vide che villani puzzolenti d ' Aguglione e di Signa , che villan rifatti figliuoli di padri accattoni , i quali andavano già alla cerca in Semifonte e ora chiudevano le porte della patria su ' l petto a lui , sangue romano , che per amor della patria si era fatto speziale . E al comune toscano incanagliato preferì le corti dell ' alta Italia : « S ' io son fatto romano e tu lombardo » , rinfacciavagli sin da quei giorni l ' Angiolieri senese , e Giuseppe Ferrari ben qualificò da questo lato la Divina Commedia per il poema della tirannia italiana . Perocché Dante per dispetto del presente ritornò non tanto al tempo di Federico II , da cui , pur ammirando egli quel diffuso splendore di civiltà profana , le credenze sue religiose e le opinioni filosofiche e l ' indirizzo de ' suoi studii e i ricordi de ' suoi giovenili sentimenti aborrivano , ma al tempo del buon Federico I , sotto il cui imperial protettorato il popolo vecchio delle città italiane avrebbe dopo la pace di Costanza con miglior senno potuto ordinarsi a regolata aristocrazia ; tornò anche più a dietro , e invidiò i tempi beati di Cacciaguida , quando Firenze aveva confine il Galluzzo . Da ciò all ' unità d ' Italia ci corre . E pure come smisuratamente , nel rimpicciolimento de ' concetti politici e delle passioni di parte , come smisuratamente si svolse e crebbe oltre i termini nostri quell ' animo e quell ' ingegno ! Quanto mai devono l ' Italia e l ' arte e il mondo a quell ' esilio , che d ' un priore fiorentino , d ' un poeta elegiaco , d ' un trattatista scolastico , fece l ' uomo fatale , il cui severo profilo , nel quale disegnasi tutta un ' epoca della storia umana , domina i secoli , ne fece , dico , il profeta non nazionale , ma europeo , ma cristiano , dell ' evo medio ! Profeta , ho detto ; e Dante in vero , come i profeti del popolo ebreo , ebbe un ideale del passato : quanti passi innanzi aveva fatti l ' Italia comunale nelle idee politiche e sociali , tanti egli ne fece per indietro : la sua Roma , « che il buon tempo feo » con i suoi due soli ( perocché è un degli ardimenti di Dante di aver sollevato l ' imperatore dal grado di luna , a cui il medio evo l ' avea confinato , a quel di sole , per agguagliarlo al pontefice ) , la sua Roma è la Roma di Costantino e di Giustiniano : quel paradiso , che con i suoi nove cieli concentrici quasi con altrettanti cerchi di adamante racchiude e sòffoca la terra , ha la sembianza d ' una cupola bizantina , sotto la cui stretta volta smaltata ad oro e azzurro il poeta contempli , figurato in rigido musaico , lo aggreggiarsi pacifico , uniforme , monotono , dei regni e dei popoli , dei signori e dei Comuni , nella monarchia di Dio , sotto lo scettro dell ' imperatore , sotto il pastorale del papa . E ciò quando i mercanti fiorentini segnavano schernevolmente nei loro libri di banco le partite inesigibili a conto d ' Arrigo di Lucimburgo imperator di Lamagna , quando del papa il re di Francia aveva fatto un suo cappellano , quando l ' uman pensiero cominciava già ad irrompere nel sacrario della teologia e della scolastica dietro la scienza e la libertà , a quel modo onde un de ' contemporanei antisegnani di quelle , Raimondo Lullo , aveva , essendo ancor cavaliere , seguìto galoppando a cavallo la dama de ' suoi pensieri entro la chiesa di Maiorca . E all ' idea sociale e politica risponde nella maggiore opera di Dante il concepimento estetico . Egli giunse a tempo a raccogliere in sé i riverberi delle mille visioni del medio evo e a rispecchiarli potentemente uniti su ' l mondo ; giunse a tempo a chiudere con un monumento gigantesco l ' età dell ' allegoria . Egli , in quel secolo stesso che le cattedrali di Germania e d ' Italia rimanevano interrotte per non essere riprese più mai ; egli , come per uno di quegl ' incanti o di quei miracoli de ' quali intorno alla fabbrica di quelle cattedrali favoleggiavasi ; egli , nella solitudine dell ' esilio , in una notte di dolore , imaginò , disegnò , distribuì , adornò , dipinse , finì in tutti i minimi particolari , il suo monumento gigantesco , il domo e la tomba del medio evo . Havvi momenti storici in che le nazioni , dopo lente e lunghe modificazioni che per una parte hanno operato su la religione e per l ' altra hanno dalla religione ricevuto , giungono quasi a identificarsi con essa religione nei sentimenti e nelle idee , nei costumi e nelle instituzioni : allora la religione prende quasi il carattere della nazione , e la nazione quel della religione alla sua volta : in cotesti momenti solo è possibile la epopea religiosa a un tempo e politica . Ciò dopo Pier Damiano , Francesco d ' Assisi , Tommaso d ' Aquino , Bonaventura da Bagnorea , dopo Gregorio VII ed Innocenzo III , vivente Bonifazio VIII , in quegli ultimi dieci anni del secolo XIII che furono la primavera della democrazia e dell ' arte toscana e dell ' anima di Dante , era avvenuto del cattolicismo rispetto all ' Italia . Ora Dante , com ' è natura de ' poeti veramente grandi di rappresentare e conchiudere un grande passato , Dante fu l ' Omero di cotesto momento di civiltà . Ma son momenti che presto passano ; e i diversi elementi , dopo incontratisi nelle loro correnti , riprendono ognun la sua via . Per ciò avvenne che della Divina Commedia , rimanendo vivo tutto che è concezione e rappresentazione individuale , fosse già antica fin nel Trecento la forma primigenia , la visione teologica : per ciò Dante non ebbe successori in integro . Egli discese di paradiso portando seco le chiavi dell ' altro mondo , e le gettò nell ' abisso del passato : niuno le ha più ritrovate . VI . Il Petrarca , figliuolo d ' un notaio venuto dall ' Incisa , rappresenta quella parte più eletta del popolo nuovo che sorse intorno a Giano della Bella o poco dopo lui ; ritrae moralmente dai Bianchi , dei quali il padre suo partecipò gli affetti politici e la sorte , meglio di Dante , che tratto fra loro dal corso degli avvenimenti se ne distaccò poi bruscamente ; e ciò tutto rappresenta e ritrae con tanto più nobile e più pura astrazione , quanto egli visse lontano da Firenze e dagli affari e dai turbamenti delle parti . E come quegli che vide sol da lontano e senza passioni la vita dei comuni d ' Italia , allargò il nome e l ' affetto di patria : per lui l ' Italia non è il giardino dell ' impero né la polledra indomita che il Cesare tedesco ha da inforcare , ella è la gloriosa nazione romana che si stende dall ' Alpi al mare e che dee sterminare da sé ogni straniero , ogni barbaro : egli creò il concetto o l ' ideale letterario d ' un ' Italia . Ancora : come quegli che secondo gl ' instinti suoi nobili rappresentò l ' elemento italico del popolo nuovo , specialmente nella tendenza alla ristorazione delle instituzioni e della civiltà antica , così egli sollevò l ' idea del comune fino alla repubblica degli Scipioni . Per l ' impero fu freddissimo , senza amore e senza odio ; sebbene qualche volta sentì e confessò riciso esser nome vano senza soggetto ; sebbene altra volta , dopo la mala prova della repubblica di Cola , alle lusinghe di Carlo di Lussemburgo rispose con un omaggio da antiquario inviandogli certe monete romane ( il povero imperatore avrebbe tolto invece fiorini ) e molti conforti a venir in Italia e ricalcar le orme degli Augusti e de ' Traiani , non senza rampogne d ' inerzia e d ' inettitudine . Odiò la corte romana e assalse la chiesa corrotta con tanta ira che parve poi ribellione ; sebbene egli rimanesse intimamente devoto , ma non , come Dante , religioso essenzialmente . Con queste affezioni e con questi istinti affrettò l ' uscita dal medio evo . Come il popolo , di cui era nato , invocava di quando in quando la balía di un re o di un signore , così egli non rigettò le grazie de ' príncipi , alla cui protezione del resto anche Dante erasi male affidato ; e , se vi lasciaste ingannare alle brutte forme della sua retorica latina , parrebbe che gli adulasse . Non è vero : niuno sentì così fieramente l ' eguaglianza democratica e la dignità umana in conspetto agli ordini privilegiati e prepossenti . Il Petrarca nella vita letteraria prosegue a modo suo l ' opera di Giano della Bella : che anzi nella esortatoria a Cola di Rienzo l ' odio suo contro i grandi oltrepassa gli ordinamenti di giustizia , e in quel bando di persecuzione e di sterminio diresti che il « dolce testor degli amorosi detti » rasentasse alcuna volta la feroce eloquenza dell ' « Amico del Popolo » . Letterato , si lasciò richiedere e desiderare ai principi , li trattò graziosamente da pari a pari , fe ' sentire ai tiranni guelfi e ghibellini , ai re di Napoli e d ' Ungheria , all ' imperatore e al papa esservi al mondo oramai un ' altra potenza , crescente ogni di più e tendente a cacciar di luogo quella della nascita e della spada , la potenza del pensiero . Niuno onorò in sé e fece onorata da popoli e principi l ' arte e la dottrina meglio e più del Petrarca : niuno fece rispettare e ammirare il popolo d ' Italia , che dalle sue città piene di gloria e lavoro chiedeva i titoli di nobiltà non ai secoli passati ma agli avvenire , non all ' imperatore ma al mondo , niuno , dico , fece riverire e ammirare all ' Europa feudale cotesto popolo di borghesi ribelli meglio e più del Petrarca , di questo figliuolo d ' un notaio fiorentino , al quale i re s ' inchinavano . La incoronazione di lui in Campidoglio , tra il popolo plaudente , con la fortunata assenza del papa e dell ' imperatore , fu come la sacra del Rinascimento in mezzo all ' Europa nel medio evo : su la quale , a grande augumento della civiltà , egli esercitò nel tempo suo quella medesima dittatura , anzi legislazione dell ' ingegno e dell ' arte , che esercitarono poi su ' l secolo XVI Erasmo di Rotterdam e sul XVIII il Voltaire . Come artista , egli , uscito di un popolo che faceva constituzioni e commerci , non comprese il mondo fantastico e avventuriere del medio evo , e sentì che era finito co ' poemi francesi ; sentì che anche il mondo soprannaturale cristiano erasi chiuso con Dante , e non avea certo l ' intuizione universale di lui ; del mondo antico non sentì che le forme , e non le migliori . Ma sentì in sé l ' uomo ; e mentre gl ' infiniti lirici del medio evo , francesi , tedeschi , italiani , dei quali è mal vezzo di critici superficiali e ripetitori l ' accusarlo imitatore , lui originalissimo e che deve agli antecessori suoi solo qualche frase di cattivo gusto , mentre quei lirici cantarono o il senso ben limitato o l ' idea molto indeterminata , egli scoprì in sé e rivelò l ' uomo ; l ' uomo del medio evo , a cui la natura ha cominciato a rifavellare da ' libri de ' poeti antichi , l ' uomo del medio evo in contrasto tra la materia e la forma , tra il senso e lo spirito , tra il cristiano e il pagano . E questo contrasto ei lo prese ad analizzare e a svolgere sottilmente , finamente , profondamente , per ogni verso , con tutta leggerezza di tócco , con tutta delicatezza di ombreggiamento , con tutta misura , senza lasciarsi vincer la mano alla passione inestetica . Riprese l ' opera giovanile di Dante , movendo anch ' egli dall ' antecedente lirica cavalleresca : ma Dante risalì o si smarrì nel misticismo , il Petrarca ritornò al naturalismo ideale , e anche per questa parte apre l ' età del Rinascimento . VII . Dante e il Petrarca avean mosso ambedue dal medio evo e dal principio cavalleresco : Dante poi erasi fermato al principio ecclesiastico e alle sue forme , la visione e l ' allegoria . Contro l ' uno e l ' altro di questi principii insorge ora il più fervido ammiratore di Dante , l ' amico più affettuoso del Petrarca , Giovanni Boccaccio , cittadin fiorentino . Il Boccaccio era nipote a un Chellino venuto a città dal contado di Val d ' Elsa , da Certaldo che allora aveva nome soltanto dalle cipolle che produce in copia ; apparteneva dunque a quella cittadinanza che Dante spregiava di cuore , « la cittadinanza , ch ' è or mista Di Campi , di Certaldo e di Figghine » ; e la nobil donna , de ' cui fastidi il certaldese si vendicò nel Corbaccio , poteva bene mandargli a dire « Torni a sarchiar le cipolle e lasci star le gentildonne » . Più : egli era nato a Parigi dagli amori non consecrati di suo padre mercante con una donna francese . Plebeo , bastardo , e con sangue parigino dentro le vene , il gran distruttore dell ' amore cavalleresco e dell ' ideale monastico è il più sicuro rappresentante di quel popolo grasso del secolo XIV , che finì di ricoprire con la sua alluvione il popolo vecchio e l ' Italia del secolo XIII . Egli è il vero borghese italiano del Trecento ; se non quanto , non ostante la pompa delle sue allusioni , delle sue erudizioni , del suo stile , non ostante l ' ammirazione e devozione sua all ' aristocrazia dell ' ingegno , egli piega inconsciamente verso i Ciompi ; però che anch ' egli intende a distruggere ciò ch ' era stato venerato fin allora . Come uomo e cittadino , è repubblicano più francamente del Petrarca ; più francamente e finamente di lui deride l ' imperatore e l ' impero : anche , rimprovera l ' amico del frequentare ch ' ei fa i tiranni lombardi : non fioretta panegirici ai re , e poco usa a corte , se non da giovane e per amoreggiarne le figliuole : al suo comune e ai cittadini dice aspre verità , ma quello serve e con questi si trova a suo agio ; non gli odia come Dante , non gli sfugge come il Petrarca , ne studia il ridicolo . Una sola grandezza v ' è , della quale egli si fa volentieri cortigiano , che egli ama di amor più tenero che non le donne : la grandezza dell ' ingegno . L ' ideale suo è tutto soggettivo : l ' arte . E per ciò , riproduttore largo e indifferente , diresti ch ' e ' cercasse di fondare come il Goethe una letteratura eclettica : certo , fece anche egli le sue prove in tutt ' i generi , nella visione allegorica di Dante , nella lirica amorosa del Petrarca , nella epopea antica , nella epopea cavalleresca , nel romanzo d ' avventura , nel racconto mitologico , nella leggenda , nella satira , nell ' orazione , nell ' ecloga e nell ' idillio , nella geografia , nella mitologia , nella filologia e nella erudizione ; e riesce solo quando scende al reale , quando rappresenta il sensuale , il sensuale , dico , nel migliore e peggior significato : del reale è veramente pittore , anzi scultore , miracoloso . Ma , se pone l ' arte in cima d ' ogni idea , non per ciò egli è scrittore ozioso , non per ciò egli sbizzarrisce soltanto . Il Decameron non fu scritto , come una ignorante e parzial critica afferma , per trarre l ' Italia al bordello : il Decameron fu opera d ' opposizione contro il principio cavalleresco ed ecclesiastico . Ricordiamo che le cento novelle s ' incoronano con la « Griselda » , stupenda rappresentazione della donna del dovere , glorioso trionfo della donna moglie e madre , come cavalieri e frati non volevano che la donna fosse . Contro cavalieri e frati , e contro i borghesi in parte , il ridicolo , il grottesco , il triviale e il sublime , sì , anche il sublime , sono in cotesta grande commedia umana del plebeo certaldese adoperati come niuno gli adoperò dopo Aristofane e avanti il Molière . Il Decameron , la commedia umana di Giovanni Boccaccio , è la sola opera comparabile per universalità alla Commedia divina di Dante . Due grandi artisti , con intendimenti diversi , da opposti lati , sorpresero e abbracciarono tutt ' insieme con un olimpico sguardo due mondi antipodi , e gl ' improntarono vivi e spiranti in tale una materia e forma , che è marmo per lo splendore e la durata , cristallo per la trasparenza . VIII . Così in Dante nel Petrarca nel Boccaccio si raccoglie la somma della letteratura del secolo decimoquarto , del periodo del comune ; nel quale il principio nazionale con i suoi due elementi romano e italico s ' equilibrò da prima e poi prevalse agli altri principii : s ' equilibrò nell ' opera di Dante al principio ecclesiastico , trasformò in quella del Petrarca il principio cavalleresco , e all ' uno e all ' altro prevalse in quella del Boccaccio . Così Dante , il Petrarca , il Boccaccio , accogliendo in sé il secolo XIV , quel secolo , cioè , nel quale il movimento democratico dei comuni attinse l ' ultima velocità e pienezza , diedero ancora alla letteratura nazionale la materia e gl ' instrumenti e le forme che meglio fiorirono nell ' età migliori e che durano ancora : Dante , la lingua lo stile e gli animi a tutta la poesia ; il Petrarca , i metri e le forme alla lirica ; il Boccaccio , l ' ottava e il periodo alla epopea e alla prosa del Rinascimento . E come il Rinascimento muove da essi , così nelle opere loro è in germe il fiore lussureggiante dell ' arte del Cinquecento : v ' è quel carattere speciale che fu proprio della nostra letteratura e pe ' l quale ella è quasi mezzo tra l ' arte antica e l ' arte del medio evo , tra la Grecia e la Germania ; quel , come uno scrittor tedesco lo chiama , non pure presentimento , nato da affinità , del bello classico , ma vera affinità elettiva con quello spirito d ' intelligente e discreta proporzione in tutte cose che è l ' essenza fondamentale di esso bello , con quella sofrosine in opposizione alla stravaganza senza forma e senza misura che domina le rappresentazioni medioevali . Se non che , mentre il Petrarca e il Boccaccio furono subito fatti famigliari alla lontana Inghilterra dallo Chaucer , ed ebbero poco di poi la cittadinanza in tutte le nuove letterature ; mentre il Petrarca restò lungamente modello alla lirica non pure italiana , ma francese e spagnola , ma tedesca e inglese ; mentre non pur le forme del Boccaccio si perennarono nei novellatori italiani e francesi del secolo XV e XVI ma ne rivissero gli spiriti nel Machiavelli e nell ' Ariosto comici , nel Rabelais , nel Molière , nel Voltaire , nel Lessing ; scarso per contro e debole fu l ' influsso di Dante , sebbene la singolar grandezza sua fosse , massime in Italia , riconosciuta sempre . Anche il suo metro , la mistica terzina , ch ' egli creò veramente quasi risonante segno della sua venerazione al cabalistico tre continuamente rintrecciantesi nel nove , non ebbe quella splendida posterità che la ottava limitata del novellatore : non ebbe la Divina Commedia tra noi altro che pallide imitazioni nella parte dottrinale e allegorica , il Dittamondo e il Quadriregio ; al di fuori , appena una traduzione francese di quel secolo stesso , che , per trovarsi in solo un codice , è da credere fosse più che altro uno studio individuale ; ebbe invece ben presto , e in poco più che cent ' anni , tre versioni nella cattolica Spagna e imitatore valente un baron castigliano . Or vengano i soliti critici a rimproverare all ' Italia l ' abbandono delle tradizioni dantesche . E già , se non intendano delle tradizioni di stile e di forma e di pura poesia , che non sarebbe vero ; se per avventura non pretendono che tutta la nostra letteratura fosse una continua e fedel ripetizione della Commedia ; che cosa sono allora coteste tradizioni dantesche ? la filosofia di san Tommaso ? la mistica di Dionigi Areopagita e d ' Ugo o di Riccardo da San Vittore ? la visione teologica ? l ' allegoria ? l ' impero del buon Barbarossa o di Giustiniano santo ? l ' età dell ' oro di Cacciaguida ? il concerto di maledizioni a tutt ' i comuni d ' Italia ? Dante stesso ci narra come egli dopo la morte di Beatrice si lasciasse movere ai segni di pietà che scòrse in viso di una donna gentile , e tanto se ne lasciasse poi attrarre da darsi per qualche tempo in signoria di lei , dimenticando la gentilissima Beatrice passata al reame ove gli angeli hanno pace . Quella nuova donna gentile era , com ' egli stesso ci afferma , la filosofia , e gli toccò poi smarrirsi nella selva a ruinare in basso loco , e gli bisognò attraversare il centro della terra , per ritornare alla sua Beatrice beata , alla Beatrice trasfigurata , alla Beatrice teologale . Egli dunque , l ' uomo del medio evo , ritornò a Beatrice ; ma l ' Italia non più mai . IX . Un ' ultima osservazione resta a fare . La poesia delle altre genti d ' Europa , divenute nazioni molto prima della italiana , ebbe anche oltre le forme un contenuto nazionale : i Nibelunghi rappresentano i Germani delle migrazioni , i romanzi francesi cantano le glorie dell ' impero di Carlomagno e la lotta della feudalità co ' discendenti di lui , quelli spagnoli la guerra continuata con gli invasori . La poesia italiana , tardiva come la nazione , non ha un fondo nazionale : la Commedia , il Canzoniere , il Decameron sono per il contenuto più presto europei , cristiani o umani , che non italiani . Ricordiamo che l ' elemento popolare risorse nella penisola come romano , e che l ' Italia appariva a Dante come il giardino dell ' impero , al Petrarca come la sede della repubblica degli Scipioni . Di qui avvenne che i nostri cercassero le loro tradizioni nazionali nell ' antichità , e la parte epica della storia italiana consista nelle origini troiane o romane delle città e nella derivazione delle famiglie nobili dagli ultimi romani che contrastarono ai barbari : Virgilio , Lucano , Claudiano erano sempre i poeti di nostra gente ; Cesare , Livio , Sallustio , gli storici . E l ' Italia , in quello stesso che non aveva la conscienza di nazione moderna , sentivasi , nella sua continuazione romana , la capitale d ' Europa . I nostri poeti quindi vennero a compiere e a nobilitare il medio evo con le forme antiche , come poeti dell ' Europa cristiana , dell ' occidente latino . Ecco : Dante dà la consecrazione cattolica e classica a tutte le visioni dell ' oltremondo smarrite per le isole brittaniche , per la Germania e la Francia : il Petrarca chiude il ciclo dei poeti d ' amore provenzali , francesi , tedeschi , nel suo virgiliano « bosco degli ombrosi mirti » : il Boccaccio raccoglie le pietruzze dai conti dai favolelli dalle leggende di tutti i giullari e menestrelli per istoriarne il suo musaico romano . Quel che le altre nazioni produssero singolo , staccato , informe , in Italia è uno , armonico , vivo . La terra dei comuni non può restringersi troppo tosto nella esclusività di nazione : come i suoi padri con le armi , ella conquista con l ' arte tutti i paesi : come l ' impero e la chiesa cattolica , onde ella eredita , diedero la cittadinanza romana a tutti i corpi e a tutte le anime , così ella la dà a tutte le tradizioni , a tutte le idee : dà alla turbolenta rappresentanza del medio evo germanico la forma artistica antica e lo spirito nuovo sociale , creando la letteratura universale del Rinascimento . E tutto ciò fu fatto nello spazio di tre generazioni da tre uomini di Firenze : così il comune specchia l ' umanità . DISCORSO QUARTO Del Quattrocento : il rinascimento e la federazione ; la letteratura dotta e la popolare . I . Nominanza non buona ha tra i secoli della coltura italiana il decimoquinto ; e gli nuoce forse più ch ' altro la gloria grande della età che gli fu innanzi e di quella che dopo . Gli storici della nostra letteratura , attratti agli splendori del Trecento e del Cinquecento , cercano solo in que ' due secoli le manifestazioni della vita italiana nell ' arte , e , pur trovandole tanto diverse tra loro , di quella diversità non curano indagar le ragioni o ne recano di tali che potrebbero al più valer per le forme : nel Quattrocento poi non veggono che densa barbarie e ricrudescenza di vecchiume e brulicame di pedanteria , dove galleggia , non si sa come , il Boiardo e il Poliziano , e onde emergono il Bembo e il Sannazzaro , il Machiavello e l ' Ariosto , così la storia della letteratura , la storia cioè de ' mutamenti e degli avvenimenti de arte , mutamenti e avvenimenti che procedendo dalle facoltà intellettuali e morali dell ' uomo hanno uno svolgimento tutto graduale e coordinato , si cambia per molti in una storia di miracoli . O , meglio , così certi geografi , conosciuti da Plutarco , i paesi a loro ignoti sopprimevano nelle estremità di lor tavole , notando ne ' margini che al di là erano secche arene e torbida palude o freddo scitico o mare agghiacciato . Ma perché la produzione letteraria del Cinquecento è tanto ricca e svariata e lieta in confronto a quella del Trecento che per parte sua è più profonda più comprensiva più vera ? Perché tanta differenza tra la poesia di Dante e quella dell ' Ariosto ? E quale delle due risponde meglio al genio del popolo italiano ? quale ne rende meglio gli spiriti ? e come si trasmutò o come si fermò questo genio , che dall ' una si potesse passare all ' altra ? Dalla risposta a tali dimande si avrà la piena intelligenza del generale svolgimento della letteratura nazionale ; e quella risposta non saprei richiederla che allo studio su le mutazioni della vita intellettuale italiana nel secolo XV , il quale non fu né di sosta né di scadimento , ma di fermentazione e di maggior dichiarazione del carattere e del sentimento italiano . Né altrimenti poteva essere il secolo , nel quale l ' Europa vide fermarsi le diverse nazionalità e gli ordini politici tuttora esistenti , e , nel cominciato dissidio tra il ragionamento e la fede , il pensiero umano in faccia alle presentite battaglie armarsi di nuovi e stupendi trovati ; il secolo nel quale non fu speranza agl ' italiani dolorosa e scherno agli estranei miserabile la indipendenza d ' Italia , e Italia vide lo scoprimento del nuovo e il ritrovamento dell ' antico mondo compiuto da soli quasi italiani , e fiorire nelle lettere insieme il Belcari ed il Poggio , il Pulci e il Ficino , il Boiardo e il Pontano , e Lorenzo de ' Medici e il Savonarola . II . Le novissime parole su la grande letteratura del secolo XIV , con la espressione del presentimento , radamente vano , che ha della debolezza de ' suoi successori ogni generazione vigorosa , furono dette da Franco Sacchetti nella canzone per la morte del Boccaccio : Sonati sono i corni D ' ogni parte a ricolta : La stagione è rivolta : Se tornerà non so , ma credo tardi . E in vero come disco su la fine del corso segna ancora per la forza del primo impulso alcuni giri nella rena , poi vacilla , poi cade ; così , su ' l declinare del Trecento e ' l cominciare del secolo di poi , la letteratura toscana divenuta per virtù del triumvirato italiana . Ora di quello scoramento e di quella diminuzione di pensieri e di produzioni debbonsi cercare più sottilmente le cause . Unico Dante aveva potuto rivolgere laicamente il principio religioso ad una sua grande concezione artistica , del resto più tosto cristiana che nazionale , più tosto europea che italiana . Del principio cavalleresco il Petrarca aveva saputo trasformare classicamente l ' elemento soggettivo lirico : l ' elemento oggettivo ed epico era stato incominciato a lavorare con sola intenzione e a solo fine di arte dal Boccaccio ne ' suoi poemi . Quanto al principio nazionale , la restaurazione della tradizion romana nell ' idea di stato e di patria e nelle forme civili , e con ciò della tradizion virgiliana e tulliana nell ' arte e nello stile , la restaurazione in somma della tradizione solenne aristocratica unitaria , era stata in gran parte operata per intiero e in altre parti tentata felicemente da tutti tre insieme quei grandi scrittori : ma il Boccaccio poi rappresentava meglio nell ' opera sua maggiore la tradizione italica di varietà , di libertà , di resistenza , la tradizione democratica e federale di Nevio , di Lucilio , di Plauto . La Divina Commedia , ammirata , venerata , ma solitaria , rimaneva quasi monumento di un favoloso gigante , che gli uomini contemplano stupiti , ma che non lascia addentellato alle costruzioni di una generazione minore , che niuno osa abitare , niuno edificarvi appresso , e sorge come avvolto nell ' ombra di una sacra paura : la luce della visione allegorica già abbuiatasi nel Quadriregio finisce spegnendosi in alcuni poemi inferiori nominati appena dai dotti . È pur forza persuadersene : Dante nella vita del popolo italiano è una apparizion singolare : più che romano o italico , lo direste etrusco : vissuto un po ' prima , nel secolo duodecimo , egli avrebbe forse suscitato una letteratura religiosa e ideale , ma più civile che non fosse poi quella della Spagna cattolica , ma più pratica che non quella della panteistica Germania : fiorito nel Trecento , di vivo ed effettuale non lasciò che il movimento impresso alla lingua , il lavoro poetico , la passione sua , e non è poco ; ma l ' essersi vent ' anni dopo la Commedia potuto comporre e universalmente ammirare il Decameron , prova che l ' idea fondamentale , l ' anima di quella era sparita , era fuggita dalla nazione . Tanto ciò è vero , che la forma dell ' epopea dantesca servì nel Quattrocento al Medici per la satira comica de ' Beoni , e la solenne terzina andò a finire ne ' capitoli berneschi ; mentre l ' ottava del novellatore , del Filocopo , della Teseide , del Ninfale , divenne di più in più popolare , visse di florida vita , maestrevolmente coltivata dal Poliziano , dall ' Ariosto , dal Tasso . Della poesia del Petrarca il contenuto era molto inferiore al dantesco e più limitato il campo , ma quello più comprensibile e a più , più accessibile questo : onde gli effetti furono più larghi e più duraturi . Se non che , anche del Petrarca le forme anzi che altro rimasero : le forme che eccitavano il vagheggiamento lo studio la imitazione , perché meglio mostravano il lavorio , a dir vero finissimo e meraviglioso : onde tutt ' insieme esercitarono non inutilmente le facoltà artistiche dei successori . Ma l ' intima poesia del canzoniere non poteva , come s ' intende facilmente , essere riprodotta : ci voleva quell ' anima e quella vita : onde che la elegia psicologica del Petrarca , già svaporata nelle eleganti fantasiucce del Montemagno , inacidì ben presto tra le frasi contorte o pedantesche di Cino Rinuccini e coetanei , e svanì del tutto nelle lievi imitazioni di Giusto de ' Conti . Rimaneva il Boccaccio ; il cui ingegno eclettico , oggettivo , sensuale , meglio accordavasi al genio del popolo italiano ; la cui opera molteplice , con la rappresentazione della vita reale nelle novelle , col rimaneggiamento non epico ma romanzesco della materia cavalleresca ne ' poemi d ' argomento medioevale , colla riproduzione del fantastico dell ' arte antica innovellato ne ' poemi d ' argomento classico , fornì gli esempi e le norme al lavoro delle generazioni posteriori , che meno distratte dalla agitazione politica e nulla preoccupate dal sentimento religioso dovevano essere più artistiche se meno poetiche . Ma e il Boccaccio e gli altri maggiori del Trecento , quantunque traessero intenzioni e modi dall ' età loro , tuttavia nei concepimenti dell ' arte e nell ' uso della dottrina di troppo avanzarono i contemporanei e i prossimi successori , i quali non avevano più né forze né mezzi ad aiutare e continuare adeguatamente il rinnovamento da quelli promosso . Anche : è vero che i tre grandi scrittori del Trecento improntarono saldamente e immutabilmente alla nuova produzione letteraria un suggello nazionale ; ma l ' opera fu , più che altro , individuale , e toscano l ' instrumento e la materia . Occorreva adunque esercitar le forze e mettere in comune i mezzi del lavoro artistico , per aggiungere quel grado di perfezione , per serbare quell ' ideale di bellezza che il gran triumvirato del Trecento avea tócco . Occorreva che l ' opera stessa da individuale divenisse comparativamente sociale , e l ' impronta di toscana si facesse italiana . Il movimento letterario nel Trecento fu parziale , generale nel Cinquecento : il processo fu nel Trecento toscano , italiano nel Cinquecento . Il Quattrocento fu secolo di passaggio ; un po ' staccato , un po ' anarchico , ma tutto fermentante e fecondo di trasformazioni e fenomeni nuovi . Sotto questo aspetto vuolsi studiare il Quattrocento , o , meglio , quella età critica della nostra letteratura che corre dal tumulto de ' Ciompi alla seconda cacciata dei Medici , dal ristabilimento dei papi in Italia e dal primo affermarsi delle signorie in principati regionali fino alla calata di Carlo VIII , dal 1378 al 1494 , dalla morte del Petrarca e del Boccaccio a quella del Boiardo e del Poliziano , dalla morte di Caterina da Siena a Girolamo Savonarola . Ora questa età presenta così negli avvenimenti storici come in quelli della coltura e degli spiriti due periodi nettamente distinti : il primo , nella storia politica , è dello scisma e dei condottieri ; nella letteraria , è del dissidio tra l ' italiano e il latino e della poesia popolare : il secondo , nella storia politica , è della confederazione ordinata e dell ' equilibrio , nella letteraria , è il rinascimento della vita italiana nella forma classica . III . La letteratura dell ' età anteriore , come scintilla dall ' attrito di due massi , come fulmine dallo scontro di due nubi , proruppe dai contrasti della chiesa con l ' impero , e poi del popolo con l ' impero e la chiesa : l ' elemento romano contro il germanico , la borghesia contro la feudalità , la plebe contro la borghesia , il laicismo contro il chiericato , ecco i moventi , o almeno le circostanze di quella letteratura . Ma il papato , conteso per settanta interi anni tra due o tre pretendenti , schiaffeggiato da tutti i principi e dai preti stessi nei concilii di Costanza e Basilea , mentre un soldato di ventura assidevasi nella Marca funesta agli imperatori del secolo XIII segnando le lettere Ex Girifalco nostro firmiano invito Petro et Paulo ; il papato , non che delle ire di Dante e del Petrarca , era indegno oramai degli sghignazzamenti del Boccaccio e del Sacchetti : « Papa Martino non vale un quattrino » , questo distico intonato dietro il successore di Gregorio VII d ' Innocenzo III di Bonifazio VIII dai ragazzi della guelfa Firenze , ecco i paralipomeni dell ' invettiva di san Pietro nel ventisettesimo del Paradiso , ecco la sola poesia degna del papato nel secolo XV . E l ' impero ? A chi importava più dell ' impero in Italia ? L ' ultimo dei lussemburghesi , di quella famiglia che tanti amori e odi di sé aveva eccitati nel secolo prima , Sigismondo , mercanteggi pure a sua posta le alleanze , ingrossi gli stati ereditari , faccia il gendarme ai preti di Costanza ; l ' Italia sa a pena che egli esista . E in Italia intanto la democrazia avea da per tutto ceduto o cedeva il luogo ai tiranni mutantisi in príncipi , e la borghesia con le invidie e paure sue avea sollevato i signori . Chi ricorda come finisse Michele di Lando , il Cavaignac dei Ciompi , dai borghesi , per merito di averli sottratti alla vendetta plebea , cacciato in esilio ? La stessa oscurità che è su la fine dell ' eroe popolare involge il lento venir meno della democrazia fiorentina . Spaventata co ' supplizi , dispersa per gli esili , lusingata , domata forse con la miseria e con la corruzione ad un ' ora , la plebe tace , s ' allontana , sparisce , se non quanto si mostra a bestemmiare i vinti ad applaudire i vincitori padroni . Le grandi casate del popolo grasso costituiscono a poco a poco un ' aristocrazia dell ' oro , avida , inetta , brigante , senza né onore né valore ; e come già ai comuni del Duecento e del Trecento si sovrappose a poco alla volta l ' oligarchia della capital regionale , così tra le famiglie borghesi insorge e soverchia , quasi da parte della plebe e rappresentante e vindice de ' suoi diritti , prima un uomo , poi una famiglia ; e ne riesce il più corruttor de ' governi , il principato civile in uno stato a forme repubblicane . Né i príncipi sentirono più le grandi ambizioni , onde dai popoli troppo spesso si fan perdonare la tirannia : niuno di essi dopo Giovan Galeazzo Visconti ordinò al suo gioielliere la corona d ' Italia . Battaglie ingloriose degli angioini tra loro nel mezzogiorno e nel centro , poi d ' angioini e d ' aragonesi ; schermaglie tra il senato veneto la cui cupidigia non può chiamarsi ambizione , la debolezza di Filippo Maria Visconti e l ' astuzia di Cosimo dei Medici ; e scorrazzare delle masnade di ventura da una parte ad un ' altra , e sorgerne un prode o fortunato od accorto e giungere al regno : ecco i fatti della metà prima del secolo . L ' oscurarsi delle idee , il mancare de ' principii , la incertezza degli stessi avvenimenti avean tolto via quei contrasti fecondi delle passioni e dei pensieri onde risulta la letteratura viva . In verità la sola letteratura a cotesti anni possibile fu quella degli antiquari , che nel fervore dei ritrovamenti e nella adorazione del passato non avean agio da riguardare al presente o non se ne accorgevano , o solo ne coglievano le apparenze mobili e false . In fatti súbito dopo la morte del Boccaccio l ' elemento nazionale cominciò a manifestare nello svolgimento letterario due tendenze diverse : l ' armonia , che nelle opere del triumvirato era stata meravigliosa , tra la ristorazione e l ' innovazione , tra le memorie dell ' antichità e le instituzioni nuove e il sentimento del presente , tra l ' ideale e il reale , tra la nobiltà dei concetti e la popolarità delle forme , si rompe ; e , per l ' una parte , la forza viva popolare , sopraffatta nel Trecento dallo splendore del triumvirato , si risente ora e sbizzarrisce a baldanza in una quasi anarchica foggia di produzione , e il tumulto de ' Ciompi passa dalla piazza nell ' arte , ove par che vada perdendosi ogni decoro , ogni norma , ogni ordine ; per l ' altra la letteratura dotta crede che la tradizione classica basti a sé sola , e tesaurizzando l ' antichità riprende l ' opera della ristorazione romana dai tre grandi fiorentini con devoto ardore incominciata , ma rimasta ben di qua dal termine di perfezione a cui aveano condotto il rinnovamento italiano ; la riprende con intendimenti esclusivi e come fine a sé stessa . Ed ecco : per un Petrarca che andava frugando le città dei barbari in cerca di qualche opera obliata di Cicerone ; per un Boccaccio che saliva trepidante di gioia nella biblioteca di Montecassino tra l ' erba cresciuta grande su ' l pavimento , mentre il vento soffiava libero per le finestre scassinate e le porte lasciate senza serrami scotendo la polvere da lunghi anni ammontata su ' volumi immortali , e sdegnavasi a vederli mancanti de ' quadernetti onde la stupida ignoranza dei monaci avea fatto brevi da vendere alle donne ; per uno , dico , ecco sorgere le diecine di questi devoti dell ' antichità , affrontando pericoli di lunghi viaggi , passando monti e mari , peregrinando poveri e soli per contrade inospitali , tra popoli o avversi o sopettosi , de ' quali non sapevan la lingua , tra tedeschi , tra turchi . Andavano , dicean essi , a liberare i gloriosi padri « dagli ergastoli dei germani e dei galli » . E i baroni dai torrazzi del castello e i servi dalla gleba per avventura ridevano al veder passare quegl ' italiani magri , sparuti , con lo sguardo fisso , con l ' aria trasognata , e salire affannosi le scale ruinate di qualche abbazia gotica , e scenderne raggianti con un codice sotto il braccio : ridevano , e non sapevano che da quel codice era per uscire la parola e la libertà , che dovea radere al suolo quelle torri e spezzare quelle catene ; non sapevano che quei poveri stranieri erano i vati d ' un dio ancora ignoto ma prossimo successore al dio medioevale , immane dio medioevale con la cui sanzione non solo i servi esistevano , ma erano dati cibo ai mastini del barone , e le loro donne arse per istreghe dai monaci . Fino a questi ultimi tempi usò in Italia ridere del fanatismo erudito del Quattrocento ; e più ne ridevano e declamavano i più ignoranti , ai quali è permesso godere i frutti della coltura laica moderna e schernirne i primi operai , perché non ebbero propriamente l ' aria di giardinieri eleganti . Ma è forza ai discreti ammirare la fede e la religione che ebbe per la scienza e per l ' arte il secolo XV , riconoscere il progredimento della società italiana ne ' suoi amori nelle sue passioni intellettive , quando leggesi ( e sia pur un mito ) come il Guarino veronese , perdute per naufragio due casse di libri che trasportava da Costantinopoli , incanutì dal cordoglio , come il Panormita per comperare un Tito Livio vendé un podere , come gli antichi manoscritti rubavansi con lo stesso furore di devozione che secoli innanzi le reliquie dei santi . E a quella guisa che alcuni secoli innanzi l ' un re mandava all ' altro per dono preziosissimo qualche frammento di un legno della croce , così ora la repubblica di Lucca attestava la sua gratitudine al duca Filippo Maria di Milano col presente di due codici ; e Cosimo de ' Medici inviava per tessera di pace ad Alfonso di Napoli un Tito Livio , aperto súbito con avidità grande dal re contro l ' avviso dei cortigiani e dei fisici , i quali coi sospetti d ' allora ammonivano , badasse bene , in quel libro , dono di nemico , potersi ascondere un veleno che solo aspirato uccidesse l ' uomo ; e quel re stesso a udirsi leggere un capitolo di Quinto Curzio guaría dalla febbre . Secolo strano cotesto , in cui i re ed i potenti facevano da cortigiani a poveri grammatici . Cotanto amore sfrenato per la ritrovata antichità prese veramente la forma di superstizione : il furore dei crociati parve rinascere negli eruditi viaggianti in cerca di codici , ma fu una crociata della civiltà : come quella fratellanza degli studi umani per mezzo della lingua latina fu quasi un cattolicismo letterario contro la barbarie e la tirannia spirituale . E testimonianza onesta rendevane Poggio Bracciolini , quando in mezzo a ' chierici del concilio di Costanza e a ' masnadieri di Sigismondo imperatore osava , solo forse in Europa , venerare la gran figura di Girolamo da Praga e accoglier nel cuore gli ultimi accenti dell ' inno che tra il vortice delle fiamme attizzate dallo scettro e dal pastorale quel martire del libero esame cristiano innalzava al trono del suo dio . Ora questo ritorno all ' antichità , il quale contribuì più d ' ogni altra cosa a liberar l ' Europa dai lacci della scolastica e dal carcere tenebroso del medio evo , è senza dubbio il fatto del secolo XV più notato e più notevole : del quale alcuni vorrebbero dar l ' onore ai greci sfuggenti dinanzi alla ruina ottomana , e nel quale altri veggono un furore intempestivo che venne a interrompere il filo delle tradizioni nazionali nell ' arte e impedì lo svolgimento ulteriore dell ' original medio evo . Per noi è la continuazione e l ' esplicazione necessaria del moto di restaurazione del risvegliato elemento romano . Come ? pochi greci passando in Italia avranno informato un secolo intiero e fatto rinascere la letteratura classica qui , dove , pur tacendo del Petrarca e del Boccaccio , fin Tommaso d ' Aquino fu ricercatore avidissimo degli autori antichi ? ove la Divina Commedia fu cominciata in versi latini , ove in latino fu scritta la più antica forse delle tragedie europee , certo la prima d ' argomento moderno , da Albertino Mussato ? La caduta dell ' impero orientale recò nuovi aiuti al classico rinascimento : ma la cagione intrinseca era , lo ripeto , nel genio paesano , allettato anche da quel bisogno di riposo in un ideale artistico determinato , che ogni nazione sente dopo le grandi creazioni prime . L ' idea di ristorazione , e l ' ho avvertito già più d ' una volta in questi discorsi , ebbe gran parte nelle rivoluzioni italiane del medio evo ; o almeno il movimento fu sentito e operato come restaurazione dai nostri . Dante credeva nell ' impero romano , reduce con Cesare , quando che fosse , in Campidoglio , e scriveva latino ; come latino scriveva il Petrarca , aspettando ch ' e ' ritornasse lingua civile dell ' Italia innovata e affrettando co ' voti la repubblica degli Scipioni . E se i cronisti del secolo XIII chiamavano figliuola di Roma Firenze e la dicevano fabbricata da Cesare a imagine di Roma , se i nobili del primo cerchio vantavano sé di puro sangue romano ; potea bene il Poliziano chiamarla anch ' egli città meonia , potea ben dire , come avrebbe detto Catullo della Roma dei tempi suoi , essere in essa trasportato con tutto il suo suolo e con ogni suppellettile Atene . E se i pavesi celebravano offici di santo a Boezio , se Dante d ' accordo col tempo suo metteva in paradiso Traiano e custode al purgatorio Catone , qual meraviglia che il Ficino tentasse d ' intramettere all ' ufficiatura ecclesiastica qualche sentenza di Platone ? E quando Pomponio Leto , per l ' amore dell ' antichità romana a cui aveva consacrato il suo libero e alto animo e la vita innocente , mutava in gentili i nomi cristiani degli ascritti alla sua academia , quando partiva il tempo per calende , quando nell ' annuale dell ' edificazione di Roma si prostrava co ' suoi dinanzi alla statua di Romolo Quirino ; non era ciò una conseguenza , fantastica se volete , ma pur conseguenza , dell ' essere stato il rinascimento italiano inauspicato nel nome di Roma antica e delle antiche instituzioni da Arnaldo ? E osservate : per una parte Paolo II scomunica l ' academia romana e imprigiona gli academici , a quel modo stesso e per quella stessa ragione che l ' arcivescovo di Ravenna aveva nel secolo XI scomunicato il grammatico Vilgardo : per l ' altra Lorenzo Valla , lo scrittore delle eleganze latine , combatte non pure gli aristotelici e gli scolastici in nome della natura e della voluttà , ma la donazione di Constantino e il dominio temporale dei papi in nome della critica storica . IV . Il che tutto se è vero , pur da questo apparrà vana l ' accusa che altri fanno al culto delle risorte lettere latine e greche : cioè dello avere l ' arte italiana per esse smarrito il sentimento e il concetto religioso , abbandonato le tradizioni nazionali , alterato le forme , impoverito la lingua . È vero che il secolo XV non ebbe nei primi cinquanta o sessanta anni scrittori italiani degni di nota : ché tali non sono certamente i poveri imitatori del Petrarca o di Dante , né i continuatori delle leggende ascetiche , e né pure Leon Battista Alberti e quei pochi i quali del Boccaccio ripresero più o meno felicemente lo stile non i modi larghi e vivi della rappresentazione . Ma in quella metà prima del Quattrocento séguita da canto alla corrente un po ' mista e non troppo abondevole della letteratura dotta , séguita dalle sorgive del Duecento e Trecento a devolversi il bel fiume della popolar letteratura , e par che acquisti in cammino maggior copia di acque , e a certi luoghi anche rompendo dilaga per nuove campagne con avviamenti nuovi . Vi sarebbe da mettere insieme una rara e non breve biblioteca di cotesta letteratura popolare , e per ciò quasi tutta anonima , del secolo XV : la quale , in disparte dalle tre grandi opere classiche del Trecento , onde solo accettò certe forme e colori di stile , ebbe largamente coltivati , oltre le novelle e leggende in prosa , i tre generi della poesia , la lirica , la epica , la drammatica . Della lirica popolare del Quattrocento , che trae la vita dal secolo innanzi benché allora fosse più regolata su gli esempi de ' poeti letterati , e che su quelli esempi improntò o modificò le forme retoriche e metriche , poco v ' è a dire , non potendosi né dovendosi qui far dimostrazioni od analisi . Vi scarseggia , se non manca del tutto , l ' elemento epico : nulla che pur da lontano assomigli alla ballata scozzese , alla romanza spagnuola : v ' è in quella vece l ' elemento della novella borghese , satirica e cinica , con le smorfie della farsa . Del resto , la maggior sua materia sono le laudi religiose , le canzoni a ballo , le canzonette e frottole , gli strambotti o rispetti d ' amore : né tra il canto religioso e l ' amoroso v ' è differenza altro che dell ' oggetto ; la intonazione , la espressione , la versificazione è la stessa ne ' due diversi indirizzi : si cantavano i medesimi strambotti alla Vergine e alla donna del cuore , alla rosa di Gerico e alla rosa rossa del balcone : le antiche stampe delle laudi avvertono che « Crocifisso a capo chino » si canta su l ' aria di una delle più sconce ballate . Non è lirica di riflessione come quella de ' migliori poeti de ' due secoli anteriori , e né pur di forma , di pura forma classica , come quella de ' secoli di poi . È lirica di sentimento , e , più che di sentimento , di senso , con tutti i rapimenti e le delicature , ma anche con le volgarità e i traviamenti , del senso : esclamazione enfatica , più che espressione ; improvvisazione abondante in cui il sospiro si smarrisce tra le parole , l ' affetto tra i colori . E con tutto ciò v ' è passione , la passione degli elegiaci latini che fu sublimata e diversamente atteggiata dall ' Ariosto e dal Tasso in Olimpia e in Fiordiligi , in Armida e in Erminia . Del resto , quella lirica vive tutt ' ora , a punto perché è la natural rappresentazione della vita affettiva del popolo nostro , vive materiata nei canti popolari che si van raccogliendo per le diverse regioni d ' Italia , vive idealizzata nella nostra opera in musica dal Cimarosa al Rossini . Più notevoli , per la opposizione tra la materia e il lavoro , per la complicazione dei soggetti con l ' opera , sono la epica e la drammatica popolare del Quattrocento . Il popolo italiano era risorto pagano e classico , e ciò non per tanto nel secolo XV lavora e rilavora la materia cavalleresca e cristiana . Né poteva altrimenti avvenire . Antico , e molto meno misto di nuovi elementi che non fossero al paragone gli altri popoli neo ­ latini , come quello che con la sua potente vitalità romana aveasi assorbito e assimilato il germanesimo , egli non aveva né materia né idea epica sua : imperocché la epopea , quando è indigena , necessaria , primitiva , sia quasi l ' ardore e la luce che manda una nazione ancor rovente nella fusione de ' suoi vari elementi . Per la drammatica poi , almeno in quanto la drammatica non è intieramente comica né recente , doveva anch ' esso partire dalla religione : nella razza nostra le origini del dramma sono religiose , il primo teatro è il tempio . Così , nell ' Italia del Quattrocento , l ' epopea , o , a dir meglio , il racconto poetico fu cavalleresco , biblico od evangelico il dramma . Ho detto che il nostro racconto poetico fu cavalleresco ; e avrei dovuto dire che i nostri lavorarono la materia epica francese importata in Italia con le idee cavalleresche fin dal primo Duecento . La quale , fatta ormai volgare nel Trecento dai cantastorie specialmente lombardi e veneti che la riproducevano in un francese italianizzato o in un italiano francesizzato , avea già preso nella prosa de ' Reali di Francia le forme classiche nostre , con un ' ampiezza di riposata narrazione quasi liviana , con una macchina ideale quasi virgiliana , con un accendimento nella rappresentazione delle passioni d ' amore quasi ovidiano , con un apparente intendimento di cristianesimo , ma di cristianesimo tutto politico , tutto romano . I Reali di Francia sono ancora oggi lettura del popolo , e specialmente dei campagnoli ; e ciò dimostra che quella ricomposizione romanzesca rispondea veramente al sentimento epico fantastico del popolo italiano preso in generale . Ma per il popolo delle città italiane del secolo XV , ove le cattedrali rimanevano interrotte , ove le logge d ' ordine misto s ' eran fatte largo tra le torri feudali smozzate o atterrate , ove su le pareti a bozze che rammentavano i castelli feudali cominciava a ridere la finestra del rinascimento co ' l suo colonnato ad arco rotondo e , dentro , l ' atrio ad ordine dorico , ciò era già troppo : in quella prosa quasi aristocratica soverchia l ' idealismo del Trecento . Ignoti raspodi ripresero adunque quella materia : la rimaneggiarono e la rimpastarono in forma più moderna , più ciompa : la volgarizzarono con un senso di crudo realismo . I paladini ne divennero un po ' bèceri e lazzaroni ; ma ne acquistarono un tanto di vita , in paragone almeno non degli originali francesi , ma delle misere traduzioni e imitazioni italiane del Duecento e dei rifacimenti del Trecento . Con le sacre rappresentanze il popolo italiano arrivò da sé , senza o prima che gli scrittori propriamente detti se ne accorgessero o lo tentassero essi , a quello che è il terzo stadio d ' una civiltà letteraria , il passaggio dal racconto all ' imitazione del fatto , dall ' epopea o dalla leggenda al dramma . E questo procedimento lo fece su la materia greggia ch ' egli aveva presente , il mito religioso , la leggenda cristiana . Ma al modo onde il popolo italiano maneggia cotesta materia , alla trasformazione ch ' ei fa de ' tipi mitici , è facile avvedersi come a perdere il sentimento intimamente religioso non gli occorressero motivi od esempi esterni ; ei di per sé non lo aveva . Nelle sacre rappresentanze del secolo XV ricerchereste in vano l ' ideale e la fede ; in vano guardate intorno al capo dei personaggi del vecchio e nuovo Testamento , intorno al capo dei martiri o dei padri del deserto , per l ' aureola d ' oro e d ' azzurro : i santi han messo il cappuccio e portano la barbetta aguzza ed arguta del cittadin fiorentino . Nelle città di Palestina o d ' Egitto , nel tempio ebraico , nel pretorio o nell ' anfiteatro romano , nelle catacombe voi rivedete la piazza di Firenze , il palazzo dei Signori , Mercato vecchio , San Marco e Santa Maria Novella , con le loro anguste superstizioni , coll ' ipocrisia loro , co ' l loro formalismo , con la commedia , che non avendo ancora un campo proprio e una forma sua , sbizzarrisce ad arbitrio nella leggenda del martirologio e sotto i veli della religione . Nella poesia sacra è avvenuto ben presto , troppo presto forse , lo stesso che nella pittura religiosa : le figure bizantine hanno disciolto quelle loro avviluppate e indistinte gambe , e movon quegl ' informi piedi danzando : le teste estatiche , ove Giotto raccogliea tutta la vita della figura , hanno scosso il lor duro incordamento , e si volgono meravigliate e ridenti su ' l corpo di carne novellamente acquistato , tutte liete che siasi rotto lo incanto che le condannava all ' immobilità ascetica . Masaccio e il naturalismo fioriscono e regnano : frate Angelico , che dipinge in ginocchio , è solitario nel suo chiostro di San Marco : Lippo Lippi disegna le vergini facendo all ' amore con le monache , e rapisce dal convento i modelli . Quindi è facile presentire che , quando l ' antichità con le sue forme e co ' l senso del naturale idealizzato si rivelerà a questo popolo , questo popolo sarà ben preparato ad accoglierla e ad abbracciarla . V . Ma ciò non poteva essere nei primi cinquanta anni del secolo XV ; quando , tra perché la poesia popolare o borghese trasse a sé le moltitudini al cui intendimento agguagliavasi senza sollevarlo , e perché i dotti non curarono d ' indirizzarsi al popolo reputando la erudizione sola degna a cui si attendesse , avvenne che letteratura propriamente nazionale in lingua italiana non esistesse ; quella letteratura , cioè , che al di sopra delle partizioni di scuole e di classi si fa specchio a tutto il pensiero e il sentimento della nazione , ne séguita i movimenti , ne è come l ' irradiazione spirituale . In questi anni preparavansi soltanto gli elementi di una nuova assimilazione . Ma il necessario procedere degli avvenimenti cagionava circa la metà del secolo un mutamento notevolissimo nelle condizioni così civili come letterarie d ' Italia . E prima di tutto per la occupazione di Costantinopoli ( 1453 ) la patria nostra divenne sola erede e conservatrice della civiltà antica , come già era la ordinatrice della nuova . Quindi lo stimolo a una letteratura più operosa , fatto poi maggiore dalla invenzione della stampa che ben presto di Germania passò tra di noi ( 1465 ) . Aggiungasi che il fine dello scisma occidentale ( 1438 ) rese stabile a Roma il papato e una successione per alcuni anni di pontefici men tristi ; che l ' impiantamento definitivo degli aragonesi in Napoli ( 1441 ) e degli Sforza in Lombardia ( 1447 ) e la nuova dignità degli estensi ( 1450 ) e l ' affermarsi dei Medici in Firenze ( 1434­1480 ) determinarono meglio le relazioni dei maggiori stati d ' Italia : onde si condusse questa a più pacifico e ordinato vivere , e nella confederazione mantenuta coll ' equilibrio si aprirono quei quarant ' anni di florida se non gloriosa indipendenza tanto ricordati poi e rimpianti dal Machiavelli e dal Guicciardini . In quella quiete confortata dalla prosperità materiale , rallegrata dai sollazzi , dalle feste , dalle magnificenze civili e principesche , la poesia italiana risalì di per le strade e le piazze , nei palagi e nelle regge : dove strinse e riaffermò un ' alleanza talvolta un po ' servile , come avviene ai potentati freschi , con la classica letteratura . Lo studio dei grandi modelli dell ' antichità , lo addestramento e il disciplinamento degli ingegni e delle facoltà in quelle forme organiche e sintetiche , doveva essere il mezzo onde gli scrittori delle varie regioni italiche riuscissero a fare italiana la toscanità nazionale di Dante del Petrarca del Boccaccio . Ciò si preparava , ciò cominciava a scorgersi : ma la fusione , la trasformazione , non era ancora avvenuta . La nuova letteratura del Quattrocento rimase letteratura della confederazione . E come la confederazione ebbe specialmente tre centri intorno a cui si raccolsero le forze minori , Napoli pe ' l mezzogiorno , Milano pe ' l settentrione , Firenze pe ' l mezzo ; così tre scuole o tre capitali ebbe la letteratura della confederazione ; Napoli con isfoggio di erudizione e lussuria di forma monarchica ; non Milano che troppo poco aveva nel Bellincioni e nel Visconti ed era riserbata centro a un posteriore rinnovamento , ma Ferrara coi suoi duchi già ospiti dei trovatori , con le sue tradizioni signorili e l ' aria magnifica e cavalleresca ; e Firenze in ultimo , sempre democratica per una parte , per l ' altra contemperatrice dei diversi elementi nell ' arte a quel modo che nell ' ordine politico era co ' l Medici conservatrice dell ' equilibrio . VI . A Napoli avvenne ciò che a Roma : erano ambedue quelle città troppo rimaste fuori dal movimento dei comuni , e per ciò tardi entrarono al lavoro letterario , e vi entrarono con il latino . Napoli nel Quattrocento con la sua academia pontaniana promuove e coopera anche più che essa Roma al movimento di restaurazione dell ' arte classica e della poesia latina . All ' ultima perfezione dell ' arte classica , quale dimostravasi nella poesia latina rinnovellata allora genialmente in Italia , toccò , in mezzo la erudizione del secolo XV , Gioviano Pontano . Da quella folla di grammatici e retori , di filologi ed eruditi , che empierono di lor fatiche la maggior parte del secolo , più lavoranti che artisti , più zappatori che costruttori , egli uscì fuori poeta ; egli , e il Poliziano : ma il Pontano rende ancora più spiccata imagine che non il Poliziano di ciò che fu il pensiero e l ' opera di tutto insieme il secolo , la reazione estetica e dotta contro il misticismo e l ' idealismo cristiano dell ' età anteriore . I libri suoi degli amori e li endecasillabi baiani sono proprio il contrario dei canzonieri di Dante e del Petrarca , e Fannia e Focilla il contrapposto di Beatrice e di Laura : queste non hanno mai velo che basti , quelle si affrettano ridenti a denudare ogni loro bellezza in conspetto al sole e all ' amore : quelli adorarono , inginocchiati o con gli occhi levati ; il Pontano abbraccia con un rapimento di voluttà non meno lirico di quell ' estasi . Tutto ciò che la fantasia riflessa dell ' antichità poteva operare su ' l sentimento assai superficiale d ' un borghese italiano del Quattrocento , il Pontano lo provò e lo rese . E , con quel suo riposato senso di voluttà e di sincero godimento della vita , egli , in latino , è il poeta più moderno e più vero del suo tempo e del suo paese . Perocché Napoli , la sensuale e imaginosa Napoli , non ha poeti ed artisti nel più severo significato della parola : quel popolo , così potente nell ' astrazione , non ha vigore alla concezione feconda e all ' espressione vitale del fantasma : un ' onda colorata e sonante , senza armonia nel suo monotono flusso e riflusso ; un vortice di forme e d ' imagini lussureggianti che s ' incalzano e si confondono tra loro sino al delirio della tarantella ; ecco la poesia napolitana o meridionale . E così la rappresenta nel secolo XV il Pontano fattosi napolitano d ' imaginazione , di studi , di affetti , il Pontano che è per avventura il maggiore dei napolitani poeti , che ricorda Ovidio e che accenna un po ' a quel che sarà nelle parti più elette il Marini . Ma il Pontano non presenta che una sembianza del Rinascimento : questo nel concetto suo più nobile , come risorgimento del naturalismo ideale , doveva nell ' accordo dell ' antichità e del cristianesimo e nell ' accordo esteticamente migliore delle belle forme greche alle belle forme toscane , di Omero a Dante , di Virgilio al Petrarca , doveva , dico , essere inteso e tentato in Firenze . Nel palazzo di Via Larga , monumento magnifico dell ' arte toscana adorno delle più rare e pregiate reliquie di Grecia , Lorenzo de ' Medici dà l ' una mano al Poliziano , l ' altra al Pulci . Ei per sé non fu artista o inventore eccellentissimo , ma operò efficacemente su i circostanti e i contemporanei , risollevando a più razionalità col platonismo l ' ideale dantesco e petrarchesco , e con ciò ritornando egli e richiamando l ' arte e lo stile alle nobili tradizioni del Trecento per quanto , e non era poco , rimaneva in esse di vivo , e in quelle chiare fresche e dolci acque riforbendo la poesia popolare dall ' attrito plebeo : nella quale ultima opera gli fu compagno il Poliziano . E tutti due presero a rifare un po ' più letterariamente il dramma popolare , senza che riuscissero a dargli novità alcuna o movimento di vita e di composizione ; ripresero , e con incomparabile felicità , la lirica popolare : le canzoni a ballo e certe ottave sì dell ' uno sì dell ' altro sono delle cose più spontanee e più schiette di tutta la nostra poesia , ridono d ' una rosea morbidezza che è pur gran pregio dell ' arte e non fu raggiunta più mai . Ma il sommo di quell ' arte assimilatrice in originale imitazione , che uscir dovea dagli antichi monumenti e da quei del Trecento studiati con ingegno e con animo desto al senso del presente , il sommo di quella bella e breve arte fu toccato dal Poliziano . Scrittore greco e latino a quattordici anni , traduttore di Omero a quindici , padre della filologia , revisore del testo delle Pandette , poeta di mitologia viva e di classicismo elegante e fervido nelle Stanze e nell ' Orfeo , e insieme improvvisator fiorentino ; egli , accoppiando la dottrina alla popolarità , la riflessione alla spontaneità , è il tipo , se non più grande , certo più universale e più vero , del miglior Quattrocento . E , non ostante alcune macchie della sua vita e alcune brutture de ' suoi carmi latini , anche il più gentile . Il Pontano è troppo materialmente sensuale e stanca : il Poliziano ama con sentimento di greco la natura bella e serena , e ne rispecchia la imagine nella quiete dell ' idillio , ch ' egli insegnò o lasciò in retaggio con l ' armonia dell ' ottava all ' Ariosto ed al Tasso . Il Medici e il Poliziano detersero quella parte di poesia popolana ch ' e ' tolsero a maneggiare ; il Pulci nella massa informe dell ' epopea di popolare sollazzo , della quale abbozzai più sopra l ' imagine , impresse il suo individuale suggello . Egli sentendosi , come ogni poeta vero , tratto ad espandere la disposizione dell ' animo suo nel suo tempo , le cui tempre e condizioni partecipava e sperimentava tutte , non andò cercando materie e forme strane ; ma ad infondervi l ' anima sua tolse la materia che più aveva alla mano , le rapsodie cavalleresche e avventuriere delle piazze e delle strade ; e anche serbò il colorito e le formole dei rapsodi che le componevano o le cantavano . Ma non si lasciò assorbire com ' essi dall ' argomento : egli intervenne co ' sentimenti suoi all ' opera epica , vi mescolò i suoi intendimenti , che erano a punto i sentimenti e gl ' intendimenti della borghesia italiana del tempo . Il Pulci non è ateo : egli , come il popolo italiano , ondeggia tra lo scetticismo a cui la educazione delle circostanze lo portarono , e le memorie affettive , più che credenze , della religione a cui il sentimento della prima educazione lo richiama : quindi una professione di fede epicurea a canto d ' una invocazione a Maria . Il Pulci in fondo non crede a quelli imperatori e re , a quelli eroi , a que ' giganti , e più d ' una volta dà loro repubblicanamente e filosoficamente la baia ; ma curioso , e , come il popolo italiano , avido del mirabile , del fantastico , del soprannaturale ben trovato e bene adobbato , cupido d ' impressioni e di sensazioni tuttor rinnovantisi , si lascia trasportare dal suo racconto ; e a certi punti grida , strepita , benedice , prega e piange , per poi tornare a scherzare e sorridere quando il nodo dell ' avventura è sciolto . Tale è Luigi Pulci : non credente ma né pure ateo , non certo caldo di spiriti cavallereschi ma né pure intenzionato di parodiarli , non romanzesco ma né pure burlesco : tutto insieme , il poeta più indipendente del Rinascimento , il più popolare forse della nostra letteratura o quello almeno che più si lascia andare alla natura sua ; e per ciò forse il più maltrattato dai cultori della poesia fatturata . Il Pulci , in Firenze democratica , infondeva i suoi spiriti e la vita del suo ingegno nella materia epica cavalleresca , pur serbandole la trasformazione che il popolo le aveva dato : Matteo Boiardo , nell ' aristocratica Ferrara , prendeva a rinnovarla signorilmente con l ' intenzione a un ideale artistico . Ciò che dell ' elemento feudale e delle tradizioni cavalleresche poté salvarsi e soprannuotare alla invasione borghese e plebea erasi raccolto nelle corti lombarde , e le popolazioni lombarde , forse per una segreta affinità elettiva a quelle tradizioni , le conservarono più volentieri e più lungamente ; e da codeste tradizioni fu ben presto attratto il conte di Scandiano , gentiluomo e feudatario . Egli sarebbe , senza Torquato Tasso , il primo e l ' ultimo vero cavaliere della poesia italiana : certo , è il solo cavaliere della prima età del Rinascimento , e pure non ha nulla del don Chisciotte : è cavaliere e dotto e cittadino italiano insigne . Studia i poeti francesi , e traduce Erodoto e Senofonte ; compone rime colle più squisite forme dantesche e petrarchiane ammollite e rifiorenti alla tepid ' aura dell ' antica poesia , e traduce lo Anfitrione e l ' Asino d ' oro ; ricerca memorie storiche pe ' suoi castelli e contraffà i cronisti del medio evo , e scrive ecloghe latine ; serve i duchi come governatore militare , e si fa rimproverare da un solenne giurista l ' avversione alla pena di morte ; conversa con i contadini del suo feudo , e fa suonare le campane a doppio quando ha trovato un bel nome per un bell ' episodio . Così fatto il Boiardo , un de ' più vari e larghi e amabili esemplari dell ' ingegno italiano , imprese la più varia e larga e genial rinnovazione della materia cavalleresca a racconto romanzesco che abbiano le letterature del Rinascimento , fondendo insieme per una parte i poemi del ciclo carolingio e quelli del ciclo bretone , l ' eroismo e l ' avventura , l ' ideale epico e l ' intreccio amoroso , e in quella fusione mescolando per l ' altra parte l ' epopea antica , gli episodi omerici e virgiliani . E tutto questo fece su ' l serio , imperocché egli credeva a ' suoi cavalieri e gli amava : quanto studio di verità , quanto fervore di artista nei caratteri che egli primo in questa terza lavorazione dell ' antica materia determinò , e fissò ! quanta gentilezza in quelle donne , ch ' egli creò , naturali e tenere e nobili insieme ! Il Boiardo è senza dubbio un de ' più grandi poeti italiani : con tutto ciò a quella prolissità , a quel suo manco , alle volte , di forza risentita nel colorire , mentre ha pur così larga facoltà di comprendere e rappresentare , voi v ' accorgete che egli , il cavaliere , è vecchio di qualche secolo . Che aveva a fare con la età dei condottieri e degli avvelenatori il principio cavalleresco ? E , poi che la Divina Commedia non aveva lasciato effetti , che cosa poteva ormai operare in Italia il principio religioso ? Dal lavoro letterario troppo è evidente la sua assenza . E pure , mentre per un lato l ' elemento ecclesiastico seguitava esagerando la sua trasformazione romana sino a far pagana la corte dei papi , il principio religioso , per l ' altro lato , contro il sensualismo classico del Pontano , contro lo scetticismo popolaresco del Pulci , contro il paganesimo artistico del Poliziano , contro l ' idealismo romanzesco del Boiardo , contro la corruzione dei Medici , di Firenze , d ' Italia e della Chiesa , contro il Rinascimento in somma insorgeva con un ultimo tentativo di ascetica reazione in persona di Girolamo Savonarola . Non tutto il clero , a dir vero , avea seguitato il pontificato nella sua abiettazione , e nella sua degenerazione la Chiesa : che anzi , quanto più quello e questa avanzavano , tanto più , in quegli ordini specialmente che parteciparono con maggior ardenza al rinnovamento cattolico dei secoli XII e XIII , andavano crescendo gli spiriti dell ' opposizione : la quale negli scrittori ascetici del Trecento e del Quattrocento va sempre più maturando un cotal concetto di riformazione , tanto più chiaramente accennato quanto quegli scrittori sentivano la necessità di raffermare , purificando la Chiesa , il sentimento cristiano e il dogma cattolico contro la civiltà profana che d ' ogni parte dilagava e premeva . E il movimento di opposizione cristiana mise capo in Girolamo Savonarola . Nel quale , posto , per un ' incidenza che non è tutta caso , tra il chiudere del medio evo e l ' aprirsi della modernità , quasi a raccogliere e benedire gli ultimi aneliti della libertà popolana già sórta nel nome del cristianesimo e a mandare l ' ultima vampa di fede verso i tempi nuovi , voi vedete convergere le aspirazioni più pure , voi vedete rinascere le figure più ardite del monachismo democratico . In lui lo sdegno su la corruzione della chiesa che traeva alla solitudine i contemplanti , in lui l ' amore alle plebi fraterne che richiamava su le piazze e tra le armi dei cittadini contendenti ad uccidersi i frati paceri , in lui la scienza teologica e civile di Tommaso , in lui il repubblicanismo di Arnaldo , in lui finalmente anche le fantasie e le fantasticherie di Iacopone da Todi . E di quel pensiero italiano che intorno alla religione andavasi da secoli svolgendo nell ' arte nella scienza nella politica , di quel pensiero che è lo stesso così in Arnaldo repubblicano all ' antica come in Dante ghibellino o nel Petrarca letterato , così in fra ' Iacopone maniaco religioso come nel Sacchetti novelliere profano , il Savonarola pronunziò la formola : Rinnovamento della Chiesa . Era troppo tardi . Quel che nella mente italiana del Savonarola era avanzato di intendimento civile tra le ebrietà mistiche del chiostro , ei lo depose grandiosamente nella instituzione del Consiglio grande : del resto , come martire religioso , salva la reverenza debita sempre a cui nobilita il genere umano attestando col sangue suo la sua fede , come novatore mistico , egli ( perché no ' l diremo ? ) egli è misero . Rivocare il medio evo su la fine del secolo XV ; far da profeta alla generazione tra cui cresceva il Guicciardini ; ridurre tutta a un monastero la città ove il Boccaccio avea novellato di ser Ciappelletto e dell ' agnolo Gabriele , la città ove di poco era morto il Pulci ; respingere le fantasie dalla natura , novamente rivelatasi , alla visione , le menti dalla libertà e dagli strumenti suoi , novamente conquistati , alla scolastica : fu concetto quanto superbo altr ' e tanto importuno e vano . Il Rinascimento sfolgorava da tutte le parti ; da tutti i marmi scolpiti , da tutte le tele dipinte , da tutti i libri stampati in Firenze e in Italia irrompeva la ribellione della carne contro lo spirito , della ragione contro il misticismo ; ed egli , povero frate , rizzando suoi roghi innocenti contro l ' arte e la natura , parodiava gli argomenti di discussione di Roma ; egli ribelle , egli scomunicato , egli in nome del principio d ' autorità destinato a ben altri roghi . E non sentiva che la riforma d ' Italia era il Rinascimento pagano , che la riforma puramente religiosa era riservata ad altri popoli più sinceramente cristiani ; e tra le ridde de ' suoi piagnoni non vedeva , povero frate , in qualche canto della piazza sorridere pietosamente il pallido viso di Nicolò Machiavelli . DISCORSO QUINTO Del Cinquecento : l ' unità classica , l ' idealismo e lo scadimento . I . L ' ultimo canto dell ' Orlando innamorato , breve contro il consueto degli altri , termina abbandonando i lettori a mezzo un racconto d ' amore . Però che il poeta vede la Italia tutta a fiamma e foco per i Galli che vengono e non può più cantare ; racconterà , egli promette , un ' altra volta : ma non raccontò , perché mori poco dopo , in quel funesto 1494 venuto a chiudere i quaranta anni di pace e prosperità dell ' Italia equilibrata nella federazione . La quinta età della letteratura nazionale , l ' età del perfezionamento nella copia ordinata , nella ricca e baliosa eleganza , nell ' armonica varietà , nell ' unità concettuale delle forme , si svolge a punto dal 1494 , l ' anno della prima invasione straniera , con l ' uscire del Sannazaro e del Bembo a dittatori del nuovo gusto e riformatori della lingua nelle regioni del mezzogiorno e del settentrione , co ' l crescere del maggior poeta , l ' Ariosto , e del maggior prosatore , il Machiavelli . La maturità è circa il 1530 , l ' anno della caduta di Firenze , nel quale morirono il Sannazaro e Andrea del Sarto : il Machiavelli era morto nel '27 e il Castiglione nel '29; Leonardo da Vinci nel '19 e Raffaello nel '20 : l ' Ariosto morrà nel '33 e il Correggio nel '34 . Il movimento fecondo séguita fino al 1559 , l ' anno della pace di Castel Cambrésis che affermò il dominio e il predominio della casa austriaca di Spagna sopra l ' Italia e aprì nella penisola l ' età delle signorie straniere avvalorate dal diritto europeo ; e si può tenere che venisse mancando circa il 1565 , un anno dopo la chiusura del concilio tridentino , che compì il rinnovamento cattolico e soffocò la libertà del pensiero e della parola , fino allora , di fatto se non di diritto , lasciata alle lettere , o , salvo qualche resipiscenza furiosa , almen tollerata . Questi ultimi anni nell ' arte son pieni della vecchiezza di Michelangelo e di Tiziano ; nella letteratura , del fiore dei minori prosatori : il Guicciardini morì nel '40 e il Bembo nel '47 , il Fracastoro nel '53 e il Vida nel '66 : Torquato Tasso era nato nel '44 . II . Ora , enumerando pur questi nomi e ricorrendo con la memoria quelle tante opere a cui vanno congiunti , avviene di dubitare se parecchi storici delle cose e delle lettere italiane non abbiano per avventura fatto del piagnone a gridare la morte dell ' Italia , quando ella più fervidamente addimostrava la sua vitalità in così frequenti e così nobili produzioni di pensiero e di arte . E come per fermo creder morto o malato a morte un popolo , dal cui mezzo esce il Colombo a trovare fra gli errori paurosi della tradizione un nuovo mondo ? dal cui mezzo esce il Machiavello a liberare d ' ogni ombra mitica , d ' ogni apparenza fantastica , il campo della storia e riporvi la verità del fatto umano ? dal cui mezzo uscirà il Galileo a cacciare dai pianeti , loro ultimo nido , l ' autorità e la fizione scolastica , a rifare co ' l cannocchiale i cieli , co ' l metodo sperimentale le menti ? Morto questo popolo , che in nome della ragione e da parte della libertà prende possesso del mare , del cielo , della terra e dell ' uomo ? E che morti sono questi a cui canta le esequie l ' Ariosto , Michelangelo edifica il cimitero e scolpisce i sepolcri , i quali a gara dipingono Leonardo e Raffaello e Tiziano ? Sono dunque testamenti le filosofie del Telesio e del Bruno ? Potrà bene quel filosofo della storia con molta accensione d ' ingegno provarci che il movimento dell ' Italia nel secolo XVI altro non fu che oblio spensierato della realità e un prepararsi a ben morire , che l ' Italia doveva morire perché non si era fatta nazione e non aveva la conscienza di nazione : potrà questo storico della letteratura con isquisite sottigliezze mostrarci che tutta l ' arte del secolo XVI è dissoluzione , e che l ' Italia doveva dissolversi perché non credeva , perché non aveva operato la riforma della religione . Ma la storia è quel che è : volerla rifare noi a nostro senno , voler riveder noi come un tema scolastico il gran libro dei secoli e inscrivervi sopra con cipiglio di maestri le correzioni , e , peggio , cancellar d ' un frego di penna le pagine che non ci gustano , e , peggio ancora , castigare con la ferula della dialettica nostra o della nostra declamazione un popolo come uno scolare , o anche tagliargli il capo di netto quando è tutto vivo , perché non ha fatto a punto come noi intendevamo che fosse il meglio o come noi avremmo voluto che facesse ; tutto ciò è arbitrio o ginnastica d ' ingegno , ma non è il vero , anzi è il contrario . La storia è quel che è : certi spostamenti , certi oscuramenti , certe , direi , sincopi , nella ragione dell ' universal movimento , nel rifrangersi della luce da uno ad altro lato , nell ' affluire del sangue più tosto a quella che a questa parte del corpo sociale , sono necessarie ; né avvengon già sempre per colpa del popolo che pure ha più da soffrirne , né si potevano per altre disposizioni evitare , né era bene che si evitassero . Il Cinquecento apre in Europa un ' età nuova : alla quale dié principio la Francia , rafforzatasi nell ' unità sotto l ' undecimo Luigi e compiutasi per l ' aggiunta del gran feudo di Borgogna sotto l ' ottavo Carlo , col manifestare la sua forza d ' espansione , e la Spagna , uscendo dalle lunghissime guerre co ' Mori vittoriosa , compatta , irritata al combattimento , con la conquista ; e con la rivoluzione religiosa la Germania , covante nell ' inerzia feudale ardori di battaglia e lusingante gli odii antichi di razza con novelli ardiri di ragionamento ; la Germania a cui anche l ' impero , incominciando e fermarsi nella casa d ' Austria forte di stati ereditari , dava , se non la compattezza di quelle altre due nazioni , il peso d ' una gran mole ; la Germania cui anche la irrequietezza del nuovo imperatore Massimiliano conferiva a riportare nell ' azione europea . A cotesta età dunque la Francia e la Spagna impartirono il movimento storico , che fu quello degl ' interessi dinastici , al cui servigio i monarchi adoperarono le nazioni novellamente formatesi intorno a loro ; la Germania impartì un po ' più tardi l ' ardore della controversia e della discussione , che non doveva né restringersi nei limiti della conscienza religiosa né finire con i soli effetti estrinseci della riforma . Ora , dinanzi alla foga della Francia e della Spagna traboccanti dall ' alveo loro , da poi che ivi il popolo nell ' urto contro gli stranieri si era agglomerato con le feudalità attorno il re a forma di nazione , l ' Italia non aveva che le sue tradizioni e gli ordinamenti suoi federali : il turbine poi delle passioni religiose che ventava dalle alpi germaniche non la distrasse dalla quiete solenne nella quale ella svolgeva l ' elaborazione ultima del suo organamento nazionale e politico , della sua conscienza di popolo , nel pensiero e nell ' arte . Imperocché nazione ella sentivasi ed era nelle tradizioni , nella lingua , nella gloria : ma , scossa che ebbe la soma dell ' impero tedesco , non aveva voluto sacrificare la libertà alla forza , la varietà all ' unità . E perché avrebbe dovuto farlo , ella , che dalle ruine di Roma era risorta col senso dell ' Italia sociale , dell ' Italia delle confederazioni sannitiche ed etrusche ? E se lo avesse fatto , se fossesi lasciata maneggiare da uno svevo o da un angioino o da un Visconti che , domata , spremuta , battuta , l ' avesse poi spinta come caval di battaglia alle conquiste , avrebbe ella operato quel che operò nello svolgimento libero di tutti gli elementi suoi , di tutte le sue genti ? avrebbe ella avuto i suoi commerci unificatori d ' Europa , l ' arte sua conciliatrice dell ' antichità e del medio evo , il suo rinascimento ? o avrebbe ella potuto produrlo con tale una rifioritura universale , con tale un ' efficacia feconda , da inocularne lo spirito vivificatore alle altre nazioni ? o non più tosto lo avrebbe prodotto manco e superficiale come la Francia , parziale come la Germania ? La riforma religiosa come avrebbe dovuto o potuto promuoverla o accettarla l ' Italia , ella che aveva fatto ad imagine sua pagano il cristianesimo ? Come avrebbe dovuto accettar da Lutero l ' autorità della bibbia ella che nella politica poneva co ' l Machiavelli fattore e signore del tutto il pensiero umano , ella che nella scienza era co ' l Galileo per dare il primo crollo alla Genesi , ella che nell ' arte fastidiva co ' l Bembo lo stile di san Paolo ? Ma è egli possibile a imaginare il rinascimento in Italia luterano ? e un Ariosto zuingliano ? un Machiavelli puritano ? un Raffaello calvinista ? un Michelangelo quaquero ? No , veramente : la vita e l ' anima dell ' Italia fu la federazione nell ' ordinamento politico , il razionalismo in filosofia e in religione , il naturalismo in arte . Ella nel secolo XVI finiva di compiere , per quel che spetta ad arte e pensiero , l ' opera che aveva cominciato fino dal mille , con la rivoluzione sociale dei Comuni , il rinascimento : il rinascimento che fu motivo alla riforma religiosa di Germania , la quale alla sua volta trasportatasi e trasformatasi tra gli olandesi e gl ' inglesi fu nutrimento e incentivo alla rivoluzione politica maturata dalla Francia nell ' ottantanove . A ciascuna nazione l ' età sua , a ciascuna età il suo officio . Che colpa , del resto , aveva la nostra patria , se ella era a quel tempo la più libera , la più bella , la più ricca , la più civile e comparativamente la più felice tra le nazioni d ' Europa ? Ella compiva serenamente disinteressata l ' officio suo , quando Spagna Francia e Germania nel lor bisogno di gittarsi fuora a pascolare e a sbizzarrire secondarono gli avidi e avventurieri istinti dei re condottieri intorno ai quali eransi aggreggiate , e presero questa bella musa che cantava la libertà la natura la ragione , e la gittarono con le mani e i piedi legati e co ' l bavaglio alla bocca in balia dei due ciclopi del medio evo . Certo , che , quando papa ed imperatore fossero per necessità di cose tornati concordi all ' azione loro in Europa , la vita dell ' Italia liberamente federale e produttiva , che era un ribellamento a quell ' azione ed avea vigoreggiato negl ' intervalli o nella sòsta di essa , dovea finire e languire . E così la ruina ultima dell ' Italia provenne da ciò che era stato oggetto alle utopie idealistiche de ' suoi grandi uomini . Cesare tornò pur troppo , e questa volta pose da vero mano alla predella e inforcò la polledra selvaggia : Dante poteva esser contento , l ' idea ghibellina aveva trionfato . Pietro si era riconciliato con Cesare , e in una città del retaggio di Matilde gli avea dato il bacio di pace in bocca e la corona dell ' impero in capo , e ne avea ricevuto il donativo dell ' altare : il Petrarca e Caterina da Siena potevano ringraziare Dio , i vóti dei guelfi eran pieni . Firenze e Siena lo seppero , ed esperimentò ben Milano per oltre tre secoli gli effetti pratici del trattato di monarchia . Ma dire che ciò avvenisse non curante e non resistente l ' Italia , non resistente per la debolezza e la opposizione d ' interessi cagionata dall ' ordinamento federale , non curante per la dissoluzione in cui lo scetticismo e il materialismo pratico l ' avevano precipitata , non è né vero né giusto né generoso . E , anzi tutto , onde partirono le provocazioni all ' invasione straniera ? da ' due stati monarchici , da Milano e da Napoli ; e la causa più vera o il pretesto più prossimo ne fu una ragione di succession dinastica a Napoli , al regno da antico accentratore . E dove la resistenza agli oppressori stranieri e indigeni fu nobile , eroica , senza concessioni , fino agli estremi , con aureola di sacrificio ? nelle repubbliche democratiche di Firenze e di Siena . E quali furono gli stati che la piena barbarica non ricoprì o che si tennero diritti in mezzo al temporale ? Ancora le repubbliche , Venezia e Genova . Io non dico se quelle repubbliche sarebbero desiderabili oggi : elle erano quel che dovevano e potevano essere secondo le rivoluzioni loro e rispetto alle condizioni italiane e europee : io rilevo un fatto . E tanto aveva l ' Italia poca voglia di morire , che il sacro romano impero dové adoperarsi con tutte le sue forze , con tutti gli argomenti anche co ' l tradimento , per istrangolare due città come Firenze e Siena ; e pur tra le branche del ciclope le due viragini belle si divincolavano fieramente , ed empievano della meraviglia dei loro ultimi sforzi e della pietà di lor grida Europa : soccomberono , ma non furono violate . E tanta era la vitalità del popolo italiano , e tanto era egli poco rassegnato a morire , che , mancato all ' operosità sua il campo domestico , ei ne si ripresenta meditante e operante in tutta la storia d ' Europa . Questa Europa , che ci voleva morti , i nostri scrittori la illuminano , i nostri artisti l ' adornano , i nostri uomini di stato l ' agitano o la infrenano , i nostri guerrieri la insanguinano . Chi ornò Versaglia ed il Louvre ? chi l ' Escuriale ? E onde vennero all ' impero i Farnesi , i Piccolomini , i Montecuccoli , gli Eugenio di Savoia ? E non pare una vendetta del fato che il Mazzarino governasse la Francia e l ' Alberoni la Spagna ? III . Il sin qui detto mi esenterà da altre apologie e da parziali difese , e servirà pure a determinar meglio l ' essere e i modi della letteratura italiana nel secolo XVI . Il cui svolgimento procedé poi così largo e magnifico , che le ragioni di tutte le sue varietà non possono restar contenute nei limiti di un discorso : del resto , chi non sa esser quella , almeno per gli effetti largamente ed efficacemente prodotti su la nuova coltura europea , l ' età più gloriosa delle lettere italiane ? E io credo che nulla di propriamente nuovo avanzi a dire , per esempio , su ' l Machiavelli o su l ' Ariosto : essi , rispetto a Dante e agli altri scrittori del Trecento e del Quattrocento , sono moderni , o sì veramente principiasi con essi quella età che fu moderna fino all ' ottantanove , che sussiste ancora per poco : tutti noi gli comprendiamo a un modo , e l ' Europa li ha giudicati con la sicurtà del senso recente . Per ciò , a non voler ripetere cose già dette , mi contenterò di rilevare più netto ch ' io possa le linee del movimento e i contorni del confine di quella letteratura . Della quale se il decimosesto secolo vide il frutto , il germe fu nel decimoquinto . Nel secolo XV eran nati a poca distanza tra loro il Machiavelli , il Buonarroti , il Guicciardini che in sé accolsero gli ultimi spiriti dei Comuni e la somma dell ' esperienza e le virtù estreme del reggimento libero , e il Sannazaro il Bembo il Castiglione , rappresentanti della più eletta coltura aulica secondo l ' intendimento di Dante , che sórsero dittatori del bel costume alle nuove generazioni e del linguaggio regolare e dello stile elegante . Nel secolo XV era cresciuto l ' Ariosto , che nella maggiore opera sua procede senza dubbio dal Boiardo : come il Machiavelli procede per una piccola parte dalla erudizione e dalla critica degli umanisti , per esempio , del Valla , e indubbiamente poi ritrae la materia e il meccanismo di storico più dagli storiografi latini del Quattrocento che dai cronisti del Trecento . Anzi che concepimenti e produzioni nuove , vide adunque il secolo XVI compiersi e fermarsi , nell ' accordo delle attività diverse e nell ' armonia delle forme , l ' ultimo perfezionamento di tutta la produzione anteriore ancor viva o vitale . La letteratura del Trecento nella espressione artistica era stata individuale e d ' impronta toscana : quella del Quattrocento , parziale e federale : quella del Cinquecento fu una , classica , italiana . Sì , il carattere più rilevatamente storico ed estetico della letteratura del Cinquecento è l ' unità nel classicismo della forma e nella italianità della lingua . L ' unità italica non risultò mai così evidente nell ' arte come in quel secolo : parve che la patria nostra nell ' imminenza del suo sfacelo politico intendesse con ogni vigor che le avanzava a chiarirsi ed affermarsi nazione . E tuttavia non vi fu sfórzo : era l ' ultima conseguente modificazione dello svolgimento . Cessato l ' urto tra i diversi elementi a mano a mano con l ' estinguersi sin dalla fine del secolo XIII dell ' elemento feudale , co ' l languire del religioso e co ' l sormontare necessario dell ' elemento nazionale ; cessò nel secolo XVI anche il dissidio tra le due forze o tendenze differenti di quest ' ultimo elemento , l ' aristocratica e la democratica , la unitaria e la federale , la romana e l ' italica : forze e tendenze che Dante aveva già riconosciute e contrassegnate , quando distingueva l ' idioma illustre , cardinale , aulico , curiale , e la poesia che in quello componevasi , dal volgare plebeo e paesano . Il contrasto e il distacco tra Dante e l ' Angiolieri , tra Battista Alberti e il Burchiello , tra il Boiardo e Sostegno di Zanobi , non fu più possibile nel Cinquecento come fatto letterario notevole e notato . Il processo di assimilazione era compíto , dell ' assimilazione della materia indigena e medievale co ' l classicismo rinato ; e le idee e le forme ne avean preso un atteggiamento nuovo . L ' assimilazione , se vuolsi , non fu tutta omogenea , e l ' atteggiamento non senza sforzo : ma la mutazione o , meglio , la trasformazione era avvenuta . Di che deesi per gran parte recar la cagione all ' avere la coltura classica acquistato sempre più del terreno : ma è anche vero che il popolo nel secolo XVI si ritrasse quasi volontario dell ' intervenir più come autore nel lavoro letterario . E di codesto ritrarsi altri potrebbe , con apparenza e forse con parte di verità , trovar la ragione nella caduta d ' ogni reggimento democratico , nel forzato spegnersi della vita pubblica e nella società artifiziata delle corti e delle academie da per tutto prevalsa . Sebbene è forse più vero che quello che nel nostro popolo , non nuovo e per ciò non intimamente poeta , vigeva d ' impulso creatore o modificatore , erasi omai rilassato . E di fatti pare che l ' avvenimento dell ' ottava , metro popolare e per ciò passato in silenzio dall ' autore del Vulgare Eloquio e dagli altri trattatisti del Trecento , al regno dell ' epopea classica segni l ' ultimo grado dell ' ascensione poetica del popolo italiano : come il suo sentimento soggettivo era evaporato compenetrando la parte più viva e calda della lirica del Duecento e del Quattrocento , del Cavalcanti e del Poliziano , così il sentimento oggettivo si era idealizzato , o stava idealizzandosi , ne ' poemi dell ' Ariosto e del Tasso : dopo di che , pago a contemplare e ad ammirare in quei poemi la sua trasformazione ideale , il popolo italiano non dié veramente più opera , né con inspirare le forme né con provvedere gli argomenti , al lavoro letterario nazionale . Nella lingua avvenne quasi lo stesso . Il primato della Toscana , la quale co ' l suo dialetto foggiato a idioma letterario rappresentava la tendenza popolare , scadde un tal poco nel Cinquecento ; ma le successe l ' Italia , e piemontesi e istriani e marchigiani e lombardi scrissero regolarmente e quasi ad un tipo solo . E primo introduttore del regolare italiano nel mezzogiorno fu un solenne poeta latino , il Sannazaro : e primo a fermare in regole pratiche la grammatica e a restituire il bell ' uso del Petrarca e del Boccaccio fu il Bembo , la cui maggiore opera è di prosa latina : tanto è vero che in questo fatto della unificazione e fermazion della lingua e della prosa è più veramente e specialmente da riconoscere il lavorío lungo lento instancabile della tradizione aulica e dotta . Già da principio Guittone nelle Lettere , Dante nel Convito , e in tutte le prose il Boccaccio , avevano inteso a cotesto , con l ' esempio del latino essi toscani ; e solo il molto uso del latino nel secolo XV riuscì a disciplinare le impazienze anarchiche delle regioni italiane : allo specchio del latino gli altri dialetti si raffrontarono col toscano , e il toscano si rassettò ; e in quel rassettamento , che fu concessione , venne accolto . Così nel secolo XVI il concetto del Vulgare Eloquio e di tutta la teorica di Dante era effettuato , e assommato l ' edifizio della letteratura nazionale . E pure cotesta classica unità letteraria , fatta bene ma con un po ' di sopraffazione e di frode , come del resto tutte le unità , lasciò in fine solo e malcontento il popolo . E questo , per quel tanto che gli era rimasto di vita , fece la secessione nel campo de ' dialetti . In fatti , la letteratura dei dialetti , ricchissima negli ultimi tre secoli e più originale , in molte parti , che non la nazionale , incomincia dal Cinquecento ; e in essa sopravvive l ' autonomia fantastica e artistica delle regioni . IV . Dopo ciò , chi si rechi a mente la contenenza della letteratura italiana nel Cinquecento , dovrà , se abbia osservato largamente e con quiete , ammirare tanta ricchezza e orginalità di prosa , tanta squisita eleganza di poesia . Prima del Cinquecento , per quanto grandi o felici esempi individuali possano arrecarsi e contrapporsi da ' due secoli anteriori , prima del Cinquecento resta pur sempre vero che l ' Italia non ebbe prosa stabile e formata ; e nel Cinquecento questo , per così dire , tipo nazionale di prosa lo ebbe . Non sarà quello che possa piacere a noi , non risponderà ai nostri gusti e bisogni ; ma allora fu vivo e vero e bello , fu quel che occorreva alla coltura e civiltà d ' allora : tanto è vero che francesi e spagnoli lo presero ad imitare . Né quella prosa era certamente , nella sua idealità tipica , tutta uniforme o improntata a uno stampo : quanta varietà più tosto e che diversità dal Machiavelli al Caro , dal Sannazaro al Firenzuola , dal Castiglione al Davanzati , dal Tasso al Cellini ! Minore per contrario nella moltitudine delle rime la varietà : ma negare la bontà estetica di non poche tra quelle poesie italiane e latine non potrebbe senza ingiustizia chi abbia conoscenza adeguata dell ' arte : per esempio , le Api del Rucellai e la Ninfa tiberina del Molza hanno la stessa ragion d ' essere che certi lavori d ' oreficeria del Cellini . Se non che tra tanta prosa e sì grave come mai tante rime e sì leggere ? Se il determinarsi della storia a genere letterario e la classificazione della prosa sono i segni più certi che l ' intendimento e il lavoro sociale dell ' epopea e della poesia universalmente sono finiti , come mai il Cinquecento , non pur ricchissimo di storie e quali storie ! , ma che tutti produsse e perfezionò i generi della prosa , come poté essere secolo poetico ? Poetico veramente non fu , fu artistico . Dante e il Boccaccio , il Boiardo e il Pulci , il Petrarca e il Poliziano erano passati ; e il popolo italiano era giunto alla maturità per mezzo ogni maniera di esperimenti , eravi giunto un po ' lasso e disilluso e tra tali circostanze che gli toglievano luogo e agio a rifarsi . Per ciò la maturità sua non fu consolata di memorie o speranze liete , non ebbe né Erodoto , né Platone né Demostene : ebbe la intuizione del reale nell ' universo e l ' idealismo dell ' arte nella vita . Tali furono le condizioni morali e le manifestazioni spirituali dell ' Italia al secolo XVI ; e in questa ella cercava riposo da quella , e ambedue erano il portato necessario dello svolgimento anteriore : e si addimostrarono più che altrove insigni nelle opere di Nicolò Machiavelli e di Ludovico Ariosto , nei quali pare che si raccolga e rifletta tutto ciò che sparsamente fu il pensiero e l ' arte italiana in quella età grande e triste . Negli scritti del Machiavelli risorge , senza pompa di toga e spacciatamente succinto , il genio romano , pratico , ordinatore , imperatorio , accresciuto della energia tumultuosa e della forte pazienza dei Comuni , avvalorato alla freddezza della contemplazione senza visioni dall ' accoramento del cittadino che vede fuor di speranza cadersi sotto gli occhi la patria e la repubblica . A misurar giusto l ' altezza del Principe , dei Discorsi su le Deche , dell ' Arte della guerra , delle Storie fiorentine , servono mirabilmente le tante commissioni e provvisioni e le legazioni e relazioni del gran segretario , dietro la cui scorta possiamo seguitarne i passi nella conoscenza dei fatti e delle persone dell ' Italia , dell ' Europa , del mondo . E l ' uom si spaventa a considerare come non v ' è cosa per piccola la quale non si faccia immensa sotto la osservazione di lui , che l ' abbraccia la compenetra la riempie di luce per ogni minutissima fibra : come non v ' è personaggio o avvenimento grande che sotto lo sguardo acuto freddo fisso di quell ' occhio nero e duro non rimpiccolisca . Come diventan meschini Massimiliano imperatore e Luigi re di Francia , e che importanza acquistano la guerra di Pisa e la ribellione d ' Arezzo ! E qual sublime e doloroso spettacolo quella grandezza inaudita d ' ingegno costretto a dibattersi impotente nell ' angustia dal difetto dei tempi ! Egli , con in sé la forza di un fatale institutore e legislator di repubbliche , dover vedere nel 1512 la ruina miserabile dell ' onesto governo di Pier Soderini , dover sentirsi interdetto il palazzo della Signoria dal misero governo del cardinal Giulio : egli , con in mente tutta la futura rivoluzione del pensiero europeo , andare commissario di questo governo al capitolo dei frati minori in Carpi , e riconoscere il sommo non della gratitudine o della stima ma dei favori della sua patria e del secolo nella provvisione con cui gli officiali dello Studio fiorentino , per volere del cardinale dei Medici , lo stipendiano , pe ' l termine di due anni e a cento fiorini di lire quattro per anno , a far più cose in loro servigio , e , tra le altre , gli annali e le cronache fiorentine ! E pure né lagni né dispetti , e né meno l ' ombra di una preoccupazione privata , risalivano a turbare l ' asciutta serenità di quell ' alta mente virile , quando , nei tristi ozii della villa di San Casciano , dopo ingaglioffatosi tutto il giorno giocando a tric trac e contendendo per un quattrino con beccai mugnai e fornaciai , il segretario rientrava la sera nel suo studio , e , spogliatasi quella vesta contadina tutta piena di fango e rivestitosi condecentemente di panni reali e curiali , ritornava a parlare con gli antichi uomini e a intrattenersi con loro da pari a pari , pascendosi di quel cibo che solo era suo e per il quale era nato . Ora in questo sentimento artistico di trattare e considerare la politica in sé e per sé senza riguardo a un fine immediato , in questo astrarre dalle apparenze parziali del presente transitorio per meglio impossessarsi del reale eterno e imminente e assoggettarselo , in questo a punto è la singolarità dell ' ingegno di Nicolò Machiavelli , ed in questo egli prende e rende gli spiriti e gl ' intendimenti tutti dell ' Italia del Cinquecento . Chi potrebbe senza ingiustizia negare al Commines e al De Thou qualità e virtù di osservatori e storici non comuni ? ma essi rimangono sempre incatenati al fatto presente ; l ' avvenimento giorno per giorno impaccia loro il passo e ne occupa e ritiene troppo gli sguardi , che non si stendono mai riposati su larga distesa . Nicolò Machiavelli in vece non è propriamente il politico del tempo suo : forse nel giudizio dei fatti e degli uomini di quel tempo , e certo nella larga rappresentazione della storia contemporanea e nel sapiente svolger dei fili che gli avvenimenti d ' Italia collegavano a quelli d ' Europa , gli va innanzi d ' assai Francesco Guicciardini , il più poderoso storico del rinascimento . Ancora : il Machiavelli non ebbe forse l ' attitudine e l ' abitudine storica ; e le sue Storie fiorentine sono per avventura più tosto un gran libro di dimostrazione e un ' eloquente opera politica , che non una storia vera , esatta , fedele , ordinata della città di Firenze ; che anzi , e per la scelta critica e per la intierezza della esposizione , lasciano a desiderare , e appariscono più che altro come la improvvisazione di un grand ' ingegno . Cha importa cotesto ? Il Machiavelli ha tre fasi e tre stili . Negli scritti d ' officio , il segretario fiorentino osserva , pensa e scrive , avvisato e arguto , spigliato e serrato , in farsetto ; è in somma fiorentino , come altri molti , salvo la maggior prestanza dell ' ingegno suo : nei lavori letterarii , eccetto la Mandragora e la Commedia in versi , è anch ' egli rotondo e ridondante e profuso e incerto , e somiglia un po ' troppo agli altri cinquecentisti della metà prima del secolo che avevano il gusto non ancora formato : nelle Storie tiene molto delle virtù fiorentine e qualcosa dei vizi retorici , e non poco de ' pregi e delle qualità sue proprie uniche e sole : pregi e qualità che risplendono nell ' Arte della guerra e specialmente nel Principe e nei Discorsi . In coteste opere lo stile è combattimento , combattimento a corpo a corpo della parola lucidissima col profondissimo pensiero ; e l ' alitare del combattente rileva a pena il tessuto sopraffino delle maglie sottilissime del periodo : e i colpi sono freddi , spessi , sicuri , e dati co ' l riposo solenne e leggiadro di schermidore maestro . Imperocché non bisogna credere che la conversazione serale del villeggiante di San Casciano fosse così idilliaca com ' egli ce la descrive nella mirabile lettera del 10 decembre 1513 , onde la ho riferita più sopra : non gli credete ch ' ei si rivestisse di panni reali e tanto men di curiali . Egli con la vesta contadina spogliavasi ogni vezzo , ogni affezione nazionale e cittadina , e nell ' atletica nudità muscolosa del suo pensiero lottava con tutte le apparizioni monumentali e gigantesche e mostruose del tempo antico e del nuovo , e se le abbatteva a ' piedi , e le cacciava dal campo della storia , per poi su quello disgombrato continuare la sua lotta fredda , accanita , anelante , col fenomeno informe del fatto politico . Da alcuni luoghi dei Discorsi su le Deche e dalle Storie apparrebbe che egli intendesse a dar documenti e instituzioni di repubblica ; dalla conchiusione del Principe , ch ' egli pensasse alla unificazione d ' Italia : e all ' Italia gitta qualche volta un grido di fiero amore , e volge gli occhi quasi in cerca di qualcheduno , sia un Borgia sia un Medici , che metta le mani nelle trecce alla sciagurata e la strappi alle voglie dei forestieri e dei preti , dell ' imperatore e del papa . Ma non lasciate illudervi al movimento passionato dell ' istante . Egli torna súbito e tutto freddo a studiare così la patria sua come la patria degli svizzeri e le altre patrie antiche e moderne , a dissolvere e ricomporre così monarchie come repubbliche , a discutere dittatori e profeti , re e numi . E stritolando sotto i suoi colpi il mondo eroico e il mondo sacro , e soffiando via con un alito il mondo artisticamente fattizio del rinascimento , prepara la rivoluzione e la informa alla pura energia del pensiero umano . Di Ludovico Ariosto non si può dire che preparasse o incominciasse un rivolgimento nella poesia ; perocché , mentre le opere del Machiavelli segnano il passaggio della conscienza e del pensiero della nazione italiana dalla concezione e produzione fantastica alla osservazione sperimentale e reale , la maggior poesia dell ' Ariosto è l ' ultimo fenomeno di quel primo stato , il frutto maturo di quella fervida estate : ma del resto , come per il Machiavelli la meditazione politica è fine a sé stessa , così per l ' Ariosto la poesia : egli è tra i poeti italiani quello che più veramente fece ciò che i moderni dicono l ' arte per l ' arte . Non che l ' Ariosto non sentisse i mali della patria e le brutture di quel mondo tra cui era sortito a vivere ; che anzi se ne compianse e se ne sdegnò più d ' una volta , e dié anche qualche crollo per iscuoter via dalle sue belle ali di fenice la polvere e il fango della corte e del secolo . Ma poi egli cercava e trovava per sé e apriva altrui un refugio nell ' arte . E l ' arte ei non trattò né come un simbolo né come un apologo né come la dimostrazione di una tesi : egli inventò per amore dell ' invenzione , tutto inteso a svolgere dilettosamente la sua facoltà creativa e a riprodurre moltiplicata la sua lieta e serena fantasia per mille aspetti e in mille forme , che empiessero a lui di sorrisi gl ' intervalli della vita , e di luce e di canto all ' Italia gl ' intermezzi del triste dramma storico che precipitava alla catastrofe . Egli fece quel che desiderava , quel che voleva e ispirava l ' Italia d ' allora : un ' opera da esser letta nelle sale del ducal palazzo d ' Urbino immenso e leggiadro , posto che avesse termine il Castiglione ai discorsi di gentilezza e d ' amore , tra i cerchi delle gentildonne presiedute dalla elegante e pensosa Elisabetta Gonzaga : un ' opera da esser letta nelle sale del castello di Ferrara o del palazzo di Belfiore , dopo alcuno dei pranzi inauditamente sfarzosi d ' Alfonso I , tra i cavalieri italiani e francesi concorsi ai tornei ed alle feste , arridente Lucrezia Borgia che sapea di latino e ammirante la giovinetta Renata di Francia : un ' opera da poter esser letta nelle sale di Roma o di Venezia , alle cui pareti ridesse o una Galatea affrescata da Raffaello o una Venere colorita da Tiziano , nel cui mezzo risplendesse un candelabro di Benvenuto e si contorcesse in un angolo un satiro di bronzo di Michelangelo ; sale che la sera potessero essere preparate per la recitazione della Calandra o della Mandragora o della Cassaria : un ' opera in fine da potere esser letta e cantata per le vie di Ferrara , su le piazze e i ponti di Roma e di Firenze , ne ' canali di Venezia , su ' l porto di Napoli , da un popolo abituato a spettacoli e pompe di cui eran parte imperatori e re e principi e cavalieri e soldati di tutte le lingue d ' Europa , francesi , spagnoli , tedeschi , fiamminghi ; da un popolo abituato a vedersi da un giorno all ' altro sorgere sotto gli occhi quei palazzi quelle chiese quelle piazze e fontane di stile e di ornato così originalmente classico così bizzaramente puro , a contemplare in quelle chiese in quei palazzi in quelle piazze tanta copia di statue e di bassorilievi e di quadri e di cose belle , che a ripensarci in questa gretta e gelida vita odierna , nella quale per riscaldarci leggiamo o inventiamo ciascuno a nostra posta un sistema estetico al giorno , paiono un giuoco di ridenti e prodighe fate : e tutto ciò in mezzo a rumore di guerre grosse e spicciolate , lente e furiose , lunghe , rinnovate , continue , che desolavano regioni intiere per lunghi anni , e oggi levavano di mezzo uno stato , domani un altro . Cotali circostanze , tra le quali fu maturato e compito l ' Orlando furioso , aiutano a intendere e a mostrare ciò che l ' opera sia . È la riproduzione della vista esterna , estetica e morale , d ' allora : è uno specchio in cui apparenze straordinarie , mobili , instabili , abbaglianti , ma senza fisionomia , s ' affacciano , s ' intrecciano , s ' inseguono , spariscono , rapide , improvvise , inconsulte : all ' Orlando furioso manca il nodo epico , come alla storia italiana del Cinquecento una ragione intima sua . Ma non perciò l ' opera è meno meravigliosa . L ' Ariosto , pur lavorandovi intorno con quella serietà che gli artisti grandi portano nelle cose dell ' arte , non ebbe l ' intendimento di fare un poema , un di quei poemi di composizione riflessa che pur tengono sì alto luogo nelle età secondarie di una letteratura : senza rendersene forse ragione , egli sentiva che la cavalleria , cosa rimorta , non poteva dar vita a un poema . Ma anche sottilizzò , e con poco adeguata conoscenza dell ' uomo e del tempo , chi sostenne ch ' e ' mirasse a una parodia de ' poemi cavallereschi , ch ' e ' fosse come il precursore del Cervantes . L ' Ariosto non ebbe secondi fini : egli intese di fare un romanzo da dilettare e meravigliare la generazione tra cui viveva . L ' epopea francese , che dovrebbe essere la materia sua , non gli è che mezzo : il Boiardo aveva empito della sua fama e dell ' infinito poema gli ultimi anni del secolo XV e abituato specialmente la corte e la città di Ferrara a quel genere : l ' Ariosto , che l ' aveva fin da giovinetto ammirato , maturo lo continuò : era il più comodo : Ferrara con i suoi antichissimi estensi non era omai la città epica e romanzesca ? Ma della leggenda epica francese il fondo è storico ; l ' anima , nazionale e cristiana ; la forma , popolare e primitiva come poteva nel medio evo : dalla parte loro gl ' italiani , che prima dell ' Ariosto avean preso a rifare tutto cotesto , avevan pure , secondo che eran borghesi o cavalieri , dato a quei loro poemi , di genere , per così dire , composito , le sembianze nazionali del tempo loro e del loro ordine . L ' Ariosto no ; egli , intimamente italiano nella pienezza armonica delle sue facoltà e nella determinatezza smagliante del colorito , nel soggetto e nei caratteri non è poi né italiano né francese : di storico non ha che le appendici estensi , di nazionale che qualche grido di dolore mandato quasi tra parentesi . L ' Italia si presentava per l ' ultima volta nella sua sembianza cosmopolitica e romana di capitale dell ' Europa ; e come avea dato al medio evo il maggior poeta cristiano in Dante , così diede al rinascimento il maggiore artista pagano nell ' Ariosto . Ed egli , come Michelangelo le statue bibliche , come Raffaello le Vergini , moltiplicava le sue fantasie di dame e cavalieri e amori per versar loro attorno tutti i tesori della divina arte plastica greca e romana . Direste che egli si compiacesse di veder tumultuare nel mondo fantastico da sé creato un popolo d ' imperatori e di re e di guerrieri e di donne e di giganti e di nani e di mostri e di spiriti e di maghi e di fate , per poi trarseli dietro ammaliati al suono dell ' orfica lira e attelati al suo carro infrenarli con le redini d ' oro dell ' Apollo ellenico . V . Così , mentre l ' apparizione del Machiavelli , e con lui dell ' osservazione esperimentale su ' l fatto umano , annunzia finita l ' età della poesia , come causa a un tempo ed effetto di una data civiltà , come lavoro a cui la nazione tutta coopera ; il poema dell ' Ariosto , nel quale la fantasia individuale licenziasi a un viaggio senza termine ed oggetto , viene a dire lo stesso . L ' arte per l ' arte è la fine della poesia popolare e nazionale o sociale che voglia dirsi : l ' arte per l ' arte gira e rigira sopra sé stessa , e anche nega e rinnega e oltraggia e distrugge , non sé veramente e il sentimento o lavoro individuale , ma il termine oggettivo della poesia . Ed ecco : al poema romanzesco prima assai che la dolorosa e alta satira del Cervantes e il lepido travestimento del Tassoni , tocca la parodia grossolana del Folengo e dell ' Aretino : le maccaronee sbizzarriscono a canto alle eleganze latine del Fracastoro e del Vida ; e un nuovo genere , il bernesco , si contrappone alla lirica . L ' Italia nel secolo XVI levò la poesia a idealismo artistico , e insieme , che è effetto assai comune dell ' idealizzare , la fissò , la cristallizzò . Pure le rimaneva ancora del movimento e dell ' azione : il Machiavelli e l ' Ariosto da due parti opposte venivano a riscontrarsi e toccarsi nella commedia ; e il fatto di uno storico e di un epico commediografi dà ragione , più assai che ogni lungo discorrere , di quel secolo e di quella letteratura . Ma in vece di buone commedie l ' Italia ebbe un altro poema , un poema eroico e religioso , la Gerusalemme liberata . L ' Europa latina pareva su quelle prime accettar con fervore il rinnovamento cattolico che la chiesa tentò opporre nel concilio tridentino alla riforma protestante ; tutta l ' Europa cristiana sentiva minacciata la sua civiltà dall ' impero ottomano : suonava ancora dai mari il fragore della battaglia di Lepanto , l ' ultima grande battaglia cristiana della quale tanta parte furono gl ' italiani , l ' ultimo còzzo glorioso tra l ' occidente e l ' oriente . Il tempo era opportuno , e il Tasso tale da poter sorgere poeta e del rinnovamento cattolico e della civiltà cristiana . Nessuna figura in fatti ha il Cinquecento così seria e gentile come quella di Torquato Tasso . Egli è l ' erede legittimo di Dante Alighieri : crede , e ragiona la sua fede per filosofia : ama , e comenta gli amori dottrinalmente : è artista , e scrive dialoghi di speculazioni scolastiche che vorrebbon essere platonici : innova , e teorizza . E , come Dante , ha sempre qualcosa da rimproverarsi nella conscienza sua di cattolico : al suo poema , pur essenzialmente religioso e cavalleresco , sovraintesse un ' allegoria spirituale e morale : a ogni modo teme sempre di averlo fatto soverchiamente profano , e lo rifà purificato : né anche del rifacimento si contenta , e finisce co ' l poema della creazione . Egli è il solo cristiano del nostro rinascimento : del quale per altro partecipa tanto , che il sensualismo nell ' opera sua si mescola al misticismo ; ed egli se ne addolora e pente , mentre il popolo se ne piace . Ma di questa duplicità dell ' essere suo ondeggiante tra il sensualismo e l ' idealismo tra il misticismo e l ' arte ; ma di questa discordia della vita a cui è condannato egli , cavaliere del medio evo , scolastico del secolo XIII , erede di Dante , smarrito in mezzo al rinascimento , tra l ' Ariosto e il Machiavelli , tra il Rabelais e il Cervantes ; di questa duplicità , di questa discordia egli porta innocente la pena , e se ne accora tanto che ne impazza . Il grido molle e straziante della elegia che pur tra gli accordi della tromba epica gli prorompe dal cuore mesto e voluttuoso lo annunzia il primo in tempo dei poeti moderni : il Tasso ha la malattia delle età di passaggio , dello Chateaubriand , del Byron , del Leopardi . E così in disaccordo com ' egli era co ' l tempo suo , poté raccogliere in sé gli estremi spiriti della cavalleria e della religione . E fu l ' ultima prova . Dopo lui , né la raffermatasi autorità ecclesiastica né la tradizione monarchica cominciata coll ' impianto di una gran dinastia straniera al mezzogiorno e al settentrione poterono o eccitare o ravvivare più oltre fra noi il movimento cavalleresco e il religioso . E quello andava oscuramente a finire nei cavalieri serventi ; e questo , aduggiato dalla triste ombra del gesuitismo , degenerò dai santi popolari , la cui serie si chiude con Filippo Neri , nell ' egoismo ascetico di Luigi Gonzaga , e dalle grandi leggende del medio evo nell ' eroicomica scimunitaggine del padre Ceva De puero Jesu . Del resto , terminata l ' età del sentimento e della fantasia ed esaurito anche l ' idealismo artistico , con quale azione e a qual punto l ' Italia libera del suo svolgimento avrebbe potuto seguitare ad espandersi nella riflessione nell ' osservazione nell ' indagine del pensiero , e a quali effetti avrebbe portato il suo lavoro di trecento anni , e come ne fosse impedita , lo dicano il Telesio , il Bruno , il Vanini . Ma oramai dopo la pace di Castel Cambrésis e il concilio di Trento al Machiavelli non poteva succedere altri che il Galileo . Il cielo rimaneva libero , e non senza pericolo : con men di pericolo i sepolcri . Notevole in fatti su lo scorcio del secolo XVI apparisce la trasformazione della storia ; la quale di particolare tende a farsi generale , di politica o patriottica diviene erudita e critica . L ' Italia , non potendo altro , sfoga il bisogno del dubbio , dell ' investigazione e della disamina intorno la materia dei fatti ; e dopo i Discorsi su le Deche e le Istorie fiorentine produce i Trattati su ' l diritto romano e la Storia del regno d ' Italia di Carlo Sigonio , che aprono insignemente all ' Europa l ' età critica degli studi su l ' antichità e su ' l medio evo . Nulla doveva mancare a quella nostra universal letteratura del Cinquecento . Ma intanto la poesia e l ' arte emigravano alle altre genti latine , alle giovini e vittoriose nazioni di Spagna e di Francia : nella prima delle quali il principio religioso e nella seconda il cavalleresco o feudale doveano fare la miglior prova d ' una letteratura cattolica e monarchica . E così in Spagna e in Francia , come in Inghilterra che a punto allora presentava i primi frutti dell ' ingegno germanico maturatosi nella riforma , la gloria maggiore della nuova letteratura fu il dramma . L ' Europa in fatti era giunta a quel secondo stadio storico , nel quale il dramma è la vera estrinsecazione artistica di un popolo , che , passato per una gran prova , si sente essere nel rigoglio delle sue forze e nella pienezza della vita , ha in fine la conscienza di nazione co ' l sentimento o il presentimento della civiltà che gli conviene , non importa poi sotto qual reggimento o con quali forme politiche . Ora l ' Italia , non per colpa sua , ma per la necessità storica dello svolgersi di altre genti con idee di stato altre da quelle tra le quali ella aveva esercitato la sua operosità civile , l ' Italia sopraffatta e spostata non aveva più né quel senso del presente né quel presentimento fiducioso . E però non ebbe un teatro , quale i primi esperimenti e massime quel del Machiavelli parevano imprometterle . Ebbe per altro due opere drammatiche originali e sue , che dopo la Gerusalemme furono anche le due opere più insigni dello scorcio del secolo ; l ' Aminta e il Pastor fido : originali e sue veramente , come quelle che sono la miglior dimostrazione estetica dell ' idealismo artistino italiano del Cinquecento applicato al dramma ; e l ' Aminta per la finitezza determinata pare far riscontro alla Gerusalemme e il Pastor fido per la florida e bizzarra varietà all ' Orlando . E voglionsi ricordare , non tanto perché al meno nelle forme offersero quelle opere il passaggio dall ' idealismo del Cinquecento alla maniera dell ' Arcadia , quanto perché il dramma pastorale e mitologico fu la materia propria della musica . La poesia italiana nel suo progressivo idealizzarsi andò sempre più estenuandosi : a poco a poco non più invenzione né movimento né azione , non più caratteri né passioni , non più stile né forme : ma colori e parole e suoni che simulavano lusinghieramente la vita ; sin che la poesia evaporò , e fu la musica : la musica , sola arte che all ' Italia rimanesse dopo il secolo XVI , e sola sua gloria per troppo tempo di poi . La sua grande letteratura , la letteratura viva , nazionale a un tempo ed umana , con la quale ella conciliò l ' antichità e il medio evo e rappresentò romanamente l ' Europa innovata , finì co ' l Tasso . VI . Spettacolo che altri potrà dir vergognoso e che a me apparisce pieno di sacra pietà , cotesto di un popolo di filosofi di poeti di artisti , che in mezzo ai soldati stranieri d ' ogni parte irrompenti séguita accorato e sicuro l ' opera sua di civiltà . Crosciano sotto le artiglierie di tutte le genti le mura che pur videro tante fughe di barbari : guizza la fiamma intorno ai monumenti dell ' antichità , e son messe a ruba le case paterne : la solitudine delle guaste campagne è piena di cadaveri : e pure le tele e le pareti non risero mai di più allegri colori , non mai lo scalpello disascose dal marmo più terribili fantasie e forme più pure , non mai più allegre selve di colonne sorsero a proteggere ozii e sollazzi e pensamenti che oramai venivano meno ; e il canto de ' poeti supera il triste squillo delle trombe , straniere , e i torchi di Venezia di Firenze di Roma stridono all ' opera d ' illuminare il mondo . Non è codardia : perocché , dove fu popolo , ivi fu ancora resistenza e pugna gloriosa . E né pure è spensieratezza . Oh quanta mestizia nel dolce viso di Raffaello , che cipiglio corruccioso in quel del Buonarroti e quanta pena nelle figure del Machiavelli e del Guicciardini ! l ' Ariosto sorride , ma come triste ! fino il Berni si adira . Perché oltraggiare quei grandi intelletti del Cinquecento ? non vediamo noi l ' arcano dolore , il fastidio fatale che da ogni parte gl ' investe ? Sempre grande il sacrifizio ; ma , quando sia una nazione che si sacrifichi , è cosa divina : e l ' Italia sacrificò sé all ' avvenire degli altri popoli . Cara e santa patria ! ella ricreò il mondo intellettuale degli antichi , ella diè la forma dell ' arte al mondo tumultuante e selvaggio del medio evo , ella aprì alle menti un mondo superiore di libertà e di ragione ; e di tutto fe ' dono all ' Europa : poi avvolta nel suo manto sopportò con la decenza d ' Ifigenia i colpi dell ' Europa . Così finiva l ' Italia .