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> autore_s:"CHIARINI G."
A PROPOSITO DI UN NUOVO POETA ( CHIARINI G. , 1880 )
StampaPeriodica ,
I . In questa gran piena di poesia che passa , passa , travolgendo forse con sé qualche cosa buona fra le molte cattive , brutte , noiose , ridicole , mi piace stendere oggi la mano ad un recente volumetto elzeviriano , e tentare di trarlo a riva . Più che seguitare ad esprimere ogni giorno i nostri superbi disdegni , il nostro disgusto profondo pei poeti novellini , più che esaurire il vocabolario dei medici per stigmatizzare questa naturale malattia dei giovanetti italiani , da qualche anno un po ' rincrudita ; mi pare convenga a noi che non siamo più giovani , e che perciò presumiamo d ' aver più giudizio , ragionare un po ' con questi bravi figliuoli , aver la pazienza di leggere i loro libri , e dir loro francamente la verità ; francamente sì , ma con amorevolezza . Tanto , dire ad Arno che non corra , è cosa perfettamente inutile : cerchiamo piuttosto , se si può , di regolare il corso delle acque . Il mio nuovo poeta è un giovinetto di sedici anni , che fa ora i suoi studi liceali nel collegio Cicognini di Prato ; si chiama Gabriele D ' Annunzio , e si presenta al pubblico nientemeno che con un intero volume di odi barbare . II . Una volta si disputò fra il Giordani e il Leopardi se i giovani debbano cominciare colla prosa o coi versi . Il Giordani sosteneva che si debba cominciare colla prosa . « La principal cosa , diceva lui , nello scrivere mi pare la proprietà sì dei concetti e sì delle espressioni . Questa proprietà è più difficile a mantenere nello stile che deve abbondar di modi figurati , come il poetico , che nel più semplice e naturale , com ' è il prosaico : e però stimo da premettere al tentar la poesia un lungo esercizio di prosare » . Ma il Leopardi che aveva allora diciotto anni , non si lasciava persuadere da questo discorso , e rispondeva : « Da che ho cominciato a conoscere un poco il bello , a me quel calore e quel desiderio ardentissimo di tradurre e far mio quello che leggo non han dato altri che i poeti , e quella smania violentissima di comporre non altri che la natura e le passioni ; ma in modo forte ed elevato , facendomi quasi ingigantire l ' animo in tutte le sue parti , e dire fra me : Questa è poesia ; e per esprimere quello che io sento ci voglion versi e non prosa ; e darmi a far versi » . E soggiungeva : « Quando io vedo la natura in questi luoghi che veramente sono ameni ( unica cosa buona che abbia la patria mia ) , e in questi tempi specialmente ( era la primavera ) , mi sento così trasportare fuori di me stesso , che mi parrebbe di far peccato mortale a non curarmene , e a lasciar passare questo ardore di gioventù e a voler divenire buon prosatore , e aspettare una ventina d ' anni per darmi alla poesia ; dopo i quali , primo , non vivrò , secondo , questi pensieri saranno iti , e la mente sarà più fredda , o certo meno calda che non è ora . Non voglio già dire che , secondo me , se la natura ti chiama alla poesia , tu abbia a seguitarla senza curarti di altro , anzi ho per certissimo ed evidentissimo che la poesia vuole infinito studio e fatica , e che l ' arte poetica è tanto profonda , che come più si va innanzi più si conosce che la perfezione sta in un luogo al quale da principio né pure si pensava . Solo mi pare che l ' arte non debba affogare la natura ; e quell ' andare per gradi e voler prima esser buon prosatore e poi poeta , mi pare che sia contro la natura , la quale anzi prima ti fa poeta , e poi col raffreddarsi dell ' età ti concede la maturità e posatezza necessaria alla prosa » . A queste ragioni pareva arrendersi il Giordani , e scrivendo al Leopardi gli diceva : « Negli studi credo che principalmente l ' uom debba seguire il proprio genio . E s ' ella più ama la poesia , bene sta . Dante adunque sia sempre nelle sue mani » . [ ... ] . Mi sia lecito frapporre l ' opinione mia ed aggiungere qualche osservazione all ' opinione ed alle osservazioni dei due scrittori da me citati . Il Leopardi ebbe certo ingegno straordinariamente grande ; ma non è vero che per le sue precoci attitudini alla poesia egli sia un ' eccezione . Quasi tutti i più grandi poeti di tutte le nazioni cominciarono dallo scrivere in versi , cominciarono a poetare da giovani . Lasciando stare gli antichi , mi basterà citare alcuni dei più moderni , il Byron , lo Shelley , i Browning marito e moglie , il Swinburne , Enrico Heine , Victor Hugo , Alfred de Musset . Io non dirò con un gran poeta inglese , che avrei potuto aggiungere a questi , il Wordsworth , che uno scrittore , che prima dei venticinque anni non ha fatto un buon poema , non lo farà mai più ; ma dico che i buoni poeti che cominciarono a poetare passata la prima gioventù sono rarissimi ; e non so se ci sia un solo grande poeta che , prima di mettersi a scrivere in versi , sia stato buon prosatore . Non basta : alcuni dei poeti da me citati scrissero pochissimo o niente di prosa ; e ci sono degli scrittori di poesia pregevoli assai e corretti , che in prosa scrivono molto men bene . Il Giordani , secondo me , considerava un po ' troppo la poesia come affare di lingua e di stile ; la considerava come un po ' troppo strettamente parente della prosa , come una specie di prosa resa più difficile dal verso , dalla rima , dal linguaggio figurato . Considerate puramente come arti , nessuno negherà che la poesia sia più difficile della prosa : ma non si può da questo ragionevolmente argomentare che lo scrivere in prosa sia il naturale e necessario avviamento alla poesia . Quando però il Leopardi contrapponeva , che anzi la prosa è più difficile della poesia , perché in quella l ' affettazione e lo stento si scoprono più facilmente che in questa ; perché « moltissime cose sono affettazione e stiracchiatura nella prosa e nella poesia no » ; e perché « anche quelle che in poesia sono veramente affettazioni , dall ' armonia e dal linguaggio poetico sono celate facilmente , tanto che appena si travedono » ; il Leopardi ( sia detto con la debita riverenza ) avea torto . L ' affettazione , lo stento , la stiracchiatura sono difetti così nella poesia come nella prosa . L ' affettazione è indizio d ' arte viziata , perché la natura ci porta a scrivere naturali , non affettati ; lo stento e la stiracchiatura derivano più spesso da difetto d ' attitudini naturali , che da mancanza d ' arte : ma la poesia macchiata di questi difetti , per quanto possano essere celati dall ' armonia e dal linguaggio poetico , sarà sempre una poesia imperfetta ; e tali difetti non saranno veramente celati se non alla gente di vista corta e di gusto poco sicuro . Rammentiamoci però che il Leopardi ragionava così a diciotto anni , quando cioè scriveva le prime canzoni , dove , fra lampi di bellissima poesia , le affettazioni e le stiracchiature non mancano e si vedono , dove non mancano e si vedono le figure e le frasi cavate dal vecchio arsenale poetico della letteratura italiana ; ma non avrebbe , credo , ragionato allo stesso modo qualche anno più tardi quando , compiuta la sua educazione poetica e acquistata la piena coscienza e indipendenza dell ' ingegno suo , scriveva il Canto di un pastore errante dell ' Asia , Amore e morte , il Pensiero dominante . IV . Il nodo della quistione per me sta qui , che la poesia è qualche cosa di molto distinto dalla prosa . Piuttosto che dire col Leopardi che la natura fa l ' uomo prima poeta e poi prosatore , in tesi generale io direi che la natura fa l ' uno prosatore , e l ' altro poeta ; o meglio che la natura dà a taluni facoltà di diventare scrittori di prosa , dà a pochissimi facoltà di diventare poeti . Ad essere poeta , vero poeta , si richiedono attitudini speciali , come , per modo d ' esempio , ad essere un gran compositore di musica . [ ... ] È poeta chi vede il mondo esteriore e i fatti dello spirito umano in un modo suo particolare , diverso da quello della comune degli uomini , e non pertanto rispondente al vero e al reale ; chi afferra le più lontane relazioni delle cose , che sfuggono ai più ; chi sente più profondamente , chi pensa più altamente degli altri ; chi a queste visioni , a questi sentimenti , a questi pensieri , sa trovare senza sforzo l ' espressione propria ed accomodata , la quale è , e deve essere , essenzialmente diversa da quella della prosa . Chi sente pensa e concepisce nel modo agli uomini più comune , quegli non è poeta . Ora non è chi non vegga come al vero poeta l ' esercizio dello scrivere più semplice e piano della prosa possa , invece che utile , tornare dannoso . Sarebbe come , a uno che avesse attitudine a diventare e volesse diventare un bravo cavallerizzo , consigliargli d ' aspettare l ' età matura prima di montare a cavallo e intanto esercitarsi a fare delle lunghe passeggiate a piedi . Ci sono , è vero , nei tempi moderni alcuni eccellenti poeti , che sono stati al tempo stesso anche eccellenti prosatori ; e molti di quelli che ai giorni nostri scrivono in versi , scrivono anche in prosa . Ma i primi , come appunto il Leopardi , sono rarissimi ; e gli uni e gli altri generalmente cominciarono collo scrivere in versi . [ ... ] . Aggiungi finalmente che nelle nazioni moderne , presso le quali si nota più particolarmente il fatto degli scrittori che sono a un tempo prosatori e poeti , il senso poetico è men forte e generale che presso gli antichi . Gli scrittori greci e romani erano quasi tutti o esclusivamente prosatori o esclusivamente poeti . Vivendo in più stretto commercio di noi con la natura , essi sentivano molto meglio di noi la differenza grande che la natura stessa ha posto fra il prosatore e il poeta . Non è senza ragione il dettato romano : poetae nascuntur , oratores fiunt . V . Veniamo ( ché mi par tempo ) ai nostri poeti novellini , pei quali ho fatto questa lunga chiacchierata intorno alla disputa fra il Leopardi e il Giordani . Lo Gnoli , indispettito anche lui di questa recrudescenza della malattia poetica elzeviriana de ' nostri giovinetti , propone , come rimedio , una legge per la quale sia impedito di pubblicare versi a chiunque non abbia prima con uno scritto in prosa dato saggio d ' aver fatto certi studi . Lo Gnoli ha ragione : i poeti primitivi non nascon più ; qualunque facoltà poetica uno abbia dalla natura , oggi non può esser poeta senza una sufficiente cultura letteraria , senza una lunga e seria educazione di quella facoltà . Chi si sente chiamato fortemente alla poesia , si eserciti pure in essa fino da giovane ; legga pure versi fin che vuole ; legga anzi quanto più può di versi ; legga i poeti antichi e i moderni ; legga anche gli stranieri , ma questi , quando potrà leggerli nelle loro lingue ; legga e traduca ; traduca prima dagli antichi , e poi dai moderni ; e scriva anche del suo , se gli pare ; scriva quanto gli pare e piace : ma prima di stampare , ci pensi bene due volte ; e quando ci avrà pensato bene , dia retta a me , finché dura la prima giovinezza non ne faccia niente . S ' egli ha veramente ingegno , come suppongo , che sugo e che piacere c ' è a pubblicare cose , delle quali forse un giorno dovrà vergognarsi e pentirsi ? Lo stampare il primo libro , o grosso o piccino che sia , specialmente di versi , dovrebbe considerarsi come un avvenimento grave e importante nella vita di un uomo ; ed invece oggi quasi non se ne fa caso . Lo scopo pel quale si pubblica un libro non dovrebbe mica esser quello di procurare ai critici il gusto , o la noia , di trovarci dentro gli errori a diecine . Io capisco , e compatisco , la impazienza dei giovani , il loro desiderio di prender parte alla vita , di attirare sopra di sé l ' attenzione della gente , di farsi avanti con qualche cosa , e dire : olà , badate a me , che ci sono anch ' io in questo mondo . L ' uomo , e sopratutto il giovine , ha bisogno di vivere : chi , per vivere , corre dietro ai denari , chi alle donne , chi alla gloria ; tutte vanità , dice il filosofo ; ma , fra tutte , quella di procacciarsi nome colle opere dell ' ingegno è certamente una delle più nobili . Bisognerebbe però che i giovani imparassero per tempo a frenare le loro impazienze , e si rammentassero del volgarissimo proverbio , che la gatta frettolosa fece i gattini ciechi ; bisognerebbe che a ciò li aiutassero gli educatori loro , i parenti , i maestri ; i quali invece sono spettatori indifferenti , se non consiglieri e complici , del loro peccato . Io ho parlato di giovani fortemente chiamati dalla natura alla poesia : ma , per dire la verità , di molti , della maggior parte , de ' nostri poeti nuovi , c ' è da dubitare grandemente se abbiano avuto mai nessuna chiamata , né forte né debole . Bisogna guardar bene di non ingannarsi intorno a ciò ; giacché l ' ingannarsi , giudicando dal numero di quelli che s ' ingannano , par molto facile . Leggere un libro di poesia moderna , che fa un po ' di chiasso , che va per le mani di tutti , che diventa di moda ; leggerlo , rileggerlo , e quasi impararlo a memoria ; e poi con la testa piena de ' concetti , delle immagini , delle frasi di quel libro , provarsi a rifare qualche cosa di simile , e trovare che la prova è forse men difficile di quel che si credeva , e darsi anche ad intendere d ' averla superata ; ciò non vuoi dire essere chiamati alla poesia ; ciò vuoi dire solamente saper copiare un po ' alla meglio , o alla peggio , quel che altri ha saputo fare . Chi sente dentro di sé quel desiderio ardentissimo , quella smania violentissima di comporre che diceva il Leopardi , quegli solo ha ragione di credere d ' essere dalla natura chiamato alla poesia . VI . Facciamo ora un po ' i conti col nostro poeta sedicenne . E giacché m ' è venuto fatto di prendere un po ' il tuono di padre predicatore , chiamiamolo a render conto de ' suoi peccati al nostro tribunale di penitenza . Il suo primo peccato e il più grosso è ( ho bisogno di dirlo ? ) quello d ' aver pubblicato i suoi versi ; peccato del quale io non saprei assolverlo , s ' egli non avesse per sé una grande scusa : tuttavia non lo assolvo senza dargli questa grossa penitenza , ch ' egli stia un anno intero senza leggere le poesie del Carducci e del Guerrini : legga Omero , Virgilio , Orazio , Dante e quanti altri poeti vuole , ma lasci stare que ' due . La grande scusa che il giovine poeta ha del suo fallo è , ch ' egli deve aver sentito dentro di sé quel desiderio ardentissimo , quella smania violenta , che sono prova quasi certa d ' esser chiamato alla poesia . Fra mezzo alle molte imitazioni e reminiscenze , questo , pare a me , si vede chiaro in tutti i componimenti del D ' Annunzio . Spesso e volentieri egli prende l ' intonazione dal Carducci , va per un poco sulle sue orme , poi piglia l ' andare da sé , e trova delle immagini felici , degli accenti veri , delle espressioni giuste , de ' suoni armoniosi . Ne giudichino i lettori . In una poesia intitolata Palude , che rammenta qua e là il Chiarone del Carducci , il poeta descrive i poveri mietitori che cacciati dalla fame scendono dai monti a lavorare nella maremma . Lasciano i vecchi adusti , le madri cadenti , le mogli , i bimbi che piangono tra le carezze e i baci : lascian le tenui case lassù fra le libere balze , lascian la lieta vista del cerulo mare , tra ' pini , e traggono , e traggono qui co la falce e col ronco a mille a mille per guadagnarsi un pane ! Quivi non dolce canto di lieto augello al tramonto rompe ' l silenzio lungo , rallegra i mesti cuori : i patrii stornelli non balzan quivi dal petto con i giocondi suoni d ' amore e di speranza . Qui tra l ' erbaccia densa , tra i pallidi fiori , su l ' acque le serpi strisciano , s ' attorcon sibilando , e , maligno qual serpe , da ' petti immiti trabocca l ' odio gigante : le bestemmie scoppiano ; mentre l ' augure vento tra l ' arse alberelle e le spiche Sorgete , o genti ! sembra talor che frema . Ho tagliato qua e là qualche cosa , perché anche in questa poesia , come in quasi tutte le altre , c ' è della esuberanza , difetto molto naturale e molto scusabile in tanta giovinezza dell ' autore . Ma questi versi , e molti altri di egual valore , che sono nel volume , attestano , pare a me , luminosamente attitudini alla poesia non comuni . Gli altri peccati del D ' Annunzio sono tutti conseguenza della sua giovinezza e della fretta . Io ho voluto , per lui e per gli altri giovani impazienti come lui , riferire , e mi piace ripetere quelle parole del Leopardi : « che la poesia vuole infinito studio e fatica , e che l ' arte poetica è tanto profonda , che come più si va innanzi , più si conosce che la perfezione sta in un luogo al quale da principio né pure si pensava . » Il nostro giovine poeta ha già il senso del ritmo e del periodo poetico ; in generale fa assai bene il verso e la strofa ; si sente che la frase gli si affaccia agile e numerosa alla mente insieme colla immagine : anche sa cercare , e trova non di rado felicemente la proprietà , l ' esattezza e l ' efficacia della espressione . Tuttavia io ho notato nel suo libro più d ' un verso sbagliato ; ho notato altre imperfezioni di metro e di ritmo non poche né piccole ; ho notato qualche improprietà , qualche superfluità , qualche debolezza di parola e di frase ; ho notato qualche cosa di peggio , una licenza come questa , Muta , invecchiata , pien di caligine è la natura ! licenza che è uno sproposito bello e buono . Ma , oltre questi , c ' è nel libro del D ' Annunzio un peccato più grosso , la ostentazione di sentimenti e desiderii , che mi piace non creder veri . La poesia intitolata Ora satanica è una cosa poeticamente e moralmente brutta . Un giovinetto di sedici anni , pieno d ' ingegno e di cuore , pieno d ' entusiasmo per le cose belle e per l ' arte , come è di certo il nostro poeta , deve desiderare qualche cosa di meglio che ridde infernali con strepiti e grida insensate , che seni d ' etère su cui passar le notti . Simili desiderii non possono essere che schiuma del suo cervello in un momento di poco sana ispirazione , o poco felice imitazione . Forse le etére da lui desiderate son donne tanto reali quanto la Musa , di cui sente sul labbro i fervidi baci , sul cui petto ricolmo passa sognando l ' ore felici : ma ciò non scusa , anzi aggrava la colpa del poeta . L ' età e lo studio purgheranno di questa e d ' ogni altra scoria la poesia del D ' Annunzio ; perch ' egli non è solamente un giovane d ' ingegno ; egli ama l ' arte e studia ; egli legge e studia e gusta i grandi poeti dell ' antichità classica ; egli ama e ammira e intende il più perfetto dei lirici latini , Orazio . E nel nome di Orazio mi piace , quasi per modo d ' augurio , prender congedo dal nostro giovine poeta e dai lettori . Sentano essi come gusta e sa rendere la poesia d ' Orazio questo giovinetto di sedici anni : O Fauno amante di fuggiasche ninfe , per le mie terre e per i campi aprichi placido incedi , e nel partire i molli parti rispetta , se per te cade sul morir de l ' anno mite un capretto , né a la tazza amica de l ' alma Diva il vino manca , e l ' ara d ' incensi fuma . Scherzan le greggi su l ' erboso campo quando il decembre co le feste torna : pieto pe ' prati il paèsan col bove oziando corre : e il lupo vaga tra l ' agnelle audaci : per te la selva agresti foglie sparge : gode il villan col piè la terra odiosa urtar tre volte . Non do , s ' intende , questa traduzione per una cosa perfetta : imperfezioni ce ne sono , e facilmente visibili ; alcune anche facilmente correggibili ; ma c ' è franchezza e scioltezza ; c ' è , quel che manca a molti traduttori de ' più solenni , l ' intonazione dell ' originale .