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GIUSEPPE GARIBALDI. COMMEMORAZIONE ( CRISPI FRANCESCO , 1882 )
StampaPeriodica ,
La Nuova Antologia vuol rendere anch ' essa il suo tributo alla memoria di Giuseppe Garibaldi . Ed il suo direttore , con una squisita cortesia , della quale gli son grato , ha invitato me , che non sono redattore della rinomata effemeride , per adempiere tale ufficio . Dopo tutto ciò , che in questi giorni fu detto e scritto di Garibaldi , è un ' opera assai difficile il poterne ancora degnamente ragionare . Non già che il tema sia esaurito , ma perché mi sembri esser necessaria un ' abilità , che confesso di non avere , per soddisfare le non ordinarie esigenze dei lettori . La biografia di un uomo sia pure un grande statista od uno scienziato è subito fatta . Ma non si può tesser la vita di Garibaldi senza fare la storia italiana degli ultimi 50 anni . E non basta ! Se Garibaldi , sin dalla sua prima giovinezza , ebbe un culto per la patria , se i suoi pensieri , i suoi studii , le sue cure , le sue opere non ebbero altro scopo l ' anima sua generosa spaziava nell ' infinito , il dovere per lui non aveva limiti di territorio , egli era il cavaliere dell ' umanità . Ed allora come ricordare questa parte della sua vita senza toccare il problema ancora insoluto delle nazionalità , senza parlare dei popoli , che lo invocarono nei momenti del pericolo , che sperarono in lui , ed alla difesa dei quali egli concorse con la spada o con la parola ? Nato dal popolo , educato nei principii della democrazia in un paese dove infrenata era la libertà , egli intravide la istituzione della repubblica con un Re . Ciò parve una contraddizione agl ' ideologi della politica : ai repubblicani che non ritengono possibile e duraturo il regime da essi prediletto senza il periodico mutamento delle persone nella suprema magistratura dello Stato ; ai monarchici , i quali presentono la instabilità delle dinastie nel trionfo della democrazia . Garibaldi al contrario trovava ad armonizzare nella sua mente questi due estremi , Popolo e Re . Laonde egli non credeva tradire la sua coscienza , quando al 1859 ed al 1860 scriveva nella sua bandiera il motto : Italia e Vittorio Emanuele . Molto meno credeva poter offendere il Re , quando parlava della repubblica italiana e del suo avvenire . Si illudevano intanto , quando pei loro fini particolari , i monarchici al 1859 si vantavano di aver conquistato Garibaldi ; e più tardi , al 1879 , i repubblicani s ' illusero sperando che Garibaldi fosse ritornato a loro e ch ' essi avrebbero potuto valersi di lui per la distruzione della monarchia . Io non so come sarà governata l ' Europa da qui a 50 anni . Penso intanto e sono profondamente convinto , che per la monarchia del diritto divino non vi sarà posto . Quello che valgano i grandi Stati costituiti in repubblica , ve ne dà un esempio la Francia ; e però per dare pace duratura alle nazioni , non ci si offre che un solo rimedio , ed è l ' attuazione del concetto garibaldino di un Re capo della democrazia . Fortunatamente per l ' Italia , Garibaldi si è fidato ad una dinastia , la quale comprende le tendenze dei tempi . Essa non può dimenticare , che il principato nazionale è sorto dai plebisciti , e che tradirebbe le sue origini , se osasse arrestare il progresso . Fin qui ho definito , senza volerlo , la mente politica del nostro eroe ; ma ciò non basta , perché il quadro sarebbe incompleto , se non delineassi l ' uomo nella società . Noi siamo nel secolo delle plebi , e nessuno più di Garibaldi ne presenti il prossimo avvenimento e ne patrocinò la redenzione . Ma anche in questo s ' ingannarono quei socialisti , i quali avendolo attirato nei congressi internazionali , credettero valersi del suo nome per legittimare le loro teorie . Le sofferenze dell ' operaio e la tirannide della borghesia , gli scioperi e le coalizioni , la necessità di mettere l ' accordo tra coloro che lavorano e coloro che ne profittano , erano tanti problemi la cui soluzione egli spingeva col cuore . Ed ammirava il lavoratore della terra e degli opifizi , e ne onorava i sacrifizi , come onorava i sacrifizi dei suoi militi sui campi di battaglia . Quando nel 1863 ferveva il brigantaggio nelle provincie napolitane e le Camere discutevano le leggi eccezionali per estirparlo , egli osservava che n ' erano imputabili il Governo e la borghesia . Il suo cuore si spezzava alle notizie delle stragi e del sangue versato ; e quando gli parlavano di quegli sciagurati , i quali assaltavano e distruggevano le fattorie , scannavano il bestiame , bruciavano gli alberi e le messi , egli rispondeva che colà era una questione sociale , la quale non si poteva risolvere col ferro e col fuoco . Un giorno raccontandogli uno dei suoi amici , che i briganti , condannati dai consigli di guerra , affrontavano imperterriti la morte , egli ebbe ad esclamare : quanto eroismo miseramente sciupato ! cotesti uomini , traviati dal delitto , sarebbero stati soldati valorosi all ' appello della patria ! Il partito internazionale si lusingò un momento di aver l ' ausilio di Garibaldi , dopo che egli avea consentito di recarsi al congresso di Ginevra . Nulla di più assurdo ; e se i socialisti non se ne sono convinti , basterebbe ricordar loro il fatto , che Garibaldi si rifiutò nel 1871 di portare la sua spada in difesa della Comune di Parigi , e non permise di andare a suo figlio Menotti che vi era stato chiamato . Il partito internazionale rinnega la patria e la famiglia . Pe ' suoi apostoli la costituzione spartana è un rancidume , perché essi vogliono abbattere le frontiere domestiche e le frontiere nazionali . Le frontiere domestiche e le frontiere nazionali erano sacre a Garibaldi . Egli aveva una venerazione per la famiglia ; e la patria per lui era una religione . Garibaldi voleva l ’ indipendenza e la libertà di tutti i popoli ; ma non soffriva che l ’ Italia perdesse la sua autonomia . Quanto egli amasse la famiglia , lo sanno coloro che lo videro in mezzo a ' suoi cari e che dal 1874 in poi assistettero alle lotte del suo cuore , ardente come egli era di assicurare l ’ avvenire a ' suoi bimbi . Il ministro Mancini ed io abbiamo preziosi autografi di Garibaldi , diretti a noi prima e dopo la celebrazione del suo matrimonio . Scelgo una delle sue lettere , e ne fo dono ai lettori della Nuova Antologia , perché nelle parole di lui si rivela la grande anima dell ' uomo e del patriota . Agl ' internazionalisti varrà di lezione . « Caprera , 13 - 1880 . Mio carissimo ed illustre Crispi . « Da molti anni vincolato a voi nel mutuo amore per questa nostra Italia e che ebbimo la fortuna di servire insieme sui campi di battaglia io vi devo la generosa cooperazione al compimento del sacro mio dovere , che mi ha costituito oggi felice e tranquillo sulla sorte dei miei cari . « Con somma gratitudine sono per la vita « vostro G . GARIBALDI . » Quando fui a Caprera pei funerali del compianto Eroe la vedova mi volle nella sua camera per dirmi , che egli le aveva raccomandato più volte di ringraziare gli amici di quello che avevano fatto per la sua famiglia , e che l ' aveva incaricata di dichiarar loro che egli moriva tormentato dal pensiero che Nizza apparteneva ancora ai francesi . Coloro che dopo la sua morte han parlato e scritto di Garibaldi , han ricordato le cento battaglie da lui vinte , la strategia del gran capitano , la preveggenza e la calma di lui sul campo di battaglia . Io non sento il bisogno di ripetere le stesse cose , perché nulla direi di nuovo e nulla aggiungerei a ciò che tutti sanno . Sul campo di battaglia Garibaldi era un veggente . Il suo viso splendeva , i suoi occhi fulminei sorridevano , egli vedeva tutto , prevedeva tutto , nulla gli sfuggiva ; avreste detto che assistesse ad una festa , ludum bellicum . Era un eroe ? No , più che un eroe ; egli creava gli eroi , perché accanto a lui non si poteva esser codardi . E la codardia fu il solo peccato che Garibaldi non perdonava . Ricorderò un aneddoto . Il 26 giugno 1860 scoppiò in Palermo una di quelle agitazioni che si dicono dimostrazioni popolari . Era la prima del genere , ma sventuratamente non fu l ' ultima , perché essa fu di esempio ai partiti , i quali poscia ne usarono e ne abusarono . Le grida di morte e di evviva , gli schiamazzi indescrivibili giunsero alle orecchie del Dittatore , il quale ordinò che una deputazione si presentasse a lui per informarlo dei desiderii del popolo . Quattro o cinque tribuni improvvisati salirono le scale del palazzo reale e furono tosto alla presenza di Garibaldi . Ed egli : - Che vuole il popolo ? La dimissione del ministero . Va bene . Ma chi metterete al posto di coloro che oggi governano ? E qui uno della deputazione tirò fuori una carta , nella quale erano scritti sette od otto nomi . Il Dittatore , letto il nome di colui ch ' era a capo della lista , rispose immantinente : Non lo voglio , perché questo fugge nei pericoli , e noi abbiamo bisogno di persone che affrontino il fuoco . E poiché mi è caduta dalla penna la parola dittatore , mi permettano i lettori che io ne spieghi il significato e dica in qual modo Garibaldi esercitò il suo ufficio sovrano . Ricordando che egli era un soldato , e che l ' unione in un uomo dei poteri civili e militari mena spesso al dispotismo , più d ' uno potrebbe in questo argomento cadere in errore . Garibaldi aveva molta dimestichezza coi classici antichi . Egli conosceva a menadito la storia della repubblica romana , ed ammirava il valore e la sapienza de ' suoi capitani . Egli ricordava sovente , che in tempo di guerra la salute della patria era dovuta alla dittatura . Il 12 maggio 1860 , alle 4 e mezzo del mattino , uscivamo da Marsala per avviarci verso i monti vicini . Precedevamo Garibaldi , io ed un altro condottiere dei Mille . Il mio compagno impegnò il suo discorso sulla necessità della costituzione del nuovo governo , e consigliava la formazione di comitati secondo lo stile del 1848 . Ed il Generale : - Oh ! mio buon amico ! io non sono del vostro avviso . Coi comitati avremmo il disordine . Un solo , un solo dev ' essere alla testa del governo . Dopo questa sentenza fu fatto il silenzio . La sera pernottammo a Rampangallo ed il 13 , verso le 7 pom . , abbiamo fatto il nostro ingresso a Salemi . Il 14 fu fatto il decreto , col quale Garibaldi dichiarava di assumere la dittatura in nome di Vittorio Emanuele Re d ' Italia . Il 15 maggio abbiamo vinto i Borbonici a Calatafimi , il 21 ci siamo battuti presso Monreale e San Martino , il 27 siamo entrati in Palermo , il 3 giugno abbiamo ricostituito il governo con la nomina dei segretari di Stato pei vari rami della pubblica amministrazione . Prima di giungere a Palermo un solo segretario di Stato era agli ordini del Generale . La dittatura liberò la Sicilia e le provincie napolitane , e fondò l ' unità della patria italiana . Nissuno dirà , che con tanta autorità esercitata da un sol uomo , la libertà ne fosse stata offesa . Quantunque non aiutato dalle Assemblee , Garibaldi , governando , cercò d ' interpretare il pensiero del popolo . Nissuno avrebbe detto che quello fosse un regime militare , perché in nissun caso fu vista la spada dominatrice e tiranna . Garibaldi era accessibile a tutti , poveri e ricchi , plebei e borghesi ; ed il diritto di stampa e quello di riunione non furono frenati da legge alcuna . In tutta la Sicilia non vennero eseguite che tre sentenze di morte : un ribaldo fu fucilato perché durante la guerra aveva messo a sacco e fuoco alcuni comuni della provincia di Palermo ; altri due furono fucilati nella provincia di Trapani , colpevoli di assassinii e di rapine . Garibaldi non trovò ostacoli nell ' esercizio delle sue funzioni . Appena nel giugno 1860 i Borbonici ebbero lasciato Palermo , tutto procedette come nei tempi normali : le imposte furono riscosse senza difficoltà , i commerci ripresero il loro movimento , i cittadini ritornarono alle loro abituali occupazioni . Quello che maravigliò gli uomini d ' affari , fu il pagamento delle cedole del debito pubblico , ordinato sin dai primi giorni del nuovo governo e regolarmente eseguito . I Siciliani , i quali ricordavano il governo parlamentare del 1848 , i disordini d ' allora , le difficoltà finanziarie e politiche , non sapevano darsi ragione come da Garibaldi si fosse mantenuto tanto ordine con tanta libertà . Era la dittatura con tutti i beneficii senza i suoi vizi , l ' unità del potere illuminata dalla pubblica opinione , la sovranità della nazione senza violenze e senza i traviamenti della passione . Fin qui l ' uomo di Stato ed il capitano ; ma non certo avrei compiuto il debito mio senza aver penetrato nei penetrali del suo gabinetto e senza aver detto quello che era Garibaldi tra le quattro mura . La reggia di Palermo e quella di Napoli non turbarono la mente sua , ed a Palermo e a Napoli egli aveva scelto una modesta cameretta e dormiva in un letticciuolo non dissimile da quello nel quale ultimamente giaceva nella sua Caprera . Ed in tanta potenza egli non dimenticò gli amici , non i compagni de ' suoi primi anni , non i patrioti coi quali aveva avuto comunanza di aspirazioni e di affetti . Il 3 ottobre 1860 Giorgio Pallavicino fu nominato prodittatore nelle provincie napoletane . Prima che ricevesse il decreto egli l ’ ebbe da me nel pomeriggio di quel giorno aveva fatto stampare nei giornali una lettera a Mazzini , nella quale lo consigliava ad allontanarsi dalle provincie meridionali , dicendogli che la sua presenza creava imbarazzi e metteva a repentaglio quella concordia che tanto era necessaria al trionfo della causa italiana . Quella lettera ferì gravemente il cuore di Garibaldi . La coincidenza di quelle parole col contemporaneo decreto , che investiva Pallavicino dei supremi poteri dello Stato , avrebbe potuto suscitar dubbi che Garibaldi voleva dissipati . Volle veder Mazzini per potersi spiegare con lui , e Mazzini venne a Caserta la sera del 4 ottobre . Garibaldi era nel letto , e i due , appena furon vicini , si strinsero cordialmente la mano come amici che si vedono la prima volta dopo lunga e penosa lontananza . Garibaldi fu il primo a parlare : Spero che non vorrete lasciar Napoli dopo i consigli che vi furon dati . La lettera di Pallavicino è un ' aberrazione ; e capirete , che io non posso diffidare di voi , né supporre che la vostra presenza in Napoli sia d ' imbarazzo al trionfo della causa nazionale , per la quale ambidue abbiam lavorato . Generale , io era sicuro dell ' animo vostro ; ma la lettera ha fatto profonda impressione nel paese , perché scritta dal vostro prodittatore . Pallavicino è da poche ore prodittatore , e quello ch ' egli ha scritto è di sua competenza , e non può essere un atto di governo . Comunque sia , io domando che non vi moviate , e vi assicuro che nessuno oserà portarvi molestia . Mazzini e Garibaldi , dopo questo incidente personale , scambiarono poche altre parole sulle condizioni d ' Italia , sulla necessità di compiere l ' opera nazionale . Verso le 8 pomeridiane , l ’ antico triumviro si levò , e congedatosi riprese la via di Napoli . Questo episodio , ignoto a molti , compie il ritratto del nostro eroe . Il dottor Riboli , il quale nella sua permanenza a Caprera nel 1861 , studiò fisicamente Garibaldi , scriveva , che la craniologia della di lui testa presentava un fenomeno originale dei più rari , anzi senza precedenti ; l ' armonia di tutti gli organi perfetta , e la risultante matematica del loro insieme la quale indicava : l ' abnegazione anzitutto , e ovunque la prudenza , il sangue freddo , l ' austerità naturale dei costumi , la meditazione quasi continua , l ’ eloquenza grave ed esatta , la lealtà dominante .