Saggistica ,
I
.
L
'
INTUIZIONE
E
L
'
ESPRESSIONE
.
La
conoscenza
ha
due
forme
:
è
o
conoscenza
intuitiva
o
conoscenza
logica
;
conoscenza
per
la
fantasia
o
conoscenza
per
l
intelletto
;
conoscenza
dell
individuale
o
conoscenza
dell
'
universale
;
delle
cose
singole
ovvero
delle
loro
relazioni
;
è
,
insomma
,
o
produttrice
d
immagini
o
produttrice
di
concetti
.
Continuamente
si
fa
appello
,
nella
vita
ordinaria
,
alla
conoscenza
intuitiva
.
Si
dice
che
di
certe
verità
non
si
possono
dare
definizioni
;
che
non
si
dimostrano
per
sillogismi
;
che
conviene
apprenderle
intuitivamente
.
Il
politico
rimprovera
l
'
astratto
ragionatore
,
che
non
ha
l
intuizione
viva
delle
condizioni
di
fatto
;
il
pedagogista
batte
sulla
necessità
di
svolgere
anzitutto
nell
'
educando
la
facoltà
intuitiva
;
il
critico
si
tiene
a
onore
di
mettere
da
parte
,
innanzi
a
un
'
opera
artistica
,
le
teorie
e
le
astrazioni
e
di
giudicarla
intuendola
direttamente
;
l
'
uomo
pratico
,
infine
,
professa
di
vivere
d
intuizioni
più
che
di
ragionamenti
.
Ma
a
questo
ampio
riconoscimento
che
la
conoscenza
intuitiva
riceve
nella
vita
ordinaria
,
non
fa
riscontro
un
pari
e
adeguato
riconoscimento
nel
campo
della
teoria
e
della
filosofia
.
Della
conoscenza
intellettiva
c
è
una
scienza
antichissima
e
ammessa
indiscussamente
da
tutti
,
la
Logica
;
ma
una
scienza
della
conoscenza
intuitiva
è
appena
ammessa
,
e
timidamente
,
da
pochi
.
La
conoscenza
logica
si
è
fatta
la
parte
del
leone
;
e
,
quando
addirittura
non
divora
la
sua
compagna
,
le
concede
appena
un
umile
posticino
di
ancella
o
di
portinaia
.
Che
cosa
è
mai
la
conoscenza
intuitiva
senza
il
lume
della
intellettiva
?
È
un
servitore
senza
padrone
;
e
,
se
al
padrone
occorre
il
servitore
,
è
ben
più
necessario
il
primo
al
secondo
,
per
campare
la
vita
.
L
intuizione
è
cieca
;
l
intelletto
le
presta
gli
occhi
.
Ora
,
il
primo
punto
che
bisogna
fissare
bene
in
mente
è
che
la
conoscenza
intuitiva
non
ha
bisogno
di
padroni
;
non
ha
necessità
di
appoggiarsi
ad
alcuno
;
non
deve
chiedere
in
prestito
gli
occhi
altrui
perché
ne
ha
in
fronte
di
suoi
propri
,
validissimi
.
E
se
è
indubitabile
che
in
molte
intuizioni
si
possono
trovare
mescolati
concetti
,
in
altre
non
è
traccia
di
simile
miscuglio
;
il
che
prova
che
esso
non
è
necessario
.
L
impressione
di
un
chiaro
di
luna
,
ritratta
da
un
pittore
;
il
contorno
di
un
paese
,
delineato
da
un
cartografo
;
un
motivo
musicale
,
tenero
o
energico
;
le
parole
di
una
lirica
sospirosa
,
o
quelle
con
le
quali
chiediamo
,
comandiamo
e
ci
lamentiamo
nella
vita
ordinaria
,
possono
ben
essere
tutti
fatti
intuitivi
senza
ombra
di
riferimenti
intellettuali
.
Ma
,
checché
si
pensi
di
questi
esempi
,
e
posto
anche
si
voglia
e
debba
sostenere
che
la
maggior
parte
delle
intuizioni
dell
'
uomo
civile
siano
impregnate
di
concetti
,
v
è
ben
altro
,
e
di
più
importante
e
conclusivo
,
da
osservare
.
I
concetti
che
si
trovano
misti
e
fusi
nelle
intuizioni
,
in
quanto
vi
sono
davvero
misti
e
fusi
,
non
sono
più
concetti
,
avendo
perduto
ogni
indipendenza
e
autonomia
.
Furono
già
concetti
,
ma
sono
diventati
,
ora
,
semplici
elementi
d
intuizione
.
Le
massime
filosofiche
,
messe
in
bocca
a
un
personaggio
di
tragedia
o
di
commedia
,
hanno
colà
ufficio
,
non
più
di
concetti
,
ma
di
caratteristiche
di
quei
personaggi
;
allo
stesso
modo
che
il
rosso
in
una
figura
dipinta
non
sta
come
il
concetto
del
color
rosso
dei
fisici
,
ma
come
elemento
caratterizzante
di
quella
figura
.
Il
tutto
determina
la
qualità
delle
parti
.
Un
'
opera
d
'
arte
può
essere
piena
di
concetti
filosofici
,
può
averne
,
anzi
,
in
maggior
copia
,
e
anche
più
profondi
,
di
una
dissertazione
filosofica
,
la
quale
potrà
essere
,
a
sua
volta
,
ricca
e
riboccante
di
descrizioni
e
intuizioni
.
Ma
nonostante
tutti
quei
concetti
,
il
risultato
dell
'
opera
d
'
arte
è
un
intuizione
;
e
,
nonostante
tutte
quelle
intuizioni
,
il
risultato
della
dissertazione
filosofica
è
un
concetto
.
I
Promessi
sposi
contengono
copiose
osservazioni
e
distinzioni
di
etica
;
ma
non
per
questo
vengono
a
perdere
,
nel
loro
insieme
,
il
carattere
di
semplice
racconto
o
d
intuizione
.
Parimente
,
gli
aneddoti
e
le
effusioni
satiriche
,
che
possono
trovarsi
nei
libri
di
un
filosofo
come
lo
Schopenhauer
,
non
tolgono
a
quei
libri
il
carattere
di
trattazioni
intellettive
.
Nel
risultato
,
nell
'
effetto
diverso
a
cui
ciascuna
mira
e
che
determina
e
asservisce
tutte
le
singole
parti
,
non
già
in
queste
singole
parti
staccate
e
considerate
astrattamente
per
sé
,
sta
la
differenza
tra
un
'
opera
di
scienza
e
un
'
opera
d
'
arte
,
cioè
tra
un
atto
intellettivo
e
un
atto
intuitivo
.
Senonché
,
per
avere
un
idea
vera
ed
esatta
dell
intuizione
non
basta
riconoscerla
come
indipendente
dal
concetto
.
Tra
coloro
che
così
la
riconoscono
,
o
che
almeno
non
la
fanno
esplicitamente
dipendente
dall
intellezione
,
appare
un
altro
errore
,
il
quale
offusca
e
confonde
l
indole
propria
di
essa
.
Per
intuizione
s
intende
frequentemente
la
percezione
,
ossia
la
conoscenza
della
realtà
accaduta
,
l
'
apprensione
di
qualcosa
come
reale
.
Di
certo
,
la
percezione
è
intuizione
:
le
percezioni
della
stanza
nella
quale
scrivo
,
del
calamaio
e
della
carta
che
ho
innanzi
,
della
penna
di
cui
mi
servo
,
degli
oggetti
che
tocco
e
adopero
come
strumenti
della
mia
persona
,
la
quale
,
se
scrive
,
dunque
esiste
;
sono
tutte
intuizioni
.
Ma
è
parimente
intuizione
l
immagine
,
che
ora
mi
passa
pel
capo
,
di
un
me
che
scrive
in
un
'
altra
stanza
,
in
un
'
altra
città
,
con
carta
,
penna
e
calamaio
diversi
.
Il
che
vuol
dire
che
la
distinzione
tra
realtà
e
non
realtà
è
estranea
all
indole
propria
dell
intuizione
,
e
secondaria
.
Supponendo
uno
spirito
umano
che
intuisca
per
la
prima
volta
,
sembra
ch
'
egli
non
possa
intuire
se
non
realtà
effettiva
ed
abbia
perciò
soltanto
intuizioni
del
reale
.
Ma
poiché
la
coscienza
della
realtà
si
fonda
sulla
distinzione
tra
immagini
reali
e
immagini
irreali
,
e
tale
distinzione
nel
primo
momento
non
ha
luogo
,
quelle
,
in
verità
,
non
saranno
intuizioni
né
del
reale
né
dell
irreale
,
non
percezioni
ma
pure
intuizioni
.
Dove
tutto
è
reale
,
niente
è
reale
.
Una
certa
idea
,
assai
vaga
e
ben
da
lontano
approssimativa
,
di
questo
stato
ingenuo
può
darci
il
fanciullo
,
con
la
sua
difficoltà
a
discernere
il
reale
dal
finto
,
la
storia
dalla
favola
,
che
per
lui
fanno
tutt
'
uno
.
L
intuizione
è
l
'
unità
indifferenziata
della
percezione
del
reale
e
della
semplice
immagine
del
possibile
.
Nell
intuizione
noi
non
ci
contrapponiamo
come
esseri
empirici
alla
realtà
esterna
,
ma
oggettiviamo
senz
'
altro
le
nostre
impressioni
,
quali
che
siano
.
Sembrerebbe
perciò
che
si
appressino
di
più
al
vero
coloro
i
quali
considerano
l
intuizione
come
la
sensazione
formata
e
ordinata
semplicemente
secondo
le
categorie
dello
spazio
e
del
tempo
.
Spazio
e
tempo
(
essi
dicono
)
sono
le
forme
dell
'
intuizione
;
intuire
è
porre
nello
spazio
e
nella
serie
temporale
.
L
'
attività
intuitiva
consisterebbe
quindi
in
questa
duplice
concorrente
funzione
della
spazialità
e
della
temporalità
.
Senonché
,
è
da
ripetere
per
queste
due
categorie
ciò
che
si
è
detto
delle
distinzioni
intellettuali
,
che
pur
si
trovano
fuse
nell
intuizione
.
Noi
abbiamo
intuizioni
senza
spazio
e
senza
tempo
:
una
tinta
di
cielo
e
una
tinta
di
sentimento
,
un
ahi
!
di
dolore
e
uno
slancio
di
volontà
oggettivati
nella
coscienza
,
sono
intuizioni
che
possediamo
,
e
dove
nulla
è
formato
nello
spazio
e
nel
tempo
.
E
in
alcune
intuizioni
si
può
ritrovare
la
spazialità
e
non
la
temporalità
,
in
altre
questa
e
non
quella
;
ma
,
anche
dove
si
ritrovano
tutte
e
due
,
l
'
appercepirle
è
una
riflessione
posteriore
:
esse
possono
fondersi
nell
intuizione
allo
stesso
modo
che
tutti
gli
altri
elementi
di
questa
:
vi
staranno
cioè
materialiter
e
non
formaliter
,
come
ingredienti
e
non
come
ordinamento
.
Chi
,
senza
un
atto
di
riflessione
che
interrompa
per
un
momento
la
contemplazione
,
s
'
accorge
dello
spazio
innanzi
a
un
ritratto
o
magari
a
un
paesaggio
?
Chi
,
senza
un
simile
atto
riflessivo
e
interruttivo
,
s
'
accorge
della
serie
temporale
innanzi
a
un
racconto
o
a
un
pezzo
musicale
?
Ciò
che
s
intuisce
,
in
un
'
opera
d
'
arte
,
non
è
spazio
o
tempo
,
ma
carattere
o
fisionomia
individuale
.
Del
resto
,
parecchi
tentativi
che
si
notano
nella
filosofia
moderna
,
accennano
a
conformarsi
alla
veduta
qui
esposta
.
Spazio
e
tempo
,
anziché
forme
semplicissime
e
primitive
,
si
vengono
dimostrando
costruzioni
intellettuali
molto
complicate
.
E
,
d
'
altro
canto
,
anche
in
alcuni
di
coloro
che
non
rifiutano
del
tutto
allo
spazio
e
al
tempo
la
qualità
di
formanti
o
di
categorie
e
funzioni
,
si
nota
lo
sforzo
di
unificarli
e
intenderli
in
modo
diverso
dal
concetto
che
si
ha
ordinariamente
di
esse
categorie
.
Vi
è
chi
riduce
l
'
intuizione
all
'
unica
categoria
della
spazialità
,
sostenendo
che
anche
il
tempo
non
s
intuisca
se
non
spazialmente
.
Altri
abbandonano
come
filosoficamente
non
necessarie
le
tre
dimensioni
dello
spazio
,
e
concepiscono
la
funzione
della
spazialità
come
vuota
di
ogni
particolare
determinazione
spaziale
.
E
che
cosa
sarebbe
mai
siffatta
funzione
spaziale
,
semplice
ordinamento
che
ordinerebbe
perfino
il
tempo
?
Non
è
essa
forse
un
residuo
di
critiche
e
di
negazioni
,
dal
quale
si
ricava
soltanto
l
'
esigenza
di
porre
un
'
attività
genericamente
intuitiva
?
E
non
è
,
quest
'
ultima
,
veramente
determinata
,
allorché
le
si
attribuisce
un
'
unica
categoria
o
funzione
,
non
spazialeggiante
né
temporalizzante
ma
caratterizzante
?
o
meglio
,
allorché
viene
concepita
essa
stessa
come
categoria
o
funzione
,
che
dà
la
conoscenza
delle
cose
nella
loro
fisionomia
individuale
?
Liberata
,
in
tal
modo
,
la
conoscenza
intuitiva
da
qualsiasi
soggezione
intellettualistica
e
da
ogni
aggiunta
posteriore
ed
estranea
,
noi
dobbiamo
chiarirla
e
determinarne
i
confini
da
un
altro
lato
e
contro
una
diversa
invasione
e
confusione
.
Dall
'
altro
lato
,
di
qua
dal
limite
inferiore
,
è
la
sensazione
,
è
la
materia
informe
che
lo
spirito
non
può
mai
afferrare
in
sé
stessa
,
in
quanto
mera
materia
,
e
che
possiede
soltanto
con
la
forma
e
nella
forma
,
ma
di
cui
postula
il
concetto
come
,
appunto
,
di
un
limite
.
La
materia
,
nella
sua
astrazione
,
è
meccanismo
,
è
passività
,
è
ciò
che
lo
spirito
umano
subisce
,
ma
non
produce
.
Senza
di
essa
non
è
possibile
alcuna
conoscenza
e
attività
umana
;
ma
la
mera
materia
ci
dà
l
'
animalità
,
ciò
che
nell
'
uomo
è
di
brutale
e
d
impulsivo
,
non
il
dominio
spirituale
,
quello
in
cui
consiste
l
'
umanità
.
Quante
volte
ci
travagliamo
nello
sforzo
d
intuire
chiaramente
ciò
che
si
agita
in
noi
!
Intravediamo
qualcosa
,
ma
non
l
'
abbiamo
innanzi
allo
spirito
oggettivato
e
formato
.
In
quei
momenti
meglio
ci
accorgiamo
della
profonda
differenza
tra
materia
e
forma
;
le
quali
sono
non
già
due
atti
nostri
,
di
cui
l
'
uno
stia
di
fronte
all
'
altro
,
ma
l
'
uno
è
un
di
fuori
che
ci
assalta
e
ci
trasporta
,
l
'
altro
è
un
di
dentro
che
tende
ad
abbracciare
quel
di
fuori
e
a
farlo
suo
.
La
materia
,
investita
e
trionfata
dalla
forma
,
dà
luogo
alla
forma
concreta
.
la
materia
,
è
il
contenuto
quel
che
differenzia
una
nostra
intuizione
da
un
'
altra
:
la
forma
è
costante
,
l
'
attività
spirituale
;
la
materia
è
mutevole
,
e
senza
di
essa
l
'
attività
spirituale
non
uscirebbe
dalla
sua
astrattezza
per
diventare
attività
concreta
e
reale
,
questo
o
quel
contenuto
spirituale
,
questa
o
quella
intuizione
determinata
.
È
curioso
e
caratteristico
della
condizione
dei
nostri
tempi
che
proprio
questa
forma
,
proprio
l
'
attività
dello
spirito
,
proprio
ciò
ch
è
noi
stessi
,
venga
facilmente
ignorato
o
negato
.
E
vi
ha
chi
confonde
l
'
attività
spirituale
dell
'
uomo
con
la
metaforica
e
mitologica
attività
della
cosiddetta
natura
,
ch
è
meccanismo
,
e
che
non
somiglia
all
'
attività
umana
,
se
non
quando
,
come
nelle
favole
esopiche
,
s
'
immagini
che
arbores
loquantur
non
tantum
ferae
:
e
vi
ha
chi
asserisce
di
non
aver
mai
osservato
in
sé
tale
miracolosa
attività
;
quasi
che
tra
il
sudare
e
il
pensare
,
il
sentir
freddo
e
l
'
energia
della
volontà
non
sia
alcun
divario
o
si
tratti
soltanto
di
differenza
quantitativa
.
Altri
,
certo
meno
irrazionalmente
,
vuole
invece
che
attività
e
meccanismo
,
specificamente
distinti
,
si
unifichino
entrambi
in
un
concetto
più
alto
;
ma
,
lasciando
per
ora
di
esaminare
se
tale
unificazione
suprema
sia
possibile
e
in
qual
senso
,
e
ammettendo
che
la
ricerca
sia
da
tentare
,
è
chiaro
che
unificare
due
concetti
in
un
terzo
significa
anzitutto
porre
una
differenza
tra
i
due
primi
;
e
qui
la
differenza
c
importa
e
ad
essa
diamo
rilievo
.
L
intuizione
è
stata
scambiata
talvolta
con
la
sensazione
bruta
.
Ma
poiché
questo
scambio
urta
troppo
perfino
il
comune
buon
senso
,
più
di
frequente
si
è
cercato
di
attenuarlo
o
larvarlo
mercé
una
fraseologia
che
pare
voglia
nello
stesso
tempo
confondere
e
distinguere
.
Così
è
stato
asserito
che
l
intuizione
sia
sensazione
,
ma
non
già
semplice
sensazione
,
sì
bene
associazione
di
sensazioni
;
dove
l
'
equivoco
nasce
appunto
dalla
parola
associazione
.
La
quale
,
o
s
intende
come
memoria
,
associazione
mnemonica
,
ricordo
cosciente
;
e
in
tal
caso
appare
inconcepibile
la
pretesa
di
congiungere
nella
memoria
elementi
che
non
sono
intuiti
,
distinti
,
posseduti
in
qualche
modo
dallo
spirito
e
prodotti
dalla
coscienza
:
o
s
intende
come
associazione
di
elementi
incoscienti
;
e
,
in
questo
secondo
caso
,
non
si
esce
dalla
sensazione
e
dalla
naturalità
.
Che
se
poi
,
come
taluni
associazionisti
fanno
,
si
parla
di
un
'
associazione
che
non
sia
né
memoria
né
flusso
di
sensazioni
,
ma
associazione
produttiva
(
formativa
,
costruttiva
,
distinguente
)
,
in
questo
caso
si
concede
la
cosa
e
si
nega
solo
la
parola
.
Infatti
,
l
'
associazione
produttiva
non
è
più
associazione
nel
significato
dei
sensualisti
,
ma
sintesi
,
cioè
attività
spirituale
.
Si
chiami
pure
associazione
la
sintesi
:
ma
con
quel
concetto
di
produttività
è
posta
la
distinzione
tra
passività
e
attività
,
tra
sensazione
e
intuizione
.
Altri
psicologi
sono
disposti
a
distinguere
dalla
sensazione
qualcosa
che
non
è
più
tale
,
ma
non
è
ancora
il
concetto
intellettivo
:
la
rappresentazione
o
immagine
.
Quale
differenza
corre
tra
la
loro
rappresentazione
o
immagine
,
e
la
nostra
conoscenza
intuitiva
?
Grandissima
e
nessuna
:
anche
rappresentazione
è
parola
molto
equivoca
.
Se
essa
s
intende
come
qualcosa
di
ritagliato
e
risaltante
sul
fondo
psichico
delle
sensazioni
,
la
rappresentazione
è
l
intuizione
.
Se
,
invece
,
viene
concepita
come
sensazione
complessa
,
si
ritorna
alla
sensazione
bruta
,
che
non
cangia
qualità
perché
ricca
o
povera
,
effettuantesi
in
un
organismo
rudimentale
o
in
un
organismo
sviluppato
e
pieno
di
tracce
di
sensazioni
passate
.
Né
all
'
equivoco
si
rimedia
col
definire
la
rappresentazione
prodotto
psichico
di
secondo
grado
,
rispetto
alla
sensazione
che
sarebbe
di
primo
.
Che
cosa
significa
,
qui
,
secondo
grado
?
Differenza
qualitativa
,
formale
?
E
,
in
questo
caso
,
rappresentazione
è
elaborazione
della
sensazione
,
e
perciò
intuizione
.
Ovvero
maggiore
complessità
e
complicazione
,
differenza
quantitativa
e
materiale
?
In
quest
'
altro
caso
,
invece
,
l
'
intuizione
sarebbe
di
nuovo
confusa
con
la
sensazione
bruta
.
Eppure
vi
è
un
modo
sicuro
di
distinguere
l
intuizione
vera
,
la
vera
rappresentazione
,
da
ciò
che
le
è
inferiore
:
quell
'
atto
spirituale
dal
fatto
meccanico
,
passivo
,
naturale
.
Ogni
vera
intuizione
o
rappresentazione
è
,
insieme
,
espressione
.
Ciò
che
non
si
oggettiva
in
una
espressione
non
è
intuizione
o
rappresentazione
,
ma
sensazione
e
naturalità
.
Lo
spirito
non
intuisce
se
non
facendo
,
formando
,
esprimendo
.
Chi
separa
intuizione
da
espressione
,
non
riesce
mai
più
a
congiungerle
.
L
'
attività
intuitiva
tanto
intuisce
quanto
esprime
.
Se
questa
proposizione
suona
paradossale
,
una
delle
cause
di
ciò
è
senza
dubbio
nell
'
abito
di
dare
alla
parola
espressione
un
significato
troppo
ristretto
,
assegnandola
alle
sole
espressioni
che
si
dicono
verbali
;
laddove
esistono
anche
espressioni
non
verbali
,
come
quelle
di
linee
,
colori
,
toni
:
tutte
quante
da
includere
nel
concetto
di
espressione
,
che
abbraccia
perciò
ogni
sorta
di
manifestazioni
dell
'
uomo
,
oratore
,
musico
,
pittore
o
altro
che
sia
.
E
,
pittorica
o
verbale
o
musicale
o
come
altro
si
descriva
o
denomini
,
l
'
espressione
,
in
una
di
queste
manifestazioni
,
non
può
mancare
all
intuizione
,
dalla
quale
è
propriamente
inscindibile
.
Come
possiamo
intuire
davvero
una
figura
geometrica
,
se
non
ne
abbiamo
così
netta
l
immagine
da
essere
in
grado
di
tracciarla
immediatamente
sulla
carta
o
sulla
lavagna
?
Come
possiamo
intuire
davvero
il
contorno
d
'
una
regione
,
per
esempio
,
dell
isola
di
Sicilia
,
se
non
siamo
in
grado
di
disegnarlo
così
come
esso
è
in
tutti
i
suoi
meandri
?
A
ognuno
è
dato
sperimentare
la
luce
che
gli
si
fa
internamente
quando
riesce
,
e
solo
in
quel
punto
che
riesce
,
a
formolare
a
sé
stesso
le
sue
impressioni
e
i
suoi
sentimenti
.
Sentimenti
e
impressioni
passano
allora
,
per
virtù
della
parola
,
dall
'
oscura
regione
della
psiche
alla
chiarezza
dello
spirito
contemplatore
.
È
impossibile
,
in
questo
processo
conoscitivo
,
distinguere
l
intuizione
dall
'
espressione
.
L
'
una
viene
fuori
con
l
'
altra
,
nell
'
attimo
stesso
dell
'
altra
,
perché
non
sono
due
ma
uno
.
Ma
la
cagione
principale
che
fa
sembrare
paradossale
la
tesi
da
noi
affermata
,
è
l
illusione
o
pregiudizio
che
s
intuisca
della
realtà
più
di
quanto
effettivamente
se
ne
intuisce
.
Si
ode
spesso
taluni
asserire
di
avere
in
mente
molti
e
importanti
pensieri
,
ma
di
non
riuscire
a
esprimerli
.
In
verità
,
se
li
avessero
davvero
,
li
avrebbero
coniati
in
tante
belle
parole
sonanti
,
e
perciò
espressi
.
Se
,
nell
'
atto
di
esprimerli
,
quei
pensieri
sembrano
dileguarsi
o
si
riducono
scarsi
e
poveri
,
gli
è
che
o
non
esistevano
o
erano
soltanto
scarsi
e
poveri
.
Parimente
si
crede
che
noi
tutti
,
uomini
ordinari
,
intuiamo
e
immaginiamo
paesi
,
figure
,
scene
,
come
i
pittori
,
e
corpi
,
come
gli
scultori
;
salvo
che
pittori
e
scultori
sanno
dipingere
e
scolpire
quelle
immagini
,
e
noi
le
portiamo
dentro
il
nostro
animo
inespresse
.
Una
Madonna
di
Raffaello
,
si
erede
,
avrebbe
potuto
immaginarla
chiunque
;
ma
Raffaello
è
stato
Raffaello
per
l
'
abilità
meccanica
di
averla
fissata
sulla
tela
.
Niente
di
più
falso
.
Il
mondo
che
intuiamo
ordinariamente
è
poca
cosa
,
e
si
traduce
in
piccole
espressioni
,
le
quali
si
fanno
via
via
maggiori
e
più
ampie
solo
con
la
crescente
concentrazione
spirituale
in
alcuni
particolari
momenti
.
Sono
le
parole
interne
che
diciamo
a
noi
stessi
,
i
giudizi
che
esprimiamo
tacitamente
:
ecco
un
uomo
,
ecco
un
cavallo
,
questo
pesa
,
questo
è
aspro
,
questo
mi
piace
,
ecc
.
ecc
.
,
ed
è
un
barbaglio
di
luce
e
di
colori
,
che
pittoricamente
non
potrebbe
avere
altra
sincera
e
propria
espressione
se
non
in
un
guazzabuglio
,
e
dal
quale
appena
si
sollevano
pochi
tratti
distintivi
particolari
.
Ciò
,
e
non
altro
,
possediamo
nella
nostra
vita
ordinaria
,
ed
è
base
della
nostra
azione
ordinaria
.
È
l
indice
di
un
libro
;
sono
,
come
è
stato
detto
,
le
etichette
che
abbiamo
apposte
alle
cose
e
ci
tengono
luogo
di
queste
:
indice
ed
etichette
(
espressioni
anch
'
esse
)
,
sufficienti
ai
piccoli
bisogni
e
alle
piccole
azioni
.
Ma
,
di
tanto
in
tanto
,
dall
indice
passiamo
al
libro
,
dall
'
etichetta
alla
cosa
,
o
dalle
piccole
intuizioni
alle
più
grandi
e
alle
grandissime
ed
eccelse
.
E
il
passaggio
è
talvolta
tutt
'
altro
che
agevole
.
È
stato
osservato
da
coloro
che
hanno
meglio
indagato
la
psicologia
degli
artisti
che
,
quando
dal
vedere
con
rapido
sguardo
una
persona
ci
si
dispone
a
intuirla
davvero
,
per
farle
,
per
esempio
,
il
ritratto
,
quella
visione
ordinaria
,
che
sembrava
così
vivace
e
netta
,
si
rivela
come
poco
meno
che
nulla
:
ci
si
accorge
di
possedere
,
tutt
'
al
più
,
qualche
tratto
superficiale
,
non
bastevole
neppure
per
un
pupazzetto
;
la
persona
da
ritrarre
si
pone
innanzi
all
'
artista
come
un
mondo
da
scoprire
.
E
Michelangelo
sentenziava
che
Si
dipinge
col
cervello
,
non
con
le
mani
;
e
Leonardo
scandalizzava
il
priore
del
convento
delle
Grazie
con
lo
stare
giorni
interi
avanti
al
Cenacolo
senza
mettervi
pennello
,
e
diceva
che
gl
ingegni
elevati
talor
che
manco
lavorano
più
adoprano
,
cercando
con
la
mente
l
invenzione
.
Il
.
pittore
è
pittore
perché
vede
ciò
che
altri
sente
solo
,
o
intravede
,
ma
non
vede
.
Un
sorriso
crediamo
di
vederlo
,
ma
in
realtà
ne
abbiamo
solo
qualche
vago
accenno
,
non
scorgiamo
tutti
i
tratti
caratteristici
da
cui
risulta
,
come
,
dopo
averci
lavorato
intorno
,
li
scorge
il
pittore
,
che
perciò
può
fermarlo
compiutamente
sulla
tela
.
Anche
del
nostro
più
intimo
amico
,
di
colui
che
ci
sta
accanto
tutti
i
giorni
e
tutte
le
ore
,
non
possediamo
intuitivamente
se
non
qualche
tratto
appena
della
fisionomia
,
che
ce
lo
fa
distinguere
dagli
altri
.
Meno
facile
è
l
illusione
per
le
espressioni
musicali
;
perché
a
ognuno
parrebbe
strano
il
dire
che
a
un
motivo
,
il
quale
è
già
nell
'
animo
di
chi
non
è
compositore
,
il
compositore
aggiunga
o
appiccichi
le
note
;
quasi
che
l
'
intuizione
del
Beethoven
non
fosse
,
per
esempio
,
la
sua
Nona
sinfonia
e
la
sua
Nona
sinfonia
la
sua
intuizione
.
Ora
,
come
colui
che
si
fa
illusioni
sulla
quantità
delle
proprie
ricchezze
materiali
è
smentito
dall
'
aritmetica
,
la
quale
gli
dice
esattamente
a
quanto
esse
ammontano
;
così
chi
s
illude
sulla
ricchezza
dei
propri
pensieri
e
delle
proprie
immagini
è
ricondotto
alla
realtà
,
allorché
è
costretto
ad
attraversare
il
ponte
dell
'
asino
dell
'
espressione
.
Numerate
,
diciamo
al
primo
:
parlate
,
eccovi
una
matita
e
disegnate
,
esprimetevi
,
diremo
all
'
altro
.
Ognuno
di
noi
,
insomma
,
è
un
po
pittore
,
scultore
,
musicista
,
poeta
,
prosatore
;
ma
quanto
poco
,
rispetto
a
coloro
che
son
chiamati
così
appunto
pel
grado
elevato
in
cui
hanno
le
comunissime
disposizioni
ed
energie
della
natura
umana
;
e
quanto
poco
un
pittore
possiede
delle
intuizioni
di
un
poeta
,
o
di
quelle
anche
di
un
altro
pittore
!
Pure
,
quel
poco
è
tutto
il
nostro
patrimonio
attuale
d
intuizioni
o
rappresentazioni
.
Fuori
di
esse
,
sono
soltanto
impressioni
,
sensazioni
,
sentimenti
,
impulsi
,
emozioni
,
o
come
altro
si
chiami
ciò
che
è
ancora
di
qua
dello
spirito
,
non
assimilato
dall
'
uomo
,
postulato
per
comodo
di
esposizione
,
ma
effettivamente
inesistente
,
se
l
'
esistere
è
anche
esso
un
atto
dello
spirito
.
Alle
varianti
verbali
accennate
in
principio
,
con
le
quali
così
designa
la
conoscenza
intuitiva
,
possiamo
,
dunque
,
aggiungere
ancora
quest
'
altra
:
la
conoscenza
intuitiva
è
la
conoscenza
espressiva
.
Indipendente
e
autonoma
rispetto
all
intellezione
;
indifferente
alle
discriminazioni
posteriori
di
realtà
e
irrealtà
e
alle
formazioni
e
appercezioni
,
anche
posteriori
,
di
spazio
e
tempo
;
-
l
intuizione
o
rappresentazione
si
distingue
da
ciò
che
si
sente
e
subisce
,
dall
'
onda
o
flusso
sensitivo
,
dalla
materia
psichica
,
come
forma
;
e
questa
forma
,
questa
presa
di
possesso
,
è
l
'
espressione
.
Intuire
è
esprimere
;
e
nient
'
altro
(
niente
di
più
,
ma
niente
di
meno
)
che
esprimere
.
II
.
L
'
INTUIZIONE
E
L
'
ARTE
Prima
di
procedere
oltre
,
ci
sembra
opportuno
trarre
alcune
conseguenze
da
ciò
che
si
è
stabilito
e
soggiungere
qualche
schiarimento
.
Noi
abbiamo
francamente
identificato
la
conoscenza
intuitiva
o
espressiva
col
fatto
estetico
o
artistico
,
prendendo
le
opere
d
'
arte
come
esempi
di
conoscenze
intuitive
e
attribuendo
a
queste
i
caratteri
di
quelle
.
Ma
la
nostra
identificazione
ha
contro
di
sé
una
concezione
,
largamente
accolta
anche
da
filosofi
,
la
quale
considera
l
'
arte
come
intuizione
di
qualità
tutta
propria
.
Ammettiamo
(
si
dice
)
che
l
'
arte
sia
intuizione
;
ma
intuizione
non
è
sempre
arte
:
l
intuizione
artistica
è
una
specie
particolare
,
che
si
distingue
per
un
di
più
dall
intuizione
in
genere
.
In
che
poi
si
distingua
,
in
che
consista
questo
di
più
,
niuno
ha
saputo
mai
assegnare
.
Si
è
pensato
talvolta
che
l
'
arte
sia
,
non
la
semplice
intuizione
,
ma
quasi
l
intuizione
di
un
intuizione
;
allo
stesso
modo
che
il
concetto
scientifico
sarebbe
,
non
il
concetto
volgare
,
ma
il
concetto
di
un
concetto
.
L
'
uomo
,
insomma
,
si
eleverebbe
all
'
arte
con
l
'
oggettivare
,
non
le
sensazioni
,
come
accade
nell
intuizione
comune
,
ma
l
intuizione
stessa
.
Senonché
questo
processo
di
elevazione
a
seconda
potenza
non
ha
luogo
;
e
il
paragone
col
concetto
volgare
e
con
lo
scientifico
non
dice
ciò
che
gli
si
vorrebbe
far
dire
,
per
la
buona
ragione
che
non
è
vero
che
il
concetto
scientifico
sia
concetto
di
un
concetto
.
Quel
paragone
,
se
mai
,
dice
proprio
il
contrario
.
Il
concetto
volgare
,
se
concetto
è
e
non
semplice
rappresentazione
,
è
concetto
perfetto
,
quantunque
povero
e
limitato
.
La
scienza
sostituisce
alle
rappresentazioni
i
concetti
,
ai
concetti
poveri
e
limitati
aggiunge
e
sovrappone
altri
più
larghi
e
comprensivi
,
scoprendo
sempre
nuove
relazioni
;
ma
il
metodo
di
essa
non
differisce
da
quello
con
cui
si
forma
il
più
piccolo
universale
nel
cervello
del
più
umile
degli
uomini
.
Ciò
elle
comunemente
si
chiama
,
per
antonomasia
,
l
'
arte
,
coglie
intuizioni
più
vaste
e
complesse
di
quelle
che
si
sogliono
comunemente
avere
,
ma
intuisce
sempre
sensazioni
e
impressioni
:
è
espressione
d
impressioni
,
non
espressione
dell
'
espressione
.
Per
la
stessa
ragione
non
si
può
ammettere
che
l
intuizione
,
che
si
dice
di
solito
artistica
,
si
diversifichi
da
quella
comune
come
intuizione
intensiva
.
Sarebbe
tale
,
se
lavorasse
diversamente
in
pari
materia
.
Ma
poiché
l
'
attività
artistica
spazia
in
campi
più
larghi
e
tuttavia
con
metodo
non
diverso
da
quello
dell
intuizione
comune
,
la
differenza
tra
l
'
una
e
l
'
altra
non
è
intensiva
ma
estensiva
.
L
intuizione
di
un
semplicissimo
canto
popolare
d
'
amore
,
che
dica
lo
stesso
,
o
poco
più
,
di
una
dichiarazione
di
amore
quale
esce
a
ogni
momento
dalle
labbra
di
migliaia
di
uomini
ordinari
,
può
essere
intensivamente
perfetta
nella
sua
povera
semplicità
,
benché
,
estensivamente
,
tanto
più
ristretta
della
complessa
intuizione
di
un
canto
amoroso
di
Giacomo
Leopardi
.
Tutta
la
differenza
,
dunque
,
è
quantitativa
,
e
,
come
tale
,
indifferente
alla
filosofia
,
scientia
qualitatum
.
A
esprimere
pienamente
certi
complessi
stati
d
'
animo
vi
è
chi
ha
maggiore
attitudine
e
più
frequente
disposizione
,
che
non
altri
;
e
costoro
si
chiamano
,
nel
linguaggio
corrente
,
artisti
:
alcune
espressioni
,
assai
complicate
e
difficili
,
sono
raggiunte
più
di
rado
,
e
queste
si
chiamano
opere
d
'
arte
.
I
limiti
delle
espressioni
-
intuizioni
,
che
si
dicono
arte
,
verso
quelle
che
volgarmente
si
dicono
non
-
arte
,
sono
empirici
:
è
impossibile
definirli
.
Un
epigramma
appartiene
all
'
arte
:
perché
no
una
semplice
parola
?
Una
novella
appartiene
all
'
arte
:
perché
no
una
nota
di
cronaca
giornalistica
?
Un
paesaggio
appartiene
all
'
arte
:
perché
no
uno
schizzo
topografico
?
Il
maestro
di
filosofia
della
commedia
di
Molière
aveva
ragione
:
sempre
che
si
parla
,
si
fa
della
prosa
.
Ma
vi
saranno
in
perpetuo
scolari
,
i
quali
,
come
il
borghese
signor
Jourdain
,
si
maraviglieranno
d
'
aver
fatto
prosa
per
quarant
'
anni
senza
saperlo
,
e
stenteranno
a
persuadersi
elle
,
quando
chiamano
il
servitore
Giovanni
perché
porti
loro
le
pantofole
,
anche
questa
sia
,
nientemeno
,
prosa
.
Noi
dobbiamo
tener
fermo
alla
nostra
identificazione
,
perché
l
'
avere
staccato
l
'
arte
dalla
comune
vita
spirituale
,
l
'
averne
fatto
non
si
sa
qual
circolo
aristocratico
o
quale
esercizio
singolare
,
è
stata
fra
le
principali
cagioni
che
hanno
impedito
all
Estetica
,
scienza
dell
'
arte
,
di
attingere
la
vera
natura
,
le
vere
radici
di
questa
nell
'
animo
umano
.
Come
nessuno
si
maraviglia
allorché
apprende
dalla
fisiologia
che
ogni
cellula
è
organismo
e
ogni
organismo
è
cellula
o
sintesi
di
cellule
;
né
alcuno
si
maraviglia
di
trovare
in
un
'
alta
montagna
gli
stessi
elementi
chimici
costituenti
un
piccolo
sasso
o
frammento
;
come
non
e
è
una
fisiologia
degli
animali
piccini
e
un
'
altra
dei
grossi
,
o
una
chimica
dei
sassi
e
un
'
altra
delle
montagne
;
così
non
e
è
una
scienza
dell
intuizione
piccola
e
un
'
altra
della
grande
,
una
dell
intuizione
comune
e
un
'
altra
dell
'
artistica
,
ma
una
sola
Estetica
,
scienza
della
cognizione
intuitiva
o
espressiva
,
ch
è
il
fatto
estetico
o
artistico
.
E
questa
Estetica
è
il
vero
analogo
della
Logica
,
la
quale
abbraccia
,
come
cose
della
medesima
natura
,
la
formazione
del
più
piccolo
e
ordinario
concetto
e
la
costruzione
del
più
complicato
sistema
scientifico
e
filosofico
.
Anche
niente
più
che
una
differenza
quantitativa
possiamo
ammettere
nel
determinare
il
significato
della
parola
genio
,
o
genio
artistico
,
distinto
dal
non
genio
,
dall
'
uomo
comune
.
Si
dice
che
i
grandi
artisti
rivelino
noi
a
noi
stessi
.
Ma
come
ciò
sarebbe
possibile
se
non
ci
fosse
identità
di
natura
tra
la
nostra
fantasia
e
la
loro
,
e
se
la
differenza
non
fosse
di
semplice
quantità
?
Meglio
che
:
poëta
nascitur
,
andrebbe
detto
:
homo
nascitur
poëta
;
poeti
piccoli
gli
uni
,
poeti
grandi
gli
altri
.
L
'
aver
fatto
di
questa
differenza
quantitativa
una
differenza
qualitativa
ha
dato
origine
al
culto
e
alla
superstizione
del
genio
,
dimenticandosi
che
la
genialità
non
è
qualcosa
di
disceso
dal
cielo
,
ma
è
l
'
umanità
stessa
.
L
'
uomo
di
genio
,
che
si
atteggi
o
venga
rappresentato
come
lontano
da
questa
,
trova
la
sua
punizione
nel
diventare
,
o
nell
'
apparire
,
alquanto
ridicolo
.
Tale
il
genio
del
periodo
romantico
,
tale
il
superuomo
dei
tempi
nostri
.
Ma
(
è
bene
qui
notare
)
dall
'
elevazione
disopra
all
'
umanità
fanno
poi
precipitare
il
genio
artistico
disotto
a
essa
coloro
che
ne
pongono
come
qualità
essenziale
l
incoscienza
.
La
genialità
intuitiva
o
artistica
,
come
ogni
forma
d
'
attività
umana
,
è
sempre
cosciente
;
altrimenti
,
sarebbe
cieco
meccanismo
.
Ciò
che
al
genio
artistico
può
mancare
,
è
soltanto
la
coscienza
riflessa
,
la
coscienza
sovraggiunta
dello
storico
o
del
critico
,
che
gli
è
inessenziale
.
Una
delle
questioni
più
dibattute
in
Estetica
è
la
relazione
tra
materia
e
forma
,
o
,
come
si
dice
di
solito
,
tra
contenuto
e
forma
.
Consiste
il
fatto
estetico
nel
solo
contenuto
o
nella
sola
forma
,
o
nell
'
uno
e
nell
'
altra
insieme
?
Questione
che
ha
avuto
vari
significati
,
che
menzioneremo
ciascuno
a
suo
luogo
;
ma
sempre
che
le
parole
sono
state
prese
nel
significato
da
noi
fermato
di
sopra
,
sempre
che
per
materia
si
è
intesa
l
'
emozionalità
non
elaborata
esteticamente
o
le
impressioni
,
e
per
forma
l
'
elaborazione
ossia
l
'
attività
spirituale
dell
'
espressione
,
il
nostro
pensiero
non
può
essere
dubbio
.
Dobbiamo
,
cioè
,
respingere
così
la
tesi
che
fa
consistere
l
'
atto
estetico
nel
solo
contenuto
(
ossia
nelle
semplici
impressioni
)
,
come
l
'
altra
che
lo
fa
consistere
nell
'
aggiunzione
della
forma
al
contenuto
,
ossia
nelle
impressioni
più
le
espressioni
.
Nell
'
atto
estetico
,
l
'
attività
espressiva
non
si
aggiunge
al
fatto
delle
impressioni
,
ma
queste
vengono
da
essa
elaborate
e
formate
.
Ricompaiono
,
per
così
dire
,
nell
'
espressione
come
acqua
che
sia
messa
in
un
filtro
e
riappaia
la
stessa
e
insieme
diversa
dall
'
altro
lato
di
questo
.
L
'
atto
estetico
è
,
perciò
,
forma
,
e
niente
altro
che
forma
.
Da
ciò
si
ricava
,
non
elle
il
contenuto
sia
alcunché
di
superfluo
(
ché
anzi
è
il
punto
di
partenza
necessario
del
fatto
espressivo
)
;
ma
che
dalle
qualità
del
contenuto
a
quelle
della
forma
non
c
è
passaggio
.
Si
è
pensato
talvolta
che
il
contenuto
,
per
essere
estetico
,
ossia
trasformabile
in
forma
,
dovesse
avere
alcune
qualità
determinate
o
determinabili
.
Ma
,
se
ciò
fosse
,
la
forma
sarebbe
una
cosa
medesima
con
la
materia
,
l
'
espressione
con
l
'
impressione
.
Il
contenuto
è
,
sì
,
il
trasformabile
in
forma
,
ma
fino
a
tanto
che
non
si
sia
trasformato
,
non
ha
qualità
determinabili
;
di
esso
noi
non
sappiamo
nulla
.
Diventa
contenuto
estetico
non
prima
,
ma
solo
quando
si
è
effettivamente
trasformato
.
Il
contenuto
estetico
è
stato
anche
definito
come
l
'
interessante
:
il
che
non
è
falso
,
ma
vuoto
.
Interessante
,
infatti
,
che
cosa
?
L
'
attività
espressiva
?
E
,
certo
,
se
questa
non
se
ne
interessasse
,
non
l
'
eleverebbe
a
forma
.
Il
suo
interessarsene
è
appunto
l
'
elevarlo
a
forma
.
Ma
la
parola
interessante
è
stata
anche
adoperata
con
altra
non
illegittima
intenzione
,
che
spiegheremo
più
oltre
.
È
polisensa
,
come
la
precedente
,
la
proposizione
che
l
'
arte
sia
imitazione
della
natura
.
Con
queste
parole
ora
si
sono
affermate
o
almeno
adombrate
verità
,
ora
sostenuti
errori
;
e
,
più
spesso
,
non
si
è
pensato
nulla
di
preciso
.
Uno
dei
significati
scientificamente
legittimi
si
ha
,
allorché
imitazione
viene
intesa
come
rappresentazione
o
intuizione
della
natura
,
forma
di
conoscenza
.
E
quando
si
è
voluto
designare
ciò
,
e
mettere
insieme
in
maggior
luce
il
carattere
spirituale
del
procedimento
,
risulta
legittima
anche
l
'
altra
proposizione
:
che
l
'
arte
è
idealizzamento
o
imitazione
idealizzatrice
della
natura
.
Ma
se
per
imitazione
della
natura
s
intende
che
l
'
arte
dia
riproduzioni
meccaniche
,
costituenti
duplicati
più
o
meno
perfetti
di
oggetti
naturali
,
innanzi
alle
quali
si
rinnovi
quello
stesso
tumulto
d
impressioni
che
producono
gli
oggetti
naturali
,
la
proposizione
è
evidentemente
erronea
.
Le
statue
di
cera
dipinta
,
che
simulano
esseri
vivi
e
innanzi
a
cui
arretriamo
sbalorditi
nei
musei
di
tale
roba
,
non
ci
danno
intuizioni
estetiche
.
L
illusione
e
l
'
allucinazione
non
hanno
che
vedere
col
calmo
dominio
dell
intuizione
artistica
.
Se
un
artista
dipinge
lo
spettacolo
di
un
museo
di
statue
di
cera
,
se
un
attore
sulla
scena
ritrae
burlescamente
l
'
uomo
-
statua
,
abbiano
di
nuovo
il
lavoro
spirituale
e
l
intuizione
artistica
.
Perfino
la
fotografia
,
se
ha
alcunché
di
artistico
,
lo
ha
in
quanto
trasmette
,
almeno
in
parte
,
l
intuizione
del
fotografo
,
il
suo
punto
di
vista
,
l
'
atteggiamento
e
la
situazione
ch
'
egli
s
è
industriato
di
cogliere
.
E
se
la
fotografia
non
è
del
tutto
arte
,
ciò
accade
appunto
perché
l
'
elemento
naturale
resta
più
o
meno
ineliminabile
e
insubordinato
:
e
,
infatti
,
innanzi
a
quale
fotografia
,
anche
delle
meglio
riuscite
,
proviamo
soddisfazione
piena
?
a
quale
un
artista
non
farebbe
una
o
molte
variazioni
e
ritocchi
,
non
toglierebbe
o
aggiungerebbe
?
Dal
non
aver
esattamente
riconosciuto
il
carattere
teoretico
della
semplice
intuizione
,
distinta
così
dalla
conoscenza
intellettiva
come
dalla
percezione
;
dal
credere
che
solo
l
intellettiva
,
o
,
tutt
'
al
più
,
anche
la
percezione
sia
conoscenza
;
è
sorta
l
'
affermazione
,
tante
volte
ripetuta
,
che
l
'
arte
non
sia
conoscenza
,
che
essa
non
dia
verità
,
che
appartenga
non
al
mondo
teoretico
ma
al
sentimentale
,
e
simili
.
Abbiamo
visto
che
l
intuizione
è
conoscenza
,
libera
da
concetti
e
più
semplice
che
non
sia
la
cosiddetta
percezione
del
reale
;
e
perciò
l
'
arte
è
conoscenza
,
è
forma
,
non
appartiene
al
sentimento
e
alla
materia
psichica
.
Se
si
è
insistito
tante
volte
e
da
tanti
estetici
a
mettere
in
rilievo
che
l
'
arte
è
apparenza
(
Schein
)
,
ciò
è
stato
appunto
perché
si
sentiva
la
necessità
di
distinguerla
dal
più
complicato
atto
percettivo
,
affermandone
la
pura
intuitività
.
E
se
si
è
insistito
sull
'
essere
l
'
arte
sentimento
,
ciò
è
stato
pel
medesimo
motivo
:
escluso
,
infatti
,
il
concetto
come
contenuto
dell
'
arte
ed
esclusa
la
realtà
storica
in
quanto
tale
,
altro
contenuto
non
resta
che
la
realtà
appresa
meramente
nella
sua
ingenuità
e
immediatezza
,
nello
slancio
vitale
,
come
sentimento
,
ossia
,
di
nuovo
,
l
intuizione
pura
.
Anche
dal
non
aver
bene
stabilito
,
o
dall
'
aver
perduto
di
vista
,
il
carattere
distintivo
dell
'
espressione
dal
.
impressione
,
della
forma
dalla
materia
,
ha
preso
origine
la
teoria
dei
sensi
estetici
.
Questa
teoria
si
riduce
all
'
errore
ora
indicato
,
di
voler
cercare
cioè
un
passaggio
dalle
qualità
del
contenuto
a
quelle
della
forma
.
Domandare
,
infatti
,
quali
siano
i
sensi
estetici
,
importa
domandare
quali
impressioni
sensibili
possano
entrare
nelle
espressioni
estetiche
,
e
quali
debbano
entrarvi
di
necessità
.
Al
che
dobbiamo
subito
rispondere
:
che
tutte
le
impressioni
possono
entrare
nelle
espressioni
o
formazioni
estetiche
;
ma
che
nessuna
deve
entrarvi
di
necessità
.
Dante
eleva
a
forma
non
solo
il
dolce
color
d
'
orïental
zaffiro
(
impressioni
visive
)
,
ma
impressioni
tattili
o
termiche
come
l
'
aër
grasso
e
i
freschi
ruscelletti
che
asciugano
vieppiù
la
gola
all
'
assetato
.
Ed
è
una
curiosa
illusione
credere
che
una
pittura
dia
impressioni
semplicemente
visive
.
Il
vellutato
di
una
guancia
,
il
calore
di
un
corpo
giovanile
,
la
dolcezza
e
la
freschezza
di
un
frutto
,
il
tagliente
di
una
lama
affilata
,
e
via
dicendo
,
non
sono
impressioni
che
abbiamo
anche
da
una
pittura
?
e
son
forse
visive
?
Che
cosa
sarebbe
una
pittura
per
un
ipotetico
uomo
,
il
quale
,
privo
di
tutti
o
di
molti
dei
sensi
,
acquistasse
d
'
un
tratto
l
'
organo
solo
della
vista
?
Il
quadro
,
che
abbiamo
innanzi
e
che
crediamo
di
vedere
solamente
con
.
gli
occhi
,
non
apparirebbe
,
agli
occhi
di
lui
,
se
non
come
qualcosa
di
poco
più
dell
'
imbrattata
tavolozza
di
un
pittore
.
Alcuni
,
che
tengono
fermo
al
carattere
estetico
di
particolari
gruppi
d
impressioni
(
per
esempio
,
delle
visive
e
delle
auditive
)
e
ne
escludono
altri
,
concedono
poi
elle
,
se
nel
fatto
estetico
le
impressioni
visive
e
auditive
entrano
come
dirette
,
quelle
percepite
dagli
altri
sensi
vi
entrino
anche
,
ma
solamente
come
associate
.
Anche
questa
distinzione
è
del
tutto
arbitraria
.
L
'
espressione
estetica
è
sintesi
,
nella
quale
è
impossibile
distinguere
il
diretto
e
l
.
indiretto
.
Tutte
le
impressioni
sono
in
essa
parificate
,
in
quanto
vengono
estetizzate
.
Chi
riceve
in
sé
l
immagine
di
un
quadro
o
di
una
poesia
,
non
ha
innanzi
questa
immagine
come
una
serie
d
impressioni
,
alcune
delle
quali
abbiano
una
prerogativa
o
una
precedenza
sulle
altre
.
E
di
ciò
che
accade
prima
,
di
averla
ricevuta
,
non
si
sa
nulla
;
come
,
d
'
altro
canto
,
le
distinzioni
,
che
si
fanno
dipoi
,
riflettendo
.
non
riguardano
più
in
nessun
modo
l
'
arte
in
quanto
tale
.
La
dottrina
dei
sensi
estetici
è
stata
presentata
anche
in
altro
modo
:
come
il
tentativo
di
stabilire
quali
organi
fisiologici
siano
necessari
pel
fatto
estetico
.
L
'
organo
o
l
'
apparato
fisiologico
non
è
altro
che
un
complesso
di
cellule
,
così
e
così
aggruppate
e
così
e
così
disposte
;
cioè
un
fatto
o
un
concetto
meramente
fisico
e
naturale
.
Ma
l
'
espressione
non
conosce
fatti
fisiologici
;
essa
ha
il
suo
punto
di
partenza
nelle
impressioni
,
e
la
via
fisiologica
per
la
quale
queste
sono
pervenute
nello
spirito
,
le
è
affatto
indifferente
.
Una
via
o
un
'
altra
fa
lo
stesso
:
basta
che
siano
impressioni
.
Certo
,
la
mancanza
di
alcuni
organi
,
ossia
di
alcuni
complessi
di
cellule
,
impedisce
il
prodursi
di
alcune
impressioni
(
salvoché
,
per
una
sorta
di
compensazione
organica
,
non
si
ottengano
per
altra
via
)
.
Il
cieco
nato
non
può
intuire
ed
esprimere
la
luce
.
Ma
le
impressioni
non
sono
condizionate
soltanto
dall
'
organo
,
sì
bene
anche
dagli
stimoli
che
operano
sull
'
organo
.
Chi
non
abbia
avuto
mai
l
impressione
del
mare
,
non
saprà
mai
esprimerlo
;
e
chi
non
abbia
avuto
l
impressione
della
vita
del
gran
mondo
o
della
lotta
politica
,
non
esprimerà
mai
né
l
'
una
cosa
né
l
'
altra
..
Ciò
non
stabilisce
una
dipendenza
della
funzione
espressiva
dallo
stimolo
o
dall
'
organo
;
ma
è
la
ripetizione
di
quanto
già
sappiamo
:
l
'
espressione
presuppone
l
impressione
,
e
particolari
espressioni
,
particolari
impressioni
.
Del
resto
,
ogni
impressione
esclude
le
altre
nel
momento
in
cui
essa
domina
;
e
così
ogni
espressione
.
Un
altro
corollario
della
concezione
dell
'
espressione
come
attività
,
è
l
indivisibilità
dell
'
opera
d
'
arte
.
Ogni
espressione
è
un
'
unica
espressione
.
L
'
attività
estetica
è
fusione
delle
impressioni
in
un
tutto
organico
.
Ed
è
quel
che
si
è
voluto
sempre
notare
quando
si
è
detto
che
l
'
opera
d
'
arte
deve
avere
unità
,
o
,
ch
è
lo
stesso
,
unità
nella
varietà
.
L
'
espressione
è
sintesi
del
vario
,
o
molteplice
,
nell
'
uno
.
Parrebbe
opporsi
a
quest
'
affermazione
il
fatto
che
noi
dividiamo
l
'
opera
artistica
nelle
sue
parti
:
un
poema
in
scene
,
episodi
,
similitudini
,
sentenze
,
o
un
quadro
nelle
singole
figure
e
oggetti
,
sfondo
,
primo
piano
,
e
così
via
.
Ma
cotesta
divisione
annulla
l
'
opera
,
come
il
dividere
l
'
organismo
in
cuore
,
cervello
,
nervi
,
muscoli
e
via
continuando
,
muta
il
vivente
in
cadavere
.
vero
che
vi
sono
organismi
in
cui
la
divisione
dà
luogo
a
più
esseri
viventi
;
ma
in
tal
caso
,
e
trasportando
l
'
analogia
al
fatto
estetico
,
è
da
concludere
per
una
molteplicità
di
germi
di
vita
e
per
una
rapida
rielaborazione
delle
singole
parti
in
nuove
espressioni
uniche
.
Si
osserverà
che
l
'
espressione
sorge
talora
su
altre
espressioni
:
vi
sono
espressioni
semplici
e
ve
ne
sono
composte
.
Qualche
differenza
bisogna
pur
riconoscere
tra
l
'
eureka
,
con
cui
Archimede
esprimeva
tutto
il
suo
giubilo
per
la
fatta
scoperta
,
e
l
'
atto
espressivo
(
anzi
i
cinque
atti
)
di
una
tragedia
regolare
.
Ma
no
:
l
'
espressione
sorge
sempre
direttamente
sulle
impressioni
.
Chi
concepisce
una
tragedia
mette
in
un
gran
crogiuolo
una
grande
quantità
,
per
così
dire
,
d
impressioni
:
le
espressioni
stesse
,
altra
volta
concepite
,
vengono
rifuse
insieme
con
le
nuove
in
un
'
unica
massa
;
allo
stesso
modo
che
in
una
fornace
di
fusione
si
possono
gittare
informi
pezzi
di
bronzo
e
statuette
elettissime
.
Perché
si
abbia
la
nuova
statua
,
le
statuette
elettissime
debbono
fondersi
al
modo
stesso
dei
pezzi
informi
.
Le
vecchie
espressioni
debbono
ridiscendere
a
impressioni
,
per
potere
essere
sintetizzate
con
le
altre
in
una
nuova
unica
espressione
.
Elaborando
le
impressioni
,
l
'
uomo
si
libera
da
esse
.
Oggettivandole
,
le
distacca
da
sé
e
si
fa
loro
superiore
.
La
funzione
liberatrice
e
purificatrice
dell
'
arte
è
un
altro
aspetto
e
un
'
altra
formola
del
suo
carattere
di
attività
.
L
'
attività
è
liberatrice
appunto
perché
scaccia
la
passività
.
Da
ciò
si
scorge
anche
perché
agli
artisti
si
soglia
a
volta
a
volta
attribuire
la
massima
sensibilità
o
passionalità
,
e
la
massima
insensibilità
o
l
'
olimpica
serenità
.
Entrambe
le
qualifiche
si
conciliano
,
perché
non
cadono
sullo
stesso
oggetto
.
La
sensibilità
o
passionalità
si
riferisce
alla
ricca
materia
che
l
'
artista
accoglie
nel
suo
animo
;
l
insensibilità
o
serenità
,
alla
forma
con
cui
egli
assoggetta
e
domina
il
tumulto
sensazionale
e
passionale
.
III
.
L
'
ARTE
E
LA
FILOSOFIA
.
Le
due
forme
di
conoscenza
,
l
'
estetica
e
l
intellettiva
o
concettuale
,
sono
bensì
diverse
,
ma
non
stanno
tra
loro
disgiunte
e
disparate
,
come
due
forze
di
cui
ciascuna
tiri
per
il
suo
verso
.
Se
abbiamo
dimostrato
che
la
forma
estetica
è
affatto
indipendente
dall
intellettiva
e
si
regge
da
sé
senz
'
alcun
appoggio
estraneo
,
non
abbiamo
detto
che
l
intellettiva
possa
stare
senza
l
'
estetica
.
Questa
reciproca
non
sarebbe
vera
.
Che
cosa
è
la
conoscenza
per
concetti
?
È
conoscenza
di
relazioni
di
cose
,
e
le
cose
sono
intuizioni
.
Senza
le
intuizioni
non
sono
possibili
i
concetti
,
come
senza
la
materia
delle
impressioni
non
è
possibile
l
intuizione
stessa
.
Le
intuizioni
sono
:
questo
fiume
,
questo
lago
,
questo
rigagnolo
,
questa
pioggia
,
questo
bicchier
d
'
acqua
;
il
concetto
è
:
l
'
acqua
,
non
questa
o
quella
apparizione
e
caso
particolare
,
ma
l
'
acqua
in
genere
,
in
qualunque
tempo
e
luogo
si
realizzi
;
materia
d
intuizioni
infinite
,
ma
di
un
concetto
solo
e
costante
.
Senonché
il
concetto
,
l
'
universale
,
se
per
un
verso
non
è
più
intuizione
,
per
un
altro
è
,
e
non
può
non
essere
,
intuizione
.
Anche
l
'
uomo
che
pensa
,
in
quanto
pensa
,
ha
impressioni
ed
affetti
:
le
sue
impressioni
e
i
suoi
affetti
non
saranno
quelli
dell
'
uomo
non
filosofo
,
non
l
'
amore
o
l
'
odio
per
certi
oggetti
e
individui
,
ma
lo
sforzo
stesso
del
pensiero
,
col
dolore
e
la
gioia
,
l
'
amore
e
l
'
odio
,
che
a
esso
sono
congiunti
;
il
quale
sforzo
,
per
diventare
oggettivo
innanzi
allo
spirito
,
non
può
non
prendere
forma
intuitiva
.
Parlare
non
è
pensare
logicamente
,
ma
pensare
logicamente
è
,
insieme
,
parlare
.
Che
il
pensiero
non
possa
stare
senza
il
parlare
,
è
verità
generalmente
riconosciuta
.
Le
negazioni
di
questa
tesi
si
fondano
tutte
su
equivoci
ed
errori
.
Un
primo
equivoco
è
di
coloro
che
osservano
che
si
può
pensare
del
pari
con
figure
geometriche
,
cifre
algebriche
,
segni
ideografici
,
senza
alcuna
parola
,
neanche
pronunciata
tacitamente
e
quasi
insensibilmente
dentro
di
sé
;
che
vi
son
lingue
in
cui
la
parola
,
il
segno
fonico
,
non
esprime
nulla
se
non
si
guardi
anche
al
segno
scritto
;
e
via
discorrendo
.
Ma
,
quando
si
è
detto
parlare
,
si
è
voluto
adoperare
da
noi
una
sineddoche
e
intendere
genericamente
espressione
,
la
quale
,
come
abbiamo
notato
,
non
è
la
sola
espressione
cosiddetta
verbale
.
Sarà
o
no
vero
elle
alcuni
concetti
possano
pensarsi
senza
manifestazioni
foniche
;
ma
gli
esempi
stessi
recati
in
contrario
provano
che
quei
concetti
non
stanno
mai
senza
espressioni
.
Altri
adducono
che
gli
animali
,
o
certi
animali
,
pensano
e
ragionano
senza
parlare
.
Ora
,
se
pensino
e
come
e
che
cosa
pensino
gli
animali
,
se
essi
siano
uomini
rudimentali
e
quasi
selvaggi
resistenti
all
incivilimento
,
piuttosto
che
macchine
fisiologiche
come
volevano
i
vecchi
spiritualisti
,
tutto
ciò
,
a
questo
punto
,
può
non
riguardarci
.
Allorché
il
filosofo
parla
della
natura
animale
,
brutale
,
impulsiva
,
istintiva
,
e
simili
,
non
si
fonda
su
congetture
di
questa
fatta
,
concernenti
cani
o
gatti
,
leoni
o
formiche
,
ma
sull
'
osservazione
di
quel
che
di
animalesco
e
di
brutale
è
nell
'
uomo
:
del
limite
o
della
base
animalesca
che
avvertiamo
in
noi
stessi
.
Che
se
poi
i
singoli
animali
,
cani
o
gatti
,
leoni
o
formiche
,
abbiano
alcunché
dell
'
attività
dell
'
uomo
,
tanto
meglio
,
o
tanto
peggio
,
per
essi
:
ciò
vorrà
dire
che
anche
per
essi
si
dovrà
discorrere
,
non
di
natura
in
senso
totale
,
ma
di
una
base
animalesca
,
più
ampia
e
greve
forse
di
quella
dell
'
uomo
.
E
,
supposto
pure
che
gli
animali
pensino
e
formino
concetti
,
che
cosa
giustificherebbe
,
in
linea
di
congettura
,
l
'
ammettere
che
facciano
ciò
senza
espressioni
corrispondenti
?
L
'
analogia
con
l
'
uomo
,
la
conoscenza
dello
spirito
,
la
psicologia
umana
,
che
serve
di
strumento
a
tutte
le
congetture
di
psicologia
animale
,
costringerebbe
invece
a
supporre
che
,
se
in
qualche
modo
pensano
,
parlino
anche
in
qualche
modo
.
Dalla
psicologia
umana
,
anzi
letteraria
,
è
tolta
l
'
altra
obiezione
,
che
il
concetto
può
esistere
senza
la
parola
,
tanto
vero
che
ognuno
di
noi
ammette
e
conosce
libri
pensati
bene
e
scritti
male
:
un
pensiero
cioè
,
che
resta
pensiero
di
là
dall
'
espressione
o
nonostante
l
'
espressione
manchevole
.
Ma
,
quando
discorriamo
di
libri
pensati
bene
e
scritti
male
,
non
possiamo
intendere
altro
se
non
che
in
quei
libri
sono
parti
,
pagine
,
periodi
o
proposizioni
,
pensati
bene
e
scritti
bene
,
e
altri
,
fors
'
anche
i
meno
importanti
,
pensati
male
e
scritti
male
,
non
pensati
davvero
e
quindi
non
espressi
davvero
.
La
Scienza
nuova
del
Vico
,
dov
è
scritta
veramente
male
,
è
pensata
anche
male
.
Che
se
dai
grossi
volumi
passiamo
a
una
breve
proposizione
,
l
'
erroneità
o
l
inesattezza
di
quel
detto
salta
agli
occhi
.
Come
una
proposizione
potrebb
'
essere
pensata
chiaramente
e
scritta
confusamente
?
Ciò
che
soltanto
si
può
ammettere
è
,
che
talora
noi
abbiamo
pensieri
(
concetti
)
in
una
forma
intuitiva
,
la
quale
è
un
'
espressione
abbreviata
o
meglio
peculiare
,
bastevole
a
noi
,
ma
non
sufficiente
a
comunicarli
con
facilità
a
un
'
altra
persona
determinata
o
a
più
altre
persone
determinate
.
Onde
inesattamente
si
dice
che
abbiamo
il
pensiero
e
non
l
'
espressione
;
quando
propriamente
si
dovrebbe
dire
,
che
abbiamo
,
sì
,
l
'
espressione
,
ma
un
'
espressione
che
non
è
ancora
facilmente
comunicabile
.
Il
che
è
,
per
altro
,
un
fatto
assai
mutevole
e
relativo
:
vi
ha
sempre
chi
coglie
a
volo
il
nostro
pensiero
,
e
lo
preferisce
in
quella
forma
abbreviata
,
e
s
infastidirebbe
dell
'
altra
più
sviluppata
gradita
ad
altri
.
In
altri
termini
,
il
pensiero
,
logicamente
e
astrattamente
considerato
,
sarà
a
un
dipresso
il
medesimo
;
ma
esteticamente
si
tratta
di
due
intuizioni
o
espressioni
diverse
,
in
ciascuna
delle
quali
entrano
elementi
psichici
diversi
.
Lo
stesso
argomento
vale
a
distruggere
,
o
a
interpretare
rettamente
,
la
distinzione
affatto
empirica
tra
linguaggio
interno
e
linguaggio
esterno
.
Le
manifestazioni
più
alte
,
le
cime
da
lontano
risplendenti
della
conoscenza
intuitiva
e
della
conoscenza
intellettuale
si
dicono
,
come
già
sappiamo
,
Arte
e
Scienza
.
Arte
e
Scienza
sono
,
dunque
,
distinte
e
insieme
congiunte
:
coincidono
per
un
lato
,
ch
è
il
lato
estetico
.
Ogni
opera
di
scienza
è
insieme
opera
d
'
arte
.
Il
lato
estetico
potrà
restare
poco
avvertito
,
quando
la
nostra
mente
sia
tutta
presa
dallo
sforzo
d
intendere
il
pensiero
dello
scienziato
e
di
esaminarne
la
verità
.
Ma
non
resta
più
inavvertito
quando
dall
'
attività
dell
intendere
passiamo
a
quella
del
contemplare
,
e
vediamo
quel
pensiero
o
svolgercisi
dinanzi
limpido
,
netto
,
ben
contornato
,
senza
parole
superflue
,
senza
parole
inadeguate
,
con
ritmo
e
intonazione
appropriati
;
ovvero
confuso
,
rotto
,
impacciato
,
saltellante
.
E
grandi
pensatori
sono
ammirati
talvolta
grandi
scrittori
;
laddove
altri
pensatori
,
anch
'
essi
grandi
,
restano
scrittori
più
o
meno
frammentari
,
se
pure
i
loro
frammenti
valgano
opere
armoniche
,
coerenti
e
perfette
.
Ai
pensatori
e
agli
scienziati
si
perdona
l
'
essere
scrittori
mediocri
:
i
frammenti
,
le
fulgurazioni
ci
consolano
dell
intero
,
perché
è
ben
più
facile
dal
frammento
geniale
cavare
la
composizione
ben
ordinata
,
dalla
scintilla
sprigionare
la
fiamma
,
che
non
raggiungere
la
scoperta
geniale
.
Ma
come
perdonare
ai
puri
artisti
di
esser
dicitori
mediocri
?
«
Mediocribus
esse
poëtis
non
dii
,
non
homines
,
non
concessere
columnae
»
.
Al
poeta
,
al
pittore
,
cui
manchi
la
forma
,
manca
ogni
cosa
,
perché
manca
sé
stesso
.
La
materia
poetica
corre
negli
animi
di
tutti
:
solo
l
'
espressione
,
cioè
la
forma
,
fa
il
poeta
.
E
qui
si
trova
la
verità
della
tesi
che
nega
all
'
arte
qualsiasi
contenuto
,
intendendosi
per
contenuto
appunto
il
concetto
intellettuale
.
In
questo
senso
,
posto
contenuto
eguale
a
concetto
,
è
esattissimo
non
solo
che
l
'
arte
non
consiste
nel
contenuto
,
ma
elle
essa
non
ha
contenuto
.
Anche
la
distinzione
tra
poesia
e
prosa
non
può
inverarsi
se
non
in
questa
tra
arte
e
scienza
.
Fin
dall
'
antichità
fu
visto
che
quella
distinzione
non
poteva
fondarsi
sopra
elementi
esteriori
,
quali
il
ritmo
e
il
metro
,
la
forma
sciolta
e
la
legata
;
e
ch
'
era
invece
tutta
interna
.
La
poesia
è
il
linguaggio
del
sentimento
:
la
prosa
,
dell
intelletto
;
ma
poiché
l
intelletto
,
nella
sua
concretezza
e
realtà
,
è
anche
sentimento
,
ogni
prosa
ha
un
lato
di
poesia
.
Il
rapporto
tra
conoscenza
intuitiva
o
espressione
,
e
conoscenza
intellettuale
o
concetto
,
tra
arte
e
scienza
,
tra
poesia
e
prosa
,
non
si
può
significare
altrimenti
se
non
dicendo
ch
è
quello
di
un
doppio
grado
.
Il
primo
grado
è
l
'
espressione
,
il
secondo
il
concetto
:
l
'
uno
può
stare
senza
l
'
altro
,
ma
il
secondo
non
può
stare
senza
il
primo
.
Vi
è
poesia
senza
prosa
,
ma
non
prosa
senza
poesia
.
L
'
espressione
è
,
infatti
,
la
prima
affermazione
dell
'
attività
umana
.
La
poesia
è
la
lingua
materna
del
genere
umano
;
i
primi
uomini
furono
da
natura
sublimi
poeti
.
Il
che
viene
riconosciuto
anche
in
altro
modo
da
quanti
notano
che
il
passaggio
da
psiche
a
spirito
,
da
sensibilità
animale
ad
attività
umana
,
si
compie
per
mezzo
del
linguaggio
(
e
dovrebbero
dire
dell
'
intuizione
o
espressione
in
genere
)
.
Soltanto
ci
pare
poco
esatto
dire
,
come
si
usa
,
che
il
linguaggio
o
l
'
espressione
sia
l
'
anello
intermedio
tra
la
naturalità
e
l
'
umanità
,
quasi
un
misto
dell
'
una
e
dell
'
altra
.
Dove
appare
l
'
umanità
,
l
'
altra
è
già
sparita
;
l
'
uomo
che
si
esprime
esce
,
sì
,
immediatamente
,
dallo
stato
naturale
,
ma
ne
esce
;
non
vi
sta
mezzo
dentro
e
mezzo
fuori
,
come
indicherebbe
l
immagine
dell
'
anello
intermedio
.
Oltre
queste
due
forme
,
lo
spirito
conoscitivo
non
ne
ha
altre
.
Intuizione
e
concetto
lo
esauriscono
completamente
.
Nel
passare
dall
'
una
all
'
altro
e
nel
ripassare
dal
secondo
alla
prima
,
s
'
aggira
tutta
la
vita
teoretica
dell
'
uomo
.
Inesattamente
è
annoverata
come
terza
forma
teoretica
la
storicità
.
Questa
non
è
forma
,
ma
contenuto
:
come
forma
,
non
è
altro
che
intuizione
o
fatto
estetico
.
La
storia
non
ricerca
leggi
né
foggia
concetti
;
non
induce
né
deduce
;
è
diretta
ad
narrandum
,
non
ad
demonstrandum
;
non
costruisce
universali
e
astrazioni
,
ma
pone
intuizioni
.
Il
questo
qui
,
l
individuum
omnimode
determinatum
,
è
il
dominio
di
essa
,
com
è
il
dominio
dell
'
arte
.
La
storia
si
riduce
perciò
sotto
il
concetto
generale
dell
'
arte
.
Contro
questa
tesi
,
riuscendo
impossibile
escogitare
una
terza
forma
conoscitiva
,
si
sono
mosse
obiezioni
,
le
quali
menerebbero
ad
aggregare
la
storia
alla
conoscenza
intellettiva
o
scientifica
.
Obiezioni
animate
,
per
una
parte
,
dal
preconcetto
che
alla
storia
si
tolga
qualcosa
del
suo
valore
e
della
sua
dignità
col
negarle
carattere
di
scienza
(
naturale
)
;
e
,
per
l
'
altra
,
da
una
falsa
idea
dell
'
arte
,
concepita
non
come
forma
teoretica
essenziale
,
ma
come
un
divertimento
,
una
superfluità
,
una
frivolezza
.
Senza
riaprire
un
lungo
e
dibattuto
processo
,
che
per
nostro
conto
stimiamo
chiuso
,
accenneremo
qui
soltanto
a
un
sofisma
,
che
ha
avuto
fortuna
e
ancora
si
ripete
,
diretto
a
provare
l
indole
logica
e
scientifica
della
storia
.
Il
sofisma
consiste
nel
concedere
che
la
conoscenza
storica
abbia
per
oggetto
l
individuale
,
ma
non
la
rappresentazione
(
si
soggiunge
)
,
sì
bene
il
concetto
dell
individuale
;
donde
si
conclude
che
la
storia
sia
anch
'
essa
conoscenza
logica
o
scientifica
.
La
storia
,
insomma
,
elaborerebbe
il
concetto
di
un
personaggio
,
di
Carlo
Magno
o
di
Napoleone
,
di
un
'
epoca
,
del
Rinascimento
o
della
Riforma
,
di
un
avvenimento
,
della
Rivoluzione
francese
o
della
Unificazione
d
Italia
,
allo
stesso
modo
che
la
Geometria
elabora
i
concetti
delle
forme
spaziali
o
l
Estetica
quello
dell
'
espressione
.
Ma
di
tutto
ciò
non
e
è
nulla
:
la
storia
non
può
se
non
presentare
Napoleone
e
Carlo
Magno
,
il
Rinascimento
e
la
Riforma
,
la
Rivoluzione
Francese
e
l
Unificazione
italiana
,
fatti
individuali
,
nella
loro
fisionomia
individuale
,
cioè
proprio
nel
senso
in
cui
i
logici
dicono
che
dell
individuale
non
si
dà
concetto
ma
solo
rappresentazione
.
Il
cosiddetto
concetto
dell
individuale
è
sempre
concetto
universale
o
generale
;
ricco
di
note
,
ricchissimo
se
si
vuole
,
ma
,
per
ricco
che
sia
,
incapace
di
attingere
quell
individualità
che
la
conoscenza
storica
,
in
quanto
conoscenza
estetica
,
sola
attinge
.
Per
intendere
in
qual
modo
nell
àmbito
dell
'
arte
in
genere
la
conoscenza
storica
si
distingua
da
quella
artistica
in
senso
stretto
,
bisogna
ricordare
ciò
che
si
è
osservato
circa
il
carattere
ideale
dell
intuizione
o
prima
percezione
,
in
cui
tutto
è
reale
e
perciò
niente
è
reale
.
In
uno
stadio
ulteriore
,
lo
spirito
forma
i
concetti
d
'
esterno
e
d
interno
,
di
accaduto
e
di
desiderato
,
di
oggetto
e
di
soggetto
e
simili
,
ossia
distingue
l
intuizione
storica
dalla
non
storica
,
la
reale
dalla
irreale
,
la
fantastica
reale
dalla
fantastica
pura
.
Anche
i
fatti
interni
,
ciò
che
si
desidera
e
si
fantastica
,
i
castelli
in
aria
e
i
paesi
di
cuccagna
,
hanno
la
loro
realtà
;
anche
la
psiche
ha
la
sua
storia
.
Nella
biografia
di
un
individuo
entrano
come
fatti
reali
anche
le
sue
illusioni
.
Ma
la
storia
di
una
psiche
individuale
è
storia
,
perché
vi
opera
sempre
la
distinzione
tra
reale
e
irreale
,
anche
quando
il
reale
siano
le
illusioni
stesse
.
Senonché
,
nella
storia
,
codesti
concetti
distintivi
non
stanno
come
i
concetti
nella
scienza
,
ma
piuttosto
come
quelli
che
abbiamo
visto
sciogliersi
e
fondersi
nelle
intuizioni
estetiche
,
benché
,
nel
nuovo
caso
,
abbiano
un
rilievo
affatto
proprio
.
La
storia
non
costruisce
i
concetti
del
reale
e
dell
irreale
,
ma
li
adopera
;
la
storia
,
insomma
,
non
è
la
teoria
della
storia
.
Per
riconoscere
se
un
fatto
della
nostra
vita
fu
reale
o
immaginario
,
non
soccorre
la
mera
analisi
concettuale
:
bisogna
riprodurre
innanzi
alla
niente
nel
riodo
più
completo
le
intuizioni
,
quali
erano
nel
momento
in
cui
si
produssero
.
La
storicità
si
distingue
in
concreto
dalla
pura
fantasia
come
un
intuizione
qualsiasi
da
un
'
altra
intuizione
qualsiasi
:
nella
memoria
.
Dove
questa
non
giunge
,
dove
le
sfumature
delle
intuizioni
reali
e
delle
irreali
sono
così
lievi
e
sfuggenti
che
le
une
si
confondono
con
le
altre
,
o
bisogna
rinunziare
,
almeno
provvisoriamente
,
a
sapere
ciò
che
in
realtà
accadde
(
rinunzia
che
facciamo
spesso
)
,
o
conviene
ricorrere
alla
congettura
,
alla
verisimiglianza
,
alla
probabilità
.
Il
principio
di
verisimiglianza
e
di
probabilità
domina
,
infatti
,
tutta
la
critica
storica
.
L
'
esame
delle
fonti
e
delle
autorità
è
diretto
a
stabilire
le
testimonianze
più
credibili
.
E
quali
sono
le
testimonianze
più
credibili
se
non
quelle
appunto
dei
migliori
osservatori
,
ossia
dei
migliori
ricordatori
,
e
che
(
ciò
s
intende
)
non
abbiano
avuto
animo
e
interesse
a
falsificare
la
verità
delle
cose
?
Onde
accade
che
lo
scettico
intellettualista
ha
buon
gioco
quando
si
fa
a
negare
la
certezza
di
qualunque
storia
;
ché
la
certezza
della
storia
è
diversa
da
quella
della
scienza
.
È
la
certezza
del
ricordo
e
dell
'
autorità
,
non
dell
'
analisi
e
della
dimostrazione
.
Chi
parla
d
induzione
,
di
dimostrazione
storica
e
simili
,
fa
uso
metaforico
di
queste
parole
,
le
quali
nella
storia
assumono
senso
affatto
diverso
da
quello
che
hanno
nelle
scienze
.
La
convinzione
dello
storico
è
la
convinzione
indimostrabile
del
giurato
,
che
ha
ascoltato
i
testimoni
,
seguito
attentamente
il
processo
,
e
pregato
il
cielo
d
ispirarlo
.
Sbaglia
,
senza
dubbio
,
alle
volte
;
ma
gli
sbagli
rappresentano
una
trascurabile
minoranza
di
fronte
ai
casi
in
cui
si
coglie
il
vero
.
E
perciò
il
buon
senso
ha
ragione
contro
gl
intellettualisti
nel
credere
alla
storia
,
la
quale
non
è
già
favola
convenuta
,
ma
ciò
che
l
individuo
e
l
'
umanità
ricordano
del
loro
passato
.
Ricordo
dove
oscuro
,
dove
chiarissimo
;
ricordo
che
con
industri
sforzi
si
procura
di
allargare
e
rendere
esatto
il
meglio
possibile
;
ma
tale
che
non
se
ne
può
far
di
meno
e
che
,
preso
nel
tutt
insieme
,
è
ricco
di
verità
.
Solo
per
gusto
di
paradossi
si
potrà
dubitare
che
sia
mai
esistita
una
Grecia
e
una
Roma
,
un
Alessandro
e
un
Cesare
,
un
Europa
feudale
e
una
serie
di
rivoluzioni
che
l
'
abbatterono
;
che
il
l
°
novembre
l5l7
si
videro
affisse
le
tesi
di
Lutero
alla
porta
della
chiesa
di
Vittemberga
,
o
che
il
l4
luglio
l789
fu
presa
dal
popolo
di
Parigi
la
Bastiglia
.
Che
ragione
rendi
tu
di
tutto
questo
?
,
domanda
ironicamente
il
sofista
.
L
'
umanità
risponde
:
Io
ricordo
.
Il
mondo
dell
'
accaduto
,
del
concreto
,
dello
storico
,
è
ciò
che
si
chiama
il
mondo
della
realtà
e
della
natura
,
comprendente
così
la
realtà
che
si
dice
fisica
come
quella
che
si
dice
spirituale
ed
umana
.
Tutto
questo
mondo
è
intuizione
;
intuizione
storica
,
se
lo
presenta
qual
esso
è
realisticamente
;
intuizione
fantastica
o
artistica
in
senso
stretto
,
se
lo
presenta
sotto
l
'
aspetto
del
possibile
,
ossia
dell
immaginabile
.
La
scienza
,
la
vera
scienza
,
che
non
è
intuizione
ma
concetto
,
non
individualità
ma
universalità
,
non
può
essere
se
non
scienza
dello
spirito
,
ossia
di
ciò
che
la
realtà
ha
di
universale
:
Filosofia
.
Se
,
fuori
di
questa
,
si
parla
di
scienze
naturali
,
bisogna
notare
che
codeste
sono
scienze
improprie
,
cioè
complessi
di
conoscenze
,
arbitrariamente
astratte
e
fissate
.
Le
cosiddette
scienze
naturali
,
infatti
,
riconoscono
esse
medesime
di
essere
sempre
circondate
da
limiti
:
limiti
i
quali
non
sono
poi
altro
che
dati
storici
e
intuitivi
.
Esse
calcolano
,
misurano
,
pongono
eguaglianze
,
stabiliscono
regolarità
,
foggiano
classi
e
tipi
,
formolano
leggi
,
mostrano
a
loro
modo
come
un
fatto
nasca
da
altri
fatti
;
ma
tutti
i
loro
progressi
urtano
sempre
in
fatti
che
sono
appresi
intuitivamente
e
storicamente
.
Perfino
la
geometria
afferma
ora
di
riposare
tutta
su
ipotesi
,
non
essendo
lo
spazio
tridimensionale
o
euclideo
se
non
uno
degli
spazi
possibili
,
che
si
studia
di
preferenza
perché
riesce
più
comodo
.
Ciò
che
di
vero
è
nelle
scienze
naturali
,
è
o
filosofia
o
fatto
storico
;
ciò
che
vi
è
di
propriamente
naturalistico
,
è
astrazione
e
arbitrio
.
Allorché
le
discipline
naturali
vogliono
costituirsi
in
scienze
perfette
,
debbono
saltare
fuori
dalla
loro
cerchia
e
passare
alla
filosofia
:
il
che
fanno
quando
pongono
i
concetti
,
tutt
'
altro
che
naturalistici
,
di
atomo
inesteso
,
di
etere
o
vibrante
,
di
forza
vitale
,
di
spazio
non
intuibile
,
e
simili
:
veri
e
propri
conati
filosofici
,
quando
non
siano
parole
vuote
di
senso
.
I
concetti
naturalistici
sono
,
senza
dubbio
,
molto
utili
;
ma
non
si
può
da
essi
cavare
quel
sistema
,
ch
è
solo
dello
spirito
.
Questi
dati
storici
e
intuitivi
,
ineliminabili
dalle
discipline
naturali
,
spiegano
,
inoltre
,
non
solo
come
,
col
progresso
del
sapere
,
discenda
via
via
al
grado
di
credenze
mitologiche
e
illusioni
fantastiche
ciò
che
un
tempo
era
considerato
verità
,
ma
anche
come
tra
i
naturalisti
si
trovino
di
quelli
che
chiamano
fatti
mitici
,
espedienti
verbali
,
convenzioni
tutto
ciò
che
nelle
loro
discipline
è
come
il
fondamento
di
ogni
ragionamento
.
E
i
naturalisti
e
matematici
che
,
impreparati
,
si
affacciano
allo
studio
delle
energie
dello
spirito
,
facilmente
vi
trasportano
siffatte
abitudini
mentali
,
e
parlano
,
in
filosofia
,
di
convenzioni
che
sono
così
o
così
,
come
l
'
uom
se
l
'
arreca
:
convenzioni
la
verità
e
la
moralità
,
convenzione
suprema
lo
Spirito
stesso
!
Eppure
,
perché
si
abbiano
convenzioni
,
è
necessario
che
esista
qualcosa
su
cui
non
si
conviene
,
ma
che
sia
l
'
agente
stesso
della
convenzione
:
l
'
attività
spirituale
dell
'
uomo
.
La
limitatezza
delle
scienze
naturali
postula
l
illimitatezza
della
filosofia
.
Resta
fermo
per
queste
spiegazioni
che
due
sono
le
forme
pure
o
fondamentali
della
conoscenza
:
l
intuizione
e
il
concetto
;
l
'
Arte
,
e
la
Scienza
o
Filosofia
;
risolvendo
in
esse
la
Storia
,
la
quale
è
come
la
risultante
della
intuizione
messa
a
contatto
col
concetto
,
cioè
dell
'
arte
che
,
nel
ricevere
in
sé
le
distinzioni
filosofiche
,
resta
tuttavia
concretezza
e
individualità
.
Tutte
le
altre
(
scienze
naturali
e
matematiche
)
sono
forme
impure
:
miste
di
elementi
estranei
e
d
'
origine
pratica
.
L
intuizione
ci
dà
il
mondo
,
il
fenomeno
;
il
concetto
ci
dà
il
noumeno
,
lo
Spirito
.
IV
.
ISTORISMO
E
INTELLETTUALISMO
NELL
ESTETICA
.
Questi
rapporti
nettamente
stabiliti
tra
la
conoscenza
intuitiva
o
estetica
e
le
altre
forme
fondamentali
o
derivate
di
conoscenza
ci
mettono
in
grado
di
scorgere
dove
sia
l
'
errore
di
una
serie
di
teorie
che
si
sono
presentate
o
si
sogliono
presentare
come
teorie
di
Estetica
.
Dalla
confutazione
tra
le
esigenze
dell
'
arte
in
genere
e
quelle
particolari
della
storia
è
nata
la
teoria
(
che
ora
ha
perduto
terreno
,
ma
ch
è
stata
dominante
nel
passato
)
del
verisimile
come
oggetto
dell
'
arte
.
Senza
dubbio
,
come
accade
di
solito
nell
'
uso
di
proposizioni
erronee
,
l
intenzione
che
portava
a
parlare
di
verisimile
era
spesse
volte
molto
più
sana
che
non
appaia
dalla
definizione
che
si
dava
della
parola
.
Per
verisimiglianza
si
voleva
intendere
,
in
fondo
,
la
coerenza
artistica
della
rappresentazione
,
cioè
la
pienezza
e
l
'
efficacia
,
l
'
effettiva
presenza
di
questa
.
Chi
si
faccia
a
tradurre
verisimile
con
coerente
troverà
spesso
un
senso
assai
giusto
nelle
discussioni
,
negli
esempi
e
nei
giudizi
dei
critici
presso
i
quali
quella
parola
ricorre
.
Un
personaggio
inverisimile
,
un
finale
inverisimile
di
commedia
sono
,
in
realtà
,
personaggi
mal
disegnati
,
finali
appiccicati
,
fatti
artisticamente
immotivati
:
anche
le
fate
e
i
folletti
(
si
è
detto
con
ragione
)
debbono
avere
verisimiglianza
,
cioè
essere
fate
e
folletti
per
davvero
,
intuizioni
artistiche
coerenti
.
Invece
di
verisimile
è
stato
usato
talora
il
vocabolo
possibile
,
il
quale
,
come
abbiamo
notato
di
passaggio
,
è
sinonimo
di
intuibile
o
immaginabile
:
tutto
ciò
che
s
immagina
davvero
,
ossia
coerentemente
,
è
possibile
.
Ma
altra
volta
,
e
da
non
pochi
critici
e
trattatisti
,
per
verisimile
si
è
inteso
il
carattere
di
credibilità
storica
,
cioè
quella
verità
storica
che
non
è
dimostrabile
ma
congetturabile
,
non
vera
ma
verisimile
;
e
si
è
voluto
imporre
il
medesimo
carattere
all
'
arte
.
Chi
non
ricorda
nella
storia
della
letteratura
la
gran
parte
che
hanno
avuto
le
censure
del
verisimile
,
per
esempio
della
Gerusalemme
,
condotte
in
base
alla
storia
delle
Crociate
,
o
dei
poemi
omerici
,
in
base
al
costume
verisimile
degl
imperatori
e
dei
re
?
Altra
volta
ancora
si
è
richiesta
dall
'
arte
la
riproduzione
della
realtà
naturale
ossia
storicamente
esistente
;
ed
è
questo
un
altro
dei
significati
erronei
che
assume
la
dottrina
dell
'
imitazione
della
natura
.
Il
verismo
e
il
naturalismo
hanno
dato
poi
l
'
esempio
di
una
confusione
del
fatto
estetico
perfino
coi
procedimenti
delle
scienze
naturali
,
col
vagheggiare
non
sappiamo
quale
dramma
o
romanzo
che
sarebbe
dovuto
essere
,
non
solo
di
osservazione
,
ma
,
nientemeno
,
sperimentale
.
Molto
più
frequenti
le
confusioni
tra
il
procedere
dell
'
arte
e
quello
delle
scienze
filosofiche
.
Così
si
è
considerato
come
proprio
dell
'
arte
esporre
concetti
,
unire
un
intelligibile
a
un
sensibile
,
rappresentare
le
idee
o
gli
universali
;
e
si
è
scambiata
per
tal
modo
l
'
arte
con
la
scienza
,
ossia
l
'
attività
artistica
in
genere
col
caso
particolare
in
cui
diventa
estetico
-
logica
.
Al
medesimo
errore
si
riduce
la
teoria
dell
'
arte
come
propugnatrice
di
tesi
,
consistente
cioè
in
una
rappresentazione
individuale
che
esemplifichi
leggi
scientifiche
.
L
'
esempio
,
in
quanto
è
esempio
,
sta
per
la
cosa
esemplificata
;
ed
appartiene
dunque
ai
modi
di
trattazione
scientifica
,
siano
pure
di
carattere
popolare
o
divulgativo
.
Si
dica
lo
stesso
della
teoria
estetica
del
tipico
,
quando
per
tipo
s
intende
appunto
,
come
si
suole
,
l
'
astrazione
o
il
concetto
,
e
si
afferma
che
l
'
arte
deve
far
risplendere
nell
individuo
la
specie
.
Che
se
poi
per
tipico
s
intende
l
individuale
,
anche
qui
si
fa
una
semplice
variazione
di
parole
.
Tipeggiare
importerà
,
in
questo
caso
,
caratterizzare
,
ossia
determinare
e
rappresentare
l
individuale
.
Don
Chisciotte
è
un
tipo
;
ma
di
che
è
tipo
se
non
di
tutti
i
Don
Chisciotte
?
tipo
,
per
così
dire
,
di
sé
medesimo
?
Di
concetti
astratti
,
come
della
perdita
del
senso
del
reale
,
o
dell
'
amore
della
gloria
,
no
,
di
certo
:
sotto
cotesti
concetti
si
possono
pensare
infiniti
personaggi
,
che
non
sono
Don
Chisciotte
.
In
altri
termini
,
nell
'
espressione
di
un
poeta
(
per
esempio
,
in
un
personaggio
poetico
)
noi
troviamo
le
nostre
medesime
impressioni
pienamente
determinate
e
inverate
;
e
diciamo
tipica
quell
'
espressione
,
che
potremmo
dire
semplicemente
estetica
.
Così
anche
si
è
parlato
di
universali
poetici
o
artistici
:
con
le
quali
parole
talvolta
si
ripeteva
la
richiesta
del
tipico
in
arte
,
ma
tal
'
altra
s
intendeva
dare
risalto
al
carattere
spirituale
e
ideale
dell
'
opera
artistica
,
che
gli
imitazionisti
,
realisti
e
veristi
ignoravano
o
negavano
.
Continuando
a
correggere
questi
errori
o
a
schiarire
gli
equivoci
,
noteremo
che
altresì
è
stato
considerato
essenza
dell
'
arte
il
simbolo
.
Ma
se
il
simbolo
è
concepito
come
inseparabile
dall
intuizione
artistica
,
è
sinonimo
dell
intuizione
stessa
,
che
ha
sempre
carattere
ideale
;
non
v
è
nell
'
arte
un
doppio
fondo
,
ma
un
fondo
solo
,
e
tutto
in
essa
è
simbolico
perché
tutto
è
ideale
.
Che
se
poi
il
simbolo
è
concepito
separabile
,
se
da
un
lato
si
può
esprimere
il
simbolo
e
dall
'
altro
la
cosa
simboleggiata
,
si
ricade
nell
'
errore
intellettualistico
:
quel
preteso
simbolo
è
l
'
esposizione
di
un
concetto
astratto
,
è
un
'
allegoria
,
è
scienza
,
o
arte
che
scimmiotta
la
scienza
.
Ma
bisogna
essere
giusti
anche
verso
l
'
allegorico
e
notare
che
in
certi
casi
esso
riesce
cosa
affatto
innocua
.
Posta
la
Gerusalemme
liberata
,
se
n
è
poi
escogitata
l
'
allegoria
;
posto
l
'
Adone
del
Marino
,
il
poeta
della
lascivia
insinuò
poi
ch
'
esso
fosse
vòlto
a
mostrare
come
smoderato
piacer
termina
in
doglia
;
posta
una
statua
di
bella
donna
,
lo
scultore
può
appiccarvi
un
cartello
per
dire
che
la
sua
statua
rappresenta
la
Clemenza
o
la
Bontà
.
Quest
'
allegoria
,
che
giunge
post
festum
,
a
opera
compiuta
,
non
altera
l
'
opera
d
'
arte
.
E
che
cosa
è
allora
?
un
'
espressione
aggiunta
estrinsecamente
a
un
'
altra
espressione
.
Al
poema
della
Gerusalemme
si
aggiunge
una
paginetta
di
prosa
,
che
esprime
un
altro
pensiero
del
poeta
;
all
'
Adone
,
un
verso
o
una
strofe
,
che
esprime
ciò
che
il
poeta
vorrebbe
dare
a
intendere
a
una
parte
del
suo
pubblico
;
alla
statua
,
nient
'
altro
che
una
parola
:
clemenza
o
bontà
.
Ma
il
trionfo
più
cospicuo
dell
'
errore
intellettualistico
è
nella
dottrina
dei
generi
artistici
e
letterari
,
che
ancora
corre
nei
trattati
e
perturba
i
critici
e
gli
storici
dell
'
arte
.
Vediamone
la
genesi
.
Lo
spirito
umano
può
passare
dall
'
estetico
al
logico
,
appunto
perché
quello
è
un
primo
grado
rispetto
a
questo
;
distruggere
le
espressioni
,
ossia
il
pensamento
dell
individuale
,
col
pensamento
dell
'
universale
;
sciogliere
i
fatti
espressivi
in
rapporti
logici
.
Che
questa
operazione
si
concreti
a
sua
volta
in
un
'
espressione
,
abbiamo
già
mostrato
;
ma
ciò
non
vuol
dire
che
le
prime
espressioni
non
siano
state
distrutte
:
esse
hanno
ceduto
il
luogo
alle
nuove
espressioni
estetico
-
logiche
.
Quando
si
è
sul
secondo
gradino
,
il
primo
è
abbandonato
.
Chi
entri
in
una
galleria
di
quadri
,
o
chi
prenda
a
leggere
una
serie
di
poemi
,
può
,
dopo
aver
guardato
e
letto
,
procedere
oltre
a
indagare
la
natura
e
le
relazioni
delle
cose
in
essi
espresse
.
Così
quei
quadri
e
quei
componimenti
,
di
cui
ciascuno
è
un
individuo
logicamente
ineffabile
,
gli
si
vanno
risolvendo
in
universali
ed
astrazioni
,
come
costumi
,
paesaggi
,
ritratti
,
vita
domestica
,
battaglie
,
animali
,
fiori
,
frutti
,
marine
,
campagne
,
laghi
,
deserti
,
fatti
tragici
,
comici
,
pietosi
,
crudeli
,
lirici
,
epici
,
drammatici
,
cavallereschi
,
idillici
,
e
simili
;
spesso
anche
in
categorie
meramente
quantitative
,
come
quadretto
,
quadro
,
statuina
,
gruppo
,
madrigale
,
canzone
,
sonetto
,
collana
di
sonetti
,
poesia
,
poema
,
novella
,
romanzo
,
e
simili
.
Quando
noi
pensiamo
il
concetto
vita
domestica
,
o
cavalleria
,
o
idillio
,
o
crudeltà
,
o
uno
qualsiasi
dei
ricordati
concetti
quantitativi
,
il
fatto
espressivo
individuale
,
dal
quale
si
erano
prese
le
mosse
,
è
stato
abbandonato
.
Da
uomini
estetici
ci
siamo
mutati
in
uomini
logici
;
da
contemplatori
di
espressioni
,
in
raziocinatori
.
E
a
tal
procedere
,
di
certo
,
non
e
è
nulla
da
obiettare
.
Come
altrimenti
nascerebbe
la
scienza
,
la
quale
,
se
ha
per
presupposto
le
espressioni
estetiche
,
ha
per
proprio
fine
l
'
andar
oltre
di
quelle
?
La
forma
logica
o
scientifica
,
in
quanto
tale
,
esclude
la
forma
estetica
.
Chi
si
fa
a
pensare
scientificamente
,
ha
già
cessato
di
contemplare
esteticamente
;
benché
il
suo
pensamento
prenda
di
necessità
a
sua
volta
(
come
si
è
detto
e
sarebbe
superfluo
ripetere
)
forma
estetica
.
L
'
errore
comincia
quando
dal
concetto
si
vuol
dedurre
l
'
espressione
e
nel
fatto
sostituente
ritrovare
le
leggi
del
fatto
sostituito
;
quando
non
si
vede
il
distacco
tra
il
secondo
gradino
e
il
primo
,
e
di
conseguenza
,
stando
sul
secondo
,
si
asserisce
di
stare
sul
primo
.
Questo
errore
prende
il
nome
di
teoria
dei
generi
artistici
e
letterari
.
Qual
è
la
forma
estetica
della
vita
domestica
,
della
cavalleria
,
dell
idillio
,
della
crudeltà
,
e
così
via
?
come
debbono
essere
rappresentati
questi
contenuti
?
Tale
,
denudato
e
ridotto
alla
più
semplice
formola
,
è
il
problema
assurdo
,
che
la
dottrina
dei
generi
artistici
e
letterari
si
propone
,
e
in
ciò
consiste
qualsiasi
richiesta
di
leggi
o
regole
di
generi
.
Vita
domestica
,
cavalleria
,
idillio
,
crudeltà
e
simili
non
sono
impressioni
,
ma
concetti
;
non
contenuti
,
ma
forme
logico
-
estetiche
.
La
forma
non
si
può
esprimere
,
perché
è
già
essa
stessa
espressione
.
O
che
cosa
sono
le
parole
crudeltà
,
idillio
,
cavalleria
,
vita
domestica
e
via
enumerando
,
se
non
le
espressioni
di
quei
concetti
?
Anche
le
più
raffinate
di
tali
distinzioni
,
anche
quelle
che
hanno
aspetto
più
filosofico
,
non
reggono
alla
critica
;
come
quando
si
distinguono
le
opere
d
'
arte
in
genere
soggettivo
e
genere
oggettivo
,
in
lirica
ed
epica
,
in
opere
di
sentimento
e
opere
di
figurazione
;
essendo
impossibile
staccare
,
in
analisi
estetica
,
il
lato
soggettivo
dall
'
oggettivo
,
il
lirico
dall
'
epico
,
l
immagine
del
sentimento
da
quella
delle
cose
.
Dalla
dottrina
dei
generi
artistici
e
letterari
derivano
quelle
fogge
erronee
di
giudizio
e
di
critica
,
mercé
le
quali
innanzi
a
un
'
opera
d
'
arte
,
invece
di
determinare
se
sia
espressiva
e
che
cosa
esprima
,
se
parli
o
balbetti
o
taccia
addirittura
,
si
domanda
:
È
essa
conforme
alle
leggi
del
poema
epico
o
a
quelle
della
tragedia
?
alle
leggi
della
pittura
storica
o
a
quelle
del
paesaggio
?
Gli
artisti
,
per
altro
,
quantunque
a
parole
o
con
finte
ubbidienze
abbiano
mostrato
di
accettarle
,
in
realtà
hanno
fatto
sempre
le
fiche
a
coteste
leggi
dei
generi
.
Ogni
vera
opera
d
'
arte
ha
violato
un
genere
stabilito
,
venendo
così
a
scompigliare
le
idee
dei
critici
,
i
quali
sono
stati
costretti
ad
allargare
il
genere
,
senza
poter
impedire
per
altro
che
anche
il
genere
così
allargato
non
sembri
poi
troppo
stretto
a
causa
del
sorgere
di
nuove
opere
d
'
arte
,
seguite
,
com
è
naturale
,
da
nuovi
scandali
,
nuovi
scompigli
,
e
nuovi
allargamenti
.
Dalla
medesima
teoria
vengono
i
pregiudizi
poi
quali
un
tempo
(
ma
è
veramente
un
passato
?
)
si
lamentava
che
l
Italia
non
avesse
la
tragedia
(
finché
non
sorse
chi
le
dette
quel
serto
,
che
unico
mancava
al
crine
glorioso
di
lei
)
,
né
la
Francia
il
poema
epico
(
fino
alla
Henriade
,
che
acquetò
le
bramose
canne
dei
critici
)
.
E
connessi
con
tali
pregiudizi
sono
gli
elogi
agl
inventori
dei
nuovi
generi
;
tanto
che
parve
gran
cosa
che
si
fosse
inventato
nel
seicento
il
poema
eroicomico
,
e
si
contese
sull
'
onore
dell
invenzione
,
quasi
si
trattasse
della
scoperta
dell
'
America
,
quantunque
le
opere
decorate
con
quel
nome
(
la
Secchia
rapita
,
lo
Scherno
degli
Dei
)
fossero
opere
nate
morte
,
perché
i
loro
autori
(
piccolo
inconveniente
)
non
avevano
nulla
di
proprio
e
di
nuovo
da
dire
.
I
mediocri
si
stillavano
il
cervello
a
inventare
artificialmente
nuovi
generi
:
all
'
egloga
pastorale
fu
aggiunta
l
'
egloga
piscatoria
e
poi
,
perfino
,
l
'
egloga
militare
:
l
'
Aminta
fu
bagnato
e
divenne
l
'
Alceo
,
dramma
marinaresco
.
Affascinati
,
infine
,
da
questa
idea
dei
generi
,
si
sono
visti
storici
della
letteratura
e
dell
'
arte
pretendere
di
fare
la
storia
non
delle
singole
ed
effettive
opere
letterarie
e
artistiche
,
ma
di
quelle
vuote
fantasime
che
sono
i
loro
generi
,
e
ritrarre
,
invece
dell
'
evoluzione
dello
spirito
artistico
,
l
'
evoluzione
dei
generi
.
La
condanna
filosofica
dei
generi
artistici
e
letterari
è
la
dimostrazione
e
formolazione
rigorosa
di
ciò
che
l
'
attività
artistica
ha
sempre
operato
e
il
buon
gusto
sempre
riconosciuto
.
Che
cosa
farci
se
il
buon
gusto
e
il
fatto
reale
,
messi
in
formole
,
assumono
,
a
volte
,
l
'
aspetto
di
paradossi
?
Chi
poi
discorre
di
tragedie
,
commedie
,
drammi
,
romanzi
,
quadri
di
genere
,
quadri
di
battaglie
,
paesaggi
,
marine
,
poemi
,
poemetti
,
liriche
e
così
via
,
tanto
per
farsi
intendere
accennando
alla
buona
e
approssimativamente
ad
alcuni
gruppi
di
opere
sui
quali
vuole
,
per
una
ragione
o
per
un
'
altra
,
richiamare
l
'
attenzione
,
certo
non
dice
nulla
di
scientificamente
erroneo
,
perché
egli
adopera
vocaboli
e
frasi
,
non
stabilisce
definizioni
e
leggi
.
L
'
errore
si
ha
solamente
quando
al
vocabolo
si
dia
peso
di
distinzione
scientifica
;
quando
,
insomma
,
si
vada
ingenuamente
a
cadere
nei
tranelli
che
quella
fraseologia
suole
tendere
.
Ci
si
conceda
un
paragone
.
In
una
biblioteca
occorre
pure
ordinare
in
qualche
modo
i
volumi
;
il
che
si
faceva
in
passato
,
per
lo
più
,
mediante
una
grossolana
classificazione
per
materie
(
in
cui
non
mancavano
le
categorie
delle
miscellanee
e
degli
extravaganti
)
,
e
ora
,
di
solito
,
per
serie
di
editori
o
per
formati
.
Chi
potrebbe
negare
l
'
utilità
e
la
necessità
di
cotesti
aggruppamenti
?
Ma
che
cosa
si
direbbe
se
alcuno
si
mettesse
a
indagare
sul
serio
le
leggi
letterarie
delle
miscellanee
o
degli
extravaganti
,
della
collezione
aldina
o
della
bodoniana
,
del
pluteo
A
o
del
pluteo
B
,
cioè
di
quegli
aggruppamenti
affatto
arbitrari
e
rispondenti
a
un
semplice
bisogno
pratico
di
comodo
?
Eppure
,
chi
si
desse
a
questa
impresa
risibile
,
farebbe
né
più
né
meno
di
quel
che
fanno
con
ogni
serietà
gl
indagatori
delle
leggi
estetiche
,
che
dovrebbero
governare
,
a
detta
loro
,
i
generi
artistici
e
letterari
.
V
.
ERRORI
ANALOGHI
NELLA
ISTORICA
E
NELLA
LOGICA
.
Per
meglio
ribadire
le
critiche
ora
svolte
,
sarà
opportuno
gettare
un
rapido
sguardo
sugli
errori
inversi
e
analoghi
,
nascenti
dall
ignoranza
circa
l
indole
propria
dell
'
arte
e
circa
la
situazione
di
essa
rispetto
alla
storia
e
alla
scienza
;
i
quali
errori
hanno
danneggiato
così
la
teoria
della
storia
come
quella
della
scienza
,
così
la
Istorica
(
o
Storiologia
)
come
la
Logica
.
L
intellettualismo
storico
ha
aperto
la
strada
alle
tante
ricerche
che
si
sono
fatte
,
specie
da
due
secoli
in
qua
,
e
che
si
vanno
ritentando
tuttogiorno
di
una
filosofia
della
storia
,
di
una
storia
ideale
,
di
una
sociologia
,
di
una
psicologia
storica
,
o
come
altro
variamente
si
atteggi
e
intitoli
una
scienza
che
si
prefigga
di
estrarre
leggi
e
concetti
universali
dalla
storia
.
Di
quale
sorta
debbono
essere
queste
leggi
e
questi
universali
?
Leggi
storiche
e
concetti
storici
?
In
tal
caso
,
basta
un
'
elementare
critica
della
conoscenza
a
mostrare
l
'
assurdo
della
richiesta
.
Una
legge
storica
,
un
concetto
storico
(
quando
tali
parole
non
siano
semplici
metafore
e
usi
linguistici
)
sono
vere
contradizioni
in
termini
:
l
'
aggettivo
ripugna
al
sostantivo
non
meno
che
nelle
espressioni
quantità
qualitativa
o
monismo
pluralistico
.
La
storia
importa
concretezza
e
individualità
;
la
legge
e
il
concetto
,
astrattezza
e
universalità
.
Che
se
poi
si
abbandoni
la
pretesa
di
cavare
dalla
storia
leggi
e
concetti
storici
e
si
voglia
invece
restringere
la
richiesta
a
leggi
e
concetti
senz
'
alcun
aggettivo
,
non
si
dice
,
di
certo
,
cosa
vuota
,
ma
la
scienza
che
si
otterrà
sarà
,
non
una
filosofia
della
storia
,
sì
bene
,
secondo
i
casi
,
o
la
filosofia
nella
sua
unità
e
nelle
sue
varie
specificazioni
(
Etica
,
Logica
,
ecc
.
)
,
o
la
scienza
empirica
nelle
sue
infinite
divisioni
e
suddivisioni
.
Infatti
,
o
si
ricercano
quei
concetti
filosofici
,
che
,
come
si
è
accennato
,
sono
nel
fondo
di
ogni
costruzione
storica
e
differenziano
la
percezione
dall
intuizione
,
l
intuizione
storica
dall
intuizione
pura
,
la
storia
dall
'
arte
;
o
si
raccolgono
le
intuizioni
storiche
formate
e
si
riducono
a
tipi
e
classi
,
ch
è
per
l
'
appunto
il
metodo
delle
scienze
naturali
.
Dell
involucro
fallace
,
della
veste
disadatta
di
una
Filosofia
della
storia
si
sono
coperti
talvolta
grandi
pensatori
,
i
quali
,
nonostante
quell
'
involucro
,
hanno
ritrovato
verità
filosofiche
di
somma
importanza
;
sicché
,
caduto
poi
l
'
involucro
,
la
verità
è
restata
.
E
il
carico
da
farsi
ai
sociologi
moderni
non
è
tanto
dell
illusione
in
cui
si
avvolgono
asserendo
un
'
impossibile
scienza
filosofica
della
sociologia
,
quanto
dell
infecondità
che
accompagna
quasi
costantemente
questa
loro
illusione
.
Poco
male
che
l
Estetica
venga
chiamata
Estetica
sociologica
,
o
la
Logica
,
Logica
sociologica
.
Il
male
grave
è
che
quell
Estetica
è
un
vecchiume
sensualistico
,
e
che
quella
Logica
è
verbale
e
incoerente
.
Ma
due
effetti
buoni
si
sono
avuti
,
rispetto
alla
storia
,
dal
movimento
filosofico
a
cui
abbiamo
accennato
.
Si
è
acuito
,
anzitutto
,
il
bisogno
di
costruire
una
teoria
della
storiografia
,
ossia
d
'
intendere
la
natura
e
i
limiti
della
storia
:
teoria
che
,
in
conformità
dell
'
analisi
fatta
di
sopra
,
non
può
trovare
soddisfacimento
se
non
in
una
scienza
generale
della
intuizione
,
in
un
Estetica
,
dalla
quale
si
stacchi
,
per
l
interposta
funzione
degli
universali
,
quasi
capitolo
speciale
,
l
Istorica
.
Inoltre
,
sotto
l
involucro
falso
e
presuntuoso
di
una
Filosofia
della
storia
,
si
sono
affermate
spesso
verità
particolari
intorno
a
particolari
avvenimenti
storici
,
e
formolati
canoni
e
ammonimenti
,
empirici
senza
dubbio
,
ma
non
inutili
ai
ricercatori
e
ai
critici
.
Questa
utilità
non
pare
possa
negarsi
neppure
alla
più
recente
delle
filosofie
della
storia
,
al
cosiddetto
materialismo
storico
,
il
quale
ha
gettato
luce
assai
viva
su
molti
aspetti
della
vita
sociale
prima
poco
osservati
o
malamente
compresi
.
Un
'
invasione
della
storicità
nella
scienza
o
filosofia
è
il
principio
di
autorità
,
l
'
ipse
dixit
,
che
ha
infierito
nelle
scuole
,
e
che
sostituisce
alla
introspezione
e
analisi
filosofica
quella
testimonianza
,
quel
documento
,
quell
'
affermazione
autorevole
,
di
cui
certo
non
può
fare
di
meno
la
storia
.
Ma
i
più
gravi
turbamenti
ed
errori
cagionati
dal
confuso
concetto
del
fatto
estetico
li
ha
sofferti
la
scienza
del
pensiero
e
della
conoscenza
intellettiva
,
la
Logica
.
E
come
poteva
accadere
altrimenti
,
se
l
'
attività
logica
viene
dopo
quella
estetica
e
l
implica
in
sé
?
Un
Estetica
inesatta
doveva
tirarsi
dietro
di
necessità
una
Logica
inesatta
.
Chi
apra
i
trattati
di
Logica
,
dall
'
Organo
aristotelico
fino
ai
moderni
,
deve
convenire
che
in
essi
tutti
si
trova
un
guazzabuglio
di
fatti
verbali
e
di
fatti
di
pensiero
,
di
forme
grammaticali
e
di
forme
concettuali
,
di
Estetica
e
di
Logica
.
Non
che
siano
mancati
tentativi
per
trarsi
fuori
dall
'
espressione
verbale
e
cogliere
il
pensiero
nella
sua
genuina
natura
.
La
stessa
Logica
aristotelica
non
diventò
mera
sillogistica
e
verbalismo
senza
qualche
titubanza
e
oscillazione
;
nel
medio
evo
,
le
dispute
dei
nominalisti
,
realisti
e
concettualisti
toccarono
di
frequente
il
problema
propriamente
logico
;
le
scienze
naturali
moderne
col
Galilei
e
col
Bacone
misero
in
onore
l
induzione
;
il
Vico
combatté
contro
la
logica
formalistica
e
matematica
in
favore
dei
metodi
inventivi
;
il
Kant
richiamò
l
'
attenzione
sulla
sintesi
a
priori
;
l
'
idealismo
assoluto
svalutò
la
Logica
aristotelica
;
gli
herbartiani
,
ligi
a
questa
,
dettero
,
per
altro
,
rilievo
a
quei
giudizi
che
dissero
narrativi
e
che
hanno
carattere
del
tutto
diverso
dagli
altri
giudizi
logici
;
i
linguisti
,
infine
,
batterono
sull
irrazionalità
della
parola
rispetto
al
concetto
.
Ma
un
movimento
di
riforma
consapevole
,
sicuro
,
radicale
,
non
può
trovare
base
e
punto
di
partenza
se
non
nella
scienza
estetica
.
In
una
Logica
,
convenientemente
riformata
su
tale
base
,
converrà
anzitutto
stabilire
questa
verità
e
trarne
tutte
le
conseguenze
:
il
fatto
logico
,
il
solo
fatto
logico
,
è
il
concetto
,
l
'
universale
,
lo
spirito
che
forma
,
e
in
quanto
forma
,
l
'
universale
.
E
se
per
induzione
s
intende
,
come
si
è
intesa
talvolta
,
la
formazione
degli
universali
,
e
per
deduzione
lo
svolgimento
verbale
di
essi
,
è
chiaro
che
la
Logica
vera
non
può
essere
se
non
Logica
induttiva
.
Ma
,
poiché
più
frequentemente
con
la
parola
deduzione
Si
sono
avuti
di
mira
i
procedimenti
propri
della
matematica
,
e
con
la
parola
induzione
quelli
delle
scienze
naturali
,
sarà
opportuno
evitare
l
'
una
e
l
'
altra
denominazione
,
e
dire
che
la
Logica
vera
è
Logica
del
concetto
,
il
quale
,
adoperando
un
metodo
che
è
insieme
induzione
e
deduzione
,
non
adopera
né
l
'
una
né
l
'
altra
come
distinte
,
e
cioè
adopera
il
metodo
che
gli
è
intrinseco
(
lo
speculativo
o
dialettico
)
.
Il
concetto
,
l
'
universale
è
in
sé
,
astrattamente
considerato
,
inesprimibile
.
Nessuna
parola
gli
è
propria
.
Ciò
è
tanto
vero
,
che
il
concetto
logico
resta
sempre
il
medesimo
,
nonostante
il
variare
delle
forme
verbali
.
Rispetto
al
concetto
,
l
'
espressione
è
semplice
segno
o
indizio
:
non
può
mancare
,
un
'
espressione
dev
'
esserci
;
ma
quale
debba
essere
,
questa
o
quella
,
è
determinato
dalle
condizioni
storiche
e
psicologiche
dell
'
individuo
che
parla
:
la
qualità
dell
'
espressione
non
si
deduce
dalla
qualità
del
concetto
.
Non
vi
è
un
senso
vero
(
logico
)
delle
parole
:
chi
forma
un
concetto
,
conferisce
egli
,
volta
per
volta
,
il
senso
vero
alle
parole
.
Ciò
posto
,
le
sole
proposizioni
davvero
logiche
(
cioè
,
estetico
-
logiche
)
,
i
soli
giudizi
rigorosamente
logici
,
non
possono
essere
se
non
quelli
che
hanno
per
contenuto
proprio
ed
esclusivo
la
determinazione
di
un
concetto
.
Queste
proposizioni
o
giudizi
sono
le
definizioni
.
La
scienza
stessa
non
è
se
non
complesso
di
definizioni
,
unificate
in
una
definizione
suprema
:
sistema
di
concetti
,
o
sommo
concetto
.
Bisogna
escludere
quindi
(
almeno
preliminarmente
)
dalla
Logica
tutte
quelle
proposizioni
che
non
affermano
universali
.
I
giudizi
narrativi
e
quelli
chiamati
non
enunciativi
da
Aristotele
,
quali
le
espressioni
dei
desideri
,
non
sono
giudizi
propriamente
logici
,
ma
o
proposizioni
puramente
estetiche
o
proposizioni
storiche
.
Pietro
passeggia
;
Oggi
piove
;
Ho
sonno
;
Voglio
leggere
:
queste
e
le
infinite
proposizioni
di
questo
genere
non
sono
se
non
o
un
semplice
chiudere
in
parole
l
impressione
del
fatto
di
Pietro
che
passeggia
,
della
pioggia
che
cade
,
del
mio
organismo
che
inchina
al
sonno
,
e
della
mia
volontà
che
si
dirige
alla
lettura
;
o
un
'
affermazione
esistenziale
circa
quei
fatti
.
Espressioni
del
reale
o
dell
'
irreale
,
fantastico
-
storiche
o
fantastico
-
pure
;
non
già
definizioni
di
universali
.
E
che
cosa
deve
farsi
di
tutta
quella
parte
del
pensiero
umano
,
che
si
dice
sillogistica
,
e
che
consta
di
giudizi
e
ragionamenti
che
s
'
aggirano
intorno
a
concetti
?
Che
cosa
è
la
sillogistica
?
È
da
considerare
dall
'
alto
e
sprezzantemente
,
quasi
roba
inutile
,
come
si
è
fatto
tante
volte
,
nella
reazione
degli
umanisti
contro
la
scolastica
,
nell
idealismo
assoluto
,
nell
'
entusiastica
ammirazione
dei
tempi
nostri
pei
metodi
di
osservazione
e
di
sperimento
delle
scienze
naturali
?
La
sillogistica
,
il
ragionare
in
forma
,
non
è
scoperta
di
verità
:
è
arte
di
esporre
,
discettare
,
disputare
con
sé
stesso
e
con
altri
.
Movendo
da
concetti
già
trovati
,
da
fatti
già
osservati
,
e
facendo
appello
alla
costanza
del
vero
o
del
pensiero
(
tale
è
il
significato
del
principio
d
'
identità
e
di
contradizione
)
,
essa
trae
da
quei
dati
le
conseguenze
,
ossia
ripresenta
il
già
trovato
.
Perciò
,
se
sotto
l
'
aspetto
inventivo
è
un
idem
per
idem
,
pedagogicamente
ed
espositivamente
è
efficacissima
.
Ridurre
le
affermazioni
allo
schematismo
sillogistico
è
un
modo
di
controllare
il
proprio
pensiero
e
di
criticare
il
pensiero
altrui
.
È
facile
ridere
dei
sillogizzanti
,
ma
,
se
la
sillogistica
è
nata
e
si
mantiene
,
deve
avere
le
sue
buone
ragioni
.
La
satira
di
essa
non
può
colpire
se
non
gli
abusi
,
com
è
il
pretendere
di
risolvere
sillogisticamente
questioni
che
sono
di
fatto
,
di
osservazione
e
intuizione
o
dimenticare
per
l
'
esteriorità
sillogistica
la
profonda
meditazione
e
la
spregiudicata
investigazione
dei
problemi
.
E
se
al
fine
di
ricordare
facilmente
,
di
maneggiare
prontamente
i
dati
del
proprio
pensiero
,
può
soccorrere
talvolta
la
cosidetta
Logica
matematica
,
ben
venga
anche
questa
forma
speciale
di
sillogistica
,
augurata
,
fra
i
tanti
,
dal
Leibniz
e
ritentata
da
parecchi
ai
giorni
nostri
.
Ma
,
appunto
perché
la
sillogistica
è
arte
di
esporre
e
di
discettare
,
la
teoria
di
essa
non
può
avere
il
primo
posto
in
una
Logica
filosofica
,
usurpando
quello
che
spetta
alla
dottrina
del
concetto
,
ch
è
la
dottrina
centrale
e
dominante
,
cui
tutto
ciò
che
vi
ha
di
logico
nella
sillogistica
si
riduce
senza
residuo
(
rapporti
di
concetti
,
subordinazione
,
coordinazione
,
identificazione
,
e
via
dicendo
)
.
Né
bisogna
mai
dimenticare
che
concetto
,
e
giudizio
(
logico
)
e
sillogismo
,
non
stanno
sulla
stessa
linea
.
Solo
il
primo
è
il
vero
atto
logico
:
il
secondo
e
il
terzo
sono
le
forme
con
cui
il
primo
si
manifesta
;
le
quali
,
in
quanto
forme
,
non
possono
esaminarsi
se
non
esteticamente
(
grammaticalmente
)
,
e
,
in
quanto
hanno
contenuto
logico
,
se
non
trascurando
le
forme
stesse
e
passando
alla
dottrina
del
concetto
.
Si
riconferma
con
ciò
la
verità
dell
'
osservazione
comune
:
che
chi
ragiona
male
,
parla
o
scrive
anche
male
:
che
l
'
esatta
analisi
logica
è
fondamento
dell
'
esprimersi
bene
.
Verità
,
ch
è
una
tautologia
:
ragionare
bene
,
infatti
,
è
esprimersi
bene
,
perché
l
'
espressione
è
il
possesso
intuitivo
del
proprio
pensiero
logico
.
Lo
stesso
principio
di
contradizione
non
è
altro
,
in
fondo
,
che
il
principio
estetico
della
coerenza
.
Si
dirà
che
,
movendo
da
concetti
erronei
,
si
può
parlare
e
scrivere
benissimo
,
come
si
può
ragionare
benissimo
;
che
investigatori
poco
acuti
possono
essere
scrittori
limpidissimi
,
perché
lo
scrivere
bene
dipende
dall
'
avere
un
intuizione
chiara
del
proprio
pensiero
,
anche
se
erroneo
:
non
dalla
verità
scientifica
del
pensiero
,
ma
dalla
sua
verità
estetica
,
ed
è
anzi
questa
verità
stessa
.
Un
filosofo
può
fantasticare
,
come
lo
Schopenhauer
,
che
l
'
arte
sia
rappresentazione
delle
idee
platoniche
,
dottrina
scientificamente
errata
;
e
svolgere
questa
scienza
errata
in
una
prosa
eccellente
ed
esteticamente
verissima
.
Ma
a
siffatta
obiezione
abbiamo
già
risposto
quando
abbiamo
osservato
che
,
nel
punto
preciso
in
cui
un
parlante
o
uno
scrivente
enuncia
un
concetto
mal
pensato
,
è
anche
cattivo
parlante
e
cattivo
scrivente
;
per
quanto
possa
poi
rifarsi
nelle
tante
altre
parti
del
suo
pensiero
,
le
quali
constano
di
proposizioni
vere
,
non
connesse
con
l
'
errore
precedente
,
e
quindi
di
espressioni
limpide
,
che
seguono
a
espressioni
torbide
.
Tutte
le
ricerche
sulle
forme
dei
giudizi
e
dei
sillogismi
sulle
loro
conversioni
e
i
loro
vari
rapporti
,
che
ingombrano
ancora
i
trattati
di
Logica
,
sono
,
dunque
,
destinate
ad
assottigliarsi
,
a
trasformarsi
,
a
ridursi
ad
altro
.
La
dottrina
del
concetto
e
dell
'
organismo
dei
concetti
,
definizione
,
del
sistema
,
della
filosofia
e
delle
varie
scienze
,
e
simili
,
ne
occuperà
il
campo
;
e
costituirà
,
da
sola
,
la
vera
e
propria
Logica
.
I
primi
ch
'
ebbero
qualche
sentore
del
rapporto
intimo
che
corre
tra
Estetica
e
Logica
,
e
che
concepirono
l
Estetica
come
una
Logica
della
cognizione
sensibile
,
si
compiacquero
singolarmente
nell
'
applicare
le
categorie
logiche
alla
nuova
scienza
,
parlando
di
concetti
estetici
,
giudizi
estetici
,
sillogismi
estetici
,
e
così
via
.
Noi
,
meno
superstiziosi
verso
la
saldezza
della
Logica
tradizionale
o
delle
scuole
,
e
più
scaltriti
sull
indole
dell
Estetica
,
raccomandiamo
,
non
l
'
applicazione
della
Logica
all
Estetica
,
ma
la
liberazione
della
Logica
dalle
forme
estetiche
,
le
quali
,
seguendo
distinzioni
affatto
arbitrarie
e
grossolane
,
hanno
dato
luogo
alle
inesistenti
forme
e
categorie
logiche
.
La
Logica
,
così
riformata
,
sarà
sempre
Logica
formale
,
studierà
la
vera
forma
o
attività
del
pensiero
,
il
concetto
,
prescindendo
dai
singoli
e
particolari
concetti
.
Quella
antica
malamente
si
chiama
formale
,
e
meglio
si
direbbe
verbale
o
formalistica
.
La
Logica
formale
scaccerà
la
formalistica
.
E
a
questo
fine
non
sarà
necessario
ricorrere
,
come
altri
ha
fatto
,
a
una
Logica
reale
o
materiale
,
che
non
è
più
scienza
del
pensiero
,
ma
pensiero
in
atto
:
non
Logica
soltanto
,
ma
il
complesso
e
l
'
unità
della
Filosofia
,
in
cui
la
Logica
anche
è
inclusa
.
La
scienza
del
pensiero
(
Logica
)
è
quella
del
concetto
,
come
la
scienza
della
fantasia
(
Estetica
)
è
quella
dell
'
espressione
.
Nell
'
eseguire
esattamente
,
e
in
ogni
particolare
,
la
distinzione
tra
i
due
domini
è
riposta
la
salute
dell
'
una
e
dell
'
altra
scienza
.
VI
.
L
'
ATTIVITÀ
TEORETICA
E
L
'
ATTIVITÀ
PRATICA
.
Forma
intuitiva
e
forma
intellettiva
esauriscono
,
come
abbiamo
detto
,
tutto
il
dominio
teoretico
dello
spirito
.
Ma
non
si
può
conoscerle
a
pieno
,
né
criticare
un
'
altra
serie
di
dottrine
estetiche
erronee
,
se
prima
non
si
stabiliscono
chiaramente
le
relazioni
dello
spirito
teoretico
con
lo
spirito
pratico
.
La
forma
o
attività
pratica
è
la
volontà
.
Questa
parola
non
è
qui
presa
da
noi
nel
senso
di
qualche
sistema
filosofico
,
in
cui
la
volontà
è
il
fondamento
dell
'
universo
,
il
principio
delle
cose
,
la
realtà
vera
;
e
neanche
nel
senso
ampio
di
altri
sistemi
,
i
quali
intendono
per
volontà
l
'
energia
dello
spirito
,
lo
spirito
o
l
'
attività
in
genere
,
facendo
di
ogni
atto
dello
spirito
umano
un
atto
di
volontà
.
Né
quel
senso
metafisico
né
quest
'
uso
metaforico
è
il
nostro
.
La
volontà
è
per
noi
,
come
nella
comune
accezione
,
l
'
attività
dello
spirito
diversa
dalla
mera
teoria
o
contemplazione
delle
cose
,
e
produttrice
non
di
conoscenze
ma
di
azioni
.
L
'
azione
in
tanto
è
davvero
azione
in
quanto
è
volontaria
.
Non
occorrerebbe
poi
neppure
ricordare
che
nella
volontà
del
fare
è
incluso
,
in
senso
scientifico
,
anche
ciò
che
volgarmente
si
chiama
non
-
fare
:
la
volontà
del
resistere
,
del
ripugnare
,
la
volontà
prometeica
,
che
è
anch
'
essa
azione
.
Con
la
forma
teoretica
l
'
uomo
comprende
le
cose
,
con
la
pratica
le
viene
mutando
;
con
l
'
una
si
appropria
l
'
universo
,
con
l
'
altra
lo
crea
.
Ma
la
prima
forma
è
base
della
seconda
;
e
si
ripete
tra
le
due
,
più
in
grande
,
il
rapporto
di
doppio
grado
,
che
abbiamo
già
ritrovato
tra
l
'
attività
estetica
e
la
logica
.
Un
conoscere
,
indipendente
dal
volere
,
è
(
almeno
in
certo
senso
)
pensabile
;
una
volontà
,
indipendente
dal
conoscere
,
è
impensabile
.
La
volontà
cieca
non
è
volontà
;
la
volontà
vera
è
occhiuta
.
Come
si
può
volere
se
non
si
hanno
innanzi
intuizioni
storiche
di
oggetti
(
percezioni
)
e
conoscenze
di
rapporti
(
logici
)
,
che
illuminino
sulla
qualità
di
quegli
oggetti
?
Come
si
può
volere
davvero
,
se
non
conosciamo
il
mondo
che
ci
circonda
,
e
il
modo
di
cangiar
le
cose
operando
su
di
esse
?
È
stato
obiettato
che
gli
uomini
d
'
azione
,
gli
uomini
pratici
in
senso
eminente
,
sono
i
meno
disposti
al
contemplare
e
teorizzare
:
la
loro
energia
non
si
attarda
in
contemplazioni
,
si
precipita
subito
in
volontà
;
e
che
,
per
converso
,
i
contemplatori
e
i
filosofi
sono
di
frequente
uomini
pratici
ben
mediocri
,
di
debole
volontà
,
negletti
perciò
e
messi
da
banda
nelle
lotte
della
vita
.
È
facile
scorgere
che
queste
distinzioni
sono
meramente
empiriche
e
quantitative
.
Certo
,
l
'
uomo
pratico
,
per
operare
,
non
ha
bisogno
di
un
elaborato
sistema
filosofico
;
ma
,
nelle
sfere
in
cui
egli
opera
,
muove
da
intuizioni
e
concetti
che
ha
chiarissimi
.
Fino
le
più
ordinarie
azioni
non
potrebbero
,
altrimenti
,
esser
volute
;
non
sarebbe
possibile
neppur
cibarsi
volontariamente
,
se
non
si
avesse
conoscenza
del
cibo
e
del
legame
di
causa
ed
effetto
tra
certi
movimenti
e
certi
appagamenti
;
e
,
salendo
via
via
alle
forme
più
complesse
d
'
azione
,
per
esempio
,
all
'
azione
politica
,
come
si
potrebbe
volere
alcunché
di
politicamente
adatto
,
senza
conoscere
le
condizioni
reali
della
società
,
cioè
i
mezzi
ed
espedienti
da
adoperare
?
Quando
l
'
uomo
pratico
si
accorge
di
essere
all
'
oscuro
circa
uno
o
più
di
questi
punti
,
o
quando
è
preso
dal
dubbio
,
l
'
azione
o
non
comincia
o
s
'
arresta
;
il
momento
teoretico
che
,
nel
rapido
succedersi
delle
azioni
umane
,
viene
appena
avvertito
ed
è
presto
dimenticato
,
appare
allora
importante
e
occupa
più
a
lungo
la
coscienza
.
E
,
se
quello
si
prolunga
ancora
,
l
'
uomo
pratico
può
diventare
Amleto
,
diviso
tra
il
desiderio
dell
'
azione
e
la
poca
chiarezza
teoretica
circa
le
situazioni
e
i
mezzi
;
e
se
egli
,
prendendo
gusto
al
contemplare
e
al
meditare
,
lascia
agli
altri
,
in
misura
più
o
meno
larga
,
il
volere
e
l
'
operare
,
si
forma
in
lui
la
calma
disposizione
dell
'
artista
e
dello
scienziato
e
filosofo
,
talvolta
uomini
pratici
inetti
o
addirittura
dannosi
.
Tutte
coteste
sono
ovvie
osservazioni
,
di
cui
non
si
può
sconoscere
la
giustezza
;
ma
,
ripetiamo
,
si
fondano
sopra
distinzioni
quantitative
e
non
distruggono
,
anzi
confermano
il
fatto
,
che
un
'
azione
,
per
piccola
che
sia
,
non
può
essere
azione
davvero
,
cioè
azione
voluta
,
se
non
preceduta
dall
'
attività
conoscitiva
.
Alcuni
psicologi
fanno
,
per
altro
,
precedere
l
'
azione
pratica
da
una
classe
tutta
speciale
di
giudizi
,
ch
'
essi
chiamano
giudizi
pratici
o
di
valore
.
Per
risolversi
a
un
'
azione
(
dicono
)
,
è
necessario
aver
giudicato
e
pronunziato
:
quest
'
azione
è
utile
,
quest
'
azione
è
buona
.
La
quale
teoria
sembra
a
prima
vista
che
abbia
dalla
sua
il
testimonio
della
coscienza
.
Ma
chi
meglio
osservi
e
più
sottilmente
analizzi
si
accorge
che
quei
giudizi
,
anziché
precedere
,
seguono
l
'
affermarsi
della
volontà
;
e
non
sono
se
non
l
'
espressione
della
già
accaduta
volizione
.
Un
'
azione
utile
o
buona
è
un
'
azione
voluta
:
dall
'
esame
obiettivo
delle
cose
sarà
sempre
impossibile
distillare
una
goccia
sola
di
utilità
o
di
bontà
.
Noi
non
vogliamo
le
cose
,
perché
le
conosciamo
utili
o
buone
;
ma
le
conosciamo
utili
e
buone
,
perché
le
vogliamo
.
Anche
qui
la
rapidità
con
la
quale
si
seguono
i
fatti
di
coscienza
è
causa
d
illusione
.
L
'
azione
pratica
è
preceduta
da
conoscenza
,
ma
non
da
conoscenze
pratiche
,
o
meglio
,
del
pratico
:
per
aver
queste
,
è
necessario
che
si
abbia
prima
l
'
azione
pratica
.
Tra
i
due
momenti
o
gradi
,
teoretico
e
pratico
,
non
s
'
interpone
dunque
il
terzo
momento
,
affatto
immaginario
,
dei
giudizi
pratici
o
di
valore
.
D
'
altra
parte
,
e
in
generale
,
non
esistono
scienze
normative
,
regolative
o
imperative
,
che
scoprano
e
indichino
valori
all
'
attività
pratica
;
anzi
,
non
ne
esistono
per
nessuna
qualsiasi
attività
,
presupponendo
ogni
scienza
che
sia
già
realizzata
e
svolta
quell
'
attività
,
che
essa
poi
assume
a
oggetto
.
Stabilite
queste
distinzioni
,
dobbiamo
condannare
come
erronea
ogni
teoria
che
aggreghi
l
'
attività
estetica
a
quella
pratica
,
o
le
leggi
della
seconda
introduca
nella
prima
.
Che
la
scienza
sia
teoria
e
l
'
arte
sia
pratica
,
è
stato
affermato
molte
volte
.
E
quelli
che
così
affermano
e
il
fatto
estetico
considerano
come
fatto
pratico
,
nol
fanno
a
capriccio
o
perché
brancolino
nel
.
vuoto
,
ma
perché
hanno
l
'
occhio
a
qualcosa
ch
è
veramente
pratico
.
Senonché
il
pratico
a
cui
essi
mirano
non
è
l
'
estetico
né
dentro
l
'
estetico
,
ma
è
fuori
e
accanto
a
esso
;
e
,
quantunque
frequentemente
vi
si
trovi
congiunto
,
non
vi
si
congiunge
necessariamente
,
ossia
per
identità
di
natura
.
Il
fatto
estetico
si
esaurisce
tutto
nell
'
elaborazione
espressiva
delle
impressioni
.
Quando
abbiamo
conquistato
la
parola
interna
,
concepito
netta
e
viva
una
figura
o
una
statua
,
trovato
un
motivo
musicale
,
l
'
espressione
è
nata
ed
è
completa
:
non
ha
bisogno
d
'
altro
.
Che
noi
poi
apriamo
e
vogliamo
aprir
la
bocca
per
parlare
o
la
gola
per
cantare
,
e
cioè
diciamo
a
voce
alta
e
a
gola
spiegata
quanto
abbiamo
già
sommessamente
detto
e
cantato
a
noi
stessi
;
o
stendiamo
e
vogliamo
stender
le
mani
a
toccare
i
tasti
del
pianoforte
o
a
prendere
i
pennelli
e
lo
scalpello
,
eseguendo
,
per
così
dire
,
in
grande
quei
movimenti
che
già
abbiamo
eseguito
in
piccolo
e
rapidamente
,
e
traducendoli
in
una
materia
dove
ne
restino
tracce
più
o
meno
durature
;
è
questo
un
fatto
sopraggiunto
,
che
obbedisce
a
tutt
'
altre
leggi
che
non
il
primo
,
e
del
quale
,
per
ora
,
non
dobbiamo
tener
conto
;
benché
fin
da
ora
riconosciamo
che
esso
è
produzione
di
cose
e
fatto
pratico
o
di
volontà
.
Si
suoi
distinguere
l
'
opera
d
'
arte
interna
dall
'
opera
d
'
arte
esterna
:
la
terminologia
ci
pare
infelice
,
perché
l
'
opera
d
'
arte
(
l
'
opera
estetica
)
è
sempre
interna
;
e
quella
che
si
chiama
esterna
non
è
più
opera
d
'
arte
.
Altri
distingue
tra
fatto
estetico
e
fatto
artistico
,
intendendo
pel
secondo
lo
stadio
esterno
e
pratico
,
che
può
seguire
(
come
segue
infatti
di
solito
)
al
primo
.
Ma
si
tratta
,
in
tal
caso
,
di
semplice
uso
linguistico
,
lecito
senza
dubbio
,
sebbene
forse
non
opportuno
.
Per
le
stesse
ragioni
è
assurda
la
ricerca
del
fin
e
dell
'
arte
,
quando
s
intenda
dell
'
arte
in
quanto
tale
.
E
poiché
porre
un
fine
vale
scegliere
,
una
variante
dello
stesso
errore
è
la
pretesa
che
il
contenuto
dell
'
arte
debba
essere
scelto
.
Una
scelta
tra
sensazioni
o
impressioni
suppone
che
queste
siano
già
espressioni
:
altrimenti
,
come
scegliere
nel
continuo
e
nell
'
indistinto
?
Scegliere
è
volere
:
voler
questo
e
non
voler
quello
;
e
questo
e
quello
debbono
stare
innanzi
,
espressi
.
Il
pratico
segue
e
non
precede
il
teoretico
;
l
'
espressione
è
libera
ispirazione
.
L
'
artista
vero
,
infatti
,
si
trova
gravido
del
suo
tema
e
non
sa
come
;
sente
avvicinarsi
il
parto
,
ma
non
può
volerlo
o
non
volerlo
.
Se
egli
volesse
operare
a
controsenso
della
sua
ispirazione
,
se
volesse
sceglierla
arbitrariamente
,
se
,
nato
Anacreonte
,
volesse
cantare
di
Atride
e
di
Alcide
,
la
cetra
l
'
avvertirebbe
dello
sbaglio
,
risonando
,
nonostante
i
suoi
sforzi
in
contrario
,
sol
di
Venere
e
d
'
Amore
.
Perciò
il
tema
o
il
contenuto
non
può
essere
colpito
praticamente
e
moralmente
da
aggettivi
di
lode
o
di
biasimo
.
Quando
i
critici
d
'
arte
notano
che
un
tema
è
male
scelto
,
si
tratta
,
nei
casi
in
cui
quell
'
osservazione
ha
fondamento
giusto
,
di
un
biasimo
non
veramente
alla
scelta
del
tema
,
ma
al
modo
col
quale
l
'
artista
l
ha
trattato
,
all
'
espressione
non
riuscita
per
le
contradizioni
che
contiene
.
E
quando
gli
stessi
critici
innanzi
a
opere
che
giudicano
sotto
l
'
aspetto
artistico
perfette
protestano
contro
il
tema
o
contenuto
di
esse
come
cosa
indegna
dell
'
arte
e
biasimevole
;
posto
che
quelle
opere
siano
poi
davvero
perfette
,
non
resta
se
non
consigliare
ai
critici
di
lasciare
in
pace
gli
artisti
,
i
quali
s
'
ispirano
dì
necessità
a
ciò
che
ha
mosso
il
loro
animo
,
e
provvedere
invece
,
se
mai
,
a
promuovere
mutamenti
nella
natura
circostante
o
nella
società
,
perché
quegli
stati
d
'
animo
e
quelle
impressioni
non
abbiano
a
prodursi
di
nuovo
.
Se
le
brutture
spariranno
dal
Inondo
,
se
si
stabilirà
la
virtù
e
felicità
universale
,
gli
artisti
,
chi
sa
?
,
non
saranno
più
rappresentatori
di
sentimenti
malvagi
o
pessimistici
,
ma
calmi
,
innocenti
e
giulivi
,
arcadi
di
un
'
Arcadia
reale
.
Ma
,
fintanto
che
brutture
e
turpitudini
sono
in
natura
e
s
'
impongono
all
'
artista
,
non
si
può
impedire
che
sorga
anche
l
'
espressione
correlativa
;
e
,
quando
è
sorta
,
factum
infectum
fieri
nequit
.
Si
potrà
provvedere
a
non
lasciar
divulgare
questa
o
quella
opera
d
'
arte
,
presso
questa
o
quella
persona
,
in
questa
o
quella
condizione
;
ma
tutto
ciò
non
riguarda
l
'
arte
e
appartiene
ad
altro
discorso
,
come
si
vedrà
più
oltre
.
A
noi
non
spetta
qui
passare
a
rassegna
i
danni
che
la
critica
della
scelta
reca
alla
produzione
artistica
,
coi
pregiudizi
che
produce
o
mantiene
negli
artisti
stessi
,
e
coi
contrasti
,
a
cui
dà
luogo
,
tra
spinte
artistiche
e
imposizioni
critiche
.
Vero
è
che
talora
sembra
che
essa
faccia
anche
qualche
bene
,
aiutando
gli
artisti
a
scoprire
sé
medesimi
,
ossia
le
proprie
impressioni
e
la
propria
ispirazione
,
e
ad
acquistare
coscienza
dell
'
ufficio
che
viene
loro
come
affidato
dal
momento
storico
in
cui
vivono
e
dal
loro
individuale
temperamento
.
In
questi
casi
,
pur
credendo
di
generare
,
la
critica
della
scelta
non
fa
se
non
riconoscere
e
aiutare
le
espressioni
già
in
via
di
formazione
.
S
'
illude
d
'
essere
madre
,
dove
,
tutto
al
più
,
è
soltanto
levatrice
.
L
'
impossibilità
della
scelta
del
contenuto
compie
il
teorema
dell
indipendenza
dell
'
arte
;
ed
è
anche
il
solo
significato
legittimo
del
motto
:
l
'
arte
per
l
'
arte
.
L
'
arte
è
indipendente
così
dalla
scienza
come
dall
'
utile
e
dalla
morale
.
Né
si
nutra
timore
che
con
ciò
si
riesca
a
giustificare
l
'
arte
frivola
o
fredda
,
perché
ciò
che
è
davvero
frivolo
o
freddo
è
tale
solo
in
quanto
non
è
stato
innalzato
a
espressione
;
o
,
in
altri
termini
,
la
frivolezza
e
la
freddezza
nascono
sempre
dalla
forma
dell
'
elaborazione
estetica
,
dal
mancato
possesso
di
un
contenuto
e
non
dalle
qualità
materiali
del
contenuto
stesso
.
Anche
la
vulgata
sentenza
:
lo
stile
è
l
'
uomo
,
non
si
può
esaminare
e
criticare
in
modo
compiuto
se
non
partendo
dalla
distinzione
fra
il
teoretico
e
il
pratico
e
dal
carattere
teoretico
dell
'
attività
estetica
.
L
'
uomo
non
è
semplice
conoscere
e
contemplare
:
l
'
uomo
è
volontà
,
la
quale
comprende
in
sé
il
momento
conoscitivo
.
Onde
quella
sentenza
o
è
del
tutto
vuota
,
come
nei
casi
in
cui
s
intende
che
lo
stile
sia
l
'
uomo
in
quanto
stile
,
cioè
l
'
uomo
,
si
,
ma
solo
in
quanto
attività
espressiva
;
ovvero
è
erronea
,
sempreché
da
ciò
che
l
'
uomo
ha
visto
ed
espresso
si
pretenda
dedurre
ciò
che
l
'
uomo
ha
fatto
o
voluto
,
affermandosi
,
insomma
,
che
tra
un
conoscere
e
un
volere
ci
sia
legame
di
logica
conseguenza
.
Da
codesta
erronea
identificazione
sono
sorte
molte
leggende
nelle
biografie
degli
artisti
,
sembrando
impossibile
che
chi
espresse
sentimenti
generosi
non
fosse
poi
,
nella
vita
pratica
,
uomo
nobile
e
generoso
;
o
che
chi
fece
dare
molte
pugnalate
nei
suoi
drammi
non
ne
avesse
somministrato
almeno
qualcuna
egli
stesso
nella
vita
reale
.
E
invano
gli
artisti
protestano
col
lasciva
est
nobis
pagina
,
vita
proba
.
Ne
ricavano
,
di
giunta
,
la
taccia
di
bugiardi
o
d
'
ipocriti
.
Oh
,
ben
più
caute
donnicciuole
di
Verona
,
che
almeno
appoggiavate
la
vostra
credenza
,
che
Dante
fosse
sceso
realmente
all
Inferno
,
sul
suo
viso
affumicato
!
La
vostra
,
se
non
altro
,
era
una
congettura
storica
.
E
,
finalmente
,
la
sincerità
imposta
come
obbligo
all
'
artista
(
questa
legge
etica
,
si
dice
,
ch
è
insieme
legge
estetica
)
riposa
sopra
un
altro
doppio
senso
.
Giacché
,
o
per
sincerità
s
'
intende
il
dovere
morale
di
non
ingannare
il
prossimo
;
e
,
in
tal
caso
,
è
cosa
estranea
all
'
artista
.
Il
quale
,
infatti
,
non
inganna
nessuno
,
perché
dà
forma
a
ciò
ch
è
già
nel
suo
animo
,
e
ingannerebbe
solo
se
tradisse
il
suo
dovere
d
'
artista
,
venendo
meno
all
'
intrinseca
necessità
del
compito
suo
.
Se
nel
suo
animo
è
l
'
inganno
e
la
menzogna
,
la
forma
ch
'
egli
dà
a
quei
fatti
,
appunto
perché
estetica
,
non
può
essere
,
essa
,
inganno
o
menzogna
.
L
'
artista
purifica
perfino
l
'
altro
sé
stesso
,
ciarlatano
,
menzognero
,
malvagio
,
col
rappresentarlo
artisticamente
.
Ovvero
per
sincerità
s
'
intende
la
pienezza
e
verità
dell
'
espressione
;
ed
è
chiaro
che
questo
secondo
senso
non
ha
nessun
rapporto
col
concetto
etico
.
La
legge
,
che
si
dice
insieme
etica
ed
estetica
,
si
scopre
,
in
questo
caso
,
nient
'
altro
che
un
vocabolo
usato
insieme
e
dall
Etica
e
dall
Estetica
.
VII
.
ANALOGIA
FRA
IL
TEORETICO
E
IL
PRATICO
.
Il
doppio
grado
,
estetico
e
logico
,
dell
'
attività
teoretica
ha
un
importante
riscontro
,
finora
non
messo
in
luce
come
si
doveva
,
nell
'
attività
pratica
.
Anche
l
'
attività
pratica
si
partisce
in
un
primo
e
secondo
grado
,
questo
implicante
quello
.
Il
primo
grado
pratico
è
l
'
attività
meramente
utile
o
economica
;
il
secondo
,
l
'
attività
morale
.
L
Economia
è
come
l
Estetica
della
vita
pratica
;
la
Morale
,
come
la
Logica
.
Se
ciò
non
è
stato
visto
chiaramente
dai
filosofi
,
se
al
concetto
dell
'
attività
economica
non
è
stato
assegnato
il
posto
conveniente
nel
sistema
dello
spirito
e
lo
si
è
lasciato
errare
,
spesso
incerto
e
poco
elaborato
,
nei
prologhi
dei
trattati
di
Economia
politica
,
questo
si
deve
,
tra
l
'
altro
,
al
fatto
che
l
'
utile
o
economico
è
stato
scambiato
ora
col
concetto
del
tecnico
,
ora
con
quello
dell
'
egoistico
.
La
tecnici
t
à
non
è
,
di
certo
,
una
speciale
attività
dello
spirito
.
Tecnica
è
conoscenza
;
o
,
per
meglio
dire
,
è
la
conoscenza
stessa
in
genere
che
prende
quel
nome
in
quanto
serve
di
base
,
come
abbiamo
visto
,
all
'
azione
pratica
.
Una
conoscenza
,
che
non
è
seguita
,
o
si
presume
che
non
possa
essere
facilmente
seguita
da
un
'
azione
pratica
,
si
chiama
pura
:
la
stessa
conoscenza
,
se
è
seguita
effettivamente
da
quella
,
si
chiama
applicata
:
se
si
presume
che
possa
esser
facilmente
seguita
da
una
particolare
azione
,
applicabile
o
«
tecnica
»
.
Questa
parola
indica
,
dunque
,
una
situazione
in
cui
una
conoscenza
si
trova
o
può
facilmente
trovarsi
,
non
già
una
forma
speciale
di
conoscenza
.
Ciò
è
tanto
vero
che
riuscirebbe
affatto
impossibile
determinare
se
un
certo
ordine
di
conoscenze
sia
,
intrinsecamente
,
puro
o
applicabile
.
Ogni
conoscenza
,
per
astratta
e
filosofica
che
si
voglia
dirla
,
può
esser
guida
di
atti
pratici
:
un
errore
teoretico
nei
principi
ultimi
della
morale
può
riflettersi
,
e
si
riflette
sempre
in
qualche
modo
,
nella
vita
pratica
.
Solo
a
un
dipresso
,
e
in
sede
non
scientifica
,
è
dato
considerare
alcune
verità
come
pure
e
altre
come
applicabili
.
Le
stesse
conoscenze
,
quando
si
chiamano
tecniche
,
possono
chiamarsi
anche
u
t
i
l
i
.
Ma
la
parola
utile
,
conformemente
alla
critica
dei
giudizi
di
valore
fatta
di
sopra
,
è
da
ritenere
qui
come
di
uso
linguistico
o
metaforico
.
Allorché
si
dice
che
l
'
acqua
è
utile
per
spegnere
il
fuoco
,
si
usa
in
modo
non
scientifico
la
parola
utile
.
L
'
acqua
gettata
sul
fuoco
è
causa
che
questo
si
spenga
:
ecco
la
conoscenza
,
che
serve
di
fondamento
all
'
azione
,
poniamo
,
dei
pompieri
.
Tra
l
'
azione
utile
di
chi
spegne
l
'
incendio
,
e
quella
conoscenza
,
e
è
legame
non
di
natura
,
ma
di
semplice
successione
.
La
tecnica
degli
effetti
dell
'
acqua
è
l
'
attività
teoretica
che
precede
;
utile
è
veramente
solo
l
'
azione
di
chi
spegne
il
fuoco
.
Alcuni
economisti
identificano
l
'
utilità
,
cioè
l
'
azione
o
volontà
meramente
economica
,
con
ciò
ch
è
giovevole
all
individuo
in
quanto
individuo
,
senza
,
riguardo
,
anzi
in
piena
opposizione
alla
legge
morale
:
con
l
'
egoistico
.
L
'
egoistico
è
l
immorale
,
e
l
Economia
sarebbe
,
in
tal
caso
,
una
scienza
assai
bizzarra
:
sorgerebbe
,
non
accanto
ma
di
fronte
all
Etica
,
come
il
diavolo
di
fronte
a
Dio
,
o
,
almeno
,
come
l
'
advocatus
diaboli
nei
processi
di
santificazione
.
Un
concetto
siffatto
è
del
tutto
inammessibile
:
la
scienza
dell
immoralità
è
implicita
in
quella
della
moralità
,
come
la
scienza
del
falso
è
implicita
nella
Logica
,
scienza
del
vero
,
e
una
scienza
dell
'
espressione
sbagliata
,
nell
Estetica
,
scienza
dell
'
espressione
riuscita
.
Se
,
dunque
,
l
Economia
fosse
la
trattazione
scientifica
dell
'
egoismo
,
essa
sarebbe
un
capitolo
dell
Etica
,
anzi
l
Etica
stessa
;
perché
ogni
determinazione
di
quel
che
è
morale
importa
,
insieme
,
una
negazione
del
suo
contrario
.
D
'
altra
parte
,
la
coscienza
ci
dice
che
condursi
economicamente
non
è
condursi
egoisticamente
;
che
anche
l
'
uomo
moralmente
più
scrupoloso
deve
condursi
utilmente
(
economicamente
)
,
se
non
vuol
operare
a
caso
e
,
per
conseguenza
,
in
modo
poco
morale
.
Come
,
dunque
,
se
utilità
fosse
egoismo
,
l
'
altruista
avrebbe
il
dovere
di
condursi
da
egoista
?
La
difficoltà
si
risolve
,
se
non
c
inganniamo
,
in
modo
perfettamente
analogo
a
quello
nel
quale
si
risolve
il
problema
delle
relazioni
tra
l
'
espressione
e
il
concetto
,
tra
Estetica
e
Logica
.
Volere
economicamente
è
volere
un
fine
;
volere
moralmente
è
volere
il
fine
razionale
.
Ma
appunto
chi
vuole
e
opera
moralmente
non
può
non
volere
e
operare
utilmente
(
economicamente
)
.
Come
potrebbe
volere
il
fine
razionale
,
se
non
lo
volesse
insieme
come
fine
suo
particolare
?
La
reciproca
non
è
vera
;
come
non
è
vero
in
scienza
estetica
che
il
fatto
espressivo
debba
essere
di
necessità
congiunto
col
fatto
logico
.
Si
può
volere
economicamente
,
senza
volere
moralmente
;
ed
è
possibile
condursi
con
perfetta
coerenza
economica
seguendo
un
fine
obbiettivamente
irrazionale
(
immorale
)
,
o
,
piuttosto
,
che
tale
sarà
giudicato
in
un
grado
superiore
della
coscienza
.
Esempio
di
carattere
economico
disgiunto
da
quello
morale
è
l
'
uomo
del
Machiavelli
,
Cesare
Borgia
,
o
il
Jago
dello
Shakespeare
.
Chi
può
non
ammirare
la
forza
della
loro
volontà
,
benché
l
'
attività
loro
sia
soltanto
economica
e
si
esplichi
in
opposizione
a
ciò
che
noi
giudichiamo
morale
?
Chi
può
non
ammirare
il
ser
Ciappelletto
del
Boccaccio
,
il
quale
,
fin
sul
letto
di
morte
,
persegue
e
mette
in
atto
il
suo
ideale
di
completo
briccone
,
facendo
esclamare
ai
piccioletti
e
timidi
ladruncoli
che
assistono
alla
sua
confessione
canzonatoria
:
Che
uomo
è
costui
il
quale
né
vecchiezza
,
né
infermità
,
né
paura
di
morte
alla
quale
si
vede
vicino
,
né
ancora
di
Dio
,
innanzi
al
giudizio
del
quale
di
qui
a
piccola
ora
si
aspetta
di
dover
essere
,
dalla
sua
malvagità
lo
hanno
potuto
rimuovere
,
né
far
che
così
egli
non
voglia
morire
come
egli
è
vissuto
?
.
L
'
uomo
morale
congiunge
alla
pertinacia
e
impavidità
di
un
Cesare
Borgia
,
di
un
Jago
,
o
di
un
ser
Ciappelletto
,
la
buona
volontà
del
santo
o
dell
'
eroe
.
O
,
meglio
,
la
buona
volontà
non
sarebbe
volontà
e
,
per
conseguenza
,
neanche
buona
,
se
,
oltre
il
lato
che
la
rende
buona
,
non
avesse
quello
che
la
fa
volontà
.
Così
un
pensiero
logico
che
non
riesca
a
esprimersi
non
è
pensiero
,
ma
,
tutt
'
al
più
,
presentimento
confuso
di
un
pensiero
di
là
da
venire
.
Non
è
esatto
,
dunque
,
concepire
l
'
uomo
amorale
come
insieme
antieconomico
,
o
far
della
morale
un
elemento
di
coerenza
negli
atti
della
vita
e
perciò
di
economicità
.
Niente
ci
vieta
di
supporre
(
ipotesi
che
si
verifica
almeno
in
certi
periodi
e
momenti
,
se
non
per
vite
intere
;
e
in
senso
eminente
se
non
in
senso
totale
e
assoluto
)
un
uomo
affatto
privo
di
coscienza
morale
.
In
un
uomo
così
conformato
,
quella
che
per
noi
è
immoralità
,
per
lui
non
è
tale
,
perché
non
sentita
come
tale
.
E
non
può
nascere
in
lui
la
coscienza
della
contradizione
tra
ciò
che
si
vuole
come
fine
razionale
e
ciò
cui
si
corre
dietro
egoisticamente
:
contradizione
,
ch
è
antieconomicità
.
Il
procedere
immorale
diventa
insieme
antieconomico
solo
nell
'
uomo
fornito
di
coscienza
morale
.
Infatti
,
il
rimorso
morale
,
che
è
l
'
indice
di
questa
,
è
,
insieme
,
rimorso
economico
:
dolore
,
cioè
,
di
non
aver
saputo
volere
completamente
e
raggiungere
quell
'
ideale
morale
che
si
era
voluto
in
un
primo
momento
,
innanzi
di
lasciarsi
sviare
dalle
passioni
.
Video
meliora
proboque
,
deteriora
sequor
.
Il
video
e
il
probo
sono
qui
un
volo
iniziale
e
tosto
contradetto
e
soverchiato
.
In
luogo
del
rimorso
morale
si
deve
ammettere
nell
'
uomo
privo
di
senso
morale
,
un
rimorso
meramente
economico
:
come
sarebbe
quello
di
un
ladro
o
di
un
assassino
,
il
quale
,
già
sul
punto
dI
rubare
o
assassinare
,
se
ne
astenga
,
non
per
una
conversione
del
suo
essere
,
ma
per
impressionabilità
e
smarrimento
,
o
anche
per
momentaneo
risveglio
di
coscienza
morale
.
Tornato
in
sé
,
quel
ladro
o
quell
'
assassino
avrà
vergogna
e
rimorso
della
sua
incoerenza
:
rimorso
non
di
aver
fatto
il
male
,
ma
di
non
averlo
fatto
;
rimorso
,
dunque
,
economico
e
non
morale
,
essendo
quest
'
ultimo
escluso
per
ipotesi
.
Che
poi
,
ordinariamente
,
per
esser
viva
la
coscienza
morale
nel
comune
degli
uomini
e
l
'
assenza
totale
di
essa
una
rara
e
forse
inesistente
mostruosità
,
la
moralità
coincida
con
l
'
economicità
nella
pratica
della
vita
,
può
ben
concedersi
.
E
non
si
tema
che
l
'
analogia
da
noi
affermata
introduca
da
capo
in
etica
la
categoria
del
moralmente
indifferente
,
di
ciò
ch
è
bensì
azione
o
volizione
,
ma
non
è
né
morale
né
immorale
:
quella
categoria
,
insomma
,
del
lecito
e
del
permissivo
,
ch
è
stata
sempre
causa
o
specchio
di
corruttela
etica
,
come
si
vide
nella
morale
gesuitica
,
dove
essa
dominava
.
Resta
ben
saldo
che
azioni
moralmente
indifferenti
non
esistono
,
perché
l
'
attività
morale
pervade
e
deve
pervadere
ogni
più
piccolo
movimento
volitivo
dell
'
uomo
.
Ma
ciò
,
anziché
scuotere
il
parallelo
istituito
,
lo
conferma
.
Vi
sono
forse
intuizioni
che
l
'
intelletto
e
la
scienza
non
pervadano
e
analizzino
,
sciogliendole
in
concetti
universali
o
mutandole
in
affermazioni
storiche
?
Abbiamo
già
visto
che
la
vera
scienza
,
la
filosofia
,
non
conosce
limiti
estrinseci
innanzi
ai
quali
debba
arrestarsi
,
come
invece
accade
alle
cosiddette
scienze
naturali
.
Scienza
e
morale
dominano
interamente
l
'
una
le
rappresentazioni
estetiche
,
l
'
altra
le
volizioni
economiche
dell
'
uomo
;
benché
poi
l
'
una
e
l
'
altra
non
possano
in
concreto
apparir
mai
se
non
in
forma
estetica
l
'
una
,
economica
l
'
altra
.
Questa
identità
e
differenza
insieme
dell
'
utile
e
del
morale
,
dell
'
economico
e
dell
'
etico
,
spiega
la
fortuna
che
ha
avuto
,
e
ha
ancora
,
la
teoria
utilitaria
dell
Etica
.
Infatti
,
è
facile
ritrovare
e
porre
in
mostra
in
qualsiasi
azione
morale
un
lato
utilitario
;
com
è
facile
mostrare
in
ogni
proposizione
logica
un
lato
estetico
.
La
critica
dell
'
utilitarismo
etico
non
può
muovere
dal
negare
questa
verità
,
affannandosi
a
cercare
esempi
inesistenti
e
assurdi
di
azioni
morali
inutili
;
ma
deve
anzi
ammettere
il
lato
utilitario
e
spiegarlo
come
la
forma
concreta
della
moralità
,
la
quale
consiste
in
ciò
ch
è
d
entro
questa
forma
:
un
di
dentro
,
che
gli
utilitaristi
non
scorgono
.
Non
è
questo
il
luogo
dove
si
possano
svolgere
con
la
debita
ampiezza
tali
idee
;
ma
l
Etica
e
l
Economica
(
come
abbiamo
detto
della
Logica
e
dell
Estetica
)
non
potranno
non
avvantaggiarsi
entrambe
di
una
più
esatta
determinazione
dei
rapporti
che
intercedono
tra
loro
.
Al
concetto
attivistico
dell
'
utile
si
va
ora
lentamente
sollevando
la
scienza
economica
col
tentar
di
superare
la
fase
matematicistica
,
nella
quale
ancora
si
trova
impigliata
:
fase
ch
è
stata
progressiva
,
a
sua
volta
,
per
superare
lo
storicismo
,
ossia
la
confusione
del
teorico
con
lo
storico
,
e
per
distruggere
una
serie
di
distinzioni
arbitrarie
e
di
false
teorie
economiche
.
Con
quel
concetto
sarà
agevole
,
da
una
parte
,
accogliere
e
inverare
le
teorie
semifilosofiche
della
cosiddetta
Economia
pura
,
e
,
dall
'
altra
,
introducendo
successive
complicazioni
e
aggiunte
,
e
facendo
passaggio
dal
metodo
filosofico
all
'
empirico
o
naturalistico
,
discendere
alle
teorie
particolari
del
]
Economia
politica
o
nazionale
delle
scuole
.
Come
l
'
intuizione
estetica
conosce
il
fenomeno
o
la
natura
,
e
il
concetto
filosofico
,
il
noumeno
o
lo
spirito
,
così
l
'
attività
economica
vuole
il
fenomeno
o
la
natura
,
e
quella
morale
il
noumeno
o
lo
spirito
.
Lo
spirito
che
vuole
sé
stesso
,
il
vero
sé
stesso
,
l
'
universale
ch
è
nello
spirito
empirico
e
finito
:
ecco
la
formola
,
che
forse
meno
impropriamente
definisce
il
concetto
della
moralità
.
Questa
volizione
del
vero
sé
stesso
è
l
'
assoluta
l
i
b
e
r
t
à
.
VIII
.
ESCLUSIONE
DI
ALTRE
FORME
SPIRITUALI
.
In
questo
schizzo
sommario
che
abbiamo
dato
dell
'
intera
Filosofia
dello
spirito
nei
suoi
momenti
fondamentali
,
lo
spirito
è
concepito
,
dunque
,
come
percorrente
quattro
momenti
o
gradi
,
disposti
in
modo
che
l
'
attività
teoretica
stia
alla
pratica
come
il
primo
grado
teoretico
sta
al
secondo
teoretico
e
il
primo
pratico
al
secondo
pratico
.
I
quattro
momenti
s
'
implicano
regressivamente
per
la
loro
concretezza
:
il
concetto
non
può
stare
senza
l
'
espressione
,
l
'
utile
senza
l
'
una
e
l
'
altro
,
e
la
moralità
senza
i
tre
gradi
che
precedono
.
Se
soltanto
il
fatto
estetico
è
,
in
certo
senso
,
indipendente
,
e
gli
altri
sono
più
o
meno
dipendenti
,
il
meno
spetta
al
pensiero
logico
e
il
più
alla
volontà
morale
.
L
'
intenzione
morale
opera
su
date
basi
teoretiche
,
dalle
quali
non
può
prescindere
,
salvo
che
non
si
voglia
ammettere
quell
'
assurdo
pratico
,
ch
'
è
la
gesuitica
direzione
d
intenzione
,
in
cui
si
finge
a
sé
stesso
di
non
sapere
ciò
che
si
sa
troppo
bene
.
Se
l
'
attività
umana
assume
quattro
forme
,
quattro
sono
anche
le
forme
del
genio
o
della
genialità
.
Veramente
,
geni
dell
'
arte
,
della
scienza
,
della
volontà
morale
o
eroi
,
sono
stati
sempre
riconosciuti
.
Ma
il
genio
della
pura
economicità
ha
suscitato
ripugnanza
;
e
non
senza
qualche
ragione
si
è
foggiata
una
categoria
di
cattivi
geni
o
i
geni
del
male
.
Il
genio
pratico
,
meramente
economico
,
che
non
si
dirige
a
un
fine
razionale
,
non
può
non
destare
un
'
ammirazione
mista
di
spavento
.
Disputare
poi
se
la
parola
«
genio
»
si
debba
dare
solo
ai
creatori
di
espressioni
estetiche
,
o
anche
ai
ricercatori
della
scienza
e
agli
uomini
dell
'
azione
,
sarebbe
far
questione
di
parole
.
E
osservare
,
d
'
altra
parte
,
che
il
genio
,
di
qualunque
specie
sia
,
è
sempre
un
concetto
quantitativo
e
una
distinzione
empirica
,
sarebbe
ripetere
ciò
che
si
è
già
spiegato
a
proposito
della
genialità
artistica
.
Una
quinta
forma
di
attività
dello
spirito
non
esiste
.
Sarebbe
agevole
andare
mostrando
come
tutte
le
altre
forme
o
non
abbiano
carattere
di
attività
o
siano
varianti
verbali
delle
attività
già
esaminate
o
fatti
complessi
e
derivati
,
nei
quali
le
varie
attività
si
mescolano
e
si
riempiono
di
contenuti
particolari
e
contingenti
.
Per
esempio
,
il
fatto
giuridico
,
considerato
in
quel
che
si
suole
chiamare
diritto
oggettivo
,
deriva
dalla
attività
economica
e
dalla
logica
insieme
:
il
diritto
è
una
regola
,
una
formola
(
orale
o
scritta
,
qui
importa
poco
)
,
in
cui
è
fissato
un
rapporto
economico
voluto
da
un
individuo
o
da
una
collettività
e
che
per
questo
lato
economico
si
unisce
e
si
distingue
insieme
dall
'
attività
morale
.
Un
altro
esempio
:
la
sociologia
viene
talvolta
concepita
(
ed
è
uno
dei
tanti
significati
che
prende
ai
tempi
nostri
questa
parola
)
come
lo
studio
di
un
elemento
originario
,
che
si
dice
socialità
.
Ma
che
cosa
distingue
la
socialità
,
ossia
i
rapporti
che
si
sviluppano
in
un
'
accolta
di
uomini
e
non
già
in
una
di
esseri
subumani
,
se
non
appunto
le
varie
attività
spirituali
che
sono
nei
primi
e
che
si
suppone
non
siano
,
o
siano
solo
in
grado
rudimentale
,
nei
secondi
?
La
socialità
,
dunque
,
nonché
concetto
originario
,
semplice
,
irriducibile
,
è
concetto
molto
complesso
e
complicato
.
Prova
ne
sia
l
'
impossibilità
,
generalmente
riconosciuta
,
di
enunciare
una
sola
legge
propriamente
sociologica
.
Quelle
che
impropriamente
si
chiamano
con
tal
nome
,
si
svelano
o
empiriche
osservazioni
storiche
o
leggi
spirituali
(
ossia
giudizi
nei
quali
si
traducono
i
concetti
delle
attività
spirituali
)
;
quando
non
si
disperdano
addirittura
in
vaghe
e
vuote
generalità
,
come
la
cosiddetta
legge
dell
'
evoluzione
.
E
talvolta
per
socialità
non
s
'
intende
altro
che
regola
sociale
,
e
quindi
Diritto
;
nella
quale
accezione
la
sociologia
si
confonde
con
la
scienza
e
teoria
del
diritto
.
Diritto
,
socialità
e
simili
concetti
sono
,
insomma
,
da
trattare
in
modo
analogo
a
quello
onde
abbiamo
considerato
e
risoluto
la
storicità
e
la
tecnica
.
Può
parere
che
altro
giudizio
convenga
fare
dell
'
attività
religiosa
.
Ma
la
religione
è
,
in
verità
,
conoscenza
,
e
non
si
distingue
dalle
altre
forme
e
sottoforme
di
questa
,
perché
,
a
volta
a
volta
,
è
espressione
di
aspirazioni
e
d
'
ideali
pratici
(
ideali
religiosi
)
o
racconto
storico
(
leggenda
)
o
scienza
per
concetti
(
dommatica
)
.
Perciò
può
alla
pari
sostenersi
,
e
che
la
religione
venga
distrutta
dal
progresso
della
conoscenza
umana
,
e
che
essa
persista
sempre
in
questa
.
Religione
era
tutto
il
patrimonio
di
conoscenze
dei
popoli
primitivi
:
il
nostro
patrimonio
di
conoscenze
è
la
nostra
religione
.
Il
contenuto
si
è
mutato
,
migliorato
,
affinato
,
e
muterà
e
migliorerà
e
si
affinerà
ancora
in
futuro
;
ma
la
forma
è
sempre
la
medesima
.
Coloro
che
accanto
alla
attività
teoretica
del
]
'
uomo
,
alla
sua
arte
,
alla
sua
critica
,
alla
sua
filosofia
,
vogliono
serbare
una
religione
,
non
sappiamo
poi
a
quale
uso
se
ne
varrebbero
.
È
impossibile
conservare
una
conoscenza
imperfetta
e
inferiore
,
quale
è
la
religiosa
,
accanto
a
ciò
che
l
ha
superata
e
inverata
.
Il
cattolicismo
,
sempre
coerente
,
non
tollera
una
scienza
,
una
storia
,
un
'
etica
in
contradizione
con
le
sue
concezioni
e
dottrine
;
meno
coerenti
,
i
razionalisti
si
dispongono
a
fare
un
po
di
largo
nelle
loro
anime
a
una
religione
,
ch
è
in
contradizione
con
tutto
il
loro
mondo
teoretico
.
Queste
smancerie
e
tenerezze
religiose
dei
razionalisti
ai
nostri
tempi
derivano
,
in
ultima
analisi
,
dal
culto
superstizioso
,
che
si
è
prodigato
alle
scienze
naturali
.
Le
quali
,
come
sappiamo
,
e
come
oramai
esse
medesime
confessano
per
bocca
dei
loro
maggiori
cultori
,
sono
tutte
circondate
da
limiti
.
Identificata
a
torto
la
Scienza
con
le
cosiddette
scienze
naturali
,
era
da
prevedere
che
si
sarebbe
dovuto
chiedere
il
complemento
alla
religione
:
quel
complemento
di
cui
lo
spirito
dell
'
uomo
non
può
far
di
meno
.
Al
materialismo
,
al
positivismo
,
al
naturalismo
noi
siamo
,
dunque
,
debitori
di
questa
malsana
,
e
spesso
non
ingenua
,
rifioritura
di
esaltazione
religiosa
,
che
è
roba
da
ospedale
quando
non
è
roba
da
politici
.
La
filosofia
toglie
ogni
ragion
d
'
essere
alla
religione
,
perché
le
si
sostituisce
.
Quale
scienza
dello
spirito
,
essa
guarda
alla
religione
come
a
un
fenomeno
,
a
un
fatto
storico
e
transitorio
,
a
uno
stato
psichico
superabile
.
E
se
divide
il
regno
della
conoscenza
con
le
discipline
naturali
,
con
la
storia
e
con
l
'
arte
,
lasciando
alle
prime
il
contare
e
misurare
e
classificare
,
alla
seconda
il
rappresentare
l
'
individuale
accaduto
e
alla
terza
quello
possibile
;
non
ha
nulla
da
spartire
con
la
religione
.
Per
la
stessa
ragione
,
in
quanto
scienza
dello
spirito
,
la
filosofia
non
può
essere
filosofia
del
dato
intuitivo
;
epperò
,
come
si
è
veduto
,
né
filosofia
della
storia
né
filosofia
della
natura
,
non
potendosi
concepire
scienza
filosofica
di
ciò
che
non
è
forma
e
universale
,
ma
materia
e
particolare
.
Il
che
torna
ad
affermare
l
'
impossibilità
della
Metafisica
.
Alla
filosofia
della
storia
è
succeduta
la
metodologia
o
logica
della
storia
;
a
quella
della
natura
,
una
gnoseologia
dei
concetti
che
si
adoperano
nelle
scienze
naturali
.
Quel
che
la
filosofia
può
studiare
della
storia
è
il
modo
come
essa
si
costruisce
(
intuizione
,
percezione
,
documento
,
probabilità
,
ecc
.
)
;
quel
che
può
studiare
delle
scienze
naturali
sono
le
forme
di
concetti
che
le
costituiscono
(
spazio
,
tempo
,
moto
,
numero
,
tipi
,
classi
,
ecc
.
)
.
La
filosofia
,
che
si
atteggia
come
metafisica
nel
senso
sopraindicato
,
pretenderebbe
,
invece
,
muovere
concorrenza
alla
storia
e
alle
scienze
naturali
,
le
sole
legittime
e
capaci
nel
loro
campo
;
e
concorrenza
che
non
potrebbe
non
riuscire
,
nel
fatto
,
cosa
da
guastamestieri
.
In
questo
significato
noi
ci
dichiariamo
antimetafisici
,
pur
dichiarandoci
ultrametafisici
,
allorché
si
voglia
con
quella
parola
rivendicare
e
affermare
l
'
ufficio
della
filosofia
come
autocoscienza
dello
spirito
,
distinto
dall
'
ufficio
meramente
empirico
e
classificatorio
delle
scienze
naturali
.
La
Metafisica
,
per
sostenersi
accanto
alle
scienze
dello
spirito
,
ha
dovuto
postulare
una
specifica
attività
dello
spirito
della
quale
essa
sarebbe
l
'
opera
perpetua
.
Chiamata
,
nell
'
antichità
,
fantasia
mentale
o
superiore
,
e
nei
tempi
moderni
,
più
spesso
,
intelletto
intuitivo
o
intuizione
intellettuale
,
quest
'
attività
riunirebbe
in
forma
tutta
propria
il
carattere
della
fantasia
e
quello
dell
intelletto
;
darebbe
il
modo
di
passare
per
deduzione
o
per
dialettica
dall
infinito
al
finito
,
dalla
forma
alla
materia
,
dal
concetto
all
'
intuizione
,
dalla
scienza
alla
storia
,
operando
con
un
metodo
che
compenetrerebbe
universale
e
particolare
,
astratto
e
concreto
,
intuizione
e
intelletto
.
Facoltà
veramente
mirabile
e
che
non
sappiamo
se
poi
sarebbe
gran
vantaggio
o
gran
danno
possedere
;
ma
di
cui
chi
,
come
noi
,
non
la
possiede
,
non
ha
modo
di
assodare
l
'
esistenza
.
L
intuizione
intellettuale
è
stata
talvolta
considerata
come
la
vera
attività
estetica
;
tal
'
altra
le
è
stata
collocata
accanto
,
o
sotto
,
o
sopra
,
una
facoltà
estetica
non
meno
mirabile
,
affatto
diversa
dalla
semplice
intuizione
,
e
della
quale
si
sono
celebrate
le
glorie
,
attribuendole
la
produzione
dell
'
arte
,
o
almeno
alcuni
gruppi
,
arbitrariamente
messi
insieme
,
di
produzione
artistica
.
Arte
,
religione
e
filosofia
sono
sembrate
a
volte
una
sola
,
a
volte
tre
distinte
facoltà
dello
spirito
,
restando
ora
questa
ora
quella
di
esse
superiore
nella
dignità
assegnata
a
ciascuna
.
È
impossibile
enumerare
tutti
i
vari
atteggiamenti
,
che
ha
assunto
e
che
può
assumere
questa
concezione
,
che
diremo
mistica
,
dell
Estetica
.
Con
essa
siamo
nei
domini
,
non
più
della
scienza
della
fantasia
,
ma
della
fantasia
stessa
,
che
crea
il
suo
mondo
con
gli
elementi
mutevoli
delle
impressioni
e
del
sentimento
.
Basti
accennare
che
quella
facoltà
misteriosa
è
stata
concepita
ora
come
pratica
,
ora
come
media
fra
la
teoretica
e
la
pratica
,
talvolta
ancora
come
forma
teoretica
concorrente
con
la
religione
e
con
la
filosofia
.
Da
quest
'
ultima
concezione
è
stata
talvolta
dedotta
l
'
immortalità
dell
'
arte
,
come
appartenente
insieme
con
le
due
sorelle
alla
sfera
dello
spirito
assoluto
.
Tal
'
altra
,
invece
,
considerando
che
la
religione
è
mortale
e
si
dissolve
nella
filosofia
,
è
stata
annunziata
la
mortalità
,
anzi
la
morte
già
accaduta
,
o
almeno
l
'
agonia
,
dell
'
arte
.
Questione
che
per
noi
non
ha
significato
;
giacché
,
posto
che
la
forma
dell
'
arte
è
un
grado
necessario
dello
spirito
,
domandare
se
l
'
arte
sia
eliminabile
sarebbe
né
più
né
meno
come
domandare
se
sia
eliminabile
la
sensazione
o
l
'
intelligenza
.
Ma
la
Metafisica
nel
senso
predetto
,
trasportandoci
in
un
mondo
arbitrario
,
è
incriticabile
nei
suoi
particolari
,
come
non
si
critica
la
botanica
del
giardino
di
Alcina
o
la
cinetica
del
viaggio
di
Astolfo
.
La
critica
si
fa
soltanto
,
ricusando
di
entrare
nel
gioco
;
rigettando
,
cioè
,
la
possibilità
stessa
della
Metafisica
,
sempre
nel
significato
sopradetto
.
Non
,
dunque
,
intuizione
intellettuale
nella
filosofia
,
né
il
surrogato
o
l
'
analogo
di
essa
nell
'
arte
,
l
'
intuizione
intellettuale
estetica
.
Oltre
i
quattro
gradi
dello
spirito
che
la
coscienza
ci
rivela
,
non
esiste
(
sia
lecito
insistere
)
un
quinto
grado
,
una
quinta
e
suprema
facoltà
teoretica
o
teoretico
-
pratica
,
fantastico
-
intellettuale
o
intellettuale
-
fantastica
,
o
come
altro
si
tenti
di
concepirla
.
IX
.
INDIVISIBILITÀ
DELL
'
ESPRESSIONE
IN
MODI
O
GRADI
E
CRITICA
DELLA
RETTORICA
.
Si
sogliono
dare
lunghi
cataloghi
dei
caratteri
dell
'
arte
;
ma
a
noi
,
giunti
a
questo
punto
della
trattazione
,
dopo
avere
considerato
l
'
arte
come
attività
spirituale
,
come
attività
teoretica
e
come
speciale
attività
teoretica
(
intuitiva
)
,
è
dato
agevolmente
scorgere
che
quelle
numerose
e
svariate
determinazioni
di
caratteri
,
tutte
le
volte
che
accennano
a
qualcosa
di
reale
,
non
fanno
altro
che
ripresentare
ciò
che
abbiamo
già
conosciuto
come
genere
,
specie
e
individualità
della
forma
estetica
.
Alla
determinazione
generica
si
riducono
,
come
si
è
osservato
,
i
caratteri
,
o
,
meglio
,
le
varianti
verbali
dell
'
unità
,
dell
'
unità
nella
varietà
,
della
semplicità
,
dell
'
originalità
,
e
via
dicendo
;
alla
specifica
,
la
verità
,
la
schiettezza
,
e
simili
;
alla
individuale
,
la
vita
,
la
vivacità
,
l
'
animazione
,
la
concretezza
,
l
individualità
,
la
caratteristicità
.
Le
parole
possono
cangiare
ancora
,
ma
non
apporteranno
scientificamente
nulla
di
nuovo
.
L
'
analisi
dell
'
espressione
in
quanto
tale
è
esaurita
coi
caratteri
esposti
di
sopra
.
Si
potrebbe
invece
domandare
a
questo
punto
se
vi
siano
modi
o
gradi
dell
'
espressione
;
se
,
distinti
nell
'
attività
dello
spirito
due
gradi
,
ciascuno
dei
quali
suddiviso
in
altri
due
,
uno
di
questi
,
l
'
intuitivo
-
espressivo
,
non
si
suddivida
a
sua
volta
in
due
o
più
modi
intuitivi
,
in
un
primo
,
secondo
o
terzo
grado
di
espressione
.
Ma
questa
ulteriore
divisione
è
impossibile
;
una
classificazione
delle
intuizioni
-
espressioni
è
bensì
lecita
,
ma
non
è
filosofica
;
i
singoli
fatti
espressivi
sono
altrettanti
individui
,
l
'
uno
non
ragguagliabile
con
l
'
altro
se
non
nella
comune
qualità
di
espressione
.
Per
adoperare
il
linguaggio
delle
scuole
,
l
'
espressione
è
una
specie
,
che
non
può
fungere
a
sua
volta
da
genere
.
Variano
le
impressioni
ossia
i
contenuti
;
ogni
contenuto
è
diverso
da
ogni
altro
,
perché
niente
si
ripete
nella
vita
;
e
al
variare
continuo
dei
contenuti
corrisponde
la
varietà
irriducibile
delle
forme
espressive
,
sintesi
estetiche
delle
impressioni
.
Corollario
di
ciò
è
l
'
impossibilità
delle
traduzioni
,
in
quanto
abbiano
la
pretesa
di
compiere
il
travasamento
di
un
'
espressione
in
un
'
altra
,
come
di
un
liquido
da
un
vaso
in
un
altro
di
diversa
forma
.
Si
può
elaborare
logicamente
ciò
che
prima
era
stato
elaborato
in
forma
estetica
,
ma
non
ridurre
ciò
che
ha
avuto
già
la
sua
forma
estetica
ad
altra
forma
anche
estetica
.
Ogni
traduzione
,
infatti
,
o
sminuisce
e
guasta
,
ovvero
crea
una
nuova
espressione
,
rimettendo
la
prima
nel
crogiuolo
e
mescolandola
con
le
impressioni
personali
di
colui
che
si
chiama
traduttore
.
Nel
primo
caso
l
'
espressione
resta
sempre
una
,
quella
dell
'
originale
,
essendo
l
'
altra
più
o
meno
deficiente
,
cioè
non
propriamente
espressione
:
nell
'
altro
,
saranno
,
sì
,
due
,
ma
di
due
contenuti
diversi
.
Brutte
fedeli
o
belle
infedeli
;
questo
detto
proverbiale
coglie
bene
il
dilemma
,
che
ogni
traduttore
si
trova
innanzi
.
Le
traduzioni
inestetiche
,
come
quelle
letterali
o
parafrastiche
,
sono
poi
da
considerare
semplici
comenti
degli
originali
.
L
'
indebita
divisione
delle
espressioni
in
vari
gradi
è
nota
in
letteratura
col
nome
di
dottrina
dell
'
ornato
o
delle
categorie
rettoriche
.
Ma
anche
negli
altri
gruppi
di
arte
simili
tentativi
di
distinzione
non
mancano
:
basta
ricordare
le
forme
realistica
e
simbolica
,
di
cui
così
di
frequente
si
parla
in
pittura
e
scultura
.
E
realistico
e
simbolico
,
oggettivo
e
soggettivo
,
classico
e
romantico
,
semplice
e
ornato
,
proprio
e
metaforico
,
e
le
quattordici
forme
delle
metafore
,
e
le
figure
di
parola
e
di
sentenza
,
e
il
pleonasmo
,
e
l
'
ellissi
,
e
l
'
inversione
,
la
ripetizione
e
i
sinonimi
e
gli
omonimi
,
queste
e
tutte
le
altre
determinazioni
di
modi
e
gradi
dell
'
espressione
scoprono
la
loro
nullità
filosofica
quando
cercano
di
svolgersi
in
definizioni
precise
,
perché
allora
o
annaspano
nel
vuoto
o
cadono
nell
'
assurdo
.
Esempio
tipico
,
la
comunissima
definizione
della
metafora
,
come
di
un
'
altra
parola
messa
in
luogo
della
parola
propria
.
E
perché
darsi
quest
'
incomodo
,
perché
sostituire
alla
parola
propria
la
impropria
e
prendere
la
via
più
lunga
e
peggiore
,
quando
è
nota
la
più
corta
e
migliore
?
Forse
perché
,
come
si
suo
]
dire
volgarmente
,
la
parola
propria
,
in
certi
casi
,
non
è
tanto
espressiva
quanto
la
pretesa
parola
impropria
o
metafora
?
Ma
,
se
così
è
,
la
metafora
è
appunto
,
in
quel
caso
,
la
parola
«
propria
»
;
e
quella
che
si
suol
chiamare
propria
,
se
fosse
adoperata
in
quel
caso
,
sarebbe
poco
espressiva
e
perciò
improprissima
.
Simili
osservazioni
di
elementare
buon
senso
si
possono
ripetere
a
proposito
delle
altre
categorie
e
di
quella
stessa
,
generale
,
dell
'
ornato
,
e
qui
,
per
es
.
,
domandare
come
un
ornamento
si
congiunga
con
l
'
espressione
.
Esternamente
?
e
rimane
sempre
diviso
dall
'
espressione
.
Internamente
?
e
in
questo
secondo
caso
o
non
serve
all
'
espressione
e
la
guasta
,
o
ne
fa
parte
,
e
non
è
ornamento
ma
elemento
costitutivo
dell
'
espressione
,
indivisibile
e
indistinguibile
nell
'
unità
di
essa
.
Quanto
male
abbiano
prodotto
le
distinzioni
rettoriche
non
occorre
dire
:
contro
la
rettorica
si
è
già
abbastanza
declamato
,
quantunque
,
pure
ribellandosi
contro
le
conseguenze
,
se
ne
conservino
in
pari
tempo
preziosamente
(
forse
per
dare
saggio
di
filosofica
coerenza
)
i
principi
.
In
letteratura
le
categorie
rettoriche
hanno
contribuito
,
se
non
a
far
prevalere
,
almeno
a
giustificare
teoricamente
quel
particolare
modo
di
scriver
male
,
ch
'
è
lo
scriver
bene
o
secondo
rettorica
.
I
vocaboli
,
che
abbiamo
menzionati
,
non
uscirebbero
dalle
scuole
,
nelle
quali
ciascuno
di
noi
li
ha
appresi
(
salvo
poi
a
non
trovare
il
modo
di
valersene
nelle
discussioni
strettamente
estetiche
,
o
a
ricordarli
solo
scherzosamente
e
con
una
tinta
comica
)
,
se
talvolta
non
fossero
adoperati
in
uno
dei
seguenti
tre
significati
:
l
°
come
varianti
verbali
del
concetto
estetico
;
2°
come
indicazioni
dell
'
antiestetico
;
o
infine
(
ch
è
l
'
uso
più
importante
)
3°
in
servigio
non
più
dell
'
arte
e
dell
'
estetica
,
ma
della
scienza
e
della
logica
.
l
)
Le
espressioni
,
considerate
direttamente
o
positivamente
,
non
si
dividono
in
classi
;
ma
vi
sono
,
per
altro
,
espressioni
riuscite
e
altre
restate
a
mezzo
o
sbagliate
,
le
perfette
e
le
imperfette
,
le
valide
e
le
deficienti
.
I
vocaboli
ricordati
,
e
gli
altri
della
stessa
sorta
,
possono
dunque
indicare
,
talvolta
,
l
'
espressione
riuscita
e
le
varie
conformazioni
di
quelle
sbagliate
;
benché
sogliono
fare
ciò
nel
modo
più
incostante
e
capriccioso
,
tanto
che
il
medesimo
vocabolo
serve
ora
a
designare
il
perfetto
,
ora
a
condannare
l
imperfetto
.
Per
esempio
,
ci
sarà
chi
,
innanzi
a
due
quadri
,
l
'
uno
privo
d
ispirazione
,
nel
quale
l
'
autore
ha
inintelligentemente
copiato
oggetti
naturali
,
e
l
'
altro
,
bene
ispirato
ma
che
non
trova
riscontro
ovvio
in
oggetti
esistenti
,
chiamerà
il
primo
realistico
e
il
secondo
simbolico
.
Per
contrario
,
altri
innanzi
a
un
quadro
fortemente
sentito
,
raffigurante
una
scena
della
vita
ordinaria
,
pronunzierà
la
parola
realistico
,
e
innanzi
a
un
altro
quadro
che
freddamente
allegorizzi
,
quella
di
simbolico
.
C
evidente
che
nel
primo
caso
simbolico
significa
artistico
,
e
realistico
antiartistico
;
laddove
,
nel
secondo
caso
,
realistico
è
sinonimo
di
artistico
e
simbolico
di
antiartistico
.
Quale
meraviglia
se
alcuni
sostengano
poi
calorosamente
che
la
vera
forma
artistica
è
la
simbolica
,
e
che
la
realistica
è
antiartistica
;
e
altri
che
artistica
è
la
realistica
,
e
antiartistica
la
simbolica
?
e
come
non
dare
ragione
e
agli
uni
e
agli
altri
,
una
volta
che
ciascuno
adopera
quelle
parole
in
significati
tanto
diversi
?
Le
grandi
dispute
intorno
al
classicismo
e
al
romanticismo
si
aggiravano
di
frequente
sopra
equivoci
di
questo
genere
.
Il
primo
veniva
inteso
talora
come
l
'
artisticamente
perfetto
,
il
secondo
come
il
disarmonico
e
imperfetto
;
ma
,
altra
volta
,
classico
valeva
freddo
e
artificioso
,
e
romantico
,
schietto
,
caloroso
,
efficace
,
veramente
espressivo
.
Così
si
poteva
sempre
con
ragione
parteggiare
per
il
classico
contro
il
romantico
o
per
il
romantico
contro
il
classico
.
Accade
il
medesimo
per
la
parola
stile
.
Talora
si
asserisce
che
ogni
scrittore
deve
avere
stile
;
e
,
in
questo
caso
,
stile
è
sinonimo
di
forma
o
espressione
.
Tal
'
altra
si
qualifica
priva
di
stile
la
forma
di
un
codice
di
leggi
o
di
un
libro
di
matematica
;
e
qui
si
ricade
nell
'
errore
di
porre
due
modi
diversi
di
espressioni
,
e
un
'
espressione
ornata
e
un
'
altra
nuda
,
perché
,
se
stile
è
forma
,
si
deve
ammettere
,
parlando
con
rigore
,
che
codice
e
trattato
di
matematica
abbiano
anch
'
essi
il
loro
stile
.
Altra
volta
ancora
si
ode
dai
critici
biasimare
chi
mette
troppo
stile
,
chi
fa
dello
stile
;
e
qui
è
chiaro
che
stile
significa
,
non
la
forma
né
un
modo
di
questa
,
ma
l
'
espressione
impropria
e
pretensiosa
,
una
specie
di
antiartistico
.
2
)
Il
secondo
uso
non
del
tutto
vuoto
di
queste
distinzioni
e
vocaboli
s
'
incontra
allorché
,
per
esempio
,
nell
'
esame
di
una
composizione
letteraria
,
si
ode
notare
:
In
questo
punto
è
un
pleonasmo
,
in
quest
'
altro
un
'
ellissi
,
in
quest
'
altro
una
metafora
,
in
quest
'
altro
ancora
un
sinonimo
o
un
equivoco
.
E
s
'
intende
dire
:
Qui
è
un
errore
consistente
nell
'
aver
messo
un
numero
di
parole
maggiore
del
necessario
(
pleonasmo
)
;
qui
invece
,
l
'
errore
nasce
dall
'
averne
messe
troppo
poche
(
ellissi
)
;
qui
,
da
una
parola
impropria
(
metafora
)
;
qui
,
da
due
parole
,
che
sembrano
dire
cose
diverse
,
laddove
dicono
lo
stesso
(
sinonimo
)
;
qui
,
per
contrario
,
da
un
'
unica
parola
che
sembra
dire
lo
stesso
,
laddove
dice
due
cose
diverse
(
equivoco
)
.
Per
altro
,
siffatto
uso
peggiorativo
e
patologico
dei
vocaboli
della
rettorica
è
più
raro
del
precedente
.
3
)
Finalmente
,
quando
la
terminologia
rettorica
non
ha
nessun
significato
estetico
,
simile
o
analogo
a
quelli
passati
in
rassegna
,
e
pur
si
avverte
che
non
è
vuota
e
che
accenna
a
qualcosa
che
merita
di
essere
tenuto
in
conto
,
vuol
dire
che
è
adoperata
a
servigio
della
logica
e
della
scienza
.
Posto
che
un
concetto
nell
'
uso
scientifico
di
uno
scrittore
sia
designato
con
un
determinato
vocabolo
,
è
naturale
che
altri
vocaboli
che
quello
scrittore
trova
adoperati
,
o
incidentalmente
adopera
egli
stesso
per
significare
il
medesimo
concetto
,
diventino
,
rispetto
al
vocabolo
da
lui
fissato
come
esatto
,
metafora
,
sineddoche
,
sinonimo
,
forma
ellittica
e
simili
.
Anche
noi
,
nel
corso
di
questa
trattazione
,
ci
siamo
valsi
più
volte
(
e
intendiamo
valerci
ancora
)
di
cotesto
modo
di
dire
per
chiarire
il
senso
delle
parole
che
veniamo
adoperando
o
che
troviamo
adoperate
.
Ma
questo
procedimento
,
che
ritiene
il
suo
valore
nelle
disquisizioni
critiche
della
scienza
e
della
filosofia
,
non
ne
possiede
alcuno
nella
critica
letteraria
e
d
'
arte
.
Per
la
scienza
,
vi
sono
parole
proprie
e
metafore
:
uno
stesso
concetto
si
può
formare
psicologicamente
tra
varie
circostanze
e
perciò
esprimere
con
varia
intuizione
;
e
nel
costituirsi
della
terminologia
scientifica
di
uno
scrittore
,
fissato
uno
di
questi
modi
come
il
retto
,
gli
altri
appaiono
tutti
impropri
o
tropici
.
Ma
nel
fatto
estetico
non
si
hanno
se
non
parole
proprie
;
e
una
stessa
intuizione
non
si
può
esprimere
se
non
in
un
sol
modo
,
appunto
perché
è
intuizione
e
non
concetto
.
Alcuni
,
concedendo
l
'
insussistenza
estetica
delle
categorie
rettoriche
,
soggiungono
una
riserva
circa
l
'
utilità
di
esse
e
i
servigi
che
renderebbero
,
specie
nelle
scuole
di
letteratura
.
Confessiamo
di
non
intendere
come
l
'
errore
e
la
confusione
possano
educare
la
mente
alla
distinzione
logica
o
servire
all
'
apprendimento
di
quei
principi
di
scienza
che
da
essi
vengono
turbati
e
oscurati
.
Ma
forse
si
vorrà
dire
che
quelle
distinzioni
,
in
quanto
classi
empiriche
,
possono
agevolare
l
'
apprendimento
e
giovare
alla
memoria
,
in
modo
conforme
a
quanto
si
è
ammesso
di
sopra
circa
i
generi
letterari
e
artistici
:
su
di
che
,
nessuna
obiezione
.
Per
un
altro
fine
le
categorie
rettoriche
debbono
,
di
certo
,
seguitare
a
comparire
nelle
scuole
:
per
esservi
criticate
.
Non
è
lecito
dimenticare
senz
'
altro
gli
errori
del
passato
;
né
le
verità
si
riesce
a
tenere
in
vita
in
altro
modo
che
col
farle
battagliare
contro
gli
errori
.
Se
non
si
dà
notizia
delle
categorie
rettoriche
accompagnandola
con
la
critica
relativa
,
c
è
rischio
che
rinascano
;
e
si
può
dire
che
già
vadano
rinascendo
presso
alcuni
filologi
come
freschissime
scoperte
psicologiche
.
Parrebbe
che
,
a
questo
modo
,
si
volesse
negare
ogni
legame
di
somiglianza
delle
espressioni
o
delle
opere
d
'
arte
tra
loro
.
Le
somiglianze
esistono
,
e
in
forza
di
esse
le
opere
d
'
arte
possono
essere
disposte
in
questo
o
quel
gruppo
.
Ma
sono
somiglianze
quali
si
avvertono
tra
gl
'
individui
,
e
che
non
è
dato
mai
fissare
con
determinazioni
concettuali
:
somiglianze
,
cioè
,
alle
quali
mal
si
applicano
l
'
identificazione
,
la
subordinazione
,
la
coordinazione
e
le
altre
relazioni
dei
concetti
,
e
che
consistono
semplicemente
in
ciò
che
si
chiama
aria
di
famiglia
,
derivante
dalle
condizioni
storiche
tra
cui
nascono
le
varie
opere
,
o
dalle
parentele
d
'
anima
degli
artisti
.
E
in
siffatte
somiglianze
si
fonda
la
possibilità
relativa
delle
traduzioni
;
non
in
quanto
riproduzioni
(
che
sarebbe
vano
tentare
)
delle
medesime
espressioni
originali
,
ma
in
quanto
produzioni
di
espressioni
somiglianti
e
più
o
meno
prossime
a
quelle
.
La
traduzione
,
che
si
dice
buona
,
è
un
'
approssimazione
,
che
ha
valore
originale
d
'
opera
d
'
arte
e
può
stare
da
sé
.
X
.
I
SENTIMENTI
ESTETICI
E
LA
DISTINZIONE
DEL
BELLO
E
DEL
BRUTTO
.
Passando
a
studiare
concetti
più
complessi
,
nei
quali
l
'
attività
estetica
deve
essere
considerata
nella
sua
congiunzione
con
altri
ordini
di
attività
,
e
a
indicare
il
modo
dell
'
unione
o
complicazione
,
ci
viene
innanzi
,
in
primo
luogo
,
il
concetto
di
sentimento
,
e
di
quei
sentimenti
che
si
dicono
estetici
.
La
parola
sentimento
è
una
delle
più
riccamente
polisense
della
terminologia
filosofica
;
e
già
abbiamo
avuto
occasione
d
'
incontrarla
una
volta
tra
quelle
che
si
adoperano
a
designare
lo
spirito
nella
sua
passività
,
la
materia
o
contenuto
dell
'
arte
,
e
perciò
quale
sinonimo
d
'
impressioni
;
e
un
'
altra
volta
(
e
il
significato
era
allora
affatto
diverso
)
,
a
designare
il
carattere
alogico
e
astorico
del
fatto
estetico
,
cioè
l
'
intuizione
pura
,
forma
di
verità
che
non
definisce
nessun
concetto
né
afferma
nessuna
realtà
.
Ma
qui
essa
non
ci
riguarda
in
nessuno
di
cotesti
due
significati
,
né
negli
altri
che
pure
le
sono
stati
conferiti
per
designare
altre
forme
conoscitive
dello
spirito
,
si
bene
in
quello
soltanto
onde
il
sentimento
è
inteso
come
una
speciale
attività
,
di
natura
non
conoscitiva
,
avente
i
suoi
poli
,
positivo
e
negativo
,
nel
piacere
e
nel
dolore
.
Attività
,
cotesta
,
che
ha
messo
sempre
in
grandi
impacci
i
filosofi
i
quali
si
sono
provati
perciò
o
a
negarla
in
quanto
attività
o
ad
attribuirla
alla
natura
,
escludendola
dallo
spirito
.
Ma
entrambe
queste
soluzioni
sono
irte
di
difficoltà
,
e
tali
che
a
chi
le
esamini
con
cura
si
dimostrano
alla
fine
inaccettabili
.
Perché
che
cosa
potrebbe
mai
essere
un
'
attività
non
spirituale
,
un
'
attività
della
natura
,
quando
noi
non
abbiamo
altra
conoscenza
dell
'
attività
se
non
come
spiritualità
,
e
della
spiritualità
se
non
come
attività
,
e
natura
è
in
questo
caso
,
per
definizione
,
il
meramente
passivo
,
inerte
,
meccanico
,
materiale
?
D
'
altra
parte
,
la
negazione
del
carattere
di
attività
al
sentimento
viene
energicamente
smentita
proprio
da
quei
poli
del
piacere
e
del
dolore
,
che
appaiono
in
esso
e
mostrano
l
'
attività
nella
sua
concretezza
e
,
diremmo
,
nel
suo
fremito
.
Questa
conclusione
critica
dovrebbe
mettere
nel
maggiore
imbarazzo
proprio
noi
,
che
,
nello
schizzo
dato
di
sopra
del
sistema
dello
spirito
,
non
avremmo
lasciato
alcun
posto
per
la
nuova
attività
,
di
cui
saremmo
ora
costretti
a
riconoscere
l
'
esistenza
.
Senonché
l
'
attività
del
sentimento
,
se
è
attività
,
non
è
per
altro
nuova
;
e
già
ha
avuto
il
posto
che
le
toccava
nel
sistema
da
noi
abbozzato
,
sebbene
con
altro
nome
,
è
cioè
come
attività
economica
.
L
'
attività
,
che
si
dice
del
sentimento
,
non
è
altra
che
quella
più
elementare
e
fondamentale
attività
pratica
,
che
abbiamo
distinta
dalla
forma
etica
e
fatta
consistere
nell
'
appetizione
e
volizione
di
un
fine
qualsiasi
individuale
,
scevra
di
ogni
determinazione
morale
.
Se
il
sentimento
è
stato
alle
volte
considerato
come
attività
organica
o
naturale
,
ciò
è
accaduto
appunto
perché
esso
non
coincide
né
con
l
'
attività
logica
né
con
quella
estetica
né
con
quella
etica
;
e
,
guardato
dal
punto
di
vista
di
quelle
tre
(
che
erano
le
sole
che
si
ammettessero
)
,
appariva
fuori
dello
spirito
vero
e
proprio
,
dello
spirito
nella
sua
aristocrazia
,
e
quasi
determinazione
della
natura
o
della
psiche
in
quanto
natura
.
E
risulta
anche
da
ciò
la
verità
di
un
'
altra
tesi
,
più
volte
sostenuta
,
che
l
'
attività
estetica
,
al
pari
di
quelle
etica
e
intellettuale
,
non
sia
sentimento
:
tesi
inoppugnabile
,
posto
che
il
sentimento
sia
stato
già
,
implicitamente
e
inconsapevolmente
,
inteso
come
volizione
economica
.
La
concezione
,
che
in
questo
caso
vien
rifiutata
,
è
nota
col
nome
di
edonismo
,
consistente
nel
ridurre
tutte
le
varie
forme
dello
spirito
a
una
sola
,
che
perde
così
anche
il
suo
proprio
carattere
distintivo
e
diventa
alcunché
di
torbido
,
misterioso
,
somigliante
veramente
alle
tenebre
in
cui
tutte
le
vacche
sono
nere
.
Compiuta
questa
riduzione
e
mutilazione
,
gli
edonisti
,
com
è
naturale
,
non
riescono
a
vedere
altro
,
in
qualsiasi
attività
,
se
non
piacere
e
dolore
;
e
tra
il
piacere
dell
'
arte
e
quello
della
facile
digestione
,
tra
il
piacere
di
una
buona
azione
e
quello
del
respirare
l
'
aria
fresca
a
pieni
polmoni
,
non
trovano
nessuna
differenza
sostanziale
.
Ma
se
l
'
attività
del
sentimento
,
nel
significato
ora
definito
,
non
deve
essere
sostituita
a
tutte
le
altre
forme
dell
'
attività
spirituale
,
non
è
detto
che
non
possa
accompagnarle
.
Le
accompagna
,
anzi
,
di
necessità
,
perché
esse
sono
tutte
in
relazione
stretta
e
tra
loro
e
con
l
'
elementare
forma
volitiva
;
onde
ciascuna
di
esse
ha
concomitanti
le
volizioni
individuali
e
i
piaceri
e
dolori
volitivi
,
che
si
dicono
del
sentimento
.
Soltanto
non
bisogna
confondere
ciò
che
è
concomitante
e
ciò
che
è
principale
o
dominante
,
e
disconoscere
questo
per
quello
.
La
scoperta
di
una
verità
o
l
'
adempimento
di
un
dovere
morale
produce
in
noi
una
gioia
,
che
fa
vibrare
tutto
il
nostro
essere
,
il
quale
,
col
raggiungere
il
risultato
di
quelle
forme
d
'
attività
spirituale
,
raggiunge
insieme
ciò
a
cui
praticamente
in
quel
moto
tendeva
come
a
suo
fine
.
Tuttavia
,
la
soddisfazione
economica
o
edonistica
,
la
soddisfazione
etica
,
la
soddisfazione
estetica
,
la
soddisfazione
intellettuale
restano
sempre
,
pur
in
quella
loro
unione
,
tra
loro
distinte
.
Per
tal
modo
si
chiarisce
nel
tempo
stesso
la
questione
più
volte
proposta
(
e
che
è
sembrata
non
a
torto
di
vita
o
di
morte
per
la
scienza
estetica
)
:
se
il
sentimento
e
il
piacere
preceda
o
segua
,
sia
causa
o
effetto
del
fatto
estetico
.
Questione
che
bisogna
ampliare
in
quella
del
rapporto
tra
le
varie
forme
spirituali
,
e
risolvere
nel
senso
che
non
possa
parlarsi
di
causa
cd
effetto
,
e
di
un
prima
e
un
poi
cronologici
,
nell
'
unità
dello
spirito
.
E
cadono
,
stabilita
l
'
esposta
relazione
,
le
indagini
che
si
sogliono
istituire
sul
carattere
dei
sentimenti
estetici
,
morali
,
intellettuali
,
o
anche
(
come
si
è
detto
talvolta
)
economici
.
In
quest
'
ultimo
caso
,
è
chiaro
che
si
tratta
addirittura
non
di
due
termini
ma
di
uno
;
e
la
ricerca
sul
sentimento
economico
non
può
essere
se
non
quella
stessa
riguardante
l
'
attività
economica
.
Ma
anche
negli
altri
casi
la
ricerca
non
può
volgere
mai
sul
sostantivo
,
sì
bene
sull
'
aggettivo
:
l
'
esteticità
,
la
moralità
,
la
logicità
spiegheranno
il
vario
colorarsi
dei
sentimenti
in
estetici
,
morali
e
intellettuali
,
laddove
il
sentimento
per
sé
considerato
non
spiegherà
mai
quelle
rifrazioni
e
colorazioni
.
Un
'
ulteriore
conseguenza
è
,
che
non
fa
più
d
'
uopo
serbare
le
ben
note
distinzioni
tra
sentimenti
di
valore
e
sentimenti
meramente
edonistici
e
privi
di
valore
,
tra
sentimenti
disinteressati
e
interessati
,
oggettivi
e
non
oggettivi
o
soggettivi
,
di
approvazione
e
di
mero
diletto
(
Gefallen
e
Vergnügen
dei
tedeschi
)
.
Quelle
distinzioni
s
'
industriavano
a
salvare
le
tre
forme
spirituali
che
venivano
riconosciute
come
la
triade
del
Vero
,
Buono
e
Bello
,
contro
la
confusione
con
la
quarta
forma
,
ancora
disconosciuta
,
e
perciò
insidiosa
nella
sua
indeterminatezza
e
madre
di
scandali
.
Per
noi
,
esse
hanno
esaurito
ormai
il
loro
compito
,
perché
siamo
in
grado
di
raggiungere
ben
più
direttamente
la
distinzione
,
con
l
'
accogliere
,
cioè
,
anche
i
sentimenti
interessati
,
soggettivi
,
di
mero
diletto
,
tra
le
rispettabili
forme
dello
spirito
;
e
dove
prima
si
concepiva
(
e
noi
stessi
un
tempo
concepivamo
)
antinomia
tra
valore
e
sentimento
come
tra
spiritualità
e
naturalità
,
non
vediamo
ormai
altro
che
differenze
tra
valore
e
valore
.
Come
si
è
già
detto
,
il
sentimento
o
attività
economica
si
presenta
diviso
in
due
poli
,
positivo
e
negativo
,
piacere
e
dolore
,
che
possiamo
ora
tradurre
in
utile
e
disutile
(
o
nocivo
)
.
Bipartizione
già
accennata
di
sopra
a
prova
del
carattere
attivistico
del
sentimento
e
che
si
ritrova
infatti
in
tutte
le
forme
dell
'
attività
.
Se
ognuna
di
queste
è
valore
,
ognuna
ha
,
di
fronte
a
sé
,
l
'
antivalore
o
disvalore
.
E
perché
si
abbia
disvalore
non
basta
che
vi
sia
semplice
assenza
di
valore
,
ma
occorre
che
attività
e
passività
siano
in
lotta
tra
loro
senza
che
l
'
una
vinca
l
'
altra
;
donde
la
contradizione
e
il
disvalore
dell
'
attività
impacciata
,
contrastata
,
interrotta
.
Il
valore
è
l
'
attività
che
si
spiega
liberamente
:
il
disvalore
è
il
suo
contrario
.
Senza
entrare
qui
nel
problema
del
rapporto
tra
valore
e
disvalore
,
ossia
nel
problema
dei
contrari
(
se
,
cioè
,
siano
da
pensare
dualisticamente
come
due
entità
o
due
ordini
di
entità
nemiche
,
come
Ormuzd
e
Arimane
,
gli
angeli
e
i
diavoli
,
ovvero
come
un
'
unità
,
che
è
insieme
contrarietà
)
,
ci
contenteremo
di
questa
definizione
dei
due
termini
,
come
bastevole
al
nostro
scopo
presente
,
che
è
di
venire
chiarendo
l
'
attività
estetica
,
e
,
in
questo
punto
particolare
,
uno
dei
concetti
più
oscuri
e
dibattuti
dell
Estetica
:
il
concetto
del
Bello
.
I
valori
e
disvalori
estetici
,
intellettuali
,
economici
ed
etici
,
hanno
varie
denominazioni
nel
linguaggio
comune
,
bello
,
vero
,
buono
,
utile
,
conveniente
,
giusto
,
esatto
,
e
così
via
,
che
designano
il
libero
spiegarsi
dell
'
attività
spirituale
,
l
'
azione
,
la
ricerca
scientifica
,
la
produzione
artistica
ben
riuscite
;
e
brutto
,
falso
,
cattivo
,
inutile
,
sconveniente
,
ingiusto
,
inesatto
,
designanti
l
'
attività
impacciata
,
il
prodotto
mal
riuscito
.
Nell
'
uso
linguistico
,
queste
denominazioni
si
trasportano
continuamente
da
un
ordine
di
fatti
all
'
altro
.
Bello
,
per
esempio
,
si
trova
detto
non
solo
di
una
espressione
riuscita
,
ma
anche
di
una
verità
scientifica
e
di
un
'
azione
utilmente
compiuta
e
di
un
'
azione
morale
;
onde
si
parla
poi
di
un
bello
intellettuale
,
di
un
bello
d
'
azione
,
di
un
bello
morale
.
A
correre
dietro
a
questi
usi
svariatissimi
si
entra
in
un
labirinto
verbalistico
,
impervio
e
inestricabile
,
nel
quale
non
pochi
filosofi
ed
estetici
si
sono
cacciati
e
smarriti
.
Epperò
ci
è
parso
conveniente
di
scansare
finora
studiosamente
l
'
uso
della
parola
bello
a
designare
l
'
espressione
nel
suo
valore
positivo
.
Ma
,
dopo
tutte
le
spiegazioni
che
abbiamo
fornite
,
essendo
ormai
dissipato
ogni
pericolo
di
fraintendimenti
,
e
non
potendosi
,
d
'
altro
canto
,
sconoscere
che
la
tendenza
prevalente
così
nel
linguaggio
comune
come
in
quello
filosofico
è
di
restringere
il
significato
del
vocabolo
bello
per
l
'
appunto
al
valore
estetico
,
ci
sembra
lecito
e
opportuno
definire
la
bellezza
espressione
riuscita
,
o
meglio
,
espressione
senz
'
altro
,
perché
l
'
espressione
,
quando
non
è
riuscita
,
non
è
espressione
.
Conseguentemente
,
il
brutto
è
l
'
espressione
sbagliata
.
E
per
le
opere
d
'
arte
non
riuscite
vale
il
paradosso
:
che
il
bello
ci
presenta
unicità
di
bellezza
e
il
brutto
molteplicità
.
Onde
,
di
solito
,
innanzi
alle
opere
estetiche
più
o
meno
sbagliate
si
ode
discorrere
di
pregi
,
ossia
delle
loro
parti
belle
,
come
non
accade
invece
innanzi
a
quelle
perfette
.
In
queste
,
infatti
,
riesce
impossibile
enumerare
i
pregi
o
designare
le
parti
belle
,
perché
,
essendo
fusione
completa
,
hanno
un
unico
pregio
:
la
vita
circola
in
tutto
l
'
organismo
e
non
è
ritirata
in
alcuna
delle
singole
parti
.
I
pregi
delle
opere
sbagliate
possono
essere
di
vario
grado
,
anche
grandissimi
.
E
laddove
il
bello
non
presenta
gradi
non
essendo
concepibile
un
più
bello
,
cioè
un
espressivo
più
espressivo
,
un
adeguato
più
adeguato
,
li
presenta
invece
il
brutto
,
e
tali
che
vanno
dal
lievemente
brutto
(
o
quasi
bello
)
al
grandemente
brutto
.
Ma
se
il
brutto
fosse
completo
,
vale
a
dire
privo
di
qualsiasi
elemento
di
bellezza
,
esso
,
per
ciò
stesso
,
cesserebbe
di
essere
brutto
,
perché
verrebbe
,
in
quel
caso
,
a
mancare
la
contradizione
in
cui
è
la
sua
ragion
d
'
essere
.
Il
disvalore
diventerebbe
il
non
-
valore
,
l
'
attività
cederebbe
il
luogo
alla
passività
,
con
la
quale
essa
non
è
in
guerra
se
non
quando
questa
sia
effettivamente
guerreggiata
.
E
poiché
la
coscienza
distintiva
del
bello
e
del
brutto
si
fonda
sui
contrasti
e
sulle
contradizioni
in
cui
si
avvolge
l
'
attività
estetica
,
è
evidente
che
questa
coscienza
si
attenua
fino
a
dileguarsi
del
tutto
via
via
che
si
discenda
dai
casi
più
complessi
ai
più
semplici
e
ai
semplicissimi
di
espressione
.
Da
ciò
l
'
illusione
che
si
diano
espressioni
né
belle
né
brutte
,
considerandosi
come
tali
quelle
che
si
ottengono
senza
sensibile
sforzo
e
si
presentano
come
naturali
.
A
queste
ormai
facilissime
definizioni
si
riduce
tutto
il
mistero
del
bello
e
del
brutto
.
Che
se
qualcuno
obietti
che
esistono
espressioni
estetiche
perfette
,
innanzi
alle
quali
non
si
prova
piacere
,
e
altre
,
fors
'
anche
sbagliate
,
che
ci
procurano
piacere
vivissimo
,
bisogna
raccomandargli
di
far
bene
attenzione
,
nel
fatto
estetico
,
a
quello
solo
ch
è
veramente
piacere
estetico
.
Questo
viene
talvolta
rafforzato
,
o
piuttosto
complicato
,
da
piaceri
provenienti
da
fatti
estranei
,
i
quali
solo
casualmente
vi
si
trovano
congiunti
.
Un
esempio
di
piacere
puramente
estetico
offre
il
poeta
o
qualsiasi
altro
artista
nel
momento
in
cui
vede
(
intuisce
)
per
la
prima
volta
la
sua
opera
;
quando
,
cioè
,
le
sue
impressioni
pigliano
corpo
e
il
volto
gli
s
'
irraggia
della
divina
gioia
del
creatore
.
Un
piacere
misto
prova
invece
chi
si
è
recato
a
teatro
,
dopo
una
giornata
di
lavoro
,
per
assistere
a
una
commedia
;
quando
,
cioè
,
il
piacere
del
riposo
,
dello
svago
,
o
quello
del
ridere
sconficcando
un
chiodo
dalla
bara
preparata
,
si
accompagna
agli
istanti
di
vero
piacere
estetico
per
l
'
arte
del
commediografo
e
degli
attori
.
Lo
stesso
si
dica
dell
'
artista
,
il
quale
,
finito
il
suo
lavoro
,
lo
contempli
con
compiacenza
,
provando
,
oltre
il
diletto
estetico
,
quello
ben
diverso
che
sorge
dal
pensiero
dell
'
amor
proprio
soddisfatto
,
o
magari
del
lucro
economico
che
dalla
sua
opera
sia
per
venirgli
.
E
gli
esempi
si
potrebbero
moltiplicare
.
Nell
'
estetica
moderna
è
stata
foggiata
una
categoria
di
sentimenti
estetici
apparenti
,
derivanti
non
dalla
forma
ossia
dalle
opere
d
'
arte
in
quanto
tali
,
ma
dal
contenuto
delle
opere
d
'
arte
.
Le
rappresentazioni
artistiche
(
si
è
osservato
)
destano
piacere
e
dolore
nelle
loro
infinite
gradazioni
e
varietà
:
si
palpita
,
si
gioisce
,
si
teme
,
si
piange
,
si
ride
,
si
vuole
coi
personaggi
di
un
dramma
o
di
un
romanzo
,
con
le
figure
di
un
quadro
e
con
le
melodie
di
una
musica
.
Cotesti
sentimenti
,
per
altro
,
non
sono
quelli
che
desterebbe
il
fatto
reale
fuori
dell
'
arte
,
o
meglio
,
identici
nella
qualità
,
quantitativamente
sono
una
attenuazione
dei
reali
:
il
piacere
e
il
dolore
estetici
e
apparenti
si
manifestano
leggieri
,
poco
profondi
,
mobili
.
Di
questi
sentimenti
apparenti
non
è
il
caso
di
discorrere
qui
di
proposito
,
per
la
buona
ragione
che
ne
abbiamo
già
ampiamente
discorso
,
e
anzi
non
abbiamo
finora
discorso
d
'
altro
che
di
essi
.
Sentimenti
che
diventano
apparenti
o
parventi
,
che
cos
'
altro
sono
mai
se
non
sentimenti
oggettivati
,
intuiti
,
espressi
?
Ed
è
naturale
che
non
ci
diano
travaglio
e
agitazione
passionale
come
quelli
della
vita
reale
,
perché
quelli
erano
materia
e
questi
sono
forma
e
attività
,
quelli
veri
e
propri
sentimenti
,
questi
intuizioni
ed
espressioni
.
La
formola
dei
sentimenti
apparenti
non
è
altro
,
dunque
,
per
noi
,
che
una
tautologia
,
sulla
quale
potremmo
dare
senza
scrupolo
un
frego
di
penna
.
XI
.
CRITICA
DELL
'
EDONISMO
ESTETICO
.
Come
siamo
avversari
dell
'
edonismo
in
genere
,
ossia
della
teoria
la
quale
,
fondandosi
sul
piacere
e
dolore
che
è
intrinseco
all
'
attività
utilitaria
o
economica
e
perciò
inseparabile
da
ogni
altra
forma
di
attività
,
confonde
contenente
e
contenuto
e
non
riconosce
altro
processo
che
quello
edonistico
;
così
ci
opponiamo
all
'
edonismo
particolare
estetico
,
il
quale
considera
,
se
non
tutte
le
altre
attività
,
almeno
quella
estetica
come
semplice
vicenda
di
sentimento
e
confonde
il
piacevole
dell
'
espressione
,
ch
è
il
bello
,
col
piacevole
senz
'
altro
,
col
piacevole
d
'
ogni
altra
sorta
.
La
concezione
edonistica
dell
'
arte
si
presenta
in
parecchie
forme
,
delle
quali
una
delle
più
antiche
considera
il
bello
come
il
piacevole
della
vista
e
dell
'
udito
,
ossia
dei
cosiddetti
sensi
superiori
.
All
inizio
dell
'
analisi
dei
fatti
estetici
era
,
in
verità
,
difficile
sfuggire
alla
fallace
credenza
elle
un
quadro
o
una
musica
siano
impressioni
della
vista
o
dell
'
udito
,
e
interpretare
rettamente
l
'
ovvia
osservazione
che
il
cieco
non
gode
la
pittura
e
il
sordo
non
gode
la
musica
.
Mostrare
,
come
abbiamo
mostrato
,
che
il
produrre
estetico
non
dipende
dalla
natura
delle
impressioni
,
ma
che
tutte
le
impressioni
dei
sensi
possono
essere
elevate
a
espressione
e
nessuna
vi
ha
singolare
diritto
per
la
sua
qualità
o
per
la
classe
a
cui
appartiene
,
è
una
concezione
che
si
presenta
solo
dopo
che
sono
state
tentate
tutte
le
altre
costruzioni
dottrinali
possibili
in
questa
materia
.
Chi
immagina
che
il
fatto
estetico
sia
qualcosa
di
piacevole
per
gli
occhi
o
per
l
'
udito
,
non
ha
poi
nessuna
linea
di
difesa
contro
colui
che
,
logicamente
proseguendo
,
identifica
il
bello
col
piacevole
in
genere
,
e
include
nell
Estetica
la
culinaria
,
o
(
come
qualche
positivista
ha
fatto
)
il
bello
viscerale
.
Un
'
altra
forma
dell
'
edonismo
estetico
è
la
teoria
del
gioco
.
Il
concetto
del
gioco
ha
aiutato
talvolta
a
riconoscere
il
carattere
attivistico
del
fatto
espressivo
:
l
'
uomo
(
è
stato
detto
)
non
è
veramente
uomo
se
non
quando
comincia
a
giocare
(
cioè
quando
si
sottrae
alla
causalità
naturale
e
meccanica
,
producendo
spiritualmente
)
;
e
il
primo
suo
gioco
è
l
'
arte
.
Ma
poiché
la
parola
gioco
significa
anche
quel
piacere
che
nasce
dalla
provocata
scarica
dell
'
energia
esuberante
dell
'
organismo
(
ossia
da
un
bisogno
pratico
)
,
la
conseguenza
di
questa
teoria
è
stata
,
che
si
è
denominato
fatto
estetico
qualunque
gioco
,
o
si
è
denominato
gioco
l
'
arte
in
quanto
può
entrare
a
parte
di
un
gioco
,
come
accade
di
altre
cose
,
e
perfino
della
scienza
.
Sola
la
moralità
non
può
essere
dominata
mai
(
per
la
contradizione
che
nol
consente
)
dall
'
intenzione
di
giocare
;
e
domina
invece
e
regola
essa
l
'
atto
medesimo
del
gioco
.
Vi
è
stato
perfino
chi
ha
tentato
di
dedurre
il
piacere
dell
'
arte
dalla
risonanza
di
quello
degli
organi
sessuali
.
Ed
estetici
modernissimi
pongono
volentieri
la
genesi
de
]
.
fatto
estetico
nell
'
attrattiva
del
vincere
e
del
trionfare
,
o
,
come
altri
aggiunge
,
nel
bisogno
del
maschio
che
intende
a
conquistare
la
femmina
.
Teoria
che
si
condisce
con
molta
erudizione
di
aneddoti
,
Dio
sa
quanto
sicuri
!
,
sui
costumi
dei
popoli
selvaggi
;
ma
che
in
verità
non
avrebbe
bisogno
di
tanto
sussidio
,
giacché
di
poeti
che
si
adornino
delle
proprie
poesie
come
galli
che
ergano
la
cresta
o
tacchini
che
facciano
la
rota
,
se
ne
incontra
ben
di
frequente
nella
vita
ordinaria
.
Solamente
,
chi
fa
di
queste
cose
,
e
in
quanto
le
fa
,
non
è
poeta
,
sì
bene
un
povero
diavolo
,
anzi
un
povero
diavolo
di
gallo
o
di
tacchino
;
e
la
brama
della
vittoria
e
la
trionfale
conquista
della
femmina
non
hanno
che
vedere
col
fatto
dell
'
arte
.
Tanto
varrebbe
considerare
la
poesia
come
nient
'
altro
che
un
prodotto
economico
,
perché
vi
sono
stati
un
tempo
poeti
aulici
e
stipendiati
,
e
ve
ne
sono
tuttavia
che
aiutano
,
se
non
proprio
campano
la
vita
,
con
la
vendita
dei
loro
versi
.
La
quale
deduzione
e
definizione
non
ha
mancato
di
trarre
qualche
troppo
zelante
neofito
del
materialismo
storico
.
Un
'
altra
scuola
,
meno
grossolana
,
considera
l
Estetica
come
la
scienza
del
simpatico
,
di
ciò
con
cui
noi
simpatizziamo
,
che
ci
attira
,
ci
letifica
,
ci
desta
piacere
e
ammirazione
.
Ma
il
simpatico
è
nient
'
altro
che
l
'
immagine
o
rappresentazione
di
ciò
che
piace
.
E
,
come
tale
,
è
fatto
complesso
,
risultante
da
un
elemento
costante
,
che
è
quello
estetico
della
rappresentazione
,
e
da
uno
variabile
ch
è
il
piacevole
nelle
sue
infinite
apparizioni
,
nascente
da
tutte
le
varie
classi
di
valori
.
Nel
linguaggio
volgare
si
prova
talora
come
una
ripugnanza
a
chiamare
bella
l
'
espressione
,
che
non
sia
espressione
del
simpatico
.
Di
qui
i
continui
contrasti
tra
il
discorrere
dell
'
estetico
o
del
critico
d
'
arte
e
quello
della
persona
volgare
,
la
quale
non
riesce
a
persuadersi
che
l
immagine
del
dolore
e
della
turpitudine
possa
essere
bella
,
o
,
almeno
,
che
sia
bella
con
lo
stesso
diritto
di
quella
del
piacevole
e
del
buono
.
Il
contrasto
si
potrebbe
risolvere
distinguendo
due
scienze
diverse
,
una
dell
'
espressione
e
l
'
altra
del
simpatico
,
se
quest
'
ultimo
potesse
formare
oggetto
d
'
una
scienza
speciale
;
se
cioè
non
fosse
,
come
si
è
mostrato
,
un
concetto
complesso
,
quando
addirittura
non
sia
equivoco
.
Se
in
esso
si
dà
prevalenza
al
fatto
espressivo
,
si
entra
nella
Estetica
come
scienza
dell
'
espressione
;
se
al
contenuto
piacevole
,
si
ricade
nello
studio
di
fatti
essenzialmente
edonistici
(
utilitari
)
,
per
complicati
che
possano
presentarsi
.
Nell
Estetica
del
simpatico
è
da
cercare
anche
l
'
origine
precipua
della
dottrina
che
concepisce
il
rapporto
tra
contenuto
e
forma
come
la
somma
di
due
valori
.
L
'
arte
,
in
tutte
le
dottrine
or
ora
accennate
,
è
considerata
colpe
cosa
meramente
edonistica
.
Ma
l
'
edonismo
estetico
non
può
rimanere
saldo
se
non
a
condizione
che
si
congiunga
con
un
edonismo
filosofico
generale
,
il
quale
non
riconosca
alcun
'
altra
forma
di
valore
.
Non
appena
quel
concetto
edonistico
dell
'
arte
viene
accolto
da
filosofi
che
ammettono
uno
o
più
valori
spirituali
,
di
verità
o
di
moralità
,
non
può
non
sorgere
la
questione
:
Che
cosa
deve
farsi
dell
'
arte
?
a
qual
uso
valersene
?
è
da
lasciare
libero
corso
ai
diletti
che
essa
procura
?
o
bisogna
restringerli
?
e
in
quali
confini
?
La
questione
del
fine
dell
'
arte
,
che
nell
'
Estetica
dell
'
espressione
è
inconcepibile
,
nell
Estetica
del
simpatico
trova
il
suo
indubbio
significato
e
domanda
una
soluzione
.
Tale
soluzione
,
com
è
chiaro
,
non
può
avere
se
non
due
forme
:
una
di
carattere
negativo
,
l
'
altra
di
carattere
restrittivo
.
La
prima
,
che
diremo
rigoristica
o
ascetica
,
e
che
appare
parecchie
volte
,
sebbene
non
di
frequente
,
nella
storia
delle
idee
,
stima
l
'
arte
un
'
ebrezza
dei
sensi
,
epperò
non
solo
inutile
ma
nociva
:
bisogna
,
dunque
,
secondo
quella
teoria
,
liberarne
con
ogni
sforzo
e
industria
l
'
animo
umano
,
che
essa
perturba
.
L
'
altra
soluzione
,
che
chiameremo
pedagogica
o
utilitario
-
moralistica
,
ammette
l
'
arte
,
ma
solo
in
quanto
concorre
al
fine
della
moralità
;
in
quanto
aiuta
con
un
piacere
innocente
l
'
opera
di
chi
indirizza
al
vero
e
al
buono
;
in
quanto
sparge
di
soave
liquore
gli
orli
del
vaso
del
sapere
e
del
dovere
.
È
bene
osservare
che
sarebbe
erroneo
distinguere
questa
seconda
concezione
in
intellettualistica
e
utilitario
-
moralistica
,
secondo
che
all
'
arte
s
'
assegni
il
fine
di
condurre
al
vero
o
al
bene
pratico
.
Il
compito
,
che
le
viene
imposto
,
dell
'
istruire
,
appunto
perché
è
un
fine
che
si
cerca
e
raccomanda
,
è
,
non
più
mero
fatto
teoretico
,
ma
fatto
teoretico
diventato
già
materia
d
'
azione
pratica
;
non
intellettualismo
,
dunque
,
ma
sempre
pedagogismo
e
praticismo
.
Né
più
esatto
sarebbe
sottodistinguere
la
concezione
pedagogica
dell
'
arte
in
utilitaria
pura
e
in
utilitario
-
moralistica
,
giacché
coloro
che
ammettono
solo
l
'
utile
individuale
(
il
libito
dell
'
individuo
)
,
appunto
perché
edonisti
assoluti
,
non
hanno
alcun
motivo
a
cercare
un
'
ulteriore
giustificazione
dell
'
arte
.
Ma
enunciare
queste
teorie
,
nel
punto
al
quale
siamo
giunti
,
vale
confutarle
.
Piuttosto
giova
avvertire
che
nella
teoria
pedagogica
dell
'
arte
si
ritrova
un
'
altra
ancora
delle
cause
,
per
le
quali
è
stata
erroneamente
posta
l
'
esigenza
che
il
contenuto
dell
'
arte
debba
essere
(
in
vista
di
determinati
effetti
pratici
)
scelto
.
Contro
l
Estetica
edonistica
e
contro
quella
pedagogica
,
si
è
spesso
levata
la
tesi
,
riecheggiata
volentieri
dagli
artisti
,
che
l
'
arte
consista
nella
bellezza
pura
:
Nella
pura
bellezza
il
ciel
ripose
Ogni
nostra
letizia
,
e
il
Verso
è
tutto
(
D
'
Annunzio
)
.
Se
si
vuol
intendere
con
ciò
che
l
'
arte
non
è
da
scambiare
con
la
mera
dilettazione
sensuale
(
col
praticismo
utilitario
)
o
con
l
'
esercizio
della
moralità
,
si
conceda
,
in
questo
caso
,
anche
alla
nostra
di
fregiarsi
del
titolo
di
Estetica
della
bellezza
pura
.
Ma
se
per
quest
'
ultima
s
'
intende
invece
(
come
spesso
si
è
fatto
)
qualcosa
di
mistico
e
di
trascendente
,
ignoto
al
nostro
povero
mondo
umano
;
o
qualcosa
che
sia
spirituale
e
beatificante
,
ma
non
già
espressivo
;
dobbiamo
rispondere
che
,
plaudendo
al
concetto
di
una
bellezza
,
pura
di
tutto
ciò
che
non
sia
la
forma
spirituale
dell
'
espressione
,
non
sapremmo
concepire
una
bellezza
superiore
a
questa
e
,
meno
ancora
,
tale
che
sia
depurata
perfino
della
espressione
,
ossia
scevra
di
sé
medesima
.
XII
.
L
'
ESTETICA
DEL
SIMPATICO
E
I
CONCETTI
PSEUDOESTETICI
.
La
dottrina
del
simpatico
(
animata
e
secondata
dalla
capricciosa
Estetica
metafisica
e
mistica
,
e
da
quel
cieco
tradizionalismo
onde
si
suppone
un
legame
logico
tra
cose
che
per
caso
si
trovino
trattate
insieme
dagli
stessi
autori
e
negli
stessi
libri
)
,
ha
introdotti
e
resi
domestici
nei
sistemi
di
Estetica
una
serie
di
concetti
,
dei
quali
basta
dare
un
rapido
cenno
per
giustificare
il
risoluto
discacciamento
che
ne
facciamo
dal
nostro
.
Il
catalogo
di
essi
è
lungo
,
anzi
interminabile
:
tragico
,
comico
,
sublime
,
patetico
,
commovente
,
triste
,
ridicolo
,
malinconico
,
tragicomico
,
umoristico
,
maestoso
,
dignitoso
,
serio
,
grave
,
imponente
,
nobile
,
decoroso
,
grazioso
,
attraente
,
stuzzicante
,
civettuolo
,
idillico
,
elegiaco
,
allegro
,
violento
,
ingenuo
,
crudele
,
turpe
,
orrido
,
disgustoso
,
spaventoso
,
nauseante
;
e
chi
più
ne
ha
,
più
ne
metta
.
Poiché
quella
dottrina
assumeva
a
oggetto
suo
proprio
il
simpatico
,
era
naturale
che
non
potesse
trascurare
nessuna
delle
varietà
del
simpatico
,
nessuno
dei
miscugli
e
delle
gradazioni
per
le
quali
da
esso
nella
sua
più
alta
e
intensa
manifestazione
si
giunge
via
via
fino
al
suo
contrario
,
all
'
antipatico
e
ripugnante
.
E
poiché
il
contenuto
simpatico
era
considerato
come
il
bello
e
l
'
antipatico
come
il
brutto
,
le
varietà
(
tragico
,
comico
,
sublime
,
patetico
,
ecc
.
)
formavano
per
quella
concezione
dell
Estetica
le
gradazioni
e
le
sfumature
intercedenti
tra
il
bello
e
il
brutto
.
Enumerate
e
definite
alla
meglio
le
principali
di
coteste
varietà
,
l
Estetica
del
simpatico
si
proponeva
il
problema
circa
il
posto
da
concedere
al
brutto
nell
'
arte
:
problema
privo
di
significato
per
noi
che
non
conosciamo
altro
brutto
che
l
'
antiestetico
o
l
inespressivo
,
il
quale
non
può
essere
mai
parte
del
fatto
estetico
,
essendone
invece
il
contrario
e
l
'
antitesi
.
Ma
,
nella
dottrina
che
qui
esaminiamo
,
la
posizione
e
discussione
di
quel
problema
importava
né
più
né
meno
che
la
necessità
di
conciliare
in
qualche
modo
la
falsa
e
monca
idea
dell
'
arte
da
cui
si
prendevano
le
mosse
dell
'
arte
ristretta
alla
rappresentazione
del
piacevole
con
l
'
arte
effettiva
,
che
spazia
in
campi
ben
più
larghi
.
Da
ciò
l
'
artifizioso
tentativo
di
stabilire
quali
casi
di
brutto
(
antipatico
)
possano
ammettersi
nella
rappresentazione
artistica
,
e
per
quali
ragioni
e
in
quali
modi
.
La
risposta
suonava
:
che
il
brutto
è
ammessibile
solo
quando
è
superabile
,
dovendo
un
brutto
insuperabile
,
come
il
disgustoso
o
nauseante
,
essere
escluso
senz
'
altro
;
e
che
il
brutto
,
ammesso
nell
'
arte
,
ha
per
ufficio
di
contribuire
a
rafforzare
l
'
effetto
del
bello
(
simpatico
)
,
producendo
una
serie
di
contrasti
da
cui
il
piacevole
esca
più
efficace
e
letificante
.
È
,
infatti
,
comune
osservazione
che
il
piacere
si
sente
con
tanto
maggiore
vivezza
quanto
più
è
preceduto
da
astinenza
e
tormento
.
Il
brutto
nell
'
arte
veniva
a
questo
modo
considerato
come
addetto
ai
servigi
del
bello
,
stimolante
e
condimento
del
piacere
estetico
.
Col
cadere
dell
Estetica
del
simpatico
cade
anche
cotesta
artificiosa
dottrina
di
raffinamento
edonistico
,
che
è
nota
con
la
formola
pomposa
di
dottrina
del
superamento
del
brutto
;
e
in
pari
tempo
l
'
enumerazione
e
la
definizione
dei
concetti
accennati
di
sopra
si
dimostrano
estranee
all
Estetica
.
La
quale
non
conosce
né
il
simpatico
né
l
'
antipatico
né
le
loro
varietà
,
ma
solamente
la
spirituale
attività
della
rappresentazione
.
Senonché
il
grande
posto
che
,
come
abbiamo
detto
,
quei
concetti
hanno
occupato
finora
nelle
trattazioni
estetiche
,
rende
opportuno
qualche
maggiore
chiarimento
intorno
all
'
indole
loro
.
Quale
sarà
la
loro
sorte
?
Esclusi
dall
Estetica
,
in
quale
altra
parte
della
filosofia
verranno
accolti
?
In
verità
,
in
nessuna
parte
,
perché
quei
concetti
sono
privi
di
valore
filosofico
.
Essi
non
sono
altro
che
una
serie
di
classi
,
da
potersi
plasmare
nel
modo
più
vario
e
moltiplicare
a
libito
,
nelle
quali
si
cerca
di
ripartire
le
infinite
complicazioni
e
sfumature
dei
valori
e
disvalori
della
vita
.
Di
coceste
classi
alcune
hanno
significato
prevalentemente
positivo
,
come
il
bello
,
il
sublime
,
il
maestoso
,
il
solenne
,
il
serio
,
il
grave
,
il
nobile
,
l
'
elevato
;
altre
,
significato
prevalentemente
negativo
,
come
il
brutto
,
il
doloroso
,
l
'
orrido
,
lo
spaventoso
,
il
tremendo
,
il
mostruoso
,
l
'
insulso
,
lo
stravagante
;
in
altre
,
infine
,
prevale
l
'
aspetto
del
miscuglio
,
come
è
il
caso
del
comico
,
del
tenero
,
del
malinconico
,
dell
'
umoristico
,
del
tragicomico
.
Complicazioni
infinite
,
perché
infinite
sono
le
individuazioni
;
onde
non
è
possibile
costruirne
i
concetti
se
non
nel
modo
approssimativo
che
è
proprio
delle
scienze
naturali
,
paghe
di
schematizzare
alla
meglio
quel
reale
che
né
si
esaurisce
per
enumerazione
né
ad
esse
è
dato
comprendere
e
superare
speculativamente
.
E
poiché
la
disciplina
naturalistica
che
assume
di
costruire
tipi
e
schemi
sulla
vita
spirituale
dell
'
uomo
,
è
la
Psicologia
(
della
quale
,
infatti
,
si
va
sempre
meglio
accentuando
ai
giorni
nostri
il
carattere
meramente
empirico
e
descrittivo
)
,
quei
concetti
non
sono
di
pertinenza
né
dell
Estetica
né
in
genere
della
filosofia
,
ma
debbono
essere
rimandati
,
per
l
'
appunto
,
alla
Psicologia
.
Come
di
tutte
le
altre
costruzioni
psicologiche
,
così
di
quei
concetti
non
sono
possibili
,
dunque
,
definizioni
rigorose
;
e
non
è
lecito
,
per
conseguenza
,
dedurli
l
'
uno
dall
'
altro
e
connetterli
in
sistema
,
come
pur
tante
volte
è
stato
tentato
con
grande
spreco
di
tempo
e
senza
risultati
utili
.
E
nemmeno
si
può
pretendere
di
ottenere
,
in
cambio
di
quelle
filosofiche
riconosciute
impossibili
,
definizioni
empiriche
che
siano
universalmente
adoprabili
come
calzanti
e
vere
.
Le
definizioni
empiriche
non
sono
mai
uniche
ma
sempre
innumerevoli
,
variando
secondo
i
casi
e
gl
'
intenti
pei
quali
si
foggiano
:
che
se
una
sola
ce
ne
fosse
e
questa
avesse
valore
di
verità
,
la
definizione
,
com
è
chiaro
,
non
sarebbe
empirica
,
ma
rigorosa
e
filosofica
.
Ed
effettivamente
ogniqualvolta
è
stato
adoperato
alcuno
dei
termini
che
abbiamo
ricordati
(
o
che
della
medesima
serie
si
potrebbero
ricordare
)
se
n
è
data
insieme
,
espressa
o
sottintesa
,
una
nuova
definizione
.
Ciascuna
di
quelle
definizioni
differiva
dall
'
altra
per
un
qualcosa
,
per
un
particolare
,
sia
pure
minimo
,
e
pei
tacito
riferimento
a
uno
o
altro
fatto
individuale
al
quale
si
guardava
di
preferenza
,
elevandolo
a
tipo
generale
.
Perciò
accade
che
nessuna
di
esse
contenti
mai
chi
l
'
ascolta
,
e
neppure
colui
stesso
che
la
foggia
;
il
quale
,
subito
dopo
,
messo
a
fronte
di
un
nuovo
caso
,
la
riconosce
più
o
meno
insufficiente
e
disadatta
,
e
da
ritoccare
.
Bisogna
,
dunque
,
lasciare
liberi
i
parlanti
e
gli
scriventi
di
definire
volta
per
volta
il
sublime
o
il
comico
,
il
.
tragico
o
l
'
umoristico
,
secondo
loro
piaccia
e
sembri
comodo
per
il
fine
che
si
propongono
.
E
se
s
'
insiste
per
ottenere
una
definizione
empirica
di
validità
universale
,
non
e
è
da
somministrare
se
non
questa
:
-
Sublime
(
o
comico
,
tragico
,
umoristico
,
ecc
.
)
è
tutto
ciò
che
è
stato
,
o
sarà
,
chiamato
così
da
coloro
che
hanno
adoperato
,
o
adopereranno
,
queste
parole
.
Che
cosa
è
il
sublime
?
L
'
affermarsi
improvviso
di
una
forza
morale
ultrapossente
:
eccone
una
definizione
.
Ma
altrettanto
buona
è
l
'
altra
,
la
quale
riconosce
il
sublime
anche
dove
la
forza
che
si
afferma
è
una
volontà
ultrapossente
bensì
,
ma
immorale
e
distruttiva
.
E
l
'
una
e
l
'
altra
rimarranno
poi
nel
vago
e
non
acquisteranno
determinatezza
nessuna
se
non
saranno
riferite
a
un
caso
concreto
,
a
un
esempio
,
che
faccia
intendere
che
cosa
si
chiami
qui
ultrapossente
,
e
che
cosa
improvviso
:
concetti
quantitativi
,
anzi
falsamente
quantitativi
,
pei
quali
manca
ogni
misura
,
e
che
sono
,
in
fondo
,
metafore
,
frasi
enfatiche
o
logiche
tautologie
.
E
l
'
umoristico
sarà
il
riso
tra
le
lagrime
,
il
riso
amaro
,
lo
sbalzo
brusco
dal
comico
al
tragico
e
dal
tragico
al
comico
,
il
comico
romantico
,
il
sublime
a
rovescio
,
la
guerra
indetta
a
ogni
tentativo
d
'
insincerità
,
la
compassione
che
si
vergogna
di
piangere
,
il
ridere
non
del
fatto
ma
dell
'
ideale
stesso
,
o
come
altro
piaccia
meglio
,
secondo
che
con
queste
formole
si
tenti
di
cogliere
la
fisionomia
di
questo
o
quel
poeta
,
di
questa
o
quella
poesia
,
che
è
,
nella
sua
singolarità
,
la
definizione
di
sé
medesima
,
la
sola
adeguata
,
benché
circoscritta
e
momentanea
.
Il
comico
è
stato
definito
come
il
dispiacere
destato
dalla
percezione
di
una
stortura
e
seguito
subito
da
un
maggior
piacere
derivante
dal
rilasciarsi
delle
nostre
forze
psichiche
,
che
erano
tese
nell
'
aspettazione
di
qualcosa
che
si
prevedeva
importante
.
Nell
'
ascoltare
un
racconto
,
per
esempio
,
che
ci
descriva
il
proposito
magnifico
ed
eroico
di
una
determinata
persona
,
noi
anticipiamo
con
la
fantasia
l
'
avvento
di
un
'
azione
magnifica
ed
eroica
e
ci
prepariamo
ad
accoglierla
,
tendendo
le
nostre
forze
psichiche
.
Senonché
,
d
'
un
tratto
,
in
cambio
dell
'
azione
magnifica
ed
eroica
elle
le
premesse
e
il
tono
del
racconto
ci
preannunziavano
,
con
una
voltata
improvvisa
,
sopravviene
un
'
azione
piccola
,
meschina
,
stolta
,
impari
all
'
attesa
.
Ci
siamo
ingannati
,
e
il
riconoscimento
dell
'
inganno
porta
seco
un
attimo
di
dispiacere
.
Ma
quest
'
attimo
è
come
soverchiato
da
quello
che
immediatamente
segue
,
in
cui
possiamo
fare
getto
dell
'
attenzione
preparata
,
liberarci
della
provvista
di
forza
psichica
accumulata
e
ormai
superflua
,
sentirci
leggieri
e
sani
:
che
è
il
piacere
del
comico
,
col
suo
equivalente
fisiologico
,
il
riso
.
Se
il
fatto
spiacevole
sopraggiunto
ci
ferisse
vivamente
nei
nostri
interessi
,
il
piacere
non
sorgerebbe
,
il
riso
sarebbe
subito
soffocato
,
la
forza
psichica
sarebbe
tesa
e
sovrattesa
da
altre
percezioni
più
gravi
.
Se
invece
tali
percezioni
più
gravi
non
sopravvengono
,
se
tutto
il
danno
consiste
in
un
piccolo
inganno
della
nostra
preveggenza
,
a
questo
ben
lieve
dispiacere
fa
ampio
compenso
il
succeduto
sentimento
della
nostra
ricchezza
psichica
.
Questa
,
compendiata
in
poche
parole
,
è
una
delle
più
accurate
definizioni
moderne
del
comico
,
che
vanta
di
raccogliere
in
sé
,
giustificati
o
corretti
e
inveterati
,
i
molteplici
tentativi
succeduti
in
proposito
dall
'
antichità
ellenica
in
poi
:
da
quello
di
Platone
nel
Filebo
,
e
dall
'
altro
più
esplicito
di
Aristotele
,
considerante
il
comico
come
un
brutto
senza
dolore
,
via
via
alla
teoria
dell
Hobbes
,
che
lo
riponeva
nel
sentimento
della
superiorità
individuale
,
o
a
quella
kantiana
del
rilasciarsi
di
una
tensione
,
o
alle
altre
proposte
da
altri
,
del
contrasto
tra
grande
e
piccolo
,
infinito
e
finito
,
e
via
dicendo
.
Ma
,
se
ben
si
osservi
,
la
recata
analisi
e
definizione
,
tanto
elaborata
e
rigorosa
in
apparenza
,
enuncia
caratteri
che
sono
propri
non
solo
del
comico
,
ma
di
ogni
processo
spirituale
;
com
è
il
seguirsi
di
momenti
dolorosi
e
momenti
piacevoli
e
la
soddisfazione
nascente
dalla
coscienza
della
forza
e
del
suo
libero
spiegarsi
.
Il
differenziamento
è
dato
qui
da
determinazioni
quantitative
,
di
cui
non
si
potrebbero
assegnare
i
limiti
,
e
che
restano
perciò
vaghe
parole
,
attingenti
qualche
significato
dal
riferimento
a
questo
o
quel
fatto
comico
singolo
e
dalle
disposizioni
d
'
animo
di
chi
le
pronuncia
.
Se
quella
definizione
viene
presa
troppo
sul
serio
,
anche
di
essa
accade
ciò
che
Giampaolo
Richter
ebbe
a
dire
in
genere
di
tutte
le
definizioni
del
comico
:
che
il
loro
solo
merito
è
di
riuscire
esse
stesse
comiche
e
di
produrre
nella
realtà
il
fatto
che
indarno
tentano
di
fissare
logicamente
,
dando
così
a
conoscerlo
in
qualche
modo
con
la
presenza
stessa
.
E
chi
determinerà
mai
logicamente
la
linea
divisoria
tra
il
comico
e
il
non
comico
,
tra
il
riso
e
il
sorriso
,
tra
il
sorriso
e
la
gravità
,
e
taglierà
con
tagli
netti
quel
sempre
vario
continuo
in
cui
si
spazia
la
vita
?
I
fatti
,
classificati
alla
meglio
negli
indicati
concetti
psicologici
,
non
hanno
con
l
'
arte
altra
relazione
fuori
di
quella
,
generica
,
che
tutti
essi
,
in
quanto
compongono
la
materia
della
vita
,
possono
fornire
materia
di
rappresentazione
artistica
;
e
l
'
altra
,
accidentale
,
che
nei
processi
descritti
entrano
talvolta
anche
fatti
estetici
,
come
è
il
caso
dell
'
impressione
di
sublime
che
può
suscitare
l
'
opera
di
un
artista
titano
,
di
un
Dante
o
di
uno
Shakespeare
,
e
di
quella
comica
del
conato
di
un
imbrattatele
o
di
un
imbrattacarte
.
Ma
anche
in
questo
caso
il
processo
è
estrinseco
al
fatto
estetico
,
al
quale
non
si
lega
effettivamente
se
noni
il
sentimento
del
valore
e
disvalore
estetico
,
del
bello
e
del
brutto
.
Il
Farinata
dantesco
esteticamente
è
bello
e
nient
'
altro
che
bello
:
che
poi
la
forza
di
volontà
di
quel
personaggio
appaia
sublime
,
o
che
sublime
appaia
per
la
somma
genialità
sua
l
'
espressione
che
gli
dà
Dante
in
comparazione
di
quella
di
altro
meno
energico
poeta
,
sono
cose
che
escono
fuori
affatto
dalla
considerazione
estetica
.
La
quale
ultima
(
ripetiamo
ancora
qui
)
guarda
soltanto
all
'
adeguatezza
dell
'
espressione
,
ossia
alla
bellezza
.
XIII
.
IL
BELLO
FISICO
DI
NATURA
E
DI
ARTE
.
L
'
attività
estetica
,
distinta
dalla
pratica
,
è
nel
suo
esplicarsi
accompagnata
sempre
dall
'
altra
;
donde
il
suo
lato
utilitario
o
edonistico
e
il
.
piacere
e
dolore
,
che
sono
come
la
risonanza
pratica
del
valore
e
disvalore
estetici
,
del
bello
e
del
brutto
.
Ma
questo
lato
pratico
dell
'
attività
estetica
ha
a
sua
volta
un
accompagnamento
fisico
,
o
psicofisico
,
che
consiste
in
suoni
,
toni
,
movimenti
,
combinazioni
di
linee
e
colori
,
e
via
discorrendo
.
Lo
ha
realmente
,
o
pare
che
lo
abbia
per
effetto
della
costruzione
che
ne
facciamo
nella
scienza
fisica
,
e
dei
procedimenti
comodi
e
arbitrari
,
che
già
più
volte
abbiamo
messi
in
rilievo
come
propri
delle
scienze
empiriche
e
astratte
?
La
nostra
risposta
non
può
esser
dubbia
,
e
cioè
deve
affermare
la
seconda
delle
due
ipotesi
.
Tuttavia
,
gioverà
a
questo
punto
lasciarla
come
in
sospeso
,
non
essendo
per
ora
necessario
spingere
più
oltre
tale
indagine
.
Basti
la
sola
avvertenza
a
impedire
,
intanto
,
che
il
nostro
parlare
,
per
ragione
di
semplicità
e
di
adesione
al
linguaggio
comune
,
dell
'
elemento
fisico
come
di
alcunché
di
oggettivo
e
di
esistente
,
induca
ad
affrettare
conclusioni
circa
i
concetti
e
la
relazione
di
spirito
e
natura
.
Importa
,
invece
,
notare
che
,
come
l
'
esistenza
del
lato
edonistico
in
ogni
attività
spirituale
ha
dato
luogo
alla
confusione
tra
l
'
attività
estetica
e
l
'
utile
o
il
piacevole
,
così
l
'
esistenza
o
meglio
la
possibilità
della
costruzione
di
questo
lato
fisico
,
ha
ingenerato
la
confusione
tra
l
'
espressione
estetica
e
l
'
espressione
in
senso
naturalistico
;
tra
un
fatto
spirituale
,
cioè
,
e
uno
meccanico
e
passivo
(
per
non
dire
tra
una
realtà
concreta
e
un
'
astrazione
o
finzione
)
.
Nel
linguaggio
comune
si
chiamano
espressioni
tanto
le
parole
del
poeta
,
le
note
del
musicista
,
le
figure
del
pittore
,
quanto
il
rossore
che
suole
accompagnare
il
sentimento
di
vergogna
,
il
pallore
che
è
prodotto
spesso
dalla
paura
,
il
digrignare
dei
denti
proprio
della
collera
violenta
,
il
brillare
degli
occhi
e
certi
movimenti
dei
muscoli
della
bocca
che
manifestano
l
'
allegrezza
.
E
si
dice
ancora
che
un
certo
grado
di
calore
è
espressione
della
febbre
,
che
la
depressione
del
barometro
è
espressione
della
pioggia
;
e
,
magari
,
che
l
'
altezza
del
cambio
esprime
il
discredito
della
carta
-
moneta
di
uno
Stato
,
o
il
malcontento
sociale
l
'
avvicinarsi
di
una
rivoluzione
.
Quali
risultati
scientifici
si
possono
mai
raggiungere
lasciandosi
traviare
dall
'
uso
linguistico
e
mettendo
tutte
in
un
sol
fascio
cose
cotanto
disparate
,
si
può
bene
immaginare
.
Ma
,
in
verità
,
tra
un
uomo
in
preda
all
'
ira
con
tutte
le
manifestazioni
naturali
di
questa
,
e
un
altro
uomo
che
la
esprima
esteticamente
;
tra
l
'
aspetto
,
i
gridi
e
i
contorcimenti
di
chi
è
straziato
dal
dolore
per
la
perdita
di
una
persona
cara
,
e
le
parole
o
il
canto
con
cui
lo
stesso
individuo
ritrae
,
in
un
altro
momento
,
il
suo
strazio
;
tra
la
smorfia
della
commozione
e
il
gesto
dell
'
attore
;
è
un
abisso
.
Non
appartiene
all
Estetica
il
libro
del
Darwin
sull
'
espressione
dei
sentimenti
nell
'
uomo
e
negli
animali
,
perché
non
v
'
ha
nulla
di
comune
tra
la
scienza
dell
'
espressione
spirituale
e
una
Semiotica
,
medica
,
metereologica
,
politica
,
fisiognomica
o
chiromantica
che
sia
.
All
'
espressione
in
senso
naturalistico
manca
,
semplicemente
,
l
'
espressione
in
senso
spirituale
,
ossia
il
carattere
stesso
dell
'
attività
e
della
spiritualità
,
e
quindi
la
bipartizione
nei
poli
del
bello
e
del
brutto
.
Essa
non
è
altro
che
un
rapporto
,
fissato
dall
'
intelletto
astratto
,
di
causa
ed
effetto
.
Il
processo
completo
della
produzione
estetica
può
essere
simboleggiato
in
quattro
stadi
,
che
sono
:
a
,
impressioni
;
b
,
espressione
o
sintesi
spirituale
estetica
;
c
,
accompagnamento
edonistico
o
piacere
del
bello
(
piacere
estetico
)
;
d
,
traduzione
del
fatto
estetico
in
fenomeni
fisici
(
suoni
,
toni
,
movimenti
,
combinazioni
di
linee
e
colori
,
ecc
.
)
.
Ognun
vede
che
il
punto
essenziale
,
il
solo
che
sia
propriamente
estetico
e
davvero
reale
,
è
quel
b
,
che
manca
alla
mera
manifestazione
o
costruzione
naturalistica
,
detta
anch
'
essa
,
per
metafora
,
espressione
.
Percorsi
quei
quattro
stadi
,
il
processo
espressivo
è
esaurito
;
salvo
a
ricominciare
con
nuove
impressioni
,
nuova
sintesi
estetica
,
e
accompagnamenti
relativi
.
Le
espressioni
o
rappresentazioni
si
seguono
l
'
una
l
'
altra
,
l
'
una
scaccia
l
'
altra
.
Certamente
,
quel
passare
,
quell
'
esser
discacciato
,
non
è
un
perire
,
non
è
un
'
eliminazione
totale
:
niente
di
ciò
che
nasce
muore
,
di
quella
morte
completa
che
sarebbe
identica
al
non
esser
mai
nato
:
se
tutto
trapassa
,
nulla
può
morire
.
Anche
le
rappresentazioni
che
sono
state
dimenticate
persistono
in
qualche
modo
nel
nostro
spirito
;
senza
di
che
non
si
spiegherebbero
le
abitudini
e
le
capacità
acquisite
.
Anzi
,
in
questo
apparente
dimenticare
è
la
forza
della
vita
:
si
dimentica
ciò
che
è
stato
risoluto
e
che
la
vita
ha
almeno
provvisoriamente
superato
.
Ma
altre
rappresentazioni
sono
ancora
elementi
efficaci
nei
processi
attuali
del
nostro
spirito
;
e
a
noi
preme
non
dimenticarle
o
essere
in
grado
di
richiamarle
secondo
che
il
bisogno
richieda
.
E
la
volontà
è
costantemente
vigile
in
quest
'
opera
di
conservazione
,
che
mira
a
conservare
(
si
può
dire
)
la
maggiore
e
fondamentale
di
tutte
le
nostre
ricchezze
.
Senonché
,
la
sua
vigilanza
non
è
sempre
sufficiente
:
la
memoria
,
come
si
dice
,
ci
abbandona
o
più
o
meno
c
'
inganna
.
E
appunto
perciò
lo
spirito
umano
escogita
espedienti
,
che
soccorrano
alla
debolezza
della
memoria
e
siano
i
suoi
aiuti
.
In
qual
modo
sia
dato
ottenere
codesti
aiuti
,
s
'
intravvede
dal
già
detto
.
Le
espressioni
o
rappresentazioni
sono
,
insieme
,
fatti
pratici
,
i
quali
si
chiamano
anche
fisici
,
in
quanto
la
fisica
ha
per
compito
di
classificarli
e
ridurli
a
tipi
.
Ora
è
chiaro
che
,
se
si
riesce
a
rendere
in
qualche
modo
permanenti
quei
fatti
pratici
o
fisici
,
sarà
sempre
possibile
(
restando
pari
tutte
le
altre
condizioni
)
,
col
percepirli
,
riprodurre
in
sé
la
già
prodotta
espressione
o
intuizione
.
E
se
si
chiama
oggetto
o
stimolo
fisico
quello
in
cui
gli
atti
pratici
concomitanti
,
o
(
per
parlare
in
termini
fisici
)
i
movimenti
,
sono
stati
isolati
e
resi
in
qualche
modo
permanenti
;
designando
poi
quell
'
oggetto
o
stimolo
con
la
lettera
e
,
il
processo
della
riproduzione
sarà
rappresentato
dalla
serie
seguente
:
e
,
stimolo
fisico
;
d
-
b
,
percezione
di
fatti
fisici
(
suoni
,
toni
,
mimica
,
combinazione
di
linee
e
colori
,
ecc
.
)
,
che
è
insieme
la
sintesi
estetica
,
già
prodotta
;
c
,
accompagnamento
edonistico
,
che
anche
si
riproduce
.
E
che
cosa
altro
sono
se
non
stimoli
fisici
della
riproduzione
(
lo
stadio
e
)
quelle
combinazioni
di
parole
che
si
dicono
poesie
,
prose
,
poemi
,
novelle
,
romanzi
,
tragedie
o
commedie
,
e
quelle
di
toni
che
si
dicono
opere
,
sinfonie
,
sonate
,
e
quelle
combinazioni
di
linee
e
colori
che
si
dicono
quadri
,
statue
,
architetture
?
L
'
energia
spirituale
della
memoria
,
col
sussidio
di
quei
provvidi
fatti
fisici
,
rende
possibile
la
conservazione
e
la
riproduzione
delle
intuizioni
che
l
'
uomo
viene
producendo
.
S
'
infiacchisca
l
'
organismo
fisiologico
e
,
con
esso
,
la
memoria
;
si
distruggano
i
monumenti
dell
'
arte
;
ed
ecco
tutta
la
ricchezza
estetica
,
frutto
delle
fatiche
di
molte
generazioni
,
assottigliarsi
e
dileguare
rapidamente
.
I
monumenti
dell
'
arte
,
gli
stimoli
della
riproduzione
estetica
,
si
chiamano
cose
belle
o
bello
fisico
.
Unioni
di
parole
,
che
offrono
un
paradosso
verbale
,
perché
il
bello
non
è
fatto
fisico
,
e
non
appartiene
alle
cose
,
ma
all
'
attività
dell
'
uomo
,
all
'
energia
spirituale
.
Ma
è
chiaro
ormai
attraverso
quali
passaggi
e
quali
associazioni
le
cose
e
i
fatti
fisici
,
meri
aiuti
alla
riproduzione
del
bello
,
finiscano
con
l
'
esser
denominati
,
ellitticamente
,
cose
belle
e
bello
fisico
.
E
di
questa
ellissi
,
ora
che
l
'
abbiamo
sciolta
e
schiarita
,
ci
varremo
anche
noi
senza
scrupoli
.
L
'
intervento
del
bello
fisico
serve
a
spiegare
un
altro
significato
delle
parole
contenuto
e
forma
nell
'
uso
degli
estetici
.
Alcuni
,
infatti
,
chiamano
contenuto
l
'
espressione
o
fatto
interno
.
(
che
per
noi
già
è
forma
)
,
e
forma
,
invece
,
il
marmo
,
i
colori
,
le
voci
,
i
suoni
(
per
noi
,
non
più
forma
)
,
e
considerano
in
questo
modo
il
fatto
fisico
come
la
forma
,
che
può
aggiungersi
o
no
al
contenuto
.
E
serve
anche
a
spiegare
un
altro
aspetto
di
quel
che
si
dice
brutto
estetico
.
Chi
non
ha
nulla
di
proprio
da
esprimere
può
tentare
di
coprire
il
vuoto
interno
col
profluvio
delle
parole
,
col
verso
sonante
,
con
la
polifonia
assordante
,
col
dipingere
che
abbarbaglia
lo
sguardo
,
o
col
mettere
insieme
grandi
macchine
architettoniche
,
che
colpiscano
e
stordiscano
,
benché
,
in
fondo
,
non
significhino
nulla
.
Il
brutto
è
,
dunque
,
l
'
arbitrario
,
il
ciarlatanesco
;
e
,
in
realtà
senza
l
'
intervento
dell
'
arbitrio
pratico
nel
processo
teoretico
potrebbe
aversi
assenza
del
bello
,
ma
non
mai
presenza
di
qualcosa
di
effettivo
che
meriti
l
'
aggettivo
brutto
.
Il
bello
fisico
si
suoi
distinguere
in
bello
naturale
e
bello
artificiale
:
con
che
giungiamo
innanzi
a
uno
dei
fatti
che
hanno
dato
maggiore
travaglio
ai
pensatori
,
al
bello
di
natura
.
Queste
parole
spesso
designano
semplicemente
fatti
di
piacevole
pratico
.
Chi
chiama
bella
una
campagna
,
in
cui
l
'
occhio
si
riposa
sul
verde
e
il
corpo
si
muove
alacre
e
dove
il
tepido
raggio
del
sole
avvolge
e
carezza
le
membra
,
non
accenna
a
nulla
di
estetico
.
Ma
è
pure
indubitabile
che
,
altre
volte
,
l
'
aggettivo
bello
,
applicato
a
oggetti
e
scene
esistenti
in
natura
,
ha
significato
prettamente
estetico
.
È
stato
osservato
che
,
per
aver
godimento
estetico
dagli
oggetti
naturali
,
conviene
astrarre
dalla
loro
estrinseca
e
storica
realtà
,
e
separare
dall
'
esistenza
la
semplice
apparenza
o
parvenza
;
che
guardando
noi
un
paesaggio
col
passar
la
testa
fra
le
gambe
,
in
modo
da
toglierci
dalla
relazione
consueta
con
esso
,
il
paesaggio
ci
appare
come
uno
spettacolo
fantastico
;
che
la
natura
è
bella
solo
per
chi
la
contempli
con
occhio
d
'
artista
;
che
zoologi
e
botanici
non
conoscono
animali
e
fiori
belli
;
che
il
bello
naturale
si
scopre
(
ed
esempi
di
scoperte
sono
i
punti
di
vista
,
additati
da
artisti
e
da
uomini
dì
fantasia
e
di
gusto
,
e
a
cui
si
recano
poi
in
pellegrinaggio
viaggiatori
ed
escursionisti
più
o
meno
esteti
,
onde
ha
luogo
in
tali
casi
come
una
suggestione
collettiva
)
;
che
,
senza
il
concorso
della
fantasia
,
nessuna
parte
della
natura
è
bella
,
e
che
,
per
tale
concorso
,
secondo
le
varie
disposizioni
d
'
animo
,
uno
stesso
oggetto
o
fatto
naturale
è
ora
espressivo
ora
insignificante
,
ora
di
una
determinata
espressione
ora
di
un
'
altra
,
lieto
o
triste
,
sublime
o
ridicolo
,
dolce
o
beffardo
;
che
,
infine
,
non
esiste
alcuna
bellezza
naturale
alla
quale
un
artista
non
farebbe
qualche
correzione
.
Tutte
osservazioni
giustissime
,
e
che
confermano
pienamente
che
il
bello
naturale
è
semplice
stimolo
della
riproduzione
estetica
,
il
quale
presuppone
l
'
avvenuta
produzione
.
Senza
le
precedenti
intuizioni
estetiche
della
fantasia
,
la
natura
non
può
risvegliarne
alcuna
.
L
'
uomo
innanzi
alla
bellezza
naturale
è
proprio
il
mitico
Narciso
al
fonte
.
E
il
bello
di
natura
è
raro
,
scarso
e
fuggitivo
,
diceva
il
Leopardi
;
imperfetto
,
equivoco
,
variabile
.
Ciascuno
riferisce
il
fatto
naturale
all
'
espressione
che
gli
sta
in
mente
.
Un
artista
è
come
rapito
innanzi
a
un
ridente
paesaggio
,
e
un
altro
innanzi
a
una
bottega
di
cenciaiuolo
;
uno
innanzi
a
un
volto
grazioso
di
giovinetta
,
e
un
altro
innanzi
al
lurido
ceffo
di
un
vecchio
mascalzone
.
Il
primo
dirà
,
forse
,
che
la
bottega
del
cenciaiuolo
e
il
ceffo
del
mascalzone
sono
disgustosi
;
il
secondo
,
che
la
campagna
ridente
e
il
volto
della
giovinetta
sono
insipidi
.
E
potranno
litigare
all
'
infinito
;
e
non
si
metteranno
d
'
accordo
se
non
quando
siano
forniti
di
quella
dose
di
conoscenze
estetiche
,
la
quale
li
abiliti
a
riconoscere
che
hanno
entrambi
ragione
.
Il
bello
artificiale
,
foggiato
dall
'
uomo
,
è
aiuto
ben
più
duttile
ed
efficace
.
Accanto
a
queste
due
classi
,
si
parla
anche
,
talvolta
,
nei
trattati
,
di
un
bello
misto
.
Misto
di
che
?
appunto
di
naturale
e
artificiale
.
Chi
estrinseca
e
fissa
,
opera
con
dati
naturali
,
ch
'
egli
non
crea
,
ma
combina
e
trasforma
.
In
questo
senso
,
ogni
prodotto
artificiale
è
misto
di
natura
e
di
artificio
;
e
non
ci
sarebbe
luogo
a
parlare
del
bello
misto
come
di
una
speciale
categoria
.
Ma
accade
che
in
alcuni
casi
si
possano
adoperare
,
in
assai
maggiore
quantità
che
non
in
altri
,
combinazioni
già
date
in
natura
;
come
allorché
si
forma
un
bel
giardino
,
e
si
riesce
a
includere
in
quella
formazione
gruppi
di
alberi
o
laghetti
,
che
già
si
trovino
sul
posto
.
Altre
volte
,
l
'
estrinsecazione
è
limitata
dall
'
impossibilità
di
produrre
artificialmente
alcuni
effetti
.
Infatti
,
possiamo
mescolare
le
materie
coloranti
,
ma
non
foggiare
una
voce
potente
o
un
viso
e
una
persona
che
siano
acconci
al
tale
o
tal
altro
personaggio
di
un
dramma
;
e
dobbiamo
,
perciò
,
ricercarli
tra
le
cose
naturalmente
esistenti
,
e
adoperarli
quando
li
troviamo
.
Allorché
,
dunque
,
si
adoperano
in
gran
numero
combinazioni
già
esistenti
in
natura
,
e
tali
che
,
se
non
esistessero
,
non
sapremmo
produrre
artificialmente
,
si
dice
che
il
fatto
risultante
è
un
bello
misto
.
Dal
bello
artificiale
bisogna
distinguere
quegl
'
istrumenti
di
riproduzione
chiamati
scritture
,
quali
gli
alfabeti
,
le
note
musicali
,
i
geroglifici
,
e
tutti
gli
pseudolinguaggi
,
da
quello
dei
fiori
e
delle
bandiere
fino
al
linguaggio
(
molto
in
voga
nella
società
galante
del
settecento
)
dei
nèi
.
Le
scritture
sono
,
non
già
fatti
fisici
,
che
direttamente
destino
impressioni
rispondenti
alle
espressioni
estetiche
,
ma
semplici
indicazioni
di
ciò
che
si
deve
fare
per
produrre
quei
fatti
fisici
.
Una
serie
di
segni
grafici
serve
a
ricordarci
i
movimenti
che
dobbiamo
far
eseguire
al
nostro
apparato
vocale
,
per
emettere
certi
determinati
suoni
.
Che
poi
l
'
esercizio
ci
permetta
di
sentire
le
parole
senza
aprir
bocca
e
(
cosa
molto
più
difficile
)
di
sentire
i
toni
scorrendo
con
l
'
occhio
sul
.
pentagramma
;
tutto
ciò
non
muta
nulla
all
'
indole
delle
scritture
,
che
sono
cosa
assai
diversa
dal
bello
fisico
diretto
.
Il
libro
che
contiene
la
Divina
Commedia
,
o
la
partitura
che
contiene
il
Don
Giovanni
,
nessuno
li
dice
belli
al
modo
che
per
più
immediata
metafora
si
chiama
il
pezzo
di
marmo
contenente
il
Mosè
di
Michelangelo
e
il
pezzo
di
legno
colorato
contenente
la
Trasfigurazione
.
Gli
uni
e
gli
altri
sono
atti
a
riprodurre
le
impressioni
del
bello
;
ma
i
primi
per
un
giro
ben
più
lungo
,
e
molto
indiretto
.
Un
'
altra
partizione
,
che
si
trova
ancora
nei
trattati
,
è
quella
del
bello
in
libero
e
non
libero
.
Per
bellezze
non
libere
si
sono
intesi
quegli
oggetti
,
che
debbono
servire
a
un
doppio
scopo
,
extraestetico
ed
estetico
(
stimolante
di
intuizioni
)
;
e
,
sembrando
che
il
primo
scopo
ponga
limiti
e
impacci
al
secondo
,
l
'
oggetto
bello
risultante
è
stato
considerato
come
bellezza
non
libera
.
Come
esempi
si
adducono
specialmente
le
opere
architettoniche
;
anzi
appunto
per
ciò
l
'
architettura
è
stata
da
molti
esclusa
dal
novero
delle
cosiddette
arti
belle
.
Un
tempio
deve
essere
anzitutto
un
edificio
a
uso
di
culto
;
una
casa
deve
possedere
tutte
le
stanze
che
occorrono
pel
comodo
della
vita
,
e
disposte
al
fine
di
quel
comodo
;
una
fortezza
dev
'
essere
una
costruzione
resistente
agli
attacchi
di
dati
eserciti
e
alle
offese
di
dati
strumenti
bellici
.
L
'
architetto
(
si
conclude
)
si
aggira
in
un
campo
ristretto
:
può
abbellire
in
qualche
modo
il
tempio
,
la
casa
,
la
fortezza
;
ma
è
legato
dalla
destinazione
di
quegli
edifizi
,
e
non
può
della
sua
visione
di
bellezza
manifestare
se
non
quella
parte
che
non
danneggi
gli
scopi
extraestetici
,
ma
fondamentali
,
di
essi
.
Altri
esempi
si
tolgono
da
quella
che
si
chiama
l
'
arte
applicata
all
'
industria
.
Si
possono
fare
piatti
,
bicchieri
,
coltelli
,
fucili
,
pettini
belli
,
ma
la
bellezza
(
si
dice
)
non
deve
spingersi
tant
'
oltre
,
che
nel
piatto
non
si
possa
mangiare
,
nel
bicchiere
non
si
possa
bere
,
col
coltello
non
si
possa
tagliare
,
né
col
fucile
sparare
,
né
col
pettine
ravviarsi
i
capelli
.
Lo
stesso
si
dica
dell
'
arte
tipografica
:
un
libro
deve
essere
bello
,
ma
non
fino
al
punto
che
sia
impossibile
o
difficile
leggerlo
.
A
tutto
ciò
è
da
osservare
,
in
primo
luogo
,
che
il
fine
estrinseco
,
appunto
perché
tale
,
non
è
di
necessità
limite
e
impaccio
all
'
altro
fine
di
stimolo
della
riproduzione
estetica
.
È
,
dunque
,
affatto
erronea
la
tesi
che
l
'
architettura
,
per
esempio
,
sia
di
sua
natura
arte
non
libera
e
imperfetta
,
dovendo
ubbidire
anche
ad
altri
e
pratici
intenti
:
tesi
,
del
resto
,
che
le
belle
opere
architettoniche
hanno
cura
di
smentire
con
la
semplice
loro
presenza
.
In
secondo
luogo
,
non
solo
i
due
fini
non
stanno
di
necessità
in
contradizione
,
ma
,
si
deve
aggiungere
,
l
'
artista
ha
sempre
modo
d
'
impedire
che
la
contradizione
si
formi
.
E
come
?
Facendo
entrare
come
materia
nella
sua
intuizione
ed
estrinsecazione
estetica
la
destinazione
per
l
'
appunto
dell
'
oggetto
che
serve
a
uno
scopo
pratico
.
Egli
non
avrà
bisogno
di
aggiungere
nulla
all
'
oggetto
per
renderlo
strumento
d
'
intuizioni
estetiche
:
sarà
tale
,
se
perfettamente
adatto
al
suo
scopo
pratico
.
Case
rustiche
e
palagi
,
chiese
e
caserme
,
spade
e
aratri
,
sono
belli
,
non
in
quanto
abbelliti
e
adorni
,
ma
in
quanto
esprimenti
il
loro
fine
.
Una
veste
non
è
bella
se
non
perché
è
proprio
quella
che
conviene
a
una
data
persona
in
date
condizioni
.
Non
era
bello
il
brando
cinto
al
guerriero
Rinaldo
dall
'
amorosa
Armida
:
guernito
sì
che
inutile
ornamento
Sembra
,
non
militar
fero
istrumento
.
O
,
anzi
,
era
bello
,
se
si
vuole
,
ma
agli
occhi
e
alla
fantasia
della
maga
,
la
quale
vagheggiava
a
quel
modo
infemminito
il
suo
amante
.
L
'
attività
estetica
può
andare
sempre
d
'
accordo
con
quella
pratica
,
perché
l
'
espressione
è
verità
.
Che
poi
la
contemplazione
estetica
impacci
talora
l
'
uso
pratico
,
non
può
negarsi
;
giacché
è
un
fatto
di
comune
esperienza
che
certi
oggetti
nuovi
sembrano
tanto
adatti
al
loro
scopo
,
e
perciò
tanto
belli
,
che
si
prova
talvolta
come
uno
scrupolo
a
maltrattarli
,
passando
dalla
contemplazione
all
'
uso
,
ch
è
consumo
.
Per
questo
motivo
re
Federico
Guglielmo
di
Prussia
provava
ripugnanza
a
mandare
al
fango
e
al
fuoco
i
suoi
magnifici
granatieri
,
così
adatti
alla
guerra
,
e
che
resero
tanto
buon
servigio
al
meno
esteta
suo
figliuolo
,
il
gran
Federico
.
Ci
si
perdoni
se
siamo
entrati
in
ispiegazioni
circa
queste
cose
ovvie
e
queste
inezie
;
ma
sono
inezie
che
troviamo
assai
dilatate
nei
libri
degli
estetici
,
e
cose
ovvie
che
presso
di
essi
si
sono
molto
imbrogliate
.
Alla
teoria
da
noi
proposta
del
bello
fisico
come
semplice
aiuto
per
la
riproduzione
del
bello
interno
,
ossia
delle
espressioni
,
potrebbe
obiettarsi
:
che
l
'
artista
crea
le
sue
espressioni
dipingendo
o
scolpendo
,
scrivendo
o
componendo
;
e
che
perciò
il
bello
fisico
,
anziché
seguire
,
precede
talvolta
il
bello
estetico
.
Sarebbe
questo
un
modo
assai
superficiale
d
'
intendere
il
procedere
dell
'
artista
,
il
quale
,
in
realtà
,
non
dà
mai
pennellata
senza
prima
averla
vista
con
la
fantasia
;
e
,
se
non
l
'
ha
vista
ancora
,
la
darà
non
per
estrinsecare
la
sua
espressione
(
che
in
quel
momento
non
esiste
)
,
ma
quasi
a
prova
e
per
avere
un
semplice
punto
di
appoggio
all
'
ulteriore
meditazione
e
concentrazione
interna
.
Il
punto
fisico
di
appoggio
non
è
il
bello
fisico
,
strumento
di
riproduzione
,
ma
un
mezzo
che
si
potrebbe
dire
pedagogico
,
pari
al
ritrarsi
in
solitudine
o
ai
tanti
altri
espedienti
,
spesso
assai
bizzarri
,
che
adoperano
artisti
e
scienziati
e
che
variano
secondo
le
varie
idiosincrasie
.
Il
vecchio
estetico
Baumgarten
consigliava
ai
poeti
,
come
mezzi
per
promuovere
l
'
ispirazione
,
di
andare
a
cavallo
,
bere
moderatamente
vino
,
e
,
se
per
altro
(
ammoniva
)
fossero
casti
,
guardare
belle
donne
.
XIV
.
ERRORI
NASCENTI
DALLA
CONFUSIONE
TRA
FISICA
ED
ESTETICA
.
Dal
non
aver
inteso
il
rapporto
puramente
estrinseco
che
corre
tra
la
visione
artistica
e
il
fatto
fisico
,
ossia
l
'
istrumento
che
serve
di
aiuto
a
riprodurla
,
è
nata
una
serie
di
fallaci
dottrine
,
che
importa
menzionare
,
accennandone
la
critica
,
la
quale
discende
da
ciò
che
si
è
già
detto
.
In
tale
mancata
intelligenza
trova
sostegno
quella
forma
di
associazionismo
,
che
identifica
l
'
atto
estetico
con
l
'
associazione
di
due
immagini
.
Per
quale
via
si
è
potuto
venire
a
siffatto
errore
,
contro
cui
si
ribella
la
nostra
coscienza
estetica
,
ch
è
coscienza
di
unità
perfetta
e
non
mai
di
dualità
?
Appunto
perché
si
sono
considerati
separatamente
il
fatto
fisico
e
quello
estetico
,
quasi
due
immagini
distinte
,
che
entrino
nello
spirito
l
'
una
tirata
dall
'
altra
,
l
'
una
prima
e
l
'
altra
dopo
.
Un
quadro
si
è
scisso
nell
'
immagine
del
quadro
e
nell
'
immagine
del
significato
del
quadro
;
una
poesia
,
nell
'
immagine
delle
parole
e
in
quella
del
significato
delle
parole
.
Ma
questo
dualismo
d
'
immagini
è
inesistente
:
il
fatto
fisico
non
entra
nello
spirito
come
immagine
,
ma
fa
riprodurre
l
'
immagine
(
l
'
unica
immagine
,
ch
'
è
il
fatto
estetico
)
,
in
quanto
stimola
ciecamente
l
'
organismo
psichico
e
produce
l
'
impressione
rispondente
alla
già
prodotta
espressione
estetica
.
Sono
altamente
istruttivi
gli
sforzi
degli
associazionisti
(
gli
odierni
spadroneggiatori
nel
campo
dell
Estetica
)
per
uscire
d
'
imbarazzo
e
riafferrare
in
qualche
modo
l
'
unità
,
che
l
'
introdotto
principio
associazionistico
ha
distrutto
.
Alcuni
sostengono
che
l
'
immagine
richiamata
sia
inconscia
:
altri
,
lasciando
stare
l
inconscio
,
pretendono
invece
che
sia
vaga
,
vaporosa
,
confusa
,
e
riducono
così
la
forza
del
fatto
estetico
alla
debolezza
della
memoria
cattiva
.
Ma
il
dilemma
è
inesorabile
:
o
conservare
l
'
associazione
,
abbandonando
l
'
unità
;
o
conservare
l
'
unità
,
abbandonando
l
'
associazione
.
Una
terza
via
di
uscita
non
esiste
.
Dal
non
aver
bene
analizzato
il
cosiddetto
bello
naturale
e
riconosciutolo
semplice
incidente
della
riproduzione
estetica
,
e
dall
'
averlo
,
invece
,
considerato
come
qualcosa
di
dato
in
natura
,
è
provenuta
tutta
quella
parte
che
nelle
trattazioni
di
Estetica
prende
il
titolo
di
Bello
nella
natura
o
di
Fisica
estetica
,
suddivisa
,
magari
,
in
Mineralogia
,
Botanica
e
Zoologia
estetiche
.
Non
vogliamo
negare
che
siffatte
trattazioni
contengano
spesso
osservazioni
giuste
e
fini
,
e
siano
qualche
volta
esse
stesse
lavori
d
'
arte
,
in
quanto
rappresentano
bellamente
le
fantasie
e
fantasticherie
,
ossia
le
impressioni
dei
loro
autori
.
Ma
dobbiamo
affermare
che
è
scientificamente
fallace
proporsi
le
domande
se
il
cane
sia
bello
e
se
l
'
ornitorinco
sia
brutto
,
se
il
giglio
sia
bello
e
il
carciofo
sia
brutto
.
Anzi
,
qui
,
l
'
errore
è
doppio
.
La
Fisica
estetica
,
per
un
lato
,
ricade
nell
'
equivoco
della
teoria
dei
generi
artistici
e
letterari
,
di
voler
determinare
esteticamente
le
astrazioni
del
nostro
intelletto
;
e
dall
'
altro
,
sconosce
,
come
dicevamo
,
la
vera
formazione
del
cosiddetto
bello
naturale
:
formazione
per
la
quale
resta
esclusa
persino
la
domanda
,
se
un
dato
animale
individuo
,
un
dato
fiore
,
un
dato
uomo
sia
bello
o
brutto
.
Ciò
che
non
è
prodotto
dallo
spirito
estetico
o
non
ci
riconduce
a
questo
,
non
è
né
bello
né
brutto
.
Il
processo
estetico
sorge
dalle
connessioni
ideali
in
cui
gli
oggetti
naturali
vengono
collocati
.
Il
doppio
errore
può
essere
esemplificato
dalla
questione
,
sulla
quale
si
sono
scritti
interi
volumi
,
della
Bellezza
del
corpo
umano
.
Qui
fa
d
'
uopo
,
anzitutto
,
spingere
i
discettatori
dell
'
argomento
dall
'
astratto
verso
il
concreto
,
domandando
:
Che
cosa
s
'
intende
per
corpo
umano
,
quello
del
maschio
,
quello
della
femmina
o
quello
dell
'
androgine
?
Poniamo
che
si
risponda
con
lo
scindere
la
ricerca
nelle
due
distinte
,
circa
la
bellezza
virile
e
circa
la
muliebre
(
è
vero
che
vi
sono
scrittori
che
discutono
sul
serio
se
sia
più
bello
l
'
uomo
o
la
donna
)
;
e
continuiamo
:
Bellezza
maschile
o
bellezza
femminile
;
ma
di
quale
razza
d
'
uomini
?
la
bianca
,
la
gialla
,
la
negra
,
e
quante
altre
sono
e
comunque
si
ripartiscano
le
razze
?
Poniamo
che
si
circoscriva
alla
bianca
,
e
incalziamo
:
Di
quale
sottospecie
della
razza
bianca
?
E
allorché
li
avremo
ristretti
via
via
a
un
cantuccio
del
mondo
bianco
,
come
a
dire
alla
bellezza
italiana
,
anzi
toscana
,
anzi
senese
,
anzi
di
Porta
Camollia
,
seguiteremo
:
Sta
bene
;
ma
del
corpo
umano
in
quale
età
?
e
in
quale
condizione
e
atteggiamento
?
del
neonato
,
del
bambino
,
del
fanciullo
,
dell
'
adolescente
,
dell
'
uomo
a
mezzo
del
cammino
,
e
via
enumerando
,
e
dell
'
uomo
che
sta
in
calma
o
dell
'
uomo
che
lavora
o
di
quello
ch
è
occupato
come
la
vacca
di
Paolo
Potter
o
il
Ganimede
di
Rembrandt
?
Giunti
così
,
mediante
riduzioni
successive
,
all
'
individuo
omnimode
determinatum
,
o
,
meglio
,
al
questo
qui
,
che
s
'
indica
col
dito
,
sarà
facile
mostrare
l
'
altro
errore
,
ricordando
quello
che
abbiamo
detto
del
fatto
naturale
,
il
quale
,
secondo
il
punto
di
vista
,
secondo
ciò
che
s
'
agita
nella
psiche
dell
'
artista
,
è
ora
bello
ora
brutto
.
Se
perfino
il
Golfo
di
Napoli
ha
i
suoi
detrattori
,
e
artisti
che
lo
dichiarano
inespressivo
,
preferendogli
i
tetri
abeti
,
le
nebbie
e
i
perpetui
aquiloni
dei
mari
settentrionali
;
figurarsi
se
è
possibile
che
codesta
relatività
non
abbia
luogo
pel
corpo
umano
,
fonte
delle
più
svariate
suggestioni
.
Connessa
con
la
Fisica
estetica
è
la
questione
della
bellezza
delle
figure
geometriche
.
Ma
se
per
figure
geometriche
s
'
intendono
i
concetti
della
geometria
(
il
concetto
del
triangolo
,
del
quadrato
,
del
cono
)
,
questi
non
sono
né
belli
né
brutti
,
appunto
perché
concetti
.
Se
,
invece
,
per
tali
figure
s
'
intendono
corpi
che
hanno
determinate
forme
geometriche
,
esse
saranno
belle
o
brutte
,
come
ogni
fatto
naturale
,
secondo
le
connessioni
ideali
in
cui
vengono
poste
.
Si
è
detto
da
taluni
che
sono
belle
quelle
figure
geometriche
le
quali
tendono
all
'
alto
,
dandoci
l
'
immagine
della
fermezza
e
della
forza
.
E
che
ciò
possa
accadere
,
non
si
nega
.
Ma
non
si
deve
negare
neppure
,
che
anche
quelle
le
quali
ci
danno
l
'
impressione
del
malfermo
e
dello
schiacciato
,
possono
avere
il
loro
bello
,
quando
stanno
per
l
'
appunto
a
rappresentare
il
malfermo
e
lo
schiacciato
;
e
che
,
in
questi
ultimi
casi
,
la
fermezza
della
linea
retta
e
la
leggerezza
del
cono
o
del
triangolo
equilatero
sembreranno
,
invece
,
elementi
di
bruttezza
.
Certo
,
siffatte
questioni
sul
bello
di
natura
e
sulla
bellezza
della
geometria
,
come
le
altre
analoghe
sul
bello
storico
e
sul
bello
umano
,
appaiono
meno
assurde
nella
Estetica
del
simpatico
,
la
quale
,
con
le
parole
bellezza
estetica
intende
,
in
fondo
,
la
rappresentazione
del
piacevole
.
Ma
non
è
meno
erronea
,
anche
nell
'
àmbito
di
quella
dottrina
e
poste
quelle
premesse
,
la
pretensione
di
determinare
scientificamente
quali
siano
i
contenuti
simpatici
e
quali
quelli
irrimediabilmente
antipatici
.
Per
tale
questione
non
si
può
se
non
ripetere
,
con
lunghissima
infinita
coda
,
il
Sunt
quos
della
prima
ode
del
primo
libro
di
Orazio
,
e
l
'
Havvi
chi
dell
'
epistola
leopardiana
a
Carlo
Pepoli
.
A
ciascuno
il
suo
bello
(
=
simpatico
)
,
come
a
ciascuno
la
sua
bella
.
La
Filografia
non
è
scienza
.
Nel
produrre
l
istrumento
artificiale
,
o
bello
fisico
,
l
'
artista
ha
talora
innanzi
fatti
naturalmente
esistenti
,
che
sono
,
come
si
chiamano
,
i
suoi
modelli
:
corpi
,
stoffe
,
fiori
,
e
così
via
.
Si
percorrano
gli
schizzi
,
gli
studi
e
gli
appunti
degli
artisti
:
Leonardo
,
quando
lavorava
al
Cenacolo
,
annotava
nel
suo
taccuino
:
Giovannina
,
viso
fantastico
,
sta
a
S
.
Caterina
,
all
'
Ospedale
;
Cristofano
di
Castiglione
sta
alla
pietà
,
ha
bona
testa
;
Cristo
,
Giovan
Conte
,
quello
del
Cardinale
del
Mortaro
.
E
così
via
.
Sorge
da
ciò
l
'
illusione
che
l
'
artista
imiti
la
natura
;
laddove
sarebbe
forse
più
esatto
dire
,
che
la
natura
imiti
l
'
artista
e
gli
sia
obbediente
.
In
questa
illusione
ha
trovato
talvolta
terreno
e
alimento
la
teoria
dell
'
arte
imitatrice
della
natura
;
e
anche
la
variante
di
essa
,
meglio
sostenibile
,
che
fa
dell
'
arte
l
idealizzatrice
della
natura
.
Questa
ultima
teoria
presenta
il
processo
disordinatamente
,
anzi
all
inverso
dell
'
ordine
reale
;
perché
l
'
artista
non
muove
dalla
realtà
estrinseca
per
modificarla
avvicinandola
all
'
ideale
,
ma
dall
'
impressione
della
natura
esterna
va
alla
espressione
,
e
cioè
al
suo
ideale
,
e
da
questa
passa
al
fatto
naturale
,
che
riduce
strumento
di
riproduzione
del
fatto
ideale
.
Anche
conseguenza
di
uno
scambio
tra
atto
estetico
e
fatto
fisico
è
la
dottrina
delle
forme
elementari
del
bello
.
Se
l
'
espressione
,
se
il
bello
è
indivisibile
,
il
fatto
fisico
,
invece
,
nel
quale
esso
si
estrinseca
,
può
ben
essere
diviso
e
suddiviso
:
per
esempio
,
una
superficie
dipinta
in
linee
e
colori
,
gruppi
e
curve
di
linee
,
specie
di
colori
,
e
via
dicendo
;
una
poesia
,
in
strofe
,
versi
,
piedi
,
sillabe
;
una
prosa
,
in
capitoli
,
paragrafi
,
capiversi
,
periodi
,
frasi
,
parole
,
e
così
via
.
Le
parti
,
che
si
ottengono
a
questo
modo
,
non
sono
atti
estetici
,
ma
fatti
fisici
più
.
piccoli
,
arbitrariamente
tagliati
.
Procedendo
per
questa
via
,
e
persistendo
nella
confusione
,
si
finirebbe
col
concludere
che
le
vere
forme
elementari
del
bello
sono
gli
atomi
.
Contro
gli
atomi
si
potrebbe
far
valere
la
legge
estetica
,
più
volte
promulgata
,
che
il
bello
deve
avere
grandezza
:
una
certa
grandezza
,
che
non
sia
né
l
'
impercettibilità
del
troppo
piccolo
né
l
inafferrabilità
del
troppo
grande
.
Ma
una
grandezza
che
si
determini
,
non
secondo
misure
,
ma
secondo
la
percettibilità
,
accenna
a
ben
altro
che
non
a
un
concetto
matematico
.
E
,
infatti
,
ciò
che
si
dice
impercettibile
e
inafferrabile
non
produce
impressione
,
perché
non
è
fatto
reale
,
ma
concetto
:
il
requisito
della
grandezza
del
bello
si
riduce
in
tal
modo
a
quello
della
presenza
effettiva
del
fatto
fisico
,
che
serve
alla
riproduzione
del
bello
.
Continuando
nella
ricerca
delle
leggi
fisiche
o
delle
condizioni
obiettive
del
bello
,
è
stato
domandato
a
quali
fatti
fisici
risponde
il
bello
,
a
quali
il
brutto
,
ossia
a
quali
unioni
di
toni
,
di
colori
,
di
grandezze
,
matematicamente
determinabili
.
Il
che
sarebbe
come
se
,
in
Economia
politica
,
si
ricercassero
le
leggi
degli
scambi
nella
natura
fisica
degli
oggetti
che
si
scambiano
.
Della
vanità
del
tentativo
avrebbe
dovuto
dare
presto
qualche
sospetto
la
sua
costante
infecondità
.
Ai
nostri
tempi
in
ispecie
,
si
è
molte
volte
asserita
la
necessità
di
una
Estetica
induttiva
,
di
un
'
Estetica
dal
basso
,
che
proceda
come
scienza
naturale
e
non
affretti
le
sue
conclusioni
.
Induttiva
?
Ma
l
Estetica
è
stata
sempre
induttiva
e
deduttiva
insieme
,
come
ogni
scienza
filosofica
;
l
'
induzione
e
la
deduzione
non
possono
separarsi
,
né
,
separate
,
valgono
a
qualificare
una
scienza
vera
e
propria
.
Senonché
la
parola
«
induzione
»
non
era
pronunziata
a
caso
:
si
voleva
con
essa
significare
che
il
fatto
estetico
non
è
altro
,
in
fondo
,
che
un
fatto
fisico
,
da
studiare
applicandogli
i
concetti
e
i
metodi
propri
delle
scienze
fisiche
e
naturali
.
Con
tale
presupposto
e
con
tale
fiducia
l
Estetica
induttiva
o
Estetica
dal
basso
(
quanta
superbia
in
questa
modestia
!
)
si
è
messa
all
'
opera
.
E
ha
coscienziosamente
cominciato
dal
fare
raccolta
di
oggetti
belli
,
per
esempio
,
di
una
grande
quantità
di
buste
per
lettere
di
varia
forma
e
dimensione
;
ed
è
venuta
investigando
quali
di
queste
diano
l
impressione
del
bello
e
quali
del
brutto
.
Com
'
era
da
aspettare
,
gli
estetici
induttivi
si
sono
trovati
subito
nell
'
imbarazzo
:
lo
stesso
oggetto
,
che
sembrava
brutto
per
un
verso
,
sembrava
poi
bello
per
un
altro
.
Una
busta
gialla
,
grossolana
,
bruttissima
per
chi
debba
chiudervi
una
letterina
d
'
amore
,
è
poi
sommamente
adatta
a
contenere
una
citazione
in
carta
bollata
per
mano
d
'
usciere
;
la
quale
starebbe
molto
male
(
o
per
lo
meno
,
parrebbe
una
ironia
)
in
una
busta
quadrata
di
carta
inglese
.
Queste
considerazioni
di
semplice
buon
senso
sarebbero
dovute
bastare
a
persuadere
gli
estetici
dell
'
induzione
,
che
il
bello
non
ha
esistenza
fisica
;
e
a
far
loro
smettere
la
vana
e
ridicola
ricerca
.
Ma
no
:
essi
sono
ricorsi
a
un
espediente
,
che
non
sappiamo
quanto
appartenga
alla
severità
delle
scienze
naturali
.
Hanno
mandato
in
giro
le
loro
buste
e
aperto
un
referendum
,
cercando
di
stabilire
in
che
consista
il
bello
e
il
brutto
,
a
voti
di
maggioranza
.
Non
ci
dilungheremo
ancora
in
quest
'
argomento
,
perché
ci
parrebbe
di
mutarci
,
da
espositori
della
scienza
estetica
e
dei
suoi
problemi
,
in
narratori
di
aneddoti
comici
.
In
linea
di
fatto
sta
,
che
tutta
l
Estetica
induttiva
,
non
ha
finora
scoperto
una
legge
sola
.
Chi
dispera
dei
medici
,
è
disposto
ad
abbandonarsi
ai
ciarlatani
.
E
così
è
accaduto
ai
credenti
nelle
leggi
naturalistiche
del
bello
.
Gli
artisti
adoperano
talvolta
canoni
empirici
,
come
quello
delle
proporzioni
del
corpo
umano
o
quello
della
sezione
aurea
,
cioè
di
una
linea
divisa
in
due
parti
in
modo
che
la
minore
stia
alla
maggiore
come
la
maggiore
alla
linea
intera
(
bc
:
ac
=
ac
:
ab
)
.
Questi
canoni
diventano
facilmente
le
loro
superstizioni
,
attribuendo
essi
all
'
osservanza
di
regole
siffatte
la
buona
riuscita
delle
opere
loro
.
Così
Michelangelo
lasciava
in
eredità
al
discepolo
Marco
del
Pino
da
Siena
il
precetto
:
ch
'
egli
dovesse
sempre
fare
una
figura
piramidale
,
serpentinata
,
moltiplicata
per
una
,
due
e
tre
;
precetto
che
non
aiutò
,
per
altro
,
Marco
da
Siena
a
uscire
da
quella
mediocrità
,
che
noi
possiamo
osservare
ancora
nelle
tante
pitture
di
lui
esistenti
qui
in
Napoli
.
E
dal
detto
di
Michelangelo
altri
trasse
appicco
a
teorizzare
la
linea
ondulante
e
la
serpeggiante
,
come
le
vere
linee
della
bellezza
.
Su
queste
leggi
della
bellezza
,
sulla
sezione
aurea
e
sulla
linea
ondulante
e
serpeggiante
,
si
sono
composti
interi
volumi
,
che
bisogna
considerare
,
a
nostro
parere
,
quasi
l
'
astrologia
della
Estetica
.
XV
.
L
'
ATTIVITÀ
DELL
'
ESTRINSECAZIONE
.
LA
TECNICA
E
LA
TEORIA
DELLE
ARTI
.
Il
fatto
della
produzione
del
bello
fisico
importa
,
come
si
è
già
avvertito
,
la
vigile
volontà
che
si
sforza
a
non
lasciare
andar
perdute
certe
visioni
,
intuizioni
o
rappresentazioni
.
Volontà
che
può
svolgersi
rapidissimamente
e
come
istintivamente
,
e
può
anche
aver
bisogno
di
lunghe
e
laboriose
deliberazioni
.
A
ogni
modo
,
solo
così
,
cioè
per
effetto
della
produzione
che
ha
luogo
di
aiuti
alla
memoria
ossia
di
oggetti
fisici
,
l
'
attività
pratica
entra
in
relazione
con
quella
estetica
,
non
più
come
semplice
concomitante
di
essa
,
ma
come
momento
da
essa
realmente
distinto
.
Noi
non
possiamo
volere
o
non
volere
la
nostra
visione
estetica
:
possiamo
,
bensì
,
volerla
o
no
estrinsecare
,
o
,
meglio
,
serbare
e
comunicare
o
no
agli
altri
l
'
estrinsecazione
prodotta
.
Questo
fatto
volontario
dell
'
estrinsecazione
è
preceduto
da
un
complesso
di
svariate
conoscenze
,
le
quali
,
come
tutte
le
conoscenze
allorché
precedono
un
'
attività
pratica
,
sappiamo
che
prendono
il
nome
di
tecniche
.
E
allo
stesso
modo
metaforico
ed
ellittico
onde
si
parla
di
un
bello
fisico
,
si
discorre
di
una
tecnica
artistica
,
cioè
(
per
denominarla
più
precisamente
)
di
conoscenze
a
servigio
dell
'
attività
pratica
rivolta
a
produrre
stimoli
di
riproduzione
estetica
.
In
luogo
di
una
dicitura
così
lunga
ci
varremo
anche
qui
della
terminologia
comune
,
sul
significato
della
quale
oramai
siamo
intesi
.
La
possibilità
di
queste
conoscenze
tecniche
in
servigio
della
riproduzione
artistica
è
ciò
che
ha
traviato
le
menti
a
immaginare
una
tecnica
estetica
dell
'
espressione
interna
,
vale
a
dire
una
dottrina
dei
mezzi
dell
'
espressione
interna
,
cosa
affatto
inconcepibile
.
E
di
questa
inconcepibilità
ben
sappiamo
la
ragione
:
l
'
espressione
,
considerata
in
sé
stessa
,
è
attività
teoretica
elementare
;
e
,
in
quanto
tale
,
precede
la
pratica
e
le
conoscenze
intellettive
che
rischiarano
la
pratica
,
ed
è
indipendente
così
dall
'
una
come
dalle
altre
.
Concorre
per
sua
parte
a
determinare
la
pratica
,
ma
non
ne
viene
determinata
.
L
'
espressione
non
ha
mezzi
,
perché
non
ha
fine
;
intuisce
qualcosa
,
ma
non
vuole
,
e
perciò
non
si
può
analizzare
nei
componenti
astratti
della
volizione
,
il
mezzo
e
il
fine
.
E
se
si
dice
talora
che
uno
scrittore
ha
inventato
una
nuova
tecnica
del
romanzo
o
del
dramma
,
o
un
pittore
una
nuova
tecnica
del
distribuire
la
luce
,
la
parola
è
usata
a
casaccio
,
perché
la
pretesa
nuova
tecnica
è
proprio
quel
nuovo
romanzo
,
quel
nuovo
quadro
,
e
nient
'
altro
.
La
distribuzione
della
luce
appartiene
alla
visione
stessa
del
quadro
;
così
come
la
tecnica
di
un
drammaturgo
è
la
stessa
concezione
drammatica
di
lui
.
Altre
volte
,
con
la
parola
tecnica
Si
sogliono
designare
alcuni
pregi
o
difetti
di
un
'
opera
sbagliata
;
e
si
dice
,
come
per
eufemismo
,
che
la
concezione
è
sbagliata
ma
la
tecnica
è
buona
,
o
che
la
concezione
è
buona
,
ma
la
tecnica
è
sbagliata
.
Quando
,
invece
,
si
parla
dei
modi
di
dipingere
a
olio
o
d
'
incidere
ad
acquaforte
o
di
scolpire
l
'
alabastro
,
allora
sì
che
la
parola
tecnica
è
propria
;
senonché
,
in
tal
caso
,
l
'
aggettivo
artistico
è
usato
metaforicamente
.
E
se
una
tecnica
drammatica
,
in
senso
estetico
,
è
impossibile
,
non
è
impossibile
una
tecnica
teatrale
,
ossia
dei
processi
d
'
estrinsecazione
di
alcune
particolari
opere
estetiche
.
Allorché
,
per
esempio
,
in
Italia
,
nella
seconda
metà
del
secolo
decimosesto
,
s
'
introdussero
le
donne
sulle
scene
,
sostituendole
agli
uomini
truccati
da
donne
,
questo
fu
un
ritrovato
,
vero
e
proprio
,
di
tecnica
teatrale
;
e
tale
fu
anche
per
l
'
appunto
,
nel
secolo
seguente
,
quel
perfezionamento
che
alle
macchine
per
il
rapido
cambiamento
delle
scene
seppero
dare
gl
'
impresari
dei
teatri
di
Venezia
.
La
raccolta
di
conoscenze
tecniche
in
servigio
degli
artisti
che
intendono
a
estrinsecare
le
loro
espressioni
,
può
dividersi
in
gruppi
,
i
quali
prendono
il
titolo
di
teorie
delle
arti
.
Nasce
così
una
teoria
dell
'
Architettura
,
contenente
leggi
di
meccanica
,
ragguagli
sul
peso
o
sulla
resistenza
dei
materiali
di
costruzione
e
di
rivestimento
,
sul
modo
di
mescolare
la
calce
e
lo
stucco
;
una
teoria
della
Scultura
,
contenente
avvertenze
sui
modi
di
scolpire
le
varie
pietre
,
di
ottenere
una
buona
fusione
del
bronzo
,
di
lavorarlo
col
cesello
,
di
copiare
esattamente
il
modello
di
creta
e
di
gesso
,
di
tenere
umida
la
creta
;
una
teoria
della
Pittura
,
sulla
varia
tecnica
della
tempera
,
della
pittura
a
olio
,
dell
'
acquarello
,
del
pastello
,
sulle
proporzioni
del
corpo
umano
,
sulle
regole
della
prospettiva
;
una
teoria
dell
'
Oratoria
,
con
precetti
sulle
guise
del
porgere
,
sui
metodi
per
esercitare
e
rinforzare
la
voce
,
sugli
atteggiamenti
mimici
e
sui
gesti
;
una
teoria
della
Musica
,
sulle
combinazioni
e
fusioni
di
toni
e
di
suoni
,
e
via
seguitando
:
raccolte
di
precetti
,
che
abbondano
in
tutte
le
letterature
.
E
,
poiché
non
è
possibile
dire
esattamente
che
cosa
sia
utile
e
che
cosa
inutile
a
sapere
,
libri
di
questo
genere
tendono
molto
spesso
a
diventare
enciclopedie
o
cataloghi
di
desiderati
.
Vitruvio
,
nel
De
architectura
,
richiede
per
l
'
architetto
la
conoscenza
delle
lettere
,
del
disegno
,
della
geometria
,
dell
'
aritmetica
,
dell
'
ottica
,
della
storia
,
della
filosofia
naturale
e
morale
,
della
giurisprudenza
,
della
medicina
,
dell
'
astrologia
,
della
musica
,
e
così
via
.
Tutto
è
buono
da
sapere
:
impara
l
'
arte
e
mettila
da
parte
.
Come
dovrebbe
esser
chiaro
,
siffatte
raccolte
empiriche
non
sono
riducibili
a
scienza
.
Composte
di
nozioni
attinte
appunto
a
varie
scienze
e
discipline
,
i
loro
principi
filosofici
e
scientifici
si
trovano
in
quelle
.
Proporsi
di
elaborare
una
teoria
scientifica
delle
singole
arti
sarebbe
volere
ridurre
all
'
uno
e
omogeneo
ciò
ch
è
,
per
destinazione
,
molteplice
ed
eterogeneo
:
voler
distruggere
come
raccolta
ciò
ch
è
stato
messo
assieme
pel
fine
appunto
di
ottenere
una
raccolta
.
Nel
tentar
di
dare
forma
rigorosamente
scientifica
ai
manuali
per
l
'
architetto
o
pel
pittore
o
pel
musicista
,
è
chiaro
che
non
resterebbero
nelle
nostre
mani
se
non
i
principi
generali
della
Meccanica
,
dell
'
Ottica
o
dell
'
Acustica
.
E
se
si
viene
estraendo
da
essi
e
isolando
ciò
che
vi
può
essere
sparso
di
osservazioni
propriamente
artistiche
per
costruirlo
in
sistema
di
scienza
,
si
lascia
il
terreno
della
singola
arte
e
si
passa
all
Estetica
,
ch
'
è
sempre
Estetica
generale
o
,
per
dir
meglio
,
non
si
può
dividere
in
generale
e
speciale
.
Quest
'
ultimo
caso
(
proporsi
,
cioè
,
di
dare
una
tecnica
e
riuscire
a
un
Estetica
)
è
accaduto
di
solito
,
allorché
a
elaborare
simili
teoriche
e
manuali
tecnici
si
sono
messi
uomini
forniti
di
forte
senso
scientifico
e
di
naturale
disposizione
filosofica
.
Ma
la
confusione
tra
la
Fisica
e
l
'
Estetica
ha
raggiunto
il
più
alto
segno
,
quando
si
sono
immaginate
teorie
estetiche
delle
singole
arti
,
procurando
di
rispondere
alle
domande
:
quali
sono
i
limiti
di
ciascun
'
arte
?
che
cosa
si
può
rappresentare
coi
colori
e
che
cosa
coi
suoni
?
che
cosa
con
le
semplici
linee
monocrome
e
che
cosa
con
tocchi
di
colori
svariati
?
che
cosa
coi
toni
e
che
cosa
coi
metri
e
ritmi
?
quali
sono
i
limiti
tra
le
arti
figurative
e
le
uditive
,
tra
la
pittura
e
la
scultura
,
tra
la
poesia
e
la
musica
?
Il
che
,
tradotto
in
termini
scientifici
,
val
quando
domandare
:
quale
è
il
legame
tra
l
'
Acustica
e
l
'
espressione
estetica
?
quale
tra
questa
e
l
'
Ottica
?
e
simili
.
Ora
,
se
dal
fatto
fisico
a
quello
estetico
non
vi
è
passaggio
,
come
potrebbe
poi
esservene
dal
fatto
estetico
a
gruppi
particolari
di
fatti
fisici
,
quali
i
fenomeni
dell
'
Ottica
o
dell
'
Acustica
?
Le
cosiddette
arti
non
hanno
limiti
estetici
,
giacché
,
per
averli
,
dovrebbero
avere
anche
esistenza
estetica
nella
loro
particolarità
;
e
noi
abbiamo
mostrato
la
genesi
affatto
empirica
di
quelle
partizioni
.
Per
conseguenza
,
è
assurdo
ogni
tentativo
di
classificazione
estetica
delle
arti
.
Se
non
hanno
limiti
,
esse
non
sono
determinabili
esattamente
,
né
quindi
filosoficamente
distinguibili
.
Tutti
i
volumi
di
classificazioni
e
sistemi
delle
arti
si
potrebbero
(
e
sia
detto
col
massimo
rispetto
verso
gli
scrittori
che
vi
hanno
versato
sopra
i
loro
sudori
)
bruciare
senza
danno
alcuno
.
L
'
impossibilità
di
siffatte
sistemazioni
ha
come
una
riprova
negli
strani
modi
ai
quali
si
è
ricorso
per
eseguirle
.
Prima
e
più
comune
partizione
è
quella
in
arti
dell
'
udito
,
della
vista
e
della
fantasia
;
quasi
che
occhi
,
orecchi
e
fantasia
stiano
sulla
stessa
linea
e
possano
dedursi
da
una
medesima
variabile
logica
,
fondamento
della
divisione
.
Altri
hanno
proposto
l
'
ordinamento
in
arti
dello
spazio
e
arti
del
tempo
,
arti
del
riposo
e
arti
del
movimento
;
come
se
i
concetti
di
spazio
,
tempo
,
riposo
e
movimento
determinino
speciali
conformazioni
estetiche
e
abbiano
alcunché
di
comune
con
l
'
arte
in
quanto
tale
.
Altri
,
infine
,
si
sono
baloccati
a
dividerle
in
classiche
e
romantiche
,
dando
valore
di
concetti
scientifici
a
semplici
denominazioni
di
fatti
storici
,
o
cadendo
in
quelle
partizioni
rettoriche
delle
forme
espressive
già
di
sopra
criticate
;
o
ancora
in
arti
che
si
vedono
da
un
sol
lato
,
come
la
pittura
,
e
che
si
vedono
da
tutti
i
lati
,
come
la
scultura
;
e
simili
stravaganze
,
che
non
stanno
né
in
cielo
né
in
terra
.
La
teoria
dei
limiti
delle
arti
fu
,
forse
,
al
tempo
in
cui
venne
proposta
,
una
benefica
reazione
critica
contro
coloro
che
stimavano
possibile
il
travasamento
di
un
'
espressione
in
un
'
altra
(
per
esempio
,
dell
'
Iliade
o
del
Paradiso
perduto
in
una
serie
di
dipinti
)
,
e
anzi
giudicavano
di
maggiore
o
minor
valore
una
poesia
,
secondo
che
potesse
o
no
da
un
pittore
essere
tradotta
in
quadri
.
Ma
,
se
la
reazione
era
ragionevole
e
riportò
facile
vittoria
,
ciò
non
vuol
dire
che
le
ragioni
adoperate
e
i
sistemi
all
'
uopo
congegnati
fossero
buoni
.
Con
la
teoria
delle
arti
e
dei
loro
limiti
cade
ancora
l
'
altra
,
che
ne
è
un
corollario
:
quella
della
riunione
delle
arti
.
Poste
singole
arti
,
distinte
e
limitate
,
nascevano
le
domande
:
qual
è
la
più
possente
?
e
,
col
riunirne
parecchie
,
non
si
otterranno
effetti
più
possenti
?
Di
ciò
non
sappiamo
nulla
:
sappiamo
,
caso
per
caso
,
che
alcune
intuizioni
artistiche
hanno
bisogno
,
per
la
riproduzione
,
di
alcuni
mezzi
fisici
,
e
altre
intuizioni
artistiche
,
di
altri
mezzi
.
Vi
sono
drammi
il
cui
effetto
si
ottiene
dalla
semplice
lettura
;
altri
,
ai
quali
occorrono
la
declamazione
e
l
'
apparato
scenico
:
intuizioni
artistiche
che
,
per
estrinsecarsi
pienamente
,
richiedono
parole
,
canto
,
strumenti
musicali
,
colori
,
plastica
,
architetture
,
attori
;
e
altre
,
che
sono
belle
e
compiute
in
un
sottile
contorno
fatto
con
la
penna
o
con
pochi
tratti
di
matita
.
Ma
che
la
declamazione
e
l
'
apparato
scenico
,
o
tutte
insieme
le
altre
cose
che
abbiamo
ora
menzionate
,
siano
più
possenti
della
semplice
lettura
o
del
semplice
contorno
a
penna
e
a
matita
,
è
falso
;
perché
ciascuno
di
quei
fatti
o
gruppi
di
fatti
ha
,
per
così
dire
,
diverso
fine
,
e
la
potenza
dei
mezzi
è
incomparabile
quando
i
fini
sono
diversi
.
È
da
notare
che
,
solo
tenendo
ferma
la
netta
e
rigorosa
distinzione
tra
l
'
attività
estetica
vera
e
propria
,
e
quella
pratica
dell
'
estrinsecazione
,
è
dato
risolvere
le
avviluppate
e
confuse
questioni
circa
i
rapporti
dell
'
arte
con
l
'
utilità
e
con
la
moralità
.
Che
l
'
arte
come
arte
sia
indipendente
e
dall
'
utilità
e
dalla
moralità
,
ossia
da
ogni
valore
pratico
,
abbiamo
dimostrato
di
sopra
.
Senza
tale
indipendenza
non
sarebbe
possibile
parlare
di
un
valore
intrinseco
dell
'
arte
,
e
neppure
quindi
concepire
una
scienza
estetica
,
la
quale
ha
per
sua
necessaria
condizione
l
'
autonomia
dell
'
atto
estetico
.
Ma
sarebbe
erroneo
pretendere
che
l
'
affermata
indipendenza
dell
'
arte
,
ch
'
è
indipendenza
della
visione
o
intuizione
o
espressione
interna
dell
'
artista
,
debba
essere
estesa
senz
'
altro
all
'
attività
pratica
dell
'
estrinsecazione
e
della
comunicazione
,
la
quale
può
seguire
o
no
al
fatto
estetico
.
Intesa
l
'
arte
come
estrinsecazione
dell
'
arte
,
l
'
utilità
e
la
moralità
vi
entrano
di
pieno
diritto
;
col
diritto
,
cioè
,
che
si
ha
nelle
cose
di
casa
propria
.
Infatti
,
delle
tante
espressioni
e
intuizioni
che
formiamo
nel
nostro
spirito
,
non
tutte
estrinsechiamo
e
fissiamo
;
non
ogni
nostro
pensiero
o
immagine
traduciamo
a
voce
alta
o
mettiamo
per
iscritto
o
stampiamo
o
disegniamo
o
coloriamo
o
esponiamo
al
pubblico
.
Tra
la
folla
delle
intuizioni
,
formate
o
almeno
abbozzate
interiormente
,
noi
scegliamo
;
e
la
scelta
è
guidata
da
criteri
di
economica
disposizione
della
vita
e
di
morale
indirizzo
di
essa
.
Perciò
,
fissata
un
'
intuizione
,
resta
sempre
da
ponderare
ancora
se
convenga
comunicarla
ad
altri
,
e
a
chi
,
e
quando
,
e
come
:
ponderazioni
che
ricadono
tutte
egualmente
sotto
il
criterio
utilitario
e
sotto
quello
etico
.
Si
trovano
così
in
qualche
modo
giustificati
i
concetti
della
scelta
,
dell
'
interessante
,
della
moralità
,
del
fine
educativo
,
della
popolarità
,
e
simili
,
i
quali
,
imposti
all
'
arte
come
arte
,
non
possono
giustificarsi
in
niun
modo
,
e
perciò
sono
stati
da
noi
,
in
pura
Estetica
,
respinti
.
L
'
errore
ha
sempre
qualche
motivo
di
vero
;
e
chi
formolava
quelle
proposizioni
estetiche
erronee
volgeva
,
in
realtà
,
l
'
occhio
ai
fatti
pratici
,
che
si
collegano
esternamente
al
fatto
estetico
e
appartengono
alla
vita
economica
e
morale
.
Che
poi
si
sia
partigiani
della
maggiore
libertà
anche
nella
divulgazione
dei
mezzi
della
riproduzione
estetica
,
sta
bene
:
siamo
anche
noi
di
questo
avviso
e
lasciamo
le
leghe
pei
provvedimenti
legislativi
e
pei
processi
da
promuovere
contro
l
'
arte
immorale
agli
ipocriti
,
agli
ingenui
e
ai
perdigiorno
.
Ma
affermare
quella
libertà
e
fissarne
i
limiti
,
siano
pure
latissimi
,
è
sempre
ufficio
della
morale
.
E
sarebbe
,
a
ogni
modo
,
fuori
di
luogo
invocare
quell
'
altissimo
principio
,
quel
fundamentum
Aesthetices
,
ch
è
l
indipendenza
dell
'
arte
,
per
dedurne
l
'
incolpabilità
dell
'
artista
che
nell
'
estrinsecare
le
sue
fantasie
calcoli
da
immorale
speculatore
sui
gusti
malsani
dei
lettori
,
o
la
licenza
da
concedere
ai
girovaghi
che
vendono
per
le
piazze
figurine
oscene
.
Quest
'
ultimo
caso
è
di
competenza
della
polizia
,
come
il
primo
è
da
trarsi
innanzi
al
tribunale
della
coscienza
morale
.
Il
giudizio
estetico
sull
'
opera
d
'
arte
non
ha
che
vedere
con
quello
sulla
moralità
dell
'
artista
,
in
quanto
uomo
pratico
,
né
coi
provvedimenti
da
prendere
perché
le
cose
dell
'
arte
non
siano
distratte
a
fini
malvagi
,
alieni
dalla
natura
di
essa
,
ch
è
pura
contemplazione
teoretica
.
XVI
.
IL
GUSTO
E
LA
RIPRODUZIONE
DELL
'
ARTE
.
Compiuto
l
'
intero
processo
estetico
ed
estrinsecativo
,
prodotta
un
'
espressione
bella
,
e
fissatala
in
un
determinato
materiale
fisico
,
che
cosa
significa
giudicarla
?
Riprodurla
in
sé
,
rispondono
quasi
a
una
voce
i
critici
d
'
arte
,
ed
egregiamente
.
Procuriamo
d
'
intendere
bene
questo
fatto
e
,
a
tal
inténto
,
rappresentiamolo
come
in
uno
schema
.
L
'
individuo
A
cerca
l
'
espressione
di
un
'
impressione
che
sente
o
presente
,
ma
che
non
ha
ancora
espressa
.
Eccolo
a
tentare
varie
parole
e
frasi
,
che
gli
diano
l
'
espressione
cercata
,
quell
'
espressione
che
dev
'
esserci
,
ma
ch
'
egli
non
possiede
.
Prova
la
combinazione
m
,
e
la
rigetta
come
impropria
,
inespressiva
,
manchevole
,
brutta
:
prova
la
combinazione
n
,
e
col
medesimo
risultato
.
Non
vede
punto
o
non
vede
chiaro
.
L
'
espressione
gli
sfugge
ancora
.
Dopo
altre
vane
prove
,
nelle
quali
ora
s
'
accosta
,
ora
si
discosta
dal
segno
cui
tende
,
d
'
un
tratto
forma
(
par
quasi
che
gli
si
formi
da
sé
spontaneamente
)
l
'
espressione
cercata
,
e
lux
facta
est
.
Egli
gode
per
un
istante
il
piacere
estetico
o
del
bello
.
Il
brutto
,
col
dispiacere
correlativo
,
era
l
'
attività
estetica
che
non
riusciva
a
vincere
l
'
ostacolo
:
il
bello
è
l
'
attività
espressiva
,
che
ora
si
dispiega
trionfante
.
Abbiamo
tolto
l
'
esemplificazione
dal
dominio
della
parola
,
come
più
accessibile
e
prossimo
;
giacché
,
se
non
tutti
disegniamo
o
dipingiamo
,
tutti
parliamo
.
Se
ora
un
altro
individuo
,
che
diremo
B
,
dovrà
giudicare
quell
'
espressione
,
e
determinare
se
sia
bella
o
brutta
,
egli
non
potrà
se
non
mettersi
nel
punto
di
vista
di
A
,
e
rifarne
,
con
l
'
aiuto
del
segno
fisico
da
lui
prodotto
,
il
processo
.
Se
A
ha
visto
chiaro
,
B
(
essendosi
messo
nel
punto
di
vista
di
lui
)
vedrà
anch
'
esso
chiaro
,
e
sentirà
quell
'
espressione
come
bella
.
Se
A
non
ha
visto
chiaro
,
non
vedrà
chiaro
neanche
B
,
e
la
sentirà
,
d
'
accordo
con
lui
,
più
o
meno
brutta
.
Si
potrà
osservare
che
noi
non
abbiamo
preso
in
considerazione
due
altri
casi
:
che
A
abbia
visto
chiaro
e
B
veda
buio
;
o
che
A
abbia
visto
buio
e
B
veda
chiaro
.
Questi
due
casi
sono
,
parlando
con
rigore
,
impossibili
.
L
'
attività
espressiva
,
appunto
perché
attività
,
non
è
capriccio
,
ma
necessità
spirituale
;
e
non
può
risolvere
un
medesimo
problema
estetico
se
non
in
un
sol
modo
,
che
sia
buono
.
Si
obbietterà
contro
questa
nostra
recisa
affermazione
che
opere
le
quali
sembrano
belle
agli
artisti
,
vengono
poi
riconosciute
brutte
dai
critici
;
e
che
altre
opere
,
di
cui
quelli
erano
scontenti
e
che
giudicavano
imperfette
o
sbagliate
,
vengono
riconosciute
,
invece
,
da
questi
e
belle
e
perfette
.
Ma
,
in
tali
casi
,
una
delle
due
parti
ha
torto
:
o
i
critici
o
gli
artisti
,
e
talvolta
i
critici
e
talvolta
gli
artisti
.
Infatti
,
il
produttore
dell
'
espressione
non
sempre
si
rende
conto
esatto
di
ciò
che
accade
nel
suo
animo
.
La
fretta
,
la
vanità
,
l
'
irriflessione
,
i
pregiudizi
teorici
ci
fanno
dire
,
e
quasi
talora
anche
credere
,
che
siano
belle
opere
nostre
,
che
,
se
ci
ripiegassimo
davvero
su
noi
stessi
,
vedremmo
,
quali
sono
in
realtà
,
brutte
.
Il
povero
artista
si
comporta
talora
come
il
povero
Don
Quijote
,
quando
,
raccomodato
alla
meglio
l
'
elmo
con
la
celata
di
cartapesta
,
che
gli
si
era
svelato
alla
prima
prova
di
fiacchissima
resistenza
,
si
guardò
bene
dal
provarlo
di
nuovo
con
un
ben
assestato
colpo
di
spada
,
e
lo
dichiarò
e
ritenne
senz
'
altro
(
dice
il
suo
autore
)
por
celada
finisima
de
encaxe
.
In
altri
casi
,
le
cagioni
medesime
,
o
le
opposte
ma
analoghe
,
turbano
la
coscienza
dell
'
artista
,
e
gli
fanno
giudicare
male
ciò
che
ha
prodotto
bene
,
o
tentar
di
disfare
e
rifare
in
peggio
ciò
che
,
nell
'
artistica
spontaneità
,
egli
ha
ben
fatto
.
Esempio
:
Tasso
e
il
suo
passaggio
dalla
Gerusalemme
liberata
alla
Gerusalemme
conquistata
.
Parimente
,
la
fretta
,
la
pigrizia
,
l
'
irriflessione
,
i
pregiudizi
teorici
,
le
personali
simpatie
o
animosità
e
altri
motivi
di
tal
sorta
inducono
talora
i
critici
ad
asserire
brutto
ciò
ch
è
bello
e
bello
ciò
ch
è
brutto
;
e
ch
'
essi
sentirebbero
,
qual
è
effettivamente
,
se
eliminassero
quei
motivi
perturbatori
e
non
lasciassero
ai
posteri
,
giudici
più
diligenti
e
spassionati
,
l
'
ufficio
di
conferire
la
palma
o
compiere
la
giustizia
da
essi
negata
.
Dal
precedente
teorema
si
ricava
che
l
'
attività
giudicatrice
,
che
critica
e
riconosce
il
bello
,
s
'
identifica
con
quella
che
lo
produce
.
La
differenza
consiste
soltanto
nella
diversità
delle
circostanze
,
perché
l
'
una
volta
si
tratta
di
produzione
e
l
'
altra
di
riproduzione
estetica
.
L
'
attività
che
giudica
si
dice
gusto
;
l
'
attività
produttrice
genio
:
genio
e
gusto
sono
,
dunque
,
sostanzialmente
identici
.
Questa
identità
viene
intravveduta
allorché
si
osserva
comunemente
che
il
critico
deve
avere
alcunché
della
genialità
dell
'
artista
,
e
che
l
'
artista
deve
essere
fornito
di
gusto
;
ovvero
che
vi
ha
un
gusto
attivo
(
produttore
)
e
uno
passivo
(
riproduttore
)
.
Ma
in
altre
anche
comuni
osservazioni
essa
viene
negata
,
quando
,
per
esempio
,
si
parla
di
un
gusto
senza
genio
,
o
di
un
genio
senza
gusto
.
Osservazioni
,
queste
ultime
,
vuote
di
senso
,
se
non
alludessero
a
differenze
quantitative
o
psicologiche
,
chiamandosi
geni
senza
gusto
coloro
che
producono
opere
d
'
arte
indovinate
nelle
parti
culminanti
e
trascurate
e
difettose
in
quelle
secondarie
,
e
uomini
di
gusto
senza
genio
coloro
che
,
mentre
sanno
raggiungere
alcuni
pregi
isolati
o
secondari
,
non
hanno
la
forza
necessaria
per
una
vasta
sintesi
artistica
.
Interpretazioni
analoghe
si
possono
trovare
agevolmente
di
altre
proposizioni
simili
.
Ma
porre
differenza
sostanziale
tra
genio
e
gusto
,
tra
produzione
e
riproduzione
artistica
,
renderebbe
inconcepibili
la
comunicazione
e
il
giudizio
.
Come
si
potrebbe
giudicare
da
noi
ciò
che
ci
restasse
estraneo
?
Come
ciò
ch
è
prodotto
di
una
determinata
attività
si
potrebbe
giudicare
con
una
attività
diversa
?
Il
critico
sarà
un
piccolo
genio
,
l
'
artista
un
genio
grande
;
l
'
uno
avrà
forze
per
dieci
,
l
'
altro
per
cento
;
il
primo
,
per
levarsi
a
una
certa
altezza
,
avrà
bisogno
dell
'
appoggio
dell
'
altro
:
ma
la
natura
di
entrambi
dev
'
essere
la
medesima
.
Per
giudicare
Dante
ci
dobbiamo
levare
all
'
altezza
di
lui
:
empiricamente
,
s
'
intende
bene
,
noi
non
siamo
Dante
,
né
Dante
è
noi
;
ma
,
in
quel
momento
della
contemplazione
,
e
del
giudizio
,
il
nostro
spirito
è
tutt
'
uno
con
quello
del
poeta
,
e
in
quel
momento
noi
e
lui
siamo
una
cosa
sola
.
Soltanto
in
questa
identità
è
la
possibilità
che
le
nostre
piccole
anime
risuonino
con
le
grandi
,
e
s
'
aggrandiscano
con
esse
nella
universalità
dello
spirito
.
Osserviamo
per
incidente
che
ciò
che
sì
è
detto
del
giudizio
estetico
vale
per
ogni
altra
attività
e
per
ogni
altro
giudizio
;
e
che
allo
stesso
modo
si
fa
la
critica
scientifica
,
economica
,
etica
.
Per
fermarci
al
caso
di
quest
'
ultima
,
solo
se
ci
rimettiamo
idealmente
nelle
condizioni
medesime
in
cui
si
trovò
chi
prese
una
data
risoluzione
,
possiamo
giudicare
se
questa
fu
morale
o
immorale
.
Altrimenti
,
un
'
azione
ci
resterebbe
incomprensibile
e
quindi
ingiudicabile
.
Un
omicida
può
essere
un
furfante
o
un
eroe
:
il
che
,
se
riesce
,
in
certi
limiti
,
indifferente
alla
difesa
sociale
,
la
quale
condanna
alla
stessa
pena
l
'
uno
e
l
'
altro
,
non
è
indifferente
a
chi
voglia
distinguere
e
giudicare
secondo
morale
,
e
non
può
quindi
esimersi
dal
rifare
la
psicologia
individuale
dell
'
omicida
per
determinare
la
vera
figura
,
non
più
soltanto
giuridica
,
dell
'
azione
di
lui
.
Anche
nell
Etica
si
è
parlato
qualche
volta
di
un
gusto
o
di
un
tatto
morale
,
che
risponderebbe
a
ciò
che
di
solito
si
chiama
coscienza
morale
,
cioè
all
'
attività
stessa
della
buona
volontà
.
La
spiegazione
,
esposta
di
sopra
,
del
giudizio
o
riproduzione
estetica
dà
insieme
ragione
e
torto
agli
assolutisti
e
ai
relativisti
:
a
coloro
che
propugnano
l
'
assolutezza
del
gusto
,
e
a
coloro
che
la
negano
.
Gli
assolutisti
,
in
quanto
affermano
potersi
giudicar
del
bello
,
hanno
ragione
;
ma
la
dottrina
che
pongono
a
base
della
loro
affermazione
,
è
insostenibile
,
perché
essi
concepiscono
il
bello
,
ossia
il
valore
estetico
,
come
qualcosa
che
sia
posto
fuori
dell
'
attività
estetica
,
come
un
concetto
o
un
modello
che
l
'
artista
attui
nella
sua
opera
e
di
cui
il
critico
si
valga
poi
per
giudicare
l
'
opera
stessa
.
Concetti
e
modelli
,
che
in
arte
non
esistono
,
come
bene
si
è
riconosciuto
sin
da
quando
si
è
cominciato
a
dire
che
ogni
opera
d
'
arte
è
giudicabile
solo
in
sé
stessa
e
ha
in
sé
il
suo
modello
:
con
che
si
è
negata
l
'
esistenza
dei
modelli
oggettivi
di
bellezza
,
siano
essi
concetti
intellettuali
o
idee
sospese
nel
cielo
metafisico
.
In
questa
negazione
gli
avversari
,
i
relativisti
,
hanno
molta
ragione
,
e
col
farla
valere
sono
stati
autori
di
un
progresso
nella
teoria
della
critica
.
Senonché
,
la
ragionevolezza
iniziale
della
tesi
si
converte
poi
,
anche
presso
di
essi
,
in
una
teoria
falsa
.
Ripetendo
l
'
antico
adagio
,
che
dei
gusti
non
si
disputa
,
credono
che
l
'
espressione
estetica
sia
della
stessa
qualità
del
piacevole
e
dello
spiacevole
,
che
ciascuno
sente
a
suo
modo
e
sui
quali
non
si
disputa
.
Ma
piacevole
e
spiacevole
sono
,
come
sappiamo
,
fatti
utilitari
e
pratici
;
onde
i
relativisti
vengono
in
ultima
analisi
a
negare
la
natura
del
fatto
estetico
e
a
confondere
da
capo
l
'
espressione
con
l
'
impressione
,
il
teoretico
col
pratico
.
La
soluzione
giusta
consiste
nel
rigettare
così
il
relativismo
o
psicologismo
,
come
il
falso
assolutismo
;
e
nel
riconoscere
che
il
criterio
del
gusto
è
assoluto
,
ma
di
una
assolutezza
diversa
da
quella
dell
'
intelletto
,
che
si
svolge
nel
raziocinio
;
è
assoluto
dell
'
assolutezza
intuitiva
della
fantasia
.
P
da
giudicare
perciò
bello
qualsiasi
atto
di
attività
espressiva
che
sia
davvero
tale
,
e
brutto
qualunque
fatto
,
in
cui
entrino
in
lotta
insoluta
attività
espressiva
e
passività
.
Tra
assolutisti
e
relativisti
assoluti
è
una
terza
classe
,
che
potrebbe
chiamarsi
dei
relativisti
relativi
.
Costoro
affermano
l
'
assolutezza
dei
valori
in
altri
campi
(
in
quelli
,
per
esempio
,
della
Logica
o
dell
Etica
)
,
ma
la
negano
nel
campo
estetico
.
Che
si
disputi
di
scienza
o
di
morale
,
sembra
loro
naturale
e
giustificato
,
perché
la
scienza
riposa
sull
'
universale
,
comune
a
tutti
gli
uomini
,
e
la
morale
sul
dovere
,
anch
'
esso
legge
della
natura
umana
;
ma
come
disputare
dell
'
arte
,
che
riposa
sulla
fantasia
?
Senonché
non
solo
l
'
attività
fantastica
è
universale
e
appartiene
alla
natura
umana
,
al
pari
del
concetto
logico
e
del
dovere
pratico
;
ma
contro
la
riferita
tesi
intermedia
è
da
muovere
un
'
obiezione
preliminare
.
Negando
l
'
assolutezza
della
fantasia
,
si
verrebbe
a
negare
anche
quella
della
verità
intellettuale
o
concettuale
,
e
implicitamente
,
della
morale
.
La
morale
non
ha
forse
per
presupposto
le
distinzioni
logiche
?
e
come
altrimenti
queste
sono
conosciute
se
non
in
espressioni
e
parole
,
ossia
in
forma
fantastica
?
Tolta
l
'
assolutezza
della
fantasia
,
la
vita
dello
spirito
vacillerebbe
nella
base
.
L
'
individuo
non
intenderebbe
più
l
'
altro
individuo
,
anzi
neppure
il
sé
stesso
di
un
momento
prima
,
il
quale
,
considerato
nel
momento
dopo
,
è
già
un
altro
individuo
.
Pure
,
la
varietà
dei
giudizi
è
un
fatto
indubitabile
.
Gli
uomini
sono
discordi
in
valutazioni
logiche
,
etiche
,
economiche
;
e
discordi
altresì
,
o
ancora
di
più
,
in
quelle
estetiche
.
Se
alcune
cagioni
che
abbiamo
ricordate
(
fretta
,
pregiudizi
,
passioni
e
simili
)
possono
attenuare
l
'
importanza
di
cotesta
discordia
,
non
perciò
l
'
annullano
.
Nel
parlare
degli
stimoli
della
riproduzione
,
abbiamo
soggiunto
una
cautela
,
dicendo
che
la
riproduzione
ha
luogo
,
se
tutte
le
altre
condizioni
restano
pari
.
Restano
forse
pari
?
L
'
ipotesi
risponde
alla
realtà
?
Sembra
di
no
.
Riprodurre
più
volte
un
'
impressione
mediante
uno
stimolo
fisico
adatto
,
importa
che
questo
non
si
sia
alterato
,
e
che
l
'
organismo
si
trovi
nelle
medesime
condizioni
psicologiche
,
in
cui
era
quando
ebbe
l
'
impressione
che
si
vuol
riprodurre
.
Ora
è
un
fatto
che
lo
stimolo
fisico
si
altera
continuamente
,
e
così
anche
le
condizioni
psicologiche
.
Le
pitture
a
olio
anneriscono
,
quelle
a
fresco
diventano
sbiadite
,
le
statue
perdono
nasi
e
mani
e
gambe
,
le
architetture
rovinano
totalmente
o
parzialmente
,
dell
'
esecuzione
di
una
musica
si
smarrisce
la
tradizione
,
il
testo
di
una
poesia
è
corrotto
da
cattivi
copisti
o
da
cattive
stampe
.
Questi
sono
esempi
ovvi
di
mutazioni
,
che
accadono
ogni
giorno
negli
oggetti
o
stimoli
fisici
.
Circa
le
condizioni
psicologiche
,
non
ci
fermeremo
sul
caso
del
diventar
sordi
o
ciechi
,
cioè
della
perdita
d
'
interi
ordini
d
'
impressioni
psichiche
:
caso
particolare
e
di
secondaria
importanza
di
fronte
a
quello
fondamentale
,
quotidiano
,
immancabile
,
del
mutarsi
perpetuo
della
società
intorno
a
noi
e
delle
condizioni
interne
della
nostra
vita
individuale
.
Le
manifestazioni
foniche
,
ossia
le
parole
e
i
versi
della
Commedia
dantesca
debbono
produrre
in
un
cittadino
italiano
,
che
pratichi
la
politica
della
terza
Roma
,
impressione
ben
diversa
da
quella
che
provava
un
ben
informato
e
affiatato
coetaneo
del
poeta
.
La
Madonna
di
Cimabue
è
sempre
in
Santa
Maria
Novella
;
ma
parla
essa
al
visitatore
odierno
come
ai
fiorentini
del
Dugento
?
e
,
se
anche
il
tempo
non
l
'
avesse
annerita
,
l
'
impressione
che
ora
produce
non
deve
supporsi
del
tutto
diversa
da
quella
di
un
tempo
?
Perfino
nel
caso
di
un
medesimo
individuo
poeta
,
una
poesia
,
composta
da
lui
in
gioventù
,
gli
farà
forse
la
stessa
impressione
di
una
volta
,
quando
egli
la
rilegga
in
età
senile
,
con
disposizioni
affatto
mutate
?
Vero
è
che
alcuni
estetici
hanno
tentato
una
distinzione
tra
stimoli
e
stimoli
,
tra
segni
naturali
e
convenzionali
,
i
primi
dei
quali
avrebbero
un
effetto
costante
e
per
tutti
,
e
i
secondi
solo
per
circoli
ristretti
.
Segni
naturali
sarebbero
,
a
loro
avviso
,
quelli
della
pittura
;
convenzionali
,
le
parole
della
poesia
.
Ma
la
differenza
tra
gli
uni
e
gli
altri
è
,
tutt
'
al
più
,
solo
di
grado
.
Molte
volte
è
stato
affermato
che
la
pittura
è
un
linguaggio
che
s
'
intende
da
chiunque
,
diversamente
da
ciò
che
accade
per
la
poesia
.
In
questo
,
per
l
'
appunto
,
Leonardo
poneva
una
delle
prerogative
della
sua
arte
,
che
non
ha
bisogno
d
'
interpreti
di
diverse
lingue
come
hanno
le
lettere
,
e
soddisfa
agli
uomini
e
agli
animali
,
raccontando
l
'
aneddoto
di
quel
ritratto
di
un
padre
di
famiglia
,
cui
facean
carezze
li
piccioli
figliuoli
,
che
ancora
erano
nelle
fasce
,
e
similmente
il
cane
e
gatta
della
medesima
casa
.
Ma
altri
aneddoti
,
come
quelli
dei
selvaggi
che
toglievano
in
iscambio
la
figura
di
un
soldato
per
quella
di
una
barca
,
o
un
ritratto
di
uomo
a
cavallo
consideravano
come
fornito
di
una
sola
gamba
,
scoterebbero
la
fede
nei
lattanti
,
nei
cani
e
nei
gatti
,
intelligenti
di
pittura
.
Per
fortuna
,
non
occorrono
ardue
ricerche
per
avvedersi
che
i
quadri
,
e
le
poesie
,
e
qualsiasi
opera
d
'
arte
,
non
producono
effetto
se
non
su
animi
preparati
.
Segni
naturali
non
esistono
,
perché
tutti
sono
a
un
modo
stesso
convenzionali
,
o
,
per
parlare
con
la
dovuta
esattezza
,
storicamente
condizionati
.
Ciò
posto
,
come
ottenere
che
l
'
espressione
venga
riprodotta
per
mezzo
dell
'
oggetto
fisico
?
che
si
abbia
il
medesimo
effetto
,
quando
le
condizioni
non
sono
più
le
medesime
?
E
non
parrebbe
necessario
,
piuttosto
,
concludere
che
le
espressioni
,
nonostante
gl
'
istrumenti
fisici
foggiati
all
'
uopo
,
sono
irriproducibili
;
e
che
ciò
che
si
chiama
riproduzione
consiste
realmente
in
espressioni
sempre
nuove
?
E
tale
infatti
sarebbe
la
conclusione
,
se
le
varietà
delle
condizioni
fisiche
e
psichiche
fossero
intrinsecamente
insuperabili
.
Ma
,
poiché
l
'
insuperabilità
non
ha
nessun
carattere
di
necessità
,
bisogna
invece
concludere
:
che
la
riproduzione
ha
luogo
sempre
che
possiamo
e
vogliamo
rimetterci
nelle
condizioni
tra
le
quali
fu
prodotto
lo
stimolo
(
bello
fisico
)
.
In
queste
condizioni
non
solo
ci
possiamo
rimettere
per
astratta
possibilità
,
ma
ci
rimettiamo
di
fatto
,
continuamente
.
La
vita
individuale
,
ch
è
comunione
con
noi
stessi
(
col
nostro
passato
)
,
e
la
vita
sociale
,
ch
è
comunione
coi
nostri
simili
,
non
sarebbero
possibili
altrimenti
.
Per
ciò
che
riguarda
l
'
oggetto
fisico
,
i
paleografi
e
filologi
,
restitutori
dei
testi
nella
loro
fisionomia
originale
,
i
restauratori
di
quadri
e
di
statue
,
e
altrettali
industri
lavoratori
,
si
sforzano
appunto
di
conservare
o
ridare
all
'
oggetto
fisico
tutta
l
'
energia
primitiva
.
Certamente
,
sono
sforzi
che
non
sempre
riescono
,
o
non
riescono
sempre
completamente
,
anzi
non
mai
o
quasi
è
dato
ottenere
una
restaurazione
perfetta
nei
minimi
particolari
.
Ma
l
'
insuperabile
è
qui
meramente
accidentale
,
e
non
può
farci
disconoscere
i
risultati
favorevoli
che
pur
si
raggiungono
.
A
reintegrare
in
noi
le
condizioni
psicologiche
che
si
sono
mutate
attraverso
la
storia
,
lavora
da
sua
parte
l
'
interpretazione
storica
,
la
quale
ravviva
il
morto
,
compie
il
frammentario
,
ci
dà
modo
di
vedere
un
'
opera
d
'
arte
(
un
oggetto
fisico
)
quale
la
vedeva
l
'
autore
nell
'
atto
della
produzione
.
Condizione
di
cotesto
lavorio
storico
è
la
tradizione
,
mercé
la
quale
è
possibile
raccogliere
gli
sparsi
raggi
e
farli
convergere
a
un
fuoco
.
Noi
,
con
la
memoria
,
circondiamo
lo
stimolo
fisico
dei
fatti
tra
i
quali
esso
nacque
;
e
così
rendiamo
possibile
che
rioperi
su
noi
come
operava
su
chi
lo
produsse
.
Dove
la
tradizione
è
spezzata
,
l
'
interpretazione
si
arresta
;
i
prodotti
del
passato
restano
allora
,
per
noi
,
muti
.
Così
ci
sono
inattingibili
le
espressioni
contenute
nelle
iscrizioni
etrusche
o
in
quelle
messapiche
;
così
per
alcuni
prodotti
dell
'
arte
dei
selvaggi
si
ode
ancora
discutere
dagli
etnografi
,
nientemeno
,
se
siano
pitture
o
scritture
;
così
gli
archeologi
e
i
preistorici
non
riescono
sempre
a
stabilire
con
certezza
se
le
figurazioni
,
che
si
vedono
sulla
vascolaria
di
una
data
regione
,
o
su
altri
istrumenti
d
'
uso
,
siano
di
argomento
religioso
o
profano
.
Ma
l
'
arresto
dell
interpretazione
,
come
quello
della
restituzione
,
non
è
mai
un
limite
definitivamente
insuperabile
;
e
le
scoperte
,
che
accadono
ogni
giorno
,
e
ch
è
lecito
sperare
sempre
maggiori
,
di
nuove
fonti
storiche
e
di
nuovi
modi
di
adoperare
meglio
le
antiche
,
riattaccano
per
l
'
appunto
le
tradizioni
spezzate
.
Né
si
vuol
negare
che
l
'
erronea
interpretazione
storica
produca
talora
,
per
così
dire
,
palinsesti
,
dandoci
nuove
espressioni
sulle
antiche
,
fantasie
artistiche
invece
di
riproduzioni
storiche
.
Il
cosiddetto
fascino
del
passato
dipende
in
parte
da
queste
espressioni
nostre
,
che
tessiamo
sulle
storiche
.
Così
nelle
opere
della
plastica
ellenica
si
è
scorta
la
calma
e
la
serena
intuizione
della
vita
di
quei
popoli
,
che
pur
sentirono
tanto
pungente
il
dolore
universale
;
così
nelle
figure
dei
santi
bizantini
si
è
ravvisato
perfino
il
terrore
dell
'
anno
Mille
,
quel
terrore
ch
è
un
equivoco
storico
o
una
leggenda
artificiale
,
foggiata
da
tardi
eruditi
.
Ma
la
critica
storica
tende
appunto
a
circoscrivere
le
fantasticherie
e
a
stabilire
con
esattezza
il
punto
di
vista
dal
quale
bisogna
guardare
.
Per
il
processo
sopradescritto
noi
viviamo
in
comunicazione
con
gli
altri
uomini
,
del
presente
e
del
passato
;
e
non
perché
si
dia
talvolta
,
e
anche
sovente
,
l
'
incompreso
o
il
malcompreso
,
si
deve
concludere
che
,
quando
crediamo
di
fare
un
dialogo
,
facciamo
sempre
un
monologo
;
anzi
che
non
possiamo
nemmeno
ripetere
il
monologo
,
fatto
altra
volta
in
noi
medesimi
.
XVII
.
LA
STORIA
DELLA
LETTERATURA
E
DELL
'
ARTE
.
Questa
breve
esposizione
del
metodo
onde
si
ottiene
la
reintegrazione
delle
condizioni
originarie
in
cui
fu
prodotta
l
'
opera
d
'
arte
,
e
per
conseguenza
la
possibilità
della
riproduzione
e
del
giudizio
,
mostra
a
quale
importante
ufficio
adempiano
le
ricerche
storiche
concernenti
le
opere
artistiche
e
letterarie
;
che
è
ciò
che
si
chiama
,
di
solito
,
il
metodo
o
la
critica
storica
nella
letteratura
e
nell
'
arte
.
Senza
la
tradizione
e
la
critica
storica
,
il
godimento
di
tutte
o
quasi
tutte
le
opere
d
'
arte
sarebbe
irremissibilmente
perduto
:
noi
saremmo
poco
più
che
animali
,
immersi
nel
solo
presente
o
in
un
passato
ben
vicino
.
È
da
fatui
spregiare
e
deridere
chi
ricostituisce
un
testo
autentico
,
spiega
il
senso
di
parole
e
costumanze
obliate
,
investiga
le
condizioni
tra
le
quali
visse
un
artista
,
e
compie
tutti
quei
lavori
che
ravvivano
le
fattezze
e
il
colorito
originario
delle
opere
d
'
arte
.
Talvolta
,
il
giudizio
spregiativo
o
negativo
concerne
la
presunta
o
provata
inutilità
di
molte
ricerche
pel
fine
della
retta
intelligenza
delle
opere
artistiche
.
Ma
,
in
primo
luogo
,
è
da
osservare
che
le
ricerche
storiche
non
adempiono
al
solo
fine
di
aiutare
a
riprodurre
e
giudicare
le
opere
artistiche
:
la
biografia
di
uno
scrittore
o
di
un
artista
,
per
esempio
,
e
la
ricerca
dei
costumi
di
un
'
epoca
,
hanno
anche
fine
e
interesse
propri
,
cioè
estranei
alla
storia
dell
'
arte
ma
non
ad
altre
forme
di
storiografia
.
Che
se
si
vuole
intendere
di
quelle
indagini
che
sembra
non
presentino
interesse
di
sorta
,
è
da
osservare
ancora
che
il
ricercatore
storico
deve
spesso
adattarsi
all
'
ufficio
,
poco
glorioso
ma
utile
,
di
catalogatore
di
fatti
;
i
quali
restano
per
allora
informi
,
incoerenti
e
insignificanti
,
ma
sono
riserva
e
miniera
per
lo
storico
futuro
e
per
chiunque
altro
possa
averne
d
'
uopo
per
alcun
fine
.
In
una
biblioteca
si
collocano
sul
palchetto
,
e
si
notano
nelle
schede
,
anche
libri
che
nessuno
richiede
in
lettura
,
ma
che
,
una
volta
o
l
'
altra
,
possono
essere
richiesti
.
Certo
,
come
un
bibliotecario
intelligente
dà
la
preferenza
all
'
acquisto
e
alla
catalogazione
di
quei
libri
che
si
prevede
possano
servire
di
più
e
meglio
,
così
anche
i
ricercatori
intelligenti
hanno
il
fiuto
di
ciò
che
serve
,
o
potrà
più
facilmente
servire
,
tra
il
materiale
di
fatti
in
cui
vanno
frugando
;
laddove
altri
,
meno
intelligenti
,
meno
ben
dotati
,
più
frettolosamente
produttivi
,
accumulano
inutile
ciarpame
,
rifiuti
e
spazzature
,
e
si
perdono
in
sottigliezze
e
discussioni
pettegole
.
Ma
ciò
appartiene
all
'
economia
della
ricerca
,
e
non
ci
riguarda
.
Riguarda
,
tutt
'
al
più
,
il
maestro
che
dà
i
temi
,
l
'
editore
che
paga
la
stampa
,
e
il
critico
che
è
chiamato
a
lodare
e
biasimare
gli
operai
della
ricerca
.
È
evidente
,
d
'
altra
parte
,
che
le
ricerche
storiche
,
rivolte
a
illuminare
un
'
opera
d
'
arte
,
non
bastano
da
sole
a
farla
rinascere
nel
nostro
spirito
e
a
metterci
in
grado
di
giudicarla
;
ma
presuppongono
il
gusto
,
cioè
la
fantasia
sveglia
ed
esercitata
.
La
maggiore
erudizione
storica
può
accompagnarsi
a
un
gusto
rozzo
o
altrimenti
deficiente
,
a
una
fantasia
poco
agile
,
a
un
cuore
,
come
si
dice
comunemente
,
arido
e
freddo
,
negato
all
'
arte
.
Qual
è
il
male
minore
:
una
grande
erudizione
con
gusto
deficiente
,
o
un
gusto
naturale
accompagnato
da
molta
ignoranza
?
La
questione
è
stata
mossa
molte
volte
,
e
,
forse
,
converrebbe
negarla
,
perché
tra
due
mali
non
si
può
dire
quale
sia
il
minore
,
e
anzi
non
s
'
intende
che
cosa
ciò
significhi
.
Il
semplice
erudito
non
riesce
mai
a
mettersi
in
comunicazione
diretta
con
gli
spiriti
magni
,
e
s
'
aggira
di
continuo
pei
cortili
,
le
scale
e
le
anticamere
dei
loro
palagi
;
ma
l
'
ignorante
ben
dotato
o
passa
indifferente
innanzi
a
capolavori
per
lui
inaccessibili
o
,
invece
d
'
intendere
le
opere
d
'
arte
quali
sono
effettivamente
,
ne
inventa
,
egli
,
altre
,
con
l
'
immaginazione
.
Senonché
la
laboriosità
del
primo
può
almeno
illuminare
gli
altri
;
ma
la
genialità
del
secondo
resta
,
nei
rapporti
della
scienza
,
del
tutto
sterile
.
Come
,
dunque
,
in
un
certo
rispetto
,
cioè
in
quello
scientifico
,
non
preferire
l
'
erudito
coscienzioso
al
critico
geniale
inconcludente
,
che
non
è
poi
geniale
davvero
,
se
si
rassegna
,
e
in
quanto
si
rassegna
,
a
vagare
lungi
dalla
verità
?
Da
quei
lavori
storici
,
che
si
servono
delle
opere
d
'
arte
ma
per
intenti
estranei
(
biografia
,
storia
civile
,
religiosa
,
politica
,
ecc
.
)
,
e
anche
dall
'
erudizione
storica
diretta
a
preparare
la
sintesi
estetica
della
riproduzione
,
bisogna
distinguere
accuratamente
la
storia
dell
'
arte
e
della
letteratura
.
La
differenza
dei
primi
da
questa
è
palmare
.
La
storia
artistica
e
letteraria
ha
per
oggetto
principale
le
opere
d
'
arte
stesse
;
quegli
altri
lavori
chiamano
e
interrogano
le
opere
d
'
arte
,
ma
solo
come
testimoni
e
documenti
da
cui
ricavare
la
verità
di
fatti
non
estetici
.
Meno
profonda
può
sembrare
la
seconda
differenza
a
cui
abbiamo
accennato
.
Pure
,
è
grandissima
.
L
'
erudizione
,
indirizzata
a
rischiarare
l
'
intelligenza
delle
opere
d
'
arte
,
mira
semplicemente
a
far
sorgere
un
certo
fatto
interno
,
una
riproduzione
estetica
.
La
storia
artistica
e
letteraria
non
nasce
,
invece
,
se
non
dopo
che
tale
riproduzione
sia
stata
ottenuta
;
e
importa
,
dunque
,
un
lavoro
ulteriore
.
Oggetto
di
essa
,
come
di
qualsiasi
storia
,
è
dire
precisamente
quali
fatti
siano
accaduti
nella
realtà
,
e
cioè
quali
fatti
artistici
e
letterari
.
Chi
,
dopo
avere
raccolta
l
'
erudizione
storica
necessaria
,
riproduce
in
sé
e
gusta
un
'
opera
d
'
arte
,
può
restare
semplice
uomo
di
gusto
,
o
esprimere
,
tutt
'
al
più
,
il
proprio
sentimento
con
un
'
esclamazione
ammirativa
o
dispregiativa
.
Ciò
non
basta
perché
si
diventi
storico
della
letteratura
e
dell
'
arte
:
alla
semplice
riproduzione
deve
seguire
una
nuova
operazione
mentale
la
quale
è
,
a
sua
volta
,
un
'
espressione
,
l
'
espressione
della
riproduzione
,
la
descrizione
,
esposizione
o
rappresentazione
storica
.
Tra
l
'
uomo
di
gusto
e
lo
storico
c
'
è
,
dunque
,
questa
differenza
:
che
il
primo
riproduce
semplicemente
,
nel
suo
spirito
,
l
'
opera
d
'
arte
;
il
secondo
,
dopo
averla
riprodotta
,
la
rappresenta
storicamente
,
ossia
applicando
quelle
categorie
per
le
quali
,
come
sappiamo
,
la
storia
si
differenzia
dalla
pura
arte
.
La
storia
artistica
e
letteraria
è
,
perciò
,
un
'
opera
d
'
arte
storica
,
sorta
sopra
una
o
più
opere
d
'
arte
.
La
denominazione
critico
artistico
o
critico
letterario
Si
adopera
in
vario
senso
:
talora
riferendola
all
'
erudito
,
che
lavora
in
servigio
della
letteratura
;
tal
'
altra
,
allo
storico
che
espone
nella
loro
realtà
le
opere
artistiche
del
passato
;
più
spesso
,
a
entrambi
.
Qualche
volta
,
per
critico
s
'
intende
più
strettamente
colui
che
giudica
e
descrive
le
opere
della
letteratura
contemporanea
;
e
per
istorico
,
chi
tratta
di
quelle
meno
recenti
.
Usi
linguistici
e
distinzioni
empiriche
e
trascurabili
,
perché
la
vera
differenza
è
tra
erudito
,
uomo
di
gusto
e
storico
d
'
arte
:
i
quali
termini
designano
come
tre
stadi
successivi
di
lavoro
,
ciascuno
indipendente
relativamente
,
ossia
rispetto
al
seguente
,
ma
non
rispetto
al
precedente
.
Si
può
essere
,
come
abbiamo
visto
,
semplici
eruditi
,
poco
capaci
di
sentire
le
opere
d
'
arte
;
si
può
essere
magari
uomini
eruditi
e
di
gusto
,
capaci
di
sentirle
e
incapaci
di
ripensarle
componendo
una
pagina
di
storia
artistica
e
letteraria
;
ma
lo
storico
vero
e
compiuto
,
pur
contenendo
in
sé
come
precedenti
necessari
l
'
erudito
e
l
'
uomo
di
gusto
,
deve
aggiungere
alle
qualità
di
costoro
la
virtù
della
comprensione
e
rappresentazione
storica
.
La
metodica
della
storia
artistica
e
letteraria
presenta
problemi
e
difficoltà
,
alcune
comuni
a
ogni
metodica
storica
,
altre
a
essa
peculiari
,
perché
derivanti
dal
concetto
stesso
dell
'
arte
.
La
storia
si
suole
distinguere
in
storia
dell
'
uomo
,
storia
della
natura
e
storia
mista
di
entrambe
le
precedenti
.
Senza
qui
esaminare
la
solidità
di
questa
distinzione
,
è
chiaro
che
la
storia
artistica
e
letteraria
rientra
,
a
ogni
modo
,
nella
prima
,
concernendo
un
'
attività
spirituale
,
ossia
propria
dell
'
uomo
.
E
poiché
quest
'
attività
è
il
suo
subietto
,
si
scorge
da
ciò
come
sia
assurdo
proporsi
il
problema
storico
dell
'
origine
dell
'
arte
:
formola
,
per
altro
,
con
la
quale
(
è
bene
notare
)
si
sono
intese
,
a
volta
a
volta
,
cose
molto
diverse
.
Origine
molto
spesso
ha
significato
natura
o
qualità
del
fatto
artistico
;
nel
qual
caso
si
aveva
di
mira
un
vero
problema
scientifico
o
filosofico
,
il
problema
appunto
che
la
nostra
trattazione
ha
procurato
,
a
suo
modo
,
di
risolvere
.
Altra
volta
,
per
origine
si
è
intesa
la
genesi
ideale
,
la
ricerca
della
ragion
dell
'
arte
,
la
deduzione
dell
'
atto
artistico
da
un
sommo
principio
che
contiene
in
sé
lo
spirito
e
la
natura
:
problema
filosofico
anche
questo
,
e
compimento
del
precedente
,
anzi
coincidente
con
esso
,
sebbene
sia
stato
talvolta
stranamente
interpretato
e
risoluto
da
alcune
arbitrarie
e
semifantastiche
metafisiche
.
Ma
,
quando
poi
si
è
voluto
cercare
proprio
in
qual
modo
l
'
arte
si
sia
storicamente
formata
,
si
è
caduti
nell
'
assurdo
al
quale
abbiamo
accennato
.
Se
l
'
espressione
è
forma
della
coscienza
,
come
cercare
l
'
origine
storica
di
ciò
che
non
è
prodotto
della
natura
,
e
che
della
storia
umana
è
presupposto
?
come
assegnare
la
genesi
storica
di
quella
che
è
una
categoria
,
in
forza
della
quale
si
comprende
ogni
genesi
e
fatto
storico
?
L
'
assurdo
è
nato
dal
paragone
con
le
istituzioni
umane
,
che
si
sono
formate
,
infatti
,
nel
corso
della
storia
e
nel
corso
di
questa
sono
sparite
o
possono
sparire
.
Tra
l
'
atto
estetico
e
un
istituzione
umana
,
come
il
matrimonio
monogamico
o
il
feudo
corre
(
per
usare
un
paragone
facilmente
apprensibile
)
la
differenza
che
è
tra
i
corpi
semplici
e
i
composti
in
chimica
,
dei
primi
dei
quali
non
si
può
dare
la
formola
di
formazione
,
altrimenti
non
sarebbero
semplici
,
e
,
quando
di
alcuno
si
giunge
a
trovarla
,
esso
cessa
di
essere
semplice
e
passa
tra
i
composti
.
Il
problema
dell
'
origine
dell
'
arte
,
storicamente
inteso
,
è
giustificato
solo
quando
si
proponga
di
cercare
,
non
già
la
formazione
della
categoria
artistica
,
ma
dove
e
quando
l
'
arte
sia
per
la
prima
volta
apparsa
(
apparsa
,
cioè
,
in
modo
rilevante
)
,
in
quale
punto
o
regione
del
globo
,
in
quale
punto
o
epoca
della
sua
storia
;
quando
,
cioè
,
s
indaghi
,
non
l
'
origine
dell
'
arte
,
ma
la
storia
più
antica
o
primitiva
di
questa
.
Problema
ch
è
tutt
'
uno
con
quello
dell
'
apparizione
della
civiltà
umana
sulla
terra
.
A
risolverlo
mancano
certamente
i
dati
,
ma
non
l
'
astratta
possibilità
,
come
,
d
'
altra
parte
,
abbondano
i
tentativi
di
soluzione
e
le
ipotesi
.
Ogni
configurazione
di
storia
umana
ha
a
suo
criterio
costruito
il
concetto
del
progresso
.
Ma
per
progresso
non
è
da
intendere
la
fantastica
legge
del
progresso
,
la
quale
,
con
forza
irresistibile
,
menerebbe
le
generazioni
umane
a
non
si
sa
quali
destini
definitivi
,
secondo
un
piano
provvidenziale
,
che
noi
potremmo
indovinare
e
intendere
poi
nella
sua
logica
.
Una
supposta
legge
di
questo
genere
è
la
negazione
della
storia
stessa
,
di
quella
contingenza
,
o
,
per
dir
meglio
,
di
quella
libertà
che
distingue
il
processo
storico
da
un
qualsiasi
processo
meccanico
.
Per
la
medesima
ragione
,
il
progresso
non
ha
che
vedere
con
la
cosiddetta
legge
di
evoluzione
;
la
quale
,
se
significa
che
la
realtà
si
evolve
(
e
solo
in
quanto
si
evolve
o
diviene
è
realtà
)
,
non
può
chiamarsi
legge
;
e
,
se
si
dà
come
legge
,
fa
tutt
'
uno
con
la
legge
del
progresso
,
nel
significato
fallace
or
ora
esposto
.
Il
progresso
,
di
cui
qui
parliamo
,
non
è
altro
se
non
il
concetto
stesso
dell
'
attività
umana
,
la
quale
,
lavorando
sulla
materia
fornitale
dalla
natura
,
ne
vince
gli
ostacoli
e
la
sottomette
ai
suoi
scopi
.
Da
siffatto
concetto
del
progresso
,
ossia
dell
'
attività
umana
riferita
a
una
particolare
materia
,
muove
lo
storico
dell
'
umanità
.
Chiunque
non
sia
semplice
raccoglitore
di
fatti
slegati
,
mero
ricercatore
o
incoerente
cronista
,
non
può
mettere
insieme
la
più
piccola
narrazione
di
fatti
umani
se
non
possiede
un
suo
criterio
determinato
,
un
proprio
convincimento
circa
il
concetto
dei
fatti
di
cui
assume
di
narrare
la
storia
.
Dall
'
ammasso
confuso
e
discordante
dei
fatti
bruti
non
si
sale
all
'
opera
d
'
arte
storica
se
non
mercé
questa
appercezione
,
che
rende
possibile
ritagliare
in
quella
mole
rude
e
indigesta
una
rappresentazione
pensata
.
Lo
storico
di
un
'
azione
pratica
deve
sapere
che
cosa
è
economia
e
che
cosa
è
morale
;
lo
storico
delle
matematiche
,
che
cosa
sono
le
matematiche
;
quello
della
botanica
,
che
cosa
è
botanica
;
quello
della
filosofia
,
che
cosa
è
filosofia
.
O
,
se
queste
cose
non
le
sa
davvero
,
deve
almeno
illudersi
di
saperle
;
altrimenti
non
potrà
neppure
illudersi
di
raccontare
una
storia
.
Non
possiamo
estenderci
nel
dimostrare
la
necessità
e
l
'
indefettibilità
di
questo
criterio
soggettivo
(
che
si
concilia
con
la
massima
oggettività
e
imparzialità
e
scrupolosità
nella
riferenza
dei
dati
di
fatto
,
e
anzi
ne
è
elemento
costitutivo
)
in
ogni
narrazione
delle
opere
e
vicende
umane
.
Basta
leggere
qualsiasi
libro
di
storia
per
scoprire
subito
il
pensiero
dell
'
autore
,
se
questi
è
tale
che
sia
degno
del
nome
di
storico
e
conosca
l
'
arte
sua
.
Vi
sono
storici
liberali
e
storici
reazionari
,
razionalisti
e
cattolici
,
per
ciò
che
riguarda
la
storia
politica
o
sociale
;
storici
metafisici
,
empiristi
,
scettici
,
idealisti
,
spiritualisti
,
per
ciò
che
riguarda
la
storia
della
filosofia
:
storici
puramente
storici
non
ve
ne
sono
e
non
ve
ne
possono
essere
.
Erano
forse
privi
di
concetti
politici
e
morali
Tucidide
e
Polibio
,
Livio
e
Tacito
,
il
Machiavelli
e
il
Guicciardini
,
il
Giannone
e
il
Voltaire
,
e
,
nel
secolo
nostro
,
il
Guizot
o
il
Thiers
,
il
Macaulay
o
il
Balbo
,
il
Ranke
o
il
Mommsen
?
E
,
nella
storia
della
filosofia
,
dallo
Hegel
,
che
pel
primo
la
sollevò
a
grande
altezza
,
al
Ritter
,
allo
Zeller
,
al
Cousin
,
al
Lewes
,
al
nostro
Spaventa
,
quale
di
costoro
non
ha
avuto
il
suo
concetto
di
progresso
e
il
suo
criterio
di
giudizio
?
Nella
stessa
storiografia
dell
'
Estetica
,
si
ha
forse
una
sola
opera
di
qualche
valore
che
non
sia
condotta
secondo
questo
o
quello
indirizzo
storico
,
hegeliano
o
herbartiano
,
sensualistico
,
eclettico
,
e
via
dicendo
?
Per
isfuggire
all
'
ineluttabile
necessità
del
prendere
partito
lo
storico
dovrebbe
diventare
un
eunuco
,
politico
o
scientifico
;
e
scrivere
storie
non
è
mestiere
da
eunuchi
.
Costoro
saranno
buoni
,
tutt
'
al
più
,
a
mettere
insieme
quei
grossi
volumi
di
non
inutile
erudizione
,
elumbis
atque
fracta
,
che
si
dice
,
non
senza
ragione
,
fratesca
.
Se
dunque
un
concetto
di
progresso
,
un
punto
di
vista
,
un
criterio
è
inevitabile
,
il
meglio
che
si
possa
fare
non
è
tentare
di
fuggirlo
,
ma
procurarselo
buono
.
Al
qual
fine
ciascuno
tende
come
sa
e
può
,
quando
viene
formando
laboriosamente
e
seriamente
i
propri
convincimenti
.
Non
si
dia
credito
agli
storici
,
che
professano
di
voler
interrogare
i
fatti
senza
mettervi
dentro
niente
di
proprio
.
È
quella
,
tutt
'
al
più
,
una
loro
ingenuità
e
illusione
:
il
qualcosa
di
proprio
,
se
sono
storici
per
davvero
,
ve
lo
metteranno
sempre
,
anche
senz
'
accorgersene
;
o
crederanno
di
averlo
evitato
solo
perché
vi
avranno
accennato
per
sottintesi
,
ch
'
è
poi
il
modo
più
insinuante
,
penetrativo
ed
efficace
.
Del
criterio
di
progresso
la
storia
artistica
e
letteraria
,
come
ogni
altra
storia
,
non
può
far
di
meno
.
Che
cosa
sia
davvero
una
determinata
opera
d
'
arte
,
non
possiamo
esporre
se
non
movendo
da
un
concetto
dell
'
arte
per
fissare
il
problema
artistico
che
l
'
autore
di
essa
si
propose
,
e
determinare
se
ne
ha
raggiunta
la
soluzione
o
di
quanto
e
in
qual
modo
n
è
rimasto
lungi
.
Ma
importa
notare
che
il
criterio
del
progresso
assume
nella
storia
artistica
e
letteraria
forma
differente
da
quella
che
prende
(
o
,
almeno
,
si
crede
che
prenda
)
nella
storia
della
scienza
.
Si
suole
rappresentare
tutta
la
storia
della
scienza
su
di
un
'
unica
linea
di
progresso
e
regresso
.
La
scienza
è
l
'
universale
,
e
i
problemi
di
essa
sono
collegati
in
un
unico
vasto
sistema
o
problema
complessivo
.
Sullo
stesso
problema
della
natura
della
realtà
e
della
conoscenza
si
affaticarono
tutti
i
pensatori
:
contemplatori
indiani
e
filosofi
ellenici
,
cristiani
e
maomettani
,
teste
nude
e
teste
con
turbante
,
teste
con
parrucca
e
teste
con
nero
berretto
(
come
disse
lo
Heine
)
;
e
sì
affaticheranno
,
con
la
nostra
,
le
generazioni
future
.
Se
ciò
sia
vero
o
no
per
la
scienza
,
sarebbe
lungo
qui
ricercare
.
Ma
,
per
l
'
arte
,
certamente
non
è
vero
:
l
'
arte
è
intuizione
,
e
l
'
intuizione
è
individualità
,
e
l
'
individualità
non
si
ripete
.
Sarebbe
perciò
affatto
erroneo
porre
la
storia
della
produzione
artistica
del
genere
umano
sopra
una
sola
linea
progressiva
e
regressiva
.
Tutt
'
al
più
,
e
lavorando
alquanto
di
generalizzazione
e
astrazione
,
si
può
ammettere
che
la
storia
dei
prodotti
estetici
presenti
,
sì
,
cicli
progressivi
,
ma
ciascuno
col
proprio
problema
,
e
progressivo
solo
rispetto
a
quel
problema
.
Allorché
molti
si
travagliano
intorno
a
una
materia
che
sia
all
'
incirca
la
medesima
,
senza
riuscire
a
darle
la
forma
adatta
,
ma
a
questa
forma
sempre
più
avvicinandosi
,
si
dice
che
vi
ha
progresso
;
e
,
quando
sopraggiunge
chi
le
dà
la
forma
definitiva
,
si
dice
che
il
ciclo
è
compiuto
,
il
progresso
è
finito
.
Esempio
tipico
può
essere
qui
(
e
si
prenda
quale
esempio
e
se
ne
tolleri
l
'
eccessiva
semplificazione
)
il
progresso
nell
'
elaborazione
del
modo
di
sentire
la
materia
cavalleresca
,
durante
la
Rinascenza
italiana
,
dal
Pulci
all
'
Ariosto
.
Con
l
'
insistere
ancora
su
quella
stessa
materia
,
dopo
l
'
Ariosto
,
non
si
poteva
avere
se
non
la
ripetizione
o
l
'
imitazione
,
la
diminuzione
o
l
'
esagerazione
,
il
guasto
del
già
fatto
,
insomma
la
decadenza
.
Esempio
,
gli
epigoni
ariosteschi
.
Il
progresso
comincia
col
ricominciare
di
un
nuovo
ciclo
.
Esempio
,
il
Cervantes
,
che
è
più
apertamente
e
consciamente
ironico
.
E
in
che
consistette
la
decadenza
generale
della
letteratura
italiana
sulla
fine
del
cinquecento
se
non
in
questo
non
aver
più
altro
da
dire
,
e
ripetere
,
esagerando
,
i
motivi
già
trovati
?
Se
gl
'
italiani
,
in
quel
tempo
,
avessero
almeno
saputo
esprimere
la
loro
decadenza
,
già
non
sarebbero
stati
più
del
tutto
scaduti
;
e
avrebbero
anticipato
il
movimento
letterario
del
periodo
del
Risorgimento
.
Dove
la
materia
non
è
la
medesima
,
non
vi
ha
ciclo
progressivo
.
Né
lo
Shakespeare
progredì
su
Dante
,
né
il
Goethe
sullo
Shakespeare
;
ma
Dante
sugli
autori
medievali
di
visioni
e
lo
Shakespeare
sui
drammaturghi
del
periodo
elisabettiano
,
e
il
Goethe
,
col
Werther
e
col
primo
Fausto
,
sugli
scrittori
dello
Sturm
und
Drang
.
Senonché
,
questo
modo
di
presentare
la
storia
della
poesia
e
dell
'
arte
porta
seco
,
come
abbiamo
avvertito
,
qualcosa
di
astratto
,
che
ha
valore
meramente
pratico
e
non
rigorosamente
filosofico
.
Non
solo
l
'
arte
dei
selvaggi
non
è
inferiore
,
in
quanto
arte
,
a
quella
dei
popoli
più
civili
,
se
è
correlativa
alle
impressioni
del
selvaggio
;
ma
ogni
individuo
,
anzi
ogni
momento
della
vita
spirituale
di
un
individuo
,
ha
il
suo
mondo
artistico
;
e
quei
mondi
sono
tutti
,
artisticamente
,
incomparabili
tra
loro
.
Contro
questa
forma
speciale
del
criterio
del
progresso
nella
storia
artistica
e
letteraria
molti
hanno
peccato
e
peccano
.
E
vi
ha
,
per
esempio
,
chi
si
propone
di
rappresentare
l
'
infanzia
dell
'
arte
italiana
in
Giotto
,
e
la
maturità
di
essa
in
Raffaello
o
in
Tiziano
;
quasi
che
Giotto
non
sia
compiuto
e
perfettissimo
,
posta
la
materia
sentimentale
che
aveva
nell
'
animo
.
Egli
non
era
in
grado
,
certamente
,
di
disegnare
un
corpo
come
Raffaello
o
di
colorirlo
come
Tiziano
;
ma
erano
forse
in
grado
,
Raffaello
o
Tiziano
,
di
creare
il
Matrimonio
di
san
Francesco
con
la
Povertà
,
o
la
Morte
di
san
Francesco
?
Lo
spirito
dell
'
uno
non
era
ancora
attirato
dalla
floridezza
corporea
,
che
il
Rinascimento
mise
in
onore
e
fece
oggetto
di
studio
;
quello
degli
altri
era
ormai
incurioso
di
certi
movimenti
di
ardore
e
di
tenerezza
,
che
innamoravano
l
'
uomo
del
trecento
.
Come
,
dunque
,
istituire
paragoni
dove
il
termine
di
confronto
manca
?
Dello
stesso
difetto
soffrono
le
celebri
partizioni
della
storia
dell
'
arte
in
periodo
orientale
,
squilibrio
tra
idea
e
forma
,
con
prevalenza
della
seconda
;
classico
,
equilibrio
tra
idea
e
forma
;
e
romantico
,
nuovo
squilibrio
tra
idea
e
forma
,
con
prevalenza
della
prima
;
ovvero
di
arte
orientale
,
imperfezione
formale
;
classica
,
perfezione
formale
;
romantica
o
moderna
,
perfezione
di
contenuto
e
forma
.
Come
si
vede
,
classico
e
romantico
,
tra
i
tanti
altri
significati
,
hanno
ricevuto
quello
di
periodi
storici
progressivi
o
regressivi
rispetto
all
'
attuazione
di
non
si
sa
quale
ideale
artistico
dell
'
umanità
.
Non
vi
ha
,
dunque
,
per
parlare
con
esattezza
,
progresso
estetico
dell
'
umanità
.
Senonché
,
per
progresso
estetico
s
'
intende
talora
non
quel
che
propriamente
significano
le
due
parole
accoppiate
insieme
,
sì
bene
l
'
accumulamento
sempre
crescente
delle
nostre
cognizioni
storiche
,
che
ci
fa
simpatizzare
coi
prodotti
artistici
di
tutti
i
popoli
e
di
tutti
i
tempi
,
o
,
come
si
dice
,
allarga
il
nostro
gusto
.
Il
divario
appare
già
grandissimo
,
se
si
paragona
il
secolo
decimottavo
,
così
inetto
a
uscire
da
sé
medesimo
,
con
l
'
età
nostra
,
che
gusta
insieme
le
arti
ellenica
e
romana
,
più
genuinamente
intese
,
e
la
bizantina
,
e
la
medievale
,
e
l
'
araba
,
e
quella
del
Rinascimento
,
e
la
cinquecentesca
,
e
la
barocca
,
e
l
'
arte
del
settecento
;
e
va
sempre
meglio
approfondendo
l
'
egiziana
,
la
babilonese
,
l
'
etrusca
;
e
finanche
la
preistorica
.
Certo
,
la
differenza
tra
il
selvaggio
e
l
'
uomo
civile
non
sta
nelle
facoltà
umane
;
perché
il
primo
ha
,
come
il
secondo
,
lingua
,
intelletto
,
religione
e
moralità
,
ed
è
uomo
intero
:
sta
solo
in
ciò
che
l
'
uomo
civile
con
la
sua
attività
teoretica
e
pratica
penetra
e
domina
più
largamente
l
'
universo
.
Noi
non
potremmo
affermare
di
essere
uomini
spiritualmente
più
gagliardi
dei
contemporanei
di
Pericle
;
ma
chi
può
negare
che
siamo
più
ricchi
di
quelli
?
ricchi
delle
loro
ricchezze
,
e
di
quelle
di
tanti
altri
popoli
e
generazioni
,
oltre
che
delle
nostre
?
In
un
altro
significato
,
anche
improprio
,
s
'
intende
per
progresso
estetico
la
maggiore
abbondanza
delle
intuizioni
artistiche
,
e
la
minore
copia
di
opere
imperfette
o
scadenti
,
che
un
'
epoca
produce
rispetto
a
un
'
altra
.
Così
si
può
dire
che
alla
fine
del
secolo
decimoterzo
,
o
alla
fine
del
decimoquinto
,
si
ebbe
in
Italia
un
progresso
estetico
,
un
risveglio
artistico
.
In
un
terzo
significato
,
infine
,
si
discorre
di
progresso
estetico
;
avendo
l
'
occhio
,
cioè
,
alla
maggiore
complessità
e
al
maggiore
affinamento
di
stati
d
'
animo
,
che
si
osservano
nelle
opere
d
'
arte
dei
popoli
più
civili
,
messe
a
confronto
con
quelle
dei
popoli
meno
civili
o
dei
barbari
e
selvaggi
.
Ma
,
in
questo
caso
,
il
progresso
è
delle
condizioni
complessive
psicosociali
,
e
non
dell
'
attività
artistica
,
alla
quale
la
materia
è
indifferente
.
Questi
sono
i
punti
più
importanti
da
considerare
nella
metodica
della
storia
artistica
e
letteraria
.
XVIII
.
CONCLUSIONE
.
IDENTITÀ
DI
LINGUISTICA
ED
ESTETICA
.
Uno
sguardo
sul
cammino
percorso
può
mostrare
che
la
nostra
trattazione
è
pervenuta
al
suo
compimento
.
Avendo
definito
la
natura
della
conoscenza
intuitiva
o
espressiva
ch
è
l
'
atto
estetico
o
artistico
(
I
e
II
)
,
e
accennato
all
'
altra
forma
di
conoscenza
,
quella
intellettuale
,
e
alle
combinazioni
ulteriori
di
esse
forme
(
III
)
,
ci
è
stato
possibile
criticare
tutte
le
teorie
estetiche
erronee
che
nascono
dalla
confusione
tra
le
varie
forme
e
dal
trasferimento
indebito
dei
caratteri
dell
'
una
all
'
altra
(
IV
)
,
indicando
insieme
gli
errori
inversi
che
accadono
nella
teoria
della
conoscenza
intellettiva
e
della
storiografia
(
V
)
.
Passando
a
esaminare
le
relazioni
tra
l
'
attività
estetica
e
le
altre
attività
spirituali
non
più
teoretiche
ma
pratiche
,
abbiamo
assegnato
il
carattere
proprio
dell
'
attività
pratica
e
il
posto
ch
'
essa
prende
rispetto
alla
teoretica
;
donde
la
critica
dell
'
intromissione
dei
concetti
pratici
nella
teoria
estetica
(
VI
)
;
e
abbiamo
distinto
le
due
forme
dell
'
attività
pratica
in
economica
ed
etica
(
VII
)
,
giungendo
al
risultato
che
,
oltre
le
quattro
da
noi
definite
,
non
vi
sono
altre
forme
dello
spirito
;
donde
(
VIII
)
la
critica
di
ogni
Estetica
mistica
o
fantasiosa
.
E
come
non
vi
sono
altre
forme
spirituali
di
pari
grado
,
così
non
vi
sono
suddivisioni
originali
delle
quattro
stabilite
,
e
in
particolare
di
quella
estetica
;
dal
che
discende
l
'
impossibilità
di
classi
di
espressioni
e
la
critica
della
rettorica
,
cioè
della
espressione
ornata
,
distinta
dalla
nuda
,
e
di
altrettali
distinzioni
e
sottodistinzioni
(
IX
)
.
Ma
l
'
atto
estetico
,
per
la
legge
dell
'
unità
dello
spirito
,
è
,
insieme
,
atto
pratico
e
,
come
tale
,
dialettica
di
piacere
e
dolore
;
il
che
ci
ha
condotti
a
studiare
i
sentimenti
del
valore
in
genere
,
e
quelli
del
valore
estetico
o
del
bello
in
particolare
(
X
)
,
a
criticare
l
Estetica
edonistica
in
tutte
le
sue
varie
forme
e
combinazioni
(
XI
)
,
e
a
discacciare
dal
sistema
,
estetico
la
lunga
serie
di
concetti
psicologici
,
che
vi
erano
stati
introdotti
(
XII
)
.
Venendo
dalla
produzione
estetica
al
processo
della
riproduzione
,
abbiamo
dapprima
investigato
il
fissarsi
esterno
dell
'
espressione
estetica
per
uso
di
riproduzione
,
che
è
il
cosiddetto
bello
fisico
,
sia
artificiale
sia
naturale
(
XIII
)
;
e
da
questa
distinzione
ricavato
la
critica
degli
errori
che
nascono
dal
confondere
l
'
aspetto
fisico
con
l
'
interiorità
estetica
(
XIV
)
;
e
determinato
il
significato
della
tecnica
artistica
,
ossia
di
quella
che
è
tecnica
a
servigio
della
riproduzione
,
criticando
per
tal
modo
le
divisioni
,
i
limiti
e
le
classificazioni
delle
singole
arti
,
e
stabilendo
i
rapporti
dell
'
arte
con
l
'
economia
e
con
la
morale
(
XV
)
.
Poiché
,
per
altro
,
l
'
esistenza
degli
oggetti
fisici
stimolatori
non
basta
alla
piena
riproduzione
estetica
,
e
si
richiede
per
essa
la
rievocazione
delle
condizioni
tra
le
quali
lo
stimolo
in
prima
operò
,
abbiamo
ancora
studiato
l
'
ufficio
dell
'
erudizione
storica
,
diretto
a
rimettere
la
fantasia
in
comunicazione
con
le
opere
del
passato
e
a
servire
di
fondamento
al
giudizio
estetico
(
XVI
)
.
E
abbiamo
chiuso
la
nostra
trattazione
col
mostrare
come
l
'
ottenuta
riproduzione
venga
poi
elaborata
dalle
categorie
del
pensiero
,
ossia
con
un
'
indagine
circa
la
metodologia
della
storia
artistica
e
letteraria
(
XVII
)
.
L
'
atto
estetico
è
stato
,
insomma
,
considerato
in
sé
medesimo
e
nelle
sue
relazioni
con
le
altre
attività
spirituali
,
col
sentimento
del
piacere
e
del
dolore
,
coi
fatti
che
si
dicono
fisici
,
con
la
memoria
e
con
la
elaborazione
storica
.
Esso
ci
è
passato
dinanzi
da
soggetto
fino
a
quando
diventa
oggetto
;
cioè
dal
momento
in
cui
nasce
,
via
via
,
fino
a
quello
in
cui
si
muta
per
lo
spirito
in
argomento
di
storia
.
Può
darsi
che
la
nostra
trattazione
sembri
assai
scarna
,
quando
si
paragoni
estrinsecamente
ai
grossi
volumi
consacrati
di
solito
all
Estetica
.
Ma
se
si
osservi
che
quei
volumi
,
per
nove
decimi
,
sono
pieni
di
materie
non
pertinenti
,
quali
le
definizioni
psicologiche
o
metafisiche
dei
concetti
pseudoestetici
(
sublime
,
comico
,
tragico
,
umoristico
,
ecc
.
)
,
o
l
'
esposizione
della
pretesa
Zoologia
,
Botanica
e
Mineralogia
estetiche
,
e
della
storia
universale
giudicata
esteticamente
;
e
che
vi
è
tirata
dentro
,
e
di
solito
storpiata
tutta
la
storia
e
dell
'
arte
e
della
letteratura
,
coi
relativi
giudizi
su
Omero
e
su
Dante
,
sull
'
Ariosto
e
sullo
Shakespeare
,
sul
Beethoven
e
sul
Rossini
,
su
Michelangelo
e
su
Raffaello
;
ci
lusinghiamo
che
non
solo
la
nostra
non
sarà
per
apparire
troppo
scarna
,
ma
che
sarà
forse
giudicata
alquanto
più
ricca
delle
trattazioni
solite
;
le
quali
poi
tralasciano
o
solamente
sfiorano
la
maggior
parte
dei
difficili
problemi
,
propriamente
estetici
,
su
cui
abbiamo
sentito
il
dovere
di
travagliarci
per
essere
in
grado
di
darne
agli
studiosi
precise
formole
di
risoluzione
.
Ma
quantunque
l
Estetica
,
come
scienza
dell
'
espressione
,
sia
stata
studiata
da
noi
sott
'
ogni
aspetto
,
ci
resta
ancora
da
giustificare
il
sottotitolo
di
Linguistica
generale
,
che
abbiamo
aggiunto
al
titolo
del
nostro
libro
;
e
porre
e
chiarire
la
tesi
che
la
scienza
dell
'
arte
e
quella
del
linguaggio
,
l
'
Estetica
e
la
Linguistica
,
concepite
come
vere
e
proprie
scienze
,
non
sono
già
due
cose
distinte
,
ma
una
sola
.
Non
che
vi
sia
una
Linguistica
speciale
;
ma
la
ricercata
scienza
linguistica
,
Linguistica
generale
,
in
ciò
che
ha
di
riducibile
a
filosofia
,
non
è
se
non
Estetica
.
Chi
lavora
sulla
Linguistica
generale
,
ossia
sulla
Linguistica
filosofica
,
lavora
su
problemi
estetici
,
e
all
'
inverso
.
Filosofia
del
linguaggio
e
filosofia
dell
'
arte
sono
la
stessa
cosa
.
E
invero
,
perché
la
Linguistica
fosse
scienza
diversa
dall
'
Estetica
,
essa
non
dovrebbe
avere
per
oggetto
l
'
espressione
,
ch
è
per
l
'
appunto
il
fatto
estetico
;
vale
a
dire
,
si
dovrebbe
negare
che
linguaggio
sia
espressione
.
Ma
una
emissione
di
suoni
,
che
non
esprima
nulla
,
non
è
linguaggio
:
il
linguaggio
è
suono
articolato
,
delimitato
,
organato
al
fine
dell
'
espressione
.
D
'
altra
parte
,
perché
la
Linguistica
fosse
scienza
speciale
rispetto
all
Estetica
,
essa
dovrebbe
avere
per
oggetto
una
classe
speciale
di
espressioni
.
Ma
l
'
inesistenza
di
classi
di
espressioni
è
un
punto
già
da
noi
dimostrato
.
I
problemi
che
procura
risolvere
,
e
gli
errori
tra
i
quali
si
è
dibattuta
e
si
dibatte
la
Linguistica
,
sono
i
medesimi
che
rispettivamente
occupano
e
intricano
l
'
Estetica
.
Se
non
è
sempre
facile
,
è
sempre
per
altro
possibile
ridurre
le
questioni
filosofiche
della
Linguistica
alla
loro
formola
estetica
.
Le
dispute
stesse
circa
l
'
indole
dell
'
una
trovano
riscontro
in
quelle
che
si
sono
fatte
circa
l
'
indole
dell
'
altra
.
Così
si
è
disputato
se
la
Linguistica
sia
disciplina
storica
o
scientifica
;
e
,
distinto
lo
scientifico
dallo
storico
,
si
è
domandato
se
essa
appartenga
all
'
ordine
delle
scienze
naturali
o
delle
psicologiche
,
intendendosi
per
queste
ultime
tanto
la
Psicologia
empirica
quanto
le
Scienze
dello
spirito
.
Il
medesimo
è
accaduto
per
l
Estetica
,
che
alcuni
(
confondendo
l
'
espressione
estetica
con
quella
di
significato
fisico
)
considerano
come
scienza
naturale
;
altri
(
equivocando
tra
espressione
nella
sua
universalità
e
classificazione
empirica
delle
espressioni
)
come
scienza
psicologica
;
altri
ancora
,
negando
la
possibilità
stessa
di
una
scienza
su
tale
materia
,
mutano
in
una
semplice
raccolta
di
fatti
storici
;
non
avendo
nessuno
di
costoro
raggiunto
la
coscienza
dell
Estetica
come
scienza
di
attività
o
di
valore
,
scienza
dello
spirito
.
L
'
espressione
linguistica
,
o
parola
,
è
parsa
sovente
un
fatto
d
'
interiezione
,
che
rientri
nelle
cosiddette
espressioni
fisiologiche
dei
sentimenti
,
comuni
agli
uomini
e
agli
animali
.
Ma
non
si
è
tardato
a
scorgere
che
tra
un
ahi
!
,
riflesso
fisico
del
dolore
,
e
una
parola
,
e
anzi
che
tra
quell
'
ahi
!
,
e
l
'
ahi
!
usato
come
parola
,
intercede
un
abisso
.
Abbandonata
la
teorica
dell
'
interiezione
(
o
dell
'
ahi
!
ahi
!
,
come
la
chiamano
scherzosamente
i
linguisti
tedeschi
)
,
si
è
presentata
l
'
altra
dell
'
associazione
o
convenzione
;
la
quale
cade
sotto
l
'
obiezione
medesima
che
distrugge
l
'
associazionismo
estetico
in
genere
:
la
parola
è
unità
e
non
sequela
d
'
immagini
,
e
la
sequela
non
spiega
,
anzi
presuppone
l
'
espressione
da
spiegare
.
Una
variante
dell
'
associazionismo
linguistico
è
quello
imitativo
;
cioè
la
teoria
dell
'
onomatopea
,
che
i
linguisti
essi
stessi
deridono
talvolta
col
nome
di
teoria
del
bau
-
bau
,
dall
'
imitazione
dell
'
abbaiar
del
cane
,
che
dovrebbe
aver
dato
il
nome
al
cane
,
secondo
gli
onomatopeisti
.
La
teoria
più
comune
ai
tempi
nostri
intorno
al
linguaggio
(
quando
non
sia
addirittura
un
crasso
naturalismo
)
consiste
in
una
specie
di
eclettismo
o
miscuglio
delle
varie
a
cui
abbiamo
accennato
;
assumendosi
che
il
linguaggio
sia
prodotto
in
parte
di
interiezioni
e
in
parte
di
onomatopee
e
convenzioni
:
dottrina
al
tutto
degna
della
decadenza
filosofica
della
seconda
metà
del
secolo
decimonono
.
È
qui
da
notare
un
errore
in
cui
sono
caduti
quegli
stessi
fra
i
linguisti
che
meglio
hanno
penetrato
l
'
indole
attivistica
del
linguaggio
,
quando
,
pur
ammettendo
ch
'
esso
nella
sua
origine
fu
creazione
spirituale
,
sostengono
che
,
nel
séguito
,
si
è
venuto
accrescendo
,
in
gran
parte
,
per
associazione
.
Ma
la
distinzione
non
regge
,
perché
origine
non
può
significare
,
in
questo
caso
,
se
non
natura
o
indole
;
e
,
se
il
linguaggio
è
creazione
spirituale
,
sarà
sempre
creazione
;
se
è
associazione
,
tale
sarà
stato
fin
dal
principio
.
L
'
errore
è
sorto
dal
non
avere
avvertito
il
generale
principio
estetico
a
noi
noto
:
che
le
espressioni
già
prodotte
debbono
ridiscendere
a
impressioni
per
dare
origine
alle
nuove
espressioni
.
Allorché
produciamo
nuove
parole
,
trasformiamo
di
solito
le
antiche
,
variandone
o
allargandone
il
significato
;
ma
questo
procedere
non
è
associativo
,
sì
bene
creativo
,
quantunque
la
creazione
abbia
per
materiale
le
impressioni
non
dell
'
ipotetico
uomo
primitivo
,
ma
dell
'
uomo
vivente
da
secoli
in
società
e
che
ha
accolto
e
serba
,
per
così
dire
,
nel
suo
organismo
psichico
tante
cose
e
,
fra
queste
,
tanto
linguaggio
.
Il
problema
della
distinzione
tra
il
fatto
estetico
e
l
'
intellettuale
si
è
presentato
in
Linguistica
come
quello
dei
rapporti
tra
Grammatica
e
Logica
.
Tale
problema
ha
avuto
due
soluzioni
parzialmente
vere
:
quella
dell
indissolubilità
di
Logica
e
Grammatica
,
e
l
'
altra
della
loro
dissolubilità
.
Ma
la
soluzione
completa
è
:
che
,
se
la
forma
logica
è
indissolubile
dalla
grammaticale
(
estetica
)
,
questa
è
dissolubile
da
quella
.
Se
guardiamo
una
pittura
che
ritragga
,
per
esempio
,
un
individuo
che
cammina
per
una
via
campestre
,
noi
possiamo
dire
:
Questa
pittura
rappresenta
un
fatto
di
moto
,
il
quale
,
se
è
concepito
come
volontario
,
si
dice
azione
;
e
,
poiché
ogni
moto
suppone
una
materia
e
ogni
azione
un
ente
che
agisca
,
questa
pittura
presenta
anche
una
materia
o
un
ente
.
Ma
questo
moto
avviene
in
un
determinato
luogo
,
ch
è
un
pezzo
di
un
determinato
astro
(
la
Terra
)
,
e
propriamente
di
una
parte
di
esso
che
si
dice
terraferma
,
e
più
propriamente
di
una
parte
alberata
e
coperta
di
erbe
,
che
sì
dice
campagna
,
solcata
naturalmente
o
artificialmente
in
una
forma
che
si
dice
via
.
Ora
,
di
quell
'
astro
che
si
dice
Terra
non
vi
è
se
non
un
solo
esemplare
:
la
Terra
è
un
individuo
.
Ma
terraferma
,
campagna
,
via
sono
generi
o
universali
,
giacché
vi
sono
altre
terraferme
,
altre
campagne
,
altre
vie
.
Simili
considerazioni
potrebbero
continuare
a
lungo
.
Sostituendo
alla
pittura
da
noi
immaginata
una
frase
che
dica
:
Pietro
cammina
per
una
via
campestre
,
e
facendo
le
stesse
considerazioni
,
otteniamo
i
concetti
di
verbo
(
moto
o
azione
)
,
di
nome
(
materia
o
agente
)
,
di
nome
proprio
,
di
nome
comune
;
e
così
di
séguito
.
Che
cosa
abbiamo
fatto
in
entrambi
i
casi
?
Né
più
né
meno
che
sottomettere
a
un
'
elaborazione
logica
ciò
che
si
presentava
prima
elaborato
solo
esteticamente
;
abbiamo
,
cioè
,
distrutto
l
'
estetico
per
il
logico
.
Ma
come
nell
Estetica
generale
l
'
errore
comincia
quando
si
vuol
ritornare
dal
logico
all
'
estetico
e
si
domanda
quale
sia
l
'
espressione
del
moto
,
dell
'
azione
,
della
materia
,
dell
'
ente
,
del
generale
,
dell
'
individuale
,
e
via
discorrendo
,
così
,
nel
caso
del
linguaggio
,
l
'
errore
comincia
allorché
il
moto
o
l
'
azione
si
dice
verbo
,
l
'
ente
o
la
materia
,
nome
o
sostantivo
,
e
di
tutti
questi
,
nome
e
verbo
e
compagni
,
si
fanno
categorie
linguistiche
o
parti
del
discorso
.
La
teoria
delle
parti
del
discorso
è
,
in
fondo
,
tutt
'
uno
con
quella
dei
generi
artistici
e
letterari
,
già
criticata
nell
Estetica
.
falso
che
il
nome
o
il
verbo
si
esprimano
in
determinate
parole
,
distinguibili
realmente
da
altre
.
L
'
espressione
è
un
tutto
indivisibile
;
il
nome
e
il
verbo
non
esistono
in
essa
,
ma
sono
astrazioni
foggiate
da
noi
col
distruggere
la
sola
realtà
linguistica
,
ch
'
è
la
proposizione
.
La
quale
ultima
è
da
intendere
,
non
già
al
modo
solito
delle
grammatiche
,
ma
come
organismo
espressivo
di
senso
compiuto
,
che
comprende
alla
pari
una
semplicissima
esclamazione
e
un
vasto
poema
.
Ciò
suona
paradossale
;
eppure
è
verità
semplicissima
.
E
come
in
Estetica
,
a
causa
dell
'
errore
suddetto
,
si
sono
considerate
imperfette
le
produzioni
artistiche
di
alcuni
popoli
,
presso
i
quali
i
pretesi
generi
sembrano
essere
ancora
indiscriminati
o
in
parte
mancare
;
così
,
in
Linguistica
,
la
teoria
delle
parti
del
discorso
ha
generato
l
'
errore
analogo
di
giudicare
le
lingue
come
formate
e
informi
,
secondo
che
vi
appaiano
o
no
alcune
di
coteste
pretese
parti
del
discorso
:
per
esempio
,
il
verbo
.
La
Linguistica
ha
scoperto
anch
'
essa
il
principio
dell
'
individualità
irriducibile
del
fatto
estetico
,
allorché
ha
affermato
che
la
parola
è
il
realmente
parlato
,
e
che
non
vi
sono
due
parole
veramente
identiche
;
distruggendo
così
i
sinonimi
e
gli
omonimi
,
e
mostrando
l
'
impossibilità
di
tradurre
davvero
una
parola
in
un
'
altra
,
dal
cosiddetto
dialetto
alla
cosiddetta
lingua
o
dalla
cosiddetta
lingua
materna
alla
cosiddetta
lingua
straniera
.
Ma
a
questo
giusto
concetto
mal
risponde
poi
il
tentativo
di
classificare
le
lingue
.
Le
lingue
non
hanno
realtà
fuori
delle
proposizioni
e
nessi
di
proposizioni
realmente
pronunziati
o
scritti
,
presso
dati
popoli
,
in
determinati
periodi
;
cioè
fuori
delle
opere
d
'
arte
(
piccole
o
grandi
,
orali
o
scritte
,
presto
obliate
o
a
lungo
ricordate
,
non
importa
)
,
in
cui
concretamente
esistono
.
E
che
cosa
è
l
'
arte
di
un
popolo
se
non
il
complesso
di
tutti
i
suoi
prodotti
artistici
?
Che
cosa
è
il
carattere
di
un
'
arte
(
per
esempio
,
dell
'
arte
ellenica
o
della
letteratura
provenzale
)
se
non
la
fisionomia
complessiva
di
quei
prodotti
?
E
come
si
può
rispondere
a
questa
domanda
,
se
non
narrando
nei
suoi
particolari
la
storia
dell
'
arte
(
della
letteratura
,
ossia
della
lingua
in
atto
)
?
Sembrerà
che
questo
ragionamento
,
pur
avendo
valore
contro
molte
delle
classificazioni
solite
delle
lingue
,
nonne
abbia
poi
alcuno
contro
la
regina
delle
classificazioni
,
la
classificazione
storico
-
genealogica
,
gloria
della
filologia
comparata
.
E
così
è
di
certo
;
ma
perché
?
Appunto
perché
quella
storico
-
genealogica
non
è
mera
classificazione
.
Chi
fa
la
storia
non
classifica
,
e
gli
stessi
filologi
si
sono
affrettati
ad
avvertire
che
le
lingue
disponibili
in
serie
storica
(
ossia
le
lingue
di
cui
finora
sia
stata
rintracciata
la
serie
)
non
sono
generi
o
specie
distinte
e
staccate
,
ma
un
unico
complesso
di
fatti
nelle
varie
fasi
del
suo
svolgimento
.
Il
linguaggio
è
stato
,
talora
,
considerato
come
atto
volontario
o
d
'
arbitrio
.
Ma
altra
volta
si
è
scorta
chiara
l
'
impossibilità
di
creare
il
linguaggio
artificialmente
,
per
atto
di
volontà
.
Tu
,
Caesar
,
civitatem
dare
potes
homini
,
verbo
non
potes
!
,
fu
detto
già
all
'
imperatore
romano
.
E
la
natura
estetica
,
e
perciò
teoretica
e
non
pratica
,
dell
'
espressione
del
linguaggio
,
dà
il
modo
di
scorgere
l
'
errore
scientifico
,
ch
è
nel
concetto
di
una
Grammatica
(
normativa
)
,
che
stabilisca
le
regole
del
ben
parlare
.
Errore
contro
il
quale
il
buon
senso
si
è
sempre
ribellato
;
ed
esempio
di
tali
ribellioni
è
il
Tanto
peggio
per
la
grammatica
»
,
attribuito
al
signor
di
Voltaire
.
Ma
l
'
impossibilità
di
una
grammatica
normativa
viene
riconosciuta
anche
da
coloro
che
la
insegnano
,
allorché
avvertono
che
lo
scriver
bene
non
s
'
impara
per
regole
,
che
non
v
'
ha
regola
senza
eccezioni
,
e
che
lo
studio
della
grammatica
dev
'
essere
condotto
praticamente
per
letture
ed
esempi
,
che
formino
il
gusto
letterario
.
La
ragione
scientifica
dell
'
impossibilità
è
nel
principio
da
noi
dimostrato
:
che
una
tecnica
del
teoretico
rappresenta
una
contraddizione
in
termini
.
E
che
cosa
vorrebbe
essere
la
grammatica
(
normativa
)
se
non
appunto
una
tecnica
dell
'
espressione
linguistica
,
ossia
di
un
atto
teoretico
?
Ben
diverso
è
il
caso
in
cui
la
Grammatica
viene
intesa
come
mera
disciplina
empirica
,
cioè
come
raccolta
di
schemi
utili
all
'
apprendimento
delle
lingue
,
senza
pretesa
alcuna
di
filosofica
verità
.
Anche
le
astrazioni
delle
parti
del
discorso
sono
,
in
questo
caso
,
ammessibili
e
giovevoli
.
E
come
organismo
meramente
didascalico
bisogna
considerare
e
tollerare
molti
dei
libri
,
che
prendono
il
titolo
di
Trattati
di
linguistica
,
nei
quali
si
trova
di
solito
un
po
di
tutto
:
dalla
descrizione
dell
'
apparato
fonico
e
delle
macchine
artificiali
che
possono
imitarlo
(
fonografi
)
,
al
compendio
dei
risultati
più
importanti
della
filologia
indoeuropea
,
semitica
,
copta
,
cinese
,
o
altra
che
sia
;
dalle
generalità
filosofiche
sull
'
origine
o
natura
del
linguaggio
ai
consigli
sul
formato
,
la
calligrafia
e
l
'
ordinamento
delle
schede
per
gli
spogli
filologici
.
Ma
quel
tanto
di
nozioni
che
in
quei
libri
viene
somministrato
in
modo
frammentario
e
incompiuto
intorno
al
linguaggio
nella
sua
essenza
,
al
linguaggio
in
quanto
espressione
,
si
risolve
in
nozioni
di
Estetica
.
Fuori
dell
Estetica
,
che
dà
la
conoscenza
della
natura
del
linguaggio
,
e
della
Grammatica
empirica
ch
'
è
un
espediente
pedagogico
,
non
resta
altro
che
la
Storia
delle
lingue
nella
loro
realtà
vivente
,
cioè
la
storia
dei
prodotti
letterari
concreti
,
sostanzialmente
identica
con
la
Storia
della
letteratura
.
Il
medesimo
errore
dello
scambiare
il
fisico
per
l
'
estetico
,
da
cui
si
origina
la
ricerca
delle
forme
elementari
del
bello
,
si
commette
da
coloro
i
quali
vanno
a
caccia
dei
fatti
linguistici
elementari
,
decorando
di
tal
nome
le
divisioni
delle
serie
più
lunghe
di
suoni
fisici
in
serie
più
brevi
.
Sillabe
e
vocali
e
consonanti
,
e
le
serie
di
sillabe
dette
parole
,
tutte
queste
cose
che
,
prese
separatamente
,
non
dànno
senso
determinato
,
debbono
dirsi
non
già
fatti
di
linguaggio
,
ma
semplici
suoni
o
,
meglio
,
suoni
fisicamente
astratti
e
classificati
.
Altro
errore
dello
stesso
genere
è
quello
delle
radici
,
alle
quali
i
più
accorti
filologi
attribuiscono
oggi
valore
assai
scarso
.
Scambiati
gli
atti
del
parlare
o
atti
espressivi
coi
fatti
fisici
,
e
considerandosi
poi
che
nell
'
ordine
delle
idee
il
.
semplice
precede
il
complesso
,
si
doveva
finire
col
pensare
che
i
fatti
fisici
più
piccoli
designassero
i
fatti
linguistici
più
semplici
.
Da
ciò
l
'
immaginata
necessità
che
le
lingue
più
antiche
,
le
primitive
,
avessero
carattere
monosillabico
;
e
che
il
progresso
della
ricerca
storica
dovesse
condurre
a
scoprire
quelle
radici
monosillabiche
.
Ma
la
prima
espressione
che
(
tanto
per
seguire
l
'
ipotesi
fantastica
)
il
primo
uomo
concepì
,
poté
avere
un
riflesso
fisico
non
già
fonico
ma
mimico
,
ossia
estrinsecarsi
non
in
una
voce
ma
in
un
gesto
.
E
,
posto
che
si
fosse
estrinsecata
in
una
voce
,
non
v
'
ha
poi
nessuna
ragione
di
supporre
che
quella
voce
dovess
'
essere
monosillabica
o
non
piuttosto
plurisillabica
.
I
filologi
accusano
volentieri
la
loro
ignoranza
e
la
loro
impotenza
,
se
non
riescono
sempre
a
ricondurre
il
plurisillabismo
al
monosillabismo
,
e
sperano
nell
'
avvenire
.
Ma
è
una
fede
senza
fondamento
,
come
quell
'
accusa
è
un
atto
di
umiltà
derivante
da
una
supposizione
erronea
.
Del
resto
,
i
limiti
delle
sillabe
,
come
quelli
delle
parole
,
sono
affatto
arbitrari
,
e
distinti
alla
peggio
per
uso
empirico
.
Il
parlare
primitivo
o
il
parlare
dell
'
uomo
incolto
è
un
continuo
,
scompagnato
da
ogni
coscienza
di
divisione
del
discorso
in
parole
e
sillabe
,
enti
immaginari
foggiati
dalle
scuole
.
Su
questi
enti
non
si
fonda
nessuna
legge
di
vera
Linguistica
.
Si
veda
a
riprova
la
confessione
dei
linguisti
,
che
del
iato
,
della
cacofonia
,
della
dieresi
,
della
sineresi
,
non
vi
sono
veramente
leggi
fonetiche
,
ma
leggi
soltanto
di
gusto
e
di
convenienza
;
il
che
vuol
dire
leggi
estetiche
.
E
quali
sono
poi
le
leggi
circa
le
parole
,
che
non
siano
insieme
leggi
di
stile
?
Dal
pregiudizio
di
una
misura
razionalistica
del
bello
,
ossia
da
quel
concetto
che
abbiamo
detto
della
falsa
assolutezza
estetica
,
prende
,
infine
,
origine
la
ricerca
della
lingua
modello
,
o
del
modo
di
ridurre
l
'
uso
linguistico
all
'
unità
:
la
questione
,
come
è
stata
chiamata
da
noi
in
Italia
,
dell
'
unità
della
lingua
.
Il
linguaggio
è
perpetua
creazione
;
ciò
che
viene
espresso
una
volta
con
la
parola
non
si
ripete
se
non
appunto
come
riproduzione
del
già
prodotto
;
le
sempre
nuove
impressioni
dànno
luogo
a
mutamenti
continui
di
suoni
e
di
significati
,
ossia
a
sempre
nuove
espressioni
.
Cercare
la
lingua
modello
è
,
dunque
,
cercare
l
'
immobilità
del
moto
.
Ciascuno
parla
,
e
deve
parlare
,
secondo
gli
echi
che
le
cose
destano
nella
sua
psiche
,
ossia
secondo
le
sue
impressioni
.
Non
senza
ragione
il
più
convinto
sostenitore
di
qualsiasi
soluzione
del
problema
dell
'
unità
della
lingua
(
della
lingua
latineggiante
,
o
trecentistica
,
o
fiorentina
,
o
altra
che
sia
)
,
allorché
parla
poi
per
comunicare
i
suoi
pensieri
e
farsi
intendere
,
prova
ripugnanza
ad
applicare
la
sua
teoria
;
perché
sente
che
,
col
sostituire
la
parola
latina
o
trecentesca
o
fiorentina
a
quella
di
diversa
origine
ma
che
risponde
alle
sue
naturali
impressioni
,
verrebbe
a
falsare
la
genuina
forma
della
verità
:
da
parlatore
egli
diventerebbe
vanitoso
ascoltatore
di
sé
medesimo
;
da
uomo
serio
,
pedante
;
da
sincero
,
istrione
.
Scrivere
secondo
una
teoria
è
non
già
scrivere
per
davvero
,
ma
,
tutt
'
al
più
,
fare
della
letteratura
,
di
quella
non
buona
.
La
questione
dell
'
unità
della
lingua
ritorna
sempre
in
campo
,
perché
,
così
com
è
posta
,
è
insolubile
,
essendo
fondata
sopra
un
falso
concetto
di
ciò
che
sia
la
lingua
.
La
quale
non
è
arsenale
di
armi
belle
e
fatte
,
e
non
è
il
vocabolario
,
raccolta
di
astrazioni
ossia
cimitero
di
cadaveri
più
o
meno
abilmente
imbalsamati
.
Non
vorremmo
,
con
questo
modo
alquanto
brusco
di
troncare
la
questione
della
lingua
-
modello
o
dell
'
unità
della
lingua
,
apparire
meno
che
rispettosi
verso
la
lunga
tratta
di
letterati
che
l
'
hanno
per
secoli
agitata
in
Italia
.
Ma
quegli
ardenti
dibattiti
erano
,
in
fondo
,
dibattiti
di
esteticità
e
non
di
scienza
estetica
,
di
letteratura
e
non
di
teoria
letteraria
,
di
parlare
e
scrivere
effettivi
e
non
di
scienza
linguistica
.
L
'
errore
di
essi
consisteva
nel
convertire
la
manifestazione
di
un
bisogno
pratico
in
una
tesi
scientifica
;
l
'
esigenza
,
per
esempio
,
dell
'
intendersi
più
facilmente
tra
i
componenti
di
un
popolo
diviso
dialettalmente
,
nella
richiesta
filosofica
di
una
lingua
una
o
ideale
.
Ricerca
tanto
assurda
quanto
è
l
'
altra
di
una
lingua
universale
,
di
una
lingua
che
abbia
l
'
immobilità
del
concetto
o
,
piuttosto
,
dell
'
astrazione
.
Il
bisogno
sociale
del
più
facile
intendersi
non
si
soddisfa
se
non
col
diffondersi
della
cultura
e
col
crescere
delle
comunicazioni
e
degli
scambi
intellettuali
tra
gli
uomini
.
Bastino
queste
sparse
osservazioni
a
mostrare
che
tutti
i
problemi
scientifici
della
Linguistica
sono
i
medesimi
di
quelli
dell
Estetica
,
e
gli
errori
e
le
verità
dell
'
una
sono
gli
errori
e
le
verità
dell
'
altra
.
Se
Linguistica
ed
Estetica
paiono
due
scienze
diverse
,
ciò
deriva
dal
fatto
che
con
la
prima
si
pensa
a
una
grammatica
,
o
a
qualcosa
misto
di
filosofia
e
di
grammatica
,
cioè
a
un
arbitrario
schematismo
mnemonico
o
a
un
miscuglio
didascalico
,
e
non
già
a
una
scienza
razionale
e
a
una
pura
filosofia
del
parlare
.
La
grammatica
,
o
quel
certo
che
di
grammaticale
,
induce
altresì
nelle
menti
il
pregiudizio
,
che
la
realtà
del
linguaggio
consista
in
parole
isolate
e
combinabili
,
e
non
già
nei
discorsi
vivi
,
negli
organismi
espressivi
,
razionalmente
indivisibili
.
I
linguisti
o
glottologi
filosoficamente
dotati
,
che
hanno
meglio
approfondito
le
questioni
sul
linguaggio
,
si
trovano
(
per
adoperare
un
'
immagine
abusata
ma
efficace
)
nella
condizione
dei
lavoratori
di
un
traforo
:
a
un
certo
punto
debbono
sentire
le
voci
dei
loro
compagni
,
i
filosofi
dell
Estetica
,
che
si
sono
mossi
dall
'
altro
lato
.
A
un
certo
grado
di
elaborazione
scientifica
,
la
Linguistica
,
in
quanto
filosofia
,
deve
fondersi
nell
'
Estetica
;
e
si
fonde
,
infatti
,
senza
lasciare
residui
.