StampaQuotidiana ,
Sabato
,
ore
10,30
Siamo
da
mezz
'
ora
in
territorio
sovietico
,
a
Cop
,
stazione
di
confine
.
Prendiamo
posto
nel
treno
che
ci
porterà
a
Mosca
.
Il
sole
è
pallido
.
Erano
le
8
e
mezzo
ma
qui
cambia
fuso
orario
.
Infreddolito
e
assonnato
,
mi
rallegro
delle
cuccette
,
del
caldo
,
dell
'
aria
casalinga
degli
scompartimenti
,
con
l
'
abat
-
jour
sul
tavolino
e
le
tendine
bianche
.
Nel
binario
vicino
,
su
un
vagone
merci
,
vedo
due
ragazze
-
forse
contadine
che
caricano
sacchi
-
col
fazzoletto
in
testa
,
i
giacconi
imbottiti
e
gli
stivali
.
Guardano
e
ridono
.
Sono
le
prime
ragazze
sovietiche
che
incontro
;
il
buon
giorno
si
vede
dal
mattino
.
Ore
16
I
compagni
che
vogliono
già
capire
il
socialismo
dai
finestrini
del
treno
(
«
Un
trattore
!
Là
un
silos
!
Una
casetta
con
le
bandiere
e
i
quadri
di
Lenin
e
Stalin
!
»
)
sono
troppo
impazienti
.
Siamo
ancora
nelle
terre
da
poco
ricongiunte
all
'U.R.S.S
.
Quel
che
m
'
interessa
di
vedere
è
il
socialismo
adulto
,
il
socialismo
che
sta
per
compiere
trentaquattr
'
anni
.
Ma
questo
paesaggio
che
ci
scorre
monotono
sotto
gli
occhi
-
da
quando
abbiamo
lasciato
le
zone
di
fitti
boschi
e
solo
una
stretta
cintura
d
'
alberi
accompagna
il
terrapieno
sabbioso
del
treno
-
è
pure
un
elemento
importante
,
da
non
dimenticare
mai
di
fronte
alle
cose
che
vedremo
poi
;
la
distesa
sterminata
della
campagna
,
questa
nuda
immensità
di
terra
in
cui
la
civiltà
russa
affonda
le
radici
.
Ore
21
Il
treno
si
rivela
il
terreno
di
scoperte
più
interessante
.
Al
nostro
vagone
sono
addetti
una
ferroviera
e
un
ferroviere
.
La
donna
ci
prepara
il
tè
.
Il
samovar
è
in
fondo
al
corridoio
;
non
ha
nulla
in
comune
con
l
'
immagine
che
mi
ero
fatta
di
un
samovar
:
è
una
specie
di
scaldabagno
a
carbone
.
Per
passare
al
vagone
ristorante
dobbiamo
attraversare
alcuni
altri
vagoni
.
Ce
n
'
è
di
quelli
uguali
al
nostro
,
e
di
quelli
senza
una
vera
e
propria
divisione
in
scompartimenti
,
ma
pure
a
cuccette
.
Molti
dei
viaggiatori
hanno
l
'
aria
di
contadini
,
sia
in
prima
che
in
seconda
;
e
in
entrambe
le
classi
si
può
incontrare
sia
ufficiali
che
soldati
.
Certo
,
la
seconda
m
'
attrae
di
più
,
con
quell
'
aria
più
movimentata
,
pacchi
e
fagotti
e
ceste
,
vecchiette
e
bambini
e
barbe
bianche
,
gente
che
dorme
con
gli
stivali
di
feltro
che
sporgono
nel
corridoio
,
gente
che
mangia
,
gente
che
canta
,
gente
che
legge
(
pochi
giornali
,
molti
libri
:
il
contrario
che
da
noi
)
.
È
il
primo
tuffo
nell
'
umanità
sovietica
;
mi
par
di
riconoscere
qualcosa
che
già
sapevo
,
ritrovo
quel
sapore
di
vecchia
Russia
imparato
sui
libri
;
perfino
l
'
odore
dolciastro
dei
cibi
mi
sembra
subito
inconfondibile
,
ed
è
la
prima
volta
che
lo
sento
.
Sarà
quel
caldo
senso
d
'
umanità
che
abbiamo
scoperto
leggendo
Tolstoj
e
Dostojevskij
,
che
ora
misi
ripresenta
con
la
stessa
immagine
:
il
popolo
russo
?
Ma
questi
probabilmente
sono
colcosiani
che
vanno
nella
città
vicina
per
affari
della
loro
azienda
:
di
quanto
saranno
diversi
dal
popolo
russo
d
'
una
volta
?
Non
posso
ancora
dirlo
.
Certo
,
a
quei
tempi
viaggiavano
di
meno
;
e
non
c
'
era
tanta
gente
che
leggeva
libri
in
treno
;
e
forse
anche
quel
sorriso
d
'
intesa
che
ci
fanno
,
vedendoci
stranieri
,
è
un
fatto
nuovo
.
Bisognerebbe
chiederlo
a
quei
due
vecchietti
,
marito
e
moglie
,
che
con
calma
e
diligenza
stanno
spolpando
un
'
oca
.
Ore
23
Il
primo
benvenuto
della
gioventù
sovietica
l
'
abbiamo
avuto
alla
stazione
di
Lvov
(
l
'
antica
Leopoli
)
.
Un
centinaio
di
ragazze
del
Komsomol
erano
sulla
banchina
ad
aspettarci
.
Il
vagone
s
'
è
riempito
di
mazzi
di
fiori
.
Ragazze
semplici
,
non
dipinte
,
allegre
.
Confermano
le
impressioni
sulle
ragazze
sovietiche
che
già
avevo
sentito
da
altri
,
ma
non
c
'
è
per
nulla
un
tipo
di
ragazza
standardizzato
.
Una
parla
spagnolo
,
e
un
po
'
possiamo
capirci
.
Ma
lei
ne
chiama
un
'
altra
che
parla
pure
lo
spagnolo
,
e
un
'
altra
ancora
.
C
'
è
pieno
di
ragazze
che
parlano
spagnolo
,
a
Lvov
;
ora
da
questa
piccola
folla
sorridente
si
leva
un
brusio
di
desinenze
sibilanti
.
All
'
Istituto
di
Filologia
di
Lvov
c
'
è
un
corso
di
spagnolo
che
dev
'
essere
di
gran
voga
tra
le
ragazze
.
Ed
ecco
che
nel
gruppo
si
fa
largo
il
professore
:
uno
spagnolino
sui
35
anni
,
dall
'
ossuto
e
ruvido
viso
iberico
;
è
un
ex
combattente
della
Repubblica
,
rifugiato
qua
,
tra
queste
ragazze
con
le
trecce
castane
e
i
manicotti
di
pelliccia
.
Ma
anche
qualche
parola
in
italiano
affiora
sulle
labbra
delle
ragazze
:
parole
di
canzoni
.
Ecco
che
si
mettono
a
cantare
Sul
mare
luccica
...
in
italiano
.
Facciamo
coro
,
ma
alla
seconda
strofa
non
possiamo
più
tener
loro
dietro
;
nessuno
di
noi
sa
tutte
le
parole
di
Santa
Lucia
.
Loro
sì
:
continuano
a
cantare
,
in
italiano
,
fino
alla
fine
.
Domenica
,
ore
10
Ormai
posso
dire
di
conoscere
la
fisionomia
della
piccola
città
sovietica
.
È
da
ieri
che
il
treno
continua
a
passarne
in
rassegna
.
La
stazioncina
con
gli
striscioni
rossi
dove
c
'
è
la
parola
Mir
:
pace
,
il
giardinetto
con
un
bianco
monumento
a
Stalin
,
le
case
basse
,
a
un
piano
,
in
muratura
o
di
legno
,
che
spuntano
tra
il
verde
.
Ricordo
quel
bel
libro
di
Ilf
e
Petrov
,
un
viaggio
di
due
sovietici
in
America
;
il
titolo
russo
era
:
America
a
un
piano
.
Capisco
ora
che
il
senso
del
libro
era
cercare
nell
'
America
provinciale
gli
aspetti
più
familiari
ai
russi
:
le
piccole
città
sovietiche
e
quelle
americane
hanno
in
comune
quest
'
amore
per
le
piccole
case
a
un
piano
,
ciascuna
col
giardinetto
intorno
e
lo
steccato
.
Ore
14
La
donna
che
dirige
il
vagone
ristorante
è
un
bel
tipo
di
russa
.
Alta
,
castana
,
con
una
faccia
bella
e
fiera
,
un
corpo
in
cui
il
petto
grande
e
i
fianchi
stretti
accentuano
l
'
aria
risoluta
.
Veste
un
lungo
golf
di
lana
come
fosse
in
casa
.
Lancia
occhiate
severe
:
ieri
,
quando
ha
visto
che
nessuno
di
noi
riusciva
a
mangiare
la
rossa
zuppa
ucraina
,
pareva
allarmata
.
Oggi
che
facciamo
festa
ai
piatti
tutti
più
o
meno
di
nostro
gusto
,
l
'
ho
vista
sorridere
per
la
prima
volta
.
Ho
idea
che
qui
siano
le
donne
a
comandare
tutto
.
Nel
nostro
vagone
,
è
la
ferroviera
,
quella
donnetta
nera
,
che
comanda
;
il
ferroviere
ha
solo
mansioni
subalterne
.
Ore
16,20
Abbiamo
lasciato
Kiev
,
la
prima
grande
città
sovietica
incontrata
sul
nostro
percorso
.
Bella
,
piena
di
verde
,
Kiev
si
estende
su
una
gobba
di
collina
con
grandi
palazzi
nuovi
e
antichi
.
E
ora
abbiamo
passato
il
Dnieper
e
i
cantieri
che
ricostruiscono
i
ponti
distrutti
dalla
guerra
.
È
difficile
vedere
ancora
tracce
della
guerra
,
tranne
che
ai
fiumi
,
dove
accanto
al
ponte
nuovo
affiorano
i
resti
dei
vecchi
piloni
.
Dopo
il
Dnieper
,
in
uno
di
questi
villaggi
di
casette
a
un
piano
e
orticelli
,
vedo
un
ballo
all
'
aperto
,
in
un
recinto
zeppo
di
donne
nere
con
fazzoletti
gialli
e
rossi
che
saltano
.
Forse
è
una
«
balera
»
campagnola
,
forse
è
una
festa
di
nozze
nel
giardinetto
d
'
una
casa
privata
.
Continuiamo
a
traversare
corsi
d
'
acqua
,
braccia
del
Dnieper
,
o
affluenti
,
ove
í
pescatori
affondano
le
lenze
.
Stamane
ho
visto
diversi
cacciatori
.
Ora
entriamo
in
una
zona
industriale
,
tra
cumuli
di
carbone
e
grandi
gru
.
Ore
22
Le
nostre
traversate
per
arrivare
al
vagone
ristorante
non
sono
prive
di
pericoli
.
Bisogna
tirar
dritto
e
non
fermarsi
mai
,
soprattutto
vicino
ai
posti
dei
marinai
.
I
marinai
appena
riescono
a
scambiar
qualche
saluto
con
uno
di
noi
,
quello
non
se
n
'
è
ancora
accorto
e
ha
già
la
bocca
piena
di
lardo
,
una
forchetta
con
un
salsicciotto
in
una
mano
e
un
bicchiere
di
vodka
nell
'
altra
.
E
lì
bisogna
tracannare
d
'
un
fiato
.
Cominciano
i
brindisi
:
a
Stalin
,
a
Togliatti
;
come
si
può
non
brindare
?
I
marinai
calcolano
tutto
sul
loro
metro
;
ma
per
noi
è
una
sbornia
sicura
.
Quindi
,
appena
vedi
un
berretto
di
marinaio
:
«
Sdradstvo
,
tovàric
»
e
passa
al
largo
.
Lunedì
Ci
svegliamo
nella
Repubblica
Socialista
Federativa
Sovietica
Russa
.
Dietro
un
trattore
la
terra
verde
diventa
bruna
.
Uno
sciame
d
'
uccelli
segue
il
trattore
e
si
butta
sulla
terra
appena
smossa
.
Ore
9,30
Finalmente
a
Mosca
!
Il
grattacielo
della
nuova
Università
,
quasi
finito
,
ci
dà
il
benvenuto
.
Pomeriggio
Dal
settimo
piano
dell
'
Hôtel
Mosca
,
guardiamo
le
guglie
del
Cremlino
,
la
torre
dell
'
orologio
,
e
laggiù
le
cupole
del
duomo
di
Basilio
.
Victor
Stepanovic
,
un
compagno
sovietico
che
accompagnerà
la
nostra
delegazione
,
ci
indica
dall
'
alto
i
vari
monumenti
.
Giù
nel
cortile
dell
'
albergo
passa
un
gatto
.
«
I
gatti
devono
essere
uguali
anche
da
voi
»
,
dice
Victor
Stepanovic
.
Penso
che
diventeremo
amici
.