StampaQuotidiana ,
Giovedì
-
Siamo
in
treno
.
La
radio
nel
corridoio
trasmette
una
canzone
popolare
.
È
una
donna
che
canta
:
pare
un
'
esplosione
di
gioia
furiosa
,
una
modulazione
di
brevi
grida
scattanti
su
un
ritmo
che
ricorda
le
caratteristiche
danze
russe
a
ginocchia
piegate
.
Chiedo
se
è
un
'
antica
canzone
contadina
:
Ljena
Constantinova
mi
spiega
che
è
una
canzone
colcosiana
d
'
una
ventina
d
'
anni
fa
.
Risale
agli
inizi
dell
'
elettrificazione
nelle
campagne
.
Ljena
mi
traduce
l
'
inizio
:
«
Per
la
prima
volta
la
donna
vede
il
sole
accendersi
nella
sua
stanza
...
»
Il
programma
che
la
radio
sta
trasmettendo
è
una
rassegna
di
canzoni
dell
'
anteguerra
.
Ora
ne
cantano
un
'
altra
di
questo
allegro
tipo
contadino
.
Ogni
strofa
finisce
con
un
'
esclamazione
:
«
Hoc
!
»
È
una
canzonetta
buffa
:
il
fidanzato
ha
accompagnato
la
bella
a
casa
e
non
sanno
separarsi
,
e
ogni
volta
trovano
una
scusa
per
restare
insieme
.
«
Hoc
!
»
La
Russia
è
un
mare
di
terra
.
I
paesi
sono
sparsi
e
lontani
.
La
storia
di
questo
paese
,
la
lentezza
del
suo
passato
,
il
valore
dei
risultati
del
socialismo
mi
si
colorano
di
nuovi
significati
,
ora
che
vedo
concretamente
la
terra
,
le
distanze
,
i
campi
.
Le
ore
di
viaggio
vanno
avanti
movimentate
solo
dai
cinque
pasti
quotidiani
.
Oltre
ai
tre
grossi
pasti
a
cui
ci
siamo
abituati
a
Mosca
,
c
'
è
uno
spuntino
a
base
di
mele
che
ci
vengono
portate
negli
scompartimenti
a
metà
mattina
,
e
il
tè
delle
cinque
,
in
vagone
ristorante
.
I
compagni
sovietici
sono
venuti
ben
attrezzati
di
scacchi
,
dama
e
domino
,
e
noi
,
messi
da
parte
i
nostri
mazzi
da
ramino
,
ci
cimentiamo
nei
giochi
in
cui
i
russi
sono
tradizionalmente
maestri
.
A
scacchi
non
riusciamo
a
vincere
neanche
una
partita
,
ma
(
con
qualche
trucco
)
ci
rifacciamo
a
domino
.
Venerdì
Passiamo
Rostov
,
estesissima
città
su
un
dosso
di
collina
in
mezzo
alla
pianura
,
tutta
di
basse
casette
.
Della
guerra
,
ormai
,
si
stenta
a
vedere
i
segni
.
Passiamo
il
Don
,
che
ora
,
d
'
autunno
,
non
è
largo
,
ma
che
ritirandosi
ha
lasciato
laghetti
e
pozze
d
'
acqua
per
dieci
chilometri
intorno
.
Siamo
in
una
campagna
abitata
e
immensa
.
Dall
'
ultimo
vagone
vedo
una
grossa
gazza
bianca
e
nera
posarsi
sui
binari
.
Discorriamo
di
sport
.
L
'
interprete
Vitalij
è
iscritto
alla
«
Spartak
»
,
la
società
dei
Sindacati
.
Paga
un
rublo
al
mese
ed
ha
tutte
le
possibilità
di
fare
tutti
gli
sport
che
vuole
,
nei
campi
e
con
l
'
attrezzatura
della
«
Spartak
»
.
Per
esempio
,
va
alle
stazioni
sciistiche
della
«
Spartak
»
e
se
non
ha
sci
,
o
scarponi
suoi
,
usufruisce
gratis
di
quelli
della
società
.
Se
vuole
può
anche
andare
ai
campi
della
«
Dynamo
»
o
di
un
'
altra
società
,
ma
non
essendo
socio
,
deve
pagare
una
piccola
quota
.
Si
parla
di
matrimoni
.
Un
particolare
curioso
.
All
'
atto
del
matrimonio
la
moglie
può
scegliere
se
chiamarsi
col
cognome
del
marito
o
tenere
il
proprio
;
oppure
anche
il
marito
può
prendere
il
cognome
della
moglie
;
oppure
possono
lasciare
entrambi
i
vecchi
cognomi
e
scegliersene
uno
nuovo
.
Sabato
In
treno
nel
Daghestan
.
Da
stamane
siamo
in
riva
al
Caspio
,
mare
grigio
e
triste
tal
quale
lo
s
'
immagina
vedendolo
nelle
carte
geografiche
.
Le
montagne
del
Caucaso
ci
fiancheggiano
sulla
destra
.
Ogni
tanto
spunta
la
torre
a
traliccio
di
un
pozzo
di
petrolio
.
Ad
una
stazione
scendiamo
a
far
quattro
passi
giù
dal
treno
.
Con
allegria
prendo
contatto
con
questa
terra
così
nuova
e
in
cui
pure
basta
poco
,
un
muro
di
strada
in
salita
,
lo
sguardo
nero
delle
donne
,
per
riportarmi
nell
'
atmosfera
familiare
delle
città
rivierasche
.
Anche
il
clima
è
da
inverno
di
riviera
;
solo
i
colori
sono
più
smorti
.
Viaggiare
in
coda
al
treno
,
tra
Caspio
e
Caucaso
!
Ma
al
vecchio
ferroviere
,
che
sta
qui
in
coda
con
le
sue
bandierine
e
le
sue
lanterne
,
questi
paesi
non
piacciono
per
via
del
vento
;
lui
è
di
Smolensk
.
Ljena
Constantinova
lo
rimprovera
filialmente
perché
non
si
rade
la
lanuggine
bianca
e
rada
che
incespuglia
il
suo
viso
.
Ride
tutto
grinzoso
e
sdentato
:
dice
che
non
importa
,
ormai
è
vecchio
.
È
un
simpatico
tipo
di
chiacchierone
;
anche
se
sono
solo
,
lì
a
guardare
il
panorama
,
senza
nessuno
che
mi
faccia
da
interprete
,
lui
vuole
attaccar
discorso
e
parla
,
parla
,
nonostante
i
miei
«
Nepognemai
!
»
(
Non
capisco
)
.
Ad
una
stazione
vengono
donne
sotto
i
finestrini
a
vendere
yogurt
e
carne
cruda
.
Graziose
,
con
in
testa
fazzoletti
disegnati
.
Sulla
collina
,
i
paesi
che
s
'
incontrano
adesso
sono
ammucchiati
come
i
nostri
,
non
sparsi
come
nella
pianura
russa
.
Certe
case
tra
gli
orti
hanno
i
muri
a
secco
come
i
casolari
in
Liguria
.
Attraversiamo
vigne
basse
(
«
come
in
Sicilia
»
,
dice
Michele
L
.
che
è
siciliano
e
bracciante
,
anzi
batrak
,
come
abbiamo
imparato
a
chiamarlo
qui
)
.
Vigne
e
campi
di
cotone
,
e
girasoli
.
Le
donne
sono
tipi
tra
il
siciliano
e
il
turco
:
vengono
giù
da
una
stradetta
tra
i
campi
e
vorrebbero
entrare
in
stazione
di
lì
,
invece
di
fare
il
giro
dall
'
entrata
dell
'
edificio
,
e
un
tipo
di
controllore
con
la
barbetta
continua
a
rimandarle
indietro
e
ognuna
di
loro
protesta
e
racconta
chissà
che
storia
per
convincerlo
;
e
lui
scuote
sempre
il
capo
,
inflessibile
e
paziente
.
Da
ieri
non
vedo
che
uccelli
neri
o
bianchi
e
neri
;
credo
siano
gazze
.
Ora
il
cielo
verso
il
Caucaso
è
percorso
da
una
striscia
senza
fine
di
uccelli
neri
in
volo
;
forse
una
migrazione
?
Per
chilometri
e
chilometri
continua
a
volare
questa
enorme
schiera
di
uccelli
e
seguendoli
entriamo
nell
'
Azerbaigian
.
A
un
torrente
,
V
.
m
'
indica
i
segni
bianchi
del
confine
della
Repubblica
.