StampaPeriodica ,
Siamo
scesi
dal
treno
a
una
piccola
stazione
dell
'
Azerbaigian
,
Cacmas
,
tra
le
prime
alture
del
Caucaso
.
Alla
stazione
,
nuova
gentile
invasione
floreale
del
nostro
vagone
,
già
carico
di
mazzi
di
fiori
dalla
partenza
da
Baku
.
Prendiamo
posto
in
un
autopullman
che
ci
porterà
a
visitare
un
sovkos
e
un
colcos
dell
'
interno
.
Al
paese
di
Kuba
,
le
ragazze
vestite
coi
costumi
di
tutte
le
repubbliche
sovietiche
ci
risommergono
di
mazzi
di
fiori
.
Nel
teatro
,
le
orfane
di
guerra
hanno
preparato
uno
spettacolo
per
noi
.
A
fatica
ci
strappiamo
dalla
calorosa
ospitalità
degli
abitanti
che
vorrebbero
farci
passare
con
loro
la
giornata
.
Kuba
è
un
paese
di
10
mila
abitanti
,
con
diverse
piccole
fabbriche
sparse
intorno
:
industrie
di
conserve
di
frutta
.
Ha
una
scuola
di
10
classi
(
cioè
corrispondenti
alle
nostre
cinque
elementari
e
cinque
di
ginnasio
)
che
visitiamo
;
l
'
insegnamento
è
in
lingua
azerbaigiana
;
nelle
ultime
classi
si
studia
il
russo
;
ci
sono
200
allievi
che
studiano
lingue
estere
:
inglese
o
tedesco
o
francese
.
Lasciate
le
bianche
fabbriche
di
Kuba
,
il
nostro
autopullman
procede
per
strade
deserte
tra
i
campi
,
semi
-
invase
dal
fango
:
è
una
delle
prime
belle
mattine
dopo
quaranta
giorni
di
pioggia
.
Gli
incontri
sono
rari
:
cosacchi
a
cavallo
,
tutti
pelo
,
tra
quello
della
barba
e
quello
del
colbacco
;
pastori
con
lunghe
bisacce
ricamate
appese
alle
spalle
guidano
greggi
di
pecore
bianche
e
nere
.
Mi
dico
:
«
E
poco
più
d
'
un
'
ora
che
abbiamo
lasciato
l
'
ultimo
paese
,
e
qui
sembra
che
il
socialismo
sia
una
realtà
lontanissima
,
sembra
d
'
essere
fuori
del
tempo
...
»
.
Quand
'
ecco
,
ai
lati
della
strada
,
cominciano
ad
allinearsi
fitti
filari
di
meli
:
i
frutteti
curati
come
giardini
s
'
estendono
a
perdita
d
'
occhio
intorno
a
noi
.
Il
pullman
imbocca
il
cancello
del
sovkos
«
Baghirov
»
.
In
un
giardino
tutto
verde
e
fiori
c
'
è
la
casetta
della
direzione
,
e
Efendiev
,
il
direttore
,
un
omaccione
coi
baffi
neri
e
il
colbacco
,
ci
aspetta
sulla
soglia
.
Nell
'
ufficio
del
direttore
sembra
d
'
essere
ancora
in
giardino
,
con
tutto
quel
verde
alle
finestre
,
uno
scaffale
pieno
di
mele
rosse
,
grossissime
,
messe
in
mostra
,
e
negli
angoli
zucche
grandi
come
mappamondi
,
verdi
e
gialle
,
posate
su
treppiedi
.
Poi
carte
geografiche
di
tutti
i
colori
,
che
Efendiev
indica
,
parlando
;
e
tre
telefoni
sulla
sua
scrivania
ai
quali
egli
continuamente
è
chiamato
o
chiama
,
interrompendo
il
suo
discorso
.
Cominciò
a
darci
il
benvenuto
,
parlò
dell
'
Italia
,
di
Togliatti
,
e
prese
a
raccontarci
la
storia
del
suo
sovkos
.
Vent
'
anni
fa
qua
erano
paludi
,
dove
cresceva
solo
il
riso
.
Poi
,
nel
1931
,
è
stato
fondato
il
sovkos
,
cioè
l
'
azienda
agricola
statale
,
che
dipende
dal
trust
delle
conserve
di
frutta
dell
'
Azerbaigian
.
Hanno
asciugato
le
paludi
per
2300
ettari
,
hanno
coltivato
la
terra
con
le
macchine
,
hanno
piantato
i
frutteti
.
Il
direttore
s
'
avvicina
a
un
grafico
appeso
alla
parete
,
incorniciato
con
fregi
di
frutta
,
e
ci
illustra
gli
aumenti
di
produzione
:
84
tonnellate
di
frutta
nel
'38;
nel
'41
erano
già
arrivati
a
317
,
nel
'42
a
494;
nel
'43
molti
degli
uomini
sono
al
fronte
e
la
produzione
comincia
a
scendere
:
334
tonnellate
;
e
cala
fino
a
150
tonnellate
nel
1945
.
(
Così
dappertutto
in
U.R.S.S.
mostrano
il
male
che
ha
fatto
la
guerra
,
il
male
che
farebbe
se
tornasse
)
.
Ma
poi
,
nel
'46
,
un
gran
balzo
:
1183
tonnellate
,
poi
2700
,
3900
,
6500
e
quest
'
anno
sono
già
quasi
arrivati
a
8000
.
Tra
cinque
anni
gli
alberi
daranno
22
mila
tonnellate
di
frutta
.
Ma
il
compagno
Baghirov
(
il
segretario
del
P.C.
azerbaigiano
,
al
cui
nome
è
dedicato
il
colcos
)
,
esaminati
i
piani
,
ha
proposto
che
arrivassero
fino
a
25
mila
.
Era
una
cifra
un
po
'
grossa
,
i
tecnici
si
sono
riuniti
per
vedere
se
potevano
arrivarci
.
Risultato
:
hanno
deciso
d
'
impegnarsi
per
30
mila
tonnellate
,
su
iniziativa
dei
giovani
comunisti
.
Confesso
che
,
prima
,
io
non
riuscivo
mai
a
interessarmi
molto
degli
elenchi
di
cifre
,
non
riuscivo
a
entrare
nello
spirito
di
quei
numeri
.
In
Unione
Sovietica
,
dovunque
si
vada
,
sono
cifre
che
saltano
fuori
;
oramai
ci
ho
preso
gusto
e
non
posso
fare
a
meno
di
appassionarmici
.
I
lavoratori
hanno
le
loro
case
nel
sovkos
,
-
case
di
loro
proprietà
,
in
gran
parte
-
e
sono
pagati
a
cottimo
(
circa
40-60
rubli
al
giorno
)
e
chi
sorpassa
il
premio
annuale
ha
dei
premi
anche
di
8-10
mila
rubli
oltre
ai
premi
in
natura
.
Siccome
una
mucca
costa
1000
rubli
,
mi
sto
già
domandando
,
se
con
questo
sistema
dei
premi
non
possa
rinascere
il
capitalismo
,
quando
il
direttore
ci
enumera
ciò
che
ogni
lavoratore
sia
dei
colcos
sia
dei
sovkos
di
quella
regione
può
possedere
come
proprietà
privata
:
un
quarto
d
'
ettaro
di
terreno
,
una
mucca
con
vitello
,
due
maiali
e
cinque
pecore
.
Mentre
Efendiev
parla
,
una
donna
con
uno
scialle
attorno
al
capo
ci
porta
vassoi
pieni
di
mele
,
grosse
mele
rosse
,
e
salviette
di
carta
con
sopra
impresso
l
'
emblema
del
sovkos
:
una
gran
mela
rossa
.
In
questo
sovkos
ci
sono
le
scuole
obbligatorie
di
sette
classi
,
le
scuole
serali
per
chi
lavora
,
una
scuola
agronomica
e
una
scuola
zootecnica
.
Palestra
,
foot
-
ball
,
palla
a
volo
,
e
scuderie
per
il
gighit
,
lo
sport
equestre
del
Caucaso
.
Della
nostra
delegazione
fa
parte
una
dirigente
dei
pionieri
di
Bologna
,
che
dovunque
si
vada
,
domanda
sempre
particolari
sull
'
organizzazione
dei
pionieri
.
E
Efendiev
le
racconta
un
episodio
sui
pionieri
naturalisti
di
questo
sovkos
.
Durante
la
guerra
i
frutteti
erano
infestati
da
un
insetto
nocivo
detto
zlatabuska
(
ce
ne
fa
scrivere
anche
il
nome
latino
:
Euprochtis
crysorrea
)
che
può
essere
ucciso
solo
alla
nascita
.
I
piccoli
naturalisti
giurarono
di
dar
battaglia
alla
zlatabuska
e
di
sterminarla
.
Si
sguinzagliarono
mattina
e
sera
per
i
frutteti
;
d
'
allora
in
poi
,
l
'
insetto
è
scomparso
dalla
zona
.
Nel
reparto
d
'
imballaggio
della
frutta
,
ci
accomiatiamo
dal
direttore
perché
siamo
attesi
al
colcos
«
Orgionikize
»
.
Efendiev
ci
regala
ancora
mele
,
tovagliette
di
carta
diverse
dalle
altre
perché
hanno
l
'
emblema
stampato
in
verde
,
e
prima
di
lasciarci
partire
vuole
che
gli
assicuriamo
che
,
appena
tornati
in
Italia
,
andremo
a
salutare
Togliatti
a
nome
suo
personale
.
Lasciato
il
sovkos
«
Baghirov
»
,
la
strada
scende
ancora
per
colline
e
colline
,
guada
fiumi
,
finché
arriviamo
a
un
villaggio
di
linde
casette
:
il
colcos
«
Orgionikize
»
.
Nella
piazzetta
ci
sono
i
colcosiani
che
ci
aspettano
,
i
bambini
delle
scuole
con
i
fiori
,
e
un
'
orchestrina
formata
da
un
tamburo
,
da
un
flauto
e
da
una
specie
di
trombetta
,
che
suona
striduli
motivi
in
nostro
onore
.
Giriamo
per
il
villaggio
coi
tre
suonatori
e
tutto
il
paese
dietro
.
Nel
teatrino
del
colcos
,
dove
siamo
accolti
,
adorno
d
'
arazzi
multicolori
coi
ritratti
di
Stalin
e
di
Baghirov
,
un
giovanotto
bruno
e
smilzo
,
coi
baffettini
neri
,
si
mette
a
ballare
una
di
quelle
loro
danze
snodate
,
di
tipo
arabo
.
Invita
a
ballare
una
delle
nostre
ragazze
,
e
la
scelta
cade
su
una
piccola
compagna
napoletana
,
nera
nera
anche
lei
,
che
per
tutta
l
'
Unione
Sovietica
trova
ricciuti
ufficiali
che
le
danno
la
loro
fotografia
con
dedica
e
pallidi
studenti
che
vogliono
scriverle
a
Napoli
.
Poi
ci
portano
a
vedere
le
opere
pubbliche
.
Prima
tra
tutte
,
la
doccia
:
una
casetta
con
dentro
una
doccia
.
Bisogna
sapere
che
qui
prima
non
c
'
era
neppure
una
tubatura
d
'
acqua
.
Avere
l
'
acqua
è
per
loro
una
grande
conquista
,
e
certo
un
paese
che
ha
conosciuto
insieme
l
'
acqua
potabile
,
la
luce
elettrica
,
l
'
alfabeto
,
gli
autocarri
,
le
scuole
,
i
trattori
,
il
telefono
,
la
radio
,
il
cinema
,
tutto
nel
giro
di
pochi
anni
,
deve
avere
delle
prospettive
storiche
tutte
sue
.
Perciò
l
'
acqua
potabile
è
ancora
qualcosa
di
prodigioso
:
difatti
,
passando
per
la
piazza
vedo
un
vecchietto
col
colbacco
avvicinarsi
alla
fontana
,
aprire
il
rubinetto
e
indicarci
il
getto
.
In
questa
regione
-
ci
dicono
-
prima
della
collettivizzazione
una
catena
interminabile
di
vendette
e
faide
familiari
dissanguava
i
paesi
,
per
cui
i
giovani
non
riuscivano
ad
arrivare
adulti
prima
che
la
schioppettata
di
una
famiglia
nemica
non
piombasse
loro
addosso
.
Ora
il
sangue
delle
faide
sembra
antico
di
secoli
;
nel
colcos
vivono
240
famiglie
ognuna
nella
sua
casetta
,
e
ogni
anno
coi
guadagni
collettivi
si
costruiscono
qualcosa
:
la
scuola
,
il
club
,
la
centrale
idroelettrica
.
Perfino
il
telefono
,
in
tutte
le
case
,
e
addirittura
una
piccola
stazione
radio
della
direzione
del
colcos
.
Così
si
può
osservare
,
nel
microcosmo
del
colcos
,
il
processo
che
,
in
grande
,
si
verifica
in
tutta
l
'U.R.S.S.:
i
cittadini
vedono
che
il
lavoro
collettivo
migliora
continuamente
le
loro
condizioni
di
vita
,
e
s
'
appassionano
sempre
di
più
ad
esso
e
alla
vita
socialista
.
In
questo
colcos
solo
l
'
anno
scorso
sono
state
costruite
50
nuove
case
private
.
Un
colcosiano
di
questa
regione
guadagna
al
giorno
:
8
chili
di
grano
,
9
chili
di
mele
,
18
rubli
,
e
poi
altri
prodotti
:
patate
,
latticini
.
Stando
alle
notizie
che
raccolgo
,
la
prima
cosa
che
un
colcosiano
cerca
di
fare
coi
suoi
guadagni
è
costruirsi
una
casa
di
sua
proprietà
,
dopo
cerca
di
comprare
una
mucca
,
e
poi
un
'
automobile
«
Moskovic
»
.
Andiamo
a
visitare
qualche
casa
di
colcosiani
:
case
in
muratura
,
a
due
piani
,
sempre
con
una
loggia
di
legno
al
primo
piano
.
Basta
che
alla
loggia
s
'
affacci
una
donna
imbacuccata
di
veli
bianchi
,
perché
le
casette
prendano
subito
un
aspetto
orientale
,
ma
con
insieme
qualcosa
di
nordico
,
tetti
di
lamiera
rossa
con
una
fila
di
galletti
sulla
cimasa
.
Da
una
veranda
dove
noto
un
grosso
e
moderno
apparecchio
radio
,
entriamo
in
una
stanza
da
letto
,
con
cinque
bei
tappeti
(
qui
è
il
paese
dei
tappeti
!
)
e
con
bassorilievo
di
gesso
sul
soffitto
che
rappresenta
un
pavone
.
Il
colcosiano
Merikov
,
l
'
anno
scorso
,
coi
centomila
rubli
dei
suoi
guadagni
familiari
(
solo
in
denaro
;
poi
c
'
erano
quelli
in
natura
)
s
'
è
costruito
questa
casetta
di
sei
stanze
.
La
casa
coi
galletti
sul
tetto
rosso
è
di
Alì
Mamedov
,
un
ometto
col
giaccone
di
cuoio
che
l
'
anno
scorso
,
di
rubli
(
in
famiglia
sono
in
quattro
che
lavorano
)
,
ne
ha
guadagnati
128
mila
.
Dice
d
'
essere
in
grado
d
'
ospitare
per
un
anno
una
delegazione
italiana
a
far
niente
,
tutto
a
sue
spese
,
e
s
'
offre
di
farlo
.
Quasi
quasi
lo
prendiamo
in
parola
.
Per
la
strada
,
due
vecchi
dall
'
aria
arzilla
stanno
a
guardare
il
viavai
,
sorridendo
sopra
le
bianche
barbe
a
punta
e
con
gli
occhi
ammiccanti
sotto
il
colbacco
.
Uno
ha
125
anni
,
-
sento
dire
-
l
'
altro
120
.
Avevo
già
sentito
parlare
della
longevità
dei
contadini
caucasici
,
e
non
voglio
mettere
in
dubbio
l
'
informazione
.
A
ogni
modo
,
ci
viene
detto
:
«
E
inutile
che
chiediate
a
loro
;
rispondono
sempre
d
'
avere
diciassette
o
diciotto
anni
»
.
Pranziamo
nel
colcos
,
a
una
gran
tavolata
in
mezzo
a
contadini
e
contadine
.
Mahmud
Kuliev
,
un
ometto
scuro
e
atticciato
,
presidente
del
colcos
,
ci
parla
attraverso
due
interpreti
,
perché
sa
solo
l
'
azerbaigiano
.
Ci
viene
servito
riso
con
uva
passa
,
gli
immancabili
cetrioli
,
pere
secche
,
cipolle
crude
senz
'
olio
,
e
alfine
un
magnifico
,
enorme
montone
bollito
,
che
,
siccome
non
ci
sono
coltelli
in
tavola
,
dobbiamo
impugnare
con
le
mani
e
sbranare
a
morsi
come
antichi
guerrieri
.
I
tre
suonatori
e
il
giovinotto
ballerino
accompagnano
il
banchetto
con
musiche
e
danze
,
e
i
colcosiani
cantano
in
coro
le
loro
canzoni
dalla
melodia
vibrata
e
dissonante
.
Sono
canzoni
orientali
che
si
direbbe
appartengano
al
folklore
più
tradizionale
:
ma
le
parole
si
richiamano
a
nuove
città
fondate
,
a
eroine
del
lavoro
,
a
Stalin
.
Ce
n
'
è
una
che
ci
piace
moltissimo
:
Azerbaigian
-
dan
!
e
ci
uniamo
al
coro
sostituendo
le
parole
con
dei
tarararà
,
e
va
benissimo
.
Tutti
,
colcosiani
e
delegati
,
a
uno
a
uno
,
dobbiamo
esibirci
nella
danza
azerbaigiana
,
accompagnati
dal
ritmico
batter
di
mani
di
tutti
gli
altri
,
e
incitati
dai
dirigenti
del
colcos
che
hanno
per
primi
dato
l
'
esempio
.
Intanto
continuano
a
comparire
vassoi
con
nuovi
pezzi
di
montone
;
e
quando
un
robusto
cantore
intona
verso
dopo
verso
un
antico
poema
interminabile
che
racconta
le
gesta
di
leggendari
eroi
,
l
'
atmosfera
non
potrebb
'
essere
più
omerica
.
Ci
vengono
pure
offerti
vassoi
con
piramidi
di
mele
rosse
,
ma
oramai
,
dopo
tutte
quelle
che
ci
ha
convinto
a
mangiare
stamattina
il
direttore
Efendiev
,
di
mele
siam
già
sovrasaturi
.
Viene
sera
.
E
stata
la
più
bella
giornata
del
nostro
viaggio
.
L
'
esperienza
che
abbiamo
avuto
della
campagna
sovietica
,
nei
semplici
e
purtroppo
rapidi
contatti
con
questa
gente
,
vale
più
di
volumi
di
dati
e
statistiche
.
Ci
accomiatiamo
,
e
il
capo
delegazione
offre
i
nostri
doni
ai
colcosiani
.
(
Sono
molto
contento
che
tocchi
a
loro
la
scatola
di
gianduiotti
che
mi
sono
portato
da
Torino
)
.
Il
presidente
del
colcos
e
gli
altri
compagni
si
guardano
un
momento
,
un
po
'
soprappensiero
.
Il
presidente
dà
un
breve
ordine
.
Un
colcosiano
esce
e
ritorna
con
un
tappeto
,
che
consegna
al
capo
-
delegazione
.
È
un
bel
dono
e
pensavamo
che
tutto
finisse
così
.
Invece
,
tornando
in
pullman
per
le
colline
brulle
e
fangose
,
vediamo
un
camion
che
ci
segue
.
È
carico
di
mele
;
il
presidente
del
colcos
ha
voluto
regalare
una
cassetta
di
mele
a
ciascuno
di
noi
.
Per
tutto
il
resto
del
viaggio
,
fino
a
Mosca
,
navighiamo
tra
queste
mele
.
StampaQuotidiana ,
C
'
era
un
sogno
,
racconta
Primo
Levi
,
che
tornava
spesso
ad
angustiare
le
notti
dei
prigionieri
dei
campi
di
annientamento
:
il
sogno
di
esser
tornati
a
casa
e
di
cercar
di
raccontare
ai
famigliari
e
agli
amici
le
sofferenze
passate
,
ed
accorgersi
con
un
senso
di
pena
desolata
ch
'
essi
non
ascoltano
,
che
non
capiscono
nulla
di
quello
che
loro
si
dice
.
Io
credo
che
tutti
gli
scampati
che
abbiano
provato
a
scrivere
le
proprie
memorie
su
quella
terribile
esperienza
,
si
siano
sentiti
prendere
da
quella
pena
desolata
:
d
'
aver
vissuto
un
'
esperienza
che
passa
i
limiti
del
dicibile
e
dell
'
umano
,
una
esperienza
che
non
potranno
mai
comunicare
in
tutto
il
suo
orrore
a
nessuno
,
e
il
cui
ricordo
continuerà
a
perseguitarli
col
tormento
della
sua
incomunicabilità
,
come
un
prolungamento
della
pena
.
Per
fatti
come
i
campi
d
'
annientamento
sembra
che
qualsiasi
libro
debba
essere
troppo
da
meno
della
realtà
per
poterli
reggere
.
Pure
,
Primo
Levi
ci
ha
dato
su
questo
argomento
un
magnifico
libro
(
Se
questo
è
un
uomo
,
Ed
.
De
Silva
,
1948
)
che
non
è
solo
una
testimonianza
efficacissima
,
ma
ha
delle
pagine
di
autentica
potenza
narrativa
,
che
rimarranno
nella
nostra
memoria
tra
le
più
belle
della
letteratura
sulla
Seconda
guerra
mondiale
.
Primo
Levi
fu
deportato
ad
Auschwitz
al
principio
del
'44
insieme
col
contingente
d
'
ebrei
italiani
del
campo
di
concentramento
di
Fossoli
.
Il
libro
si
apre
appunto
colla
scena
della
partenza
da
Fossoli
,
scena
d
'
una
apertura
biblica
(
vedi
l
'
episodio
del
vecchio
Gattegno
)
e
in
cui
già
si
sente
quel
peso
di
rassegnazione
di
popolo
ramingo
sulla
terra
da
secoli
e
secoli
che
peserà
su
tutto
il
libro
.
Poi
,
il
viaggio
,
l
'
arrivo
ad
Auschwitz
,
e
,
altra
scena
di
struggente
potenza
,
la
separazione
degli
uomini
dalle
donne
e
dai
bambini
,
di
cui
mai
più
sapranno
nulla
.
Poi
la
vita
del
campo
:
Levi
non
si
limita
a
lasciare
parlare
i
fatti
,
li
commenta
senza
forzar
mai
la
voce
e
pure
senza
accenti
di
studiata
freddezza
.
Studia
con
una
pacatezza
accorata
cosa
resta
di
umano
in
chi
è
sottoposto
a
una
prova
che
di
umano
non
ha
nulla
.
Null
-
Achtzen
,
«
zero
-
diciotto
»
,
il
suo
compagno
di
lavoro
che
ormai
è
come
un
automa
che
non
reagisce
più
e
marcia
senza
ribellarsi
verso
la
morte
,
è
il
tipo
umano
cui
i
più
si
modellano
,
in
quel
lento
processo
d
'
annientamento
morale
e
fisico
che
porta
inevitabilmente
alle
camere
a
gas
.
Suo
termine
antitetico
è
il
«
Prominenten
»
,
il
privilegiato
,
l
'
uomo
che
si
«
organizza
»
che
riesce
a
trovare
il
modo
di
aumentare
il
suo
cibo
quotidiano
di
quel
tanto
che
basta
per
non
esser
eliminato
,
che
riesce
ad
acquistare
una
posizione
di
predominio
sugli
altri
e
a
vivere
sulla
rovina
altrui
;
tutte
le
sue
facoltà
sono
tese
a
uno
scopo
elementare
e
supremo
:
sopravvivere
.
Le
figure
che
Levi
ci
disegna
sono
dei
veri
e
propri
personaggi
con
una
compiuta
psicologia
:
l
'
ingegner
Alfred
L
.
che
continua
a
mantenere
tra
i
compagni
di
sofferenze
la
posizione
di
predominio
che
ha
sempre
tenuto
nella
vita
sociale
,
e
quell
'
assurdo
Elias
,
che
sembra
nato
dal
fango
del
Lager
e
che
è
impossibile
immaginare
come
uomo
libero
,
e
quell
'
agghiacciante
personaggio
del
dottor
Pannwitz
,
personificazione
del
fanatismo
scientifico
del
germanesimo
.
Certe
scene
raccontate
dal
Levi
ci
ricostruiscono
tutta
un
'
atmosfera
e
un
mondo
:
il
suono
della
banda
musicale
che
accompagna
ogni
mattina
i
forzati
al
lavoro
,
fantomatico
simbolo
di
quella
geometrica
follia
;
e
le
notti
angosciose
nella
stretta
cuccetta
,
coi
piedi
del
compagno
vicino
al
volto
;
e
la
terribile
scena
della
scelta
degli
uomini
da
mandare
alle
camere
a
gas
,
e
quella
dell
'
impiccagione
di
chi
,
in
quell
'
inferno
di
rassegnazione
e
di
annientamento
,
trova
ancora
il
coraggio
di
cospirare
e
di
resistere
,
con
quel
grido
sulla
forca
:
«
Kamaraden
,
ich
bin
der
Letzte
!
»
.
Compagni
,
io
sono
l
'
ultimo
!
StampaQuotidiana ,
Sabato
,
ore
10,30
Siamo
da
mezz
'
ora
in
territorio
sovietico
,
a
Cop
,
stazione
di
confine
.
Prendiamo
posto
nel
treno
che
ci
porterà
a
Mosca
.
Il
sole
è
pallido
.
Erano
le
8
e
mezzo
ma
qui
cambia
fuso
orario
.
Infreddolito
e
assonnato
,
mi
rallegro
delle
cuccette
,
del
caldo
,
dell
'
aria
casalinga
degli
scompartimenti
,
con
l
'
abat
-
jour
sul
tavolino
e
le
tendine
bianche
.
Nel
binario
vicino
,
su
un
vagone
merci
,
vedo
due
ragazze
-
forse
contadine
che
caricano
sacchi
-
col
fazzoletto
in
testa
,
i
giacconi
imbottiti
e
gli
stivali
.
Guardano
e
ridono
.
Sono
le
prime
ragazze
sovietiche
che
incontro
;
il
buon
giorno
si
vede
dal
mattino
.
Ore
16
I
compagni
che
vogliono
già
capire
il
socialismo
dai
finestrini
del
treno
(
«
Un
trattore
!
Là
un
silos
!
Una
casetta
con
le
bandiere
e
i
quadri
di
Lenin
e
Stalin
!
»
)
sono
troppo
impazienti
.
Siamo
ancora
nelle
terre
da
poco
ricongiunte
all
'U.R.S.S
.
Quel
che
m
'
interessa
di
vedere
è
il
socialismo
adulto
,
il
socialismo
che
sta
per
compiere
trentaquattr
'
anni
.
Ma
questo
paesaggio
che
ci
scorre
monotono
sotto
gli
occhi
-
da
quando
abbiamo
lasciato
le
zone
di
fitti
boschi
e
solo
una
stretta
cintura
d
'
alberi
accompagna
il
terrapieno
sabbioso
del
treno
-
è
pure
un
elemento
importante
,
da
non
dimenticare
mai
di
fronte
alle
cose
che
vedremo
poi
;
la
distesa
sterminata
della
campagna
,
questa
nuda
immensità
di
terra
in
cui
la
civiltà
russa
affonda
le
radici
.
Ore
21
Il
treno
si
rivela
il
terreno
di
scoperte
più
interessante
.
Al
nostro
vagone
sono
addetti
una
ferroviera
e
un
ferroviere
.
La
donna
ci
prepara
il
tè
.
Il
samovar
è
in
fondo
al
corridoio
;
non
ha
nulla
in
comune
con
l
'
immagine
che
mi
ero
fatta
di
un
samovar
:
è
una
specie
di
scaldabagno
a
carbone
.
Per
passare
al
vagone
ristorante
dobbiamo
attraversare
alcuni
altri
vagoni
.
Ce
n
'
è
di
quelli
uguali
al
nostro
,
e
di
quelli
senza
una
vera
e
propria
divisione
in
scompartimenti
,
ma
pure
a
cuccette
.
Molti
dei
viaggiatori
hanno
l
'
aria
di
contadini
,
sia
in
prima
che
in
seconda
;
e
in
entrambe
le
classi
si
può
incontrare
sia
ufficiali
che
soldati
.
Certo
,
la
seconda
m
'
attrae
di
più
,
con
quell
'
aria
più
movimentata
,
pacchi
e
fagotti
e
ceste
,
vecchiette
e
bambini
e
barbe
bianche
,
gente
che
dorme
con
gli
stivali
di
feltro
che
sporgono
nel
corridoio
,
gente
che
mangia
,
gente
che
canta
,
gente
che
legge
(
pochi
giornali
,
molti
libri
:
il
contrario
che
da
noi
)
.
È
il
primo
tuffo
nell
'
umanità
sovietica
;
mi
par
di
riconoscere
qualcosa
che
già
sapevo
,
ritrovo
quel
sapore
di
vecchia
Russia
imparato
sui
libri
;
perfino
l
'
odore
dolciastro
dei
cibi
mi
sembra
subito
inconfondibile
,
ed
è
la
prima
volta
che
lo
sento
.
Sarà
quel
caldo
senso
d
'
umanità
che
abbiamo
scoperto
leggendo
Tolstoj
e
Dostojevskij
,
che
ora
misi
ripresenta
con
la
stessa
immagine
:
il
popolo
russo
?
Ma
questi
probabilmente
sono
colcosiani
che
vanno
nella
città
vicina
per
affari
della
loro
azienda
:
di
quanto
saranno
diversi
dal
popolo
russo
d
'
una
volta
?
Non
posso
ancora
dirlo
.
Certo
,
a
quei
tempi
viaggiavano
di
meno
;
e
non
c
'
era
tanta
gente
che
leggeva
libri
in
treno
;
e
forse
anche
quel
sorriso
d
'
intesa
che
ci
fanno
,
vedendoci
stranieri
,
è
un
fatto
nuovo
.
Bisognerebbe
chiederlo
a
quei
due
vecchietti
,
marito
e
moglie
,
che
con
calma
e
diligenza
stanno
spolpando
un
'
oca
.
Ore
23
Il
primo
benvenuto
della
gioventù
sovietica
l
'
abbiamo
avuto
alla
stazione
di
Lvov
(
l
'
antica
Leopoli
)
.
Un
centinaio
di
ragazze
del
Komsomol
erano
sulla
banchina
ad
aspettarci
.
Il
vagone
s
'
è
riempito
di
mazzi
di
fiori
.
Ragazze
semplici
,
non
dipinte
,
allegre
.
Confermano
le
impressioni
sulle
ragazze
sovietiche
che
già
avevo
sentito
da
altri
,
ma
non
c
'
è
per
nulla
un
tipo
di
ragazza
standardizzato
.
Una
parla
spagnolo
,
e
un
po
'
possiamo
capirci
.
Ma
lei
ne
chiama
un
'
altra
che
parla
pure
lo
spagnolo
,
e
un
'
altra
ancora
.
C
'
è
pieno
di
ragazze
che
parlano
spagnolo
,
a
Lvov
;
ora
da
questa
piccola
folla
sorridente
si
leva
un
brusio
di
desinenze
sibilanti
.
All
'
Istituto
di
Filologia
di
Lvov
c
'
è
un
corso
di
spagnolo
che
dev
'
essere
di
gran
voga
tra
le
ragazze
.
Ed
ecco
che
nel
gruppo
si
fa
largo
il
professore
:
uno
spagnolino
sui
35
anni
,
dall
'
ossuto
e
ruvido
viso
iberico
;
è
un
ex
combattente
della
Repubblica
,
rifugiato
qua
,
tra
queste
ragazze
con
le
trecce
castane
e
i
manicotti
di
pelliccia
.
Ma
anche
qualche
parola
in
italiano
affiora
sulle
labbra
delle
ragazze
:
parole
di
canzoni
.
Ecco
che
si
mettono
a
cantare
Sul
mare
luccica
...
in
italiano
.
Facciamo
coro
,
ma
alla
seconda
strofa
non
possiamo
più
tener
loro
dietro
;
nessuno
di
noi
sa
tutte
le
parole
di
Santa
Lucia
.
Loro
sì
:
continuano
a
cantare
,
in
italiano
,
fino
alla
fine
.
Domenica
,
ore
10
Ormai
posso
dire
di
conoscere
la
fisionomia
della
piccola
città
sovietica
.
È
da
ieri
che
il
treno
continua
a
passarne
in
rassegna
.
La
stazioncina
con
gli
striscioni
rossi
dove
c
'
è
la
parola
Mir
:
pace
,
il
giardinetto
con
un
bianco
monumento
a
Stalin
,
le
case
basse
,
a
un
piano
,
in
muratura
o
di
legno
,
che
spuntano
tra
il
verde
.
Ricordo
quel
bel
libro
di
Ilf
e
Petrov
,
un
viaggio
di
due
sovietici
in
America
;
il
titolo
russo
era
:
America
a
un
piano
.
Capisco
ora
che
il
senso
del
libro
era
cercare
nell
'
America
provinciale
gli
aspetti
più
familiari
ai
russi
:
le
piccole
città
sovietiche
e
quelle
americane
hanno
in
comune
quest
'
amore
per
le
piccole
case
a
un
piano
,
ciascuna
col
giardinetto
intorno
e
lo
steccato
.
Ore
14
La
donna
che
dirige
il
vagone
ristorante
è
un
bel
tipo
di
russa
.
Alta
,
castana
,
con
una
faccia
bella
e
fiera
,
un
corpo
in
cui
il
petto
grande
e
i
fianchi
stretti
accentuano
l
'
aria
risoluta
.
Veste
un
lungo
golf
di
lana
come
fosse
in
casa
.
Lancia
occhiate
severe
:
ieri
,
quando
ha
visto
che
nessuno
di
noi
riusciva
a
mangiare
la
rossa
zuppa
ucraina
,
pareva
allarmata
.
Oggi
che
facciamo
festa
ai
piatti
tutti
più
o
meno
di
nostro
gusto
,
l
'
ho
vista
sorridere
per
la
prima
volta
.
Ho
idea
che
qui
siano
le
donne
a
comandare
tutto
.
Nel
nostro
vagone
,
è
la
ferroviera
,
quella
donnetta
nera
,
che
comanda
;
il
ferroviere
ha
solo
mansioni
subalterne
.
Ore
16,20
Abbiamo
lasciato
Kiev
,
la
prima
grande
città
sovietica
incontrata
sul
nostro
percorso
.
Bella
,
piena
di
verde
,
Kiev
si
estende
su
una
gobba
di
collina
con
grandi
palazzi
nuovi
e
antichi
.
E
ora
abbiamo
passato
il
Dnieper
e
i
cantieri
che
ricostruiscono
i
ponti
distrutti
dalla
guerra
.
È
difficile
vedere
ancora
tracce
della
guerra
,
tranne
che
ai
fiumi
,
dove
accanto
al
ponte
nuovo
affiorano
i
resti
dei
vecchi
piloni
.
Dopo
il
Dnieper
,
in
uno
di
questi
villaggi
di
casette
a
un
piano
e
orticelli
,
vedo
un
ballo
all
'
aperto
,
in
un
recinto
zeppo
di
donne
nere
con
fazzoletti
gialli
e
rossi
che
saltano
.
Forse
è
una
«
balera
»
campagnola
,
forse
è
una
festa
di
nozze
nel
giardinetto
d
'
una
casa
privata
.
Continuiamo
a
traversare
corsi
d
'
acqua
,
braccia
del
Dnieper
,
o
affluenti
,
ove
í
pescatori
affondano
le
lenze
.
Stamane
ho
visto
diversi
cacciatori
.
Ora
entriamo
in
una
zona
industriale
,
tra
cumuli
di
carbone
e
grandi
gru
.
Ore
22
Le
nostre
traversate
per
arrivare
al
vagone
ristorante
non
sono
prive
di
pericoli
.
Bisogna
tirar
dritto
e
non
fermarsi
mai
,
soprattutto
vicino
ai
posti
dei
marinai
.
I
marinai
appena
riescono
a
scambiar
qualche
saluto
con
uno
di
noi
,
quello
non
se
n
'
è
ancora
accorto
e
ha
già
la
bocca
piena
di
lardo
,
una
forchetta
con
un
salsicciotto
in
una
mano
e
un
bicchiere
di
vodka
nell
'
altra
.
E
lì
bisogna
tracannare
d
'
un
fiato
.
Cominciano
i
brindisi
:
a
Stalin
,
a
Togliatti
;
come
si
può
non
brindare
?
I
marinai
calcolano
tutto
sul
loro
metro
;
ma
per
noi
è
una
sbornia
sicura
.
Quindi
,
appena
vedi
un
berretto
di
marinaio
:
«
Sdradstvo
,
tovàric
»
e
passa
al
largo
.
Lunedì
Ci
svegliamo
nella
Repubblica
Socialista
Federativa
Sovietica
Russa
.
Dietro
un
trattore
la
terra
verde
diventa
bruna
.
Uno
sciame
d
'
uccelli
segue
il
trattore
e
si
butta
sulla
terra
appena
smossa
.
Ore
9,30
Finalmente
a
Mosca
!
Il
grattacielo
della
nuova
Università
,
quasi
finito
,
ci
dà
il
benvenuto
.
Pomeriggio
Dal
settimo
piano
dell
'
Hôtel
Mosca
,
guardiamo
le
guglie
del
Cremlino
,
la
torre
dell
'
orologio
,
e
laggiù
le
cupole
del
duomo
di
Basilio
.
Victor
Stepanovic
,
un
compagno
sovietico
che
accompagnerà
la
nostra
delegazione
,
ci
indica
dall
'
alto
i
vari
monumenti
.
Giù
nel
cortile
dell
'
albergo
passa
un
gatto
.
«
I
gatti
devono
essere
uguali
anche
da
voi
»
,
dice
Victor
Stepanovic
.
Penso
che
diventeremo
amici
.
StampaQuotidiana ,
«
Mosca
non
è
bella
,
Kiev
sì
che
è
bella
»
,
ci
aveva
detto
un
sovietico
,
in
treno
.
Naturalmente
,
era
uno
di
Kiev
.
Non
so
ancora
dire
se
Mosca
mi
piaccia
o
no
,
-
sono
arrivato
da
poche
ore
,
-
ma
so
,
da
questo
momento
,
che
di
Piazza
Rossa
ce
ne
può
essere
una
sola
.
È
una
gran
piazza
lunghissima
,
un
po
'
in
salita
,
A
destra
,
dietro
le
alte
mura
rossicce
,
c
'
è
il
Cremlino
giallo
,
e
sotto
le
mura
il
mausoleo
di
Lenin
rosso
cupo
.
Il
fondale
della
piazza
e
San
Basilio
,
l
'
edificio
più
fantasioso
e
colorato
e
asimmetrico
che
mai
si
sia
visto
,
una
specie
di
carciofo
di
torri
e
cupole
tutte
diverse
per
altezza
,
forma
e
colore
,
eppure
inspiegabilmente
perfetto
.
Vicino
c
'
è
un
palco
tondo
e
basso
,
si
direbbe
un
chiostro
per
la
banda
musicale
,
invece
è
il
palco
dove
gli
zar
facevano
decapitare
i
condannati
.
Tutto
il
resto
,
-
il
grande
palazzo
grigio
a
portici
dirimpetto
al
Cremlino
,
i
due
edifici
rossi
che
fanti
no
da
quinte
d
'
entrata
alla
piazza
,
quello
del
museo
Lenin
e
quello
assai
bello
del
museo
Storico
-
è
tardo
Ottocento
ma
d
'
un
angoloso
stile
russo
per
nulla
ottocentesco
.
I
viaggiatori
che
hanno
qualche
ora
da
passare
a
Mosca
tra
un
treno
e
l
'
altro
,
vengono
sulla
Piazza
Rossa
accompagnati
da
ciceroni
.
Questi
ciceroni
sono
quasi
sempre
donne
,
specializzate
nell
'
organizzare
comitive
di
viaggiatori
alla
stazione
,
guidarli
in
un
veloce
giro
per
Mosca
,
e
riportarli
al
loro
treno
.
Nei
capannelli
fermi
sulla
Piazza
Rossa
,
intorno
alla
signora
che
fa
la
sua
lezione
,
vedo
vecchi
contadini
,
e
kirghisi
col
berrettino
bianco
e
nero
,
e
gialli
soldati
dell
'
Estremo
Oriente
sovietico
.
Dal
ponte
sulla
Moscova
,
guardo
un
grattacielo
in
costruzione
profilarsi
nella
fredda
bruma
della
sera
.
Stanno
costruendo
grattacieli
dappertutto
,
a
Mosca
.
L
'
interprete
Vitalij
dice
:
«
Non
grattacielo
.
Case
-
a
-
molti
-
piani
.
Noi
le
chiamiamo
case
-
a
-
molti
-
piani
»
.
Il
paradosso
americano
a
contrasto
con
l
'
assennata
tranquillità
dei
sovietici
.
Forse
d
'
ora
innanzi
,
ogni
volta
che
sentirò
dire
:
Cremlino
,
penserò
a
questo
lungo
fiume
alberato
,
sotto
le
mura
turrite
,
ai
campanili
dalle
rotonde
cuspidi
verdi
e
dorate
che
fanno
capolino
sopra
i
merli
.
Il
più
bravo
dei
nostri
tre
interpreti
è
una
ragazza
,
T.G.
,
studentessa
d
'
italiano
all
'
Istituto
di
Filologia
.
Le
piacciono
Verga
e
Fogazzaro
.
Le
dico
che
a
me
Fogazzaro
non
piace
.
Risponde
:
«
Per
la
lingua
.
Mi
piace
per
la
lingua
»
.
Ha
letto
anche
Carlo
Levi
.
È
stata
anni
fa
a
Firenze
,
Roma
e
Napoli
in
viaggio
di
piacere
coi
genitori
.
«
Ma
queste
facce
le
conosciamo
»
,
diciamo
,
vedendo
i
cartelloni
dei
cinema
.
Difatti
il
film
che
danno
è
intitolato
Sotto
il
cielo
di
Sicilia
,
e
dopo
una
sommaria
indagine
scopriamo
che
è
il
nostro
In
nome
della
legge
.
È
il
primo
giorno
che
lo
danno
e
non
sappiamo
ancora
cosa
ne
dicono
i
sovietici
.
È
appena
finito
il
festival
del
film
cinese
;
fino
a
ieri
i
principali
cinema
sovietici
hanno
presentato
tutti
i
film
cinesi
più
recenti
.
Da
oggi
il
circuito
dei
cinema
di
prima
visione
dà
In
nome
della
legge
.
A
ogni
cinema
vediamo
enormi
cartelloni
con
Girotti
,
Charles
Vanel
,
la
Salinas
;
a
ogni
cantone
c
'
è
un
manifesto
di
Girotti
col
cappello
calato
sugli
occhi
.
Giriamo
a
piedi
per
via
Gorki
piena
di
gente
.
È
l
'
ora
in
cui
la
gente
esce
dal
lavoro
e
affolla
i
negozi
del
centro
.
È
una
sera
d
'
ottobre
qualsiasi
e
sembra
Natale
:
i
grandi
magazzini
dai
lampioni
luccicanti
,
i
«
Gastronom
»
dalle
fastose
decorazioni
di
pesci
e
bovi
,
inghiottono
nere
file
di
gente
che
va
e
viene
per
le
scalee
dalle
marmoree
balaustre
;
la
gente
è
incappottata
,
cortese
e
in
gran
daffare
come
sotto
le
feste
.
Ma
cos
'
ha
questa
gente
di
così
diverso
dall
'
altra
gente
che
stasera
passa
per
le
vie
del
centro
di
Milano
,
di
Vienna
o
di
Parigi
?
Alla
prima
occhiata
,
capisco
subito
che
qui
c
'
è
una
società
diversa
,
sento
la
presenza
d
'
un
elemento
nuovo
:
l
'
uguaglianza
.
Non
l
'
uniformità
,
sono
tipi
molto
diversi
uno
dall
'
altro
;
ma
l
'
uguaglianza
:
non
siamo
nella
«
via
dei
ricchi
»
né
nella
«
via
dei
poveri
»
,
non
posso
fare
i
conti
in
tasca
alla
gente
vedendola
passare
,
e
di
queste
rosee
ragazze
col
cappotto
bordato
di
pelliccia
che
passano
a
tre
,
a
quattro
,
a
braccetto
,
e
di
questi
giovanotti
tutti
col
cappello
in
testa
,
vestiti
di
scuro
,
posso
scoprire
,
a
un
'
occhiata
,
se
sono
intelligenti
,
se
son
buoni
,
-
il
loro
valore
umano
,
insomma
-
ma
non
in
che
cosa
son
nati
e
che
posto
occuperanno
nella
loro
società
.
In
piazza
Puskin
alcuni
passanti
,
vedendoci
stranieri
,
si
fermano
per
salutarci
e
domandarci
donde
veniamo
,
pieni
di
voglia
di
far
quattro
chiacchiere
,
pur
con
l
'
impedimento
delle
diverse
lingue
.
L
'
internazionalismo
è
una
caratteristica
ormai
naturale
e
spontanea
del
costume
sovietico
e
lo
vediamo
saltar
fuori
a
ogni
momento
;
è
un
'
amicizia
istintiva
che
non
ha
niente
a
che
fare
con
l
'
attrazione
per
l
'
esotico
o
l
'
eccentrico
,
ma
tende
a
ritrovare
nella
gente
più
diversa
il
fondo
comune
,
a
riconoscere
la
comune
matrice
popolare
sotto
le
infinite
forme
in
cui
s
'
esprime
nelle
varie
nazionalità
.
Mosca
,
da
questo
punto
di
vista
,
è
un
buon
punto
d
'
osservazione
,
col
suo
andirivieni
di
delegazioni
da
tutto
il
mondo
.
Da
agosto
di
quest
'
anno
c
'
è
un
continuo
incrociarsi
di
delegazioni
di
giovani
dei
paesi
più
lontani
,
dal
Brasile
all
'
Australia
,
che
,
venute
in
Europa
per
il
Festival
di
Berlino
,
hanno
prolungato
il
viaggio
,
invitate
dalle
democrazie
popolari
e
dall
'
Unione
Sovietica
.
Per
via
Gorki
c
'
imbattiamo
in
un
gruppo
di
indiani
.
Ci
guardiamo
con
un
ammicco
d
'
intesa
come
tra
compatrioti
.
Ma
la
gran
stazione
di
smistamento
delle
delegazioni
,
è
l
'
Hôtel
Mosca
.
Per
i
corridoi
,
gli
ascensori
,
nella
gran
sala
da
pranzo
,
passano
a
ondate
cinesi
,
cechi
,
vietnamiti
,
svedesi
,
coreani
,
passano
gruppi
di
sovietici
dell
'
Est
dai
socchiusi
occhi
orientali
e
dalle
bianche
camicie
bordate
di
ricami
rossi
.
StampaQuotidiana ,
È
notte
.
Dalla
finestra
della
mia
camera
d
'
albergo
si
vedono
le
stelle
rosse
illuminate
del
Cremlino
.
Apro
l
'
altoparlante
che
c
'
è
in
ogni
camera
;
la
spina
può
essere
innestata
in
tre
prese
che
corrispondono
a
tre
stazioni
.
Guardo
le
finestre
illuminate
nelle
case
;
giù
nel
cortile
una
fila
di
carretti
dei
gelati
che
attendono
d
'
uscire
l
'
indomani
.
Sono
a
Mosca
da
dodici
ore
;
ci
ho
capito
ancora
poco
.
Case
di
legno
vicino
ai
grattacieli
,
gente
nerovestita
che
con
questo
freddo
mangia
gelati
per
le
strade
,
vie
piene
di
librerie
e
di
farmacie
,
i
negozi
d
'
alimentari
con
la
roba
finta
in
vetrina
,
case
di
otto
piani
che
per
allargar
la
strada
vengono
spostate
la
notte
mentre
gli
abitanti
dormono
...
Ci
capisco
ancora
poco
.
Martedì
mattina
Le
grandi
vie
di
Mosca
piene
d
'
automobili
d
'
ogni
forma
e
dimensione
,
dai
Moskovic
agli
«
Zis
»
,
di
autobus
gialli
e
rossi
,
di
camioncini
dei
panettieri
e
dei
lattai
,
di
tassì
grigi
con
la
striscia
a
scacchi
bianchi
e
neri
.
Le
auto
di
proprietà
privata
si
distinguono
dalla
targa
;
perché
dopo
1'«M»
(
Mosca
)
hanno
una
«
I
»
(
individuale
)
.
Le
auto
sovietiche
non
hanno
nulla
da
invidiare
alle
americane
,
in
quanto
a
lusso
e
modernità
di
linea
.
Ma
direi
che
hanno
l
'
aria
meno
tronfia
.
Forse
è
che
in
queste
strade
il
vero
padrone
è
il
pedone
,
non
l
'
automobilista
.
Le
regole
di
circolazione
-
mi
spiegano
-
sono
molto
severe
per
le
auto
.
Per
i
pedoni
no
,
mi
sembra
,
visto
che
attraversano
col
semaforo
rosso
e
le
auto
si
guardano
bene
dall
'
andar
loro
addosso
.
Mi
spiegano
che
qui
aver
la
patente
è
una
faccenda
seria
.
L
'
esame
è
severissimo
;
e
quando
uno
l
'
ha
ottenuta
deve
stare
attento
a
non
perderla
.
La
patente
ha
tre
fogli
;
se
uno
ha
un
incidente
gli
ritirano
il
primo
;
se
ha
un
altro
incidente
il
secondo
,
al
terzo
perde
la
patente
.
In
mezzo
alla
via
c
'
è
sempre
un
corridoio
delimitato
da
strisce
bianche
che
le
auto
non
possono
attraversare
.
In
autobus
,
ci
sembra
di
esser
partiti
da
un
bel
po
'
,
quando
ci
ritroviamo
di
fronte
all
'
albergo
;
per
passare
dall
'
altra
parte
della
via
,
abbiamo
dovuto
fare
tutto
un
giro
.
Ogni
mattina
passa
un
'
autospazzolatrice
a
spolverare
con
lo
spazzolone
rotante
i
segnali
bianchi
sull
'
asfalto
.
Ore
12,30
Sono
sui
monti
Lenin
(
la
collina
dei
Passeri
,
di
napoleonica
memoria
)
.
È
una
bella
giornata
;
a
Mosca
pare
non
ci
sia
quasi
mai
nebbia
,
la
vista
è
appena
appannata
in
lontananza
dall
'
aria
umida
autunnale
.
Già
vedo
la
Moscova
color
d
'
acciaio
e
al
di
là
,
estendersi
Mosca
.
I
quartieri
più
vicini
sono
di
legno
,
a
un
piano
,
casette
,
baracche
,
piccole
officine
(
segherie
,
autorimesse
)
e
,
proprio
accanto
quartieri
di
grandi
palazzi
nuovi
,
dall
'
aspetto
sontuoso
e
lustro
;
e
così
è
tutta
la
città
sterminata
;
una
scacchiera
di
vecchio
e
nuovo
,
d
'
alto
e
di
basso
,
di
zone
in
costruzione
e
di
zone
in
demolizione
.
In
mezzo
a
tutto
spuntano
le
ciminiere
delle
fabbriche
,
e
,
smisuratamente
alti
,
i
grattacieli
.
A
star
qui
penso
si
possa
vedere
Mosca
trasformarsi
sotto
gli
occhi
.
Anno
per
anno
aree
sterminate
di
casette
a
un
piano
scompaiono
,
e
gli
abitanti
passano
nei
grandi
isolati
in
muratura
che
hanno
visto
spuntare
giorno
per
giorno
lì
vicino
.
Comincio
a
capire
come
va
guardata
l
'U.R.S.S.:
come
un
mondo
che
non
sta
mai
fermo
e
di
cui
non
puoi
mai
dire
:
«
è
così
»
,
perché
sempre
vedi
insieme
com
'
era
e
come
sta
diventando
e
come
diventerà
.
Dietro
di
noi
,
solo
solo
,
lì
sui
colli
,
il
grattacielo
più
grande
di
tutti
-
32
piani
-
quello
dell
'
Università
,
che
,
cominciato
a
costruire
l
'
anno
scorso
,
sta
già
per
essere
finito
.
Con
la
sua
bianchezza
quasi
d
'
avorio
,
(
io
ricordo
le
città
del
duemila
nelle
figure
dei
libri
da
ragazzo
)
,
ha
un
'
aria
un
po
'
irreale
e
fuori
del
tempo
,
come
un
anticipo
di
età
ancora
da
venire
.
Invece
è
già
tutto
fissato
nel
piano
di
ricostruzione
:
attorno
all
'
Università
,
su
questi
colli
,
sorgerà
un
nuovo
quartiere
di
Mosca
,
tutto
marmoreo
e
verde
.
Sempre
sui
monti
Lenin
.
Due
ragazzetti
se
ne
scendono
per
un
sentiero
con
gli
sci
sulle
spalle
.
Vanno
a
sciare
sull
'
erba
.
Mi
sento
tutt
'
a
un
tratto
molto
allegro
.
Queste
casette
di
legno
non
sono
mica
brutte
,
però
.
Ci
sono
tra
loro
anche
molte
villette
civettuole
,
con
la
veranda
davanti
,
con
cornici
di
legno
traforato
alle
finestre
.
Sul
davanzale
,
tra
i
doppi
vetri
-
ma
questo
quasi
sempre
,
in
tutte
-
piante
da
fiore
in
vaso
.
Qualcosa
tra
lo
châlet
e
il
cottage
;
dello
châlet
hanno
l
'
aria
nordica
e
nevosa
,
mentre
il
giardinetto
intorno
,
cintato
da
un
basso
steccato
,
accentua
il
ricordo
anglosassone
.
Ma
ecco
che
a
poco
a
poco
mi
vengono
in
mente
riferimenti
di
vecchia
Russia
,
specie
nei
punti
di
Mosca
più
rustici
e
paesani
:
una
suggestione
di
atmosfere
alla
Gorki
.
Ed
è
pure
da
tetti
di
casette
come
queste
che
prendono
il
volo
gli
evasivi
folletti
di
Chagall
.
Sorprendo
in
me
stesso
un
nostalgico
attaccamento
alle
casette
di
legno
.
Ecco
che
mi
scopro
reazionario
;
ecco
che
preferisco
il
vecchio
al
nuovo
,
ecco
in
me
stesso
i
peggiori
vizi
del
turista
che
cerca
solo
il
«
pittoresco
»
;
ecco
che
mi
dispiace
che
le
casette
a
un
piano
scompaiano
e
cedano
il
posto
ai
palazzi
in
muratura
.
Ritrovo
un
punto
d
'
equilibrio
pensando
all
'
amore
dei
sovietici
per
tutto
quello
che
è
tradizione
russa
popolare
;
se
c
'
è
un
paese
«
conservatore
»
in
senso
positivo
,
cioè
non
insensatamente
distruggitore
,
è
questo
.
Certo
gli
orgogliosi
palazzi
di
ferro
e
di
cemento
armato
non
segneranno
la
fine
della
sommessa
,
familiare
gaiezza
della
Russia
dalle
finestrelle
traforate
e
dai
fori
sul
davanzale
.
StampaQuotidiana ,
Ore
18
.
Un
giro
al
metrò
.
Vedremo
solo
quattro
o
cinque
stazioni
d
'
una
linea
,
perché
adesso
comincia
allo
stadio
una
partita
importante
(
qui
giocano
anche
i
giorni
feriali
,
di
pomeriggio
tardi
sul
campo
illuminato
)
,
e
nelle
stazioni
ci
sarà
troppa
ressa
per
compiere
una
visita
di
delegazione
.
Nella
pianta
del
metrò
sono
tracciate
non
solo
le
varie
linee
in
funzione
,
ma
anche
,
in
colore
diverso
,
le
linee
che
saranno
terminate
di
qui
a
un
anno
o
cinque
anni
.
I
sovietici
vivono
sempre
proiettati
per
metà
nel
futuro
;
ognuno
oltre
a
quello
che
ha
,
dispone
di
beni
-
pubblici
o
privati
-
ancora
da
costruire
,
ma
che
sa
certamente
che
verranno
.
Un
tapis
-
roulant
lunghissimo
ci
trasporta
in
luminosi
abissi
sotterranei
.
(
Accanto
a
noi
,
sull
'
altro
tapis
-
roulant
che
sale
,
c
'
è
molta
gente
che
legge
,
anche
libri
)
.
Sto
entrando
nella
città
del
duemila
?
Alle
composite
e
luccicanti
architetture
che
mi
si
parano
dinanzi
,
direi
piuttosto
d
'
essere
a
Ninive
,
a
Babilonia
,
a
Atlantide
.
Fuori
dal
tempo
,
certo
.
Perciò
mi
è
difficile
dare
un
giudizio
,
abituato
come
sono
alla
classificazione
storicistica
degli
stili
,
dei
gusti
,
delle
mode
.
E
non
è
fuori
del
tempo
anche
lo
squallido
e
amichevole
metrò
di
Parigi
?
Ma
con
quello
trovo
subito
il
rapporto
ironico
e
affettuoso
che
si
ha
con
le
vecchie
cose
pratiche
e
fin
troppo
familiari
:
qui
,
attraverso
queste
stazioni
ognuna
diversa
dall
'
altra
,
in
questo
spiegamento
di
opulenza
,
di
materiali
e
di
varietà
di
gusti
,
mi
aggiro
spaesato
.
Al
teatro
Bolsciòi
.
Ivan
Susanin
di
Glinka
.
Questa
,
da
noi
,
si
direbbe
un
'
opera
statica
,
senza
azione
,
con
poca
«
scena
»
.
Qui
,
proprio
come
spettacolo
,
è
una
cosa
da
starla
a
guardare
a
bocca
aperta
da
principio
alla
fine
,
e
si
vorrebbe
avere
dieci
occhi
per
non
perdere
nessun
particolare
.
Il
secondo
atto
è
un
ballo
a
corte
:
tutto
un
'
invenzione
,
sulla
trama
musicale
,
di
movimenti
e
figure
di
balletto
,
di
caratterizzazioni
di
personaggi
,
di
caricatura
e
di
dramma
.
Il
balletto
non
è
un
ornamento
per
il
teatro
lirico
russo
,
ma
è
il
fondamento
stesso
dello
spettacolo
.
Messinscena
e
costumi
sono
ricchi
e
curatissimi
,
con
una
attenzione
speciale
-
mi
sembra
-
alla
precisione
della
ricostruzione
storica
,
più
che
allo
«
stile
»
.
Ma
nell
'
epilogo
,
alla
musica
tutta
metallica
e
vibrata
corrisponde
la
coreografia
tutta
brevi
lampeggiamenti
e
scintillii
di
corazze
e
di
elmi
.
Gli
italiani
come
me
che
non
capiscono
niente
di
musica
non
dovrebbero
mai
andare
all
'
estero
,
pena
il
far
brutte
figure
tutti
i
momenti
.
V
.
Stepanovic
è
appassionatissimo
di
musica
,
invece
,
e
vorrebbe
discutere
;
io
non
posso
che
trincerarmi
dietro
la
mia
ignoranza
.
V
.
mi
parla
di
certi
giovani
compositori
sovietici
a
parer
suo
interessantissimi
.
I
pareri
di
V
.
sulla
musica
classica
e
moderna
sono
dissimili
da
quelli
più
noti
della
critica
sovietica
,
ma
lui
è
sempre
caloroso
e
vivace
.
V
.
è
studioso
di
storia
e
diritto
internazionale
,
e
parla
un
ottimo
francese
.
Sua
moglie
è
una
violoncellista
assai
nota
e
ora
è
in
Georgia
per
una
serie
di
concerti
.
Unità
della
cultura
russa
.
L
'
Ivan
Susanin
di
Glinka
è
un
'
opera
dell
'
Ottocento
d
'
ispirazione
fondamentalmente
politica
e
popolare
.
Rientra
perpetuamente
nei
criteri
dell
'
arte
sovietica
d
'
oggi
.
Tra
lo
spirito
di
Glinka
e
quello
degli
artisti
sovietici
non
c
'
è
un
salto
:
rientrano
entrambi
in
una
stessa
linea
.
L
'
ispirazione
politica
è
uno
dei
principali
filoni
della
tradizione
culturale
russa
.
Per
quanto
lo
spettacolo
mi
attragga
moltissimo
,
alle
volte
mi
sorprendo
con
lo
sguardo
rivolto
al
pubblico
.
È
un
pubblico
ben
diverso
da
tutti
gli
altri
,
come
la
gente
per
le
strade
;
e
difficile
da
definire
sinteticamente
,
perché
è
fatto
di
centomila
tipi
.
Forse
chi
dà
il
tono
sono
queste
ragazze
non
dipinte
,
molte
con
le
trecce
,
con
le
camicette
di
seta
artificiale
bianche
o
a
fiorellini
,
coi
vestitucci
di
lana
;
ma
questo
è
ancora
dir
niente
perché
si
potrebbe
pensare
che
abbiano
un
'
aria
bigotta
,
o
puritana
,
o
noiosa
,
o
provinciale
:
invece
sono
tipi
svegli
e
attentissimi
,
sguardi
trepidi
e
pur
semplici
;
un
'
aria
da
studentesse
d
'
altri
tempi
;
un
'
aria
insieme
intellettuale
e
campagnola
;
e
,
naturalmente
,
un
'
aria
russa
.
Questo
tipo
tra
l
'
intellettuale
e
il
campagnolo
si
ritrova
anche
tra
i
giovanotti
,
-
in
molti
degli
operai
-
in
certi
tipi
biondi
dalle
spalle
spesse
,
con
un
loro
modo
di
pettinarsi
,
di
portare
la
giacca
a
doppio
petto
,
il
colletto
della
camicia
;
spesso
ineleganti
ma
tutti
misura
e
compostezza
.
Mica
che
tutti
siano
così
,
però
:
tutt
'
altro
.
Di
classici
tipi
dell
'
«
intellighenzia
»
russa
se
ne
vedono
parecchi
,
specie
tra
le
donne
,
altere
e
occhialute
.
Nella
stessa
fila
di
poltrone
puoi
vedere
una
signora
vestita
con
cura
e
distinzione
e
semplice
buon
gusto
,
un
uomo
col
giubbotto
con
le
cerniere
lampo
che
certo
è
uscito
di
fabbrica
mezz
'
ora
fa
,
una
donnona
dipinta
con
l
'
abito
da
sera
e
i
gioielli
(
che
però
non
ha
affatto
l
'
aria
di
appartenere
a
una
nuova
borghesia
,
come
dicono
certi
giornalisti
,
ma
l
'
aspetto
d
'
una
brava
lavoratrice
dalle
ambizioni
un
po
'
ingenue
)
,
un
vecchietto
alla
Cecov
in
colletto
duro
e
con
una
decorazione
all
'
occhiello
.
Nessuno
-
questo
è
il
punto
-
ha
l
'
aria
di
sentirsi
a
disagio
rispetto
agli
altri
;
né
perché
è
vestito
troppo
male
né
perché
è
vestito
troppo
bene
.
Ecco
che
vengo
precisando
quell
'
impressione
di
«
uguaglianza
»
che
ho
avvertito
ieri
:
«
uguaglianza
»
vuol
dire
sentirsi
sempre
a
proprio
agio
,
di
fronte
a
chicchessia
.
Incontrandosi
,
prendendo
posto
nella
propria
poltrona
,
si
trattano
con
cordialità
e
cortesia
,
pur
non
conoscendosi
;
e
sempre
si
rivolgono
l
'
un
l
'
altro
-
uomini
e
donne
-
col
tovàric
(
compagno
)
.
StampaQuotidiana ,
Mosca
,
mercoledì
mattina
-
Un
grande
tappeto
dell
'
Azerbaigian
ci
dà
il
benvenuto
nella
mostra
dei
doni
a
Stalin
per
il
suo
70°
compleanno
.
Il
vederlo
mi
rallegra
perché
1'Azerbaigian
è
la
repubblica
sovietica
extra
-
europea
che
la
nostra
delegazione
ha
in
programma
di
visitare
,
e
il
tappeto
mi
schiude
un
mondo
orientale
ricco
e
fascinoso
.
Nel
tappeto
i
tradizionali
disegni
arabescati
incorniciano
scenette
colorate
sull
'
attività
rivoluzionaria
di
Stalin
nel
Caucaso
,
e
vedute
dell
'
Azerbaigian
.
I
quadretti
sono
70
,
i
colori
sono
70
,
il
tappeto
è
stato
tessuto
da
70
artigiani
,
non
so
più
cosa
ancora
sono
70
,
per
ricordare
il
70°
compleanno
.
I
doni
giunti
da
tutto
il
mondo
sono
raccolti
in
questo
museo
di
Mosca
;
e
a
chi
si
reca
in
U.R.S.S.
per
la
prima
volta
consiglio
di
dedicargli
una
delle
prime
visite
,
particolarmente
alle
molte
sale
dei
doni
sovietici
.
Perché
si
tratta
di
un
museo
d
'
artigianato
di
tutte
le
Repubbliche
dell
'
Unione
,
con
gli
oggetti
più
vari
,
pittoreschi
e
preziosi
di
ogni
paese
,
e
mi
sembra
che
possa
servire
da
chiave
per
rendersi
conto
del
terreno
popolare
e
artigiano
in
cui
la
cultura
sovietica
,
l
'
arte
,
il
gusto
dei
sovietici
affondano
le
radici
;
e
per
scoprire
il
legame
con
la
tradizione
e
il
folklore
,
del
loro
amore
per
tutto
ciò
che
è
ricco
ed
esuberante
.
Molti
di
questi
oggetti
di
minuta
e
doviziosa
oreficeria
,
di
queste
ornatissime
ceramiche
,
di
questi
sfavillanti
arazzi
,
vengono
da
lontani
colcos
,
dove
pazienti
artigiani
sono
mantenuti
a
spese
della
collettività
perché
abbelliscano
con
le
loro
opere
le
case
e
perpetuino
antiche
tradizioni
.
Le
forze
stilistiche
locali
sono
predominanti
;
ma
pure
l
'
intrusione
di
componenti
stilistiche
diverse
,
come
il
realismo
fotografico
delle
effigi
di
Stalin
(
che
talvolta
,
invece
,
sono
più
felicemente
assimilate
allo
stile
nazionale
)
,
non
è
che
un
nuovo
elemento
di
quel
gusto
per
il
composito
,
lo
straricco
che
caratterizza
questa
produzione
.
Il
piacere
dell
'
abilità
artigiana
,
della
tecnica
minuziosa
,
del
«
bel
lavoro
»
,
domina
questi
regali
;
prove
di
bravura
in
onore
di
Stalin
,
piene
d
'
orgoglio
personale
e
regionale
,
fieri
omaggi
al
proprio
capo
.
E
,
insieme
,
c
'
è
l
'
amore
per
i
bei
materiali
,
i
metalli
preziosi
,
più
fini
,
le
belle
pietre
,
i
bei
legni
,
una
gioia
tutta
naturale
e
terrestre
a
provare
le
proprie
capacità
di
lavoro
sul
materiale
migliore
,
a
confrontare
le
virtù
umane
sulle
virtù
delle
cose
.
(
Ecco
,
che
questa
sia
la
via
per
avvicinarmi
a
intendere
lo
spirito
delle
architetture
del
metrò
?
)
Questo
amore
per
il
contatto
manuale
con
le
cose
della
natura
si
nota
anche
nel
gran
numero
di
ritratti
di
Stalin
,
fatti
nei
colcos
delle
varie
repubbliche
coi
materiali
più
strani
:
di
stoffa
,
di
seta
,
di
cotone
,
di
grani
di
tabacco
,
di
cereali
di
varietà
diverse
,
di
semi
di
diverse
piante
,
di
pezzi
di
legno
rosso
,
e
perfino
di
foglie
secche
e
di
penne
d
'
uccelli
.
Ricordo
,
tra
le
tante
sale
dei
paesi
stranieri
,
quella
della
Cina
.
Raffigurato
sulle
sete
,
sui
paramenti
,
sulle
porcellane
,
c
'
è
sempre
la
figura
di
un
vegliardo
dall
'
aria
astuta
,
basso
,
calvo
,
con
una
lunga
barba
bianca
e
una
bozza
in
fronte
.
È
un
personaggio
popolare
cinese
,
e
simboleggia
la
longevità
;
la
prominenza
sulla
fronte
è
simbolo
di
saggezza
.
Pomeriggio
Visita
alla
stazione
sperimentale
dei
piccoli
naturalisti
.
Siamo
alla
periferia
di
Mosca
,
tra
il
verde
.
Nella
casetta
della
direzione
,
tra
piante
in
vaso
e
animali
impagliati
,
ci
riceve
la
direttrice
Macorina
.
I
ragazzi
delle
scuole
di
questa
parte
di
Mosca
,
iscritti
al
circolo
dei
pionieri
naturalisti
,
frequentano
la
stazione
nei
pomeriggi
liberi
.
Si
aggregano
ai
vari
laboratori
:
di
frutticoltura
,
di
cerealicoltura
,
di
giardinaggio
,
di
botanica
,
di
zoologia
,
di
zootecnica
.
I
temi
degli
esperimenti
li
propone
la
direzione
,
ma
anche
alle
volte
l
'
Orto
Botanico
dell
'
Università
o
l
'
Accademia
delle
Scienze
.
Lysenko
in
persona
ha
assegnato
degli
esperimenti
ai
pionieri
.
I
piccoli
naturalisti
hanno
le
loro
feste
tradizionali
;
il
giorno
degli
uccelli
,
la
settimana
dei
giardini
,
ogni
anno
le
feste
del
raccolto
,
e
pure
d
'
estate
le
feste
dei
fiori
.
Ogni
estate
fanno
un
viaggio
di
esplorazione
:
quest
'
anno
sono
stati
al
monte
Altai
.
Giriamo
per
il
campo
.
In
fondo
a
un
'
aiuola
,
tra
i
fiori
,
c
'
è
un
busto
di
Miciurin
,
questo
favoloso
nonnino
con
la
barbetta
e
il
cappellone
.
Intervistiamo
un
ragazzetto
,
caposquadra
dei
frutticoltori
;
ci
parla
del
metodo
della
loro
piantagione
,
peri
e
ciliegi
alternati
in
ogni
filare
,
tra
due
filari
una
fila
di
cespugli
di
rubus
.
Ha
l
'
aria
di
chi
sa
il
fatto
suo
;
è
appena
appena
intimidito
dalla
presenza
di
venti
forestieri
che
lo
stanno
a
sentire
;
si
sente
in
lui
una
punta
d
'
orgoglio
d
'
avere
degli
argomenti
in
cui
la
sa
più
lunga
di
tutti
i
profani
.
Comincia
a
far
buio
;
tra
le
aiuole
e
i
vivai
passa
una
squadra
di
ragazzette
;
sono
quelle
che
coltivano
il
rubus
;
ora
hanno
finito
il
loro
lavoro
e
se
ne
vanno
.
Qualcuna
ha
il
fazzoletto
rosso
dei
pionieri
attorno
al
collo
;
molte
hanno
le
trecce
,
le
calze
lunghe
di
lana
.
Ci
guardano
coi
loro
grandi
e
chiari
occhi
russi
,
curiose
ma
solo
un
poco
,
allegre
,
attente
e
imperturbabili
.
Sento
come
non
mai
di
trovarmi
in
un
mondo
che
va
avanti
con
un
suo
ritmo
naturale
,
lontanissimo
dal
nostro
mondo
inquieto
.
Passiamo
in
rassegna
le
serre
,
il
laboratorio
d
'
orticoltura
in
cui
ci
mostrano
pomodori
di
tutte
le
forme
:
a
cuore
,
a
cubo
,
a
piramide
,
a
biglia
.
Ci
dicono
che
«
la
coltivazione
più
amata
è
il
pomodoro
»
e
il
mio
cuore
di
ligure
gioisce
.
La
serra
delle
piante
ornamentali
mi
riporta
una
ventata
di
sensazioni
della
mia
infanzia
rivierasca
;
ma
là
non
riuscivo
a
collegare
quei
quieti
e
tranquilli
paradisi
vegetali
e
scientifici
col
resto
del
mondo
intorno
;
qui
invece
le
stesse
cose
sono
all
'
apice
di
tutta
una
società
,
una
civiltà
.
Fiancheggiamo
un
piccolo
zoo
di
ragazzi
con
volpi
e
lontre
,
ed
eccoci
tra
gli
allevamenti
dei
conigli
.
Le
piccole
allevatrici
ci
si
fanno
attorno
:
sono
scolarette
di
otto
o
nove
anni
.
La
direttrice
apre
qualche
gabbia
,
per
farci
vedere
le
bestie
.
Una
bambina
corre
via
,
apre
una
gabbia
,
ritorna
con
un
coniglio
dal
lungo
pelo
bianco
tra
le
braccia
.
Un
'
altra
la
imita
e
torna
anche
lei
con
un
coniglio
pezzato
,
grosso
che
quasi
non
ce
la
fa
a
portarlo
.
Continuano
ad
arrivarci
intorno
bambine
che
ci
porgono
conigli
sempre
più
grossi
da
carezzare
;
è
quasi
buio
,
la
sera
d
'
ottobre
non
è
fredda
,
la
periferia
moscovita
ha
odore
di
campagna
,
sui
rumori
smorzati
si
alza
il
sibilo
dei
treni
,
e
questo
vialetto
che
fiancheggia
le
piccole
gabbie
è
pieno
di
bambine
e
di
conigli
.
Si
chiude
la
giornata
col
cinema
in
rilievo
.
I
film
stereoscopici
vengono
proiettati
in
sale
speciali
,
e
d
'
essi
c
'
è
ormai
una
produzione
regolare
,
sebbene
il
procedimento
sia
ancora
considerato
dai
sovietici
alla
fase
sperimentale
.
Siccome
nei
cinema
moscoviti
si
entra
solo
all
'
inizio
di
ogni
spettacolo
,
attendiamo
nel
ridotto
del
cinema
.
Molti
sovietici
aspettano
come
noi
,
seduti
intorno
,
e
tutti
leggono
.
C
'
è
un
tavolo
con
giornali
e
riviste
a
disposizione
degli
spettatori
in
attesa
.
Gli
spettacoli
cinematografici
a
Mosca
durano
tutta
la
giornata
;
il
primo
comincia
il
mattino
alle
9,30;
l
'
ultimo
alle
21,30
.
Il
cinema
stereoscopico
sovietico
non
richiede
l
'
uso
di
occhiali
rossi
e
verdi
come
il
tentativo
americano
di
circa
quindici
anni
fa
.
Bisogna
trovare
l
'
inclinazione
giusta
con
cui
puntare
lo
sguardo
sullo
schermo
multiplo
,
e
non
muoversi
:
e
si
vede
il
film
a
tre
dimensioni
.
Il
film
(
a
colori
)
è
Il
sole
nella
steppa
,
tratto
da
un
racconto
di
Pavlenko
che
avevo
letto
tempo
fa
su
«
Littérature
sovietique
»
.
La
storia
di
un
camionista
che
viene
lasciato
solo
per
una
giornata
in
un
colcos
durante
la
trebbiatura
.
Il
film
punta
molto
sugli
effetti
stereoscopici
;
getti
di
grano
dalle
trebbiatrici
che
sembra
ti
arrivino
addosso
,
mannelli
di
spighe
che
volano
nell
'
immaginaria
profondità
dello
schermo
.
Ma
è
un
film
che
mi
sembra
riesca
,
per
una
via
tutta
sua
,
a
creare
un
'
atmosfera
,
un
colore
generale
da
tanti
colori
disparati
,
una
sua
gioia
poetica
,
o
meglio
prima
naturale
che
poetica
,
al
di
fuori
d
'
ogni
nostra
suggestione
stilistica
.
Questi
colori
di
frutta
,
queste
mele
sulle
quali
con
tanto
piacere
indugia
la
macchina
da
presa
(
e
la
stereoscopia
fa
sì
che
i
rami
dei
meli
s
'
allunghino
,
s
'
allunghino
nella
sala
,
a
portare
í
frutti
quasi
in
bocca
allo
spettatore
)
,
ci
introduce
in
un
mondo
che
ha
l
'
ottimismo
e
l
'
allegria
dei
cataloghi
colorati
delle
ditte
orticole
.
Ed
il
rilievo
si
dimostra
già
capace
di
nuovi
risultati
artistici
,
d
'
una
nuova
poetica
cinematografica
tridimensionale
,
con
tutti
i
possibili
rapporti
di
prospettive
e
di
risalto
dei
piani
.
Ne
ho
avuto
la
sensazione
vedendo
una
scena
di
un
bambino
e
una
bambina
che
s
'
incontrano
muovendosi
un
po
'
a
zig
-
zag
su
diversi
piani
,
tra
rami
di
melo
che
incorniciano
l
'
inquadratura
con
successivi
festoni
.
Dopo
il
film
c
'
è
un
documentario
,
pure
in
rilievo
e
a
colori
,
sulla
scuola
degli
artisti
del
circo
sovietico
.
La
scuola
è
in
un
giardino
.
Il
film
è
tutto
giochi
e
scherzi
d
'
acrobati
,
funamboli
,
giocolieri
,
animali
ammaestrati
,
su
fondali
verdi
fioriti
di
rosso
.
La
stereoscopia
ha
da
sbizzarrirsi
quanto
vuole
;
ma
a
parte
la
novità
tecnica
,
nel
film
c
'
è
uno
spirito
libero
e
allegro
d
'
amore
perla
destrezza
fisica
e
per
l
'
aria
aperta
che
mi
trova
molto
consenziente
.
In
conclusione
quella
d
'
oggi
è
stata
una
giornata
bellissima
,
tutta
colori
e
natura
.
Doni
a
Stalin
,
pionieri
naturalisti
e
film
in
rilievo
:
tre
esperienze
che
si
sono
seguite
in
crescendo
,
completandosi
l
'
una
con
l
'
altra
in
un
unico
quadro
.
Qui
l
'
amore
per
la
natura
non
è
un
mito
esaltato
e
confuso
(
né
un
mito
d
'
evasione
,
né
un
mito
di
religione
paganeggiante
,
né
un
mito
astrattamente
scientifico
)
,
è
un
amore
nitido
,
minuto
,
quasi
da
pari
a
pari
,
e
pur
goduto
in
tutta
la
sua
multiforme
pienezza
.
La
natura
s
'
apre
come
il
campo
d
'
ogni
azione
umana
,
come
l
'
integrazione
dell
'
uomo
,
il
suo
specchio
ideale
.
E
l
'
immagine
della
natura
non
ci
raggiunge
attraverso
le
trasfigurazioni
stilistiche
a
noi
consuete
,
ma
per
una
via
che
forse
ha
più
dell
'
entusiasmo
scientifico
(
nel
cinema
,
nel
nuovo
folklore
dei
pionieri
)
,
o
attraverso
(
nei
doni
)
la
laboriosa
soddisfazione
artigiana
.
Tutti
i
colori
visti
oggi
,
vegetali
e
minerali
,
s
'
integrano
in
una
per
me
nuova
immagine
dell
'U.R.S.S.,
in
una
chiave
per
comprendere
il
paese
che
sto
visitando
.
StampaQuotidiana ,
Mosca
,
giovedì
mattina
-
Andando
per
le
vie
del
centro
vedo
una
coda
di
gente
ferma
sui
marciapiedi
,
davanti
a
un
negozio
.
Più
in
là
un
'
altra
.
Un
'
altra
ancora
.
Chiedo
spiegazioni
agli
interpreti
.
«
Aspettano
l
'
apertura
dei
negozi
-
mi
dicono
.
-
Sempre
così
alla
mattina
,
prima
delle
11»
.
«
Ah
,
capisco
»
,
dico
io
,
ma
continuo
a
pensarci
sopra
e
non
sono
soddisfatto
.
Già
l
'
avevo
sentito
dire
in
Italia
,
di
code
ai
negozi
di
Mosca
,
ma
pensavo
alle
solite
bugie
.
Perché
hanno
bisogno
di
fare
la
coda
?
Non
manca
mica
la
roba
...
Non
c
'
è
mica
tesseramento
...
E
i
negozi
aprono
alle
11
?
E
perché
questa
gente
delle
code
ha
quest
'
aria
diversa
,
più
rozza
nel
vestire
,
le
donne
col
fazzoletto
in
testa
...
?
Che
cosa
c
'
è
sotto
?
Bisognerà
che
mi
faccia
spiegare
meglio
.
Al
Ministero
della
Pubblica
Istruzione
della
Repubblica
Russa
il
vice
-
ministro
Nicei
ci
spiega
l
'
ordinamento
scolastico
sovietico
.
L
'
istruzione
è
il
più
importante
fondamento
della
società
sovietica
e
su
questo
argomento
già
molta
documentazione
è
stata
pubblicata
in
Italia
;
quindi
tralascio
tutte
le
informazioni
che
abbiamo
avuto
(
e
così
farò
per
quelle
di
tutte
le
conferenze
cui
assisteremo
)
perché
questo
taccuino
è
destinato
ad
annotazioni
spicciole
e
individuali
.
Un
particolare
però
voglio
riferire
:
l
'
insegnamento
nelle
scuole
elementari
inizia
sempre
con
la
lingua
materna
(
nella
sola
Repubblica
Russa
ci
sono
48
lingue
diverse
)
;
dopo
qualche
anno
,
appresa
bene
la
lingua
materna
,
si
impara
la
lingua
nazionale
.
Dopo
ancora
(
per
le
repubbliche
non
russe
)
la
lingua
russa
.
Ogni
popolo
adotta
un
diverso
metodo
di
studio
della
lingua
russa
per
facilitarlo
in
rapporto
alla
lingua
madre
.
La
conferenza
si
è
svolta
attorno
a
un
tavolo
imbandito
di
fruttiere
con
mele
ed
uva
,
e
bevande
d
'
estratti
di
frutta
.
La
sera
al
circo
.
Prima
di
andare
leggo
sull
'
ultimo
numero
di
«
Littérature
sovietique
»
un
articolo
di
M
.
Doskoi
sul
circo
sovietico
.
L
'
articolo
parla
del
circo
come
scuola
di
destrezza
e
di
coraggio
e
non
come
divertimento
a
vedere
gente
che
gioca
con
la
propria
vita
.
Difatti
gli
esercizi
acrobatici
vengono
eseguiti
sempre
con
le
reti
di
sicurezza
o
ad
altezze
non
considerevoli
.
Assisto
molto
volentieri
allo
spettacolo
di
stasera
sebbene
mi
dicano
che
non
è
dei
più
grandiosi
.
I
numeri
asiatici
sono
tra
i
più
attraenti
:
giocolieri
mongoli
,
un
prestigiatore
cinese
,
una
indovina
coreana
.
È
nelle
tradizioni
di
destrezza
delle
Repubbliche
e
dei
popoli
amici
che
il
circo
sovietico
attinge
le
sue
forze
migliori
.
Mi
dicono
che
spesso
nei
circhi
operano
équipes
di
bravissimi
cavalieri
cosacchi
.
Tempo
fa
è
stato
a
Mosca
un
gran
circo
cinese
riscuotendo
grande
successo
.
(
E
ho
visto
in
giro
manifesti
di
un
film
programmato
adesso
nei
cinema
di
seconda
visione
,
intitolato
Circo
cinese
)
.
Lo
spettacolo
è
stato
aperto
da
una
poesia
sulla
pace
e
da
una
sfilata
della
pace
di
ragazze
nei
costumi
di
tutte
le
Repubbliche
.
L
'
indovina
coreana
,
bella
ragazza
,
risolve
con
un
trucco
che
non
riesco
a
capire
indovinelli
culturali
e
finisce
il
numero
recitando
versi
di
Maiakovski
e
esaltando
la
pace
.
I
clowns
fanno
la
satira
degli
americani
.
Il
pubblico
è
interessante
:
un
po
'
diverso
da
quello
dell
'
opera
,
più
vario
,
(
una
differenza
insomma
non
sociale
ma
culturale
)
:
noto
donne
dipinte
e
un
po
'
civette
,
vecchietti
dell
'
Usbechistan
con
in
testa
la
papalina
bianca
e
nera
,
ragazzini
,
famigliole
,
donnette
anziane
con
strani
cappelli
.
Venerdì
mattina
Questa
faccenda
d
'
uscire
al
mattino
e
di
vedere
la
gente
che
aspetta
fuori
dai
negozi
non
mi
va
giù
.
Mi
rivolgo
a
V
.
Stepanovic
che
parla
francese
.
«
Dites
-
moi
,
V
.
Stepanovic
,
da
noi
in
Italia
le
code
vogliono
dire
guerra
e
miseria
.
Mi
dovete
spiegare
come
è
possibile
che
ci
siano
code
in
Unione
Sovietica
»
.
«
Nulla
di
più
facile
,
»
dice
V
.
Stepanovic
.
«
Alors
,
la
maggior
parte
dei
negozi
e
i
grandi
magazzini
s
'
aprono
alle
11»
.
«
Perché
?
»
«
Perché
devono
restare
aperti
fino
alle
20»
.
«
Perché
?
»
«
Perché
la
gente
esce
dal
lavoro
alle
19-19,30
e
deve
avere
tempo
di
far
le
compere
.
Per
stare
aperti
fino
alle
20
i
negozi
devono
aprire
alle
11
,
perché
i
commessi
,
come
tutti
i
lavoratori
sovietici
,
non
possono
lavorare
più
di
otto
ore
al
giorno
.
(
11
più
8
più
un
'
ora
di
intervallo
per
mangiare
fanno
20
)
»
.
«
Allora
perché
i
moscoviti
hanno
bisogno
di
far
la
coda
davanti
ai
negozi
chiusi
?
»
«
Perché
non
sono
moscoviti
!
Li
vedete
?
Sono
colcosiani
.
Non
troverete
mai
un
moscovita
che
vada
a
far
compere
a
quest
'
ora
»
.
«
E
perché
i
moscoviti
no
e
i
colcosiani
sì
?
»
«
Alors
,
ogni
mattino
migliaia
e
migliaia
di
colcosiani
vengono
a
Mosca
a
vendere
i
prodotti
del
colcos
e
i
loro
prodotti
privati
.
In
ognuno
dei
26
rioni
di
Mosca
c
'
è
un
mercato
colcosiano
,
aperto
ogni
mattino
dalle
7
alle
9
.
Dopo
le
nove
,
i
colcosiani
hanno
venduto
la
loro
roba
,
hanno
i
soldi
in
tasca
e
non
gli
resta
che
riprendere
il
treno
per
il
loro
colcos
.
Ma
non
tutti
hanno
il
treno
subito
;
se
il
treno
parte
verso
mezzogiorno
hanno
tempo
di
fare
un
giro
e
comprare
qualcosa
nei
grandi
magazzini
del
centro
,
vicino
alle
stazioni
del
metrò
donde
possono
raggiungere
subito
la
stazione
ferroviaria
,
quand
'
è
l
'
ora
.
Siccome
vogliono
sbrigarsi
per
prendere
il
treno
,
si
mettono
in
coda
per
entrare
nel
negozio
appena
si
apre
.
Alle
undici
i
negozi
s
'
aprono
e
per
mezz
'
ora
sono
pieni
di
gente
,
e
non
vi
consiglierei
mai
di
fare
le
vostre
compere
a
quell
'
ora
.
Verso
le
undici
e
mezzo
cominciano
a
vuotarsi
;
i
colcosiani
carichi
di
pacchetti
spariscono
inghiottiti
dalle
stazioni
del
metrò
.
Nei
negozi
i
moscoviti
cominciano
a
farsi
vedere
verso
mezzogiorno
.
C
'
è
di
nuovo
un
po
'
di
ressa
verso
le
due
o
le
tre
,
quando
gli
uffici
e
le
fabbriche
interrompono
il
lavoro
per
il
pranzo
.
Poi
,
verso
le
sei
,
le
sette
,
di
nuovo
gran
folla
.
La
domenica
folla
tutto
il
giorno
.
I
negozi
stanno
chiusi
il
lunedì
,
tranne
i
"
Gastronom
"
e
i
tabacchini
.
Compris
?
»
«
Io
la
organizzerei
diversamente
.
Nei
maggiori
negozi
,
il
personale
dovrebbe
avvicendarsi
in
due
turni
,
in
modo
da
stare
aperti
più
a
lungo
»
.
«
Già
fatto
.
I
grandi
"
Gastronom
"
,
con
due
turni
,
stanno
aperti
fino
alle
22
.
Qui
si
usa
molto
fare
la
spesa
alla
sera
,
per
l
'
indomani
»
.
«
Un
'
altra
proposta
.
Fare
dei
negozi
apposta
per
i
colcosiani
,
aperti
alla
mattina
»
.
«
Già
fatto
.
Intorno
ai
mercati
ci
sono
i
negozi
apposta
.
Ma
a
loro
piace
sempre
fare
qualche
compera
nel
centro
,
nei
grandi
magazzini
,
anche
per
utilizzare
il
tempo
in
cui
aspettano
il
treno
.
C
'
est
clair
?
»
Chiarissimo
.
Cercavo
di
trovare
una
disorganizzazione
,
una
magagna
,
invece
tutto
è
semplice
e
naturale
.
Comincio
a
orizzontarmi
nell
'
orario
quotidiano
della
vita
sovietica
,
a
riconoscere
l
'
aspetto
della
città
nelle
varie
ore
,
ad
avvicinarmi
al
loro
ritmo
.
StampaQuotidiana ,
Mosca
,
giovedì
mattina
-
Visita
alla
«
Giovane
guardia
»
,
casa
editrice
per
la
gioventù
.
Attorno
a
un
tavolo
coperto
di
libri
e
riviste
dalle
copertine
colorate
,
il
direttore
ci
illustra
la
produzione
,
gli
intenti
e
l
'
organizzazione
della
casa
.
Tra
le
riviste
ce
n
'
è
una
che
ho
visto
spesso
nelle
mani
dei
cittadini
sovietici
:
«
Intorno
al
mondo
»
,
mensile
di
volgarizzazione
scientifica
e
geografica
fondato
nel
1871;
ora
tira
105
mila
esemplari
.
La
copertina
è
incorniciata
con
l
'
antico
cliché
della
testata
,
che
con
quell
'
aria
alla
Giulio
Verne
ben
s
'
addice
al
limpido
entusiasmo
scientifico
dei
sovietici
.
Ci
sono
delle
riviste
per
la
gioventù
della
campagna
:
«
Il
giovane
colcosiano
»
(
che
ogni
anno
regala
ai
suoi
abbonati
le
opere
complete
di
un
poeta
in
edizione
rilegata
:
Puskin
,
Lermontov
,
quest
'
anno
Maiakovski
in
sei
volumi
)
,
«
Bambini
amici
»
,
mensile
per
gli
scolari
di
villaggio
.
Tra
le
edizioni
sportive
ci
sono
anche
libri
e
opuscoli
per
gli
sportivi
colcosiani
.
Tra
i
libri
per
i
«
pionieri
»
c
'
è
il
Libro
per
le
vacanze
in
città
perché
mentre
i
«
pionieri
»
delle
città
vanno
a
passare
le
vacanze
fuori
,
per
i
ragazzi
dei
colcos
vengono
organizzati
d
'
estate
soggiorni
nelle
città
,
perché
prendano
contatto
con
la
realtà
cittadina
.
Vedo
diverse
riviste
tecnico
-
scientifiche
per
giovani
e
ragazzi
:
«
Tecnica
della
gioventù
»
,
mensile
,
che
tira
150
mila
copie
;
«
Inventore
di
giochi
»
,
per
i
giochi
tecnici
.
Tra
le
collane
di
libri
,
noto
i
lindi
volumetti
della
collana
di
biografie
di
uomini
illustri
fondata
da
Gorki
nel
1935
.
Gli
ultimi
volumi
riguardano
Cechov
,
il
chimico
Mendelejev
e
Petofi
.
Ci
fu
un
Garibaldi
,
prima
della
guerra
,
che
tirò
50
mila
copie
e
ora
è
in
ristampa
;
tra
poco
uscirà
un
Dante
e
un
Goldoni
.
È
noto
l
'
amore
dei
sovietici
per
Goldoni
,
di
cui
sono
tradotte
le
opere
complete
e
che
viene
rappresentato
più
spesso
che
in
Italia
.
Vedo
una
delle
ultime
edizioni
(
1949
)
di
commedie
scelte
di
Goldoni
;
comprende
dieci
lavori
tradotti
dal
decano
dei
goldonisti
sovietici
:
A.K.
Givelegov
.
Sono
quasi
tutte
commedie
tra
le
più
famose
(
con
in
testa
l
'
Arlecchino
servo
di
due
padroni
,
che
i
russi
amano
molto
e
recitano
spessissimo
)
,
e
c
'
è
pure
un
titolo
meno
noto
da
noi
,
Il
feudatario
.
Il
libro
italiano
più
letto
in
Unione
Sovietica
è
un
romanzo
dell
'
Ottocento
:
Spartaco
,
di
Raffaele
Giovagnoli
;
qui
è
un
libro
di
gran
lettura
popolare
,
tradotto
in
tutte
le
lingue
.
Tra
i
libri
più
recenti
,
L
'
Agnese
va
a
morire
,
di
Renata
Viganò
(
intitolato
qui
Tovàric
Agnese
)
,
è
pubblicato
da
diverse
case
e
tradotto
in
diverse
lingue
.
«
Moskovic
»
vuol
dire
moscovita
,
ed
è
il
nome
dell
'
automobile
utilitaria
,
molto
diffusa
in
tutta
l
'U.R.S.S
.
tra
gli
ingegneri
,
i
professori
,
i
medici
,
i
tecnici
e
anche
tra
i
colcosiani
e
gli
operai
migliori
(
costa
circa
cinque
volte
il
guadagno
mensile
di
un
operaio
)
.
È
a
sei
posti
,
più
lunga
della
nostra
«1100»
.
Visitiamo
la
fabbrica
delle
«
Moskovic
»
,
uno
stabilimento
di
ottomila
operai
.
Ci
riceve
il
direttore
Jakovliev
,
un
tipo
grande
e
grosso
,
figlio
di
operai
,
ex
scaricatore
che
ha
studiato
fino
a
diventare
ingegnere
.
Nel
cortile
della
fabbrica
ci
sono
aiuole
verdi
,
e
tra
una
pianta
e
l
'
altra
,
portaritratti
in
ferro
con
le
fotografie
degli
stakanovisti
.
Parliamo
con
una
stakanovista
,
una
ragazza
di
ventun
anni
,
Julia
Skobileva
.
È
una
che
aveva
studiato
per
sarta
,
poi
non
le
piaceva
più
farla
sarta
ed
era
venuta
a
lavorare
in
questa
fabbrica
.
(
Nella
gioventù
sovietica
spesso
si
nota
questa
volontà
quasi
ostentata
di
saper
decidere
del
proprio
avvenire
,
scegliere
una
vocazione
e
portarla
a
compimento
,
o
migliorarla
,
o
cambiarla
)
.
Era
entrata
in
fabbrica
senza
qualifica
,
aveva
cominciato
da
apprendista
,
poi
aveva
fatto
vari
corsi
da
stakanovista
ed
ora
lavora
con
una
squadra
che
applica
i
metodi
tecnici
più
perfezionati
e
supera
il
piano
del
250%
.
La
sera
va
a
scuola
e
vuol
continuare
a
studiare
.
Nei
reparti
,
il
grigiore
degli
ambienti
è
fiorito
di
tabelloni
,
di
giornali
murali
,
di
scritte
in
cui
domina
il
rosso
:
diagrammi
di
successi
nella
produzione
,
cartelloni
che
insegnano
a
curare
le
macchine
,
fotografie
,
caricature
.
Pomeriggio
alla
Galleria
Tretiakoff
,
il
maggior
museo
di
pittura
russa
.
Un
guardaroba
che
sembra
un
grande
magazzino
,
già
in
parte
pieno
zeppo
.
Le
sale
sono
affollatissime
,
e
non
solo
di
scolaresche
,
ma
di
fiumi
di
gente
qualsiasi
,
sparse
o
a
gruppi
col
cicerone
(
che
è
quasi
sempre
una
donna
)
.
Alla
Tretiakoff
L
'
Ottocento
russo
meriterebbe
d
'
essere
più
conosciuto
da
noi
.
È
in
gran
parte
pittura
«
narrativa
»
,
ma
con
personalità
di
pittori
tutt
'
altro
che
trascurabili
;
è
una
pittura
che
visse
di
rincalzo
alla
grande
letteratura
russa
,
e
spesso
nei
contenuti
vi
si
richiama
esplicitamente
.
I
sovietici
amano
attribuire
al
loro
Ottocento
pittorico
l
'
importanza
classica
e
normativa
che
ha
il
loro
Ottocento
letterario
;
da
ciò
la
differenza
delle
loro
valutazioni
artistiche
dalle
nostre
,
che
son
modellate
su
di
una
prospettiva
di
secoli
e
di
scuole
più
estesa
.
Con
V
.
Stepanovic
non
riesco
a
far
collimare
mai
i
nostri
gusti
,
e
ci
accaniamo
in
discussioni
e
confronti
.
Alla
sera
,
balletto
al
Bolsciòi
:
La
fiamma
di
Parigi
,
di
Boris
Asafiev
,
compositore
sovietico
morto
anni
fa
.
È
un
balletto
sulla
Rivoluzione
francese
,
di
gran
presa
drammatica
sul
pubblico
,
costruito
con
gran
slancio
d
'
azione
e
di
massa
,
ed
eseguito
pure
con
questo
slancio
,
che
può
nascere
solo
a
contatto
di
un
pubblico
popolare
e
nutrito
di
passione
rivoluzionaria
,
per
il
quale
il
fervore
romantico
ottocentesco
,
come
nell
'
Italia
di
Verdi
,
sia
ancora
realtà
.
La
messinscena
,
quanto
mai
ricca
e
curata
nei
particolari
,
tende
all
'
affresco
storico
.
La
protagonista
è
una
tra
le
più
giovani
tra
le
stelle
di
prima
grandezza
della
danza
sovietica
,
Raìssa
Strutchova
,
premio
Stalin
.
Ma
nel
pubblico
sono
molti
i
fedeli
di
Marina
Simeonova
(
premio
Stalin
anch
'
essa
,
più
che
quarantenne
)
,
e
quando
danzando
sulla
punta
dei
piedi
appare
,
come
comprimaria
in
una
parte
tutta
virtuosismo
,
le
fanno
acclamazioni
trionfali
.
Una
macchina
da
presa
della
televisione
trasmette
lo
spettacolo
agli
apparecchi
di
Mosca
e
dintorni
.
La
televisione
è
già
molto
diffusa
nelle
città
sovietiche
,
anche
nelle
famiglie
.
Ci
sono
apparecchi
di
televisione
che
costano
meno
degli
apparecchi
radio
.
Domenica
mattina
Visita
al
museo
Lenin
.
In
ogni
sala
s
'
incrocia
un
via
vai
di
comitive
,
soprattutto
bambine
delle
scuole
e
soldati
:
bambine
con
le
trecce
e
soldati
rapati
.
I
musei
hanno
in
U.R.S.S.
una
funzione
di
primo
piano
nella
cultura
di
massa
:
sono
come
libri
che
hanno
per
pagine
lunghe
distese
di
pareti
,
davanti
alle
quali
sfilano
milioni
di
lettori
;
e
le
cognizioni
s
'
imprimono
nella
mente
meglio
che
coi
libri
,
perché
i
musei
sono
intesi
non
in
mera
funzione
di
raccolta
di
documenti
e
cimeli
,
ma
in
funzione
didattica
.
Seguiamo
la
vita
e
l
'
opera
di
Lenin
attraverso
fotografie
,
autografi
,
giornali
,
libri
,
frasi
dai
suoi
scritti
,
ritratti
,
modelli
delle
sue
abitazioni
cospirative
,
dei
suoi
nascondigli
,
attraverso
i
suoi
appunti
delle
sedute
di
battaglia
contro
i
menscevichi
,
attraverso
gli
orari
delle
sue
intensissime
giornate
di
governo
,
i
mobili
del
suo
studiolo
al
Cremlino
con
l
'
étager
per
i
libri
disegnato
da
lui
(
è
il
mobile
più
semplice
e
pratico
che
ho
visto
finora
in
Unione
Sovietica
)
.
C
'
è
in
questa
cura
affettuosa
e
precisa
a
serbare
e
a
valorizzare
tutto
ciò
che
di
lui
si
possiede
,
un
'
eco
dello
sgomento
senza
fine
al
pensiero
che
una
testa
come
quella
di
Lenin
abbia
cessato
di
esistere
.
E
mai
popolo
ha
tributato
a
un
suo
intellettuale
,
a
un
suo
capo
un
omaggio
come
questo
,
che
non
ha
nulla
della
venerazione
religiosa
,
ma
è
tutto
determinato
,
storico
,
attento
al
procedimento
del
pensiero
,
all
'
esempio
pratico
di
lavoro
.
Non
posso
far
a
meno
di
pensare
che
se
,
per
esempio
,
in
Francia
si
fosse
mai
fatto
qualcosa
di
simile
per
Rousseau
,
per
Voltaire
,
il
pensiero
dell
'
Occidente
e
la
sua
storia
stessa
avrebbero
avuto
un
corso
diverso
,
si
sarebbero
meglio
difesi
da
tante
involuzioni
.
Ma
il
segreto
di
questo
attaccamento
non
sta
soltanto
nella
coscienza
storica
del
valore
di
Lenin
;
sta
anche
nel
fondo
sentimentale
,
affettuoso
del
popolo
russo
:
ho
visto
due
vecchi
contadini
,
arrivati
alla
sala
dedicata
alla
morte
di
Lenin
,
tirar
fuori
il
fazzoletto
e
asciugarsi
le
lacrime
.
StampaQuotidiana ,
Mosca
,
sabato
-
Oggi
la
«
Isvestia
»
pubblica
la
nota
tripartita
all
'U.R.S.S
.
sul
trattato
di
pace
con
l
'
Italia
,
e
la
risposta
sovietica
.
Entrambi
i
documenti
sono
integrali
,
riportati
con
scrupolo
protocollare
,
uno
dopo
l
'
altro
,
senza
alcun
commento
.
I
giornali
sovietici
amano
il
documento
ufficiale
nudo
e
crudo
,
sia
per
la
politica
estera
,
sia
per
i
risultati
e
gli
impegni
della
produzione
,
sia
per
i
discorsi
politici
(
anche
di
personalità
estere
:
quelli
di
Togliatti
,
quelli
di
Nenni
al
Comitato
della
Pace
)
che
vengono
riportati
da
principio
alla
fine
in
una
fitta
pagina
.
Visita
all
'
Istituto
Superiore
d
'
Architettura
.
Studenti
simpatici
,
allegri
,
mai
stonati
.
Alcune
ragazze
veramente
belle
(
una
robusta
,
castana
,
in
maglione
rosso
,
con
le
trecce
intorno
alla
testa
,
ma
l
'
incomprensione
delle
lingue
ci
separa
)
.
Tra
professori
e
studenti
rapporti
alla
mano
e
perfettamente
disinvolti
.
La
sera
al
teatro
delle
marionette
.
Già
nell
'
atrio
una
esposizione
di
manifesti
,
tutti
di
gusto
e
di
stile
,
mi
dà
subito
l
'
impressione
che
questo
teatro
di
marionette
sia
su
un
livello
artistico
elevato
.
Siccome
non
è
ancora
l
'
ora
dello
spettacolo
,
andiamo
a
fare
un
giro
al
museo
del
teatro
.
(
Comincio
a
capire
che
qui
non
c
'
è
istituzione
,
arte
o
attività
che
non
abbia
il
suo
museo
)
.
Il
direttore
del
museo
,
un
lindo
vecchietto
,
ci
guida
tra
figurine
giavanesi
del
teatro
delle
ombre
,
marionette
religiose
indiane
,
cinesi
,
persiane
,
mascheroni
indi
del
Canadà
,
dell
'
isola
di
Ceylon
,
dei
«
nó
»
giapponesi
;
poi
marionette
e
burattini
europei
d
'
ogni
epoca
e
paese
.
(
La
rappresentanza
italiana
è
un
po
'
scarsa
rispetto
all
'
importanza
della
nostra
tradizione
in
materia
;
si
potrebbe
consigliare
una
delle
nostre
future
delegazioni
di
portare
un
bel
dono
di
marionette
e
burattini
italiani
a
questo
museo
)
.
Poi
la
storia
dei
burattini
russi
;
sono
ricordati
tre
grandi
burattinai
:
Sedom
del
secolo
XIX
,
Zaizef
che
morì
nel
'36
,
e
Odrassov
,
vivente
e
premio
Stalin
.
Entriamo
in
sala
;
cerco
di
fiutare
subito
il
pubblico
,
di
cercare
differenze
tra
quello
di
un
teatro
e
quello
di
un
altro
.
Come
il
pubblico
del
circo
m
'
era
sembrato
un
po
'
più
«
popolano
»
,
così
questo
,
inaspettatamente
mi
sembra
più
fine
ed
elegante
.
Scorgo
una
giovane
donna
di
singolare
bellezza
ed
eleganza
:
è
la
prima
«
Anna
Karenina
»
che
vedo
.
(
Il
tipo
di
ragazza
sovietica
più
diffuso
,
per
restare
nelle
caratterizzazioni
tolstojane
,
si
può
avvicinare
di
più
al
personaggio
di
Kitty
)
.
Il
teatro
delle
marionette
di
Mosca
dà
due
spettacoli
al
giorno
:
uno
al
pomeriggio
per
bambini
,
con
un
repertorio
di
fiabe
antiche
e
moderne
;
e
uno
alla
sera
per
gli
adulti
,
dedicato
alla
satira
.
L
'
idea
dello
spettacolo
serale
è
venuta
vedendo
l
'
entusiasmo
con
cui
i
grandi
,
con
la
scusa
d
'
accompagnare
i
bambini
,
seguivano
gli
spettacoli
del
pomeriggio
:
così
si
spiega
un
sobrio
e
disinvolto
presentatore
.
Lo
spettacolo
di
stasera
-
aggiunge
-
è
intitolato
Kukol
konzert
:
concerto
di
marionette
;
consisterà
in
una
serie
di
caricature
di
numeri
di
concerto
e
di
locale
notturno
,
di
quelli
del
tempo
andato
che
ormai
non
si
vedono
più
in
U.R.S.S.
,
e
di
quelli
che
si
vedono
ancora
spesso
ma
sono
residui
di
un
gusto
superato
.
I
fantocci
di
Mosca
sono
qualcosa
d
'
intermedio
tra
i
burattini
e
le
marionette
italiani
.
Come
í
nostri
burattini
,
sono
comandati
dal
di
sotto
,
ma
non
direttamente
con
la
mano
,
bensì
con
fili
e
bacchette
rigide
,
e
in
questo
,
come
nelle
loro
dimensioni
e
nella
minuta
articolazione
(
certuni
muovono
anche
palpebre
e
labbra
)
sono
più
simili
alle
marionette
.
Le
gambe
di
solito
restano
nascoste
ma
ogni
tanto
possono
alzare
un
piede
e
metterlo
sulla
ribalta
.
È
una
serie
di
numeri
comicissimi
d
'
una
caricatura
finissima
e
spietata
.
C
'
è
il
violoncellista
romantico
,
il
vecchio
tenore
sfiatato
,
la
soprano
tutta
gorgheggi
(
accompagnati
da
un
ineffabile
pianista
miope
,
nella
cui
sintetica
fisionomia
c
'
è
mezzo
secolo
di
letteratura
russa
,
con
tutte
le
idealizzazioni
e
le
ironie
sulla
vecchia
«
intellighenzia
»
)
,
c
'
è
(
tra
«
le
cose
che
non
vedrete
mai
più
»
)
un
coro
di
zingare
da
caffè
-
concerto
in
un
quadro
di
un
grottesco
gogolíano
,
pieno
di
semplicissime
e
inaspettate
invenzioni
mimiche
,
ci
sono
due
enfatici
ballerini
di
tango
,
ci
sono
un
gruppo
di
cantanti
sincopati
all
'
americana
(
tipi
anzianotti
,
ritinti
,
molto
«
attore
russo
»
,
molto
cecoviani
,
con
sgargianti
giacche
all
'
americana
e
mimica
tonta
)
,
c
'
è
la
«
domatrice
di
animali
domestici
»
che
alle
bestie
parla
solo
in
francese
,
e
c
'
è
pure
la
caricatura
del
poeta
«
d
'
avanguardia
»
(
ma
allora
ce
n
'
è
ancora
?
)
:
un
giovanottone
con
la
sciarpa
attorno
al
collo
e
i
capelli
a
spazzola
che
vuol
leggere
un
suo
poema
epico
-
sociale
,
tutto
incomprensibile
.
Ci
sono
perfino
le
marionette
dei
facchini
del
teatro
,
che
portano
avanti
e
indietro
il
pianoforte
borbottando
:
due
figure
appena
accennate
,
ma
con
una
gran
sapienza
letteraria
e
umana
dietro
.
Tutti
questi
pupazzi
hanno
facce
caricaturali
,
di
grande
finezza
psicologica
,
di
gran
gusto
e
gran
stile
.
Più
realisticamente
caratterizzati
dei
pupazzi
cecoslovacchi
di
Trnka
che
conoscevo
attraverso
il
cinema
,
ma
di
sapore
modernissimo
come
quelli
.
(
Qui
siamo
del
tutto
fuori
del
gusto
ottocentesco
)
.
La
tecnica
con
cui
gesticolano
e
ballano
e
perfino
muovono
il
viso
è
abilissima
e
di
grande
effetto
comico
.
Dopo
ogni
numero
i
burattinai
si
presentano
alla
ribalta
,
ognuno
con
in
mano
il
proprio
fantoccio
;
sono
tutti
tipi
simpatici
,
anche
le
donne
,
in
pantaloni
blu
e
camicetta
bianca
,
prosperose
ed
entusiaste
.
Mi
sembra
che
questi
delle
marionette
siano
proprio
i
tipi
d
'
artista
che
ho
sempre
sperato
d
'
incontrare
in
U.R.S.S.
Uomini
di
punta
politicamente
,
con
la
loro
satira
di
costume
che
non
è
una
trasposizione
meccanica
delle
polemiche
anticosmopolite
pubblicate
sui
giornali
sovietici
,
ma
studia
ed
esprime
con
sottile
capacità
di
penetrazione
aspetti
di
cattivo
gusto
,
di
stonature
coi
tempi
,
di
povertà
umana
.
Uomini
di
punta
come
abilità
tecnica
,
sempre
sostenuta
da
una
calda
passione
per
il
proprio
lavoro
,
per
il
proprio
mezzo
d
'
espressione
.
Di
punta
artisticamente
,
perché
hanno
raggiunto
una
forma
popolare
e
tradizionale
senza
ricalcare
modelli
del
passato
.
E
poi
,
soprattutto
,
sono
gente
simpatica
e
soddisfatta
:
dal
presentatore
alle
prosperose
burattinaie
,
al
vecchio
del
museo
.
La
sera
,
specialmente
sabato
e
domenica
,
all
'
Hôtel
Mosca
c
'
è
pieno
di
moscoviti
che
cenano
.
Vengono
a
cena
dalle
dieci
in
poi
,
e
anche
più
tardi
,
dopo
gli
spettacoli
(
perché
a
Mosca
tutto
l
'
orario
è
spostato
verso
il
tardi
,
si
va
in
fabbrica
o
in
ufficio
alle
nove
e
mezzo
-
dieci
del
mattino
,
l
'
intervallo
per
il
pranzo
è
dalle
tre
alle
quattro
,
si
esce
dal
lavoro
alle
sei
e
mezzo
-
sette
)
.
Nella
gran
sala
da
pranzo
del
«
Mosca
»
dalle
colonne
di
marmo
,
suona
una
orchestrina
e
le
coppie
ballano
.
C
'
è
al
solito
gente
di
tutti
i
generi
,
sposini
,
famigliole
,
gruppi
d
'
amici
nerovestiti
dall
'
aspetto
di
operai
,
ufficiali
con
donnone
dall
'
aria
campagnola
in
vestito
da
sera
.
Stasera
c
'
è
una
nuova
cantante
molto
graziosa
,
una
soffice
bionda
,
dall
'
espressione
semplice
e
sorridente
,
con
una
civetteria
appena
accennata
che
è
un
calcolo
sopraffino
o
è
il
segno
di
un
'
anima
bella
.
Il
ballo
preferito
dai
sovietici
è
il
valzer
,
e
il
programma
dell
'
orchestrina
è
costituito
di
valzer
circa
per
metà
,
poi
tanghi
,
fox
,
ma
mai
cose
troppo
spinte
.
C
'
è
un
ambiente
molto
alla
buona
,
pur
nello
sfarzo
dell
'
ambiente
,
dell
'
illuminazione
e
delle
copiosissime
vivande
;
e
anche
i
ballerini
meno
abili
si
cimentano
come
fossero
in
famiglia
.
Basta
poi
che
l
'
orchestrina
attacchi
una
polka
o
qualche
vecchia
danza
russa
,
perché
nasca
una
spontaneità
e
un
'
allegria
generale
,
cessi
ogni
impaccio
,
tutti
i
ballerini
si
trovino
più
a
loro
agio
che
mai
e
rivelino
la
loro
vera
essenza
:
la
natura
popolare
e
sempre
legata
alla
terra
della
gente
sovietica
.