StampaPeriodica ,
Ed
ecco
finalmente
un
poeta
che
agita
nella
sua
mente
i
problemi
più
importanti
del
suo
tempo
,
anzi
il
più
grande
di
tutti
,
e
coopera
magnificamente
alla
sua
risoluzione
.
Così
al
coro
di
ammirazione
che
suscitano
in
ogni
parte
d
'
Italia
le
strofe
di
G
.
Pascoli
bisogna
che
si
unisca
quello
della
gratitudine
per
l
'
opera
buona
che
egli
ha
compiuto
.
E
la
bontà
non
val
certamente
meno
dell
'
impegno
:
io
oserei
dire
che
vale
anche
di
più
.
Dal
risolvere
con
amore
il
problema
dell
'
educazione
dipenderà
senza
dubbio
gran
parte
della
nostra
felicità
avvenire
,
tutta
quasi
vorrei
dire
,
e
tutta
la
nostra
floridezza
e
tutta
quella
gloria
,
alla
quale
oscuramente
aspiriamo
in
nome
di
una
grande
tradizione
.
Sì
,
è
necessario
che
la
«
novella
generazione
italica
»
sia
migliore
di
noi
;
è
necessario
che
essa
abbia
più
fede
di
noi
,
è
necessario
da
lei
attendere
«
piuttosto
che
l
'
incremento
,
la
risurrezione
della
nostra
idealità
»
.
E
l
'
uomo
che
ha
rivolto
il
suo
cuore
a
questa
nobile
meta
è
degno
davvero
di
essere
ascoltato
con
animo
commosso
dai
giovani
,
è
degno
che
a
lui
guardino
con
occhi
di
riconoscenza
tutti
coloro
(
ed
ancora
sono
pochi
in
Italia
)
che
nelle
questioni
dell
'
educazione
sentono
palpitare
tutto
il
loro
cuore
.
È
un
fatto
che
a
questo
fine
altissimo
di
risorgimento
morale
i
compilatori
di
libri
per
i
ragazzi
pensano
poco
,
e
non
vi
pensano
affatto
,
salvo
qualche
nobile
eccezione
,
i
compilatori
delle
Antologie
italiane
,
di
quei
libri
cioè
che
restano
profondamente
impressi
nell
'
animo
nostro
,
come
tutto
ciò
che
appartiene
alla
nostra
prima
esistenza
.
Pare
che
coloro
i
quali
si
accingono
a
questo
lavoro
ignorino
completamente
quale
importanza
abbiano
i
primi
semi
che
si
gettano
nelle
anime
ancora
schiuse
,
schiuse
e
forse
allora
solamente
,
alla
contemplazione
ed
all
'
ammirazione
sincera
.
E
quest
'
ammirazione
sincera
non
può
nascere
se
non
dall
'
affinità
che
ha
il
mondo
interiore
del
fanciullo
con
quello
che
l
'
arte
ha
rappresentato
;
e
non
è
vero
che
a
quella
prima
età
ci
si
interessi
più
alla
rappresentazione
degli
affetti
e
dei
sentimenti
di
una
civiltà
complessa
e
raffinata
come
è
la
nostra
,
anzi
che
a
quella
più
primitiva
e
più
infantile
di
un
passato
lontano
.
Coloro
che
credettero
una
volta
di
dover
sbandire
dalla
prima
scuola
tutto
ciò
che
era
l
'
eco
di
una
società
defunta
non
osservarono
se
non
certi
legami
apparenti
,
ma
parvero
non
vedere
alcuni
vincoli
più
saldi
che
legano
l
'
animo
nostro
e
che
si
stendono
lontani
e
tenaci
nelle
misteriose
oscurità
del
tempo
.
E
se
l
'
uomo
avveduto
,
se
l
'
uomo
sapiente
,
cioè
il
poeta
(
poiché
è
appunto
un
poeta
che
si
è
assunto
il
compito
di
guidare
nella
vita
e
nell
'
arte
quelli
che
saranno
uomini
quando
egli
sarà
pressoché
al
termine
del
suo
viaggio
)
ha
trovato
il
modo
di
far
palpitare
,
ricordando
le
più
ideali
espressioni
di
una
vita
più
semplice
e
più
schietta
della
nostra
,
l
'
anima
giovanile
,
egli
ha
forse
tanto
meritato
della
sua
fatica
,
quanto
con
l
'
arte
sua
stessa
.
Così
una
gran
parte
del
volume
mette
il
fanciullo
nel
bel
mezzo
del
mondo
eroico
...
Ma
ascoltiamo
il
Mentore
:
«
Oh
!
il
mio
fanciullo
quanto
è
lontano
!
È
sulle
rive
dell
'
Ellesponto
,
è
nel
campo
degli
Achei
,
è
nel
mondo
di
Omero
.
Eppure
più
s
'
allontana
da
ciò
che
gli
è
intorno
,
più
s
'
avvicina
a
ciò
che
egli
è
dentro
.
È
uscito
dal
suo
ambiente
,
e
ha
trovato
la
sua
anima
.
Quegli
eroi
antichi
di
tre
millenni
sono
più
somiglianti
al
suo
essere
intimo
,
che
non
i
personaggi
de
'
racconti
d
'
oggidì
,
specialmente
de
'
racconti
per
bambini
.
Oh
!
il
gran
libro
per
i
bambini
che
è
l
'
Iliade
!
Il
mio
fanciullo
ne
è
preso
:
egli
vede
se
stesso
in
Achille
,
che
è
pur
così
grande
e
che
,
quando
,
nell
'
impeto
del
dolore
,
si
rotola
per
terra
,
copre
tanto
spazio
.
Fanciullo
mio
,
non
è
vero
che
t
'
assomiglia
?
Tu
non
ti
vendichi
,
è
vero
,
così
terribilmente
;
anzi
,
perché
ascolti
alcuni
divini
precetti
,
non
ti
vendichi
affatto
.
Ma
quando
sei
adirato
,
che
cosa
non
ti
proponi
di
fare
!
E
anche
tu
,
quando
non
ti
puoi
sfogare
,
piangi
;
e
piangi
in
disparte
anche
tu
.
E
dici
:
mamma
!
mamma
!
anche
se
ella
è
lontana
,
anche
se
ella
è
lontanissima
,
morta
;
e
la
chiami
per
ogni
tuo
cruccio
e
per
ogni
tuo
dolore
con
un
gran
ripetìo
,
con
un
singultìo
continuato
,
torcendoti
le
mani
dalla
disperazione
.
Oppure
le
mani
le
tendi
;
le
tendi
,
se
non
al
mare
,
al
cielo
infinito
.
E
viene
allora
?
Ti
dice
ella
,
Mia
creatura
,
che
piangi
?
e
qual
passione
t
'
accora
?
Dimmelo
,
non
lo
nascondere
:
in
due
lo
vogliamo
sapere
!
ti
dice
ella
così
?
Presso
a
poco
,
ella
ti
dice
così
e
ti
stringe
la
tuta
fra
le
sue
due
mani
.
E
non
sei
tu
che
fai
le
bizze
ora
?
Ti
sei
impuntato
a
castigare
i
compagni
privandoli
della
tua
compagnia
ne
'
loro
giochi
;
e
castighi
te
stesso
.
Ti
rodi
di
non
essere
con
loro
e
non
vuoi
volere
.
Eccolo
il
giovinetto
imbronciato
,
che
sta
in
un
cantuccio
:
né
all
'
adunata
egli
più
si
recava
,
ch
'
esalta
i
guerrieri
,
né
alla
guerra
egli
più
:
ma
bensì
macerava
il
suo
cuore
standosi
lì
,
e
anelava
tra
sé
l
'
ululato
di
guerra
.
Non
la
guerra
,
non
l
'
ululato
di
guerra
,
veramente
;
ma
giù
di
lì
:
può
anzi
essere
a
dirittura
la
guerra
con
eroi
dall
'
elmo
di
cartone
e
dalla
spada
di
legno
,
ma
può
anche
essere
caponiscondere
e
mosca
cieca
.
Ma
facendo
questa
riduzione
,
non
più
dal
grande
al
piccolo
,
ma
,
per
così
dire
,
dal
selvatico
al
domestico
,
sii
Achille
,
o
giovinetto
buono
,
sii
Achille
,
quando
si
tratta
del
tuo
dovere
!
E
fissati
ora
nell
'
anima
e
presentati
poi
nel
pensiero
,
ogni
volta
che
il
dovere
da
adempiere
sia
con
dolore
e
con
pericolo
,
presentati
nel
pensiero
il
fulvo
eroe
sul
carro
da
guerra
:
e
il
cavallo
gli
parla
con
la
testa
china
e
con
la
criniera
spiovente
e
tersa
e
gli
dice
:
Andremo
e
morrai
!
ed
esso
risponde
:
E
morrò
:
Disse
e
d
'
un
urlo
tra
i
primi
egli
spinse
al
galoppo
i
cavalli
.
Prepara
il
cuore
alle
traversie
:
verranno
.
Ricordati
che
si
può
e
si
deve
essere
eroi
anche
senza
lanciarsi
,
l
'
un
contro
l
'
altro
,
le
lancie
guarnite
di
bronzo
.
Ricordati
che
il
sommo
dell
'
eroismo
non
è
nel
riluttare
,
ma
nel
rassegnarsi
(
Achille
si
rassegna
alla
morte
)
,
nel
soffrire
anche
più
che
nel
fare
»
(
G
.
PASCOLI
,
Nota
per
gli
alunni
,
in
Sul
limitare
,
cit
.
,
pp
.
XI
-
XII
)
.
Ed
a
traverso
il
mondo
eroico
il
fanciullo
è
trasportato
in
mezzo
al
mondo
romano
,
e
ne
apprende
qualche
gloria
fulgida
dalla
parola
colorita
di
Livio
,
qualche
ignominia
dagli
accenti
rotti
e
fieri
di
Tacito
,
finché
giunge
all
'
età
media
,
a
quel
tempo
in
cui
gli
uomini
parvero
ritornati
«
a
quella
selvatica
e
semplice
infanzia
in
che
erano
al
tempo
di
Achille
e
del
suo
poeta
»
(Ibid.,
p
.
XIII
)
.
Ed
anche
qui
altri
eroi
,
altri
racconti
meravigliosi
;
ed
egli
accoglie
pensoso
nell
'
anima
i
fatti
di
cui
si
gloriano
le
nuove
nazioni
nate
dal
disfacimento
del
più
grande
impero
del
mondo
,
e
si
domanda
forse
perché
anche
l
'
Italia
non
ha
nella
sua
parte
l
'
eco
di
quella
società
nuova
che
si
veniva
formando
lentamente
dal
dissolvimento
di
un
'
antica
.
Chi
sa
?
Forse
per
noi
la
fine
dell
'
Impero
«
non
fu
un
tramonto
o
fu
un
tramonto
polare
,
cui
non
seguì
la
notte
,
ma
l
'
alba
,
quasi
senza
intervallo
.
Non
ci
fu
penombra
e
il
nostro
popolo
non
ebbe
tempo
di
sognare
»
(Ibid.,
p
.
XIV
)
.
E
questa
ragione
merita
un
attento
esame
.
E
poi
agli
occhi
del
piccolo
lettore
s
'
apre
il
mondo
delle
meraviglie
,
è
Ulisse
,
sono
semplici
racconti
e
leggende
popolari
,
è
qualche
favola
,
qualche
parabola
,
qualche
allegoria
;
racconto
e
ragionamento
nel
tempo
stesso
,
per
adombrare
qualche
altra
verità
,
alle
volte
con
voce
divina
.
E
finalmente
si
trova
in
un
tribunale
nell
'
Elica
,
ed
ivi
apprende
come
si
debba
piuttosto
morire
che
mancare
al
suo
dovere
.
«
Le
parole
di
Socrate
nel
vestibolo
e
sul
limitare
della
morte
sono
tali
che
nessuno
venuto
al
mondo
deve
uscirne
senza
averle
imparate
»
(Ibid.,
p
.
XVIII
)
.
E
da
ultimo
quando
il
giovinetto
è
passato
attraverso
ad
un
'
altra
parte
del
libro
di
pensieri
e
di
affetti
è
maturo
per
imparare
a
conoscere
i
due
più
grandi
spiriti
di
nostra
gente
:
Virgilio
e
Dante
.
Con
tali
intendimenti
è
fatto
questo
magnifico
libro
,
che
io
chiamerei
volentieri
un
'
opera
di
fede
;
libro
fatto
non
per
insegnare
come
s
'
abbiano
a
dire
le
cose
(
questa
preoccupazione
è
stata
sempre
,
io
credo
,
una
delle
principali
ragioni
della
nostra
debolezza
morale
)
ma
le
cose
che
si
possono
poi
dire
agli
altri
ed
anche
non
dire
:
libro
che
ha
la
divina
virtù
di
svegliare
in
noi
,
anche
diventati
grandi
,
il
fanciullo
che
in
noi
dorme
;
quel
fanciullo
che
sa
qualche
volta
additarci
con
la
sua
voce
semplice
e
buona
e
istintivamente
una
mèta
nobile
ed
alta
ed
a
volte
anche
gloriosa
.
E
lode
sia
a
G
.
Pascoli
di
questo
suo
grande
benefizio
;
sia
lode
a
lui
che
tante
volte
ascolta
con
orecchio
attento
e
ripete
con
voce
commossa
la
voce
del
fanciullo
che
così
spesso
in
lui
si
risveglia
.
StampaPeriodica ,
I
Poiché
G
.
Pascoli
ce
ne
dà
la
speranza
,
«
Il
Marzocco
»
potrà
mantenere
ai
suoi
lettori
un
'
antica
promessa
,
e
offrirà
loro
una
serie
di
studi
su
Dante
.
Il
poeta
del
Vischio
ha
tutto
rivolto
ora
il
suo
meraviglioso
acume
all
'
esame
della
Divina
Commedia
e
giunge
a
conclusioni
nuove
ed
inaspettate
,
tali
che
nessuna
persona
colta
deve
ignorare
in
Italia
.
Forse
egli
stesso
acconsentirà
di
compendiare
per
noi
quello
che
di
più
sostanziale
si
verrà
derivando
dalla
sua
indagine
amorosa
,
e
sarà
questo
il
dono
migliore
che
ai
nostri
intelligenti
lettori
noi
potremo
fare
.
Intanto
però
ci
è
sembrato
necessario
di
richiamare
all
'
attenzione
di
tutti
,
un
libro
che
egli
ha
già
pubblicato
da
2
anni
,
Minerva
Oscura
,
in
cui
esamina
tutta
la
costruzione
morale
del
divino
poema
.
È
un
libro
poco
divulgato
fuori
della
cerchia
degli
studiosi
,
ma
che
pure
deve
essere
letto
da
chi
voglia
seguire
con
animo
attento
l
'
indagine
nuova
del
nostro
illustre
collaboratore
ed
amico
.
Io
mi
propongo
di
farne
un
'
esposizione
più
chiara
che
per
me
si
potrà
,
avvertendo
che
sarò
costretto
,
per
ragioni
di
spazio
,
a
tacere
le
prove
di
molte
affermazioni
ivi
contenute
,
che
i
lettori
faran
bene
a
ricercare
nel
libro
.
Dante
,
ha
osservato
il
Pascoli
,
ha
confessato
di
voler
essere
oscuro
e
di
volere
ora
esercitare
l
'
acume
,
ora
mettere
a
prova
la
dottrina
dei
suoi
lettori
;
e
di
questa
sua
intenzione
assai
spesso
li
avverte
.
Ora
quando
egli
dà
quegli
ammonimenti
è
in
certo
qual
modo
un
Dante
diverso
da
quello
che
prima
segue
Virgilio
e
poi
Beatrice
:
non
è
più
un
Dante
attore
,
ma
un
Dante
autore
che
ci
parla
.
«
Ora
io
credo
dice
il
Pascoli
che
a
noi
convenga
,
per
intendere
il
poema
,
seguire
appunto
l
'
attore
,
il
Dante
che
figura
come
ammaestrato
e
guidato
e
illuminato
continuamente
a
mano
a
mano
,
prima
da
Virgilio
,
poi
da
Beatrice
,
e
qua
e
là
impara
da
tutti
e
da
tutto
;
e
finge
,
per
mostrare
agli
altri
come
possano
condurvisi
,
di
essere
tratto
esso
di
servo
...
a
libertate
'
.
Da
questa
parte
di
Dante
io
penso
che
come
è
naturale
che
derivi
non
piccola
oscurità
,
perché
l
'
autore
,
fingendo
che
l
'
attore
sia
ammaestrato
nella
verità
via
via
,
non
può
dire
la
verità
qual
'
è
,
d
'
un
tratto
;
così
è
sperabile
che
a
noi
venga
la
luce
,
se
non
presumeremo
di
precedere
Dante
stesso
e
di
veder
più
di
quello
che
egli
stesso
dice
di
aver
veduto
»
(
MO
,
IV
,
13-14
)
.
Vinti
dunque
i
primi
dubbi
che
spesso
l
'
hanno
arrestato
nella
prima
parte
del
suo
cammino
,
ecco
Dante
alle
porte
di
Dite
,
ove
Virgilio
gli
dichiara
la
costruzione
dell
'
Inferno
.
L
'
esposizione
che
fa
il
maestro
non
è
tra
le
più
chiare
,
primieramente
perché
Virgilio
,
sia
che
simboleggi
la
Ragione
o
la
Filosofia
,
chiara
non
la
poteva
fare
,
ed
in
secondo
luogo
,
perché
essendo
egli
il
maestro
vuole
che
il
discepolo
lavori
anch
'
egli
a
comprendere
.
Ma
ad
ogni
modo
dall
'
esposizione
di
Virgilio
questo
risulta
chiaro
,
che
delle
tre
disposizioni
che
il
ciel
non
vuole
,
una
,
l
'
Incontinenza
,
è
punita
fuori
della
città
roggia
,
e
le
altre
due
Malizia
e
la
matta
Bestialità
,
dentro
;
e
che
queste
due
equivalgono
ad
una
triplice
malizia
di
cui
ingiuria
è
il
fine
:
violenza
cioè
,
frode
in
colui
che
si
fida
,
e
frode
in
quello
che
fidanza
non
imborsa
.
Dei
peccati
d
'
incontinenza
,
lussuria
,
gola
ed
avarizia
,
Dante
conosceva
già
il
nome
,
come
sa
anche
il
nome
dei
peccati
puniti
nella
palude
pingue
dove
sono
l
'
anime
di
color
cui
vinse
ira
e
di
quelli
che
portaron
dentro
«
accidioso
fummo
»
8Inf
.
,
VII
,
123
)
.
Quindi
anche
dell
'
ira
e
dell
'
accidia
Dante
sa
il
nome
.
Dei
sette
peccati
capitali
,
due
dunque
,
l
'
Invidia
e
la
Superbia
non
sembrano
puniti
nell
'
Inferno
danTesco
,
e
la
ricerca
del
Pascoli
è
tutta
rivolta
a
scoprire
dove
essi
siano
puniti
dentro
la
città
di
Dite
.
Ma
intanto
ricordando
l
'
altra
lezione
che
Virgilio
fa
a
Dante
nel
Purgatorio
(
canto
XVII
)
subito
egli
nota
una
corrispondenza
che
è
fra
loro
.
Nell
'
Inferno
Virgilio
ha
ragionato
dei
tre
cerchietti
,
che
avevano
ancora
da
visitare
,
nel
Purgatorio
invece
tace
dei
tre
cerchi
superiori
e
parla
dei
quattro
che
hanno
già
visitato
,
tace
cioè
dell
'
avarizia
,
della
gola
e
della
lussuria
,
e
parla
invece
della
superbia
,
dell
'
invidia
,
dell
'
ira
e
dell
'
accidia
.
Non
è
senza
importanza
questo
silenzio
:
egli
tace
perché
la
natura
di
quei
tre
peccati
l
'
ha
già
dichiarata
al
suo
discepolo
precedentemente
.
Così
che
,
applicando
questa
correlazione
ai
peccati
nell
'
Inferno
,
dobbiamo
conchiudere
che
i
peccatori
dei
tre
cerchietti
«
rei
di
malizia
di
cui
ingiuria
è
il
fine
,
secondo
che
l
'
ingiuria
è
con
forza
o
con
frode
o
con
tradimento
,
erano
appunto
irosi
,
invidi
e
superbi
»
(
MO
,
VIII
,
25
)
.
Nel
Purgatorio
noi
sappiamo
anche
quale
è
la
causa
donde
discendono
tutti
i
peccati
:
l
'
amore
;
e
sappiamo
come
essi
sono
ordinati
,
non
come
sono
in
S
.
Tommaso
,
ma
come
sono
invece
in
S
.
Bonaventura
,
in
Ugo
di
S
.
Vittore
e
in
S
.
Gregorio
.
Ma
nell
'
Inferno
sono
essi
ordinati
così
,
e
quale
ne
è
la
ragione
e
la
natura
?
Di
tre
,
quelli
derivanti
da
incontinenza
si
sa
;
ma
degli
altri
quattro
?
E
qui
si
comincia
l
'
esame
di
questi
quattro
peccati
oscuri
,
e
primieramente
dell
'
ultimo
,
quello
del
nono
cerchio
ove
è
l
'
imperator
del
doloroso
regno
.
Il
peccato
del
primo
Angelo
è
stato
senza
dubbio
la
superbia
,
che
è
secondo
S
.
Agostino
appetito
di
perversa
eccellenza
,
amore
di
primazia
.
Lucifero
è
dunque
principio
del
male
,
come
la
superbia
è
inizio
di
ogni
peccato
.
E
che
così
sia
veramente
è
confermato
dal
Dottore
d
'
Aquino
,
il
quale
dopo
aver
insegnato
«
che
in
ogni
peccato
è
un
volgersi
verso
un
commutevole
bene
e
un
ritorcersi
dal
bene
immutabile
che
è
Dio
,
affermava
che
nella
superbia
un
torcesi
da
Dio
non
proveniva
da
ignoranza
o
debolezza
o
desiderio
di
alcuna
cosa
,
come
negli
altri
peccati
,
ma
da
ciò
quod
non
vult
Deo
et
eius
regulae
subiici
.
In
questo
modo
ogni
peccato
comincia
con
la
superbia
,
ossia
col
disprezzo
di
quella
tal
legge
di
Dio
,
che
proibisce
quel
tal
atto
»
(
MO
,
X
,
29
)
.
Ma
se
in
ogni
peccato
è
superbia
,
vi
è
pure
una
superbia
di
per
sé
.
Quella
del
primo
Angelo
si
manifestò
con
alzar
le
ciglia
contro
Dio
,
quella
degli
uomini
col
non
volersi
sottoporre
a
lui
ed
alle
sue
leggi
.
Per
Lucifero
la
legge
era
di
riconoscer
da
Dio
la
sua
creazione
e
aspettar
lume
,
per
l
'
uomo
fu
tempo
che
si
riduceva
al
solo
divieto
del
pomo
.
Trasgredito
questo
divieto
e
commesso
il
primo
peccato
che
fu
di
superbia
,
perché
il
tentatore
disse
ad
Eva
che
essi
sarebbero
come
Iddii
,
si
moltiplicarono
per
gli
uomini
i
divieti
,
divieti
che
furono
da
Dio
rivelati
a
Mosè
nelle
due
tavole
che
gli
diede
sul
Sinai
:
così
che
fu
peccato
poi
la
violazione
di
ognuno
di
questi
comandamenti
di
Giustizia
.
Importante
è
quindi
esaminare
come
si
possono
dividere
questi
precetti
.
È
chiaro
che
quei
della
prima
tavola
riguardano
le
relazioni
dell
'
uomo
con
Dio
,
e
quelli
della
seconda
che
cominciano
«
Onora
il
padre
tuo
e
la
madre
tua
»
riguardano
la
relazione
degli
uomini
fra
loro
,
ma
pure
il
I
della
seconda
tavola
ha
una
certa
affinità
con
quelli
che
riguardano
Iddio
,
perché
i
genitori
sono
particolarmente
principio
del
nostro
essere
come
Dio
ne
è
il
principio
universale
.
Quindi
tre
sono
le
divisioni
che
si
possono
fare
di
tutti
i
dieci
comandamenti
:
i
primi
tre
riguardano
la
religio
che
è
verso
Dio
;
il
quarto
la
pietas
che
è
verso
i
genitori
e
gli
ultimi
sei
la
justitia
communiter
dicta
,
che
è
tra
eguali
.
È
naturale
che
di
tutti
questi
precetti
quelli
che
si
possono
più
facilmente
osservare
sono
quelli
che
si
violano
con
maggiore
ingiustizia
,
e
quindi
più
severa
punizione
merita
la
trasgressione
di
quello
di
Religione
e
Pietà
,
anzi
che
quella
di
giustizia
comunemente
intesa
.
«
E
io
osserva
il
Pascoli
pensai
al
lago
del
centro
terrestre
che
aggela
per
il
ventilare
delle
sei
ali
del
primo
superbo
.
Facilmente
s
'
intende
come
notassi
subito
che
era
diviso
in
quattro
circuizioni
,
e
come
ricordassi
i
quattro
precetti
di
Religione
e
di
Pietà
,
cui
violare
credevo
essere
superbia
»
(
MO
,
XII
,
34
)
.
Nella
Caina
(
traditori
dei
consanguinei
)
adunque
,
sarebbero
puniti
i
violatori
del
quarto
comandamento
che
quantunque
suoni
:
onora
il
padre
tuo
e
la
madre
tua
,
implica
anche
i
consanguinei
;
nella
Antenora
(
traditori
della
patria
)
i
violatori
del
terzo
:
Ricordati
di
santificare
il
giorno
di
Sabato
.
E
qui
si
richiede
una
breve
spiegazione
.
Secondo
S
.
Tommaso
,
observatio
sabbati
est
signum
generalis
beneficii
scilicet
productionis
universae
creaturae
(
Summa
Th
.
2a
e
2ae
CXXII
)
.
«
Festeggiare
dunque
il
giorno
del
Riposo
di
Dio
,
è
quanto
riconoscere
che
Dio
fece
caelum
et
terram
,
la
qual
Terra
è
la
patria
nostra
presente
,
e
il
Cielo
la
patria
futura
»
(
MO
,
XII
,
35
)
.
Quindi
il
peccato
di
Bocca
si
può
esprimere
con
queste
parole
:
"
Violò
il
Sabato
del
Signore
"
.
Nella
Tolomea
(
traditori
dei
commensali
)
sono
puniti
i
violatori
del
secondo
precetto
:
Non
prendere
in
vano
il
nome
del
Signore
Dio
tuo
,
col
quale
si
proibisce
lo
spergiuro
che
pertiene
a
irreligiosità
;
e
spergiura
in
massimo
grado
chi
viola
la
santità
della
mensa
;
e
finalmente
nella
Giudecca
,
come
di
leggieri
si
può
concludere
sono
puniti
i
violatori
del
primo
precetto
:
"
Non
avrai
altri
dii
innanzi
a
me
"
.
Ma
giunto
a
questo
punto
il
Pascoli
ha
il
dubbio
che
Dante
più
che
questa
distinzione
ne
possa
avere
avuta
in
mente
una
più
semplice
suggeritagli
da
uno
scrittore
che
in
questo
luogo
aveva
presente
,
da
Cicerone
,
il
quale
disse
di
Romolo
uccisor
del
fratello
:
Omisit
pietatem
et
bumanitatem
(
De
off
..
III
109
,
il
che
potrebbe
condurre
a
questa
affermazione
più
semplice
,
che
superbia
sia
violare
la
Pietà
quale
è
in
Cicerone
e
altro
peccato
sia
violare
l
'
umanità
sola
.
Queste
induzioni
non
bastano
però
al
critico
dotto
:
egli
vuole
approfondir
maggiormente
il
suo
argomento
.
La
superbia
viola
i
precetti
di
giustizia
,
cioè
i
primi
quattro
comandamenti
.
Vediamo
adunque
che
cosa
è
la
giustizia
.
Secondo
S
.
Tommaso
è
perpetua
et
constans
voluntas
ius
suum
unicuique
tribuendi
,
è
atto
di
essa
reddere
unicuique
quod
suum
est
(
Summa
Th
.
2a
e
2ae
LVIII
)
.
Atto
dell
'
ingiustizia
dunque
sarà
altrui
in
ferre
iniuriam
,
quindi
in
Dante
malizia
è
precisamente
quello
che
Cicerone
intende
per
ingiustizia
,
Cum
...
duobus
modis
,
id
est
,
aut
vi
aut
fraude
,
fiat
iniuria
,
dice
l
'
Arpinate
nel
De
Officiis
(
I,13
,
41
)
,
e
più
oltre
:
fundamentum
iustitiae
est
fides
(
De
off
.
I
,
7
,
23
)
;
e
questi
due
luoghi
ricordano
assai
chiaramente
ciò
che
dice
Virgilio
a
Dante
nel
canto
XI
dell
'
Inferno
,
quando
parla
della
violenza
e
della
frode
.
I
fraudolenti
,
dunque
,
sono
rei
contro
la
giustizia
comunemente
detta
,
mentre
da
chi
tradisce
è
offesa
la
Religione
e
la
Pietà
.
«
E
così
mi
pareva
considerando
i
peccatori
del
nono
cerchio
e
i
loro
peccati
,
poi
che
di
quelli
che
sono
nelle
tre
bocche
di
Lucifero
,
Giuda
aveva
tradito
direttamente
Cristo
,
e
Bruto
e
Cassio
la
Monarchia
,
che
dipende
direttamente
da
Dio
(
Mon
.
III
,
15
)
:
avevano
tradito
,
non
tanto
,
come
dissi
,
per
il
mezzo
fraudolento
posto
in
opera
dall
'
uno
e
dagli
altri
,
quanto
per
la
persona
,
perché
Dio
era
il
loro
benefattore
,
o
immediatamente
,
come
Cristo
,
o
mediatamente
,
come
Cesare
;
e
perciò
Dio
e
Cesare
avevano
particolar
motivo
di
fidarsi
di
loro
,
sì
che
Cristo
esclamava
:
"
Con
un
bacio
!
"
e
Cesare
"
Anche
tu
,
figlio
?
"
.
Gli
altri
peccatori
della
Giudecca
e
della
Tolomea
avevano
pur
tradito
Dio
,
nelle
persone
che
per
il
benefizio
più
avevano
di
Dio
e
in
quelle
che
per
Dio
erano
state
accolte
alla
mensa
ospitale
,
e
gli
uni
e
gli
altri
avevano
perciò
fede
intera
nel
beneficato
e
nell
'
ospite
.
E
anche
quelli
dell
'
Antenora
avevano
offeso
direttamente
Dio
,
il
che
,
più
che
per
altro
,
intendevo
per
la
differenza
tra
Bocca
,
traditore
di
parte
guelfa
o
della
patria
,
e
Camicion
de
'
Pazzi
,
uccisore
di
un
suo
congiunto
.
Poi
che
questi
non
rifugge
di
dire
il
suo
nome
,
perché
non
crede
il
suo
peccato
gravissimo
tra
tutti
,
anzi
aspetta
un
altro
suo
congiunto
,
che
per
la
colpa
di
aver
tradito
la
patria
,
faccia
parer
meno
grave
la
sua
d
'
aver
tradito
un
parente
.
In
fatti
,
essendo
la
superbia
appetito
di
perversa
eccellenza
,
tale
appetito
non
si
può
mostrare
che
da
chi
vuoi
essere
superiore
al
Sommo
,
cioè
a
Dio
.
Ora
questo
appetito
si
punisce
in
Inferno
anche
col
desiderio
del
contrario
,
come
chiaramente
a
Dante
,
che
aveva
domandato
se
volesse
fama
,
risponde
Bocca
:
"
del
contrario
ho
io
brama
"
e
come
chiaramente
dimostrano
gli
altri
peccatori
della
Ghiaccia
»
(
MO
,
XIII
,
38-39
)
.
Ma
v
'
è
qualche
cosa
ancora
da
osservare
.
Che
nella
Ghiaccia
sia
punita
la
superbia
che
si
nasconde
sotto
il
nome
di
tradimento
o
di
frode
in
chi
si
fida
,
è
provato
da
questo
passo
di
S
.
Agostino
.
«
È
bene
avere
in
alto
il
cuore
;
non
tuttavia
verso
di
sé
,
che
è
della
superbia
;
ma
verso
il
Signore
che
è
dell
'
obbedienza
,
che
non
può
essere
se
non
degli
umili
.
Vi
è
dunque
mirabilmente
nell
'
umiltà
qualche
cosa
che
solleva
in
alto
il
cuore
,
e
qualche
cosa
nell
'
elevazione
che
porta
il
cuore
a
basso
.
Or
pare
un
assurdo
che
l
'
elevazione
sia
per
in
giù
e
l
'
umiltà
in
su
»
(
Civ
.
D
.
XIV
13
,
in
MO
,
XIV
,
40
)
.
E
i
peccatori
della
Ghiaccia
tengono
il
viso
basso
oltre
che
sono
nell
'
imo
,
e
l
'
anima
che
trade
ruinò
in
quella
cisterna
,
e
questo
cader
dell
'
anima
significa
che
il
suo
tradere
è
un
superbire
e
che
ipsum
extolli
iam
deiici
est
.
Queste
sono
le
conclusioni
del
Pascoli
intorno
al
peccato
di
superbia
.
Nel
prossimo
numero
daremo
conto
ai
nostri
lettori
di
quello
che
egli
dice
intorno
all
'
invidia
.
II
Che
il
peccato
di
superbia
richiami
subito
alla
mente
quello
d
'
invidia
è
dichiarato
da
S
.
Agostino
,
il
quale
dice
che
l
'
una
partorisce
l
'
altra
,
ed
è
provato
dall
'
ordine
stesso
in
cui
sono
disposti
i
peccati
,
perché
l
'
invidia
viene
subito
dopo
la
superbia
.
Lucifero
adunque
fu
superbo
e
perciò
anche
invido
,
e
la
lupa
è
stata
appunto
dall
'
invidia
prima
,
cioè
dall
'
invidia
del
primo
superbo
,
dipartita
dall
'
inferno
.
Adunque
i
due
peccati
sono
affini
,
ed
hanno
fra
loro
questa
differenza
,
che
l
'
una
è
contro
Dio
,
l
'
altra
contro
gli
uomini
.
Lucifero
ebbe
invidia
di
Adamo
e
lo
indusse
nel
peccato
di
superbia
a
cui
seguì
quello
d
'
invidia
,
al
peccato
di
Adamo
,
cioè
,
quello
di
Caino
.
Così
che
Caino
è
da
Dante
rappresentato
come
superbo
nella
Ghiaccia
e
come
invido
nel
Purgatorio
.
«
Anciderammi
qualunque
m
'
apprende
»
(
Purg
.
XIV
,
133
)
grida
una
voce
nel
secondo
balzo
,
e
se
nell
'
Inferno
il
fratricida
è
superbo
,
ciò
dipende
dal
fatto
che
quantunque
il
suo
peccato
sia
contro
il
prossimo
,
fu
pure
contro
Dio
,
perché
tutto
il
prossimo
per
lui
si
riduceva
al
solo
fratello
.
Così
al
Pascoli
par
ragionevole
di
supporre
che
in
Malebolge
,
nel
cui
mezzo
vaneggia
il
pozzo
della
superbia
,
sia
punita
l
'
invidia
,
ossia
frode
in
chi
fidanza
non
imborsa
;
ed
a
confortarlo
in
questa
opinione
lo
soccorre
il
luogo
del
Purgatorio
,
in
cui
l
'
amore
o
carità
è
considerata
contraria
all
'
invidia
:
Questo
cinghio
sferza
La
colpa
dell
'
invidia
,
e
però
sono
Tratte
da
amor
le
corde
della
ferza
(
Purg
.
XIII
,
37-39
)
.
Dimostra
quindi
il
nostro
amico
illustre
come
le
operazioni
dei
fraudolenti
siano
pure
degli
invidi
:
i
seduttori
e
gli
adulatori
,
infatti
,
nel
far
male
al
prossimo
usarono
le
stesse
arti
del
serpente
tentatore
,
che
fu
,
giova
ripeterlo
,
invido
;
i
simoniaci
hanno
attristato
il
mondo
«
calcando
i
buoni
e
sollevando
i
pravi
»
(
Inf
.
XIX
,
105
)
,
facendo
cioè
quello
che
fa
l
'
invido
,
il
quale
«
nessun
male
crede
poter
fare
più
grande
al
buono
e
al
valente
,
che
esaltare
sopra
lui
il
malvagio
e
l
'
inetto
»
(
MO
,
XVI
,
45
)
;
gli
indovini
non
vedono
innanzi
più
di
quel
che
vide
Satana
quando
disse
ai
primi
parenti
:
sarete
come
Iddii
;
e
come
Satana
che
si
mutò
in
serpente
fecero
i
falsificatori
di
sé
stessi
;
e
il
principal
vizio
del
diavolo
,
che
è
bugiardo
e
padre
di
menzogna
,
ebbero
i
falsari
,
e
i
seminatori
di
discordie
parimenti
fecero
come
il
Nemico
che
fu
autore
della
separazione
tra
l
'
uomo
e
Dio
,
e
come
lui
fecero
gli
ipocriti
,
i
ladri
e
i
barattieri
e
i
pravi
consiglieri
.
Il
luogo
stesso
di
Malebolge
col
suo
color
ferrigno
ricorda
il
balzo
degli
invidiosi
del
Purgatorio
con
la
ripa
e
la
via
«
col
livido
color
della
petraia
»
(Purg.,
XIII
,
9
)
.
E
non
è
questa
la
sola
relazione
che
vi
è
fra
gli
invidi
del
Purgatorio
e
i
fraudolenti
dell
'
Inferno
.
Se
in
quello
il
mal
che
s
'
ama
è
solamente
del
prossimo
,
si
può
dire
lo
stesso
dei
peccati
che
in
questo
sono
puniti
,
nei
quali
è
l
'
odio
di
Dio
?
Pare
che
una
differenza
ci
sia
;
ma
leggendo
attentamente
le
definizioni
date
dei
superbi
e
degli
invidi
,
si
vedrà
che
il
concetto
che
ha
Dante
di
questi
due
peccati
nel
Inferno
non
discorda
da
quello
del
Purgatorio
.
Dice
Virgilio
dei
primi
:
E
'
chi
per
esser
suo
vicin
soppresso
Spera
eccellenza
;
e
sol
per
questo
brama
Ch
'
el
sia
di
sua
grandezza
in
basso
messo
(
Purg
.
XVII
,
115-117
)
e
dei
secondi
:
E
'
chi
podere
,
grazia
,
onore
e
fama
Teme
di
perder
per
ch
'
altri
sormonti
,
Onde
s
'
attrista
sì
che
il
contrario
ama
(
Purg
.
XVII
,
118-120
)
.
L
'
uno
,
dunque
spera
,
l
'
altro
teme
:
non
differiscono
prima
di
tutto
tra
loro
nel
desiderio
del
male
,
e
non
differirebbero
nella
materia
dell
'
azione
ma
nel
fine
ultimo
,
se
scendessero
all
'
atto
;
poiché
riuscirebbero
entrambi
fraudolenti
come
sono
quelli
dell
'
Inferno
,
l
'
uno
per
sopprimere
quello
che
gli
è
legittimante
superiore
,
l
'
altro
per
non
perdere
quello
che
ha
;
finirebbero
a
insomma
entrambi
per
odiare
Dio
stesso
.
Ma
v
'
è
un
'
altra
ragione
per
credere
che
in
Malebolge
sia
punita
l
'
invidia
,
ed
è
questa
.
Se
l
'
invidia
è
affine
alla
superbia
vi
deve
essere
qualche
cosa
di
comune
tra
i
peccatori
della
Ghiaccia
e
quelli
del
secondo
cerchietto
.
E
c
'
è
difatti
:
in
entrambi
c
'
è
la
ripugnanza
a
nomarsi
e
ad
essere
conosciuti
,
e
se
qualcuno
pur
si
noma
è
per
qualche
sottil
ragione
speciale
dalla
quale
non
è
offeso
il
fatto
generale
:
così
Guido
di
Montefeltro
,
il
quale
crede
che
Dante
non
sia
mai
per
tornare
al
mondo
,
così
Vanni
Fucci
,
che
si
dava
per
quel
che
non
era
,
cioè
per
uomo
di
sangue
e
di
crucci
,
e
menava
vanto
della
sua
vita
bestiale
;
ma
si
dipinse
di
trista
vergogna
quando
non
poté
fare
a
meno
di
confessare
la
colpa
di
essere
stato
«
ladro
alla
sacrestia
de
'
belli
arredi
»
(
Inf
.
XXIV
,
138
)
,
di
essere
cioè
stato
fraudolento
.
Invidi
e
superbi
adunque
quelli
che
contristano
altrui
con
froda
.
La
quale
spiace
più
a
Dio
perché
è
dell
'
uomo
proprio
male
.
Infatti
,
poiché
la
ragione
distingue
gli
uomini
dalle
bestie
,
è
naturale
che
sia
più
grave
l
'
ingiuria
che
si
fa
con
inganno
.
Ecco
così
dichiarato
uno
degli
elementi
della
froda
:
l
'
intelligenza
.
Ma
ve
ne
sono
altri
due
che
il
Pascoli
sottilmente
ricerca
per
giungere
quindi
a
delle
conclusioni
veramente
originali
e
inaspettate
.
Nell
'
episodio
di
Buonconte
è
raffigurato
l
'
Angel
di
inferno
nel
punto
di
commettere
il
male
:
Giunse
quel
mal
voler
,
che
pur
mal
chiede
Con
l
'
intelletto
,
e
mosse
il
fuoco
e
il
vento
Per
la
virtù
che
sua
natura
diede
(
Purg
.
V
,
112-114
)
.
Tre
sono
adunque
gli
attributi
del
Demonio
,
il
mal
volere
,
l
'
intelletto
e
la
virtù
che
sua
natura
diede
;
la
quale
ultima
virtù
sarebbe
alquanto
oscura
,
se
non
fosse
dichiarata
da
quel
luogo
dell
'
Inferno
in
cui
si
loda
la
natura
di
creare
bensì
elefanti
e
balene
,
ma
non
giganti
:
Ché
dove
l
'
argomento
della
mente
S
'
aggiunge
al
mal
volere
ed
alla
possa
,
Nessun
riparo
vi
può
far
la
gente
(
Inf
.
XXXI
,
55-57
)
.
Qui
dunque
ritroviamo
l
'
argomento
della
mente
,
cioè
l
'
intelletto
,
il
mal
volere
e
la
possa
che
equivale
appunto
a
quella
virtù
di
cui
si
è
detto
più
sopra
.
Ora
che
cosa
è
questa
possa
?
Nei
giganti
è
certamente
il
gran
corpo
;
ma
nell
'
Angel
d
'
Inferno
,
che
è
di
intellettual
natura
,
il
gran
corpo
non
può
essere
.
Dionisio
citato
da
S
.
Tommaso
dice
dei
demoni
che
in
essi
è
furor
irrationabilis
et
concupiscentia
amens
(
Summa
Th
.
1a
LIX
4
)
,
cioè
che
in
essi
è
l
'
irascibile
e
il
concupiscibile
,
che
sono
nella
parte
sensitiva
dell
'
anima
,
che
manca
appunto
nei
demoni
e
negli
angeli
.
Se
non
che
l
'
Aquinate
annota
che
furor
et
concupiscentia
metaphorice
dicuntur
esse
in
daemonibus
(
cfr
.
MO
,
XVIII
,
55
)
.
Non
potrebbe
Dante
aver
seguito
Dionisio
nella
sua
affermazione
e
S
.
Tommaso
nella
sua
spiegazione
,
ed
avere
per
«
la
virtù
che
sua
natura
diede
»
(
Purg
.
V
,
114
)
inteso
questo
appetito
sensitivo
che
si
distingue
in
irascibile
ed
in
concupiscibile
?
Lucifero
ha
infatti
tre
facce
alla
sua
testa
,
ed
in
esse
al
Pascoli
par
di
riscontrare
i
tre
attributi
da
lui
esposti
:
nella
faccia
vermiglia
è
la
volontà
di
cui
è
obbietto
il
male
,
in
quella
nera
l
'
intelletto
che
ha
per
obbietto
il
falso
,
in
quella
tra
bianca
e
gialla
quest
'
appetito
sensitivo
,
che
nei
suoi
due
colori
indica
chiaramente
le
due
suddivisioni
accennate
.
E
così
Lucifero
è
Anti
-
Dio
uno
e
trino
;
con
la
sua
faccia
vermiglia
dell
'
iniqua
volontà
si
oppone
al
primo
amore
,
con
la
bianca
e
gialla
della
forza
diabolica
si
oppone
alla
divina
potestate
,
con
la
nera
dell
'
intelletto
si
oppone
alla
somma
sapienza
;
ed
è
nello
stesso
tempo
la
superbia
,
origine
di
ogni
altro
peccato
,
e
la
superbia
di
per
sé
;
e
le
sei
grandi
ali
possono
simboleggiare
appunto
tutti
e
sei
i
peccati
che
da
lui
derivano
.
E
come
Lucifero
è
tricipite
,
così
Gerione
è
tricorpore
,
con
la
faccia
d
'
uomo
giusto
,
col
fusto
di
serpente
e
con
due
branche
pilose
infra
le
ascelle
.
Ora
come
l
'
invidia
assomiglia
alla
superbia
,
è
naturale
che
Gerione
assomigli
a
Lucifero
,
e
che
anche
in
lui
si
debbano
ritrovare
i
tre
attributi
di
quest
'
ultimo
.
Che
cosa
infatti
può
simboleggiare
la
faccia
d
'
uom
giusto
se
non
l
'
intelletto
,
che
cosa
il
fusto
di
serpente
,
«
quale
fu
il
primo
autore
d
'
ogni
male
»
(
MO
,
XIX
,
57
)
,
se
non
il
mal
volere
,
e
che
cosa
finalmente
le
due
branche
,
se
non
l
'
appetito
sensitivo
e
le
sue
due
grandi
suddivisioni
?
Con
questa
interpretazione
ogni
simbolo
s
'
illumina
di
una
luce
nuova
,
e
corrisponde
così
bene
in
ogni
sua
piccola
parte
a
quelle
dottrine
a
cui
Dante
poté
attingere
,
che
noi
restiamo
compresi
di
meraviglia
dinanzi
alla
nuova
e
poderosa
indagine
.
Ma
v
'
è
altro
da
ammirare
procedendo
oltre
nell
'
esame
.
Vanni
Fucci
per
far
credere
di
essere
stato
violento
dice
che
gli
piacque
vita
bestiale
e
non
umana
:
la
violenza
è
dunque
,
come
facilmente
si
può
comprendere
,
senza
intelletto
,
ed
è
tutt
'
una
con
la
matta
bestialitate
aristotelica
.
Si
ponga
mente
alla
stoltezza
di
Capaneo
:
egli
minaccia
Dio
di
non
allegra
vendetta
anche
se
lo
saetti
di
tutta
sua
forza
,
ed
è
nell
'
inferno
precipitatovi
appunto
dalla
saetta
di
Dio
!
Né
è
contro
quest
'
affermazione
il
fatto
che
i
violenti
più
gravi
siano
quelli
che
fanno
forza
nella
deità
.
Col
cor
negando
e
bestemmiando
quella
(
Inf
.
XI
,
47
)
;
poichè
spregiar
Dio
col
cuore
significa
spregiarlo
senza
il
concorso
dell
'
intelletto
,
ma
solo
col
Thumòs
cioè
con
la
parte
sensitiva
dell
'
anima
.
Perciò
i
guardiani
e
i
punitori
del
primo
cerchietto
,
i
centauri
,
il
Minotauro
,
le
Arpie
non
hanno
più
tre
nature
come
Gerione
e
Lucifero
,
ma
solamente
due
,
nelle
quali
sono
raffigurate
la
possa
o
appetito
sensitivo
e
il
mal
volere
.
Qual
è
dunque
il
peccato
che
si
punisce
nel
cerchio
dei
violenti
?
Il
Minotauro
quando
vide
i
poeti
,
sé
stesso
morse
,
Sì
come
quei
,
cui
l
'
ira
dentro
fiacca
(
Inf
.
XII
,
14-15
)
;
inoltre
«
ira
folle
»
(
MO
,
XXI
,
64
)
è
chiamata
quella
che
immolla
nel
fiume
di
sangue
;
un
de
'
centauri
,
sebben
da
lungi
,
minaccia
di
tirar
subito
l
'
arco
,
e
Chirone
prende
subito
uno
strale
appena
veduti
Dante
e
Virgilio
;
Pier
della
Vigna
dichiara
d
'
esser
stato
mosso
da
disdegnoso
gusto
e
feroce
chiama
l
'
anima
che
si
disvelle
dal
corpo
da
sé
stessa
;
di
sabbia
è
ancora
compreso
Capaneo
che
giace
dispettoso
e
i
cui
dispetti
Sono
al
suo
petto
assai
debiti
fregi
(
Inf
.
XIV
,
72
)
.
Questo
peccato
è
dunque
ira
.
Ora
si
comprende
come
possono
essere
stati
irosi
gli
omicidi
e
i
predoni
,
i
suicidi
e
i
dissipatori
e
finalmente
i
bestemmiatori
come
Capaneo
,
non
si
intende
facilmente
come
irosi
possano
essere
stati
i
sodomiti
e
gli
usurieri
.
Ma
anche
questa
difficoltà
d
'
interpretazione
vince
trionfalmente
il
Pascoli
.
Nella
Genesi
è
detto
che
l
'
uomo
fu
posto
nel
paradiso
terrestre
affinché
«
operasse
»
,
gli
fu
inoltre
rivolta
l
'
esortazione
:
«
Crescete
e
moltiplicate
»
(
Gen
.
1
,
28
)
.
Ora
tanto
l
'
operare
come
il
generare
non
sarebbero
stati
dolorosi
se
l
'
uomo
non
avesse
peccato
,
ma
sarebbero
stati
giocondo
l
'
uno
,
come
dice
Sant
'
Agostino
«
per
lo
sperimento
della
vita
naturale
»
e
lieve
l
'
altro
«
perché
si
conoscesse
che
la
procreazione
dei
figli
pertiene
alla
gloria
del
connubio
,
non
alla
pena
del
peccato
»
(
Civ
.
D
.
XIV
,
21
)
.
Quando
,
dopo
il
peccato
originale
,
all
'
uomo
,
fu
ingiunto
di
nutrirsi
col
sudor
della
fronte
ed
alla
donna
di
procrear
figli
con
dolore
,
il
monito
divino
ebbe
sì
il
carattere
di
castigo
,
ma
conservò
anche
quello
dell
'
antica
bontà
.
L
'
usuriere
,
dunque
,
negandosi
di
lavorare
,
offende
non
solo
la
bontà
divina
,
ma
fa
direttamente
anche
contro
la
giustizia
,
perché
solo
Adamo
nel
paradiso
terrestre
avrebbe
potuto
fare
contro
la
bontà
ricusando
di
lavorare
.
E
come
ci
si
può
ribellare
alla
giustizia
?
come
si
può
misconoscerla
?
Evidentemente
ritenendo
iniuria
il
ius
e
viceversa
.
E
così
fu
l
'
usuriere
che
tiene
ingiuria
il
castigo
dato
giustamente
agli
uomini
di
nutrirsi
col
sudore
del
loro
volto
e
si
ribella
,
si
fa
cioè
«
ghiotto
della
vendetta
»
(
Purg
.
XVII
,
122
,
cfr
.
MO
,
XXIII
,
68
)
,
appunto
come
San
Tommaso
dice
che
fa
l
'
irato
,
il
quale
in
tanto
cerca
vendetta
in
quanto
gli
par
giustizia
.
E
se
si
può
obbiettare
che
l
'
ira
è
con
ragione
,
e
che
quindi
non
può
esser
tutt
'
una
con
la
matta
bestialità
,
si
ponga
mente
a
quel
che
l
'
Aquinate
dice
di
essa
,
che
è
con
ragione
quodammodo
,
perché
quest
'
ultima
«
non
si
ci
accompagna
se
non
come
denunziatrice
dell
'
ingiuria
da
vendicare
»
(
MO
,
XXIV
,
71
)
,
mentre
poi
nell
'
atto
iroso
è
sempre
abbandonata
.
Rei
di
ira
sono
dunque
anche
i
peccatori
nella
cui
schiera
è
Ser
Brunetto
,
poiché
insomma
essi
hanno
creduto
pena
del
peccato
quella
che
è
gloria
del
connubio
:
non
han
voluto
,
procreando
,
crescere
l
'
infelicità
e
moltiplicare
la
morte
,
come
ingiustamente
parve
loro
che
dovesse
avvenire
dopo
le
parole
che
,
commesso
il
peccato
,
Dio
rivolse
ai
primi
parenti
,
e
perciò
si
ribellarono
.
Se
non
che
nel
settimo
balzo
del
Purgatorio
una
schiera
di
lussuriosi
grida
Soddoma
e
Gomorra
;
e
questo
fatto
parrebbe
distruggere
quella
corrispondenza
che
si
è
trovata
finora
fra
i
peccati
dei
due
regni
:
ma
a
chi
ponga
mente
(
e
la
dimostrazione
particolare
i
lettori
faran
bene
a
cercarla
direttamente
per
esteso
nel
libro
,
cfr
.
MO
,
XXV
,
75-79
)
che
nei
peccati
del
Purgatorio
,
dopo
il
giusto
loro
pentimento
,
si
toglie
«
l
'
aversione
della
mente
da
Dio
»
(
come
dice
S
.
Tommaso
Summa
Th
.
3ª
LXXXVI
4
)
,
che
consiste
nella
volontà
d
'
impedire
la
generazione
,
e
resta
solamente
l
'
atto
materiale
che
è
solo
di
lussuria
.
E
questa
osservazione
basta
a
spiegare
la
differenza
che
è
tra
la
violenza
di
Brunetto
Latini
e
l
'
incontinenza
di
quei
che
gridano
nel
Purgatorio
Soddoma
.
Ma
se
nel
cerchio
dei
violenti
è
punita
l
'
ira
quali
sono
i
peccatori
del
pantano
di
Stige
?
È
quello
che
,
se
i
lettori
consentono
,
vedremo
nel
prossimo
numero
.
III
Se
l
'
incontinenza
è
il
peccato
di
cui
sono
rei
i
lussuriosi
,
i
golosi
,
gli
avari
e
i
prodighi
,
ed
essa
,
secondo
la
divisione
dell
'
Etica
,
è
solamente
incontinenza
di
concupiscibile
,
non
è
senza
fondamento
credere
che
debbano
anche
essere
puniti
nell
'
inferno
gli
incontinenti
di
irascibile
,
che
è
l
'
altra
parte
dell
'
appetito
sensitivo
.
Rei
di
quest
'
ultimo
peccato
dunque
potrebbero
essere
i
puniti
nel
pantano
di
Stige
,
i
quali
non
son
messi
dentro
Dite
fra
gli
irosi
,
per
questa
ragione
,
che
non
ebbero
,
come
questi
ultimi
,
per
fine
il
male
,
e
non
fecero
ingiuria
.
Di
Filippo
Argenti
infatti
non
si
rammenta
alcun
peccato
particolare
,
e
l
'
atto
ch
'
egli
fa
di
volgersi
in
sé
medesimo
coi
denti
,
bene
indicherebbe
che
egli
non
fece
male
,
ma
l
'
avrebbe
voluto
fare
,
rodendosi
perciò
continuamente
per
l
'
odio
e
per
la
rabbia
.
Inoltre
l
'
essere
tutte
queste
anime
del
pantano
ignude
,
il
loro
piangere
,
il
disprezzo
con
cui
Virgilio
parla
di
loro
,
il
sapere
che
fra
esse
saranno
gran
regi
,
e
il
vedere
finalmente
per
la
palude
arrivare
su
una
nave
Flegias
,
fanno
simile
questo
luogo
all
'
Antinferno
,
dove
pure
è
gente
nuda
,
continuamente
in
moto
,
che
piange
continuamente
,
della
quale
Virgilio
non
vuol
ragionare
,
con
la
quale
è
mischiato
il
cattivo
coro
degli
angeli
e
dalla
cui
riva
vedono
i
poeti
arrivare
per
nave
Caron
.
Queste
somiglianze
rendono
certi
che
come
vi
è
un
Antinferno
così
vi
è
anche
un
Antidite
;
e
poiché
la
tristizia
dei
peccatori
fitti
nel
limo
è
simile
a
quella
di
coloro
che
«
visser
senza
infamia
e
senza
loro
»
(
Inf
.
III
,
36
)
,
conclude
il
Pascoli
che
accidiosi
sono
gli
ignavi
dell
'
Antinferno
e
accidiosi
questi
incontinenti
di
irascibili
dell
'
Antidite
.
Accidia
è
invero
,
secondo
S
.
Tommaso
,
taedium
bene
operandi
(
Summa
Th
.
l
ª
LXIII
2ae
passim
)
.
Dunque
quei
della
palude
pingue
non
fecero
il
bene
,
perché
sotto
il
predominio
dell
'
irascibile
amarono
il
male
(
e
in
questo
movimento
dell
'
animo
essi
si
distinguono
da
quei
d
'
oltre
Acheronte
,
i
quali
non
si
giovarono
in
alcun
modo
della
libertà
del
volere
concessa
agli
uomini
)
;
ma
il
male
poi
non
fecero
.
Ora
questi
che
Dite
non
vuole
,
sono
di
due
specie
:
coloro
che
furono
vinti
dall
'
ira
e
quelli
che
si
gorgogliar
l
'
inno
nella
strozza
(
accidia
è
secondo
la
definizione
di
Gregorio
Nysseno
,
tristitia
vocem
amputans
,
Cfr
.
MO
,
XXVIII
,
86
)
;
inquieti
i
primi
,
immobili
gli
altri
;
ma
entrambi
tristi
,
poiché
la
tristitia
è
per
quel
che
dice
S
.
Tommaso
«
media
tra
due
passioni
dell
'
irascibile
»
(
Summa
Th
.
l
ª
2ae
XXV
1
)
:
segue
cioè
il
male
che
si
temeva
e
precede
il
modo
d
'
ira
.
Sono
insomma
fitti
nel
limo
quelli
che
scontano
la
passione
del
concupiscibile
,
quelli
cioè
che
appetirono
la
vendetta
come
a
loro
possibile
ma
nei
quali
,
per
essere
molto
alta
la
persona
che
fece
nocumento
non
seguì
ira
,
sì
bene
tristizia
,
e
sono
inquieti
quelli
che
obbedirono
al
moto
dell
'
irascibile
.
E
se
si
obbietta
che
i
primi
non
si
abbiano
a
considerare
come
veri
incontinenti
di
ira
,
parendo
piuttosto
che
ne
siano
stati
privi
,
si
ricordi
che
incontinenza
non
significa
propriamente
eccesso
,
sì
bene
disordine
o
squilibrio
,
e
questi
immobili
sono
messi
insieme
cogli
inquieti
,
per
la
medesima
ragione
che
con
gli
incontinenti
della
ricchezza
sono
messi
anche
i
prodighi
.
Come
l
'
uomo
debba
poi
essere
temperato
in
tali
passioni
ci
mostra
Dante
quando
si
sdegna
con
Filippo
Argenti
:
egli
ci
mostra
che
vi
è
un
'
ira
per
zelum
che
è
giusta
,
assai
diversa
da
quella
per
vitium
che
è
invece
punita
(
Conv
.
IV
,
16
)
.
Ora
i
gran
regi
destinati
a
star
nel
pantano
,
vi
devono
essere
tuffati
per
difetto
della
prima
o
per
eccesso
della
seconda
?
Il
gastigo
che
essi
avranno
dopo
morte
è
certo
in
grande
contrasto
con
la
nobiltà
della
loro
vita
.
Essi
sono
vili
,
per
non
aver
usato
o
«
lo
freno
di
temperanza
»
o
«
lo
sprone
di
fortezza
»
,
che
sono
i
due
mezzi
coi
quali
,
secondo
le
parole
di
Dante
,
la
ragione
guida
l
'
appetito
«
che
irascibile
e
concupiscibile
si
chiama
»
(
Conv
.
IV
,
26
)
.
Quello
adunque
che
il
Poeta
desiderava
in
questi
gran
regi
era
il
sentimento
di
quella
giustizia
che
essi
non
ebbero
,
perché
come
Cesare
non
perdonarono
,
e
come
Augusto
non
vendicarono
:
e
la
loro
viltà
si
ridusse
a
non
aver
drizzato
la
loro
volontà
ad
essere
quando
come
il
primo
,
quando
come
il
secondo
.
Bene
,
adunque
,
quest
'
una
o
quest
'
altra
loro
viltà
corrisponde
alla
duplice
distinzione
degli
altri
rei
del
pantano
.
Accidiosi
,
dunque
,
i
peccatori
dell
'
Antidite
come
quelli
dell
'
Antinferno
,
con
questa
differenza
che
i
primi
«
per
le
passioni
del
concupiscibile
e
dell
'
irascibile
,
non
si
risolsero
alla
ingiuria
,
ma
non
vollero
la
giustizia
»
(
MO
,
XXIX
,
93
)
,
e
gli
altri
non
usarono
la
libertà
del
volere
:
incontinenti
questi
,
maliziosi
quelli
,
o
meglio
accidiosi
del
male
.
Ma
gli
altri
spiriti
sono
nell
'
Inferno
che
pure
si
potrebbe
dire
essere
puniti
per
accidia
«
Non
per
far
,
ma
per
non
fare
,
ho
perduto
Di
veder
l
'
alto
Sol
...
»
(
Purg
.
VII
,
25-26
)
dice
infatti
Virgilio
a
Sordello
.
Questi
spiriti
son
separati
appena
da
un
gradino
dagli
ignavi
,
che
stanno
sopra
di
loro
,
e
furono
dannati
per
un
difetto
e
non
per
una
colpa
.
Ma
anche
dei
peccatori
che
stanno
nelle
arche
si
può
dire
che
furono
puniti
non
per
altro
che
per
non
aver
adorato
o
riconosciuto
il
Creatore
e
per
aver
fatta
morta
la
anima
col
corpo
.
Anche
fra
essi
udiamo
lamenti
,
come
nel
Limbo
,
anche
il
luogo
dove
essi
sono
è
oscuro
,
e
dentro
Dite
,
sebbene
agli
spaldi
,
come
appunto
il
Limbo
è
dentro
l
'
Inferno
sebbene
nel
primo
cerchio
;
e
la
differenza
fra
i
non
battezzati
e
i
non
credenti
è
questa
che
nei
primi
la
mancanza
di
fede
fu
quasi
involontaria
,
volontaria
invece
nei
secondi
,
perché
questi
ultimi
,
dopo
Cristo
,
non
credettero
,
mentre
quelli
,
benché
prima
di
Cristo
,
adorarono
,
sebbene
non
debitamente
,
Dio
:
furono
cioè
traviati
dall
'
ignoranza
,
la
quale
appunto
genera
quei
peccati
che
ad
accidia
si
possono
ridurre
.
Accidiosi
dunque
anche
i
peccatori
del
Limbo
,
come
quelli
delle
arche
,
i
primi
rispetto
alla
vita
attiva
,
rispetto
alla
vita
contemplativa
o
intellettuale
i
secondi
.
Questa
interpretazione
fornisce
al
Pascoli
una
nuova
prova
che
il
Messo
del
Cielo
che
apre
le
porte
di
Dite
sia
Enea
;
Enea
che
Dante
prende
,
nel
Convito
,
a
modello
del
buon
cavalcatore
che
frena
e
sprona
il
concupiscibile
e
l
'
irascibile
con
la
temperanza
e
la
fortezza
,
e
nel
De
Monarchia
dichiara
esempio
di
nobiltà
.
Chi
dunque
meglio
di
lui
poteva
passare
a
piante
asciutte
la
palude
della
non
attività
o
non
giustizia
o
viltà
o
ignobiltà
a
disordine
nell
'
irascibile
?
Resta
ancora
al
Pascoli
,
dopo
questo
,
di
dichiarare
un
altro
punto
;
se
a
questi
accidiosi
dell
'
Inferno
corrispondono
nel
Purgatorio
altri
rei
dello
stesso
peccato
,
ma
a
Dio
conversi
.
Prima
di
entrar
le
Porte
del
Purgatorio
il
poeta
vede
«
andar
lentamente
o
sedersi
stanche
anime
che
si
conversero
bensì
a
Dio
,
ma
tardivamente
,
per
difetto
nella
Volontà
.
Queste
anime
sono
di
quattro
ragioni
:
di
scomunicati
,
di
altri
che
indugiarono
il
pentimento
al
punto
di
morte
,
di
altri
a
cui
il
pentimento
fu
in
certo
modo
estorto
dalla
morte
violenta
,
di
altri
,
che
sono
re
e
principi
,
che
hanno
negletto
ciò
che
dovevano
fare
.
Tutti
sono
negligenti
,
quanto
a
dire
accidiosi
in
certo
modo
»
(
MO
,
XXXIII
,
108
)
.
E
si
possono
ridurre
a
due
specie
:
quelli
che
per
maledizione
ecclesiastica
avevano
se
non
perduto
almeno
smarrito
l
'
eterno
amore
,
e
corrispondono
ai
sospesi
del
Limbo
ed
agli
eresiarchi
,
e
quelli
che
non
essendo
in
istato
di
infedeltà
vissero
aversi
e
si
conversero
solo
all
'
ultimo
momento
,
e
corrispondono
agli
ignavi
dell
'
Antinferno
e
agli
accidiosi
dello
Stige
:
e
la
valletta
amena
dove
sono
imperatori
,
re
e
principi
,
puniti
per
qualche
loro
negligenza
è
in
perfetta
correlazione
col
Nobile
Castello
del
Limbo
.
Procede
quindi
il
Pascoli
,
pei
balzi
del
Purgatorio
,
cogliendo
brevemente
le
relazioni
,
già
prima
particolarmente
esposte
,
fra
i
peccati
quivi
puniti
e
i
corrispondenti
dell
'
Inferno
,
finché
Dante
giunge
alla
foresta
viva
:
«
da
selva
a
foresta
:
dall
'
impedimento
del
vizio
alla
libertà
,
dalle
tenebre
alla
luce
»
(
MO
,
XXXIII
,
113
)
.
E
sopra
il
poeta
è
il
Paradiso
,
al
quale
egli
sale
guardando
negli
occhi
a
Beatrice
,
cioè
alla
scienza
divina
,
dopo
di
essere
stato
immerso
nei
fiumi
Letè
e
Eunoè
.
Vede
prima
il
cielo
della
Luna
,
un
pianeta
con
macchie
,
dove
appariscono
,
come
ombre
riflesse
da
specchi
o
da
acque
nitide
e
tranquille
,
anime
un
po
'
appannate
;
poi
il
cielo
di
Mercurio
,
spera
«
che
si
vela
a
'
mortai
con
gli
altrui
raggi
»
(
MO
,
XXXIV
,
113
)
.
I
beati
del
primo
cielo
avevano
fatto
olocausto
a
Dio
della
loro
volontà
,
e
la
loro
volontà
era
stata
poi
sforzata
:
e
quanto
essi
corrispondano
e
ai
non
credenti
del
Limbo
e
in
qualche
modo
anche
agli
ignavi
di
oltre
Acheronte
è
manifesto
per
questo
:
perché
essi
avevano
la
loro
volontà
unita
a
Dio
per
il
voto
,
ed
essa
in
Dio
non
si
fermò
mentre
i
sospesi
avevano
la
loro
volontà
decisa
da
Dio
per
il
peccato
originale
ed
essa
a
Dio
non
si
congiunse
:
né
per
loro
colpa
.
Inoltre
come
i
beati
annullarono
la
loro
volontà
in
Dio
,
i
dannati
di
oltre
Acheronte
l
'
annullarono
in
sé
.
In
Mercurio
sono
spiriti
attivi
bensì
,
ma
perché
onore
e
fama
gli
succeda
.
La
loro
attività
ebbe
meno
meriti
,
perché
deviarono
i
loro
desideri
da
Dio
.
Farinata
adunque
fu
uno
di
coloro
che
«
a
ben
far
poser
gl
'
ingegni
»
(
Inf
.
VI
,
81
)
,
se
non
avesse
misconosciuto
Dio
,
e
i
rissosi
dello
Stige
,
pure
uomini
attivi
,
se
non
fossero
stati
spinti
,
sebbene
invano
,
dall
'
ira
,
avrebbero
in
questo
cielo
la
loro
sede
,
come
ve
l
'
avranno
certamente
un
giorno
i
principi
della
valletta
amena
.
Questi
due
cieli
adunque
corrispondono
all
'
Antinferno
e
all
'
Antidite
come
pure
all
'
Antipurgatorio
,
e
formano
alla
loro
volta
una
specie
di
Antiparadiso
.
Gli
spiriti
amanti
che
sono
nel
cielo
di
Venere
avrebbero
potuto
,
per
l
'
influsso
di
quella
stella
,
essere
trascinati
o
in
mezzo
alla
bufera
infernale
o
tra
le
fiamme
del
Purgatorio
:
e
non
c
'
è
luogo
qui
di
illustrare
a
lungo
la
corrispondenza
.
Nel
Cielo
del
Sole
sono
i
santi
dottori
che
amarono
la
verace
manna
.
Quanto
diversi
questi
nutriti
di
luce
e
di
verità
da
quelli
che
sotto
la
pioggia
«
maledetta
,
fredda
e
greve
»
(
Inf
.
VI
,
81
)
,
urlano
come
cani
!
E
tanto
fra
questi
dotti
come
fra
i
golosi
Dante
ode
parlare
della
risurrezione
della
carne
:
e
l
'
accenno
,
nel
Paradiso
,
ad
Eva
«
il
cui
palato
a
tutto
il
mondo
costa
»
(
Purg
.
XIII
,
39
)
richiama
alla
mente
l
'
albero
del
Purgatorio
«
con
pomi
ad
adorar
soavi
e
buoni
»
(
Purg
.
XXII
,
132
)
.
Infine
l
'
idea
di
contrapporre
ai
golosi
i
dotti
scaturisce
tutta
dal
primo
dramma
che
si
compié
nel
Paradiso
terrestre
,
dove
il
Tentatore
aveva
invitato
i
primi
uomini
a
mangiar
del
pomo
,
colla
fallace
lusinga
che
essi
avrebbero
saputo
il
bene
e
il
male
.
Sale
dal
Sole
il
Poeta
nel
cielo
di
Marte
,
dove
sono
i
guerrieri
della
Fede
,
i
liberali
del
loro
sangue
,
che
con
la
loro
suprema
mobilità
ci
fanno
pensare
a
quegli
avari
che
sono
supini
e
distesi
aderendo
al
pavimento
.
Né
Cacciaguida
invano
rammenta
in
questa
sfera
il
misurato
spendio
e
il
nessun
lusso
dei
suoi
tempi
,
né
invano
,
parlando
di
Cangrande
,
predice
il
non
curar
che
egli
farà
dell
'
argento
.
Siamo
in
Giove
,
dove
i
giusti
ci
ricordano
i
gran
regi
che
devono
essere
tuffati
nel
lago
di
Stige
perché
la
giustizia
non
vollero
.
E
questo
delle
sfere
di
Venere
,
del
Sole
,
di
Marte
e
di
Giove
è
un
paradiso
medio
,
assegnato
alle
virtù
nell
'
esercizio
delle
quali
l
'
animo
nostro
patisce
«
alcuna
mistura
»
(
Purg
.
XXVIII
,
29
)
dell
'
appetito
,
che
non
ha
luogo
nell
'
uso
più
pieno
di
beatitudine
,
che
è
lo
speculativo
,
e
cessa
dunque
la
corrispondenza
delle
virtù
premiate
coi
vizi
puniti
.
Cessa
in
realtà
;
ma
formalmente
continua
ancora
,
perché
contrapposto
al
cerchietto
e
alla
cornice
della
violenza
e
dell
'
ira
è
il
cielo
di
Saturno
,
il
re
mite
della
pace
;
e
a
Malebolge
e
alla
cornice
dell
'
invidia
è
contrapposto
il
regno
dei
Gemini
,
dal
quale
Dante
riconosce
il
suo
ingegno
,
e
dal
quale
volgendo
in
giù
gli
occhi
vede
«
L
'
aiuola
che
ci
fa
tanto
feroci
»
(
Par
.
XXII
,
151
)
atto
questo
che
ci
chiama
alla
memoria
quel
che
Virgilio
dice
nella
cornice
dell
'
invidia
:
«
Chiamavi
il
cielo
e
intorno
vi
si
gira
Mostrandovi
le
sue
bellezze
eterne
,
E
l
'
occhio
vostro
pure
a
terra
mira
(
Purg
.
XIV
,
148-150
)
.
Così
al
centro
della
fossa
è
contrapposto
il
Primo
Mobile
,
e
nell
'
Empireo
a
Lucifero
uno
e
trino
,
Dio
uno
e
trino
ugualmente
.
Ed
è
questo
il
disegno
di
Dante
,
come
il
Pascoli
ha
visto
:
disegno
che
io
ho
cercato
di
esporre
fedelmente
,
valendomi
molte
volte
,
anche
quando
chiaramente
non
l
'
ho
indicato
,
delle
espressioni
stesse
del
mio
illustre
e
soavissimo
amico
.
Alle
cui
profonde
e
geniali
idee
io
non
ho
in
altro
modo
giovato
se
non
cercando
che
esse
fossero
divulgate
in
una
cerchia
più
ampia
di
lettori
.
E
ad
essi
l
'
autore
stesso
di
Minerva
oscura
parlerà
spero
,
direttamente
in
uno
dei
prossimi
numeri
:
il
che
è
certamente
il
più
bel
dono
che
io
potessi
loro
procurare
.