StampaQuotidiana ,
Nei
movimenti
femminili
,
ciò
che
mi
sembra
sommamente
sbagliato
è
lo
spirito
di
competizione
con
il
sesso
opposto
,
e
lo
spirito
d
'
orgoglio
.
Le
parole
«
donna
è
bello
»
non
hanno
nessun
senso
.
In
verità
essere
una
donna
non
è
né
bello
né
brutto
,
oppure
è
tutt
'
e
due
,
lo
stesso
come
essere
un
uomo
.
Ne
sbagliato
scoprire
delle
ragioni
d
'
orgoglio
,
o
delle
ragioni
d
'
avvilimento
,
nella
propria
nascita
o
origine
,
o
nella
propria
condizione
umana
.
Riguardo
all
'
essere
ebrei
,
è
sbagliato
esserne
avviliti
,
sbagliato
gloriarsene
.
Riguardo
all
'
essere
omosessuali
,
è
sbagliato
esserne
umiliati
,
sbagliato
esserne
orgogliosi
.
L
'
atteggiamento
giusto
è
sentire
,
nei
confronti
della
propria
condizione
umana
,
una
totale
indifferenza
.
Una
fra
le
cose
che
oggi
avvelenano
il
mondo
,
è
la
retorica
costruita
sopra
delle
semplici
condizioni
umane
.
Si
suole
dire
che
l
'
orgoglio
ideologico
,
nei
movimenti
femminili
per
esempio
,
è
generato
da
secoli
di
umiliazioni
e
persecuzioni
,
ed
è
perciò
giustificabile
e
comprensibile
.
Questo
significa
che
bisogna
accordare
loro
indulgenza
,
se
assumono
atteggiamenti
sbagliati
,
se
commettono
errori
.
Ma
l
'
indulgenza
va
accordata
agli
errori
delle
persone
singole
,
non
agli
errori
delle
idee
.
Alle
idee
si
chiede
che
siano
vere
e
giuste
,
subito
e
in
assoluto
.
Non
credo
che
gli
esseri
umani
abbiano
,
in
quanto
esseri
umani
,
nessuna
giusta
ragione
d
'
orgoglio
.
Non
credo
che
sia
una
giusta
ragione
d
'
orgoglio
né
essere
una
donna
,
né
essere
un
uomo
,
né
essere
un
omosessuale
.
Non
credo
che
sia
una
ragione
d
'
orgoglio
né
l
'
essere
madre
,
né
l
'
essere
padre
,
né
il
non
esserlo
.
Meno
ancora
credo
che
una
di
queste
condizioni
umane
sia
una
ragione
d
'
umiliazione
.
Allo
stesso
modo
,
non
credo
che
sia
una
ragione
d
'
orgoglio
appartenere
alla
schiera
dei
giovani
,
né
credo
che
appartenere
alla
schiera
dei
vecchi
sia
umiliante
.
Simili
condizioni
umane
,
in
se
stesse
,
non
sono
evidentemente
né
un
merito
,
né
una
colpa
.
Portarle
come
dei
meriti
,
o
delle
colpe
,
è
un
'
attitudine
di
assoluta
stolidità
e
irrealtà
.
Tutto
questo
appare
ovvio
,
ma
è
accaduto
che
nel
mondo
presente
,
si
siano
riempite
le
strade
di
fiumane
d
'
orgoglio
e
d
'
umiliazione
e
che
tali
fiumane
siano
di
qualità
sessuale
,
o
razziale
,
o
generazionale
.
I
meriti
e
le
colpe
sono
cosa
strettamente
individuale
,
inscindibile
dalla
coscienza
di
ogni
essere
singolo
.
Ciascuno
di
noi
conosce
le
proprie
colpe
e
i
propria
meriti
,
e
se
ne
gloria
o
se
ne
avvilisce
dentro
di
sé
.
Riguardo
all
'
orgoglio
,
esso
è
legittimo
in
una
persona
,
per
un
'
azione
singola
che
questa
stessa
persona
ha
compiuto
.
E
però
legittimo
e
tollerabile
se
non
dura
più
d
'
un
istante
.
Quando
lo
sentiamo
protrarsi
nel
tempo
,
ne
sentiamo
la
stolidità
e
l
'
irrealtà
.
Quando
diventa
un
'
attitudine
dello
spirito
,
non
è
più
tollerabile
.
Non
lo
tollerano
gli
altri
in
noi
,
e
non
lo
tolleriamo
noi
in
noi
stessi
,
se
guardiamo
in
noi
stessi
con
un
giusto
sguardo
.
L
'
orgoglio
riveste
la
nostra
stessa
immagine
,
dentro
di
noi
,
di
uniformi
e
di
insegne
,
che
la
separano
dalle
comunità
.
Riguardo
all
'
avvilimento
,
è
anch
'
esso
legittimo
soltanto
se
episodico
e
momentaneo
.
Ma
quando
diventa
un
'
attitudine
dello
spirito
,
a
sua
volta
veste
allora
la
nostra
stessa
immagine
di
un
'
uniforme
,
la
copre
di
grigi
grembiali
e
la
induce
a
scivolare
via
a
testa
bassa
.
Si
tratta
un
'
attitudine
dello
spirito
forse
meno
intollerabile
dell
'
orgoglio
,
perché
più
disarmata
e
più
mite
,
e
perché
i
negletti
grembiali
sono
ben
meglio
delle
insegne
dei
capitani
.
è
però
un
'
attitudine
dello
spirito
sbagliata
e
viziata
non
meno
dell
'
orgoglio
,
quando
ricopre
e
schiaccia
l
'
intiera
nostra
esistenza
,
nel
passato
,
nel
presente
e
nel
futuro
.
Anche
il
grigiore
dell
'
avvilimento
è
un
modo
di
pensare
la
nostra
immagine
separata
dalle
comunità
.
Ora
noi
possiamo
sentirci
,
in
mezzo
alle
comunità
,
soli
e
diversi
,
ma
il
desiderio
di
rassomigliare
ai
nostri
simili
e
il
desiderio
di
condividere
il
più
possibile
il
destino
comune
è
qualcosa
che
dobbiamo
custodire
nel
corso
della
nostra
esistenza
e
che
se
si
spegne
è
male
.
Di
diversità
e
solitudine
,
e
di
desiderio
di
essere
come
tutti
,
è
fatta
la
nostra
infelicità
e
tuttavia
sentiamo
che
tale
infelicità
forma
la
sostanza
migliore
della
nostra
persona
ed
è
qualcosa
che
non
dovremmo
perdere
mai
.
Ragioni
di
scoprirci
diversi
in
mezzo
alle
comunità
,
noi
ne
abbiamo
infinite
,
e
ciascuno
trova
prontamente
le
proprie
,
o
le
ha
trovate
e
coltivate
fin
dalla
più
lontana
infanzia
.
Tutti
o
quasi
tutti
siamo
o
donne
,
o
ebrei
,
o
omosessuali
,
oppure
siamo
diversi
semplicemente
per
inclinazione
alla
diversità
,
per
malinconia
,
per
timidezza
,
per
nevrosi
,
per
silenzio
.
Siamo
tutti
«
diversi
»
.
L
'
essenziale
è
portare
giustamente
la
propria
diversità
,
l
'
essenziale
è
non
farne
né
un
'
insegna
né
un
'
uniforme
,
e
mescolarla
silenziosamente
nelle
infinite
diversità
degli
altri
,
in
quelle
che
noi
riteniamo
le
comunità
dei
non
diversi
e
normali
.
Comunque
,
l
'
orgoglio
e
l
'
avvilimento
sono
i
nostri
stati
d
'
animo
abituali
,
e
noi
usiamo
passare
dall
'
uno
all
'
altro
come
dalla
notte
al
mattino
.
Finché
sono
i
nostri
sentimenti
individuali
,
e
finché
sono
volubili
e
momentanei
,
non
sono
di
qualità
scadente
.
Diventano
però
di
qualità
deteriore
e
scadente
se
diventano
il
fondamento
di
un
'
idea
.
A
muovere
le
idee
e
a
portarle
avanti
dovrebbero
essere
dei
sentimenti
di
qualità
superiore
e
nobile
,
e
fatti
per
essere
innalzati
su
un
piano
universale
.
Sono
di
questa
qualità
e
natura
l
'
impegno
civile
,
la
solidarietà
umana
,
il
senso
della
giustizia
,
il
coraggio
.
La
parola
«
valori
»
è
una
parola
che
oggi
adoperiamo
e
leggiamo
con
diffidenza
,
perché
è
stata
adoperata
troppo
e
male
,
si
è
scolorita
e
sembra
non
significare
più
nulla
.
Tuttavia
è
forse
proprio
questa
parola
che
è
necessario
adoperare
per
mettere
in
chiaro
ciò
che
può
essere
innalzato
su
un
piano
universale
.
L
'
orgoglio
non
è
un
valore
e
non
ha
qualità
universale
.
L
'
orgoglio
ideologico
,
noi
lo
detestiamo
e
ci
fa
orrore
,
quando
prende
forma
di
orgoglio
di
patria
.
Lo
riconosciamo
allora
in
tutta
la
sua
turpitudine
.
Nesso
è
orribile
perché
irreale
.
E
orribile
anche
e
soprattutto
perché
è
una
sorgente
di
odio
,
perché
cerca
intorno
a
sé
delle
armi
per
uccidere
i
propri
nemici
,
quelli
che
pensa
come
propri
nemici
,
e
separa
un
paese
dalla
folla
dei
paesi
,
lo
separa
colmandolo
di
ideologiche
vanità
e
irrealtà
.
L
'
orgoglio
di
sesso
nei
movimenti
femminili
è
però
assai
simile
all
'
orgoglio
di
patria
,
poiché
ne
assume
le
fattezze
,
ne
assume
gli
aspetti
aggressivi
e
faziosi
,
la
grottesca
e
irreale
combattività
.
Essere
donne
,
essere
ebrei
,
essere
o
diventare
omosessuali
,
è
come
essere
nati
in
un
paese
o
in
un
altro
.
La
persona
adulta
è
tenuta
a
trarre
,
dalle
origini
che
le
ha
assegnato
il
caso
,
i
massimi
beni
possibili
,
e
la
massima
quantità
possibile
di
conoscenza
della
propria
terra
.
Ma
alle
umiliazioni
e
oppressioni
e
persecuzioni
che
la
società
ha
inflitto
o
infligge
alle
donne
,
o
agli
omosessuali
,
o
agli
ebrei
,
donne
e
omosessuali
e
ebrei
sono
tenuti
a
rispondere
come
se
umiliazioni
e
oppressioni
e
persecuzioni
non
offendessero
soltanto
loro
ma
l
'
intiera
collettività
degli
uomini
.
Nessi
sono
tenuti
a
rispondere
non
con
le
miserabili
combattività
dell
'
orgoglio
ingiuriato
ma
con
l
'
indifferenza
ai
propri
fatti
personali
e
territoriali
che
contraddistingue
la
vera
e
adulta
libertà
.
Ne
invalso
oggi
il
costume
di
radunare
alcuni
gruppi
umani
in
sorte
di
eserciti
,
che
si
propongono
di
imitare
i
partiti
politici
,
o
anzi
dichiarano
di
muoversi
al
seguito
di
insegne
o
bandiere
.
Ma
i
partiti
politici
nascono
da
scelte
politiche
,
ideologiche
,
morali
.
I
migliori
fra
i
partiti
politici
sono
fondati
su
idee
vere
,
su
un
vero
e
reale
e
possibile
disegno
del
mondo
,
e
le
loro
idee
,
partendo
da
valori
universali
,
sono
nel
loro
contenuto
migliore
libere
da
ogni
specie
di
orgoglio
ideologico
,
quindi
chiare
e
secche
.
Le
separazioni
che
si
creano
fra
la
gente
,
per
motivi
politici
,
hanno
un
senso
.
Le
separazioni
che
si
creano
fra
la
gente
,
quando
non
perseguono
un
chiaro
disegno
del
mondo
,
non
hanno
nessun
senso
.
Le
separazioni
che
si
delineano
fra
i
gruppi
umani
,
le
alleanze
fra
donne
,
o
fra
omosessuali
,
o
fra
ebrei
,
non
hanno
nessun
senso
perché
non
ubbidiscono
a
una
scelta
politica
,
ma
si
basano
su
un
lontano
fatto
d
'
origine
,
legato
all
'
ora
della
nascita
,
o
magari
,
come
è
forse
nel
caso
degli
omosessuali
,
legato
a
una
lontana
decisione
infantile
.
Identificare
le
condizioni
umane
con
i
partiti
politici
è
perciò
irreale
.
Non
esiste
,
fra
le
condizioni
umane
e
i
partiti
politici
,
nessuna
specie
di
affinità
.
Una
condizione
umana
non
è
frutto
di
scelta
,
ma
discende
dal
destino
e
dal
caso
.
I
movimenti
femminili
non
saranno
mai
un
partito
politico
,
perché
mentre
è
ben
possibile
immaginare
un
mondo
governato
dalle
forze
d
'
una
determinata
e
nuova
classe
sociale
,
immaginare
un
mondo
composto
esclusivamente
di
donne
e
dominato
da
loro
è
impossibile
,
irreale
e
mortale
.
StampaQuotidiana ,
Pochissime
sono
le
cose
che
mi
rallegrano
in
questo
inizio
dell
'
anno
:
mi
rallegra
però
il
fatto
che
Paolo
Poli
canti
e
reciti
in
un
teatro
della
città
.
Sono
stata
a
vederlo
già
due
volte
e
vi
potrei
sempre
tornare
;
qualunque
giornata
disordinata
e
confusa
,
del
tutto
priva
di
senso
,
può
avere
al
suo
termine
alcune
ore
in
quel
teatro
;
e
anche
se
io
non
ci
vado
,
sono
contenta
che
si
avveri
per
altri
ogni
sera
,
non
molto
lontano
da
casa
mia
,
il
miracolo
del
divertimento
.
Se
dovessi
descrivere
Paolo
Poli
a
qualcuno
che
non
l
'
avesse
mai
visto
,
direi
di
lui
che
la
sua
figura
è
quella
di
un
giovinetto
esile
:
ignoro
la
sua
età
,
ma
ho
l
'
idea
che
comunque
resterà
sempre
come
un
esile
giovinetto
;
che
il
suo
linguaggio
è
un
puro
toscano
;
che
i
suoi
spettacoli
sono
,
in
genere
,
parodie
di
romanzi
o
di
commedie
dell
'
Ottocento
,
o
del
primo
Novecento
,
inframmezzate
da
canzoni
;
che
quando
canta
alza
nell
'
aria
le
sue
lunghe
braccia
snodate
e
le
mani
fini
e
soavi
,
assomigliando
a
una
bella
ragazza
,
o
a
un
cigno
,
o
a
un
fiore
dall
'
altissimo
stelo
;
che
suscita
ilarità
con
la
grazia
,
in
un
tempo
in
cui
la
comicità
sembra
poter
nascere
soltanto
su
note
stridenti
e
odiose
,
da
volti
e
gesti
scomposti
e
ripugnanti
.
Lui
è
comico
restando
se
stesso
,
conservando
i
suoi
tratti
lindi
e
gentili
.
Non
c
'
è
tuttavia
nulla
di
lezioso
o
vezzoso
nella
sua
grazia
:
non
c
'
è
in
lui
nessuna
civetteria
,
e
nessuna
timidezza
,
nei
confronti
della
realtà
.
La
sua
grazia
sembra
rispondere
a
un
'
armonia
intima
,
sembra
sprigionarsi
da
un
'
intima
e
lucidissima
intelligenza
.
Fra
i
suoi
molteplici
volti
nascosti
,
c
'
è
essenzialmente
quello
d
'
un
soave
,
ben
educato
e
diabolico
genio
del
male
:
è
un
lupo
in
pelli
di
agnello
,
e
nelle
sue
farse
sono
parodiati
insieme
gli
agnelli
e
i
lupi
,
la
crudeltà
efferata
e
la
casta
e
savia
innocenza
.
Usa
essere
circondato
,
nei
suoi
spettacoli
,
da
ragazzi
vestiti
da
donna
,
e
da
donne
vestite
da
uomo
:
ha
pochi
attori
,
e
li
traveste
in
un
modo
o
nell
'
altro
a
seconda
delle
esigenze
della
storia
.
I
suoi
attori
hanno
le
voci
chiocce
o
stridule
,
i
costumi
mal
cuciti
e
infilati
in
fretta
d
'
una
recita
di
collegio
;
i
costumi
hanno
l
'
aria
di
coprire
a
malapena
altri
panni
,
come
maglioni
o
calzettoni
di
lana
:
in
verità
questi
maglioni
forse
non
appaiono
,
ma
vien
fatto
di
pensarci
e
di
riderne
come
se
si
intravedessero
.
I
suoi
attori
evidentemente
sono
bravissimi
,
perché
non
li
vorremmo
diversi
nemmeno
di
un
'
unghia
;
eppure
le
loro
voci
chiocce
o
in
falsetto
hanno
l
'
esatta
intonazione
di
chi
è
chiamato
a
recitare
per
la
prima
volta
.
Quanto
a
lui
,
i
suoi
travestimenti
(
da
zingara
,
o
da
monaca
,
o
da
frate
,
o
da
diavolo
,
o
da
aviatore
,
o
da
signora
)
sono
sempre
meravigliosi
;
ha
il
dono
di
cambiare
costume
in
un
lampo
,
e
quando
appare
in
un
nuovo
travestimento
,
nel
teatro
corre
un
brivido
di
gioia
e
di
emozione
,
esplodono
applausi
,
e
la
sua
alta
persona
volteggia
sulla
scena
e
nella
sala
svolazzando
con
ventagli
,
tuniche
o
piume
.
Fra
i
suoi
spettacoli
riusciti
e
felici
,
vanno
ricordati
La
nemica
di
Nicodemi
,
il
suo
presente
spettacolo
che
è
una
serie
di
romanzi
di
Carolina
Invernizio
,
e
La
vita
di
Santa
Rita
da
Cascia
che
era
stupendo
,
e
che
fu
sequestrato
come
blasfemo
:
in
verità
non
so
come
si
potesse
definirlo
blasfemo
;
è
un
grande
peccato
che
non
si
dia
più
,
e
darei
non
so
cosa
per
vederlo
ancora
una
volta
.
M
'
è
accaduto
di
assistere
a
suoi
spettacoli
non
del
tutto
riusciti
;
non
che
fossero
mai
sciocchi
o
freddi
,
ma
avevano
qualcosa
di
slegato
e
frammentario
;
mi
dispiaceva
per
lui
,
non
per
me
,
perché
io
mi
divertivo
ugualmente
,
quasi
senza
ombra
di
delusione
;
un
momento
di
suprema
bellezza
c
'
era
sempre
:
e
per
un
fedele
spettatore
di
Paolo
Poli
,
come
io
sono
,
non
importa
molto
la
riuscita
dello
spettacolo
,
basta
qualche
attimo
della
sua
presenza
sulla
scena
,
basta
un
attimo
d
'
una
sua
canzone
;
per
sentirgli
cantare
Sulle
sponde
del
Tigrai
penso
che
farei
chilometri
.
Dell
'
esito
felice
d
'
un
suo
spettacolo
,
mi
rallegro
sempre
,
come
della
fortuna
d
'
un
amico
o
d
'
un
parente
;
in
verità
non
sono
che
uno
spettatore
,
e
lui
di
persona
lo
conosco
appena
,
per
essere
andata
a
salutarlo
a
volte
nel
suo
camerino
.
Come
persona
,
per
quel
poco
che
so
di
lui
mi
sembra
estremamente
civile
,
gentile
e
umile
;
si
sa
cosa
può
fare
il
successo
con
le
persone
,
come
può
deformarle
e
involgarirle
;
pure
mi
sembra
che
sopra
di
lui
il
successo
dovrebbe
passare
senza
toccargli
un
capello
.
Inoltre
la
sua
fortuna
fra
la
gente
è
una
fortuna
di
qualità
particolare
,
è
qualcosa
che
sembra
rifiorire
ogni
sera
dal
nulla
e
come
per
caso
,
senza
alcun
legame
né
con
lo
snobismo
,
né
con
la
pubblicità
,
né
con
la
moda
.
Benché
egli
abbia
tra
la
gente
grande
fortuna
,
benché
il
suo
teatro
sia
ogni
sera
pieno
,
pure
non
mi
sembra
che
lui
sia
diventato
di
moda
:
e
spero
che
una
cosa
tossica
,
aberrante
e
pericolosa
come
la
moda
non
riesca
a
giocare
con
la
sua
persona
.
E
del
resto
forse
ogni
essere
ha
la
fortuna
che
il
suo
spirito
chiede
;
e
quando
uno
viene
deturpato
e
involgarito
dal
successo
,
è
ergermi
della
volgarità
erano
in
lui
preesistenti
,
e
si
potevano
scorgere
nel
suo
spirito
anche
quando
era
solo
e
oscuro
.
A
pensarci
bene
,
il
segreto
del
fascino
di
Paolo
Poli
è
proprio
nella
maniera
nobile
,
civile
e
intelligente
con
cui
tocca
,
esamina
ed
esprime
la
volgarità
rimanendone
pienamente
immune
.
Poiché
non
c
'
è
ombra
di
volgarità
in
lui
,
le
volgarità
e
i
luoghi
comuni
che
estrae
dal
passato
egli
li
illumina
con
un
totale
distacco
,
non
in
una
caricatura
deformante
e
grottesca
ma
in
un
disegno
penetrante
e
limpido
.
Dell
'
Ottocento
,
del
primo
Novecento
,
altri
avevano
fatto
parodie
prima
di
lui
.
Di
luoghi
comuni
e
di
trivialità
del
passato
,
esisteva
una
raccolta
di
parodie
e
farse
che
erano
diventate
non
altro
che
luoghi
comuni
e
trivialità
nuovi
.
Paolo
Poli
ha
buttato
via
dalla
sua
strada
tutte
le
farse
antiche
;
ci
ha
restituito
un
mondo
fantastico
che
ai
nostri
occhi
ha
l
'
incanto
delle
cose
ancor
vive
e
dissepolte
.
L
'
ilarità
in
noi
nasce
dalla
meraviglia
,
dalla
grande
felicità
di
poter
toccare
età
remote
con
mani
e
sguardi
totalmente
nuovi
.
Nel
suo
presente
spettacolo
,
in
mezzo
a
danze
di
zingare
,
neonati
partoriti
in
cantina
,
spose
tradite
e
sepolte
vive
,
lui
a
un
tratto
prende
a
cantare
Giovinezza
.
Canta
questa
canzone
com
'
era
prima
che
diventasse
l
'
inno
delle
camicie
nere
,
la
restituisce
in
tutta
la
soavità
floreale
che
aveva
nella
sua
origine
.
E
un
momento
meraviglioso
.
Questa
«
Giovinezza
»
di
cui
nessuno
può
dimenticare
il
destino
e
che
sorge
ad
un
tratto
sopra
una
fantasia
ottocentesca
,
mescolando
le
memorie
e
le
età
,
ha
il
potere
di
riportare
ai
nostri
piedi
non
soltanto
la
nostra
infanzia
,
ma
il
mondo
,
le
memorie
e
le
illusioni
della
generazione
che
ci
ha
preceduto
,
cioè
l
'
epoca
dei
nostri
padri
.
Su
tali
illusioni
e
memorie
,
non
è
proiettata
alcuna
sorta
di
rimpianto
crepuscolare
,
ma
le
inchioda
un
giudizio
inesorabile
;
melodie
floreali
e
spoglie
innocenti
e
soavi
,
nascondono
futuri
fatti
di
sangue
,
il
lupo
si
nasconde
dietro
ai
bianchi
riccioli
dell
'
agnello
.
E
solo
lui
può
cantare
Giovinezza
in
un
teatro
senza
che
riappaia
né
l
'
immagine
di
Mussolini
,
né
l
'
ironia
ormai
vecchia
e
involgarita
che
si
è
usata
su
questa
immagine
.
Solo
lui
può
farlo
,
essendo
lui
l
'
esatto
contrario
del
fascismo
,
essendo
tutto
quello
che
il
fascismo
ha
voluto
bandire
dalla
terra
.
Q
meglio
,
a
Mussolini
quando
lui
canta
Giovinezza
pensano
tutti
,
ma
per
misurare
e
giudicare
le
distanze
che
ci
separano
sia
dall
'
epoca
in
cui
Mussolini
viveva
e
operava
,
sia
dall
'
epoca
in
cui
l
'
abbiamo
irriso
.
E
in
fondo
appare
chiaro
che
a
Paolo
Poli
l
'
unica
cosa
che
stia
a
cuore
nelle
sue
parodie
è
questa
,
lo
scoprire
nella
goffaggine
,
nella
apparente
innocenza
e
nel
candore
delle
età
perdute
,
i
veleni
e
gli
orrori
delle
future
abbiezioni
.
Cuore ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Giorni
fa
ho
letto
che
è
morta
a
Torino
la
vedova
di
un
figlio
di
De
Amicis
,
Ugo
,
morto
nel
'63
.
Questo
Ugo
doveva
essere
il
bambino
«
Enrico
»
,
eroe
del
libro
Cuore
.
I
giornali
riportavano
una
fotografia
di
lui
con
la
moglie
.
I
fantasmi
della
nostra
infanzia
sono
indistruttibili
,
e
non
sanno
invecchiare
;
così
mi
sono
stupita
nell
'
apprendere
che
«
Enrico
»
aveva
avuto
una
professione
,
una
moglie
,
e
a
un
certo
punto
una
faccia
rugosa
e
dei
capelli
bianchi
.
Io
,
da
bambina
,
gli
avevo
dato
un
grembiale
,
un
cestino
per
la
merenda
e
dei
riccioli
;
e
con
quei
riccioli
e
con
quel
cestino
lo
vedevo
procedere
sulla
sua
strada
per
sempre
.
Ho
scoperto
poi
con
meraviglia
che
il
libro
Cuore
è
stato
pubblicato
nel
1886
:
perciò
quando
io
da
piccola
lo
leggevo
,
quel
libro
,
e
il
famoso
«
Enrico
»
,
erano
già
vecchi
di
quarant
'
anni
.
A
me
non
sembrava
,
leggendolo
nell
'
infanzia
,
un
libro
che
appartenesse
ad
un
'
altra
età
.
Il
mondo
che
vi
compariva
era
simile
,
nelle
sue
linee
essenziali
,
non
al
mondo
nel
quale
io
vivevo
,
ma
a
quello
che
mi
veniva
abitualmente
offerto
nei
libri
di
lettura
:
era
evidentemente
il
mondo
che
allora
si
pensava
dovesse
essere
somministrato
all
'
infanzia
.
Confrontando
però
oggi
Cuore
con
la
nostra
epoca
attuale
,
mi
sembra
invece
un
libro
antichissimo
:
precipitato
in
un
'
età
remota
,
esso
non
fa
che
illustrare
cose
che
non
esistono
più
,
un
mondo
caduto
in
cenere
.
Ai
libri
che
abbiamo
amato
nell
'
infanzia
,
restiamo
in
qualche
modo
fedeli
,
nell
'
affetto
,
per
tutta
la
vita
.
Cuore
io
lo
amavo
.
Sfogliandolo
oggi
,
scopro
però
che
lo
amavo
per
i
molti
vizi
che
sono
in
esso
e
che
erano
,
allora
,
in
me
.
A
parte
l
'
affetto
,
giudicando
oggi
Cuore
trovo
che
non
ì
per
niente
un
bel
libro
.
E
abile
e
falso
.
E
furbissimo
,
e
illustra
con
efficacia
retorica
un
mondo
che
,
in
verità
,
nella
sua
sostanza
,
non
è
mai
esistito
se
non
nei
libri
.
I
suoi
personaggi
non
hanno
nessuna
vita
;
definiti
all
'
inizio
,
percorrono
fino
alla
fine
il
cammino
e
compiono
i
gesti
che
fin
dall
'
inizio
ci
eravamo
aspettati
.
Garrone
è
sempre
giusto
e
generoso
;
Franti
è
sempre
perfido
;
il
muratorino
fa
sempre
il
muso
di
lepre
.
Vi
sono
,
è
vero
,
alcuni
ravvedimenti
;
il
padre
di
Precossi
,
fabbro
ferraio
che
era
spesso
«
briaco
»
,
e
batteva
il
figlio
,
commosso
perché
il
figlio
ha
preso
la
medaglia
si
pente
e
smette
di
bere
.
Ma
simili
trasformazioni
sono
in
qualche
modo
prevedibili
:
la
virtù
vince
il
male
,
il
cuore
trionfa
,
la
scuola
intesa
come
fucina
di
buoni
sentimenti
irradia
un
fuoco
benefico
,
istruisce
al
bene
.
Chi
non
si
ravvede
mai
,
per
fortuna
,
è
il
perfido
Franti
.
Dico
per
fortuna
,
perché
ricordo
d
'
avere
assai
temuto
nella
mia
infanzia
che
potesse
nel
corso
del
libro
diventare
buono
;
la
sua
malvagità
mi
affascinava
,
e
spiavo
dietro
di
lui
peccati
che
non
riuscivo
a
immaginare
,
ma
che
mi
figuravo
anche
più
sinistri
e
più
foschi
di
quelli
che
venivano
enumerati
.
In
verità
i
suoi
peccati
non
mi
apparivano
mai
abbastanza
tremendi
.
Ecco
cosa
faceva
:
«
...
Non
teme
nulla
,
ride
in
faccia
al
maestro
,
ruba
quando
può
,
si
porta
a
scuola
degli
spilloni
per
tormentare
i
vicini
,
si
strappa
i
bottoni
dalla
giacchetta
,
e
li
strappa
agli
altri
,
e
li
gioca
,
e
ha
cartella
,
quaderni
,
libri
,
tutto
sgualcito
,
stracciato
,
sporco
,
la
riga
dentellata
,
la
penna
mangiata
,
i
vestiti
pieni
di
frittelle
e
di
strappi
che
si
fa
nelle
risse
»
.
Non
riuscendo
forse
a
rappresentare
con
abbastanza
neri
colori
la
sua
cattiveria
,
a
un
certo
momento
lo
scrittore
ci
porta
davanti
sua
madre
:
«
affannata
,
coi
capelli
grigi
arruffati
,
tutta
fradicia
di
neve
...
raccogliendo
lo
scialle
che
strascicava
,
pallida
,
incurvata
,
con
la
testa
tremante
,
e
la
sentimmo
ancor
tossire
giù
per
le
scale
...
Il
direttore
guardò
fisso
Franti
in
mezzo
al
silenzio
della
classe
,
e
gli
disse
con
un
accento
da
far
tremare
:
Franti
,
tu
uccidi
tua
madre
»
.
Dopo
avere
strappato
bottoni
e
usato
spilloni
e
riso
quando
gli
altri
piangevano
,
Franti
a
un
certo
punto
tira
le
trecce
a
una
sorella
di
Stardi
,
si
azzuffa
con
Stardi
,
qualcuno
gli
vede
in
mano
un
coltello
:
per
cui
finisce
«
all
'
ergastolo
»
:
immagino
che
si
trattasse
di
un
riformatorio
.
Comunque
sparisce
dalla
scena
per
sempre
:
cosa
che
a
me
dispiacque
moltissimo
,
perché
era
mio
grande
godimento
contemplare
la
sua
figura
malvagia
.
«
Franti
,
tu
uccidi
tua
madre
»
,
e
«
Uno
solo
poteva
ridere
mentre
Derossi
diceva
dei
funerali
del
re
:
e
Franti
rise
»
,
sono
frasi
che
nell
'
infanzia
mi
hanno
deliziato
;
come
pure
«
Non
sono
degno
di
baciarti
le
mani
»
,
parole
scritte
da
Enrico
in
risposta
a
una
lettera
della
sorella
,
la
quale
si
duole
di
un
suo
sgarbo
,
e
gli
ricorda
le
ore
passate
presso
la
sua
culla
quando
era
piccolo
,
«
invece
di
divertirmi
con
le
compagne
»
.
Usavo
quasi
sempre
saltare
le
lettere
,
perché
le
trovavo
noiosissime
:
ne
mietevo
però
qualche
frase
,
che
recitavo
tra
me
a
voce
alta
con
insaziabile
commozione
.
Come
mai
in
quella
famiglia
si
scrivessero
tante
lettere
,
ogni
sera
,
pur
abitando
tutti
sotto
lo
stesso
tetto
,
non
me
lo
sapevo
spiegare
;
mi
sembrava
però
una
cosa
piena
di
seduzione
,
e
mi
rammaricavo
che
in
casa
mia
non
vi
fosse
questa
abitudine
.
In
verità
quello
che
mi
affascinava
in
Cuore
era
il
trovarvi
un
mondo
più
ordinato
,
e
in
fondo
per
me
più
rassicurante
,
del
mondo
nel
quale
vivevo
.
Che
fosse
quello
di
Cuore
un
mondo
falso
,
libresco
e
inesistente
nella
realtà
,
io
allora
non
lo
capivo
;
i
bambini
spesso
sono
attratti
dalla
falsità
;
spesso
essi
preferiscono
lo
splendore
delle
sete
artificiali
,
il
luccichio
delle
perle
false
,
alle
vere
perle
e
alla
vera
seta
.
E
io
ero
,
da
bambina
,
retorica
,
conformista
,
e
con
ideali
piccolo
-
borghesi
.
Trovavo
in
Cuore
tutto
quello
che
nella
mia
esistenza
mancava
.
Avrei
voluto
un
padre
saggio
e
sereno
;
il
mio
urlava
,
sbatteva
le
porte
,
le
sue
norme
educative
erano
urla
e
fragori
di
tuono
.
Avrei
voluto
una
madre
che
la
sera
cucisse
sotto
la
lampada
.
La
mia
non
cuciva
,
o
troppo
poco
per
i
miei
gusti
.
Avrei
voluto
sentir
parlare
della
patria
.
In
casa
mia
non
la
nominavano
mai
.
Avrei
voluto
che
si
parlasse
del
re
.
Usavano
dargli
dell
'
imbecille
.
A
scuola
non
mi
mandavano
;
mi
facevano
studiare
in
casa
,
per
paura
dei
microbi
.
Avrei
voluto
che
si
mettesse
fuori
al
balcone
,
i
giorni
delle
feste
patriottiche
,
la
bandiera
.
Non
avevamo
bandiera
.
Alle
sfilate
militari
,
alle
processioni
,
non
mi
portavano
,
sempre
per
paura
dei
microbi
.
Avrei
voluto
che
mi
insegnassero
a
venerare
mia
nonna
.
Invece
su
mia
nonna
in
casa
mia
sbuffavano
;
perché
era
,
a
dir
vero
,
insopportabile
.
Il
mondo
di
Cuore
mi
sembrava
l
'
unico
mondo
nel
quale
era
bello
e
nobile
vivere
.
Era
un
mondo
dove
tutto
appariva
al
suo
posto
:
il
cielo
pieno
di
eroi
e
di
martiri
;
le
carceri
piene
di
malfattori
;
i
soldati
coperti
di
sangue
sui
campi
di
battaglia
;
i
genitori
e
i
maestri
laboriosamente
intenti
a
soccorrere
i
poveri
e
a
educare
i
bambini
.
Era
un
mondo
che
trovavo
ben
costruito
e
nel
quale
mi
sentivo
sicura
e
protetta
.
Lo
consideravo
indistruttibile
;
e
tuttavia
siccome
in
casa
mia
,
in
qualche
modo
che
mi
era
oscuro
,
un
simile
mondo
veniva
messo
in
dubbio
e
deriso
,
sorgeva
a
volte
in
me
il
sospetto
che
vi
fosse
in
esso
una
crepa
segreta
,
un
errore
nascosto
ed
essenziale
.
Soffocavo
però
subito
quel
sospetto
:
innalzavo
intorno
a
me
le
mura
solide
che
mi
piacevano
.
Plasmavo
il
mio
proprio
mondo
a
immagine
e
somiglianza
di
quel
mondo
confortevole
e
immobile
:
rendevo
i
miei
genitori
miti
e
modesti
,
rimpicciolivo
la
mia
casa
e
la
facevo
rassettata
e
umile
;
abolivo
la
donna
di
servizio
,
facevo
di
mia
madre
una
specie
di
formica
operosa
;
inoltre
mi
dissanguavo
nella
fantasia
in
mille
sacrifici
sublimi
,
mi
battevo
contro
i
ladri
e
gli
austriaci
,
mi
vedevo
la
notte
in
piedi
a
copiare
gli
scritti
di
mio
padre
,
pallida
di
fatica
e
incompresa
.
Incompresa
,
ma
solo
per
poco
:
perché
in
quel
mondo
così
nobile
e
degno
le
sofferenze
,
gli
eroismi
e
la
morte
venivano
a
un
certo
punto
sempre
salutati
e
celebrati
,
trovavano
posto
in
un
cielo
di
gloria
,
li
accompagnavano
funerali
e
bandiere
.
A
volte
,
agli
austriaci
e
ai
ladri
sostituivo
i
fascisti
,
sembrandomi
i
soli
veri
nemici
di
cui
potevo
disporre
.
Ma
era
questo
l
'
unico
mutamento
che
portavo
su
un
quadro
dai
colori
indelebili
e
ben
definiti
.
Oggi
,
un
libro
come
Cuore
io
credo
che
non
lo
possiamo
più
leggere
;
e
certo
non
lo
potremmo
pi
su
scrivere
.
Esso
appartiene
a
un
tempo
in
cui
sull
'
onestà
,
sul
sacrificio
,
sull
'
onore
,
sul
coraggio
,
si
scrivevano
cose
false
.
Questo
voleva
dire
che
c
'
erano
stati
o
c
'
erano
,
a
un
passo
di
distanza
,
quegli
stessi
sentimenti
,
ma
veri
.
Voleva
dire
che
le
parole
per
esprimerli
,
vere
e
false
,
esistevano
.
Il
falso
non
è
che
un
'
imitazione
,
falsa
e
morta
,
del
vivo
e
del
vero
.
Oggi
l
'
onestà
,
l
'
onore
,
il
sacrificio
,
ci
sembrano
così
lontani
da
noi
,
così
estranei
al
nostro
mondo
che
non
riusciamo
a
farne
parola
;
e
siamo
completamente
ammutoliti
,
avendo
,
in
questo
nostro
tempo
,
orrore
della
menzogna
.
Così
aspettiamo
,
in
assoluto
silenzio
,
di
trovare
per
le
cose
che
amiamo
parole
nuove
e
vere
.
StampaQuotidiana ,
Se
devo
dire
la
verità
,
il
mio
tempo
non
mi
ispira
che
odio
e
noia
.
Se
è
perché
sono
diventata
vecchia
e
retrograda
,
annoiata
e
ipocondriaca
,
o
se
invece
quello
che
provo
è
un
giusto
odio
,
non
lo
so
.
Penso
che
molti
della
mia
generazione
si
pongano
questa
mia
stessa
domanda
.
Ho
l
'
impressione
che
l
'
odio
e
la
noia
siano
cominciati
in
me
in
un
momento
determinato
.
Non
so
precisare
un
simile
momento
nel
tempo
:
so
però
che
tutto
è
successo
di
colpo
,
e
non
a
poco
a
poco
.
E
stato
alcuni
anni
fa
:
forse
cinque
o
sei
anni
fa
.
Prima
,
tutto
quello
che
i
miei
contemporanei
inseguivano
e
amavano
non
mi
era
mai
né
odioso
,
né
estraneo
;
tutto
quello
che
incuriosiva
,
seduceva
e
trascinava
le
persone
intorno
a
me
,
incuriosiva
,
seduceva
e
trascinava
me
pure
.
Invece
a
un
tratto
ho
sentito
che
non
era
più
così
;
che
io
continuavo
a
perseguire
in
me
stessa
cose
di
cui
la
gente
intorno
a
me
s
'
infischiava
:
e
il
contrario
.
E
quello
che
deliziava
i
miei
simili
,
a
me
non
ispirava
che
repulsione
.
Se
dovessi
tradurre
quello
che
mi
è
accaduto
in
un
'
immagine
,
direi
che
ho
la
sensazione
che
il
mondo
a
un
tratto
si
sia
coperto
di
funghi
e
a
me
non
interessano
questi
funghi
.
Vorrei
capire
però
se
è
un
fatto
che
devo
spiegare
con
la
mia
vecchiaia
,
personale
e
privata
,
o
se
invece
di
colpo
abbia
preso
coscienza
in
me
un
giusto
odio
.
Un
simile
atteggiamento
di
indifferenza
o
di
repulsione
per
le
curiosità
,
le
inclinazioni
e
i
costumi
che
ruotano
intorno
a
noi
nel
presente
,
mi
sembra
in
se
stesso
quanto
mai
melenso
e
riprovevole
.
Il
rifiutarsi
al
presente
,
l
'
isolarsi
nel
rimpianto
d
'
un
passato
defunto
,
vuol
dire
rifiutarsi
di
pensare
.
Mi
sembra
però
ancora
più
melenso
,
e
ancora
più
colpevole
,
l
'
atteggiamento
inverso
:
cioè
il
costringere
noi
stessi
ad
amare
e
inseguire
tutto
quanto
di
nuovo
compare
intorno
a
noi
.
Questa
è
ancor
più
un
'
offesa
contro
il
vero
.
Vuoi
dire
aver
paura
di
mostrarci
come
siamo
,
cioè
stanchi
,
amari
,
ormai
immobili
e
vecchi
.
Vuoi
dire
aver
terrore
d
'
essere
lasciati
in
disparte
;
aver
terrore
di
trovarci
respinti
,
con
i
nostri
inutili
rimpianti
,
nei
nostri
regni
in
rovina
.
Che
i
nostri
rimpianti
per
un
mondo
defunto
siano
inutili
,
è
indubitato
.
Difatti
quel
mondo
,
così
com
'
era
,
non
potrà
risorgere
mai
.
è
inoltre
assai
dubbio
se
fosse
davvero
da
rimpiangere
.
Nel
fatto
che
noi
siamo
portati
a
rimpiangerlo
,
essendo
stato
il
mondo
che
ospitava
la
nostra
giovinezza
,
non
va
osservata
che
un
'
inclinazione
sentimentale
,
una
debolezza
del
nostro
spirito
.
Detto
questo
però
va
anche
detto
che
è
totalmente
impossibile
all
'
uomo
stabilire
cosa
gli
sia
utile
e
cosa
gli
sia
inutile
.
L
'
uomo
non
lo
sa
.
Penso
che
essenzialmente
quello
che
detesto
nel
mio
tempo
,
è
proprio
una
falsa
concezione
dell
'
utile
e
dell
'
inutile
.
Utile
viene
oggi
decretata
la
scienza
,
la
tecnica
,
la
sociologia
,
la
psicanalisi
,
la
liberazione
dai
tabù
del
sesso
.
Tutto
questo
è
reputato
utile
,
e
circondato
di
venerazione
.
Il
resto
è
disprezzato
come
inutile
.
Nel
resto
però
c
'
è
un
mondo
di
cose
.
Esse
vanno
evidentemente
chiamate
inutili
,
non
portando
con
sé
per
i
destini
dell
'
umanità
nessun
vantaggio
sensibile
.
Enumerarle
sarebbe
difficile
,
essendo
esse
infinite
.
Fra
esse
c
'
è
il
giudizio
morale
individuale
,
la
responsabilità
individuale
,
il
comportamento
morale
individuale
.
Fra
esse
c
'
è
l
'
attesa
della
morte
.
Tutto
quello
che
costituisce
la
vita
dell
'
individuo
.
Fra
esse
c
'
è
il
pensiero
solitario
,
la
fantasia
e
la
memoria
,
i
rimpianti
per
le
età
perdute
,
la
malinconia
.
Tutto
quello
che
forma
la
vita
della
poesia
.
Una
simile
parola
,
negletta
,
schernita
e
umiliata
,
appare
oggi
così
antica
e
intrisa
di
vecchie
lagrime
e
polvere
,
quasi
fosse
lo
spettro
stesso
dell
'
inutilità
,
che
uno
si
vergogna
perfino
di
pronunciarla
.
Essendo
dunque
negletto
e
mortificato
tutto
quello
che
forma
la
vita
dell
'
individuo
,
essendo
venerati
e
santificati
gli
dei
dell
'
esistenza
collettiva
,
avviene
che
non
è
più
tenuto
in
nessun
conto
il
solitario
pensiero
.
E
stato
decretato
che
non
serve
a
nulla
,
che
non
ha
potere
alcuno
,
che
non
incide
in
nulla
sulla
vita
dell
'
universo
.
Sembrando
l
'
umanità
ammalata
,
utili
sono
chiamate
soltanto
quelle
che
si
stimano
essere
medicine
per
curarla
.
Il
pensiero
solitario
non
appare
se
non
come
un
malinconico
e
sterile
frutto
di
solitudine
e
di
fatica
;
e
due
cose
sono
oggi
con
prepotenza
odiate
e
ripudiate
,
la
fatica
e
la
solitudine
.
Si
cerca
di
combatterle
e
di
annientarle
ovunque
se
ne
scorga
una
pallida
impronta
.
Ci
si
raduna
in
gruppo
,
per
difendersi
dall
'
oscurità
e
dal
silenzio
,
dalla
presenza
faticosa
e
stremante
del
proprio
essere
singolo
;
ci
si
raduna
in
gruppo
per
viaggiare
,
per
esistere
,
per
suonare
e
cantare
,
per
creare
opere
.
Ci
si
raduna
in
gruppo
anche
per
fare
l
'
amore
:
sembrando
faticoso
e
stremante
,
e
troppo
imparentato
con
la
solitudine
,
il
famoso
antichissimo
rapporto
di
una
sola
donna
con
un
solo
uomo
.
Il
desiderio
di
difendersi
con
ogni
mezzo
dalla
solitudine
e
dalla
fatica
,
appare
chiaro
soprattutto
in
due
espressioni
della
vita
attuale
:
nelle
opere
creative
,
e
nei
rapporti
fra
donne
e
uomini
.
Fra
le
età
dell
'
uomo
,
quella
che
oggi
è
preferita
e
amata
è
l
'
adolescenza
:
essendo
insieme
l
'
età
in
cui
ci
si
sveglia
ai
piaceri
della
vita
adulta
,
e
in
cui
la
fatica
degli
adulti
ci
è
risparmiata
.
Essa
è
anche
l
'
età
in
cui
le
colpe
ci
vengono
perdonate
.
Così
,
il
mondo
di
oggi
appare
come
il
regno
degli
adolescenti
;
donne
e
uomini
si
travestono
da
adolescenti
,
qualunque
sia
l
'
età
che
hanno
toccata
.
In
questo
sogno
d
'
adolescenza
,
uomini
e
donne
si
rassomigliano
e
si
identificano
,
sembrando
voler
apparire
la
medesima
cosa
:
il
medesimo
essere
ambiguo
,
languido
,
randagio
e
soave
,
indifeso
e
tenero
,
con
panni
colorati
e
laceri
e
chiome
fluenti
;
immerso
in
un
eterno
abbandono
,
perduto
in
un
eterno
pellegrinaggio
,
senza
propositi
e
senza
tempo
.
Qualcosa
fra
una
vergine
,
un
profugo
,
un
monaco
,
una
principessa
.
Volendo
apparire
insieme
uomo
e
donna
,
questo
essere
vuole
anche
apparire
insieme
ricchissimo
e
poverissimo
,
e
mescolare
su
di
sé
e
condividere
molteplici
destini
:
né
per
lui
esistono
stagioni
,
mescolandosi
nelle
sue
vesti
l
'
estate
e
l
'
inverno
.
Nell
'
unirsi
in
gruppo
per
far
l
'
amore
,
nel
rifiutare
il
segreto
del
rapporto
a
due
,
c
'
è
ancora
un
sogno
d
'
adolescenza
.
Possiamo
leggervi
il
desiderio
che
il
rapporto
più
drammatico
fra
quelli
esistenti
,
il
rapporto
fra
uomo
e
donna
,
perda
la
sua
drammaticità
e
si
trasformi
in
qualcosa
di
innocente
,
che
assomigli
il
più
possibile
a
un
gioco
di
ragazzi
,
senza
propositi
,
senza
durata
e
senza
fatica
,
leggero
,
transitorio
e
incruento
.
Quanto
alle
opere
creative
,
esse
esprimono
ugualmente
un
desiderio
di
non
-
fatica
,
non
-
travaglio
,
non
-
dolore
,
non
-
spargimento
di
sangue
;
i
romanzi
e
i
versi
aridi
e
confusi
che
oggi
vengono
scritti
,
dicono
chiaro
come
non
sia
stata
spesa
per
scriverli
un
'
ombra
di
fatica
reale
,
e
chi
li
ha
scritti
si
è
limitato
a
specchiarsi
nella
sua
aridità
e
confusione
;
le
opere
d
'
arte
che
si
vedono
nelle
gallerie
e
nei
musei
,
composte
di
veri
manici
di
scopa
e
di
veri
secchi
di
plastica
,
i
quadri
fatti
di
un
semplice
strato
di
colore
,
non
hanno
richiesto
nulla
di
più
d
'
una
veloce
ricerca
in
cucina
o
d
'
una
rapida
pennellata
simile
a
quella
di
chi
vernicia
una
stanza
.
Portando
così
di
peso
nell
'
arte
la
realtà
più
transitoria
e
più
vile
,
l
'
uomo
di
oggi
intende
esprimere
il
vuoto
e
la
sfiducia
che
lo
circonda
,
vuoto
da
cui
non
trae
che
una
scopa
,
una
palla
di
vetro
o
una
macchia
di
vernice
;
ma
esprime
anche
la
sua
volontà
di
risparmiare
a
se
stesso
il
sangue
,
il
travaglio
,
lo
strazio
e
la
solitudine
della
creazione
.
In
verità
,
fatica
e
solitudine
appaiono
come
i
più
temibili
nemici
del
vivere
,
perché
l
'
umanità
intiera
è
oppressa
da
fatica
e
solitudine
.
L
'
uomo
di
ieri
non
lo
sapeva
;
poteva
vivere
ignorando
le
sventure
della
sua
specie
.
L
'
uomo
di
oggi
non
ignora
più
nulla
di
quanto
accade
ai
suoi
simili
sotto
il
sole
;
così
non
può
più
sopportare
la
convivenza
con
se
stesso
,
odia
la
propria
immagine
,
e
sente
sulle
sue
membra
pesare
una
consapevolezza
universale
e
intollerabile
.
La
sua
liberazione
è
sopprimere
dal
suo
spirito
ogni
inclinazione
al
dolore
e
alla
fatica
;
e
con
essi
ogni
senso
di
colpa
,
ogni
solitario
terrore
.
La
sua
liberazione
è
rifugiarsi
in
uno
stato
di
adolescenza
eterna
,
di
estrema
irresponsabilità
e
libertà
;
far
buio
sui
propri
complessi
,
sulle
proprie
inibizioni
,
sulle
proprie
nevrosi
;
avendoli
a
lungo
esplorati
,
sbarazzarsene
,
come
di
ombre
o
di
incubi
;
definirli
inutili
,
e
definire
inutile
con
loro
tutto
il
mondo
dello
spirito
.
L
'
essersi
così
sbarazzato
di
complessi
e
inibizioni
,
non
lo
rende
fiero
né
lo
rallegra
,
perché
l
'
uomo
di
oggi
non
ha
dentro
di
sé
un
luogo
dove
rallegrarsi
o
andar
fiero
.
Inoltre
sa
che
il
mondo
delle
angosce
e
degli
incubi
non
si
è
dissolto
,
ma
è
stato
semplicemente
chiuso
fuori
e
si
affolla
sulla
sua
soglia
.
Gli
strumenti
per
difendersi
da
queste
presenze
nascoste
gli
sono
stati
insegnati
,
ed
egli
li
adopera
.
Essi
sono
la
droga
,
la
collettività
,
il
rumore
,
il
sesso
.
Sono
le
espressioni
molteplici
della
sua
libertà
.
Non
fiera
e
non
allegra
,
e
nemmeno
disperata
perché
non
ha
memoria
d
'
aver
mai
sperato
nulla
,
priva
di
passato
e
di
futuro
perché
non
ha
né
propositi
né
ricordi
,
questa
libertà
dell
'
uomo
di
oggi
cerca
nel
presente
non
una
fragile
felicità
,
che
non
saprebbe
come
usare
non
possedendo
né
fantasia
né
memoria
,
ma
invece
una
fulminea
sensazione
di
sopravvivenza
e
di
scelta
.
Bandito
lo
spirito
,
l
'
uomo
di
oggi
non
ha
a
sua
disposizione
nulla
se
non
questa
scelta
imperiosa
,
occasionale
e
fulminea
.
Quello
che
essa
coglie
nel
presente
è
come
il
manico
di
scopa
o
le
bacinelle
delle
attuali
opere
d
'
arte
:
un
oggetto
,
in
verità
assai
banale
e
volgare
,
ma
comunque
un
oggetto
,
scelto
e
acchiappato
a
volo
nel
vuoto
;
un
segno
che
una
scelta
è
ancora
possibile
,
che
un
oggetto
può
ancora
essere
chiamato
unico
,
essendo
stato
scelto
non
si
sa
perché
fra
i
milioni
di
oggetti
identici
che
ruotano
nei
vortici
dello
spazio
.
StampaQuotidiana ,
Nei
giorni
intorno
allo
scorso
Natale
mi
telefonò
una
persona
.
Mi
disse
che
aveva
da
propormi
un
lavoro
.
Venne
.
Era
uno
che
non
avevo
mai
visto
prima
;
lo
trovai
molto
simpatico
.
Parlammo
a
lungo
e
di
varie
cose
.
Di
lui
non
so
e
non
potrei
dire
nulla
,
se
non
che
è
molto
simpatico
e
che
lavora
alla
televisione
.
Mi
chiese
se
volevo
fare
,
per
la
televisione
,
un
'
inchiesta
sulla
donna
in
Italia
.
Risposi
che
non
sapevo
fare
le
inchieste
e
che
non
mi
piaceva
per
niente
pensare
«
alla
donna
»
,
cioè
pensare
ai
problemi
delle
donne
isolati
da
quelli
degli
uomini
.
Gli
dissi
inoltre
che
non
mi
piaceva
viaggiare
.
Non
avrei
avuto
nessuna
voglia
di
viaggiare
per
l
'
Italia
con
dei
fotografi
.
Gli
dissi
che
l
'
unica
cosa
che
amavo
al
mondo
era
scrivere
,
sul
divano
di
casa
mia
,
tutto
quello
che
mi
passava
per
la
testa
.
Mi
disse
che
non
avrei
dovuto
viaggiare
perché
altri
avrebbero
viaggiato
per
me
.
Io
potevo
restare
a
casa
mia
.
Mi
disse
che
in
questo
lavoro
non
sarei
stata
sola
,
perché
un
sociologo
avrebbe
lavorato
con
me
.
L
'
idea
di
lavorare
con
un
sociologo
mi
spaventò
moltissimo
e
rifiutai
.
Non
saprei
parlare
con
un
sociologo
;
la
sociologia
è
troppo
lontana
da
me
.
Mi
disse
allora
il
nome
del
sociologo
a
cui
avevano
pensato
e
a
cui
si
proponevano
di
scrivere
per
sapere
se
acconsentiva
.
Era
Ardigò
.
Ardigò
io
lo
conosco
poco
;
lo
conosco
però
da
molti
anni
.
Ne
ho
stima
.
Mi
ispira
simpatia
.
Ho
in
comune
con
lui
la
memoria
d
'
un
amico
.
Questo
amico
è
Felice
Balbo
,
morto
nel
'64
.
Mi
venne
a
un
tratto
il
desiderio
di
vedere
Ardigò
che
non
vedo
mai
.
Felice
Balbo
aveva
molti
amici
,
persone
diverse
fra
loro
e
che
non
avevano
fra
loro
niente
in
comune
,
se
non
l
'
abitudine
di
discutere
con
lui
fino
a
tarda
notte
.
Si
discuteva
con
lui
di
solito
in
piedi
,
perché
lui
usava
stare
in
piedi
,
e
la
discussione
diventava
particolarmente
appassionata
sul
pianerottolo
al
momento
di
salutarsi
.
Pensai
che
Balbo
sarebbe
forse
stato
contento
se
io
e
Ardigò
,
due
suoi
amici
,
avessimo
lavorato
insieme
a
un
'
inchiesta
sulla
donna
in
Italia
.
Quella
persona
simpatica
,
nell
'
andarsene
,
mi
disse
che
m
'
avrebbe
fatto
sapere
se
Ardigò
accettava
.
Quando
se
ne
fu
andato
mi
accorsi
che
non
avevo
mai
saputo
,
fino
a
quel
momento
,
che
Ardigò
era
un
sociologo
.
In
verità
non
mi
ero
mai
chiesta
cosa
fosse
Ardigò
.
Per
me
era
un
amico
di
Balbo
e
basta
.
Non
tutti
i
suoi
amici
mi
piacevano
.
Ardigò
mi
piaceva
.
La
mia
simpatia
per
lui
si
basava
su
impressioni
fuggevoli
,
ma
precise
.
Enumerai
le
cose
che
sapevo
su
Ardigò
.
Era
simpatico
.
Viveva
a
Bologna
.
Aveva
una
sorella
bionda
che
avevo
conosciuto
in
montagna
.
Pensai
che
le
mie
nozioni
sulle
persone
erano
spesso
assai
rozze
,
limitate
e
confuse
.
E
pensai
che
da
questa
mia
limitazione
,
da
questa
mia
miseria
di
nozioni
,
mi
veniva
un
senso
di
malinconia
,
di
miseria
e
di
confusione
.
Mi
veniva
come
una
sensazione
di
muovermi
nel
vuoto
.
Pensai
che
ero
l
'
ultima
persona
al
mondo
che
poteva
fare
un
'
inchiesta
in
compagnia
d
'
un
sociologo
.
Muovendomi
io
così
spesso
nel
vuoto
e
nella
nebbia
,
non
potevo
scambiar
parola
né
con
dei
politici
né
con
dei
sociologi
,
persone
che
certo
avevano
sulla
realtà
uno
sguardo
sempre
lucido
,
esatto
,
completo
e
puntuale
.
Pensai
che
Ardigò
mi
avrebbe
subito
disprezzato
.
Oppure
poteva
succedere
anche
di
peggio
,
che
cioè
lui
cadesse
in
un
equivoco
e
mi
supponesse
dotata
di
qualità
di
cultura
e
di
penetrazione
sociale
che
io
in
verità
non
possiedo
affatto
.
Pensai
che
è
molto
difficile
essere
capiti
.
Essere
capiti
vuol
dire
essere
presi
e
accettati
per
quello
che
siamo
.
Il
pericolo
più
triste
che
noi
corriamo
con
le
persone
,
non
è
tanto
che
non
vedano
o
non
amino
le
nostre
qualità
,
ma
che
invece
suppongano
che
le
nostre
qualità
reali
abbiano
proliferato
in
noi
numerose
altre
qualità
che
sono
in
noi
assolutamente
inesistenti
.
E
pensai
che
la
cosa
più
bella
che
aveva
Felice
Balbo
,
nel
suo
stare
con
le
persone
,
era
non
travisarle
mai
e
non
guarnirle
di
doni
che
esse
non
possedevano
,
ma
cercare
invece
nel
prossimo
che
aveva
davanti
a
sé
il
suo
nucleo
più
vitale
e
profondo
,
scegliere
e
liberare
il
meglio
che
l
'
altro
aveva
dentro
di
sé
e
quello
solo
,
senza
mai
un
'
ombra
di
sorpresa
,
di
disprezzo
o
di
scherno
,
dinanzi
alle
limitazioni
e
alle
povertà
dell
'
altro
.
Egli
infatti
viveva
con
il
suo
prossimo
nell
'
unico
luogo
dove
l
'
intelligenza
del
suo
prossimo
poteva
seguirlo
senza
limitazioni
.
Non
usava
mai
cercare
nel
prossimo
la
propria
immagine
,
essendo
,
quando
stava
con
gli
altri
,
totalmente
immemore
di
sé
.
Era
la
persona
meno
narcisista
che
ho
mai
conosciuto
.
Indifferente
a
se
stesso
,
non
si
sceglieva
mai
degli
amici
perché
gli
rassomigliavano
,
o
perché
erano
il
suo
contrario
,
o
perché
potevano
arricchirlo
di
nozioni
o
penetrazioni
che
lui
non
aveva
.
Semplicemente
stava
con
persone
con
cui
gli
era
possibile
una
qualche
sorta
di
colloquio
.
Quando
stava
con
una
persona
,
non
era
mai
in
posizione
di
superiorità
,
né
in
posizione
di
inferiorità
,
era
con
l
'
altro
sempre
un
eguale
.
Conservai
davanti
a
me
nel
futuro
,
d
'
altronde
assai
vaga
,
la
prospettiva
di
quell
'
inchiesta
,
prospettiva
in
cui
mi
rallegrava
,
e
insieme
mi
preoccupava
,
il
nome
di
Ardigò
,
e
in
cui
mi
rallegrava
il
ricordo
della
persona
molto
simpatica
che
era
venuta
a
casa
mia
quel
giorno
.
Passò
del
tempo
e
non
seppi
più
nulla
di
quel
lavoro
.
Pensai
che
era
sfumato
come
sfumano
tante
proposte
.
Però
l
'
altro
giorno
è
uscita
sull
'
«
Unità
»
una
fotocopia
d
'
un
foglio
dattiloscritto
della
televisione
,
con
una
serie
di
proposte
fra
cui
quella
dell
'
inchiesta
sulla
donna
.
C
'
era
il
mio
nome
e
il
nome
di
Ardigò
.
Accanto
,
era
scritta
a
penna
un
'
osservazione
che
esprimeva
perplessità
.
Era
scritto
a
penna
:
«
Due
comunisti
»
.
La
cosa
mi
precipitò
in
uno
stupore
profondo
.
Ero
anche
molto
contenta
.
Perché
fossi
così
contenta
,
non
lo
so
.
Dal
commento
dell
'
«
Unità
»
appresi
che
Ardigò
è
consigliere
nazionale
della
Dc
.
A
dire
il
vero
non
sapevo
di
lui
neanche
questo
.
Mi
sono
chiesta
allora
cosa
sapevo
con
precisione
su
di
me
.
Per
quanto
riguarda
la
politica
,
devo
dire
che
non
so
su
di
me
niente
di
preciso
.
L
'
unica
cosa
che
so
con
assoluta
certezza
,
è
che
di
politica
io
non
ne
capisco
niente
.
Nella
mia
vita
,
sono
stata
iscritta
a
partiti
per
due
volte
.
Una
volta
era
il
partito
d
'
azione
.
Un
'
altra
volta
era
il
partito
comunista
.
L
'
una
e
l
'
altra
volta
,
era
un
errore
.
Siccome
non
capisco
niente
di
politica
,
era
stupido
che
fingessi
di
capirne
qualcosa
,
che
andassi
alle
riunioni
,
che
avessi
in
mano
la
tessera
d
'
un
partito
.
E
'
bene
che
,
finché
vivo
,
io
non
appartenga
mai
a
nessun
partito
.
Se
mi
chiedessero
come
vorrei
che
fosse
governato
un
paese
,
in
coscienza
non
saprei
rispondere
.
I
miei
pensieri
politici
sono
quanto
mai
rozzi
,
imbrogliati
,
elementari
,
confusi
.
Per
questo
fatto
,
mi
sento
spesso
disprezzata
da
persone
che
amo
.
Esse
pensano
che
la
mia
povertà
di
pensiero
,
nei
confronti
della
politica
,
è
frivolezza
,
mancanza
di
serietà
,
assenteismo
colpevole
.
Lo
pensano
in
silenzio
.
Ma
il
peso
del
loro
disprezzo
è
per
me
oppressivo
.
Se
cercassi
di
giustificarmi
in
presenza
di
quel
severo
silenzio
,
non
troverei
che
parole
di
una
grottesca
goffaggine
e
futilità
.
Eppure
son
sicura
che
ci
deve
essere
un
posto
al
mondo
anche
per
quelli
che
,
come
me
,
non
capiscono
la
politica
,
che
se
parlassero
di
politica
direbbero
solo
banalità
e
imbecillità
,
perciò
la
cosa
migliore
che
possono
fare
è
non
esprimere
quasi
mai
nessuna
opinione
.
Quasi
mai
.
A
volte
,
dire
di
sì
o
di
no
è
indispensabile
.
Vorrei
però
limitarmi
a
dire
o
di
sì
o
di
no
,
E
poiché
ho
parlato
di
Felice
Balbo
,
dirò
che
gli
sono
grata
per
non
avermi
mai
disprezzato
,
per
non
essersi
mai
stupito
né
sdegnato
della
mia
ignoranza
politica
,
gli
sono
immensamente
grata
per
avermi
sempre
accettato
per
quello
che
ero
e
capito
.
Lo
seguii
prima
nel
partito
comunista
,
poi
fuori
,
feci
tutto
quello
che
lui
faceva
pensando
che
lui
capiva
la
politica
e
io
no
.
Pure
non
ebbi
mai
,
con
lui
,
la
sensazione
di
sottostare
a
una
sua
superiorità
,
di
subire
una
personalità
più
forte
.
Fra
noi
era
inteso
che
lui
capiva
e
sapeva
un
gran
numero
di
cose
,
io
no
.
Ma
non
aveva
importanza
,
eravamo
eguali
.
Nei
ricordi
degli
anni
che
ho
passato
nel
partito
comunista
,
nei
ricordi
di
riunioni
e
comizi
,
la
sua
figura
è
sempre
presente
.
Forse
per
questo
,
se
mi
dicono
comunista
,
sono
contenta
.
Perché
mi
ricordo
degli
anni
che
io
e
Balbo
eravamo
là
.
Per
quanto
riguarda
i
due
partiti
a
cui
ho
appartenuto
,
uno
dei
quali
da
tempo
ha
cessato
di
esistere
,
mi
sembra
di
avere
conservato
con
essi
dei
legami
viscerali
,
oscuri
e
sotterranei
,
che
non
saprei
chiarire
con
parole
,
che
non
trovano
alcun
fondamento
nella
ragione
,
che
non
hanno
nessun
rapporto
con
le
scelte
della
ragione
ma
sgorgano
dal
profondo
come
gli
affetti
.
Vorrei
ancora
dire
che
se
un
giorno
ci
fosse
una
rivoluzione
e
io
dovessi
fare
una
scelta
politica
,
preferirei
molto
essere
ammazzata
piuttosto
che
ammazzare
qualcuno
.
E
questo
è
uno
dei
pochissimi
pensieri
politici
che
la
mia
mente
possa
mai
formulare
.
StampaQuotidiana ,
Sono
andata
a
vedere
,
a
Palazzo
Braschi
,
la
mostra
dei
grandi
naifs
jugoslavi
.
I
naifs
jugoslavi
sono
pittori
contadini
.
Dipingono
su
vetro
.
Fanno
parte
d
'
una
scuola
che
si
chiama
«
Zemlja
»
,
cioè
terra
.
Il
caposcuola
,
che
si
chiama
Generalovic
,
non
ha
mandato
i
suoi
quadri
alla
mostra
perché
uno
dei
pittori
invitati
,
cioè
Lackovic
,
non
gli
andava
.
Così
dicevano
nelle
sale
della
galleria
e
non
so
se
sia
vero
o
se
sia
una
chiacchiera
.
Non
ho
mai
visto
i
quadri
di
Generalovic
.
Fino
a
poco
prima
di
visitare
la
mostra
,
non
sapevo
nulla
né
della
scuola
«
Zemlja
»
,
né
di
Lackovic
,
né
di
Generalovic
.
Questo
per
mia
ignoranza
,
perché
a
quanto
ho
saputo
i
naifs
jugoslavi
sono
famosissimi
.
Se
ho
voluto
visitare
questa
mostra
non
è
stato
per
amore
della
pittura
,
ma
perché
avendo
io
saputo
che
erano
pittori
-
contadini
,
pensavo
che
avrei
visto
dei
villaggi
.
Tutta
la
vita
ho
sempre
sentito
grande
curiosità
di
vedere
villaggi
,
ovunque
,
nella
realtà
e
nei
quadri
.
Quando
sono
in
treno
,
guardo
e
scelgo
nella
campagna
villaggi
dove
forse
vorrei
vivere
.
Nello
stesso
tempo
,
mentre
penso
la
mia
vita
perduta
in
mezzo
a
prati
o
rocce
o
abbarbicata
sull
'
alto
d
'
una
collina
,
mi
prende
una
sensazione
pungente
di
vertigine
e
malinconia
.
Perché
unito
al
desiderio
di
abitare
in
campagna
,
vive
in
me
non
meno
forte
e
profondo
il
sospetto
che
vivendo
in
campagna
mi
struggerei
di
noia
e
solitudine
.
Ma
nelle
pieghe
di
quella
noia
si
nasconde
per
me
un
incanto
segreto
.
Questi
sono
i
miei
pensieri
abituali
mentre
vado
in
treno
,
pensieri
totalmente
oziosi
perché
non
mi
propongo
e
forse
nemmeno
desidero
veramente
di
lasciare
la
città
in
cui
vivo
da
molti
anni
.
In
un
'
epoca
ormai
lontana
della
mia
vita
,
abitai
in
campagna
per
alcuni
anni
.
Quel
villaggio
io
non
l
'
avevo
scelto
ma
altri
l
'
avevano
scelto
per
me
.
Difatti
era
un
confino
di
polizia
.
Pure
avendo
preso
a
poco
a
poco
ad
amarlo
,
non
dimenticai
mai
,
nel
tempo
che
dovetti
soggiornarvi
,
che
non
l
'
avevo
scelto
e
non
smisi
mai
di
sognare
altri
e
più
remoti
villaggi
.
Quel
villaggio
non
era
per
nulla
sperduto
nella
campagna
ma
invece
stava
schierato
su
una
strada
larga
,
polverosa
e
piena
di
biciclette
e
carretti
.
La
casa
dove
abitavo
era
sopra
la
farmacia
.
Avendo
io
allora
bambini
piccoli
trovavo
la
presenza
di
quella
farmacia
assai
comoda
e
rassicurante
.
Tuttavia
essa
distruggeva
in
me
ogni
sensazione
di
stare
in
campagna
.
Le
nostre
finestre
non
guardavano
sulla
campagna
ma
su
tetti
e
vicoli
.
Sulla
porta
della
farmacia
sedeva
la
farmacista
.
Di
lei
dicevano
che
«
parlava
col
diavolo
»
.
Perché
e
quando
mai
parlasse
col
diavolo
quella
grassa
e
gentile
farmacista
in
vestaglia
e
ciabatte
,
non
lo
so
.
Ma
l
'
idea
che
le
aleggiasse
intorno
questo
sospetto
mi
rallegrava
facendomi
sembrare
il
paese
strano
e
primitivo
.
Perché
in
verità
quel
paese
era
assai
poco
strano
e
in
fondo
anche
assai
poco
primitivo
benché
sporco
e
povero
.
Alzando
gli
occhi
vedevo
le
colline
.
Sulle
colline
erano
villaggi
e
casali
dove
avrei
amato
vivere
.
Ma
soprattutto
c
'
era
,
non
molto
lontana
dal
paese
,
una
frazione
chiamata
Cavallari
,
cinque
o
sei
case
sparse
in
mezzo
a
un
acquitrino
,
e
io
usavo
figurarmi
la
mia
vita
là
.
Certo
era
un
gioco
ozioso
della
mia
frivola
immaginazione
.
Camminando
nei
prati
per
arrivare
a
Cavallari
si
affondava
nel
fango
fino
al
ginocchio
e
nei
vicoli
fra
quelle
case
nere
e
diroccate
si
affondava
nel
letame
.
Cavallari
,
dagli
abitanti
del
paese
dove
io
stavo
,
era
chiamato
«
Piccolo
Parigi
»
per
dileggio
.
Credo
che
se
mi
fosse
accaduto
di
vivere
per
più
di
un
giorno
nel
Piccolo
Parigi
sarei
impazzita
.
Vi
andavo
a
volte
per
qualche
ora
e
conobbi
là
alcuni
contadini
.
Essi
erano
tutt
'
altro
che
lieti
di
vivere
in
quel
fango
e
li
soccorreva
soltanto
una
secolare
abitudine
.
Non
avevano
né
acqua
né
luce
e
per
comprare
una
candela
o
una
cartina
d
'
aghi
dovevano
fare
chilometri
.
Avendo
io
le
idee
quanto
mai
confuse
progettavo
di
battermi
nei
miei
anni
futuri
per
strappare
quei
contadini
a
quel
miserevole
luogo
ma
nello
stesso
tempo
accarezzavo
il
sogno
di
passare
la
mia
vita
futura
in
una
di
quelle
nere
cucine
soffocate
nel
fumo
e
nel
letame
e
affacciarmi
la
sera
a
guardare
il
tramonto
su
quel
desolato
acquitrino
.
Se
avevo
all
'
origine
un
'
immagine
di
villaggi
idilliaca
e
pastorale
,
con
ruscelli
bisbiglianti
e
tenera
erba
,
essa
certo
andò
distrutta
per
sempre
nel
fango
del
Piccolo
Parigi
e
nei
vicoli
del
paese
in
cui
vissi
.
Non
che
non
vi
fossero
là
tenera
erba
e
pecore
,
ma
il
fango
,
il
fumo
e
la
noia
regnavano
incontrastati
in
quei
luoghi
e
ne
formavano
la
realtà
essenziale
.
Conobbi
varie
frazioni
e
sobborghi
in
quella
vallata
e
cercai
di
pensarvi
la
mia
vita
con
acuta
curiosità
,
con
desolazione
e
desiderio
.
Del
paese
in
cui
stavo
conoscevo
ormai
le
minime
pieghe
,
i
minimi
buchi
e
i
vicoli
,
e
la
mia
noia
d
'
averlo
davanti
agli
occhi
era
sterminata
.
Andavo
a
vedere
altre
frazioni
e
sobborghi
come
uno
si
gira
e
si
rigira
in
un
letto
per
cercare
punti
più
freschi
.
Mi
avrei
dato
non
so
cosa
per
aprire
gli
occhi
un
mattino
sui
balconi
di
una
città
.
Eppure
vissi
felice
in
quei
luoghi
.
Perché
non
è
vero
che
la
noia
escluda
la
felicità
.
Esse
possono
sussistere
insieme
e
unirsi
in
un
viluppo
inestricabile
.
Ricordando
la
noia
di
quegli
anni
conservo
in
me
la
persuasione
assoluta
che
la
vita
in
un
paese
in
campagna
sarebbe
quella
che
io
sceglierei
se
l
'
uomo
potesse
scegliere
il
suo
destino
.
Per
tornare
alla
mostra
di
Palazzo
Braschi
,
ci
sono
andata
dunque
per
vedere
dei
villaggi
.
Ne
sono
uscita
con
una
nostalgia
di
villaggi
profonda
e
pungente
.
Desideravo
essere
una
persona
precisa
,
e
cioè
desideravo
essere
il
pittore
contadino
Ivan
Vecenaj
.
I
grandi
naifs
jugoslavi
che
hanno
esposto
quadri
in
questa
mostra
sono
essenzialmente
quattro
:
Vecenaj
,
Rabuzin
,
Lackovic
e
Kovacic
.
Dirò
subito
che
non
mi
piace
Rabuzin
.
Dal
catalogo
ho
saputo
che
non
è
un
contadino
ma
un
imbianchino
.
Questo
spiega
di
lui
molte
cose
.
Evidentemente
imbiancando
muri
avrà
addensato
dentro
di
sé
molto
bianco
.
Nei
suoi
quadri
c
'
è
una
costante
luce
bianca
.
Per
i
cieli
rosa
e
celeste
viaggiano
nuvole
che
sembrano
palle
di
neve
,
al
suolo
giacciono
immensi
palloni
verdi
come
immensi
meloni
o
limoni
e
sono
foglie
.
Cerchi
lontani
di
piccole
case
non
testimoniano
vita
umana
essendo
i
suoi
villaggi
,
orti
e
campi
sigillati
in
una
geometria
immota
.
I
paesaggi
di
Rabuzin
sembrano
paradisi
luminosi
e
gelidi
,
non
destinati
agli
uomini
ma
alle
nuvole
,
ai
meloni
e
ai
limoni
,
e
chiusi
per
sempre
in
una
vitrea
e
nivea
primavera
.
Essi
mi
hanno
affascinato
ma
li
ho
trovati
agghiaccianti
.
Lackovic
mi
ispira
maggiore
simpatia
.
Lackovic
fa
degli
uomini
piccolissimi
seguiti
da
cani
piccolissimi
che
sembrano
volpi
.
Fa
delle
pianure
invernali
e
delle
lune
rosse
e
rotonde
,
dei
villaggi
armoniosamente
composti
in
un
delicato
intrico
di
arbusti
.
Dipinge
come
un
bambino
vivace
,
spiritoso
e
ciarliero
.
Tuttavia
i
suoi
orizzonti
non
sono
infiniti
,
né
sono
mai
sterminate
le
sue
distese
di
campi
.
Ogni
suo
paesaggio
è
raccolto
nella
vivacità
e
nella
grazia
.
In
questa
mostra
i
due
pittori
che
amo
sono
Kovacic
e
Vecenaj
.
Kovacic
ha
paludi
d
'
un
verde
grigiastro
,
autunni
fiammeggianti
e
villaggi
invernali
dipinti
con
attenzione
intensa
e
intensa
tristezza
.
Perché
l
'
orizzonte
nei
quadri
di
Lackovic
non
sia
infinito
,
e
sia
invece
infinito
nei
paesaggi
di
Kovacic
e
di
Vecenaj
,
non
lo
so
,
ma
penso
che
tutto
il
segreto
della
pittura
stia
in
questo
punto
.
I
quadri
di
Ivan
Vecenaj
sono
nella
prima
stanza
.
Dopo
aver
visto
gli
altri
sono
ritornata
da
lui
e
penso
che
lo
preferisco
a
tutti
.
I
suoi
paesaggi
sono
dipinti
con
estrema
minuzia
nei
minimi
e
più
lontani
particolari
e
l
'
orizzonte
sopra
di
essi
è
fosco
e
solenne
.
Nel
mezzo
del
paesaggio
campeggia
a
volte
un
evento
drammatico
:
brucia
una
casa
;
san
Giovanni
è
seduto
con
la
sua
aquila
;
un
vaso
di
fiori
azzurri
è
stato
posato
su
una
distesa
di
neve
;
una
donna
insegue
le
sue
oche
;
hanno
crocifisso
Gesù
.
I
colori
di
Vecenaj
sono
crudeli
e
violenti
.
Le
sue
figure
umane
sono
tozze
e
stupefatte
.
Hanno
larghi
volti
legnosi
,
larghe
mani
ossute
e
nodose
,
stanchissime
e
forti
.
I
suoi
animali
sono
irsuti
e
aspri
,
pieni
di
penne
e
di
peli
.
Ogni
quadro
dice
l
'
aspra
fatica
del
vivere
e
la
desolata
solitudine
dell
'
uomo
nella
campagna
.
Ogni
quadro
dice
come
sia
sterminata
e
senza
risposta
la
natura
intorno
alle
opere
degli
uomini
,
intorno
ai
villaggi
.
Dal
catalogo
ho
appreso
che
Vecenaj
vive
sempre
nel
suo
villaggio
e
fa
il
contadino
.
Questo
mi
ha
dato
gran
gioia
,
perché
avrei
trovato
tristissimo
doverlo
pensare
in
un
anonimo
appartamento
d
'
una
qualche
città
,
col
telefono
e
l
'
ascensore
.
Quando
sono
uscita
dalla
mostra
era
il
crepuscolo
.
C
'
era
folla
,
traffico
e
rumore
.
Gli
occhi
non
riuscivano
a
fermarsi
su
niente
,
non
c
'
era
che
disordine
,
le
strade
non
erano
più
strade
ma
solo
gente
e
automobili
,
i
suoni
laceravano
le
orecchie
.
Mi
consolava
il
pensiero
che
tutto
questo
fosse
risparmiato
a
Vecenaj
.
Era
,
in
quel
grigio
crepuscolo
,
l
'
unico
pensiero
che
mi
consolava
.
Per
me
stessa
,
desideravo
due
cose
,
ed
erano
tutt
'
e
due
impossibili
:
desideravo
essere
Vecenaj
,
e
desideravo
di
stare
per
sempre
in
uno
dei
villaggi
che
lui
ha
dipinto
.
Stare
là
come
la
guardiana
di
oche
,
o
come
l
'
aquila
,
o
san
Giovanni
,
o
Gesù
.
Avere
ai
miei
piedi
quella
campagna
.
Avere
sulla
mia
testa
quel
cielo
.
StampaQuotidiana ,
Tre
anni
fa
sono
andata
in
America
per
la
prima
volta
nella
mia
vita
.
Un
mio
figlio
vi
soggiornava
da
un
anno
ed
era
nato
là
un
mio
nipote
.
Mio
figlio
,
sua
moglie
e
il
bambino
dovevano
rimanere
là
un
anno
ancora
.
Quel
bambino
aveva
ormai
qualche
mese
e
io
non
l
'
avevo
visto
che
in
fotografia
.
Così
conobbi
insieme
l
'
America
e
mio
nipote
Simone
.
Non
posso
dire
d
'
aver
capito
e
visto
molto
dell
'
America
essendo
io
tarda
nei
riflessi
e
poco
dotata
per
capire
velocemente
luoghi
ignoti
.
Del
viaggio
ho
questo
ricordo
:
per
moltissime
ore
era
pomeriggio
,
l
'
aereo
ronzava
in
apparenza
immobile
in
un
cielo
d
'
un
azzurro
intenso
e
su
candide
groppe
di
nuvole
dove
il
sole
non
si
sognava
di
tramontare
;
poi
di
colpo
fu
pioggia
e
notte
.
L
'
istante
in
cui
quel
pomeriggio
immobile
e
glorioso
si
trasformò
in
una
bufera
notturna
,
dovette
essere
rapidissimo
perché
non
ne
ho
memoria
.
Quando
scendemmo
infuriava
il
vento
e
nel
campo
dell
'
aeroporto
erano
state
installate
passerelle
con
tettoie
di
zinco
su
cui
la
pioggia
scrosciava
.
Le
mie
prime
immagini
furono
vie
battute
dal
temporale
e
lunghi
sottopassaggi
illuminati
a
giorno
e
rombanti
.
La
città
era
Boston
.
Avevo
letto
nella
mia
vita
moltissimi
libri
che
parlavano
di
Boston
ma
non
so
perché
il
solo
che
mi
venne
in
mente
allora
fu
un
romanzo
chiamato
Il
lampionaio
che
avevo
letto
e
amato
all
'
età
di
nove
anni
.
Si
svolgeva
a
Boston
e
c
'
era
una
bambina
di
nome
Gertrude
,
assai
povera
,
maltrattata
e
selvaggia
,
che
veniva
raccolta
e
adottata
da
un
buonissimo
vecchio
,
lampionaio
di
professione
.
Mi
rallegrai
a
un
tratto
con
me
stessa
di
trovarmi
nella
città
di
Gertrude
.
Non
c
'
era
però
intorno
a
me
traccia
di
lampioni
e
mi
era
difficile
riconoscere
in
quei
rombanti
sottopassaggi
le
calme
e
vuote
immagini
che
avevo
costruito
intorno
al
nome
di
Boston
nella
mia
remota
infanzia
.
Tuttavia
la
memoria
del
Lampionaio
rimase
in
me
per
tutto
il
tempo
che
fui
a
Boston
e
in
fondo
dopo
un
attento
esame
scopersi
che
quella
città
non
era
molto
dissimile
da
quella
che
era
sorta
dissepolta
fra
le
ceneri
della
mia
immaginazione
infantile
.
Di
Gertrude
,
ricordavo
che
quando
era
così
povera
usava
nutrirsi
di
spazzatura
.
Così
osservavo
con
attenzione
per
le
strade
di
Boston
i
grandi
bidoni
di
spazzatura
che
si
trovavano
davanti
alle
case
.
Per
la
spazzatura
mio
figlio
mi
spiegò
al
mattino
che
c
'
erano
due
bidoni
,
uno
destinato
all
'
organico
e
l
'
altro
all
'
inorganico
.
Perciò
ogni
volta
che
dovevo
buttar
via
qualcosa
mi
fermavo
a
pensare
se
andava
nel
bidone
dell
'
organico
o
nel
bidone
dell
'
inorganico
.
Più
tardi
tornata
in
Italia
riflettevo
ancora
sull
'
organico
e
sull
'
inorganico
pur
gettando
poi
tutto
in
un
unico
secchio
come
usiamo
fare
qui
.
Tornando
alla
sera
del
mio
arrivo
,
mio
figlio
e
sua
moglie
parlarono
subito
del
lungo
viaggio
che
si
preparavano
a
fare
in
automobile
,
col
bambino
,
nelle
«
Rocky
Mountains
»
.
Sapevo
di
questo
loro
progetto
da
tempo
ma
in
quella
bufera
di
vento
e
pioggia
l
'
idea
mi
parve
insensata
e
dissi
che
il
bambino
avrebbe
patito
il
freddo
.
Mi
fecero
osservare
che
eravamo
nel
mese
di
maggio
,
il
viaggio
sarebbe
avvenuto
d
'
estate
e
quindi
se
mai
il
rischio
era
la
calura
estiva
.
Dissero
che
però
erano
andati
dal
pediatra
con
la
carta
geografica
,
gli
avevano
mostrato
l
'
itinerario
del
loro
viaggio
e
il
pediatra
aveva
approvato
.
Questo
pediatra
usava
farsi
chiamare
«
Jerry
»
dai
suoi
clienti
.
Quando
accordava
una
visita
,
lasciava
nella
cassetta
della
posta
un
cartoncino
con
scritto
:
«
Jerry
sarà
felice
di
incontrarsi
con
Simone
martedì
alle
tre
»
.
Tuttavia
se
Simone
avesse
avuto
la
febbre
a
quaranta
,
Jerry
non
si
sarebbe
spostato
di
un
millimetro
perché
non
faceva
visite
a
casa
.
Era
questa
la
regola
e
non
vi
contravveniva
in
America
nessun
pediatra
.
Sul
conto
di
Jerry
appresi
ancora
che
trovava
Simone
in
buona
salute
,
ma
un
po
'
troppo
grasso
.
Jerry
voleva
che
i
bambini
fossero
magri
.
Trovai
che
infatti
l
'
America
era
un
paese
di
bambini
magri
.
I
bambini
inoltre
mi
sembravano
poco
vestiti
e
con
mani
paonazze
dal
freddo
perché
non
portavano
guanti
.
Quando
lo
vidi
per
la
prima
volta
,
la
sera
del
mio
arrivo
,
Simone
era
nel
suo
letto
,
sveglio
,
vestito
d
'
una
tuta
bianca
di
cotone
,
e
giocava
con
un
gatto
piatto
di
tela
cerata
rossa
.
Aveva
una
testa
completamente
nuda
di
capelli
e
occhi
neri
ironici
,
acutissimi
e
penetranti
.
Guardando
con
molta
attenzione
,
si
poteva
scorgere
su
quella
sua
testa
nuda
una
finissima
peluria
bionda
.
Gli
occhi
erano
stretti
e
allungati
verso
le
tempie
.
Trovai
che
assomigliava
a
Gengis
-
Kan
.
Dopo
alcuni
giorni
di
bufera
,
esplose
a
un
tratto
un
'
estate
torrida
.
Dissi
allora
che
un
viaggio
con
quel
caldo
era
pericoloso
.
Avrei
dato
non
so
cosa
per
portare
il
bambino
con
Te
in
Italia
,
in
campagna
,
all
'
ombra
di
frondosi
alberi
.
Ma
i
suoi
genitori
erano
irremovibili
.
Pensavano
che
nelle
«
Rocky
Mountains
»
si
sarebbe
divertito
di
più
.
Io
replicavo
che
un
bambino
di
pochi
mesi
non
avrebbe
visto
differenze
fra
le
«
Rocky
Mountains
»
e
una
conigliera
.
Prediche
,
querimonie
e
contumelie
furono
nel
mio
soggiorno
in
America
le
mie
manifestazioni
essenziali
.
Soprattutto
non
mi
davo
pace
che
per
tre
mesi
quel
tenero
e
ignaro
bambino
non
avrebbe
avuto
una
casa
.
Infatti
mio
figlio
e
sua
moglie
avevano
subaffittato
la
loro
casa
fino
al
mese
di
ottobre
.
Simone
avrebbe
dormito
in
automobile
,
o
nei
motel
,
o
sotto
la
tenda
,
tenda
che
era
già
stata
comperata
e
che
mio
figlio
montava
per
esercizio
nel
prato
d
'
un
amico
.
Fino
ai
primi
di
ottobre
,
Simone
non
avrebbe
avuto
sulla
sua
testa
il
soffitto
di
casa
sua
.
Avrebbe
però
avuto
sempre
mi
dissero
il
suo
letto
.
Quel
letto
era
infatti
smontabile
e
poteva
essere
rimpicciolito
e
sistemato
dentro
l
'
automobile
.
Anche
di
questo
furono
fatte
molteplici
prove
.
Non
so
se
fosse
imperizia
di
mio
figlio
ma
l
'
operazione
della
sistemazione
del
letto
nell
'
automobile
era
lentissima
e
laboriosa
non
meno
dell
'
installazione
della
tenda
sul
prato
.
Assistetti
a
quei
preparativi
di
viaggio
con
crescente
paura
.
Mio
figlio
e
sua
moglie
tornavano
ogni
giorno
a
casa
con
oggetti
destinati
al
viaggio
,
bottiglioni
di
plastica
per
l
'
acqua
e
polveri
contro
i
morsi
degli
scorpioni
.
Comprarono
anche
una
enorme
sacca
di
plastica
e
vi
cacciarono
dentro
tutti
i
giocattoli
del
bambino
.
Osservai
che
era
un
ingombro
inutile
,
ma
loro
avevano
letto
nel
libro
del
dottor
Spock
che
un
bambino
deve
viaggiare
in
compagnia
di
tutti
i
suoi
giocattoli
.
Infatti
non
potendo
sempre
interrogare
Jerry
,
essi
spesso
cercavano
risposte
e
conforto
nel
libro
del
dottor
Spock
.
Ignaro
di
essere
minacciato
dalle
«
Rocky
Mountains
»
il
bambino
viveva
nella
casa
come
se
fosse
stata
sua
fino
alla
fine
dei
secoli
.
Stava
in
carrozzina
nella
loggia
di
legno
davanti
a
casa
,
agitava
il
suo
gatto
rosso
e
squadrava
il
mondo
con
i
suoi
occhi
da
Gengis
-
Kan
.
Era
un
bel
bambino
grasso
e
forte
,
troppo
grasso
anzi
per
i
gusti
di
Jerry
,
e
mandava
giù
con
gioia
bottiglie
di
latte
ma
si
batteva
ferocemente
contro
ogni
altra
specie
di
cibo
.
Avanzai
la
proposta
di
fargli
il
famoso
brodo
vegetale
,
In
Italia
si
svezzano
i
bambini
con
il
brodo
vegetale
.
Ma
mio
figlio
e
sua
moglie
ebbero
contro
il
brodo
vegetale
espressioni
di
forte
disprezzo
.
D
'
altronde
capivo
anch
'
io
che
era
inutile
abituare
il
bambino
al
brodo
vegetale
,
che
doveva
bollire
ore
e
non
era
possibile
preparare
nel
corso
d
'
un
viaggio
in
automobile
.
Tornata
in
Italia
fui
per
tutta
l
'
estate
inquieta
nonostante
arrivassero
cartoline
dalle
«
Rocky
Mountains
»
e
rassicuranti
fotografie
del
bambino
nudo
e
abbronzato
sulle
spalle
dei
genitori
.
Alla
fine
dell
'
estate
e
quando
loro
erano
ormai
tornati
a
casa
ricevetti
una
lettera
di
mio
figlio
dove
mi
raccontava
del
viaggio
e
diceva
fra
l
'
altro
che
una
notte
si
erano
trovati
in
un
campeggio
dove
erano
arrivati
degli
orsi
probabilmente
attratti
dall
'
odore
di
una
bottiglia
di
sciroppo
che
si
era
rotta
sul
tetto
della
loro
automobile
.
Acquattati
nella
tenda
col
bambino
in
collo
avevano
spiato
gli
orsi
che
armeggiavano
intorno
all
'
automobile
e
infuriavano
contro
una
ghiacciaia
.
Non
si
trattava
affatto
di
graziosi
orsacchiotti
,
ma
di
brutti
animali
alti
e
grossi
,
e
per
scacciarli
avevano
dovuto
sbattere
dei
coperchi
di
pentole
.
All
'
alba
erano
andati
all
'
azienda
-
turismo
e
avevano
chiesto
che
gli
venisse
indicato
un
campeggio
dove
gli
orsi
non
mettessero
mai
piede
.
Quelle
notizie
paurose
benché
superate
da
tempo
mi
sconvolsero
e
scrissi
lettere
di
prediche
e
contumelie
.
Tornarono
in
Italia
dopo
un
altro
inverno
e
un
'
altra
estate
nella
quale
fecero
ancora
un
viaggio
,
questa
volta
nel
«
deeper
South
»
,
luogo
che
sapevo
caldo
e
pericoloso
.
Accolsi
il
bambino
con
la
sensazione
che
fosse
scampato
da
viaggi
pericolosi
.
Il
bambino
ora
camminava
e
parlava
.
Sulla
sua
testa
lunga
e
delicata
erano
cresciuti
fini
e
tenerissimi
capelli
biondi
.
Aveva
alcune
manie
.
Non
voleva
saperne
di
frutta
fresca
ed
esigeva
sughi
di
pera
in
bottiglia
.
Non
voleva
saperne
di
golf
di
lana
perché
«
avevano
il
pelo
»
.
L
'
unico
indumento
che
accettava
di
indossare
col
freddo
,
era
una
sua
vecchia
giacca
a
vento
scolorita
.
Pensai
che
nella
sua
ripugnanza
«
per
il
pelo
»
c
'
era
magari
una
ripugnanza
o
paura
per
quegli
orsi
che
aveva
visto
.
Ma
forse
è
una
mia
deduzione
insensata
,
essendo
e
l
allora
troppo
piccolo
per
spaventarsi
.
A
poco
a
poco
,
lo
persuademmo
che
«
il
pelo
»
dai
golf
poteva
sparire
strofinandone
con
forza
una
manica
.
Tuttavia
la
giacca
a
vento
è
rimasta
il
suo
indumento
preferito
.
Un
pomeriggio
,
doveva
venire
a
casa
mia
.
Lo
aspettavo
alla
finestra
.
Lo
vidi
attraversare
la
strada
con
suo
padre
.
Camminava
serio
,
per
mano
a
suo
padre
e
tuttavia
assorto
in
se
stesso
e
come
in
solitudine
,
portando
una
borsa
di
nylon
in
cui
aveva
cacciato
la
sua
giacca
a
vento
.
In
quei
giorni
gli
era
nata
una
sorella
,
cosa
che
forse
lo
rendeva
serio
.
Il
suo
passo
,
la
sua
lunga
testa
fiera
e
delicata
,
il
suo
sguardo
buio
e
profondo
,
mi
fecero
a
un
tratto
scorgere
in
lui
qualcosa
di
ebraico
che
non
avevo
mai
visto
.
Mi
parve
anche
un
piccolo
emigrante
.
Quando
sedeva
sulla
loggia
a
Boston
,
sembrava
regnare
da
sovrano
nel
mondo
che
aveva
intorno
.
Sembrava
Gengis
-
Kan
.
Ora
non
era
più
Gengis
-
Kan
,
il
mondo
gli
si
era
rivelato
mutevole
e
instabile
,
nella
sua
persona
era
sorta
forse
una
precoce
consapevolezza
che
le
cose
erano
minacciose
e
sfuggenti
e
che
un
essere
umano
deve
bastare
a
se
stesso
.
Pareva
sapere
che
nulla
gli
apparteneva
,
salvo
quella
scolorita
borsa
di
nylon
contenente
quattro
figurine
,
due
matite
mangiate
e
una
scolorita
giacca
a
vento
.
Piccolo
ebreo
senza
terra
,
con
la
sua
borsa
attraversava
la
strada
.
Film ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Ho
visto
,
in
un
cineclub
,
un
film
scritto
da
Beckett
,
recitato
da
Buster
Keaton
,
e
chiamato
Film
.
Dura
forse
meno
di
mezz
'
ora
ed
è
privo
di
parole
.
Un
uomo
,
in
una
stanza
,
mette
fine
alla
sua
vita
.
Non
lo
vediamo
né
morire
,
né
uccidersi
;
ma
è
chiaro
che
di
là
da
quei
momenti
,
non
vi
sarà
mai
più
nulla
per
lui
.
Nella
stanza
c
'
è
un
letto
,
una
coperta
,
uno
specchio
,
un
seggiolone
a
dondolo
,
un
gatto
e
un
cane
in
un
cestello
,
un
pesce
in
una
vasca
,
un
pappagallo
in
gabbia
.
Nonostante
questi
mobili
e
questi
animali
,
la
stanza
appare
nuda
e
vuota
.
L
'
istante
in
cui
quell
'
uomo
ha
portato
là
quel
letto
e
quello
specchio
,
quel
cestino
,
quella
vasca
e
quella
gabbia
,
appare
lontanissimo
e
perduto
in
un
tempo
senza
memoria
.
Con
gesti
ansiosi
e
pieni
di
terrore
,
come
inseguito
da
persecutori
invisibili
,
l
'
uomo
copre
con
un
panno
lo
specchio
,
fa
uscire
il
cane
e
il
gatto
,
richiude
la
porta
,
copre
la
vasca
e
la
gabbia
.
Poi
si
siede
sul
seggiolone
e
si
dondola
,
in
mezzo
alla
stanza
.
A
tratti
si
tasta
il
polso
,
con
quell
'
ansia
per
le
proprie
pulsazioni
,
quella
sollecitudine
per
se
stesso
che
sente
chi
non
ha
nessuno
sulla
terra
salvo
se
stesso
,
con
quella
paura
della
morte
che
sente
chi
non
vuole
più
nulla
fuor
che
la
morte
.
Da
una
cartella
di
cuoio
,
egli
trae
e
osserva
alcune
fotografie
.
Sono
antiche
immagini
di
un
essere
che
è
stato
lui
stesso
.
L
'
infanzia
,
il
volto
materno
,
le
feste
scolastiche
,
le
gare
sportive
,
il
matrimonio
,
una
donna
,
un
bambino
.
Sono
le
immagini
di
una
vita
respirabile
,
tiepida
,
abitata
da
affetti
.
Una
vita
ormai
remota
da
quella
stanza
,
da
quelle
suppellettili
desolate
.
Egli
accarezza
un
attimo
,
con
il
pollice
,
la
fotografia
del
bambino
.
Strappa
una
per
una
,
a
metà
,
tutte
le
fotografie
.
Le
strappa
a
metà
una
per
una
,
senza
esitazione
e
questa
volta
senza
ansia
,
attentamente
,
scrupolosamente
.
Le
lascia
cadere
a
terra
.
Finora
non
abbiamo
visto
il
suo
viso
,
ma
sempre
solo
le
sue
mani
,
le
sue
spalle
,
la
sua
sciarpa
,
le
crepe
nel
muro
,
le
pieghe
della
coperta
.
Infine
vediamo
il
suo
viso
:
un
viso
devastato
,
scavato
,
un
occhio
coperto
da
una
benda
nera
.
Per
un
attimo
:
perché
egli
subito
chiude
quel
viso
tra
le
mani
devastate
.
Unico
e
ultimo
gesto
di
pietà
per
se
stesso
;
unico
e
ultimo
tentativo
di
nascondere
a
se
stesso
la
sua
stessa
immagine
,
di
smarrirsi
al
di
là
della
ragione
e
delle
memorie
;
unico
e
ultimo
implorare
il
buio
,
il
nulla
e
la
morte
.
Questo
racconto
rapido
e
muto
,
lo
poteva
recitare
solo
l
'
attore
Buster
Keaton
.
Impossibile
pensare
un
essere
diverso
,
là
in
quella
stanza
.
Egli
non
recita
:
egli
è
quell
'
uomo
.
Della
vita
di
Buster
Keaton
io
non
so
molto
,
salvo
quello
che
sanno
forse
tutti
.
E
morto
solo
e
povero
,
alcuni
anni
fa
.
Probabilmente
i
suoi
ultimi
giorni
furono
assai
simili
alle
ore
di
quell
'
uomo
in
quella
stanza
.
Ebbe
un
destino
crudele
.
Fu
un
attore
comico
famosissimo
ai
tempi
del
muto
;
con
l
'
avvento
del
sonoro
,
non
lo
cercarono
più
e
fu
presto
dimenticato
.
Era
del
resto
impensabile
che
dalla
sua
bocca
uscissero
mai
parole
.
Il
suo
viso
magro
e
arido
,
le
sue
labbra
sigillate
e
negate
al
sorriso
,
le
mascelle
irrigidite
e
contratte
,
erano
la
maschera
stessa
del
silenzio
.
Era
stato
un
grande
attore
,
un
grande
attore
comico
.
La
comicità
nasceva
dalle
sue
mosse
rapide
,
dal
suo
silenzio
,
dalla
sua
fissità
.
Apparvero
sui
giornali
,
a
volte
,
sue
fotografie
.
Un
viso
su
cui
gli
anni
e
l
'
ombra
avevano
scavato
ombre
e
solchi
.
Un
viso
coperto
di
una
rete
di
rughe
fittissime
,
come
una
carta
geografica
.
Le
labbra
sempre
strette
e
sigillate
.
Dovette
chiudersi
nel
suo
silenzio
,
da
vivo
,
come
in
un
sepolcro
.
Ebbe
solo
qualche
piccola
parte
,
breve
e
secondaria
.
Fu
il
pianista
in
Luci
della
ribalta
.
Film
dovette
essere
uno
dei
suoi
ultimi
film
se
non
l
'
ultimo
;
e
non
ebbe
,
credo
,
alcuna
diffusione
.
A
Chaplin
toccò
una
sorte
diversa
.
Erano
stati
,
credo
,
compagni
di
giovinezza
.
Chaplin
ebbe
a
profusione
tutto
quello
che
lui
,
dopo
una
certa
epoca
,
non
ebbe
più
.
Chaplin
,
dopo
gli
anni
amari
d
'
una
infanzia
orfana
e
povera
,
ebbe
gloria
,
denaro
e
onori
e
li
avrà
per
tutta
la
durata
della
sua
vita
.
La
sua
gloria
è
,
da
tempo
,
indistruttibile
.
Era
,
senza
dubbio
,
un
più
grande
attore
.
I
ricordi
della
sua
infanzia
,
i
tristi
vicoli
popolati
di
poveri
,
divennero
presto
per
lui
un
mondo
remoto
.
Per
moltissimi
anni
,
trasse
la
sua
ispirazione
da
quelle
buie
memorie
.
Inventò
la
figura
immortale
che
ben
conosciamo
.
La
figura
zoppicante
e
rapida
,
con
i
riccioli
neri
intorno
al
volto
pallido
,
con
il
sorriso
luminoso
e
mite
.
Era
anch
'
essa
priva
di
parola
.
Conosceva
bene
anch
'
essa
l
'
inadeguatezza
e
la
miseria
della
parola
umana
.
In
vecchiaia
,
Chaplin
si
trasformò
in
una
persona
che
è
in
qualche
modo
il
contrario
di
quella
figura
randagia
,
zoppicante
e
fuggevole
.
Divenne
un
vecchio
canuto
e
florido
,
ottimista
e
miliardario
.
Vive
in
una
villa
in
Svizzera
,
con
uno
sciame
di
figli
.
Se
per
caso
si
incontrassero
,
l
'
antica
figura
zoppicante
e
randagia
e
questo
furbo
e
florido
vecchio
signore
,
non
avrebbero
niente
da
dirsi
.
In
vecchiaia
,
Chaplin
scrisse
e
parlò
.
Scrisse
perfino
un
libro
di
memorie
.
Quando
ci
accade
di
vedere
sullo
schermo
l
'
antica
figura
che
amiamo
,
dobbiamo
isolarla
dal
ricordo
della
persona
che
l
'
ha
creata
e
che
ne
è
diventata
così
diversa
.
Dobbiamo
scacciare
il
ricordo
dei
pensieri
che
ha
espresso
nel
suo
libro
,
delle
sue
affermazioni
ottimistiche
,
della
sua
vanità
per
nulla
ingenua
,
della
sua
solida
e
robusta
persona
da
cui
è
totalmente
scomparso
ogni
istinto
di
fuga
.
Da
cui
è
scomparso
anche
ogni
istinto
di
libertà
.
Chaplin
ha
fatto
,
in
vecchiaia
alcuni
brutti
film
.
Essi
hanno
avuto
successo
.
Certo
l
'
idea
d
'
aver
fatto
dei
brutti
film
non
l
'
ha
nemmeno
sfiorato
,
essendo
egli
ormai
troppo
compiaciuto
di
sé
per
dire
a
se
stesso
parole
vere
.
D
'
altronde
la
cosa
in
sé
non
avrebbe
importanza
e
i
suoi
brutti
film
non
scalfiscono
il
suo
genio
.
Quando
vediamo
sullo
schermo
la
figura
immortale
da
lui
un
tempo
creata
,
non
pensiamo
ai
suoi
ultimi
brutti
film
.
Pensiamo
invece
alla
sua
persona
attuale
che
si
trova
,
rispetto
alla
sua
persona
antica
,
sull
'
altra
sponda
.
Non
possiamo
fargli
rimprovero
di
essere
diventato
,
in
vecchiaia
,
ricco
e
furbo
.
Penso
che
uno
possa
essere
ricchissimo
e
furbissimo
,
restando
in
qualche
modo
libero
e
randagio
.
Penso
che
sia
difficile
,
ma
possibile
.
Quello
che
rattrista
in
lui
oggi
è
forse
proprio
l
'
ottimismo
.
Le
parole
che
ha
scritto
e
pensato
.
Il
suo
miserevole
e
squallido
ottimismo
di
ottuagenario
a
cui
tutto
è
andato
così
bene
.
Buster
Keaton
non
ha
lasciato
,
che
io
sappia
,
libri
di
memorie
.
Il
silenzio
in
lui
,
e
il
silenzio
che
lo
circondava
,
dev
'
essere
stato
immenso
.
La
vecchiaia
è
infuriata
su
di
lui
devastando
il
suo
corpo
,
il
suo
viso
arido
,
nudo
e
indifeso
.
Egli
però
rimasto
se
stesso
,
sigillato
nel
suo
silenzio
,
fedele
alla
sua
sconfinata
disperazione
che
non
poteva
avere
parole
essendo
la
parola
umana
così
inadeguata
e
miserevole
,
fedele
per
sempre
alla
sua
sconfinata
libertà
di
non
sillabare
mai
una
sola
parola
.
StampaQuotidiana ,
Conobbi
Soldati
un
mucchio
di
anni
fa
.
Allora
era
più
vecchio
di
me
.
Oggi
no
,
oggi
siamo
vecchi
uguali
.
Era
magro
come
un
fiammifero
,
e
sulla
sua
fronte
fiammeggiava
un
ciuffetto
nero
.
Lo
conobbi
in
casa
di
mia
sorella
,
a
Torino
.
C
'
erano
varie
persone
che
non
ricordo
,
era
un
pranzo
.
Nel
corso
di
quel
pranzo
,
lui
s
'
arrabbiò
con
qualcuno
e
si
mise
a
urlare
.
Disse
allora
una
frase
,
che
ricordai
sempre
.
La
frase
era
:
«
Gli
amici
non
si
scelgono
»
.
Non
avevo
seguito
il
resto
del
discorso
,
ero
stata
fino
a
quel
momento
distratta
.
Al
vederlo
a
un
tratto
così
infuriato
,
restai
stupita
e
forse
mi
spaventai
.
Urlava
con
voce
roca
,
e
il
suo
erre
francese
rotolava
pieno
di
collera
.
Era
scattato
in
piedi
e
il
ciuffo
nero
sventolava
in
disordine
sul
suo
pallore
.
Finito
il
pranzo
,
crollò
a
sedere
e
disse
ancora
una
volta
con
voce
roca
e
stanca
,
con
un
viso
disfatto
e
desolato
:
«
Non
si
scelgono
.
Gli
amici
non
si
scelgono
»
.
Poi
la
sua
collera
di
colpo
svanì
.
Chiese
a
un
certo
punto
chi
ero
.
Lo
stupì
di
sapere
che
ero
la
sorella
della
persona
che
l
'
aveva
invitato
a
pranzo
.
Disse
che
m
'
aveva
preso
per
una
suivante
.
La
parola
suivante
,
che
io
non
avevo
mai
sentito
prima
d
'
allora
,
mi
umiliò
.
Pensai
che
dovevo
essere
vestita
male
.
Mi
chiese
cosa
facevo
.
Gli
dissi
che
facevo
il
liceo
.
Qualcuno
disse
che
scrivevo
racconti
.
Chiese
di
leggerli
.
Avevo
con
me
quei
racconti
,
in
un
quaderno
,
dentro
la
mia
cartella
nell
'
ingresso
.
La
cartella
l
'
avevo
con
me
perché
ero
venuta
là
direttamente
da
scuola
.
Il
quaderno
l
'
avevo
sempre
con
me
.
Credo
che
me
lo
portavo
sempre
dietro
nella
speranza
che
qualcuno
mi
chiedesse
di
leggerlo
.
Lui
partiva
,
e
promise
di
leggere
il
mio
quaderno
in
viaggio
.
Qualche
giorno
dopo
,
mi
mandò
un
telegramma
.
I
miei
racconti
gli
sembravano
belli
.
Ne
fui
felice
.
Ancora
oggi
gli
sono
grata
per
avermi
mandato
un
telegramma
.
Quel
telegramma
per
molto
tempo
lo
conservai
,
sgualcito
,
in
una
scatola
,
fra
altri
oggetti
che
stimavo
preziosi
.
Era
il
primo
telegramma
che
avessi
mai
ricevuto
;
e
per
molti
anni
ancora
rimase
l
'
unico
.
La
suivante
,
il
telegramma
,
e
la
frase
«
gli
amici
non
si
scelgono
»
,
sono
tre
cose
per
me
inseparabili
dall
'
immagine
di
Soldati
.
La
suivante
e
il
telegramma
non
riguardano
tanto
Soldati
,
quanto
me
stessa
e
la
mia
vanità
.
La
frase
«
gli
amici
non
si
scelgono
»
riguarda
sia
Soldati
che
la
verità
.
Ricordo
di
aver
pensato
,
quella
sera
,
a
tutti
i
miei
amici
,
e
di
essermi
chiesta
se
li
avevo
scelti
o
trovati
per
caso
.
Ancora
oggi
mi
chiedo
se
gli
amici
si
scelgono
.
Credo
che
,
per
quanto
riguarda
gli
amici
dell
'
infanzia
e
della
giovinezza
,
non
si
scelgono
affatto
ma
ci
vengono
buttati
ai
piedi
dalla
nostra
sorte
.
Gli
amici
dell
'
età
adulta
,
in
qualche
modo
si
scelgono
.
E
'
vero
però
che
nelle
nostre
scelte
,
giocano
sempre
tre
elementi
essenziali
:
in
parte
scegliamo
noi
stessi
,
in
parte
veniamo
scelti
,
e
in
parte
il
caso
sceglie
per
noi
.
D
'
altronde
l
'
atto
della
nostra
scelta
non
ha
grande
valore
.
Scegliendo
i
nostri
amici
,
noi
ubbidiamo
a
un
criterio
di
valutazione
assai
rozzo
,
superficiale
e
confuso
.
Quello
che
conta
non
è
l
'
atto
della
nostra
scelta
,
ma
i
vincoli
che
sorgono
in
noi
dall
'
affetto
e
che
sono
sempre
ciechi
,
imperiosi
e
senza
spiegazione
.
L
'
affetto
non
sceglie
nulla
,
o
meglio
la
sua
scelta
è
così
rapida
che
siamo
subito
immemori
di
averla
compiuta
.
Tornando
a
Soldati
,
nel
ricordare
più
tardi
le
sue
furie
di
quella
sera
compresi
che
egli
non
era
per
nulla
infuriato
.
Recitava
.
Recitava
la
parte
dell
'
uomo
in
collera
.
Quello
che
io
credevo
il
fuoco
della
collera
,
era
in
verità
il
fuoco
della
recitazione
.
Compresi
più
tardi
che
egli
recita
sovente
,
per
divertire
gli
altri
e
se
stesso
.
Mi
colpì
più
tardi
,
leggendo
i
suoi
romanzi
,
il
fatto
che
nei
suoi
romanzi
non
c
'
è
mai
traccia
né
di
simulazione
né
di
sovreccitazione
.
Scrive
in
una
prosa
pacata
,
chiara
,
austera
e
paziente
.
E
una
prosa
invisibile
come
l
'
acqua
o
il
vetro
.
Penso
che
i
suoi
romanzi
provengano
dalla
parte
più
calma
e
più
seria
della
sua
persona
.
Il
gioco
magico
,
nei
suoi
romanzi
,
è
in
genere
quello
di
insinuare
in
una
trasparenza
di
vetro
o
d
'
acqua
,
entro
una
realtà
abitabile
,
respirabile
e
chiara
,
un
'
incrinatura
obliqua
,
un
lampo
verde
e
sinistro
,
che
sembra
provenire
da
altri
mondi
e
indicarne
la
realtà
non
respirabile
,
non
abitabile
,
notturna
e
priva
di
stelle
.
I
suoi
romanzi
sono
,
sempre
o
quasi
sempre
,
storie
d
'
incontri
col
male
.
Nei
suoi
romanzi
,
sempre
o
quasi
sempre
,
ci
sono
due
personaggi
essenziali
.
Un
narratore
,
uno
che
dice
«
io
»
,
persona
da
cui
sembra
scorrere
la
prosa
stessa
della
narrazione
,
pacata
,
nitida
,
non
mai
rotta
da
singhiozzi
,
immune
da
incubi
o
nevrosi
;
persona
che
non
parla
della
sua
vita
o
ne
parla
appena
,
come
non
meritasse
di
parlarne
,
trattandosi
di
una
vita
risolta
e
libera
,
una
vita
che
scorre
nella
piena
luce
del
giorno
;
e
a
un
tratto
,
su
un
angolo
di
strada
,
o
davanti
a
un
chiosco
di
giornali
,
o
in
una
botteguccia
polverosa
,
o
nella
hall
d
'
un
albergo
vecchiotto
con
paralumi
e
tappeti
,
si
profila
al
suo
sguardo
un
secondo
essere
,
qualcuno
a
cui
egli
si
accosta
con
sentimenti
usuali
e
pacati
,
senza
allarme
,
come
ci
si
inoltra
su
quieti
sentieri
erbosi
per
una
passeggiata
tranquilla
.
Questo
secondo
essere
,
sia
esso
un
amico
della
sua
giovinezza
,
o
una
donna
incontrata
in
passato
,
o
semplicemente
uno
sconosciuto
che
desta
la
sua
attenzione
o
pietà
,
lo
conduce
lentamente
fuori
dal
suo
chiarore
giornaliero
e
verso
una
notte
ignota
,
fredda
e
tortuosa
come
una
plaga
d
'
inferno
.
Allora
comprendiamo
che
il
chiosco
dei
giornali
,
la
hall
immersa
nella
rosea
penombra
,
la
botteguccia
dalle
merci
addormentate
,
erano
le
porte
dell
'
inferno
.
Ci
accorgiamo
che
infatti
su
quei
luoghi
pesava
una
strana
paura
.
La
realtà
ignota
nella
quale
il
narratore
si
inoltra
,
sui
passi
di
quel
secondo
essere
che
gli
ispira
insieme
pietà
,
repulsione
e
un
'
acuta
curiosità
,
è
una
realtà
dove
non
ci
sono
esseri
liberi
,
perché
ciascuno
è
servo
d
'
una
macchinazione
tetra
e
ineluttabile
;
una
trama
sottile
e
tortuosa
di
denaro
e
di
ossessioni
sessuali
governa
e
opera
in
questo
mondo
notturno
,
muove
gli
umani
e
li
avviluppa
ai
piedi
d
'
una
potenza
ambigua
,
fredda
come
la
morte
e
indecifrabile
.
E
in
questo
mondo
notturno
,
pesa
il
sospetto
che
il
male
non
si
trovi
situato
là
dove
i
fatti
sembrano
individuarlo
e
situarlo
,
nei
volti
beffardi
e
servili
di
coloro
che
in
noi
chiamiamo
i
malvagi
;
ma
ancora
altrove
,
in
uh
punto
molto
più
lontano
,
dove
non
ne
avvertiamo
che
gli
echi
e
i
lampi
;
o
forse
invece
molto
vicino
:
forse
nelle
pieghe
segrete
della
nostra
stessa
anima
.
Il
narratore
si
sente
a
un
tratto
coinvolto
in
una
sorta
di
sinistra
complicità
.
La
presenza
del
male
in
un
mondo
così
prossimo
al
nostro
,
ci
rende
spie
e
complici
del
male
;
essendo
noi
amici
e
testimoni
del
male
,
forse
siamo
il
male
stesso
.
Quel
volto
insieme
domestico
e
misterioso
che
si
è
avvicinato
al
nostro
,
quella
mano
che
ci
ha
condotto
sulla
plaga
infernale
,
sono
forse
la
nostra
stessa
mano
e
il
nostro
stesso
volto
.
Nell
'
ultimo
romanzo
di
Soldati
,
L
'
attore
,
il
narratore
,
avendo
incontrato
un
amico
di
giovinezza
e
avendo
saputo
di
sue
difficoltà
finanziarie
causategli
dalla
moglie
,
che
ha
il
vizio
del
gioco
,
va
a
trovare
questa
moglie
nella
sua
villa
di
Bordighera
.
L
'
aspetto
abbandonato
della
villa
,
lo
sfacelo
e
il
silenzio
in
cui
giace
il
luogo
,
acuiscono
il
senso
di
angoscia
con
cui
siamo
arrivati
là
.
Nelle
difficoltà
finanziarie
che
l
'
amico
attore
ha
raccontato
,
abbiamo
sospettato
menzogne
e
macchinazioni
.
In
questa
coppia
di
coniugi
,
uno
dei
due
è
vittima
dell
'
altro
,
ma
ignoriamo
quale
sia
la
vittima
e
quale
il
persecutore
.
Ma
quando
appare
la
moglie
,
col
suo
fresco
dialetto
triestino
e
la
sua
persona
generosa
,
cordiale
e
ilare
,
l
'
angoscia
è
dissipata
.
Ci
sentiamo
sollevati
e
rassicurati
.
In
questa
donna
,
il
vizio
del
gioco
appare
una
mania
innocente
,
in
qualche
modo
ilare
e
limpida
,
una
cosa
di
cui
si
può
chiacchierare
a
voce
alta
,
nella
piena
luce
del
giorno
,
in
dialetto
triestino
.
Il
suo
affetto
per
il
marito
è
pieno
di
pietà
e
ironia
.
Il
marito
,
«
pòvaro
mona
d
'
un
vecio
»
,
usa
innamorarsi
delle
serve
.
Tale
debolezza
è
in
sé
anch
'
essa
innocente
,
forse
solo
un
poco
pericolosa
.
Tuttavia
ogni
vago
senso
d
'
allarme
svapora
tra
le
risate
cordiali
della
donna
,
argentine
,
generose
di
tenerezza
.
Il
narratore
sta
per
andarsene
sollevato
.
In
quel
momento
si
sente
la
voce
della
serva
.
La
serva
si
rivolge
alla
donna
con
accenti
di
prepotenza
intima
e
brutale
.
Torna
l
'
angoscia
,
e
il
sospetto
di
qualche
fosco
potere
.
Spiando
dalle
finestre
,
il
narratore
vede
la
serva
.
I
suoi
tratti
sono
volgari
e
leggiadri
,
la
persona
è
insieme
banale
e
misteriosa
,
di
una
giovinezza
caparbia
e
fragile
,
forse
costretta
senza
voglia
a
una
parte
crudele
.
L
'
angoscia
sorge
dal
non
sapere
dove
è
il
male
,
da
quale
punto
provengano
gli
agguati
e
le
macchinazioni
del
male
.
La
ragazza
sarà
trovata
morta
,
vittima
predestinata
e
incauta
d
'
una
macchinazione
.
Tra
la
donna
,
la
ragazza
e
l
'
uomo
,
vediamo
lentamente
che
si
è
stesa
una
trama
ingegnosa
e
industriosa
,
avviluppandoli
e
trascinandoli
alla
deriva
.
Essa
è
nata
dalle
profondità
d
'
un
sentimento
amoroso
insieme
tortuoso
e
semplice
,
che
si
alza
sopra
le
congetture
e
le
insidie
con
una
sorta
di
fosca
innocenza
.
Forse
il
male
non
è
situato
fra
questi
esseri
,
ma
ancora
altrove
,
nella
figura
dal
volto
«
duro
e
frivolo
»
che
appare
e
scompare
alle
loro
spalle
e
che
sembra
vincere
.
Tuttavia
il
dubbio
permane
che
anche
il
volto
«
duro
e
frivolo
»
non
sia
nulla
,
che
non
sia
lui
il
vero
artefice
di
agguati
e
disgrazie
,
che
non
sia
una
vipera
ma
un
povero
topo
di
siepe
.
Forse
il
suo
trionfo
è
volgare
e
casuale
,
forse
non
è
che
il
nuoto
cieco
e
immemore
d
'
una
grigia
anguilla
,
il
canto
di
una
rana
in
una
palude
.
Le
trame
del
male
sono
profondamente
immerse
nella
notte
.
La
sola
liberazione
possibile
è
per
gli
esseri
umani
rincorrerne
sulla
terra
le
ombre
sfuggenti
,
spiare
e
interrogare
all
'
infinito
le
orme
del
vero
,
portare
alla
luce
del
giorno
i
pochi
indizi
rubati
nel
cuore
d
'
una
notte
impenetrabile
.
StampaQuotidiana ,
Non
mi
è
facile
scrivere
di
Carlo
Levi
,
avendolo
avuto
caro
come
un
fratello
.
La
sua
persona
è
per
me
strettamente
legata
a
eventi
,
persone
e
anni
della
mia
giovinezza
.
La
sera
che
ho
saputo
che
stava
male
,
e
moriva
,
ho
radunato
insieme
,
dentro
di
me
,
tanti
ricordi
sparsi
.
Non
credo
di
riuscire
a
parlare
distesamente
di
lui
come
pittore
,
né
come
scrittore
,
né
come
uomo
politico
.
Posso
unicamente
allineare
ricordi
.
Negli
ultimi
anni
,
lo
vedevo
di
rado
.
Quando
lo
incontravo
,
mi
sembrava
di
incontrare
una
folla
di
esseri
amati
e
perduti
.
Questo
,
e
la
grande
serenità
che
spirava
dalla
sua
persona
,
mi
facevano
sentire
,
ogni
volta
che
lo
incontravo
,
commossa
e
felice
.
In
verità
non
so
perché
non
cercassi
di
vederlo
di
più
.
Noi
abbiamo
,
con
la
nostra
giovinezza
e
con
le
persone
che
la
abitavano
,
rapporti
complicati
,
tortuosi
e
pesanti
.
I
nostri
movimenti
ne
sono
spesso
impediti
.
Pure
quando
incontravo
Carlo
Levi
,
sentivo
dissolversi
ogni
tortuosità
e
complicazione
e
il
suo
viso
grande
e
roseo
mi
rallegrava
.
Negli
era
una
persona
con
la
quale
i
rapporti
erano
diretti
e
leggeri
.
I
primi
ricordi
che
ho
di
lui
,
risalgono
al
tempo
della
mia
adolescenza
,
a
Torino
,
sua
e
mia
città
.
Nera
più
vecchio
di
me
di
quattordici
anni
.
Quattordici
anni
mi
sembravano
allora
moltissimi
.
Apparteneva
al
mondo
degli
adulti
,
mondo
nel
quale
io
anelavo
di
entrare
con
una
ansia
che
aveva
tutte
le
caratteristiche
dello
snobismo
,
come
si
anela
di
raggiungere
una
più
alta
e
nobile
sfera
sociale
.
Nero
però
timida
,
e
questa
ansia
restava
nascosta
.
Egli
mi
intimidiva
,
così
che
in
sua
presenza
trovano
difficile
sillabare
parola
.
Non
so
come
,
gli
era
capitato
fra
le
mani
un
mio
quaderno
di
poesie
,
e
ogni
volta
che
mi
vedeva
citava
un
pezzetto
di
una
mia
poesia
sul
mattino
,
che
io
avevo
scritto
a
dieci
anni
:
«
Ogni
fronte
si
copre
di
sudore
I
ogni
cuore
si
riempie
d
'
amore
I
lavoratori
,
il
ciel
vi
benedica
!
»
Questi
versi
io
li
trovano
orribili
,
e
mi
sembrava
di
averne
scritti
,
in
seguito
,
di
migliori
.
Ma
a
lui
il
verso
dei
lavoratori
dava
grande
allegria
.
Lo
ripeteva
guardandosi
intorno
con
il
suo
solare
sorriso
.
Non
era
molto
alto
ma
era
grande
,
riempiva
lo
spazio
con
la
sua
persona
così
che
intorno
a
lui
tutti
sembravano
striminziti
.
Sembrava
colorato
,
e
grigi
gli
altri
.
Aveva
un
viso
grande
,
largo
,
roseo
,
circondato
da
una
corona
di
riccioli
.
Aveva
un
cappotto
chiaro
,
quasi
bianco
,
largo
e
corto
,
sempre
sbottonato
e
di
una
lana
moscia
e
pelosa
.
Aveva
giacche
di
velluto
a
coste
che
allora
nessuno
portava
,
bottoni
dorati
e
istoriati
,
cravatte
arabescate
,
mosce
e
con
un
largo
nodo
.
Era
amico
dei
miei
fratelli
.
Aveva
studiato
medicina
,
e
quando
qualcuno
era
malato
,
dava
consigli
medici
,
che
in
casa
mia
dicevano
molto
acuti
.
Ma
aveva
lasciato
la
medicina
.
Era
un
pittore
.
Io
pensavo
«
un
grande
pittore
»
,
forse
perché
mi
sembrava
che
in
lui
nulla
potesse
esservi
di
mediocre
o
piccolo
,
e
non
mi
sono
mai
chiesta
,
in
verità
nemmeno
in
seguito
,
quale
fosse
la
reale
importanza
della
sua
pittura
.
A
me
sembrava
che
nei
quadri
degli
altri
,
a
lui
contemporanei
,
vi
fosse
squallore
e
grigio
,
e
nei
suoi
quadri
,
un
festoso
tumulto
di
colore
.
I
paesaggi
,
nei
suoi
quadri
,
mi
sembravano
bellissimi
:
perché
frustati
dal
vento
.
Era
un
vento
senza
né
polvere
né
bufera
,
un
vento
che
spazzava
e
scompigliava
la
natura
per
accartocciarla
e
illimpidirla
.
Anche
le
figure
umane
erano
frustate
dal
medesimo
vento
forte
e
tumultuoso
,
che
soffiava
nelle
giacche
e
nelle
cravatte
e
nei
capelli
e
li
tingeva
di
rosa
,
di
viola
e
di
verde
,
non
per
offenderli
o
mortificarli
o
renderli
grotteschi
ma
per
festeggiarne
la
prepotenza
,
la
complessità
e
la
gloria
.
Orecchie
e
riccioli
,
così
accartocciati
diventavano
conchiglie
.
Il
mondo
,
nei
suoi
quadri
,
mi
sembrava
spesso
simile
a
una
spiaggia
immensa
,
dove
regnava
una
luce
bianca
e
dove
tutto
era
nuvole
,
vento
e
conchiglie
.
Queste
non
sono
altro
che
delle
rozze
impressioni
infantili
.
Egli
era
l
'
unico
pittore
che
mi
fosse
mai
accaduto
di
conoscere
bene
di
persona
e
mi
capitò
anche
di
vederlo
dipingere
con
il
sigaro
fra
le
labbra
,
gli
occhi
socchiusi
,
un
piede
sollevato
sulla
punta
,
i
gesti
lentissimi
,
pigri
e
leggeri
.
Il
suo
studio
,
in
piazza
Vittorio
,
all
'
ultimo
piano
,
con
le
finestre
che
guardavano
sulla
piazza
,
e
la
sua
casa
di
via
Bezzecca
,
con
il
giardino
e
alcune
piante
di
nespolo
,
mi
sembravano
tra
i
luoghi
più
allegri
che
esistessero
al
mondo
.
Scopersi
che
si
occupava
di
politica
e
che
anzi
era
,
fra
le
persone
che
io
frequentavo
quotidianamente
,
un
'
autorità
politica
,
un
capo
.
Mi
sembrò
stupendo
che
egli
fosse
,
insieme
,
un
capo
della
politica
clandestina
e
un
grande
pittore
.
Venne
arrestato
,
in
quegli
anni
,
due
volte
,
una
volta
nel
'34
,
una
volta
nel
'35
.
Quando
fu
arrestato
,
quei
luoghi
allegri
e
chiari
che
erano
il
suo
studio
e
la
sua
casa
mi
sembrarono
affondare
nelle
tenebre
.
Quando
fu
arrestato
nel
'35
,
mandò
dal
carcere
,
a
una
amica
,
un
foglietto
con
dei
versi
che
egli
aveva
scritto
in
carcere
,
e
che
io
ho
sempre
ricordato
e
che
mi
accade
ancora
oggi
,
ogni
tanto
,
di
canticchiare
.
L
'
amica
gli
aveva
spedito
lettere
con
nome
falsi
,
e
poi
,
da
Londra
,
una
cartolina
con
una
riproduzione
di
Monet
,
firmata
con
il
vero
nome
.
I
versi
dicevano
:
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
I
mi
portan
snelli
e
grigi
!
I
non
per
i
toni
zoppi
I
del
flebile
Monet
i
ma
perché
i
nomi
doppi
I
lasciasti
nel
Tamigi
I
e
son
finiti
i
troppi
I
giorni
senza
di
te
»
.
A
me
questi
versi
sembravano
molto
belli
,
e
mi
sembrava
inoltre
molto
bello
che
egli
riuscisse
a
scrivere
,
in
carcere
,
delle
piccole
strofe
liete
,
mentre
tutti
noi
,
da
fuori
,
vedevamo
il
carcere
drammaticamente
.
Le
parole
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
»
mi
sembravano
spinte
da
un
impeto
libero
e
lieto
,
e
restarono
nella
mia
memoria
indissolubili
dalla
sua
persona
,
così
com
'
erano
indissolubili
dalla
sua
persona
la
luce
e
il
vento
dei
suoi
quadri
,
e
nel
pensarlo
mentre
era
in
carcere
mi
sembrava
che
tutta
la
sua
persona
fosse
spinta
dal
vento
e
dall
'
aria
e
scompigliata
come
erano
scompigliate
nei
suoi
quadri
le
fluttuanti
chiome
degli
alberi
e
le
acque
dei
fiumi
.
Quando
lo
rividi
dopo
molti
anni
che
non
lo
vedevo
,
a
Firenze
,
dopo
la
liberazione
,
non
sentivo
più
fra
lui
e
me
una
grande
distanza
,
sia
perché
ero
cresciuta
di
anni
sia
perché
,
ero
stata
colpita
da
sventure
.
Inoltre
lui
stesso
mi
sembrava
disceso
da
quelle
altezze
e
profondità
in
cui
l
'
avevo
sempre
scorto
.
Mi
accorsi
allora
,
in
quei
giorni
a
Firenze
,
che
egli
in
passato
sembrava
dimorare
o
su
vette
di
montagne
,
o
negli
abissi
marini
.
Era
stato
lontano
e
diverso
dalla
gente
che
camminava
per
strada
.
Adesso
,
sembrava
mescolarsi
alla
gente
.
Al
suo
desiderio
di
stravaganza
,
era
venuto
ad
accoppiarsi
un
desiderio
di
rassomigliare
a
tutti
.
/
Non
avrei
dovuto
stupirmene
,
dito
che
le
sventure
e
la
guerra
avevano
operato
trasformazioni
in
ognuno
.
Non
so
se
ne
fui
stupita
ma
lo
notai
.
Aveva
un
cappotto
color
tabacco
dal
bavero
liso
e
logoro
,
una
cravatta
logora
e
una
magrezza
nel
viso
e
nel
collo
che
mi
faceva
pensare
a
mio
padre
.
Egli
ora
mi
sembrava
umile
.
In
passato
,
c
'
era
l
'
abitudine
,
fra
gli
amici
,
di
ridere
di
lui
e
canzonarlo
per
la
sua
trionfante
sicurezza
di
sé
,
per
la
sua
vanità
.
Era
,
e
rimase
sempre
,
placidamente
sicuro
,
placidamente
fiero
e
con
una
alta
e
magnifica
idea
di
se
stesso
.
A
Firenze
,
in
quei
giorni
,
scopersi
che
nella
sua
vanità
poteva
esistere
anche
l
'
umiltà
.
Scopersi
che
egli
era
uno
di
quei
rari
esseri
in
cui
la
vanità
non
era
un
difetto
ma
una
qualità
.
La
vanità
era
,
nella
sua
persona
,
un
sentimento
generoso
e
limpido
,
frutto
di
gentilezza
,
di
bontà
e
di
gioia
.
Come
la
luce
del
sole
,
la
sua
vanità
risplendeva
e
prodigava
a
lui
stesso
e
agli
altri
un
'
eguale
,
calda
e
chiara
luce
.
Nella
vanità
,
è
presente
di
solito
il
disprezzo
per
gli
altri
e
l
'
invidia
.
Ma
in
lui
non
c
'
era
una
sola
stilla
d
'
invidia
,
né
una
sola
stilla
di
disprezzo
per
anima
vivente
.
Nera
,
a
Firenze
,
direttore
della
«
Nazione
»
.
Pubblicava
,
sulla
«
Nazione
»
,
delle
sue
vignette
accompagnate
da
rime
.
Una
di
queste
vignette
rappresentava
i
ponti
distrutti
,
e
sotto
c
'
era
una
strofetta
che
diceva
:
«
Ministro
Ivanoè
I
giudice
Coppedè
I
ricostruiremo
i
ponti
I
col
gusto
dei
geronti
»
.
Nera
stato
al
confino
in
Lucania
,
e
aveva
scritto
,
mi
disse
,
un
libro
su
quegli
anni
di
confino
,
che
pensava
di
pubblicare
.
Penso
di
essere
stata
fra
le
prime
persone
che
hanno
letto
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
.
Mi
sembrò
bellissimo
.
Anche
lui
lo
trovava
bellissimo
.
A
Roma
,
qualche
mese
dopo
,
Einaudi
mandò
quel
manoscritto
in
tipografia
,
e
poiché
ora
io
lavoravo
in
quella
casa
editrice
,
corressi
le
bozze
.
Le
tipografie
romane
erano
scadenti
e
quelle
bozze
erano
,
disse
Carlo
,
«
grigie
e
pelose
»
.
Disse
che
quel
suo
libro
avrebbe
avuto
una
risonanza
immensa
,
che
ne
sarebbero
state
vendute
migliaia
e
migliaia
di
copie
,
e
che
sarebbe
stato
tradotto
in
tutti
i
paesi
del
mondo
.
Io
non
gli
credetti
.
Invece
tutto
questo
avvenne
.
Ho
riletto
,
in
tempi
recenti
,
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
.
E
un
grande
libro
.
Avevo
avuto
la
sensazione
,
leggendolo
la
prima
volta
,
che
lui
scrivendo
non
raccontasse
,
ma
invece
dipingesse
e
cantasse
.
Questa
sensazione
era
,
io
credo
,
giusta
,
ed
è
miracoloso
come
queste
pagine
tutte
cantate
e
dipinte
formino
una
realtà
storica
,
umana
e
civile
che
nessuno
aveva
mai
scoperto
.
Il
prodigio
di
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
è
di
aver
congiunto
insieme
l
'
arte
e
l
'
impegno
civile
,
l
'
ozio
fantastico
e
lo
studio
della
realtà
,
e
l
'
Italia
del
Nord
e
del
Sud
in
una
visione
armoniosa
,
dove
appare
remota
ogni
ombra
di
superiorità
o
alterigia
di
cultura
e
dove
hanno
eguale
spazio
l
'
immota
contemplazione
e
l
'
impeto
rivoluzionario
.
Regna
ovunque
nel
libro
una
luce
bianca
,
e
non
sappiamo
se
questa
bianca
luce
provenga
dalle
mura
delle
case
divorate
dal
sole
o
se
provenga
dalla
chiarezza
dell
'
intelligenza
che
le
ha
contemplate
.
La
verità
,
umanità
e
grandezza
di
Cristo
vanno
oltre
le
sensazioni
di
meraviglia
che
suscitò
quando
fu
stampato
,
meraviglia
che
nasceva
dal
fatto
che
nulla
di
simile
era
stato
scritto
mai
.
La
sua
verità
e
grandezza
sono
oggi
intatte
,
anche
se
quella
visione
armoniosa
è
oggi
lontana
dal
nostro
mondo
,
affaticato
e
rotto
da
infinite
delusioni
e
incapace
di
chiarezze
.
Carlo
Levi
fu
,
per
sua
natura
,
una
persona
in
cui
l
'
armonia
era
indistruttibile
e
indispensabile
,
come
è
indistruttibile
e
indispensabile
per
il
sole
la
propria
stessa
luce
.
Il
mondo
deve
essergli
apparso
,
negli
ultimi
anni
,
disarmonico
e
faticoso
,
ma
egli
lo
amava
ugualmente
e
certo
lo
perdonava
,
per
sua
generosità
e
bontà
e
umiltà
,
così
come
forse
perdonava
agli
amici
indifferenze
e
tradimenti
,
passando
oltre
non
rapido
ma
lentissimo
essendo
egli
incapace
di
atti
ruvidi
,
rapidi
e
brutali
.
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
I
mi
portan
snelli
e
grigi
!
I
non
per
i
toni
zoppi
I
del
flebile
Monet
...
»
Questi
suoi
versi
antichi
,
quante
volte
li
ho
canticchiati
dentro
di
me
.
Non
gliel
'
ho
mai
detto
.
Non
gli
ho
mai
detto
che
li
conoscevo
.
Lui
probabilmente
non
si
ricordava
di
averli
scritti
,
a
Torino
,
in
carcere
,
quarant
'
anni
fa
.
L
'
estate
scorsa
mi
telefonò
e
cenammo
insieme
in
una
trattoria
del
centro
.
Non
lo
vedevo
da
tempo
.
Non
lo
trovavo
invecchiato
,
se
non
per
i
capelli
ora
tutti
bianchi
,
leggeri
come
piume
,
e
per
una
magrezza
rosea
nel
viso
e
nel
collo
,
che
di
nuovo
mi
ricordò
mio
padre
.
Avevo
sempre
pensato
che
c
'
era
in
lui
una
vaga
rassomiglianza
con
i
miei
,
forse
perché
gli
ebrei
hanno
spesso
delle
rassomiglianze
,
e
sua
madre
aveva
avuto
i
capelli
rossi
e
c
'
erano
capelli
rossi
anche
nella
mia
famiglia
,
e
lentiggini
,
e
questo
mi
sembrava
stabilisse
fra
noi
e
lui
una
sorta
di
cuginanza
.
Non
eravamo
parenti
,
benché
io
abbia
,
di
nascita
,
il
suo
stesso
cognome
.
Fu
quella
l
'
ultima
volta
che
io
lo
vidi
.
Come
sempre
quando
m
'
incontrava
,
citò
il
mio
verso
«
Lavoratori
»
,
con
un
sorriso
solare
,
e
un
largo
gesto
di
benedizione
.
Lasciammo
la
trattoria
,
e
lo
vidi
ancora
una
volta
camminare
nella
notte
romana
,
come
tanti
anni
fa
,
al
tempo
di
Cristo
,
con
il
suo
passo
ozioso
,
randagio
e
leggero
.
Credo
che
allora
di
nuovo
,
come
nei
giorni
della
liberazione
a
Firenze
,
pensai
alla
sua
grande
umiltà
.
Nel
ricordarlo
,
è
molto
bello
ricordare
insieme
la
sua
umiltà
e
la
sua
sicurezza
trionfante
.
E
bello
ricordare
insieme
il
suo
immenso
ozio
e
il
suo
impegno
civile
,
la
sua
placida
felicità
e
la
sua
solidarietà
con
ogni
umana
sventura
,
le
contraddizioni
che
vivevano
in
armonia
nel
suo
temperamento
,
il
tempo
sconfinato
che
avevano
le
sue
giornate
,
il
suo
cappotto
sempre
sbottonato
,
il
sigaro
,
il
passo
leggero
.