StampaQuotidiana ,
Marco
Bellocchio
,
l
'
autore
dei
Pugni
in
tasca
,
l
'
enfant
terrible
del
cinema
italiano
,
e
anche
l
'
autore
più
giovane
(
anni
28
)
venuto
quest
'
anno
alla
ribalta
di
Venezia
,
spara
,
con
La
Cina
è
vicina
,
un
'
altra
raffica
a
raggera
.
I
bersagli
coprono
un
ampio
semicerchio
della
vita
italiana
:
i
socialisti
,
i
preti
,
la
nobiltà
di
provincia
,
e
anche
quei
gruppi
di
giovanissimi
infatuati
di
Mao
.
Sicché
va
subito
detto
che
il
film
,
all
'
inverso
del
titolo
,
preso
in
prestito
da
un
libro
di
Enrico
Emanuelli
,
non
è
una
minaccia
o
una
speranza
,
ma
soltanto
un
pretesto
per
meglio
collocare
il
racconto
ai
nostri
giorni
.
Non
tocca
a
noi
dire
se
la
realtà
giustifica
tanti
sarcasmi
;
forse
essa
esprime
un
processo
di
maturazione
che
merita
soltanto
il
disprezzo
di
chi
si
arrocchi
su
astratte
posizioni
di
principio
.
Ed
è
probabile
che
coinvolgere
nell
'
ironia
,
insieme
ai
preti
e
alla
piccola
nobiltà
di
provincia
,
anche
la
classe
proletaria
e
i
giovanissimi
infatuati
di
Mao
derivi
appunto
da
un
anarchico
moralismo
vicino
al
qualunquismo
di
chi
nasconde
nella
nausea
della
politica
la
paura
della
storia
.
Tuttavia
resta
il
fatto
che
Bellocchio
,
come
narratore
satirico
,
ha
mano
sicura
e
unghia
arrotata
.
Egli
sa
metter
su
uno
spettacolo
che
sebbene
irriti
un
poco
per
certo
suo
tono
goliardico
,
spesso
diverte
per
la
vena
umoristica
e
la
vivacità
del
racconto
.
Siamo
a
Imola
.
Una
famiglia
patrizia
(
conserva
sottovetro
la
scarpa
di
un
papa
)
è
composta
di
due
fratelli
e
una
sorella
:
il
maggiore
,
Vittorio
,
professore
di
liceo
,
iscritto
al
partito
socialista
;
Elena
,
sui
trent
'
anni
,
che
amministra
il
patrimonio
e
Camillo
,
convittore
in
un
collegio
di
preti
,
il
«
cinese
»
che
in
chiesa
serve
messa
.
Vittorio
ha
una
segretaria
,
Giovanna
,
fidanzata
con
Carlo
,
un
giovane
esponente
della
sezione
socialista
,
ambedue
d
'
estrazione
proletaria
.
Si
avvicinano
le
elezioni
comunali
,
e
il
partito
,
anziché
a
Carlo
,
offre
a
Vittorio
di
essere
candidato
.
Questi
accetta
,
e
chiama
Carlo
in
casa
,
perché
lo
assista
nella
campagna
elettorale
.
Mentre
Camillo
è
disgustato
che
il
fratello
maggiore
si
sia
messo
dalla
parte
del
governo
,
Giovanna
prima
piange
la
sfortuna
del
fidanzato
,
poi
ne
lamenta
l
'
arrivismo
e
il
servilismo
.
Carlo
invece
ha
compreso
che
affiancarsi
al
compagno
conte
è
un
modo
per
spartire
la
torta
,
ripetendo
su
scala
familiare
il
processo
realizzatosi
al
vertice
del
partito
.
Si
butta
su
Elena
,
già
avvezza
a
facili
amori
,
e
senza
fatica
la
conquista
.
Per
rivalsa
,
Giovanna
si
dà
a
Vittorio
,
che
intanto
ha
cominciato
a
far
comizi
e
a
sollecitare
voti
di
preferenza
da
parenti
.
Quando
Elena
aspetta
un
bambino
,
va
su
tutte
le
furie
:
essa
ha
capito
che
Carlo
,
pensando
ai
soldi
,
vuoi
costringerla
a
sposarlo
,
e
perciò
cerca
d
'
interrompere
la
maternità
.
Ma
Carlo
,
con
l
'
aiuto
di
Giovanna
,
manda
all
'
aria
il
progetto
della
donna
.
E
Giovanna
,
in
cambio
,
ottiene
a
sua
volta
d
'
avere
un
figlio
da
lui
,
che
Vittorio
dovrà
prendere
per
proprio
.
Il
groviglio
si
scioglie
con
un
doppio
matrimonio
:
fra
Carlo
ed
Elena
e
Giovanna
e
Vittorio
.
I
«
signori
»
sono
stati
messi
in
trappola
,
e
i
due
figli
del
popolo
hanno
fatto
un
balzo
avanti
verso
il
benessere
borghese
.
L
'
unico
rimasto
estraneo
al
mercato
è
Camillo
,
che
continuando
a
carezzare
i
sogni
rivoluzionari
è
andato
di
notte
a
scrivere
sui
muri
che
la
Cina
è
vicina
,
ha
messo
una
bomba
nella
sede
socialista
,
e
sguinzagliato
cani
e
gatti
a
un
comizio
del
fratello
maggiore
.
Che
egli
non
rappresenti
un
'
alternativa
concreta
alla
politica
del
.
centro
-
sinistra
,
ma
soltanto
uno
stadio
infantile
dell
'
ideologia
progressista
,
il
film
l
'
ha
detto
fin
dall
'
inizio
,
quando
il
collegiale
teorizzava
la
possibilità
di
certe
esperienze
erotiche
su
una
ragazza
-
cavia
.
Debole
,
e
quasi
inesistente
,
sul
piano
della
polemica
politica
,
perché
la
tesi
di
Bellocchio
rivela
un
moralismo
astratto
,
se
non
il
qualunquismo
delle
estreme
,
La
Cina
è
vicina
è
un
film
nato
sulla
scia
di
quelle
satire
di
costume
,
esercitate
soprattutto
nei
confronti
della
vita
di
provincia
,
che
prima
in
America
e
poi
con
Pietro
Germi
hanno
divertito
il
pubblico
cospargendo
lo
schermo
di
vetriolo
.
Pur
confermando
la
vena
umoristica
che
,
maturata
in
sarcasmo
,
serpeggiava
nei
Pugni
in
tasca
,
Bellocchio
ha
messo
molta
acqua
nel
suo
vino
.
Integratosi
nell
'
industria
cinematografica
,
tenendo
d
'
occhio
realisticamente
il
mercato
,
e
impegnandosi
a
consegnare
un
prodotto
che
non
avrebbe
avuto
noie
con
la
censura
,
egli
si
è
limitato
,
col
secondo
film
,
a
mobilitare
la
propria
vena
beffarda
per
una
pittura
impietosa
di
certe
zone
tipiche
della
società
italiana
.
Ha
raggiunto
lo
scopo
,
grazie
alla
vivacità
del
suo
ingegno
e
del
suo
temperamento
di
narratore
.
Se
La
Cina
è
vicina
,
infatti
,
delude
come
opera
di
provocazione
intellettuale
,
si
raccomanda
a
un
pubblico
che
voglia
soprattutto
divertirsi
.
Meno
docile
di
Germi
,
ma
ormai
più
graffiante
,
Bellocchio
allinea
e
incastra
caratteri
e
situazioni
con
uno
spirito
derisorio
che
manda
in
brodo
di
giuggiole
chi
gode
nel
sentir
parlare
male
del
prossimo
.
Qui
nessuno
si
salva
.
Vittorio
è
ben
dipinto
come
un
ambizioso
pavido
e
apprensivo
;
Elena
come
una
donna
di
sensi
caldi
,
autoritaria
e
altezzosa
;
Camillo
come
un
inibito
che
ha
trasferito
nell
'
adorazione
di
Mao
la
spinta
religiosa
impostagli
in
collegio
;
Carlo
e
Giovanna
come
due
arrampicatori
disposti
a
tutto
.
Che
Bellocchio
sappia
strappare
non
più
soltanto
acidi
sorrisi
ma
risate
di
cuore
,
inserendo
persino
elementi
da
pochade
nel
suo
universo
grottesco
,
il
film
mostra
spesso
.
Basta
citare
la
riunione
della
microcellula
maoista
in
cucina
,
certi
«
pulcini
di
Maria
»
che
vanno
a
cantare
inni
religiosi
al
capezzale
di
un
vecchio
prete
soltanto
perché
sperano
di
ricevere
caramelle
e
sigarette
,
il
primo
comizio
di
Vittorio
,
in
una
piazza
di
paese
semideserta
(
finirà
con
l
'
auto
fracassata
)
,
le
sue
avances
a
Giovanna
perché
gli
apra
le
braccia
(
arriva
persino
a
offrirle
in
regalo
un
barometro
)
,
la
paura
dei
socialisti
alla
notizia
che
i
«
cinesi
»
stanno
per
far
saltare
la
sede
,
il
chirurgo
che
doveva
operare
Elena
,
lo
scompiglio
provocato
dai
cani
-
lupo
sciolti
da
Camillo
mentre
Vittorio
espone
ai
compagni
la
propria
autodifesa
,
e
quel
bel
finale
in
cui
le
due
donne
fanno
insieme
esercizi
di
preparazione
al
parto
.
Tutte
scene
in
cui
si
apprezza
la
sicurezza
del
ritmo
e
l
'
essenzialità
d
'
uno
stile
che
rabbiosamente
mira
sempre
al
sodo
.
Virtù
che
Bellocchio
non
ha
perso
,
e
ora
è
messa
al
servizio
di
un
umorismo
tagliente
,
di
un
razionalismo
ai
limiti
del
cinismo
che
esclude
qualsiasi
sentimentalismo
.
Come
è
un
film
politico
soltanto
nella
cornice
,
così
La
Cina
è
vicina
non
è
un
film
poetico
.
Se
mai
didascalico
,
nel
suo
rifiuto
d
'
ogni
ghirigoro
.
Ma
la
secchezza
di
questo
nuovo
ritratto
dell
'
Italia
dialettale
,
interpretato
con
molto
impegno
da
Glauco
Mauri
,
Elda
Tattoli
,
Paolo
Graziosi
,
Daniela
Surina
e
Pierluigi
Aprà
,
dà
talvolta
al
film
la
lucidità
d
'
una
lama
.
Non
sono
molti
i
registi
che
mentre
feriscono
fanno
ridere
le
loro
vittime
.
Si
capisce
perché
Bellocchio
,
che
considera
Luchino
Visconti
il
regista
più
senile
di
tutta
la
vecchia
guardia
,
veneri
Buñuel
e
la
sua
vena
di
sadismo
.
Ma
è
per
lo
meno
curioso
che
mentre
il
cinema
nuovo
va
verso
forme
di
racconto
sempre
più
aperte
,
Bellocchio
si
chiuda
in
rigide
strutture
.
Diciamo
che
pensa
allo
spettatore
,
e
vuole
andare
per
le
corte
.
StampaQuotidiana ,
Distesa
nel
sonno
della
morte
,
Marilyn
sorride
.
Al
prezzo
più
alto
,
ha
vinto
la
sua
battaglia
.
Ha
temuto
fino
all
'
ultimo
di
non
farcela
,
di
non
trovare
il
coraggio
.
Poi
si
è
guardata
allo
specchio
,
si
è
passata
le
mani
sui
capelli
.
«
Ecco
»
ha
detto
«
questo
è
il
momento
.
»
Da
quanti
anni
ci
pensava
?
Forse
dal
giorno
in
cui
,
bambina
,
seppe
che
i
nonni
e
la
madre
erano
morti
pazzi
,
il
padre
in
un
incidente
stradale
,
uno
zio
suicida
.
Ci
pensava
da
sveglia
,
quando
recitava
,
si
ubriacava
,
faceva
all
'
amore
.
Ci
pensava
nel
sonno
,
quando
si
sognava
,
nuda
,
sopra
un
altare
,
in
mezzo
a
una
folla
adorante
;
quando
i
sonniferi
la
strappavano
ai
paradisi
artificiali
nei
quali
l
'
avevano
costretta
a
vivere
,
e
la
riconducevano
al
purgatorio
dell
'
infanzia
.
«
Finirai
male
,
brucerai
tra
le
fiamme
dell
'
inferno
»
le
avevano
detto
da
bambina
.
E
Marilyn
sorrideva
.
Nessun
inferno
avrebbe
potuto
farle
più
male
della
vita
.
Un
idolo
,
Marilyn
non
era
più
una
donna
.
È
tornata
donna
il
giorno
in
cui
la
follia
le
ha
armatola
mano
contro
se
stessa
.
Allora
è
tornata
una
povera
donna
,
che
nessuna
clinica
per
malattie
mentali
era
riuscita
a
guarire
,
e
che
terrorizzata
di
finire
come
la
madre
si
è
imposta
di
calare
il
sipario
su
se
stessa
quando
ancora
il
suo
corpo
colpevole
meritava
di
essere
straziato
.
Chissà
quante
spiegazioni
ci
daranno
gli
psicanalisti
.
Diciamo
,
semplicemente
,
che
Marilyn
ha
voluto
,
insieme
,
punire
ed
esaltare
la
parte
di
se
stessa
che
credeva
più
responsabile
della
propria
inquietudine
.
Punirla
,
devastandola
con
le
proprie
mani
,
di
essere
stata
il
simbolo
di
una
mostruosa
eccitazione
collettiva
,
dalla
quale
a
lei
non
venne
la
felicità
;
esaltarla
perché
il
simbolo
si
perpetuasse
,
perché
nel
momento
in
cui
il
mito
stava
declinando
il
mistero
della
morte
lo
rinverdisse
e
lo
consegnasse
ai
secoli
.
Marilyn
,
vittima
di
un
'
età
di
nevrotici
,
ha
vinto
il
terrore
della
morte
con
la
stessa
facilità
con
cui
aveva
vinto
,
per
trentasei
anni
,
la
paura
della
vita
.
Tutta
la
sua
esistenza
è
stata
decisa
dagli
altri
.
Oggi
è
toccato
a
lei
dire
qualcosa
.
È
assurdo
pretendere
che
la
sua
parola
non
fosse
un
amaro
sorriso
,
una
macabra
strizzata
d
'
occhio
.
Non
è
questo
,
ancora
,
che
il
mondo
le
chiedeva
?
Incarnare
sino
in
fondo
l
'
idea
del
capriccio
,
spogliarsi
di
ogni
sfumatura
psicologica
o
morale
,
esporsi
nuda
,
su
un
calendario
o
un
tavolo
anatomico
,
alla
frenesia
di
un
'
umanità
che
non
ammette
intimità
segrete
,
che
vuole
assorbire
,
sfruttare
,
consumare
,
nei
miti
che
si
è
creata
la
propria
impotenza
.
Marilyn
ha
detto
sì
.
Ha
sempre
detto
sì
,
come
una
schiava
.
L
'
abbiamo
voluta
nelle
nostre
case
,
nei
nostri
pensieri
,
dalle
caserme
e
dai
camion
l
'
abbiamo
portata
sulle
nostre
scrivanie
,
l
'
abbiamo
spogliata
,
vestita
,
rispogliata
,
rivestita
,
come
una
bambola
,
è
stata
la
nostra
amante
,
siamo
fuggiti
con
lei
nella
giungla
,
in
un
'
isola
deserta
,
sulla
Luna
,
l
'
abbiamo
tradita
con
Brigitte
e
ce
ne
siamo
pentiti
;
guardando
nostra
moglie
si
pensava
a
lei
;
dicevamo
che
Marilyn
è
come
una
forza
della
natura
,
irruente
,
spontanea
,
autentica
;
dicevamo
che
la
sua
aggressività
ci
riscattava
dalle
nostre
viltà
di
uomini
civilizzati
;
che
la
sua
provocazione
ci
eccitava
la
fantasia
spenta
dall
'
abitudine
.
Ecco
,
risponde
oggi
Marilyn
,
la
natura
ha
un
volto
anche
tragico
.
Guardatemi
:
se
non
inorridite
,
ora
sono
tutta
per
voi
,
tutta
per
tutti
voi
.
Non
ho
più
mariti
,
non
ho
più
amici
.
Il
mio
abito
succinto
fascia
uno
scheletro
,
non
vedete
la
camicetta
come
aderisce
,
come
la
gonna
mi
stringe
?
«
Assorbo
da
tutti
come
una
cartasuga
»
disse
.
Una
donna
che
se
ne
rende
conto
non
è
una
donna
stupida
.
Marilyn
non
era
una
stupida
.
Era
un
corpo
cresciuto
a
propria
insaputa
,
amministrato
dalla
pubblicità
,
piegato
dal
desiderio
degli
uomini
e
dalla
gelosia
delle
donne
.
Dentro
c
'
era
una
ragazza
americana
del
nostro
secolo
,
ferita
dall
'
infanzia
e
dal
successo
.
Una
intelligenza
violentata
e
deviata
,
ma
un
'
ossessionata
sensibilità
.
C
'
era
la
disperazione
,
ora
che
gli
anni
marciavano
in
fretta
,
di
vedersi
correre
il
tempo
sul
volto
,
forse
persino
di
sentirsi
sulle
spalle
la
colpa
dei
peccati
degli
altri
,
l
'
incubo
di
milioni
di
occhi
e
di
pensieri
,
accumulati
in
quattordici
anni
di
cinema
.
Il
tentativo
di
Marilyn
di
avvicinarsi
al
mondo
della
cultura
,
il
suo
matrimonio
con
Miller
,
l
'
amicizia
con
le
«
teste
d
'
uovo
»
di
Nuova
York
,
cosa
altro
erano
stati
se
non
il
tentativo
di
spezzare
questa
catena
di
sguardi
?
Non
ci
riuscì
.
Come
una
schiava
,
legata
alla
propria
carne
,
Marilyn
ha
continuato
a
divincolarsi
.
E
più
si
agitava
,
più
si
contorceva
,
e
più
il
mondo
aguzzava
gli
occhi
.
Riversa
sul
letto
di
una
clinica
,
disperata
,
il
mondo
guardava
il
suo
corpo
.
Marilyn
piangeva
,
e
il
suo
mondo
le
cercava
nello
sguardo
il
fremito
della
voluttà
.
Brancolava
,
annaspava
nel
buio
delle
depressioni
psichiche
,
e
il
mondo
pensava
alla
sua
anca
lussata
.
Era
convinto
che
,
soprattutto
,
a
lei
piacesse
essere
guardata
.
Era
vero
,
è
vero
.
Perché
Marilyn
era
l
'
unica
donna
di
questo
secolo
che
,
toccandosi
,
potesse
chiedersi
se
era
già
morta
,
se
non
fosse
,
anziché
una
creatura
di
carne
e
ossa
,
uno
stemma
araldico
,
un
'
impresa
d
'
amore
e
di
guerra
,
l
'
emblema
di
una
speranza
in
cui
finzione
e
realtà
si
confondono
.
Ieri
inciso
sullo
scudo
,
dipinto
su
uno
stendardo
,
disegnato
in
un
romanzo
di
cavalleria
,
oggi
impresso
nella
celluloide
e
nella
carta
patinata
,
il
suo
volto
,
perché
bastava
il
suo
volto
riverso
nel
riso
,
era
lo
stesso
per
il
quale
generazioni
sono
partite
,
hanno
combattuto
,
sopportato
la
pena
del
vivere
.
L
'
eterno
femminino
,
edizione
XX
secolo
.
Ora
Marilyn
è
muta
.
Non
c
'
è
un
bambino
che
ha
ereditato
il
suo
sorriso
.
Ci
sono
degli
uomini
che
l
'
hanno
conosciuta
,
delle
donne
che
l
'
hanno
invidiata
.
C
'
è
un
mondo
che
si
compiaceva
di
esserne
scandalizzato
.
C
'
è
un
'
immensa
organizzazione
di
mercanti
che
forse
non
l
'
ha
aiutata
.
Ma
non
c
'
è
lo
stupore
della
morte
,
il
male
che
tocca
le
creature
di
ogni
giorno
,
quelle
che
incontriamo
per
la
strada
.
La
morte
non
tocca
i
miti
,
non
spegne
le
illusioni
.
Aiuta
la
fantasia
.
Dove
sarà
,
ora
,
Marilyn
?
Chi
turberà
?
I
diavoli
,
gli
angeli
,
i
marziani
?
Ora
,
forse
,
tocca
a
loro
credere
che
il
meraviglioso
,
incarnato
da
una
psicosi
collettiva
,
è
anche
di
questo
mondo
.
Gli
antichi
lo
sapevano
,
anche
Marilyn
lo
sapeva
.
E
perciò
che
questa
volta
,
lei
che
arrivava
sempre
in
ritardo
,
è
stata
puntuale
.