StampaQuotidiana ,
Ho
sotto
gli
occhi
la
lunghissima
sentenza
con
cui
la
Corte
di
Firenze
,
riformando
la
sentenza
di
quel
tribunale
,
condanna
il
padre
scolopio
Ernesto
Balducci
ad
otto
mesi
di
reclusione
,
con
la
condizionale
,
per
istigazione
a
delinquere
,
in
relazione
ad
un
articolo
scritto
a
proposito
della
condanna
da
parte
del
tribunale
militare
del
giovane
cattolico
Giuseppe
Gozzini
,
obiettore
di
coscienza
.
Accorda
le
attenuanti
generiche
che
non
si
negano
ad
alcuno
che
sia
incensurato
,
ma
rifiuta
la
diminuente
dei
motivi
di
particolare
valore
morale
e
sociale
.
Non
è
certo
questo
il
luogo
per
discutere
la
sentenza
.
Ma
tra
le
cose
che
in
essa
mi
colpiscono
sono
certe
affermazioni
,
come
quelle
:
"
secondo
il
diritto
positivo
italiano
non
è
ammissibile
la
ribellione
del
cittadino
contro
le
leggi
o
contro
una
dichiarazione
di
guerra
,
nemmeno
in
nome
delle
pretese
leggi
morali
e
della
pretesa
giustizia
naturale
che
ne
fossero
offese
"
;
"
inammissibile
è
il
potere
di
sindacato
sulla
giustizia
della
guerra
"
.
E
quando
leggo
queste
frasi
,
penso
che
dal
processo
di
Socrate
ad
oggi
siamo
sempre
-
e
saremo
probabilmente
domani
,
perché
certe
antitesi
sono
eterne
e
non
eliminabili
-
al
medesimo
punto
:
come
debba
superarsi
il
contrasto
che
si
delinei
tra
la
legge
dello
Stato
e
la
coscienza
dell
'
uomo
,
tra
il
rispetto
agli
dèi
della
patria
e
quello
agli
dèi
universali
,
al
Dio
che
ha
tutti
gli
uomini
per
figli
e
tutti
ama
egualmente
ed
tutti
impone
di
sentirsi
fratelli
.
Eppure
qualche
direttiva
ventiquattro
secoli
di
meditazione
,
il
cristianesimo
,
con
la
sua
distinzione
tra
religione
e
consociazione
civile
,
il
liberalismo
dovrebbero
darla
.
La
parte
di
Cesare
è
l
'
esteriorità
,
tutto
quello
che
è
denaro
,
beni
terreni
,
anche
il
tempo
e
l
'
occupazione
del
cittadino
quando
siano
tali
da
non
destare
problemi
morali
;
la
parte
di
Dio
,
cioè
della
coscienza
,
è
il
pensiero
,
il
giudizio
,
la
libertà
di
parlare
.
Non
sono
due
ambiti
tra
cui
si
possa
tracciare
una
linea
nettissima
,
il
pensiero
e
la
parola
non
sono
senza
effetti
sull
'
azione
;
tuttavia
ciascuno
di
noi
sente
che
non
è
mortificante
obbedire
,
anche
interamente
e
fedelmente
,
il
superiore
,
in
quel
che
comanda
,
ma
avvilente
sarebbe
dovere
fingere
di
ammirarlo
,
dover
subire
la
imposizione
dei
suoi
giudizi
e
dei
suoi
pensieri
.
(
Una
distinzione
chiarissima
sempre
in
me
,
questa
tra
l
'
obbedienza
nell
'
agire
e
la
difesa
del
proprio
giudizio
;
dovevo
avere
cinque
anni
,
ed
ero
un
bambino
obbediente
,
ma
m
'
infuriavo
se
mi
si
voleva
costringere
a
fingere
di
essere
persuaso
di
ciò
di
cui
non
lo
ero
,
se
non
mi
si
lasciava
dire
:
obbedisco
,
ma
so
che
voi
avete
torto
ed
io
ho
ragione
)
.
E
sappiamo
altresì
che
tutte
le
conquiste
sono
state
fatte
biasimando
le
leggi
vigenti
e
chiedendo
il
loro
mutamento
,
ma
altresì
criticando
il
modo
con
cui
i
giudici
le
applicavano
,
ritenendo
errate
od
aberranti
certe
interpretazioni
.
E
bene
fare
questo
nel
modo
più
cortese
,
perché
la
villania
e
l
'
acredine
non
giovano
mai
,
ma
è
doveroso
farlo
.
E
pure
sapendo
che
si
può
compierlo
in
modo
tale
da
non
cadere
sotto
alcuna
sanzione
di
legge
,
tutti
i
reati
di
vilipendio
,
di
apologia
di
reato
,
restano
invisi
,
perché
possono
essere
rèmore
all
'
esercizio
di
questa
libertà
,
essenziale
e
benefica
per
ogni
corpo
sociale
,
sia
la
Chiesa
,
sia
lo
Stato
,
sia
il
partito
,
che
sarebbero
isteriliti
dal
supino
ossequio
.
E
l
'
uomo
che
affronta
una
pena
certa
perché
la
sua
coscienza
gli
dice
di
fare
così
,
perché
agendo
diversamente
infrangerebbe
la
sua
legge
morale
,
non
può
essere
considerato
alla
pari
del
delinquente
,
che
non
afferma
nessuna
legge
universale
,
che
non
s
'
ispira
ad
alcuna
visione
di
un
mondo
migliore
.
I
vecchi
criminalisti
distinguevano
delitti
infamanti
e
non
infamanti
,
con
distinte
pene
;
il
codice
Zanardelli
conosceva
la
reclusione
e
la
detenzione
,
quest
'
ultima
riservata
sostanzialmente
ai
reati
che
nella
coscienza
comune
non
insudiciano
l
'
uomo
.
Fu
il
codice
penale
Rocco
,
sempre
in
vigore
nel
diciottesimo
anno
della
Repubblica
,
che
non
volle
più
questa
distinzione
,
che
proclamò
non
esserci
diversità
tra
il
delitto
politico
e
quello
comune
(
serbando
anzi
per
il
primo
i
massimi
rigori
)
.
E
questa
confusione
mi
sembra
proprio
la
colpa
contro
lo
spirito
,
l
'
offesa
alla
coscienza
.
Giacché
mi
rendo
conto
che
lo
Stato
possa
dover
punire
chi
non
vuole
osservare
la
sua
legge
;
e
so
anche
immaginare
come
austera
,
e
tale
da
non
ingenerare
odio
ma
reciproco
rispetto
,
la
scena
in
cui
il
giudice
dello
Stato
dice
all
'
imputato
:
-
organo
di
una
struttura
nei
cui
principi
io
credo
,
che
voglio
conservata
,
privo
della
libertà
te
,
che
rifiuti
di
sottoporti
alle
sue
leggi
;
penso
che
mi
comprendi
,
perché
tu
pure
veglieresti
alla
conservazione
di
quel
tuo
Stato
ideale
,
dai
principi
opposti
a
quelli
del
mio
,
e
mi
condanneresti
se
io
ne
fossi
il
cittadino
ribelle
-
.
Ma
guai
se
il
giudice
non
abbia
la
distinzione
netta
tra
le
due
colpe
,
se
non
provi
rispetto
per
chi
affronta
la
pena
per
non
venir
meno
a
quel
che
la
coscienza
gli
detta
.
E
se
il
giudice
è
compenetrato
in
una
struttura
liberale
sentirà
che
i
reati
di
vilipendio
,
di
apologia
,
d
'
incitamento
a
comportamenti
politici
,
sono
storture
nella
sua
legislazione
,
ed
in
tali
materie
darà
sempre
l
'
applicazione
più
liberale
alla
legge
.
Temo
che
non
si
rifletta
abbastanza
a
tutto
il
male
che
reca
quella
mancata
netta
distinzione
tra
infrazione
politica
ed
infrazione
alle
norme
che
proteggono
la
integrità
della
persona
,
il
buon
costume
,
la
proprietà
;
tra
le
due
lotte
,
quella
che
ogni
struttura
politica
conduce
contro
chi
vorrebbe
mutarla
(
e
che
ha
in
assonanza
la
lotta
che
sul
terreno
amministrativo
ogni
governo
mena
contro
gli
avversari
,
siano
pure
avversari
che
abbiano
tutti
i
crismi
della
legalità
e
della
costituzionalità
)
e
quella
alla
delinquenza
.
Da
quando
son
nato
sento
parlare
del
rispetto
che
si
ha
in
Inghilterra
ed
in
altri
Paesi
per
la
polizia
,
lamentandosi
che
questa
non
goda
di
un
corrispondente
affetto
in
Italia
.
Ma
le
polizie
che
godono
di
prestigio
sono
quelle
che
non
sono
mai
adoperate
a
scopi
politici
.
Se
si
riuscisse
a
stabilire
una
grande
convenzione
per
cui
restassero
sempre
separati
,
senza
commistioni
mai
,
gli
organi
dello
Stato
che
debbono
asseverare
e
difendere
le
basi
politiche
fissate
in
una
costituzione
,
e
magari
anche
provocare
consensi
al
governo
,
aiutarne
i
sostenitori
(
posto
che
proprio
si
debba
ammettere
che
ci
siano
uffici
statali
aventi
tra
i
loro
compiti
di
orientare
i
voti
degli
elettori
,
politici
ed
amministrativi
)
,
e
gli
altri
organi
che
debbono
combattere
la
delinquenza
,
quante
maggiori
simpatie
e
consensi
fluirebbero
verso
questi
ultimi
.
Il
carattere
comune
delle
dittature
(
e
di
tutte
le
temperie
che
le
anticipano
)
è
di
vedere
nell
'
avversario
il
cattivo
.
In
un
regime
liberale
gli
avversari
saranno
teste
calde
,
teste
matte
,
teste
pericolose
;
ci
potranno
essere
i
processi
a
Mazzini
,
le
detenzioni
di
Garibaldi
;
ed
anche
giudizi
più
energici
,
più
sommari
,
che
troviamo
nelle
corrispondenze
e
nelle
cronache
dei
generali
,
degli
aristocratici
,
anche
degli
uomini
di
destra
;
ma
non
c
'
è
mai
la
confusione
del
repubblicano
,
del
ribelle
con
il
delinquente
.
Potrà
avere
vigore
la
più
rigida
obbedienza
militaresca
,
ma
c
'
è
sempre
la
libertà
del
giudizio
;
cui
si
accompagna
il
disprezzo
per
l
'
uomo
che
è
costantemente
dell
'
avviso
del
superiore
,
chiunque
questi
sia
.
Certo
,
nello
Stato
,
nella
Chiesa
(
persino
nel
partito
)
è
indispensabile
l
'
obbedienza
;
certo
,
non
può
il
cittadino
né
il
credente
disobbedire
ad
ogni
regola
che
non
approvi
;
quando
si
tratta
dell
'
agire
,
del
comportamento
esteriore
,
l
'
obbedienza
è
la
norma
,
che
trova
solo
quel
limite
di
una
legge
morale
in
cui
il
cittadino
crede
(
e
si
ammette
persino
in
dati
casi
un
possibile
contrasto
tra
il
diritto
canonico
e
la
legge
di
Dio
)
.
Ma
quando
si
profila
quel
contrasto
di
leggi
morali
,
e
se
anche
-
come
penso
-
il
giudice
sia
tranquillo
ritenendo
che
l
'
etica
su
cui
poggiano
le
leggi
ch
'
egli
applica
sia
la
vera
,
dovrà
il
rispetto
(
ed
anche
quell
'
ammirazione
che
non
si
nega
mai
all
'
uomo
che
soffre
per
la
sua
fede
)
all
'
imputato
che
condanna
.
E
meglio
sarà
non
tocchi
quei
temi
della
giustizia
naturale
e
delle
leggi
morali
;
ché
fuori
del
diritto
positivo
egli
non
ha
autorità
.
La
scelta
l
'
ha
certo
compiuta
allorché
ha
indossato
la
toga
e
mentre
continua
ad
indossarla
,
ché
quell
'
abito
deve
significare
ch
'
egli
crede
nella
giustizia
delle
leggi
che
applica
;
ma
quella
scelta
che
ha
compiuto
nel
suo
cuore
non
può
imporla
ad
altri
;
questi
li
potrà
condannare
,
ma
come
uomo
si
augurerà
di
avere
la
stessa
forza
il
giorno
in
cui
dovesse
soffrire
per
i
principî
in
cui
crede
.