StampaQuotidiana ,
Sospetto
di
quanti
non
si
dicono
fautori
della
libertà
,
semplicemente
,
ma
della
«
ben
regolata
libertà
»
o
della
«
libertà
di
fare
il
bene
o
di
asserire
il
vero
»
.
Libertà
è
quella
di
asserire
ciò
che
per
altri
,
fosse
pure
per
la
maggioranza
,
è
il
male
,
è
l
'
errore
.
Detto
questo
,
bisogna
pur
distinguere
tra
libertà
di
far
propaganda
di
idee
,
libertà
di
operare
,
libertà
di
eccitare
impulsi
irrazionali
.
È
la
prima
che
va
difesa
,
contrastando
ad
ogni
limite
che
si
tenti
di
imporle
;
perché
è
quella
veramente
feconda
,
che
tutte
le
tirannie
temono
,
assai
più
che
le
bombe
ed
i
pugnali
.
E
sempre
il
buon
senso
delle
masse
ha
saputo
distinguere
tesi
ardite
e
follie
;
le
stravaganze
,
finché
sono
state
sostenute
come
dottrine
,
non
hanno
mai
trovato
seguaci
.
Una
completa
libertà
di
operare
è
impensabile
;
non
c
'
è
popolo
né
regime
che
non
abbia
un
codice
penale
.
Potrà
essere
liberale
,
considerare
reato
solo
ciò
ch
'
è
nella
coscienza
di
tutta
una
civiltà
,
od
illiberale
,
e
punire
colpe
che
son
tali
solo
per
chi
segue
una
certa
dottrina
politica
od
una
fede
religiosa
;
ma
un
codice
penale
non
può
mancare
.
I
pericoli
maggiori
vengono
non
dalle
idee
,
ma
dagl
'
impulsi
irrazionali
;
un
paese
è
esposto
ad
ogni
pericolo
quando
i
suoi
cittadini
non
operano
più
mossi
da
idee
,
ma
al
suono
di
fanfare
.
Le
ubriacature
delle
masse
che
marciano
scandendo
certi
ritornelli
,
sillabando
certe
parole
,
per
vie
pavesate
di
giorno
,
trasformate
da
bengala
accesi
la
notte
,
le
ricordiamo
.
I
fanatismi
politici
e
religiosi
non
nascono
dalle
dottrine
,
ma
sono
esplosioni
dell
'
irrazionale
.
Non
si
può
sostenere
una
libertà
di
coltivarli
.
Tutto
il
regno
del
sesso
appartiene
all
'
irrazionale
;
la
morale
sessuale
,
i
precetti
religiosi
in
materia
,
sono
tentativi
d
'
imbrigliare
questo
ambito
dell
'
irrazionale
,
insopprimibile
nell
'
uomo
,
elemento
di
conservazione
della
specie
.
Sulla
necessità
di
tale
imbrigliamento
tutti
d
'
accordo
;
è
anzi
il
lato
dove
atteggiamenti
in
ogni
altro
campo
antitetici
coincidono
(
non
è
strano
che
critici
cattolici
abbiano
detto
che
negli
ultimi
festival
del
cinema
i
loro
sguardi
avevano
riposato
sui
film
sovietici
,
castissimi
)
.
Se
sul
finire
del
secolo
scorso
anarchici
e
socialisti
parlavano
di
libero
amore
,
intendevano
con
ciò
combattere
istituti
che
sembravano
loro
supporti
della
società
borghese
,
ma
non
pensavano
davvero
ad
uno
scatenamento
dei
sensi
.
Bacchelli
nel
Diavolo
al
Pontelungo
descrive
la
purezza
della
unione
tra
Bakunin
e
la
sua
Antonia
;
Martin
du
Gard
ne
L
'
été
1914
,
un
socialista
rivoluzionario
,
Meynestrel
,
che
convive
senza
rapporti
con
la
donna
che
ama
.
Esagerazioni
letterarie
,
probabilmente
;
ma
quando
rievochiamo
Turati
e
la
Kulisciof
,
pensiamo
a
Filemone
e
Bauci
.
Ed
è
su
un
terreno
moralistico
che
tutti
i
detrattori
di
un
regime
o
di
una
società
,
li
hanno
imputati
di
libertinaggio
.
L
'
accusa
di
sregolatezza
nella
vita
sessuale
è
consueta
nella
polemica
politica
.
Ma
non
occorre
molta
finezza
per
distinguere
l
'
accusa
,
anche
pesante
e
massiccia
,
e
l
'
erotismo
che
vorrebbe
cercare
una
propria
legittimazione
asserendo
di
castigare
mores
;
per
sapere
qual
è
il
linguaggio
della
sentenza
istruttoria
che
manda
a
giudizio
l
'
imputato
di
certi
reati
,
e
quello
del
cronista
che
vuole
turbare
il
lettore
.
Non
occorre
essere
maestri
della
penna
per
dire
tutto
,
anche
Stato
,
diritto
,
costume
le
cose
più
scabrose
,
senza
suscitare
immagini
impure
;
né
critici
acuti
per
riconoscere
il
narratore
che
veramente
sente
schifo
ed
orrore
per
il
mondo
che
narra
,
che
lo
considera
come
l
'
inferno
in
cui
è
pauroso
essere
immersi
,
e
quegli
che
lo
mostra
come
il
Venusberg
,
sicché
s
'
ignora
ciò
che
di
gioia
può
dare
la
vita
se
non
vi
si
è
almeno
una
volta
penetrati
.
Volere
che
intorno
a
certi
problemi
si
faccia
il
silenzio
,
è
tartufismo
:
non
giova
ad
alcuna
struttura
sociale
.
Ma
chi
li
affronta
,
se
pure
debba
penetrare
in
dati
ambienti
inquinati
,
non
può
lasciarsene
assorbire
.
Non
fariseo
che
passa
turandosi
il
naso
e
sollevando
il
lembo
della
veste
,
farà
sentire
anche
ai
caduti
,
ai
pervertiti
,
che
sempre
li
considera
fratelli
;
ma
non
potrà
adottarne
il
linguaggio
,
confondersi
con
loro
.
Se
il
suo
è
un
apostolato
,
religioso
o
laico
,
deve
muovere
da
un
intento
di
sollevare
,
da
una
distinzione
di
alto
e
di
basso
,
di
caduta
e
di
redenzione
;
sarebbe
contraddizione
assumere
l
'
atteggiamento
qualunquistico
del
"
tutti
eguali
"
,
che
esclude
in
partenza
l
'
idea
di
mutamento
.
E
poi
chi
esce
dall
'
anonimo
per
affrontare
problemi
morali
o
sociali
o
politici
,
ha
il
dovere
di
testimoniare
per
la
sua
causa
.
Se
il
rigorista
è
nella
vita
un
peccatore
,
si
profila
la
figura
di
Tartufo
;
ma
se
è
peccatore
che
combatte
certe
leggi
,
pur
in
sé
discutibili
,
che
pongono
limiti
all
'
uomo
,
ognuno
penserà
ch
'
egli
difenda
non
una
regola
di
bene
universale
,
ma
la
propria
libertà
di
commettere
quello
che
per
i
più
è
peccato
.
Gli
uomini
di
lettere
,
gli
artisti
che
abbiano
mosso
anche
solo
il
primo
passo
sulla
via
della
rinomanza
,
non
sono
più
turba
;
chi
"
vive
in
vetrina
"
ha
obblighi
peculiari
di
nettezza
morale
.
Al
di
sotto
ed
al
di
fuori
dei
comportamenti
immorali
c
'
è
la
scurrilità
del
linguaggio
.
Come
la
bestemmia
è
per
me
anzitutto
una
prova
di
maleducazione
,
così
la
scurrilità
è
una
forma
di
sciatteria
,
di
poca
pulizia
mentale
.
Dimostra
che
si
ha
un
arsenale
scarso
di
parole
,
che
dietro
ci
sono
solo
immagini
poco
pulite
,
che
non
si
dispone
di
altre
cui
attingere
,
volendo
calcare
la
mano
su
un
'
affermazione
,
colorire
una
frase
.
Il
linguaggio
scurrile
spontaneo
è
proprio
solo
degli
strati
inferiori
,
intellettualmente
e
moralmente
.
Ma
c
'
è
la
scurrilità
voluta
od
acquisita
di
certe
cerchie
di
cosiddetti
intellettuali
.
Che
possa
essere
usata
come
pennellata
in
un
quadro
,
non
lo
escluderei
;
la
moralità
di
un
'
opera
,
in
particolare
di
un
film
,
sta
in
definitiva
nell
'
effetto
che
produce
.
Ho
difeso
La
dolce
vita
,
perché
in
ogni
uomo
normale
lascia
la
nausea
per
la
società
dei
gaudenti
,
desta
il
desiderio
della
ordinata
vita
operaia
o
piccolo
borghese
,
della
famiglia
sana
,
del
lavoro
,
della
notte
fatta
pei
dormire
.
Ma
guai
quando
la
scurrilità
diviene
regola
,
quando
l
'
artista
abdica
,
e
si
rivolge
solo
alla
parte
più
incolta
e
più
rozza
del
pubblico
per
far
ridere
col
lazzo
plebeo
:
riso
meccanico
;
ogni
umorismo
è
assente
.
Queste
considerazioni
non
vogliono
essere
un
elogio
della
censura
.
Resto
avverso
ad
ogni
censura
.
Da
quell
'
uomo
privo
di
senso
pratico
,
in
particolare
di
senso
politico
ed
economico
,
che
sono
,
vorrei
per
il
cinema
un
solo
provvedimento
:
gli
aiuti
statali
elargiti
al
termine
di
ciascun
anno
da
una
commissione
di
scrittori
e
critici
(
esclusi
i
funzionari
ed
i
politici
)
che
esaminasse
la
produzione
di
ogni
casa
attribuendo
punti
negativi
ai
film
di
cassetta
,
a
quelli
spettacolari
,
o
privi
di
pensiero
ed
infarciti
di
lazzi
plebei
,
punti
positivi
ai
film
d
'
arte
ed
a
quelli
che
inducono
a
riflettere
sui
problemi
religiosi
,
politici
,
sociali
.
Non
elogio
della
censura
,
ma
eccitamento
nello
scrittore
,
nell
'
artista
,
del
suo
senso
di
responsabilità
;
invito
al
pubblico
a
non
indulgere
all
'
uomo
che
sta
sulla
ribalta
,
come
se
fosse
sciolto
dai
legami
imposti
all
'
uomo
comune
,
ma
ad
esigere
da
lui
maggior
rigore
di
vita
.
StampaQuotidiana ,
Ho
sotto
gli
occhi
la
lunghissima
sentenza
con
cui
la
Corte
di
Firenze
,
riformando
la
sentenza
di
quel
tribunale
,
condanna
il
padre
scolopio
Ernesto
Balducci
ad
otto
mesi
di
reclusione
,
con
la
condizionale
,
per
istigazione
a
delinquere
,
in
relazione
ad
un
articolo
scritto
a
proposito
della
condanna
da
parte
del
tribunale
militare
del
giovane
cattolico
Giuseppe
Gozzini
,
obiettore
di
coscienza
.
Accorda
le
attenuanti
generiche
che
non
si
negano
ad
alcuno
che
sia
incensurato
,
ma
rifiuta
la
diminuente
dei
motivi
di
particolare
valore
morale
e
sociale
.
Non
è
certo
questo
il
luogo
per
discutere
la
sentenza
.
Ma
tra
le
cose
che
in
essa
mi
colpiscono
sono
certe
affermazioni
,
come
quelle
:
"
secondo
il
diritto
positivo
italiano
non
è
ammissibile
la
ribellione
del
cittadino
contro
le
leggi
o
contro
una
dichiarazione
di
guerra
,
nemmeno
in
nome
delle
pretese
leggi
morali
e
della
pretesa
giustizia
naturale
che
ne
fossero
offese
"
;
"
inammissibile
è
il
potere
di
sindacato
sulla
giustizia
della
guerra
"
.
E
quando
leggo
queste
frasi
,
penso
che
dal
processo
di
Socrate
ad
oggi
siamo
sempre
-
e
saremo
probabilmente
domani
,
perché
certe
antitesi
sono
eterne
e
non
eliminabili
-
al
medesimo
punto
:
come
debba
superarsi
il
contrasto
che
si
delinei
tra
la
legge
dello
Stato
e
la
coscienza
dell
'
uomo
,
tra
il
rispetto
agli
dèi
della
patria
e
quello
agli
dèi
universali
,
al
Dio
che
ha
tutti
gli
uomini
per
figli
e
tutti
ama
egualmente
ed
tutti
impone
di
sentirsi
fratelli
.
Eppure
qualche
direttiva
ventiquattro
secoli
di
meditazione
,
il
cristianesimo
,
con
la
sua
distinzione
tra
religione
e
consociazione
civile
,
il
liberalismo
dovrebbero
darla
.
La
parte
di
Cesare
è
l
'
esteriorità
,
tutto
quello
che
è
denaro
,
beni
terreni
,
anche
il
tempo
e
l
'
occupazione
del
cittadino
quando
siano
tali
da
non
destare
problemi
morali
;
la
parte
di
Dio
,
cioè
della
coscienza
,
è
il
pensiero
,
il
giudizio
,
la
libertà
di
parlare
.
Non
sono
due
ambiti
tra
cui
si
possa
tracciare
una
linea
nettissima
,
il
pensiero
e
la
parola
non
sono
senza
effetti
sull
'
azione
;
tuttavia
ciascuno
di
noi
sente
che
non
è
mortificante
obbedire
,
anche
interamente
e
fedelmente
,
il
superiore
,
in
quel
che
comanda
,
ma
avvilente
sarebbe
dovere
fingere
di
ammirarlo
,
dover
subire
la
imposizione
dei
suoi
giudizi
e
dei
suoi
pensieri
.
(
Una
distinzione
chiarissima
sempre
in
me
,
questa
tra
l
'
obbedienza
nell
'
agire
e
la
difesa
del
proprio
giudizio
;
dovevo
avere
cinque
anni
,
ed
ero
un
bambino
obbediente
,
ma
m
'
infuriavo
se
mi
si
voleva
costringere
a
fingere
di
essere
persuaso
di
ciò
di
cui
non
lo
ero
,
se
non
mi
si
lasciava
dire
:
obbedisco
,
ma
so
che
voi
avete
torto
ed
io
ho
ragione
)
.
E
sappiamo
altresì
che
tutte
le
conquiste
sono
state
fatte
biasimando
le
leggi
vigenti
e
chiedendo
il
loro
mutamento
,
ma
altresì
criticando
il
modo
con
cui
i
giudici
le
applicavano
,
ritenendo
errate
od
aberranti
certe
interpretazioni
.
E
bene
fare
questo
nel
modo
più
cortese
,
perché
la
villania
e
l
'
acredine
non
giovano
mai
,
ma
è
doveroso
farlo
.
E
pure
sapendo
che
si
può
compierlo
in
modo
tale
da
non
cadere
sotto
alcuna
sanzione
di
legge
,
tutti
i
reati
di
vilipendio
,
di
apologia
di
reato
,
restano
invisi
,
perché
possono
essere
rèmore
all
'
esercizio
di
questa
libertà
,
essenziale
e
benefica
per
ogni
corpo
sociale
,
sia
la
Chiesa
,
sia
lo
Stato
,
sia
il
partito
,
che
sarebbero
isteriliti
dal
supino
ossequio
.
E
l
'
uomo
che
affronta
una
pena
certa
perché
la
sua
coscienza
gli
dice
di
fare
così
,
perché
agendo
diversamente
infrangerebbe
la
sua
legge
morale
,
non
può
essere
considerato
alla
pari
del
delinquente
,
che
non
afferma
nessuna
legge
universale
,
che
non
s
'
ispira
ad
alcuna
visione
di
un
mondo
migliore
.
I
vecchi
criminalisti
distinguevano
delitti
infamanti
e
non
infamanti
,
con
distinte
pene
;
il
codice
Zanardelli
conosceva
la
reclusione
e
la
detenzione
,
quest
'
ultima
riservata
sostanzialmente
ai
reati
che
nella
coscienza
comune
non
insudiciano
l
'
uomo
.
Fu
il
codice
penale
Rocco
,
sempre
in
vigore
nel
diciottesimo
anno
della
Repubblica
,
che
non
volle
più
questa
distinzione
,
che
proclamò
non
esserci
diversità
tra
il
delitto
politico
e
quello
comune
(
serbando
anzi
per
il
primo
i
massimi
rigori
)
.
E
questa
confusione
mi
sembra
proprio
la
colpa
contro
lo
spirito
,
l
'
offesa
alla
coscienza
.
Giacché
mi
rendo
conto
che
lo
Stato
possa
dover
punire
chi
non
vuole
osservare
la
sua
legge
;
e
so
anche
immaginare
come
austera
,
e
tale
da
non
ingenerare
odio
ma
reciproco
rispetto
,
la
scena
in
cui
il
giudice
dello
Stato
dice
all
'
imputato
:
-
organo
di
una
struttura
nei
cui
principi
io
credo
,
che
voglio
conservata
,
privo
della
libertà
te
,
che
rifiuti
di
sottoporti
alle
sue
leggi
;
penso
che
mi
comprendi
,
perché
tu
pure
veglieresti
alla
conservazione
di
quel
tuo
Stato
ideale
,
dai
principi
opposti
a
quelli
del
mio
,
e
mi
condanneresti
se
io
ne
fossi
il
cittadino
ribelle
-
.
Ma
guai
se
il
giudice
non
abbia
la
distinzione
netta
tra
le
due
colpe
,
se
non
provi
rispetto
per
chi
affronta
la
pena
per
non
venir
meno
a
quel
che
la
coscienza
gli
detta
.
E
se
il
giudice
è
compenetrato
in
una
struttura
liberale
sentirà
che
i
reati
di
vilipendio
,
di
apologia
,
d
'
incitamento
a
comportamenti
politici
,
sono
storture
nella
sua
legislazione
,
ed
in
tali
materie
darà
sempre
l
'
applicazione
più
liberale
alla
legge
.
Temo
che
non
si
rifletta
abbastanza
a
tutto
il
male
che
reca
quella
mancata
netta
distinzione
tra
infrazione
politica
ed
infrazione
alle
norme
che
proteggono
la
integrità
della
persona
,
il
buon
costume
,
la
proprietà
;
tra
le
due
lotte
,
quella
che
ogni
struttura
politica
conduce
contro
chi
vorrebbe
mutarla
(
e
che
ha
in
assonanza
la
lotta
che
sul
terreno
amministrativo
ogni
governo
mena
contro
gli
avversari
,
siano
pure
avversari
che
abbiano
tutti
i
crismi
della
legalità
e
della
costituzionalità
)
e
quella
alla
delinquenza
.
Da
quando
son
nato
sento
parlare
del
rispetto
che
si
ha
in
Inghilterra
ed
in
altri
Paesi
per
la
polizia
,
lamentandosi
che
questa
non
goda
di
un
corrispondente
affetto
in
Italia
.
Ma
le
polizie
che
godono
di
prestigio
sono
quelle
che
non
sono
mai
adoperate
a
scopi
politici
.
Se
si
riuscisse
a
stabilire
una
grande
convenzione
per
cui
restassero
sempre
separati
,
senza
commistioni
mai
,
gli
organi
dello
Stato
che
debbono
asseverare
e
difendere
le
basi
politiche
fissate
in
una
costituzione
,
e
magari
anche
provocare
consensi
al
governo
,
aiutarne
i
sostenitori
(
posto
che
proprio
si
debba
ammettere
che
ci
siano
uffici
statali
aventi
tra
i
loro
compiti
di
orientare
i
voti
degli
elettori
,
politici
ed
amministrativi
)
,
e
gli
altri
organi
che
debbono
combattere
la
delinquenza
,
quante
maggiori
simpatie
e
consensi
fluirebbero
verso
questi
ultimi
.
Il
carattere
comune
delle
dittature
(
e
di
tutte
le
temperie
che
le
anticipano
)
è
di
vedere
nell
'
avversario
il
cattivo
.
In
un
regime
liberale
gli
avversari
saranno
teste
calde
,
teste
matte
,
teste
pericolose
;
ci
potranno
essere
i
processi
a
Mazzini
,
le
detenzioni
di
Garibaldi
;
ed
anche
giudizi
più
energici
,
più
sommari
,
che
troviamo
nelle
corrispondenze
e
nelle
cronache
dei
generali
,
degli
aristocratici
,
anche
degli
uomini
di
destra
;
ma
non
c
'
è
mai
la
confusione
del
repubblicano
,
del
ribelle
con
il
delinquente
.
Potrà
avere
vigore
la
più
rigida
obbedienza
militaresca
,
ma
c
'
è
sempre
la
libertà
del
giudizio
;
cui
si
accompagna
il
disprezzo
per
l
'
uomo
che
è
costantemente
dell
'
avviso
del
superiore
,
chiunque
questi
sia
.
Certo
,
nello
Stato
,
nella
Chiesa
(
persino
nel
partito
)
è
indispensabile
l
'
obbedienza
;
certo
,
non
può
il
cittadino
né
il
credente
disobbedire
ad
ogni
regola
che
non
approvi
;
quando
si
tratta
dell
'
agire
,
del
comportamento
esteriore
,
l
'
obbedienza
è
la
norma
,
che
trova
solo
quel
limite
di
una
legge
morale
in
cui
il
cittadino
crede
(
e
si
ammette
persino
in
dati
casi
un
possibile
contrasto
tra
il
diritto
canonico
e
la
legge
di
Dio
)
.
Ma
quando
si
profila
quel
contrasto
di
leggi
morali
,
e
se
anche
-
come
penso
-
il
giudice
sia
tranquillo
ritenendo
che
l
'
etica
su
cui
poggiano
le
leggi
ch
'
egli
applica
sia
la
vera
,
dovrà
il
rispetto
(
ed
anche
quell
'
ammirazione
che
non
si
nega
mai
all
'
uomo
che
soffre
per
la
sua
fede
)
all
'
imputato
che
condanna
.
E
meglio
sarà
non
tocchi
quei
temi
della
giustizia
naturale
e
delle
leggi
morali
;
ché
fuori
del
diritto
positivo
egli
non
ha
autorità
.
La
scelta
l
'
ha
certo
compiuta
allorché
ha
indossato
la
toga
e
mentre
continua
ad
indossarla
,
ché
quell
'
abito
deve
significare
ch
'
egli
crede
nella
giustizia
delle
leggi
che
applica
;
ma
quella
scelta
che
ha
compiuto
nel
suo
cuore
non
può
imporla
ad
altri
;
questi
li
potrà
condannare
,
ma
come
uomo
si
augurerà
di
avere
la
stessa
forza
il
giorno
in
cui
dovesse
soffrire
per
i
principî
in
cui
crede
.
StampaQuotidiana ,
Vorrei
che
il
raduno
della
Resistenza
non
fosse
soltanto
una
cerimonia
ufficiale
ed
un
corteo
per
le
vie
di
Roma
;
ma
incitasse
tutti
gli
italiani
ad
una
giornata
di
meditazione
.
Man
mano
che
gli
anni
passano
,
ci
è
sempre
più
chiaro
che
la
Resistenza
non
fu
un
semplice
fatto
di
lotta
interna
,
la
vittoria
di
una
parte
sull
'
altra
.
Quando
diciamo
che
la
Resistenza
è
stata
una
prova
positiva
data
dal
popolo
italiano
,
ed
un
momento
saliente
della
sua
storia
(
non
oso
dire
un
momento
felice
,
pensando
ai
lutti
ed
ai
dolori
senza
fine
che
l
'
hanno
accompagnata
)
,
non
pensiamo
più
con
rancore
a
chi
era
dall
'
altra
parte
,
a
quelli
che
sono
stati
i
vinti
della
Resistenza
.
Tredici
,
quattordici
anni
sono
passati
,
i
rancori
sono
spenti
.
Pensiamo
semplicemente
alla
prova
che
il
popolo
italiano
diede
di
saper
scegliere
la
giusta
via
,
alle
testimonianze
di
coraggio
,
di
bontà
,
d
'
intelligenza
ch
'
esso
fornì
.
Il
popolo
italiano
scelse
una
via
.
Non
rende
esattamente
la
storia
il
dire
che
si
divise
.
Perché
da
una
legalità
,
da
un
regime
onnipotente
,
da
strutture
saldissime
durate
venti
anni
,
non
sorsero
che
le
gracili
impalcature
della
repubblica
sociale
e
delle
sue
scarse
milizie
,
fittizie
strutture
all
'
ombra
dell
'
esercito
tedesco
;
non
una
banda
,
non
un
'
ombra
di
guerriglia
dove
i
tedeschi
avevano
sgombrato
.
La
resistenza
contro
un
nemico
ancora
forte
,
a
cui
favore
avrebbe
ancora
potuto
volgersi
la
sorte
delle
armi
,
contro
un
nemico
da
cui
non
si
poteva
sperare
clemenza
né
pietà
,
la
guerriglia
con
mezzi
rudimentali
,
con
operazioni
disperate
,
si
ebbe
da
una
parte
sola
.
E
dietro
di
essa
c
'
era
tutto
il
popolo
italiano
,
in
una
infinita
gradazione
,
da
quegli
che
non
avrebbe
mai
ucciso
,
ma
rischiava
spargendo
chiodi
dove
dovevano
passare
le
camionette
tedesche
,
a
quegli
che
nulla
sapeva
se
un
tedesco
od
un
fascista
l
'
interrogava
,
ed
avrebbe
negato
il
sole
di
mezzogiorno
pur
di
non
nuocere
con
una
risposta
alla
resistenza
armata
,
a
quegli
che
nascondeva
con
un
pericolo
il
ricercato
,
giù
giù
,
fino
a
quegli
che
si
limitava
ad
ascoltare
la
Radio
Londra
,
o
che
,
neppure
rischiando
questo
,
opponeva
un
viso
inespressivo
ed
uno
sconcertante
silenzio
all
'
amico
fascista
che
versava
nel
suo
seno
le
proprie
speranze
.
Chi
rammenta
quei
giorni
,
ben
sa
che
l
'
anima
dell
'
Italia
la
si
coglieva
tutta
nell
'
ambito
dell
'
antifascismo
.
Vi
confluirono
movimenti
disparatissimi
,
che
mai
prima
si
erano
incontrati
,
e
mai
più
si
sarebbero
ritrovati
concordi
.
E
qui
pure
vorrei
cessasse
la
gara
-
oggi
,
non
allora
,
accesasi
-
dei
meriti
reciproci
.
Riconoscendo
lealmente
che
nelle
azioni
di
guerra
ebbero
parte
soverchiante
gruppi
e
movimenti
,
di
cui
il
partito
oggi
dominante
non
può
certo
considerarsi
l
'
erede
;
ma
soggiungendo
subito
che
la
Resistenza
non
può
ridursi
all
'
azione
armata
;
e
che
in
opere
di
bontà
,
nel
nascondere
i
ricercati
,
gli
ebrei
,
nello
sfamare
chi
non
aveva
tessera
,
tutti
concorsero
;
ed
il
clero
italiano
,
secolare
e
regolare
,
scrisse
una
sua
pagina
bellissima
.
Le
azioni
di
bontà
,
ch
'
erano
anche
di
coraggio
civile
,
di
superamento
d
'
inibizioni
legalitarie
,
di
scoperta
d
'
un
imperativo
morale
che
era
diverso
da
quello
di
tutte
le
formule
insegnateci
e
talora
ad
esse
opposto
(
penso
al
giudice
,
al
prete
,
al
vecchio
ufficiale
,
che
concorrevano
a
formare
l
'
atto
notorio
falso
per
dare
un
documento
di
riconoscimento
od
una
tessera
alimentare
al
perseguitato
)
:
meritano
di
venire
ricordate
accanto
alle
gesta
di
guerra
.
Ma
la
Resistenza
non
era
cominciata
nel
'43;
si
protraeva
dal
'22
,
qui
pure
con
vari
gradi
.
E
se
dobbiamo
chinare
la
fronte
rispettosi
dinanzi
a
quelli
che
affrontarono
il
carcere
o
la
povertà
nell
'
esilio
,
ai
protagonisti
della
fuga
di
Turati
e
della
evasione
di
Rosselli
;
se
dobbiamo
ricordare
con
ammirazione
i
pochissimi
che
rifiutarono
il
giuramento
di
fedeltà
al
regime
(
Martinetti
,
Raffini
padre
e
figlio
,
De
Sanctis
,
Levi
della
Vida
,
Volterra
,
Nigrosoli
,
Buonaiuti
,
Venturi
,
De
Viti
de
Marco
,
Carrara
,
G
.
Errera
,
che
lasciavano
la
cattedra
che
tanto
avevano
onorata
)
,
gli
operai
che
rischiavano
tutte
le
vessazioni
per
non
prendere
una
tessera
,
per
continuare
a
festeggiare
clandestinamente
il
1
.
Maggio
:
dobbiamo
anche
avere
presente
che
il
regime
si
sentiva
debole
ed
in
pericolo
perché
sapeva
che
dietro
quest
'
animosa
resistenza
ce
n
'
era
un
'
altra
che
portava
il
suo
distintivo
,
che
non
voleva
rischiare
,
ma
che
gli
negava
la
propria
anima
.
Non
si
possono
certo
paragonare
gli
uni
agli
altri
,
quelli
che
generosi
osarono
e
quelli
che
non
vollero
cimentarsi
.
Ma
lo
storico
deve
pur
cogliere
che
se
il
fascismo
restò
con
una
intrinseca
debolezza
,
fu
perché
sempre
seppe
che
tra
gli
italiani
che
vestivano
i
giorni
di
comando
l
'
orbace
e
facevano
il
saluto
romano
,
moltissimi
non
erano
illusi
.
Non
credevano
nell
'
impero
,
non
nell
'
autarchia
,
non
nella
volontà
di
potenza
che
spezza
le
leggi
economiche
;
e
quando
sorse
l
'
Asse
,
ebbero
chiarissima
la
visione
che
la
sua
vittoria
sarebbe
stata
la
peggiore
delle
sventure
per
l
'
Italia
e
per
il
mondo
.
Prova
d
'
intelligenza
,
questa
di
aver
saputo
resistere
ad
una
propaganda
di
ogni
giorno
e
di
ogni
ora
,
cui
purtroppo
recavano
il
loro
contributo
scrittori
ed
accademici
illustri
(
non
tutti
,
ma
alcuni
sì
)
,
che
aveva
a
sua
disposizione
tutta
l
'
editoria
,
tutta
la
stampa
,
tutti
i
mezzi
di
diffusione
.
Prova
di
un
certo
coraggio
,
morale
ed
intellettuale
,
quella
di
compiere
lo
strappo
rispetto
ad
un
abito
mentale
,
è
non
augurarsi
la
vittoria
del
paese
sceso
in
guerra
,
intravedendo
un
'
Italia
che
ha
una
storia
millenaria
e
che
avrà
ancora
secoli
e
secoli
di
vita
,
e
sapendo
distinguerne
le
sorti
da
quelle
dello
Stato
uscito
da
tutta
la
sua
tradizione
per
contrarre
un
'
alleanza
errata
.
Ma
anche
segno
di
un
profondo
senso
morale
,
conferma
che
Manzoni
e
Mazzini
sono
carne
della
nostra
carne
,
la
ripugnanza
ai
sistemi
del
nazismo
;
il
dire
"
no
"
all
'
apoteosi
della
violenza
,
alla
conquista
,
ad
un
sogno
di
dominazione
su
riluttanti
;
il
diniego
deciso
che
la
quasi
totalità
degli
italiani
(
meno
pochissimi
,
che
qui
si
resero
davvero
estranei
al
loro
popolo
)
opposero
alla
persecuzione
razziale
.
In
questo
giorno
penso
anche
ai
vinti
della
Resistenza
:
con
pietà
per
quelli
che
furono
i
loro
caduti
.
Ogni
uomo
di
coraggio
,
chiunque
cade
per
la
sua
idea
,
chiunque
accetta
rinunce
pur
di
non
mutare
bandiera
,
merita
un
riconoscimento
.
E
distinguiamo
moralmente
i
fascisti
che
sono
rimasti
fermi
nelle
loro
posizioni
,
da
quelli
che
hanno
accettato
ogni
camuffamento
,
pur
di
restare
a
galla
.
Non
possiamo
andare
più
in
là
;
non
cadere
in
un
agnosticismo
.
Che
tutte
le
cause
possano
avere
dei
martiri
,
non
permette
di
conchiudere
che
tutte
siano
eguali
.
Non
si
può
credere
nella
fraternità
degli
uomini
,
accarezzare
l
'
ideale
di
popoli
pacifici
,
che
abbiano
deposto
per
sempre
le
armi
della
guerra
,
ritenere
superiori
ad
ogni
altro
gli
ordinamenti
liberi
,
e
giudicare
fecondo
il
sacrificio
di
chi
cadde
combattendo
contro
questi
ideali
.
Quanto
a
quelli
che
furono
uniti
tra
il
1943
ed
il
1945
ed
oggi
si
ritrovano
,
sarebbe
contro
la
storia
e
contro
le
leggi
della
vita
augurarsi
che
possano
promettere
di
non
combattersi
.
Gli
anni
sono
passati
;
le
aspirazioni
che
gli
uni
e
gli
altri
hanno
oggi
,
sono
inconciliabili
.
Vorrei
solo
si
guardassero
come
i
commilitoni
che
sono
pur
stati
;
e
promettessero
di
combattersi
da
soldati
:
dichiarandosi
i
propri
obiettivi
,
dando
il
bando
alle
reciproche
calunnie
,
non
risparmiandosi
anche
colpi
rudi
,
ma
rispettandosi
ed
ignorando
l
'
odio
.
StampaQuotidiana ,
In
quella
che
Einaudi
chiamò
"
la
grande
speranza
"
,
la
speranza
formatasi
negli
anni
della
Resistenza
,
di
una
Italia
rinnovata
,
dove
tutti
i
cittadini
partecipassero
alla
vita
collettiva
,
si
sentissero
organi
dello
Stato
,
desiderassero
un
paese
pulito
,
retto
da
una
legge
severa
,
che
non
lasciasse
adito
ad
arbitrii
,
le
Regioni
avevano
posto
non
secondario
.
Basta
con
il
centralismo
,
basta
con
le
striminzite
strutture
provinciali
che
dalla
unificazione
non
hanno
potuto
pesare
sugl
'
indirizzi
generali
dello
Stato
;
vengano
avanti
le
Regioni
,
unità
naturali
,
poste
in
luce
anche
da
quel
dialetto
,
combattuto
dal
fascismo
,
ma
che
ha
dato
vita
ad
opere
d
'
arte
di
primo
piano
-
Porta
e
Belli
,
un
gradino
più
sotto
Pascarella
,
-
che
attraverso
Trilussa
ha
aiutato
la
resistenza
al
regime
,
con
la
cui
voce
si
è
espresso
il
teatro
più
popolare
.
Nella
prima
seduta
della
commissione
per
la
riforma
dello
Stato
che
aveva
insediato
il
presidente
Bonomi
,
con
l
'
on.
Bogianchino
ci
chiedevamo
se
non
si
potesse
definire
l
'
Italia
come
Stato
federale
.
Non
che
pensassimo
a
scindere
l
'
unità
;
non
volevamo
neppure
qualcosa
come
i
Cantoni
svizzeri
,
che
hanno
magistrature
a
sé
;
meno
che
mai
pensavamo
agli
ardimenti
che
furono
poi
dello
statuto
siciliano
,
la
polizia
alle
dipendenze
del
presidente
regionale
,
una
corte
paritaria
a
dirimere
i
conflitti
con
lo
Stato
;
guardavamo
piuttosto
ai
vecchi
Laender
austriaci
,
con
piccoli
Parlamenti
,
che
dettassero
leggi
in
materia
agraria
,
mineraria
,
di
opere
pubbliche
,
d
'
igiene
e
sanità
,
d
'
istruzione
primaria
e
magari
anche
secondaria
.
Vedevamo
chiaro
come
si
sarebbero
formate
le
Regioni
.
Una
legge
avrebbe
stabilito
quali
potessero
essere
le
loro
incombenze
,
lasciando
ad
ognuna
di
assumersele
tutte
od
alcune
soltanto
.
E
naturalmente
la
prima
attuazione
sarebbe
stata
nelle
Regioni
settentrionali
,
che
avrebbero
costruito
il
modello
.
Qui
c
'
era
già
l
'
embrione
con
i
Comitati
di
Liberazione
Nazionale
disposti
scalarmente
in
cerchie
di
territorio
sempre
più
larghe
,
ed
al
vertice
quel
Comitato
Liberazione
Nazionale
Alta
Italia
,
così
ricco
di
competenze
.
Qui
c
'
era
ah
antiquo
l
'
avversione
a
Roma
ed
alla
burocrazia
romana
ed
il
desiderio
di
fare
da
sé
;
qui
c
'
erano
le
migliori
tradizioni
,
bilanci
in
pareggio
,
fiducia
dei
cittadini
nell
'
amministrazione
,
non
pletora
d
'
impiegati
.
Queste
regioni
-
Piemonte
,
Lombardia
,
Liguria
-
dovevano
essere
la
guida
.
Pensavamo
anche
che
attraverso
le
Regioni
i
giovani
dell
'
Italia
settentrionale
avrebbero
ripreso
ad
entrare
nell
'
amministrazione
,
che
da
tempo
disertavano
,
e
si
sarebbe
così
ripristinata
una
sana
tradizione
.
Immaginavamo
che
essere
maestro
in
una
di
queste
Regioni
sarebbe
stato
titolo
di
cui
ci
si
sarebbe
fregiati
più
assai
di
quello
di
"
statale
"
.
La
prima
delusione
venne
proprio
da
queste
Regioni
,
nessuna
delle
quali
mostrò
di
aspirare
affatto
a
formare
il
nuovo
organismo
.
Le
aspirazioni
regionali
,
Valle
d
'
Aosta
e
Trentino
a
parte
,
furono
delle
zone
dove
la
tradizione
amministrativa
era
meno
brillante
,
dov
'
era
ad
attendersi
che
subito
si
sarebbe
formata
la
pletora
degli
impiegati
.
Un
duro
colpo
le
speranze
ricevettero
alla
Costituente
,
quando
si
decretò
il
mantenimento
delle
Province
.
Nella
nostra
visione
non
c
'
era
l
'
idea
di
un
accentramento
,
che
i
vecchi
capoluoghi
di
provincia
Storia
d
'
Italia
non
avessero
più
uffici
a
disposizione
del
pubblico
(
se
pure
tutti
noi
,
regionalisti
del
1945
,
ricordassimo
che
le
comunicazioni
erano
alquanto
mutate
dalla
unificazione
)
;
ma
avremmo
voluto
la
Regione
unica
persona
giuridica
con
unico
patrimonio
e
bilancio
,
unica
,
poco
numerosa
,
burocrazia
:
decentrata
magari
anche
nei
vecchi
capoluoghi
di
circondario
,
quando
fosse
opportuno
.
La
Provincia
con
quelle
poche
attribuzioni
brefotrofi
e
manicomi
,
laboratori
d
'
igiene
,
strade
provinciali
,
norme
sulla
caccia
-
non
ci
sembrava
dovesse
continuare
,
e
soprattutto
non
vedevamo
:
Province
più
Regioni
.
Delusione
ancora
più
grande
:
il
constatare
che
gli
italiani
possono
dire
male
della
burocrazia
statale
,
che
gl
'
impiegati
dello
Stato
possono
considerarsi
vittime
,
ma
che
nessuno
statale
è
disposto
a
divenire
dipendente
di
un
ente
locale
,
fosse
pure
il
più
ricco
,
quello
circondato
dalla
migliore
fama
,
quello
più
generoso
.
Uomini
politici
di
qualsiasi
partito
possono
anche
tenere
discorsi
a
favore
dell
'
autonomia
dei
Comuni
,
del
diritto
che
si
debba
loro
riconoscere
d
'
imporre
tributi
fuori
dei
quadri
delle
leggi
statali
,
di
assumere
iniziative
in
ogni
campo
;
ma
occorre
tacciano
intorno
alla
grossissima
menomazione
che
venne
portata
a
quell
'
autonomia
nel
periodo
fascista
,
e
che
credo
non
abbia
riscontro
in
alcun
regime
libero
,
di
porre
a
capo
dei
loro
uffici
un
funzionario
statale
;
debbono
tacere
,
perché
tutti
i
segretari
comunali
,
come
tutti
i
maestri
,
desiderano
restare
statali
.
Ed
i
giovani
dell
'
Alta
Italia
continuano
a
disertare
la
burocrazia
;
senza
spiegazioni
economiche
;
conosco
moltissimi
professionisti
che
guadagnano
meno
dei
loro
coetanei
entrati
nei
ranghi
governativi
;
ma
tant
'
è
,
quella
diserzione
si
dà
.
Ultima
delusione
.
Immaginavamo
che
nei
rami
di
attività
che
sarebbero
stati
affidati
alle
Regioni
i
Ministeri
non
sarebbero
rimasti
che
come
organi
di
coordinamento
,
che
dessero
direttive
,
risolvessero
conflitti
;
un
piccolo
stato
maggiore
.
L
'
attuale
burocrazia
passata
alle
Regioni
;
dove
c
'
erano
venti
capidivisione
,
diciannove
sarebbero
passati
alle
Regioni
,
ed
uno
rimasto
al
Ministero
.
Ci
rendemmo
conto
che
la
burocrazia
romana
non
avrebbe
accettato
la
riduzione
di
un
sol
posto
,
che
nessun
ministro
avrebbe
avuto
la
forza
occorrente
per
allontanare
da
Roma
un
solo
impiegato
.
Da
quelle
speranze
sono
passati
oltre
venti
anni
.
Dobbiamo
constatare
varie
cose
.
Dove
si
sono
costituite
le
Regioni
,
malgrado
gli
inconvenienti
che
possono
essersi
verificati
,
nessuno
vorrebbe
tornare
indietro
e
rinunciarvi
.
Il
Trentino
-
Alto
Adige
,
tormentato
dalla
questione
tedesca
,
dà
tuttavia
le
ottime
istituzioni
locali
(
ad
es.
casse
di
malattia
)
ch
'
era
ad
attendersi
.
La
Sicilia
ha
dato
una
grande
prova
di
patriottismo
italiano
e
di
buon
senso
accettando
un
tacito
adattamento
del
suo
statuto
,
sì
che
fosse
intatta
la
sovranità
nazionale
:
con
alcune
rinunce
ed
alcuni
compensi
(
le
azioni
al
portatore
)
rispetto
a
quel
ch
'
era
ivi
previsto
.
Alcune
Province
,
pure
restando
le
loro
competenze
nel
limitato
vecchio
quadro
legislativo
,
danno
,
grazie
ai
loro
amministratori
,
prova
di
attività
,
costituiscono
coordinamento
di
energie
,
collegamento
d
'
iniziative
;
penso
a
Torino
ed
a
Cuneo
,
a
Bologna
ed
in
genere
alle
Province
emiliane
,
che
si
tengono
in
costante
rapporto
tra
loro
per
utili
studi
e
progetti
.
Si
costituiranno
le
Regioni
previste
dalla
Costituzione
?
Non
lo
sappiamo
.
Se
sì
,
non
saranno
certo
quelle
che
vagheggiavamo
nel
'45
,
non
rappresenteranno
quel
distacco
da
Roma
,
quella
reazione
al
centralismo
,
quel
vivo
appello
alle
energie
locali
,
quel
chiamare
il
popolo
a
partecipare
direttamente
ad
una
politica
che
si
vivificasse
applicando
ai
problemi
locali
le
direttive
generali
,
che
avevamo
sperato
nel
'45
,
allorché
le
Regioni
sarebbero
potute
apparire
le
dirette
eredi
dei
Comitati
di
Liberazione
.
Reagiamo
come
allora
alla
stolida
accusa
di
chi
pensa
che
le
Regioni
minerebbero
l
'
unità
nazionale
;
ma
se
non
si
creeranno
,
non
saremo
amareggiati
per
una
nuova
delusione
.
Certo
,
della
"
grande
speranza
"
pochissimo
si
è
realizzato
;
però
si
è
salvata
la
conquista
essenziale
,
quella
della
libertà
.
E
non
si
deve
per
le
speranze
che
non
si
realizzarono
,
essere
ingiusti
.
Le
vecchiaie
serene
constatano
le
proprie
sconfitte
,
ma
non
per
questo
disconoscono
quel
che
possa
esservi
di
positivo
nel
presente
;
e
non
dimenticano
che
la
storia
la
costruiscono
,
sì
,
gli
uomini
,
ma
la
realizzazione
dei
loro
piani
è
sempre
approssimativa
,
quel
che
vien
fuori
non
è
solo
il
risultato
di
componenti
diverse
,
ma
avverte
anche
il
tocco
dell
'
imprevedibile
,
diciamo
pure
del
caso
.
StampaQuotidiana ,
Sono
uscite
quasi
contemporaneamente
la
versione
italiana
della
Storia
d
'
Italia
dal
1861
al
1958
di
Denis
Mack
Smith
e
le
memorie
Dalla
monarchia
alla
Repubblica
di
Giuseppe
Romita
,
di
cui
ha
dato
ampia
notizia
Salvatorelli
.
Due
libri
quasi
senza
punti
di
contatto
tra
loro
,
se
pur
qualche
pagina
di
Mack
Smith
tocchi
il
periodo
di
Romita
.
Ma
scorrendoli
sorgevano
in
me
quasi
identici
pensieri
.
Com
'
è
noto
,
lo
storico
inglese
ritiene
che
vizi
costituzionali
abbiano
impedito
all
'
Italia
di
diventare
una
nazione
liberale
com
'
era
stato
nelle
intenzioni
di
alcuni
tra
i
suoi
fondatori
;
e
pure
riconoscendo
la
genialità
di
Cavour
,
il
suo
antivedere
,
gl
'
inestimabili
servizi
resi
al
Piemonte
tra
il
1850
ed
il
1855
con
le
riforme
interne
,
lo
accusa
di
opportunismo
e
di
machiavellismo
;
"
in
teoria
era
pronto
ad
ammettere
che
i
mazziniani
fossero
meno
pericolosi
dentro
che
fuori
il
Parlamento
,
ma
in
pratica
costrinse
gli
estremisti
al
metodo
della
cospirazione
clandestina
,
impedendo
loro
di
manifestare
liberamente
le
proprie
opinioni
"
.
Con
diverse
parole
,
qualcosa
di
ciò
era
già
nell
'
appellativo
dato
a
Cavour
di
grande
realizzatore
,
nel
raffronto
tra
le
figure
di
Cavour
e
di
Ricasoli
che
tracciava
quarant
'
anni
or
sono
Gentile
nel
suo
Gino
Capponi
.
È
dato
comune
che
Cavour
,
pur
di
profonda
cultura
,
fu
l
'
antitesi
del
dottrinario
;
mai
dominato
da
preconcetti
,
da
idee
fisse
.
Ma
meno
si
accentua
il
peso
ch
'
ebbe
in
tutta
la
sua
politica
l
'
avversione
intima
a
ciò
che
sapesse
di
giacobinismo
e
quanto
nella
fase
decisiva
,
nel
biennio
miracoloso
1859-61
,
pesassero
sue
preoccupazioni
:
quella
delle
gare
di
campanile
atte
a
minare
la
unità
,
che
lo
portò
a
proclamare
Roma
capitale
necessaria
,
ponendo
i
problemi
che
nascevano
dalla
riunione
nella
stessa
città
della
sede
pontificia
e
del
centro
della
nazione
,
problemi
che
dopo
un
secolo
appaiono
più
reali
e
complessi
che
mai
;
ed
ancora
,
per
questo
timore
di
vedere
insidiata
l
'
unità
a
mala
pena
raggiunta
,
la
diffidenza
per
Garibaldi
,
l
'
affrettata
unificazione
legislativa
ed
amministrativa
del
Mezzogiorno
:
un
'
altra
eredità
non
ancora
smaltita
.
E
per
quanto
sappiamo
che
son
domande
che
resteranno
senza
risposta
,
siamo
tratti
chiederci
:
vide
sempre
bene
Cavour
?
l
'
unità
avrebbe
davvero
pericolato
se
si
fosse
nutrita
maggior
fiducia
in
Garibaldi
,
non
si
fossero
preferiti
ufficiali
e
funzionari
borbonici
a
garibaldini
,
si
fosse
concesso
alle
regioni
un
ragionevole
ambito
di
attività
amministrativa
,
non
messa
l
'
ipoteca
su
Roma
?
e
,
prima
ancora
,
l
'
unità
non
si
sarebbe
lo
stesso
compiuta
se
le
azioni
avessero
sempre
corrisposto
ai
programmi
,
se
si
fosse
lasciata
piena
libertà
di
parola
a
mazziniani
ed
a
clericali
,
non
si
fossero
toccati
magistrati
e
funzionari
,
che
non
potevano
rassegnarsi
a
veder
legiferare
in
materia
ecclesiastica
malgrado
le
censure
pontificie
?
Ebbene
,
analoghi
pensieri
vo
rivolgendo
nel
rievocare
,
attraverso
le
memorie
di
Romita
,
il
1944-'47
.
Soglio
chiamarlo
il
periodo
del
roveto
ardente
;
perché
,
a
parte
quello
ch
'
esso
fu
per
la
parte
migliore
dei
partigiani
,
per
i
capi
della
Resistenza
,
il
finire
della
guerra
segnò
per
i
più
degl
'
italiani
un
breve
stato
di
grazia
;
qualcosa
di
simile
al
benessere
della
convalescenza
dopo
una
lunga
malattia
,
all
'
empito
di
riconoscenza
verso
Dio
di
chi
sa
ora
che
vivrà
mentre
aveva
visto
aperta
la
tomba
.
In
quel
momento
si
sarebbe
forse
potuto
pur
ottenere
dal
Papa
un
ritocco
del
Concordato
.
Ma
certo
si
potevano
porre
nuove
leggi
improntate
ad
una
austerità
mazziniana
,
operare
radicali
riforme
del
sistema
fiscale
,
stabilire
il
giuramento
dei
redditi
con
le
più
gravi
sanzioni
,
ribadire
il
principio
che
il
funzionario
è
al
servizio
del
pubblico
,
ritoccare
in
pochi
giorni
il
codice
penale
,
dire
"
basta
"
a
certe
pratiche
carcerarie
e
di
polizia
,
sopprimere
una
sequela
di
uffici
inutili
.
Per
questo
non
era
necessario
fare
vittime
,
ma
occorreva
mutare
un
certo
numero
di
capi
.
Nel
1849
si
era
creduto
che
per
ristabilire
il
senso
della
disciplina
militare
occorresse
fucilare
il
generale
Ramorino
;
grave
errore
politico
,
errore
giudiziario
,
anche
,
pensano
molti
storici
del
Risorgimento
.
Nel
1945
nessuno
voleva
ancora
sangue
;
ma
se
qualche
generale
ch
'
era
passato
nel
campo
opposto
a
quello
del
suo
re
fosse
stato
degradato
nel
cortile
di
una
caserma
,
non
si
sarebbe
ferito
il
senso
militare
come
lo
si
ferì
riammettendo
tutti
nei
loro
gradi
,
facendo
valere
per
tutti
la
scusa
della
coartazione
.
Penso
con
rossore
alla
epurazione
;
che
non
colpì
che
gli
umilissimi
,
e
salvò
tutti
i
potenti
.
Bonomi
aveva
stabilito
,
facendone
modesta
applicazione
,
una
dispensa
per
gli
alti
funzionari
;
gli
sembrava
che
un
prefetto
che
aveva
presieduto
a
tutte
le
manifestazioni
del
regime
,
un
ambasciatore
che
aveva
reso
difficile
la
vita
agli
antifascisti
esuli
,
non
potessero
continuare
a
coprire
i
loro
uffici
,
voltando
casacca
.
Questo
era
sembrato
ovvio
ad
ogni
mutamento
di
regime
,
anche
seguito
in
circostanze
meno
tragiche
della
caduta
del
fascismo
.
Ma
De
Gasperi
ammise
una
opposizione
dei
colpiti
,
attraverso
cui
tutti
rientrarono
,
salvo
due
o
tre
che
sdegnosi
non
vollero
muovere
un
passo
(
e
fu
brutto
che
non
li
si
riammettesse
d
'
ufficio
,
ché
erano
i
più
stimabili
)
.
Restò
così
tutta
la
vecchia
burocrazia
,
che
aveva
profondamente
assimilato
dal
fascismo
il
paternalismo
,
il
principio
che
non
si
deve
mai
abbandonare
l
'
inferiore
quando
pure
abbia
torto
marcio
,
nonché
una
profonda
sfiducia
verso
le
iniziative
,
municipalizzazioni
o
cooperative
,
care
ai
socialisti
del
principio
del
secolo
;
un
irridere
alle
"
anime
belle
"
,
ai
moralizzatori
,
a
chi
non
si
rassegna
al
"
si
è
sempre
fatto
così
"
.
Non
si
ridussero
università
ma
si
creò
una
pletora
di
nuove
facoltà
;
non
si
costrinsero
i
professori
ed
i
magistrati
a
stare
in
sede
;
si
conservò
e
si
accrebbe
lo
sfarzo
negli
edifici
pubblici
,
lo
sperpero
del
danaro
pubblico
in
rivoletti
infiniti
,
che
non
irrorano
né
fecondano
alcuna
zolla
.
(
Creazione
di
nuove
Corti
,
tribunali
,
preture
e
mancanza
di
ogni
attrezzatura
,
carceri
in
condizioni
penose
;
nuove
facoltà
,
e
non
fondi
per
le
ricerche
scientifiche
né
per
stroncare
l
'
analfabetismo
)
.
Perché
seguiva
ciò
?
per
uno
stato
d
'
animo
analogo
a
quello
con
cui
si
conchiudeva
il
Risorgimento
:
la
sfiducia
,
la
paura
.
Cavour
come
De
Gasperi
pensavano
che
dei
muri
maestri
sarebbero
crollati
se
si
fosse
degradato
un
generale
,
o
semplicemente
sostituiti
i
prefetti
ed
i
direttori
generali
con
elementi
non
di
carriera
,
posto
un
Calamandrei
a
capo
della
Cassazione
;
se
si
fosse
accordata
autonomia
alle
regioni
,
se
i
ministri
avessero
preso
a
riconoscere
pubblicamente
le
malefatte
(
poche
e
rare
,
ammettiamolo
pure
;
ma
qualcuna
ce
ne
sarà
sempre
)
dei
loro
funzionari
.
Temevano
il
caos
.
Ebbero
ragione
?
ebbero
torto
?
inutile
domanda
.
Alcuni
di
noi
penseranno
sempre
che
dove
non
c
'
era
occupazione
russa
il
comunismo
mai
si
sarebbe
affermato
,
e
sarebbe
invece
fiorita
una
sana
democrazia
.
Altri
penserà
l
'
opposto
.
Ma
l
'
epilogo
dei
due
risorgimenti
ha
questo
tratto
in
comune
:
la
mancanza
di
"
pazzi
in
Cristo
"
o
nella
fede
nella
libertà
;
nell
'
uno
e
nell
'
altro
,
uomini
che
avevano
ed
avrebbero
ancora
rischiato
la
vita
,
dato
quella
dei
propri
figli
;
ma
che
,
sia
pure
pensan
do
non
a
sé
bensì
all
'
Italia
,
non
sapevano
dire
"
ogni
viltà
convien
che
qui
sia
morta
"
.
StampaQuotidiana ,
Si
parla
troppo
della
Resistenza
e
troppo
poco
dei
suoi
valori
.
Duole
di
sentirla
non
tanto
elogiare
,
quanto
considerare
inserita
in
un
pantheon
di
divinità
patrie
,
cui
il
cittadino
deve
bruciare
un
granello
d
'
incenso
,
da
chi
nutre
in
cuor
suo
avversione
per
quel
periodo
,
e
,
anche
se
non
ne
serbi
un
ricordo
perché
troppo
giovane
,
considera
assetto
ideale
il
fascismo
:
tutto
regolato
dall
'
alto
,
non
scioperi
,
non
agitazioni
,
pene
durissime
per
i
rari
ribelli
,
giornali
tutti
con
gli
stessi
accenti
,
un
buono
,
un
vero
,
un
bello
decretati
in
un
ministero
e
che
ciascuno
deve
accettare
.
Si
parla
troppo
della
Resistenza
e
poco
si
riflette
sui
suoi
valori
.
Nulla
a
stupire
.
In
ogni
religione
è
più
facile
genuflettersi
e
cantare
inni
che
chinarsi
al
giogo
delle
leggi
.
Ma
ammonirei
a
ricordare
ciò
che
la
storia
di
ogni
paese
insegna
:
quanto
sia
facile
seppellire
gl
'
ideali
innalzando
marmi
a
coloro
che
li
asseverarono
.
Quando
ero
bambino
vivevano
ancora
i
soldati
del
Risorgimento
,
quelli
che
avevano
lasciato
un
braccio
a
S
.
Martino
od
a
Custoza
.
Sotto
la
retorica
ufficiale
,
non
c
'
era
più
un
culto
per
loro
;
il
garibaldino
,
il
reduce
,
nella
narrativa
di
Pirandello
,
od
anche
nello
sfondo
di
quella
di
Rovetta
,
quando
non
è
un
profittatore
è
un
ingenuo
,
cui
si
guarda
con
compassione
.
Più
tardi
,
abbiamo
visto
portare
corone
a
Garibaldi
ed
a
Mazzini
degli
uomini
politici
e
sindaci
che
avevan
succhiato
col
latte
l
'
avversione
al
Risorgimento
,
che
detestavano
tutti
indistintamente
i
valori
asseverati
da
Garibaldi
e
da
Mazzini
.
"
A
egregie
cose
il
forte
animo
accendono
-
l
'
urne
de
'
forti
"
;
sì
,
ma
solo
il
forte
animo
,
e
di
chi
abbia
senso
storico
e
viva
in
una
tradizione
.
Ed
il
nostro
tempo
è
poco
incline
ad
inserirsi
in
tradizioni
,
ed
ama
guardare
all
'
avvenire
,
non
volgersi
al
passato
.
Garibaldi
,
negli
ultimi
anni
di
sua
vita
,
aveva
avvertito
questa
necessità
di
guardare
dinanzi
.
Nulla
aveva
mai
chiesto
per
i
suoi
,
ma
neppure
rievocava
benemerenze
passate
;
bensì
guardava
agli
sviluppi
di
un
socialismo
umanitario
,
ai
problemi
della
emigrazione
,
proponeva
leggi
per
la
bonifica
dell
'
Agro
romano
.
Bisogna
asseverare
i
valori
della
Resistenza
;
non
parlandone
in
blocco
,
come
di
cosa
nota
,
bensì
discernendoli
,
mettendoli
a
fuoco
,
proiettandoli
in
ciò
che
si
costruisce
,
in
quanto
si
vuole
realizzare
domani
.
Ricorderemo
allora
che
la
Resistenza
volle
essere
fenomeno
europeo
,
avviamento
ad
una
Europa
unita
nella
libertà
,
dove
ci
fossero
cordiali
rapporti
di
popoli
piuttosto
che
di
governi
.
Conforme
a
questo
ideale
l
'
Italia
,
dopo
aver
dovuto
accettare
col
trattato
di
pace
rinunce
penosissime
(
ho
sempre
in
mente
Capodistria
)
,
non
si
è
attardata
in
rimpianti
e
deplorazioni
.
Ma
era
pure
nello
spirito
della
Resistenza
parlare
agli
alleati
più
potenti
con
la
sincerità
che
l
'
amico
povero
,
se
vero
amico
,
usa
col
ricco
:
non
considerare
,
indifferentemente
,
Stati
liberi
e
Stati
autoritari
;
preoccuparsi
di
un
mondo
tedesco
che
pare
vada
avviandosi
a
cancellare
distinzioni
di
partiti
,
per
trovarsi
tutto
unito
nella
méta
di
riavere
le
vecchie
frontiere
.
La
Resistenza
fu
collaborazione
fra
partiti
diversi
;
accantonamento
di
dissensi
,
guardare
alle
méte
comuni
.
È
tradita
dove
i
contrasti
si
esasperano
senza
un
perché
,
dove
le
maggioranze
rifiutano
Storia
d
'
Italia
ogni
collaborazione
delle
minoranze
,
non
accettano
i
loro
voti
,
fanno
questione
di
prestigio
nel
respingere
ogni
loro
proposta
,
ogni
suggerimento
.
Fu
unione
di
credenti
e
di
atei
;
questi
ultimi
rispettosi
della
fede
dei
primi
,
pronti
a
riconoscere
l
'
opera
di
bene
,
il
gesto
coraggioso
del
sacerdote
o
della
suora
.
Sono
contro
il
suo
spirito
gli
ecclesiastici
che
vogliono
imporre
direttive
ai
partiti
,
come
ogni
resurrezione
di
vecchio
anticlericalismo
,
che
neghi
i
valori
religiosi
.
Fu
autogoverno
locale
;
e
ne
negano
lo
spirito
i
ministeri
che
mortificano
la
vita
locale
,
che
vorrebbero
reggere
in
perpetuo
i
comuni
con
commissari
,
se
non
sia
certa
la
vittoria
del
loro
partito
,
che
rifiutano
la
regione
.
(
Estranee
invece
a
quello
spirito
le
aspirazioni
di
autonomia
proprie
a
gruppi
di
funzionari
od
a
ceti
di
professionisti
,
cammino
a
ritroso
di
quello
che
portò
alla
formazione
dello
Stato
moderno
)
.
La
Resistenza
fu
sacrificio
e
rinuncia
;
il
suo
spirito
,
la
generosità
,
l
'
accettazione
conscia
della
povertà
in
omaggio
alla
solidarietà
.
Sarebbe
stato
consono
ad
esso
contenere
con
l
'
arma
fiscale
le
grandi
ricchezze
od
almeno
gli
alti
redditi
,
i
munifici
stipendi
;
adottare
e
magari
imporre
un
tenore
di
vita
semplice
,
di
cui
le
amministrazioni
pubbliche
dessero
l
'
esempio
con
la
modestia
degli
edifici
,
con
i
viaggi
dei
ministri
in
forma
dimessa
.
Ma
il
suo
spirito
avrebbe
voluto
che
pure
i
più
umili
volessero
servire
la
cosa
pubblica
,
che
impiegati
ed
operai
considerassero
l
'
azienda
pubblica
come
loro
,
non
già
quale
l
'
avversario
più
debole
cui
più
si
può
chiedere
;
che
accettassero
la
disciplina
,
sentissero
il
bene
della
collettività
più
forte
della
solidarietà
di
classe
,
fossero
i
primi
a
mostrarsi
inesorabili
contro
i
compagni
disonesti
ed
infingardi
.
Questa
era
la
premessa
alle
nazionalizzazioni
.
Si
tradisce
quello
spirito
quando
si
vuole
che
nel
pubblico
impiego
,
nella
stessa
magistratura
,
non
si
selezionino
i
più
capaci
,
si
dia
il
bando
ad
esami
e
concorsi
,
si
leghi
la
carriera
alla
anzianità
.
Lo
spirito
della
Resistenza
era
di
un
esercito
pronto
a
tutti
i
sacrifici
,
ma
espressione
di
una
nazione
pacifica
,
che
non
conoscesse
corpi
particolari
,
arditi
o
paracadutisti
,
cui
la
guerra
apparisse
bella
.
Di
una
magistratura
che
partisse
sempre
dalla
presunzione
dell
'
innocenza
ed
anche
della
dignità
del
cittadino
,
e
che
non
si
ponesse
come
regola
che
la
parola
del
cittadino
non
possa
mai
essere
creduta
contro
quella
di
chi
detiene
una
parte
qualsiasi
di
potere
.
Se
così
si
fissasse
lo
spirito
della
Resistenza
,
si
vedrebbe
quanti
realmente
lo
onorano
e
quanti
lo
aborrono
;
ed
anche
rispetto
al
comunismo
sarebbe
dato
fissare
in
quali
punti
sia
con
esso
incompatibile
.
Certo
si
assottiglierebbe
molto
il
numero
di
coloro
che
oggi
inneggiano
alla
Resistenza
.
Ma
son
certo
che
"
se
cosa
di
qua
in
ciel
si
cura
"
,
quanti
caddero
per
la
Resistenza
sarebbero
ben
lieti
di
vedere
dimenticati
i
loro
nomi
,
senza
un
fiore
le
loro
lapidi
,
pur
che
restassero
vivi
(
fosse
pure
coltivati
da
una
minoranza
)
quei
valori
per
cui
essi
s
'
immolarono
.
StampaQuotidiana ,
Sono
uno
dei
pochissimi
romani
che
hanno
imbandierato
le
finestre
il
primo
giorno
del
'61
.
Non
per
conformismo
,
ma
per
schietta
adesione
alla
celebrazione
del
centenario
di
questo
Stato
italiano
che
ho
servito
e
servo
;
che
prima
di
me
servirono
mio
padre
,
prima
ancora
figure
sbiadite
nel
ricordo
di
zii
e
prozii
lontani
nel
tempo
;
che
tutti
i
miei
vecchi
amarono
,
non
sentendolo
il
datore
di
lavoro
alle
cui
vicende
il
prestatore
d
'
opera
partecipa
solo
per
quel
che
possano
riflettersi
su
lui
,
ma
come
l
'
azienda
familiare
di
cui
si
è
parte
,
pure
se
si
occupi
in
essa
il
posto
più
modesto
.
Centenario
.
Non
hanno
valore
i
dubbi
che
talora
si
affacciano
,
di
distinzione
tra
nascita
dello
Stato
e
formazione
dell
'
unità
.
L
'
Italia
una
e
lo
Stato
nacquero
ad
un
tempo
nel
'60-'61
.
Allora
si
ebbe
il
grande
problema
,
di
fare
convivere
insieme
popolazioni
che
parlavano
la
medesima
lingua
,
avevano
la
stessa
religione
,
tradizioni
in
gran
parte
comuni
,
ma
istituzioni
,
coscienza
di
ciò
che
sia
vita
associata
,
forma
statale
,
economie
,
profondamente
diverse
.
Allora
sorsero
i
grossi
problemi
.
L
'
annessione
del
Veneto
nel
'66
non
ne
pose
alcuno
;
quella
di
Roma
nel
'70
,
la
questione
delle
relazioni
con
la
S
.
Sede
,
problema
mondiale
,
ma
nessuna
difficoltà
di
amalgamare
altri
italiani
allo
Stato
già
formatosi
;
Trento
e
Trieste
posero
problemi
di
popolazioni
alloglotte
,
della
vita
economica
di
Trieste
,
ma
non
c
'
era
alcuna
difficoltà
di
fare
convivere
italiani
con
altri
italiani
.
Nel
'60-'61
si
era
affrontato
il
punto
cruciale
dell
'
unificazione
.
Anche
per
questo
penso
che
a
torto
nelle
celebrazioni
si
consideri
sempre
Massimo
d
'
Azeglio
come
personalità
di
secondo
piano
:
lui
ch
'
era
il
piemontese
che
più
si
era
preoccupato
,
quando
ancora
nessuno
pensava
alla
unificazione
come
a
qualcosa
di
prossimo
,
di
scrutare
gl
'
italiani
di
regioni
lontane
,
di
comprenderli
ed
amarli
;
e
quegli
che
nel
'49
aprì
la
strada
fra
gli
sterpi
,
sorresse
il
re
,
anche
non
più
ministro
,
nella
crisi
del
'55
,
contro
le
spinte
molteplici
ad
abbandonare
prima
il
regime
costituzionale
,
poi
la
strada
liberale
.
Sento
dunque
questo
centenario
come
una
solennità
familiare
,
ciò
che
non
significa
che
il
cuore
sia
lieto
.
Nel
bilancio
dei
cento
anni
,
molti
elementi
favorevoli
.
Indubbia
ascesa
in
tutti
gli
strati
,
in
tutti
i
ceti
:
anche
se
non
sia
agevole
istituire
la
comparazione
che
sarebbe
più
interessante
,
con
la
contemporanea
ascesa
degli
altri
popoli
d
'
Europa
.
Ascesa
non
solo
economica
,
ma
nella
gentilezza
dei
costumi
,
nella
cultura
,
nell
'
allargamento
degli
orizzonti
,
e
direi
anche
-
se
pure
sappia
d
'
incontrare
parecchi
dissensi
-
nel
fondo
vero
della
religiosità
,
il
ricordarsi
di
essere
inseriti
in
una
collettività
e
di
avere
gli
altri
uomini
come
fratelli
che
occorre
aiutare
,
anche
quando
sia
difficile
amarli
.
Replicatissimi
collaudi
dell
'
unità
.
Sì
che
mi
offende
come
una
troppo
palese
falsità
ogni
spunto
polemico
che
accenni
a
possibilità
di
sue
incrinature
,
ad
esempio
per
l
'
istituzione
delle
regioni
.
Un
affermarsi
continuo
di
nostre
attività
in
paesi
ed
in
campi
nuovi
,
una
spinta
vitale
,
per
cui
chi
parla
di
popoli
invecchiati
ed
esausti
(
e
sono
espressioni
su
cui
fo
sempre
ampie
riserve
)
,
non
include
mai
tra
questi
il
nostro
.
Ma
se
direi
rafforzato
un
senso
di
solidarietà
umana
,
il
senso
cristiano
,
tanto
non
ripeterei
per
quella
solidarietà
-
di
minor
valore
agli
occhi
di
Dio
,
ma
che
è
il
cemento
delle
costruzioni
terrene
-
che
chiamo
economico
-
giuridica
,
e
che
permette
il
costituirsi
di
una
società
civile
.
Cento
anni
or
sono
ci
si
poteva
dilaniare
intorno
ai
principi
ed
alle
leggi
che
dovessero
reggere
lo
Stato
,
intorno
alla
forma
monarchica
o
repubblicana
,
e
c
'
era
ancora
chi
avrebbe
voluto
vedere
rinascere
i
vecchi
Stati
come
i
soli
legittimi
;
ma
tutti
erano
d
'
accordo
su
certi
principi
.
Che
le
leggi
dovessero
essere
chiare
e
comprensibili
a
tutti
,
ed
una
volta
emesse
dovessero
venire
rispettate
;
che
chi
mancava
avesse
ad
essere
punito
;
che
fosse
compito
dei
governanti
far
obbedire
alle
leggi
,
proporne
il
mutamento
quando
apparissero
vecchie
o
inadeguate
,
ma
non
consentire
mai
fossero
eluse
;
che
i
magistrati
dovessero
applicarle
secondo
il
loro
spirito
;
che
chi
spontaneamente
s
'
inquadrava
nei
ranghi
delle
amministrazioni
pubbliche
assumesse
con
ciò
un
più
intenso
obbligo
di
fedeltà
,
promettesse
di
servire
attivamente
,
avendo
in
mente
il
bene
dello
Stato
,
ed
accettasse
altresì
una
obbedienza
più
austera
di
quella
degli
altri
cittadini
;
che
si
dovessero
pagare
le
imposte
e
non
fosse
lecito
mentire
allo
Stato
:
erano
punti
su
cui
convenivano
Solaro
della
Margarita
come
Cavour
,
D
'
Azeglio
come
Garibaldi
,
Minghetti
come
Mazzini
.
E
tutti
credevano
negli
elettori
che
devono
scegliere
il
più
degno
,
nei
capi
di
un
'
amministrazione
,
pubblica
o
privata
,
tenuti
a
chiamare
il
più
capace
,
anche
a
scapito
dei
propri
figli
(
c
'
è
una
commovente
lettera
di
Quintino
Sella
indignato
per
ciò
che
,
in
una
società
privata
,
si
è
nominato
ad
alto
posto
un
amico
)
.
Sarebbe
falso
creare
una
immagine
agiografica
del
Risorgimento
,
in
cui
tutti
i
grandi
della
politica
o
dell
'
amministrazione
apparissero
puri
,
non
tocchi
da
debolezze
umane
.
Ma
credo
possa
dirsi
che
non
mancava
la
fede
nei
principi
;
i
meno
buoni
erano
nella
posizione
del
prete
che
pecca
,
senza
che
al
peccato
si
accompagni
alcun
dubbio
intorno
al
valore
delle
leggi
della
Chiesa
.
E
questa
fede
nei
principi
che
mi
sembra
venuta
meno
.
Direi
che
oggi
si
sentano
perfettamente
a
posto
con
la
coscienza
i
potenti
dell
'
economia
che
chiedono
trattati
internazionali
e
leggi
guardando
solo
al
loro
ramo
,
incuranti
degli
altri
;
i
burocrati
che
allestiscono
disegni
di
legge
volutamente
oscuri
,
i
quali
saranno
approvati
senza
che
si
comprenda
ciò
che
nascondono
tra
le
righe
,
gli
ampissimi
poteri
che
lasciano
a
chi
applicherà
quelle
norme
;
i
grandi
capi
che
preferiscono
l
'
amico
,
il
compagno
di
partito
,
quegli
che
può
dare
qualcosa
in
contraccambio
,
al
più
meritevole
,
e
che
chiudono
gli
occhi
,
perché
l
'
interesse
di
partito
lo
vuole
,
su
mancamenti
gravissimi
,
che
sfiorano
la
legge
penale
;
i
gruppi
che
vogliono
imporre
il
loro
interesse
allo
Stato
anche
con
l
'
arma
dello
sciopero
,
noncuranti
se
il
Parlamento
non
ritenga
che
quell
'
interesse
possa
venire
anteposto
ad
altri
;
gli
infiniti
evasori
dell
'
obbligo
della
testimonianza
,
o
di
quello
dell
'
imposta
;
quanti
irridono
alle
norme
di
circolazione
stradale
.
Ci
sono
molti
credenti
,
per
cui
lo
Stato
è
ciò
ch
'
era
la
casa
chiusa
nella
mente
di
parecchi
benpensanti
:
il
luogo
dove
si
deve
dare
sfogo
al
peccato
,
per
non
commetterlo
poi
altrove
.
Tutto
muta
,
e
non
mi
allarmerebbe
che
pure
lo
Stato
,
forma
storica
,
s
'
indebolisse
ed
invecchiasse
,
ove
sorgessero
altre
istituzioni
che
ne
prendessero
il
posto
.
Ma
nessuna
se
ne
delinea
;
non
si
profila
un
ideale
teocratico
,
né
uno
anarchico
.
C
'
è
un
diffuso
egoismo
,
una
diffusa
volontà
'
di
non
sacrificarsi
;
e
su
questa
nulla
si
costruisce
.
Tale
la
meditazione
che
mi
sembra
vada
fatta
nell
'
anno
del
centenario
.
Gli
economisti
insegnano
che
non
possono
esserci
investimenti
non
preceduti
da
risparmio
.
Anche
nell
'
ambito
delle
istituzioni
,
nulla
si
può
lasciare
di
sano
ai
propri
figli
,
se
si
è
dato
ad
ogni
ora
sfogo
ai
nostri
egoismi
.
Prima
di
affermare
(
come
mi
sento
ripetere
irosamente
ogni
volta
che
tocco
questo
argomento
)
che
non
si
ha
alcuna
ragione
di
amare
lo
Stato
,
di
servirlo
con
animo
diverso
da
quello
di
chi
porge
riluttante
le
spalle
al
duro
giogo
che
non
può
evitare
,
occorrerebbe
chiedersi
se
non
sia
dato
migliorarlo
,
se
per
migliorarlo
non
necessiti
un
po
'
di
amore
.
E
se
ancora
la
risposta
sia
negativa
,
avvisare
ad
un
'
altra
forma
di
solidarietà
(
non
vaga
,
non
tutta
interiore
)
che
lo
possa
sostituire
.
StampaQuotidiana ,
Mi
ha
commosso
la
lettera
dei
monarchici
piemontesi
che
vorrebbero
esporre
la
bandiera
il
17
marzo
(
il
diciassette
,
non
il
27;
è
del
17
marzo
la
legge
con
cui
Vittorio
Emanuele
assume
per
sé
e
successori
il
titolo
di
re
d
'
Italia
)
,
ma
a
condizione
che
il
drappo
recasse
lo
stemma
sabaudo
.
Mi
auguro
che
la
loro
richiesta
sia
accolta
;
vi
scorgerei
soprattutto
la
tranquilla
coscienza
di
una
repubblica
che
non
ha
ancora
quindici
anni
di
vita
,
ma
che
sembra
ormai
alla
quasi
totalità
degl
'
italiani
la
sola
forma
statale
concepibile
,
sì
che
se
molti
altri
ritorni
del
passato
sono
da
temere
,
quello
al
capo
dello
Stato
che
è
tale
solo
perché
appartiene
ad
una
certa
famiglia
,
sia
tra
i
più
impensabili
.
Se
nutro
scarsa
simpatia
per
certi
monarchici
,
più
persuasi
che
mai
che
la
monarchia
non
ritornerà
,
senza
nessun
legame
con
la
tradizione
sabauda
,
senza
nessun
desiderio
di
provocare
crisi
di
regime
,
ma
che
costruiscono
piccoli
partiti
con
lo
stesso
accorgimento
con
cui
in
seno
alle
grandi
anonime
si
possono
creare
gruppi
omogenei
,
che
possedendo
un
dieci
per
cento
,
anche
meno
,
delle
azioni
,
possono
negoziare
un
apporto
decisivo
nelle
assemblee
-
questi
monarchici
piemontesi
,
tutti
volti
ancora
alle
glorie
sabaude
,
oltre
Vittorio
Emanuele
II
a
Vittorio
Amedeo
,
ad
Emanuele
Filiberto
,
mi
sono
veramente
simpatici
.
Così
come
a
Croce
finivano
di
essere
cari
gli
ultimi
nostalgici
borbonici
,
e
recensiva
con
qualche
compiacimento
un
dimenticato
romanzo
di
Amilcare
Lauria
,
che
raffigurava
due
antichi
ufficiali
di
Ferdinando
II
,
mai
riconciliati
con
l
'
Italia
,
ma
che
si
entusiasmavano
e
commuovevano
leggendo
sui
giornali
degli
eroismi
e
dei
sacrifici
italiani
nello
scontro
di
Dogali
.
In
un
mondo
ove
tutti
guardano
all
'
avvenire
e
dimenticano
ciò
ch
'
è
alle
spalle
(
salvo
per
la
piccola
parte
in
cui
glorie
o
rancori
siano
ancora
merce
utilizzabile
)
,
ove
il
disinteresse
delle
masse
per
la
storia
è
generale
,
a
chi
ritiene
che
questo
disinteresse
sia
imbarbarimento
non
può
dispiacere
certo
tenace
attaccamento
al
passato
.
Il
tricolore
!
Quando
io
nascevo
c
'
erano
ancora
,
particolarmente
a
Roma
e
nell
'
antico
Stato
pontificio
,
delle
famiglie
che
lo
rifiutavano
;
in
certi
palazzi
dell
'
aristocrazia
nera
non
apparve
che
con
1'11
febbraio
1929;
in
altri
una
prima
timida
apparizione
l
'
aveva
fatta
nel
1915
.
Nella
stessa
Torino
del
cinquantenario
sembrava
grosso
ardimento
che
qualche
istituto
religioso
,
dinanzi
alle
cui
finestre
sfilavano
cortei
,
l
'
inalberasse
.
Ma
nessun
confronto
con
ciò
ch
'
era
seguito
in
Francia
,
dove
per
un
buon
secolo
,
fino
alla
prima
guerra
mondiale
,
erano
rimasti
tenaci
gli
astii
contro
il
tricolore
;
dove
ancora
intorno
al
1890
vecchie
damigelle
chiuse
negli
aviti
castelli
di
provincia
guardavano
con
sbigottimento
i
nipoti
che
militavano
sotto
il
tricolore
;
il
conte
di
Chambord
aveva
rinunciato
al
trono
piuttosto
che
accettarlo
;
nella
striscia
rossa
del
suo
drappo
aristocratici
e
legittimisti
scorgevano
ancora
tutto
il
sangue
versato
dalla
Rivoluzione
francese
.
In
Italia
è
apparso
segno
di
convergenza
;
quando
ancora
non
era
ammesso
in
chiesa
e
nelle
processioni
,
i
circoli
cattolici
adornavano
con
nastri
tricolori
i
loro
stendardi
bianchi
od
azzurri
;
il
partito
comunista
lo
accettò
senza
esitare
,
sia
pure
affiancato
alla
bandiera
rossa
del
proletariato
mondiale
.
Il
fascismo
ebbe
senso
politico
sufficiente
per
comprendere
che
non
era
il
caso
di
modificare
la
bandiera
;
nello
stemma
dello
Stato
furono
inseriti
i
fasci
littori
;
la
bandiera
rimase
inalterata
.
Si
sovvertivano
tutte
le
istituzioni
,
l
'
eredità
risorgimentale
era
tutta
dispersa
,
ma
si
avvertiva
che
nei
cuori
degl
'
italiani
ancora
viveva
,
che
occorreva
celare
quanto
possibile
quella
dispersione
,
almeno
agli
occhi
dei
semplici
,
non
toccare
ai
simboli
.
Saggiamente
la
Repubblica
non
appose
sul
tricolore
né
berretti
frigi
,
né
croci
,
né
spade
,
né
libri
,
né
falci
;
volle
fosse
la
bandiera
di
tutti
.
E
tale
deve
restare
;
la
concessione
che
auspico
è
per
un
giorno
di
rievocazione
del
passato
;
non
dovrebbe
aprire
la
via
all
'
uso
di
due
bandiere
.
Certo
,
non
è
una
bandiera
,
non
un
simbolo
,
che
può
attenuare
le
divisioni
profonde
,
il
modo
radicalmente
diverso
di
guardare
alle
mète
da
raggiungere
,
al
nuovo
assetto
che
ci
si
deve
proporre
.
Un
abbraccio
in
un
giorno
di
festa
non
elimina
questi
distacchi
.
Può
solo
giovare
a
ricordare
,
anche
ai
più
remoti
da
ogni
senso
nazionalista
,
anche
a
chi
si
sente
cittadino
del
mondo
,
la
realtà
di
questa
famiglia
italiana
,
che
ha
suoi
problemi
,
sue
solidarietà
(
Torino
avverte
più
che
mai
,
attraverso
l
'
intensa
immigrazione
,
come
i
mali
di
altre
regioni
assurgano
a
mali
nazionali
,
come
certi
germi
infetti
allignino
più
prosperosi
in
un
tessuto
più
ricco
:
ingenua
e
fallace
speranza
,
quella
che
basti
il
benessere
economico
a
stroncare
certe
malattie
sociali
)
.
Anche
il
cittadino
del
mondo
che
sia
uomo
di
buona
volontà
comincerà
a
cercar
di
fare
il
bene
tra
coloro
cui
è
vicino
,
di
ripulire
il
giardinetto
della
sua
casa
.
Non
si
risolve
alcun
problema
con
abbracci
e
con
oblii
;
occorre
però
ben
distinguere
le
nostalgie
cui
non
possiamo
aderire
ma
che
non
recano
in
sé
alcun
pericolo
per
l
'
indomani
,
da
correnti
d
'
idee
gravide
di
minacce
,
soprattutto
da
quei
movimenti
irrazionalistici
,
fondati
sul
culto
della
razza
o
del
sangue
,
sulla
esaltazione
della
violenza
,
suscettibili
di
minare
il
mondo
della
ragione
,
del
lavoro
pacifico
,
che
ci
sforziamo
di
edificare
.
Mi
sembra
che
la
Repubblica
abbia
dato
segno
di
non
essere
afflitta
dai
complessi
d
'
inferiorità
,
dai
timori
senza
perché
,
che
troppa
parte
hanno
avuto
ed
hanno
nella
trama
della
vita
italiana
,
non
volendo
dimenticare
nelle
manifestazioni
,
nei
discorsi
del
centenario
,
l
'
apporto
che
diede
la
monarchia
alla
formazione
della
unità
.
I
sintetici
ed
equilibrati
articoli
di
Salvatorelli
hanno
rappresentato
il
giusto
terreno
su
cui
ci
si
deve
porre
.
I
riconoscimenti
del
passato
non
possono
avere
alcun
peso
sulla
realtà
del
presente
e
dell
'
avvenire
.
Tanto
più
,
come
nel
caso
,
quando
non
danno
vita
a
miti
;
se
Napoleone
ed
in
una
certa
misura
anche
Luigi
XIV
possono
essere
ombre
che
oltr
'
Alpe
déstino
qualche
apprensione
,
è
perché
il
predominio
del
potere
militare
,
la
divinizzazione
di
un
uomo
,
l
'
accentramento
dello
Stato
nelle
mani
di
uno
solo
,
costituiscono
pericoli
sempre
incombenti
.
La
figura
del
Re
Galantuomo
non
può
essere
invocata
a
dare
lustro
ad
alcuna
concezione
illiberale
,
ad
approntare
giustificazioni
storiche
a
qualsiasi
colpo
di
mano
ai
danni
della
legalità
democratica
.
Per
questo
,
mi
auguro
che
sia
concesso
ai
monarchici
piemontesi
,
per
la
celebrazione
torinese
del
centenario
,
quel
che
domandano
.
StampaQuotidiana ,
Alcuni
avvenimenti
della
storia
civile
,
come
la
battaglia
di
Lepanto
,
furono
considerati
così
lieti
per
la
cattolicità
da
indurre
il
Pontefice
del
tempo
ad
istituire
una
festa
religiosa
in
loro
ricordo
.
Mi
chiedo
se
verrà
,
un
giorno
,
un
Papa
libero
dal
peso
di
ciò
che
suoi
predecessori
sentirono
,
al
punto
di
rendere
festivo
il
giorno
di
S
.
Eustachio
:
il
20
settembre
.
Perché
a
distanza
di
quasi
un
secolo
tutti
scorgono
che
la
perdita
del
potere
temporale
fu
evento
sommamente
felice
per
la
S
.
Sede
.
Non
mi
pare
ci
sia
più
alcuna
cerchia
cattolica
che
lo
ponga
in
dubbio
.
Nel
discorso
tenuto
l
'
ottobre
scorso
all
'
Istituto
di
studi
romani
,
l
'
allora
cardinal
Montini
vedeva
un
disegno
della
Provvidenza
nelle
vicende
del
Papato
e
dell
'
Italia
negli
ultimi
cento
anni
,
e
riteneva
che
bene
Cavour
avesse
affermato
poter
essere
Roma
la
sola
capitale
d
'
Italia
.
Sarebbe
esagerato
l
'
attribuire
l
'
enorme
incremento
dell
'
autorità
,
del
prestigio
morale
ed
anche
politico
del
Papato
nel
mondo
,
soltanto
alla
perdita
del
potere
temporale
.
Le
cause
sono
molte
:
una
,
la
rinnovata
giovinezza
della
Chiesa
,
le
generazioni
di
sacerdoti
operosi
,
entusiasti
,
che
hanno
preso
il
posto
di
altre
,
dove
gli
elementi
torpidi
o
sfiduciati
o
rassegnati
abbondavano
;
altresì
,
il
declino
,
in
quello
ch
'
era
l
'
ambito
tradizionale
della
cattolicità
,
del
materialismo
,
della
fede
incondizionata
in
una
scienza
che
avrebbe
tutto
spiegato
,
non
lasciando
più
posto
alcuno
al
soprannaturale
;
altre
cause
ancora
.
Ma
,
pure
avverandosi
tutte
queste
,
il
potere
temporale
sarebbe
sempre
rimasto
la
palla
al
piede
per
il
Papato
;
qualsiasi
processo
politico
,
scandalo
finanziario
,
svalutazione
di
moneta
,
problema
sociale
insoluto
nello
Stato
Pontificio
(
e
come
esso
avrebbe
potuto
divenire
ad
un
tratto
l
'
eldorado
?
)
,
avrebbe
toccato
anche
il
prestigio
del
capo
della
cattolicità
.
Non
può
affermarsi
che
il
potere
temporale
fosse
sempre
stato
un
peso
morto
per
la
Chiesa
.
Se
anche
si
ricordi
il
sacco
di
Roma
e
,
oltre
cento
anni
dopo
,
le
prepotenze
dei
soldati
dell
'
ambasciatore
francese
De
Créqui
,
è
difficile
pensare
che
dal
Quattrocento
al
Settecento
i
pontefici
si
sarebbero
meglio
giovati
col
vivere
oggi
sui
domini
di
Carlo
V
,
domani
su
quelli
di
Francesco
I
,
oggi
avere
addosso
pesante
consigliere
Filippo
Il
,
domani
l
'
imperatore
Ferdinando
.
Né
in
quei
secoli
un
processo
politico
seguito
da
una
esecuzione
capitale
in
Roma
,
dava
scandalo
.
Pio
IX
,
guardando
ad
un
passato
remoto
,
non
aveva
torto
;
ma
non
si
rendeva
conto
di
quel
che
v
'
era
di
mutato
,
soprattutto
dei
compiti
nuovi
,
delle
nuove
possibilità
per
il
Papato
,
cui
il
potere
temporale
contrastava
.
Questo
per
la
Chiesa
.
A
distanza
di
quasi
cento
anni
è
dato
considerare
con
occhio
spassionato
anche
quel
che
il
20
settembre
rappresentò
per
l
'
Italia
.
Ciò
non
implica
alcun
giudizio
sugli
uomini
che
lo
vollero
.
La
mia
vena
moralistica
non
riesce
a
guardare
con
compiacimento
quell
'
estate
del
1870;
l
'
Italia
in
luglio
ha
dichiarato
alla
Francia
di
considerare
sempre
in
vita
la
Convenzione
di
settembre
,
cioè
l
'
impegno
di
non
attaccare
e
non
permettere
sia
attaccato
lo
Stato
pontificio
;
la
speranza
sempre
nutrita
di
una
insurrezione
dei
romani
non
si
è
verificata
neppure
alla
partenza
della
guarnigione
francese
;
e
tuttavia
è
il
20
settembre
.
Ma
la
monarchia
,
il
gabinetto
Lanza
,
erano
veramente
coartati
;
da
nove
anni
Roma
era
stata
proclamata
capitale
necessaria
d
'
Italia
;
e
la
sinistra
non
dava
requie
;
all
'
aspirazione
unitaria
s
'
erano
mescolati
l
'
anticlericalismo
,
lo
spirito
che
domina
Giambi
ed
epodi
di
Carducci
,
l
'
avversione
per
quello
che
si
riteneva
ormai
partito
conservatore
.
Gli
uomini
dello
stampo
di
Sclopis
che
la
sera
del
21
settembre
indicava
nel
suo
diario
la
presa
di
Roma
come
"
una
gran
bricconata
"
,
erano
dei
sorpassati
.
Poste
le
premesse
,
non
si
potevano
ormai
evitare
le
conseguenze
,
la
realizzazione
del
proposito
a
lungo
maturato
.
Ma
quando
si
considerano
gli
uomini
che
posero
le
premesse
,
si
trova
una
conferma
dell
'
umiltà
che
la
storia
ispira
;
anche
i
sommi
della
politica
non
riescono
a
prevedere
gli
sviluppi
.
Cavour
era
assillato
dai
ricordi
del
'48
,
la
rivalità
tra
le
città
italiane
,
in
specie
tra
Milano
e
Torino
,
ma
in
fatto
dopo
il
'61
né
Napoli
,
né
Milano
,
né
Firenze
pretesero
a
capitale
.
D
'
Azeglio
era
contrario
a
Roma
per
il
carattere
dei
romani
,
cui
preferiva
di
gran
lunga
torinesi
e
fiorentini
.
Nessuno
pensava
ai
pericoli
insiti
al
grande
nome
di
Roma
.
Le
bellissime
pagine
di
Chabod
su
L
'
idea
di
Roma
li
evocano
.
Per
settant
'
anni
si
restò
soggiogati
dal
monito
che
a
Roma
non
si
sta
senza
una
idea
universale
,
e
si
pensò
a
volta
a
volta
a
Roma
capitale
del
libero
pensiero
,
centro
mondiale
della
scienza
,
capitale
dell
'
impero
fascista
:
prima
di
rassegnarsi
alla
fatale
conseguenza
che
,
accanto
alla
sede
del
Papa
,
quella
del
capo
dello
Stato
italiano
resta
seconda
.
Non
cecità
di
uomini
,
ma
fallacia
di
ogni
previsione
;
chi
può
conoscere
il
sentire
,
lo
stato
d
'
animo
dei
nascituri
?
Quella
constatazione
che
a
Roma
c
'
era
un
seggio
che
restava
più
alto
del
Quirinale
riempì
d
'
amarezza
gl
'
italiani
di
due
o
tre
generazioni
,
lascia
oggi
indifferenti
la
maggioranza
.
Chissà
che
tra
qualche
generazione
non
abbia
ad
essere
segnalata
come
un
vanto
,
o
nel
senso
che
l
'
Italia
dev
'
essere
anzitutto
paese
cattolico
,
od
in
quello
di
una
reazione
ad
ogni
forma
di
orgoglio
nazionale
.
Pio
IX
non
aveva
compreso
che
l
'
abbandono
del
potere
temporale
apriva
alla
Chiesa
ben
più
vaste
possibilità
.
Penso
che
,
del
pari
,
i
suoi
successori
tra
le
due
guerre
mondiali
non
si
rendessero
conto
che
i
concordati
-
pur
avendo
costituito
in
periodo
non
remoto
,
in
un
mondo
ostile
ma
legalitario
,
una
garanzia
per
la
Chiesa
-
divenivano
un
inceppo
allorché
si
apriva
a
questa
una
prospettiva
di
vastissima
messe
tra
le
anime
;
che
la
religione
di
Stato
,
i
privilegi
,
il
braccio
secolare
,
l
'
invasione
di
quello
ch
'
era
per
l
'
innanzi
l
'
ambito
del
codice
,
potevan
dar
vita
a
diffidenze
e
ripugnanze
che
allontanassero
gl
'
incerti
.
Onde
la
speranza
che
-
al
riconoscimento
attuale
di
tutti
i
cattolici
,
la
perdita
di
quel
potere
essere
stata
evento
propizio
per
la
Chiesa
-
segua
un
giorno
il
convincimento
che
mai
la
Chiesa
sarà
tanto
amata
e
rispettata
,
vedrà
affluire
più
facilmente
a
sé
gli
uomini
,
come
quando
terrà
ben
separato
ciò
che
essa
deve
esigere
dai
credenti
da
quel
che
lo
Stato
può
imporre
ai
cittadini
;
quando
cioè
non
premerà
sul
legislatore
perché
la
legge
religiosa
(
così
quanto
v
'
è
di
peculiare
nella
concezione
cattolica
del
matrimonio
)
,
le
sanzioni
ch
'
essa
impone
ai
fedeli
,
trovino
accoglimento
nei
codici
.
StampaQuotidiana ,
La
Corte
Costituzionale
non
ha
deciso
la
questione
se
l
'
articolo
5
del
Concordato
,
nella
norma
per
cui
"
i
sacerdoti
apostati
o
irretiti
da
censura
non
potranno
essere
assunti
né
conservati
in
un
insegnamento
,
in
un
ufficio
od
in
un
impiego
,
nei
quali
siano
a
contatto
immediato
col
pubblico
"
,
resti
in
vigore
sotto
l
'
impero
della
Costituzione
repubblicana
.
La
Corte
ha
ritenuto
che
la
questione
non
le
fosse
stata
sottoposta
da
un
organo
giurisdizionale
,
e
quindi
non
fosse
suscettibile
di
esame
secondo
la
sua
legge
fondamentale
.
Non
dubito
dell
'
esattezza
dell
'
applicazione
di
questa
,
compiuta
dall
'
altissimo
organo
;
ma
credo
pure
non
sia
irriverente
pensare
che
i
membri
della
Corte
siano
stati
lieti
di
non
dover
emettere
una
decisione
che
,
quale
fosse
,
sarebbe
dispiaciuta
ad
una
notevole
parte
degl
'
italiani
.
Per
molti
cattolici
tutto
ciò
che
possa
apparire
scalfittura
del
Concordato
sembra
menomazione
di
una
posizione
faticosamente
raggiunta
,
e
che
occorre
ad
ogni
costo
conservare
intatta
.
Ad
ogni
spirito
liberale
ripugna
invece
l
'
idea
di
una
degradazione
civica
inflitta
per
una
crisi
di
coscienza
,
per
un
mutamento
di
convincimenti
per
la
perdita
della
fede
;
e
si
rende
conto
della
puerilità
della
giustificazione
,
che
il
prete
è
tale
avendo
assunto
liberamente
uno
stato
che
non
si
può
dismettere
;
quasi
che
la
libertà
dei
convincimenti
potesse
essere
compatibile
col
divieto
di
mutarli
,
quasi
il
diritto
dello
Stato
potesse
riconoscere
impegni
con
cui
165
f
Arturo
Carlo
,
jemolo
alcuno
promettesse
che
non
muterà
mai
d
'
idea
o
di
partito
,
quasi
infine
che
pure
i
granduchi
russi
e
gli
arciduchi
austriaci
non
potessero
rinunciare
e
divenire
comuni
cittadini
.
Il
giurista
sa
l
'
innegabile
contrasto
tra
l
'
art.
5
del
Concordato
e
le
norme
della
Costituzione
che
garantiscono
la
libertà
di
pensiero
,
bandiscono
ogni
discriminazione
su
motivi
religiosi
,
sul
terreno
giuridico
chi
difende
il
vigore
dell
'
art.
5
parla
di
un
ordine
pubblico
concordatario
che
prevale
sull
'
ordine
pubblico
della
Costituzione
;
tesi
ostica
a
chiunque
senta
poco
o
molto
lo
Stato
.
C
'
è
una
via
d
'
uscita
,
tra
l
'
attaccamento
di
molti
cattolici
ad
ogni
clausola
del
Concordato
ed
il
sentire
liberale
:
comune
anche
a
molti
altri
cattolici
,
che
amerebbero
più
il
Concordato
se
non
recasse
quell
'
articolo
(
di
cui
poi
i
prefetti
hanno
ampliato
la
portata
,
facendone
derivare
anche
una
ineleggibilità
a
consigliere
comunale
,
che
non
è
ufficio
che
ponga
a
contatto
immediato
col
pubblico
)
?
Crederei
di
sì
.
Trattati
internazionali
,
concordati
,
leggi
,
restano
cosa
viva
fino
a
che
abbiano
una
rispondenza
nella
coscienza
nazionale
Si
può
curarne
la
vitalità
,
vigilando
su
questa
rispondenza
e
modificandoli
man
mano
;
si
può
avere
il
culto
del
documento
o
,
più
spesso
,
la
pigrizia
,
la
paura
,
di
rimettere
le
mani
in
un
lavoro
non
facile
,
di
muovere
acque
stagnanti
.
Nel
secondo
caso
,
talora
il
buon
volere
delle
parti
supplisce
;
la
modifica
,
l
'
adattamento
segue
in
fatto
(
sarebbe
così
possibile
una
disapplicazione
dell
'
art.
5
,
che
seguisse
d
'
accordo
tra
autorità
statali
ed
autorità
ecclesiastiche
,
convinte
queste
che
meglio
vale
non
sia
applicata
una
norma
che
può
rendere
impopolari
i
Patti
Lateranensi
)
.
Ma
talora
nulla
si
fa
;
ed
il
documento
si
dissecca
,
il
suo
contenuto
appare
sempre
più
remoto
dal
sentire
comune
;
al
momento
della
prova
,
la
pergamena
va
in
briciole
(
la
vicenda
della
Triplice
Alleanza
)
.
Chi
scrive
è
un
superstite
separatista
,
convinto
che
ogni
legame
giuridico
tra
Chiesa
e
Stato
nuoccia
ad
entrambi
;
soffrì
alla
stipulazione
del
Concordato
,
anche
per
ciò
che
in
quel
momento
significava
.
Ma
sa
pure
che
questa
fede
separatista
siamo
ormai
in
ben
pochi
ad
averla
;
che
i
più
degl
'
italiani
sentono
pochissimo
il
problema
dei
rapporti
tra
Stato
e
Chiesa
,
meno
che
un
secondario
problema
economico
.
Non
ignora
che
una
denuncia
del
Concordato
turberebbe
moltissimi
;
quasi
certamente
si
accompagnerebbe
ad
una
ripresa
di
quell
'
anticlericalismo
becero
e
povero
d
'
idee
che
fioriva
agli
inizi
del
secolo
,
ed
il
cui
ricordo
gli
è
odioso
.
Mi
augurerei
quindi
che
il
Concordato
non
restasse
imbalsamato
,
subisse
man
mano
modifiche
ed
adattamenti
.
Il
primo
potrebbe
essere
l
'
abrogazione
di
quella
parte
dell
'
art.
5
e
la
rinuncia
dello
Stato
a
quei
controlli
nelle
nomine
di
vescovi
e
di
parroci
che
il
Concordato
gli
dà
e
che
non
credo
usi
.
Nell
'
Italia
del
1929
era
consono
allo
spirito
del
regime
non
ammettere
problemi
di
coscienza
,
punire
ogni
sorta
di
eresia
(
quelle
politiche
anzitutto
)
,
ed
anche
coltivare
l
'
ideale
napoleonico
,
i
vescovi
prefetti
in
sottana
.
Nel
1962
tutto
questo
è
distaccato
dalla
realtà
,
è
in
contrasto
col
sentire
dei
cittadini
e
dei
credenti
.
Sarebbe
un
reale
successo
di
un
governo
democristiano
varare
una
tale
modifica
del
Concordato
,
che
,
conchiusa
d
'
accordo
tra
i
due
poteri
,
andrebbe
approvata
con
legge
ordinaria
.
Amerei
vedere
questo
atto
:
che
ricevesse
le
sanzioni
di
Giovanni
XXIII
,
il
Pontefice
più
aperto
,
più
comprensivo
,
più
fiducioso
nell
'
espansione
che
può
avere
la
religione
su
terreno
democratico
,
in
paesi
liberi
,
nelle
conquiste
che
può
ivi
realizzare
,
e
di
Segni
,
cattolico
praticante
da
sempre
(
presidente
della
Unione
dei
giuristi
cattolici
)
,
e
sempre
antifascista
,
senza
compromissioni
.
Al
rammarico
dei
fascisti
che
vedrebbero
modificata
quella
che
resta
la
struttura
più
intatta
del
regime
,
e
della
sparuta
minoranza
di
cattolici
che
ancor
crede
nella
efficacia
benefica
del
braccio
secolare
,
farebbe
riscontro
il
consenso
dell
'
enorme
maggioranza
degl
'
italiani
.
Confido
che
dalle
due
parti
non
si
disattenda
questa
possibilità
di
rinvigorire
una
struttura
cui
entrambe
tengono
.