StampaPeriodica ,
Finalmente
abbiamo
un
romanziere
.
Questo
romanziere
è
Giovanni
Verga
:
ma
non
più
il
Verga
dell
'
Eva
,
della
Storia
d
'
una
capinera
,
e
neanche
della
Vita
dei
campi
;
bensì
un
Verga
di
seconda
maniera
,
o
più
tosto
di
terza
,
il
quale
ci
si
erge
dinanzi
,
a
un
tratto
,
armato
di
tutt
'
altre
armi
,
con
altro
stile
,
altri
concetti
,
altro
ideale
quasi
viaggiatore
che
torni
improvviso
da
una
terra
non
esplorata
ancora
prima
di
lui
,
e
che
,
per
appagare
la
curiosità
dei
dolci
amici
,
cui
disse
addio
al
partire
,
non
trovi
di
meglio
che
mettere
loro
sott
'
occhio
il
suo
diario
,
dicendo
:
«
Leggete
.
Questo
vid
'
io
»
.
Finalmente
abbiamo
un
romanziere
.
Non
dico
:
un
romanzo
mica
perché
i
Malavoglia
non
meritino
assai
più
del
nome
modestissimo
di
racconto
che
dà
loro
l
'
autore
nella
sua
prefazione
ma
perché
i
Malavoglia
non
sono
che
un
sotto
-
titolo
,
cioè
il
primo
volume
di
un
ciclo
romanzesco
dal
titolo
I
Vinti
,
a
voler
giudicare
il
quale
con
fondamento
e
giustizia
,
pare
a
me
necessario
attendere
,
se
non
la
serie
intera
degli
altri
vinti
,
almeno
un
secondo
volume
o
un
terzo
.
Io
non
voglio
qui
cercare
se
il
romanzo
ciclico
sia
cosa
bella
o
nuova
o
utile
,
in
arte
;
né
spargere
la
lagrimetta
d
'
obbligo
sulle
misere
condizioni
del
romanzo
da
noi
,
rispetto
alle
altre
nazioni
;
né
spiare
,
per
rapportare
agli
sfaccendati
maligni
della
platea
grossa
,
quanto
sangue
di
papà
Balzac
scorra
nelle
vene
di
Flaubert
e
dei
Goncourt
,
quanto
di
questi
in
quelle
di
Emilio
Zola
,
e
men
che
meno
,
quanto
ne
sia
filtrato
,
di
tutti
costoro
,
nelle
vene
del
gentile
e
forte
scrittore
siciliano
.
Che
il
ciclo
stia
al
romanzo
,
più
o
meno
,
come
alla
commedia
la
tesi
,
parmi
:
se
più
ardua
o
men
giovevole
questa
,
di
quello
,
non
so
.
So
che
l
'
arte
per
l
'
arte
(
domando
mille
perdoni
)
,
mi
sdegna
:
e
io
amo
quanti
strappano
a
Natura
Dea
un
sospiro
che
la
dimostri
viva
,
né
sempre
quella
,
un
grido
che
sia
umano
;
e
amo
anche
chi
scrive
:
Io
soffro
,
ma
amo
assai
più
chi
mi
dice
:
Osserva
,
quanti
dolori
!
«
Questo
racconto
è
lo
studio
sincero
e
spassionato
del
come
probabilmente
devono
nascere
e
svilupparsi
,
nelle
più
umili
condizioni
,
le
prime
irrequietudini
pel
benessere
;
e
quale
perturbazione
debba
arrecare
in
una
famigliola
vissuta
sino
allora
relativamente
felice
,
la
vaga
bramosia
dell
'
ignoto
,
l
'
accorgersi
che
non
si
sta
bene
,
o
che
si
potrebbe
star
meglio
»
.
Ciò
sono
,
con
le
parole
medesime
dell
'
autore
e
salvo
un
piccolo
strappo
alla
sintassi
i
Malavoglia
.
In
questi
,
non
è
ancora
che
la
lotta
pe
'
bisogni
materiali
.
Soddisfatti
i
quali
,
la
«
ricerca
del
meglio
»
diviene
avidità
di
ricchezze
,
e
s
'
incarnerà
in
un
tipo
borghese
,
Mastro
don
Gesualdo
,
incorniciato
nel
quadro
ancora
ristretto
di
una
piccola
città
di
provincia
,
ma
del
quale
i
colori
cominceranno
ad
essere
più
vivaci
,
e
il
disegno
a
farsi
più
ampio
e
variato
.
Poi
diventerà
vanità
aristocratica
nella
Duchessa
di
Leyra
,
e
ambizione
nell
'
Onorevole
Scipioni
,
per
arrivare
all
'
Uomo
di
lusso
,
il
quale
riunisce
tutte
codeste
bramosie
,
tutte
codeste
vanità
,
tutte
codeste
ambizioni
,
per
comprenderle
e
soffrirne
,
se
le
sente
nel
sangue
,
e
ne
è
consunto
.
Tutti
costoro
«
sono
altrettanti
vinti
che
la
corrente
ha
deposti
sulla
riva
,
dopo
averli
travolti
e
annegati
,
ciascuno
colle
stimmate
del
suo
peccato
,
che
avrebbero
dovuto
essere
lo
sfolgorare
della
sua
virtù
.
Ciascuno
,
dal
più
umile
al
più
elevato
,
ha
avuto
la
sua
parte
nella
lotta
per
l
'
esistenza
,
pel
benessere
,
per
l
'
ambizione
...
»
«
Chi
osserva
questo
spettacolo
»
conchiude
l
'
autore
«
non
ha
il
diritto
di
giudicarlo
;
è
già
molto
se
riesce
a
trarsi
un
istante
fuori
dal
campo
della
lotta
per
studiarlo
senza
passione
,
e
rendere
la
scena
nettamente
,
coi
colori
adatti
,
tale
da
dare
la
rappresentazione
della
realtà
come
è
stata
,
o
come
avrebbe
dovuto
essere
»
.
Non
sogno
neanche
di
riassumere
questo
meraviglioso
racconto
,
dove
la
splendida
semplicità
della
forma
è
agguagliata
soltanto
da
una
potenza
d
'
osservazione
e
da
una
finezza
di
sentimento
a
cui
il
Verga
non
ci
aveva
ancora
assuefatti
.
Parlano
,
soffrono
,
imprecano
per
lo
scrittore
,
i
suoi
personaggi
:
egli
non
li
presenta
punto
;
si
presentano
da
loro
stessi
,
con
le
loro
virtù
ignorate
e
sublimi
,
come
co
'
loro
vizi
;
e
si
disegnano
nel
quadro
della
loro
misera
vita
,
e
tramontano
,
e
passano
,
non
come
ombre
vane
,
o
come
attori
su
la
manchevole
scena
,
ma
come
persone
vere
e
vive
.
Luigi
Capuana
,
che
disse
da
pari
suo
di
questo
nuovo
romanzo
del
Verga
,
dopo
notato
che
«
certi
eccessi
di
forma
minuta
,
certe
sproporzioni
di
parti
potevano
forse
evitarsi
senza
che
l
'
evidenza
della
rappresentazione
dovesse
soffrirne
,
e
con
profitto
del
libro
e
dei
lettori
»
,
aggiunge
queste
parole
:
«
Ma
mi
pare
di
vedere
il
Verga
che
,
dal
fondo
della
sua
coscienza
d
'
artista
,
modestamente
mi
fa
osservare
:
Forse
no
»
.
Parole
più
savie
ancora
,
che
gentili
;
ed
io
,
per
me
,
francamente
,
leverei
anche
il
forse
.
Eziandio
a
costo
di
trovarmi
,
col
mio
giudizio
,
opposto
per
diametro
,
al
ch
.
dottor
Renier
del
Preludio
;
pel
quale
,
il
massimo
difetto
di
questi
Malavoglia
è
la
forma
che
«
se
non
arriva
alla
barbarie
dell
'
Eva
,
è
per
altro
una
forma
sciolta
(
?
)
,
sbilenca
,
monotona
,
illogica
»
:
e
nulla
,
per
lui
,
è
«
«
più
monotono
e
pesante
che
il
ritorno
continuo
di
quei
medesimi
concetti
,
di
quei
medesimi
proverbi
in
persone
diverse
»
;
ché
«
la
personalità
»
egli
nota
«
ha
un
certo
sviluppo
»
,
né
«
una
società
di
pescatori
siciliani
è
da
mettersi
a
paragone
con
una
tribù
di
Cafrii
o
di
Polinesiani
»
...
«
Ma
questo
non
ci
mis
'
io
!
»
potrebbe
qui
sclamare
con
tutta
ragione
Giovanni
Verga
.
Io
so
che
,
se
volessi
fare
un
tantino
il
pedante
,
ben
poco
troverei
da
riprendere
in
queste
460
pagine
,
per
la
ragione
-
probabilissimamente
,
che
ben
poca
è
pure
la
mia
competenza
e
,
sovra
tutto
,
che
io
pedante
non
sono
.
Troverei
,
per
esempio
,
che
alcuni
proverbi
-
per
quanto
saggezza
di
popolo
-
bastava
benissimo
citarli
una
volta
,
o
due
,
che
repubblicano
o
coniglio
,
liberale
o
birba
,
prete
e
vittima
,
sindaco
o
bestia
,
sono
combinazioni
infinitamente
meno
comuni
di
quello
ch
'
è
diventato
di
moda
voler
far
credere
,
che
l
'
eroismo
della
Mena
,
come
la
subita
rassegnazione
di
compare
Alfio
,
sono
un
po
'
inverosimili
;
che
la
brutta
fine
della
Lia
riesce
più
inesplicabile
ancora
,
massime
ch
'
è
accennata
appena
e
con
soverchio
mistero
.
Né
mi
verrebbe
scritto
,
ad
esempio
:
«
Ci
avrebbe
voluto
l
'
argano
»
(
pag
.
9
)
;
«
gran
sbalordimento
»
(
ivi
)
;
«
si
doveva
ajutarsi
»
(
13
)
;
«
ce
la
dareste
»
per
gliela
(
24
)
;
«
sentite
a
me
»
(
38
,
153
e
altrove
)
;
«
ve
lo
dico
io
cos
'
è
!
Cosa
volete
!
Ecco
cos
'
è
»
in
una
parlata
di
quattro
linee
;
«
La
Mena
si
sentiva
il
cuore
che
gli
sbatteva
e
gli
voleva
scappare
dal
petto
»
(
62
)
;
«
se
dassero
retta
a
voi
»
(
78
)
;
«
la
poveretta
,
sgomenta
da
quelle
attenzioni
insolite
,
li
guardava
in
faccia
sbigottita
»
.
Eviterei
l
'
onde
con
l
'
infinito
,
anzi
con
due
(
«
Onde
spiattellare
»
,
«
onde
poter
spadroneggiare
»
ecc
.
)
;
e
,
da
ultimo
,
abuserei
meno
di
quel
collocamento
un
po
'
strano
del
che
nelle
frasi
seguenti
:
«
Col
pretesto
del
suo
fuso
,
che
lo
teneva
sempre
in
aria
perché
...
»
;
«
il
primo
che
glielo
disse
fu
il
Mosca
,
dinanzi
al
rastrello
dell
'
orto
,
che
tornava
allora
da
Aci
Castello
»
;
«
e
vedendo
Luca
lì
davanti
,
che
gli
avevano
messo
il
giubbone
del
babbo
,
e
gli
arrivava
alle
calcagna
...
»
;
«
e
se
il
Mosca
ci
aveva
qualcheduna
per
la
testa
,
era
piuttosto
comare
Mena
di
padron
'
Ntoni
,
che
la
vedeva
ogni
giorno
»
;
«
come
quando
era
morto
Bastianazzo
,
che
nessuno
ci
pensava
più
»
.