StampaPeriodica ,
Mi
ha
colpito
,
nelle
vie
del
centro
,
l
'
eleganza
piuttosto
equivoca
delle
donne
.
Molti
ufficiali
dell
'
esercito
e
dalla
milizia
,
molti
preti
dall
'
aspetto
azzimato
e
mondano
.
I
caffè
sono
pieni
.
Non
si
ha
,
qui
,
l
'
impressione
di
trovarsi
in
un
paese
«
assediato
»
.
La
folla
che
passa
sul
Corso
,
per
via
del
Tritone
,
in
piazza
Colonna
è
ben
pasciuta
,
vestita
elegantemente
,
sembra
soddisfatta
di
sé
.
Anche
i
negozi
,
contrariamente
a
quel
che
ho
potuto
vedere
altrove
,
sono
relativamente
affollati
.
Dopo
un
'
assenza
di
parecchi
anni
,
ho
l
'
impressione
di
una
Roma
che
,
attraverso
tutte
le
trasformazioni
esteriori
,
ha
conservato
sostanzialmente
la
sua
vecchia
fisionomia
di
città
papale
,
capitale
dei
preti
e
della
burocrazia
.
Anche
i
numerosi
ufficiali
,
che
circolano
al
centro
,
non
mutano
questa
fisionomia
,
non
le
conferiscono
affatto
un
'
impronta
marziale
:
gli
ufficiali
,
come
tutti
gli
altri
,
passeggiano
o
oziano
nei
caffè
.
Solo
su
,
verso
il
piazzale
della
Stazione
,
l
'
impressione
cambia
.
Una
colonna
di
reclute
,
ancora
in
borghese
,
strascina
il
passo
verso
la
tettoia
delle
partenze
.
I
giardinetti
sono
pieni
di
soldati
con
l
'
elmetto
coloniale
.
Molte
coppie
,
molti
occhi
arrossati
,
pieni
di
lacrime
.
Ancora
più
su
,
verso
San
Lorenzo
,
i
grandi
e
squallidi
casermoni
dei
ferrovieri
mi
sembrano
più
tristi
e
più
neri
.
Molti
cantieri
di
costruzione
fermi
e
vuoti
.
I
bimbi
che
escono
a
frotte
dalle
scuole
son
pallidi
,
tristi
e
patiti
...
È
l
'
altra
Roma
.
Non
posso
più
sfuggire
a
questa
impressione
di
decadenza
e
di
stagnazione
,
che
mi
ha
colpito
fin
dal
mio
arrivo
.
Eppure
la
città
si
è
senza
dubbio
abbellita
esteriormente
,
le
vie
del
centro
sono
più
animate
,
le
automobili
circolano
più
numerose
che
per
il
passato
.
Ma
c
'
è
nell
'
atmosfera
un
veleno
sottile
,
un
sentore
di
putredine
e
di
corruzione
.
In
una
sala
da
tè
,
vicino
a
piazza
di
Spagna
,
ascolto
la
conversazione
di
cinque
o
sei
signore
elegantissime
.
Si
parla
della
guerra
.
Ognuna
di
esse
ha
il
marito
,
il
figlio
o
il
fratello
in
AO
.
Vista
da
questo
osservatorio
,
la
guerra
appare
come
un
amabile
diversivo
per
delle
giovani
signore
che
non
sanno
che
fare
del
loro
tempo
e
della
loro
vita
.
Un
argomento
nuovo
di
conversazione
nei
salotti
,
finalmente
!
Si
raccontano
barzellette
sugli
abissini
,
si
leggono
brani
di
lettere
dei
combattenti
,
si
parla
di
gradi
e
di
promozioni
.
Con
che
tono
ineffabile
quella
signora
alta
ed
ossuta
domanda
alla
sua
graziosa
vicina
:
«
Ah
,
suo
marito
è
ancora
maggiore
?
»
.
Sono
i
piccoli
ripicchi
,
le
piccole
malignità
delle
signore
eleganti
,
che
oggi
si
esercitano
sui
gradi
e
sulle
promozioni
,
come
ieri
si
esercitavano
sulle
toilettes
delle
amiche
.
«
Del
pericolo
tanto
non
ce
n
'
è
per
gli
ufficiali
bianchi
!
»
dice
tutta
sorridente
la
più
giovane
delle
signore
,
che
sembra
quasi
una
bambina
.
Chissà
perché
,
tutte
le
amiche
scoppiano
in
una
gran
risata
;
poi
,
a
un
tratto
,
smettono
di
ridere
,
e
si
guardano
intorno
un
po
'
imbarazzate
.
Davvero
,
ho
l
'
impressione
che
questa
guerra
non
debba
essere
molto
pericolosa
per
gli
ufficiali
bianchi
che
hanno
un
certo
grado
!
È
difficile
parlar
con
la
gente
di
argomenti
che
non
siano
la
guerra
e
le
sanzioni
.
Tuttavia
,
è
curioso
notare
che
in
fondo
l
'
interessamento
per
la
guerra
e
per
le
vittorie
è
minore
di
quel
che
si
potrebbe
pensare
.
Quando
escono
i
giornali
con
le
recentissime
notizie
,
che
adesso
son
veramente
favorevoli
,
nessuno
si
affretta
a
comprarli
.
Quando
a
piazza
Colonna
,
in
via
Vittorio
Veneto
,
al
corso
Umberto
,
si
vanno
ad
ascoltare
le
conversazioni
che
la
gente
fa
dopo
aver
letto
il
comunicato
,
si
è
colpiti
dalla
flemma
del
pubblico
.
Ne
ho
parlato
nella
famiglia
presso
la
quale
abito
,
e
mi
hanno
risposto
:
«
Abbiamo
già
l
'
abitudine
delle
vittorie
»
.
Questo
tono
di
superiorità
,
di
eroismo
a
buon
mercato
riecheggia
molto
spesso
nei
discorsi
che
sento
intorno
a
me
.
In
realtà
,
mi
sembra
che
non
si
tratti
tanto
di
«
abitudine
alle
vittorie
»
,
quanto
di
una
certa
stanchezza
.
In
questa
stessa
famiglia
,
quando
si
sta
a
pranzo
e
la
radio
dà
le
ultime
notizie
militari
,
c
'
è
sempre
qualcuno
che
,
interrompendo
la
conversazione
generale
,
propone
di
«
stare
a
sentire
cosa
c
'
è
di
nuovo
»
.
Ma
c
'
è
anche
sempre
qualcun
altro
che
risponde
:
«
È
inutile
,
tanto
è
sempre
la
solita
storia
,
saremo
ancora
di
qualche
chilometro
più
vicini
ad
Addis
Abeba
»
.
Ma
quando
la
radio
annunzia
la
partenza
di
altri
200
o
500
,
o
1.000
operai
per
l
'
AO
,
non
v
'
è
bisogno
di
inviti
o
di
esortazioni
per
far
cessare
il
chiacchierio
.
L
'
interessamento
,
ora
,
è
vivo
e
spontaneo
.
«
Vede
dicono
i
miei
ospiti
come
si
ha
già
bisogno
di
lavoratori
in
Abissinia
?
Non
si
può
dire
che
la
guerra
si
sia
fatta
per
nulla
.
E
dopo
la
guerra
la
richiesta
di
operai
e
di
tecnici
aumenterà
ancora
!
»
Mi
ha
meravigliato
questo
interessamento
per
le
possibilità
di
lavoro
in
AO
in
una
città
come
Roma
.
A
prima
vista
,
mi
era
sembrato
che
,
in
questa
città
di
rentiers
,
di
impiegati
,
di
professionisti
,
il
pungolo
della
disoccupazione
si
dovesse
far
sentire
meno
che
altrove
.
Non
ho
tardato
a
disingannarmi
.
Certo
,
la
disoccupazione
qui
assume
forme
diverse
da
quelle
che
si
manifestano
a
Milano
o
a
Torino
.
Ma
anche
a
Roma
la
crisi
ha
imperversato
,
e
non
soltanto
tra
gli
operai
:
anche
qui
essa
ha
seminato
rovine
e
disperazione
in
migliaia
di
famiglie
della
piccola
borghesia
.
Mi
sono
potuto
accorgere
ben
presto
che
è
appunto
nella
disperazione
che
ha
radice
questo
spirito
di
avventura
malsano
e
decadente
che
ho
trovato
così
diffuso
tra
i
giovani
ma
che
non
ha
nulla
di
giovanile
,
di
fresco
,
di
eroico
.
«
Ogni
italiano
che
è
capace
di
imbracciare
il
moschetto
dovrebbe
andare
laggiù
»
mi
diceva
l
'
altro
giorno
un
giovane
ingegnere
.
È
una
frase
,
questa
,
che
ho
sentito
ripetere
molto
spesso
;
ma
mai
fino
ad
ora
mi
era
parso
che
essa
fosse
pronunciata
con
tanta
convinzione
.
Sapevo
che
questo
giovane
aveva
fatto
domanda
per
arruolarsi
come
volontario
,
sia
pure
come
semplice
soldato
.
Ma
pian
piano
,
via
via
che
la
conversazione
si
faceva
più
intima
,
i
luoghi
comuni
della
retorica
fascista
non
riuscivano
più
a
nascondere
un
senso
di
accoramento
e
di
disperazione
.
Bruscamente
,
come
se
si
fosse
ad
un
tratto
convinto
della
vanità
di
tutti
i
suoi
sforzi
,
il
mio
interlocutore
interruppe
la
sua
perorazione
.
«
E
poi
mi
disse
è
inutile
,
non
ho
altro
da
fare
.
Sa
,
per
noialtri
tecnici
,
in
questo
periodo
non
c
'
è
abbastanza
lavoro
.
Allora
è
meglio
combattere
per
la
patria
...
»
La
maschera
vana
dell
'
eroismo
è
caduta
:
ho
di
fronte
a
me
un
uomo
,
un
povero
uomo
umiliato
,
disperato
,
impotente
.
E
così
sempre
,
dappertutto
.
In
un
ristorante
,
due
donne
sono
sedute
accanto
a
me
.
Una
di
esse
è
vestita
a
lutto
,
parla
del
marito
che
è
caduto
a
Dessiè
.
«
E
non
è
stato
necessario
,
dice
;
dimmi
un
po
'
tu
se
tutto
questo
è
stato
necessario
!
Ma
lui
aveva
sempre
la
fissazione
di
essere
inutile
...
Lavoro
?
Sì
,
lavoro
non
ne
aveva
più
da
un
anno
.
Stava
lì
senza
poter
far
niente
,
niente
.
Era
una
situazione
impossibile
;
e
poi
,
col
suo
temperamento
...
Quando
è
voluto
partire
ho
pianto
tanto
,
gli
dicevo
che
era
meglio
aspettare
ancora
,
cercare
di
trovare
lavoro
,
piuttosto
che
andare
a
morire
laggiù
.
Lui
non
mi
rispondeva
,
ma
mi
guardava
in
un
modo
...
Che
potevo
fare
io
!
Adesso
posso
dire
che
ho
rispettato
la
sua
volontà
.
»
No
,
non
ho
trovato
dell
'
eroismo
nei
volontari
,
che
pur
partivano
sapendo
di
andare
incontro
a
una
vita
di
stenti
,
alla
morte
forse
,
in
una
terra
lontana
.
Ho
trovata
della
disperazione
,
un
bisogno
frenetico
di
uscire
in
qualsiasi
modo
da
sé
stessi
,
dalla
propria
vita
;
ho
trovata
una
cupa
rassegnazione
all
'
inevitabile
,
non
l
'
eroismo
virile
di
chi
è
conscio
del
proprio
destino
.
In
un
caffè
,
di
nuovo
,
ho
assistito
ad
una
curiosa
conversazione
.
È
entrato
un
uomo
di
una
quarantina
d
'
anni
,
un
habitué
del
locale
,
evidentemente
.
«
Non
si
è
fatto
vedere
per
una
settimana
!
»
gli
dice
il
cameriere
.
«
Ho
avuto
un
lutto
in
famiglia
.
Mio
fratello
è
morto
in
AO
.
»
«
Anch
'
io
ho
avuto
un
cugino
che
è
morto
per
la
patria
.
»
«
Eh
già
adesso
si
usa
molto
di
morir
per
la
patria
,
ma
ormai
basterebbe
...
»
Tutti
e
due
hanno
subito
cambiato
discorso
.
Ma
mi
ha
colpito
molto
il
tono
con
il
quale
erano
state
pronunciate
quelle
parole
:
«
Ora
si
usa
molto
morire
per
la
patria
»
.
Era
un
tono
ironico
e
disperato
a
un
tempo
,
era
la
fredda
e
spietata
constatazione
della
vanità
di
tanti
sacrifici
.
No
,
non
è
così
che
un
popolo
piange
i
suoi
eroi
,
gli
uomini
che
gli
aprono
le
porte
dell
'
avvenire
.
L
'
ambiente
che
io
per
lo
più
frequento
è
quello
medio
e
piccolo
-
borghese
,
così
caratteristico
a
Roma
e
così
differente
da
quello
della
maggior
parte
delle
altre
città
d
'
Italia
.
Impiegati
,
professionisti
,
qualche
commerciante
:
sono
queste
le
persone
che
ho
più
occasione
di
avvicinare
.
Le
impressioni
che
riporto
da
questi
incontri
sono
forse
un
po
'
superficiali
e
limitate
,
ma
credo
che
siano
abbastanza
tipiche
ed
atte
ad
illuminare
lo
stato
d
'
animo
di
larghi
strati
della
popolazione
di
questa
città
.
Nella
famiglia
presso
la
quale
abito
,
dopo
cena
,
sono
venuti
in
visita
vari
amici
e
conoscenti
.
Come
al
solito
,
si
parla
di
politica
.
Tutti
i
presenti
hanno
il
distintivo
all
'
occhiello
e
,
sebbene
nessuno
si
proclami
fascista
al
cento
per
cento
,
è
facile
constatare
quanto
sia
profonda
,
su
tutti
,
la
influenza
della
propaganda
fascista
.
Non
si
può
dire
,
tuttavia
,
che
della
guerra
si
parli
con
molto
entusiasmo
.
Questi
impiegati
,
questi
professionisti
,
son
persone
molto
posate
,
anche
i
più
giovani
,
son
gente
«
arrivata
»
,
che
ha
qualcosa
da
perdere
.
Attraverso
le
loro
parole
banali
,
si
avverte
,
ogni
qualvolta
si
tocca
il
problema
della
guerra
e
delle
sanzioni
,
un
certo
malessere
.
Tutti
sono
d
'
accordo
qui
che
la
guerra
si
poteva
evitare
,
se
gl
'
inglesi
«
avessero
lasciato
il
duce
continuare
le
sue
trattative
»
.
È
curioso
però
che
,
nonostante
questo
,
essi
avvertano
la
necessità
di
giustificarsi
dell
'
impresa
abissina
come
di
una
colpa
.
Benché
la
vittoria
militare
del
fascismo
in
Abissinia
sia
ora
una
realtà
quasi
compiuta
,
non
è
il
sentimento
della
vittoria
e
della
gloria
quello
che
ispira
e
domina
la
conversazione
,
ma
il
senso
della
ineluttabilità
di
ciò
che
è
avvenuto
.
Tutti
i
discorsi
si
aggirano
intorno
alla
guerra
,
eppure
tutti
sembrano
voler
evitare
di
pronunciare
questa
parola
.
Sempre
gli
stessi
motivi
,
le
stesse
frasi
stereotipate
:
«
Non
ci
lasciano
vivere
,
ci
manca
perfino
l
'
aria
per
respirare
.
No
,
non
si
tratta
di
una
guerra
,
ma
di
una
dimostrazione
della
nostra
potenza
nazionale
»
.
È
evidente
che
questa
gente
,
piuttosto
sazia
e
ben
pasciuta
,
sente
di
non
aver
molto
da
guadagnare
dalla
guerra
.
Non
si
tratta
né
di
grandi
industriali
né
di
grandi
commercianti
,
ma
di
benestanti
che
godono
di
un
impiego
o
di
una
professione
remunerativa
,
e
che
non
hanno
grandi
aspirazioni
.
Non
è
ad
essi
che
«
manca
l
'
aria
per
respirare
»
,
e
questa
frase
vien
sempre
ripetuta
soltanto
perché
si
è
letta
sui
giornali
.
Il
timore
delle
conseguenze
della
guerra
,
e
soprattutto
il
timore
di
una
nuova
guerra
mondiale
,
è
invece
il
motivo
dominante
,
se
pur
segreto
,
della
conversazione
.
Ma
tutti
si
ribellano
quando
qualcuno
,
più
incauto
,
esprime
più
apertamente
questi
suoi
timori
.
No
,
di
una
guerra
mondiale
non
se
ne
vuol
neanche
sentir
parlare
,
in
questo
ambiente
.
Durante
tutta
la
sera
,
ho
ascoltato
in
silenzio
la
conversazione
.
Al
momento
di
salutarmi
l
'
incauto
guastafeste
,
un
avvocato
di
quarant
'
anni
,
quello
che
aveva
parlato
di
guerra
mondiale
,
mi
dice
,
come
se
concludesse
un
discorso
fatto
tra
sé
e
sé
:
«
Certo
,
tutta
la
politica
dell
'
Europa
è
una
pazzia
:
e
forse
,
anche
noi
non
costituiamo
un
'
eccezione
.
Ma
ognuno
spinge
l
'
altro
giù
per
la
china
e
,
in
un
mondo
dove
ciascuno
deve
provvedere
a
se
stesso
,
dobbiamo
essere
contenti
di
avere
il
governo
che
abbiamo
.
Anche
con
questa
guerra
,
siamo
stati
tutti
presi
di
sorpresa
,
non
abbiamo
avuto
il
tempo
di
riflettere
.
Ma
quando
tutto
il
mondo
si
è
rivolto
contro
di
noi
,
abbiamo
naturalmente
messa
da
parte
ogni
critica
»
.
Scrivo
molto
disordinatamente
,
e
non
vorrei
che
da
questo
fossero
falsate
le
linee
e
le
proporzioni
del
quadro
che
vengo
abbozzando
sulla
base
delle
mie
impressioni
.
Non
mi
è
accaduto
di
sentire
molto
spesso
conversazioni
sul
tono
di
quelle
dell
'
altra
sera
.
La
ho
notata
soltanto
perché
essa
mi
è
sembrata
caratteristica
per
uno
stato
d
'
animo
diffuso
in
alcuni
strati
della
popolazione
che
,
sebbene
non
siano
numericamente
molto
importanti
,
hanno
un
peso
notevole
nella
vita
della
società
romana
.
Ho
rilevato
delle
preoccupazioni
dello
stesso
genere
nei
discorsi
di
alcuni
intellettuali
e
professionisti
,
coi
quali
ho
avuto
occasione
di
conversare
.
«
Nessun
italiano
mi
dice
un
ingegnere
abbastanza
anziano
può
capire
perché
in
Italia
si
deve
stare
stretti
come
delle
acciughe
,
mentre
c
'
è
tanto
posto
in
Africa
.
Certo
,
io
personalmente
avrei
preferito
che
le
cose
si
fossero
fatte
in
un
'
altra
maniera
.
Quello
che
non
mi
piace
è
tutta
questa
propaganda
di
guerra
.
Gli
scopi
della
impresa
sono
buoni
;
ma
perché
parlare
tanto
di
guerra
,
perché
tutte
queste
minacce
?
E
poi
,
in
fondo
,
non
si
tratta
neanche
di
una
guerra
,
ma
di
un
'
impresa
coloniale
.
»
Più
raramente
ho
sentito
,
anche
in
questi
ambienti
,
critiche
un
po
'
più
aperte
.
Un
altro
professionista
,
ad
esempio
,
esprimeva
l
'
altro
giorno
la
sua
opinione
,
che
nel
complesso
il
danno
derivante
all
'
Italia
dalla
guerra
e
dalle
sanzioni
non
è
compensato
dalle
vittorie
militari
.
Ma
tutti
i
presenti
protestavano
.
Ora
che
le
vittorie
fanno
sperare
che
la
guerra
finisca
prima
della
stagione
delle
piogge
,
il
sentimento
dominante
è
quello
della
soddisfazione
e
dell
'
orgoglio
.
Quando
mi
sono
trovato
solo
con
il
professionista
,
gli
ho
domandato
se
in
generale
la
gente
era
contenta
dell
'
andamento
della
guerra
.
«
Contenta
mi
ha
detto
sarebbe
dir
forse
troppo
.
Il
mese
scorso
,
non
c
'
era
molta
gioia
tra
di
noi
,
c
'
era
uno
stato
di
depressione
molto
diffuso
.
Ma
adesso
è
meglio
,
perché
tutti
son
sicuri
che
la
guerra
finirà
presto
.
C
'
è
come
una
ubriacatura
in
giro
,
ci
sono
aspettative
e
speranze
fantastiche
sulle
possibilità
di
lavoro
in
AO
...
No
,
non
deve
credere
che
io
non
voglia
la
gloria
della
mia
patria
,
ha
aggiunto
come
per
scusarsi
,
ma
credo
che
ci
siano
altri
mezzi
per
ottenerla
,
all
'
infuori
della
guerra
.
Littoria
,
Sabaudia
,
la
ricostruzione
di
Roma
antica
,
questa
è
la
vera
gloria
del
fascismo
come
la
intendo
io
!
»
L
'
avversione
alla
guerra
,
comunque
,
è
forse
più
diffusa
anche
in
questi
ambienti
,
di
quel
che
possa
sembrare
a
prima
vista
.
Un
altro
ingegnere
,
niente
affatto
avversario
del
governo
,
mi
esprimeva
anche
lui
i
suoi
dubbi
ed
i
suoi
timori
.
«
Non
si
è
saputo
cosa
fare
,
con
questa
crisi
.
Ma
anche
se
avremo
un
grande
successo
militare
,
sarà
un
rimedio
solo
per
poco
tempo
.
Ma
chi
sa
,
forse
,
quando
questo
tempo
sarà
trascorso
,
anche
la
crisi
sarà
superata
,
e
noi
potremo
riprendere
le
relazioni
con
il
resto
del
mondo
.
»
Si
vedeva
che
egli
soffriva
profondamente
del
distacco
,
della
barriera
che
il
fascismo
ha
creato
tra
l
'
Italia
ed
il
resto
del
mondo
.
«
E
poi
,
questa
mentalità
bellicosa
che
si
è
venuta
diffondendo
fa
male
al
cuore
di
ogni
persona
che
abbia
conservato
la
mente
sana
.
»
Gli
ho
domandato
se
era
molta
la
gente
che
aveva
di
fronte
alla
guerra
lo
stesso
suo
atteggiamento
.
«
No
,
no
,
mi
ha
risposto
,
singoli
casi
,
eccezioni
.
Quasi
tutti
ripetono
le
parole
del
duce
:
"
Tireremo
diritto
!
"
»
.
Non
so
però
se
l
'
impressione
di
questo
ingegnere
sia
giusta
:
mi
pare
piuttosto
che
è
il
fascismo
che
è
riuscito
,
con
tutta
la
sua
politica
,
a
creare
quelle
barriere
che
impediscono
agli
amici
della
pace
di
incontrarsi
e
di
riconoscersi
.
Anche
dopo
le
recenti
vittorie
,
e
nei
più
svariati
ambienti
,
ho
sentito
relativamente
spesso
della
gente
parlare
in
tono
accorato
della
guerra
.
Ma
ci
si
arrende
alla
ineluttabilità
della
guerra
perché
ci
si
sente
isolati
,
divisi
,
e
perciò
impotenti
.
Sono
queste
barriere
che
separano
gli
amici
della
pace
,
è
questo
senso
della
ineluttabilità
della
guerra
che
viene
che
bisogna
vincere
.
Non
si
può
dire
,
in
genere
,
che
la
guerra
e
la
propaganda
sciovinista
del
fascismo
siano
riusciti
a
diffondere
nelle
larghe
masse
l
'
odio
contro
gli
abissini
.
Mi
dicono
che
,
nei
primi
tempi
,
era
abbastanza
diffusa
l
'
idea
che
la
guerra
non
sarebbe
stata
sanguinosa
,
data
la
grande
superiorità
tecnica
dell
'
esercito
italiani
.
Molti
cattolici
convinti
,
ad
esempio
,
si
rallegravano
di
questa
spedizione
,
che
avrebbe
permesso
ai
missionari
di
portare
la
civiltà
e
la
vera
fede
a
questi
popoli
barbari
.
Se
qualcuno
diceva
che
non
è
con
la
guerra
che
si
civilizza
un
paese
,
molto
spesso
si
sentiva
rispondere
che
questa
guerra
non
avrebbe
portato
grandi
perdite
di
vite
umane
,
nemmeno
tra
gli
abissini
.
Poi
,
a
poco
a
poco
,
le
cose
sono
mutate
.
I
comunicati
di
Badoglio
ed
i
film
«
Luce
»
hanno
tolte
molte
illusioni
.
Mi
sono
trovato
in
un
grande
cinematografo
durante
la
proiezione
di
un
film
«
Luce
»
.
Scene
della
guerra
in
Abissinia
.
Ho
l
'
impressione
che
la
gente
sia
ben
lieta
di
veder
proiettare
sullo
schermo
scene
di
vittoria
.
Un
amico
che
è
con
me
mi
dice
che
,
qualche
tempo
fa
,
l
'
entusiasmo
era
forse
maggiore
.
Comunque
,
quando
sullo
schermo
appare
Badoglio
,
gli
applausi
mi
sembrano
fragorosi
e
spontanei
.
Ancor
più
fragorosamente
applaudita
è
una
scena
in
cui
si
vedono
gli
infermieri
italiani
curare
dei
bambini
abissini
.
Poco
dopo
,
la
scena
muta
.
Ora
sì
è
nel
bel
mezzo
della
battaglia
.
Bombardamenti
,
incendi
.
Si
sente
che
tutto
il
pubblico
,
nella
sala
,
è
concentrato
in
se
stesso
,
come
ipnotizzato
da
questa
scena
di
sangue
.
Un
signore
,
seduto
vicino
a
me
,
si
è
sollevato
a
metà
sul
suo
sedile
,
appoggiato
con
le
mani
ai
suoi
braccioli
,
e
tutto
teso
in
uno
sforzo
di
attenzione
,
ha
lasciato
spegnere
la
sigaretta
tra
le
labbra
.
Il
pubblico
è
muto
.
Ma
quando
un
mucchio
di
cadaveri
abissini
appare
sulla
scena
,
un
gruppetto
di
studenti
ride
e
applaude
.
Tutta
la
sala
,
immediatamente
,
zittisce
,
ed
una
signora
dice
,
tra
il
consenso
generale
:
«
Con
questa
guerra
si
perde
ogni
sentimento
cristiano
»
.
Non
bisogna
credere
,
tuttavia
,
che
questa
assenza
di
un
odio
diffuso
contro
il
nemico
abissino
sia
sempre
il
prodotto
di
sentimenti
pacifici
o
cristiani
.
Anche
in
moltissimi
dei
giovani
più
infatuati
della
guerra
ho
trovata
una
certa
indifferenza
a
questo
riguardo
.
Qualcuno
a
cui
ho
domandato
le
ragioni
di
questa
indifferenza
,
mi
ha
risposto
che
«
questi
poveri
abissini
sono
nemici
contro
i
quali
non
si
può
provare
odio
»
.
Eppure
tutti
riconoscono
che
essi
si
battono
da
leoni
!
Ma
è
contro
l
'
Inghilterra
che
si
concentra
tutto
l
'
odio
,
è
il
nome
dell
'
Inghilterra
che
,
appena
pronunciato
,
risveglia
tutte
le
passioni
politiche
.
È
questo
forse
il
campo
in
cui
la
propaganda
sciovinistica
del
fascismo
ha
ottenuto
i
più
grandi
risultati
.
La
convinzione
che
è
l
'
Inghilterra
la
causa
di
tutto
,
della
guerra
,
delle
sanzioni
,
della
miseria
è
estremamente
diffusa
,
in
tutti
gli
strati
della
popolazione
.
E
l
'
odio
è
accompagnato
da
un
certo
disprezzo
.
«
Sì
,
è
vero
,
mi
dice
un
professore
,
a
cui
avevo
obbiettato
che
anche
i
paesi
che
hanno
grandi
imperi
coloniali
soffrono
della
crisi
e
della
disoccupazione
,
ma
ciò
dipende
dal
fatto
che
gli
inglesi
e
i
francesi
non
sanno
sfruttare
le
loro
colonie
;
noialtri
italiani
mostreremo
a
tutto
il
mondo
come
si
deve
colonizzare
un
paese
.
Noi
siamo
i
successori
dell
'
Inghilterra
e
della
Francia
!
»
.
Non
vi
è
dubbio
che
la
propaganda
fascista
contro
l
'
Inghilterra
ha
potuto
avere
un
così
largo
successo
anche
perché
la
politica
del
governo
inglese
ha
fornito
ad
essa
abbondanti
motivi
polemici
.
La
discriminazione
tra
l
'
Italia
e
la
Germania
nell
'
applicazione
delle
sanzioni
,
ad
esempio
,
ha
fornito
alla
stampa
fascista
molti
argomenti
per
dimostrare
alle
masse
italiane
le
ragioni
imperialistiche
della
politica
sanzionista
del
governo
inglese
,
e
sono
le
oscillazioni
e
le
incertezze
della
politica
societaria
dell
'
Inghilterra
che
hanno
alimentato
il
disprezzo
per
il
popolo
inglese
,
che
il
fascismo
è
riuscito
a
diffondere
largamente
tra
le
masse
.
Incoscienza
,
esaltazione
,
volontà
disperata
di
non
guardare
in
faccia
ai
pericoli
che
si
sentono
imminenti
:
ciò
è
quanto
ho
potuto
osservare
nei
miei
interlocutori
ogni
volta
che
sono
venuto
a
parlare
di
guerra
e
di
sanzioni
.
Quasi
tutti
mi
hanno
affermato
che
le
sanzioni
non
hanno
portato
alcun
danno
all
'
Italia
,
che
anzi
:
l
'
hanno
aiutata
e
spinta
a
produrre
in
casa
propria
quel
che
prima
importava
dall
'
estero
.
Anche
della
gente
colta
,
anche
degli
uomini
di
affari
mi
hanno
ripetuto
con
calore
queste
affermazioni
della
stampa
fascista
.
Se
è
vero
che
,
politicamente
,
le
sanzioni
hanno
potuto
permettere
al
fascismo
una
certa
speculazione
patriottica
,
non
mi
posso
spiegare
delle
affermazioni
come
quelle
sulla
«
utilità
economica
»
delle
sanzioni
altro
che
con
una
deliberata
volontà
di
sfuggire
,
con
l
'
immaginazione
,
a
una
realtà
che
si
sa
dura
,
ostica
,
invincibile
.
Non
di
rado
mi
è
capitato
di
sentir
dire
,
da
gente
posata
e
colta
,
che
«
l
'
Inghilterra
ha
ceduto
e
cederà
,
perché
le
sue
navi
non
possono
far
nulla
contro
i
raggi
di
Marconi
»
.
E
così
per
mille
altre
cose
.
Sì
,
incoscienza
,
esaltazione
,
volontà
di
non
guardare
in
faccia
il
pericolo
,
e
alla
base
di
tutto
questo
una
grande
disperazione
che
,
dopo
le
ultime
vittorie
,
sembra
tramutarsi
in
una
fantastica
attesa
di
giorni
migliori
,
forse
ancor
più
tragica
e
disperata
.
Tutti
ora
si
vogliono
convincere
che
,
dopo
la
fine
della
guerra
,
«
tutto
andrà
meglio
»
.
Ho
domandato
se
prima
non
si
stava
bene
.
«
No
,
mi
hanno
risposto
,
prima
non
si
stava
bene
per
la
disoccupazione
,
poi
per
le
sanzioni
.
Ma
quando
avremo
l
'
Africa
,
avremo
lavoro
per
i
nostri
operai
e
materie
prime
per
l
'
industria
.
»
Ma
non
sempre
si
riesce
a
vincere
il
dubbio
,
lo
scetticismo
.
Un
negozio
di
vestiti
in
via
Nazionale
.
Nella
vetrina
è
esposto
un
mannequin
con
la
divisa
coloniale
,
attorniato
da
un
paesaggio
africano
ove
non
manca
nemmeno
il
leone
.
Nello
sfondo
,
il
tricolore
.
Molta
gente
è
ferma
dinanzi
alla
vetrina
,
e
discute
del
clima
,
delle
possibilità
di
colonizzazione
.
Mi
stupisce
di
vedere
quanto
poco
questi
signori
,
per
la
maggior
parte
ben
vestiti
,
sappiano
di
concreto
sul
paese
che
i
soldati
italiani
stanno
conquistando
.
Ma
in
genere
i
pareri
non
sono
troppo
entusiasti
.
«
Di
tutte
le
fotografie
dell
'
Abissinia
che
ho
visto
fino
ad
ora
,
dice
uno
,
neanche
una
mostra
,
un
bel
paesaggio
,
rocce
,
rocce
e
ancora
rocce
.
»
Anche
gli
altri
intorno
esprimono
dubbi
e
incertezze
.
L
'
assembramento
è
ormai
abbastanza
numeroso
,
e
si
discute
animatamente
,
finché
non
prende
la
parola
un
fascista
in
divisa
,
che
parla
come
se
recitasse
un
articolo
di
un
giornale
.
Silenzio
generale
,
poi
il
gruppo
degli
ascoltatori
si
disperde
rapidamente
...
È
l
'
ultima
impressione
che
ho
portata
con
me
,
mentre
mi
avvio
alla
stazione
per
partire
da
Roma
.