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> autore_s:"MORANTE ELSA"
FINE DI 'LEI' ( MORANTE ELSA , 1939 )
StampaPeriodica ,
Come si sa , la parola fu data all ' uomo affinché egli potesse comunicare coi suoi simili nell ' attesa che , a quanto assicurano promettenti testimonianze , divenuto angelo non avesse più bisogno di parlare per farsi intendere , essendo ogni idea meravigliosamente già scritta nel chiaro aspetto angelico . In attesa dunque di tali tempi felici , la parola è dono celeste che permette all ' uomo di rendere manifesto il suo libero e geniale spirito e di farne parte ai fratelli . Ora , una delle prime parole usate fu certamente il " tu , " brevissimo e semplice , e che pure esprime da solo quella felice proprietà dell ' uomo , e lo mette di fronte al suo simile appunto come un simile , lo sguardo fisso nell ' altro sguardo , la mano tesa all ' altra mano . Nella preghiera come nell ' invettiva , nell ' amore come nell ' amicizia , niente è più naturale , umano e chiaro di questo "tu." Naturale , ed anche rispettoso direi , essendo implicito in esso il riconoscimento della personalità d ' uomo nel nostro interlocutore ; riconoscimento che , inteso nel suo senso più pieno , ha il massimo valore in se stesso e non ha alcun bisogno dell ' aggiunta di titoli cosiddetti onorifici . Questo valeva in principio . Ma col successivo complicarsi e intorbidarsi delle società , gli uomini sentirono il bisogno , forse per un reale rimpicciolimento progressivo , di ingrandire la loro persona con mezzi artificiosi , di renderla quanto più misteriosa e distante . E si arrivò dunque all ' abitudine incredibile di non rivolgersi più parlando ad un uomo , direttamente a lui , ma " alla sua signoria , " entità ambigua e nebbiosa , quanto mai astratta ; credendo con questo di rispettare squisitamente l ' uomo non toccandolo nel vivo della carne con quel tu sommario e confidenziale . Accadde dunque che , rivolgendoci ad un signore di sesso maschile , e guardandolo in faccia , noi tutti fossimo costretti a dire per non offenderlo : " Ella è molto buona , in verità ; Dio la rimeriti . " Quest ' abitudine , da giudicarsi soltanto risibile se non fosse tanto radicata in noi che ancora talvolta vi ricadiamo per educazione , portava a complicazioni stranissime nella scrittura , per esempio , di una lettera ; dove quella famosa signoria veniva laboriosamente onorata da maiuscole anche nel mezzo della parola , e ci costringeva a faticosi rigiri e a buffe contorsioni per dire la cosa più semplice del mondo . Non c ' è , credo bene , persona , che , pensandoci attentamente due minuti , non debba concludere in questo senso riguardo all ' uso del "Lei." Salvo forse quell ' uno il quale avendo scritto ad un altro , con ragione : " Col malanno che dia Nostro Signore alla Vostra Signoria Illustrissima , " si difese asserendo che non al suo destinatario aveva augurato il malanno , ma ala signoria di lui , che era tutta un ' altra cosa . Insomma , siamo sinceri , chi di noi può affermare in coscienza di possedere una propria signoria ? Il più bello sarebbe dunque trattarsi col tu . Ma siccome la società ha camminato , e vana ipocrisia sarebbe il fingere di esser tornati indietro ( né ci teniamo del resto ) ; siccome inoltre esiste il grazioso e caro costume di rivolgersi con una diversa e più rispettosa formula ad una signora o ad una persona con cui non siamo in confidenza ; allora la migliore soluzione sta nel voi . Pronome che pur rispettando nell ' interlocutore la sua proprietà di seconda persona nei nostri riguardi , e non di terza e remotissima , gli testimonia riverenza , in quanto implicitamente riconosce in lui tanta grandezza da stimarlo non un sol uomo , bensì un plurale ; un uomo insomma , che ne vale due o tre , o quanti si voglia , secondo il numero che lui stesso intimamente presume o vagheggia . Appare chiaramente che tale questione è oramai risolta ; e sia pace all ' anima di Lei .