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> autore_s:"MORASSO MARIO"
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Si torna a discutere sulla consistenza per non dire sulla esistenza della lingua italiana ! Era tempo ! Da qualche anno la formidabile questione era stata lasciata in disparte , non era più stata dibattuta . Non si poteva certo confidare che la pace avesse quetato le instancabili ire delle fazioni avverse , piuttosto c ' era da temere in qualche cataclisma , quasi era più credibile che la lingua italiana fosse davvero per iscomparire . Fortunatamente ecco che ad avvertirci della sua prosperosa vitalità la disputa tanto pratica ed opportuna si è novamente accesa , ed oggi si incomincia a dissertare con una freschezza e una abbondanza spontanea di argomentazioni , fra l ' attenta meraviglia degli ascoltatori , come se non se ne fosse mai trattato , come se si fosse proposto il più inaudito problema sul misterioso avvenire . Ora si apre un bel periodo di nudrite discussioni , in confronto delle quali impallidirà il ricordo delle dense orazioni che reciprocamente si lanciavano quelli eroici dottori della scolastica contrastanti intorno alla gerarchia degli angeli . Nel mondo germoglia bensì qualche cosa di nuovo , c ' è pur qualche novità presso di noi che vorrebbe richiedere il nostro pensiero e la nostra opera ; taluni quesiti anche fastidiosi cercano di occupare la nostra perspicacia , ma tutto ciò sta per passare in seconda linea , un ' ansia ben più urgente ci scuote senza tregua , noi dobbiamo sapere se vi è o no una lingua italiana , e se vi è dobbiamo sapere che cosa è e come sta . Mentre l ' Europa si dilaniava con guerre atroci e non si sapeva neanche con qualche approssimazione se la durata della propria vita avrebbe toccato il domani , bisognava a qualunque costo , assolutamente , acquistare la certezza se il tale ordine di cherubini era o no superiore al tale altro di serafini . Oggi in cui noi ci troviamo in uno dei supremi momenti della storia , in cui stiamo sulla vetta di un valico millenario di civiltà , in cui sotto altre forme sta per riapparire , mediante le macchine , una condizione straordinaria di vita sociale , verificatasi con la schiavitù soltanto una volta nel lungo cammino umano , oggi infine in cui sta per deliberarsi l ' impero del mondo noi siamo presi da una irresistibile urgenza , quella di accertarci se abbiamo o no una favella , se quelle che ci escono di bocca sono parole di un idioma o rauchi suoni di uno strano e innominabile gergo . Noi dobbiamo essere ben sicuri del fatto nostro , della nostra situazione e delle nostre rendite se ci è dato di concederci il lusso di tali esclusive preoccupazioni . Ma non per niente Roma , che è stata la culla della più interminabile stirpe di verbosi grammatici , che vanta accanto al Corpus juris , la mole degli scritti grammaticali su cui si eleva il greve edificio di Prisciano , non per niente Roma è divenuta , se non il centro , la capitale d ' Italia . La questione sull ' esistenza della lingua italiana oltre che la questione princeps di tutta la nostra letteratura , è stata e pare che continui ad essere il più chiaro sintomo della vitalità del nostro idioma la manifestazione più caratteristica della nostra attività letteraria . Quasi si potrebbe affermare che la lingua italiana è sorta per dar luogo alla questione sulla sua esistenza , questione la quale ha assunto un interesse maggiore del suo oggetto , talché come si è continuato a disputare dell ' esistenza di un idioma italico quando questo c ' era , se ne continuerà ancora a discutere quando non ci sarà più . Si è cominciato a porre in dubbio che la lingua italiana esistesse fino da quando essa trionfalmente si affermò nella vita col più imperituro monumento , col massimo capolavoro mondiale la Divina Commedia , e colui istesso che la aveva tratta dal gorgo dell ' anima collettiva e la aveva di un tratto spiegata limpida e perfetta e di universale potenza , come dopo secoli di elaborazione , colui istesso che la aveva in un sol libro inventata completa e magnifica , fu altresì il primo a iniziarne la discussione . Accanto alla Divina Commedia non si deve dimenticare il De vulgari eloquentia . E da allora il dubbio più non disparve , la contesa più non si estinse , e tanto più le voci si levarono alte e tanto più il dibattito fu vivace in quanto la lingua così affermata e negata dava prova più luminosa della sua vita energica e feconda . Ad ogni generazione letteraria la contesa rinasce , ad ogni nuovo scrittore si sente il bisogno di chiedere se la lingua che viene adoperata è o no italiana . Così si è fatto da Dante fino a Carducci e a D ' Annunzio attraverso il Petrarca , l ' Ariosto , il Marino , l ' Alfieri , il Manzoni , così si fa oggi in cui , mancando una qualche nuova grandiosa affermazione individuale , si ha nel miglioramento generale dell ' eloquio una attestazione collettiva di italianità . Ben si può ritenere che la maggior parte delle opere scritte in italiano trattano se l ' italiano esista o no , e dopo sette secoli di duello verbale , dopo sette secoli di parlatura e di scrittura italiane , la questione non si è inoltrata d ' una linea verso il suo risolvimento , siamo ancora come al primo giorno e oggi la si sta ripresentando tal quale . Già ne abbiamo avuto il preannuncio in due lavori differenti per indole e qualità dei rispettivi autori , ma concordi nel significato . Appartiene il primo a un giovane scrittore , un narratore arguto , uno spirito delicato e profondo , una coscienza retta e nitida in cui le cose e le idee si rispecchiano con intatta purezza , Alfredo Panzini , ed è il Dizionario moderno ; appartiene il secondo a uno scrittore non più giovane , un espositore facile e schietto , un rappresentatore abile ed evidentissimo , Edmondo De Amicis , ed è l ' Idioma gentile . Il Panzini premette al suo Dizionario ciò che il De Amicis svolge nel suo Idioma , l ' uno sfiora in poche righe ciò che l ' altro studia in un capitolo , ambedue rimettono in discussione i capi saldi della lingua , i punti più notevoli intorno a cui anche in passato si era aggirata la famosa controversia : opposizione della lingua ai dialetti - sua attitudine alla rappresentazione della vita - lingua scritta e lingua parlata - intromissione di parole nuove straniere - stato presente della lingua - sua attitudine ad evolversi . Ambedue ricercano ciò che si può dire e non si può dire , e perché si può o non si può , ambedue riprendono gli eleganti dibattimenti dei puristi , ambedue s ' intrattengono sull ' uso e sul non uso , sulla sanzione popolare e sulla lingua preziosa , ambedue cercano di difendere e di celebrare e persino di far conoscere la vera lingua italiana , la bella lingua della patria , come se già presentissero gli attacchi degli avversari . Da qui al ristabilirsi della disputa in tutta la sua pienezza non vi è che un passo . E il passo si compirà . Come già vi è chi asserisce che non esiste una letteratura nazionale , come testé tra l ' Ojetti e il Bracco si è discusso intorno all ' esistenza di un teatro nazionale , domani nelle ricerche e nelle critiche che si faranno circa i due libri sopranominati si dirà dagli uni che noi non abbiamo una lingua nazionale e dagli altri che non l ' abbiamo mai avuta più di adesso splendida e sonora . Io stesso , che pur mi domando quasi irosamente , che cosa sia infine questa serie di parole che ci esce dalla bocca e dalla penna e che non si può ragionevolmente attribuire al turco , al cinese , all ' ottentotto , io stesso , malgrado le mie intenzioni in contrario , sono portato invincibilmente a discutere su questo rompicapo , a aprire anzi il fuoco della discussione . Ma io non voglio imporre alcun apprezzamento decisivo né infliggere alcuna esumazione storica di precedenti . Io mi limiterò a una osservazione particolare che è di solito trascurata . Si è già in passato accennato alla perniciosa antitesi verificantesi presso di noi tra lingua scritta e lingua parlata in causa dei dialetti , del poco onore in cui è tenuto un bel parlare e della tendenza delle classi signorili a usare una lingua straniera . Ma di questa antitesi che è il fondamento e il movente di tutta la questione non è stata calcolata tutta la portata . Manca a noi e in genere a tutti i popoli moderni la serenità contemplativa dei Greci antichi in cospetto e sotto le spire delle passioni , manca a noi il dominio estetico delle passioni e perciò ci manca la grande arte tragica , la quale consiste essenzialmente nella rappresentazione estetica e quindi impassibile del più veemente furore . Era proprio il gesto più delirante , l ' agonia convulsa del guerriero ferito , lo schianto della madre orbata del figlio , che il Greco voleva vedere espresso nell ' atteggiamento più nobile e armonioso ; era l ' impeto delle più terribili furie del sentimento che il Greco voleva ascoltare rivelato nel discorso più illustre e perfetto , col massimo decoro verbale . La lingua artistica , la lingua letteraria era per il Greco dei tempi di Sofocle la lingua più fervida di vita , la lingua della passione . Per noi è l ' opposto ; il linguaggio letterario ci disturba e ci contraria nella espressione della passione ; nei momenti tragici quanto più il discorso è incoerente e rozzo e la parola si riadduce all ' urlo primordiale tanto più ci piacciono . Da qui l ' opposizione fra lingua scritta e parlata , poiché gli scrittori anche nelle scene di passione serbano una certa dignità di linguaggio a cui nella azione diretta l ' uomo rinuncia e da cui repugna . Ma altrove , in Inghilterra e in Francia , tale opposizione è meno sentita per l ' identità fondamentale delle due forme di espressione letteraria e parlata , di cui l ' una è soltanto più raffinata dell ' altra ; presso di noi invece diventa antitesi irrimediabile , diventa differenza irreducibile , poiché le due forme di espressione si traducono in due lingue differenti : lingua scritta o italiano , lingua parlata o dialetto . L ' inglese e il francese per quanto avverta che la scena di passione ascoltata in teatro o letta in un romanzo ha una struttura verbale diversa da quella della istessa scena nella vita reale , non ne è urtato ; si tratta in fondo della stessa lingua e le differenze non sono che di grado ; l ' ascoltatore o il lettore italiano invece si trova di fronte a un parlare che non è il suo , che non è quello che egli adopera nella vita vera , e perciò è portato a ritenere che la lingua scritta o letteraria non sia la sua lingua , non sia una lingua naturale , ma un artificio , una convenzione che si può modificare ad arbitrio , che si può respingere od accettare . Su questo strano , ma inevitabile concetto che noi abbiamo del nostro idioma , lasciate lavorare i retori ! Non si stancheranno più , e ancora il meno che possano fare si è di negare la lingua di cui si valgono per la loro negazione .
LA FUTURA QUARESIMA ( MORASSO MARIO , 1905 )
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Dovevano essere pur felici e giocondi i nostri avi lontani se hanno sentito il bisogno di instituire una stagione obbligatoria di penitenza , di mortificazione , di privazione ! Dovevano essere dotati anzitutto di una invidiabile spensieratezza e dovevano poi essere provveduti di ogni ricchezza in abbondanza e aver sempre la fortuna propizia , se è apparso loro come una necessità quasi sacra l ' astenersi , almeno per un breve periodo dell ' anno , dai consueti piaceri , dalle abituali delizie e il rinunziare durante alcuni giorni al buon umore e alle feste per mettersi volontariamente nelle condizioni dei miseri , degli afflitti , dei bisognosi . La gioia doveva essere l ' ospite assidua delle loro case e l ' ilare serenità delle loro anime se eglino sono giunti fino a sancire , come divino comandamento , l ' obbligo di allontanare per un dato tempo queste loro indivisibili e preziose compagne . Sulle loro mense e nelle loro dispense doveva essere ignota l ' inopia come al loro spirito il cruccio se hanno elevato fino a legge della Chiesa l ' atto del digiuno e dell ' ansia meditabonda durante alcuni giorni prefissi . Oh tavole adorne di ogni vivanda e imbandite per un perenne festino , tavole sempre copiose che soltanto un divino decreto aveva la forza di rendere deserte , oh appetiti sempre saziati di cui soltanto una sacra prescrizione poteva ritardare la sazietà , oh anime sgombre da cure , oh spiriti ridenti spiegati unicamente nella inconsapevole dolcezza di vivere cui soltanto un volere sovrumano poteva imporre temporaneamente una preoccupazione e un affanno ! E noi vantiamo il nostro progresso , i benefici della nostra umanitaria civiltà , noi ci illudiamo di aver accresciuto la felicità e la ricchezza ! Ma quando mai oggi si troverebbe un solo uomo , per quanto folle , che osasse proporre come un obbligo necessario soltanto qualche ora di privazione e di preoccupazione in più di quelle che già dobbiamo sopportare ? O tra noi e i nostri predecessori esiste una diversità materiale e morale così fatta da rendere gli uni opposti e incomprensibili agli altri , oppure l ' istituzione della Quaresima , di una stagione cioè in cui sono rese obbligatorie le condizioni di infelicità e di miseria , dimostra che il nostro progresso non è che una enorme perdita , e che i nostri padri stavano incomparabilmente meglio di noi . I doveri prescritti dalla Quaresima al credente vengono osservati durante tutto l ' anno dall ' uomo moderno in una misura ben più grave e profonda . L ' aver stabilito una Quaresima implica evidentemente che nel restante dell ' anno non era quaresima , ci si trovava cioè in uno stato se non contrario almeno differente da quello quaresimale . A noi invece non verrebbe certo neanche in mente di pensare a qualcosa di simile per la buona ragione che tutto l ' anno è per noi una quaresima . Noi siamo sempre in tetra quaresima . Noi non abbiamo bisogno di sguernire le nostre mense e di diminuire il nostro cibo poiché già esse sono troppo squallide e il cibo è sempre insufficiente ; non abbiamo bisogno di digiunare perché innumerevoli ventri digiunano quotidianamente contro volontà . Noi non dobbiamo certo costringerci volontariamente alla rinunzia poiché ogni istante che passa ci sforza nostro malgrado a rinunziare ai più ardenti desideri nostri ; e niuna legge deve intervenire per piegarci nella polvere e indurci alla mortificazione , perché noi stiamo costantemente curvi e la superbia è un lusso che noi abbiamo definitivamente abolito . E la penitenza e la macerazione meditativa di noi stessi occorre forse che ci siano comandate come esercizi eccezionali ? Ma la penitenza è il nostro abito normale , noi viviamo avvolti di tristezza , in una zona grigia in cui si spuntano come dardi senza impeto le nostre cupidigie , noi non facciamo che pentirci da mattina a sera e per quello che abbiamo compiuto , e per quello che non abbiamo compiuto e pratichiamo tutte le dure discipline della penitenza , costretti come siamo durante tutte le giornate della nostra esistenza a fare ciò che noi non vorremmo e a non fare ciò che a noi piacerebbe . E come si può parlare all ' uomo moderno di accrescere la sua attività interiore , di flettersi ancora maggiormente su se stesso quando egli è corroso dalla più tormentosa osservazione di se medesimo , quando è estenuato dal suo morboso sforzo spirituale o per riandare il passato o per speculare nell ' avvenire ? L ' uomo rumina oggi continuamente , dolorosamente se medesimo , tutte le sue facoltà psichiche sono sempre tese e sveglie e tutte fremono e partecipano al suo minimo atto . L ' uomo non alza più un dito spensieratamente , egli calcola , scruta , ricorda dal passato all ' avvenire , confronta e prevede , analizza fin le più remote radici dell ' essere suo , pesa i più sottili moventi , e il dubbio lo trattiene ancora . Oh non ha certo bisogno di proporsi estranei problemi da meditare o artificiosi casi di coscienza da indagare , o preoccupazioni lontane per affannarsi ; l ' uomo moderno vive in un perpetuo affanno . Non occorre che egli sogni la suprema ed eterna conquista del cielo per esercitare le sue virtù , per adempiere al suo officio umano e per dare una occupazione al suo spirito , poiché la più umile conquista terrena , le sole necessità della esistenza bastano adesso a questo scopo . L ' uomo non ha più un momento di tregua , la sua ansia è da lui indivisibile come la sua ombra , egli è continuamente in preda a ogni sorta di preoccupazioni , stia egli al sommo o all ' infimo non può più concedere un momento di sé a se stesso , al suo piacere , al suo riposo . L ' uomo non sa più né riposarsi né divertirsi ; sia nei riposi , sia nei divertimenti , sia quando giace stremato , sia quando mangia , sia quando cerca e crede di divertirsi , egli porta con sé tutti i suoi fastidi e tutti i suoi affanni e tutta la sua fatica e tutto il suo tedio che gli sono compagni inseparabili , che sono omai penetrati nelle sue ossa , nelle sue carni , nel suo sangue , che gli sono divenuti quasi indispensabili e da cui non può sicuramente allontanarsi anche se talvolta gliene prendesse voglia . Il riposo infatti non è più per l ' uomo un fatto naturale , la soddisfazione spontanea di un bisogno , una funzione istintiva , una condizione normale come lo è per tutti gli esseri viventi che si riposano sempre quando non agiscono nelle loro funzioni organiche del nutrimento e della riproduzione o in quelle della difesa . Per tutti gli animali il riposo è lo stato consuetudinario , è la regola che ha per eccezioni il lavoro del nutrimento e della difesa e il piacere della riproduzione . Per l ' uomo il riposo è divenuto l ' eccezione , è una cura , è una condizione forzata . L ' uomo deve costringersi a riposare e anche quando si costringe non è più capace di riposare bene , talché alla sua ignoranza e inettitudine hanno dovuto supplire i medici , studiando e prescrivendo metodi sani di riposo ; finché , segno caratteristico dei tempi , siamo ora arrivati al punto che , proprio in questi giorni , si è fondata a New York la scuola del sonno , ove si insegna a dormire ! E lo stesso si dica per il divertimento . Nulla vi è di più triste che l ' uomo moderno quando si diverte ; sia esso il macchinista torvamente seduto in una fosca e fetida osteria , sia il miliardario che si annoia in un teatro o in un salone da ballo . Ambedue in quel momento non sono che vuoti involucri corporei , la loro anima è assente , o per meglio dire la loro anima è unicamente occupata di sé e per quanto si forzi neanche si avvede delle cose intorno . Ambedue in quel momento non sono che la figurazione concreta di una dolorosa impossibilità . E come si è fatto per il sonno , così si dovrà fare per il divertimento , bisognerà insegnare all ' uomo a divertirsi , sarà necessario impartirgli una lunga istruzione perché egli impari nuovamente a sorridere . La strana aberrazione sarà per tanto completa ; l ' uomo avrà perduto la nozione dei suoi istinti , non saprà più fare ciò che avrebbe piacere di fare , ciò che corrisponderebbe alla sua stessa natura , mentre farà soltanto ciò che è più contrario alla sua indole , alla sua conformazione organica , alle sue inclinazioni naturali , cioè lavorare e affannarsi ; e quindi allora bisognerà insegnargli a soddisfare i suoi istinti col riposo ed il divertimento . L ' artificio penoso avendo preso il posto delle tendenze naturali , queste diverranno artifici che dovranno essere imposti con l ' educazione . Non la quaresima adunque per l ' uomo moderno , ma le nuove religioni gli imporranno con sacro obbligo e come azione devota , una stagione per il riposo e per il gioco . La quaresima sarà per l ' uomo futuro il carnevale .
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Durante un mio recente soggiorno a Venezia quello che mi ha colpito di più non è stato ciò che colà si costruisce e si compie di nuovo , ma ciò che si restaura e si vuole restaurare di antico . L ' opera di restaurazione ha assunto una estensione illimitata ; dai monumenti famosi , dai palazzi grandiosi si è diffusa ai quadri , alle statue , a ogni oggetto d ' arte e di non arte ; dagli uffici a tale uopo designati , dai tecnici esperti in tale funzione si è trasfusa in ogni individuo , ha invaso ogni studio di pittore e di architetto , ogni modesto laboratorio di decoratore , di marmista , di falegname , di verniciatore , ogni bottega di rigattiere ; è diventata una febbre , una mania universale . Si restaura in palazzo ducale e nella chiesa di San Marco , nel palazzo reale e nel palazzo Dario , si restaurano le Procuratie e la Ca ' d ' Oro , si restaura all ' Accademia di Belle Arti e nella Scuola di San Rocco , si restaura nei campi e nelle calli , e come se tanto restauro non fosse sufficiente , una commissione studia i restauri da effettuarsi nelle chiese dei Frari e di San Giovanni e Paolo , una seconda prepara i lavori per altri edifici , e così via . Un restauro tira l ' altro come le solite ciliege , anzi ne tira molti altri come la non meno solita palla di neve ; appena si pone mano a un lavoro sorge la necessità di altri lavori imprevisti ma inevitabili per terminare il primo , e appena un restauro è compiuto bisogna intraprenderne dieci altri che ne sono la conseguenza . Il proposito , lo si deve riconoscere subito , è nella maggior parte dei casi lodevolissimo , la buona fede che presiede a questi sforzi è quasi sempre integra ; vi si può insinuare talvolta un po ' di ambizione , vi può essere magari la spinta di qualche speranza di guadagno , ma i motivi predominanti sono , senza dubbio , un vivo amore per l ' avito patrimonio artistico , un nobile senso di rispetto per ciò che l ' arte ha consacrato , e una fiducia forse eccessiva nella nostra sapienza e nei nostri mezzi per ridare una vita imperitura a ciò che sta per morire . E questo anzi è strano . Mentre universalmente si ammette che l ' opera d ' arte è quella che più si avvicina all ' opera della vita e per caratteri esterni e per essenza interiore , talché il capolavoro è ritenuto il solo emulo degno di ciò che vive , viceversa allorché si tratta di restaurare si colloca l ' opera d ' arte in una categoria a sé , in una categoria d ' eccezione , sottratta a tutte le leggi della vita compresa la legge suprema e inviolabile della morte . La fatale necessità della fine pare che debba essere sospesa di fronte all ' opera d ' arte , per la quale si ritiene possibile il miracolo della resurrezione parziale e totale ; e ben inteso noi soli saremmo i dottori forniti di tale capacità miracolosa . E niuno dei nostri restauratori , sia il dotto architetto , sia l ' abile pittore , sia lo studioso degli antichi procedimenti , ha mai dubitato che l ' edificio rifatto , il quadro rinnovato , l ' oggetto rifabbricato fossero non già la continuazione rinfrescata della cosa primitiva , ma soltanto un simulacro inerte , una maschera , qualche cosa come una imagine di cera in confronto dell ' essere vivente , oppure un ' altra cosa , un altro essere con un ' anima differente ! Poiché i moderni restauratori non conoscono né le trepidazioni né le mezze misure , quando ci si mettono vanno fino in fondo , Non si limitano a qualche ritocco , a qualche pulitura , a qualche rinforzatura ; non si contentano di eliminare le cause nocive , no , meschino cómpito sarebbe questo , essi vogliono ricostituire ciò che è stato danneggiato , ritrovare ciò che si è perduto , ricostruire ciò che è stato distrutto , rifare , ricreare completamente . Ma neanche questo li appaga , non basta loro rifare e ricreare , essi vogliono far meglio , correggere gli errori dei padri , tener conto dei progressi del buon gusto e dell ' estetica . E questo è l ' assurdo . Io non nego che si possano curare i monumenti e i quadri come si curano gli organismi viventi , non nego che vi sia un ' arte medica che possa prolungare talvolta la loro vita come prolunga , in date circostanze , la vita degli uomini ; ma non si può fare più di così . La possibilità del restauratore non può superare quella del medico . Il medico può togliere una causa d ' infezione , può irrobustire l ' organismo , ma non può arrestare l ' inesorabile processo della decadenza senile , il chirurgo può evitare la morte , amputando un organo malato , ma non può rifare l ' organo . Il restauratore crede di essere un chirurgo capace non solo di sostituire l ' organo infermo con uno sano , ma con uno sano migliore di quello che c ' era prima . A operazione compiuta si avvede che l ' organo nuovo più perfezionato non si intona con tutto il rimanente e invece di pensare che la sua perfezione artificiale non è che una grossolana imitazione inanimata in confronto del corpo vivo , egli se la prende con ciò che resta di vivo . Dopo aver tagliata una gamba e dopo averla surrogata con una di legno , taglia anche l ' altra e la sostituisce col legno perché non vi siano discordanze , e dalle gambe passa poi alle braccia , a tutto il corpo , fino ad avere un completo fantoccio di legno in cambio dell ' uomo vivo . E allora esclama : Ho compiuto il prodigio della resurrezione ! Allorché tutti i restauri saranno terminati , tutti i monumenti rifabbricati e tutti i quadri ridipinti , le città e le gallerie non saranno più che un vasto museo Grevin dell ' arte dove invece dei capolavori veri , scomparsi per sempre , resteranno le riproduzioni nuove . La prova ? Andiamo a cercarla a ... Metz . La cattedrale di Metz , una magnifica chiesa di stile ogivale fiorito , è l ' edificio che in questi ultimi anni è stato restaurato con più cura , con più diligenza e con più mezzi , e naturalmente è quello che è stato più sfigurato . Nel 1877 un incendio aveva arso il tetto della cattedrale , si doveva ricostruirlo ; era naturale che il nuovo tetto dovesse essere eguale all ' antico , ma il coscienzioso restauratore , l ' architetto Tornow , rilevò che gli antichi costruttori avevano commesso imperdonabili errori di stile e di estetica , avevano fatto il tetto troppo basso e senza grazia . E giacché il fuoco aveva consumato i loro sbagli , il nuovo costruttore avveduto non doveva ripeterli , ma fare il tetto più alto secondo tutte le regole e in conformità allo stile del monumento . Il ragionamento non faceva una grinza , ma il nuovo tetto , una volta terminato , ne faceva molte , deformava tutto l ' aspetto della chiesa , invece di isveltirla la schiacciava . Chi va a pensarle tutte ? Ai fianchi della chiesa stanno due torri non molto alte , bene intonate con l ' antica tettoia bassa , ma sorpassate dalla nuova tettoia elevata ; da qui l ' impressione di pesantezza . Il restauratore non si scoraggiò per questo . Le torri sembravano diminuite ... ebbene ne rialzeremo una ; sulla torre del Capitolo erigeremo una freccia di pietra simile a quella dell ' altra torre . E il lavoro fu cominciato , ma la torre si rifiutò di sostenere il peso imprevisto e si fendette . Neanche di fronte a questa contrarietà il Tornow si perdette d ' animo . Ebbene , non si può inalzare la torre , inalzeremo la chiesa , costruiremo un pinacolo centrale , una specie di campanile sull ' incontro delle due navate come a Parigi e ad Amiens . Ed ecco come si rimette in pristino un monumento ! La cattedrale di Metz è lontana , ma la triste istoria del suo restauro potrebbe con lievi varianti essere quella del nostri monumenti . Un illustre pittore narrandomi di un restauro provvidenziale eseguito da un amico suo sopra un magnifico Tintoretto , mi diceva che il restauratore era rimasto soddisfattissimo , poiché durante l ' abbondante lavatura del quadro , un intero braccio era sparito ed egli aveva potuto ridipingerlo correggendo alcuni errori di disegno e di prospettiva commessi dal Tintoretto ! Vero che il braccio nuovo appariva mostruoso , ma era esatto ! Dopo di che siano lodati gli umili fraticelli che affumicavano i quadri con i ceri dell ' altare , siano lodati i soldati brutali e i burocratici ignari che passavano la calce sugli affreschi preziosi dei conventi e delle chiese , siano lodati gli avidi speculatori che seppellivano i ruderi augusti sotto le nuove caserme ! Meglio , meglio assai queste tombe premature per i capolavori anziché le contraffazioni degli odierni restauratori . L ' anima dei capolavori non si rinnova , come non si rinnova la vita degli organismi .
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Il nuovo chiostro - Gli effetti del verismo - L ' arte e la vita contemporanea - Alla ricerca dell ' automobile - La locomozione meccanica e gli artisti Io credo di aver oggi quello che si dice un ' idea buona e pratica , destinata a far della strada . Io ho osservato che l ' uomo è terribilmente seccato e contrariato da tutti quei meravigliosi progressi scientifici e meccanici che egli , retore impenitente , finge con tanta eloquenza di magnificare . L ' uomo in apparenza si vanta delle sue invenzioni , delle sue macchine , dei suoi apparecchi perfezionati , ostenta come titoli di nobiltà le sue locomotive , i suoi automobili , le sue dinamo , i suoi telegrafi , le sue officine , i suoi piroscafi , ma in fondo è irritatissimo di tutte queste cose che gli impongono una vita tanto dura ed estenuante . Le diavolerie meccaniche ; questa in verità è l ' ossessione dell ' uomo moderno , il quale tornerebbe tanto volentieri alla consuetudine semplice e lenta di una volta ; talché il suo più dolce sogno è forse quello di poter trovare un angolo quieto e silenzioso , un recesso isolato e lontano ove non passino né treni né automobili , ove non arrivino dispacci e giornali , ove non si senta altro rumore che quello del vento , ove sia possibile rinnovare l ' antica e tranquilla esistenza patriarcale . Passati di moda e chiusi i monasteri chi darà all ' uomo moderno , dall ' insoddisfatto desiderio di solitudine , il suo nuovo chiostro ? Io mi sento da tanto . Vi è chi per isfuggire dal tumulto e dagli urti della nostra civiltà brutale e vertiginosa si sottomette a ogni genere di privazioni e di sacrifici ; si arrampica su per le vette pericolose dei monti , si confina nei paesi più inospiti , erra per la campagna e per gli oceani o per i deserti e i ghiacci polari come un ' anima in pena , mentre il sospirato porto pare che gli sfugga dinanzi sempre . Ma questi sono tormenti inutili , poiché a tutti gli esuli volontari io posso indicare la beata riva , l ' ideale asilo , ben vicino , e a cui l ' approdo è consentito senza disturbo alcuno . Pare incredibile ma così è ; ciò che l ' uomo va a cercare a costo di mille fatiche , gli sta d ' accanto , ed è la pittura moderna che glielo offre . Si entri in un qualsiasi recinto ove siano adunate opere di pittura moderna , sia in Italia sia all ' estero , e lo scopo sarà immediatamente raggiunto ; l ' anima più desiderosa di solitudine e di pace vi troverà il suo supremo conforto . Ogni più fantastico sogno di isolamento , di esistenza romita e pura sarà trasformato in realtà . Il breve passaggio attraverso la porta sarà come il varco miracoloso attraverso il Lete e lo Stige . In quel ricovero artistico tutta la civiltà sarà obliata e scomparsa , sarà come se non fosse mai esistita , sembrerà di essere entrati in un altro mondo o di vivere in un ' altra età , senza neanche più l ' ombra di un utensile meccanico , di un palo telegrafico , di un qualsiasi segno di tutto l ' odierno meccanicismo . Con pochi metri e pochi centesimi si sarà effettuato il più straordinario dei viaggi , un viaggio al cui confronto diventano puerilità quelli del Verne , un viaggio come quello dell ' eroe del Wells sulla macchina del tempo , un viaggio cioè da un mondo ad un altro , da una civiltà ad un ' altra , dal secolo nostro ai secoli che furono . Altro che chiostro ! questo è il rifugio magico , il castello addormentato , ove la vita si svolge sempre eguale , immutabile , come veramente si svolse dalle origini fino a tutta la durata del regno del cavallo ; questo è l ' Eden sicuro e incontaminato , l ' Arcadia mite e leggiadra che ci ha apprestato la pittura moderna durante la sua irrequieta rinnovazione . Ora finalmente si capisce dove tendevano le audaci riforme degli impressionisti e a che miravano le ribellioni di tutti i veristi , di tutti gli ardenti innamorati della realtà e della vita . Come sono stati misconosciuti ! Pensare che fino a ieri erano ritenuti come i più acerrimi nemici della tradizione pittorica , come altrettanti anarchici distruttori di tutto il passato , di tutti gli schemi , di tutte le formule , di tutti i " soggetti " omai abituali e piacevoli , invasati dall ' idea fissa di portare la realtà , la natura , la vita , dalle vibrazioni di un raggio di sole o dai riflessi lividi della luce elettrica al maestoso spettacolo di energia di una stazione ferroviaria o di una officina elettrica nel quadro ! C ' è voluta proprio tutta la malignità dei critici per travisare così le loro intenzioni . La verità è che la vita moderna non è mai stata più completamente esclusa dalla rappresentazione pittorica come dopo la prevalenza del verismo e la vittoria delle nuove tendenze sull ' accademia . Io ricordo infatti la strana sensazione provata una volta passando dalla Avenue des Champs Elysées al Grand Palais ove erano raccolte le tele del Salon . Non mai due visioni più diverse e contrastanti erano state così contigue e si erano succedute a più breve distanza dinanzi ai miei occhi . Se non identità , avrebbe dovuto esservi tra l ' una e l ' altra almeno una certa somiglianza ; si trattava della vita moderna più tipica fervida e ricca e della pittura pure moderna.più libera e innovatrice eseguita in mezzo a quella vita , fiorita dentro a quel fervore ; quest ' ultima avrebbe dovuto essere una specie di specchio della prima ; ebbene , ne era invece la negazione ; nulla di ciò che stava nell ' una si rinveniva nell ' altra , nulla di ciò che si vedeva nella strada si scorgeva sulle tele . Ciò che si poteva discernere sulle tele , tranne le acconciature di qualche ritratto , apparteneva all ' oggi come a due secoli addietro , era di Parigi come della più rustica borgata alpestre , anzi più di questa che di quella . In altre parole in quelle gallerie polverose e fredde , tappezzate di quadri , Parigi era scomparsa , era scomparsa la metropoli più vivace della vita moderna , con tutte le sue folle frettolose , con tutti i suoi rapidi cortei di automobili , con tutte le sue cinture ferroviarie , con i suoi viadotti per i treni elettrici , con tutta la sua animazione meccanica ; era scomparsa bruscamente come cambia uno scenario a teatro , ed era stata sostituita da zone di pianura o di montagna deserte , da villaggi , da casolari , da stalli di pastori fra cui si aggiravano sperduti alcuni tipi parigini dal viso sgomento , come gli ultimi mascherotti all ' alba delle Ceneri . Qua e là qualche gruppo storico , qualche frammento di vita passata : una lotta di gladiatori nel circo , un episodio guerresco dei tempi di Napoleone , oppure la dimora chimerica intravista nel sogno . Che cosa può esservi di più distante dalla vita moderna di questa pittura moderna ? Vi è tra le sale di una Esposizione di pittura e una grande strada , un boulevard di Parigi , un divario maggiore che fra lo Strand ove si accentra il maggior movimento londinese e una galleria del British Museum . Testé alla Mostra di Venezia questa sensazione si è ripetuta e si è fatta più precisa . Malgrado che Venezia , per la sua struttura singolare sia la città ove tanti ordegni e tanti aspetti della vita moderna non hanno potuto entrare , sia la città che più ha resistito a quei mutamenti i quali hanno cambiato il tipo delle metropoli europee e che ha mantenuto quindi in maggior proporzione intatto il suo carattere , la sua suppellettile e le sue usanze di una volta , malgrado che per Venezia non circolino né biciclette né automobili , e la gondola secolare fiancheggi il mostruoso piroscafo e sulle spalle delle donne perduri l ' antico scialle , mentre non si scorge una sola casacca di chauffeur , malgrado ciò ; malgrado questa atmosfera immutata ab antiquo , tuttavia la pittura adunata nelle sale dell ' Esposizione resta sempre isolata e assai più differente e distante anche da questa scarsa vita moderna dei cimeli raccolti nel Museo Correr . Questo dissidio che già mi aveva colpito due anni or sono , mi è apparso ora ancor più profondo e reciso . Perché ? Perché poi aumenta invece di diminuire ? Io non sapeva da prima rendermene ragione ; i pittori dovevano pur vivere in mezzo a noi , dovevano sia pur alla lunga accorgersi dei cambiamenti avvenuti , assuefarsi alle nuove forme , accostarsi ai nostri strumenti ; eglino già rappresentavano l ' uomo e la donna non solo negli acconciamenti alla moda e negli ambienti contemporanei , ma anche nel loro spirito particolare , già riproducevano qualche veduta delle nostre nuove città , già il loro colorito sentimentale si intonava alle nostre commozioni o raffinate o eccessive , già sapevano misurare le nostre passioni ; ma tutto questo non bastava , tutto questo non avvicinava di una linea la pittura alla vita ; anzi il dissidio si è aumentato ed aumenta vieppiù fino a portarci a una separazione definitiva . L ' enigma pertanto si addensava e si imbrogliava , quando me ne ha offerto la chiave , l ' esclamazione casuale di un pittore mio conoscente . Sapendo le mie simpatie automobilistiche , mentre si chiacchierava sulle novità e sul valore della Esposizione egli interruppe d ' un tratto il suo ragionare per dirmi : Toh ! Hai visto ? Non un quadro di automobili in tutta l ' Esposizione ! Al momento , se pur riconobbi l ' esattezza della osservazione , non mi vi fermai sopra . Soltanto alcun tempo dopo , ricordandola , mi apparve d ' improvviso come il nodo della questione che mi aveva tanto preoccupato . Certo in tutta l ' Esposizione non si scorge un solo quadro che riproduca l ' automobile o fermo o in corsa , come non ve ne sono che riproducano il treno , la locomotiva , il vagone , il tranvai , niuno insomma dei tanti sistemi di locomozione meccanica ; come non se ne vedevano nelle Esposizioni passate , come non se ne trovavano nel Salon di Parigi , come , tranne forse qualche rarissima eccezione , non ne esistono in tutta la pittura moderna . Il pittore moderno , il quale per necessità o per diletto va in ferrovia , in tram , in automobile , in battello a motore e non si acconcerebbe certo a farne senza , nella sua arte ignora completamente tutti questi arnesi , si comporta come se non fossero mai esistiti e lo stesso contegno attribuisce alle cose da lui dipinte . Il pittore e il suo mondo dipinto non conoscono che la marcia a piedi e la trazione animale . Ecco ormai risolto il problema . Se la pittura moderna è tanto lontana da noi , se essa è tanto separata e diversa dalla vita moderna , così da sembrare la raffigurazione di un ' altra vita e di un altro mondo , e se una tal separazione cresce vieppiù , malgrado gli sforzi in contrario , si è unicamente per la esclusione di tutti i nostri mezzi meccanici di locomozione . Mi pare di scorgere qualche gesto di incredulità ; forse questa conclusione sembra eccessiva . Se taluno dubita pensi un po ' con me . Se in qualche cosa noi abbiamo conseguito un progresso decisivo sui nostri predecessori , se in qualche cosa noi siamo diversi , non solo per quantità o per grado , ma per qualità e sostanza dai nostri antenati , è precisamente nei mezzi di locomozione ; ogni altro progresso può essere più o meno autentico , questo è il solo indiscutibile . Ciò che ha creato una condizione di cose assolutamente nuova , ciò che ha cambiato la faccia del mondo e ha rinnovato la vita e ha spostato l ' indirizzo della civiltà , ciò che ha posto fra noi e tutto quanto ci ha preceduto una demarcazione incancellabile , che ha si può dire diviso la storia umana in due êre distintissime , e ciò che nel proprio complesso ha subìto la massima e più vasta trasformazione , ciò è costituito dai moderni sistemi di locomozione e di comunicazione . In questo campo nulla è rimasto di vecchio , tutto si è cambiato . Tutte le altre innovazioni , tutte le altre scoperte passano in seconda linea di fronte a questa della locomozione meccanica . Il mondo e il ritmo della vita conservatisi quasi uniformi dalle origini fino alla prima locomotiva hanno fatto da qui un salto enorme ; il mondo che fu sempre lo stesso fino a un secolo fa è da allora diventato un altro . Non con la scoperta della polvere , della stampa e dell ' America , ma dall ' inizio della locomozione meccanica comincia l ' età nuova . La locomozione meccanica svolta fino alla meravigliosa perfezione dell ' automobile per cui la velocità è alla portata di tutti e diventa una docile facoltà della volontà individuale , per cui ogni resistenza è tolta , ogni vincolo spezzato , per cui l ' uomo è il più rapido e quindi il più libero fra i viventi , ecco il presente e l ' avvenire , la conquista umana della terra , del mare , del cielo ! Anche il Wells ha posto come fondamento delle sue Anticipazioni , i nostri nuovi mezzi di locomozione , non solo perché costituiscono la novità più distintiva del nostro tempo , ma perché esercitano il massimo potere trasformatore su tutta la civiltà . Tolta la locomozione meccanica manca il rilievo tipico della nostra età e il mondo ricasca nella sua consuetudine antica . Ora la pittura moderna , che pur ha tenuto conto di tanti altri elementi secondari di modernità , elementi spirituali e sentimentali , ha lasciato interamente nell ' oblio questo , il più importante , quello che dà l ' impronta alla vita moderna . Ed è per questo che sebbene la pittura non disdegni i nostri abbigliamenti , i nostri caffè e i nostri teatri , le nostre passeggiate , sebbene la pittura interpreti , anche esagerando , i tratti salienti dell ' uomo e della donna moderni , sebbene nelle sale veneziane l ' Anglada ci mostri le notturne creature del lusso e della gioia , gli artificiali fiori venefici e inebrianti dei restaurants , dei music - halls , dei teatri parigini , e il Brangwin ci illustri nelle sue composizioni decorative l ' opera solenne e gigantesca dei nostri lavoratori : non arriva mai a darci la sensazione della vita moderna ed anzi se ne distacca ognor più . Essa dimentica l ' essenziale per l ' accessorio , dimentica quello che è unicamente del nostro tempo , per quello che può essere anche di altri tempi , e lo dimentica quando la sua importanza si moltiplica di giorno in giorno ; la separazione quindi tra la pittura e la vita non può che accrescersi . Io non voglio già affermare con ciò che il pittore moderno per essere tale non debba dipingere che automobili e treni , voglio dire che egli deve far loro nell ' arte quel posto che tali strumenti occupano nella vita ; allora la sua arte sarà lo specchio della vita moderna . E per dipingerli , per trovare la loro linea di bellezza , la sola che meriti di essere artisticamente raffigurata , per ottenere cioè la loro espressione artistica che è la sintesi della loro vita , egli deve conoscerli ed amarli , comprenderne le energie e i grandi destini . Altrimenti non farà che immagini goffe , simulacri inerti o disegni tecnici . Poiché purtroppo nulla vi è di più imbarazzato e puerile e di meno esatto dei nostri pittori quando si mettono a dipingere qualche brano di vita tipicamente moderno . Guai se gli storici futuri dovessero descrivere lo stato delle nostre industrie unicamente sulle rappresentazioni decorative del Puvis de Chavannes e del Brangwin , e cito i migliori . I grandi maestri del passato , i sommi artefici avvivatori del quattrocento e del cinquecento , e il puro e ingenuo Carpaccio per primo , creavano simultaneamente il capolavoro e il documento storico , fondevano la precisione con la bellezza . E non solo esprimevano così alla perfezione il loro tempo , ma traducevano in aspetti e in forme del loro tempo anche le visioni e gli spettacoli del passato , preferivano la loro lingua viva ad ogni altra , erano testimoni insospettabili e traduttori meravigliosi .
IL PRECURSORE. GIACOMO CASANOVA ( MORASSO MARIO , 1905 )
StampaPeriodica ,
Vi è qualcuno che un secolo e mezzo prima di noi ha vissuto la nostra vita febrile , è stato invaso dalla nostra inquieta agitazione , ha cercato sempre al pari di noi l ' eccesso , ha pensato con le nostre idee , ha compiuto i medesimi sforzi nostri per raggiungere la vetta ed ha sentito come noi . È Giacomo Casanova , colui che è conosciuto soltanto come il famoso avventuriero veneziano o come un Don Giovanni di facile contentatura , mentre meriterebbe di esserlo come il più grande e il più completo precursore dell ' uomo moderno . Ed è veramente strano in tanta smania di ricerche storiche come questa sua qualità tipica ed eminentissima non sia stata ancora rilevata , come in lui non si sia veduta questa evidentissima stoffa di uomo nuovo , di uomo nostro contemporaneo che egli ha affermato nettamente e indelebilmente in duplice guisa , come uomo e come artista , nella sua vita e nel racconto della sua vita , in contrasto netto con lo sfondo conservatore e tradizionale della sua città . Ma a dir vero Casanova , se è nato a Venezia , non è veneziano , la sua nascita a Venezia non è che una combinazione , egli è figlio d ' arte , e in ciò già si mostra uno dei suoi aspetti di precursore . La sua patria non è come per gli altri uomini del suo tempo una città , un borgo , una breve zona di terra , la sua patria si estende fin dove arrivano le peregrinazioni degli artisti italiani da teatro di allora ; è grande come l ' Europa , è stata materialmente Venezia come poteva esserlo qualsiasi altra capitale europea . Casanova adulto è quasi sempre in istato di guerra con la sua città natale . Fra lui e Venezia pare esistere una specie di idiosincrasia , mentre egli viceversa è essenzialmente cosmopolita . Egli si trova a suo agio a Napoli come a Parigi , a Roma come a Londra , a Aix come a Baden , a Costantinopoli come a Mosca , a Corfù come ad Amsterdam . Ha un portamento internazionale , europeo , superiore ai singoli usi locali , che va bene da per tutto , come quello della odierna alta società cosmopolita che passa l ' estate in Norvegia , l ' inverno al Cairo , la primavera a Parigi e l ' autunno nei suoi castelli e in Italia , trovandosi ovunque come in casa propria . Da Venezia il Casanova ha tratto soltanto una particolare predilezione per le forme fastose , per gli adornamenti , per gli spensierati svaghi del passato . Ma il precursore ardito e geniale si rivela subito prepotentemente in lui , allorché nella lotta per la vita si tratta di conquistarsi un posto nel mondo . Casanova è non solo quello che noi chiamiamo il self - made - man , ma il precursore , il primo dei self - made - men moderni ed inoltre egli è più volte il self - made - man di se stesso . Poiché non solo egli è stato costretto a rifarsi da capo la sua posizione a partire dal nulla per arrivare a tutto , ma questa ricostruzione egli ha operato nelle guise più diverse per differenti personalità . Egli riassume in sé tutta una schiera di arrivisti . Dovendo pur sempre prendere le mosse da zero , dal niente , noi lo vediamo già in buona situazione alla corte pontificia , poi nelle milizie venete , poi tra i patrizi più illustri di Venezia , poi ancora grande finanziere e delegato governativo a Parigi , ricco banchiere in Olanda , intraprendente industriale a Parigi , invincibile e temerario giocatore a Aix , a Milano e a Genova , frequentatore di sovrani e di nobili , gran signore nei divertimenti , viaggiatore instancabile , avventuriero astutissimo , conversatore arguto e desiderato , scrittore colto e inspirato . In ognuna di queste direzioni il Casanova ha dovuto sempre mettersi in cammino da principio . Dell ' edificio elevato precedentemente al sopraggiungere della catastrofe nulla restava , ogni volta l ' uomo precipitava al fondo e doveva rifabbricare dalle fondamenta , ed ogni volta egli arrivava alla cima . Io non so scorgere altro esempio di questo gigantesco lavoro di Sisifo , compiuto sempre con successo . Sono i primi passi quelli che costano , sono i primi quattrini i più difficili a fare , e il Casanova ad ognuna delle sue incarnazioni doveva appunto cominciare da questi durissimi preliminari . Primo dei Robinson , nell ' isola deserta e ostile in cui si trovano tutti i miserabili , tutti i naufraghi della vita , egli si è trovato in ogni periodo della sua molteplice esistenza , nella condizione peggiore di quella dei Robinson da romanzo ; sprovvisto di tutto , mancando persino degli avanzi del vascello infranto da cui trarre il primo strumento indispensabile per far gli altri , e malgrado ciò egli ha saputo sempre farsi tutto . Quei meravigliosi e tenacissimi nord - americani , che si ricompongono anche tre o quattro volte i milioni di dollari inghiottiti nelle tempeste della Borsa , sono da meno di lui , perché eglino ripercorrono sempre presso a poco la stessa strada , mentre il Casanova , come ho detto , ad ogni rovescio si avviava per un cammino nuovo e toccava un nuovo vertice . Ma egli è qualcosa di più e assai più di un iniziatore dell ' arrivismo , egli è il preannunziatore della vita moderna in tutte le sue faccie , è il primo uomo moderno . L ' ansia di novità , il desiderio di tutto vedere e di tutto provare , l ' incontentabilità nostra sono già acutissime in lui . Egli ha addirittura la frenesia di viaggiare , di correre , di passare da una sensazione all ' altra vertiginosamente , egli fa presentire le due caratteristiche dei tempi moderni : la smania dei viaggi e la cupidigia della velocità . Non si arresta mai , gira l ' Europa tre o quattro volte in tutti i sensi , non si riposa mai , se non viaggia materialmente , viaggia con il sentimento , con la fantasia , cacciandosi volontariamente nei più ardui intrighi quasi a sfogare un ardore esuberante ; nulla lo trattiene , neanche la felicità , neanche la ricchezza . A Milano e ad Amsterdam ove le due fortune gli si offrivano riunite nelle mani di due belle fanciulle , egli pure innamorato , pur consapevole della importanza della rinuncia , rifiuta e se ne va ; l ' idea di un vincolo lo esaspera anche se contesto di rose . Egli è il moto perpetuo , oggi sarebbe un esploratore , uno chauffeur avido di rapidità , al suo tempo non poteva essere che un avventuriero vagabondo , quando l ' uomo normale doveva accontentarsi dei confini dentro i quali poteva andare e tornare in un giorno con le sue gambe o quelle del suo cavallo . Ma il Casanova se fu un avventuriero riuscì ad essere per la superiorità del suo spirito il capo schiera , l ' iniziatore di quella corrente di viaggiatori , di turisti che ora girano il mondo osservando e studiando tutto ciò che presenta di bello e di importante storicamente e artisticamente . Casanova non viaggiava solo per far quattrini e per sfuggire alle polizie , viaggiava per viaggiare , per il suo diletto , per soddisfare un bisogno del suo spirito , e tutto vedeva e tutto esaminava e tutto annotava , talché le sue Memorie sono per una parte una anticipazione del Baedeker e per l ' altra un grandioso e prezioso rilievo morale , politico , economico , artistico dell ' Europa prima della Rivoluzione francese . È lo spirito moderno che freme nel Casanova , egli non è soltanto un precursore nella sua attività esteriore , ma in quella interiore , e cioè per le idee e i sentimenti . Se l ' uomo si atteggia a alchimista , a indovino , a mago , se pratica la cabbala e con madame d ' Urfé offre sacrifici alla luna e ai pianeti , se interroga l ' oroscopo prima di agire e si mostra superstizioso , egli è il primo a ridere delle sue operazioni e della sua personalità sopranaturale che egli si affibbia perché sovente non può farne a meno , per necessità di vivere , perché gli altri vogliono essere mistificati . Ma come un perfetto attore che recita impareggiabilmente la propria parte talvolta vi prende gusto anche lui e si illude col proprio artificio . Del resto quante volte egli non dice dopo che i fatti hanno dato ragione al suo oroscopo , che lo stesso sarebbe avvenuto se anche l ' oroscopo avesse preveduto il contrario ? Ma sottilmente , con una osservazione veramente moderna , egli aggiunge che la previsione dell ' oroscopo , quando si tratta di fatti soggettivi può aver fornito uno dei tanti motivi al determinarsi dell ' azione in quella data guisa anziché in un ' altra . E in ciò ha ragione . Ma il Casanova del resto , malgrado l ' educazione ecclesiastica , è un irreligioso . Crede in Dio , ma in un Dio sommamente vago , un sommo arbitro di tutti i destini , un fato superiore che egli invoca a ogni proposito , per cavarsi la fame , come per la buona piega di una avventura amorosa , per vincere un colpo di faraone come per riuscir salvo in un duello , per far sì che non si riconosca il veleno propinato a una vecchia monaca come per iscampare dai Piombi . È un Dio universale , ma che diventa anche un Dio personale , una specie di demone che lo consiglia e lo spinge nelle sue imprese . Ripugna dall ' ateismo , biasima gli scrupoli , ma vuole la religione per il popolo . La sua morale è opportunistica ed egoistica , egli è di manica estremamente larga con sé stesso e con gli altri . I suoi giudizi morali sono tanto moderni che si identificano con quelli che tanto comunemente quanto erroneamente si chiamano nietzschiani . È per lui bene tutto quello che profitta , che fa piacere senza nuocere ad altri od anche quando il nocumento altrui è inferiore al piacere proprio . Con questa norma fissa egli dirige la sua vita , con questa massima cerca di persuadere le sue belle quando gli si mostrano riluttanti in nome del dovere , e cerca di tranquillare se stesso quando spoglia con la magia e col gioco gli imbecilli . Intanto sarebbero spogliati egualmente da altri che non farebbero dei quattrini l ' uso giocondo che ne fa lui , ed egli tesse l ' elogio della prodigalità , del lusso , di tutto ciò che esprime una pienezza di vita . L ' inseguimento dei piaceri è la sola mèta che meriti tutti gli sforzi , ciò che il mondo condanna come futilità è la sola occupazione che gli sembra seria , mentre quelle che sono considerate come occupazioni serie sono le vere futilità e di una sola cosa teme invecchiando , di cambiar parere , di non ritenere cioè come le uniche cose serie le care futilità di una volta . In politica egli ha una visione doppiamente presaga per i fatti e le tendenze . In ben due punti delle sue memorie egli presente il rombo lontano della rivoluzione francese e ne intuisce il formidabile schianto , come del pari capisce la debolezza del malgoverno russo e l ' imminente tramonto dello Stato veneziano . Circa le tendenze è quasi un liberale , ma un liberale pratico , non insegue la retorica dei principii astratti , ma ricava le sue osservazioni dai singoli avvenimenti , caso per caso . Sono gli stessi favoritismi da lui ottenuti che gli porgono materia per rilevare la dilapidazione del pubblico denaro , la corruzione dei funzionari , l ' incapacità dei dirigenti . Da qui egli trae facilmente i criteri a cui dovrebbe ispirarsi un governo saggio , criteri che poi saranno quelli predicati invano dagli uomini migliori della rivoluzione . Ma il merito più grande del Casanova , il suo merito non equivoco , il suo titolo non contestabile di gloria consiste nella sua anticipazione artistica . In arte egli è un vero e grande precursore . Egli è il primo romanziere moderno , le memorie della sua vita costituiscono una collana di singoli romanzi , svolti con piena maestria , completi , interessanti e differenti l ' uno dall ' altro e formano un solo grandioso romanzo di carattere universale che ha per isfondo l ' Europa e conta migliaia di personaggi , un romanzo mirabile di ambiente , di costumi , di avventura e di psicologia . Il Casanova precorre così il vero romanzo francese in un tempo in cui il romanzo non ci presenta che due soli artisti il Laclos e il Rousseau , egli il Casanova edifica una immensa Comédie humaine 40 anni prima di Balzac . Quando le svenevolezze di Bernardin de Saint Pierre o l ' enfasi retorica degli enciclopedisti infestavano il racconto , falsavano la verità , deformavano il tipo del romanzo , il Casanova è il solo narratore , è il solo che sa raccontare con semplicità , con sobrietà , con franchezza e con interesse . Egli va diritto al suo scopo , qualche breve osservazione qualche tratto significante del paesaggio e poi la narrazione corre via con vivacità e naturalezza , il dialogo si schermisce con agilità e l ' avvenimento si trova inquadrato nettamente e chiaramente . Per un lato egli riprende la tradizione aristofanea e boccaccesca , per l ' altro precede e anche supera tutte le arditezze dei veristi . Nessuno dopo di lui ha osato dire quello che egli ha detto , nessuno ha osato mostrarsi a nudo come egli si è mostrato , spiegare con altrettanta crudezza i moventi delle proprie azioni , il meccanismo spesso inconfessabile del proprio io . Un tale ardimento non trova riscontro che in opere assolutamente diverse dalla sua , nelle terribili sfide dello Stirner e del Nietzsche . Tale è l ' uomo che non si è pentito mai e che ha cercato di goder sempre , l ' uomo che non ha commesso mai falli , perché non ha mai avuto la coscienza di commetterne che ha considerato la vita come una fonte di piacere e una avventura da raccontare piacevolmente , che ha vissuto e si è guardato attentamente a vivere , attore e spettatore simultaneo della sua esistenza . Dal neo - ellenismo degli esteti alla saggezza di Maeterlinck , il cavaliere di Seingalt aveva già discoperto le più recondite e sottili pieghe dell ' anima moderna , e anche la sua inguaribile imbecillità , impiantando per primo il gioco del lotto , nella nazione più di spirito del mondo , la Francia .
LA LINGUA DELL'AVVENIRE ( MORASSO MARIO , 1905 )
StampaPeriodica ,
Mi è capitato sotto gli occhi il menu di un banchetto esperantista , banchetto cioè in cui gli intervenuti parlano un linguaggio capito solo da loro , l ' Esperanto , ma che in avvenire dovrà essere la lingua universale perché tutti gli uomini possano intendersi . I commensali hanno incominciato dal supo , sono passati al Pleuronekto , alle Kaponinoi , si sono deliziati con un gelato di Frigusta , hanno assorbito il Kafo e si sono esilarati col Campano . Io mi figuro che soltanto per il fatto che la zuppa ha cambiato genere diventando supo , e che le pollanche hanno cambiato quasi sesso diventando Kaponinoi , queste vivande debbono aver avuto un sapore nuovo e straordinariamente squisito per i convitati . Basta assai meno per illudere quell ' allocco che si chiama uomo , anzi viro in Esperanto . Gli esperantisti poi sono uomini di una specie particolare . Si dànno certi generi di tendenze , di inclinazioni , di scopi a cui non ci si può abbandonare impunemente e di cui la presenza , meglio di un abito rosso o giallo , fa dell ' uomo una bestia a parte , non compresa nelle solite classificazioni zoologiche . Si tratta della bestia maniaca , qualche cosa che va tra il ridicolo e il seccatore , tra l ' antico tipo dell ' inventore e quello più moderno dell ' apostolo di una delle tante melensaggini umanitarie . In fondo è un essere innocuo ma guai a toccarlo nella sua mania , allora egli sente l ' obbligo di vuotarsi per intero , come un otre gonfio in cui si sia fatto un foro . Quando un individuo comincia a dar segni di una di tali predilezioni , sia quella della lingua unica , o quella del vegetarianismo , o quella della riforma dell ' ortografia o del sistema planetario , non vi è più rimedio ; il suo destino è prestabilito , egli precipiterà fino in fondo . Della sua lingua universale o del suo sistema di alimentazione farà il fine della sua vita , sarà persuaso che la salvezza dell ' universo è strettamente collegata al trionfo del suo metodo , e a poco a poco dall ' una di tali manie passerà all ' altra , ne farà un sistema completo , troverà che la lingua universale non si può scompagnare dal vegetarianismo , dalla propaganda contro l ' alcool , dalla federazione europea e dalla pace perpetua . A questo punto il male sarà irrimediabile , il processo normale sarà invertito ; non sarà più la lingua universale che deve giovare all ' uomo , ma l ' uomo che deve sacrificarsi a una qualsiasi di queste utopie o a tutte insieme . La lingua universale è uno di quei tanti germogli rachitici e tardivi rispuntati sul vecchio tronco quasi inaridito della rivoluzione francese . Essa ha il suo fondamento in quello stesso stato di spirito in cui allignarono tutte le riforme rivoluzionarie , e cioè nella credenza di poter da un momento all ' altro , con un ragionamento dottrinario e con un tratto di penna , abolire il passato e riplasmare uomo e società a seconda di un tipo astratto . Ed essa fa parte di quella regolamentazione scientifica con cui l ' uomo , infervorato dai primi successi delle scienze positive , si è illuso , parecchi anni or sono , di imbrigliare l ' avvenire . Lingua , religione , scrittura , ordinamento del calendario , costumanze festive , cose che si possono cambiare come si cambia d ' abito . Le ragioni storiche e naturali per cui si sono così costituite durante i secoli non contano , basta sapere che sono procedimenti empirici , in cui lo scienziato moderno ha scoperto un cumulo di errori , di incongruenze , di perdite di tempo , e che quindi si debbono sostituire con un nuovo ordinamento , creato di sana pianta al lume della scienza e perciò al buio dei fatti e della vita . La logica deve trionfar della natura , che diamine ! E così mentre a Parigi si radunano coloro che vogliono abolire le vecchie feste , come il Natale , la Pasqua , Ognissanti , ecc . , divenute insignificanti ed assurde per surrogarvi le feste umane e scientifiche della famiglia , del lavoro , del ricordo , della generazione , a Boulogne - sur - mer si sono riuniti quelli che ai nostri antiquati idiomi , pieni di complicazioni , di irregolarità , di lungaggini e di difficoltà inutili vogliono surrogare la lingua universale , una lingua creata di sana pianta da un medico , una lingua quindi perfettamente scientifica . La balordaggine della sostituzione è evidente . Si vuole abolire un prodotto naturale come la lingua , formatosi esclusivamente sotto l ' influsso delle necessità cui doveva soddisfare e poi continuamente aggiustato , tornito , manipolato dall ' uso , sempre per corrispondere meglio a queste necessità delle quali l ' uomo è quasi l ' inconsapevole strumento , per mettere al suo posto un pasticcio stridente e ripugnante costruito da un tale in relazione a una data teoria astratta . Al prodotto della necessità istessa che si è proprio direttamente creata il suo strumento e della quale l ' uomo non è stato che l ' esecutore si nega la praticità per riconoscerla alla costruzione puramente cervellotica di un uomo solo ? Del resto questa costruzione si condanna da sé . Come non poteva essere altrimenti questa lingua inventata , sia il Volapuck passato già di moda , sia l ' Esperanto un po ' più recente , sta alle lingue naturali , come un burattino sta a un uomo , come un fiore di lana sta a un fiore fresco . Questa lingua inventata è peggio di qualsiasi povero dialetto barbarico , è una ignobile parodia dei linguaggi parlati , è un informe ammasso di consonanti aspre , di suoni rauchi e di parole degradate . Per voler semplificare artificialmente , per voler togliere le difficoltà ortografiche e grammaticali rispondenti a necessità psicologiche , non si è fatto che avvilire , mortificare e spogliare i vocaboli e le locuzioni dei vari idiomi , adunando tutto un miserevole insieme di tronconi ispidi , di frammenti mutilati , di esseri spelati che muovono a compassione e ribrezzo . Questa lingua dell ' avvenire , questo ignobile gergo , ove il k , l ' j e l ' u sono le lettere predominanti , ove non si incontrano che gruppi di sk , di kr , di tk o di kt , ove ascoltiamo guaiti , latrati , miagolii come questi malgrandan , maldikulon , famekonitaj , forflugis , samspecai , kreskas , kvindek , kvankam , ove per dire : " Io era di quelli che lo hanno ricevuto alla stazione del Nord " , si bestemmia : " Mi estis unu el tiuj kiuj antauiris linje la Norda Stacidomo " , questo gergo peggiore di quello dei carcerati deve essere la favella dei nostri figli , la favella che la nostra scienza lascia loro in eredità per ripudiare l ' eredità della natura ? Ah no , no davvero ! Salvo che l ' uomo non sia in uno stato di ubriachezza permanente o non abbia la paralisi fin dalla nascita questa non sarà certo la sua lingua futura . La lingua dell ' avvenire non differirà gran che dalla lingua del presente , come questa è la continuazione della lingua del passato . La pluralità linguistica che risale fino ai più remoti confini della storia non cesserà nel futuro , non vi è ragione alcuna perché l ' ossatura del linguaggio , perdurata attraverso i millenni , cambi improvvisamente oggi o da qui a qualche diecina di anni . Il bisogno di intendersi fra gli uomini parlanti diverse favelle sussisteva in passato come esiste oggi , e forse era più forte in passato che non nell ' oggi , data la maggior facilità odierna per l ' uomo di apprendere altre lingue oltre la propria . Non si dà oggi quasi persona colta o che ne abbia di bisogno la quale non conosca quelle tre o quattro lingue con cui può farsi capire in tutto il mondo , mentre anticamente era un ' impresa assai ardua e che richiedeva mezzi ingenti o combinazioni speciali quella di imparare una lingua straniera . D ' altro canto come nell ' antichità classica con due sole lingue , la greca e la latina , che erano le lingue dei dominatori , si provvedeva a tutte le evenienze internazionali , così adesso con tre - francese , inglese e tedesco - si può far lo stesso . Ora vi sono più numerosi bisogni di comunicazione , che debbono anche soddisfarsi molto più rapidamente , e questo è vero , ma non è affatto vero che l ' uomo abbia tutto a sacrificare a questa ansia di rapidità come un affamato che non può concedersi alcuna distrazione , poiché il tempo disponibile neanche gli basta alla conquista del cibo . Sono le civiltà iniziali che richiedono la massima rapidità e in cui tutto deve essere consacrato a un fine immediatamente utile ; i popoli moderni si sono trovati e si trovano ancora in parte in questa fase , avendo dovuto crearsi , al pari dei singoli individui , una nuova fortuna e tutti i mezzi per ottenerla nel nuovo ambiente industriale , una volta che gli antichi privilegi , le antiche posizioni non erano più riconosciuti . Da qui la smania di rapidità da cui è stata invasa l ' età moderna ; ma adesso i primi gradini son già saliti , tutto il nuovo corredo occorrente alle trasformate attività sociali è quasi compiuto , molte fortune sono già fatte , molte posizioni eminenti sono state riconquistate , non vi è più necessità di affannarsi tanto . Infatti , se nelle industrie , se nella locomozione si continua a ricercare la velocità , nella vita questa spinta si è già rallentata . La ricchezza conseguita non solo elimina il bisogno di rapidità , ma anzi ricomincia a far prediligere delle forme di perditempo , di indugio per la ricerca di effetti di eleganza o di bellezza più o meno bene intesa . L ' industriale yankee adotterà una macchina per abbreviare di qualche secondo il tempo necessario a scavare i denti di un ingranaggio , adopererà la stenografia e la macchina da scrivere per la sua corrispondenza commerciale , ma trascorrerà poi due mesi in ozio a bordo del suo yacht , e per scrivere una lettera ad una signora dell ' aristocrazia impiegherà tanto tempo quanto gli basterebbe a scrivere a mano tutta la sua corrispondenza commerciale , unicamente per dare alla sua calligrafia un aspetto eccentrico , nobile , artistico . Il progredire della civiltà , sia pure civiltà mercantile , implicando aumento di ricchezza e di lusso , non solo non porterà all ' uso di alcune di queste brutte e artificiose semplificazioni della lingua e della scrittura , ma anzi produrrà una maggior ricercatezza , una maggior complicazione e varietà sia nella scrittura , sia nella lingua . Come aumenterà il lusso materiale , talché , e già lo si scorge , invece di una specie di bassa uniforme comune a tutti , pronosticata da qualche visionario sarto socialista , si avranno abiti e vesti sempre più sfarzosi , sempre più adornati e diversi gli uni dagli altri , così si accrescerà anche il lusso spirituale ; l ' uomo terrà sempre più a dimostrare un favellare fiorito , magari complicato e prezioso , che lo distingua dagli altri , per la vanità di apparire originale , raffinato e bene informato delle mode . E la moda sarà sempre più mutevole e capricciosa . Quindi non solo non si adotterà alcuno di questi corrotti gerghi convenzionali , ma anzi nulla sarà più detestato , come di pessimo gusto , di queste misure livellatrici ed egualitarie ; salvo il caso che la moda , in qualche suo pervertimento momentaneo , ritrovando in taluno di essi tanta assurdità e tanta contorsione quanta non le sarebbe dato di rinvenire in alcuna lingua vivente , non gli accordi una voga fittizia , come quella della crinolina . Nell ' avvenire si avrà bensì una specie di linguaggio industriale unico , ma sarà un linguaggio esclusivamente tecnico , da paragonarsi a quello delle formule matematiche ; si avrà pure una lingua più diffusa delle altre , più importante delle altre e sarà quella del popolo che la imporrà con la forza delle sue armi e delle sue macchine , e sarà la lingua inglese o la lingua tedesca , da paragonarsi alla lingua latina nel mondo antico ; e si avrà infine l ' identica varietà delle lingue inferiori , lentamente modificate dalla moda e da altri fattori sociali . In questo grande gioco di forze non vi è posto né per l ' Esperanto , né per alcun altro di questi contraffatti mostriciattoli sorti dalla aberrazione umana .
QUELLO CHE SUCCEDE A VENEZIA ( MORASSO MARIO , 1905 )
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Io credo che non vi sia città la quale si trovi nelle condizioni di Venezia . È tale la stranezza di ciò che avviene nell ' incantevole reggia , sollevata dal sogno di un nume sul mare , da turbare anche il discernimento del più lucido ed acuto osservatore . Gli occhi vigili di tutto il mondo sembrano continuamente appuntati su Venezia , a guardia della sua immunità e inviolabilità . Se si osa smuovere una pietra , se si ardisce di proporre qualche innovazione , si levano lagni proteste divieti da tutte le terre , da tutte le classi di persone , tanto che Venezia non pare più degli Italiani e neppure dei Veneziani , ma uno di quegli Stati incapaci di governarsi da sé e per i quali le varie potenze costituiscono una specie di consiglio internazionale di tutela , come l ' isola di Creta . Tutto il mondo interviene nelle faccende di Venezia ; ognuno che sgorbia una tela o sciupa del marmo , ognuno che sa tenere una penna in mano , ognuno che si è procurato il lusso di visitare Venezia o ne ha soltanto sentito parlare , si attribuisce il diritto di trattare gli affari di Venezia come suoi affari personali . Tutti poi , a conferma delle squisite doti di sensibilità , di raffinatezza , di gusto artistico , dei loro spiriti , si credono investiti della missione di difendere Venezia contro i supposti vandali che ne insidiano perennemente la divina bellezza . Tanta universale premura è toccante ma non è sempre divertente . A Venezia poi non si intende che discutere di arte , se ne parla sempre , la si mette avanti in ogni caso , non ci si preoccupa che dell ' arte e della bellezza ; è in nome dell ' arte che si propugnano e si condannano tutte le iniziative . La si nomina tanto e gli echi rispondono da tutte le parti del mondo , la si fa intervenire in tutte le faccende peggio della politica con tanta insistenza , se ne fa un tale abuso dell ' arte che a Venezia si direbbe essere tutto subordinato all ' arte , industria , comodità , ricchezza , igiene , tutto . L ' arte è su tutte le bocche , l ' arte è invocata a ogni istante , l ' arte è la norma suprema di Venezia , la bellezza vi primeggia su ogni altro scopo . Si vive adunque solo di arte a Venezia ! In questa terra privilegiata ogni cura volgare è adunque abolita , ogni misera competizione sul genere di quelle che affliggono gli altri comuni d ' Italia è qui scomparsa . Come una volta in Atene e a Firenze le uniche gare fra i cittadini sono rivolte al conseguimento della bellezza . Oh la più felice fra tutte le città ! Sembrerebbe infatti che dati tanti amorevoli ed alacri difensori , dato l ' assoluto predominio acquistatovi dall ' arte , Venezia dovesse essere più di qualsiasi altra città , sicuramente al riparo da ogni manomissione , da ogni tormento degli uomini e del tempo , dovesse essere gelosamente conservata e custodita contro ogni offesa . Sembrerebbe che a Venezia nulla si facesse se non ispirato da puri criteri d ' arte , che l ' arte vi si respirasse con l ' aria , che ciò che altrove è opera utilitaria dell ' industria e del commercio si trasformasse a Venezia in opera di bellezza . Sembrerebbe che Venezia , patria esclusiva dell ' arte , fosse l ' asilo immune da tutte le brutture , da tutte le profanazioni che altrove si commettono per avidità di guadagno , per le necessità della vita moderna . Sembrerebbe infine che a Venezia non potesse aver diritto di entrata se non ciò che è bello ed artistico e che fosse inesorabilmente respinto anche ogni più utile trovata del progresso se in contrasto con questo rigoroso programma di bellezza . E così si dice e si crede e le apparenze sono tali che tutti ne sono persuasi . L ' assordante coro che predica e decide in nome dell ' arte non lascia più intendere altra voce . Il culto della bellezza sembra spinto a tal segno da essere non solo creduto sincero , ma ritenuto tirannico fanatico e come tale molesto e irritante . Per poco io non sono stato addirittura aggredito da un pacifico negoziante il quale proprio in me , soltanto perché son solito scrivere di arte e perché in quel momento non trovavo troppo opportuna l ' idea di un grande banchetto pro Calabria in Piazza San Marco , era persuaso di scorgere uno dei tanti maniaci esteti , sistematici oppositori di ogni libera attività veneziana . - Ma non si potrà infine far più nulla in questa città , egli gridava brandendo la forchetta come un ' arme minacciosa , non si potrà più muovere un dito senza il consenso degli artisti i quali viceversa nulla fanno per la città ? Dovremo morir di fame , dovremo far di Venezia l ' ultima città del mondo in omaggio all ' arte ? Non si può più toccare un sasso , non si può suggerire un mutamento senza sentirsi gridare la croce addosso , come se tutto fosse sacro e intangibile ! - No , egregio signore , ella può serbare tutta la sua calma . Se a parole pare che le cose stiano così , in pratica , ella lo sa meglio di me , è tutto differente . È proprio Venezia , dove più si parla di arte fino a stancare , la città dove meno è tenuta in conto ; è proprio Venezia la città lasciata maggiormente in balìa del primo guastatore venuto , soltanto che si presenti in nome dell ' industria , e dove più impunemente si possa demolire e deturpare . Mentre , declamando retoricamente per l ' arte , si proibiscono e si arrestano le intraprese veramente utili , davanti alle quali anche l ' arte potrebbe sopportare qualche sacrificio ; per trascuraggine , per indifferenza , per gretteria , si distrugge , si mutila , si rovina senza necessità . Mentre per favorire il forestiero visitatore dei monumenti e delle bellezze veneziane sembra quasi che Venezia rinunci alla sua fierezza , alla sua dignità e al suo sviluppo , in realtà non concede al forestiero neanche quella elementare assistenza che egli ormai è abituato a trovare dovunque . Citerò rapidamente alcuni esempi . Non si voleva il ponte tra Venezia e la terra ferma ; soltanto per averlo proposto si è scatenata una tempesta ; sembrava che una minaccia esiziale fosse sospesa su Venezia , sulla sua incolumità , sulla sua poesia , sulla sua dolce laguna . Ebbene di ponti se ne son fatti due fra l ' acquiescenza di tutti , poiché tali si possono qualificare le condutture dell ' energia elettrica , costruite in laguna con una siffatta abbondanza di fondazioni in muratura e di torri metalliche come non sarebbe stata necessaria per fare un ponte effettivo . A Parigi città eminentemente moderna e industriale è vietato , soltanto per ragioni estetiche , di tendere fili metallici sulle strade ; talché persino i trams elettrici non possono avere conduttura aerea , ma debbono attingere l ' elettricità da un cavo sotterraneo ; a Venezia , ove questo divieto sarebbe stato indispensabile , non solo per l ' estetica ma per la conservazione , data la vetustà fragile degli edifizi , si intrecciano in aria ogni sorta di cavi e di cordoni metallici . All ' antica rete telegrafica e telefonica si è aggiunta quella nuova per la distribuzione dell ' energia elettrica e si è proceduto senza riguardo alcuno , come se si trattasse di una stazione ferroviaria . Ora poi si stanno collocando nuovi cavi telefonici , grossi come gomene di piroscafi , tanto che ognuno contiene cento fili ; ed ho veduto io tenderli ed agganciarli su sostegni di ferro infissi negli angoli marmorei dei palazzi del quattrocento . Pensate all ' effetto disastroso delle vibrazioni , di quel lungo e pesante cordone sospeso , trasmesse dal sostegno metallico all ' angolo su cui poggia ! Ma neanche nella più industriale e barbara città americana si procederebbe in tal guisa ! L ' incuria e l ' abbandono in cui giacciono i monumenti affidati adesso a maggior numero di commissioni vigilanti che non siano i visitatori , sono indescrivibili . A persuadersene basta far una corsa ai Frari , al chiostro dell ' Abbazia , alla desolata e sconciata chiesa di S . Gregorio . Circa i forestieri mi limito a dire che a una certa ora della sera e durante tutta la notte , quando appunto arrivano alcuni fra i treni più frequentati dai forestieri , come il treno di Milano delle 4.25 , proprio alla stazione non esiste più vigilanza di sorta . Ogni segno di ordine civile , di potestà pubblica è abolito ; non esistono più né leggi né guardie ; la sola legge è l ' arbitrio dei facchini e dei gondolieri che assalgono e insultano i forestieri e si rifiutano con male parole di prestare servizio al forestiero che ha la disgrazia di non andare a uno degli hôtels più di lusso . Guai a lui se ha la pretesa di alloggiare in un albergo di secondo ordine o in una casa privata ! È trattato peggio di un cane . La verità è che se tutti discutono a strillano , e mostrano di sdegnarsi o di cadere in deliquio soltanto se una foglia si muove a Venezia , facendo dell ' arte la più asfissiante delle oppressioni , niuno è sincero ; si tratta di gente che si arrampica su Venezia , che sfrutta davvero Venezia , per farsi notare con poca fatica . Niuno se ne occupa sul serio quando dalla pubblicità di un articolo o di un discorso si deve passare al lavoro vero e raccolto : i difensori allora si dileguano , si lascia fare ogni cosa come su terra da saccheggio . Venezia mi ha lasciato una profonda impressione di tristezza proprio in questi giorni in cui si teneva fra le sue mura il supremo concilio dell ' arte , in cui tutti i suoi immancabili brevettati difensori erano accorsi al suo invito . Non mi è mai sembrata più abbandonata .
LA MIA COMPAGNA ( MORASSO MARIO , 1905 )
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Bisogna vederla quando io la invito a una gita sul mio minuscolo automobile ove a stento posso trovare un posticino e non molto comodo per lei ! La gioia entra in lei e la anima come la brezza nella vela . Il suo volto si increspa di sorriso , i suoi occhioni azzurri si rischiarano e brillano , le sue manine paffute battono l ' una contro . l ' altra giocondamente . Non fa tardare mai il consentimento , non è mai di mala voglia , non ha mai alcuno di quelli impicci femminili che capitano espressamente per mandare a monte i divertimenti meglio improvvisati . È sempre pronta e felice . Non c ' è mai pericolo che l ' invito la contrarii . La sua gioia si muta poi in fervore . Ella si veste , si appresta in due minuti , provvede a tutto ciò che le occorre , nulla dimentica . Anzi ricorda a me le cose necessarie ; va lei alla ricerca degli strumenti che possono abbisognare alla nostra macchina . Pensa alla chiave inglese e all ' oleatore , si mette in tasca del filo di ferro , delle pezze di gomma per medicare le ferite dei pneumatici , mi domanda se ho preso la manopola e la spina per il contatto elettrico , e fila giù per le scale prima ancora che io mi sia calcato sulle orecchie il berretto . Nel portico di casa ella entra in funzioni . Si tratta di estrarre il nostro sbuffante veicolo dalla sua cella . Ella non si rifiuta alla fatica ! Eccola affaccendata a tirare una ruota perché la macchina possa svoltare dall ' andito , e poi afferrata all ' asse posteriore per trattenerla nella scesa dei due gradini che ci separano dalla strada . Siamo quasi al punto ; ella ispeziona un istante il motore , toglie via un po ' di fango disseccato dal lucido recipiente della benzina , dà due o tre colpetti al galleggiante del carburatore , come ha veduto fare da me , per assicurarsi che la benzina è arrivata , un ultimo sguardo a tutto l ' insieme e ... in sella . - È bella è , la nostra quaranta cavalli ! ella esclama con un sorrisetto di orgoglio . Non occorre che io dica che il modesto ruotabile che viene pomposamente gratificato di una cifra così ingente di cavalli , non arriva a quattro . Ma il mio camerata in gonnella è ottimista e poi sente l ' amor proprio del proprietario , così da moltiplicare per dieci la forza del motore . Io mi arrampico per primo , mi accomodo in sella , dispongo le manette del gaz e della accensione per la partenza e poi l ' aiuto a salire . L ' impresa non è facile , sempre per la ristrettezza del posto . L ' afferro sotto le braccia la sollevo , ella sgambetta in aria , finché si appoggia più che non si sieda , su un mio ginocchio , punta i piedi sulla forcella della ruota davanti , si calca il berretto sugli occhi facendo sporgere ben innanzi la visiera , si accomoda i grossi occhiali sul nasino , e quando è convinta che la sua tenuta da chauffeuse è perfetta domanda : Andiamo ? Posso mettere il contatto ? - Via ! rispondo . Gravemente ella gira la manopola , compresa del miracolo animatorio che sta per compiersi , mentre con l ' altra mano si trattiene , aggrappandosi , al mio braccio . Siamo in un momento critico . Il demarrage della macchina non è tra i più facili , io debbo prima che il motore si avvii dare due o tre colpi di pedale . Per questo movimento un po ' brusco ella che non aveva altro sostegno che il mio ginocchio destro , si trova improvvisamente sbalzata su e giù alternativamente come se navigasse su un cattivo battello attraverso la Manica , durante una raffica . Ma neanche questo sballottamento la mette di cattivo umore , tutto al più le sue dita si contraggono più strettamente sul mio braccio per conservare l ' equilibrio . Per fortuna la raffica dura poco , il motore inizia la serie confortante dei suoi scoppi regolari che diventano sempre più frequenti come gli spari di molti fucili a ripetizione . Quello strepitio ritmico che fa voltare i passanti con un viso arcigno giunge alle nostre orecchie dolce come una musica . Non arriviamo come quel tale chauffeur maniaco a preferirlo a un motivo del Parsifal , tuttavia in quell ' istante ci riempie di contentezza . È il segnale che tutto va bene . E non è poco ! Veramente io mi sono affrettato troppo a rallegrarmi , poiché a cento metri da casa , proprio mentre ci si presenta un ' ardua salita sento che il motore cala e crepita più sordamente . Capisco che nella precedente agitazione delle sue gonne si deve essere spostata la manetta del gaz , forse si è quasi chiusa . Ma io non la vedo . E muovere le braccia è pericoloso poiché ella vi si appoggia . D ' altra parte non c ' è da esitare . - Stai attenta , debbo regolare l ' ammissione del gaz ! Ella ha capito , lascia andar le braccia , si afferra al manubrio . Io corro alla ricerca della manetta ribelle , la apro , si riparte a grande velocità . La salita è superata , siamo in cima , ella si rivolge , nel suo viso scintilla la soddisfazione della vittoria . - Hai visto , ella dice , come va bene ? Corre è ? È forte ! Non ha neanche sentito la salita . Come è bravo , poverino . E nella sua effusione ella parla alla macchina come ad un vecchio ( e non ha torto ) e fidato amico : " Caro , mi piaci tanto tanto ! " E così dicendo carezza con la mano il manubrio . La mossa è stata un po ' azzardata , ha cambiato le nostre condizioni di stabilità . Sento la mia compagna che scivola giù pian piano dal ginocchio . Decisamente la nostra vettura non è fatta per due . Ella però sta in guardia e , da svelto acrobata , puntellandosi con braccia e mani al manubrio come i ginnasti quando girano attorno alla sbarra si ricolloca ridendo su quell ' incerto sedile che è il mio ginocchio indolenzito . Ora si marcia , siamo usciti dalla città , davanti a noi si apre una lunga strada diritta , fiancheggiata da grandi platani . Sembra di camminare in un bel viale . Non ci sono né bestie né uomini in vista . Posso affidare una parte della manovra alla mia compagna che ne freme di voglia . Già si è voltata parecchie volte per mostrarmi il suo visetto desideroso e i suoi occhi interrogativi . Ella palpita di aspettazione . Niuna cosa le potrebbe fare maggior piacere del consentimento che io sto per darle . - Vuoi guidar tu ? io le chieggo . Non ho ancora finita la domanda che ella mi risponde con tre sì uno più giulivo dell ' altro . - Stai attenta al contatto , io l ' avverto . Se vuoi fermare non hai che da voltarla in dentro . Ma ella lo sa e questa volta mi risponde un sì quasi indispettito , mentre si impadronisce del manubrio che le sue manine di fata non riescono neppure a stringere interamente . Per ogni buon fine io rallento un po ' l ' andatura , ma ella vuol correre , e mi incita : Via , via ! Metto un po ' di avance , la corsa si accelera . Via , via ! ella ripete . Ed ella è veramente bellissima così infervorata dalla ebbrezza della corsa . Dà gioia a vederla . Ma ancora più ammirevole è la sua posa , è l ' intensità della sua attenzione . Pare un corridore su un formidabile arnese di velocità . Il corpo è incurvato sulle braccia fissate alle estremità del manubrio , il capo col berretto calato sotto le orecchie e con gli occhiali che lo ricoprono per metà è tutto proteso in avanti con un gesto risoluto e scrutatore . Ella vibra all ' unisono con la macchina , le due vite si fondono in una . Io non la ho mai veduta così assorta , io son sicuro che non passa in lei una sola sensazione estranea al suo atto . Ha posto tutta sé stessa in quella funzione , come se compisse qualche cosa di solenne , di decisivo , qualche cosa che la innalza ad una altezza sconosciuta . Il mondo , io compreso , è scomparso per lei . E per richiamarla a me e alla realtà medito un piccolo tranello . Senza che però ella mi sproni , aumento io la velocità , metto progressivamente più avance . Come un sensibile puledro la macchina sente la spinta , il suo galoppo si fa più rapido , lo strepito del motore si è convertito in un ronzio . Si vola . Naturalmente i miei piedi sono sul freno e una mia mano di nascosto tiene il manubrio . Ah ecco che essa si volta , nulla dice , si rivolta ancora , non vorrebbe farlo parere . Non ride più , il suo suddito è diventato ora più forte di lei . Ella ne ha la coscienza vaga e nel suo voltarsi verso di me vi è come la richiesta di un supplemento di autorità . Finalmente si decide : Non ti pare che vada troppo presto ? E con la manina fa compiere un mezzo giro alla manopola e toglie l ' accensione . Il piccolo gesto le ha ridato tutta la fiducia , le ha mostrato tutta la sua potenza , poiché è stato sufficiente a tagliare il tendine del mostro dianzi indomabile . E sotto gli occhiali che le nascondono mezzo viso scorgo i suoi occhi lampeggiare di fierezza , come prima stavano per inumidirsi di lacrime . Mi avvedo ora che mi sono dimenticato di presentarvi la mia incomparabile compagna . Riparo alla dimenticanza . Ha cinque anni . È mia figlia .
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Dalla costante fisiologica posta dal Quinton nel suo studio L ' eau de mer milieu organique , Remy de Gourmont , negli ultimi fascicoli del Mercure de France , tenta di ricavare una specie di costante intellettuale da servire come premessa alla storia della civilizzazione . Le belle ricerche del Quinton sono ormai note : esse tendono a stabilire che la cellula organica è immersa in un ambiente che si mantiene tuttora eguale a quello marino primitivo , in cui la cellula stessa ha preso origine . Mutate le condizioni esterne è l ' organismo vivente più evoluto che artificialmente crea le condizioni per conservare in se stesso l ' identità con l ' ambiente che lo ha visto nascere . L ' organismo atto a progredire non si adatta alle trasformazioni , si ribella , reagisce , vuol restare integro , e migliora se medesimo per far fronte al peggioramento delle circostanze . Il De Gourmont , non a torto , ritiene questo principio della permanenza ( constance ) dell ' ambiente organico , suscettibile di vaste applicazioni anche nel campo morale , e ne illustra brillantemente una egli stesso , concludendo alla permanenza di uno stesso livello di capacità psichica umana attraverso le varie età storiche , col mostrare la quasi identità delle manifestazioni intellettuali dell ' uomo dai secoli più remoti fino ad oggi . A tale scopo osserva che l ' uomo odierno non è intellettualmente diverso dal suo lontano progenitore . La più grande fra le moderne scoperte non differisce , come quantità e qualità di energia psichica atta a produrla , dalle più antiche . Il che prova che l ' uomo è sempre stato ed è un animale inventivo , un animale di genio , che il genio è una facoltà primordiale pressoché invariabile . Le prodigiose scoperte e invenzioni meccaniche dell ' oggi riallacciano l ' uomo contemporaneo all ' uomo del bronzo e della pietra ; l ' invenzione della stampa corrisponde a quella della scrittura , sembra l ' opera della stessa persona rediviva . La costanza del genio inventivo è nettamente raffigurata da cinque o sei grandi fatti preistorici , storici , contemporanei equivalenti . L ' idea di decadenza deve quindi essere esclusa , la linea della civiltà è una linea ondulata di cui le sommità sono quasi eguali , come sono eguali gli avvallamenti . Il progresso è una semplice addizione di resultati , di effetti , non una mèta prestabilita , non uno scopo insito nello spirito , nelle cause e nel meccanismo della vita , questo è sempre identico a se stesso . Il De Gourmont , oltre a quelli da me riferiti , cita altri esempi in sostegno del suo asserto , tratti dall ' astronomia e dalla poesia , e sfiora incidentalmente talune importanti questioni , come quella della formazione del linguaggio , che egli chiama un fatto meramente naturale e non una invenzione umana , e come quella sulla natura del genio , che , a suo avviso , è un fatto primitivo , precedente , per così dire , all ' intelligenza , è una forma di intelligenza rimasta invariabile , che si manifesta sporadicamente e sempre eguale a se medesima . A talune di queste idee io vorrei apporre qualche nota in margine , sia a conferma sia come obiezione . Là dove ci si offre la prova della costanza del genio poetico si dice : " La poésie a évolué , comme évoluait la sensibilité , base des moeurs , mais le genie poétique , par exemple , d ' Homère à Victor Hugo , est demeuré fixe : ni progrès ni déchéance ; constance absolue " . Tanto che il De Gourmont è inclinato a pensare che un tal genio non abbia alcun rapporto ben definito con la civilizzazione . Non sorge desso dal bel mezzo della barbarie proto ellenica ? Allo stesso modo non poté sorgere dal seno di una barbarie ancor più rude , nell ' ambiente megalitico , in quello maddaleniano ? Ecco qui delle espressioni che mi suonano male . Fra tante affermazioni di identità , di permanenza , di costanza , questa barbarie protoellenica mi fa l ' effetto di una grossolana stonatura . Forse il De Gourmont crede ancora a tutte quelle geometriche ricorrenze e correlatività di fasi e di stadi stabilite dai primi neofiti dell ' evoluzionismo secondo i quali , con esatta corrispondenza , noi possiamo scorgere , attraverso la distesa dei popoli storici , una scala di tipi eguale a quella in cui si dispongono le popolazioni odierne giusta il loro grado di civiltà ? Crede ancora che la serie che va dal civilissimo anglo - sassone al selvaggio papuasico trovi il suo preciso riscontro nella serie che va dall ' inglese contemporaneo al primo egiziano o cinese , o assiro , o ittita apparso all ' orizzonte della storia ? Crede che veramente la Grecia omerica corrisponda allo stato barbarico dei Galla , come Roma repubblicana a un villaggio di pellirosse , come l ' Europa feudale all ' Abissinia di Menelik ? Non lo posso ammettere . Egli però cade nel pregiudizio comune , contrario del resto alla sua stessa tesi : che la odierna gerarchia dei popoli determinata dal grado di civiltà fosse diversa nell ' antichità , nel senso che lo stato degli odierni selvaggi , di quelli che noi chiamiamo barbari , fosse in antico uno stato normale e generale . Barbari sarebbero stati i Greci omerici , barbari gli Egiziani di Ramses , barbari gli assiri del palazzo di Korsabad , barbari i romani di Cesare , barbari in mezzo agli altri barbari poco dissimili . Il salto attuale di civiltà fra noi civilizzati e i selvaggi sarebbe adunque mancato allora , salvo che i selvaggi di allora fossero ancora più selvaggi in proporzione , e cioè vere scimmie nella selva , visto che si dice esservi maggior distanza fra un civile europeo e un ottentotto che fra un ottentotto e uno chimpanzé . Ma ciò è in contraddizione con tutta la storia . Le popolazioni selvagge , per tutte le notizie che noi ne abbiamo , erano prima quelle che sono ora , sono rimaste immutate . Il che fra l ' altro è una seria garanzia per dire che analogamente le popolazioni segnate nella storia , come le memorabili depositarie e portatrici della civiltà , debbono sostanzialmente essere perdurate eguali almeno come attitudine , come qualità , come valore , come capacità potenziale . Il salto di civiltà né si è accresciuto né è diminuito ; la stessa distanza irreduttibile era fra un greco dei tempi d ' Omero e i barbari di allora , malgrado la rozza civiltà omerica , come è fra un europeo civile e i barbari odierni . Le popolazioni che a turno hanno occupato il punto più in vista della storia e hanno salito le vette della civiltà , costituiscono una élite , un filone che è sempre stato nettamente isolato e distinto come è oggi , in mezzo al torrente dell ' umanità . Per questo filone non si può parlare di barbarie e di civiltà , di passaggio dall ' una all ' altra . Esso è sempre stato il rappresentante della civiltà , la civiltà stessa , come il rimanente del genere umano è sempre stato la barbarie . Il fatto sorprendente pertanto di un Omero che scaturisce completo da un ambiente di barbarie , fatto che poteva dar adito alle ipotesi più meravigliose e audaci sulla primordialità del genio poetico , così da supporre una Iliade o una Divina Commedia nel primo barlume di intelligenza umana , non sussiste . Omero non sorge affatto nella barbarie , come non vi sorgono né Dante , né Shakespeare , come non vi è sorto mai alcun grande poeta , e le popolazioni selvagge pure antiche non ne hanno infatti alcuno . Omero sorge nel filone incaricato della civiltà , sorge anzi come Dante e Shakespeare in quel punto del filone che sta determinando nella linea ondulata della civiltà una delle più alte ondulazioni , è un messaggero , un araldo , un presagio dell ' ascesa . Omero sorge in un ambiente tanto civile in mezzo alla sua Grecia primitiva , quanto Victor Hugo nella Francia moderna . Perché l ' esempio avesse valore dimostrativo , giusta lo scopo del De Gourmont , non una delle sette città dell ' Ellade , ma qualche ignoto abituro della barbara Scizia o delle spiagge libiche o dell ' avida Etiopia avrebbe dovuto dare i natali al cantore di Achille . Su questa permanenza quindi non mi sembra che ci sia da contare . Ma per una permanenza incerta che sparisce , ne appare una certissima e ben altrimenti importante con la mia osservazione . La permanenza cioè di questa magnifica corrente umana , che dai primordi fino ad oggi attraversa l ' oceano grigio della umanità , senza confondervisi , senza mescolarvisi o smarrirsi , eguale a se stessa , semenzaio del genio , organo della civiltà .
LA NUMISMATICA IN CIRCOLAZIONE ( MORASSO MARIO , 1914 )
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La lettura dei giornali , i discorsi che si ascoltano al bar ; le notizie degli avvenimenti mi producono , in questi giorni , una strana impressione . Mi pare come se di un tratto , tra le monete e i biglietti di banca che ci scambiamo quotidianamente , fossero apparsi denari di secoli scorsi e di stampi antichi , denari di nazioni estinte e di conii fuori d ' uso , che si conservano come curiosità nei musei . Mi pare come se alla nostra moneta corrente si fosse mescolata una ingente quantità di moneta fuori corso , una intera raccolta numismatica . Nel nostro vocabolario vivo dall ' uso e nel nostro modo di agire abituale sono spuntati infatti improvvisamente numerosi vocaboli e gesti che appartenevano allo stile storico e alle evocazioni storiche , parole che non si adoperavano più o si adoperavano ben di rado , perché il loro contenuto aveva cessato di essere una realtà presente , atti che non si compivano più perché si credeva persino che ne fosse scomparsa in noi la possibilità . Spie , fucilazioni sommarie , prigionieri di guerra , paesi incendiati , città rase al suolo , ostaggi , esodo di intere cittadinanze , pozzi avvelenati , navi colate a picco , soldati che sparano dietro trincee di cadaveri , requisizioni , e tante altre locuzioni somiglianti che ora si incontrano ripetute decine di volte su ogni colonna di giornale come se le guerre puniche o il premere dei barbari sul Danubio , o la guerra dei trent ' anni , o la carica napoleonica , o più semplicemente il libretto dell ' Aida fossero divenute la cronaca della nostra attività normale , ecco tutta una bizzarra e anacronistica intrusione di parole e di cose a cui non sono ancora riuscito ad abituarmi . Ogni volta che incontro una di queste anticaglie rimodernate , uno di questi fantasmi rimpolpati ne provo un senso di stupore . Penso se per un fenomeno straordinario sono io che vado rivivendo a ritroso nei residui di ricordi di qualche mia vita precedente o è il mondo che ha fatto un salto all ' indietro di parecchi secoli . Si è per avventura svaligiato qualche museo egizio , assiro o romano o magari preistorico ed i cimeli ne sono stati posti in circolazione ? Fino a un mese fa nessuno avrebbe mai sognato di scorgere nel forestiero una spia da impiccare e nel medico uno spargitore di tifo da fucilare dopo averlo obbligato a scavarsi la fossa . Chi avesse osato temere la carestia del pane , la penuria del carbone sarebbe stato visitato dal medico provinciale come un probabile paranoico candidato al manicomio . E se appunto le parole che significano questo insieme di attitudini e di imprese erano quasi cadute dall ' uso , le attitudini e le imprese designate dalle parole stesse non solo erano uscite dalla attualità ma lo parevano anche dalla realtà . Il solo nominare spie e ostaggi , carestia e saccheggio ci faceva immediatamente risalire col pensiero ad altre età ben lontane e diverse da noi , come il nominare la lebbra e la peste , ci riportava a condizioni di civiltà e di esistenza ormai oltrepassate e di cui ci sembrava impossibile il ritorno . Con la nostra coltura scientifica , col nostro sottile spirito critico , con la nostra raffinata sensibilità , con la nostra delicata urbanità , con la nostra tolleranza e bonomia borghese , e col nostro progresso umanitario come avrebbero potuto risorgere e coesistere , non dico le cose e le opere , ma le idee e le immagini rappresentate nelle parole e nelle frasi sopra indicate ? Pareva un anacronismo inconcepibile . L ' uomo odierno come aveva cambiato di foggia di vestire , di mezzi di locomozione , di armi e di linguaggio in confronto dell ' uomo antico , così credeva di aver cambiato di sentimento e di intelletto . Come aveva relegato nelle gallerie e nei musei gli elmi e le colubrine , le portantine e gli strumenti di tortura così era persuaso di aver relegato per sempre tra le pagine della storia le azioni e le usanze , i flagelli e la barbarie contemporanei di quelli arnesi disusati . Come aveva abbracciato nuovi sistemi filosofici , come aveva adottato nuove opinioni politiche , come si era munito di nuove istituzioni sociali , a cominciare dalla organizzazione internazionale del traffico e del credito per finire a tutte le leggi e le opere di bontà e di previdenza , a tutte le assicurazioni contro le miserie umane , così si era illuso di aver edificato barriere e trincee insormontabili contro un ritorno offensivo dei peggiori malanni che avevano insidiato e attristato l ' esistenza dei nostri antenati . Rimanevano le armi , è vero , anzi aumentavano di giorno in giorno nell ' Europa pacifica , e divenivano ognor più precise e micidiali , ma appunto per questo pareva che avessero mutato la loro natura barbara di un tempo . Non avevano più l ' aspetto di spietati arnesi di morte branditi da selvaggi sanguinari ; erano congegni meccanici complicati ed esatti , costruiti sul tipo dei nostri più delicati meccanismi da gabinetto , e al pari di questi maneggiati da uomini instrutti , consapevoli della loro fine struttura e della loro formidabile potenza . Queste belle e polite armi , portate da automobili e da aeroplani , collocate su magnifiche e gigantesche navi , che sono il compendio supremo della genialità creativa umana , adoperate da uomini tecnici e rigorosi , più con il calcolo matematico e con il meticoloso lavorio del cervello , che con il concitato impeto dei muscoli , queste armi che erano uno dei più mirabili prodotti della nostra maestria nelle arti della pace , come potevano essere il veicolo per il ritorno della barbarie bellicosa ? Non erano desse la difesa fondamentale della civiltà , il presidio inespugnabile dei tesori ideali e materiali accumulati dal progresso , il più saldo baluardo della pace europea ? Così si è affermato e ripetuto , e un famoso scrittore di cose militari , seguito da innumerevoli aderenti , il Bloch , è arrivato a proclamare l ' impossibilità della guerra come una conseguenza necessaria della tremenda efficacia delle armi moderne . Orbene ecco che pochi giorni , quasi si potrebbe dire poche ore , sono stati sufficienti ad abbattere , a schiantare , a soffiar via tutto questo grandioso monumento mondiale elevato durante mezzo secolo di sforzi pacifici come se fosse stato uno di quelli effimeri scenari , una di quelle fragili impalcature di tela e di gesso che divampano in incendio al finale di qualche spettacolosa film cinematografica . Avvenuta quella mezza dozzina e più di dichiarazioni di guerra che hanno posto a soqquadro il mondo , iniziate le mobilitazioni , insieme ai treni , carichi di soldati , partenti dalle metropoli verso le frontiere , anche gli spiriti degli uomini hanno preso la rincorsa verso le frontiere della civiltà contemporanea . Oltre alla mobilitazione militare è avvenuta immediatamente una mobilitazione economica e spirituale . Se l ' uomo si è spogliato del suo vestito di pacifico borghese per indossare l ' assisa del milite , si è altresì spogliato delle sue vedute , delle sue fiducie , della sua calma di industriale o di professionista , di scienziato o di artista , si è spogliato di tutto il suo corredo di istruzione , di scetticismo , di esperienza e di sentimentalismo di borghese civilizzato del placido secolo ventesimo per assumere le previsioni e le diffidenze , la credulità e i sospetti la mentalità e il contegno di un europeo contemporaneo di Benvenuto Cellini . Questo cambiamento a vista mi rende ancora attonito adesso . È stato così rapido e così facile da sorprendere anche coloro che , al pari di me , non avevano mai accordato soverchia importanza allo spolverìo luccicante di civilizzazione con cui l ' umanità ostentava di incipriarsi . È certo che gli uomini hanno più rapidamente cambiato di idee e di atteggiamenti morali che di uniforme e di strumenti . In un attimo il passato recente , ciò che costituiva lo ieri è sprofondato come inghiottito nel baratro aperto dalla guerra ; le nostre preoccupazioni , le nostre predilezioni , le nostre stesse occupazioni più importanti di cui si intesseva la trama della nostra esistenza sono state troncate e dimenticate , ciò che fino al momento prima teneva desto tutto il nostro interesse , un momento dopo non ci interessava più . Dall ' oggi al domani quasi tutti i legami che congiungevano o allacciavano la continuità della nostra vita individuale e collettiva sono stati recisi , come se fossimo stati trasportati di colpo su un altro pianeta o meglio ancora come se bruscamente fossero stati asportati dalle successioni del tempo tre o quattro secoli e saldate insieme le due estremità recise . È sparito tutto il passato recente ed è risalito a galla tutto il passato lontano ! Io non mi sarei mai aspettato una trasformazione così immediata e subitanea e soprattutto non mi sarei mai aspettato che il mondo moderno , il mondo delle banche , del socialismo , del pacifismo , dell ' intellettualismo , quello appunto che insisteva sulla sua modernità , sulla sua differenziazione dal mondo antico , che traeva tanto vanto dalla sua novità , e così implacabilmente tuonava contro ogni timore di reazione , avrebbe opposto una così debole difesa , una così insignificante resistenza al suo annientamento . Si è rassegnato a scomparire , si è acconciato quasi di buon grado a togliersi di mezzo , a non farsi più né vedere né sentire come se fosse un intruso o uno straniero , gli stessi suoi più eloquenti più convinti e anche più arditi patrocinatori lo hanno abbandonato , sono passati dall ' altra parte . Hervé invoca la magnanima ombra di Deroulêde , Liebknecht gli risponde arruolandosi volontario . Dove è mai scampato il derelitto ? Ha forse trovato rifugio nell ' Italia neutrale ? Per certi segni parrebbe lecito dubitarne .