StampaQuotidiana ,
Beirut
Ovest
.
La
bambina
(
tre
o
quattro
anni
)
è
come
accartocciata
sopra
una
pietra
,
la
testa
nella
terra
,
uno
squarcio
nel
braccio
sinistro
da
cui
esce
una
materia
nera
,
strisce
di
sangue
non
ancora
seccato
sulle
gambe
nude
e
sui
piedini
.
Accanto
alla
testa
c
'
è
un
piede
di
donna
,
con
le
unghie
smaltate
di
rosso
(
la
madre
?
)
,
il
resto
del
corpo
è
nascosto
dietro
uno
spezzone
di
parete
.
Poco
più
in
là
,
nella
casa
semidistrutta
,
ancora
due
bambini
morti
,
stretti
nell
'
ultimo
abbraccio
:
del
più
grandicello
,
vedo
la
faccia
livida
e
la
bocca
incatramata
di
sangue
;
del
piccolino
,
che
mi
gira
le
spalle
,
vedo
solo
la
testolina
nera
con
un
buco
vicino
all
'
orecchio
.
Poi
altri
cadaveri
;
a
neanche
un
metro
,
un
uomo
e
due
donne
,
irrigiditi
in
strane
posizioni
:
forse
sono
caduti
mentre
cercavano
di
sfuggire
agli
assalitori
.
Il
luogo
è
Chatila
,
uno
dei
«
campi
»
dei
palestinesi
a
sud
di
Beirut
,
una
di
quelle
casbe
di
periferia
su
cui
hanno
maggiormente
infierito
le
truppe
di
occupazione
israeliane
nella
loro
avanzata
verso
la
capitale
,
sgretolandola
e
polverizzandola
con
l
'
artiglieria
pesante
.
I
cadaveri
che
ieri
ho
visto
tra
le
macerie
sono
le
ultime
vittime
-
forse
un
centinaio
,
forse
di
più
-
dell
'
ultimo
atto
dell
'
operazione
«
pace
di
Galilea
»
,
cominciato
all
'
alba
di
mercoledì
quando
i
carri
armati
e
la
fanteria
di
Sharon
hanno
marciato
su
Beirut
Ovest
.
Ciò
che
è
avvenuto
a
Chatila
è
spaventoso
.
È
stato
un
massacro
gratuito
contro
dei
civili
inermi
,
donne
e
bambini
,
che
nessun
obbiettivo
strategico
potrà
mai
giustificare
.
La
strage
è
avvenuta
nella
notte
fra
venerdì
e
ieri
,
dopo
cioè
che
le
autorità
militari
israeliane
avevano
annunciato
di
aver
ottenuto
il
«
controllo
completo
»
sulla
Beirut
musulmana
:
gli
autori
dell
'
eccidio
non
sarebbero
,
secondo
le
prime
testimonianze
,
i
soldati
israeliani
,
ma
gli
uomini
del
maggiore
Haddad
,
cioè
quei
libanesi
del
Sud
che
si
sono
schierati
con
Israele
per
combattere
l
'
OLP
e
i
palestinesi
e
cacciarli
dalla
loro
terra
.
Ma
se
anche
non
direttamente
responsabili
-
è
l
'
amaro
commento
che
corre
oggi
a
Beirut
-
sulle
coscienze
dei
militari
israeliani
pesa
il
fatto
di
non
essere
intervenuti
per
impedire
l
'
esecuzione
di
una
così
folle
manovra
.
La
prima
voce
sulla
strage
di
Chatila
che
parla
di
200
morti
-
era
una
prima
valutazione
-
ha
cominciato
a
circolare
nella
mattinata
di
ieri
,
e
un
fotografo
francese
,
Jacques
-
Marie
Bourget
,
che
ha
raggiunto
il
luogo
verso
le
9
ha
potuto
contare
63
cadaveri
:
«
C
'
erano
delle
donne
con
i
bambini
in
braccio
»
racconta
«
ammazzati
con
un
colpo
al
cuore
e
alla
testa
.
Ho
visto
degli
uomini
che
erano
stati
freddati
contro
le
pareti
,
insomma
delle
esecuzioni
in
piena
regola
.
»
Un
altro
giornalista
,
americano
,
ha
detto
di
aver
fotografato
una
donna
con
in
braccio
due
bambini
piccolissimi
.
La
donna
era
stata
colpita
al
cuore
,
i
due
bambini
avevano
un
buco
nella
schiena
.
Per
chi
arriva
più
tardi
in
questo
cimitero
di
Chatila
,
le
proporzioni
dell
'
eccidio
sembrano
minori
,
perché
,
nel
frattempo
,
gli
israeliani
hanno
fatto
venire
una
scavatrice
che
ha
aperto
una
voragine
dentro
cui
sono
stati
buttati
gran
parte
dei
morti
.
E
quando
noi
arriviamo
,
in
un
punto
remoto
del
quartiere
,
possiamo
facilmente
notare
dove
è
avvenuta
la
frettolosa
sepoltura
,
perché
c
'
è
uno
strato
di
terra
fresca
e
rossa
segnata
dalle
ruote
del
bulldozer
che
ha
compiuto
l
'
operazione
.
Altri
sono
stati
caricati
su
camion
militari
e
portati
e
interrati
chissà
dove
.
Però
una
ventina
di
cadaveri
sono
ancora
sparsi
qui
e
là
nel
raggio
di
cinquecento
metri
,
esposti
a
un
sole
atroce
e
l
'
aria
comincia
ad
essere
impregnata
dal
fetore
della
morte
.
Sarà
difficile
dimostrare
che
i
soldati
dell
'
esercito
israeliano
o
i
libanesi
del
maggiore
Haddad
hanno
compiuto
questa
barbara
incursione
a
Chatila
per
snidare
dei
guerriglieri
superstiti
:
sembra
assai
più
evidente
che
si
sia
trattato
di
una
«
vendetta
»
maturata
da
tempo
e
nutrita
dall
'
odio
che
quegli
uomini
del
Sud
hanno
sempre
covato
nel
sangue
verso
i
palestinesi
,
responsabili
-
a
loro
giudizio
-
di
tutti
i
mali
che
hanno
afflitto
e
affliggono
tuttora
il
Libano
.
Ne
ho
conferma
visitando
Sabra
,
un
altro
enorme
quartiere
abitato
da
palestinesi
e
adesso
ridotto
a
cumulo
di
macerie
,
uno
scenario
impagabile
per
misurare
l
'
assurdità
della
guerra
.
Quei
pochi
che
erano
rimasti
se
ne
stanno
andando
,
caricano
figli
e
masserizie
su
macchinoni
ansimanti
e
decrepiti
.
Non
se
ne
vanno
soltanto
perché
,
dopo
l
'
«
operazione
pulizia
»
del
generale
Sharon
,
non
c
'
è
più
la
casa
:
se
ne
vanno
perché
-
dice
uno
,
avviando
una
vecchia
Ford
-
«
abbiamo
paura
che
tornino
gli
uomini
di
Haddad
»
.
Anche
a
Sabra
li
ritengono
responsabili
degli
attacchi
degli
ultimi
tre
giorni
.
Anche
qui
cadaveri
per
le
strade
,
in
fondo
ai
vicoletti
,
dentro
ciò
che
è
rimasto
delle
case
.
Sono
morti
di
ieri
e
dell
'
altro
ieri
e
non
hanno
avuto
ancora
il
tempo
di
seppellirli
.
C
'
era
ancora
resistenza
qui
?
Faccio
il
mio
macabro
sopralluogo
in
un
dedalo
di
viuzze
e
trovo
,
dietro
ad
un
angolo
,
i
cadaveri
di
due
giovani
:
uno
,
in
una
tuta
azzurra
,
appoggiato
al
muro
,
quasi
sereno
;
l
'
altro
steso
bocconi
con
i
riccioli
neri
impastati
di
sangue
e
polvere
:
tra
i
due
c
'
è
un
fucile
.
Erano
palestinesi
dell
'
OLP
,
rimasti
a
combattere
fino
in
fondo
la
loro
battaglia
contro
il
sionismo
?
O
appartenevano
ai
Morabitun
filo
-
nasseriani
o
ad
altri
gruppi
di
sinistra
?
Non
mi
riesce
di
saperlo
.
Una
donna
,
che
è
la
madre
di
uno
dei
due
,
improvvisa
una
specie
di
danza
,
agita
le
braccia
e
canta
e
io
sono
colto
da
una
angoscia
insopportabile
e
me
ne
vado
lasciandola
sola
nel
suo
strazio
e
nella
sua
follia
.
L
'
«
operazione
pulizia
»
decisa
da
Gerusalemme
ha
certamente
fatto
piazza
pulita
nell
'
esistenza
di
Karema
Jasir
,
29
anni
,
cui
do
un
passaggio
,
nel
taxi
,
da
Sabra
verso
il
centro
.
Una
palestinese
bionda
e
con
gli
occhi
celesti
,
molto
graziosa
.
È
salita
in
macchina
con
la
vecchia
madre
e
piange
.
La
cannonata
che
le
è
arrivata
giovedì
scorso
nella
finestra
di
casa
le
ha
portato
via
,
d
'
un
colpo
,
il
padre
,
il
marito
e
quattro
figli
:
che
avevano
13
,
12
,
9
e
4
anni
.
Piange
e
dice
che
è
la
volontà
di
Dio
.
Noi
,
che
non
abbiamo
il
dono
della
fede
,
siamo
portati
a
individuare
le
responsabilità
in
zone
meno
eccelse
e
vorremmo
suggerire
a
Karema
di
depositare
i
suoi
quattro
bambini
,
suo
padre
e
suo
marito
,
sulla
scrivania
di
Begin
,
premio
Nobel
per
la
pace
.
Ora
che
ha
completamente
in
pugno
Beirut
Ovest
,
l
'
esercito
israeliano
ha
dato
il
via
alla
seconda
fase
della
sua
operazione
:
le
perquisizioni
o
i
setacci
,
di
via
in
via
,
di
casa
in
casa
.
Hanno
tutto
in
mano
:
mappe
dettagliate
,
indirizzi
,
numeri
di
telefono
.
Vanno
a
colpo
sicuro
.
Un
migliaio
di
persone
sono
state
arrestate
e
una
grande
quantità
di
armi
e
munizioni
confiscate
.
Sharon
ha
fatto
sapere
che
le
sue
truppe
resteranno
qualche
settimana
a
Beirut
Ovest
in
modo
che
la
«
ripulitura
»
sia
completa
e
che
l
'
esercito
libanese
possa
svolgere
senza
difficoltà
i
suoi
compiti
di
gendarmeria
quotidiana
,
che
ora
non
è
in
grado
di
assolvere
.
Molti
a
Beirut
si
chiedono
,
con
legittima
perplessità
,
se
fosse
veramente
necessario
questo
ultimo
,
cruento
giro
di
vite
che
Israele
ha
dato
al
Libano
.
Evacuati
i
palestinesi
,
il
movimento
dei
nasseriani
indipendenti
,
Morabitun
,
restava
probabilmente
il
solo
gruppo
di
resistenza
a
poter
essere
preso
in
seria
considerazione
:
e
in
effetti
sono
stati
i
soli
che
hanno
cercato
di
arrestare
in
qualche
modo
l
'
avanzata
israeliana
nella
Beirut
occidentale
.
Ma
il
loro
ruolo
e
la
loro
consistenza
numerica
sono
modesti
ed
è
difficile
giustificare
la
massiccia
operazione
militare
decisa
da
Gerusalemme
.
In
realtà
si
dice
da
questa
parte
della
linea
verde
che
divide
le
due
Beirut
,
dopo
l
'
elezione
a
presidente
di
Bechir
Gemayel
,
c
'
è
stato
anche
nel
settore
occidentale
e
musulmano
della
capitale
un
periodo
di
«
vita
idilliaca
»
.
Forse
,
dopo
tante
lotte
,
era
stato
gettato
il
seme
di
una
unione
tra
la
comunità
cristiano
-
maronita
e
la
comunità
musulmana
sciita
,
e
anche
Beirut
Ovest
aveva
preso
il
lutto
per
la
morte
di
Bechir
,
dimenticando
i
tenebrosi
trascorsi
del
passato
.
Ma
Israele
decide
che
l
'
assassinio
di
Gemayel
getterà
il
Paese
in
un
mare
di
sangue
e
allora
interviene
:
e
così
comincia
il
nuovo
martirio
di
Chatila
,
il
martirio
di
Sabra
,
il
martirio
di
questa
capitale
del
lutto
infinito
.
StampaQuotidiana ,
Florencia
-
Nell
'
immediata
vigilia
delle
elezioni
parlamentari
(
che
si
terranno
domani
)
,
non
avrebbe
potuto
esserci
per
il
governo
colombiano
maggior
disagio
e
imbarazzo
di
quelli
provocati
in
questi
giorni
dal
"
disastro
"
militare
dell
'
esercito
,
sorpreso
,
battuto
e
umiliato
nel
Sud
del
Paese
dalle
forze
della
guerriglia
.
I
dati
sull
'
imboscata
che
la
Farc
(
Forza
armata
rivoluzionaria
colombiana
)
ha
teso
martedi
'
scorso
a
un
distaccamento
della
brigata
mobile
numero
3
nelle
foreste
meridionali
del
Caqueta
'
non
godono
ancora
di
conferme
ufficiali
:
i
bollettini
guerriglieri
vantano
80
morti
,
30
feriti
e
43
prigionieri
tra
i
militari
.
Ieri
mattina
il
presidente
della
Colombia
,
Ernesto
Samper
,
si
e
'
incontrato
nella
base
aerea
di
Tres
Esquinas
del
Caguan
(
estremo
Sud
)
con
il
generale
Manuel
Jose
'
Bonnet
-
comandante
delle
forze
armate
-
e
con
il
comandante
dell
'
esercito
,
Mario
Hugo
Galan
,
per
cercare
di
ottenere
un
resoconto
"
obiettivo
"
sullo
scontro
tra
gli
uomini
della
Farc
e
la
brigata
mobile
3
e
sul
numero
delle
vittime
.
Che
sarebbero
numerose
anche
dall
'
altra
parte
.
Un
'
azienda
di
pompe
funebri
di
Florencia
sta
facendo
gli
straordinari
per
apprestare
,
quam
celerrime
,
una
trentina
di
bare
ordinate
dal
comando
militare
.
Ma
recuperare
i
cadaveri
in
una
giungla
tanto
sterminata
quanto
impenetrabile
non
sara
'
facile
.
Finora
soltanto
un
paio
di
uomini
sono
stati
trovati
nella
selva
del
Caqueta
'
dalle
prime
squadre
di
soccorso
:
un
capitano
,
Wilson
Chaverra
Ortiz
,
27
anni
,
gia
'
sepolto
con
gli
onori
militari
,
e
un
soldato
semplice
,
ancora
senza
nome
.
Mentre
le
palate
di
terra
cadevano
sulla
bara
del
giovane
ufficiale
,
molti
si
chiedevano
con
sgomento
,
a
Bogota
'
come
a
Florencia
,
quale
assurdo
errore
strategico
avesse
consentito
a
uno
dei
piu
'
qualificati
reparti
dell
'
anti
-
guerriglia
di
essere
colto
cosi
'
di
sorpresa
,
circondato
,
bersagliato
,
distrutto
.
Molte
teste
,
si
vocifera
,
dovrebbero
saltare
nei
prossimi
giorni
ai
vertici
delle
forze
armate
.
L
'
imboscata
,
lungo
gli
argini
del
fiume
Gaguan
,
e
'
stata
ordita
e
condotta
a
termine
dal
cosiddetto
Bloque
Sur
(
Blocco
Sud
)
della
Farc
,
la
compagine
meglio
organizzata
e
piu
'
efficiente
di
tutta
la
guerriglia
nel
meridione
del
Paese
:
1.500
uomini
circa
,
distribuiti
su
21
Fronti
.
Almeno
undici
sono
sotto
il
comando
diretto
di
Milton
de
Jesus
Toncel
,
detto
anche
Joaquin
Gomez
o
"
Usurriaga
"
,
ex
docente
dell
'
universita
'
dell
'
Amazzonia
,
che
e
'
il
capo
supremo
del
Bloque
Sur
.
Nell
'
operazione
di
martedi
'
scorso
,
come
in
tre
altre
forse
meno
clamorose
ma
che
hanno
ugualmente
inferto
fendenti
durissimi
all
'
esercito
colombiano
,
c
'
e
'
netta
e
chiara
la
sua
firma
,
in
inchiostro
rosso
,
che
e
'
da
sempre
il
colore
della
Farc
,
la
cui
matrice
ideologica
rimane
marxista
.
Milton
Toncel
ha
concentrato
i
suoi
uomini
(
400
circa
,
anche
secondo
il
numero
2
dell
'
esercito
,
il
generale
Fernando
Tapias
)
,
a
El
Billar
,
uno
dei
luoghi
piu
'
tetri
e
inospitali
della
foresta
,
a
cinque
giorni
di
cammino
dalla
piu
'
vicina
base
militare
,
e
li
'
ha
atteso
l
'
arrivo
della
brigata
mobile
,
presumibilmente
intenzionata
a
snidare
il
nemico
e
a
sorprenderlo
nel
suo
rifugio
piu
'
recondito
.
L
'
agguato
ha
interrotto
brutalmente
la
marcia
.
Nel
suo
primo
bollettino
,
diretto
alla
Croce
Rossa
,
"
Usurriaga
"
ha
parlato
di
70
morti
,
30
feriti
,
8
prigionieri
.
Successivamente
ha
aggiornato
i
dati
,
aggiungendo
anche
quelli
del
bottino
di
guerra
,
89
fucili
Galils
,
6
mortai
,
6
mitragliatrici
,
8
lanciagranate
piu
'
un
sacco
di
sofisticatissimi
congegni
di
cui
il
distaccamento
era
dotato
.
Con
l
'
agguato
dei
giorni
scorsi
,
il
Bloque
Sur
ha
confermato
quella
che
un
esperto
militare
definisce
"
impressionante
capacita
'
strategica
"
:
e
ha
anche
tentato
,
con
successo
,
un
esperimento
nuovo
,
perche
'
,
per
la
prima
volta
,
si
e
'
trattato
di
un
attacco
a
truppe
in
movimento
,
mentre
quelli
precedenti
erano
diretti
a
postazioni
fisse
,
come
avvenne
a
Las
Delicias
,
a
Puerres
,
a
Patascoy
.
Il
Sud
e
'
cosi
'
diventato
il
tallone
d
'
Achille
dell
'
esercito
colombiano
.
Se
El
Billar
rimane
finora
il
massimo
successo
,
anche
le
altre
azioni
piu
'
note
della
Farc
,
sempre
basate
sulla
fulmineita
'
e
sul
fattore
sorpresa
,
hanno
conseguito
"
punteggi
"
funestamente
alti
:
a
Puerres
,
i
morti
sono
30;
a
Las
Delicias
,
28
le
vittime
,
60
i
prigionieri
rimasti
poi
per
nove
mesi
in
mano
alla
guerriglia
;
a
Patascoy
(
21
dicembre
'97
)
,
il
risultato
e
'
di
dieci
militari
ammazzati
e
18
tuttora
ostaggi
.
Questi
episodi
hanno
avuto
un
grave
effetto
psicologico
sull
'
esercito
e
ne
hanno
offuscato
l
'
immagine
.
Dopo
l
'
assalto
di
Puerres
venne
destituito
un
generale
della
terza
brigata
;
e
l
'
attacco
di
Patascoy
,
che
mise
in
rilievo
un
'
assoluta
mancanza
di
strategia
e
di
coordinamento
da
parte
del
comando
,
costo
'
la
carriera
a
due
generali
e
a
un
colonnello
;
in
quanto
a
Las
Delicias
,
la
liberazione
dei
60
prigionieri
dopo
nove
mesi
di
trattative
fra
lo
Stato
maggiore
e
i
vertici
del
Bloque
Sur
fu
causa
di
grande
imbarazzo
per
il
potere
,
sottoposto
alla
luce
dei
riflettori
internazionali
e
alla
malizia
canzonatoria
dei
media
.
Per
El
Billar
,
l
'
umiliazione
e
'
anche
maggiore
,
perche
'
la
brigata
mobile
numero
3
,
creata
nell
'
ottobre
del
'97
e
costituita
quasi
esclusivamente
di
soldati
di
professione
(1.500),
e
'
un
corpo
d
'
elite
,
un
'
unita
'
del
tutto
speciale
per
combattere
la
guerriglia
;
e
'
dotata
di
equipaggiamenti
sofisticati
(
come
i
binocoli
infrarossi
per
i
combattimenti
notturni
)
e
dispone
di
una
miniflotta
di
aerei
ed
elicotteri
.
"
E
'
la
nostra
risposta
al
terrorismo
"
,
disse
il
generale
Bonnet
alla
cerimonia
di
inaugurazione
.
Sembra
abbia
avuto
invece
piu
'
successo
la
brigata
mobile
numero
2
,
che
nel
luglio
del
'95
e
'
intervenuta
pesantemente
sul
narcotraffico
e
sui
vari
Cartelli
,
requisendo
tonnellate
di
sostanze
chimiche
e
sfasciando
i
laboratori
della
coca
.
Non
puo
'
non
impensierire
il
governo
di
Bogota
'
il
fatto
che
la
Farc
abbia
mostrato
di
avere
una
straordinaria
forza
e
influenza
in
una
regione
dove
la
droga
rappresenta
la
maggiore
(
e
inesauribile
)
fonte
di
finanziamento
per
i
guerriglieri
:
ed
e
'
improbabile
che
questi
ultimi
vengano
fatti
sloggiare
-
come
e
'
avvenuto
altrove
,
come
nell
'
Uraba
'
-
dai
paramilitari
di
estrema
destra
,
perche
'
i
"
paras
"
,
non
possono
minimamente
contare
sui
contadini
del
Sud
,
abbondantemente
indottrinati
dai
discepoli
del
professor
Montel
.
Il
Bloque
Sur
ha
pianificato
l
'
agguato
di
El
Billar
a
pochi
giorni
dalle
elezioni
anche
per
instaurare
un
clima
di
minaccia
e
scoraggiare
l
'
affluenza
alle
urne
,
che
sara
'
certamente
molto
scarsa
.
Ma
dalla
base
di
Tres
Esquinas
il
presidente
Samper
,
il
ministro
della
Difesa
e
i
vertici
delle
forze
armate
hanno
ribadito
che
la
lotta
contro
la
guerriglia
deve
continuare
:
l
'
obiettivo
finale
,
ha
detto
il
generale
Bonnet
,
e
'
di
tenere
la
zona
e
,
dopo
aver
recuperato
cadaveri
,
feriti
e
dispersi
,
rilanciare
un
'
offensiva
,
"
duri
quanto
duri
e
costi
quel
che
costi
"
.
"
La
Colombia
non
e
'
il
Titanic
-
ha
retoricamente
concluso
l
'
alto
ufficiale
-
e
non
colera
'
a
picco
in
fondo
al
mare
"
,
sfasciandosi
sull
'
iceberg
della
guerriglia
.
La
cronaca
racconta
un
'
altra
realta
'
.
Proprio
ieri
,
la
Farc
ha
preso
il
controllo
di
una
strada
ad
alto
traffico
nell
'
est
del
Paese
,
bloccando
per
cinque
ore
circa
500
veicoli
e
oltre
600
persone
.
I
guerriglieri
hanno
ricevuto
perfino
un
gruppo
di
giornalisti
spiegando
che
l
'
azione
mirava
a
"
incitare
"
i
colombiani
a
non
recarsi
alle
urne
.
Tre
poliziotti
giunti
sul
posto
-
a
pochi
chilometri
da
Villavicencio
,
capitale
del
dipartimento
di
Meta
-
sono
stati
"
accolti
"
con
una
raffica
di
spari
che
hanno
ucciso
un
agente
e
ferito
gli
altri
due
.
I
militari
della
Settima
brigata
sono
arrivati
quando
i
guerriglieri
si
erano
gia
'
dileguati
.
StampaQuotidiana ,
Norilsk
(
Siberia
settentrionale
)
-
"
Voi
siete
stati
portati
qui
non
per
vivere
,
ma
per
soffrire
e
morire
.
Se
sopravvivete
,
una
delle
due
:
o
lavorate
meno
del
dovuto
;
o
mangiate
di
piu
'
di
quanto
vi
spetti
"
.
In
queste
parole
,
dirette
alle
migliaia
di
lavoratori
-
deportati
finiti
dopo
la
meta
'
degli
anni
Trenta
nelle
miniere
dell
'
estremo
Nord
,
320
chilometri
sopra
il
Circolo
Polare
Artico
,
c
'
e
'
tutta
la
storia
di
Norilsk
e
del
suo
passato
.
Ma
il
lugubre
messaggio
riguarda
anche
,
parzialmente
,
il
presente
.
"
Welcome
to
Hell
"
(
Benvenuti
all
'
inferno
)
sta
scritto
infatti
all
'
ingresso
della
fabbrica
del
rame
,
incapsulata
nel
mastodontico
complesso
minerario
-
siderurgico
:
benvenuti
all
'
inferno
.
+
solo
calata
la
temperatura
.
Poco
tempo
fa
,
rincuorando
quanti
continuavano
a
piangere
sulla
bara
vuota
dell
'
Urss
,
il
ministro
russo
Victor
Orlov
diceva
,
con
un
buon
pizzico
d
'
orgoglio
:
"
Vi
ricordo
che
in
termini
di
risorse
naturali
noi
siamo
ancora
il
Paese
piu
'
ricco
del
mondo
"
.
E
la
maggior
parte
di
queste
ricchezze
sta
sepolta
nelle
viscere
ghiacciate
della
Siberia
(
carbone
,
gas
,
rame
,
petrolio
)
o
affiora
scintillando
in
superficie
nelle
miniere
aperte
di
Norilsk
che
partoriscono
nichel
,
oro
,
platino
,
cobalto
,
palladio
a
flusso
continuo
.
La
penisola
di
Taimyr
-
dove
si
trova
Norilsk
-
era
gia
'
stata
percorsa
dagli
esploratori
russi
nel
XV
secolo
:
ma
solo
negli
anni
Venti
,
un
team
di
geologi
capitanati
da
un
certo
Urvantev
scoprira
'
nella
periferia
siderale
del
mondo
quegli
enormi
,
preziosi
giacimenti
.
+
il
giugno
del
'
35
quando
Stalin
,
che
ha
gia
'
fatto
rinchiudere
nei
campi
di
concentramento
dei
gulag
milioni
di
persone
,
decide
che
non
potrebbe
esserci
posto
migliore
di
Norilsk
per
edificare
il
socialismo
e
"
correggere
"
e
raddrizzare
l
'
uomo
secondo
il
modello
sovietico
.
Si
calcola
che
almeno
350
mila
lavoratori
,
in
gran
parte
detenuti
o
prigionieri
di
guerra
,
abbiano
faticato
a
sangue
nel
"
favoloso
"
kombinat
siberiano
durante
gli
anni
della
dittatura
stalinista
:
e
non
sembra
gonfiato
il
dato
che
fissa
a
17
mila
i
morti
sul
lavoro
.
Ma
quale
morte
!
Le
cronache
del
tempo
e
i
brandelli
di
testimonianze
dei
pochi
,
pochissimi
sopravvissuti
o
della
gente
del
luogo
che
si
possono
ancora
raccogliere
per
strada
fanno
rabbrividire
e
raggelano
il
sangue
non
meno
del
freddo
che
-
a
40
o
50
gradi
sotto
zero
-
era
alla
fine
il
grande
,
inconsapevole
carnefice
degli
ergastolani
di
Norilsk
,
gia
'
morti
prima
di
morire
.
Norilsk
era
solo
un
piccolo
punto
nero
nel
bianco
della
tundra
spazzata
dal
vento
;
o
un
fuoco
di
bivacco
sempre
acceso
nella
lunga
notte
polare
.
Raggiungerla
era
quasi
impossibile
,
un
'
impresa
da
esploratori
.
Ne
'
strade
ne
'
treni
.
La
maggior
parte
dei
deportati
veniva
scaricata
nel
porticciolo
di
Dudinka
,
alla
foce
dello
Jenisei
e
da
li
'
,
come
una
gran
mandria
,
avviata
verso
le
miniere
,
cento
chilometri
a
est
.
Un
cammino
che
Sofia
Jakovlevna
Diner
,
un
'
anziana
signora
tedesca
del
Volga
,
conosce
molto
bene
.
"
Dopo
l
'
arresto
-
racconta
-
mi
mandarono
in
Siberia
.
Lavorai
per
mesi
di
pala
e
piccone
alla
costruzione
della
ferrovia
Dudinka
-
Norilsk
:
e
Dio
sa
quante
volte
feci
a
piedi
quei
cento
chilometri
.
Un
freddo
bestiale
.
I
cavalli
stramazzavano
a
terra
.
Morivano
piu
'
in
fretta
degli
uomini
"
.
"
Metallo
a
ogni
costo
"
,
urlano
i
gerarchi
del
Cremlino
nell
'
antivigilia
della
Seconda
Guerra
Mondiale
.
Nel
'
39
,
il
grande
kombinat
"
Norilsk
-
Nickel
"
e
'
gia
'
in
piena
funzione
e
necessita
di
un
numero
sempre
maggiore
di
schiavi
,
che
vengono
da
ogni
parte
:
i
20
-
30
mila
dei
primi
anni
diventano
100
-
140
mila
dopo
il
'
50
.
Molti
sbarcavano
stremati
a
Dudinka
dopo
aver
affrontato
la
furia
dei
mari
artici
su
decrepiti
battelli
attrezzati
a
malapena
per
la
pesca
a
rete
.
C
'
e
'
nel
bellissimo
libro
"
Siberia
"
,
di
Benson
Bobrick
,
l
'
agghiacciante
testimonianza
di
K
.
Stajner
,
uno
dei
pochi
sopravvissuti
all
'
olocausto
siberiano
,
che
scende
da
un
mercantile
insieme
ad
altri
"
4
mila
disperati
"
.
Sono
intirizziti
,
affamati
e
anche
oscenamente
sporchi
:
perche
'
,
durante
una
tempesta
,
i
barili
pieni
di
escrementi
e
d
'
urina
si
sono
rovesciati
,
inondandoli
.
+
impossibile
,
visitando
ora
i
poderosi
impianti
del
"
Norilsk
-
Nickel
"
,
cancellare
con
un
colpo
di
spugna
dalla
memoria
le
tappe
della
sua
tetra
infanzia
e
angosciosa
adolescenza
:
quando
si
facevano
i
turni
di
12
ore
anche
nella
bufera
,
con
soli
10
minuti
d
'
intervallo
per
scaldarsi
le
mani
;
quando
,
se
non
rispettavi
i
ritmi
di
produzione
e
le
quote
fissate
dai
capi
,
ti
mettevano
al
muro
,
cosi
'
che
il
cimitero
del
kombinat
,
con
circa
30
esecuzioni
al
giorno
,
era
piu
'
grande
di
quello
di
una
metropoli
;
quando
tale
era
la
fame
che
la
notte
ti
alzavi
per
acchiappare
i
topi
della
baracca
e
cucinarli
di
nascosto
in
un
barattolo
;
quando
ti
mozzavi
le
dita
congelate
con
un
colpo
di
scure
sperando
in
qualche
giorno
di
riposo
in
infermeria
:
quando
i
delinquenti
comuni
uccidevano
i
detenuti
politici
(
piu
'
di
400
omicidi
in
un
solo
inverno
)
per
andare
sotto
processo
e
uscire
dal
campo
...
E
via
coi
ricordi
,
uno
piu
'
straziante
dell
'
altro
.
Ma
accanto
agli
zeks
(
i
contadini
piu
'
poveri
fuggiti
dai
kolkhoz
)
,
ai
cosiddetti
kulaki
agricoltori
benestanti
,
ai
pastori
baskiri
,
tartari
e
kirghisi
,
agli
anarchici
,
agli
spiriti
deboli
sentimentali
,
agli
intellettuali
delusi
e
nostalgici
del
Secolo
d
'
Argento
,
che
subivano
la
punizione
come
una
calamita
'
naturale
,
c
'
era
anche
una
compagine
esigua
di
giovani
esaltati
,
teste
calde
e
stakanovisti
:
convinti
,
questi
ultimi
,
che
la
Siberia
,
piu
'
di
ogni
altra
regione
,
avrebbe
fatto
da
trampolino
all
'
Urss
per
il
suo
triplo
salto
mortale
"
dall
'
aratro
alla
bomba
atomica
"
nel
circo
vero
della
storia
.
Intanto
,
i
ragionieri
del
Cremlino
potevano
gia
'
annotare
,
nei
loro
brogliacci
,
che
il
contributo
del
kombinat
polare
alle
spese
di
guerra
era
stato
di
13
miliardi
e
mezzo
di
rubli
,
piu
'
"
un
'
immensa
quantita
'
di
oro
,
argento
,
platino
"
.
Sara
'
difficile
,
a
questo
punto
,
negare
a
Norilsk
un
ruolo
storico
(
positivo
o
negativo
)
negli
ultimi
60
anni
dell
'
epopea
russo
-
sovietica
;
ne
'
sottrarla
alla
definizione
,
pertinente
,
cucitale
addosso
da
tempo
,
di
"
dinosauro
dell
'
industrializzazione
forzata
staliniana
"
.
Privatizzato
dopo
la
dissoluzione
del
soviet
-
impero
,
il
dinosauro
"
Norilsk
-
Nickel
"
e
'
ora
un
maxicomplesso
minerario
-
siderurgico
a
gestione
mista
col
governo
federale
,
che
detiene
tra
l
'
altro
il
primato
assoluto
per
la
produzione
del
nichel
nel
mondo
:
inoltre
,
le
sue
fauci
sprigionano
a
getto
continuo
il
58
%
del
rame
estratto
in
Russia
,
l
'
80
%
del
cobalto
,
il
100
%
del
platino
.
Una
mammella
cosi
'
turgida
,
tenuta
al
fresco
nel
gelo
polare
,
non
poteva
lasciare
indifferente
un
uomo
d
'
affari
come
Vladimir
Potatin
,
incontrastato
protagonista
nel
processo
di
trasformazione
dell
'
economia
e
della
finanza
post
-
sovietiche
:
e
nel
'
95
,
con
260
milioni
di
dollari
(
480
miliardi
di
lire
)
,
si
aggiudica
attraverso
la
sua
banca
-
la
Oneximbank
-
il
51
%
delle
azioni
del
colosso
.
Secondo
un
dato
recente
(
che
pero
'
altri
contraddicono
allargando
le
cifre
)
,
i
dipendenti
del
kombinat
sarebbero
oggi
88
mila
:
56
mila
adetti
alla
produzione
diretta
nelle
5
miniere
e
nelle
fabbriche
;
il
resto
-
32
mila
-
impegnato
nei
servizi
ausiliari
,
amministrativi
e
sociali
di
supporto
.
Il
dinosauro
non
riposa
mai
.
Giorno
e
notte
,
24
ore
su
24
,
il
suo
gran
ventre
rumina
e
brontola
e
infine
espelle
tonnellate
di
materia
insieme
ai
vapori
insani
e
velenosi
dell
'
intestino
:
ma
le
statistiche
informano
che
dal
'
95
in
poi
la
produzione
e
'
calata
fino
a
quasi
il
40
%
rispetto
all
'
89
.
"
Ora
pero
'
-
dice
il
sindaco
di
Norilsk
,
Yuri
Malanin
-
c
'
e
'
stata
una
grande
ripresa
,
sia
nell
'
industria
che
sul
piano
sociale
:
qui
si
vive
meglio
che
in
altre
zone
della
Russia
,
ne
sono
certo
"
.
Parte
della
manodopera
viene
fornita
dai
detenuti
,
1500
in
tutto
,
segregati
in
una
prigione
che
sorge
all
'
interno
del
kombinat
,
suddiviso
a
sua
volta
in
due
ali
:
quella
residenziale
,
dove
vivono
,
mangiano
e
dormono
;
e
quella
del
lavoro
,
agganciate
a
fornaci
e
fonderie
,
oltre
che
ai
piu
'
salubri
laboratori
di
falegnameria
.
Sottoposti
a
regimi
piu
'
o
meno
gravi
a
seconda
delle
condanne
,
nessuno
per
fortuna
e
'
piu
'
accusato
di
violazione
dell
'
articolo
58
(
"
attivita
'
antisovietiche
"
)
che
permise
a
Stalin
di
mandare
in
galera
milioni
di
innocenti
.
I
turni
,
adesso
,
sono
regolari
e
,
dopo
i
turni
,
c
'
e
'
la
mensa
che
-
sento
dire
-
e
'
buona
,
calda
,
abbondante
.
Nel
tempo
libero
hanno
ritagliato
e
dipinto
dei
pannelli
per
una
chiesuola
interna
,
dove
saranno
celebrati
i
loro
riti
.
Hanno
anche
affrescato
la
propria
speranza
in
un
murale
su
cui
sta
scritto
:
ricordati
,
ti
aspettiamo
a
casa
.
Sessant
'
anni
prima
,
negli
stessi
androni
,
i
prigionieri
davano
la
caccia
ai
topi
per
mangiarseli
.
La
peculiarita
'
di
Norilsk
,
suggeriscono
all
'
Associazione
dei
brigadieri
,
puo
'
essere
spiegata
in
due
parole
:
la
favolosa
ricchezza
del
sottosuolo
e
,
per
contrasto
,
il
rigore
estremo
di
un
clima
da
renderne
quasi
impossibile
lo
sfruttamento
da
parte
dell
'
uomo
.
Quasi
...
"
Vede
-
mi
dice
il
brigadiere
(
che
in
loco
va
tradotto
semplicemente
come
capo
-
fabbrica
)
Michail
Zastrjalin
-
,
quando
alla
fine
degli
anni
Cinquanta
furono
chiusi
i
campi
di
lavoro
forzati
,
le
nostre
miniere
hanno
continuato
a
lavorare
,
come
e
piu
'
di
prima
.
Era
il
Klondyke
della
Siberia
.
La
manodopera
non
e
'
mai
mancata
.
Una
marea
di
gente
,
tra
il
'
60
e
il
'
70
.
Venivano
dalla
Russia
Centrale
,
dall
'
Ucraina
,
dal
Caucaso
.
I
giovani
firmavano
un
contratto
per
3
anni
...
ma
finivano
col
restarci
,
per
sempre
.
Il
salario
era
alto
,
anche
sette
volte
tanto
quello
che
si
percepiva
altrove
,
per
lo
stesso
mestiere
"
.
Certo
,
dopo
il
trattamento
disumano
imposto
dai
gulag
,
il
contratto
offerto
dal
kombinat
col
suo
bel
corredo
di
garanzie
doveva
sembrare
estremamente
seducente
:
la
pensione
a
40
anni
per
le
donne
,
a
45
per
gli
uomini
,
le
vacanze
parzialmente
pagate
,
i
tre
mesi
di
ferie
all
'
anno
che
diventano
sei
ogni
due
anni
,
l
'
appartamento
...
"
Ma
nessuno
regalava
niente
a
nessuno
-
avverte
l
'
amico
brigadiere
decorandomi
con
la
medaglietta
del
Norilsk
-
Nickel
-
perche
'
i
disagi
erano
e
sono
tremendi
:
la
temperatura
che
scende
anche
sotto
i
40
,
la
notte
polare
che
dura
sei
mesi
,
il
cielo
che
piove
anidride
solforosa
e
altri
veleni
,
la
solitudine
,
le
malattie
,
lo
spauracchio
dell
'
eta
'
media
a
50
anni
.
Insomma
,
com
'
e
'
che
dite
voi
dalle
vostre
parti
?
Il
buco
del
culo
del
mondo
,
ecco
"
.
Quello
dei
pensionati
,
ammette
Tatiana
Bockareva
(
assessore
al
Comune
)
,
"
e
'
il
nostro
problema
piu
'
grave
"
.
Era
nei
patti
che
,
fatta
l
'
ultima
discesa
agli
inferi
dopo
15
o
20
anni
di
lavoro
,
i
dipendenti
del
kombinat
dovessero
essere
messi
in
condizione
di
trasferirsi
in
localita
'
del
centro
e
del
sud
,
dove
il
clima
e
'
piu
'
mite
.
Ma
i
soldi
non
ci
sono
.
La
compagnia
avrebbe
chiesto
alla
Banca
Mondiale
un
prestito
di
500
milioni
di
dollari
(
oltre
900
miliardi
di
lire
)
per
risistemare
,
nella
Russia
centrale
,
50
mila
pensionati
.
Un
solo
pensionato
costa
al
kombinat
e
al
Comune
,
che
intendono
liberarsene
,
10
mila
dollari
.
E
nel
'
95
,
il
totale
della
spesa
sostenuta
per
i
servizi
sociali
a
favore
di
Norilsk
e
delle
due
citta
'
satelliti
,
Talmakh
e
Kenerkan
(
popolazione
:
281
mila
abitanti
)
,
e
'
lievitato
fino
a
327
milioni
di
dollari
.
Camminando
lungo
il
vialone
centrale
(
Leninsky
Prospect
)
tra
palazzi
tutti
uguali
di
10
piani
,
costruiti
negli
anni
Quaranta
(
ma
ai
turisti
mostrano
la
prima
casa
di
legno
,
abitata
dai
geologi
)
,
o
scendendo
lungo
il
lago
artificiale
che
separa
l
'
industria
dai
quartieri
residenziali
e
fuma
in
superficie
come
bollisse
,
hai
l
'
impressione
di
una
relativa
agiatezza
,
se
non
di
benessere
.
In
qualche
modo
,
dopo
gli
anni
truci
dello
stalinismo
,
il
kombinat
ha
infuso
nella
citta
'
un
senso
di
sicurezza
.
Anche
troppa
,
avrebbe
fatto
notare
tempo
fa
un
dirigente
dell
'
azienda
,
Budargin
,
quando
ha
ricordato
che
l
'
operaio
di
Norilsk
"
era
abituato
a
pensare
che
lo
Stato
gli
dava
la
sveglia
,
lo
nutriva
e
lo
metteva
a
letto
rimboccandogli
le
coperte
"
.
Ma
c
'
e
'
l
'
altra
faccia
della
medaglia
,
che
sfugge
al
viaggiatore
frettoloso
,
nella
quale
si
riflettono
vicende
amare
e
dolorose
,
storie
di
solitudine
,
alienazione
,
alcolismo
,
droga
,
incesti
,
demenza
,
follia
suicida
.
Un
risvolto
inevitabile
,
comune
a
tutte
le
citta
'
di
frontiera
.
Ma
certamente
si
riferiva
soprattutto
all
'
inquinamento
e
alle
sue
conseguenze
Andrej
Samokhin
,
portavoce
della
Nickel
,
quando
ha
detto
che
"
questo
luogo
"
era
stato
costruito
"
per
lavorare
,
non
per
viverci
"
.
+
sotto
il
peso
di
questa
scomoda
eredita
'
che
tenta
ora
di
muoversi
il
sindaco
di
Norilsk
,
Yuri
Malanin
:
"
Certo
-
ammette
-
non
e
'
facile
gestire
l
'
amministrazione
di
una
citta
'
dove
si
consiglia
alle
donne
di
andare
a
partorire
altrove
,
se
vogliono
i
figli
sani
.
Ai
tempi
dell
'
Urss
non
si
preoccupavano
di
queste
cose
.
Ma
ora
dobbiamo
pensarci
.
Abbiamo
gia
'
stanziato
20
milioni
di
dollari
per
l
'
acquisto
di
impianti
nuovi
,
in
grado
di
ridurre
le
esalazioni
venefiche
"
.
Con
questo
,
cento
altri
problemi
saranno
affrontati
che
Mosca
aveva
sinora
ignorato
,
perche
'
periferici
:
e
c
'
e
'
da
scommettere
che
da
molte
parti
si
guardera
'
a
Norilsk
per
scoprire
a
quale
strategia
fara
'
ricorso
una
grande
industria
per
liberarsi
dall
'
eredita
'
sovietica
.
"
Dovremo
agire
da
soli
-
dice
Tatiana
-
,
perche
'
,
da
quando
e
'
crollata
l
'
Urss
,
il
governo
federale
non
si
e
'
mai
interessato
a
noi
"
.
Non
sono
mancate
crisi
,
nel
kombinat
,
che
si
sono
tradotte
in
agitazioni
e
scioperi
e
ancor
oggi
si
contano
in
zona
11
mila
disoccupati
.
Cio
'
che
invece
resta
inspiegabile
e
'
come
mai
,
nonostante
la
temperatura
,
la
poverta
'
,
l
'
isolamento
,
il
buio
per
sei
mesi
sulla
calotta
artica
,
non
si
sia
ancora
spezzato
il
rapporto
affettivo
che
lega
la
gente
-
soprattutto
i
giovani
-
alla
citta
'
.
"
Veramente
una
spiegazione
c
'
e
'
-
dice
Natalia
Lylina
,
vicesindaco
,
bella
elegante
signora
che
si
e
'
molto
prodigata
per
facilitare
l
'
inchiesta
-
:
quasi
tutto
cio
'
che
lei
vede
e
tocca
e
'
stato
fatto
dagli
"
ergastolani
"
di
Stalin
.
Fra
di
loro
c
'
erano
artisti
,
scrittori
,
musicisti
,
architetti
che
,
prima
di
morire
(
le
loro
ossa
affiorano
ancora
adesso
,
nei
campi
,
dopo
lo
sgelo
)
,
hanno
inoculato
in
noi
questo
germe
culturale
.
E
cosi
'
oggi
abbiamo
teatri
,
scuole
di
musica
e
di
danza
,
auditorium
,
accademie
d
'
arte
:
tutto
per
i
nostri
ragazzi
"
.
Natalia
Lylina
parte
per
Mosca
e
noi
trascorriamo
l
'
ultima
serata
a
Norilsk
in
compagnia
del
passato
.
Il
passato
si
chiama
Jadviga
Vikentjivna
Malevic
e
ha
le
sembianze
di
una
gentile
signora
polacca
,
fragile
,
i
lineamenti
finissimi
come
disegnati
da
un
pastello
.
Ha
conosciuto
per
10
anni
l
'
inferno
della
miniera
e
guardandola
adesso
uno
si
chiede
come
abbia
potuto
sopravvivere
,
con
quel
fisico
.
Dietro
c
'
e
'
la
storia
d
'
una
ragazza
polacca
,
romantica
e
ribelle
:
"
Fui
arrestata
a
Varsavia
nel
'
45
-
racconta
-
,
avevo
18
anni
.
Ero
scesa
in
strada
per
manifestare
contro
i
soldati
dell
'
Urss
che
spadroneggiavano
a
casa
nostra
.
Arrestarono
anche
molti
uomini
in
quell
'
occasione
,
intellettuali
soprattutto
,
finimmo
in
Siberia
...
Questa
citta
'
e
'
stata
costruita
su
un
mare
di
ossa
umane
.
Mi
mandarono
anche
a
spalare
,
nella
strada
che
porta
alla
fabbrica
del
rame
c
'
e
'
anche
un
po
'
del
mio
sudore
...
"
.
Liberata
nella
seconda
meta
'
degli
anni
Cinquanta
,
viene
ufficialmente
riabilitata
il
30
marzo
del
'
57
.
Nel
frattempo
ha
sposato
il
suo
carceriere
che
era
"
gentile
"
e
che
l
'
ha
lasciata
vedova
,
con
un
figlio
.
Ora
ci
mostra
le
foto
di
quand
'
era
giovane
,
e
'
quasi
uguale
il
colore
dei
capelli
avendo
da
tempo
cosparso
la
canizie
di
una
leggera
polvere
d
'
oro
.
Dice
:
"
Quant
'
era
bella
Varsavia
prima
della
guerra
,
sapesse
...
Ho
avuto
una
giovinezza
splendida
"
.
(
2
-
Continua
.
La
prima
puntata
e
'
stata
pubblicata
il
27
ottobre
)
StampaQuotidiana ,
MANILA
.
Imelda
Imelda
Imelda
for
president
.
Lo
gridano
per
le
strade
,
lo
hanno
scritto
sui
muri
e
sui
cartelli
.
È
questa
la
truce
fiaba
postnatalizia
che
è
dilagata
i
giorni
scorsi
sull
'
arcipelago
delle
Filippine
.
Ma
non
è
favola
,
è
realtà
.
Con
ottanta
capi
d
'
accusa
sulla
testa
che
.
se
provati
.
potrebbero
costarle
da
un
minimo
di
400
anni
di
carcere
a
un
massimo
di
900
,
la
signora
Marcos
si
è
ufficialmente
candidata
per
le
elezioni
presidenziali
dal
maggio
prossimo
.
È
stata
scelta
all
'
unanimità
e
lanciata
nella
mischia
dai
leader
del
Kilusan
Bagong
Lipunan
(
K
B
L
)
,
il
partito
del
defunto
presidente
Ferdinando
Marcos
.
Sotto
la
bandiera
dell
'
ex
First
Lady
potrebbero
schierarsi
,
oltre
ai
nostalgici
del
regime
,
tutti
coloro
che
sono
stati
delusi
dall
'
inefficiente
amministrazione
di
Corazon
Aquino
.
L
'
ipotesi
di
un
ritorno
di
Imelda
Marcos
all
'
attività
politica
ha
preso
consistenza
subito
dopo
il
rientro
nelle
Filippine
in
novembre
:
ma
non
sorprende
che
molti
,
allora
,
lo
ritenessero
improbabile
.
Perche
'
si
trattava
di
riaffidare
le
redini
del
potere
ad
una
donna
che
,
per
venti
anni
,
insieme
al
marito
,
aveva
dissanguato
il
Paese
e
il
cui
rimpatrio
.
dopo
quasi
sei
anni
di
esilio
.
era
stato
consentito
alla
sola
condizione
che
rispondesse
alla
giustizia
di
un
cumulo
di
reati
infamanti
come
evasione
fiscale
,
appropriazione
indebita
,
esportazione
di
capitali
all
'
estero
e
chi
più
ne
ha
più
ne
metta
.
Una
gran
Ladra
,
insomma
.
Proprio
così
,
con
la
L
maiuscola
.
Cominciata
in
sordina
col
rientro
di
Ferdinando
Jr
.
(
figlio
del
defunto
dittatore
)
il
30
ottobre
,
la
rimpatriata
dei
Marcos
nelle
Filippine
ha
avuto
il
suo
vertice
folgorante
il
4
novembre
scorso
,
quando
l
'
ex
First
Lady
è
apparsa
all
'
aeroporto
Ninoy
Aquino
e
si
è
inginocchiata
e
ha
baciato
la
terra
.
Il
processo
L
'
umiliazione
della
fuga
ignominiosa
nel
febbraio
dell'86
e
la
vergogna
di
dover
subire
ora
un
processo
pesante
non
parevano
aver
incrinato
la
solare
arroganza
di
Imelda
Marcos
(
anni
62
)
o
inserito
nella
sua
personalità
di
"
farfalla
d
'
acciaio
"
il
fluido
corrosivo
del
dubbio
e
del
rimorso
.
Il
procuratore
generale
della
Repubblica
,
Francisco
Chavez
,
ha
presentato
contro
di
lei
ottanta
capi
d
'
accusa
:
nella
speranza
di
ricuperare
parte
delle
sostanze
(
denaro
e
immobili
)
che
l
'
ex
famiglia
reale
ha
sparso
nel
mondo
,
come
i
350
milioni
di
dollari
custoditi
nelle
banche
svizzere
.
Ma
quando
si
presenta
al
tribunale
regionale
di
Quezon
City
per
ascoltare
la
lettura
delle
incriminazioni
che
la
riguardano
e
che
l
'
avvocato
Chavez
elenca
imperterrito
,
Imelda
sembra
appena
uscita
da
un
bagno
di
schiuma
.
Il
bianco
luminoso
del
vestito
che
indossa
è
appena
ravvivato
da
un
foulard
rosso.blu
e
le
dita
delle
mani
che
minuti
prima
hanno
disinvoltamente
accettato
il
rito
delle
impronte
stanno
ora
avvinghiate
ai
grani
del
rosario
.
Regalmente
,
Imelda
respinge
ogni
accusa
col
solo
movimento
della
testa
.
Poi
,
ai
giornalisti
che
le
chiedono
se
abbia
paura
del
carcere
,
risponde
cortesemente
:
"
Non
c
'
è
un
posto
in
tutte
le
Filippine
dove
mi
possano
incarcerare
.
Non
ho
paura
.
Credo
nella
giustizia
divina
"
.
Però
anche
Dio
dovrà
essere
molto
paziente
e
misericordioso
con
la
signora
Marcos
,
col
suo
defunto
marito
e
coi
figli
,
pure
incriminati
.
Tuttavia
,
il
cospicuo
deposito
in
Svizzera
potrà
rimanere
congelato
ed
eventualmente
restituito
ai
legittimi
proprietari
.
i
filippini
.
soltanto
se
Manila
riuscirà
a
provare
che
è
stato
illegalmente
accumulato
.
E
qui
tutti
temono
la
lentezza
del
locale
meccanismo
processuale
.
Certo
,
l
'
elenco
circostanziato
dei
capi
d
'
accusa
lascia
sbigottiti
e
mette
a
nudo
il
cinismo
e
la
totale
mancanza
di
scrupoli
con
cui
Marcos
e
la
moglie
hanno
agito
per
vent
'
anni
grazie
alla
copertura
della
presidenza
,
spinti
solo
da
un
'
insaziabile
ingordigia
e
dall
'
ambizione
personale
:
una
diabolica
"
coppia
reale
"
che
incamera
milioni
di
pesos
destinati
agli
scolari
poveri
delle
piantagioni
di
coconut
;
che
gioca
sul
dollaro
creando
uno
"
shortage
"
artificiale
,
che
le
frutta
in
un
lampo
75
milioni
di
dollari
;
che
induce
la
Banca
Centrale
a
concedere
prestiti
favolosi
a
ditte
private
,
"
amiche
"
del
Presidente
;
che
deposita
25
milioni
di
dollari
nella
succursale
di
New
York
della
Philippine
National
Bank
perche
'
la
First
Lady
non
sia
a
corto
di
liquido
quando
va
a
fare
lo
shopping
nella
Quinta
Strada
;
e
che
infine
,
dopo
aver
tanto
rubato
,
fugge
dal
Paese
di
notte
caricando
sull
'
elicottero
22
casse
di
valuta
straniera
e
locale
:
sfortunatamente
,
non
c
'
è
posto
per
le
tremila
paia
di
scarpe
che
Imelda
abbandona
nel
palazzo
di
Malacanang
,
affrontando
scalza
l
'
esilio
.
Dietro
l
'
aberrante
immagine
di
questa
coppia
predatrice
e
sanguisuga
,
c
'
è
un
altro
aspetto
,
dei
Marcos
,
di
cui
i
tribunali
non
si
stanno
ora
occupando
:
ed
è
l
'
invereconda
manipolazione
del
potere
politico
che
ha
consentito
al
dittatore
di
sopravvivere
per
tanti
anni
.
Su
questo
la
Storia
ha
già
espresso
il
suo
giudizio
,
che
è
pesante
.
Delitti
Ma
il
ritorno
di
Imelda
nelle
Filippine
non
poteva
non
evocare
lo
spettro
degli
anni
di
piombo
e
della
legge
marziale
;
e
tuttavia
nessuno
si
meraviglia
se
,
sbarcando
all
'
aeroporto
di
Manila
dove
nell'83
venne
trucidato
Benigno
"
Ninoy
"
Aquino
,
marito
di
Corazon
e
irriducibile
avversario
di
Marcos
,
l
'
ex
First
Lady
non
abbia
provato
alcuna
emozione
.
La
"
farfalla
d
'
acciaio
"
recitava
ancora
una
volta
i
misteri
gaudiosi
.
Nessuno
dubitava
che
l
'
assassinio
di
Ninoy
era
stato
deciso
e
"
preparato
"
nei
meandri
di
Malacanang
,
anche
se
fu
impossibile
accertarlo
:
ma
quel
momento
coincise
col
risveglio
della
coscienza
popolare
e
con
l
'
ascesa
di
Cory
e
del
"
people
'
s
power
"
,
che
avrebbero
invaso
le
Filippine
coi
vessilli
gialli
e
spazzato
via
Marcos
.
Al
suo
rientro
,
Imelda
,
si
presenta
come
la
vittima
di
Corazon
e
della
sua
perfidia
umano.politica
.
È
povera
.
È
Cenerentola
.
All
'
aeroporto
confessa
:
"
Non
ho
più
un
soldo
,
sopravvivo
grazie
agli
oboli
degli
amici
"
.
Però
è
appena
sbarcata
da
un
Boeing
,
noleggiato
alle
Hawaii
per
600
mila
dollari
,
e
il
suo
seguito
è
quello
di
un
capo
di
Stato
.
Va
ad
abitare
al
Philippine
Plaza
Hotel
,
dove
requisisce
l
'
undicesimo
piano
per
sistemare
,
in
60
stanze
,
il
suo
entourage
:
lei
si
contenta
della
Suite
Imperiale
.
Da
questo
fortino
di
lusso
,
pacchianamente
superaddobbato
per
le
feste
,
Imelda
dirige
la
sua
campagna
elettorale
.
Blas
F
.
Ople
,
editoralista
di
un
quotidiano
popolare
ed
ex
ministro
di
Marcos
,
sostiene
che
Imelda
è
la
sola
persona
in
grado
di
mettere
insieme
l
'
Opposizione
.
Occorrono
,
tra
l
'
altro
,
37
milioni
di
dollari
per
la
campagna
elettorale
,
che
l
'
ex
Fist
Lady
ha
nelle
preziose
borse
di
pelle
,
firmate
dai
migliori
stilisti
.
Nella
sua
scia
,
sono
in
molti
adesso
.
I
politici
del
voltafaccia
che
,
nell'86
,
rinnegarono
Marcos
e
si
buttarono
nel
campo
dell
'
Aquino
.
Uno
squallido
personaggio
come
Salvador
Laureal
,
che
divenne
vice
presidente
dell
'
attuale
governo
e
poi
diede
il
bacio
di
Giuda
a
Cory
,
andando
all
'
aeroporto
per
congratularsi
con
l
'
ex
First
Lady
che
tornava
;
o
come
l
'
estremo
rettile
delle
Filippine
,
Juan
Ponce
Enrile
,
ex
ministro
della
difesa
,
che
fu
uno
degli
artefici
della
rivoluzione
di
febbraio
e
che
vidi
arrivare
,
il
mitra
in
mano
,
nel
campo
Aguilaldo
dei
rivoltosi
e
che
ora
ha
calato
le
brache
e
continua
ad
agitarsi
sui
banchi
dell
'
Opposizione
,
piccolo
e
isterico
.
Enrile
sostiene
che
Imelda
ha
grosse
chances
a
Manila
,
nelle
regioni
settentrionali
e
nelle
Visnayas
orientali
,
sua
patria
d
'
origine
.
Nessuno
sa
come
andrà
a
finire
.
Imelda
,
che
definisce
Enrile
con
le
iniziali
J.E.
(
Judas
Escariot
)
per
il
suo
tradimento
nell'86
,
basa
le
sue
speranze
sull
'
accoglienza
che
i
disperati
di
baraccopoli
immonde
e
letamai
umani
come
Tondo
.
delusi
dall
'
inefficienza
dell
'
attuale
governo
.
le
hanno
riservato
.
La
gestione
di
Corazon
Aquino
ha
certamente
deluso
,
ma
il
comportamento
della
signora
Marcos
rasenta
,
raggiunge
e
supera
il
marchio
dell
'
infamia
.
Il
suo
regno
d
'
influenza
e
di
vita
era
vastissimo
,
ma
ne
erano
esclusi
i
tagliatori
delle
canne
di
zucchero
delle
Negros
o
i
peones
di
Mindanao
.
Era
pure
escluso
il
sindaco
di
Zamboanga
,
Cesar
Climaco
,
che
aveva
deciso
di
non
farsi
tagliare
i
capelli
fino
a
quando
Marcos
non
avesse
rimosso
la
legge
marziale
.
Aveva
scritto
al
dittatore
,
di
cui
un
tempo
era
amico
:
"
La
sola
cosa
onesta
in
queste
isole
sono
questo
paio
di
coglioni
che
mi
porto
intorno
"
.
Lo
uccisero
sparandogli
nella
nuca
,
mentre
stava
avviando
il
motorino
.
Cosa
poteva
importare
,
a
Imelda
,
di
Climaco
?
Lei
andava
per
shopping
allo
Harrods
di
Londra
,
al
Bloomingdal
'
s
di
New
York
,
al
Takashimaya
di
Tokio
,
alla
Liberty
House
di
Honolulu
.
E
poi
Bond
Street
,
Fauburg
St
.
Honore
'
,
via
Condotti
.
Le
scarpe
da
Ferragamo
,
i
gioielli
da
Bulgari
.
E
aveva
il
diamante
più
grosso
del
mondo
(
lo
Idol
'
s
Eye
)
,
pagato
con
5
milioni
e
500
mila
dollari
di
puro
sangue
e
sudori
filippini
.
La
gente
muore
per
le
strade
e
lei
fa
costruire
a
Manila
14
alberghi
di
lusso
.
Il
suo
mito
era
Hollywood
,
la
sua
molla
erotica
gli
eroi
dello
schermo
,
come
George
Hamilton
.
Ed
ecco
,
dentro
questo
vuoto
immane
che
è
la
sua
vita
,
germinare
il
progetto
di
un
festival
cinematografico
che
oscurasse
la
gloria
di
Cannes
e
di
Venezia
.
Ma
occorre
costruire
.
e
in
fretta
.
un
palazzo
del
cinema
degno
dell
'
occasione
.
Ottomila
operai
(
era
l'82
)
lavorano
24
ore
su
24
.
Ma
a
un
certo
punto
le
impalcature
crollano
e
crollano
i
muri
.
Sotto
le
macerie
e
il
cemento
ancora
caldo
c
'
è
un
cimitero
.
Nessuno
saprà
mai
quanti
sono
i
morti
.
Imelda
ordina
di
continuare
i
lavori
,
la
scadenza
va
rispettata
.
E
a
queste
mani
,
così
gentili
e
rapaci
che
una
parte
dei
filippini
affida
ora
il
proprio
destino
.
E
allora
buon
anno
e
buona
fortuna
.
StampaQuotidiana ,
Peshawar
(
di
ritorno
dall
'
Afghanistan
)
.
Mawli
Bismilha
passava
per
uno
dalla
mira
infallibile
,
dicevano
che
avrebbe
fulminato
un
passero
a
trecento
metri
:
ma
i
tre
soldati
russi
che
montavano
di
sentinella
,
quella
sera
,
sul
ponte
di
Jalalabad
,
non
lo
sapevano
e
quando
son
risuonati
i
tre
colpi
sono
andati
giù
come
birilli
,
dietro
il
parapetto
.
Di
Bismilha
si
diceva
anche
che
avesse
un
gran
fegato
e
un
'
allergia
acuta
per
i
carri
armati
sovietici
che
gli
aravano
la
terra
quando
non
era
più
tempo
di
semina
:
e
così
quella
mattina
,
appena
il
T-62
è
sbucato
con
chiasso
tremendo
sull
'
argine
del
fiume
Sorkhroad
,
Mawli
non
ci
ha
visto
più
e
ha
cominciato
a
sparargli
addosso
col
suo
Enfield
303
.
È
stato
l
'
inizio
di
una
battaglia
che
è
durata
tutta
la
giornata
:
entro
sera
,
un
carro
armato
e
una
APC
(
un
'
autoblindo
per
il
trasporto
truppe
)
erano
stati
messi
fuori
uso
.
Ma
Bismilha
era
morto
.
Il
giorno
dopo
lo
han
portato
nel
suo
villaggio
a
tre
ore
di
cammino
e
lo
hanno
sepolto
nel
cimitero
in
collina
con
una
gran
festa
funebre
di
canti
,
preghiere
e
bandiere
bianche
,
come
si
conviene
agli
eroi
.
La
commozione
era
grande
e
ha
colpito
anche
noi
«
estranei
»
,
venuti
qui
a
curiosare
nel
cuore
della
tragedia
afghana
.
La
sepoltura
di
Bismilha
è
una
(
l
'
ultima
,
la
più
vivida
)
delle
tante
dolorose
immagini
che
ho
potuto
raccogliere
durante
un
'
escursione
(
chiamiamola
così
)
clandestina
nella
provincia
di
Ningrahar
,
fino
alla
periferia
di
Jalalabad
,
che
ne
è
il
capoluogo
.
Quel
che
segue
è
la
cronaca
di
questo
viaggio
:
un
viaggio
di
pochi
giorni
dentro
una
specie
di
esaltazione
collettiva
,
dove
la
logica
non
ha
più
posto
.
Ti
chiedi
che
senso
abbia
il
colpo
di
fucile
sparato
contro
il
MI-24
che
vola
basso
:
tanto
vale
il
tirasassi
.
Ma
per
i
mujaidin
questa
è
la
Jihad
,
la
guerra
santa
,
e
niente
-
neanche
la
spaventosa
inferiorità
sul
piano
dell
'
efficienza
bellica
-
li
può
far
desistere
.
La
vita
di
Bismilha
per
un
carro
armato
era
un
ordine
di
Allah
.
È
una
guerra
che
puoi
vedere
solo
a
spizzichi
:
e
,
per
vederla
,
puoi
solo
aggregarti
a
questo
o
quel
partito
-
islamico
-
che
hanno
i
loro
uomini
su
questo
o
su
quel
fronte
:
a
Khunar
o
Paktia
o
Herat
o
nelle
zone
centrali
o
settentrionali
.
La
base
di
partenza
è
Peshawar
,
in
Pakistan
,
dove
i
fuorusciti
afghani
hanno
le
loro
«
carbonerie
»
:
e
da
qui
,
con
un
minimo
d
'
insistenza
e
di
preghiere
,
ti
fai
accompagnare
over
the
border
,
oltre
confine
,
nelle
zone
calde
,
dove
la
terra
è
ormai
seminata
di
polvere
da
sparo
.
Conosco
il
paesaggio
.
È
stupendo
.
L
'
ho
visto
d
'
estate
,
l
'
ho
visto
d
'
inverno
:
ora
che
è
primavera
è
anche
più
bello
,
hai
intorno
una
luce
soffice
che
non
acceca
,
afghano
è
l
'
abito
,
afghano
il
cappello
,
afghano
lo
scialle
ed
è
con
questa
esotica
bardatura
che
cominci
a
scarpinare
in
montagna
dopo
aver
attraversato
il
Khunar
sulla
piana
di
Cama
.
La
marcia
nella
notte
sembra
non
finire
mai
,
forse
hanno
sbagliato
strada
,
le
otto
-
nove
ore
promesse
diventano
tredici
-
quattordici
e
alla
fine
tutte
le
tue
ossa
sono
rotte
e
fracassate
.
Sono
in
buona
compagnia
.
All
'
escursione
,
in
provincia
di
Ningrahar
,
partecipano
una
cinquantina
di
mujaidin
che
vanno
a
rafforzare
í
fronti
islamici
nell
'
area
calda
intorno
a
Jalalabad
.
Alcuni
hanno
in
spalla
cassette
di
munizioni
e
dinamite
.
Fatico
a
tenere
í1
passo
e
il
capo
della
spedizione
si
arrabbia
:
dice
che
bisogna
arrivare
a
destinazione
in
mattinata
perché
dopo
la
zona
è
sorvolata
dagli
elicotteri
russi
e
non
c
'
è
modo
di
nascondersi
nella
calvizie
dell
'
altopiano
.
Gli
uomini
fanno
parte
dello
Hezb
-
i
-
Islami
di
Mawli
Khalés
,
un
partito
di
modesta
consistenza
numerica
che
qualche
mese
fa
si
è
staccato
dal
massiccio
Hezb
-
i
-
Islami
di
Gulbuddin
Hekmatyar
,
troppo
«
politicizzato
»
,
per
dedicarsi
esclusivamente
alla
lotta
armata
.
F
.
Khalés
,
infatti
,
è
il
solo
leader
di
partito
che
vive
in
Afghanistan
,
in
prossimità
del
fronte
,
mentre
gli
altri
fanno
la
politica
da
seduti
,
lontani
dalle
pallottole
,
nell
'
esilio
di
Peshawar
.
Khalés
ha
60
anni
,
la
barba
autorevole
che
gli
ondeggia
sul
petto
,
il
fucile
a
portata
di
mano
.
Lo
incontro
di
sera
,
nella
sua
casa
di
Kaja
,
dopo
una
giornata
di
camminate
.
Viene
dalla
campagna
,
è
un
leader
molto
amato
,
a
differenza
dell
'
ingegnere
Gulbuddin
non
mantiene
le
distanze
.
I
suoi
uomini
lo
chiamano
Mawli
,
gli
sono
sempre
attorno
,
lo
abbracciano
.
Mi
dice
:
«
Lo
so
cosa
pensate
voi
stranieri
:
che
í
russi
sono
troppo
forti
,
che
hanno
armi
sofisticate
e
potenti
e
noi
fucili
del
'19
e
tirasassi
,
che
siamo
destinati
a
uscire
sconfitti
da
questa
guerra
e
a
diventare
satelliti
di
Mosca
.
Ma
voi
stranieri
vi
sbagliate
.
Voi
non
vi
rendete
conto
che
la
popolazione
è
con
noi
al
99
per
cento
,
che
se
io
scendo
in
strada
e
incontro
il
più
vecchio
del
villaggio
e
gli
caccio
in
mano
un
fucile
,
quello
mi
segue
fino
a
Jalalabad
cantando
e
ringiovanisce
di
trent
'
anni
sognando
di
stendere
un
russo
.
Qui
nella
provincia
di
Ningrahar
i
mujaidin
armati
,
cioè
veramente
impegnati
nella
guerriglia
,
sono
25
mila
»
.
Gli
chiedo
qual
è
il
suo
principale
obiettivo
:
«
Lei
è
mai
stato
a
Jalalabad
?
»
mi
dice
.
«
È
una
gran
bella
città
,
tutta
fiori
e
giardini
.
Adesso
è
in
mano
ai
russi
,
ce
ne
saranno
migliaia
.
E
all
'
aeroporto
ci
sono
centinaia
di
jet
ed
elicotteri
militari
sovietici
.
Ma
i
russi
si
renderanno
presto
conto
che
non
gli
basteranno
perché
Jalalabad
tornerà
in
mano
nostra
.
Lei
vuoi
vedere
un
po
'
d
'
azione
?
Vuol
toccare
con
mano
se
noi
mujaidin
facciamo
sul
serio
o
ci
battiamo
solo
a
parole
?
Bene
,
si
faccia
quattro
passi
fino
a
Jalalabad
:
vedrà
che
ogni
sera
i
miei
ragazzi
aprono
il
fuoco
su
tutta
la
cintura
periferica
della
città
e
in
particolare
contro
l
'
aeroporto
.
È
un
ballo
che
dura
tutta
la
notte
e
quando
finisce
,
all
'
alba
,
qualche
dozzina
di
soldati
russi
o
afghani
ci
ha
lasciato
la
pelle
»
.
Sto
per
fargli
un
'
altra
domanda
ma
Khalés
l
'
indovina
e
mi
precede
:
«
Lo
so
cosa
lei
vuol
sapere
,
altri
giornalisti
me
l
'
hanno
chiesto
.
Ebbene
,
sì
.
Questo
Enfield
qui
non
lo
tengo
per
bellezza
o
per
farmi
fotografare
.
Sì
,
vado
anch
'
io
al
fronte
e
credo
d
'
aver
contribuito
la
mia
parte
allo
sfoltimento
della
presenza
militare
sovietica
in
Afghanistan
.
Capisce
cosa
voglio
dire
?
Duecento
miei
ragazzi
sono
morti
e
sono
sparpagliati
nei
cimiteri
di
villaggio
di
Ningrahar
.
Può
capitare
anche
a
me
dall
'
oggi
al
domani
e
non
sarà
niente
di
speciale
.
La
nostra
religione
comanda
che
un
leader
debba
essere
in
prima
linea
,
sempre
»
.
È
l
'
ora
di
cena
e
stendono
la
tovaglia
sul
tappeto
.
È
una
buona
cena
,
con
pane
,
brodo
,
riso
,
spinaci
,
pezzi
di
pollo
,
latte
cagliato
.
Le
mani
,
qui
,
sostituiscono
le
posate
ma
la
mia
tecnica
manducatoria
è
ancora
-
dopo
qualche
giorno
di
pratica
-
a
un
livello
tale
che
suscita
sorrisi
di
divertita
compassione
in
Khalés
e
nei
commensali
afghani
.
Peter
e
Steve
(
i
colleghi
fotografi
che
mi
hanno
accompagnato
nell
'
escursione
)
fanno
le
cose
con
maggior
disinvoltura
.
Khalés
è
loquace
e
sereno
,
ma
a
un
certo
punto
si
rabbuia
.
Qualcuno
lo
ha
informato
che
un
paio
di
sere
prima
,
nel
villaggio
di
Cheperhar
,
il
giornalista
amico
è
stato
derubato
del
portafoglio
.
«
Sono
veramente
mortificato
»
mi
dice
,
«
lei
era
un
ospite
,
lei
è
venuto
per
raccontare
al
mondo
la
nostra
tragedia
,
per
darci
una
mano
.
Sono
pieno
di
rabbia
,
d
'
amarezza
.
Non
mi
sarei
mai
aspettato
che
tra
i
miei
ragazzi
,
i
miei
mujaidin
,
ce
ne
fosse
uno
capace
di
tanta
bassezza
.
Ma
lo
troveremo
,
lo
troveremo
.
Intanto
,
lei
domattina
riavrà
i
suoi
soldi
:
purtroppo
non
abbiamo
dollari
,
dovrà
contentarsi
di
moneta
afghana
.
»
Spero
non
abbiano
trovato
il
ladro
.
Mi
auguro
che
non
lo
trovino
mai
:
pagherebbe
troppo
cara
la
sua
ribalderia
.
Dopo
cena
chiedo
ai
mujaidin
quale
punizione
potrebbero
infliggergli
.
C
'
è
una
breve
consultazione
,
poi
:
«
Gli
tagliamo
la
mano
»
.
Ma
uno
del
gruppo
,
che
ha
tutto
soppesato
e
ponderato
,
è
più
tetro
e
drastico
:
«
Siamo
in
guerra
»
dice
«
e
pertanto
vanno
applicate
le
leggi
di
guerra
.
Un
reato
simile
va
considerato
alla
stregua
del
saccheggio
e
della
violenza
carnale
.
Non
credo
che
Khalés
la
pensi
diversamente
:
a
parte
il
fatto
che
ha
gettato
discredito
sul
nostro
partito
.
Mister
Mo
,
se
lo
scopriamo
lo
fuciliamo
.
È
OK
?
Le
sta
bene
?
»
.
I
mujaidin
di
Khalés
sono
sistemati
in
una
quindicina
di
villaggi
nel
distretto
di
Sorkhroad
,
che
è
una
bella
,
verde
,
ariosa
campagna
circondata
da
montagne
calve
color
caffelatte
.
La
marcia
è
lunga
e
ogni
tanto
devi
fermarti
perché
gli
elicotteri
ti
arrivano
improvvisamente
in
testa
.
La
gente
,
ormai
,
non
ci
fa
più
caso
:
«
Se
è
destino
morire
per
questi
infedeli
»
senti
dire
,
«
va
bene
ma
lo
stesso
non
avranno
la
nostra
terra
»
.
È
sera
fonda
quando
arriviamo
nel
villaggio
di
Diwalid
,
bianco
nella
luce
della
luna
.
Jalalabad
è
a
neanche
tre
chilometri
,
difesa
-
da
questa
parte
-
dal
«
fossato
»
del
fiume
Sorkhroad
,
quasi
completamente
asciutto
.
I
mujaidin
sono
in
azione
e
puoi
sentire
qualche
colpo
di
fucile
.
«
Non
c
'
è
gran
che
stasera
»
dice
il
comandante
Awskhan
Mokhlis
,
«
i
nostri
uomini
rientreranno
dopo
la
mezzanotte
.
Vi
consiglio
di
riposare
,
siete
stanchi
:
e
domani
sera
vi
organizzo
un
bello
spettacolo
,
okay
?
»
Okay
okay
.
Finora
abbiamo
visto
i
mujaidin
delle
retrovie
che
di
eroico
hanno
solo
la
nomenclatura
.
Parlano
incessantemente
di
eventuali
attacchi
coi
russi
,
abbattono
verbalmente
elicotteri
e
jet
e
non
c
'
è
tank
sovietico
che
possa
fare
la
sua
passeggiata
vespertina
nei
campi
di
grano
di
Ningrahar
senza
essere
impallinato
,
bloccato
e
bruciato
dalle
cartucce
dei
303
.
A
sentirli
,
hanno
già
vinto
la
guerra
.
Sono
i
mujaidin
del
tè
permanente
.
Pregano
cinque
volte
al
giorno
e
quindici
volte
prendono
il
tè
,
cominciando
al
mattino
presto
,
quando
il
sole
non
è
ancora
sbucato
.
Poi
li
vedi
sempre
seduti
o
sdraiati
-
sui
letti
o
sul
pavimento
-
a
parlare
dell
'
Islam
o
di
guerra
.
L
'
occupazione
più
frequente
è
scaricare
o
ricaricare
il
fucile
o
diramare
omericamente
i
bollettini
di
guerra
che
vengono
rigonfiati
di
bocca
in
bocca
:
perciò
non
ti
devi
meravigliare
se
i
soldati
russi
morti
nella
tale
operazione
da
dieci
diventano
cento
e
carri
armati
ed
elicotteri
sono
,
nel
giro
di
poche
ore
,
triplicati
o
quintuplicati
.
Le
distanze
sono
enormi
,
non
c
'
è
radio
e
non
c
'
è
telefono
,
è
praticamente
impossibile
restare
aggiornati
sulle
vicende
militari
:
eppure
trovi
sempre
qualche
arcano
,
alato
messaggero
che
ha
fatto
trenta
chilometri
in
cinque
minuti
e
ti
scarica
sul
tavolo
la
bisaccia
delle
«
ultimissime
»
.
«
Allora
hanno
preso
Jalalabad
?
»
«
Non
ancora
,
ma
è
questione
di
giorni
.
»
«
E
Kabul
?
»
«
Questione
di
settimane
.
»
A
Diwalid
la
guerra
ce
l
'
hanno
in
casa
e
non
si
fanno
illusioni
.
Qui
la
conta
è
precisa
,
puntigliosa
.
Quando
uno
esce
dalla
caserma
(
chiamiamola
così
)
col
fucile
,
non
sa
mai
se
torna
.
Ma
anche
qui
trovi
i
millantatori
.
Il
nostro
miles
gloriosus
è
un
sellerone
alto
quasi
due
metri
,
la
faccia
segata
imperiosamente
dal
baffo
,
il
kalashnikov
a
tracolla
.
Entra
e
dice
:
«
Ho
fatto
fuori
tre
russi
,
sul
ponte
.
Un
'
ora
fa
»
.
Il
comandante
Moklis
non
dice
niente
,
anche
gli
altri
tacciono
.
Ma
Peter
e
Steve
vogliono
scattare
foto
dell
'
eroe
.
Com
'
è
avvenuto
?
Hagi
racconta
,
con
pacatezza
,
l
'
impresa
.
Sembra
il
De
bello
Gallico
,
tanto
è
asciutto
.
Mi
sono
appostato
,
ho
visto
i
tre
,
mi
son
detto
questa
è
roba
mia
,
vai
.
Ho
premuto
il
grilletto
.
Si
accarezza
il
baffo
e
guarda
giù
sulla
nostra
miseria
d
'
uomini
con
aria
sovrumana
.
Gli
chiediamo
di
tornare
sul
ponte
,
le
tre
sentinelle
saranno
state
rimpiazzate
.
Ma
Hagi
rifiuta
,
la
sua
dose
è
tre
russi
al
giorno
,
Allah
è
d
'
accordo
.
Però
domani
,
se
vogliamo
,
lui
ci
porta
nei
campi
e
ci
improvvisa
uno
show
:
«
Volete
un
carro
armato
?
»
dice
.
«
Bene
.
Esco
fuori
col
mio
"
rocket
launcher
"
e
il
primo
T-62
che
si
mette
in
marcia
da
Jalalabad
ve
lo
schianto
in
un
colpo
.
Ma
dovete
esser
pronti
ragazzi
,
clic
clic
.
Io
lo
spacco
e
voi
clic
clic
.
»
Il
giorno
dopo
Peter
e
Steve
non
hanno
fatto
clic
clic
:
o
lo
hanno
fatto
,
ma
non
per
Hagi
.
Durante
la
notte
il
miles
gloriosus
è
stato
selvaggiamente
ridimensionato
:
fuori
della
stanza
c
'
è
una
bagarre
in
piena
regola
,
volano
parole
e
cazzotti
ed
è
veramente
un
peccato
non
capire
il
pushtu
ribaltato
di
bocca
in
bocca
con
tanta
sonora
violenza
.
Capiremo
il
mattino
seguente
che
Hagi
s
'
era
abusivamente
attribuito
il
merito
dello
sterminio
sul
ponte
e
che
la
scarica
micidiale
era
partita
da
tutt
'
altro
cecchino
:
il
cecchino
Mawli
Bismilha
.
Mawli
e
l
'
ingegnere
Mahammood
sono
rientrati
di
notte
,
all
'
una
,
dopo
aver
a
lungo
sparacchiato
.
Adesso
hanno
già
detto
la
prima
preghiera
ed
è
l
'
ora
del
breakfast
,
mi
offrono
il
tè
e
il
pane
e
vogliono
sapere
se
a
Roma
è
primavera
come
qui
,
con
l
'
aria
dolce
e
azzurra
.
L
'
ingegnere
avrà
trent
'
anni
,
parla
un
inglese
soffice
e
antico
,
è
molto
cauto
e
prudente
e
tende
sempre
(
a
differenza
dei
mujaidin
del
tè
)
a
minimizzare
.
Ma
tra
poche
ore
vedremo
di
che
scorza
è
fatto
.
L
'
ingegnere
dice
che
è
stato
Bismilha
a
stendere
i
russi
:
non
ha
sprecato
un
colpo
.
Mawli
è
minuto
e
gracile
,
ha
occhi
grandi
di
un
marrone
dorato
e
un
naso
da
boxeur
,
schiacciato
:
quando
ride
-
e
lo
fa
spesso
-
scopre
una
dentatura
aggressiva
,
una
palizzata
bianca
che
si
infigge
nel
labbro
inferiore
.
Non
sono
riuscito
a
scoprire
la
sua
età
.
L
'
inglese
approssimativo
delle
nostre
guide
non
fa
testo
:
chi
dice
venticinque
,
chi
ventisei
,
chi
ventotto
.
Non
importa
.
Non
aveva
l
'
età
per
morire
.
L
'
ingegnere
cerca
di
spiegarmi
la
situazione
e
mi
traccia
una
«
mappa
»
sul
quaderno
:
qui
c
'
è
la
dronta
dam
,
la
diga
,
qui
l
'
università
,
qui
il
ponte
Khab
,
qui
la
dorasaka
,
qui
qui
...
eccetera
.
«
Ogni
sera
»
dice
«
noi
attacchiamo
.
Jalalabad
è
difesa
da
tre
,
quattromila
militari
,
tra
russi
e
afghani
.
Avranno
da
50
a
60
elicotteri
e
una
decina
di
jet
.
I
carri
armati
potrebbero
essere
da
400
a
600.»
«
Ma
qual
è
il
vostro
obiettivo
?
»
«
Prendere
l
'
aeroporto
»
dice
«
e
ammazzare
più
russi
possibile
.
»
«
Ingegnere
,
ma
che
speranze
ci
sono
?
Non
avete
armi
.
»
Mi
guarda
con
un
'
espressione
tranquilla
,
rassegnata
.
Non
riuscirò
a
scordarmi
quello
sguardo
.
Ordina
di
farci
vedere
l
'
arsenale
,
che
è
modesto
.
Ci
mettono
davanti
agli
occhi
,
oltre
agli
Enfield
303
,
i
kalashnikov
AK-47
,
un
rocket
projector
RPG-7
,
una
mitragliatrice
Guru
,
una
LMG
cecoslovacca
,
dei
fucili
G
3
tedeschi
,
un
fucile
russo
della
Seconda
guerra
mondiale
.
«
È
molto
poco
»
ammette
l
'
ingegnere
,
«
abbiamo
bisogno
di
missili
per
abbattere
gli
elicotteri
,
i
gunships
MI-24
.
Ma
per
il
resto
,
andiamo
bene
.
Sul
piano
della
guerriglia
,
i
russi
non
ci
possono
battere
.
Noi
conosciamo
il
terreno
,
sappiamo
da
dove
sparare
.
Ieri
,
Bismilha
ha
stecchito
tre
russi
ma
quelli
non
sono
neanche
riusciti
a
scoprire
da
dove
venivano
i
colpi
.
È
solo
questo
il
nostro
vantaggio
.
Ogni
sera
attacchiamo
Jalalabad
da
un
punto
diverso
.
La
sola
cosa
certa
,
da
parte
loro
,
è
che
noi
,
a
una
certa
ora
,
apriamo
il
fuoco
.
I
russi
mettono
davanti
i
soldati
afghani
e
sono
quelli
i
primi
a
crepare
.
Quanti
siamo
?
Non
è
possibile
fare
un
conto
.
Varia
da
sera
a
sera
.
Ma
ti
posso
dire
che
non
gli
diamo
requie
.
I
mujaidin
calano
giù
da
tutte
le
parti
,
da
Mirzayan
,
da
Charbagh
,
da
Saidane
-
Poladi
e
da
Haji
Sahiban
,
da
Koshkak
e
da
Balabagh
,
solo
per
parlare
del
distretto
di
Sorkhroad
:
e
poi
,
naturalmente
,
da
Cherperhar
e
da
Cama
.
»
È
un
bel
cielo
d
'
aprile
,
quello
che
vedo
sopra
Jalalabad
.
Sono
molto
vicino
al
ponte
dove
,
la
sera
prima
,
sono
stati
falciati
i
russi
.
Gli
elicotteri
sovietici
passano
e
ripassano
sopra
la
campagna
e
scompaiono
oltre
,
nella
valle
di
Khunar
.
L
'
ingegnere
dice
:
«
È
troppo
pericoloso
attaccare
adesso
:
aspettiamo
stasera
.
Di
giorno
,
se
spari
,
ti
vengono
addosso
jet
ed
elicotteri
e
non
hai
scampo
»
.
Ma
poi
qualcosa
cambia
.
Ed
è
l
'
ingegnere
che
arriva
trafelato
e
dice
:
«
Attacchiamo
adesso
:
ma
vi
prego
andate
via
,
non
vogliamo
che
vi
succeda
qualcosa
»
.
Peter
ed
io
siamo
in
un
campo
di
frumento
e
vedo
l
'
ingegnere
e
Bismilha
correre
piegati
in
due
lungo
l
'
argine
e
poi
farsi
inghiottire
dal
verde
.
Subito
dopo
,
un
carro
armato
russo
appare
sulla
sponda
del
fiume
,
dalla
parte
dei
mujaidin
:
e
poi
un
altro
,
con
la
stessa
minacciosa
musica
,
e
poi
tre
Carriers
.
Peter
inquadra
il
primo
carro
armato
,
un
T
62
:
«
Cristo
»
dice
,
«
che
bella
bestia
»
.
Dal
verde
alla
nostra
destra
partono
i
primi
colpi
.
Bismilha
è
allergico
ai
tank
sovietici
e
così
l
'
ingegnere
.
Sono
passate
da
poco
le
undici
e
i
mujaidin
hanno
deciso
che
l
'
Armata
Rossa
non
debba
profanare
oltre
,
coi
cingoli
,
la
terra
sacra
di
Ningrahar
.
Né
l
'
ingegnere
né
Bismilha
hanno
avuto
il
tempo
di
chiedere
l
'
autorizzazione
a
Mawli
Khalés
,
ma
sanno
molto
bene
che
Mawli
Khalés
farebbe
la
stessa
cosa
.
E
dai
cespugli
dove
sono
rintanati
partono
altre
scariche
.
Ora
,
lungo
l
'
argine
del
Sorkhroad
,
procedono
lentamente
-
forse
con
l
'
obiettivo
d
'
un
accerchiamento
-
due
T-62
e
tre
APC
:
che
cominciano
a
rispondere
al
fuoco
coi
cannoni
di
75
mm.
Non
è
ancora
l
'
inferno
,
ma
questa
media
temperatura
bellica
non
impedisce
a
una
donna
di
continuare
a
sciacquare
e
risciacquare
i
suoi
panni
nel
torrente
e
ai
contadini
di
zappare
la
terra
.
Cannonate
e
raffiche
di
mitraglia
passano
sopra
questi
bellissimi
campi
di
frumento
e
cipolle
e
papaveri
bianchi
e
ciclamini
da
cui
esce
,
distillata
,
la
felicità
dell
'
oppio
.
È
passato
da
poco
mezzogiorno
quando
Bismilha
e
un
ragazzotto
di
neanche
diciott
'
anni
spingono
fuori
dalla
macchia
,
sull
'
argine
,
tre
uomini
,
percuotendoli
coi
calci
dei
fucili
.
Uno
avrà
trent
'
anni
,
l
'
altro
quaranta
,
il
terzo
,
molto
vecchio
e
fragile
,
è
sulla
settantina
.
Gli
sono
molto
vicino
e
credo
di
poter
dire
da
che
strana
luce
sono
attraversati
gli
occhi
,
quando
sei
preso
dal
terrore
.
Il
mujaidin
di
scorta
continua
a
picchiarli
e
altri
,
che
li
incrociano
sul
cammino
,
aggiungono
la
loro
dose
di
percosse
,
calciandoli
in
faccia
,
alle
gambe
,
ai
testicoli
.
Il
vecchio
è
il
più
pestato
.
Uno
lo
fa
stramazzare
vibrandogli
il
fucile
sulla
schiena
con
un
fendente
che
avrebbe
ucciso
un
mulo
,
ma
lui
riemerge
dalla
caduta
senza
un
lamento
,
senza
gemiti
,
la
faccia
di
un
antico
gufo
che
è
da
tempo
morto
e
non
appartiene
più
a
questa
terra
.
I
tre
afghani
erano
su
un
bulldozer
che
i
carri
armati
russi
scortavano
da
qualche
parte
per
lavori
di
sterramento
:
sorpresi
e
terrorizzati
dalla
sparatoria
,
si
son
dati
alla
fuga
scegliendo
-
nella
paura
-
l
'
itinerario
sbagliato
:
ed
eccoteli
capitare
,
in
pochi
minuti
,
davanti
ai
fucili
dell
'
ingegnere
e
di
Bismilha
.
Li
hanno
portati
dal
giudice
.
Il
giudice
è
un
tipo
robusto
con
una
faccia
larga
e
una
barba
coranica
,
ha
occhi
color
mandorla
,
vivaci
,
ironici
e
crudeli
,
lo
chiamano
anche
Kissinger
per
via
di
una
sua
certa
avventurosa
politica
estera
e
sostiene
di
dovermi
proteggere
a
tutti
i
costi
«
perché
»
dice
«
tu
hai
faccia
da
russo
(
"
rusj
rusj
"
)
e
se
capiti
in
mezzo
proprio
non
darei
una
lira
per
i
tuoi
coglioni
»
.
«
Rusj
rusj
»
mi
dice
il
giudice
,
«
tu
non
vuoi
morire
a
Jalalabad
.
»
Io
gli
dico
di
no
,
anche
se
è
bella
,
c
'
ero
stato
in
gennaio
e
il
collega
Bernardo
Valli
,
che
pure
ha
tanto
peregrinato
,
sosteneva
che
un
profumo
simile
non
lo
aveva
mai
respirato
da
nessun
'
altra
parte
.
Quando
i
tre
gli
arrivano
davanti
,
il
giudice
li
abbraccia
:
miei
cari
fratelli
islamici
,
dice
.
Ma
poi
il
mujaidin
di
scorta
lo
informa
che
sono
«
collaborazionisti
»
,
grandi
figli
di
troia
fottuti
e
venduti
,
e
il
giudice
allora
fa
scendere
dall
'
alto
la
sua
mano
non
più
benedicente
,
un
colpo
di
maglio
che
quasi
gli
stacca
la
testa
.
Li
mettono
in
una
specie
di
stalla
.
Nessuno
dei
tre
parla
.
Forse
gli
hanno
già
detto
che
devono
morire
.
Guardo
il
vecchio
.
Ha
due
crateri
secchi
nelle
guance
,
la
bocca
senza
labbra
cucita
sulle
gengive
amare
.
L
'
uomo
di
mezza
età
getta
un
'
occhiata
indifferente
-
certo
senza
astio
-
ai
fotoreporters
che
stanno
indagando
nella
sua
disperazione
.
Il
più
giovane
sembra
assente
.
Il
comandante
gli
dice
:
«
Hai
dei
bei
sandali
,
sono
molto
più
belli
dei
miei
.
Sai
che
ti
dico
?
Facciamo
un
cambio
:
a
te
non
servono
più
»
.
Il
comandante
Mokhlis
butta
lontano
le
sue
ciabatte
sdrucite
e
calza
i
sandali
del
condannato
a
morte
.
Fa
due
o
tre
passi
per
provarle
.
«
Belle
calzature
eh
?
»
L
'
uomo
si
guarda
i
piedi
nudi
.
Nei
campi
,
i
mujaidin
combattono
fin
a
tarda
sera
.
Il
giudice
si
fa
passare
sotto
le
narici
dei
fiori
di
campo
e
poi
dice
:
«
Domani
finito
»
.
Fa
anche
capire
,
con
un
gesto
,
che
i
tre
non
hanno
scampo
.
Alle
quattro
del
pomeriggio
arriva
la
notizia
che
Mawli
Bismilha
è
morto
.
Il
ragazzo
che
porta
la
notizia
ha
del
sangue
sulla
camicia
.
Non
piange
,
ma
gli
costa
fatica
.
«
A
che
ora
è
morto
?
»
gli
chiedono
.
«
Un
'
ora
fa
»
è
la
risposta
.
«
L
'
hai
visto
?
»
«
L
'
ho
visto
.
»
Vai
a
capirli
,
questi
mujaidin
.
Bismilha
è
morto
,
l
'
ingegnere
continua
a
sparare
sui
carri
armati
col
cadavere
vicino
e
dai
campi
di
frumento
che
sono
lì
a
cento
metri
senti
i
guerriglieri
che
tra
una
fucilata
e
l
'
altra
invocano
Allah
,
mentre
i
carri
armati
sovietici
,
non
ancora
annichiliti
,
vomitano
sui
campi
il
fuoco
della
75
mm.
È
un
grido
di
disperati
,
un
grido
che
fa
paura
.
Allah
Akbar
,
Allah
è
grande
.
La
battaglia
di
Jalalabad
è
finita
senza
vinti
né
vincitori
.
Ma
il
giorno
dopo
i
russi
son
passati
alle
punizioni
e
l
'
artiglieria
di
terra
e
gli
elicotteri
hanno
martoriato
per
ore
Sorkhroad
.
È
sera
,
ormai
,
quando
il
giudice
decide
di
trasferire
i
prigionieri
in
zona
più
tranquilla
.
Una
trasferta
di
oltre
quattro
ore
.
La
battaglia
continua
sulla
piana
mentre
noi
scappiamo
.
Mi
dicono
che
i
russi
stanno
tentando
una
manovra
di
accerchiamento
e
non
sarebbe
prudente
farsi
trovare
.
Quando
arriviamo
sul
fiume
,
è
l
'
ora
della
preghiera
.
Una
luce
violetta
avvolge
le
montagne
.
I
tre
chiedono
di
poter
pregare
e
gli
viene
concesso
.
Li
slegano
,
quelli
si
inginocchiano
e
forse
non
vedrai
più
mai
nella
tua
vita
una
preghiera
così
fervida
,
così
disperata
e
così
intensa
.
Viene
da
piangere
.
Ma
forse
-
pensiamo
-
c
'
è
speranza
:
li
hanno
lasciati
pregare
,
potrebbero
salvarli
.
Invece
no
.
Li
hanno
portati
in
una
cava
di
ghiaia
,
a
Fathiabad
,
tre
buone
ore
di
marcia
da
Diwalid
.
Ed
è
qui
che
li
rivediamo
,
sempre
legati
e
pronti
a
morire
.
Nessuno
è
in
grado
di
venirci
incontro
.
Nessun
interprete
che
sappia
tradurre
.
Dei
tre
non
sappiamo
né
il
nome
né
l
'
età
né
perché
si
son
messi
coi
russi
.
Ma
non
ha
importanza
.
Una
cosa
ci
sembra
di
aver
capito
.
Ed
è
che
erano
tre
poveri
diavoli
di
contadini
,
senza
la
minima
possibilità
di
traviamento
da
parte
di
una
filosofia
estranea
e
(
per
loro
)
lunare
come
il
marxismo
e
che
se
erano
capitati
sui
bulldozer
«
russi
»
lo
avevano
fatto
soltanto
per
sbarcare
il
lunario
e
per
quell
'
antica
irresistibile
ragione
che
è
la
fame
.
Sono
le
dieci
del
mattino
quando
entriamo
nella
cava
di
Fathiabad
.
I
due
più
giovani
sono
ammanettati
insieme
da
una
striscia
di
stoffa
celeste
;
il
vecchio
è
solo
.
Li
spingono
dietro
,
dove
c
'
è
una
specie
di
cunetta
che
sarà
la
loro
fossa
.
L
'
intero
villaggio
s
'
è
radunato
per
la
cerimonia
ma
il
giudice
li
tiene
lontano
.
Non
c
'
è
plotone
d
'
esecuzione
vero
e
proprio
,
i
tre
non
vengono
messi
al
muro
.
Due
mujaidin
hanno
l
'
incombenza
.
Il
primo
colpo
è
per
il
vecchio
che
cade
sulle
ginocchia
,
schiantato
,
e
poi
si
rovescia
sul
fianco
,
cadendo
nella
cunetta
,
la
bocca
e
gli
occhi
pieni
di
sangue
.
Poi
vanno
giù
gli
altri
due
:
il
più
giovane
ha
la
schiena
sfasciata
e
da
un
buco
esce
della
materia
.
L
'
uomo
di
mezzo
ha
molto
pregato
prima
di
morire
.
Gli
ero
molto
vicino
e
ho
sentito
che
ripeteva
continuamente
Allah
,
Allah
,
Allah
.
Il
secondo
e
ultimo
colpo
gli
ha
traforato
il
cranio
.
Ma
non
è
tutto
finito
qui
.
Qualcuno
non
è
soddisfatto
,
l
'
esecuzione
non
gli
è
bastata
.
Ed
ecco
che
tira
fuori
dai
cenci
un
coltello
e
comincia
a
infierire
contro
i
cadaveri
,
aprendo
altri
squarci
.
Il
vecchio
ha
la
gola
recisa
.
Mi
vedo
attorno
bambini
di
nove
,
dieci
anni
colti
da
macabra
esultanza
che
sputano
sui
morti
,
giocando
a
chi
centra
meglio
.
Fathiabad
era
il
villaggio
di
Mawlí
Bismilha
.
Lo
hanno
portato
al
cimitero
sul
suo
letto
di
paglia
,
sotto
una
coperta
verde
.
Hanno
rimosso
la
coperta
per
farmelo
vedere
.
Ha
quei
suoi
dentoni
appoggiati
sul
labbro
inferiore
e
un
buchetto
nero
in
mezzo
alla
fronte
.
Sua
madre
non
piange
,
suo
fratello
non
piange
.
C
'
è
solo
un
ragazzo
che
piange
.
Se
ho
ben
capito
,
dice
che
Mawli
gli
ha
insegnato
a
sparare
.