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Naufraghi del cielo ( Montale Eugenio , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Mentre scrivo ( sono le ore 15 del 16 aprile ) non so ancora se gli astronauti dell ' Apollo 13 riusciranno ad ammarare felicemente ... in mare , ciò che sarebbe fatto assai raro perché di solito il verbo ammarare ( io preferisco la forma amarrare ) significa il raggiungimento della terraferma dal mare . L ' infelice esito del tredicesimo ludo apollineo non porrà certo fine ai viaggi spaziali , anzi sarà considerato come una « sfida » che bisogna accettare perché l ' onore della scienza non tollera smentite . Il « mirabil mostro » ( cfr. Vincenzo Monti , ode Al Signor di Montgolfier ) sarà certo sostituito da un altro che porterà un numero meno infausto e raggiungerà i previsti obiettivi . Ma messe a parte eventuali congratulazioni o condoglianze - e facciamo i debiti scongiuri - quel che vorrei sottolineare è il carattere illogico , irrazionale , di simili tentativi . Sembra un paradosso : le imprese dell ' uomo , le conquiste della tecnica sono da un lato il trionfo della mente umana , dall ' altro il fatto evidente che la scienza « non pensa » e non lo può costituzionalmente . Se la scienza pensasse si troverebbe di fronte all ' opzione tra il bene e il male , tra l ' utile e l ' inutile , tra la felicità e l ' infelicità : e dovrebbe trarne le debite conseguenze . Ma questo non avviene né risulta che sia mai avvenuto . La scienza non opta perché non conosce : la scienza agisce , confronta , trova ( e talvolta trova cose utilissime ) , ma la sorte dell ' uomo le è del tutto indifferente . In questo la scienza è un prolungamento della natura . E opinione assai diffusa che l ' ingegno dell ' uomo vinca e domini gli ostacoli dell ' avversa natura , ma non è così . Natura e scienza rivelano la loro profonda affinità per il fatto ch ' esse sono le sole e invincibili nemiche dell ' uomo . E ' molto strano ( anche se comprensibile ) che sorgano società per la protezione della natura . Io stesso inorridisco per la scomparsa degli alberi , per l ' insania dei parlamentari che permettono il barbaro aucupio con le reti ; io stesso mi commuovo pensando che Venezia sarà , un giorno , visitata solo da coraggiosi sommozzatori . Ma questo non toglie nulla all ' evidenza che la natura può fare a meno dell ' uomo e che l ' uomo ha qualche giustificazione quando tenta , con sporadici successi , di sopprimerla . Avversa la natura , neutra o agnostica la scienza , che cosa resta all ' uomo ? Certamente il pensiero , non il pensiero che crea il mondo e la storia ( idealismo , marxismo ecc . ) , ma il pensiero che l ' ignoranza è una forma del tutto oscura ed embrionale della conoscenza . La sola autentica , in ogni modo . Tutto il resto è vanità ; è astronautica , è riforma della scuola , riforma del clero , riforma della burocrazia ( figuriamoci ! ) , riforma delle riforme , di tutto ciò che aiuta a vivere perché con la verità non è neppure concepibile la vita . ( Postilla . E la vita stessa sarebbe dunque inutile ? No assolutamente , perché io credo che la vita sia una cosa meravigliosa . )
Il Diario di Mosca ( Montale Eugenio , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Nel 1961 Enzo Bettiza , da quattro anni corrispondente da Vienna , fu trasferito a Mosca ; e non senza disappunto abbandonò il prezioso « fossile » che per cultura ed estrazione familiare gli era tanto caro . Nato a Spalato jugoslava , studente liceale nell ' italianissima Zara , figlio di un irredentista dalmata cittadino italiano e di una montenegrina , Bettiza si è sempre considerato un mitteleuropeo e più precisamente un Altósterreicher , sentimentalmente legato alla sua « defunta » capitale . Alla nuova residenza egli non giunge tuttavia impreparato . Ha una moglie goriziana , parla perfettamente la lingua slovena , conosce il serbo - croato e il tedesco , non gli è difficile impadronirsi del russo . Gli sarà perciò meno dura quella crisi di rigetto ch ' egli , confrontandosi con altri suoi colleghi italiani , ci descrive nel suo nuovo libro Il diario di Mosca ( Longanesi ) , rendiconto dei quattro anni da lui trascorsi in quella città e prima parte di un ' opera che avrà un seguito . Più che preparato Bettiza era vaccinato . Ha assistito all ' ingresso dei titoisti a Spalato , giovane comunista ha contemplato con un misto di desolazione e di esultanza l ' impoverimento della famiglia ; in seguito ha lasciato il partito , definitivamente immunizzato dal fideismo marxista . In che cosa poteva respingerlo la nuova sede ? L altro pericolo , l ' insabbiamento , a cui vanno soggetti gli stranieri che si stabiliscono in Russia fu da lui evitato studiando il fenomeno davvicino , nei giornalisti stranieri che vivono da molti anni in quella capitale . L ' immensa Russia ha una dimensione temporale diversa dalla nostra . La lentezza , la monotonia , l ' incolore opacità del mastodonte sovietico possono indurre chi vi soggiace ad una sorta di claustrofilia . Non vale la pena di uscirne , tutto il resto del mondo è un technicolor di cui si perde anche il desiderio . Quando Bettiza giunge a Mosca la destalinizzazione ha già compiuto molti passi e forse sta facendone qualcuno indietro . Tukacevski e quasi tutti i generali che Stalin ha mandato a morte sono stati riabilitati ; ma in altri settori non si avvertono veri mutamenti . Qualcuno trova che si esagera . Con Stalin , dichiara confidenzialmente un cremlinologo , si sapeva benissimo dove si andava a finire ; ma con Kruscev nulla è prevedibile . Dopo tutto Stalin non era per niente incolto , afferma un poeta che recita i suoi versi dinanzi a folle entusiaste . Narratori e teatranti godono di qualche maggiore libertà ma accettano i benevoli consigli della censura . La più nota gazzetta letteraria è meno prudente ma manca del tutto la stampa d ' informazione . Le notizie , se ci sono , si devono cercare tra le righe della « Pravda » . Quel che conta negli articoli di quel giornale non è il generico ottimismo ma quell '«eppure...», quel « tuttavia » che sarà il campanello d ' allarme di qualche alto funzionario periferico . Quel « tuttavia » permetterà ai cremlinologi ( nuovo ramo di una più vasta scienza , la sovietologia ) di tirare l ' oroscopo . Il comune lettore sorvola sul « tuttavia » che di solito appare nelle ultime righe dell ' articolo ; ma le vere notizie deve cercarle in qualche giornale straniero ( se lo trova o se riesce a leggerlo ) . Non c ' è stata vera riabilitazione neppure per Pasternak . Gli si riconoscono qualità di poeta ma si osserva che il romanzo non era pane per i suoi denti . La sua dacia non diventerà un museo nazionale . In un Paese dove la mummia di Lenin - tolta dal mausoleo quella di Stalin - è meta di un continuo e adorante pellegrinaggio , un senso d ' incombente mummificazione generale desta l ' attenzione del giornalista che voglia sfuggire al mortale invito . Bisogna sfuggire al primo click , dice Frane Barbieri , altro dalmata che è corrispondente di un giornale di Zagabria . Come si difendono gli stranieri ? I francesi vivono in un mondo a sé , distaccati . Gli inglesi sono più curiosi che interessati , non abbandonano mai il loro fondamentale empirismo , mentre i tedeschi sono irretiti , imprigionati da quel complesso di amore - odio per il mondo russo che non sarà una sorpresa per chi abbia letto il grande romanzo di Gonciarov e qualche altro classico della letteratura russa . In Oblomov il personaggio di Stolz , tedesco , è l ' eroe positivo , sebbene di una positività assai mediocre , e non mancano esempi in altri autori . Da Bielinski in poi , assai prima che il pensiero di Marx giungesse in Russia , la filosofia di Hegel ha fatto strage nell ' intelligenza slava ( molto prima che in Italia , sia detto tra parentesi ) . Nessuna inimicizia è così grande come quella che scoppia tra lontani parenti , tra affini . Ed è proprio su questo tema che Bettiza ci dà alcune delle sue pagine migliori , perché in lui l ' amore per le idee è di gran lunga superiore all ' amore per gli uomini . E non è , intendiamoci , ch ' egli non sia un attento osservatore degli uomini ; ma il fatto è che il color locale , la barzelletta , l ' aneddoto sono del tutto estranei ad un temperamento come il suo . Uno scrittore impressionistico avrebbe speso molte pagine per descriverci gli orrori di quell ' hotel Lux dove a migliaia di uomini furono inflitte mostruose torture per ottenere confessioni di inesistenti congiure , autoaccuse , delazioni ; dove quella « historia generai de la infamia » progettata dal Borges ha scritto una delle sue vette più ingloriose . Tre o quattro pagine sole , plumbee , dure , senza un filo di commozione , ma proprio per questo tanto più dure nel giudizio . Ne sanno qualcosa i giovanissimi russi di oggi ? Bettiza è incline a credere che non ne sappiano nulla , o meglio che non vogliano saperne nulla . D ' altronde , chi è meglio qualificato a descrivere i grandi eventi della storia ? Chi li ha vissuti o colui che li osserva da lontano , col cannocchiale , esperto del prima e del poi , delle cause e delle conseguenze ? Il non comprendere , il non voler comprendere ciò che ci sta davanti agli occhi non è specifico della mentalità slava , sebbene l ' immensa costellazione sovietica , tanto diversa nelle sue componenti , abbia avuto un comune destino : quello di saltare a piè pari almeno un secolo passando da un ' autocrazia feudale a un tipo di collettivismo anche più accentratore , non certo previsto da Marx che mai nascose la sua antipatia per il mondo russo . Né credo che in Marx agisse quell ' ambivalenza che Bettiza ha posto in luce con tanta precisione . Fabrizio del Dongo non si rese conto di essere coinvolto nella battaglia di Waterloo così come molti tedeschi e molti italiani non videro ciò che stava accadendo sotto i loro occhi . La storia che non si ripete mai , in questo si ripete sempre . Vede chi vuole e pochi sono nella condizione di volere . E sono certo che anche in Russia la pietà è di gran lunga più forte della ferocia . Un luogo comune , accettato da tutti coloro che conoscono la grande letteratura russa , è che in quei paesi sia vivo e ineliminabile il sentimento religioso . Su questo punto la testimonianza di Bettiza non suona discorde . Nella Russia d ' oggi la religiosità non è solo fuoco sotto la cenere ma assume anche forme spettacolari : non tali però da mettere in causa la solidità del regime . Non c ' è grande differenza tra quelli che ascoltano in massa le poesie di chitarristi stipendiati dallo Stato e coloro che affollano le cerimonie della Chiesa ortodossa e i culti non certo clandestini della seconda Chiesa russa , riconosciuta dallo Stato , quella dei Vecchi Credenti , non riconosciuta dall ' Ortodossia . Pare che all ' origine di questo scisma tardo - seicentesco sia un diverso modo di farsi il segno della croce . Con tre dita o con due ( a pizzico ) ? Poi sorsero altre divergenze dottrinali che ignoro . I Vecchi Credenti sono milioni , hanno le loro chiese , i loro preti , una loro organizzazione . E come ho già detto anche l ' orrendo teschio di Lenin esercita una morbosa attrazione mistica sui visitatori che sostano in fila per essere ammessi alla beatitudine . Lo spettacolo dev ' essere allucinante . Non è affatto prevedibile una futura mummificazione di Kruscev . Non lo era neppure nel '6l'62 , quando Bettiza scriveva questo suo diario . La prova secca , precisa , lineare di Bettiza non è quella del journal , non consente citazioni , estrapolazioni . Non vuol essere « prosa d ' arte » nel significato più dubbio della parola . D ' altronde Bettiza considera questo libro e i suoi precedenti ( tra gli altri quel Fantasma di Trieste che fu tradotto in molte lingue ) come il materiale che dovrebbe confluire in un futuro romanzo mitteleuropeo , globale , sinfonico , « completamente distaccato dagli umori passeggeri dello scrittore » . Ardua impresa in un tempo nel quale arte e scienza tendono piuttosto al micro che al macroscopico . Ma non è lecito porre limiti alle giuste ambizioni di uno scrittore tanto dotato . Può darsi che un giorno egli si avveda che il Diario di Mosca e quelli che eventualmente seguiranno sono già il romanzo ch ' egli , in astratto , vagheggiava . Un romanzo che ha un solo personaggio : l ' uomo , il Singolo di fronte alla Moltitudine . La scomparsa del singolo sarebbe la fine dell ' avventura umana ; e di questo la provvidenza ci ha dato già qualche annuncio ma non la sentenza definitiva . Può darsi che ce la risparmi , anche se non l ' abbiamo meritato .
Vivere a Milano ( Montale Eugenio , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Vivo a Milano dal 1948; avevo allora cinquantadue anni . Perché ho scelto Milano a preferenza d ' altre città ? Molti amici , quando vado a Roma o altrove , me lo chiedono , tra stupiti e scandalizzati . E la mia risposta è sempre la stessa : perché a Milano ho trovato un posto di lavoro soddisfacente . Ma gli amici non si arrendono e obiettano : che ne è del clima o meglio dell ' habitat intellettuale della città ? Non è forse vero che l ' incomunicazione di massa ha qui toccato uno dei suoi vertici ? E a questo punto la mia risposta è sempre la stessa : 1° ) l ' incomunicazione di massa può essere molto favorevole a uno scrittore o artista che non sia eterodiretto , che non dipenda dagli alti e bassi della moda culturale ; mentre sarebbe disastrosa per quei titani dell ' aggiornamento porno - sociologico che contestano « il sistema » ritraendone lauti vantaggi ; 2° ) anche mettendo da parte ciò che Milano e la Lombardia rappresentano nella vita economica del nostro Paese , anche se ci scordiamo per un momento la meravigliosa stagione del romanticismo lombardo possiamo tranquillamente affermare che gli anni della scapigliatura e del primo naturalismo hanno fatto di Milano una città civilissima e culturalmente importante . Sì , hanno fatto : ma ora ? Io posso riferire due episodi diversissimi , ma forse significativi . Nel 1926 incontrai a Milano Italo Svevo , di cui conoscevo solo l ' opera e la fotografia . Mi feci coraggio , mi presentai e lo condussi subito in via Borgospesso , al « Convegno » . Vi trovai alcuni scrittori ben lieti di rendere omaggio al loro più anziano collega . Enzo Ferrieri , naturalmente , Carlo Linati , Eugenio Levi , Alessandro Pellegrini ed altri ancora . Qualche mese dopo Svevo tornò al « Convegno » per leggere una sua conferenza su Joyce : fu un avvenimento che oggi non potrebbe ripetersi . Secondo episodio , trent ' anni dopo . Nel 1956 si dette alla Scala un dramma lirico di sir William Walton , Troilo e Cressida . Io ero il traduttore del bellissimo libretto . Musicalmente , la partitura era elegantissima , la parte vocale non facile . Lo feci notare a Victor de Sabata , il quale sorrise e mi disse che la Scala sapeva il fatto suo . De Sabata , grande direttore d ' orchestra , era notoriamente incapace di mettere insieme un cast . Il risultato fu disastroso : l ' opera , eseguita da artisti di terz ' ordine , finì tra fischi assordanti . Alla fine dello spettacolo né il Sovrintendente , né il De Sabata , né il direttore d ' orchestra si fecero vedere dall ' autore . Faceva freddo , nevicava . Accompagnai Walton sguazzando nella neve e nelle pozzanghere . Lui era tranquillo , io pieno di vergogna . Nonostante il freddo , la nebbia e lo smog Milano ha o avrebbe tutto ciò che occorre per essere un ' importante città d ' arte e di cultura . Ha molte opere d ' arte , musei , biblioteche ( eccellente la Biblioteca comunale ) , alcune università ; possiede due grandi orchestre , parecchie istituzioni musicali , è sede dei maggiori editori italiani , i suoi giornali e rotocalchi raggiungono alte tirature . Ogni sera vi si tengono decine di conferenze e dibattiti , il Piccolo Teatro ha ottenuto successi internazionali , la Scala fa quel che può ( meno di quel che potrebbe ) per sopravvivere , la direzione locale della Rai - TV compie lodevoli sforzi , ma non si è mai riusciti a dare alla città un decente museo d ' arte moderna . Tuttavia la somma di simili meriti e demeriti è ben lontana dal dare un risultato positivo . Non mancano le apparecchiature e i mezzi , è invece assente la volontà di coordinare gli strumenti a disposizione e di dare al pubblico , anche al pubblico dei meno abbienti , quei « servizi » ch ' esso avrebbe il diritto di pretendere . Che Milano sia stata sempre una città sorda all ' intelligenza non può dirsi in alcun modo . Anche senza essere un longobardista ( com ' era il compianto Bognetti ) e nemmeno un lombardista ( com ' è il valentissimo Dante Isella ) io so quanto Milano abbia contato nella storia dell ' intelligenza italiana . Lo so per averlo letto nei libri , non lo so affatto per mie recenti esperienze personali . Tra il '25 e il '30 io venivo a Milano come si va alla Mecca : per rendere il mio tributo a una città d ' eccezione . Ma se debbo prescindere dall ' enorme importanza che Milano ha nel campo dell ' industria e dell ' economia , io amo questa città per l ' innegabile senso civico dei suoi abitanti , l ' amo perché vivendoci riesco quasi a dimenticarmi di essere in Italia ( e non è dir poco ) , l ' amo perché qui il sottobosco politico e pseudo culturale fa poca presa , l ' amo perché i miei amici A B C ... Z non potrebbero viverci e prosperare , l ' amo perché qui si può vivere senza vedere nessuno , senza essere coinvolto in qualsiasi indecoroso intrallazzo mondano , senza vergognarmi di essere al mondo , l ' amo con tutto il cuore ma non riesco ad amarla per la souplesse , l ' agilità e l ' acume della sua intelligenza . Dipenderà dai cittadini di Milano un futuro e imprevedibile mutamento del volto , del carattere della città ? Certamente , ma non dai suoi uomini d ' oggi . Milano è una città buona , ma non è una città interessante . Gli stranieri vengono qui per ragioni d ' affari , ma ben pochi viaggiatori sentimentali ( nel senso reso tradizionale da Sterne ) vengono a stabilirvisi . Milano potrà dunque , anzi dovrà , diventare una città di cultura rinunziando ( et pour cause ) a quanto non ha di congeniale : il colore locale , la cattiva reputazione , lo scandalo , la moda . Sarà possibile ? Tutto dipenderà dai suoi uomini di domani . Se i giovani d ' oggi si tagliassero la barba e imparassero a studiare senza far credito alle molte università che vi sorgeranno , numerose come i funghi , allora Milano potrebbe acquistare quella dimensione morale e culturale che altre città italiane , malgrado l ' infuriare delle discordie politiche , hanno saputo in qualche modo difendere . Ricordiamo però che la cultura non si fabbrica , nasce da sé quando è giunto il momento propizio . E il momento stesso è una grazia che bisogna meritare .
Il crematorio di Vienna ( Montale Eugenio , 1970 )
StampaQuotidiana ,
L ' uomo alienato , anzi reificato come si dice oggi , ridotto a cosa e non più individuo , è veramente infelice per la condizione in cui è venuto a trovarsi ? Il problema è certamente mal posto perché dell ' uomo libero , non condizionato che da se stesso , la storia non offre esempi ; ma se vogliamo ammettere ch ' esso esista e sia anzi il problema d ' oggi si deve escludere che psicologi sociologi e ah nettali specialisti dell ' uomo - uomo e dell ' uomo - formica siano i più idonei a risolverlo . Gli artisti invece hanno qualcosa da dire in proposito perché la loro vocazione - e più nell ' ultimo secolo , da quando sono sorti verismo , naturalismo e altre scuole affini - sembra essere quella di denunciare l ' universale infelicità umana . Non sono però concordi nella prognosi e tanto meno nella diagnosi . L ' infelicità dell ' uomo è costitutiva , originaria oppure è l ' effetto dei « sistemi » sociali sinora sperimentati ? Gli artisti così detti engagés propendono per questa seconda ipotesi ma sanno benissimo che l ' utopia della città Felice non fu e mai sarà attuabile . Altri invece accettano l ' infelicità come la sola possibile fonte di ispirazione . L ' arte sarebbe la vita di chi non vive . E difficile immaginare che un uomo felice , un uomo « riuscito » , rinunci alla sua presente felicità per crearsi una soddisfazione post mortem scrivendo opere letterarie di non probabile sopravvivenza . Non mancano , sono anzi numerosi , gli scrittori che pur non essendo impegnati nella contestazione socio - politica sentono il bisogno di giustificare il no da essi opposto alla vita dell ' uomo d ' oggi . Tra questi , e tra i più giovani , particolarmente interessante è Goffredo Parise . Il suo no non è a senso unico : nel suo ultimo libro Il crematorio di Vienna ( Feltrinelli ) l ' accusa non è rivolta alla vita intesa come istituzione , bensì alla civiltà consumistica , che è la sua bestia nera , non certo l ' unica . Lo sguardo di Parise è stato sempre quello di un antropologo che abbia il capolavoro di Darwin come livre de chevet . Non tanto lo interessa l ' uomo come animale privilegiato ( che pensa e modifica a piacer suo o distrugge la sua vita ) quanto l ' uomo animalesco tout court che continua a mostrarsi nell ' attuale uomo civile ed economico . Non so se Parise si faccia illusioni su ciò che potrebbe essere l ' uomo allo stato di natura , il buon selvaggio . In ogni modo è la vita primordiale quella che attrae la sua attenzione ; ed è per questo che in un libro di tinte uniformi , volutamente composto sullo schema di « tema e variazioni » ( una trentina di pezzi numerati senza titoli ) si può trovare ad apertura di pagina una frase come questa : O pesci ! , in amore muto e natante , in seminagione stagionale , la vostra tecnocrazia o sistematica riproduttiva non conosce le belle regole della dialettica : fate e basta . Non conoscete , beati voi , la didattica delle convenzioni ideologiche (...) o pesci , fate , guizzate con l ' occhio non cosciente , privo di quel miraggio , verso non tecnici miraggi : il vermetto , magari traditore , la libellula , il pesce femmina , gli infiniti e gioiosi misteri di quel grande Luna Park subacqueo che è la vita ittica , ottusi ai ragionamenti , alla presenza , alla bella presenza con cappello grigio , guanti grigi , soprabito grigio dei marciatori dall ' universale bella presenza , delle confezioni , dei prodotti di bellezza per uomo , o pesci ! Non dico che questo sia un bellissimo squarcio di prosa ; ma a chi non conoscesse Parise potrebbe servire per comprendere tanti altri motivi di lui . Il tema che prevale nel Crematorio trovava già nel Padrone ( il più fortunato romanzo di Parise ) due personaggi ancora individuabili da un punto di vista che diremmo vagamente naturalistico : il padrone Max , pianta carnivora che risucchia un suo dipendente : il quale , a conti fatti , accetta una situazione a lui non del tutto sfavorevole . Il motivo del consumo , della quasi perfetta simbiosi tra il consumante e il consumatore e il consumato , dava luogo a un grottesco di forte interesse narrativo . Qui invece , nel Crematorio , i personaggi pure restando anonimi ( portano soltanto un nome che è una lettera dell ' alfabeto ) vivono in ambienti ben definiti , hanno caratteri fisici e psicologici accettabili ma perdono alquanto in credibilità . Altro è trovarsi nella condizione di robot , altro sapere di esserlo . Le figure di questo défilé pensano e riflettono sulla loro condizione con una straordinaria consapevolezza , ciò che nella vita quasi mai accade . Nella vita l ' infelicità non è di entrare nel circolo produttore - prodotto ma nell ' uscirne . Non è psicologicamente vero che l ' uomo desideri la libertà : è vero però ch ' egli deve illudersi di desiderarla . Solo in rari esempi la paranoia si affaccia nei personaggi monologanti di Parise . Tale è il caso dell ' uomo che uccide molte persone senza alcun proposito criminale , ma per darsi prova della propria abilità nel tiro a segno . Ma in casi analoghi , e assai meno cruenti , il tema del rapporto tra divoratore e divorato è quasi nascosto e si crea allora una situazione veramente poetica restando nascosta la nuda e cruda motivazione . Tale la storia dell ' innominato signore che vede in bianco e nero la sua casa , la sua famiglia e se stesso , mentre ogni altro « esterno » conserva vividi colori . Si ha qui il tema dell ' usura , ben diverso da quello dell ' uomo strumentalizzato . Là dove , invece , prevale un implacabile j ' accuse , una requisitoria contro la robottizzazione dell ' individuo , l ' ossessiva iterazione del motivo perde in efficacia e lascia alquanto incredulo il lettore - consumatore . Perché alla fin dei conti il paradosso di Parise e di tutti gli anticonsumisti ( anch ' io ho peccato in questo senso in miei vecchi scritti non narrativi ) è ch ' essi stessi sono professionali produttori e avidi consumatori di merce culturale . Si tratta di una contraddizione di fondo presente in tutta la letteratura d ' oggi . Contraddizione più apparente che reale perché non si può uccidere , artisticamente , la vita senza una forte carica di amor vitae . Questa volontà di vivere è sempre stata presente in tutti i libri di Parise e nei suoi reportages giornalistici . Nel suo ultimo libro essa sembra quasi espunta come una imperdonabile debolezza . Ciò non toglie che quand ' essa trapela Parise riacquisti tutta la sua forza .
Terra di Dio ( Montale Eugenio , 1964 )
StampaQuotidiana ,
Da Gerusalemme divisa , 5 gennaio - Se è vero che le forme verbali dell ' aramaico non consentono una netta distinzione tra passato , presente e futuro , e lascio la responsabilità dell ' affermazione a Raymond Aron , si può comprendere che il continuum di un eterno presente abbia finito per imporre una certa iconoclastia ai Paesi di lingue semitiche . Da un lato concreto , la vita quotidiana , dall ' altro ciò che non si può né vedere né rappresentare . Così il Dio non effigiato doveva prendere , presso gli ebrei , anche gli attributi meno nobili dell ' uomo : la collera , la violenza . Mancando ai monoteisti il conforto che ebbero i greci di popolare la Terra di divinità terrene o di subdivinità in incognito , molto lento dovette essere il processo che vide nascere la carità , in sostituzione dell ' antica pietas , accessibile solo a pochi privilegiati . E fu la rivoluzione cristiana , da duemila anni la sola rivoluzione che , anche incompiuta come è , dica ancora qualcosa al cuore dell ' uomo . Questi , ed altri meno peregrini , erano i sentimenti che mi ispirava la strada quasi deserta che porta da Amman a Gerusalemme . Nella città di Amman ho visto solo i quartieri dei rifugiati , che formano una sorta di lebbrosario edilizio . Più in là , alle baracche e alle casupole succedono tende di forma semiovoidale , attaccate al suolo come sanguisughe . Apparvero poi due cammelli , uno sciacallo con gli occhi accesi dalle prime luci del tramonto e una o due squadre dei mirabili cavalleggeri arabi del re Ussein . Il suolo rossastro e ondulato , non ci si accorgeva di scendere gradatamente dai quasi mille metri dell ' altipiano verso i quattrocentoquaranta piedi sotto il livello del mare del plumbeo Mar Morto . Sulle rive del quale sorge un Dead Sea Hotel che offriva camere libere ma non riscaldate . E il freddo in terra era intenso , le poche erbe erano già strinate dal gelo . Una larva di calore ci offriva , invece , a Gerusalemme , un alberguccio sul Monte degli Ulivi . Ma in questi giorni un solo alloggio non bastava ai giornalisti , perché la città è divisa in due parti , una giordana e una israeliana , e chi voleva vedere qualcosa doveva far la spola dall ' una all ' altra , dopo essersi imbottite le tasche di ogni genere di documenti , tessere e salvacondotti . Per la prima volta in vita mia , ho avuto così due alloggi , uno dei quali lussuoso , a forse un chilometro di distanza . Che cosa pensavano i giordani dell ' imminente arrivo di Paolo VI ? Secondo re Ussein , il Papa potrà rendersi conto delle condizioni di vita di un milione di rifugiati , ma non bisogna attribuirgli compiti di mediatore tra due Paesi ancora su un piede di guerra , seppure in regime di armistizio . Che cosa pensano gli arabi del nostro coraggioso Pontefice ? Lo abbiamo chiesto ad un arabo ed egli ci ha interrogato a sua volta : sa camminare sull ' acqua il Papa ? E alla nostra risposta se ne è andato , deluso . Ciò non toglie che in questo Paese l ' interesse per l ' inopinato gesto di Paolo VI sia stato altissimo . Mentre sto scrivendo , levo gli occhi e guardo la mareggiata umana che accoglie il Papa alla porta di Damasco . Neppure il forte sbarramento della polizia e dell ' esercito giordano ha potuto impedire che , durante l ' ascensione della Via Dolorosa , il Pontefice dovesse procedere tra una vera calca di popolo . Eppure la Via Crucis , quando l ' avevo percorsa io , non era che un vicolo in salita , a zigzag , sul quale si aprono friggitorie e piccole botteghe . Era una sera di luna , non si vedeva anima viva . In un seminterrato un uomo impastava coi piedi nudi una melma di olio di sesamo e il tanfo dilagava intorno . La vera Via Crucis correva sotto l ' attuale strada , pochi metri al di sotto ; qualche traccia ne resta ancora ed a ogni stazione c ' è un ' apertura che permette di scorgerla . La chiesa del Santo Sepolcro sorge su quella che doveva essere poco più di una gibbosità o verruca del suolo . È là che Paolo VI ha celebrato , nello storico 4 gennaio 1964 , la prima Messa di un Papa in Terrasanta . Se è lecito attribuire pensieri nostri a così alto visitatore , si può credere che egli abbia invidiato quei pellegrini che vengono qui senza clamore di pubblicità e senza apparire su alcuno schermo . Teoricamente , la possibilità esisteva , poiché né Giordania né Israele posseggono la televisione : í giordani troppo poveri per pagarsi questo lusso , gli israeliani convinti che la televisione distragga dal lavoro e corrompa i costumi . Ma la macchina diabolica poteva essere importata per pochi giorni , e nessun uomo di prestigio e tanto meno il capo della ecumene cattolica potrebbe sognarsi oggi di viaggiare clandestinamente . A Getsemani poi , l ' ultima tappa importante di questa prima spossante fatica del Papa , è quasi impensabile la folla . L ' orto ha ancora la ingenuità dei quadri dei primitivi , la luce sgronda dagli alberi , un uccellino ammaestrato dai francescani viene a posarsi sulla vostra spalla ; e nemmeno il cuore più indurito può trattenere la commozione vedendo la più che bimillenaria lastra di pietra sulla quale il Salvatore , per lunga ed ininterrotta tradizione , si adagiò e pianse . Mi accorgo di aver saltato a piè pari la tappa intermedia toccata in breve tempo dal Papa : Betania , dove si vedono i resti della casa di Lazzaro , pure custodita dai francescani . Qui la chiesa è quasi addossata a una moschea e il suono dell ' organo e il canto rauco del muezzin si fondono in un unico stupefacente concerto . Nazaret , il più famoso dei luoghi santi , si trova , invece , in Israele . Mentre continuo a scrivere ( è l ' alba del 5 gennaio ) il Papa vi giungerà dalla frontiera giordana di Jenin e a Megiddo sarà incontrato dal presidente della Repubblica israeliana , pressappoco lungo quella spaccatura dove Debora sconfisse Sela ( Giudici , 5 , 19 ) . Anche a Nazaret bisogna scendere sotto terra per vedere le grotte dove vissero a lungo Maria e Gesù e dove Giuseppe lavorò come falegname . Purtroppo la chiesa che sovrasta le grotte raffredderebbe la fede più ardente e il paesaggio circostante , assai deturpato , non giustifica più la sua reputazione . Il lago di Tiberiade , il colle delle Beatitudini , il Monte Tabor sono altre tappe di quella che qualche giornale definisce the Pope ' s cavalcade . Il lago resta ed è probabilmente eguale a quello che fu visto da Gesù : non vi sono che poche abitazioni . L ' altro giorno questo piccolo mare di Galilea era sferzato da un vento furioso , le onde erano altissime , di un colore quasi nero . Siamo ancora sotto il livello del mare . Una piccola monaca espone alla mia ammirazione un grosso luccio che era convinta fosse destinato alla cena del Pontefice . Di fronte è la Siria che un tempo mandava qui turisti e villeggianti . Nel viaggio di ritorno Paolo VI sosterà a Cana , dove battezzerà un bambino , e a Ramla , dove nacque Giuseppe d ' Arimatea . Si pensa che gli sarà mostrato il sicomoro sul quale si arrampicò Zaccheo per vedere Gesù . La via del ritorno lungo la fascia costiera , che in qualche punto è larga appena dieci chilometri , e la strada che sale poi a Gerusalemme mostrano un paesaggio folto di agrumeti , ben diverso da quello giordano . A tratti sembra di essere in Umbria e qualcuno ha pensato alla Val Gardena . Tutto il coltivabile è stato sfruttato al massimo , abbondano gli uliveti ed i cipressi , sui colli biancheggiano i kibbuz . Negli ultimi chilometri si scorgono i resti delle autoblindo israeliane che nel '46 tentarono di rompere un accerchiamento . Oggi vi sono appese ghirlande di fiori . La Gerusalemme ebraica è una città moderna dove esiste quasi ogni confort , escluso un buon riscaldamento . Israele conta ben sette università e non ha analfabeti . Il contrasto psicologico con lo Stato giordano non potrebbe essere più forte . Di là l ' Oriente con la sua inerzia e la sua apparente inoffensività ; di qua uno Stato moderno , ma ibridato incredibilmente . Accanto agli ortodossi , che portano lunghe trecce e insultano chi si permette di fumare il sabato , stanno gli stessi uomini che possiamo incontrare in via Montenapoleone . Non mancano i cattolici e neppure gli arabi , lo Stato è ufficialmente laico , sette partiti si contendono il potere , la ferma militare è obbligatoria anche per le donne , e le più belle ragazze sono quelle che portano la divisa . Di fronte alla vastità territoriale degli Stati arabi , poco spazio resta a disposizione di Israele . Potranno un giorno arabi e israeliani convivere in pace ? È quello che si augura ogni uomo di buona volontà . Ma il solco è ancora profondo e le previsioni sono inutili . Domani , 6 gennaio , Paolo VI visiterà Betlemme e poi tornerà ad Amman per riprendere il viaggio di ritorno . Proponendo e attuando rapidamente questa sua visita egli ha compiuto un gesto che non ha precedenti , che ha creato difficoltà di ogni genere , e non solo di etichetta e di protocollo , un gesto del quale non possiamo valutare per ora le possibili ripercussioni . La sua visita è stata considerata importante e nello stesso tempo è stata temuta . Religiosamente , nessuna delle parti tuttora in lotta appartiene alla cattolicità . Sul piano politico si è trattato della visita di un capo straniero ai due capi di Stato che lo hanno ricevuto . Ma sul piano della storia esistono forze che agiscono nel sottosuolo e che sfuggono alla comprensione dei contemporanei . Forse io mi sono trovato come Fabrizio del Dongo a Waterloo : ho assistito a una grande azione storica senza rendermene conto . Più tardi attraverso il ricordo ne prenderò piena coscienza . Per fortuna o per disgrazia noi uomini dell ' Occidente possediamo forme verbali che ci permettono di vivere più nel passato e nel futuro che nel presente . Posso concludere queste brevi note affidate al telegrafo dicendo con quale emozione di pellegrino culturale ho rimesso piede dopo anni nelle terre dove è nato il monoteismo . Paesi come questi lasciano , come ha detto il vecchio re Abdulla assassinato qui a Gerusalemme , una impressione di eternità . Abbiamo creato tante macchine , il progresso , sebbene a rilento , è giunto anche qui , eppure noi sentiamo che la via del progresso meccanico non è che una delle vie possibili e forse non è neppure la via più giusta per l ' Oriente che noi possiamo dire cristiano anche se i cristiani vi sono in minoranza . Io ne avevo già avuto il sentore quando visitai rovine e santuari , oasi e città morte di Libano e di Siria sotto la guida di Julian Huxley : terre che si possono amare o detestare , prendere o lasciare , ma che in nessun caso possono lasciarci indifferenti . E per conto mio anche stavolta , vincendo la ripugnanza del grasso di montone e delle sugne di olio di sesamo , posso dire che non mi pento di aver deciso senza esitazione di prenderle e di conservarle gelosamente tra i miei ricordi più cari .
Né in Dio né in Marx ( Montale Eugenio , 1956 )
StampaQuotidiana ,
Quando si dice che il mondo contemporaneo è in crisi , s ' intende , giustamente , che la crisi tocca tutti , giovani o vecchi , nella loro condizione di uomini , non in quella di cittadini , registrati a un ' anagrafe . Probabilmente le resistenze psichiche e nervose dell ' uomo d ' oggi sono ancora quelle dell ' uomo di ieri e non hanno potuto adattarsi alle nuove scoperte della scienza , alla distruzione delle distanze , al diverso senso del tempo e ai profondi mutamenti del costume . Non di questa crisi voglio parlare ( quella che spiega tanti sovvertimenti morali , sociali e familiari ) perché il fenomeno riguarda meno l ' Italia che altri paesi . Le mie osservazioni saranno limitate soltanto alla situazione della presunta « intelligenza » italiana nel primo e nel secondo dopoguerra di cui siamo stati vittime e attori . Il fatto che più tipicamente caratterizzò il primo dopoguerra è quel « viaggio a Roma » che i nostri vecchi ignoravano e che dopo il '22 si rese periodicamente indispensabile a chiunque esercitasse un ' attività economica non semplicemente subalterna o artigiana . I nuovi Romei , se erano padri , si recavano a Roma non già per ammirare le bellezze dell ' Urbe o per umiliare i loro omaggi ai piedi del Santo Padre , ma per ungere le ruote là dove fosse necessario farlo ai fini dei loro affari leciti o illeciti ( ma molto spesso lecitissimi ) . Accentratore di tutte le forme della vita pubblica ed economica , il fascismo non poteva mancare a quelle funzioni dirigistiche che i suddetti ungimenti erano costretti a sollecitare a favore dell ' uno piuttosto che dell ' altro . I figli , invece , andavano a Roma anche standosene a casa : ma in sostanza attendevano l ' imbeccata dall ' alto , e chiedevano riconoscimenti e carriere ( che poi ottennero ) solo per il fatto che obbedivano a una parola d ' ordine e accettavano di non dar fastidi . Il nuovo dopoguerra - iniziatosi nel 1945 - non sembra , per qualche aspetto , molto diverso dal precedente . I padri vanno a Roma come prima e più di prima , e la periferia , anche quella elle paga le tasse per tutti , ha rinunziato , dopo una platonica alzata di scudi , alla velleità di farsi sentire ; ma di diverso c ' è questo , che i figli sono delusi e amareggiati di esser lasciati soli . E dal punto di vista materiale non hanno tutti i torti : hanno ereditato una situazione difficile . Dalla guerra 1914-18 uscimmo vittoriosi , ma con l ' animo dei vinti , senza perciò avere neppure i vantaggi psicologici della vittoria . 11 caos fu apparentemente evitato perché il potere passò in poche mani , anzi in due sole , il Paese s ' indebitò e visse di rendita consumando le sue riserve . Rimandata la soluzione di tutti i problemi di fondo era naturale che í nodi venissero al pettine dopo la sconfitta ; la quale , accompagnata dall ' inevitabile svalutazione della lira , noi produsse nemmeno quell ' euforia , quel vigore di ripresa che di solito è uno dei vantaggi dei paesi vinti . Alcune note tristi sono all ' ordine del giorno nella nostra stampa periodica : decadenza dell ' istituto familiare , rilassamento dei buoni costumi , crisi dei giovani , sotto - impiego o disoccupazione anche nel mondo degli intellettuali . È improbabile che questi siano problemi solamente italiani . Ma da noi si avvertono di più perché l ' Italia non ha riserve tali da permettersi il lusso di sprecare il superfluo . Il fascismo aveva dispensato i giovani dal pensare , distribuendo posti e prebende a coloro che mostravano maggior voglia di servire o maggiore aggressività biologica . Agli esclusi , restava la soddisfazione morale di essere fuori dal gregge , di essere controcorrente . Se per alcuni fascisti in buona fede il fascismo fu una sorta di religione , altrettanto lo fu l ' antifascismo per coloro che lo professarono con vera convinzione . Quale fede è rimasta ai giovani di oggi ? I molti che hanno aderito al comunismo sono passati da un conformismo a un altro , e se appartengono alla classe degli intellettuali , non nascondono la loro delusione per le insolvenze del tic nei loro riguardi . Il partito di maggior peso , la Dc , non è tale , per sua natura , da poter accendere l ' entusiasmo dei giovani : manca dell ' alone che hanno gli altri raggruppamenti politici ed è più un coacervo di interessi creati che una idea - forza . I partiti di centro , poi , non possono soddisfare che piccole clientele e sono anch ' essi privi di ogni attrazione romantica . Non si esclude che il cattolicismo possa rappresentare una fede per migliaia di giovani , ma non certo una fede che possa dare frutti a breve scadenza e fornisca mezzi di sussistenza . Il cattolicismo socialmente attivo è travagliato e la DC ne raccoglie solo un ' aliquota . Non c ' è da noi la questione dei preti operai , ma non mancano i segni di una crescente delusione fra i giovani che credono di potersi dire cattolici senza essere disposti a rinunziare ai loro interessi terreni . Anche nel campo della generale Weltanschauung filosofica il disorientamento appare completo . Dallo storicismo crociano molti sono passati al materialismo storico e poi al materialismo dialettico ; il quale , però , è incapace di provvedere una norma di giudizio in una materia , l ' Estetica , che in una civiltà visiva e spettacolare come la nostra , ha una incalcolabile importanza . Quali sono i gusti dei giovani d ' oggi ? Un ' inchiesta tipo Gallup , se fosse seriamente tentata , darebbe risultati sorprendenti . Il primo , e il più confortante , sarebbe quello di appurare l ' esistenza di un piccolo nucleo di giovani che somigliano in tutto e per tutto ai giovani delle vecchie generazioni , che lavorano e pensano con la propria testa e che si rifiutano ad ogni sorta di « intruppamento » . E a questo punto si potrebbe essere tentati di concludere che essi solo sono i veri giovani e che il resto va abbandonato al suo destino . Ma sarebbe una conclusione frettolosa perché una cultura ha bisogno di comprimari e non è detto che talvolta dalla comparsa non possa venir fuori un personaggio degno di figurare tra i protagonisti . I giovani d ' oggi hanno fretta . In Italia non trovano nulla che rassomigli , per esempio , al British Council , la garanzia di una carriera , sia pure intellettuale , a vasto circolo , che permetta di essere , contemporaneamente , « dentro e fuori dello Stato » . Chi ha un papà solvibile , chi ha fatto studi seri , chi ha una vocazione precisa entra in una professione libera ; chi riesce a vincere un concorso diventa « statale » per poi lamentarsene tutta la vita . Ai margini , una pletora di inutili laureati accrescono il fenomeno della disoccupazione intellettuale . Che studi hanno fatto questi intellettuali , laureati o no ? I loro padri sapevano almeno , più o meno bene , il francese , la lingua che dall ' illuminismo in poi è stata il latino dei moderni . I figli hanno optato per l ' inglese , che non s ' impara mai e che non ha eguali virtù formative . Sanno tutto sulla storia del jazz , forse hanno sentito il Wozzeck ma non il Trovatore o il Don Carlos . Pensano che la letteratura italiana è « una barba » . Sono grandi frequentatori di cinema e lettori di giornali a rotocalco . Ogni generazione ha i suoi falliti ed è naturale che anche la nuova ne abbia . Ma prescindendo dalla folla dei piccoli arrivisti , ciò che impressiona è il numero degli illusi e degli scontenti che non possiamo dire del tutto in mala fede . È da questa parte che giungono le così dette istanze del « realismo » che dovrebbe rinnovare la nostra cultura ; e se esse ci giungessero solo da marxisti di professione potremmo trovarle giustificabili . Si ha invece l ' impressione ch ' esse giungano soprattutto da parte di sprovveduti di ogni cultura . Poiché il loro processo investe soprattutto il campo della nostra recente letteratura ( e del cinema ) non possiamo negare che se l ' etichetta del realismo conviene a film senza personaggi , a film volutamente casuali e rapsodici , qui il realismo italiano ( che sembra già a corto di fiato ) ha ottenuto qualche risultato . E se realistica tout - court volete chiamare l ' arte narrativa di Pavese vada anche per il realismo pavesiano . Ma in sé la ricetta del neorealismo è povera se non è suffragata da un nuovo stile e da una nuova apertura d ' anima e di cultura . E nemmeno può tornare a un guazzabuglio di impressioni cronistiche in pseudoversi liberi chi voglia disfarsi dell ' aborrito ermetismo , un indirizzo che almeno in qualche caso aveva ritrovato la via regia della nostra poesia , e che in ogni modo non può essere superato che dall ' interno . Che i giovani intellettuali si sentano disorientati è comprensibile . Se la euforia della liberazione fosse durata a lungo e se fosse sorto qualche giovane capace di reggere le fila di un gruppo o di una iniziativa , o se almeno avessimo avuto qualche nuovo scrittore capace di trascinarsi dietro un buon numero di satelliti , molti giovani si sarebbero ritrovati da sé , seguendo tracce altrui . Invece gli scrittori che contano , con l ' eccezione di Pavese , sono ancora quelli di ieri , che ai giovanissimi d ' oggi sembrano stranamente sprovvisti di crisi spirituali , compromessi con un passato di cui sono invece , per la maggior parte , irresponsabili . Peggiore appare la situazione nel teatro . Dopo il trionfo del cinema , è legge che ogni spettacolo sia macchinoso e che in esso conti più l ' opera della regia che quella dell ' autore . E infatti la regia , e con essa quella dell ' inviato speciale di tipo registico , sembrano essere lesole nuove professioni aperte ai giovani che hanno fretta . Di tipo spettacolare , puramente visivo , sembra essere la pittura non realistica e neppur figurativa , anzi astratta , che è entrata trionfalmente anche da noi . Impressionismo , cubismo e altri ismi hanno vinto da un pezzo la loro battaglia con l ' aiuto delle arti decorative . Ed ora tenteremo di tirare le somme dai nostri sparsi appunti senza indulgere a quei toni predicatori che molti assumono quando le « generazioni bruciate » si presentano alla ribalta della società . Prima di tutto bisogna registrare un capovolgimento se non di valori , certo di giudizi che non riguarda solo i giovani . Immaginate la posizione di un uomo che si sia affacciato alla vita della letteratura e dell ' arte appena trenta o quaranta anni fa . I Maestri autorizzati , coloro che si esprimevano dalle cattedre , erano pronti a bollare dell ' accusa di « decadentismo » qualsiasi tentativo di rottura e di rinnovamento . L ' Italia pareva imprigionata in una cultura sua , difesa da compartimenti stagni ; se qualcosa veniva immesso dal di fuori ( l ' idealismo tedesco ) era necessario dimostrare che con esso l ' Italia tornava alle sue vecchie tradizioni vichiane . E in arte , chissà poi perché , la nostra tradizione era indicata come anti - intellettuale : Ariosto , Verga , Di Giacomo erano , in vario modo e in varia misura , i poeti esemplari . La Fantasia creatrice era un dominio a sé , anche quando scendeva in terra col Maupassant e col Verga . Avvenute le prime rotture , tornate in evidenza le ragioni vitali del presunto intellettualismo , i custodi della ( recente ) tradizione furono obbligati a laboriosi processi di revisione interna . Ma più contò il fatto che le rotture avvenissero da parte di scrittori e di artisti , e che l ' aria della nostra letteratura - tra il 1910 e il 1940 - tornasse ad essere , dopo lunghissimi anni , un ' aria europea . Oggi questo processo sembra da noi interrotto e coloro che vi hanno partecipato sono spesso indicati come superstiti esemplari della specie dell ' arcade tradizionale , del parruccone . Che i giovani abbiano fretta nell ' età della velocità , è ben comprensibile . Che essi non si meraviglino di vedere a loro disposizione un incredibile numero di giornali e riviste , con l ' aggiunta della radio e della 1v , e una vera fungaia di premi d ' ogni genere , di cui essi prima o poi dovranno essere i beneficiari , è pure spiegabile perché chi riceve i benefizi è indotto a sospettare un senso di colpa in chi glieli concede . Ma ciò che ad essi si deve chiedere è di comprendere che le loro difficoltà non sono diverse da quelle affrontate dai loro zii o dai loro padri . Se hanno orrore dei partiti che oggi sono al governo , concorrano a trasformarli oppure ne fondino di nuovi ; se sono uomini d ' azione agiscano nell ' ordine dei quadri e delle condizioni esistenti che hanno gran bisogno di rinnovarsi . Se sono filosofi , creino liberamente le loro nuove filosofie ; ma se intendono rinnovare la cultura e l ' arte attraverso una critica puramente negativa , la via che seguono è sbagliata . Riconosciute tutte le loro ragioni , ciò che ad essi si deve chiedere è di comprendere prima di tutto se stessi . Appartenere a una generazione che non sa più credere a nulla può essere un titolo d ' orgoglio a chi creda all ' ultima nobiltà , all ' oscura esigenza di questo vuoto ; ma non dispensa affatto chi voglia trasformare questo vuoto in un ' affermazione paradossale di vita , dal dovere di darsi uno stile . Se molti giovani non credono né in Marx né nel Dio dei cristiani e nemmeno in quello della democrazia liberale o degli Stati Uniti d ' Europa ( o in altre ipotetiche divinità ) , potrebbero almeno credere nella possibilità di esprimersi in forme che non siano di contrabbando . Purtroppo , non è così ; e il giorno che dalle loro file uscirà un uomo vero , un vero pensatore , un vero artista , i suoi giudici più severi saranno forse i suoi frettolosi coetanei .
Il mondo della noia ( Montale Eugenio , 1946 )
StampaQuotidiana ,
Perché la letteratura modernissima - e non solo la nostra - è tanto ricca di romanzi noiosi , di libri in cui « non accade nulla » , di personaggi che non hanno volto né stato civile e si muovono in ambienti che sono scenografie di cartone e non cornici naturali e sociali riflettenti un mondo e una cultura ? Alla domanda fu risposto che oggi manca la fiducia nel « genere » del romanzo o almeno in quelli che sono i suoi vecchi schemi , e che si tenta senza successo di rinnovarli . Di qui il peso d ' infinite esperienze di laboratorio che dovrebbero restare private ma non rimangono tali , raro essendo il caso di chi abbia condotto a termine un ' opera di una certa lena e rinunci a darla alle stampe . Entrata in crisi la vecchia idea del romanzo , che ha prodotto opere non superabili , è naturale che si ripercuota il disagio su tutte le esperienze che tendano a un ' altra idea del romanzo stesso , senza raggiungere lo scopo . E del resto , si afferma , qual genere letterario non è in crisi ? Solo una recentissima forma d ' arte , il cinematografo ( se proprio d ' arte si tratta ) , s ' era salvato fino a pochi anni fa dal contro - influsso della critica da esso stesso prodotta . Avevamo visto coi nostri occhi il caso , meraviglioso in tempi di avanzata civiltà artistica , di un ' arte nuova che sorge e che può perciò precedere la propria estetica . Naturalmente questa verginità è durata poco : si compiono oggi in pochi anni processi che in altri tempi avrebbero impegnato molte generazioni . E ormai anche il cinematografo tenta il nuovo ricorrendo ai generi vecchi , e cerca di appoggiarsi sempre più alle altre arti . Genere vecchio , il romanzo tende al nuovo con un sistema opposto e si volge al cinematografo nella speranza di potersi rifare la faccia . Avviene pertanto anche nel romanzo quello che noi avvertiamo nel cinema e che anche nel cinema è già indizio di avanzata maturità : la ricerca di puri valori di ritmo , di pure sequenze di immagini visive , in spregio all ' approfondimento poetico dei fatti rappresentati . E si perde così la vivente naturalezza delle vecchie narrazioni care ai nostri avi . Oggi leggendo i libri di A . o di Z . non conosciamo già dei personaggi intuiti direttamente dalla fantasia : incontriamo , nell ' ipotesi migliore , delle metafore musicali , dei personaggi - pretesto che servono ad A . o a Z . per introdurci in una Weltanschauung che fa della persona umana una mera illusione soggettiva , un cattivo sogno . Muore il romanzo tradizionale perché sparisce nei nuovi autori persino il desiderio dei suoi risultati . Ho avanzato fin qui una possibile difesa del nuovo « mondo della noia » . Si potrebbe insinuare che scrivono romanzi noiosi coloro che si son creduti romanzieri senza esserlo ; coloro per i quali l ' indeterminato , il tedio , lo spleen sarebbe il punto d ' oro dell ' arte di un Proust , di un Joyce , di una Woolf ; coloro che non hanno compreso come il tediavi vitae di questi romanzieri è la contropartita di un ' arte che ha ben altro peso e ben altre ragioni , e che comunque anche in essi non è da confondersi la fatica con l ' ispirazione . E poi siamo schietti : si può ben credere , come io credo , che le vie dell ' arte e quelle della storia non sono le stesse e che sovente i fatti che più ci hanno appassionato entrano nella poesia per la porta di servizio o per la finestra , anziché dal portone principale ; ma chi potrà mai giustificare , di fronte alla tragica imponenza dei problemi che ci toccano oggi in quanto uomini , chi domani potrà comprendere libri in cui la vita appare solo come un riflesso di specchi , e lo scopo dell ' arte , che è in accezione superiore il divertimento , il trasporto , non appare neppure sospettato ? Non ci si parli di « racconto puro » , non si disturbi il nome di Kafka , realista a modo suo come pochi altri e tutto impregnato dei succhi di quel grande centro di innesti culturali che . fu la Praga dei suoi tempi . E non si facciano neppure per scherzo i nomi di Cecov , della Mansfield e del migliore Hemingway : autori di motivi poetici che arricchiscono il senso della nostra civiltà e in definitiva del nostro mondo storico . Quanto al romanzo ottocentesco , si può ben dire che la sua grandezza fu tutta in funzione della sua fondamentale impurità ; né in quel secolo il realismo , da quello sanguigno e retorico dello Zola a quello musicale e filtratissimo di Turgheniev , è stato mai un ostacolo a narratori di genio . Gli scrittori d ' oggi non credono più ( ed è peccato ) che si possa cominciare un racconto con la formula consacrata : « Il 12 luglio 19 ... una vettura a cavalli che ... » ; non ammettono più che si possano descrivere personaggi come gente di conoscenza , Pensano che delle figure umane importino solo i tics e i pruriti , sono persuasi che non interessa l ' azione ma i bassifondi dell ' azione , non l ' ambiente ma i riflessi dell ' ambiente ( spesso di maniera ) in una fantasia ( spesso negata al senso dell ' osservazione ) . Tutto ciò può chiamarsi lirismo ? Sarebbe facile essere poeti , in questo caso . Ma si dimentica che l ' arte destinata a restare ha l ' aspetto di una verità di natura , non di una scoperta sperimentale escogitata a freddo . V ' è , del resto , una riprova , un modo infallibile di risolvere la questione : quello di ricorrere alla propria esperienza diretta . Si presentano nella vita di chi ha vissuto abbastanza a lungo situazioni gravi , casi veramente « di emergenza » , nei quali tutto sembra rovinare e la vita pare legata a un filo molto sottile . È facile immaginare quanti di noi hanno conosciuto ore simili negli ultimi anni , quanti di noi hanno attraversato giorni e mesi durante i quali , non reggendo a letture più gravi , si sono rivolti ai libri di uno scaffale per cercare in un libro un lume o un aiuto o anche una semplice distrazione non indegna o vana . Ebbene , solo i libri che nei tempi più duri resistono e assistono come compagni fedeli , solo questi sono i libri d ' arte narrativa che superano davvero le contingenze dell ' estetica e il vaniloquio delle tendenze . State certi , amici che come me siete scampati dal diluvio , se l ' ora del pianto e dello stridor di denti dovesse tornare per noi , la vostra mano non si alzerà per tirar giù dal loro scomparto i libri di A . o di Z . e neppure la storia di Mistress Dalloway , né tanto meno l ' ultimo dramma esistenzialista che vi ha mandato il vostro libraio ; ma prenderà , come ho fatto io per qualche mese , Dimitri Rùdin e Dominique , Alberi Savarus e Lokis ; e sceglierà senza esitare la vita , perché per l ' uomo posto di fronte al nulla o all ' eterno non esiste , non è pensabile che una sola possibilità , tangibile , evidente , infinitamente cara quanto più è prossima a sfuggire : la vita di quaggiù , la vita stessa che abbiamo visto , conosciuto e toccato con le mani fin dai primi anni dell ' infanzia .
Solitudine ( Montale Eugenio , 1946 )
StampaQuotidiana ,
Eccomi giunto a casa . Fuori fa freddo ma qui la stufa tira a meraviglia e la vecchia poltrona e le pantofole felpate « fonczionano » , come diceva Pound dei suoi più astrusi Cantos . Potrei cominciare subito a scrivere la prima di quelle Lettres à l ' Amazone che Clizia dice di attendersi da me . Proprio per questo , stasera , ho disseminato gli amici per la strada . Li ho lasciati ai fatti loro . Affronteranno altre ore di pioggia vento e pillacchere per divertirsi . Non so se vivevo così ai miei bei tempi . Non me ne ricordo ma ne dubito . Dubito assai che i veri gaudenti siano coloro che si divertono « pazzamente , disperatamente » , secondo il modello del poeta palazzeschiano . Sono esseri spinti alla vita intensa da una accettazione troppo miope , troppo immediata della nostra vicenda quotidiana . Non si meravigliano di nulla , e siccome la meraviglia è il fine di tutti gli uomini , poeti o no , sono indotti a cercare chissà dove il brivido , il thrill . Gente che si chiede sempre come impiegare il tempo , gente eternamente in lotta con la noia . Dolore autentico , nel senso antico , e non il moderno spleen dev ' essere la loro noia ; incapacità di sopportarsi , non perché si trovino di fronte a un loro odioso altea . ego , ma perché posti in faccia al nulla assoluto . Se io sono fabbricato diversamente dovrei dunque ritenermi portatore o meglio depositario ( non è merito mio ) di una interessante « personalità » . Lo scrivo tra virgolette : è meno impegnativo , è qualcosa che tu hai studiato a scuola , Clizia , e che da noi si trascura . Ciò non vuoi dire , d ' altronde , che quando sono lasciato solo con me stesso io non abbia forti tentazioni da cui difendermi . Non è così ? Sono mesi che dico : debbo lavorare , stasera , c mi trascino a casa con la fretta di chi è atteso da urgenti affari . Ma poi mi affondo qui , faccio scorrere l ' ago della radio in sue in giù e non vado oltre la solita sorpresa di sentirmi vivo , Diogene in una bottetermoforo , vicino a una piccola scatola luminosa e parlante , io in questa città e non in un ' altra , io e non un altro ... chissà perché . Eppure non sono solo , ho a portata di mano gli amici che posso scegliermi da me , non quelli che vorrebbe impormi la mia esistenza spicciola , fenomenica . Ho nello scaffale i classici , gli amici che non tradiscono , se muovo un dito sul quadrante posso far spicciare vicino a me le sorgenti della musica e dell ' eloquenza . Non sono un Diogene , sono un pitagorico autentico , un uomo che parla con le Sfere ... Già , è facile a dirsi . Ma appartiene alle sfere superne anche l ' annunciatrice di radio - Andorra , la silfide che mi trasporta sulle vertiginose montagne russe ( altro che Pirenei ! ) del suo volubile , melodioso scilinguagnolo di usignolo moderno ? « Thou wert not made for death , immortal bird ! » E perché no ! Ogni epoca incarna a modo suo il proprio ideale di puro suono , di assoluta , oggettiva felicità vocale . E ogni tempo ha la sua musica , basta saperla riconoscere . Non sempre la si trova dove si vorrebbe . Poco fa ho spostato l ' ago verso le spiagge di Peter Grimes , la fortunata novità inglese , e il primo guaio era che si capivano troppo le parole . Non dico che fossero brutte parole ma il fatto è che la voce umana sembra uno strumento musicale insuperabile solo nel caso che le parole restino un mero fantasma sonoro . Chi ha inventato la bubbola del « recitar cantando » ? Meravigliose di suono devono essere anche certe sillabe di Maddalena , nel Rigoletto , per chi non sappia decifrare una mostruosità come « Ah ah , rido ben di cuore / ché tai baje costan poco ... » . Non dico che i musicisti dovrebbero servirsi solo di una lingua morta , come il latino , o di parole in libertà . È opportuno che un creatore creda in ciò che scrive e si valga di vocaboli che legano insieme c che danno un senso . Suonano le dieci e fuori il vento soffia impetuoso . È un po ' ridicola l ' attrazione di quest ' ago anche su chi ha sottomano le più squisite novità letterarie : Il bel Paese dello Stoppani con la retta accentazione toscana , a cura di Policarpo Petrocchi da Cireglio ; La capanna dello zio Tom che non rileggo da allora o gli irresistibili Chouans di Balzac , mia imperdonabile lacuna . Ma anche i libri sono come gli amici : si vorrebbero soprattutto quelli che non si hanno a disposizione . Dov ' è il Libro di Enoch ? Dove sono le memorie di Burton e di Grant che prestai trent ' anni fa a un oculista genovese ? È un errore tener con sé molti volumi . Nelle case della città futura non ci sarà spazio per scaffali ma ognuno potrà ricevere per posta pneumatica a domicilio , come il petit bleu del processo Dreyfus , il libro che gli occorre in quel momento . A dire il vero , se debbo credere alle previsioni del signor Ellery Reeves , autore di una Anatomia della pace , una città futura non esisterà neppure , a meno che gli uomini di buona volontà sparsi per il mondo non riescano a riunire i loro sforzi , e da ultimo le loro Nazioni , in una grande supernazione di uomini liberi : liberi non solo dal bisogno , ma anche dalle follie di chi vorrebbe asservirli per liberarli dal bisogno o di chi cerca di impedire con lo sterminio questa coatta « liberazione » . Due anni fa l ' asticciola della radio divideva in due parti la Penisola , anzi tutto il mondo civile : da una la verità , dall ' altra l ' errore ( reversibili , purtroppo , ma non per i galantuomini ) . Oggi diversi accenti e orribili favelle prorompono da ogni luogo e l ' immagine della città futura non si presenta lieta . Te ne parlerò nella mia prossima lettera , Clizia , domani stesso . Buona notte .
Mutazioni ( Montale Eugenio , 1949 )
StampaQuotidiana ,
Nel corso della mia vita - non lunghissima ma neppur troppo breve - ho fatto in tempo ad assistere a tre fatti socialmente importanti : la decadenza della « villeggiatura » , un significativo calo nel consumo del vino e nello smercio di quel prodotto letterario che nei tempi moderni s ' è chiamato romanzo . ( Dico nei tempi moderni : Le roman de la rose non è , in questo senso , un romanzo . ) Non si tratterà di eclissi totale , perché l ' uomo di domani dovrà pur bere , dovrà salvarsi per qualche giorno dalle torride calure estive e avrà la curiosità , di tanto in tanto , di leggere qualche libro ; ma insomma , il grosso fiasco « a consumo » che ancora dieci anni fa si faceva portare a tavola Pietro Pancrazi anche se pranzava da solo - e come lui tutti i gentiluomini suoi pari - , le lunghe residenze in villa ( tre mesi e per i proprietari terrieri anche cinque , da maggio a novembre ) e le attente degustazioni del vien de paraître giallo o bianco ( Plon Nourrit o Charpentier - Fasquelle - Treves o Baldini e Castoldi - Bourget , Fogazzaro , Kipling eccetera ) sono fenomeni ormai impensabili . Le statistiche parlano chiaro : si beve sempre meno vino , non solo in Italia , ma anche in Francia e in Spagna . In Italia un buon terzo di fiaschetti e delle bottiglie dell ' anno scorso sono ancora da smaltire e già si annunzia la prossima vendemmia . I librai vendono ancora qualche libro ma da anni i romanzi sono in coda , battuti persino dai libri di versi , dalla già invendibile « poesia » . E quanto alle ville e al villeggiare , basta muoversi in un mese che non sia questo di agosto per vedere che le ville restano chiuse , fatta eccezione per i grandi centri estivi mondani ( come Cortina o il Forte dei Marmi ) e per le fattorie padronali che danno da vivere ( per ora ) ai proprietari - residenti . La gente non villeggia più : in Inghilterra chi aveva case di campagna , castelli , ville e villoni li ha ceduti allo Stato per non pagarne le tasse ; ma ormai anche là lo Stato non sa più che farsene . Non esistono abbastanza mutilati orfani e pensionati per occuparle a spese della collettività . Da noi chi è riuscito a vendere o ad affittare la propria villa limita le sue ferie a una quindicina di giorni trascorsi in una stazione estiva di gran nome , dove spesso deve accontentarsi di dormire su un materasso calcato in una vasca da bagno o negli inabitabili recessi di qualche sedicente dépendance . Non villeggiano , uomini e donne : ballonzolano qua e là su strepitose motociclette tascabili , dormono e mangiano alla peggio , agitano bastoni da golf o racchette o mazzi di carte , mugolano disperatamente motivi come « Oi mama , oi mama / me gusta un bel muchacho » , ballano raspe o sambe e bevono un po ' di tutto , fuorché vino . Uomini e donne villeggiano in piccole città scomode e rumorose e , se leggono , leggono giornali a fumetto , libri di divulgazione scientifica o quasi , libri di storia romanzata e persino libri di versi ; non però romanzi . Perché ? C ' è una interdipendenza fra queste sparizioni e fra quelle che potrebbero probabilmente aggiungersi alla lista delle prime tre ? Scartiamo il fattore economico che salta subito agli occhi ma è piuttosto effetto che causa , e cerchiamo oltre . Una relazione , una causa comune , la si vede chiaramente e consiste nell ' acceleramento del ritmo della vita collettiva . Il fiasco in tavola , i lunghi soggiorni in campagna , le letture lunghe e serie , sostenute da un ' opinione diffusa e duratura , incoraggiate e formate dalla critica ( altra attività che sparisce ) son fenomeni che appartennero a un ' età più lenta della nostra . Quand ' ero ragazzo io , villeggiare voleva dire un viaggio di sci o sette ore , in diligenza o in treno omnibus , per coprire una distanza di pochi chilometri ; voleva dire la casa paterna , l ' orto , il giardino , l ' acqua del pozzo , l ' amicizia coi figli del contadino o del manente , la pesca , le notti di battuggia o di pesca alla lampara , l ' attesa della caccia , la pulitura dei fucili , la scelta delle borre , dei pallini e delle polveri , l ' orlatura delle cartucce , il risveglio col batticuore all ' alba del giorno dell ' « apertura » , mentre i primi spari echeggiavano fra gli uliveti . Si villeggiava in riviera o sull ' Appennino , in casa propria o quasi propria , per mesi e mesi . Non solo i bambini , ma anche i grandi facevano lunghi turni di villeggiatura . Nella mia città gli uffici , gli scrigni , chiudevano alle cinque del pomeriggio , le ore scorrevano lente , pochi si occupavano di politica , i rumori erano ridotti al minimo : la trombetta di un venditore di gelati bastava da sola a riempire tutto un sestiere . Non esistevano le bibite eccitanti , i cocktails . All ' alba del secolo i pochi che incominciarono a bere 1'«americano» ( deprecati viveurs in bombetta e stiffelius ) erano additati al disprezzo generale . Certo , esisteva la maga verde , l ' assenzio ; esistevano gli esseri fatali che partivano per Saint - Moritz o per Ostenda o per il Karersee ; ma si trattava , per lo più , di personaggi di Luciano Zuccoli o della Serao del periodo mistico - mondano . Quando quella vita in tono minore andò in frantumi sparirono i fiaschi dalle tavole , si fecero rari i vini non industrializzati , bevibili , e si dissolsero anche i generi letterari . Primo fra tutti il romanzo . Il romanzo volle essere ( e doveva ) specchio della vita , volle aggiornarsi . Perdette il canovaccio , i personaggi , i caratteri , la psicologia ; si ridusse a illuminazione , a rapsodia , a suite ; ma strada facendo gli avvenne anche di perdere i suoi lettori : quelli grossi , per i quali era troppo sottile , e quelli sottili , per i quali era troppo grosso . Di fronte a certi libri d ' oggi l ' obiezione : bello , ma a chi si rivolge ? resta fondamentale , insuperabile . Un libro , e un romanzo poi ! , non può esser letto solo da chi l ' ha scritto . S ' intende che la rarefazione di certi fenomeni non fa che renderne più preziosa e più utile la sopravvivenza . Mentre scrivo esiste certo qualcuno che sta rileggendosi per la decima volta la Chartreuse de Parme e ne annaffia le pagine migliori con una bottiglia di Vieux Pommard . Neppure in avvenire mancheranno gli happy few che sapranno godersi i riposi in villa e le attente libazioni dei rari vini non adulterati . Quanto ai lettori di oggi , essi sembrano dividere le loro preferenze fra i libri utilitari e quelli che possono considerarsi come opere di fondo , di interesse duraturo . Libri che si possano anche rileggere , centellinare : e fra questi si affacciano persino i libri di poesia ... Un romanzo che non sia legato al senso del tempo , che si scopra tutto in una volta che sia soltanto urlo interiezione e lampo nel buio è già un libro che difficilmente si rileggerà . Di fronte a opere simili il pubblico preferisce acquistare un « tutto Proust » , magari a scopo di regalo nuziale . L ' età che ha assistito alla più violenta levata di scudi contro il tempo che la storia ricordi , l ' età nostra , l ' età del cubismo e del surrealismo , mostra una segreta predilezione per le opere in cui il tempo , il senso psicologico che ci unisce al passato sono ancora avvertibili . Speriamo che l ' avvenire confermi questa preferenza . Rotte le barriere fra l ' arte e la vita , violentemente liricizzato ogni atto dell ' esistenza quotidiana , l ' arte non potrà che sparire o rifarsi daccapo a un senso più lento , più statico delle cose . Se ciò non avvenisse , se il tempo tradizionalmente sentito sparisse dalla vita e tutti vivessero soltanto nell ' istante ( il che è perfettamente immaginabile ) , l ' uomo dell ' avvenire dovrà nascere fornito di un cervello e di un sistema nervoso del tutto diversi da quelli di cui disponiamo noi , esseri ancora tradizionali , copernicani , classici . Perché la tragedia dei nostri giorni è tutta qui : che noi reagiamo a fenomeni nuovi con istrumenti vecchi , abbiamo scoperto armi , oggetti e pensieri dei quali non conosciamo né il perché né la portata . Vediamo morire molte cose , nascerne molte altre , ma ci sfugge il senso , la direzione del mutamento . Per dirne una sola : se si potesse guarire gli uomini , tutti gli uomini , dai loro complessi , avrebbe ancora una ragione di esistere l ' arte ( l ' arte com ' è concepita oggi ? ) . « Torniamo all ' antico » dice l ' uomo classico sturando una bottiglia di Malvasia e allungandosi ai piedi di una vecchia quercia . Ma i suoi figli - ed egli stesso segretamente - sanno troppo bene che , purtroppo , questo non è più possibile . Addio , vecchio mondo , abbiamo sbagliato la data della nostra nascita !
Quelli che restano ( Montale Eugenio , 1951 )
StampaQuotidiana ,
Di solito , quando un artista muore ( sia egli poeta , musico o artista figurativo ... o quasi ) è urgente bisogno dei suoi colleghi di seppellirlo e di fare che non se ne parli più . Uno di meno , tanto di guadagnato per tutti . È la regola , e sembra strano che vi siano eccezioni , artisti che pur morendo riescono a sopravvivere . Come si spiega questo straordinario fatto del morto che non muore ? Esso contraddice al tradizionale concetto della « lotta per la vita » , è sommamente antibiologico e si direbbe anche contrastante alle leggi dell ' economia . La spiegazione è , invece , di natura economica . La macchina della Cultura - un ' organizzazione che dà da vivere a milioni di persone - non può ammettere vuoti assoluti nella storia , non può dire : « Dall ' anno X in poi l ' arte ha cessato di esistere » . Ad essa è anzi necessario un continuo rifornimento , una continua immissione di forze nuove nei « quadri » . Si giunge al punto che se gli artisti nuovi non ci sono si creano . Intere epoche ( e non solo nel campo della pittura ) possono essere create e disfatte . Poeti spremuti possono passare agli archivi se altri , meglio spremibili , appaiano all ' orizzonte . E poiché la funzione della spremitura si compie ordinariamente meglio sui morti che sui vivi , ecco spiegato perché l ' un per cento degli artisti oggi fisicamente vivi può contare - post mortem - su un breve periodo di « immortalità » . A partire da questo traguardo ( morte fisica seguita dal terno al lotto della sopravvivenza ) i vantaggi dei morti sui vivi sono molti e innegabili . All ' artista morto si riconosce nobiltà di stile , larghezza e originalità di idee ; la sua vita è giudicata interessante e rappresentativa , anche se è piena di sconcezze . L ' opera dell ' artista morto da molti anni è , inoltre , res nullius , appartiene a tutti e a nessuno ; e ciò favorisce la sua diffusione . I « pezzi » del pittore , in quanto oggetti materiali , hanno sì un valore venale che può aumentare o decrescere col passare degli anni , ma l ' opera del pittore e del poeta , in quanto significato ideale , pretesto di cultura , argomento di chiacchiere erudite o giornalistiche , è veramente alla portata di tutte le borse . È un tesoro collettivo al quale tutti i viventi che pratichino qualche arte possono sperare di contribuire , una volta che si siano , beninteso , tolti fisicamente di mezzo . Quando si legge un manuale di storia letteraria o di storia delle arti « visive » , il capitolo dedicato ai viventi è immancabilmente penoso . Non si creda che ciò sia sempre dovuto a malafede o a insipienza di manualisti e antologisti . Un uomo di cultura che abbia conversato , per lunghi anni , con le grandi ombre del passato non può provare che irritazione e sconforto imbattendosi in uomini che pretendono di essere artisti , e per giunta artisti vivi . L ' artista vivo è spesso un uomo come tutti gli altri , un uomo qualunque , e la sua presenza fisica basta a spogliare di ogni interesse l ' opera sua . Pazienza se fosse un essere impresentabile o un furfante ; meglio ancora se un assassino , un mostro . Casi simili sono conosciuti , sono stati schedati , sono « nella regola » . Ma l ' artista che apparentemente vive e pensa come gli altri uomini è veramente insopportabile . Che cosa pretende da noi questo millantatore ? Una vita prima e una vita dopo ? Sarebbe troppo comodo . Incominci a levarsi dai piedi , poi ne riparleremo ... Grande dev ' essere la soddisfazione degli artisti defunti , se essi hanno veramente aspirato a far parlare di sé . Il loro nome è inciso su targhe , stele , monumenti ; ad essi sono dedicati strade , viali , parchi , piazze . Interi capitoli di libri descrivono la loro vita e le loro opere . Brani di loro poesie sono confitti in migliaia di cervelli di studenti . Legioni di laureandi si affaticano a frugare nei testi che ci hanno lasciato , si industriano a interpretarli , a farne sprizzare i significati più sorprendenti . L ' artista vivo è talvolta obbligato a fornire spiegazioni sull ' opera sua . Se dichiara di non poterne dare non viene creduto ; se smentisce le spiegazioni date da altri passa per un presuntuoso ; se le accetta , non può accontentare tutti perché deve accoglierne qualcuna escludendone altre . Il miglior partito è per lui di fingersi un irresponsabile che non sa quel che fa o quello che scrive . L ' artista morto lascia invece il suo indovinello e se ne lava le mani . L ' indovinello può essere anche L ' infinito di Giacomo Leopardi , la più chiara poesia del mondo . Mettete la poesia del morto nelle mani dei vivi , e vedrete che cosa ne vien fuori . Lo sguardo del poeta è escluso dalla siepe o dall ' orizzonte ? E sull ' ermo colle c ' era solo la siepe o c ' erano altri alberi ? E il vento che stormisce fra le piante deve intendersi che stormisca fra la siepe o fra gli altri alberi ? Queste ed altrettali , sono le gravi questioni che dividono i vivi dai morti . Per fortuna , i morti non se ne accorgono . Uno dei pochi vantaggi nell ' artista vivo è che la sua immortalità resta un ' ipotesi indimostrabile . Così , finché vive , nessuno gli chiede : « Dove ha Ella conosciuto Silvia e Nerina ? Le ha davvero amate ? In modo veramente ... conclusivo ? In che data ? E che cos ' è successo poi di quelle brave ragazze ? » . Domande simili , ripeto , non si fanno ai vivi , e non per discrezione , ma solo perché si ignora chi sarà il futuro cantore di Silvia e di Nerina . Se si potesse saperlo , il neo - immortale dovrebbe darsi alla fuga . E del resto non è una continua fuga la vita dell ' artista vivo ? Egli solo è capace di comprendere che l ' immortalità delle sue opere dura quanto un batter di ciglio e che la vera infinità dell ' arte è un lampo che non si misura coi mesi e gli anni dei calendari umani .