StampaQuotidiana ,
Mentre
scrivo
(
sono
le
ore
15
del
16
aprile
)
non
so
ancora
se
gli
astronauti
dell
'
Apollo
13
riusciranno
ad
ammarare
felicemente
...
in
mare
,
ciò
che
sarebbe
fatto
assai
raro
perché
di
solito
il
verbo
ammarare
(
io
preferisco
la
forma
amarrare
)
significa
il
raggiungimento
della
terraferma
dal
mare
.
L
'
infelice
esito
del
tredicesimo
ludo
apollineo
non
porrà
certo
fine
ai
viaggi
spaziali
,
anzi
sarà
considerato
come
una
«
sfida
»
che
bisogna
accettare
perché
l
'
onore
della
scienza
non
tollera
smentite
.
Il
«
mirabil
mostro
»
(
cfr.
Vincenzo
Monti
,
ode
Al
Signor
di
Montgolfier
)
sarà
certo
sostituito
da
un
altro
che
porterà
un
numero
meno
infausto
e
raggiungerà
i
previsti
obiettivi
.
Ma
messe
a
parte
eventuali
congratulazioni
o
condoglianze
-
e
facciamo
i
debiti
scongiuri
-
quel
che
vorrei
sottolineare
è
il
carattere
illogico
,
irrazionale
,
di
simili
tentativi
.
Sembra
un
paradosso
:
le
imprese
dell
'
uomo
,
le
conquiste
della
tecnica
sono
da
un
lato
il
trionfo
della
mente
umana
,
dall
'
altro
il
fatto
evidente
che
la
scienza
«
non
pensa
»
e
non
lo
può
costituzionalmente
.
Se
la
scienza
pensasse
si
troverebbe
di
fronte
all
'
opzione
tra
il
bene
e
il
male
,
tra
l
'
utile
e
l
'
inutile
,
tra
la
felicità
e
l
'
infelicità
:
e
dovrebbe
trarne
le
debite
conseguenze
.
Ma
questo
non
avviene
né
risulta
che
sia
mai
avvenuto
.
La
scienza
non
opta
perché
non
conosce
:
la
scienza
agisce
,
confronta
,
trova
(
e
talvolta
trova
cose
utilissime
)
,
ma
la
sorte
dell
'
uomo
le
è
del
tutto
indifferente
.
In
questo
la
scienza
è
un
prolungamento
della
natura
.
E
opinione
assai
diffusa
che
l
'
ingegno
dell
'
uomo
vinca
e
domini
gli
ostacoli
dell
'
avversa
natura
,
ma
non
è
così
.
Natura
e
scienza
rivelano
la
loro
profonda
affinità
per
il
fatto
ch
'
esse
sono
le
sole
e
invincibili
nemiche
dell
'
uomo
.
E
'
molto
strano
(
anche
se
comprensibile
)
che
sorgano
società
per
la
protezione
della
natura
.
Io
stesso
inorridisco
per
la
scomparsa
degli
alberi
,
per
l
'
insania
dei
parlamentari
che
permettono
il
barbaro
aucupio
con
le
reti
;
io
stesso
mi
commuovo
pensando
che
Venezia
sarà
,
un
giorno
,
visitata
solo
da
coraggiosi
sommozzatori
.
Ma
questo
non
toglie
nulla
all
'
evidenza
che
la
natura
può
fare
a
meno
dell
'
uomo
e
che
l
'
uomo
ha
qualche
giustificazione
quando
tenta
,
con
sporadici
successi
,
di
sopprimerla
.
Avversa
la
natura
,
neutra
o
agnostica
la
scienza
,
che
cosa
resta
all
'
uomo
?
Certamente
il
pensiero
,
non
il
pensiero
che
crea
il
mondo
e
la
storia
(
idealismo
,
marxismo
ecc
.
)
,
ma
il
pensiero
che
l
'
ignoranza
è
una
forma
del
tutto
oscura
ed
embrionale
della
conoscenza
.
La
sola
autentica
,
in
ogni
modo
.
Tutto
il
resto
è
vanità
;
è
astronautica
,
è
riforma
della
scuola
,
riforma
del
clero
,
riforma
della
burocrazia
(
figuriamoci
!
)
,
riforma
delle
riforme
,
di
tutto
ciò
che
aiuta
a
vivere
perché
con
la
verità
non
è
neppure
concepibile
la
vita
.
(
Postilla
.
E
la
vita
stessa
sarebbe
dunque
inutile
?
No
assolutamente
,
perché
io
credo
che
la
vita
sia
una
cosa
meravigliosa
.
)
StampaQuotidiana ,
Nel
1961
Enzo
Bettiza
,
da
quattro
anni
corrispondente
da
Vienna
,
fu
trasferito
a
Mosca
;
e
non
senza
disappunto
abbandonò
il
prezioso
«
fossile
»
che
per
cultura
ed
estrazione
familiare
gli
era
tanto
caro
.
Nato
a
Spalato
jugoslava
,
studente
liceale
nell
'
italianissima
Zara
,
figlio
di
un
irredentista
dalmata
cittadino
italiano
e
di
una
montenegrina
,
Bettiza
si
è
sempre
considerato
un
mitteleuropeo
e
più
precisamente
un
Altósterreicher
,
sentimentalmente
legato
alla
sua
«
defunta
»
capitale
.
Alla
nuova
residenza
egli
non
giunge
tuttavia
impreparato
.
Ha
una
moglie
goriziana
,
parla
perfettamente
la
lingua
slovena
,
conosce
il
serbo
-
croato
e
il
tedesco
,
non
gli
è
difficile
impadronirsi
del
russo
.
Gli
sarà
perciò
meno
dura
quella
crisi
di
rigetto
ch
'
egli
,
confrontandosi
con
altri
suoi
colleghi
italiani
,
ci
descrive
nel
suo
nuovo
libro
Il
diario
di
Mosca
(
Longanesi
)
,
rendiconto
dei
quattro
anni
da
lui
trascorsi
in
quella
città
e
prima
parte
di
un
'
opera
che
avrà
un
seguito
.
Più
che
preparato
Bettiza
era
vaccinato
.
Ha
assistito
all
'
ingresso
dei
titoisti
a
Spalato
,
giovane
comunista
ha
contemplato
con
un
misto
di
desolazione
e
di
esultanza
l
'
impoverimento
della
famiglia
;
in
seguito
ha
lasciato
il
partito
,
definitivamente
immunizzato
dal
fideismo
marxista
.
In
che
cosa
poteva
respingerlo
la
nuova
sede
?
L
altro
pericolo
,
l
'
insabbiamento
,
a
cui
vanno
soggetti
gli
stranieri
che
si
stabiliscono
in
Russia
fu
da
lui
evitato
studiando
il
fenomeno
davvicino
,
nei
giornalisti
stranieri
che
vivono
da
molti
anni
in
quella
capitale
.
L
'
immensa
Russia
ha
una
dimensione
temporale
diversa
dalla
nostra
.
La
lentezza
,
la
monotonia
,
l
'
incolore
opacità
del
mastodonte
sovietico
possono
indurre
chi
vi
soggiace
ad
una
sorta
di
claustrofilia
.
Non
vale
la
pena
di
uscirne
,
tutto
il
resto
del
mondo
è
un
technicolor
di
cui
si
perde
anche
il
desiderio
.
Quando
Bettiza
giunge
a
Mosca
la
destalinizzazione
ha
già
compiuto
molti
passi
e
forse
sta
facendone
qualcuno
indietro
.
Tukacevski
e
quasi
tutti
i
generali
che
Stalin
ha
mandato
a
morte
sono
stati
riabilitati
;
ma
in
altri
settori
non
si
avvertono
veri
mutamenti
.
Qualcuno
trova
che
si
esagera
.
Con
Stalin
,
dichiara
confidenzialmente
un
cremlinologo
,
si
sapeva
benissimo
dove
si
andava
a
finire
;
ma
con
Kruscev
nulla
è
prevedibile
.
Dopo
tutto
Stalin
non
era
per
niente
incolto
,
afferma
un
poeta
che
recita
i
suoi
versi
dinanzi
a
folle
entusiaste
.
Narratori
e
teatranti
godono
di
qualche
maggiore
libertà
ma
accettano
i
benevoli
consigli
della
censura
.
La
più
nota
gazzetta
letteraria
è
meno
prudente
ma
manca
del
tutto
la
stampa
d
'
informazione
.
Le
notizie
,
se
ci
sono
,
si
devono
cercare
tra
le
righe
della
«
Pravda
»
.
Quel
che
conta
negli
articoli
di
quel
giornale
non
è
il
generico
ottimismo
ma
quell
'«eppure...»,
quel
«
tuttavia
»
che
sarà
il
campanello
d
'
allarme
di
qualche
alto
funzionario
periferico
.
Quel
«
tuttavia
»
permetterà
ai
cremlinologi
(
nuovo
ramo
di
una
più
vasta
scienza
,
la
sovietologia
)
di
tirare
l
'
oroscopo
.
Il
comune
lettore
sorvola
sul
«
tuttavia
»
che
di
solito
appare
nelle
ultime
righe
dell
'
articolo
;
ma
le
vere
notizie
deve
cercarle
in
qualche
giornale
straniero
(
se
lo
trova
o
se
riesce
a
leggerlo
)
.
Non
c
'
è
stata
vera
riabilitazione
neppure
per
Pasternak
.
Gli
si
riconoscono
qualità
di
poeta
ma
si
osserva
che
il
romanzo
non
era
pane
per
i
suoi
denti
.
La
sua
dacia
non
diventerà
un
museo
nazionale
.
In
un
Paese
dove
la
mummia
di
Lenin
-
tolta
dal
mausoleo
quella
di
Stalin
-
è
meta
di
un
continuo
e
adorante
pellegrinaggio
,
un
senso
d
'
incombente
mummificazione
generale
desta
l
'
attenzione
del
giornalista
che
voglia
sfuggire
al
mortale
invito
.
Bisogna
sfuggire
al
primo
click
,
dice
Frane
Barbieri
,
altro
dalmata
che
è
corrispondente
di
un
giornale
di
Zagabria
.
Come
si
difendono
gli
stranieri
?
I
francesi
vivono
in
un
mondo
a
sé
,
distaccati
.
Gli
inglesi
sono
più
curiosi
che
interessati
,
non
abbandonano
mai
il
loro
fondamentale
empirismo
,
mentre
i
tedeschi
sono
irretiti
,
imprigionati
da
quel
complesso
di
amore
-
odio
per
il
mondo
russo
che
non
sarà
una
sorpresa
per
chi
abbia
letto
il
grande
romanzo
di
Gonciarov
e
qualche
altro
classico
della
letteratura
russa
.
In
Oblomov
il
personaggio
di
Stolz
,
tedesco
,
è
l
'
eroe
positivo
,
sebbene
di
una
positività
assai
mediocre
,
e
non
mancano
esempi
in
altri
autori
.
Da
Bielinski
in
poi
,
assai
prima
che
il
pensiero
di
Marx
giungesse
in
Russia
,
la
filosofia
di
Hegel
ha
fatto
strage
nell
'
intelligenza
slava
(
molto
prima
che
in
Italia
,
sia
detto
tra
parentesi
)
.
Nessuna
inimicizia
è
così
grande
come
quella
che
scoppia
tra
lontani
parenti
,
tra
affini
.
Ed
è
proprio
su
questo
tema
che
Bettiza
ci
dà
alcune
delle
sue
pagine
migliori
,
perché
in
lui
l
'
amore
per
le
idee
è
di
gran
lunga
superiore
all
'
amore
per
gli
uomini
.
E
non
è
,
intendiamoci
,
ch
'
egli
non
sia
un
attento
osservatore
degli
uomini
;
ma
il
fatto
è
che
il
color
locale
,
la
barzelletta
,
l
'
aneddoto
sono
del
tutto
estranei
ad
un
temperamento
come
il
suo
.
Uno
scrittore
impressionistico
avrebbe
speso
molte
pagine
per
descriverci
gli
orrori
di
quell
'
hotel
Lux
dove
a
migliaia
di
uomini
furono
inflitte
mostruose
torture
per
ottenere
confessioni
di
inesistenti
congiure
,
autoaccuse
,
delazioni
;
dove
quella
«
historia
generai
de
la
infamia
»
progettata
dal
Borges
ha
scritto
una
delle
sue
vette
più
ingloriose
.
Tre
o
quattro
pagine
sole
,
plumbee
,
dure
,
senza
un
filo
di
commozione
,
ma
proprio
per
questo
tanto
più
dure
nel
giudizio
.
Ne
sanno
qualcosa
i
giovanissimi
russi
di
oggi
?
Bettiza
è
incline
a
credere
che
non
ne
sappiano
nulla
,
o
meglio
che
non
vogliano
saperne
nulla
.
D
'
altronde
,
chi
è
meglio
qualificato
a
descrivere
i
grandi
eventi
della
storia
?
Chi
li
ha
vissuti
o
colui
che
li
osserva
da
lontano
,
col
cannocchiale
,
esperto
del
prima
e
del
poi
,
delle
cause
e
delle
conseguenze
?
Il
non
comprendere
,
il
non
voler
comprendere
ciò
che
ci
sta
davanti
agli
occhi
non
è
specifico
della
mentalità
slava
,
sebbene
l
'
immensa
costellazione
sovietica
,
tanto
diversa
nelle
sue
componenti
,
abbia
avuto
un
comune
destino
:
quello
di
saltare
a
piè
pari
almeno
un
secolo
passando
da
un
'
autocrazia
feudale
a
un
tipo
di
collettivismo
anche
più
accentratore
,
non
certo
previsto
da
Marx
che
mai
nascose
la
sua
antipatia
per
il
mondo
russo
.
Né
credo
che
in
Marx
agisse
quell
'
ambivalenza
che
Bettiza
ha
posto
in
luce
con
tanta
precisione
.
Fabrizio
del
Dongo
non
si
rese
conto
di
essere
coinvolto
nella
battaglia
di
Waterloo
così
come
molti
tedeschi
e
molti
italiani
non
videro
ciò
che
stava
accadendo
sotto
i
loro
occhi
.
La
storia
che
non
si
ripete
mai
,
in
questo
si
ripete
sempre
.
Vede
chi
vuole
e
pochi
sono
nella
condizione
di
volere
.
E
sono
certo
che
anche
in
Russia
la
pietà
è
di
gran
lunga
più
forte
della
ferocia
.
Un
luogo
comune
,
accettato
da
tutti
coloro
che
conoscono
la
grande
letteratura
russa
,
è
che
in
quei
paesi
sia
vivo
e
ineliminabile
il
sentimento
religioso
.
Su
questo
punto
la
testimonianza
di
Bettiza
non
suona
discorde
.
Nella
Russia
d
'
oggi
la
religiosità
non
è
solo
fuoco
sotto
la
cenere
ma
assume
anche
forme
spettacolari
:
non
tali
però
da
mettere
in
causa
la
solidità
del
regime
.
Non
c
'
è
grande
differenza
tra
quelli
che
ascoltano
in
massa
le
poesie
di
chitarristi
stipendiati
dallo
Stato
e
coloro
che
affollano
le
cerimonie
della
Chiesa
ortodossa
e
i
culti
non
certo
clandestini
della
seconda
Chiesa
russa
,
riconosciuta
dallo
Stato
,
quella
dei
Vecchi
Credenti
,
non
riconosciuta
dall
'
Ortodossia
.
Pare
che
all
'
origine
di
questo
scisma
tardo
-
seicentesco
sia
un
diverso
modo
di
farsi
il
segno
della
croce
.
Con
tre
dita
o
con
due
(
a
pizzico
)
?
Poi
sorsero
altre
divergenze
dottrinali
che
ignoro
.
I
Vecchi
Credenti
sono
milioni
,
hanno
le
loro
chiese
,
i
loro
preti
,
una
loro
organizzazione
.
E
come
ho
già
detto
anche
l
'
orrendo
teschio
di
Lenin
esercita
una
morbosa
attrazione
mistica
sui
visitatori
che
sostano
in
fila
per
essere
ammessi
alla
beatitudine
.
Lo
spettacolo
dev
'
essere
allucinante
.
Non
è
affatto
prevedibile
una
futura
mummificazione
di
Kruscev
.
Non
lo
era
neppure
nel
'6l'62
,
quando
Bettiza
scriveva
questo
suo
diario
.
La
prova
secca
,
precisa
,
lineare
di
Bettiza
non
è
quella
del
journal
,
non
consente
citazioni
,
estrapolazioni
.
Non
vuol
essere
«
prosa
d
'
arte
»
nel
significato
più
dubbio
della
parola
.
D
'
altronde
Bettiza
considera
questo
libro
e
i
suoi
precedenti
(
tra
gli
altri
quel
Fantasma
di
Trieste
che
fu
tradotto
in
molte
lingue
)
come
il
materiale
che
dovrebbe
confluire
in
un
futuro
romanzo
mitteleuropeo
,
globale
,
sinfonico
,
«
completamente
distaccato
dagli
umori
passeggeri
dello
scrittore
»
.
Ardua
impresa
in
un
tempo
nel
quale
arte
e
scienza
tendono
piuttosto
al
micro
che
al
macroscopico
.
Ma
non
è
lecito
porre
limiti
alle
giuste
ambizioni
di
uno
scrittore
tanto
dotato
.
Può
darsi
che
un
giorno
egli
si
avveda
che
il
Diario
di
Mosca
e
quelli
che
eventualmente
seguiranno
sono
già
il
romanzo
ch
'
egli
,
in
astratto
,
vagheggiava
.
Un
romanzo
che
ha
un
solo
personaggio
:
l
'
uomo
,
il
Singolo
di
fronte
alla
Moltitudine
.
La
scomparsa
del
singolo
sarebbe
la
fine
dell
'
avventura
umana
;
e
di
questo
la
provvidenza
ci
ha
dato
già
qualche
annuncio
ma
non
la
sentenza
definitiva
.
Può
darsi
che
ce
la
risparmi
,
anche
se
non
l
'
abbiamo
meritato
.
StampaQuotidiana ,
Vivo
a
Milano
dal
1948;
avevo
allora
cinquantadue
anni
.
Perché
ho
scelto
Milano
a
preferenza
d
'
altre
città
?
Molti
amici
,
quando
vado
a
Roma
o
altrove
,
me
lo
chiedono
,
tra
stupiti
e
scandalizzati
.
E
la
mia
risposta
è
sempre
la
stessa
:
perché
a
Milano
ho
trovato
un
posto
di
lavoro
soddisfacente
.
Ma
gli
amici
non
si
arrendono
e
obiettano
:
che
ne
è
del
clima
o
meglio
dell
'
habitat
intellettuale
della
città
?
Non
è
forse
vero
che
l
'
incomunicazione
di
massa
ha
qui
toccato
uno
dei
suoi
vertici
?
E
a
questo
punto
la
mia
risposta
è
sempre
la
stessa
:
1°
)
l
'
incomunicazione
di
massa
può
essere
molto
favorevole
a
uno
scrittore
o
artista
che
non
sia
eterodiretto
,
che
non
dipenda
dagli
alti
e
bassi
della
moda
culturale
;
mentre
sarebbe
disastrosa
per
quei
titani
dell
'
aggiornamento
porno
-
sociologico
che
contestano
«
il
sistema
»
ritraendone
lauti
vantaggi
;
2°
)
anche
mettendo
da
parte
ciò
che
Milano
e
la
Lombardia
rappresentano
nella
vita
economica
del
nostro
Paese
,
anche
se
ci
scordiamo
per
un
momento
la
meravigliosa
stagione
del
romanticismo
lombardo
possiamo
tranquillamente
affermare
che
gli
anni
della
scapigliatura
e
del
primo
naturalismo
hanno
fatto
di
Milano
una
città
civilissima
e
culturalmente
importante
.
Sì
,
hanno
fatto
:
ma
ora
?
Io
posso
riferire
due
episodi
diversissimi
,
ma
forse
significativi
.
Nel
1926
incontrai
a
Milano
Italo
Svevo
,
di
cui
conoscevo
solo
l
'
opera
e
la
fotografia
.
Mi
feci
coraggio
,
mi
presentai
e
lo
condussi
subito
in
via
Borgospesso
,
al
«
Convegno
»
.
Vi
trovai
alcuni
scrittori
ben
lieti
di
rendere
omaggio
al
loro
più
anziano
collega
.
Enzo
Ferrieri
,
naturalmente
,
Carlo
Linati
,
Eugenio
Levi
,
Alessandro
Pellegrini
ed
altri
ancora
.
Qualche
mese
dopo
Svevo
tornò
al
«
Convegno
»
per
leggere
una
sua
conferenza
su
Joyce
:
fu
un
avvenimento
che
oggi
non
potrebbe
ripetersi
.
Secondo
episodio
,
trent
'
anni
dopo
.
Nel
1956
si
dette
alla
Scala
un
dramma
lirico
di
sir
William
Walton
,
Troilo
e
Cressida
.
Io
ero
il
traduttore
del
bellissimo
libretto
.
Musicalmente
,
la
partitura
era
elegantissima
,
la
parte
vocale
non
facile
.
Lo
feci
notare
a
Victor
de
Sabata
,
il
quale
sorrise
e
mi
disse
che
la
Scala
sapeva
il
fatto
suo
.
De
Sabata
,
grande
direttore
d
'
orchestra
,
era
notoriamente
incapace
di
mettere
insieme
un
cast
.
Il
risultato
fu
disastroso
:
l
'
opera
,
eseguita
da
artisti
di
terz
'
ordine
,
finì
tra
fischi
assordanti
.
Alla
fine
dello
spettacolo
né
il
Sovrintendente
,
né
il
De
Sabata
,
né
il
direttore
d
'
orchestra
si
fecero
vedere
dall
'
autore
.
Faceva
freddo
,
nevicava
.
Accompagnai
Walton
sguazzando
nella
neve
e
nelle
pozzanghere
.
Lui
era
tranquillo
,
io
pieno
di
vergogna
.
Nonostante
il
freddo
,
la
nebbia
e
lo
smog
Milano
ha
o
avrebbe
tutto
ciò
che
occorre
per
essere
un
'
importante
città
d
'
arte
e
di
cultura
.
Ha
molte
opere
d
'
arte
,
musei
,
biblioteche
(
eccellente
la
Biblioteca
comunale
)
,
alcune
università
;
possiede
due
grandi
orchestre
,
parecchie
istituzioni
musicali
,
è
sede
dei
maggiori
editori
italiani
,
i
suoi
giornali
e
rotocalchi
raggiungono
alte
tirature
.
Ogni
sera
vi
si
tengono
decine
di
conferenze
e
dibattiti
,
il
Piccolo
Teatro
ha
ottenuto
successi
internazionali
,
la
Scala
fa
quel
che
può
(
meno
di
quel
che
potrebbe
)
per
sopravvivere
,
la
direzione
locale
della
Rai
-
TV
compie
lodevoli
sforzi
,
ma
non
si
è
mai
riusciti
a
dare
alla
città
un
decente
museo
d
'
arte
moderna
.
Tuttavia
la
somma
di
simili
meriti
e
demeriti
è
ben
lontana
dal
dare
un
risultato
positivo
.
Non
mancano
le
apparecchiature
e
i
mezzi
,
è
invece
assente
la
volontà
di
coordinare
gli
strumenti
a
disposizione
e
di
dare
al
pubblico
,
anche
al
pubblico
dei
meno
abbienti
,
quei
«
servizi
»
ch
'
esso
avrebbe
il
diritto
di
pretendere
.
Che
Milano
sia
stata
sempre
una
città
sorda
all
'
intelligenza
non
può
dirsi
in
alcun
modo
.
Anche
senza
essere
un
longobardista
(
com
'
era
il
compianto
Bognetti
)
e
nemmeno
un
lombardista
(
com
'
è
il
valentissimo
Dante
Isella
)
io
so
quanto
Milano
abbia
contato
nella
storia
dell
'
intelligenza
italiana
.
Lo
so
per
averlo
letto
nei
libri
,
non
lo
so
affatto
per
mie
recenti
esperienze
personali
.
Tra
il
'25
e
il
'30
io
venivo
a
Milano
come
si
va
alla
Mecca
:
per
rendere
il
mio
tributo
a
una
città
d
'
eccezione
.
Ma
se
debbo
prescindere
dall
'
enorme
importanza
che
Milano
ha
nel
campo
dell
'
industria
e
dell
'
economia
,
io
amo
questa
città
per
l
'
innegabile
senso
civico
dei
suoi
abitanti
,
l
'
amo
perché
vivendoci
riesco
quasi
a
dimenticarmi
di
essere
in
Italia
(
e
non
è
dir
poco
)
,
l
'
amo
perché
qui
il
sottobosco
politico
e
pseudo
culturale
fa
poca
presa
,
l
'
amo
perché
i
miei
amici
A
B
C
...
Z
non
potrebbero
viverci
e
prosperare
,
l
'
amo
perché
qui
si
può
vivere
senza
vedere
nessuno
,
senza
essere
coinvolto
in
qualsiasi
indecoroso
intrallazzo
mondano
,
senza
vergognarmi
di
essere
al
mondo
,
l
'
amo
con
tutto
il
cuore
ma
non
riesco
ad
amarla
per
la
souplesse
,
l
'
agilità
e
l
'
acume
della
sua
intelligenza
.
Dipenderà
dai
cittadini
di
Milano
un
futuro
e
imprevedibile
mutamento
del
volto
,
del
carattere
della
città
?
Certamente
,
ma
non
dai
suoi
uomini
d
'
oggi
.
Milano
è
una
città
buona
,
ma
non
è
una
città
interessante
.
Gli
stranieri
vengono
qui
per
ragioni
d
'
affari
,
ma
ben
pochi
viaggiatori
sentimentali
(
nel
senso
reso
tradizionale
da
Sterne
)
vengono
a
stabilirvisi
.
Milano
potrà
dunque
,
anzi
dovrà
,
diventare
una
città
di
cultura
rinunziando
(
et
pour
cause
)
a
quanto
non
ha
di
congeniale
:
il
colore
locale
,
la
cattiva
reputazione
,
lo
scandalo
,
la
moda
.
Sarà
possibile
?
Tutto
dipenderà
dai
suoi
uomini
di
domani
.
Se
i
giovani
d
'
oggi
si
tagliassero
la
barba
e
imparassero
a
studiare
senza
far
credito
alle
molte
università
che
vi
sorgeranno
,
numerose
come
i
funghi
,
allora
Milano
potrebbe
acquistare
quella
dimensione
morale
e
culturale
che
altre
città
italiane
,
malgrado
l
'
infuriare
delle
discordie
politiche
,
hanno
saputo
in
qualche
modo
difendere
.
Ricordiamo
però
che
la
cultura
non
si
fabbrica
,
nasce
da
sé
quando
è
giunto
il
momento
propizio
.
E
il
momento
stesso
è
una
grazia
che
bisogna
meritare
.
StampaQuotidiana ,
L
'
uomo
alienato
,
anzi
reificato
come
si
dice
oggi
,
ridotto
a
cosa
e
non
più
individuo
,
è
veramente
infelice
per
la
condizione
in
cui
è
venuto
a
trovarsi
?
Il
problema
è
certamente
mal
posto
perché
dell
'
uomo
libero
,
non
condizionato
che
da
se
stesso
,
la
storia
non
offre
esempi
;
ma
se
vogliamo
ammettere
ch
'
esso
esista
e
sia
anzi
il
problema
d
'
oggi
si
deve
escludere
che
psicologi
sociologi
e
ah
nettali
specialisti
dell
'
uomo
-
uomo
e
dell
'
uomo
-
formica
siano
i
più
idonei
a
risolverlo
.
Gli
artisti
invece
hanno
qualcosa
da
dire
in
proposito
perché
la
loro
vocazione
-
e
più
nell
'
ultimo
secolo
,
da
quando
sono
sorti
verismo
,
naturalismo
e
altre
scuole
affini
-
sembra
essere
quella
di
denunciare
l
'
universale
infelicità
umana
.
Non
sono
però
concordi
nella
prognosi
e
tanto
meno
nella
diagnosi
.
L
'
infelicità
dell
'
uomo
è
costitutiva
,
originaria
oppure
è
l
'
effetto
dei
«
sistemi
»
sociali
sinora
sperimentati
?
Gli
artisti
così
detti
engagés
propendono
per
questa
seconda
ipotesi
ma
sanno
benissimo
che
l
'
utopia
della
città
Felice
non
fu
e
mai
sarà
attuabile
.
Altri
invece
accettano
l
'
infelicità
come
la
sola
possibile
fonte
di
ispirazione
.
L
'
arte
sarebbe
la
vita
di
chi
non
vive
.
E
difficile
immaginare
che
un
uomo
felice
,
un
uomo
«
riuscito
»
,
rinunci
alla
sua
presente
felicità
per
crearsi
una
soddisfazione
post
mortem
scrivendo
opere
letterarie
di
non
probabile
sopravvivenza
.
Non
mancano
,
sono
anzi
numerosi
,
gli
scrittori
che
pur
non
essendo
impegnati
nella
contestazione
socio
-
politica
sentono
il
bisogno
di
giustificare
il
no
da
essi
opposto
alla
vita
dell
'
uomo
d
'
oggi
.
Tra
questi
,
e
tra
i
più
giovani
,
particolarmente
interessante
è
Goffredo
Parise
.
Il
suo
no
non
è
a
senso
unico
:
nel
suo
ultimo
libro
Il
crematorio
di
Vienna
(
Feltrinelli
)
l
'
accusa
non
è
rivolta
alla
vita
intesa
come
istituzione
,
bensì
alla
civiltà
consumistica
,
che
è
la
sua
bestia
nera
,
non
certo
l
'
unica
.
Lo
sguardo
di
Parise
è
stato
sempre
quello
di
un
antropologo
che
abbia
il
capolavoro
di
Darwin
come
livre
de
chevet
.
Non
tanto
lo
interessa
l
'
uomo
come
animale
privilegiato
(
che
pensa
e
modifica
a
piacer
suo
o
distrugge
la
sua
vita
)
quanto
l
'
uomo
animalesco
tout
court
che
continua
a
mostrarsi
nell
'
attuale
uomo
civile
ed
economico
.
Non
so
se
Parise
si
faccia
illusioni
su
ciò
che
potrebbe
essere
l
'
uomo
allo
stato
di
natura
,
il
buon
selvaggio
.
In
ogni
modo
è
la
vita
primordiale
quella
che
attrae
la
sua
attenzione
;
ed
è
per
questo
che
in
un
libro
di
tinte
uniformi
,
volutamente
composto
sullo
schema
di
«
tema
e
variazioni
»
(
una
trentina
di
pezzi
numerati
senza
titoli
)
si
può
trovare
ad
apertura
di
pagina
una
frase
come
questa
:
O
pesci
!
,
in
amore
muto
e
natante
,
in
seminagione
stagionale
,
la
vostra
tecnocrazia
o
sistematica
riproduttiva
non
conosce
le
belle
regole
della
dialettica
:
fate
e
basta
.
Non
conoscete
,
beati
voi
,
la
didattica
delle
convenzioni
ideologiche
(...)
o
pesci
,
fate
,
guizzate
con
l
'
occhio
non
cosciente
,
privo
di
quel
miraggio
,
verso
non
tecnici
miraggi
:
il
vermetto
,
magari
traditore
,
la
libellula
,
il
pesce
femmina
,
gli
infiniti
e
gioiosi
misteri
di
quel
grande
Luna
Park
subacqueo
che
è
la
vita
ittica
,
ottusi
ai
ragionamenti
,
alla
presenza
,
alla
bella
presenza
con
cappello
grigio
,
guanti
grigi
,
soprabito
grigio
dei
marciatori
dall
'
universale
bella
presenza
,
delle
confezioni
,
dei
prodotti
di
bellezza
per
uomo
,
o
pesci
!
Non
dico
che
questo
sia
un
bellissimo
squarcio
di
prosa
;
ma
a
chi
non
conoscesse
Parise
potrebbe
servire
per
comprendere
tanti
altri
motivi
di
lui
.
Il
tema
che
prevale
nel
Crematorio
trovava
già
nel
Padrone
(
il
più
fortunato
romanzo
di
Parise
)
due
personaggi
ancora
individuabili
da
un
punto
di
vista
che
diremmo
vagamente
naturalistico
:
il
padrone
Max
,
pianta
carnivora
che
risucchia
un
suo
dipendente
:
il
quale
,
a
conti
fatti
,
accetta
una
situazione
a
lui
non
del
tutto
sfavorevole
.
Il
motivo
del
consumo
,
della
quasi
perfetta
simbiosi
tra
il
consumante
e
il
consumatore
e
il
consumato
,
dava
luogo
a
un
grottesco
di
forte
interesse
narrativo
.
Qui
invece
,
nel
Crematorio
,
i
personaggi
pure
restando
anonimi
(
portano
soltanto
un
nome
che
è
una
lettera
dell
'
alfabeto
)
vivono
in
ambienti
ben
definiti
,
hanno
caratteri
fisici
e
psicologici
accettabili
ma
perdono
alquanto
in
credibilità
.
Altro
è
trovarsi
nella
condizione
di
robot
,
altro
sapere
di
esserlo
.
Le
figure
di
questo
défilé
pensano
e
riflettono
sulla
loro
condizione
con
una
straordinaria
consapevolezza
,
ciò
che
nella
vita
quasi
mai
accade
.
Nella
vita
l
'
infelicità
non
è
di
entrare
nel
circolo
produttore
-
prodotto
ma
nell
'
uscirne
.
Non
è
psicologicamente
vero
che
l
'
uomo
desideri
la
libertà
:
è
vero
però
ch
'
egli
deve
illudersi
di
desiderarla
.
Solo
in
rari
esempi
la
paranoia
si
affaccia
nei
personaggi
monologanti
di
Parise
.
Tale
è
il
caso
dell
'
uomo
che
uccide
molte
persone
senza
alcun
proposito
criminale
,
ma
per
darsi
prova
della
propria
abilità
nel
tiro
a
segno
.
Ma
in
casi
analoghi
,
e
assai
meno
cruenti
,
il
tema
del
rapporto
tra
divoratore
e
divorato
è
quasi
nascosto
e
si
crea
allora
una
situazione
veramente
poetica
restando
nascosta
la
nuda
e
cruda
motivazione
.
Tale
la
storia
dell
'
innominato
signore
che
vede
in
bianco
e
nero
la
sua
casa
,
la
sua
famiglia
e
se
stesso
,
mentre
ogni
altro
«
esterno
»
conserva
vividi
colori
.
Si
ha
qui
il
tema
dell
'
usura
,
ben
diverso
da
quello
dell
'
uomo
strumentalizzato
.
Là
dove
,
invece
,
prevale
un
implacabile
j
'
accuse
,
una
requisitoria
contro
la
robottizzazione
dell
'
individuo
,
l
'
ossessiva
iterazione
del
motivo
perde
in
efficacia
e
lascia
alquanto
incredulo
il
lettore
-
consumatore
.
Perché
alla
fin
dei
conti
il
paradosso
di
Parise
e
di
tutti
gli
anticonsumisti
(
anch
'
io
ho
peccato
in
questo
senso
in
miei
vecchi
scritti
non
narrativi
)
è
ch
'
essi
stessi
sono
professionali
produttori
e
avidi
consumatori
di
merce
culturale
.
Si
tratta
di
una
contraddizione
di
fondo
presente
in
tutta
la
letteratura
d
'
oggi
.
Contraddizione
più
apparente
che
reale
perché
non
si
può
uccidere
,
artisticamente
,
la
vita
senza
una
forte
carica
di
amor
vitae
.
Questa
volontà
di
vivere
è
sempre
stata
presente
in
tutti
i
libri
di
Parise
e
nei
suoi
reportages
giornalistici
.
Nel
suo
ultimo
libro
essa
sembra
quasi
espunta
come
una
imperdonabile
debolezza
.
Ciò
non
toglie
che
quand
'
essa
trapela
Parise
riacquisti
tutta
la
sua
forza
.
StampaQuotidiana ,
Da
Gerusalemme
divisa
,
5
gennaio
-
Se
è
vero
che
le
forme
verbali
dell
'
aramaico
non
consentono
una
netta
distinzione
tra
passato
,
presente
e
futuro
,
e
lascio
la
responsabilità
dell
'
affermazione
a
Raymond
Aron
,
si
può
comprendere
che
il
continuum
di
un
eterno
presente
abbia
finito
per
imporre
una
certa
iconoclastia
ai
Paesi
di
lingue
semitiche
.
Da
un
lato
concreto
,
la
vita
quotidiana
,
dall
'
altro
ciò
che
non
si
può
né
vedere
né
rappresentare
.
Così
il
Dio
non
effigiato
doveva
prendere
,
presso
gli
ebrei
,
anche
gli
attributi
meno
nobili
dell
'
uomo
:
la
collera
,
la
violenza
.
Mancando
ai
monoteisti
il
conforto
che
ebbero
i
greci
di
popolare
la
Terra
di
divinità
terrene
o
di
subdivinità
in
incognito
,
molto
lento
dovette
essere
il
processo
che
vide
nascere
la
carità
,
in
sostituzione
dell
'
antica
pietas
,
accessibile
solo
a
pochi
privilegiati
.
E
fu
la
rivoluzione
cristiana
,
da
duemila
anni
la
sola
rivoluzione
che
,
anche
incompiuta
come
è
,
dica
ancora
qualcosa
al
cuore
dell
'
uomo
.
Questi
,
ed
altri
meno
peregrini
,
erano
i
sentimenti
che
mi
ispirava
la
strada
quasi
deserta
che
porta
da
Amman
a
Gerusalemme
.
Nella
città
di
Amman
ho
visto
solo
i
quartieri
dei
rifugiati
,
che
formano
una
sorta
di
lebbrosario
edilizio
.
Più
in
là
,
alle
baracche
e
alle
casupole
succedono
tende
di
forma
semiovoidale
,
attaccate
al
suolo
come
sanguisughe
.
Apparvero
poi
due
cammelli
,
uno
sciacallo
con
gli
occhi
accesi
dalle
prime
luci
del
tramonto
e
una
o
due
squadre
dei
mirabili
cavalleggeri
arabi
del
re
Ussein
.
Il
suolo
rossastro
e
ondulato
,
non
ci
si
accorgeva
di
scendere
gradatamente
dai
quasi
mille
metri
dell
'
altipiano
verso
i
quattrocentoquaranta
piedi
sotto
il
livello
del
mare
del
plumbeo
Mar
Morto
.
Sulle
rive
del
quale
sorge
un
Dead
Sea
Hotel
che
offriva
camere
libere
ma
non
riscaldate
.
E
il
freddo
in
terra
era
intenso
,
le
poche
erbe
erano
già
strinate
dal
gelo
.
Una
larva
di
calore
ci
offriva
,
invece
,
a
Gerusalemme
,
un
alberguccio
sul
Monte
degli
Ulivi
.
Ma
in
questi
giorni
un
solo
alloggio
non
bastava
ai
giornalisti
,
perché
la
città
è
divisa
in
due
parti
,
una
giordana
e
una
israeliana
,
e
chi
voleva
vedere
qualcosa
doveva
far
la
spola
dall
'
una
all
'
altra
,
dopo
essersi
imbottite
le
tasche
di
ogni
genere
di
documenti
,
tessere
e
salvacondotti
.
Per
la
prima
volta
in
vita
mia
,
ho
avuto
così
due
alloggi
,
uno
dei
quali
lussuoso
,
a
forse
un
chilometro
di
distanza
.
Che
cosa
pensavano
i
giordani
dell
'
imminente
arrivo
di
Paolo
VI
?
Secondo
re
Ussein
,
il
Papa
potrà
rendersi
conto
delle
condizioni
di
vita
di
un
milione
di
rifugiati
,
ma
non
bisogna
attribuirgli
compiti
di
mediatore
tra
due
Paesi
ancora
su
un
piede
di
guerra
,
seppure
in
regime
di
armistizio
.
Che
cosa
pensano
gli
arabi
del
nostro
coraggioso
Pontefice
?
Lo
abbiamo
chiesto
ad
un
arabo
ed
egli
ci
ha
interrogato
a
sua
volta
:
sa
camminare
sull
'
acqua
il
Papa
?
E
alla
nostra
risposta
se
ne
è
andato
,
deluso
.
Ciò
non
toglie
che
in
questo
Paese
l
'
interesse
per
l
'
inopinato
gesto
di
Paolo
VI
sia
stato
altissimo
.
Mentre
sto
scrivendo
,
levo
gli
occhi
e
guardo
la
mareggiata
umana
che
accoglie
il
Papa
alla
porta
di
Damasco
.
Neppure
il
forte
sbarramento
della
polizia
e
dell
'
esercito
giordano
ha
potuto
impedire
che
,
durante
l
'
ascensione
della
Via
Dolorosa
,
il
Pontefice
dovesse
procedere
tra
una
vera
calca
di
popolo
.
Eppure
la
Via
Crucis
,
quando
l
'
avevo
percorsa
io
,
non
era
che
un
vicolo
in
salita
,
a
zigzag
,
sul
quale
si
aprono
friggitorie
e
piccole
botteghe
.
Era
una
sera
di
luna
,
non
si
vedeva
anima
viva
.
In
un
seminterrato
un
uomo
impastava
coi
piedi
nudi
una
melma
di
olio
di
sesamo
e
il
tanfo
dilagava
intorno
.
La
vera
Via
Crucis
correva
sotto
l
'
attuale
strada
,
pochi
metri
al
di
sotto
;
qualche
traccia
ne
resta
ancora
ed
a
ogni
stazione
c
'
è
un
'
apertura
che
permette
di
scorgerla
.
La
chiesa
del
Santo
Sepolcro
sorge
su
quella
che
doveva
essere
poco
più
di
una
gibbosità
o
verruca
del
suolo
.
È
là
che
Paolo
VI
ha
celebrato
,
nello
storico
4
gennaio
1964
,
la
prima
Messa
di
un
Papa
in
Terrasanta
.
Se
è
lecito
attribuire
pensieri
nostri
a
così
alto
visitatore
,
si
può
credere
che
egli
abbia
invidiato
quei
pellegrini
che
vengono
qui
senza
clamore
di
pubblicità
e
senza
apparire
su
alcuno
schermo
.
Teoricamente
,
la
possibilità
esisteva
,
poiché
né
Giordania
né
Israele
posseggono
la
televisione
:
í
giordani
troppo
poveri
per
pagarsi
questo
lusso
,
gli
israeliani
convinti
che
la
televisione
distragga
dal
lavoro
e
corrompa
i
costumi
.
Ma
la
macchina
diabolica
poteva
essere
importata
per
pochi
giorni
,
e
nessun
uomo
di
prestigio
e
tanto
meno
il
capo
della
ecumene
cattolica
potrebbe
sognarsi
oggi
di
viaggiare
clandestinamente
.
A
Getsemani
poi
,
l
'
ultima
tappa
importante
di
questa
prima
spossante
fatica
del
Papa
,
è
quasi
impensabile
la
folla
.
L
'
orto
ha
ancora
la
ingenuità
dei
quadri
dei
primitivi
,
la
luce
sgronda
dagli
alberi
,
un
uccellino
ammaestrato
dai
francescani
viene
a
posarsi
sulla
vostra
spalla
;
e
nemmeno
il
cuore
più
indurito
può
trattenere
la
commozione
vedendo
la
più
che
bimillenaria
lastra
di
pietra
sulla
quale
il
Salvatore
,
per
lunga
ed
ininterrotta
tradizione
,
si
adagiò
e
pianse
.
Mi
accorgo
di
aver
saltato
a
piè
pari
la
tappa
intermedia
toccata
in
breve
tempo
dal
Papa
:
Betania
,
dove
si
vedono
i
resti
della
casa
di
Lazzaro
,
pure
custodita
dai
francescani
.
Qui
la
chiesa
è
quasi
addossata
a
una
moschea
e
il
suono
dell
'
organo
e
il
canto
rauco
del
muezzin
si
fondono
in
un
unico
stupefacente
concerto
.
Nazaret
,
il
più
famoso
dei
luoghi
santi
,
si
trova
,
invece
,
in
Israele
.
Mentre
continuo
a
scrivere
(
è
l
'
alba
del
5
gennaio
)
il
Papa
vi
giungerà
dalla
frontiera
giordana
di
Jenin
e
a
Megiddo
sarà
incontrato
dal
presidente
della
Repubblica
israeliana
,
pressappoco
lungo
quella
spaccatura
dove
Debora
sconfisse
Sela
(
Giudici
,
5
,
19
)
.
Anche
a
Nazaret
bisogna
scendere
sotto
terra
per
vedere
le
grotte
dove
vissero
a
lungo
Maria
e
Gesù
e
dove
Giuseppe
lavorò
come
falegname
.
Purtroppo
la
chiesa
che
sovrasta
le
grotte
raffredderebbe
la
fede
più
ardente
e
il
paesaggio
circostante
,
assai
deturpato
,
non
giustifica
più
la
sua
reputazione
.
Il
lago
di
Tiberiade
,
il
colle
delle
Beatitudini
,
il
Monte
Tabor
sono
altre
tappe
di
quella
che
qualche
giornale
definisce
the
Pope
'
s
cavalcade
.
Il
lago
resta
ed
è
probabilmente
eguale
a
quello
che
fu
visto
da
Gesù
:
non
vi
sono
che
poche
abitazioni
.
L
'
altro
giorno
questo
piccolo
mare
di
Galilea
era
sferzato
da
un
vento
furioso
,
le
onde
erano
altissime
,
di
un
colore
quasi
nero
.
Siamo
ancora
sotto
il
livello
del
mare
.
Una
piccola
monaca
espone
alla
mia
ammirazione
un
grosso
luccio
che
era
convinta
fosse
destinato
alla
cena
del
Pontefice
.
Di
fronte
è
la
Siria
che
un
tempo
mandava
qui
turisti
e
villeggianti
.
Nel
viaggio
di
ritorno
Paolo
VI
sosterà
a
Cana
,
dove
battezzerà
un
bambino
,
e
a
Ramla
,
dove
nacque
Giuseppe
d
'
Arimatea
.
Si
pensa
che
gli
sarà
mostrato
il
sicomoro
sul
quale
si
arrampicò
Zaccheo
per
vedere
Gesù
.
La
via
del
ritorno
lungo
la
fascia
costiera
,
che
in
qualche
punto
è
larga
appena
dieci
chilometri
,
e
la
strada
che
sale
poi
a
Gerusalemme
mostrano
un
paesaggio
folto
di
agrumeti
,
ben
diverso
da
quello
giordano
.
A
tratti
sembra
di
essere
in
Umbria
e
qualcuno
ha
pensato
alla
Val
Gardena
.
Tutto
il
coltivabile
è
stato
sfruttato
al
massimo
,
abbondano
gli
uliveti
ed
i
cipressi
,
sui
colli
biancheggiano
i
kibbuz
.
Negli
ultimi
chilometri
si
scorgono
i
resti
delle
autoblindo
israeliane
che
nel
'46
tentarono
di
rompere
un
accerchiamento
.
Oggi
vi
sono
appese
ghirlande
di
fiori
.
La
Gerusalemme
ebraica
è
una
città
moderna
dove
esiste
quasi
ogni
confort
,
escluso
un
buon
riscaldamento
.
Israele
conta
ben
sette
università
e
non
ha
analfabeti
.
Il
contrasto
psicologico
con
lo
Stato
giordano
non
potrebbe
essere
più
forte
.
Di
là
l
'
Oriente
con
la
sua
inerzia
e
la
sua
apparente
inoffensività
;
di
qua
uno
Stato
moderno
,
ma
ibridato
incredibilmente
.
Accanto
agli
ortodossi
,
che
portano
lunghe
trecce
e
insultano
chi
si
permette
di
fumare
il
sabato
,
stanno
gli
stessi
uomini
che
possiamo
incontrare
in
via
Montenapoleone
.
Non
mancano
i
cattolici
e
neppure
gli
arabi
,
lo
Stato
è
ufficialmente
laico
,
sette
partiti
si
contendono
il
potere
,
la
ferma
militare
è
obbligatoria
anche
per
le
donne
,
e
le
più
belle
ragazze
sono
quelle
che
portano
la
divisa
.
Di
fronte
alla
vastità
territoriale
degli
Stati
arabi
,
poco
spazio
resta
a
disposizione
di
Israele
.
Potranno
un
giorno
arabi
e
israeliani
convivere
in
pace
?
È
quello
che
si
augura
ogni
uomo
di
buona
volontà
.
Ma
il
solco
è
ancora
profondo
e
le
previsioni
sono
inutili
.
Domani
,
6
gennaio
,
Paolo
VI
visiterà
Betlemme
e
poi
tornerà
ad
Amman
per
riprendere
il
viaggio
di
ritorno
.
Proponendo
e
attuando
rapidamente
questa
sua
visita
egli
ha
compiuto
un
gesto
che
non
ha
precedenti
,
che
ha
creato
difficoltà
di
ogni
genere
,
e
non
solo
di
etichetta
e
di
protocollo
,
un
gesto
del
quale
non
possiamo
valutare
per
ora
le
possibili
ripercussioni
.
La
sua
visita
è
stata
considerata
importante
e
nello
stesso
tempo
è
stata
temuta
.
Religiosamente
,
nessuna
delle
parti
tuttora
in
lotta
appartiene
alla
cattolicità
.
Sul
piano
politico
si
è
trattato
della
visita
di
un
capo
straniero
ai
due
capi
di
Stato
che
lo
hanno
ricevuto
.
Ma
sul
piano
della
storia
esistono
forze
che
agiscono
nel
sottosuolo
e
che
sfuggono
alla
comprensione
dei
contemporanei
.
Forse
io
mi
sono
trovato
come
Fabrizio
del
Dongo
a
Waterloo
:
ho
assistito
a
una
grande
azione
storica
senza
rendermene
conto
.
Più
tardi
attraverso
il
ricordo
ne
prenderò
piena
coscienza
.
Per
fortuna
o
per
disgrazia
noi
uomini
dell
'
Occidente
possediamo
forme
verbali
che
ci
permettono
di
vivere
più
nel
passato
e
nel
futuro
che
nel
presente
.
Posso
concludere
queste
brevi
note
affidate
al
telegrafo
dicendo
con
quale
emozione
di
pellegrino
culturale
ho
rimesso
piede
dopo
anni
nelle
terre
dove
è
nato
il
monoteismo
.
Paesi
come
questi
lasciano
,
come
ha
detto
il
vecchio
re
Abdulla
assassinato
qui
a
Gerusalemme
,
una
impressione
di
eternità
.
Abbiamo
creato
tante
macchine
,
il
progresso
,
sebbene
a
rilento
,
è
giunto
anche
qui
,
eppure
noi
sentiamo
che
la
via
del
progresso
meccanico
non
è
che
una
delle
vie
possibili
e
forse
non
è
neppure
la
via
più
giusta
per
l
'
Oriente
che
noi
possiamo
dire
cristiano
anche
se
i
cristiani
vi
sono
in
minoranza
.
Io
ne
avevo
già
avuto
il
sentore
quando
visitai
rovine
e
santuari
,
oasi
e
città
morte
di
Libano
e
di
Siria
sotto
la
guida
di
Julian
Huxley
:
terre
che
si
possono
amare
o
detestare
,
prendere
o
lasciare
,
ma
che
in
nessun
caso
possono
lasciarci
indifferenti
.
E
per
conto
mio
anche
stavolta
,
vincendo
la
ripugnanza
del
grasso
di
montone
e
delle
sugne
di
olio
di
sesamo
,
posso
dire
che
non
mi
pento
di
aver
deciso
senza
esitazione
di
prenderle
e
di
conservarle
gelosamente
tra
i
miei
ricordi
più
cari
.
StampaQuotidiana ,
Quando
si
dice
che
il
mondo
contemporaneo
è
in
crisi
,
s
'
intende
,
giustamente
,
che
la
crisi
tocca
tutti
,
giovani
o
vecchi
,
nella
loro
condizione
di
uomini
,
non
in
quella
di
cittadini
,
registrati
a
un
'
anagrafe
.
Probabilmente
le
resistenze
psichiche
e
nervose
dell
'
uomo
d
'
oggi
sono
ancora
quelle
dell
'
uomo
di
ieri
e
non
hanno
potuto
adattarsi
alle
nuove
scoperte
della
scienza
,
alla
distruzione
delle
distanze
,
al
diverso
senso
del
tempo
e
ai
profondi
mutamenti
del
costume
.
Non
di
questa
crisi
voglio
parlare
(
quella
che
spiega
tanti
sovvertimenti
morali
,
sociali
e
familiari
)
perché
il
fenomeno
riguarda
meno
l
'
Italia
che
altri
paesi
.
Le
mie
osservazioni
saranno
limitate
soltanto
alla
situazione
della
presunta
«
intelligenza
»
italiana
nel
primo
e
nel
secondo
dopoguerra
di
cui
siamo
stati
vittime
e
attori
.
Il
fatto
che
più
tipicamente
caratterizzò
il
primo
dopoguerra
è
quel
«
viaggio
a
Roma
»
che
i
nostri
vecchi
ignoravano
e
che
dopo
il
'22
si
rese
periodicamente
indispensabile
a
chiunque
esercitasse
un
'
attività
economica
non
semplicemente
subalterna
o
artigiana
.
I
nuovi
Romei
,
se
erano
padri
,
si
recavano
a
Roma
non
già
per
ammirare
le
bellezze
dell
'
Urbe
o
per
umiliare
i
loro
omaggi
ai
piedi
del
Santo
Padre
,
ma
per
ungere
le
ruote
là
dove
fosse
necessario
farlo
ai
fini
dei
loro
affari
leciti
o
illeciti
(
ma
molto
spesso
lecitissimi
)
.
Accentratore
di
tutte
le
forme
della
vita
pubblica
ed
economica
,
il
fascismo
non
poteva
mancare
a
quelle
funzioni
dirigistiche
che
i
suddetti
ungimenti
erano
costretti
a
sollecitare
a
favore
dell
'
uno
piuttosto
che
dell
'
altro
.
I
figli
,
invece
,
andavano
a
Roma
anche
standosene
a
casa
:
ma
in
sostanza
attendevano
l
'
imbeccata
dall
'
alto
,
e
chiedevano
riconoscimenti
e
carriere
(
che
poi
ottennero
)
solo
per
il
fatto
che
obbedivano
a
una
parola
d
'
ordine
e
accettavano
di
non
dar
fastidi
.
Il
nuovo
dopoguerra
-
iniziatosi
nel
1945
-
non
sembra
,
per
qualche
aspetto
,
molto
diverso
dal
precedente
.
I
padri
vanno
a
Roma
come
prima
e
più
di
prima
,
e
la
periferia
,
anche
quella
elle
paga
le
tasse
per
tutti
,
ha
rinunziato
,
dopo
una
platonica
alzata
di
scudi
,
alla
velleità
di
farsi
sentire
;
ma
di
diverso
c
'
è
questo
,
che
i
figli
sono
delusi
e
amareggiati
di
esser
lasciati
soli
.
E
dal
punto
di
vista
materiale
non
hanno
tutti
i
torti
:
hanno
ereditato
una
situazione
difficile
.
Dalla
guerra
1914-18
uscimmo
vittoriosi
,
ma
con
l
'
animo
dei
vinti
,
senza
perciò
avere
neppure
i
vantaggi
psicologici
della
vittoria
.
11
caos
fu
apparentemente
evitato
perché
il
potere
passò
in
poche
mani
,
anzi
in
due
sole
,
il
Paese
s
'
indebitò
e
visse
di
rendita
consumando
le
sue
riserve
.
Rimandata
la
soluzione
di
tutti
i
problemi
di
fondo
era
naturale
che
í
nodi
venissero
al
pettine
dopo
la
sconfitta
;
la
quale
,
accompagnata
dall
'
inevitabile
svalutazione
della
lira
,
noi
produsse
nemmeno
quell
'
euforia
,
quel
vigore
di
ripresa
che
di
solito
è
uno
dei
vantaggi
dei
paesi
vinti
.
Alcune
note
tristi
sono
all
'
ordine
del
giorno
nella
nostra
stampa
periodica
:
decadenza
dell
'
istituto
familiare
,
rilassamento
dei
buoni
costumi
,
crisi
dei
giovani
,
sotto
-
impiego
o
disoccupazione
anche
nel
mondo
degli
intellettuali
.
È
improbabile
che
questi
siano
problemi
solamente
italiani
.
Ma
da
noi
si
avvertono
di
più
perché
l
'
Italia
non
ha
riserve
tali
da
permettersi
il
lusso
di
sprecare
il
superfluo
.
Il
fascismo
aveva
dispensato
i
giovani
dal
pensare
,
distribuendo
posti
e
prebende
a
coloro
che
mostravano
maggior
voglia
di
servire
o
maggiore
aggressività
biologica
.
Agli
esclusi
,
restava
la
soddisfazione
morale
di
essere
fuori
dal
gregge
,
di
essere
controcorrente
.
Se
per
alcuni
fascisti
in
buona
fede
il
fascismo
fu
una
sorta
di
religione
,
altrettanto
lo
fu
l
'
antifascismo
per
coloro
che
lo
professarono
con
vera
convinzione
.
Quale
fede
è
rimasta
ai
giovani
di
oggi
?
I
molti
che
hanno
aderito
al
comunismo
sono
passati
da
un
conformismo
a
un
altro
,
e
se
appartengono
alla
classe
degli
intellettuali
,
non
nascondono
la
loro
delusione
per
le
insolvenze
del
tic
nei
loro
riguardi
.
Il
partito
di
maggior
peso
,
la
Dc
,
non
è
tale
,
per
sua
natura
,
da
poter
accendere
l
'
entusiasmo
dei
giovani
:
manca
dell
'
alone
che
hanno
gli
altri
raggruppamenti
politici
ed
è
più
un
coacervo
di
interessi
creati
che
una
idea
-
forza
.
I
partiti
di
centro
,
poi
,
non
possono
soddisfare
che
piccole
clientele
e
sono
anch
'
essi
privi
di
ogni
attrazione
romantica
.
Non
si
esclude
che
il
cattolicismo
possa
rappresentare
una
fede
per
migliaia
di
giovani
,
ma
non
certo
una
fede
che
possa
dare
frutti
a
breve
scadenza
e
fornisca
mezzi
di
sussistenza
.
Il
cattolicismo
socialmente
attivo
è
travagliato
e
la
DC
ne
raccoglie
solo
un
'
aliquota
.
Non
c
'
è
da
noi
la
questione
dei
preti
operai
,
ma
non
mancano
i
segni
di
una
crescente
delusione
fra
i
giovani
che
credono
di
potersi
dire
cattolici
senza
essere
disposti
a
rinunziare
ai
loro
interessi
terreni
.
Anche
nel
campo
della
generale
Weltanschauung
filosofica
il
disorientamento
appare
completo
.
Dallo
storicismo
crociano
molti
sono
passati
al
materialismo
storico
e
poi
al
materialismo
dialettico
;
il
quale
,
però
,
è
incapace
di
provvedere
una
norma
di
giudizio
in
una
materia
,
l
'
Estetica
,
che
in
una
civiltà
visiva
e
spettacolare
come
la
nostra
,
ha
una
incalcolabile
importanza
.
Quali
sono
i
gusti
dei
giovani
d
'
oggi
?
Un
'
inchiesta
tipo
Gallup
,
se
fosse
seriamente
tentata
,
darebbe
risultati
sorprendenti
.
Il
primo
,
e
il
più
confortante
,
sarebbe
quello
di
appurare
l
'
esistenza
di
un
piccolo
nucleo
di
giovani
che
somigliano
in
tutto
e
per
tutto
ai
giovani
delle
vecchie
generazioni
,
che
lavorano
e
pensano
con
la
propria
testa
e
che
si
rifiutano
ad
ogni
sorta
di
«
intruppamento
»
.
E
a
questo
punto
si
potrebbe
essere
tentati
di
concludere
che
essi
solo
sono
i
veri
giovani
e
che
il
resto
va
abbandonato
al
suo
destino
.
Ma
sarebbe
una
conclusione
frettolosa
perché
una
cultura
ha
bisogno
di
comprimari
e
non
è
detto
che
talvolta
dalla
comparsa
non
possa
venir
fuori
un
personaggio
degno
di
figurare
tra
i
protagonisti
.
I
giovani
d
'
oggi
hanno
fretta
.
In
Italia
non
trovano
nulla
che
rassomigli
,
per
esempio
,
al
British
Council
,
la
garanzia
di
una
carriera
,
sia
pure
intellettuale
,
a
vasto
circolo
,
che
permetta
di
essere
,
contemporaneamente
,
«
dentro
e
fuori
dello
Stato
»
.
Chi
ha
un
papà
solvibile
,
chi
ha
fatto
studi
seri
,
chi
ha
una
vocazione
precisa
entra
in
una
professione
libera
;
chi
riesce
a
vincere
un
concorso
diventa
«
statale
»
per
poi
lamentarsene
tutta
la
vita
.
Ai
margini
,
una
pletora
di
inutili
laureati
accrescono
il
fenomeno
della
disoccupazione
intellettuale
.
Che
studi
hanno
fatto
questi
intellettuali
,
laureati
o
no
?
I
loro
padri
sapevano
almeno
,
più
o
meno
bene
,
il
francese
,
la
lingua
che
dall
'
illuminismo
in
poi
è
stata
il
latino
dei
moderni
.
I
figli
hanno
optato
per
l
'
inglese
,
che
non
s
'
impara
mai
e
che
non
ha
eguali
virtù
formative
.
Sanno
tutto
sulla
storia
del
jazz
,
forse
hanno
sentito
il
Wozzeck
ma
non
il
Trovatore
o
il
Don
Carlos
.
Pensano
che
la
letteratura
italiana
è
«
una
barba
»
.
Sono
grandi
frequentatori
di
cinema
e
lettori
di
giornali
a
rotocalco
.
Ogni
generazione
ha
i
suoi
falliti
ed
è
naturale
che
anche
la
nuova
ne
abbia
.
Ma
prescindendo
dalla
folla
dei
piccoli
arrivisti
,
ciò
che
impressiona
è
il
numero
degli
illusi
e
degli
scontenti
che
non
possiamo
dire
del
tutto
in
mala
fede
.
È
da
questa
parte
che
giungono
le
così
dette
istanze
del
«
realismo
»
che
dovrebbe
rinnovare
la
nostra
cultura
;
e
se
esse
ci
giungessero
solo
da
marxisti
di
professione
potremmo
trovarle
giustificabili
.
Si
ha
invece
l
'
impressione
ch
'
esse
giungano
soprattutto
da
parte
di
sprovveduti
di
ogni
cultura
.
Poiché
il
loro
processo
investe
soprattutto
il
campo
della
nostra
recente
letteratura
(
e
del
cinema
)
non
possiamo
negare
che
se
l
'
etichetta
del
realismo
conviene
a
film
senza
personaggi
,
a
film
volutamente
casuali
e
rapsodici
,
qui
il
realismo
italiano
(
che
sembra
già
a
corto
di
fiato
)
ha
ottenuto
qualche
risultato
.
E
se
realistica
tout
-
court
volete
chiamare
l
'
arte
narrativa
di
Pavese
vada
anche
per
il
realismo
pavesiano
.
Ma
in
sé
la
ricetta
del
neorealismo
è
povera
se
non
è
suffragata
da
un
nuovo
stile
e
da
una
nuova
apertura
d
'
anima
e
di
cultura
.
E
nemmeno
può
tornare
a
un
guazzabuglio
di
impressioni
cronistiche
in
pseudoversi
liberi
chi
voglia
disfarsi
dell
'
aborrito
ermetismo
,
un
indirizzo
che
almeno
in
qualche
caso
aveva
ritrovato
la
via
regia
della
nostra
poesia
,
e
che
in
ogni
modo
non
può
essere
superato
che
dall
'
interno
.
Che
i
giovani
intellettuali
si
sentano
disorientati
è
comprensibile
.
Se
la
euforia
della
liberazione
fosse
durata
a
lungo
e
se
fosse
sorto
qualche
giovane
capace
di
reggere
le
fila
di
un
gruppo
o
di
una
iniziativa
,
o
se
almeno
avessimo
avuto
qualche
nuovo
scrittore
capace
di
trascinarsi
dietro
un
buon
numero
di
satelliti
,
molti
giovani
si
sarebbero
ritrovati
da
sé
,
seguendo
tracce
altrui
.
Invece
gli
scrittori
che
contano
,
con
l
'
eccezione
di
Pavese
,
sono
ancora
quelli
di
ieri
,
che
ai
giovanissimi
d
'
oggi
sembrano
stranamente
sprovvisti
di
crisi
spirituali
,
compromessi
con
un
passato
di
cui
sono
invece
,
per
la
maggior
parte
,
irresponsabili
.
Peggiore
appare
la
situazione
nel
teatro
.
Dopo
il
trionfo
del
cinema
,
è
legge
che
ogni
spettacolo
sia
macchinoso
e
che
in
esso
conti
più
l
'
opera
della
regia
che
quella
dell
'
autore
.
E
infatti
la
regia
,
e
con
essa
quella
dell
'
inviato
speciale
di
tipo
registico
,
sembrano
essere
lesole
nuove
professioni
aperte
ai
giovani
che
hanno
fretta
.
Di
tipo
spettacolare
,
puramente
visivo
,
sembra
essere
la
pittura
non
realistica
e
neppur
figurativa
,
anzi
astratta
,
che
è
entrata
trionfalmente
anche
da
noi
.
Impressionismo
,
cubismo
e
altri
ismi
hanno
vinto
da
un
pezzo
la
loro
battaglia
con
l
'
aiuto
delle
arti
decorative
.
Ed
ora
tenteremo
di
tirare
le
somme
dai
nostri
sparsi
appunti
senza
indulgere
a
quei
toni
predicatori
che
molti
assumono
quando
le
«
generazioni
bruciate
»
si
presentano
alla
ribalta
della
società
.
Prima
di
tutto
bisogna
registrare
un
capovolgimento
se
non
di
valori
,
certo
di
giudizi
che
non
riguarda
solo
i
giovani
.
Immaginate
la
posizione
di
un
uomo
che
si
sia
affacciato
alla
vita
della
letteratura
e
dell
'
arte
appena
trenta
o
quaranta
anni
fa
.
I
Maestri
autorizzati
,
coloro
che
si
esprimevano
dalle
cattedre
,
erano
pronti
a
bollare
dell
'
accusa
di
«
decadentismo
»
qualsiasi
tentativo
di
rottura
e
di
rinnovamento
.
L
'
Italia
pareva
imprigionata
in
una
cultura
sua
,
difesa
da
compartimenti
stagni
;
se
qualcosa
veniva
immesso
dal
di
fuori
(
l
'
idealismo
tedesco
)
era
necessario
dimostrare
che
con
esso
l
'
Italia
tornava
alle
sue
vecchie
tradizioni
vichiane
.
E
in
arte
,
chissà
poi
perché
,
la
nostra
tradizione
era
indicata
come
anti
-
intellettuale
:
Ariosto
,
Verga
,
Di
Giacomo
erano
,
in
vario
modo
e
in
varia
misura
,
i
poeti
esemplari
.
La
Fantasia
creatrice
era
un
dominio
a
sé
,
anche
quando
scendeva
in
terra
col
Maupassant
e
col
Verga
.
Avvenute
le
prime
rotture
,
tornate
in
evidenza
le
ragioni
vitali
del
presunto
intellettualismo
,
i
custodi
della
(
recente
)
tradizione
furono
obbligati
a
laboriosi
processi
di
revisione
interna
.
Ma
più
contò
il
fatto
che
le
rotture
avvenissero
da
parte
di
scrittori
e
di
artisti
,
e
che
l
'
aria
della
nostra
letteratura
-
tra
il
1910
e
il
1940
-
tornasse
ad
essere
,
dopo
lunghissimi
anni
,
un
'
aria
europea
.
Oggi
questo
processo
sembra
da
noi
interrotto
e
coloro
che
vi
hanno
partecipato
sono
spesso
indicati
come
superstiti
esemplari
della
specie
dell
'
arcade
tradizionale
,
del
parruccone
.
Che
i
giovani
abbiano
fretta
nell
'
età
della
velocità
,
è
ben
comprensibile
.
Che
essi
non
si
meraviglino
di
vedere
a
loro
disposizione
un
incredibile
numero
di
giornali
e
riviste
,
con
l
'
aggiunta
della
radio
e
della
1v
,
e
una
vera
fungaia
di
premi
d
'
ogni
genere
,
di
cui
essi
prima
o
poi
dovranno
essere
i
beneficiari
,
è
pure
spiegabile
perché
chi
riceve
i
benefizi
è
indotto
a
sospettare
un
senso
di
colpa
in
chi
glieli
concede
.
Ma
ciò
che
ad
essi
si
deve
chiedere
è
di
comprendere
che
le
loro
difficoltà
non
sono
diverse
da
quelle
affrontate
dai
loro
zii
o
dai
loro
padri
.
Se
hanno
orrore
dei
partiti
che
oggi
sono
al
governo
,
concorrano
a
trasformarli
oppure
ne
fondino
di
nuovi
;
se
sono
uomini
d
'
azione
agiscano
nell
'
ordine
dei
quadri
e
delle
condizioni
esistenti
che
hanno
gran
bisogno
di
rinnovarsi
.
Se
sono
filosofi
,
creino
liberamente
le
loro
nuove
filosofie
;
ma
se
intendono
rinnovare
la
cultura
e
l
'
arte
attraverso
una
critica
puramente
negativa
,
la
via
che
seguono
è
sbagliata
.
Riconosciute
tutte
le
loro
ragioni
,
ciò
che
ad
essi
si
deve
chiedere
è
di
comprendere
prima
di
tutto
se
stessi
.
Appartenere
a
una
generazione
che
non
sa
più
credere
a
nulla
può
essere
un
titolo
d
'
orgoglio
a
chi
creda
all
'
ultima
nobiltà
,
all
'
oscura
esigenza
di
questo
vuoto
;
ma
non
dispensa
affatto
chi
voglia
trasformare
questo
vuoto
in
un
'
affermazione
paradossale
di
vita
,
dal
dovere
di
darsi
uno
stile
.
Se
molti
giovani
non
credono
né
in
Marx
né
nel
Dio
dei
cristiani
e
nemmeno
in
quello
della
democrazia
liberale
o
degli
Stati
Uniti
d
'
Europa
(
o
in
altre
ipotetiche
divinità
)
,
potrebbero
almeno
credere
nella
possibilità
di
esprimersi
in
forme
che
non
siano
di
contrabbando
.
Purtroppo
,
non
è
così
;
e
il
giorno
che
dalle
loro
file
uscirà
un
uomo
vero
,
un
vero
pensatore
,
un
vero
artista
,
i
suoi
giudici
più
severi
saranno
forse
i
suoi
frettolosi
coetanei
.
StampaQuotidiana ,
Perché
la
letteratura
modernissima
-
e
non
solo
la
nostra
-
è
tanto
ricca
di
romanzi
noiosi
,
di
libri
in
cui
«
non
accade
nulla
»
,
di
personaggi
che
non
hanno
volto
né
stato
civile
e
si
muovono
in
ambienti
che
sono
scenografie
di
cartone
e
non
cornici
naturali
e
sociali
riflettenti
un
mondo
e
una
cultura
?
Alla
domanda
fu
risposto
che
oggi
manca
la
fiducia
nel
«
genere
»
del
romanzo
o
almeno
in
quelli
che
sono
i
suoi
vecchi
schemi
,
e
che
si
tenta
senza
successo
di
rinnovarli
.
Di
qui
il
peso
d
'
infinite
esperienze
di
laboratorio
che
dovrebbero
restare
private
ma
non
rimangono
tali
,
raro
essendo
il
caso
di
chi
abbia
condotto
a
termine
un
'
opera
di
una
certa
lena
e
rinunci
a
darla
alle
stampe
.
Entrata
in
crisi
la
vecchia
idea
del
romanzo
,
che
ha
prodotto
opere
non
superabili
,
è
naturale
che
si
ripercuota
il
disagio
su
tutte
le
esperienze
che
tendano
a
un
'
altra
idea
del
romanzo
stesso
,
senza
raggiungere
lo
scopo
.
E
del
resto
,
si
afferma
,
qual
genere
letterario
non
è
in
crisi
?
Solo
una
recentissima
forma
d
'
arte
,
il
cinematografo
(
se
proprio
d
'
arte
si
tratta
)
,
s
'
era
salvato
fino
a
pochi
anni
fa
dal
contro
-
influsso
della
critica
da
esso
stesso
prodotta
.
Avevamo
visto
coi
nostri
occhi
il
caso
,
meraviglioso
in
tempi
di
avanzata
civiltà
artistica
,
di
un
'
arte
nuova
che
sorge
e
che
può
perciò
precedere
la
propria
estetica
.
Naturalmente
questa
verginità
è
durata
poco
:
si
compiono
oggi
in
pochi
anni
processi
che
in
altri
tempi
avrebbero
impegnato
molte
generazioni
.
E
ormai
anche
il
cinematografo
tenta
il
nuovo
ricorrendo
ai
generi
vecchi
,
e
cerca
di
appoggiarsi
sempre
più
alle
altre
arti
.
Genere
vecchio
,
il
romanzo
tende
al
nuovo
con
un
sistema
opposto
e
si
volge
al
cinematografo
nella
speranza
di
potersi
rifare
la
faccia
.
Avviene
pertanto
anche
nel
romanzo
quello
che
noi
avvertiamo
nel
cinema
e
che
anche
nel
cinema
è
già
indizio
di
avanzata
maturità
:
la
ricerca
di
puri
valori
di
ritmo
,
di
pure
sequenze
di
immagini
visive
,
in
spregio
all
'
approfondimento
poetico
dei
fatti
rappresentati
.
E
si
perde
così
la
vivente
naturalezza
delle
vecchie
narrazioni
care
ai
nostri
avi
.
Oggi
leggendo
i
libri
di
A
.
o
di
Z
.
non
conosciamo
già
dei
personaggi
intuiti
direttamente
dalla
fantasia
:
incontriamo
,
nell
'
ipotesi
migliore
,
delle
metafore
musicali
,
dei
personaggi
-
pretesto
che
servono
ad
A
.
o
a
Z
.
per
introdurci
in
una
Weltanschauung
che
fa
della
persona
umana
una
mera
illusione
soggettiva
,
un
cattivo
sogno
.
Muore
il
romanzo
tradizionale
perché
sparisce
nei
nuovi
autori
persino
il
desiderio
dei
suoi
risultati
.
Ho
avanzato
fin
qui
una
possibile
difesa
del
nuovo
«
mondo
della
noia
»
.
Si
potrebbe
insinuare
che
scrivono
romanzi
noiosi
coloro
che
si
son
creduti
romanzieri
senza
esserlo
;
coloro
per
i
quali
l
'
indeterminato
,
il
tedio
,
lo
spleen
sarebbe
il
punto
d
'
oro
dell
'
arte
di
un
Proust
,
di
un
Joyce
,
di
una
Woolf
;
coloro
che
non
hanno
compreso
come
il
tediavi
vitae
di
questi
romanzieri
è
la
contropartita
di
un
'
arte
che
ha
ben
altro
peso
e
ben
altre
ragioni
,
e
che
comunque
anche
in
essi
non
è
da
confondersi
la
fatica
con
l
'
ispirazione
.
E
poi
siamo
schietti
:
si
può
ben
credere
,
come
io
credo
,
che
le
vie
dell
'
arte
e
quelle
della
storia
non
sono
le
stesse
e
che
sovente
i
fatti
che
più
ci
hanno
appassionato
entrano
nella
poesia
per
la
porta
di
servizio
o
per
la
finestra
,
anziché
dal
portone
principale
;
ma
chi
potrà
mai
giustificare
,
di
fronte
alla
tragica
imponenza
dei
problemi
che
ci
toccano
oggi
in
quanto
uomini
,
chi
domani
potrà
comprendere
libri
in
cui
la
vita
appare
solo
come
un
riflesso
di
specchi
,
e
lo
scopo
dell
'
arte
,
che
è
in
accezione
superiore
il
divertimento
,
il
trasporto
,
non
appare
neppure
sospettato
?
Non
ci
si
parli
di
«
racconto
puro
»
,
non
si
disturbi
il
nome
di
Kafka
,
realista
a
modo
suo
come
pochi
altri
e
tutto
impregnato
dei
succhi
di
quel
grande
centro
di
innesti
culturali
che
.
fu
la
Praga
dei
suoi
tempi
.
E
non
si
facciano
neppure
per
scherzo
i
nomi
di
Cecov
,
della
Mansfield
e
del
migliore
Hemingway
:
autori
di
motivi
poetici
che
arricchiscono
il
senso
della
nostra
civiltà
e
in
definitiva
del
nostro
mondo
storico
.
Quanto
al
romanzo
ottocentesco
,
si
può
ben
dire
che
la
sua
grandezza
fu
tutta
in
funzione
della
sua
fondamentale
impurità
;
né
in
quel
secolo
il
realismo
,
da
quello
sanguigno
e
retorico
dello
Zola
a
quello
musicale
e
filtratissimo
di
Turgheniev
,
è
stato
mai
un
ostacolo
a
narratori
di
genio
.
Gli
scrittori
d
'
oggi
non
credono
più
(
ed
è
peccato
)
che
si
possa
cominciare
un
racconto
con
la
formula
consacrata
:
«
Il
12
luglio
19
...
una
vettura
a
cavalli
che
...
»
;
non
ammettono
più
che
si
possano
descrivere
personaggi
come
gente
di
conoscenza
,
Pensano
che
delle
figure
umane
importino
solo
i
tics
e
i
pruriti
,
sono
persuasi
che
non
interessa
l
'
azione
ma
i
bassifondi
dell
'
azione
,
non
l
'
ambiente
ma
i
riflessi
dell
'
ambiente
(
spesso
di
maniera
)
in
una
fantasia
(
spesso
negata
al
senso
dell
'
osservazione
)
.
Tutto
ciò
può
chiamarsi
lirismo
?
Sarebbe
facile
essere
poeti
,
in
questo
caso
.
Ma
si
dimentica
che
l
'
arte
destinata
a
restare
ha
l
'
aspetto
di
una
verità
di
natura
,
non
di
una
scoperta
sperimentale
escogitata
a
freddo
.
V
'
è
,
del
resto
,
una
riprova
,
un
modo
infallibile
di
risolvere
la
questione
:
quello
di
ricorrere
alla
propria
esperienza
diretta
.
Si
presentano
nella
vita
di
chi
ha
vissuto
abbastanza
a
lungo
situazioni
gravi
,
casi
veramente
«
di
emergenza
»
,
nei
quali
tutto
sembra
rovinare
e
la
vita
pare
legata
a
un
filo
molto
sottile
.
È
facile
immaginare
quanti
di
noi
hanno
conosciuto
ore
simili
negli
ultimi
anni
,
quanti
di
noi
hanno
attraversato
giorni
e
mesi
durante
i
quali
,
non
reggendo
a
letture
più
gravi
,
si
sono
rivolti
ai
libri
di
uno
scaffale
per
cercare
in
un
libro
un
lume
o
un
aiuto
o
anche
una
semplice
distrazione
non
indegna
o
vana
.
Ebbene
,
solo
i
libri
che
nei
tempi
più
duri
resistono
e
assistono
come
compagni
fedeli
,
solo
questi
sono
i
libri
d
'
arte
narrativa
che
superano
davvero
le
contingenze
dell
'
estetica
e
il
vaniloquio
delle
tendenze
.
State
certi
,
amici
che
come
me
siete
scampati
dal
diluvio
,
se
l
'
ora
del
pianto
e
dello
stridor
di
denti
dovesse
tornare
per
noi
,
la
vostra
mano
non
si
alzerà
per
tirar
giù
dal
loro
scomparto
i
libri
di
A
.
o
di
Z
.
e
neppure
la
storia
di
Mistress
Dalloway
,
né
tanto
meno
l
'
ultimo
dramma
esistenzialista
che
vi
ha
mandato
il
vostro
libraio
;
ma
prenderà
,
come
ho
fatto
io
per
qualche
mese
,
Dimitri
Rùdin
e
Dominique
,
Alberi
Savarus
e
Lokis
;
e
sceglierà
senza
esitare
la
vita
,
perché
per
l
'
uomo
posto
di
fronte
al
nulla
o
all
'
eterno
non
esiste
,
non
è
pensabile
che
una
sola
possibilità
,
tangibile
,
evidente
,
infinitamente
cara
quanto
più
è
prossima
a
sfuggire
:
la
vita
di
quaggiù
,
la
vita
stessa
che
abbiamo
visto
,
conosciuto
e
toccato
con
le
mani
fin
dai
primi
anni
dell
'
infanzia
.
StampaQuotidiana ,
Eccomi
giunto
a
casa
.
Fuori
fa
freddo
ma
qui
la
stufa
tira
a
meraviglia
e
la
vecchia
poltrona
e
le
pantofole
felpate
«
fonczionano
»
,
come
diceva
Pound
dei
suoi
più
astrusi
Cantos
.
Potrei
cominciare
subito
a
scrivere
la
prima
di
quelle
Lettres
à
l
'
Amazone
che
Clizia
dice
di
attendersi
da
me
.
Proprio
per
questo
,
stasera
,
ho
disseminato
gli
amici
per
la
strada
.
Li
ho
lasciati
ai
fatti
loro
.
Affronteranno
altre
ore
di
pioggia
vento
e
pillacchere
per
divertirsi
.
Non
so
se
vivevo
così
ai
miei
bei
tempi
.
Non
me
ne
ricordo
ma
ne
dubito
.
Dubito
assai
che
i
veri
gaudenti
siano
coloro
che
si
divertono
«
pazzamente
,
disperatamente
»
,
secondo
il
modello
del
poeta
palazzeschiano
.
Sono
esseri
spinti
alla
vita
intensa
da
una
accettazione
troppo
miope
,
troppo
immediata
della
nostra
vicenda
quotidiana
.
Non
si
meravigliano
di
nulla
,
e
siccome
la
meraviglia
è
il
fine
di
tutti
gli
uomini
,
poeti
o
no
,
sono
indotti
a
cercare
chissà
dove
il
brivido
,
il
thrill
.
Gente
che
si
chiede
sempre
come
impiegare
il
tempo
,
gente
eternamente
in
lotta
con
la
noia
.
Dolore
autentico
,
nel
senso
antico
,
e
non
il
moderno
spleen
dev
'
essere
la
loro
noia
;
incapacità
di
sopportarsi
,
non
perché
si
trovino
di
fronte
a
un
loro
odioso
altea
.
ego
,
ma
perché
posti
in
faccia
al
nulla
assoluto
.
Se
io
sono
fabbricato
diversamente
dovrei
dunque
ritenermi
portatore
o
meglio
depositario
(
non
è
merito
mio
)
di
una
interessante
«
personalità
»
.
Lo
scrivo
tra
virgolette
:
è
meno
impegnativo
,
è
qualcosa
che
tu
hai
studiato
a
scuola
,
Clizia
,
e
che
da
noi
si
trascura
.
Ciò
non
vuoi
dire
,
d
'
altronde
,
che
quando
sono
lasciato
solo
con
me
stesso
io
non
abbia
forti
tentazioni
da
cui
difendermi
.
Non
è
così
?
Sono
mesi
che
dico
:
debbo
lavorare
,
stasera
,
c
mi
trascino
a
casa
con
la
fretta
di
chi
è
atteso
da
urgenti
affari
.
Ma
poi
mi
affondo
qui
,
faccio
scorrere
l
'
ago
della
radio
in
sue
in
giù
e
non
vado
oltre
la
solita
sorpresa
di
sentirmi
vivo
,
Diogene
in
una
bottetermoforo
,
vicino
a
una
piccola
scatola
luminosa
e
parlante
,
io
in
questa
città
e
non
in
un
'
altra
,
io
e
non
un
altro
...
chissà
perché
.
Eppure
non
sono
solo
,
ho
a
portata
di
mano
gli
amici
che
posso
scegliermi
da
me
,
non
quelli
che
vorrebbe
impormi
la
mia
esistenza
spicciola
,
fenomenica
.
Ho
nello
scaffale
i
classici
,
gli
amici
che
non
tradiscono
,
se
muovo
un
dito
sul
quadrante
posso
far
spicciare
vicino
a
me
le
sorgenti
della
musica
e
dell
'
eloquenza
.
Non
sono
un
Diogene
,
sono
un
pitagorico
autentico
,
un
uomo
che
parla
con
le
Sfere
...
Già
,
è
facile
a
dirsi
.
Ma
appartiene
alle
sfere
superne
anche
l
'
annunciatrice
di
radio
-
Andorra
,
la
silfide
che
mi
trasporta
sulle
vertiginose
montagne
russe
(
altro
che
Pirenei
!
)
del
suo
volubile
,
melodioso
scilinguagnolo
di
usignolo
moderno
?
«
Thou
wert
not
made
for
death
,
immortal
bird
!
»
E
perché
no
!
Ogni
epoca
incarna
a
modo
suo
il
proprio
ideale
di
puro
suono
,
di
assoluta
,
oggettiva
felicità
vocale
.
E
ogni
tempo
ha
la
sua
musica
,
basta
saperla
riconoscere
.
Non
sempre
la
si
trova
dove
si
vorrebbe
.
Poco
fa
ho
spostato
l
'
ago
verso
le
spiagge
di
Peter
Grimes
,
la
fortunata
novità
inglese
,
e
il
primo
guaio
era
che
si
capivano
troppo
le
parole
.
Non
dico
che
fossero
brutte
parole
ma
il
fatto
è
che
la
voce
umana
sembra
uno
strumento
musicale
insuperabile
solo
nel
caso
che
le
parole
restino
un
mero
fantasma
sonoro
.
Chi
ha
inventato
la
bubbola
del
«
recitar
cantando
»
?
Meravigliose
di
suono
devono
essere
anche
certe
sillabe
di
Maddalena
,
nel
Rigoletto
,
per
chi
non
sappia
decifrare
una
mostruosità
come
«
Ah
ah
,
rido
ben
di
cuore
/
ché
tai
baje
costan
poco
...
»
.
Non
dico
che
i
musicisti
dovrebbero
servirsi
solo
di
una
lingua
morta
,
come
il
latino
,
o
di
parole
in
libertà
.
È
opportuno
che
un
creatore
creda
in
ciò
che
scrive
e
si
valga
di
vocaboli
che
legano
insieme
c
che
danno
un
senso
.
Suonano
le
dieci
e
fuori
il
vento
soffia
impetuoso
.
È
un
po
'
ridicola
l
'
attrazione
di
quest
'
ago
anche
su
chi
ha
sottomano
le
più
squisite
novità
letterarie
:
Il
bel
Paese
dello
Stoppani
con
la
retta
accentazione
toscana
,
a
cura
di
Policarpo
Petrocchi
da
Cireglio
;
La
capanna
dello
zio
Tom
che
non
rileggo
da
allora
o
gli
irresistibili
Chouans
di
Balzac
,
mia
imperdonabile
lacuna
.
Ma
anche
i
libri
sono
come
gli
amici
:
si
vorrebbero
soprattutto
quelli
che
non
si
hanno
a
disposizione
.
Dov
'
è
il
Libro
di
Enoch
?
Dove
sono
le
memorie
di
Burton
e
di
Grant
che
prestai
trent
'
anni
fa
a
un
oculista
genovese
?
È
un
errore
tener
con
sé
molti
volumi
.
Nelle
case
della
città
futura
non
ci
sarà
spazio
per
scaffali
ma
ognuno
potrà
ricevere
per
posta
pneumatica
a
domicilio
,
come
il
petit
bleu
del
processo
Dreyfus
,
il
libro
che
gli
occorre
in
quel
momento
.
A
dire
il
vero
,
se
debbo
credere
alle
previsioni
del
signor
Ellery
Reeves
,
autore
di
una
Anatomia
della
pace
,
una
città
futura
non
esisterà
neppure
,
a
meno
che
gli
uomini
di
buona
volontà
sparsi
per
il
mondo
non
riescano
a
riunire
i
loro
sforzi
,
e
da
ultimo
le
loro
Nazioni
,
in
una
grande
supernazione
di
uomini
liberi
:
liberi
non
solo
dal
bisogno
,
ma
anche
dalle
follie
di
chi
vorrebbe
asservirli
per
liberarli
dal
bisogno
o
di
chi
cerca
di
impedire
con
lo
sterminio
questa
coatta
«
liberazione
»
.
Due
anni
fa
l
'
asticciola
della
radio
divideva
in
due
parti
la
Penisola
,
anzi
tutto
il
mondo
civile
:
da
una
la
verità
,
dall
'
altra
l
'
errore
(
reversibili
,
purtroppo
,
ma
non
per
i
galantuomini
)
.
Oggi
diversi
accenti
e
orribili
favelle
prorompono
da
ogni
luogo
e
l
'
immagine
della
città
futura
non
si
presenta
lieta
.
Te
ne
parlerò
nella
mia
prossima
lettera
,
Clizia
,
domani
stesso
.
Buona
notte
.
StampaQuotidiana ,
Nel
corso
della
mia
vita
-
non
lunghissima
ma
neppur
troppo
breve
-
ho
fatto
in
tempo
ad
assistere
a
tre
fatti
socialmente
importanti
:
la
decadenza
della
«
villeggiatura
»
,
un
significativo
calo
nel
consumo
del
vino
e
nello
smercio
di
quel
prodotto
letterario
che
nei
tempi
moderni
s
'
è
chiamato
romanzo
.
(
Dico
nei
tempi
moderni
:
Le
roman
de
la
rose
non
è
,
in
questo
senso
,
un
romanzo
.
)
Non
si
tratterà
di
eclissi
totale
,
perché
l
'
uomo
di
domani
dovrà
pur
bere
,
dovrà
salvarsi
per
qualche
giorno
dalle
torride
calure
estive
e
avrà
la
curiosità
,
di
tanto
in
tanto
,
di
leggere
qualche
libro
;
ma
insomma
,
il
grosso
fiasco
«
a
consumo
»
che
ancora
dieci
anni
fa
si
faceva
portare
a
tavola
Pietro
Pancrazi
anche
se
pranzava
da
solo
-
e
come
lui
tutti
i
gentiluomini
suoi
pari
-
,
le
lunghe
residenze
in
villa
(
tre
mesi
e
per
i
proprietari
terrieri
anche
cinque
,
da
maggio
a
novembre
)
e
le
attente
degustazioni
del
vien
de
paraître
giallo
o
bianco
(
Plon
Nourrit
o
Charpentier
-
Fasquelle
-
Treves
o
Baldini
e
Castoldi
-
Bourget
,
Fogazzaro
,
Kipling
eccetera
)
sono
fenomeni
ormai
impensabili
.
Le
statistiche
parlano
chiaro
:
si
beve
sempre
meno
vino
,
non
solo
in
Italia
,
ma
anche
in
Francia
e
in
Spagna
.
In
Italia
un
buon
terzo
di
fiaschetti
e
delle
bottiglie
dell
'
anno
scorso
sono
ancora
da
smaltire
e
già
si
annunzia
la
prossima
vendemmia
.
I
librai
vendono
ancora
qualche
libro
ma
da
anni
i
romanzi
sono
in
coda
,
battuti
persino
dai
libri
di
versi
,
dalla
già
invendibile
«
poesia
»
.
E
quanto
alle
ville
e
al
villeggiare
,
basta
muoversi
in
un
mese
che
non
sia
questo
di
agosto
per
vedere
che
le
ville
restano
chiuse
,
fatta
eccezione
per
i
grandi
centri
estivi
mondani
(
come
Cortina
o
il
Forte
dei
Marmi
)
e
per
le
fattorie
padronali
che
danno
da
vivere
(
per
ora
)
ai
proprietari
-
residenti
.
La
gente
non
villeggia
più
:
in
Inghilterra
chi
aveva
case
di
campagna
,
castelli
,
ville
e
villoni
li
ha
ceduti
allo
Stato
per
non
pagarne
le
tasse
;
ma
ormai
anche
là
lo
Stato
non
sa
più
che
farsene
.
Non
esistono
abbastanza
mutilati
orfani
e
pensionati
per
occuparle
a
spese
della
collettività
.
Da
noi
chi
è
riuscito
a
vendere
o
ad
affittare
la
propria
villa
limita
le
sue
ferie
a
una
quindicina
di
giorni
trascorsi
in
una
stazione
estiva
di
gran
nome
,
dove
spesso
deve
accontentarsi
di
dormire
su
un
materasso
calcato
in
una
vasca
da
bagno
o
negli
inabitabili
recessi
di
qualche
sedicente
dépendance
.
Non
villeggiano
,
uomini
e
donne
:
ballonzolano
qua
e
là
su
strepitose
motociclette
tascabili
,
dormono
e
mangiano
alla
peggio
,
agitano
bastoni
da
golf
o
racchette
o
mazzi
di
carte
,
mugolano
disperatamente
motivi
come
«
Oi
mama
,
oi
mama
/
me
gusta
un
bel
muchacho
»
,
ballano
raspe
o
sambe
e
bevono
un
po
'
di
tutto
,
fuorché
vino
.
Uomini
e
donne
villeggiano
in
piccole
città
scomode
e
rumorose
e
,
se
leggono
,
leggono
giornali
a
fumetto
,
libri
di
divulgazione
scientifica
o
quasi
,
libri
di
storia
romanzata
e
persino
libri
di
versi
;
non
però
romanzi
.
Perché
?
C
'
è
una
interdipendenza
fra
queste
sparizioni
e
fra
quelle
che
potrebbero
probabilmente
aggiungersi
alla
lista
delle
prime
tre
?
Scartiamo
il
fattore
economico
che
salta
subito
agli
occhi
ma
è
piuttosto
effetto
che
causa
,
e
cerchiamo
oltre
.
Una
relazione
,
una
causa
comune
,
la
si
vede
chiaramente
e
consiste
nell
'
acceleramento
del
ritmo
della
vita
collettiva
.
Il
fiasco
in
tavola
,
i
lunghi
soggiorni
in
campagna
,
le
letture
lunghe
e
serie
,
sostenute
da
un
'
opinione
diffusa
e
duratura
,
incoraggiate
e
formate
dalla
critica
(
altra
attività
che
sparisce
)
son
fenomeni
che
appartennero
a
un
'
età
più
lenta
della
nostra
.
Quand
'
ero
ragazzo
io
,
villeggiare
voleva
dire
un
viaggio
di
sci
o
sette
ore
,
in
diligenza
o
in
treno
omnibus
,
per
coprire
una
distanza
di
pochi
chilometri
;
voleva
dire
la
casa
paterna
,
l
'
orto
,
il
giardino
,
l
'
acqua
del
pozzo
,
l
'
amicizia
coi
figli
del
contadino
o
del
manente
,
la
pesca
,
le
notti
di
battuggia
o
di
pesca
alla
lampara
,
l
'
attesa
della
caccia
,
la
pulitura
dei
fucili
,
la
scelta
delle
borre
,
dei
pallini
e
delle
polveri
,
l
'
orlatura
delle
cartucce
,
il
risveglio
col
batticuore
all
'
alba
del
giorno
dell
'
«
apertura
»
,
mentre
i
primi
spari
echeggiavano
fra
gli
uliveti
.
Si
villeggiava
in
riviera
o
sull
'
Appennino
,
in
casa
propria
o
quasi
propria
,
per
mesi
e
mesi
.
Non
solo
i
bambini
,
ma
anche
i
grandi
facevano
lunghi
turni
di
villeggiatura
.
Nella
mia
città
gli
uffici
,
gli
scrigni
,
chiudevano
alle
cinque
del
pomeriggio
,
le
ore
scorrevano
lente
,
pochi
si
occupavano
di
politica
,
i
rumori
erano
ridotti
al
minimo
:
la
trombetta
di
un
venditore
di
gelati
bastava
da
sola
a
riempire
tutto
un
sestiere
.
Non
esistevano
le
bibite
eccitanti
,
i
cocktails
.
All
'
alba
del
secolo
i
pochi
che
incominciarono
a
bere
1'«americano»
(
deprecati
viveurs
in
bombetta
e
stiffelius
)
erano
additati
al
disprezzo
generale
.
Certo
,
esisteva
la
maga
verde
,
l
'
assenzio
;
esistevano
gli
esseri
fatali
che
partivano
per
Saint
-
Moritz
o
per
Ostenda
o
per
il
Karersee
;
ma
si
trattava
,
per
lo
più
,
di
personaggi
di
Luciano
Zuccoli
o
della
Serao
del
periodo
mistico
-
mondano
.
Quando
quella
vita
in
tono
minore
andò
in
frantumi
sparirono
i
fiaschi
dalle
tavole
,
si
fecero
rari
i
vini
non
industrializzati
,
bevibili
,
e
si
dissolsero
anche
i
generi
letterari
.
Primo
fra
tutti
il
romanzo
.
Il
romanzo
volle
essere
(
e
doveva
)
specchio
della
vita
,
volle
aggiornarsi
.
Perdette
il
canovaccio
,
i
personaggi
,
i
caratteri
,
la
psicologia
;
si
ridusse
a
illuminazione
,
a
rapsodia
,
a
suite
;
ma
strada
facendo
gli
avvenne
anche
di
perdere
i
suoi
lettori
:
quelli
grossi
,
per
i
quali
era
troppo
sottile
,
e
quelli
sottili
,
per
i
quali
era
troppo
grosso
.
Di
fronte
a
certi
libri
d
'
oggi
l
'
obiezione
:
bello
,
ma
a
chi
si
rivolge
?
resta
fondamentale
,
insuperabile
.
Un
libro
,
e
un
romanzo
poi
!
,
non
può
esser
letto
solo
da
chi
l
'
ha
scritto
.
S
'
intende
che
la
rarefazione
di
certi
fenomeni
non
fa
che
renderne
più
preziosa
e
più
utile
la
sopravvivenza
.
Mentre
scrivo
esiste
certo
qualcuno
che
sta
rileggendosi
per
la
decima
volta
la
Chartreuse
de
Parme
e
ne
annaffia
le
pagine
migliori
con
una
bottiglia
di
Vieux
Pommard
.
Neppure
in
avvenire
mancheranno
gli
happy
few
che
sapranno
godersi
i
riposi
in
villa
e
le
attente
libazioni
dei
rari
vini
non
adulterati
.
Quanto
ai
lettori
di
oggi
,
essi
sembrano
dividere
le
loro
preferenze
fra
i
libri
utilitari
e
quelli
che
possono
considerarsi
come
opere
di
fondo
,
di
interesse
duraturo
.
Libri
che
si
possano
anche
rileggere
,
centellinare
:
e
fra
questi
si
affacciano
persino
i
libri
di
poesia
...
Un
romanzo
che
non
sia
legato
al
senso
del
tempo
,
che
si
scopra
tutto
in
una
volta
che
sia
soltanto
urlo
interiezione
e
lampo
nel
buio
è
già
un
libro
che
difficilmente
si
rileggerà
.
Di
fronte
a
opere
simili
il
pubblico
preferisce
acquistare
un
«
tutto
Proust
»
,
magari
a
scopo
di
regalo
nuziale
.
L
'
età
che
ha
assistito
alla
più
violenta
levata
di
scudi
contro
il
tempo
che
la
storia
ricordi
,
l
'
età
nostra
,
l
'
età
del
cubismo
e
del
surrealismo
,
mostra
una
segreta
predilezione
per
le
opere
in
cui
il
tempo
,
il
senso
psicologico
che
ci
unisce
al
passato
sono
ancora
avvertibili
.
Speriamo
che
l
'
avvenire
confermi
questa
preferenza
.
Rotte
le
barriere
fra
l
'
arte
e
la
vita
,
violentemente
liricizzato
ogni
atto
dell
'
esistenza
quotidiana
,
l
'
arte
non
potrà
che
sparire
o
rifarsi
daccapo
a
un
senso
più
lento
,
più
statico
delle
cose
.
Se
ciò
non
avvenisse
,
se
il
tempo
tradizionalmente
sentito
sparisse
dalla
vita
e
tutti
vivessero
soltanto
nell
'
istante
(
il
che
è
perfettamente
immaginabile
)
,
l
'
uomo
dell
'
avvenire
dovrà
nascere
fornito
di
un
cervello
e
di
un
sistema
nervoso
del
tutto
diversi
da
quelli
di
cui
disponiamo
noi
,
esseri
ancora
tradizionali
,
copernicani
,
classici
.
Perché
la
tragedia
dei
nostri
giorni
è
tutta
qui
:
che
noi
reagiamo
a
fenomeni
nuovi
con
istrumenti
vecchi
,
abbiamo
scoperto
armi
,
oggetti
e
pensieri
dei
quali
non
conosciamo
né
il
perché
né
la
portata
.
Vediamo
morire
molte
cose
,
nascerne
molte
altre
,
ma
ci
sfugge
il
senso
,
la
direzione
del
mutamento
.
Per
dirne
una
sola
:
se
si
potesse
guarire
gli
uomini
,
tutti
gli
uomini
,
dai
loro
complessi
,
avrebbe
ancora
una
ragione
di
esistere
l
'
arte
(
l
'
arte
com
'
è
concepita
oggi
?
)
.
«
Torniamo
all
'
antico
»
dice
l
'
uomo
classico
sturando
una
bottiglia
di
Malvasia
e
allungandosi
ai
piedi
di
una
vecchia
quercia
.
Ma
i
suoi
figli
-
ed
egli
stesso
segretamente
-
sanno
troppo
bene
che
,
purtroppo
,
questo
non
è
più
possibile
.
Addio
,
vecchio
mondo
,
abbiamo
sbagliato
la
data
della
nostra
nascita
!
StampaQuotidiana ,
Di
solito
,
quando
un
artista
muore
(
sia
egli
poeta
,
musico
o
artista
figurativo
...
o
quasi
)
è
urgente
bisogno
dei
suoi
colleghi
di
seppellirlo
e
di
fare
che
non
se
ne
parli
più
.
Uno
di
meno
,
tanto
di
guadagnato
per
tutti
.
È
la
regola
,
e
sembra
strano
che
vi
siano
eccezioni
,
artisti
che
pur
morendo
riescono
a
sopravvivere
.
Come
si
spiega
questo
straordinario
fatto
del
morto
che
non
muore
?
Esso
contraddice
al
tradizionale
concetto
della
«
lotta
per
la
vita
»
,
è
sommamente
antibiologico
e
si
direbbe
anche
contrastante
alle
leggi
dell
'
economia
.
La
spiegazione
è
,
invece
,
di
natura
economica
.
La
macchina
della
Cultura
-
un
'
organizzazione
che
dà
da
vivere
a
milioni
di
persone
-
non
può
ammettere
vuoti
assoluti
nella
storia
,
non
può
dire
:
«
Dall
'
anno
X
in
poi
l
'
arte
ha
cessato
di
esistere
»
.
Ad
essa
è
anzi
necessario
un
continuo
rifornimento
,
una
continua
immissione
di
forze
nuove
nei
«
quadri
»
.
Si
giunge
al
punto
che
se
gli
artisti
nuovi
non
ci
sono
si
creano
.
Intere
epoche
(
e
non
solo
nel
campo
della
pittura
)
possono
essere
create
e
disfatte
.
Poeti
spremuti
possono
passare
agli
archivi
se
altri
,
meglio
spremibili
,
appaiano
all
'
orizzonte
.
E
poiché
la
funzione
della
spremitura
si
compie
ordinariamente
meglio
sui
morti
che
sui
vivi
,
ecco
spiegato
perché
l
'
un
per
cento
degli
artisti
oggi
fisicamente
vivi
può
contare
-
post
mortem
-
su
un
breve
periodo
di
«
immortalità
»
.
A
partire
da
questo
traguardo
(
morte
fisica
seguita
dal
terno
al
lotto
della
sopravvivenza
)
i
vantaggi
dei
morti
sui
vivi
sono
molti
e
innegabili
.
All
'
artista
morto
si
riconosce
nobiltà
di
stile
,
larghezza
e
originalità
di
idee
;
la
sua
vita
è
giudicata
interessante
e
rappresentativa
,
anche
se
è
piena
di
sconcezze
.
L
'
opera
dell
'
artista
morto
da
molti
anni
è
,
inoltre
,
res
nullius
,
appartiene
a
tutti
e
a
nessuno
;
e
ciò
favorisce
la
sua
diffusione
.
I
«
pezzi
»
del
pittore
,
in
quanto
oggetti
materiali
,
hanno
sì
un
valore
venale
che
può
aumentare
o
decrescere
col
passare
degli
anni
,
ma
l
'
opera
del
pittore
e
del
poeta
,
in
quanto
significato
ideale
,
pretesto
di
cultura
,
argomento
di
chiacchiere
erudite
o
giornalistiche
,
è
veramente
alla
portata
di
tutte
le
borse
.
È
un
tesoro
collettivo
al
quale
tutti
i
viventi
che
pratichino
qualche
arte
possono
sperare
di
contribuire
,
una
volta
che
si
siano
,
beninteso
,
tolti
fisicamente
di
mezzo
.
Quando
si
legge
un
manuale
di
storia
letteraria
o
di
storia
delle
arti
«
visive
»
,
il
capitolo
dedicato
ai
viventi
è
immancabilmente
penoso
.
Non
si
creda
che
ciò
sia
sempre
dovuto
a
malafede
o
a
insipienza
di
manualisti
e
antologisti
.
Un
uomo
di
cultura
che
abbia
conversato
,
per
lunghi
anni
,
con
le
grandi
ombre
del
passato
non
può
provare
che
irritazione
e
sconforto
imbattendosi
in
uomini
che
pretendono
di
essere
artisti
,
e
per
giunta
artisti
vivi
.
L
'
artista
vivo
è
spesso
un
uomo
come
tutti
gli
altri
,
un
uomo
qualunque
,
e
la
sua
presenza
fisica
basta
a
spogliare
di
ogni
interesse
l
'
opera
sua
.
Pazienza
se
fosse
un
essere
impresentabile
o
un
furfante
;
meglio
ancora
se
un
assassino
,
un
mostro
.
Casi
simili
sono
conosciuti
,
sono
stati
schedati
,
sono
«
nella
regola
»
.
Ma
l
'
artista
che
apparentemente
vive
e
pensa
come
gli
altri
uomini
è
veramente
insopportabile
.
Che
cosa
pretende
da
noi
questo
millantatore
?
Una
vita
prima
e
una
vita
dopo
?
Sarebbe
troppo
comodo
.
Incominci
a
levarsi
dai
piedi
,
poi
ne
riparleremo
...
Grande
dev
'
essere
la
soddisfazione
degli
artisti
defunti
,
se
essi
hanno
veramente
aspirato
a
far
parlare
di
sé
.
Il
loro
nome
è
inciso
su
targhe
,
stele
,
monumenti
;
ad
essi
sono
dedicati
strade
,
viali
,
parchi
,
piazze
.
Interi
capitoli
di
libri
descrivono
la
loro
vita
e
le
loro
opere
.
Brani
di
loro
poesie
sono
confitti
in
migliaia
di
cervelli
di
studenti
.
Legioni
di
laureandi
si
affaticano
a
frugare
nei
testi
che
ci
hanno
lasciato
,
si
industriano
a
interpretarli
,
a
farne
sprizzare
i
significati
più
sorprendenti
.
L
'
artista
vivo
è
talvolta
obbligato
a
fornire
spiegazioni
sull
'
opera
sua
.
Se
dichiara
di
non
poterne
dare
non
viene
creduto
;
se
smentisce
le
spiegazioni
date
da
altri
passa
per
un
presuntuoso
;
se
le
accetta
,
non
può
accontentare
tutti
perché
deve
accoglierne
qualcuna
escludendone
altre
.
Il
miglior
partito
è
per
lui
di
fingersi
un
irresponsabile
che
non
sa
quel
che
fa
o
quello
che
scrive
.
L
'
artista
morto
lascia
invece
il
suo
indovinello
e
se
ne
lava
le
mani
.
L
'
indovinello
può
essere
anche
L
'
infinito
di
Giacomo
Leopardi
,
la
più
chiara
poesia
del
mondo
.
Mettete
la
poesia
del
morto
nelle
mani
dei
vivi
,
e
vedrete
che
cosa
ne
vien
fuori
.
Lo
sguardo
del
poeta
è
escluso
dalla
siepe
o
dall
'
orizzonte
?
E
sull
'
ermo
colle
c
'
era
solo
la
siepe
o
c
'
erano
altri
alberi
?
E
il
vento
che
stormisce
fra
le
piante
deve
intendersi
che
stormisca
fra
la
siepe
o
fra
gli
altri
alberi
?
Queste
ed
altrettali
,
sono
le
gravi
questioni
che
dividono
i
vivi
dai
morti
.
Per
fortuna
,
i
morti
non
se
ne
accorgono
.
Uno
dei
pochi
vantaggi
nell
'
artista
vivo
è
che
la
sua
immortalità
resta
un
'
ipotesi
indimostrabile
.
Così
,
finché
vive
,
nessuno
gli
chiede
:
«
Dove
ha
Ella
conosciuto
Silvia
e
Nerina
?
Le
ha
davvero
amate
?
In
modo
veramente
...
conclusivo
?
In
che
data
?
E
che
cos
'
è
successo
poi
di
quelle
brave
ragazze
?
»
.
Domande
simili
,
ripeto
,
non
si
fanno
ai
vivi
,
e
non
per
discrezione
,
ma
solo
perché
si
ignora
chi
sarà
il
futuro
cantore
di
Silvia
e
di
Nerina
.
Se
si
potesse
saperlo
,
il
neo
-
immortale
dovrebbe
darsi
alla
fuga
.
E
del
resto
non
è
una
continua
fuga
la
vita
dell
'
artista
vivo
?
Egli
solo
è
capace
di
comprendere
che
l
'
immortalità
delle
sue
opere
dura
quanto
un
batter
di
ciglio
e
che
la
vera
infinità
dell
'
arte
è
un
lampo
che
non
si
misura
coi
mesi
e
gli
anni
dei
calendari
umani
.