StampaQuotidiana ,
Oggi
prende
il
via
il
volo
verso
la
Luna
,
la
più
grande
avventura
umana
di
tutti
i
tempi
.
Così
grande
che
ogni
tentativo
di
magnificarla
ci
sembrerebbe
retorico
e
vuoto
.
Ci
limiteremo
a
dire
che
la
coscienza
-
per
chi
ce
l
'
ha
-
di
appartenere
a
una
società
e
a
una
generazione
capaci
di
realizzare
simili
imprese
ci
procura
qualche
prurito
di
orgoglio
.
Con
buona
pace
dei
contestatori
.
Vorremmo
solo
fare
due
piccole
osservazioni
.
La
prima
è
di
ordine
,
diciamo
così
,
cautelativo
.
Forse
in
tutto
il
mondo
,
ma
certamente
in
Italia
,
ci
sembra
che
il
pubblico
si
disponga
a
seguire
sul
video
questa
straordinaria
vicenda
con
una
fiducia
quasi
assoluta
nella
sua
riuscita
.
È
abbastanza
naturale
,
dato
il
successo
dei
voli
precedenti
.
Gli
americani
ci
hanno
male
abituati
.
A
parte
il
tragico
incidente
dei
tre
astronauti
carbonizzati
,
che
tuttavia
si
verificò
prima
del
lancio
,
in
sede
di
collaudo
delle
apparecchiature
,
l
'
Ente
spaziale
americano
non
ha
registrato
sconfitte
.
Né
c
'
è
nemmeno
da
sospettare
che
ne
abbia
tenuta
nascosta
qualcuna
.
Gli
americani
accettano
di
farsi
torchiare
dal
fisco
per
finanziare
la
conquista
del
cielo
.
Ma
esigono
che
essa
si
svolga
sotto
gli
occhi
loro
e
di
tutti
,
senza
segreti
.
Il
fatto
che
fin
qui
ogni
tappa
sia
stata
puntualmente
raggiunta
secondo
la
tabella
di
marcia
non
deve
tuttavia
trarci
in
inganno
.
Von
Braun
,
il
grande
architetto
di
questi
voli
,
ha
parlato
chiaro
:
confido
,
ha
detto
,
nella
vittoria
,
ma
un
margine
d
'
incertezza
c
'
è
.
E
del
resto
,
se
non
ci
fosse
,
la
più
grande
avventura
umana
non
sarebbe
né
avventura
né
umana
:
che
sono
i
due
attributi
per
i
quali
tanto
ci
esalta
.
Il
secondo
punto
riguarda
lo
sforzo
organizzativo
di
cui
essa
è
il
risultato
.
Per
arrivare
a
questo
traguardo
,
l
'
America
ha
speso
ventiquattro
miliardi
di
dollari
,
qualcosa
come
sedici
o
diciassettemila
miliardi
di
lire
.
Ma
non
lasciamoci
ipnotizzare
dalla
macroscopicità
di
queste
cifre
.
Ventiquattro
miliardi
di
dollari
non
rappresentano
che
lo
0.50
per
cento
del
reddito
nazionale
americano
,
una
briciola
dunque
.
E
infatti
quello
del
finanziamento
è
stato
,
per
il
governo
di
Washington
,
il
problema
meno
arduo
da
risolvere
.
Molto
più
complesso
dev
'
essere
stato
quello
del
coordinamento
.
L
'
economia
americana
non
è
un
'
economia
di
Stato
,
che
lo
Stato
possa
orientare
a
sua
volontà
,
concentrandone
le
capacità
inventive
e
produttive
nel
campo
che
più
gli
convenga
.
Deve
fare
i
conti
coi
privati
,
e
deve
farli
senza
polizia
e
campi
di
concentramento
(
o
,
come
oggi
si
dice
con
soave
eufemismo
,
di
"
rieducazione
"
)
.
Ecco
perché
,
all
'
inizio
della
sfida
spaziale
fra
America
e
Russia
,
tutti
o
quasi
tutti
puntavano
piuttosto
sulla
Russia
,
che
oltre
a
godere
di
un
notevole
margine
di
anticipo
,
poteva
impegnarvi
tutto
il
suo
potenziale
tecnologico
e
industriale
.
Trattandosi
di
una
"
programmazione
"
di
gigantesche
dimensioni
,
ci
pareva
che
i
sovietici
fossero
in
grado
di
attuarla
con
maggiore
rapidità
ed
efficienza
.
Non
è
stato
così
,
e
il
fatto
dovrebbe
indurci
a
qualche
riflessione
.
All
'
approntamento
dell
'
Apollo
11
hanno
collaborato
-
ci
dicono
-
trecentomila
tecnici
,
che
non
sono
impiegati
di
Stato
,
e
ventimila
imprese
,
che
non
sono
imprese
di
Stato
.
Sono
dati
sommari
e
grossolani
.
Ma
bastano
a
farci
capire
quale
chiarezza
e
reciproca
fiducia
,
in
America
,
debbano
improntare
i
rapporti
fra
il
settore
pubblico
e
quello
privato
.
Evidentemente
fra
l
'
uno
e
l
'
altro
c
'
è
dialogo
aperto
.
E
in
un
caso
come
questo
,
non
è
difficile
capire
come
si
è
svolto
,
anche
perché
la
stampa
americana
ce
ne
ha
fornito
parecchie
indicazioni
.
Lo
stato
non
si
è
limitato
a
delle
"
commesse
"
.
Ha
convocato
i
singoli
imprenditori
,
i
loro
stati
maggiori
tecnici
,
i
dirigenti
dei
grandi
istituti
di
studio
e
di
ricerca
,
e
ha
discusso
con
loro
l
'
opportunità
di
una
vasta
mobilitazione
di
mezzi
e
di
energie
per
la
conquista
dello
spazio
.
Ci
sono
stati
dissensi
e
opposizioni
.
Ce
ne
sono
ancora
.
Non
tutti
gli
americani
sono
persuasi
di
ciò
che
l
'
America
fa
in
cielo
:
qualcuno
dice
che
farebbe
meglio
a
occuparsi
un
po
'
più
della
terra
e
che
la
conquista
della
Luna
rappresenta
per
essa
ciò
che
la
costruzione
delle
piramidi
rappresentò
per
l
'
Egitto
:
un
inutile
e
rovinoso
scialo
.
Ma
alla
fine
ha
prevalso
la
tesi
politica
:
che
la
conquista
della
Luna
costituisce
non
soltanto
un
primato
cui
il
paese
non
può
rinunciare
,
ma
anche
il
pretesto
e
l
'
occasione
di
un
balzo
avanti
tecnologico
,
di
cui
tutta
la
produzione
,
e
quindi
tutta
la
società
,
risentiranno
i
benefici
effetti
.
Non
vogliamo
entrare
nel
merito
di
questa
polemica
,
fuori
portata
delle
nostre
modestissime
competenze
.
Vogliamo
soltanto
rilevare
che
anche
una
democrazia
,
quando
p
efficiente
,
può
programmare
senza
punto
rinnegarsi
,
cioè
nel
pieno
rispetto
delle
libertà
del
cittadino
.
Certo
,
occorre
uno
Stato
che
non
si
atteggi
a
persecutore
del
privato
e
dei
privati
che
non
si
atteggino
a
vittime
dello
Stato
.
Ma
l
'
efficienza
di
un
sistema
politico
consiste
proprio
in
questo
.
E
l
'
impresa
dell
'
Apollo
11
ne
rappresenta
per
l
'
appunto
il
magnifico
frutto
.
Essa
è
figlia
di
una
mobilitazione
,
ma
senza
cartolina
-
precetto
,
per
arruolamento
volontario
.
La
più
grande
avventura
umana
di
tutti
i
tempi
è
grande
anche
per
questo
:
perché
dimostra
che
perfino
nelle
"
pianificazioni
"
in
cui
sembrerebbe
per
sua
natura
sfavorita
,
la
libertà
paga
più
e
meglio
del
totalitarismo
.