StampaQuotidiana ,
Un
amico
palermitano
mi
ha
mandato
una
cartolina
con
una
veduta
della
sua
città
in
cui
spicca
il
convitto
Don
Bosco
,
soffocato
in
mezzo
a
tanti
altri
edifici
.
Un
tempo
-
un
tempo
che
ho
fatto
in
tempo
a
conoscere
-
,
al
posto
di
quella
mareggiata
di
cemento
,
c
'
era
uno
stupendo
parco
.
Al
centro
del
parco
c
'
era
una
stupenda
villa
,
la
villa
Ranchibile
,
e
al
centro
della
villa
c
'
era
uno
dei
più
bizzarri
personaggi
che
si
potessero
incontrare
nella
pur
bizzarrissima
Sicilia
:
il
principe
di
Maletto
.
Non
l
'
ho
conosciuto
:
è
morto
,
credo
,
prima
ch
'
io
nascessi
.
Ma
ho
avuto
come
compagno
d
'
arme
,
proprio
lì
a
Palermo
,
un
suo
nipote
,
che
me
ne
raccontò
le
avventure
,
del
resto
note
a
tutta
la
città
.
Erano
avventure
sedentarie
perché
il
principe
non
si
mosse
mai
dalla
sua
casa
,
anzi
dalla
sua
biblioteca
.
Solitario
e
misantropo
,
afflitto
da
una
sorta
di
agorafobia
,
il
mondo
esterno
se
l
'
era
ricostruito
sui
libri
che
divorava
insaziabilmente
.
A
un
certo
punto
sprofondò
in
quelli
sulle
Crociate
,
e
tanto
vi
s
'
immerse
e
compenetrò
che
alla
fine
concepì
il
disegno
di
farne
una
per
conto
suo
,
ma
dal
vero
,
cioè
tutta
a
piedi
e
in
costume
dell
'
epoca
:
lungo
saio
di
tela
grezza
con
la
croce
bianca
disegnata
sul
petto
,
cappuccio
,
spada
e
scudo
.
Il
sarto
non
si
meravigliò
molto
quando
il
principe
gli
fece
quell
'
ordinativo
per
sé
e
per
Alfio
,
il
suo
cuoco
,
da
cui
naturalmente
egli
si
sarebbe
fatto
accompagnare
come
i
Cavalieri
dell
'
epoca
dai
loro
famigli
:
era
abituato
alle
stranezze
di
quel
suo
cliente
.
A
meravigliarsi
,
quando
il
principe
gli
comunicò
la
sua
decisione
,
fu
Alfio
,
al
quale
parve
incredibile
che
il
suo
padrone
si
fosse
deciso
a
mettere
il
naso
fuori
di
casa
.
«
Voscienza
perdoni
»
disse
.
«
Ma
quanto
ci
vuole
per
arrivare
a
Gerusalemme
?
»
«
A
una
media
di
venticinque
chilometri
al
giorno
,
duemilacinquecentosettantasei
giorni
,
compresi
quelli
di
riposo
per
la
domenica
e
le
feste
consacrate
»
rispose
il
principe
squadernando
sotto
gli
occhi
atterriti
del
cuoco
la
carta
geografica
su
cui
aveva
disegnato
tutto
l
'
itinerario
.
«
E
come
lascio
la
famiglia
per
tutto
questo
tempo
?
»
balbettò
il
poveretto
quando
ebbe
ripreso
fiato
«
e
pure
a
voscienza
la
pasta
con
le
sarde
come
ce
la
faccio
?
»
«
Me
la
farai
,
me
la
farai
:
il
Signore
non
ci
abbandonerà
proprio
quando
andiamo
in
pellegrinaggio
al
suo
Santo
Sepolcro
»
rispose
placidamente
il
principe
.
E
per
un
paio
di
settimane
tenne
il
poveruomo
nell
'
angoscia
di
quella
partenza
,
citandogli
l
'
esempio
dei
servitori
del
Medio
Evo
che
non
muovevano
obiezioni
,
anzi
seguivano
con
entusiasmo
il
loro
signore
quando
li
conduceva
in
Terrasanta
.
Poi
,
una
bella
mattina
,
gli
annunciò
che
il
pellegrinaggio
lo
avrebbero
fatto
senza
muoversi
di
lì
,
dentro
il
parco
,
e
quindi
non
si
preoccupasse
della
pasta
con
le
sarde
:
l
'
avrebbero
mangiata
come
sempre
,
cucinata
come
sempre
,
se
non
dalle
mani
del
cuoco
,
da
quelle
della
moglie
del
cuoco
.
Il
principe
aveva
studiato
mesi
e
mesi
per
calcolare
quanti
giri
del
parco
occorrevano
per
coprire
idealmente
la
distanza
fra
Palermo
e
Gerusalemme
.
Suo
nipote
me
lo
disse
,
ma
non
me
lo
ricordo
.
Comunque
,
erano
diecine
di
migliaia
.
E
gli
sembrava
che
il
Signore
potesse
contentarsene
,
anche
se
li
faceva
intorno
alla
villa
.
I
due
crociati
partirono
all
'
alba
di
un
giorno
di
primavera
,
presente
il
parroco
che
gli
diede
la
benedizione
.
Il
principe
era
stato
molto
incerto
se
noleggiare
,
per
ragioni
di
verisimiglianza
,
un
cavallo
.
Ma
poi
ci
aveva
rinunziato
per
non
attribuirsi
-
aveva
detto
-
un
trattamento
di
favore
rispetto
ad
Alfio
,
in
realtà
perché
non
aveva
mai
cavalcato
e
aveva
paura
di
cascare
.
Consentì
però
ad
Alfio
di
comprare
un
mulo
per
caricarvi
il
bagaglio
perché
il
principe
,
sempre
per
ragioni
di
verisimiglianza
,
lo
voleva
sia
pur
ridotto
,
ma
completo
.
C
'
erano
la
tunica
e
i
calzari
di
ricambio
,
le
pezze
da
piedi
,
le
fiasche
d
'
acqua
per
l
'
attraversamento
dei
deserti
,
il
libro
dei
salmi
e
gl
'
itinerari
con
le
date
perché
,
come
aveva
spiegato
ad
Alfio
,
bisognava
essere
puntuali
agli
appuntamenti
con
Goffredo
di
Buglione
,
Tancredi
e
gli
altri
comandanti
di
colonna
.
Il
primo
giorno
camminarono
sette
ore
,
quattro
al
mattino
,
tre
al
pomeriggio
,
con
siesta
sotto
un
leccio
al
centro
del
parco
,
dove
la
moglie
di
Alfio
li
raggiunse
con
la
pasta
alle
sarde
.
Alfio
la
trovò
scotta
,
ma
il
principe
lo
redarguì
severamente
:
i
veri
crociati
,
disse
,
non
avevano
mangiato
per
anni
che
orzo
e
fave
,
quando
li
trovavano
.
Per
cui
,
dopo
il
pasto
,
gli
ordinò
un
certo
numero
di
pateravegloria
di
ringraziamento
al
Signore
per
la
manna
che
gli
aveva
dato
.
Quando
calò
il
sole
,
drizzarono
una
specie
di
tenda
,
di
cui
il
principe
aveva
studiato
e
fatto
copiare
il
modello
sull
'
iconografia
medievale
,
ci
misero
a
dormire
il
mulo
,
e
ritornarono
in
villa
,
ma
senza
smettere
la
loro
divisa
di
crociati
.
Prima
di
andare
a
letto
pregarono
che
il
Signore
gli
desse
la
forza
di
arrivare
fino
al
suo
Santo
Sepolcro
.
L
'
indomani
ricominciarono
,
sempre
al
canto
del
gallo
e
con
la
benedizione
del
parroco
(
il
quale
però
disse
che
d
'
allora
in
poi
sarebbe
venuto
una
volta
la
settimana
:
bastava
)
.
D
'
estate
cambiarono
orario
:
partivano
addirittura
al
buio
,
e
alle
dieci
si
fermavano
,
per
lasciare
che
la
calura
si
sfogasse
,
facendo
sosta
e
siesta
presso
una
fontanella
che
,
secondo
il
principe
,
era
quella
del
Clitunno
,
dove
,
secondo
i
suoi
calcoli
,
erano
arrivati
.
Alfio
si
arrampicava
su
un
muretto
,
metteva
una
mano
a
visiera
sugli
occhi
,
e
scrutava
l
'
orizzonte
.
«
Vedi
nessuno
?
»
gli
chiedeva
il
principe
.
«Nessuno.»
«
Sono
in
ritardo
»
diceva
il
principe
con
disappunto
,
e
si
rimetteva
a
consultare
le
carte
con
gli
orari
.
Oppure
Alfio
diceva
:
«
C
'
è
gente
»
.
«
Sono
i
nostri
»
gli
faceva
eco
il
principe
.
«
Dio
sia
lodato
.
»
Riprendevano
a
camminare
al
tramonto
,
e
quando
si
accendevano
le
luci
della
città
,
il
principe
annunciava
:
«
E
Lubiana
»
.
Camminarono
anni
,
e
il
loro
passo
si
faceva
sempre
più
stanco
perché
diventavano
vecchi
.
Alfio
chiese
una
riduzione
di
orario
,
ma
inutilmente
.
«
Qua
non
arriviamo
più
»
brontolava
.
«
Dobbiamo
arrivare
,
e
per
questo
dobbiamo
camminare
:
il
Signore
ce
ne
darà
la
forza
.
Così
diceva
Goffredo
,
e
così
dobbiamo
dire
noi
.
»
«
E
picchì
?
»
chiedeva
Alfio
.
«
Chi
è
questo
Goffredo
?
»
Ma
il
principe
non
lo
ascoltava
.
«
Perché
avremmo
vissuto
»
diceva
«
se
non
per
vedere
il
Santo
Sepolcro
?
»
«
Mio
padre
e
mio
nonno
hanno
vissuto
»
rispondeva
Alfio
.
«
E
che
,
il
Santo
Sepolcro
hanno
visto
?
Bagheria
hanno
visto
.
»
Il
mulo
morì
,
bisognò
rimpiazzarlo
.
Morì
anche
il
parroco
,
e
il
suo
giovane
sostituto
si
rifiutò
di
venire
a
dare
la
benedizione
ai
pellegrini
.
Infine
morì
anche
una
sorella
del
principe
,
che
stava
all
'
altro
capo
della
città
.
Ma
il
principe
non
poté
andarla
a
vedere
,
e
nemmeno
partecipare
ai
suoi
funerali
,
perché
in
quel
momento
era
in
vista
di
Costantinopoli
.
Le
ultime
tappe
furono
penose
perché
il
principe
soffriva
di
prostata
,
e
ogni
poco
doveva
fermarsi
.
Ma
l
'
approssimarsi
di
Gerusalemme
moltiplicava
le
sue
forze
.
E
l
'
arrivo
fu
epico
.
Il
principe
fece
l
'
ultimo
chilometro
quasi
di
corsa
,
recitò
a
fiato
mozzo
il
Tasso
:
«
Ecco
apparir
Gerusalem
si
vede
-
ecco
additar
Gerusalem
si
scorge
-
,
ecco
da
mille
voci
unitamente
-
Gerusalemme
salutar
si
sente
»
,
e
cadde
in
ginocchio
.
Anche
Alfio
era
contento
:
contento
di
aver
finito
quella
sgambata
.
I
giorni
successivi
i
due
crociati
fecero
il
giro
dei
Luoghi
Santi
,
raccogliendosi
in
preghiera
su
ognuno
di
essi
.
Caricarono
il
mulo
di
reliquie
.
Poi
il
principe
annunciò
:
«
E
ora
intraprendiamo
la
strada
del
ritorno
»
.
Alfio
lo
fissò
,
capì
le
sue
intenzioni
,
si
sfilò
di
dosso
tunica
e
cappuccio
e
,
indicando
con
la
mano
la
villa
,
rispose
:
«
A
Gerusalemme
sugnu
e
a
Gerusalemme
sto
»
.
Stavolta
però
il
principe
gli
dette
ragione
.
Anche
lui
rimase
a
Gerusalemme
,
e
due
anni
dopo
ci
morì
.
Le
sue
ultime
parole
furono
:
«
Dite
al
Conte
Goffredo
...
»
.