StampaQuotidiana ,
26
luglio
.
Quante
volte
in
questa
rubrica
ho
già
narrato
ciò
che
ricordo
d
'
Eleonora
Duse
?
Oggi
ho
finito
di
leggere
il
libro
d
'
Olga
Signorelli
su
lei
.
A
ogni
pagina
altri
ricordi
mi
apparivano
davanti
agli
occhi
.
È
un
libro
copioso
,
come
ha
detto
Alfredo
Panzini
lodandolo
;
ma
certo
è
il
libro
più
cordiale
e
probante
finora
scritto
su
quella
memorabile
donna
.
È
infatti
il
solo
libro
che
ce
la
mostra
dall
'
interno
,
non
dall
'
esterno
.
Eleonora
Duse
è
stata
un
'
attrice
stupenda
e
cordiale
,
ma
quieta
anche
nella
tragedia
,
di
pochi
gesti
e
di
poche
grida
,
tutta
misura
e
ritegno
,
e
solo
con
uno
sguardo
senza
nemmeno
muovere
il
volto
otteneva
ciò
che
altre
non
ottenevano
con
un
balzo
e
con
un
urlo
;
ma
come
donna
è
stata
complicata
,
irrequieta
ed
ansiosa
,
spesso
stonata
e
sfasata
,
ogni
anno
più
schiava
delle
parole
così
da
scambiarle
per
realtà
,
e
innamorata
del
dolore
,
vero
o
immaginario
,
proprio
o
altrui
,
come
l
'
ape
è
innamorata
del
fiore
.
Del
dolore
aveva
la
curiosità
e
,
oserei
dire
,
il
desiderio
.
Era
la
sua
nobiltà
:
il
suo
solo
snobismo
.
L
'
arte
è
dolore
;
l
'
amore
è
dolore
;
la
gloria
è
dolore
;
la
ricchezza
è
dolore
;
la
potenza
è
dolore
;
la
vita
,
insomma
,
è
dolore
.
Ed
ella
era
colma
di
vita
.
La
prima
volta
che
vidi
la
signora
Duse
fuori
di
scena
,
quando
cioè
le
fui
presentato
(
e
deve
essere
stato
verso
il
1895
)
,
la
trovai
per
terra
,
distesa
sopra
un
bel
tappeto
,
tra
molti
cuscini
.
Mi
invitò
a
sedermi
accanto
a
lei
su
un
altro
tappeto
:
che
,
in
Oriente
forse
,
ma
dalle
parti
nostre
non
è
un
esercizio
comodo
,
specie
quando
ci
s
'
ha
da
rialzare
.
Vedendo
che
titubavo
,
m
'
offrì
a
braccio
teso
uno
dei
suoi
cuscini
.
S
'
era
in
casa
di
fedeli
e
sottomesse
amiche
sue
,
in
via
Gregoriana
:
due
tedesche
,
Elena
Oppenheim
e
Maria
Zernitz
,
l
'
una
magra
e
l
'
altra
grassa
;
amiche
anche
di
molti
musicisti
,
Sgambati
,
Consolo
,
Gulli
,
Bossi
,
Baiardi
,
e
d
'
uno
scultore
,
Chiaradia
,
quello
della
statua
dorata
di
Vittorio
Emanuele
in
mezzo
al
monumento
capitolino
.
Spesso
,
se
veniva
a
Roma
e
non
recitava
,
la
Duse
scendeva
da
quelle
amiche
,
padrona
dispotica
d
'
ogni
loro
minuto
,
gesto
e
pensiero
.
Esse
dovevano
averle
mostrato
i
titoli
d
'
uno
o
due
articolucci
miei
di
letteratura
inglese
.
Supina
,
poggiando
la
nuca
sopra
le
palme
delle
mani
raccolte
a
conchiglia
:
Chi
è
il
maggior
poeta
inglese
vivente
?
mi
domandò
guardando
il
soffitto
.
Swinburne
,
risposi
.
So
che
avete
tradotto
qualche
cosa
di
lui
.
Recitatemelo
.
Non
lo
ricordo
a
memoria
.
Mi
guardò
di
traverso
,
un
occhio
su
e
l
'
altro
giù
,
come
per
misurare
la
mia
statura
,
seduto
.
Era
tale
e
quale
alla
Duse
in
scena
,
senza
tinture
;
ma
da
vicino
gli
anni
,
trentasei
o
trentasette
,
le
si
vedevano
tutti
.
Le
mani
(
l
'
ombra
di
Gabriele
d
'
Annunzio
mi
perdoni
)
non
erano
belle
;
ma
i
piedi
sì
,
piccoli
,
fini
,
ben
calzati
,
e
non
stavano
mai
fermi
.
Si
sa
quanto
è
spietato
lo
sguardo
d
'
un
giovane
appena
si
posa
sopra
una
donna
matura
,
specialmente
se
fino
allora
egli
ha
potuto
vederla
solo
da
lontano
su
un
trono
o
su
una
ribalta
,
e
lodata
e
applaudita
.
Per
capire
la
grande
poesia
bisogna
avere
sofferto
.
Voi
siete
troppo
giovane
per
avere
sofferto
.
Io
,
zitto
,
perché
ero
tentato
di
rispondere
:
«
Grazie
,
per
fortuna
»
,
con
una
punta
di
impertinenza
romanesca
.
Sentivo
su
me
gli
sguardi
delle
due
tedesche
,
le
quali
abbozzavano
un
sorriso
per
suggerirmi
che
dovevo
sorridere
anch
'
io
.
Nella
pausa
avevo
preso
una
sigaretta
.
La
signora
Duse
,
sempre
volta
al
soffitto
,
ricominciò
l
'
interrogatorio
:
Siete
innamorato
?
Me
lo
domandò
con
una
voce
bassa
e
grave
,
che
stillava
con
fatica
le
meste
sillabe
.
Un
confessore
che
mi
avesse
domandato
:
Quante
volte
?
o
un
medico
che
avvicinando
al
lume
il
termometro
scaldato
dalla
mia
ascella
,
m
'
avesse
detto
:
Trentanove
,
e
passa
,
non
avrebbero
avuto
un
tono
così
caldo
,
di
compassione
e
insieme
di
conforto
.
Ma
vedi
l
'
indifferenza
e
anche
il
pudore
della
gioventù
:
io
ero
seccato
non
lusingato
.
Risposi
:
Sarebbe
,
signora
mia
,
un
discorso
molto
lungo
,
e
accesi
la
sigaretta
.
La
Duse
si
rizzò
a
sedere
d
'
un
colpo
.
Qui
non
si
fuma
,
comandò
.
Le
due
amiche
accorsero
.
Una
portò
in
un
'
altra
camera
la
sigaretta
irriverente
.
L
'
altra
aprì
la
finestra
perché
quel
niente
di
fumo
svanisse
nel
cielo
di
Roma
.
Io
ero
in
piedi
.
Udii
da
terra
una
voce
fievole
quanto
un
sospiro
:
Che
ore
sono
?
,
e
poco
dopo
:
Tornate
presto
.
M
'
ha
fatto
piacere
conoscervi
.
Me
ne
andai
.
Ogni
parola
e
ogni
gesto
di
quel
nostro
primo
colloquio
sul
pavimento
mi
sono
rimasti
nella
memoria
perché
se
ne
parlò
e
riparlò
con
le
due
ospiti
della
signora
Duse
e
coi
loro
amici
.
Che
cosa
avrei
mai
dovuto
rispondere
a
simili
domande
,
inaspettate
e
,
soggiungevo
,
materne
?
Quelli
m
'
assicuravano
che
le
indagini
sulla
capacità
di
patire
e
d
'
amare
erano
in
lei
una
palese
prova
di
simpatia
.
L
'
anno
dopo
,
se
non
sbaglio
,
tornò
a
Roma
per
recitare
al
Valle
:
Fedora
,
Denise
,
Moglie
di
Claudio
,
Frou
-
Frou
,
Locandiera
,
Signora
delle
camelie
.
Non
perdevo
una
recita
,
non
perdevo
una
parola
di
lei
.
Li
davvero
ella
era
schietta
,
attenta
a
scarnire
e
a
semplificare
la
sua
recitazione
,
così
che
l
'
anima
del
personaggio
fosse
nuda
,
e
anche
quando
il
personaggio
mentiva
,
capace
di
farci
sentire
che
,
timido
o
spavaldo
,
mentiva
.
Anche
nella
menzogna
perciò
la
amavamo
,
così
lealmente
ce
la
confidava
.
Tanto
schietta
,
leale
e
nuda
era
in
scena
che
fuori
di
scena
,
in
un
salotto
o
in
una
gita
,
in
contatto
con
noi
laici
si
sentiva
che
era
impacciata
,
quasi
provasse
il
pudore
di
non
poter
esser
schietta
e
leale
e
nuda
come
quando
recitava
,
cioè
come
quando
era
Margherita
,
Fedora
,
Magda
o
Cesarina
.
E
si
metteva
a
parlare
difficile
con
parole
d
'
oracolo
,
prodigando
a
tutti
consigli
e
conforti
,
e
dimenticandosene
un
'
ora
dopo
.
Fuori
di
scena
,
insomma
,
la
Duse
veramente
recitava
.
Cogli
anni
,
i
capelli
bianchi
,
l
'
addio
all
'
amore
e
la
solitudine
,
fu
un
'
altra
cosa
;
e
certo
ammirevole
.
In
quella
stagione
,
nel
senso
che
alla
parola
stagione
danno
i
teatranti
,
abitava
al
Grand
Hôtel
e
il
suo
salotto
luminoso
era
sull
'
angolo
tra
la
via
delle
Terme
e
la
piazza
delle
Terme
.
Sopra
ogni
tavola
,
fiori
e
libri
:
libri
di
pensiero
,
molto
Nietzsche
e
molto
Maeterlinck
quell
'
anno
,
segnati
sui
margini
da
una
matita
impetuosamente
ammirativa
.
L
'
edizione
Bocca
di
Così
parlò
Zaratustra
,
ricordo
di
averla
veduta
segnata
con
la
matita
turchina
in
tutte
,
dico
tutte
,
le
pagine
,
da
capo
a
fondo
:
che
doveva
essere
stata
una
bella
fatica
.
Una
mattina
s
'
andò
a
Tivoli
.
Ernesto
Consolo
e
io
salimmo
a
prendere
la
signora
Duse
all
'
albergo
.
Ci
accolse
con
questo
ammonimento
:
Badate
,
oggi
non
voglio
soffrire
,
e
lo
disse
serrando
labbra
e
mascelle
come
avrebbe
potuto
dirlo
sedendosi
dal
dentista
.
Consolo
mi
guardò
.
Sapevamo
che
spesso
era
inutile
risponderle
perché
ella
già
pensava
ad
altro
.
Fu
gaia
,
giovanile
,
maliziosa
:
diciamo
,
Mirandolina
.
Dopo
colazione
si
pensò
,
naturalmente
,
d
'
andare
a
Villa
d
'
Este
.
Ve
l
'
ho
dichiarato
.
Oggi
non
voglio
soffrire
.
A
Villa
d
'
Este
?
Non
capite
niente
:
a
Villa
d
'
Este
io
ci
sono
già
stata
,
e
sillabò
le
parole
come
dicesse
che
non
bisognava
destare
i
morti
.
Né
l
'
uno
né
l
'
altro
si
osò
domandarle
:
Con
chi
?
Aveva
mutato
faccia
,
s
'
era
alzata
e
ci
aveva
voltato
le
spalle
perché
non
le
leggessimo
il
volto
.
Deve
avere
riveduto
Gabriele
d
'
Annunzio
in
quel
tempo
(
la
Signorelli
precisa
,
nell
'
autunno
del
1896
)
;
ma
non
è
vero
che
andando
a
salutarla
sul
palcoscenico
del
Valle
dopo
la
Signora
delle
camelie
D
'
Annunzio
la
apostrofasse
con
queste
parole
:
Oh
grande
amatrice
!
Fu
una
delle
tante
facezie
dei
romani
sciccosi
,
oziosi
e
invidiosi
contro
D
'
Annunzio
trionfante
e
contro
quello
che
allora
essi
stimavano
il
pomposo
parlare
di
lui
.
Amatrice
è
un
paesotto
dell
'
Aquilano
presso
Cittaducale
,
e
matriciani
allora
erano
chiamati
a
Roma
gl
'
incettatori
e
i
venditori
di
erbaggi
,
dalle
carote
alle
cipolle
.
Nemmeno
credo
che
molti
anni
dopo
,
spento
il
fuoco
,
ritrovandola
a
Milano
per
caso
in
un
albergo
egli
le
dicesse
come
s
'
afferma
in
questo
libro
:
Quanto
mi
avete
amato
!
D
'
Annunzio
,
per
quanto
sicuro
e
soddisfatto
si
mostrasse
di
sé
,
ha
avuto
sempre
,
parlando
delle
donne
che
ha
amate
,
e
specialmente
se
l
'
amore
era
tramontato
da
anni
,
e
più
verso
la
signora
Duse
,
un
riguardo
,
anzi
un
rispetto
inconciliabile
con
la
fatua
vanità
di
quella
frase
.
Può
darsi
che
a
Olga
Signorelli
l
'
abbia
ripetuta
la
stessa
Duse
immaginandosi
di
averla
proprio
udita
da
quel
crudele
,
tanto
bene
le
parole
riassumevano
l
'
abnegazione
di
lei
e
la
finale
indifferenza
di
lui
.
Così
sono
certo
che
D
'
Annunzio
mostrò
alla
Duse
il
manoscritto
del
Fuoco
molto
prima
di
pubblicarlo
,
e
la
persuase
che
ella
,
anche
se
l
'
impresario
Schurmann
e
altri
pettegoli
le
dicevano
il
contrario
,
vi
splendeva
d
'
una
bellezza
più
durevole
della
bellezza
fisica
.
Olga
Signorelli
pubblica
la
lettera
di
Eleonora
Duse
a
Schurmann
:
«
Poco
fa
non
v
'
ho
detto
la
verità
.
Conosco
il
romanzo
,
e
ne
ho
autorizzata
la
stampa
,
perché
la
mia
sofferenza
,
qualunque
essa
sia
,
non
conta
quando
si
tratta
di
dare
un
altro
capolavoro
alla
letteratura
italiana
.
E
poi
ho
quarant
'
anni
...
e
amo
!
»
(
Molte
lettere
d
'
Eleonora
Duse
sono
pubblicate
in
questo
libro
,
ansimanti
e
sgrammaticate
.
Anche
nella
scrittura
par
di
vederla
recitare
,
con
quelle
tante
sottolineature
per
dire
che
lì
alza
la
voce
,
con
quei
tanti
a
capo
,
che
corrispondono
a
gesti
recisi
,
con
quei
tanti
puntini
che
significano
le
pause
di
silenzio
o
i
sospiri
.
)
Nella
primavera
del
'97
o
del
'98
ero
a
San
Giacomo
di
Spoleto
quando
da
Francavilla
mi
telegrafò
D
'
Annunzio
d
'
andare
il
giorno
dopo
a
incontrarlo
ad
Assisi
nell
'
albergo
del
Subasio
.
Vi
arrivai
nelle
prime
ore
del
pomeriggio
in
bicicletta
(
allora
anche
D
'
Annunzio
andava
in
bicicletta
e
nel
'96
mi
scriveva
:
«
Son
tornato
da
Milano
con
una
bicicletta
!
Con
una
Humber
!
Dalla
mattina
alla
sera
vado
pedalando
.
E
verrò
nell
'
Umbria
su
questo
leggero
cavallo
d
'
acciaio
.
Ave
»
)
.
Sulla
porta
del
Subasio
trovai
Angelo
Conti
.
Anch
'
egli
era
stato
convocato
per
telegrafo
,
e
mi
spiegò
perché
.
Nell
'
albergo
era
anche
la
Duse
,
e
D
'
Annunzio
era
venuto
a
mostrarle
la
prima
parte
del
manoscritto
del
Fuoco
,
ravvolto
,
s
'
intende
,
in
un
lembo
di
damasco
rosso
.
Era
stata
lei
a
chiederglielo
,
poiché
tutti
già
possedevamo
le
chiavi
di
quel
romanzo
e
sapevamo
che
in
Stelio
era
adombrato
lo
stesso
poeta
quale
egli
sperava
d
'
essere
o
d
'
apparire
,
in
Foscarina
nomade
e
disperata
la
Duse
,
in
Daniele
Glauro
Angelo
Conti
,
in
alcuni
tratti
di
Donatella
Arvale
Giulietta
Gordigiani
,
e
via
dicendo
?
Oppure
egli
stesso
,
pensando
che
qualche
frase
sulla
bellezza
un
poco
sfiorita
dell
'
attrice
potesse
offenderla
,
e
fidando
nell
'
intelligenza
di
lei
e
nella
bellezza
del
monumento
che
con
quel
romanzo
egli
le
innalzava
e
le
offriva
,
aveva
voluto
prevenire
e
placare
ogni
risentimento
della
vanità
?
«
I
segni
delicati
che
partivano
dall
'
angolo
degli
occhi
verso
le
tempie
,
e
le
piccole
vene
oscure
che
rendevano
le
palpebre
simili
alle
violette
,
e
l
'
ondulazione
delle
gote
e
il
mento
estenuato
e
tutto
quello
che
non
poteva
mai
più
rifiorire
...
»
Non
le
vedevano
tutti
queste
prime
offese
degli
anni
?
E
proprio
Eleonora
Duse
che
anche
per
entrare
in
scena
rifiutava
ogni
liscio
,
ogni
rossetto
,
ogni
cipria
,
tanto
amava
la
verità
,
anzi
,
com
'
ella
diceva
,
la
sua
verità
,
si
sarebbe
offesa
?
A
quale
altra
attrice
sicura
del
proprio
valore
ma
anche
sicura
di
scomparire
tutta
dalla
memoria
degli
uomini
man
mano
che
fossero
morti
e
scomparsi
coloro
che
l
'
avevano
veduta
,
ascoltata
,
applaudita
e
avevano
per
una
sera
creduto
che
la
sua
voce
e
il
suo
volto
fossero
la
voce
stessa
e
il
volto
stesso
dell
'
amore
,
della
rivolta
,
della
gioia
,
della
fede
,
della
voluttà
,
della
speranza
,
il
destino
offriva
insieme
il
compenso
e
l
'
orgoglio
di
sapersi
salvata
per
sempre
in
pagine
tanto
ardenti
e
sonanti
?
A
queste
domande
né
quel
giorno
né
poi
ho
saputo
rispondere
.
Certo
è
che
D
'
Annunzio
pregava
Conti
e
me
di
aspettare
in
albergo
una
sua
chiamata
.
Eravamo
lì
per
calmare
l
'
ira
e
i
sospetti
della
sua
amica
,
o
per
tenere
a
lei
e
a
lui
un
'
affettuosa
e
lieta
compagnia
?
S
'
andò
in
San
Francesco
e
si
tornò
.
Hanno
chiesto
di
noi
?
No
,
hanno
ordinato
il
tè
.
S
'
andò
a
passeggio
fino
in
piazza
del
Municipio
,
e
si
tornò
.
Hanno
chiesto
di
noi
?
No
,
pranzano
in
camera
.
Conti
e
io
si
pranzò
sulla
terrazza
,
poi
si
riuscì
a
passeggiare
sul
prato
davanti
alla
basilica
superiore
,
ché
così
il
direttore
sapeva
occorrendo
dove
trovarci
.
A
mezzanotte
rientrammo
.
Non
hanno
chiamato
più
.
La
mattina
dopo
verso
le
undici
dissi
addio
ad
Angelo
Conti
:
Se
Gabriele
ti
domanda
di
me
,
digli
che
l
'
ho
aspettato
per
ventiquattr
'
ore
.
Aspettalo
fino
a
stasera
.
No
,
vado
a
colazione
a
Foligno
da
un
amico
.
Sii
buono
,
aspetta
.
Ma
io
me
ne
andai
,
ché
in
bicicletta
giù
per
la
discesa
par
di
volare
.
Il
Fuoco
me
lo
sono
letto
due
anni
dopo
,
e
della
«
sofferenza
»
della
signora
Duse
per
quelle
che
allora
le
tenere
amiche
di
lei
e
i
nemici
di
D
'
Annunzio
chiamavano
ingiurie
,
ho
pensato
e
penso
che
ella
si
sia
consolata
non
solo
in
quelle
ventiquattr
'
ore
di
clausura
assisiate
col
suo
poeta
,
ma
anche
tutte
le
volte
che
poi
,
mettendosi
una
mano
sul
cuore
,
ella
ha
potuto
parlare
del
suo
dolore
per
quell
'
affronto
.
Angelo
Conti
,
cioè
Daniele
Glauro
,
parlando
del
Fuoco
e
della
Duse
,
si
grattava
la
barba
rossa
e
bianca
:
Come
fa
la
signora
Duse
a
lagnarsi
così
?
Me
,
in
questo
libro
,
fino
dalle
prime
pagine
Gabriele
m
'
ha
chiamato
fervido
e
sterile
.
Mi
lagno
io
?
Ma
Angelo
era
filosofo
e
considerava
le
donne
dipinte
da
Giorgione
o
da
Tiziano
,
fossero
anche
state
cortigiane
,
più
sicure
e
più
costanti
delle
donne
vive
anche
illustri
.
StampaPeriodica ,
Non
dimentico
mai
,
caro
Luigi
Lodi
,
d
'
avere
avuto
la
fortuna
d
'
incontrare
lei
,
al
primo
principio
della
mia
vita
di
scrittore
;
né
dimentico
la
cordiale
fiducia
con
cui
ella
accolse
nella
Nuova
Rassegna
i
miei
scritti
,
e
i
consigli
che
mi
dette
,
e
l
'
ospitalità
in
quelle
stanze
agli
Uffici
del
Vicario
dove
nel
tardo
pomeriggio
o
dopo
il
teatro
si
raccoglieva
il
meglio
delle
lettere
d
'
allora
e
,
dal
vicino
Montecitorio
,
quei
pochi
del
Parlamento
i
quali
stimavano
o
mostravano
di
stimare
anche
i
giornalisti
che
non
scrivevano
di
politica
;
e
allora
,
in
una
parentesi
tra
il
Don
Chisciotte
e
il
Giorno
,
anche
lei
,
direttore
della
Nuova
Rassegna
,
poco
se
ne
occupava
.
Non
dico
che
da
parte
nostra
,
vecchi
e
giovani
,
la
stima
di
quei
parlamentari
fosse
sempre
ricambiata
,
ma
anche
negli
epigrammi
la
forma
era
salva
.
Adesso
,
leggendo
il
suo
libro
Giornalisti
,
pel
quale
una
sola
critica
le
farei
,
d
'
averci
dipinto
tutti
con
troppa
benevolenza
,
quei
tempi
mi
sono
tornati
così
vivi
alla
memoria
che
mi
sembra
,
finché
il
libro
mi
sta
aperto
davanti
agli
occhi
,
di
ringiovanire
.
Carducci
,
D
'
Annunzio
,
Martini
,
Pascarella
,
Yorick
,
Turco
,
Vassallo
,
Vamba
,
Boutet
,
Carletta
e
,
da
Napoli
,
Matilde
Serao
,
Scarfoglio
,
Di
Giacomo
,
Bracco
e
,
da
Milano
,
Giacosa
,
Praga
,
Rovetta
e
,
da
Bologna
,
Panzacchi
e
Guerrini
;
lasciando
ultimi
Febea
e
Morello
soltanto
per
dire
che
non
mi
so
dar
pace
a
vederli
,
sani
e
vegeti
come
sono
,
chiusi
nel
silenzio
:
tutti
sono
passati
allora
per
quelle
stanze
e
sono
adesso
affettuosamente
ricordati
in
queste
sue
pagine
.
Ad
aver
tempo
scriverei
nei
margini
,
accanto
ai
ricordi
e
ai
giudizi
suoi
,
i
giudizi
e
ricordi
miei
.
Ma
non
sono
ancora
arrivato
al
placido
distacco
che
è
il
premio
della
sua
età
,
e
non
vedrei
,
a
cominciare
da
me
stesso
,
tutto
in
roseo
come
ella
vede
.
Cominciavo
allora
a
collaborare
alla
Tribuna
.
Seguii
Vincenzo
Morello
quando
fondò
il
Giornale
.
Tornai
con
lui
quando
ella
creò
il
Giorno
e
vi
iniziai
una
rubrica
intitolata
Cose
viste
.
Ma
ormai
avevo
cominciato
a
mandare
articoli
al
Corriere
della
sera
,
e
presto
,
dopo
un
anno
o
due
nel
nuovo
Giornale
d
'
Italia
,
m
'
allontanai
purtroppo
per
sempre
dal
giornalismo
romano
.
A
Roma
i
giornali
lombardi
erano
ancora
,
verso
il
1895
,
più
stimati
che
ammirati
:
giornali
di
provincia
,
pensavamo
,
e
imprese
industriali
prima
che
fogli
vivi
,
e
scritti
male
,
si
diceva
anche
prima
di
leggerli
.
Scarfoglio
invece
e
Morello
,
per
non
dir
dei
minori
,
ci
rappresentavano
con
lei
i
giornalisti
d
'
assalto
e
di
critica
,
scintillanti
di
brio
,
e
di
trovate
quando
erano
all
'
opposizione
,
svogliati
ed
opachi
appena
dovevano
difendere
un
ministro
o
un
ministero
;
e
tutti
e
tre
,
anche
se
condannati
all
'
articolo
quotidiano
,
orgogliosi
della
propria
cultura
letteraria
,
delle
proprie
amicizie
e
predilezioni
letterarie
.
Immaginare
un
articolo
loro
sulla
prima
colonna
del
Corriere
della
sera
era
come
immaginare
la
fontana
di
Piazza
Navona
,
tutta
scrosci
,
brilli
e
capricci
,
in
piazza
della
Scala
davanti
alla
compassata
fabbrica
del
Piermarini
.
Lei
poi
era
,
per
noi
giovani
,
l
'
amico
devoto
di
Giosuè
Carducci
,
quello
che
poteva
avvicinano
quando
voleva
,
che
conosceva
i
piccoli
segreti
della
sua
vita
,
pronto
a
sposare
non
solo
gli
odi
di
lui
ma
anche
le
antipatie
.
E
che
ella
,
taciturno
com
'
è
sempre
stato
,
quasi
mai
ce
ne
parlasse
,
questo
aumentava
il
nostro
rispetto
per
quella
sua
fedeltà
.
Noi
,
s
'
intende
,
s
'
era
per
Gabriele
d
'
Annunzio
,
ma
a
dannunzieggiare
sui
giornali
presto
ci
s
'
accorse
ch
'
era
come
indossar
la
marsina
per
andare
a
vogar
giù
nel
Tevere
.
Così
ci
si
tagliava
in
due
:
nelle
novelle
e
nei
romanzi
,
si
mirava
al
D
'
Annunzio
;
negli
articoli
,
quando
si
poteva
,
al
Carducci
e
,
i
più
cauti
,
al
Martini
;
insomma
,
scrittori
a
fette
.
Chi
mi
guarì
,
fu
proprio
lei
,
con
una
pazienza
inesauribile
.
Quando
l
'
articolo
era
tutto
da
rifare
,
la
messaggera
era
Febea
la
quale
,
per
merito
dei
capelli
bianchi
fin
d
'
allora
o
incipriati
,
ci
parlava
maternamente
:
Non
v
'
inalberate
.
Gigi
assicura
che
le
stesse
cose
le
potete
dire
in
una
colonna
invece
che
in
due
.
La
massima
del
Carducci
,
adesso
tema
d
'
esame
anche
nei
ginnasi
,
che
chi
dice
in
venti
parole
quel
che
può
dire
in
dieci
,
è
un
uomo
capace
di
male
azioni
,
allora
era
nuova
e
,
ai
nostri
stomachi
dilatati
dagli
aggettivi
dei
dannunziani
,
indigesta
.
«
L
'
anima
di
lui
era
sempre
affettuosamente
aperta
alla
giovinezza
»
,
ella
dice
del
Carducci
:
ai
giovani
,
s
'
intende
,
che
possedessero
qualche
altra
qualità
oltre
quella
,
involontaria
,
della
giovinezza
.
Questa
dote
è
stata
anche
sua
,
caro
Lodi
,
e
a
me
è
venuta
da
lei
,
ché
i
direttori
di
giornali
o
di
riviste
impazienti
o
sdegnosi
davanti
ai
nomi
nuovi
mi
sembrano
simili
ai
nuovi
ricchi
che
vogliono
fabbricarsi
in
un
mese
un
parco
annoso
trapiantandovi
a
qualunque
prezzo
alberi
vecchi
:
ogni
mattina
nei
filari
si
trovano
un
morto
e
un
vuoto
.
Ho
detto
che
allora
il
miglior
giornalismo
di
Roma
e
di
Napoli
era
d
'
assalto
e
di
critica
.
A
leggere
adesso
nel
suo
libro
con
quanto
poche
migliaia
di
lire
si
fondava
,
in
due
stanze
e
con
due
redattori
,
un
giornale
,
e
a
pensare
al
grande
foglio
in
cui
ho
avuto
per
tanti
anni
la
fortuna
di
lavorare
al
sicuro
,
m
'
avvedo
che
nei
loro
giornali
era
ancora
un
riflesso
di
quelli
del
Risorgimento
fatti
per
un
uomo
o
per
un
'
idea
e
pronti
per
essi
a
morire
.
Certo
tanta
abnegazione
,
poiché
l
'
unità
era
raggiunta
e
ci
si
era
seduti
in
Roma
,
era
giù
di
moda
,
e
la
lotta
politica
ridotta
alla
gara
parlamentare
;
ma
il
tono
era
ancora
quello
,
ché
da
Crispi
a
Zanardelli
,
da
Minghetti
a
Fortis
,
da
Imbriani
a
Nicotera
,
molti
dei
capi
superstiti
erano
usciti
dai
tempi
eroici
delle
guerre
e
delle
congiure
,
ancora
cogli
stessi
fulmini
e
lampi
d
'
ira
e
d
'
odio
che
il
giornalismo
rifletteva
alla
meglio
.
Ma
intanto
,
proprio
in
quelli
anni
stanchi
,
noi
giovani
vivendo
accanto
a
loro
anziani
abbiamo
imparato
ad
avere
l
'
orgoglio
e
la
fede
della
nostra
professione
e
a
non
stimare
coloro
che
se
ne
giovano
pei
loro
fini
particolari
:
questo
per
diventar
deputato
o
consigliere
;
quello
per
aumentare
la
sua
clientela
d
'
avvocato
;
quell
'
altro
,
nella
chiusa
carriera
di
professore
,
per
essere
temuto
dai
colleghi
e
dai
superiori
.
È
d
'
allora
la
massima
che
il
giornalismo
porta
a
tutto
,
a
patto
d
'
uscirne
.
No
,
per
noi
fu
giornalista
soltanto
lo
scrittore
capace
di
anteporre
all
'
interesse
proprio
,
alla
propria
tranquillità
e
alla
propria
rinomanza
,
la
fama
e
la
fortuna
del
giornale
in
cui
scrive
;
di
amare
più
di
sé
stesso
i
propri
lettori
;
di
scrivere
per
loro
,
e
non
per
i
colleghi
;
di
vivere
giorno
per
giorno
,
ora
per
ora
,
con
l
'
intelligenza
,
gli
occhi
,
gli
orecchi
tesi
a
cogliere
l
'
attimo
che
passa
;
di
far
consistere
,
se
è
un
cronista
,
la
propria
felicità
nello
scoprire
ogni
mattina
qualche
cosa
di
nuovo
e
d
'
inedito
,
di
presentano
nel
modo
più
rapido
e
colorito
e
,
davanti
a
un
morto
prima
di
piangere
,
nel
pieno
d
'
una
festa
prima
di
divertirsi
,
capace
di
pensare
a
quel
che
ne
dovrà
subito
scrivere
,
per
fare
il
giorno
dopo
piangere
o
ridere
i
suoi
lettori
;
capace
d
'
avere
ogni
giorno
,
se
è
un
direttore
,
un
'
idea
migliore
di
quella
del
giorno
avanti
,
migliore
anche
per
la
semplice
ragione
che
quella
di
ieri
è
ormai
inutile
;
se
è
un
critico
,
ascoltando
una
commedia
,
guardando
un
quadro
,
leggendo
un
libro
,
capace
di
badare
solo
ai
propri
affetti
e
al
proprio
giudizio
e
a
quello
dei
commediografi
,
dei
pittori
,
degli
scrittori
,
ma
anche
agli
affetti
e
al
giudizio
del
pubblico
attorno
a
lui
,
e
non
solo
per
correggere
o
per
approvare
questo
giudizio
ma
anche
per
fare
la
cronaca
e
la
storia
del
gusto
,
cronaca
e
storia
ignorate
dai
critici
e
dai
professori
che
scrivono
solo
nei
libri
;
capace
infine
,
se
è
uno
scrittore
d
'
articoli
,
di
far
dimenticare
ogni
giorno
l
'
articolo
che
ha
scritto
il
giorno
prima
o
la
settimana
prima
,
scrivendone
un
altro
più
nuovo
e
più
vivo
e
attuale
perché
non
ha
animo
di
giornalista
chi
s
'
affida
al
suo
articolo
di
ieri
.
Molti
adesso
hanno
giustamente
rivendicato
all
'
articolo
di
giornale
la
dignità
letteraria
:
tra
i
più
recenti
rivendicatori
,
e
con
più
diritto
di
altri
,
Antonio
Baldini
.
Se
ben
ricordo
,
fin
,
nel
Petrarca
delle
Epistole
egli
è
andato
a
trovarci
un
antenato
,
e
ha
ragione
perché
anche
lì
spesso
si
tratta
dei
«
fatti
del
giorno
»
.
Ma
il
Petrarca
si
sceglieva
gli
argomenti
;
e
in
questo
,
almeno
in
questo
,
egli
non
era
giornalista
,
perché
al
giornalista
l
'
argomento
è
imposto
dalla
cronaca
,
e
in
un
giornale
ben
fatto
nemmeno
in
«
terza
pagina
»
una
riga
dovrebbe
apparire
che
non
fosse
legata
a
un
fatto
recente
e
recentissimo
,
magari
a
un
fatto
che
il
giornale
e
il
giornalista
preferirebbero
di
tacere
ai
lettori
.
Collaboravo
già
da
qualche
mese
al
Corriere
della
sera
quando
conobbi
Eugenio
Torelli
Viollier
.
S
'
era
,
credo
,
nel
1899
.
Il
Torelli
era
venuto
a
Roma
per
convincere
Domenico
Oliva
,
deputato
al
Parlamento
e
direttore
politico
del
Corriere
,
a
parlare
alla
Camera
contro
il
disegno
di
legge
del
generale
Pelloux
sulla
stampa
.
L
'
Oliva
per
disciplina
di
partito
non
acconsentì
,
e
Torelli
nominò
direttore
anche
politico
del
Corriere
Luigi
Albertini
che
da
più
d
'
un
anno
era
l
'
anima
del
giornale
.
Quel
giorno
in
un
salotto
del
vecchio
«
Albergo
di
Roma
»
a
San
Carlo
al
Corso
,
dai
mobili
di
legno
nero
coperti
di
velluto
rosso
come
nelle
sale
d
'
aspetto
di
prima
classe
,
Eugenio
Torelli
Viollier
,
adirato
per
quel
rifiuto
,
s
'
aprì
a
me
giovane
giornalista
con
un
calore
che
non
gli
vidi
più
nei
pochi
mesi
che
ancora
visse
.
Egli
non
riusciva
a
capire
che
il
direttore
d
'
un
grande
giornale
potesse
avere
anche
la
minore
ambizione
di
sedere
in
Parlamento
e
la
modestia
d
'
ubbidire
alle
deliberazioni
d
'
un
gruppo
parlamentare
.
Non
ricordo
più
come
venisse
a
quest
'
altro
argomento
,
ma
mi
ricordo
,
nel
vano
d
'
una
finestra
,
il
volto
di
lui
fine
e
nervoso
dentro
la
barba
a
ventaglio
,
e
gli
occhi
scintillanti
dietro
le
lenti
:
-
-
-
Sa
lei
in
che
cosa
si
distingue
un
grande
giornale
da
un
piccolo
giornale
?
La
tiratura
non
conta
,
l
'
abbondanza
e
prontezza
dei
servizi
non
contano
.
E
'
un
grande
giornale
quello
soltanto
che
pubblica
anche
le
notizie
che
gli
fanno
dispiacere
;
è
un
piccolo
giornale
quello
che
le
tace
.
Si
fermò
si
passò
la
mano
nella
barba
,
mi
venne
più
vicino
,
sorrise
:
-
-
-
S
'
intende
:
la
notizia
che
ci
dispiace
,
la
si
commenta
nel
modo
che
più
ci
piace
-
-
-
.
Per
la
verità
debbo
dire
che
il
giornalismo
romano
di
allora
,
giornalismo
tutto
di
parte
,
non
aveva
,
caro
Lodi
,
l
'
abitudine
di
rispettare
sempre
quella
massima
.
Mi
fermo
.
Non
vorrei
,
proprio
scrivendo
a
lei
per
ringraziarla
d
'
un
bel
libro
su
noi
o
sulla
nostra
professione
,
far
quei
commenti
in
margine
ai
quali
accennavo
pocanzi
,
a
rovesciare
su
queste
pagine
i
miei
ricordi
e
le
mie
convinzioni
di
scrittor
di
giornali
.
Se
un
giorno
lo
farò
,
auguro
a
me
stesso
d
'
avere
la
sua
lucida
memoria
e
la
sua
serenità
superiore
ormai
agli
uomini
e
ai
partiti
.
Creda
al
mio
memore
affetto
.
Ugo
Ojetti
StampaPeriodica ,
Sed
toleranda
fames
,
non
tolerandus
amor
.
CLAUDIANO
V
'
è
anche
una
questione
sessuale
e
v
'
è
anche
un
diritto
all
'
amore
.
Chiedo
alle
mie
lettrici
di
fare
uno
sforzo
di
logica
e
assurgere
dai
ricordi
e
dai
desiderii
personalissimi
alla
concezione
dell
'
Amore
e
del
Diritto
con
le
iniziali
maiuscole
;
altrimenti
la
paura
del
dover
amare
corrispondente
a
quel
diritto
d
'
amare
potrebbe
apparir
loro
orribilmente
disgustosa
.
E
chiedo
loro
anche
di
considerare
che
quel
diritto
all
'
amore
lo
si
pretenderebbe
non
solo
per
gli
uomini
ma
anche
per
le
donne
.
Ed
è
prudente
,
qui
per
qui
,
non
spaventarne
alcuna
ponendo
un
qualunque
limite
d
'
età
.
Poniamo
che
quel
diritto
ci
accompagni
fino
alla
morte
come
il
sole
,
simile
al
diritto
sul
pane
,
sul
lavoro
e
su
la
incolumità
personale
.
Mario
Morasso
,
ingegno
vertiginosamente
originale
,
pronto
a
spiccar
dal
più
piccolo
scoglio
della
realtà
salti
parabolici
nel
mare
delle
ipotesi
,
autore
di
libri
constellati
di
idee
la
metà
delle
quali
amo
per
la
loro
fecondità
e
la
metà
detesto
per
la
loro
inutile
ferocia
,
quattro
anni
fa
per
il
primo
nella
Riforma
sociale
propose
la
Questione
sessuale
.
Fra
i
due
istinti
essenziali
dell
'
uomo
conservazione
dell
'
individuo
e
conservazione
della
specie
non
si
può
stabilire
una
gerarchia
;
anzi
a
vederli
praticamente
e
obbiettivamente
nell
'
uomo
attuale
,
l
'
istinto
d
'
amore
,
per
quanto
represso
e
nascosto
,
appare
più
forte
del
primo
,
cioè
v
'
è
chi
si
uccide
perché
non
può
soddisfarlo
.
Ora
perché
la
legge
riconosce
nell
'
uomo
solo
il
diritto
di
vivere
ma
non
quello
d
'
amare
,
e
con
maggior
precisione
perché
la
legge
concede
all
'
uomo
la
dirimente
della
legittima
difesa
solo
nel
caso
di
attacco
diretto
alla
persona
fisica
,
quando
egli
mostra
spesso
di
pregiare
qualcosa
ancor
più
della
sua
esistenza
,
cioè
il
suo
amore
?
Un
sociologo
che
è
anche
un
critico
d
'
arte
modernissimo
e
acuto
scrive
ora
tutt
'
un
bel
volume
su
questa
Lotta
di
sesso
,
studiando
cioè
gli
ostacoli
che
all
'
istinto
d
'
amore
derivano
nella
donna
e
nell
'
uomo
rispettivamente
dall
'
uomo
e
dalla
donna
desiderata
,
e
proseguendo
così
l
'
opera
iniziata
col
suo
libro
sui
Reati
sessuali
dove
egli
studiava
gli
ostacoli
posti
dalla
legge
.
Pare
ormai
provato
dagli
embriologi
che
l
'
uomo
e
la
donna
non
siano
che
due
parti
individue
d
'
uno
stesso
elemento
,
o
meglio
le
due
parti
d
'
una
cellula
spaccata
crudelmente
in
due
;
e
per
questo
essi
cerchino
naturalmente
di
riunirsi
per
ricreare
quell
'
entità
perduta
.
E
poiché
lo
stato
di
separazione
è
fatalmente
più
lungo
di
quello
di
comunione
,
l
'
amore
diventa
sinonimo
di
dolore
,
cioè
di
permanente
contrarietà
a
un
istinto
,
di
lunga
insoddisfazione
d
'
un
desiderio
.
E
tutto
(
a
udir
i
commenti
dei
sociologi
ai
suddetti
embriologi
,
perché
nella
realtà
mi
pare
che
si
vada
innanzi
abbastanza
comodamente
)
,
si
infrappone
a
quella
tale
operazione
matematica
della
ricostituzione
dell
'
unità
:
la
società
,
le
sue
leggi
,
le
sue
abitudini
,
i
suoi
pregiudizii
,
la
differenza
di
sensibilità
nell
'
uomo
e
nella
donna
,
la
religione
,
il
pudore
,
e
pare
impossibile
perfino
certa
letteratura
.
E
quel
dolore
diventa
così
angoscioso
che
nello
spasimo
verso
la
felicità
gli
amanti
finiscono
a
desiderar
la
confusione
dei
loro
esseri
,
la
dissoluzione
e
la
morte
,
pur
di
non
tornar
a
penare
.
«
La
propria
diffinizione
del
perfetto
amore
dell
'
uomo
et
della
donna
,
è
la
conversione
dell
'
amante
nell
'
amato
con
desiderio
che
si
converta
l
'
amato
nell
'
amante
»
,
diceva
Leone
Ebreo
nel
1535
,
e
pochi
anni
prima
nei
Dialoghi
di
Sperone
Speroni
;
né
allora
,
ch
'
io
mi
sappia
,
erano
in
alcuna
università
cattedre
di
embriologia
e
di
psichiatria
,
né
Lombroso
aveva
ancòra
scritto
quel
suo
geniale
volume
su
l
'
Amore
nel
suicidio
e
nel
delitto
.
Ora
in
questa
ingannevole
lotta
tra
uomo
e
donna
una
lotta
che
assomiglia
all
'
accavallarsi
furioso
dell
'
onde
su
la
superficie
del
mare
,
mentre
a
dieci
metri
di
profondità
tutto
è
quiete
e
beato
il
Viazzi
molto
perspicuamente
distingue
tre
epoche
.
Primitivamente
in
quello
che
una
volta
si
chiamava
lo
stato
di
natura
,
la
donna
ha
un
dominio
assoluto
e
spaventoso
su
la
vita
dell
'
uomo
.
In
tutto
il
regno
animale
,
il
maschio
dopo
l
'
amore
cessa
di
vivere
molto
prima
della
femmina
anche
perché
volendo
adornarsi
e
abbellirsi
per
attirarla
perde
forza
e
agilità
mentre
il
pericolo
di
essere
scoperto
dai
suoi
nemici
aumenta
in
proporzione
di
quelli
ornamenti
.
Anche
oggi
,
sebbene
il
maschio
si
impennacchi
meno
e
spesso
si
contenti
per
attirar
la
donna
di
gonfiarsi
e
rimbecillirsi
un
poco
,
chi
esamina
le
statistiche
delle
popolazioni
europee
vede
che
la
mortalità
tra
i
diciotto
e
i
ventisei
anni
è
di
molto
maggiore
fra
noi
uomini
che
fra
le
donne
:
ciò
che
forse
muterà
quando
gli
uffici
di
statistica
saranno
tenuti
dalle
donne
.
Per
fortuna
in
tutto
,
tranne
che
nell
'
amore
,
l
'
uomo
è
il
forte
e
la
donna
è
il
debole
.
E
l
'
uomo
,
avendo
più
e
più
chiara
la
percezione
delle
necessità
della
conservazione
individuale
nell
'
asprezza
della
vita
primitiva
e
volendo
d
'
altro
canto
mantenersi
contro
gli
altri
la
compagna
scelta
dal
suo
desiderio
e
offrendole
perciò
di
difenderle
la
vita
e
spesso
anche
di
trovarle
il
cibo
,
finisce
a
prendere
su
lei
una
prevalenza
,
di
abitudine
più
che
di
istinto
.
E
questa
è
la
seconda
fase
.
Nella
terza
,
poiché
perdura
quello
stato
di
coscienza
ma
declina
l
'
urgenza
nei
bisogni
elementari
della
vita
,
la
donna
si
rialza
dall
'
affievolimento
e
riconquista
pian
piano
,
obliquamente
se
non
dirittamente
,
il
perduto
dominio
.
Oggi
pare
che
siamo
in
queste
condizioni
;
dei
due
periodi
passati
restano
due
condizioni
di
fatto
,
la
frequenza
delle
percosse
maritali
e
il
contratto
ora
tacito
ora
esplicito
per
cui
,
se
la
donna
tiene
l
'
uomo
per
forza
d
'
amore
,
l
'
uomo
tiene
la
donna
per
forza
di
pane
.
Familia
ha
la
stessa
etimologia
di
famulus
,
schiavo
,
da
fames
,
fame
.
Fedeltà
canina
,
osserverà
qualche
sentimentale
:
ma
i
sociologi
hanno
il
cuore
duro
e
lasciano
il
sentimento
a
sbadigliare
in
anticamera
.
È
divertente
seguire
questo
lento
e
abile
ritorno
della
donna
al
potere
.
Pian
piano
le
antiche
norme
legislative
non
posano
più
su
le
condizioni
economiche
e
morali
che
le
determinarono
;
così
che
esse
hanno
una
forza
breve
e
intermittente
nei
ristretti
limiti
delle
singole
applicazioni
giudiziarie
;
ma
la
vita
vera
soverchia
le
dighe
e
corre
pel
suo
verso
liberamente
.
Quelle
leggi
,
dice
bene
il
Viazzi
,
ormai
più
che
altro
rappresentano
l
'
inanità
della
parola
,
incerta
nella
sua
rigidezza
,
di
fronte
al
continuo
divenire
della
realtà
.
La
donna
ha
saputo
sfruttare
le
sue
vere
inferiorità
fisiche
e
la
sua
inferiorità
legale
con
una
finezza
cui
purtroppo
non
si
può
dare
che
il
sommo
ed
unico
aggettivo
di
femminile
.
La
sua
penetrazione
psicologica
,
la
celerità
sua
a
definire
i
sentimenti
e
i
pensieri
altrui
dai
minimi
segni
esteriori
,
quella
miopia
intellettuale
descritta
dallo
Schopenhauer
per
cui
nelle
cose
vicine
la
donna
discerne
analiticamente
piccolezze
a
primo
tratto
ignote
agli
uomini
ma
le
cose
lontane
le
sfuggono
,
la
aiutano
in
questo
lavorìo
.
D
'
altra
parte
,
questa
finezza
di
percezione
intellettiva
per
la
deficiente
delicatezza
non
ha
nessuna
forza
d
'
obbiettivazione
morale
,
nessuna
eco
patetica
.
Ella
vede
più
presto
e
più
dell
'
uomo
,
ma
sente
meno
.
Da
questa
condizione
piacevole
per
la
lotta
,
deriva
poi
che
ella
meno
delicata
ha
tutte
le
probabilità
di
essere
stimata
di
più
perché
l
'
uomo
soffrendo
delle
ostentate
sofferenze
di
lei
si
frenerà
e
tacerà
,
ed
ella
soffrendo
poco
per
sé
e
meno
per
l
'
altro
sarà
liberissima
a
tutte
le
svariate
contorsioni
e
a
tutte
le
garrule
petulanze
che
Balzac
chiamava
la
«
forza
della
raganella
»
e
che
per
l
'
osservatore
scettico
sono
deliziose
a
vedersi
e
a
udirsi
,
ma
per
lo
spettatore
commovibile
sono
altrettanti
segni
visibili
della
pretesa
feroce
tirannia
dell
'
uomo
.
La
conclusione
è
che
,
nel
fatto
,
quello
che
soffre
più
pel
cosiddetto
martirio
è
il
povero
carnefice
.
«
Nei
migliori
rappresentanti
del
momento
economico
attuale
,
cioè
nelle
famiglie
della
borghesia
agiata
,
troppo
spesso
la
donna
appare
come
un
essere
che
mangia
,
beve
,
si
fa
vestire
e
svestire
,
accompagnare
a
teatro
,
ai
balli
e
alle
corse
,
e
che
obbliga
il
marito
a
un
sopralavoro
rappresentato
da
altrettante
vesti
o
gioielli
o
piume
o
che
so
io
,
destinati
ad
ecclissare
le
rivali
,
vendendo
,
in
sostanza
,
o
cedendo
a
prezzi
esorbitanti
il
monopolio
reale
o
putativo
di
una
merce
che
né
per
lei
né
per
altri
ha
un
costo
qualsiasi
.
Cosa
siffattamente
entrata
nelle
abitudini
che
uguali
pretese
sono
da
un
lato
accampate
e
dall
'
altro
subìte
nei
rapporti
fra
padri
e
figlie
alle
quali
bisogna
pure
che
sia
fornito
tutto
il
necessario
apparecchio
di
gale
per
l
'
adescamento
del
marito
,
vale
a
dire
della
futura
vittima
»
.
E
ben
venga
,
dopo
ciò
,
il
Feminismo
che
ormai
come
tanti
altri
ismi
contemporanei
significa
tante
cose
da
non
significar
più
nulla
,
da
essere
una
targhetta
sopra
un
recipiente
nel
quale
ognuno
imbottiglia
il
proprio
vino
senza
far
complimenti
.
Ma
a
chi
volesse
perder
tempo
a
studiar
il
feminismo
raccomanderei
subito
un
'
osservazione
e
un
libro
.
E
l
'
osservazione
già
fatta
da
Georges
Pellissier
è
che
quasi
tutti
gli
scrittori
detti
feministi
ostentano
un
gran
disprezzo
per
la
donna
o
,
se
non
l
'
ostentano
,
lo
tradiscono
senza
accorgersene
perfino
nei
loro
omaggi
più
zuccherosi
.
E
il
libro
che
ha
l
'
intonazione
delle
recenti
Battaglie
per
un
'
idea
di
Neera
gentilmente
antimuliebri
è
Le
rôle
de
la
femme
di
Anna
Lamperière
,
pubblicato
a
Parigi
pochi
mesi
fa
.
Un
altro
libro
anche
deve
esser
letto
per
farsi
un
'
idea
del
bene
e
del
male
che
gli
italiani
che
scrivono
pensano
o
almeno
dicono
di
pensare
sulla
donna
;
ed
è
la
dotta
e
pur
piacevolissima
Inchiesta
sulla
donna
condotta
con
abile
imparzialità
da
Guglielmo
Gambarotta
.
Le
risposte
ve
ne
ha
di
Lombroso
,
di
Ferri
,
di
Sergi
,
di
Mantegazza
,
di
Novicow
,
di
Réclus
,
di
Heyse
,
di
Negri
,
di
Brunetière
,
di
Richet
,
di
Rod
,
di
Neera
,
di
Pilo
,
di
Butti
,
di
Guyot
,
di
Merlino
,
di
Bruno
Sperani
,
di
Paola
Lombroso
,
di
Ouida
,
di
Nordan
veramente
sarebbero
subordinate
,
meno
quelle
delle
scrittrici
,
all
'
ultima
domanda
:
«
La
donna
vostra
,
quando
avesse
diritti
eguali
ai
vostri
,
potrebbe
sembrarvi
meno
seducente
?
»
.
È
vero
che
,
in
coscienza
,
le
donne
che
si
conoscono
meno
son
quelle
che
si
sono
amate
o
che
si
amano
.
Io
non
sia
detto
per
vantarmene
ma
solo
per
onestà
in
fondo
a
un
articolo
su
la
lotta
di
sesso
non
ho
moglie
.