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LA DUSE ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
26 luglio . Quante volte in questa rubrica ho già narrato ciò che ricordo d ' Eleonora Duse ? Oggi ho finito di leggere il libro d ' Olga Signorelli su lei . A ogni pagina altri ricordi mi apparivano davanti agli occhi . È un libro copioso , come ha detto Alfredo Panzini lodandolo ; ma certo è il libro più cordiale e probante finora scritto su quella memorabile donna . È infatti il solo libro che ce la mostra dall ' interno , non dall ' esterno . Eleonora Duse è stata un ' attrice stupenda e cordiale , ma quieta anche nella tragedia , di pochi gesti e di poche grida , tutta misura e ritegno , e solo con uno sguardo senza nemmeno muovere il volto otteneva ciò che altre non ottenevano con un balzo e con un urlo ; ma come donna è stata complicata , irrequieta ed ansiosa , spesso stonata e sfasata , ogni anno più schiava delle parole così da scambiarle per realtà , e innamorata del dolore , vero o immaginario , proprio o altrui , come l ' ape è innamorata del fiore . Del dolore aveva la curiosità e , oserei dire , il desiderio . Era la sua nobiltà : il suo solo snobismo . L ' arte è dolore ; l ' amore è dolore ; la gloria è dolore ; la ricchezza è dolore ; la potenza è dolore ; la vita , insomma , è dolore . Ed ella era colma di vita . La prima volta che vidi la signora Duse fuori di scena , quando cioè le fui presentato ( e deve essere stato verso il 1895 ) , la trovai per terra , distesa sopra un bel tappeto , tra molti cuscini . Mi invitò a sedermi accanto a lei su un altro tappeto : che , in Oriente forse , ma dalle parti nostre non è un esercizio comodo , specie quando ci s ' ha da rialzare . Vedendo che titubavo , m ' offrì a braccio teso uno dei suoi cuscini . S ' era in casa di fedeli e sottomesse amiche sue , in via Gregoriana : due tedesche , Elena Oppenheim e Maria Zernitz , l ' una magra e l ' altra grassa ; amiche anche di molti musicisti , Sgambati , Consolo , Gulli , Bossi , Baiardi , e d ' uno scultore , Chiaradia , quello della statua dorata di Vittorio Emanuele in mezzo al monumento capitolino . Spesso , se veniva a Roma e non recitava , la Duse scendeva da quelle amiche , padrona dispotica d ' ogni loro minuto , gesto e pensiero . Esse dovevano averle mostrato i titoli d ' uno o due articolucci miei di letteratura inglese . Supina , poggiando la nuca sopra le palme delle mani raccolte a conchiglia : Chi è il maggior poeta inglese vivente ? mi domandò guardando il soffitto . Swinburne , risposi . So che avete tradotto qualche cosa di lui . Recitatemelo . Non lo ricordo a memoria . Mi guardò di traverso , un occhio su e l ' altro giù , come per misurare la mia statura , seduto . Era tale e quale alla Duse in scena , senza tinture ; ma da vicino gli anni , trentasei o trentasette , le si vedevano tutti . Le mani ( l ' ombra di Gabriele d ' Annunzio mi perdoni ) non erano belle ; ma i piedi sì , piccoli , fini , ben calzati , e non stavano mai fermi . Si sa quanto è spietato lo sguardo d ' un giovane appena si posa sopra una donna matura , specialmente se fino allora egli ha potuto vederla solo da lontano su un trono o su una ribalta , e lodata e applaudita . Per capire la grande poesia bisogna avere sofferto . Voi siete troppo giovane per avere sofferto . Io , zitto , perché ero tentato di rispondere : « Grazie , per fortuna » , con una punta di impertinenza romanesca . Sentivo su me gli sguardi delle due tedesche , le quali abbozzavano un sorriso per suggerirmi che dovevo sorridere anch ' io . Nella pausa avevo preso una sigaretta . La signora Duse , sempre volta al soffitto , ricominciò l ' interrogatorio : Siete innamorato ? Me lo domandò con una voce bassa e grave , che stillava con fatica le meste sillabe . Un confessore che mi avesse domandato : Quante volte ? o un medico che avvicinando al lume il termometro scaldato dalla mia ascella , m ' avesse detto : Trentanove , e passa , non avrebbero avuto un tono così caldo , di compassione e insieme di conforto . Ma vedi l ' indifferenza e anche il pudore della gioventù : io ero seccato non lusingato . Risposi : Sarebbe , signora mia , un discorso molto lungo , e accesi la sigaretta . La Duse si rizzò a sedere d ' un colpo . Qui non si fuma , comandò . Le due amiche accorsero . Una portò in un ' altra camera la sigaretta irriverente . L ' altra aprì la finestra perché quel niente di fumo svanisse nel cielo di Roma . Io ero in piedi . Udii da terra una voce fievole quanto un sospiro : Che ore sono ? , e poco dopo : Tornate presto . M ' ha fatto piacere conoscervi . Me ne andai . Ogni parola e ogni gesto di quel nostro primo colloquio sul pavimento mi sono rimasti nella memoria perché se ne parlò e riparlò con le due ospiti della signora Duse e coi loro amici . Che cosa avrei mai dovuto rispondere a simili domande , inaspettate e , soggiungevo , materne ? Quelli m ' assicuravano che le indagini sulla capacità di patire e d ' amare erano in lei una palese prova di simpatia . L ' anno dopo , se non sbaglio , tornò a Roma per recitare al Valle : Fedora , Denise , Moglie di Claudio , Frou - Frou , Locandiera , Signora delle camelie . Non perdevo una recita , non perdevo una parola di lei . Li davvero ella era schietta , attenta a scarnire e a semplificare la sua recitazione , così che l ' anima del personaggio fosse nuda , e anche quando il personaggio mentiva , capace di farci sentire che , timido o spavaldo , mentiva . Anche nella menzogna perciò la amavamo , così lealmente ce la confidava . Tanto schietta , leale e nuda era in scena che fuori di scena , in un salotto o in una gita , in contatto con noi laici si sentiva che era impacciata , quasi provasse il pudore di non poter esser schietta e leale e nuda come quando recitava , cioè come quando era Margherita , Fedora , Magda o Cesarina . E si metteva a parlare difficile con parole d ' oracolo , prodigando a tutti consigli e conforti , e dimenticandosene un ' ora dopo . Fuori di scena , insomma , la Duse veramente recitava . Cogli anni , i capelli bianchi , l ' addio all ' amore e la solitudine , fu un ' altra cosa ; e certo ammirevole . In quella stagione , nel senso che alla parola stagione danno i teatranti , abitava al Grand Hôtel e il suo salotto luminoso era sull ' angolo tra la via delle Terme e la piazza delle Terme . Sopra ogni tavola , fiori e libri : libri di pensiero , molto Nietzsche e molto Maeterlinck quell ' anno , segnati sui margini da una matita impetuosamente ammirativa . L ' edizione Bocca di Così parlò Zaratustra , ricordo di averla veduta segnata con la matita turchina in tutte , dico tutte , le pagine , da capo a fondo : che doveva essere stata una bella fatica . Una mattina s ' andò a Tivoli . Ernesto Consolo e io salimmo a prendere la signora Duse all ' albergo . Ci accolse con questo ammonimento : Badate , oggi non voglio soffrire , e lo disse serrando labbra e mascelle come avrebbe potuto dirlo sedendosi dal dentista . Consolo mi guardò . Sapevamo che spesso era inutile risponderle perché ella già pensava ad altro . Fu gaia , giovanile , maliziosa : diciamo , Mirandolina . Dopo colazione si pensò , naturalmente , d ' andare a Villa d ' Este . Ve l ' ho dichiarato . Oggi non voglio soffrire . A Villa d ' Este ? Non capite niente : a Villa d ' Este io ci sono già stata , e sillabò le parole come dicesse che non bisognava destare i morti . Né l ' uno né l ' altro si osò domandarle : Con chi ? Aveva mutato faccia , s ' era alzata e ci aveva voltato le spalle perché non le leggessimo il volto . Deve avere riveduto Gabriele d ' Annunzio in quel tempo ( la Signorelli precisa , nell ' autunno del 1896 ) ; ma non è vero che andando a salutarla sul palcoscenico del Valle dopo la Signora delle camelie D ' Annunzio la apostrofasse con queste parole : Oh grande amatrice ! Fu una delle tante facezie dei romani sciccosi , oziosi e invidiosi contro D ' Annunzio trionfante e contro quello che allora essi stimavano il pomposo parlare di lui . Amatrice è un paesotto dell ' Aquilano presso Cittaducale , e matriciani allora erano chiamati a Roma gl ' incettatori e i venditori di erbaggi , dalle carote alle cipolle . Nemmeno credo che molti anni dopo , spento il fuoco , ritrovandola a Milano per caso in un albergo egli le dicesse come s ' afferma in questo libro : Quanto mi avete amato ! D ' Annunzio , per quanto sicuro e soddisfatto si mostrasse di sé , ha avuto sempre , parlando delle donne che ha amate , e specialmente se l ' amore era tramontato da anni , e più verso la signora Duse , un riguardo , anzi un rispetto inconciliabile con la fatua vanità di quella frase . Può darsi che a Olga Signorelli l ' abbia ripetuta la stessa Duse immaginandosi di averla proprio udita da quel crudele , tanto bene le parole riassumevano l ' abnegazione di lei e la finale indifferenza di lui . Così sono certo che D ' Annunzio mostrò alla Duse il manoscritto del Fuoco molto prima di pubblicarlo , e la persuase che ella , anche se l ' impresario Schurmann e altri pettegoli le dicevano il contrario , vi splendeva d ' una bellezza più durevole della bellezza fisica . Olga Signorelli pubblica la lettera di Eleonora Duse a Schurmann : « Poco fa non v ' ho detto la verità . Conosco il romanzo , e ne ho autorizzata la stampa , perché la mia sofferenza , qualunque essa sia , non conta quando si tratta di dare un altro capolavoro alla letteratura italiana . E poi ho quarant ' anni ... e amo ! » ( Molte lettere d ' Eleonora Duse sono pubblicate in questo libro , ansimanti e sgrammaticate . Anche nella scrittura par di vederla recitare , con quelle tante sottolineature per dire che lì alza la voce , con quei tanti a capo , che corrispondono a gesti recisi , con quei tanti puntini che significano le pause di silenzio o i sospiri . ) Nella primavera del '97 o del '98 ero a San Giacomo di Spoleto quando da Francavilla mi telegrafò D ' Annunzio d ' andare il giorno dopo a incontrarlo ad Assisi nell ' albergo del Subasio . Vi arrivai nelle prime ore del pomeriggio in bicicletta ( allora anche D ' Annunzio andava in bicicletta e nel '96 mi scriveva : « Son tornato da Milano con una bicicletta ! Con una Humber ! Dalla mattina alla sera vado pedalando . E verrò nell ' Umbria su questo leggero cavallo d ' acciaio . Ave » ) . Sulla porta del Subasio trovai Angelo Conti . Anch ' egli era stato convocato per telegrafo , e mi spiegò perché . Nell ' albergo era anche la Duse , e D ' Annunzio era venuto a mostrarle la prima parte del manoscritto del Fuoco , ravvolto , s ' intende , in un lembo di damasco rosso . Era stata lei a chiederglielo , poiché tutti già possedevamo le chiavi di quel romanzo e sapevamo che in Stelio era adombrato lo stesso poeta quale egli sperava d ' essere o d ' apparire , in Foscarina nomade e disperata la Duse , in Daniele Glauro Angelo Conti , in alcuni tratti di Donatella Arvale Giulietta Gordigiani , e via dicendo ? Oppure egli stesso , pensando che qualche frase sulla bellezza un poco sfiorita dell ' attrice potesse offenderla , e fidando nell ' intelligenza di lei e nella bellezza del monumento che con quel romanzo egli le innalzava e le offriva , aveva voluto prevenire e placare ogni risentimento della vanità ? « I segni delicati che partivano dall ' angolo degli occhi verso le tempie , e le piccole vene oscure che rendevano le palpebre simili alle violette , e l ' ondulazione delle gote e il mento estenuato e tutto quello che non poteva mai più rifiorire ... » Non le vedevano tutti queste prime offese degli anni ? E proprio Eleonora Duse che anche per entrare in scena rifiutava ogni liscio , ogni rossetto , ogni cipria , tanto amava la verità , anzi , com ' ella diceva , la sua verità , si sarebbe offesa ? A quale altra attrice sicura del proprio valore ma anche sicura di scomparire tutta dalla memoria degli uomini man mano che fossero morti e scomparsi coloro che l ' avevano veduta , ascoltata , applaudita e avevano per una sera creduto che la sua voce e il suo volto fossero la voce stessa e il volto stesso dell ' amore , della rivolta , della gioia , della fede , della voluttà , della speranza , il destino offriva insieme il compenso e l ' orgoglio di sapersi salvata per sempre in pagine tanto ardenti e sonanti ? A queste domande né quel giorno né poi ho saputo rispondere . Certo è che D ' Annunzio pregava Conti e me di aspettare in albergo una sua chiamata . Eravamo lì per calmare l ' ira e i sospetti della sua amica , o per tenere a lei e a lui un ' affettuosa e lieta compagnia ? S ' andò in San Francesco e si tornò . Hanno chiesto di noi ? No , hanno ordinato il tè . S ' andò a passeggio fino in piazza del Municipio , e si tornò . Hanno chiesto di noi ? No , pranzano in camera . Conti e io si pranzò sulla terrazza , poi si riuscì a passeggiare sul prato davanti alla basilica superiore , ché così il direttore sapeva occorrendo dove trovarci . A mezzanotte rientrammo . Non hanno chiamato più . La mattina dopo verso le undici dissi addio ad Angelo Conti : Se Gabriele ti domanda di me , digli che l ' ho aspettato per ventiquattr ' ore . Aspettalo fino a stasera . No , vado a colazione a Foligno da un amico . Sii buono , aspetta . Ma io me ne andai , ché in bicicletta giù per la discesa par di volare . Il Fuoco me lo sono letto due anni dopo , e della « sofferenza » della signora Duse per quelle che allora le tenere amiche di lei e i nemici di D ' Annunzio chiamavano ingiurie , ho pensato e penso che ella si sia consolata non solo in quelle ventiquattr ' ore di clausura assisiate col suo poeta , ma anche tutte le volte che poi , mettendosi una mano sul cuore , ella ha potuto parlare del suo dolore per quell ' affronto . Angelo Conti , cioè Daniele Glauro , parlando del Fuoco e della Duse , si grattava la barba rossa e bianca : Come fa la signora Duse a lagnarsi così ? Me , in questo libro , fino dalle prime pagine Gabriele m ' ha chiamato fervido e sterile . Mi lagno io ? Ma Angelo era filosofo e considerava le donne dipinte da Giorgione o da Tiziano , fossero anche state cortigiane , più sicure e più costanti delle donne vive anche illustri .
NOI GIORNALISTI ( OJETTI UGO , 1930 )
StampaPeriodica ,
Non dimentico mai , caro Luigi Lodi , d ' avere avuto la fortuna d ' incontrare lei , al primo principio della mia vita di scrittore ; né dimentico la cordiale fiducia con cui ella accolse nella Nuova Rassegna i miei scritti , e i consigli che mi dette , e l ' ospitalità in quelle stanze agli Uffici del Vicario dove nel tardo pomeriggio o dopo il teatro si raccoglieva il meglio delle lettere d ' allora e , dal vicino Montecitorio , quei pochi del Parlamento i quali stimavano o mostravano di stimare anche i giornalisti che non scrivevano di politica ; e allora , in una parentesi tra il Don Chisciotte e il Giorno , anche lei , direttore della Nuova Rassegna , poco se ne occupava . Non dico che da parte nostra , vecchi e giovani , la stima di quei parlamentari fosse sempre ricambiata , ma anche negli epigrammi la forma era salva . Adesso , leggendo il suo libro Giornalisti , pel quale una sola critica le farei , d ' averci dipinto tutti con troppa benevolenza , quei tempi mi sono tornati così vivi alla memoria che mi sembra , finché il libro mi sta aperto davanti agli occhi , di ringiovanire . Carducci , D ' Annunzio , Martini , Pascarella , Yorick , Turco , Vassallo , Vamba , Boutet , Carletta e , da Napoli , Matilde Serao , Scarfoglio , Di Giacomo , Bracco e , da Milano , Giacosa , Praga , Rovetta e , da Bologna , Panzacchi e Guerrini ; lasciando ultimi Febea e Morello soltanto per dire che non mi so dar pace a vederli , sani e vegeti come sono , chiusi nel silenzio : tutti sono passati allora per quelle stanze e sono adesso affettuosamente ricordati in queste sue pagine . Ad aver tempo scriverei nei margini , accanto ai ricordi e ai giudizi suoi , i giudizi e ricordi miei . Ma non sono ancora arrivato al placido distacco che è il premio della sua età , e non vedrei , a cominciare da me stesso , tutto in roseo come ella vede . Cominciavo allora a collaborare alla Tribuna . Seguii Vincenzo Morello quando fondò il Giornale . Tornai con lui quando ella creò il Giorno e vi iniziai una rubrica intitolata Cose viste . Ma ormai avevo cominciato a mandare articoli al Corriere della sera , e presto , dopo un anno o due nel nuovo Giornale d ' Italia , m ' allontanai purtroppo per sempre dal giornalismo romano . A Roma i giornali lombardi erano ancora , verso il 1895 , più stimati che ammirati : giornali di provincia , pensavamo , e imprese industriali prima che fogli vivi , e scritti male , si diceva anche prima di leggerli . Scarfoglio invece e Morello , per non dir dei minori , ci rappresentavano con lei i giornalisti d ' assalto e di critica , scintillanti di brio , e di trovate quando erano all ' opposizione , svogliati ed opachi appena dovevano difendere un ministro o un ministero ; e tutti e tre , anche se condannati all ' articolo quotidiano , orgogliosi della propria cultura letteraria , delle proprie amicizie e predilezioni letterarie . Immaginare un articolo loro sulla prima colonna del Corriere della sera era come immaginare la fontana di Piazza Navona , tutta scrosci , brilli e capricci , in piazza della Scala davanti alla compassata fabbrica del Piermarini . Lei poi era , per noi giovani , l ' amico devoto di Giosuè Carducci , quello che poteva avvicinano quando voleva , che conosceva i piccoli segreti della sua vita , pronto a sposare non solo gli odi di lui ma anche le antipatie . E che ella , taciturno com ' è sempre stato , quasi mai ce ne parlasse , questo aumentava il nostro rispetto per quella sua fedeltà . Noi , s ' intende , s ' era per Gabriele d ' Annunzio , ma a dannunzieggiare sui giornali presto ci s ' accorse ch ' era come indossar la marsina per andare a vogar giù nel Tevere . Così ci si tagliava in due : nelle novelle e nei romanzi , si mirava al D ' Annunzio ; negli articoli , quando si poteva , al Carducci e , i più cauti , al Martini ; insomma , scrittori a fette . Chi mi guarì , fu proprio lei , con una pazienza inesauribile . Quando l ' articolo era tutto da rifare , la messaggera era Febea la quale , per merito dei capelli bianchi fin d ' allora o incipriati , ci parlava maternamente : Non v ' inalberate . Gigi assicura che le stesse cose le potete dire in una colonna invece che in due . La massima del Carducci , adesso tema d ' esame anche nei ginnasi , che chi dice in venti parole quel che può dire in dieci , è un uomo capace di male azioni , allora era nuova e , ai nostri stomachi dilatati dagli aggettivi dei dannunziani , indigesta . « L ' anima di lui era sempre affettuosamente aperta alla giovinezza » , ella dice del Carducci : ai giovani , s ' intende , che possedessero qualche altra qualità oltre quella , involontaria , della giovinezza . Questa dote è stata anche sua , caro Lodi , e a me è venuta da lei , ché i direttori di giornali o di riviste impazienti o sdegnosi davanti ai nomi nuovi mi sembrano simili ai nuovi ricchi che vogliono fabbricarsi in un mese un parco annoso trapiantandovi a qualunque prezzo alberi vecchi : ogni mattina nei filari si trovano un morto e un vuoto . Ho detto che allora il miglior giornalismo di Roma e di Napoli era d ' assalto e di critica . A leggere adesso nel suo libro con quanto poche migliaia di lire si fondava , in due stanze e con due redattori , un giornale , e a pensare al grande foglio in cui ho avuto per tanti anni la fortuna di lavorare al sicuro , m ' avvedo che nei loro giornali era ancora un riflesso di quelli del Risorgimento fatti per un uomo o per un ' idea e pronti per essi a morire . Certo tanta abnegazione , poiché l ' unità era raggiunta e ci si era seduti in Roma , era giù di moda , e la lotta politica ridotta alla gara parlamentare ; ma il tono era ancora quello , ché da Crispi a Zanardelli , da Minghetti a Fortis , da Imbriani a Nicotera , molti dei capi superstiti erano usciti dai tempi eroici delle guerre e delle congiure , ancora cogli stessi fulmini e lampi d ' ira e d ' odio che il giornalismo rifletteva alla meglio . Ma intanto , proprio in quelli anni stanchi , noi giovani vivendo accanto a loro anziani abbiamo imparato ad avere l ' orgoglio e la fede della nostra professione e a non stimare coloro che se ne giovano pei loro fini particolari : questo per diventar deputato o consigliere ; quello per aumentare la sua clientela d ' avvocato ; quell ' altro , nella chiusa carriera di professore , per essere temuto dai colleghi e dai superiori . È d ' allora la massima che il giornalismo porta a tutto , a patto d ' uscirne . No , per noi fu giornalista soltanto lo scrittore capace di anteporre all ' interesse proprio , alla propria tranquillità e alla propria rinomanza , la fama e la fortuna del giornale in cui scrive ; di amare più di sé stesso i propri lettori ; di scrivere per loro , e non per i colleghi ; di vivere giorno per giorno , ora per ora , con l ' intelligenza , gli occhi , gli orecchi tesi a cogliere l ' attimo che passa ; di far consistere , se è un cronista , la propria felicità nello scoprire ogni mattina qualche cosa di nuovo e d ' inedito , di presentano nel modo più rapido e colorito e , davanti a un morto prima di piangere , nel pieno d ' una festa prima di divertirsi , capace di pensare a quel che ne dovrà subito scrivere , per fare il giorno dopo piangere o ridere i suoi lettori ; capace d ' avere ogni giorno , se è un direttore , un ' idea migliore di quella del giorno avanti , migliore anche per la semplice ragione che quella di ieri è ormai inutile ; se è un critico , ascoltando una commedia , guardando un quadro , leggendo un libro , capace di badare solo ai propri affetti e al proprio giudizio e a quello dei commediografi , dei pittori , degli scrittori , ma anche agli affetti e al giudizio del pubblico attorno a lui , e non solo per correggere o per approvare questo giudizio ma anche per fare la cronaca e la storia del gusto , cronaca e storia ignorate dai critici e dai professori che scrivono solo nei libri ; capace infine , se è uno scrittore d ' articoli , di far dimenticare ogni giorno l ' articolo che ha scritto il giorno prima o la settimana prima , scrivendone un altro più nuovo e più vivo e attuale perché non ha animo di giornalista chi s ' affida al suo articolo di ieri . Molti adesso hanno giustamente rivendicato all ' articolo di giornale la dignità letteraria : tra i più recenti rivendicatori , e con più diritto di altri , Antonio Baldini . Se ben ricordo , fin , nel Petrarca delle Epistole egli è andato a trovarci un antenato , e ha ragione perché anche lì spesso si tratta dei « fatti del giorno » . Ma il Petrarca si sceglieva gli argomenti ; e in questo , almeno in questo , egli non era giornalista , perché al giornalista l ' argomento è imposto dalla cronaca , e in un giornale ben fatto nemmeno in « terza pagina » una riga dovrebbe apparire che non fosse legata a un fatto recente e recentissimo , magari a un fatto che il giornale e il giornalista preferirebbero di tacere ai lettori . Collaboravo già da qualche mese al Corriere della sera quando conobbi Eugenio Torelli Viollier . S ' era , credo , nel 1899 . Il Torelli era venuto a Roma per convincere Domenico Oliva , deputato al Parlamento e direttore politico del Corriere , a parlare alla Camera contro il disegno di legge del generale Pelloux sulla stampa . L ' Oliva per disciplina di partito non acconsentì , e Torelli nominò direttore anche politico del Corriere Luigi Albertini che da più d ' un anno era l ' anima del giornale . Quel giorno in un salotto del vecchio « Albergo di Roma » a San Carlo al Corso , dai mobili di legno nero coperti di velluto rosso come nelle sale d ' aspetto di prima classe , Eugenio Torelli Viollier , adirato per quel rifiuto , s ' aprì a me giovane giornalista con un calore che non gli vidi più nei pochi mesi che ancora visse . Egli non riusciva a capire che il direttore d ' un grande giornale potesse avere anche la minore ambizione di sedere in Parlamento e la modestia d ' ubbidire alle deliberazioni d ' un gruppo parlamentare . Non ricordo più come venisse a quest ' altro argomento , ma mi ricordo , nel vano d ' una finestra , il volto di lui fine e nervoso dentro la barba a ventaglio , e gli occhi scintillanti dietro le lenti : - - - Sa lei in che cosa si distingue un grande giornale da un piccolo giornale ? La tiratura non conta , l ' abbondanza e prontezza dei servizi non contano . E ' un grande giornale quello soltanto che pubblica anche le notizie che gli fanno dispiacere ; è un piccolo giornale quello che le tace . Si fermò si passò la mano nella barba , mi venne più vicino , sorrise : - - - S ' intende : la notizia che ci dispiace , la si commenta nel modo che più ci piace - - - . Per la verità debbo dire che il giornalismo romano di allora , giornalismo tutto di parte , non aveva , caro Lodi , l ' abitudine di rispettare sempre quella massima . Mi fermo . Non vorrei , proprio scrivendo a lei per ringraziarla d ' un bel libro su noi o sulla nostra professione , far quei commenti in margine ai quali accennavo pocanzi , a rovesciare su queste pagine i miei ricordi e le mie convinzioni di scrittor di giornali . Se un giorno lo farò , auguro a me stesso d ' avere la sua lucida memoria e la sua serenità superiore ormai agli uomini e ai partiti . Creda al mio memore affetto . Ugo Ojetti
LA LOTTA DI SESSO ( OJETTI UGO , 1899 )
StampaPeriodica ,
Sed toleranda fames , non tolerandus amor . CLAUDIANO V ' è anche una questione sessuale e v ' è anche un diritto all ' amore . Chiedo alle mie lettrici di fare uno sforzo di logica e assurgere dai ricordi e dai desiderii personalissimi alla concezione dell ' Amore e del Diritto con le iniziali maiuscole ; altrimenti la paura del dover amare corrispondente a quel diritto d ' amare potrebbe apparir loro orribilmente disgustosa . E chiedo loro anche di considerare che quel diritto all ' amore lo si pretenderebbe non solo per gli uomini ma anche per le donne . Ed è prudente , qui per qui , non spaventarne alcuna ponendo un qualunque limite d ' età . Poniamo che quel diritto ci accompagni fino alla morte come il sole , simile al diritto sul pane , sul lavoro e su la incolumità personale . Mario Morasso , ingegno vertiginosamente originale , pronto a spiccar dal più piccolo scoglio della realtà salti parabolici nel mare delle ipotesi , autore di libri constellati di idee la metà delle quali amo per la loro fecondità e la metà detesto per la loro inutile ferocia , quattro anni fa per il primo nella Riforma sociale propose la Questione sessuale . Fra i due istinti essenziali dell ' uomo conservazione dell ' individuo e conservazione della specie non si può stabilire una gerarchia ; anzi a vederli praticamente e obbiettivamente nell ' uomo attuale , l ' istinto d ' amore , per quanto represso e nascosto , appare più forte del primo , cioè v ' è chi si uccide perché non può soddisfarlo . Ora perché la legge riconosce nell ' uomo solo il diritto di vivere ma non quello d ' amare , e con maggior precisione perché la legge concede all ' uomo la dirimente della legittima difesa solo nel caso di attacco diretto alla persona fisica , quando egli mostra spesso di pregiare qualcosa ancor più della sua esistenza , cioè il suo amore ? Un sociologo che è anche un critico d ' arte modernissimo e acuto scrive ora tutt ' un bel volume su questa Lotta di sesso , studiando cioè gli ostacoli che all ' istinto d ' amore derivano nella donna e nell ' uomo rispettivamente dall ' uomo e dalla donna desiderata , e proseguendo così l ' opera iniziata col suo libro sui Reati sessuali dove egli studiava gli ostacoli posti dalla legge . Pare ormai provato dagli embriologi che l ' uomo e la donna non siano che due parti individue d ' uno stesso elemento , o meglio le due parti d ' una cellula spaccata crudelmente in due ; e per questo essi cerchino naturalmente di riunirsi per ricreare quell ' entità perduta . E poiché lo stato di separazione è fatalmente più lungo di quello di comunione , l ' amore diventa sinonimo di dolore , cioè di permanente contrarietà a un istinto , di lunga insoddisfazione d ' un desiderio . E tutto ( a udir i commenti dei sociologi ai suddetti embriologi , perché nella realtà mi pare che si vada innanzi abbastanza comodamente ) , si infrappone a quella tale operazione matematica della ricostituzione dell ' unità : la società , le sue leggi , le sue abitudini , i suoi pregiudizii , la differenza di sensibilità nell ' uomo e nella donna , la religione , il pudore , e pare impossibile perfino certa letteratura . E quel dolore diventa così angoscioso che nello spasimo verso la felicità gli amanti finiscono a desiderar la confusione dei loro esseri , la dissoluzione e la morte , pur di non tornar a penare . « La propria diffinizione del perfetto amore dell ' uomo et della donna , è la conversione dell ' amante nell ' amato con desiderio che si converta l ' amato nell ' amante » , diceva Leone Ebreo nel 1535 , e pochi anni prima nei Dialoghi di Sperone Speroni ; né allora , ch ' io mi sappia , erano in alcuna università cattedre di embriologia e di psichiatria , né Lombroso aveva ancòra scritto quel suo geniale volume su l ' Amore nel suicidio e nel delitto . Ora in questa ingannevole lotta tra uomo e donna una lotta che assomiglia all ' accavallarsi furioso dell ' onde su la superficie del mare , mentre a dieci metri di profondità tutto è quiete e beato il Viazzi molto perspicuamente distingue tre epoche . Primitivamente in quello che una volta si chiamava lo stato di natura , la donna ha un dominio assoluto e spaventoso su la vita dell ' uomo . In tutto il regno animale , il maschio dopo l ' amore cessa di vivere molto prima della femmina anche perché volendo adornarsi e abbellirsi per attirarla perde forza e agilità mentre il pericolo di essere scoperto dai suoi nemici aumenta in proporzione di quelli ornamenti . Anche oggi , sebbene il maschio si impennacchi meno e spesso si contenti per attirar la donna di gonfiarsi e rimbecillirsi un poco , chi esamina le statistiche delle popolazioni europee vede che la mortalità tra i diciotto e i ventisei anni è di molto maggiore fra noi uomini che fra le donne : ciò che forse muterà quando gli uffici di statistica saranno tenuti dalle donne . Per fortuna in tutto , tranne che nell ' amore , l ' uomo è il forte e la donna è il debole . E l ' uomo , avendo più e più chiara la percezione delle necessità della conservazione individuale nell ' asprezza della vita primitiva e volendo d ' altro canto mantenersi contro gli altri la compagna scelta dal suo desiderio e offrendole perciò di difenderle la vita e spesso anche di trovarle il cibo , finisce a prendere su lei una prevalenza , di abitudine più che di istinto . E questa è la seconda fase . Nella terza , poiché perdura quello stato di coscienza ma declina l ' urgenza nei bisogni elementari della vita , la donna si rialza dall ' affievolimento e riconquista pian piano , obliquamente se non dirittamente , il perduto dominio . Oggi pare che siamo in queste condizioni ; dei due periodi passati restano due condizioni di fatto , la frequenza delle percosse maritali e il contratto ora tacito ora esplicito per cui , se la donna tiene l ' uomo per forza d ' amore , l ' uomo tiene la donna per forza di pane . Familia ha la stessa etimologia di famulus , schiavo , da fames , fame . Fedeltà canina , osserverà qualche sentimentale : ma i sociologi hanno il cuore duro e lasciano il sentimento a sbadigliare in anticamera . È divertente seguire questo lento e abile ritorno della donna al potere . Pian piano le antiche norme legislative non posano più su le condizioni economiche e morali che le determinarono ; così che esse hanno una forza breve e intermittente nei ristretti limiti delle singole applicazioni giudiziarie ; ma la vita vera soverchia le dighe e corre pel suo verso liberamente . Quelle leggi , dice bene il Viazzi , ormai più che altro rappresentano l ' inanità della parola , incerta nella sua rigidezza , di fronte al continuo divenire della realtà . La donna ha saputo sfruttare le sue vere inferiorità fisiche e la sua inferiorità legale con una finezza cui purtroppo non si può dare che il sommo ed unico aggettivo di femminile . La sua penetrazione psicologica , la celerità sua a definire i sentimenti e i pensieri altrui dai minimi segni esteriori , quella miopia intellettuale descritta dallo Schopenhauer per cui nelle cose vicine la donna discerne analiticamente piccolezze a primo tratto ignote agli uomini ma le cose lontane le sfuggono , la aiutano in questo lavorìo . D ' altra parte , questa finezza di percezione intellettiva per la deficiente delicatezza non ha nessuna forza d ' obbiettivazione morale , nessuna eco patetica . Ella vede più presto e più dell ' uomo , ma sente meno . Da questa condizione piacevole per la lotta , deriva poi che ella meno delicata ha tutte le probabilità di essere stimata di più perché l ' uomo soffrendo delle ostentate sofferenze di lei si frenerà e tacerà , ed ella soffrendo poco per sé e meno per l ' altro sarà liberissima a tutte le svariate contorsioni e a tutte le garrule petulanze che Balzac chiamava la « forza della raganella » e che per l ' osservatore scettico sono deliziose a vedersi e a udirsi , ma per lo spettatore commovibile sono altrettanti segni visibili della pretesa feroce tirannia dell ' uomo . La conclusione è che , nel fatto , quello che soffre più pel cosiddetto martirio è il povero carnefice . « Nei migliori rappresentanti del momento economico attuale , cioè nelle famiglie della borghesia agiata , troppo spesso la donna appare come un essere che mangia , beve , si fa vestire e svestire , accompagnare a teatro , ai balli e alle corse , e che obbliga il marito a un sopralavoro rappresentato da altrettante vesti o gioielli o piume o che so io , destinati ad ecclissare le rivali , vendendo , in sostanza , o cedendo a prezzi esorbitanti il monopolio reale o putativo di una merce che né per lei né per altri ha un costo qualsiasi . Cosa siffattamente entrata nelle abitudini che uguali pretese sono da un lato accampate e dall ' altro subìte nei rapporti fra padri e figlie alle quali bisogna pure che sia fornito tutto il necessario apparecchio di gale per l ' adescamento del marito , vale a dire della futura vittima » . E ben venga , dopo ciò , il Feminismo che ormai come tanti altri ismi contemporanei significa tante cose da non significar più nulla , da essere una targhetta sopra un recipiente nel quale ognuno imbottiglia il proprio vino senza far complimenti . Ma a chi volesse perder tempo a studiar il feminismo raccomanderei subito un ' osservazione e un libro . E l ' osservazione già fatta da Georges Pellissier è che quasi tutti gli scrittori detti feministi ostentano un gran disprezzo per la donna o , se non l ' ostentano , lo tradiscono senza accorgersene perfino nei loro omaggi più zuccherosi . E il libro che ha l ' intonazione delle recenti Battaglie per un ' idea di Neera gentilmente antimuliebri è Le rôle de la femme di Anna Lamperière , pubblicato a Parigi pochi mesi fa . Un altro libro anche deve esser letto per farsi un ' idea del bene e del male che gli italiani che scrivono pensano o almeno dicono di pensare sulla donna ; ed è la dotta e pur piacevolissima Inchiesta sulla donna condotta con abile imparzialità da Guglielmo Gambarotta . Le risposte ve ne ha di Lombroso , di Ferri , di Sergi , di Mantegazza , di Novicow , di Réclus , di Heyse , di Negri , di Brunetière , di Richet , di Rod , di Neera , di Pilo , di Butti , di Guyot , di Merlino , di Bruno Sperani , di Paola Lombroso , di Ouida , di Nordan veramente sarebbero subordinate , meno quelle delle scrittrici , all ' ultima domanda : « La donna vostra , quando avesse diritti eguali ai vostri , potrebbe sembrarvi meno seducente ? » . È vero che , in coscienza , le donne che si conoscono meno son quelle che si sono amate o che si amano . Io non sia detto per vantarmene ma solo per onestà in fondo a un articolo su la lotta di sesso non ho moglie .