StampaQuotidiana ,
E
'
certo
troppo
presto
per
una
valutazione
di
ciò
che
la
crisi
aperta
dall
'
iniziativa
socialista
di
fine
d
'
anno
potrà
significare
nella
tormentata
storia
della
nostra
democrazia
.
Anche
se
il
mondo
politico
italiano
sembra
avere
ormai
esaurito
gran
parte
delle
sue
risorse
come
classe
di
governo
,
resta
però
intatta
,
la
sua
capacità
di
produrre
soluzioni
a
sorpresa
,
atte
a
sconvolgere
ogni
previsione
.
Forse
anche
questo
contribuisce
a
spiegare
il
curioso
atteggiamento
dell
'
opinione
democratica
,
italiana
e
straniera
,
davanti
alla
crisi
:
diviso
com
'
è
tra
la
fatalistica
attesa
del
«
compromesso
storico
»
e
delle
sue
inevitabili
risultanti
totalitarie
,
e
una
sorta
di
spensierata
fiducia
che
ancora
una
volta
si
sia
fatto
molto
rumore
per
nulla
,
e
che
tutto
debba
continuare
più
o
meno
come
prima
,
grazie
a
un
'
altra
di
quelle
«
combinazioni
»
di
cui
è
sempre
stata
feconda
la
mente
italiana
.
Ciò
che
invece
sembra
indubitabile
è
la
riprova
del
livello
gravissimo
di
degradazione
del
nostro
sistema
democratico
che
viene
offerta
da
una
crisi
come
questa
,
con
le
responsabilità
che
stanno
alle
sue
origini
e
le
alternative
che
ne
derivano
.
L
'
iniziativa
socialista
si
colloca
infatti
sulla
linea
del
processo
avviato
con
l
'
uscita
del
Psi
dal
governo
dopo
le
elezioni
del
maggio
1968
,
e
sboccato
l
'
anno
successivo
nella
seconda
scissione
socialista
.
Dopo
di
allora
i
socialisti
hanno
rifiutato
sempre
più
nettamente
il
ruolo
di
garanti
dell
'
area
democratica
sulla
sinistra
,
che
avevano
svolto
nei
governi
precedenti
;
e
hanno
invece
cercato
di
presentarsi
come
mediatori
autorizzati
dell
'
ingresso
del
Pci
nell
'
area
del
potere
.
Sulla
sincerità
di
questa
vocazione
sono
lecite
le
più
ampie
riserve
:
ma
il
nuovo
indirizzo
della
politica
del
Psi
mostra
l
'
entità
dei
rischi
politici
che
i
partiti
democratici
si
erano
assunti
nel
tentativo
di
allargare
a
sinistra
lo
spazio
democratico
.
Non
sarebbe
giusto
sottovalutare
le
particolari
difficoltà
che
al
Psi
derivano
dall
'
esistenza
in
Italia
di
un
così
vasto
schieramento
comunista
,
senza
confronti
nel
mondo
occidentale
;
intorno
al
quale
si
aggregano
larghissimi
consensi
delle
classi
operaie
e
dei
lavoratori
in
genere
.
La
soluzione
offerta
ai
socialisti
dal
primo
centro
sinistra
era
stata
quella
di
una
politica
di
moderno
riformismo
,
atto
a
consolidare
ed
estendere
i
suoi
consensi
fra
le
masse
attraverso
un
'
incisiva
azione
di
rottura
in
grado
di
affrontare
i
molti
problemi
insoluti
,
rimasti
sulla
scia
del
tumultuoso
sviluppo
del
paese
:
ma
anch
'
essa
si
risolse
in
un
fallimento
,
certo
per
le
inadempienze
della
Dc
,
ma
anche
per
lo
scarso
mordente
e
la
mancanza
di
aggressività
dell
'
azione
socialista
negli
anni
facili
dei
primi
governi
presieduti
dall
'
on.
Moro
.
Nella
fase
successiva
il
Psi
non
ha
certo
rinunciato
a
mettersi
in
concorrenza
col
Pci
:
ma
per
esercitarla
ha
scelto
un
terreno
che
ha
finito
più
volte
per
metterlo
in
opposizione
con
gli
interessi
generali
del
paese
.
Siamo
tutti
d
'
accordo
sul
fatto
che
la
democrazia
italiana
farebbe
addirittura
un
«
salto
di
qualità
»
se
alla
testa
dell
'
opposizione
di
sinistra
vi
fosse
un
forte
partito
socialista
invece
che
un
Pci
le
cui
professioni
di
democrazia
sono
ancora
soggette
a
tante
riserve
.
Ma
in
vista
di
questo
obiettivo
,
il
Psi
ha
sostituito
alla
politica
delle
riforme
moderne
e
democratiche
,
che
è
propria
dei
grandi
partiti
socialisti
occidentali
,
una
ricerca
spesso
irresponsabile
di
consensi
,
tanto
più
accentuata
quanto
più
il
Pci
tendeva
invece
ad
esibire
la
sua
nuova
fisionomia
di
partito
serio
ed
efficientista
.
Sul
terreno
sindacale
e
su
quello
dell
'
ordine
pubblico
,
sul
piano
della
politica
economica
e
su
quello
della
finanza
e
dei
diritti
civili
,
per
non
parlare
delle
prese
di
posizione
dottrinali
e
di
principio
,
il
Psi
ha
così
svolto
un
ruolo
che
ha
finito
per
associare
il
suo
nome
a
molti
dei
più
gravi
processi
degenerativi
che
si
siano
lamentati
negli
ultimi
anni
:
non
escluse
le
forme
più
screditate
di
clientelismo
e
di
lottizzazione
partitica
.
La
constatazione
che
è
tanto
difficile
governare
l
'
Italia
senza
i
socialisti
quanto
lo
è
governarla
con
loro
,
non
ci
lascia
margine
che
a
speranze
più
o
meno
platoniche
.
All
'
interno
del
Psi
dovrebbe
aver
luogo
un
rinnovamento
profondo
perché
si
possa
contare
che
esso
sostituisca
una
politica
di
grandi
riforme
,
compatibili
con
il
sistema
produttivo
,
alla
facile
concorrenza
con
i
comunisti
sul
terreno
della
demagogia
.
Ma
l
'
esperienza
del
passato
,
con
la
pratica
inveterata
della
doppia
assunzione
di
ruoli
,
di
governo
e
di
opposizione
,
di
cui
i
socialisti
hanno
dato
tante
prove
,
non
ci
permette
di
farci
molto
assegnamento
.
Da
parte
sua
l
'
alternativa
comunista
,
in
termini
di
compromesso
storico
o
di
più
ampie
formazioni
di
governo
,
non
è
,
nelle
condizioni
attuali
,
carica
di
incognite
,
ma
solo
di
catastrofiche
certezze
.
E
quindi
non
si
vede
proprio
a
quale
gancio
certi
italiani
appendano
il
loro
ostinato
ottimismo
.
La
verità
è
che
il
tempo
delle
«
combinazioni
»
e
dei
papocchi
è
finito
per
sempre
.
Siamo
oramai
al
«
giorno
della
civetta
»
.
Per
affrontare
le
eventualità
che
l
'
avvenire
riserva
al
paese
,
una
condizione
sembra
in
ogni
caso
prioritaria
:
che
le
forze
democratiche
,
pur
nella
ricerca
di
tutte
le
possibili
e
inevitabili
collaborazioni
,
conservino
intera
la
propria
autonomia
e
la
propria
saldezza
ideale
e
politica
.
Solo
a
questo
patto
il
rapporto
coi
comunisti
non
si
tramuterà
automaticamente
in
sudditanza
e
asservimento
.
StampaQuotidiana ,
Com
'
è
giusto
,
la
nostra
stampa
ha
dedicato
molta
attenzione
al
discorso
tenuto
da
Berlinguer
al
congresso
del
Pcus
a
Mosca
.
Qualcuno
ci
ha
visto
una
coraggiosa
presa
di
posizione
per
una
«
via
italiana
al
socialismo
»
;
qualche
altro
un
ben
concertato
«
giuoco
delle
parti
»
fra
i
nostri
dirigenti
e
quelli
moscoviti
per
facilitare
la
conquista
del
potere
in
Italia
.
Noi
non
abbiamo
elementi
per
pronunciarci
.
Ci
contentiamo
di
una
notazione
che
va
alquanto
al
di
là
delle
circostanze
,
ma
che
ci
sembra
condizionarle
.
Nel
dibattito
sempre
più
largo
e
,
purtroppo
,
sempre
più
attuale
sulla
«
questione
comunista
»
è
finora
mancata
,
mi
pare
,
la
dimensione
storica
.
Si
è
molto
discusso
della
nuova
politica
delle
alleanze
del
Pci
e
,
sul
piano
ideologico
,
si
è
cercato
di
precisare
in
che
senso
si
possa
parlare
in
termini
nuovi
(
rispetto
alla
tradizione
leninista
)
dei
rapporti
tra
i
concetti
di
socialismo
e
di
democrazia
.
Ma
,
sebbene
l
'
auspicato
compromesso
sia
detto
«
storico
»
non
si
è
cercato
di
vedere
seriamente
in
che
misura
la
nuova
impostazione
berlingueriana
sia
coerente
con
la
visione
della
storia
del
nostro
paese
sulla
quale
il
Pci
ha
cercato
di
fondare
la
sua
strategia
e
di
giustificare
la
sua
funzione
nel
paese
.
La
prospettiva
di
Gramsci
era
la
rivoluzione
degli
operai
e
di
contadini
come
sbocco
ultimo
e
risolutivo
delle
secolari
contraddizioni
della
storia
italiana
.
Nella
spaccatura
fra
città
e
campagna
,
Gramsci
aveva
visto
il
limite
più
grave
della
rivoluzione
comunale
;
ed
essa
a
suo
giudizio
era
stata
alla
radice
della
ritardata
formazione
dello
Stato
nazionale
in
Italia
,
del
carattere
cosmopolitico
e
non
nazionale
della
cultura
italiana
,
della
mancata
rivoluzione
agraria
,
che
aveva
privato
il
Risorgimento
del
significato
radicale
e
«
giacobino
»
che
era
stato
proprio
della
Rivoluzione
francese
.
Lo
stesso
antagonismo
tra
Nord
e
Sud
,
in
questo
quadro
,
si
configurava
in
termini
di
contrapposizione
tra
città
e
campagna
.
Responsabili
di
tutto
questo
erano
le
tare
storiche
della
borghesia
e
in
genere
della
classe
dirigente
italiana
antesignane
della
rivoluzione
antifeudale
e
tuttavia
incapaci
di
portarla
sino
in
fondo
.
Il
revisionismo
gramsciano
degli
anni
sessanta
ha
contestato
duramente
l
'
ispirazione
«
meridionalista
»
e
«
contadina
»
di
queste
tesi
:
ma
si
è
trattato
in
genere
di
una
revisione
da
sinistra
,
volta
a
recuperare
,
al
di
là
della
politica
gramsciana
della
alleanze
,
le
condizioni
di
una
rivoluzione
proletaria
e
classista
.
Che
è
il
contrario
dell
'
impostazione
berlingueriana
,
protesa
alla
ricerca
di
nuove
alleanze
,
non
più
con
i
contadini
spazzati
via
dal
miracolo
economico
,
ma
con
i
ceti
medi
gli
intellettuali
e
una
parte
della
borghesia
imprenditoriale
.
Che
cosa
rimane
in
questa
impostazione
,
dell
'
originario
rapporto
con
la
visione
dell
'
irreparabile
arretratezza
della
società
italiana
,
superabile
solo
attraverso
una
rottura
rivoluzionaria
?
Si
dirà
che
il
Pci
guarda
a
un
rivolgimento
democratico
nei
metodi
ma
rivoluzionario
negli
obiettivi
:
ma
l
'
ammissione
che
i
grandi
problemi
della
società
italiana
siano
risolubili
per
via
democratica
è
già
una
negazione
della
premessa
gramsciana
.
L
'
obiettivo
di
controllare
democraticamente
i
problemi
derivanti
dallo
sviluppo
industriale
,
di
superare
il
permanente
ritardo
delle
campagne
,
di
assicurare
alla
classe
lavoratrice
un
peso
accresciuto
nella
direzione
dello
Stato
e
della
società
,
è
un
obiettivo
comune
a
tutti
i
partiti
socialisti
dei
paesi
avanzati
:
e
soltanto
nei
paesi
avanzati
il
processo
democratico
ha
raggiunto
l
'
ampiezza
necessaria
ad
assicurare
la
realizzazione
di
una
politica
di
grandi
trasformazioni
senza
traumi
e
senza
crisi
di
regime
.
Chi
ricorda
l
'
insistenza
di
Togliatti
sull
'
inevitabilità
della
reazione
fascista
come
ultimo
atto
della
risposta
borghese
all
'
avanzata
proletaria
può
misurare
quale
distanza
corra
fra
quelle
posizioni
e
la
prospettiva
democratico
-
pluralista
di
stampo
berlingueriano
.
Ammettere
che
questo
sia
possibile
in
Italia
significa
riconoscere
che
la
società
italiana
ha
raggiunto
le
dimensioni
di
una
grande
società
moderna
,
atta
a
risolvere
nel
quadro
democratico
i
suoi
problemi
:
e
dunque
relegare
in
soffitta
la
rottura
rivoluzionaria
che
Gramsci
teorizzava
come
inevitabile
.
Ma
con
essa
occorrerà
abbandonare
anche
la
visione
gramsciana
della
storia
d
'
Italia
,
sostenuta
e
sviluppata
in
un
trentennio
di
studi
dalla
cultura
di
sinistra
,
la
cui
logica
interna
appare
irrimediabilmente
compromessa
quando
essa
viene
amputata
delle
sue
conclusioni
storico
-
politiche
.
Senza
questa
revisione
ampia
e
certo
dolorosa
,
il
compromesso
storico
,
la
politica
delle
alleanze
,
la
rinuncia
alla
dittatura
del
proletariato
conservano
,
malgrado
le
indubbie
qualità
oratorie
di
Berlinguer
,
un
carattere
di
precarietà
che
le
abbassa
al
livello
di
espedienti
propagandistici
a
breve
termine
sempre
rinnegabili
quando
abbiano
esaurito
la
loro
utilità
.
Un
'
operazione
alle
cui
spalle
resta
una
visione
della
storia
del
paese
in
pieno
contrasto
con
gli
obiettivi
che
la
politica
dichiara
di
perseguire
è
poco
credibile
.
E
non
sembra
che
di
questa
contraddizione
la
cultura
di
sinistra
abbia
finora
preso
seria
coscienza
.
StampaQuotidiana ,
Questo
giornale
ha
già
preso
posizione
,
nel
suo
«
Osservatorio
scolastico
»
,
sulle
recenti
proposte
del
Pci
per
l
'
università
,
con
analisi
precise
che
ne
hanno
messo
in
luce
gli
aspetti
principali
.
La
serietà
degli
studi
e
della
scuola
,
la
fine
dello
chienlit
(
come
diceva
De
Gaulle
)
,
la
lotta
contro
la
«
dequalificazione
»
dell
'
università
e
della
ricerca
scientifica
,
hanno
costituito
il
tema
di
ripetuti
interventi
dei
massimi
dirigenti
comunisti
:
e
hanno
contribuito
non
poco
ad
accreditare
,
in
vasti
strati
della
società
italiana
,
l
'
immagine
nuova
del
Pci
,
partito
d
'
ordine
e
moderato
.
La
bozza
di
proposta
comunista
of
tre
l
'
occasione
di
saggiare
che
cosa
valgono
dichiarazioni
e
atteggiamenti
di
questo
tipo
.
Secondo
il
progetto
comunista
l
'
università
verrebbe
divisa
in
dipartimenti
,
ciascuno
dei
quali
destinato
ad
abbracciare
un
vasto
settore
del
sapere
(
fisica
,
storia
ecc
.
)
.
Sarebbe
invece
soppressa
la
denominazione
disciplinare
delle
cattedre
,
così
che
ciascun
docente
non
verrebbe
più
chiamato
a
insegnare
la
materia
della
quale
è
specialista
(
per
esempio
storia
medioevale
,
fisica
sperimentale
)
,
ma
quella
cui
gli
organi
di
governo
del
dipartimento
lo
destinerebbero
di
volta
in
volta
.
Tutti
i
docenti
,
dai
più
anziani
titolari
di
cattedra
agli
assistenti
,
sarebbero
inquadrati
in
un
'
unica
funzione
,
con
una
distinzione
in
due
livelli
che
ha
però
rilievo
solo
ai
fini
della
retribuzione
.
Di
fatto
viene
dunque
introdotta
la
figura
del
famigerato
«
docente
unico
»
:
e
di
conseguenza
ai
medesimi
organi
di
governo
spetterà
di
decidere
,
di
anno
in
anno
,
quale
debba
essere
il
compito
,
di
professore
,
assistente
o
«
esercitatore
»
,
assolto
da
ciascun
docente
all
'
interno
dell
'
unica
funzione
.
Tra
gli
organi
di
governo
un
posto
centrale
verrà
occupato
dal
Consiglio
di
dipartimento
,
dai
quale
emaneranno
tutti
gli
altri
,
e
che
sarà
formato
tutt
'
insieme
da
docenti
,
collaboratori
tecnici
,
personale
amministrativo
e
subalterno
,
e
da
studenti
nella
misura
di
un
quinto
del
totale
.
A
un
organo
così
composto
si
attribuisce
il
coordinamento
dell
'
attività
didattica
e
scientifica
,
e
dunque
l
'
approvazione
dei
corsi
da
svolgere
,
dei
docenti
che
li
svolgeranno
e
con
quale
funzione
,
e
la
determinazione
dei
programmi
di
ricerca
.
Solo
per
la
chiamata
di
nuovi
docenti
un
emendamento
dell
'
ultima
ora
riserva
il
voto
deliberativo
ai
docenti
di
ruolo
:
ma
la
relativa
discussione
sarà
comunque
effettuata
in
assemblee
comuni
a
tutto
il
personale
,
e
l
'
indipendenza
dei
votanti
risulterà
già
per
questo
gravemente
menomata
.
Nel
progetto
abbondano
le
dichiarazioni
a
favore
della
libertà
d
'
insegnamento
:
ma
son
solo
parole
,
prive
di
ogni
vero
presidio
giuridico
,
se
se
ne
toglie
,
per
il
dissenziente
,
la
facoltà
di
tenere
corsi
liberi
o
di
ardersene
,
se
trova
qualcuno
disposto
a
chiamarlo
altrove
.
Ma
non
sarà
facile
che
lo
trovi
,
perché
il
meccanismo
predisposto
dal
progetto
comunista
è
volto
precisamente
ad
assicurare
che
le
medesime
condizioni
di
monopolio
totalitario
del
potere
si
realizzino
dovunque
e
in
ogni
settore
.
Con
rappresentanze
studentesche
in
gran
parte
dominate
da
comunisti
ed
extraparlamentari
,
e
con
la
presenza
massiccia
nei
Consigli
di
dipartimento
del
personale
non
docente
,
inquadrato
e
controllato
dalle
organizzazioni
sindacali
,
il
Pci
mira
ad
assicurarsi
il
controllo
su
tutte
le
strutture
di
ricerca
e
anzi
su
tutti
gli
insegnamenti
,
uno
per
uno
,
impartiti
nelle
università
.
Questa
minaccia
è
anche
più
immediata
nei
dipartimenti
di
scienze
sperimentali
,
dove
il
gran
numero
di
collaboratori
tecnici
di
vario
livello
,
infermieri
ecc
.
,
assicura
ai
gruppi
di
potere
sindacale
una
maggioranza
automatica
nei
rispettivi
Consigli
di
dipartimento
:
e
se
si
considera
che
in
questi
settori
la
ricerca
scientifica
nella
grandissima
parte
non
è
attuabile
se
non
nei
laboratori
universitari
,
è
facile
intendere
che
per
questa
via
ogni
ricercatore
scientifico
sarà
costretto
a
subire
la
legge
di
queste
maggioranze
o
a
rinunciare
all
'
attività
di
ricerca
.
In
tal
modo
l
'
intero
settore
della
ricerca
scientifica
,
con
tutto
ciò
che
essa
significa
nel
mondo
moderno
,
cadrà
sotto
il
controllo
del
Pci
.
Ma
non
c
'
è
da
illudersi
che
possa
andare
diversamente
nei
dipartimenti
umanistici
,
di
tanto
maggiore
rilievo
ai
tini
del
dominio
ideologico
e
politico
del
paese
.
Le
rappresentanze
degli
attivisti
comunisti
mascherati
da
studenti
basteranno
a
determinare
la
maggioranza
nei
Consiglio
di
dipartimento
unendosi
ai
docenti
di
sinistra
,
che
sono
appunto
i
teorici
e
i
leader
del
totalitarismo
intellettuale
.
E
,
una
volta
soppressa
,
come
il
progetto
prevede
,
ogni
garanzia
individuale
per
il
singolo
docente
(
per
il
quale
non
si
ha
neppure
il
rispetto
della
«
qualifica
»
professionale
,
rivendicata
invece
per
il
personale
subalterno
)
,
queste
maggioranze
saranno
in
grado
di
determinare
anno
per
anno
che
cosa
il
docente
insegnerà
e
a
che
cosa
dedicherà
le
sue
ricerche
,
e
se
svolgerà
tali
attività
in
qualità
di
professore
,
di
assistente
o
altro
.
Per
questa
via
saranno
date
possibilità
infinite
di
rendere
inconciliabile
,
per
i
dissenzienti
,
la
propria
presenza
nell
'
università
con
il
rispetto
di
se
stessi
.
Certo
,
la
differenza
dei
livelli
retributivi
garantisce
ai
professori
che
restano
in
servizio
,
il
mantenimento
dello
stipendio
.
Ma
chi
ha
detto
che
si
tratti
solo
o
principalmente
di
stipendio
?
Si
tratta
,
in
realtà
,
della
libertà
della
scuola
,
del
pensiero
e
della
ricerca
,
che
non
interessano
solo
sparute
minoranze
di
studiosi
ma
investono
la
formazione
delle
nuove
generazioni
nell
'
insegnamento
medio
,
l
'
applicazione
della
legge
,
i
riflessi
della
ricerca
scientifica
e
tecnologica
sulla
vita
produttiva
del
paese
.
Con
questo
progetto
il
Pci
fa
proprie
,
dopo
tanta
ostentata
differenziazione
,
le
posizioni
più
estreme
dell
'
agitazione
extraparlamentare
nelle
università
,
mirando
ad
assicurarsi
,
attraverso
di
esse
,
il
controllo
della
mente
e
dell
'
anima
del
paese
,
nella
certezza
che
il
resto
verrà
di
conseguenza
.
Il
tutto
,
magari
,
nel
quadro
di
rinnovate
professioni
di
un
pluralismo
che
,
quando
sarà
stato
soppresso
nella
società
italiana
,
potrà
ben
restare
sulla
facciata
dei
discorsi
e
delle
proclamazioni
di
principio
.
Dopo
tutto
,
chi
ha
dimenticato
che
anche
Stalin
aveva
raccolto
la
bandiera
delle
libertà
borghesi
?
StampaQuotidiana ,
Dopo
tante
esitazioni
e
tante
dispute
tra
i
fautori
del
«
filo
diretto
»
con
Berlinguer
e
i
sostenitori
dell
'
«
accordo
guerreggiato
»
con
i
socialisti
,
i
partiti
di
centro
sono
giunti
a
un
risultato
che
non
potrebbe
essere
più
fallimentare
.
I
socialisti
e
i
comunisti
sono
più
vicini
tra
loro
di
quanto
lo
siano
mai
stati
negli
ultimi
quindici
o
vent
'
anni
;
si
va
alle
elezioni
in
uno
stato
di
confusione
e
di
incertezza
che
ha
pochi
confronti
;
la
pressione
comunista
sull
'
area
democratica
è
più
massiccia
e
più
pericolosa
che
mai
.
Si
sarebbe
tentati
di
dire
che
nelle
polemiche
dei
mesi
scorsi
tutti
i
disputanti
avessero
ragione
:
sia
che
sostenessero
l
'
opportunità
di
preferire
l
'
infida
alleanza
socialista
al
rapporto
con
il
micidiale
apparato
di
potere
comunista
;
sia
che
indicassero
nelle
concessioni
alla
demagogia
dei
socialisti
il
battistrada
più
sicuro
dell
'
avvento
del
Pci
al
potere
.
E
la
tentazione
ulteriore
sarebbe
di
prendere
atto
di
questa
realtà
,
di
riconoscere
la
pratica
impossibilità
di
stabilire
un
rapporto
accettabile
e
con
1
uno
e
con
l
'
altro
dei
due
partiti
marxisti
,
e
di
invitare
dunque
i
partiti
democratici
a
far
quadrato
in
uno
sforzo
supremo
di
difesa
.
Ma
in
queste
materie
non
sono
lecite
conclusioni
precipitose
.
I
partiti
democratici
devono
dunque
muovere
dalla
considerazione
di
una
serie
di
ipotesi
realistiche
sulle
prospettive
post
-
elettorali
:
nella
fiducia
che
le
elezioni
si
svolgeranno
in
un
quadro
di
sufficiente
normalità
,
e
che
le
scelte
post
-
elettorali
potranno
essere
effettuate
,
almeno
in
un
primo
tempo
,
secondo
le
regole
del
processo
democratico
.
Una
prima
ipotesi
,
resa
purtroppo
assai
probabile
non
dai
meriti
delle
sinistre
ma
dai
demeriti
dei
partiti
democratici
,
è
che
i
partiti
marxisti
riescano
ad
ottenere
una
maggioranza
sufficiente
a
governare
anche
senza
l
'
apporto
della
Dc
e
dei
suoi
alleati
.
E
verosimile
che
in
questo
caso
l
'
offerta
del
«
compromesso
storico
»
,
e
addirittura
di
un
governo
di
«
emergenza
»
,
esteso
a
tutto
l
'
«
arco
costituzionale
»
,
venga
mantenuta
.
Occorre
ribadire
,
senza
troppe
parole
,
che
se
l
'
offerta
venisse
accettata
la
democrazia
italiana
avrebbe
i
giorni
contati
.
Già
sarebbe
difficile
parlare
,
dopo
un
terzo
insuccesso
politico
-
elettorale
della
Dc
,
di
un
vero
«
compromesso
»
che
in
realtà
sarebbe
solo
illusorio
tra
un
Pci
più
forte
che
mai
e
una
Dc
umiliata
e
indebolita
da
un
'
ulteriore
sconfitta
.
Di
fatto
,
avrebbe
allora
inizio
il
graduale
assorbimento
dei
partiti
democratici
nell
'
apparato
di
potere
comunista
:
e
ogni
tentativo
di
costituire
un
'
opposizione
,
di
creare
o
salvaguardare
un
'
alternativa
al
comunismo
,
verrebbe
subito
paralizzato
o
reso
assai
più
arduo
dalla
facile
assimilazione
all
'
opposizione
della
destra
,
non
a
caso
tenuta
in
piedi
per
l
'
opportunità
che
essa
offre
di
qualificare
ogni
opposizione
come
«
fascista
»
;
e
si
sa
che
«
ammazzare
un
fascista
non
è
reato
»
.
Diremo
ancora
una
volta
che
non
si
tratta
di
fare
il
processo
alle
intenzioni
dei
dirigenti
comunisti
:
ma
solo
di
prendere
atto
che
nelle
tensioni
provocate
dallo
sforzo
di
avviare
il
socialismo
,
il
Pci
si
vedrà
presto
costretto
a
scegliere
tra
l
'
abbandono
della
democrazia
e
l
'
abbandono
del
potere
;
e
l
'
esperienza
di
tutti
i
processi
rivoluzionari
insegna
quale
sia
,
in
questi
casi
,
l
'
alternativa
destinata
a
prevalere
.
1;
anche
chiaro
che
nessun
confronto
è
possibile
con
il
precedente
del
centrosinistra
,
nel
quale
la
Dc
si
è
trovata
a
convivere
,
e
a
che
prezzo
,
con
un
Psi
che
raggiungeva
appena
un
quarto
delle
sue
dimensioni
elettorali
.
Adesso
si
dovrebbe
rinnovare
l
'
esperienza
con
un
partito
di
struttura
assai
diversa
,
burocratico
-
militaresca
,
qual
è
il
Pci
,
che
dispone
di
una
forza
elettorale
pressoché
pari
e
forse
,
dopo
le
elezioni
,
superiore
a
quella
della
Dc
;
senza
contare
l
'
apporto
di
un
Psi
verosimilmente
ancora
cresciuto
dopo
la
prova
elettorale
.
Si
può
invece
supporre
,
e
ci
si
deve
augurare
,
che
la
Dc
e
i
suoi
alleati
si
rifiutino
a
questo
tipo
di
alleanze
miranti
alla
decapitazione
preventiva
dell
'
opposizione
;
e
anzi
non
è
affatto
escluso
che
sull
'
onda
del
successo
elettorale
i
partiti
marxisti
siano
essi
stessi
ad
abbandonare
la
politica
del
compromesso
e
dell
'
«
arco
costituzionale
»
,
e
puntino
invece
direttamente
all
'
alternativa
di
sinistra
.
Di
questa
,
i
socialisti
si
sono
fatti
,
negli
ultimi
anni
,
i
più
attivi
sostenitori
:
ma
è
probabile
che
proprio
dalle
loro
file
vengano
le
remore
più
gravi
.
La
pratica
attuazione
dell
'
alternativa
di
sinistra
è
stata
infatti
sottoposta
,
nei
deliberati
congressuali
e
nelle
dichiarazioni
ultime
dei
dirigenti
socialisti
,
a
condizioni
irrealizzabili
,
che
sembrano
fatte
apposta
per
consentire
al
partito
di
De
Martino
di
rinviare
indefinitamente
ogni
decisione
.
Si
è
messa
avanti
l
'
esigenza
che
il
rapporto
di
forza
tra
i
due
partiti
marxisti
si
sposti
sensibilmente
a
favore
del
Psi
,
che
è
cosa
praticamente
fuori
della
realtà
;
e
sul
piano
internazionale
si
è
chiesto
insistentemente
che
il
Pci
«
chiarisca
»
i
suoi
rapporti
con
l
'
Urss
,
che
al
punto
in
cui
sono
le
cose
equivale
a
una
richiesta
di
rottura
che
il
Pci
non
può
prendere
in
considerazione
.
In
tal
caso
il
quadro
post
-
elettorale
si
riaprirebbe
su
una
nuova
prospettiva
di
collaborazione
fra
cattolici
e
socialisti
,
non
troppo
mutata
rispetto
alla
situazione
degli
ultimi
anni
.
Non
è
una
prospettiva
brillante
,
date
le
esperienze
:
ma
molto
dipenderà
,
e
lo
diremo
tra
poco
,
dal
modo
come
l
'
affronteranno
i
partiti
di
centro
.
Se
poi
i
socialisti
entrano
nel
governo
di
alternativa
,
egemonizzato
-
qualunque
sia
la
distribuzione
dei
portafogli
-
dai
comunisti
,
essi
si
troveranno
a
condividere
le
responsabilità
di
una
politica
costantemente
al
limite
della
degenerazione
totalitaria
.
Chi
non
ha
perduto
la
fiducia
nelle
tradizioni
di
democrazia
che
sono
tanta
parte
delle
tradizioni
socialiste
,
deve
augurarsi
che
la
concreta
esperienza
di
ciò
che
significa
il
potere
comunista
abbia
per
i
socialisti
quella
efficacia
pedagogica
che
le
esortazioni
e
gli
ammonimenti
degli
altri
partiti
democratici
finora
non
hanno
avuto
.
Non
è
neppure
escluso
,
del
resto
,
che
i
partiti
di
centro
riescano
a
conservare
la
maggioranza
.
Ma
ciò
non
elimina
il
problema
di
un
qualche
rapporto
con
l
'
opposizione
:
e
lo
mostra
l
'
esperienza
degli
ultimi
anni
di
questa
legislatura
,
nella
quale
era
tuttavia
disponibile
sulla
carta
una
maggioranza
centrista
.
Può
essere
,
dunque
,
che
i
partiti
di
centro
siano
chiamati
a
fronteggiare
la
pressione
comunista
senza
sostanziali
apporti
da
parte
socialista
:
che
i
socialisti
alla
prova
(
lei
fatti
rifiutino
l
'
alternativa
e
che
sia
dunque
possibile
riprendere
l
'
esperienza
di
centrosinistra
;
che
si
abbia
un
governo
di
«
compromesso
storico
»
o
di
«
arco
costituzionale
»
,
o
che
anche
si
realizzi
l
'
alternativa
di
sinistra
,
e
che
tuttavia
i
socialisti
riescano
in
un
secondo
tempo
,
e
prima
che
sia
troppo
tardi
,
a
svincolarsi
dall
'
abbraccio
comunista
.
Può
anche
essere
che
nessuna
di
questa
ipotesi
si
realizzi
e
che
gli
eventi
prendano
altre
vie
.
Ma
se
i
partiti
di
centro
vogliono
conservare
reali
prospettive
politiche
,
e
garantirsi
qualche
margine
per
la
difesa
dei
loro
princìpi
irrinunciabili
,
occorre
che
essi
abbandonino
le
ubbìe
della
«
irreversibilità
»
,
e
facciano
intendere
ben
chiaro
che
la
difesa
delle
posizioni
democratiche
continuerà
,
se
necessario
,
anche
dall
'
opposizione
.
Una
grande
opposizione
democratica
,
in
un
paese
come
il
nostro
,
a
struttura
sociale
così
complessa
e
per
tanti
fili
legati
all
'
Europa
e
all
'
occidente
,
ha
ancora
molto
spazio
,
se
solo
avrà
la
coerenza
e
la
chiarezza
di
idee
necessarie
per
difenderlo
:
e
il
terrorismo
della
polizia
segreta
e
delle
squadre
armate
di
partito
non
arriva
in
un
giorno
.
I
comunisti
lo
sanno
,
e
per
questo
hanno
escogitato
la
formula
del
compromesso
storico
.
E
'
troppo
sperare
che
lo
capiscano
,
chissà
quando
,
i
socialisti
?
Ed
è
troppo
chiedere
ai
partiti
di
centro
che
i
loro
esponenti
chiariscano
agli
elettori
la
loro
posizione
su
questi
temi
vitali
,
in
modo
che
ciascuno
sappia
a
chi
dà
realmente
il
proprio
voto
,
al
di
là
delle
etichette
?
StampaQuotidiana ,
Giuseppe
Chiarante
non
ha
ancora
capito
che
le
vecchie
astuzie
,
di
stampo
togliattiano
non
servono
più
;
e
che
non
basta
fare
sfoggio
di
serietà
e
di
rigore
intellettuale
a
parole
per
trarre
in
inganno
lettori
ed
ascoltatori
.
Ormai
,
sulla
vera
natura
e
sugli
obiettivi
del
Pci
si
è
venuta
accumulando
una
mole
imponente
di
fatti
e
di
esperienze
;
e
nel
confronto
le
cortine
verbali
reggono
poco
.
Non
basta
dunque
proclamare
,
come
ha
fatto
Chiarante
ne
«
L
'
Unità
»
del
19
maggio
,
la
purezza
dei
propri
intenti
,
o
appellarsi
a
disposizioni
isolate
e
interpretate
a
rovescio
,
per
negare
la
logica
totalitaria
del
progetto
comunista
per
l
'
università
.
Non
basta
dire
che
i
dipartimenti
ci
sono
in
tutto
il
mondo
occidentale
,
per
contrabbandare
come
centri
d
'
insegnamento
e
di
ricerca
scientifica
gli
organismi
politico
-
sindacali
a
carattere
intimidatorio
previsti
dal
progetto
comunista
;
e
anche
meno
serve
ricordare
che
i
docenti
di
ruolo
sarebbero
in
maggioranza
nelle
Giunte
di
Dipartimento
,
quando
esse
sono
soltanto
organi
di
esecuzione
dei
deliberati
di
assemblee
nelle
quali
bidelli
,
borsisti
e
infermieri
sono
chiamati
a
votare
su
questioni
di
ricerca
e
d
'
insegnamento
allo
stesso
titolo
e
con
lo
stesso
voto
dei
docenti
e
ricercatori
.
Non
parliamo
poi
della
foglia
di
fico
delle
«
chiamate
»
di
nuovi
professori
riservate
ai
docenti
,
secondo
un
emendamento
dell
'
ultima
ora
,
nel
quale
del
resto
si
ribadisce
che
anch
'
esse
saranno
discusse
in
assemblee
comuni
di
tutto
il
personale
,
in
cui
la
Cgil
avrà
solo
la
scelta
degli
strumenti
per
imporre
le
proprie
decisioni
.
Ed
è
vergognoso
che
Chiarante
rimproveri
a
una
non
meglio
specificata
«
maggioranza
governativa
»
la
liberalizzazione
degli
accessi
all
'
università
o
la
moltiplicazione
insensata
del
personale
insegnante
a
tutti
i
livelli
.
La
liberalizzazione
porta
il
nome
del
non
onorevole
Tristano
Codignola
,
esponente
del
Psi
,
alleato
d
'
elezione
del
Pci
;
ed
essa
,
al
pari
della
campagna
per
la
sistemazione
in
ruolo
,
a
ogni
costo
e
con
tutti
i
mezzi
,
di
ogni
sorta
di
aspiranti
,
fu
una
richiesta
portata
avanti
anzitutto
dai
comunisti
e
dalle
loro
organizzazioni
sindacali
.
Ila
dimenticato
,
Chiarante
,
l
'
agitazione
condotta
per
anni
sulla
base
di
assurdi
e
pretestuosi
raffronti
tra
il
rapporto
docenti
-
studenti
in
America
e
in
Italia
?
Ignora
forse
i
regolamenti
liberticidi
di
cui
i
sindacati
comunisti
nell
'
ultimo
anno
si
sono
fatti
promotori
nelle
università
di
Torino
e
di
Firenze
,
di
Bologna
e
di
Roma
?
Qualche
settimana
fa
,
nel
Consiglio
della
Facoltà
di
Lettere
di
Roma
una
mozione
mirante
a
sottoporre
a
deliberazioni
assembleari
di
tutto
il
personale
docente
e
non
docente
il
controllo
dell
'
attività
didattica
e
persino
dell
'
attività
di
ricerca
dei
«
singoli
docenti
»
è
stata
presentata
da
Alberto
Asor
Rosa
,
membro
del
direttivo
della
federazione
comunista
della
capitale
,
e
votata
da
tutti
i
comunisti
presenti
.
I
comunisti
sono
stati
alla
testa
di
tutte
le
azioni
volte
a
distruggere
le
strutture
della
nostra
università
,
a
privare
i
responsabili
scientifici
e
didattici
dei
mezzi
atti
a
controllare
l
'
agitazione
e
a
dirigerla
verso
obiettivi
di
rinnovamento
e
non
di
mera
e
nichilistica
distruzione
.
Adesso
i
vari
Chiarante
vorrebbero
rovesciare
le
parti
e
presentarsi
come
vittime
dei
guasti
che
hanno
scientemente
alimentato
e
provocato
.
Ma
queste
son
cose
note
a
chiunque
lavora
nell
'
università
,
e
chi
le
nega
è
solo
un
mentitore
.
Sarebbe
utile
che
anche
chi
opera
in
altri
settori
confrontasse
le
parole
dei
comunisti
con
l
'
esperienza
di
ogni
giorno
.
Ne
verrebbe
,
probabilmente
,
un
quadro
d
'
insieme
atto
a
disingannare
profondamente
gli
ingenui
che
davvero
sono
disposti
a
scambiare
gli
incendiari
con
i
pompieri
,
e
a
riporre
le
loro
speranze
d
'
ordine
negli
autori
e
responsabili
dell
'
aggressione
e
del
disordine
.
StampaQuotidiana ,
Alla
vigilia
delle
ultime
elezioni
l
'
accordo
su
alcune
candidature
comuni
da
parte
dei
tre
partiti
minori
e
una
significativa
dichiarazione
di
Giovanni
Agnelli
parvero
imprimere
nuovo
slancio
alla
tematica
già
un
po
'
stanca
dell
'
alleanza
laica
.
Si
trattava
,
beninteso
,
di
cose
assai
diverse
.
Le
candidature
nascevano
infatti
su
un
terreno
di
ordinaria
cucina
elettorale
,
stilla
base
del
calcolo
dei
voti
ottenuti
in
precedenza
dai
tre
alleati
(
provvisori
)
in
alcuni
collegi
;
mentre
la
simpatia
espressa
da
Agnelli
per
l
'
iniziativa
documentava
l
'
interesse
che
una
prospettiva
del
genere
aveva
suscitato
in
un
settore
importante
della
società
italiana
come
quello
imprenditoriale
,
che
molti
considerano
politicamente
sottorappresentato
.
Anche
i
risultati
delle
elezioni
hanno
dunque
un
significato
diverso
come
elemento
di
giudizio
nei
due
casi
.
L
'
esperimento
elettorale
non
ha
avuto
,
nell
'
insieme
,
risultati
molto
persuasivi
,
anche
se
essi
sono
stati
pesantemente
condizionati
dalla
crisi
che
ha
investito
tutte
le
forze
di
democrazia
laica
(
con
la
parziale
eccezione
del
Pri
)
,
anche
fuori
dell
'
alleanza
,
e
dell
'
atteggiamento
di
netto
distacco
di
due
almeno
dei
tre
partiti
nei
confronti
dell
'
iniziativa
.
Resta
invece
da
vedere
quale
sia
il
significato
permanente
dell
'
interesse
che
la
proposta
ha
suscitato
al
di
fuori
delle
strutture
dei
partiti
,
e
che
è
documentato
da
una
serie
di
manifestazioni
sorte
a
fianco
della
campagna
elettorale
e
dalle
dichiarazioni
di
disponibilità
che
si
sono
raccolte
nei
più
vari
settori
.
Va
detto
subito
che
l
'
interesse
mostrato
dai
ceti
imprenditoriali
e
di
borghesia
produttiva
per
l
'
alleanza
non
può
significare
che
essa
sia
destinata
a
proporsi
come
un
ipotetico
partito
dei
produttori
.
In
un
paese
classista
come
l
'
Italia
,
industrializzatosi
-
ed
è
un
caso
quasi
unico
-
senza
un
'
«
ideologia
dell
'
industrializzazione
»
,
il
partito
dei
produttori
verrebbe
subito
identificato
col
partito
dei
«
padroni
»
,
e
questa
non
sarebbe
solo
una
caratterizzazione
negativa
sul
piano
della
propaganda
ma
l
'
espressione
di
un
errore
di
sostanza
.
Nel
mondo
moderno
non
è
infatti
sopportabile
che
all
'
enorme
potere
economico
dell
'
impresa
capitalistica
si
sommi
addirittura
l
'
esercizio
diretto
del
potere
politico
;
ed
è
invece
necessario
,
per
un
corretto
funzionamento
del
sistema
,
che
un
potere
politico
indipendente
sia
in
grado
di
dialogare
,
condizionare
,
dirigere
a
finalità
di
interesse
generale
le
incomparabili
capacità
di
realizzazione
dell
'
impresa
privata
.
Ma
ciò
non
toglie
che
all
'
origine
di
queste
sollecitazioni
spontanee
alla
convergenza
di
forze
storicamente
e
ideologicamente
così
diverse
,
in
apparenza
,
come
sono
quelle
liberali
,
socialdemocratiche
e
repubblicane
,
vi
sia
comunque
l
'
intuizione
immediata
,
a
livello
popolare
se
si
vuole
,
di
una
realtà
complessa
che
finora
le
forze
politiche
si
sono
mostrate
incapaci
di
cogliere
:
la
realtà
,
cioè
,
del
processo
che
durante
il
XX
secolo
ha
condotto
le
grandi
forze
storiche
nelle
quali
si
era
divisa
la
società
ottocentesca
a
confluire
su
politiche
e
obiettivi
largamente
comuni
,
ai
quali
si
deve
la
fisionomia
dell
'
Europa
moderna
.
Liberalismo
e
socialismo
,
divisi
e
contrapposti
da
conflitti
drammatici
nel
XIX
secolo
,
hanno
conosciuto
un
processo
di
reciproca
integrazione
che
si
è
tradotta
in
acquisizioni
durature
e
irrinunciabili
della
nostra
civiltà
.
Il
processo
si
è
realizzato
in
modo
assai
diverso
in
paesi
come
la
Gran
Bretagna
e
la
Germania
,
nelle
regioni
del
Benelux
e
in
quelle
scandinave
:
ma
attraverso
queste
diversità
,
che
hanno
visto
il
ridimensionamento
e
talora
la
scomparsa
di
alcune
grandi
forze
storiche
,
dal
liberalismo
inglese
al
comunismo
tedesco
,
certi
fatti
fondamentali
sono
venuti
alla
luce
.
Lo
sviluppo
dei
diritti
e
dei
valori
dell
'
individuo
,
in
un
quadro
intangibile
di
democrazia
formale
,
è
diventato
obiettivo
primario
e
irrinunciabile
nelle
nuove
forme
di
socialità
realizzate
dalle
grandi
socialdemocrazie
;
e
a
sua
volta
il
riformismo
liberale
,
una
volta
sorpassata
la
fase
della
conquista
di
garanzie
dello
Stato
con
cui
s
'
identifica
la
storia
delle
libertà
moderne
,
ha
preso
la
forma
di
una
serrata
battaglia
per
la
realizzazione
di
strutture
sociali
atte
a
dare
più
vasto
spazio
e
più
concreta
verità
all
'
esigenza
liberale
di
assicurare
la
piena
espansione
della
personalità
e
della
creatività
individuale
.
E
storia
ormai
vecchia
,
e
l
'
emblematica
adesione
al
partito
liberale
di
sir
William
Beveridge
,
autore
del
programma
di
sicurezza
sociale
che
doveva
tradursi
nel
Welfare
State
laburista
,
è
cosa
di
trent
'
anni
fa
.
E
tuttavia
,
da
noi
si
è
sentito
parlare
anche
di
recente
di
contrapposizioni
insuperabili
fra
socialdemocratici
e
liberali
riformisti
,
e
di
contrasti
inconciliabili
tra
la
liberal
-
democrazia
dei
repubblicani
e
la
socialdemocrazia
dei
socialdemocratici
:
da
parte
di
chi
sarebbe
poi
assai
imbarazzato
se
dovesse
indicare
,
in
Europa
,
paesi
e
società
liberal
-
democratiche
che
non
siano
quelle
socialdemocratiche
e
viceversa
.
Tanto
la
realtà
dei
fatti
ha
sopravanzato
la
scolastica
di
pregiudizi
programmatici
invecchiati
di
mezzo
secolo
.
Se
un
ritardo
c
'
è
,
e
vistoso
,
nella
cultura
politica
del
nostro
paese
,
non
sul
piano
accademico
e
dottrinario
ma
su
quello
dei
valori
concretamente
fatti
propri
dalle
forze
politiche
,
esso
sta
in
questa
incapacità
di
prender
atto
dei
mutamenti
che
intanto
sono
avvenuti
nelle
cose
da
parte
di
chi
avrebbe
maggior
interesse
a
farlo
.
La
fedeltà
alle
bandiere
e
alle
tradizioni
ha
fatto
schermo
,
in
questo
come
in
tanti
altri
casi
,
alla
pigrizia
mentale
.
Naturalmente
,
liberalismo
e
socialismo
restano
,
sul
piano
teorico
,
cose
diverse
,
e
la
tematica
dell
'
assoluto
egualitarismo
e
quella
dell
'
assoluto
individualismo
non
sono
sempre
e
chiaramente
conciliabili
.
Ma
questo
,
che
è
alimento
fecondo
e
irrinunciabile
della
riflessione
critica
,
non
va
confuso
con
la
valutazione
storica
e
politica
della
presente
fase
di
sviluppo
delle
società
industriali
avanzate
,
e
tanto
meno
dev
'
essere
abbassato
a
strumento
di
tendenze
che
in
concreto
servono
solo
a
frenare
l
'
ascesa
delle
forze
reali
maturate
nella
società
civile
e
politica
del
nostro
paese
durante
gli
ultimi
decenni
.
Sarebbe
tuttavia
troppo
facile
,
se
bastasse
constatare
l
'
esistenza
di
queste
realtà
altrove
per
vederne
garantito
lo
sviluppo
anche
in
Italia
:
dove
,
a
non
dir
altro
,
il
partito
comunista
ha
catturato
gran
parte
del
movimento
operaio
,
che
invece
ha
avuto
un
ruolo
fondamentale
nella
costruzione
delle
più
avanzate
democrazie
dell
'
Europa
moderna
.
Il
problema
,
naturalmente
,
non
si
pone
per
chi
è
convinto
di
avere
già
trovato
,
nel
Pci
,
l
'
autentico
partito
socialdemocratico
di
cui
l
'
Italia
aveva
bisogno
.
Ma
questo
è
vero
solo
per
chi
ha
deciso
di
chiudere
gli
occhi
a
ciò
che
accade
ogni
giorno
nella
vita
di
tutti
noi
.
Per
chi
non
ama
né
apprezza
questi
esercizi
dell
'
arte
consolatoria
la
questione
è
e
rimane
quella
della
costruzione
di
una
vera
e
solida
alternativa
democratica
nel
paese
più
minacciato
dal
comunismo
tra
quelli
del
mondo
occidentale
.
Questa
alternativa
non
può
ignorare
che
il
centro
dello
schieramento
democratico
è
tuttora
occupato
dall
'
area
cattolica
,
che
ne
ha
costituito
per
trent
'
anni
il
fondamento
,
e
che
nelle
ultime
elezioni
ha
dimostrato
una
vitalità
che
molti
non
sospettavano
.
Il
successo
elettorale
della
Dc
,
accompagnato
dal
gravissimo
cedimento
dei
laici
,
può
anzi
sollevare
l
'
interrogativo
se
costoro
non
abbiano
ormai
smarrito
la
loro
specifica
funzione
,
e
non
debbano
invece
rassegnarsi
al
trionfo
di
un
bipartitismo
che
anche
ai
più
prudenti
appare
di
tipo
quanto
meno
anomalo
.
Ma
appunto
l
'
incapacità
del
sistema
politico
italiano
a
realizzare
altro
che
un
bipartitismo
anomalo
ripropone
il
problema
dei
laici
anche
in
una
situazione
in
apparenza
così
brutalmente
semplificata
dopo
il
20
giugno
.
Anche
ai
più
calorosi
simpatizzanti
della
Dc
sarà
difficile
negare
che
una
larga
parte
del
successo
elettorale
democristiano
è
derivato
da
elementi
,
per
così
dire
,
negativi
,
di
rifiuto
del
comunismo
che
non
comportano
alcuna
adesione
ai
valori
specifici
di
cui
la
Dc
dovrebbe
essere
portatrice
.
Il
divario
tra
quei
valori
e
la
nuova
realtà
della
società
italiana
come
società
industriale
è
venuto
allargandosi
negli
ultimi
decenni
,
ed
è
diventato
sempre
più
palese
dopo
il
referendum
.
Sarebbe
un
grave
errore
se
il
successo
elettorale
del
20
giugno
facesse
dimenticare
alla
Dc
la
difficoltà
che
il
partito
e
le
sue
organizzazioni
trovano
ogni
giorno
a
stabilire
un
vero
dialogo
con
strati
vastissimi
e
importanti
della
società
italiana
,
a
proporre
soluzioni
accettabili
di
una
serie
di
problemi
fondamentali
nella
vita
del
mondo
moderno
.
Sarebbe
un
errore
anche
più
grave
sottovalutare
le
risultanze
di
inchieste
come
quella
di
cui
il
«
Giornale
»
ha
dato
notizia
qualche
giorno
fa
,
e
che
ha
documentato
come
le
vocazioni
religiose
vengano
ormai
dalle
sole
zone
rurali
,
e
non
abbiano
invece
più
posto
nella
realtà
urbana
,
che
è
poi
realtà
dell
'
Italia
moderna
.
Sono
problemi
da
affrontare
,
se
si
vuole
che
il
precario
equilibrio
garantito
dal
20
giugno
non
diventi
in
avvenire
anche
più
precario
.
Le
risposte
saranno
certo
diverse
,
a
seconda
della
direzione
che
nel
futuro
prenderanno
le
forze
ancora
una
volta
riunitesi
dietro
lo
scudo
crociato
;
e
,
in
misura
non
minore
,
a
seconda
della
evoluzione
come
sempre
imprevedibile
del
mondo
socialista
.
Ma
è
indubbio
che
a
questi
temi
converrà
rivolgere
una
più
meditata
attenzione
,
nella
pausa
di
respiro
che
sembra
esserci
concessa
dopo
la
vicenda
elettorale
.
StampaQuotidiana ,
Tra
coloro
che
in
anni
recenti
sono
volati
nelle
grandi
braccia
del
Pci
non
pochi
fanno
appello
,
per
giustificarsi
,
alle
superiori
virtù
politiche
che
avrebbero
consentito
ai
comunisti
di
evitare
i
tanti
errori
di
cui
invece
si
sono
resi
responsabili
i
partiti
democratici
.
I
comunisti
vincono
,
si
proclama
,
perché
hanno
ragione
:
e
i
loro
successi
sono
lì
a
dimostrarlo
.
E
una
forma
di
quel
deteriore
storicismo
che
già
in
altri
tempi
fu
chiamato
a
giustificare
i
cedimenti
nei
confronti
dei
potenti
del
giorno
:
sacrificando
ai
superiori
diritti
della
storia
quelli
della
coscienza
individuale
e
facendo
in
tal
modo
,
come
i
fatti
si
incaricarono
di
dimostrare
,
un
cattivo
servizio
anche
alla
storia
.
Ma
le
giustificazioni
restano
ugualmente
inconsistenti
.
Perché
se
proprio
si
vuol
fare
la
caccia
agli
errori
,
non
v
'
è
dubbio
che
il
primo
posto
spetta
proprio
ai
comunisti
,
senza
contrasto
.
La
scelta
stalinista
nell
'
epoca
peggiore
,
al
tempo
del
processo
dei
medici
,
di
Popov
inventore
della
radio
,
della
biologia
materialistico
-
dialettica
di
Lysenko
;
l
'
insistenza
sulla
terra
ai
contadini
,
quando
l
'
Italia
si
avviava
al
miracolo
economico
,
che
avrebbe
tolto
ogni
radice
alle
impostazioni
di
quel
tipo
;
un
meridionalismo
contraddetto
a
ogni
passo
da
rivendicazioni
di
settore
a
carattere
nettamente
antimeridionale
;
il
rifiuto
dell
'
Europa
,
quando
il
nostro
paese
si
avviava
a
compiere
un
salto
di
qualità
di
vera
portata
storica
con
l
'
inserimento
nell
'
Europa
:
sono
queste
le
risposte
che
il
Pci
ha
dato
ai
problemi
fondamentali
che
l
'
Italia
ha
dovuto
affrontare
nel
dopoguerra
;
e
ciascuna
di
esse
denuncia
una
netta
inferiorità
politico
-
culturale
in
confronto
alle
scelte
effettuate
dai
partiti
democratici
.
La
superiorità
dei
comunisti
sta
invece
nella
disciplina
,
nell
'
unità
di
vedute
e
nella
compattezza
che
li
distingue
:
ma
su
questo
terreno
ogni
partito
a
struttura
autoritaria
e
totalitaria
può
vincere
facilmente
il
confronto
con
partiti
d
'
opinione
e
a
basso
grado
di
militanza
quali
sono
i
partiti
democratici
;
senza
che
questo
dimostri
poi
gran
che
.
Certo
,
i
comunisti
parlano
oggi
un
linguaggio
«
diverso
»
:
ma
questa
revisione
,
a
livello
meramente
tattico
,
senza
spessore
ideologico
ed
effettuata
mentre
si
accentua
l
'
infiltrazione
comunista
in
tutti
i
settori
della
società
italiana
,
può
essere
rovesciata
senza
lasciar
traccia
appena
lo
vorranno
le
esigenze
della
tattica
;
e
il
metodo
leninista
fornisce
giustificazioni
di
ogni
tipo
per
questo
genere
di
operazioni
.
Indizio
di
superiorità
vera
,
che
un
'
analisi
davvero
storicista
deve
mettere
in
primo
piano
,
è
piuttosto
la
tenacia
con
la
quale
il
Pci
ha
saputo
tener
fede
ai
suoi
obiettivi
strategici
anche
nei
momenti
più
oscuri
,
dopo
la
grande
sconfitta
elettorale
del
1948
e
quando
il
successo
iniziale
dell
'
operazione
di
centrosinistra
lo
aveva
isolato
e
costretto
in
un
angolo
dello
schieramento
politico
italiano
.
Allora
furono
rarissime
e
assai
sommesse
le
voci
che
in
campo
comunista
suggerirono
di
adattarsi
alla
situazione
,
apparentemente
senza
prospettive
,
che
sembrava
destinata
a
caratterizzare
gli
anni
avvenire
;
e
fu
quello
invece
il
periodo
in
cui
si
elaborò
la
strategia
che
,
alternando
l
'
attacco
seminsurrezionale
della
contestazione
universitaria
e
dell
'
estremismo
sindacale
con
l
'
azione
restauratrice
del
Pci
,
ha
condotto
i
comunisti
all
'
attuale
posizione
di
forza
.
Giustizia
vuole
,
del
resto
,
che
l
'
elaborazione
di
questo
tipo
nuovo
di
strategia
si
attribuisca
non
tanto
ai
dirigenti
ufficiali
del
Pci
quanto
a
quelle
frange
intellettuali
che
,
dapprima
messe
al
margine
e
in
più
casi
espulse
dal
partito
,
hanno
poi
finito
per
determinare
la
linea
di
condotta
e
del
partito
e
di
buona
parte
del
movimento
sindacale
.
Al
contrario
,
proprio
questa
tenacia
e
la
connessa
capacità
di
revisione
delle
strategie
tradizionali
è
mancata
ai
partiti
democratici
:
i
quali
,
davanti
alla
nuova
linea
d
'
azione
adottata
dalle
sinistre
,
hanno
oscillato
e
tuttora
oscillano
fra
le
suggestioni
populistico
-
trasformistiche
dei
cattolici
e
le
velleità
contraddittorie
dei
laici
,
perduti
dietro
il
miraggio
di
una
mediazione
non
richiesta
e
alla
quale
in
ogni
caso
le
loro
forze
sono
di
gran
lunga
insufficienti
.
Ogni
serio
ripensamento
della
strategia
dello
schieramento
democratico
e
dei
rapporti
fra
i
partiti
che
per
trent
'
anni
hanno
operato
nel
suo
ambito
,
deve
muovere
,
in
primo
luogo
,
dalla
rinuncia
a
questo
miraggio
.
In
un
blocco
clerico
-
comunista
e
,
peggio
,
in
uno
schieramento
egemonizzato
dai
soli
comunisti
,
per
i
laici
non
c
'
è
posto
.
Non
sarà
certo
la
cultura
liberal
-
democratica
a
cementare
la
precaria
unione
-
carica
di
ogni
sorta
di
pericoli
-
tra
comunisti
e
cattolici
;
e
in
uno
schieramento
di
stampo
prevalentemente
comunista
i
laici
non
possono
né
dare
garanzie
,
che
non
è
in
loro
potere
di
fornire
,
né
assolvere
un
'
autonoma
funzione
culturale
,
che
l
'
omogeneità
del
blocco
ideologico
di
ispirazione
marxista
tende
intrinsecamente
a
rifiutare
.
La
revisione
delle
strategie
democratiche
può
trarre
invece
vantaggio
dalle
stesse
difficoltà
della
situazione
attuale
,
nella
misura
in
cui
esse
impongono
una
più
realistica
considerazione
degli
affari
interni
ai
partiti
democratici
e
della
funzione
che
essi
sono
chiamati
a
svolgere
nel
paese
.
Per
anni
,
questa
considerazione
è
stata
offuscata
dal
trionfalismo
dei
cattolici
e
dai
rancori
malcelati
dei
laici
.
Ma
la
Dc
ha
oggi
seri
motivi
per
rinunciare
all
'
illusione
di
poter
governare
da
sola
l
'
Italia
per
altri
cinquant
'
anni
;
e
i
laici
hanno
motivi
altrettanto
seri
per
capire
che
le
minacce
più
gravi
all
'
avvenire
dell
'
Italia
non
vengono
dall
'
inesistente
ipoteca
clericale
sulla
cultura
del
paese
.
Su
questa
base
un
discorso
serio
può
e
deve
essere
aperto
tra
forze
che
per
trent
'
anni
sono
state
solidali
nella
lotta
per
la
democrazia
,
e
che
non
si
vede
perché
non
debbano
esserlo
ancora
.
Non
si
tratta
,
neppure
adesso
,
e
ora
anzi
meno
che
mai
,
di
chiedere
transazioni
impossibili
fra
cultura
laica
e
cultura
cattolica
:
ma
di
riconoscere
l
'
essenziale
importanza
di
una
concreta
collaborazione
sul
terreno
politico
,
da
porre
su
nuove
e
più
solide
basi
,
senza
strumentalizzazioni
da
una
parte
e
senza
pretese
egemoniche
dall
'
altra
.
Vi
sono
settori
del
mondo
cattolico
,
legati
a
una
tematica
politico
-
religiosa
di
tipo
ancora
confessionale
e
integralista
,
che
non
sono
certo
disponibili
per
un
discorso
del
genere
:
e
nessun
laico
di
spirito
liberale
negherà
la
legittimità
e
la
funzione
di
queste
forze
.
Ma
ogni
osservatore
non
pregiudicato
deve
anche
ammettere
che
se
esse
esprimono
componenti
di
rilievo
della
presente
realtà
italiana
,
non
possono
tuttavia
aspirare
a
rappresentare
le
istanze
più
generali
e
più
diffuse
:
perché
nella
società
industriale
moderna
questo
compito
non
può
più
essere
svolto
da
forze
caratterizzate
prevalentemente
in
senso
religioso
.
In
questi
termini
il
discorso
è
probabilmente
destinato
ad
assumere
un
rilievo
crescente
nella
crisi
italiana
:
e
nessuno
più
dei
laici
ha
interesse
a
sollecitarlo
.
Nello
schieramento
democratico
spetta
ad
essi
una
funzione
che
non
possono
assolvere
le
sole
forze
di
estrazione
cattolica
:
ed
è
qui
che
essi
possono
identificare
il
loro
ruolo
autonomo
e
conforme
ai
grandi
interessi
del
paese
,
che
è
invece
impensabile
in
un
quadro
condizionato
dalla
preliminare
accettazione
dell
'
egemonia
comunista
.
StampaQuotidiana ,
Con
i
suoi
14
milioni
di
voti
la
Dc
ha
dato
il
20
giugno
una
nuova
prova
della
sua
forza
elettorale
.
Il
significato
di
questo
successo
non
va
sottovalutato
.
E
'
l
'
ennesima
riprova
che
al
messaggio
cristiano
è
riservato
un
grande
spazio
tra
le
forze
destinate
a
modellare
la
realtà
in
cui
viviamo
.
In
una
società
così
fortemente
competitiva
come
quella
capitalistica
,
dove
la
solitudine
esistenziale
nella
folla
senza
nome
è
per
molti
una
esperienza
drammatica
,
e
dove
sfide
sempre
nuove
nascono
ogni
giorno
dalla
scienza
,
dalla
tecnologia
,
dalla
crisi
dei
vecchi
valori
e
dalle
dimensioni
accresciute
della
vita
sociale
,
il
riferimento
religioso
è
per
molti
irrinunciabile
,
sul
piano
individuale
e
su
quello
collettivo
.
Solidarietà
e
carità
cristiana
acquistano
per
i
deboli
e
per
i
meno
fortunati
un
significato
che
si
traduce
in
un
livello
d
'
impegno
sociale
e
politico
spesso
ignoto
alle
formazioni
«
laiche
»
e
che
conferisce
un
preciso
contenuto
alla
caratterizzazione
«
popolare
»
della
Dc
.
Ma
se
queste
sono
realtà
innegabili
,
va
però
sottolineato
anche
che
la
Dc
ha
riscosso
il
grosso
dei
consensi
in
settori
della
società
italiana
assai
più
estesi
,
che
le
hanno
affidato
la
propria
rappresentanza
politica
al
di
fuori
di
ogni
motivazione
religiosa
.
Il
voto
di
questi
settori
per
la
Dc
è
solo
un
'
espressione
della
loro
scelta
per
il
modello
civile
occidentale
,
con
i
suoi
ordinamenti
economici
fondati
sull
'
impresa
e
la
sua
esaltazione
della
libera
personalità
individuale
.
Non
è
cosa
nuova
,
e
su
questa
scelta
la
Dc
ha
sempre
fondato
le
proprie
fortune
elettorali
.
Ma
adesso
le
esigenze
della
società
sono
cresciute
,
e
le
risposte
della
vecchia
Dc
non
bastano
più
.
Un
paese
dove
il
reddito
reale
per
abitante
è
tre
volte
superiore
a
quello
del
1951
,
con
una
popolazione
residente
nei
centri
con
oltre
50
mila
abitanti
pari
al
40
per
cento
del
totale
,
e
con
un
tasso
di
scolarità
e
d
'
informazione
incomparabilmente
più
alto
,
pone
alla
classe
politica
problemi
assai
diversi
da
quelli
affrontati
al
tempo
di
De
Gasperi
.
Più
elevate
disponibilità
di
reddito
significano
infatti
maggiore
larghezza
e
varietà
di
vita
,
possibilità
più
diversificate
,
attese
e
prospettive
più
ampie
di
accesso
ai
beni
e
ai
valori
del
mondo
:
che
sono
poi
i
contenuti
di
una
società
«
secolarizzata
»
con
i
quali
vengono
a
più
diretto
contatto
le
grandi
masse
investite
dai
moderni
processi
di
sviluppo
economico
.
E
questa
Italia
nuova
,
l
'
Italia
davvero
europea
,
che
alla
Dc
chiede
oggi
l
'
acquisizione
di
un
modo
diverso
di
far
politica
,
meno
legato
ai
moduli
della
vita
parrocchiale
e
più
a
quelli
dell
'
azienda
e
della
produzione
,
e
insieme
meglio
adatto
ad
accettare
e
a
promuovere
i
valori
e
il
costume
che
son
propri
della
nuova
realtà
.
Riconoscere
che
questa
è
la
sfida
che
la
Dc
è
chiamata
a
fronteggiare
non
significa
auspicarne
la
trasformazione
in
un
partito
laico
e
«
liberale
»
.
Ci
piaccia
o
non
ci
piaccia
,
l
'
ultimo
mezzo
secolo
di
storia
italiana
ha
relegato
i
partiti
laici
non
socialisti
a
un
ruolo
minoritario
e
assegnato
un
peso
determinante
al
partito
cattolico
.
Ma
la
Dc
deve
ugualmente
raccogliere
quella
sfida
,
se
vuole
restare
fedele
alla
sua
vocazione
interclassista
in
termini
adeguati
alle
esigenze
di
oggi
.
E
potrà
farlo
senza
chiedere
nessuna
rinuncia
a
quelli
fra
i
suoi
militanti
che
derivano
dalla
coscienza
religiosa
le
motivazioni
ultime
del
proprio
impegno
politico
.
Nel
quadro
di
un
'
ispirazione
cristiana
i
valori
della
società
libera
e
democratica
trovano
giustificazioni
certamente
diverse
da
quelle
che
si
richiamano
invece
alla
cultura
laica
:
ma
è
proprio
nell
'
ispirazione
religiosa
che
le
forze
più
autentiche
del
cristianesimo
hanno
trovato
durante
gli
ultimi
decenni
le
motivazioni
più
profonde
della
loro
scelta
per
la
libertà
e
contro
il
totalitarismo
,
al
di
qua
e
al
di
là
della
cortina
di
ferro
.
Certo
,
questi
sono
problemi
interni
al
mondo
cattolico
e
,
più
in
particolare
,
al
partito
della
Dc
.
Ma
sono
problemi
ai
quali
non
può
restare
indifferente
il
mondo
laico
:
che
ha
un
innegabile
interesse
a
tutto
ciò
che
tende
a
conferire
una
fisionomia
di
maggiore
modernità
al
più
grande
partito
dello
schieramento
democratico
,
e
dunque
a
tutto
il
sistema
politico
del
paese
.
Nell
'
ineliminabile
differenza
delle
motivazioni
ultime
sul
piano
culturale
,
esiste
un
vasto
terreno
comune
sul
quale
le
forze
democratiche
di
ogni
estrazione
ideologica
sono
chiamate
a
incontrarsi
.
Ed
è
stato
un
errore
assai
grave
delle
forze
laiche
non
avere
finora
guardato
con
la
necessaria
attenzione
a
quei
settori
del
mondo
cattolico
che
sono
più
aperti
ai
valori
di
cui
la
cultura
liberal
-
democratica
si
vanta
di
essere
portatrice
.
Il
«
dialogo
»
con
i
cattolici
è
così
rimasto
monopolio
dei
comunisti
,
da
sempre
campioni
di
ineguagliata
spregiudicatezza
in
questa
materia
.
Non
è
affatto
detto
che
questa
linea
risulterà
vincente
nella
Dc
.
E
possibile
che
i
suoi
dirigenti
,
dall
'
alto
della
propria
forza
elettorale
,
ritengano
invece
che
nulla
vi
sia
da
mutare
nelle
vecchie
ricette
politico
-
ideologiche
;
e
che
di
fatto
esse
bastino
ad
assicurare
al
partito
cattolico
,
anche
in
avvenire
(
se
non
interveranno
fattori
eccezionali
di
crisi
)
,
successi
analoghi
a
quelli
del
passato
.
Resta
tuttavia
da
vedere
se
un
voto
con
valore
meramente
numerico
,
non
sostenuto
da
quel
concreto
e
fattivo
ricambio
con
la
società
civile
in
cui
si
concreta
una
moderna
vita
politica
,
possa
essere
sufficiente
oggi
,
quando
il
Pci
è
ormai
a
un
soffio
dal
traguardo
del
potere
.
StampaQuotidiana ,
Democrazia
e
pluralismo
sono
il
pezzo
forte
della
grande
«
operazione
sorriso
»
lanciata
negli
ultimi
anni
dal
Pci
:
ma
l
'
opinione
democratica
,
alla
quale
è
in
primo
luogo
rivolta
questa
campagna
pubblicitaria
,
dovrebbe
guardare
con
attenzione
il
contenuto
della
scatola
che
le
viene
offerta
con
tanta
generosità
.
Potrebbe
rivelarsi
intriso
di
contenuti
inquinanti
,
e
di
autentici
veleni
.
Un
buon
punto
di
partenza
può
essere
l
'
esame
del
duplice
atteggiamento
del
gruppo
dirigente
comunista
verso
l
'
ondata
di
contestazione
iniziata
nel
1968
.
Dopo
una
fase
di
incertezza
,
condanne
e
deplorazioni
si
sono
moltiplicate
:
il
movimento
è
stato
bollato
come
espressione
di
estremismo
infantile
e
di
spontaneismo
incontrollato
;
la
sua
debolezza
organizzativa
,
l
'
inconsistenza
delle
sue
posizioni
teoriche
,
la
povertà
delle
sue
mitologie
-
non
ultima
il
maoismo
-
sono
state
duramente
denunciate
e
non
di
rado
fatte
oggetto
di
impietose
derisioni
.
Sono
queste
le
posizioni
alle
quali
attinge
fiducia
e
sicurezza
il
pubblico
democratico
e
borghese
,
vittima
per
tanti
anni
di
ogni
sorta
di
aggressioni
materiali
e
morali
,
e
tentato
alfine
di
vedere
nel
Pci
quella
forza
d
'
ordine
e
di
restaurazione
di
cui
la
sua
stanchezza
gli
fa
avvertire
così
vivamente
il
bisogno
.
Non
v
'
è
alcuna
necessità
di
mettere
in
discussione
la
buona
fede
di
chi
adesso
si
fa
paladino
di
tesi
così
rassicuranti
.
Viene
piuttosto
in
mente
il
«
bispensiero
»
di
orwelliana
memoria
-
se
il
riferimento
è
consentito
a
proposito
di
un
partito
che
si
presenta
agli
italiani
con
la
figura
rispettabile
di
Giorgio
Amendola
e
con
quella
,
un
po
'
più
ambigua
,
di
Enrico
Berlinguer
.
E
tuttavia
,
quale
immagine
più
adatta
a
designare
l
'
intreccio
fra
le
ampie
assicurazioni
date
ai
pavidi
e
ai
timorosi
,
e
la
spregiudicata
utilizzazione
che
il
Pci
continua
a
fare
delle
spinte
eversive
così
duramente
condannate
in
altra
sede
?
Di
fatto
,
le
spinte
eversive
vengono
condannate
dai
comunisti
sino
a
quando
sono
controllate
dai
«
gruppuscoli
»
dell
'
ultrasinistra
;
ma
vengono
invece
levate
al
cielo
,
ed
esaltate
come
grande
moto
democratico
dei
lavoratori
,
dei
giovani
e
delle
donne
,
quando
il
Pci
riesce
ad
assoggettarle
alla
propria
guida
.
Che
è
ciò
che
in
misura
sempre
più
ampia
è
accaduto
negli
ultimi
anni
,
grazie
alla
superiore
efficienza
dell
'
organizzazione
comunista
ufficiale
.
In
tal
modo
le
spinte
contestatrici
e
le
loro
emanazioni
sono
venute
ad
assumere
un
posto
centrale
nelle
nuove
strategie
del
Pci
:
e
il
non
averlo
inteso
è
all
'
origine
di
non
pochi
errori
di
alcuni
dei
più
noti
leader
democratici
.
Del
movimento
sessantottesco
il
Pci
ha
infatti
ritenuto
e
fatto
propria
soprattutto
la
spinta
al
regime
assembleare
,
che
i
gruppuscoli
avevano
promosso
per
imporre
la
propria
volontà
di
minoranza
alle
maggioranze
disorganizzate
.
Nella
versione
controllata
dal
Pci
,
alla
violenza
dei
gruppuscoli
si
sostituisce
l
'
azione
ben
più
vasta
e
penetrante
del
partito
e
delle
organizzazioni
parallele
ad
esso
collegate
.
Esautorati
i
poteri
legali
creati
dal
voto
espresso
dalle
maggioranze
democratiche
,
le
loro
funzioni
vengono
di
fatto
trasferite
ad
assemblee
che
si
presumono
unitarie
,
ma
di
cui
i
comunisti
sono
certi
di
acquistare
il
controllo
grazie
ad
una
organizzazione
politico
-
sindacale
di
tipo
capillare
alla
quale
i
partiti
democratici
,
proprio
perché
democratici
,
non
hanno
nulla
di
equivalente
da
contrapporre
.
Gli
esempi
sono
sotto
gli
occhi
di
tutti
.
Sul
terreno
sindacale
,
opportune
disposizioni
dello
statuto
dei
lavoratori
,
riecheggiate
in
decine
di
provvedimenti
legislativi
,
escludono
dalla
rappresentanza
le
organizzazioni
diverse
dalla
Triplice
,
anche
quando
sono
di
fatto
maggioritarie
.
Nelle
università
e
nelle
scuole
è
in
corso
già
da
qualche
anno
una
vasta
manovra
tendente
ad
affidare
il
controllo
ad
assemblee
di
tutto
il
personale
docente
e
non
docente
dominate
dai
sindacati
confederali
,
senza
alcun
riguardo
ai
livelli
tecnici
e
di
competenza
.
Operazioni
,
queste
,
agevolate
dagli
errori
di
valutazione
della
direzione
democristiana
,
ancora
vittima
dell
'
illusione
che
la
società
italiana
rimanga
,
a
livello
«
antropologico
»
,
fondamentalmente
cattolica
.
Su
queste
premesse
Berlinguer
può
dichiarare
tranquillamente
,
come
ha
fatto
nella
sua
ultima
relazione
al
Comitato
Centrale
del
Pci
,
che
i
comunisti
non
vogliono
«
fare
da
soli
né
con
i
soli
partiti
di
sinistra
»
,
e
che
anzi
considerano
«
essenziale
il
ruolo
e
l
'
iniziativa
di
ogni
altra
forza
politica
democratica
e
popolare
»
.
Gli
strumenti
in
possesso
del
Pci
garantiscono
infatti
che
queste
iniziative
resteranno
confinate
a
un
ruolo
nettamente
subordinato
e
che
il
potere
di
controllo
sarà
affidato
a
mani
sicure
.
E
chiaro
che
in
questa
fase
i
comunisti
,
ancora
ai
margini
del
potere
,
dovranno
allargare
i
propri
consensi
anche
facendo
concessioni
a
ogni
sorta
di
richieste
:
ma
esse
diverranno
superflue
nel
secondo
tempo
,
quando
il
Pci
disporrà
di
«
argomenti
»
più
efficaci
.
E
non
si
tratta
di
un
processo
limitato
ai
livelli
intermedi
e
di
base
.
La
nuova
struttura
di
potere
destinata
a
governare
la
società
italiana
in
regime
di
compromesso
storico
dovrebbe
estendersi
,
nei
disegni
del
Pci
,
sino
ai
vertici
dello
Stato
.
Quale
essa
debba
essere
a
livello
costituzionale
è
stato
autorevolmente
indicato
in
uno
studio
recente
dell
'
on.
Natta
,
presidente
del
gruppo
parlamentare
comunista
alla
Camera
(
«
Critica
marxista
»
,
1975
,
n
.
6
)
:
e
le
sue
vedute
sono
state
subito
avallate
dai
soliti
intellettuali
organici
alla
Luigi
Berlinguer
.
Nel
nuovo
regime
,
chiariscono
i
costituzionalisti
del
berlinguerismo
,
maggioranza
parlamentare
e
maggioranza
di
governo
potranno
essere
cose
diverse
;
e
anzi
a
livello
parlamentare
si
potrà
anche
rinunciare
alla
distinzione
fra
maggioranza
e
opposizione
,
e
affidare
invece
le
funzioni
di
controllo
e
d
'
opposizione
ai
canali
«
interni
»
della
partecipazione
ai
vari
livelli
,
regionale
,
sindacale
,
locale
.
Il
Parlamento
assumerebbe
in
tal
modo
la
fisionomia
di
una
sorta
di
stanza
di
compensazione
,
chiamata
a
mediare
le
spinte
diverse
che
vengono
dai
vari
organismi
-
sempre
,
peraltro
,
«
unitari
»
-
nei
quali
si
articola
il
corpo
sociale
.
Naturalmente
,
i
nuovi
teorici
abbondano
in
fatto
di
professione
di
fede
nelle
validità
della
tradizione
garantista
,
e
ammoniscono
anzi
solennemente
sulla
necessità
di
evitare
che
in
Italia
si
ripeta
quel
che
negli
Stati
socialisti
è
capitato
quando
da
quelle
tradizioni
ci
si
è
discostati
.
Quasi
che
non
capitino
tuttora
,
e
quasi
che
il
regime
così
delineato
non
assomigli
pericolosamente
,
al
di
là
di
tutte
le
buone
intenzioni
,
a
quello
sovietico
(
anche
dei
tempi
più
oscuri
)
,
dove
pure
si
pretende
che
il
regime
unanimistico
e
l
'
assenza
di
opposizione
venga
compensato
,
e
largamente
,
dalla
partecipazione
delle
masse
,
mobilitate
a
comando
,
tutte
le
volte
che
serve
,
ad
approvare
democraticamente
le
decisioni
dei
dirigenti
.
«
Pluralismo
»
e
«
democrazia
»
per
i
teorici
dell
'
eurocomunismo
hanno
dunque
un
significato
ben
diverso
da
quello
che
ad
essi
attribuiscono
i
democratici
.
Intanto
,
una
rete
dalle
maglie
sempre
più
strette
viene
stendendosi
su
tutto
il
paese
:
e
ciascuno
può
constatarlo
nell
'
ambito
della
propria
esperienza
.
I
soli
a
non
vederlo
sono
quei
politici
che
,
nonostante
i
leali
ed
espliciti
avvertimenti
di
Berlinguer
,
continuano
a
considerare
il
compromesso
storico
come
un
semplice
incontro
di
vertice
,
che
addirittura
servirebbe
alla
democrazia
.
StampaQuotidiana ,
Avremmo
preferito
una
maggiore
schiettezza
nel
discorso
dell
'
on.
Enrico
Berlinguer
sull
'
austerità
.
Le
prospettive
di
cui
egli
ha
parlato
solo
in
parte
,
e
in
parte
minore
,
nascono
infatti
da
straordinarie
circostanze
,
dipendenti
da
sviluppi
internazionali
o
dalla
interna
fragilità
del
sistema
economico
italiano
.
In
misura
assai
più
grande
la
paralisi
del
«
modello
di
sviluppo
»
finora
esistente
,
la
violenza
e
il
disordine
che
attanagliano
la
vita
del
nostro
paese
,
tutte
quelle
«
traversie
»
,
insomma
,
che
il
Pci
si
propone
di
trasformare
in
«
opportunità
»
,
sono
il
risultato
dell
'
aggressione
che
per
anni
i
comunisti
hanno
condotto
contro
le
istituzioni
politiche
e
sociali
della
democrazia
italiana
,
in
accordo
più
o
meno
dichiarato
con
l
'
estremismo
extraparlamentare
.
Non
si
vede
,
del
resto
,
perché
un
partito
che
si
propone
di
cambiare
la
società
debba
nascondere
la
parte
ch
'
esso
ha
avuto
nella
demolizione
del
vecchio
ordine
di
cose
:
ed
è
verosimile
che
in
sede
storica
i
comunisti
non
mancheranno
di
sottolineare
questo
loro
contributo
.
Ma
per
adesso
non
si
tratta
di
fare
storia
ma
di
sviluppare
un
'
azione
politica
in
corso
:
e
che
in
politica
la
«
simulazione
»
e
la
«
doppia
verità
»
siano
assai
redditizie
non
è
l
'
ultimo
insegnamento
che
i
comunisti
abbiano
tratto
dai
loro
sempre
più
stretti
commerci
con
certo
cattolicesimo
«
di
sinistra
»
.
Ma
ciò
che
conta
è
il
contenuto
specifico
della
proposta
berlingueriana
.
Non
è
impossibile
vedervi
,
e
vi
si
è
vista
,
una
larga
coincidenza
con
tesi
politiche
che
per
anni
sono
state
proprie
della
sinistra
democratica
.
Una
correzione
dello
sviluppo
nel
senso
della
destinazione
di
una
quota
sempre
più
ampia
delle
risorse
disponibili
agli
investimenti
sociali
,
volta
a
riequilibrare
l
'
eccessivo
incremento
dei
consumi
privati
,
è
stata
da
anni
riconosciuta
necessaria
ad
assicurare
alle
grandi
masse
degli
italiani
una
più
autentica
partecipazione
ai
vantaggi
del
progresso
economico
e
civile
del
paese
.
Che
ciò
debba
comportare
il
contenimento
dei
consumi
a
favore
degli
investimenti
,
e
che
in
taluni
casi
possa
essere
opportuna
l
'
adozione
dei
meccanismi
atti
a
soddisfare
con
forme
sociali
e
collettive
bisogni
la
cui
soddisfazione
su
scala
individuale
sarebbe
assai
meno
efficace
e
più
costosa
,
è
parimenti
indiscusso
.
Ma
nel
pensiero
democratico
queste
misure
hanno
solo
un
valore
strumentale
e
subordinato
al
fine
del
migliore
funzionamento
di
un
tipo
di
sviluppo
nel
quale
il
consumo
e
il
consumatore
individuale
rimangono
i
destinatari
principali
dei
beni
prodotti
e
delle
opportunità
offerte
dal
progresso
civile
.
Non
v
'
è
posto
,
in
una
concezione
democratica
del
rapporto
tra
consumi
individuali
e
consumi
pubblici
,
per
l
'
erezione
del
momento
sociale
e
collettivo
a
ideale
politico
e
morale
.
Che
è
proprio
ciò
che
invece
caratterizza
l
'
austerità
berlingueriana
,
di
cui
sarebbe
grave
errore
sottovalutare
le
implicazioni
a
lungo
termine
in
vista
di
parziali
coincidenze
con
gli
obiettivi
delle
forze
democratiche
nel
breve
e
nel
medio
termine
.
L
'
austerità
proposta
dal
Pci
vuol
essere
infatti
la
realizzazione
di
un
modello
di
vita
ispirato
a
una
scala
di
valori
profondamente
diversa
e
al
limite
opposta
a
quella
che
presiede
a
ogni
società
libera
e
democratica
.
Tra
questi
valori
il
momento
collettivo
occupa
un
posto
assai
più
alto
del
momento
individuale
,
e
finisce
di
fatto
per
coincidere
col
momento
etico
in
quanto
superamento
dell
'
individualismo
,
sempre
qualificato
come
«
eccessivo
»
ed
«
esasperato
»
:
che
è
poi
la
motivazione
con
la
quale
si
vorrebbero
giustificare
l
'
indigenza
e
la
mancanza
di
prospettive
personali
e
individuali
che
caratterizzano
i
felici
paesi
del
socialismo
e
della
democrazia
popolare
.
E
possibile
che
nell
'
accezione
berlingueriana
questi
valori
si
colorino
anche
di
un
'
esaltazione
dell
'
istanza
pauperistica
di
cui
è
facile
individuare
l
'
origine
,
ancora
una
volta
,
nelle
frequentazioni
cattoliche
del
leader
comunista
:
e
certo
,
l
'
insistenza
sul
tema
del
sacrificio
quale
connotazione
etica
della
nuova
società
,
in
contrapposizione
all
'
egoismo
e
al
materialismo
che
caratterizzerebbero
la
nostra
realtà
capitalistica
e
borghese
,
conferisce
al
programma
di
austerità
ambizioni
di
riforma
di
grande
respiro
,
sociale
e
morale
:
alle
quali
è
doveroso
dare
risposta
sullo
stesso
terreno
.
Occorre
dunque
ricordare
che
per
la
cultura
liberale
e
democratica
-
quella
autentica
,
rimasta
fedele
ai
princìpi
da
cui
è
nata
la
libertà
moderna
-
l
'
individuo
non
è
un
disvalore
ma
il
fine
stesso
alla
cui
esaltazione
e
al
cui
sviluppo
sono
ordinate
tutte
le
attività
economiche
e
culturali
della
società
.
Che
l
'
uomo
abbia
diritto
a
un
proprio
individuale
destino
e
a
riempire
la
propria
vita
dei
contenuti
che
liberamente
vorrà
scegliere
e
riuscirà
a
conseguire
è
il
principio
sul
quale
si
regge
l
'
insieme
di
garanzie
che
il
mondo
libero
ha
eretto
a
difesa
della
persona
umana
.
In
questo
senso
,
l
'
abbondanza
dei
beni
di
consumo
e
la
possibilità
della
loro
appropriazione
individuale
nella
misura
più
larga
possibile
offrono
una
sempre
più
vasta
e
più
varia
gamma
di
alternative
tra
le
quali
si
opera
la
libera
scelta
di
ognuno
:
e
quanto
più
ampia
sarà
questa
possibilità
di
scelta
tanto
più
concreta
e
più
ricca
di
contenuti
sarà
la
libertà
di
ciascuno
.
Gli
italiani
della
generazione
presente
hanno
sperimentato
ciò
che
questo
può
significare
per
la
vita
dei
singoli
e
delle
collettività
nel
suo
insieme
:
con
la
possibilità
,
incomparabilmente
maggiore
che
in
passato
,
che
dopo
il
«
miracolo
economico
»
si
è
offerta
a
ciascuno
di
accedere
a
nuove
forme
di
svago
e
di
cultura
,
dai
viaggi
alle
letture
agli
spettacoli
e
non
meno
alla
possibilità
di
impiegare
le
proprie
energie
'
ad
attività
di
lavoro
che
,
nonostante
tutti
i
discorsi
sull
'
alienazione
,
sono
assai
più
diversificate
e
significative
di
quelle
consentite
nella
vecchia
società
rurale
e
pauperistica
.
In
tal
senso
va
denunciato
l
'
equivoco
contenuto
nelle
affermazioni
dei
Berlinguer
,
Lama
o
Barca
sull
'
austerità
come
momento
caratterizzante
di
tutte
le
fasi
creative
della
storia
.
Perché
certo
anche
nell
'
economia
di
mercato
vi
è
un
momento
di
«
astinenza
capitalistica
»
di
smithiana
memoria
,
nella
misura
in
cui
la
limitazione
del
consumo
è
ineliminabile
da
ogni
processo
di
accumulazione
.
Ma
nella
società
libera
,
che
i
marxisti
chiamano
borghese
,
l
'
astinenza
e
l
'
austerità
sono
preliminari
al
conseguimento
di
quella
abbondanza
di
beni
al
servizio
dei
bisogni
individuali
che
resta
la
finalità
ultima
di
tutto
il
processo
produttivo
.
Non
l
'
austerità
ma
l
'
edonismo
»
è
l
'
asse
su
cui
ruotano
i
sistemi
capitalistici
:
quelli
attuali
non
meno
di
quelli
delle
origini
,
ai
quali
si
deve
l
'
abbattimento
del
modo
di
produzione
preindustriale
.
Edonismo
da
intendere
nel
senso
,
che
i
vecchi
trattatisti
ritenevano
appena
necessario
chiarire
,
che
i
«
piaceri
»
da
soddisfare
possono
essere
i
più
diversi
,
dai
minori
e
triviali
ai
più
alti
.
Vi
sono
state
e
vi
sono
,
in
questi
sistemi
,
distorsioni
che
è
doveroso
correggere
con
misure
atte
ad
assicurare
la
necessaria
priorità
ai
bisogni
riconosciuti
prioritari
,
e
ad
affinare
e
qualificare
sempre
meglio
i
bisogni
di
cui
la
domanda
presente
sul
mercato
chiede
la
soddisfazione
.
Ma
nelle
società
libere
questo
compito
è
affidato
alle
capacità
di
progresso
interne
alla
società
stessa
,
attraverso
la
crescita
della
cultura
e
della
coscienza
civile
quali
forze
chiamate
a
orientarla
e
a
dirigerla
verso
nuove
e
più
alte
finalità
.
Vi
sono
anche
altri
modi
per
affrontare
questi
problemi
:
quelli
,
per
esempio
,
che
affidano
ai
poteri
pubblici
e
alle
istanze
collettive
le
scelte
che
le
società
libere
riservano
invece
agli
individui
.
Allora
,
sarà
il
consumatore
collettivo
,
espresso
dalle
istituzioni
sociali
,
a
indicare
quali
beni
,
quali
servizi
o
quale
tipo
di
svaghi
siano
da
preferire
agli
altri
,
magari
designati
dalle
preferenze
individuali
.
Sono
modi
nei
quali
si
realizza
il
ricorrente
bisogno
di
dare
un
ordine
(
che
spesso
è
solo
la
proiezione
dei
propri
criteri
e
valori
)
all
'
apparente
disordine
e
al
caos
delle
molteplici
scelte
degli
individui
.
Tra
i
due
modi
siamo
tutti
chiamati
a
fare
,
in
qualche
modo
,
la
nostra
scelta
.
Ma
chi
sceglie
lo
faccia
avendo
ben
chiaro
che
l
'
alternativa
è
tra
la
società
libera
dell
'
Occidente
e
lo
squallido
universo
senza
speranza
che
abbiamo
imparato
a
conoscere
nei
paesi
dell
'
orbe
sovietico
:
che
restano
,
nonostante
tutte
le
acrobazie
dialettiche
,
il
solo
e
unico
modello
al
quale
siano
capaci
di
guardare
i
nostri
«
eurocomunisti
»
.
In
nome
di
scelte
collettive
e
di
«
austerità
»
destinate
a
realizzare
un
mondo
migliore
si
sono
a
lungo
considerati
gli
individui
alla
stregua
di
pietre
sulle
quali
passa
il
cammino
della
storia
.
Al
di
là
delle
intenzioni
personali
(
che
sono
anche
in
questo
caso
irrilevanti
)
l
'
austerità
berlingueriana
è
figlia
della
stessa
matrice
.