StampaQuotidiana ,
Una
serie
di
presunti
portavoce
delle
nuove
generazioni
ci
assicura
che
i
giovani
di
oggi
sono
assai
severi
nei
confronti
dei
propri
genitori
.
Ai
più
anziani
l
'
insofferenza
giovanile
muoverebbe
,
anzitutto
,
l
'
accusa
di
ipocrisia
,
per
avere
creato
,
dopo
tante
professioni
di
tolleranza
e
di
democrazia
,
un
mondo
nel
quale
sono
ancora
visibili
forme
pesanti
di
autoritarismo
e
discriminazioni
rivoltanti
.
La
società
moderna
apparirebbe
,
agli
occhi
dei
giovani
censori
,
eminentemente
ingiusta
,
squilibrata
a
favore
dei
privilegiati
del
censo
e
della
nascita
,
e
sorda
invece
ai
mali
di
tante
categorie
deboli
e
indifese
.
La
competizione
esasperata
della
società
capitalistica
,
si
dice
,
finisce
per
estraniare
l
'
uomo
dall
'
uomo
,
e
ne
fa
un
ingranaggio
diretto
al
fine
supremo
della
produzione
di
oggetti
spesso
privi
di
vera
utilità
,
e
solo
funzionali
al
profitto
dei
potenti
dell
'
economia
.
Ma
gli
esponenti
della
rivolta
giovanile
,
avendo
ormai
compreso
il
gioco
e
scoperto
l
'
inganno
,
sono
ben
decisi
a
non
farsi
più
prendere
nella
trappola
.
Appartenendo
alla
prima
fra
le
generazioni
della
storia
a
cui
sia
toccato
di
vivere
nella
società
opulenta
,
resa
possibile
dal
progresso
tecnologico
,
essi
intendono
sottrarsi
all
'
etica
«
protestante
»
del
lavoro
,
e
impegnarsi
invece
nella
ricerca
di
una
vera
felicità
,
fatta
di
abbandono
al
libero
spiegarsi
degli
istinti
,
in
vista
del
miraggio
ormai
non
troppo
lontano
della
società
«
orgiastica
»
di
Herbert
Marcuse
.
Non
sarebbe
difficile
replicare
.
La
generazione
ipocrita
contro
la
quale
si
volgono
tanti
rimproveri
è
in
realtà
quella
che
ha
combattuto
la
più
grande
guerra
di
religione
della
storia
,
sacrificando
cinquanta
milioni
(
li
vite
nella
lotta
per
il
trionfo
dei
grandi
princìpi
della
libertà
,
della
nazionalità
,
della
democrazia
;
ed
è
quella
che
sull
'
Europa
devastata
e
annichilita
del
1945
ha
eretto
la
prosperità
senza
precedenti
di
cui
oggi
godono
le
giovani
generazioni
.
La
società
uscita
dalla
guerra
e
dai
successivi
decenni
di
ricostruzione
e
di
sviluppo
è
certo
carica
di
ingiustizia
:
ma
lo
è
meno
di
tutte
quelle
che
l
'
hanno
preceduta
,
e
al
suo
passivo
non
ha
nulla
di
simile
alle
tragedie
allucinanti
che
hanno
accompagnato
le
rivoluzioni
collettiviste
.
E
come
non
vedere
,
poi
,
la
palese
contraddizione
in
cui
si
dibatte
chi
pretende
da
un
lato
di
godere
delle
inaudite
opportunità
offerte
dalla
società
industriale
moderna
,
ma
si
rifiuta
poi
di
adottare
la
cultura
razionalistica
e
scientifica
che
l
'
ha
resa
possibile
?
Se
il
controllo
delle
macchine
,
destinate
a
produrre
la
prosperità
per
tutti
restasse
nelle
mani
di
pochi
specialisti
,
a
essi
toccherebbe
sugli
altri
un
potere
mostruoso
e
tirannico
;
e
se
invece
si
pensasse
a
un
più
articolato
sistema
di
alternative
tra
lavoro
e
svaghi
,
che
preveda
anche
scambi
più
frequenti
di
occupazioni
e
di
responsabilità
,
ciò
sarebbe
solo
un
organico
sviluppo
delle
conquiste
della
moderna
civiltà
industriale
.
Ma
replicare
non
mette
conto
:
già
solo
per
la
ragione
che
quelle
posizioni
non
esprimono
affatto
,
come
si
vorrebbe
,
la
contestazione
del
mondo
giovanile
,
ma
solo
i
complessi
di
gruppi
intellettuali
che
si
richiamano
a
una
cultura
psico
-
pedagogica
sorta
su
basi
scientifiche
presso
che
inesistenti
,
e
gonfiatasi
a
dismisura
su
una
strada
cosparsa
di
fallimenti
e
di
delusioni
.
Un
'
inchiesta
condotta
nel
1970
dall
'
istituto
Doxa
rilevava
che
solo
l'11
per
cento
dei
giovani
italiani
intervistati
auspicava
la
«
rivoluzione
»
;
e
quella
cifra
,
già
così
deludente
per
i
teorici
della
«
rivolta
generazionale
»
,
va
a
sua
volta
scomposta
e
qualificata
perché
acquisti
un
qualche
significato
.
Non
tutti
i
giovani
compresi
in
quell
'
11
per
cento
erano
infatti
veri
rivoluzionari
(
un
terzo
solamente
di
essi
auspicava
il
ricorso
alla
violenza
)
;
e
non
tutto
il
restante
89
per
cento
era
formato
da
pigri
conformisti
.
E
'
vero
piuttosto
che
una
aliquota
vastissima
dei
giovani
,
specie
nelle
grandi
città
,
partecipa
in
certa
misura
e
in
forme
diversissime
,
a
seconda
del
contesto
sociale
,
del
reddito
,
della
situazione
locale
,
ai
problemi
che
si
pongono
a
tutti
coloro
giovani
e
anziani
,
che
entrano
in
contatto
con
le
tensioni
della
moderna
società
industriale
;
e
la
risposta
che
essi
danno
a
quei
problemi
varia
secondo
una
gamma
assai
diversa
di
posizioni
,
in
parte
riducibili
alla
specifica
condizione
giovanile
,
ma
che
in
parte
rinviano
a
una
tematica
più
generale
,
comune
a
ogni
gruppo
di
età
e
a
ogni
condizione
.
I
soliti
psico
-
pedagogisti
sono
riusciti
a
divulgare
la
convinzione
che
la
risposta
esemplare
ed
emblematica
del
mondo
giovanile
ai
problemi
della
società
moderna
è
quella
che
si
esprime
,
in
forme
estreme
,
nella
cultura
della
droga
,
negli
hippies
,
nei
grandi
festival
di
musica
pop
.
Si
ammette
,
per
nostra
ventura
,
che
qui
si
tratta
di
manifestazioni
parossistiche
e
di
minoranza
:
ma
la
direzione
dell
'
avvenire
sarebbe
questa
,
verso
un
sempre
più
radicale
individualismo
di
tipo
anarcoide
,
e
verso
la
liberazione
della
realtà
istintuale
del
profondo
dalle
coazioni
imposte
da
una
secolare
civiltà
di
tipo
repressivo
.
Nel
festival
colossale
di
Woodstock
qualcuno
ha
visto
addirittura
l
'
embrione
di
un
nuovo
modello
di
società
politica
.
E
'
vero
invece
il
contrario
.
Le
risposte
di
questo
genere
sono
infatti
di
tipo
meramente
negativo
,
risultante
passiva
di
pressioni
e
condizionamenti
imposti
dalla
difficile
realtà
del
mondo
moderno
;
e
in
quanto
tali
esse
sono
importanti
come
sintomo
o
come
testimonianza
,
ma
non
certo
come
indicazione
della
via
da
percorrere
per
uscire
dalla
crisi
.
E
i
protagonisti
di
quei
fenomeni
meritano
comprensione
e
interessamento
,
ma
non
vanno
in
alcun
modo
eretti
,
come
si
è
fatto
e
si
fa
da
certa
cultura
irresponsabile
,
a
modelli
di
comportamento
per
le
nuove
generazioni
.
Nelle
quali
le
forze
autentiche
a
cui
appartiene
l
'
avvenire
vanno
invece
cercate
tra
coloro
che
ai
condizionamenti
dell
'
ambiente
contrappongono
una
meditata
e
consapevole
risposta
,
fondata
sugli
strumenti
del
razionalismo
che
è
gloria
della
cultura
occidentale
,
e
sostenuta
da
quella
generosità
che
al
limite
consente
di
«
dar
la
vita
per
i
propri
amici
»
,
secondo
il
detto
di
San
Giovanni
,
e
che
è
l
'
opposto
del
chiuso
egoismo
degli
istinti
.
Giovani
come
questi
si
contano
anche
fra
i
migliori
esponenti
della
rivolta
giovanile
che
,
quando
è
riuscita
a
sollevarsi
al
di
sopra
del
folclore
e
dello
chienlit
,
ha
assunto
forme
organizzate
e
disciplinate
in
vista
di
precisi
ideali
politici
:
e
il
disfacimento
dei
gruppi
che
avevano
innalzato
«
l
'
immaginazione
al
potere
»
nel
confronto
con
le
organizzazioni
della
sinistra
marxista
-
leninista
è
anche
una
riprova
della
diversa
consistenza
dei
due
atteggiamenti
morali
.
Ma
l
'
avvenire
appartiene
soprattutto
a
quei
giovani
che
alle
parole
d
'
ordine
e
agli
stati
d
'
animo
collettivi
hanno
saputo
opporre
la
vigilanza
dello
spirito
critico
,
e
salvare
in
tal
modo
la
propria
libertà
interiore
.
Le
mode
culturali
correnti
ci
hanno
abituati
a
liberarci
assai
presto
di
loro
,
relegandoli
sprezzantemente
nel
ghetto
del
conformismo
borghese
:
che
è
invece
popolato
dalla
folla
dei
ribelli
di
maniera
,
fabbricati
a
un
unico
stampo
,
vittime
dei
medesimi
slogans
,
privi
di
ogni
cultura
che
vada
al
di
là
delle
formulette
e
delle
frasi
fatte
.
StampaQuotidiana ,
Bisogna
onestamente
riconoscere
a
Francesco
De
Martino
di
non
avere
mai
fatto
mistero
delle
sue
riserve
nei
confronti
dell
'
impostazione
originaria
del
centrosinistra
.
Riserve
relative
non
tanto
al
programma
,
che
anche
l
'
esponente
socialista
ha
sempre
definito
nei
termini
consueti
di
superamento
degli
squilibri
,
incremento
dei
consumi
pubblici
,
riforme
,
sviluppo
democratico
;
quanto
alla
formula
politica
.
A
giudizio
di
De
Martino
,
infatti
,
gli
strati
conservatori
che
fanno
capo
alla
Democrazia
cristiana
sono
troppo
estesi
e
troppo
solidamente
abbarbicati
a
posizioni
di
potere
perché
una
politica
davvero
incisiva
di
riforme
possa
essere
realizzata
senza
l
'
apporto
delle
forze
organizzate
nell
'
opposizione
comunista
.
Da
ciò
la
richiesta
insistente
di
una
sostanziale
immissione
di
queste
forze
nell
'
area
del
potere
,
sempre
rinnovata
sotto
le
formule
mutevoli
,
ma
di
fatto
equivalenti
,
degli
«
equilibri
più
avanzati
»
,
dei
«
nuovi
rapporti
con
l
'
opposizione
»
,
delle
«
integrazioni
»
miranti
a
dare
al
governo
una
supposta
maggiore
rappresentatività
.
Una
volta
realizzato
,
questo
disegno
riuscirebbe
con
ogni
probabilità
fatale
alla
sopravvivenza
dell
'
Italia
come
paese
libero
,
a
meno
che
non
si
voglia
coltivare
l
'
illusione
che
il
potere
comunista
in
Italia
sarebbe
,
e
chissà
perché
,
tutt
'
altra
cosa
da
quel
che
è
sempre
stato
altrove
.
Ma
non
si
può
negare
che
esso
sia
comunque
un
disegno
politico
di
vasto
respiro
,
sostenuto
da
una
determinata
visione
di
quel
che
l
'
Italia
e
gli
italiani
debbono
essere
;
e
non
resterebbe
,
a
questo
punto
,
che
riconoscere
al
segretario
socialista
di
avere
fatto
in
tal
modo
la
sua
parte
di
leader
di
una
delle
grandi
forze
politiche
del
paese
.
Bisogna
tuttavia
chiedersi
perché
mai
politici
così
navigati
come
quelli
democristiani
si
siano
prestati
fino
a
ieri
,
e
si
mostrino
ancor
oggi
disposti
,
a
collaborare
alla
realizzazione
di
questo
disegno
:
che
,
in
qualunque
versione
lo
si
voglia
immaginare
,
passa
necessariamente
attraverso
una
drastica
riduzione
del
potere
della
Democrazia
cristiana
e
,
al
limite
,
attraverso
la
sua
eliminazione
come
forza
significativa
dalla
scena
politica
italiana
.
E
la
sola
risposta
plausibile
è
,
semplicemente
,
che
essi
non
ci
hanno
mai
creduto
,
e
non
hanno
preso
il
gran
disegno
demartiniano
troppo
sul
serio
.
Hanno
avuto
torto
?
Non
del
tutto
,
a
giudicare
il
De
Martino
dai
fatti
e
non
dalle
parole
.
A
sentir
queste
certamente
,
i
socialisti
si
sono
sempre
schierati
per
le
soluzioni
più
radicali
,
dal
disarmo
della
polizia
alla
demagogia
scolastica
,
alla
prepotenza
sindacale
,
alle
forme
più
viscerali
di
contestazione
culturale
:
ma
,
di
fatto
,
il
segretario
socialista
ha
sempre
evitato
di
compiere
passi
decisivi
,
rifiutandosi
all
'
alleanza
di
governo
e
mettendo
così
veramente
in
questione
,
la
possibilità
che
la
Democrazia
cristiana
riesca
a
conservare
il
potere
.
Qualche
volta
De
Martino
ha
capeggiato
manovre
che
per
qualche
tempo
hanno
tenuto
i
socialisti
fuori
del
governo
;
ma
sempre
conservando
con
la
Democrazia
cristiana
estesi
rapporti
di
sottogoverno
,
come
premessa
di
un
immancabile
sollecito
ritorno
.
Persino
nella
crisi
di
questi
giorni
,
più
grave
di
tutte
le
precedenti
,
in
confronto
alla
spensieratezza
del
vecchio
Nenni
,
De
Martino
ha
finito
per
impersonare
posizioni
più
caute
e
possibiliste
.
E
allora
ecco
che
il
grande
disegno
si
immeschinisce
alle
sue
vere
dimensioni
:
che
son
quelle
di
una
politica
di
provincia
,
mirante
solo
a
un
allargamento
della
propria
fetta
di
potere
e
,
se
possibile
,
a
un
aumento
di
suffragi
elettorali
,
attraverso
pressioni
e
minacce
di
tipo
ricattatorio
,
esercitate
fino
a
quando
appaiono
produttive
di
concrete
utilità
,
e
ritirate
poi
quando
si
profila
il
rischio
che
esse
vengano
raccolte
,
e
che
i
socialisti
debbano
trovarsi
davvero
a
fronteggiare
la
responsabilità
di
una
effettiva
trasformazione
della
società
italiana
.
Prospettiva
,
questa
,
di
fronte
alla
quale
De
Martino
ha
sempre
mostrato
di
esitare
;
non
tanto
perché
gli
pesi
la
misura
di
quella
responsabilità
,
ché
in
materia
egli
ha
sempre
dato
prova
di
grande
disinvoltura
:
ma
per
il
timore
che
una
effettiva
assunzione
dei
comunisti
al
potere
,
anche
in
forme
più
o
meno
larvate
,
significhi
la
fine
della
propria
autonomia
politica
e
il
proprio
declassamento
a
notabile
di
secondo
piano
dello
schieramento
frontista
.
E
'
già
triste
che
uomini
e
politiche
di
questo
livello
possano
esercitare
una
così
grande
influenza
nel
nostro
paese
.
Ma
ancora
più
gravi
sono
le
conseguenze
effettive
di
quella
politica
.
De
Martino
ha
rivelato
infatti
di
non
essere
in
grado
di
controllare
e
dosare
adeguatamente
,
come
pur
sarebbe
stato
necessario
ai
fini
della
sua
tecnica
di
potere
,
gli
intralci
da
lui
sistematicamente
creati
all
'
azione
di
governo
della
Democrazia
cristiana
e
le
facilitazioni
così
offerte
al
dispiegarsi
delle
forze
dell
'
opposizione
.
Ogni
volte
che
si
è
determinata
una
crisi
nella
vita
del
paese
,
l
'
intervento
del
socialismo
demartiniano
è
sempre
valso
a
paralizzare
ogni
ragionevole
azione
di
governo
,
ogni
politica
che
seriamente
mirasse
a
dare
dei
problemi
una
soluzione
ispirata
in
qualche
modo
agli
interessi
generali
del
paese
.
In
una
situazione
come
quella
italiana
,
carica
di
tante
tensioni
e
minata
da
tante
debolezze
,
ciò
ha
provocato
devastazioni
materiali
e
morali
davvero
ingiustificabili
:
col
risultato
di
rendere
concretamente
possibile
quell
'
ascesa
dei
comunisti
al
potere
che
De
Martino
e
i
suoi
hanno
tante
ragioni
di
paventare
.
Disgraziatamente
,
la
posta
in
gioco
va
molto
al
di
là
del
destino
di
costoro
,
e
del
posto
che
a
loro
sarà
riservato
nella
gerarchia
dei
notabili
della
sinistra
frontista
.
StampaQuotidiana ,
Bisogna
dunque
decidersi
ad
abbandonare
l
'
ottimismo
di
origine
liberale
e
illuministico
,
e
rinunciare
per
sempre
alla
speranza
che
l
'
esercizio
della
libertà
e
la
graduale
distribuzione
del
benessere
e
dell
'
istruzione
rendano
gli
uomini
migliori
e
più
adatti
alla
convivenza
civile
?
La
tentazione
è
forte
,
davanti
a
ciò
che
succede
intorno
a
noi
:
ma
è
necessario
resistere
,
se
non
vogliamo
venir
meno
alle
nostre
migliori
tradizioni
culturali
e
civili
e
ricadere
in
braccio
a
cupe
suggestioni
repressive
,
senza
prospettive
e
senza
avvenire
.
La
nostalgia
e
la
rivolta
contro
le
difficili
condizioni
di
vita
delle
società
industriali
tendono
a
rappresentare
sotto
una
luce
idilliaca
,
le
antiche
società
rurali
,
fondate
sull
'
autorità
e
sulla
tradizione
:
ma
non
possono
e
non
devono
farci
dimenticare
la
carica
di
brutalità
e
di
violenza
che
povertà
e
autoritarismo
alimentato
nel
loro
seno
,
e
che
il
progresso
civile
ha
contribuito
a
superare
e
a
dissolvere
.
Non
è
affatto
vero
che
industria
e
benessere
economico
siano
inevitabilmente
condannati
a
trascinare
con
sé
la
scia
ripugnante
della
criminalità
e
della
violenza
:
e
anzi
occorre
fermamente
reagire
ai
tentativi
di
accreditare
siffatte
credenze
,
in
cui
si
esprime
soltanto
il
conformismo
di
pseudo
-
scienziati
sociali
e
la
cattiva
coscienza
di
uomini
politici
alla
ricerca
di
alibi
immeritati
.
Davanti
allo
spettacolo
che
oggi
offrono
le
nostre
città
e
le
nostre
strade
sempre
più
spesso
insanguinate
è
piuttosto
da
ricordare
che
da
troppi
anni
la
violenza
è
tollerata
e
finanche
protetta
nella
lotta
politica
,
nelle
scuole
,
nelle
fabbriche
e
nelle
strade
.
Una
classe
dirigente
incapace
di
realizzare
una
politica
di
efficaci
riforme
ha
preferito
scaricare
sul
diretto
confronto
tra
le
classi
e
i
gruppi
sociali
la
risoluzione
dei
problemi
e
dei
contrasti
da
cui
è
travagliata
la
nostra
società
.
Ne
è
derivata
una
situazione
di
permanente
e
non
sempre
metaforica
conflittualità
che
ha
finito
per
esasperare
situazioni
e
rapporti
,
senza
dare
alcun
reale
contributo
alla
soluzione
dei
problemi
e
dunque
senza
alcun
vero
allentamento
delle
tensioni
.
E
tutto
ciò
a
costo
di
un
generale
indebolimento
delle
autorità
preposte
alla
tutela
dei
deboli
e
dei
non
organizzati
,
ormai
per
gran
parte
rassegnate
a
lasciare
che
la
sola
legge
ancora
valida
sia
quella
della
prepotenza
e
dell
'
intimidazione
.
Sulla
scia
aperta
dalla
violenza
politica
si
è
poi
instradata
quella
della
criminalità
comune
,
che
dalla
prima
ha
tratto
in
molti
casi
modelli
e
incoraggiamenti
.
Ma
questa
è
solo
una
parte
della
verità
.
In
questo
come
in
altri
settori
l
'
Italia
non
fa
che
vivere
in
modo
più
drammatico
,
grazie
alla
debolezza
delle
sue
istituzioni
,
problemi
che
sono
comuni
a
tutte
le
società
moderne
.
L
'
interpretazione
dei
rapporti
sociali
in
termini
esclusivamente
utilitaristici
e
materialistici
,
lo
scadimento
delle
antiche
idee
dell
'
uomo
,
un
tempo
concepito
a
immagine
e
somiglianza
di
Dio
e
oggi
diventato
,
in
tanta
parte
della
cultura
moderna
,
poco
più
che
un
fantoccio
intessuto
di
motivazioni
brutali
e
idee
degradanti
,
hanno
fatto
ben
poco
,
bisogna
confessarlo
,
per
accrescere
il
rispetto
dell
'
uomo
per
i
propri
simili
,
e
per
sviluppare
i
sentimenti
e
i
legami
di
solidarietà
;
e
lo
svuotamento
dei
valori
che
ne
deriva
ha
lasciato
ben
poco
per
cui
si
creda
di
poter
vivere
e
lottare
al
di
là
delle
immediate
e
basse
passioni
.
Su
questo
terreno
la
ricerca
del
denaro
,
la
suggestione
della
droga
,
persino
la
follia
del
delitto
gratuito
,
della
violenza
per
la
violenza
,
di
cui
si
sono
avuti
esempi
agghiaccianti
,
trovano
un
alimento
che
appare
inesauribile
.
Ma
tutto
ciò
non
ha
nulla
a
che
fare
con
le
strutture
che
sono
proprie
delle
società
industriale
.
In
realtà
,
per
molti
decenni
l
'
industria
e
il
progresso
civile
sono
cresciuti
parallelamente
in
gran
parte
del
mondo
occidentale
.
La
crisi
è
sopravvenuta
piuttosto
con
la
resa
graduale
del
mondo
di
princìpi
e
di
idee
da
cui
erano
nati
,
insieme
,
industrialismo
e
società
liberale
,
davanti
a
una
cultura
antiumanistica
che
nel
primo
ventennio
del
dopoguerra
si
atteggiò
,
nelle
università
e
nella
pubblicistica
,
nell
'
arte
,
nello
spettacolo
e
nel
costume
,
a
sola
voce
autorizzata
del
mondo
occidentale
.
Su
questo
terreno
la
cultura
e
la
società
moderna
sono
dunque
chiamate
a
una
severa
revisione
delle
troppo
facili
illusioni
a
cui
esse
si
sono
abbandonate
negli
ultimi
decenni
.
Problema
da
non
risolvere
certo
con
provvedimenti
a
effetto
immediato
:
ma
la
cui
esistenza
non
autorizza
chi
ha
la
responsabilità
di
provvedere
all
'
immediato
a
invocarne
la
complessità
e
sottrarsi
ai
compiti
,
educativi
e
politici
insieme
,
che
sono
di
sua
spettanza
.
StampaQuotidiana ,
Per
i
più
,
il
1968
richiama
alla
mente
il
maggio
francese
,
la
Sorbona
occupata
,
i
dieci
milioni
di
scioperanti
,
i
tre
minuti
di
De
Gaulle
alla
Televisione
,
la
grande
marcia
ai
Champs
-
Elysées
:
dimostrazione
drammatica
di
ciò
che
possa
,
in
un
momento
decisivo
della
vita
di
un
grande
paese
,
la
statura
eccezionale
di
un
uomo
,
l
'
energia
di
una
classe
dirigente
,
la
maturità
politica
di
una
società
risoluta
a
difendere
i
valori
primari
della
propria
tradizione
civile
.
E
tuttavia
,
quella
data
ha
un
significato
assai
maggiore
per
l
'
Italia
che
per
la
Francia
.
Perché
in
Francia
si
trattò
di
un
episodio
,
non
privo
certo
di
conseguenze
,
e
che
anzi
ebbe
parte
nel
determinare
,
l
'
anno
successivo
,
la
caduta
dello
stesso
De
Gaulle
;
ma
esso
non
modificò
nel
profondo
la
fisionomia
della
vita
politica
e
della
società
francesi
,
mentre
da
noi
gli
eventi
di
quell
'
anno
tagliano
in
due
la
storia
del
dopoguerra
,
e
aprono
la
nuova
fase
che
viviamo
tuttora
.
Ricordiamo
.
Tutto
cominciò
nelle
università
,
dietro
lo
schermo
dell
'
antico
privilegio
che
si
voleva
escludesse
la
forza
pubblica
dalla
sede
degli
studi
.
Si
videro
allora
i
più
dichiarati
progressisti
,
i
fautori
dell
'
università
di
massa
,
gli
assertori
di
una
totale
rottura
col
passato
,
farsi
paladini
all
'
estremo
della
medioevale
tradizione
immunitaria
.
Dietro
quello
schermo
,
il
campo
fu
libero
all
'
azione
di
gruppi
organizzati
,
decisi
a
imporre
comunque
la
propria
volontà
,
ad
assumere
il
controllo
fisico
delle
sedi
universitarie
,
a
impedirne
il
funzionamento
sino
alla
soppressione
di
ogni
dissenso
.
Dalle
università
il
metodo
si
estese
alle
fabbriche
,
agli
uffici
pubblici
,
alle
banche
,
agli
aeroporti
;
e
l
'
amnistia
per
i
ventiquattromila
reati
denunciati
in
occasione
dell
'
autunno
caldo
ne
consacrò
e
generalizzò
la
legittimità
.
Non
che
si
possa
parlare
di
ricorso
permanente
alla
violenza
fisica
,
all
'
aggressione
e
al
pestaggio
,
che
non
sono
certo
mancati
,
ma
in
un
dosaggio
oculato
che
,
unito
all
'
intimidazione
sistematica
e
a
una
serie
di
minori
ma
ininterrotte
vessazioni
,
nella
più
parte
dei
casi
si
è
rivelato
sufficiente
allo
scopo
.
E
non
è
neppure
che
dall
'
altra
parte
mancassero
dissensi
e
volontà
di
resistenza
:
ma
,
nella
mancanza
di
ogni
leadership
politica
,
e
nella
totale
latitanza
dei
partiti
democratici
di
centro
,
l
'
accusa
di
fascismo
,
agevolata
dalla
presenza
di
movimenti
di
estrema
destra
sempre
pronti
ad
assumersi
la
paternità
di
ogni
opposizione
alle
sinistre
,
è
bastata
quasi
sempre
a
eliminare
dalla
scena
tutti
coloro
,
ed
erano
la
grande
maggioranza
,
che
semplicemente
aspiravano
a
garantirsi
l
'
esercizio
dei
propri
diritti
e
l
'
osservanza
,
persino
,
dei
propri
doveri
.
In
tal
modo
si
è
avuto
,
in
ogni
settore
della
vita
del
paese
,
non
tanto
il
rovesciamento
del
vecchio
ordine
di
cose
quanto
la
proliferazione
di
una
serie
di
organismi
di
fatto
che
si
affiancano
e
si
contrappongono
a
quelli
legalmente
competenti
a
esercitare
i
poteri
decisionali
:
senza
riuscire
,
nella
più
parte
dei
casi
,
a
sostituirli
,
ma
forti
abbastanza
da
paralizzarli
,
da
bloccare
l
'
attuazione
di
ogni
direttiva
generale
che
non
sia
approvata
dai
detentori
del
potere
in
loco
,
da
contrapporre
,
alla
legge
che
si
dice
risultante
della
volontà
generale
.
l
'
altra
più
concreta
che
si
traduce
nella
imposizione
di
norme
e
comportamenti
ai
diretti
interessati
.
Realizzazione
estrema
e
in
certo
modo
emblematica
di
questo
processo
i
recenti
episodi
di
disobbedienza
civile
,
nei
quali
la
sostituzione
del
nuovo
tipo
di
legge
alla
vecchia
ha
assunto
forme
più
visibili
agli
occhi
di
tutti
.
Nel
linguaggio
di
certi
settori
politici
ciò
è
diventato
la
«
crescita
democratica
del
Paese
»
.
Ma
per
vedere
di
che
democrazia
si
tratti
sarà
opportuno
allargare
il
discorso
al
significato
di
queste
novità
nei
rapporti
tra
le
forze
politiche
e
,
anzi
,
nei
rapporti
dei
cittadini
tra
loro
.
Anzitutto
,
si
è
avuto
un
vistoso
spostamento
nei
rapporti
di
forza
tra
i
partiti
politici
,
del
tutto
indipendente
dal
numero
dei
suffragi
elettorali
che
essi
riuscivano
a
raccogliere
.
I
partiti
o
movimenti
,
parlamentari
ed
extraparlamentari
,
che
possono
disporre
di
una
efficiente
«
organizzazione
di
massa
»
,
e
cioè
della
capacità
di
assicurare
la
presenza
attiva
sul
luogo
della
vertenza
-
scuola
,
fabbrica
,
ospedale
o
ufficio
pubblico
che
sia
-
di
gruppi
di
propri
aderenti
decisi
a
prevalere
senza
troppo
badare
ai
mezzi
,
hanno
visto
crescere
in
modo
determinante
il
proprio
peso
politico
;
mentre
gli
altri
,
spesso
organizzati
in
vista
di
finalità
meramente
elettorali
,
hanno
subito
uno
scadimento
senza
precedenti
,
che
in
un
secondo
tempo
non
ha
mancato
di
avere
i
prevedibili
effetti
anche
sul
piano
elettorale
.
La
dissociazione
di
potere
e
responsabilità
in
Italia
ha
assunto
negli
ultimi
anni
dimensioni
macroscopiche
,
talora
vicine
alla
condizioni
limite
dell
'
assoluta
separazione
.
Lasciamo
da
parte
la
vicenda
propriamente
sindacale
,
dove
l
'
elemento
economico
gioca
un
ruolo
che
spesso
modifica
profondamente
le
linee
del
quadro
.
Ma
sul
piano
politico
è
chiaro
che
la
massima
secondo
la
quale
per
ottenere
l
'
approvazione
di
una
legge
una
dimostrazione
di
piazza
conta
più
di
qualunque
discorso
del
più
grande
oratore
parlamentare
(
Burdeau
)
ha
avuto
da
noi
verifiche
che
minacciano
di
ridurre
a
una
lustra
la
sovranità
dei
cittadini
espressa
dal
Parlamento
.
E
,
infatti
,
lo
stesso
fondamento
della
democrazia
a
suffragio
universale
che
ha
finito
per
essere
incrinato
in
modo
sempre
più
vistoso
,
come
da
anni
hanno
rilevato
i
più
attenti
osservatori
della
nostra
vita
pubblica
.
Il
principio
del
suffragio
universale
vorrebbe
infatti
che
la
volontà
politica
della
maggioranza
,
impersonata
dal
governo
liberamente
eletto
,
giungesse
attraverso
la
pubblica
amministrazione
a
reggere
gli
affari
comuni
.
Ma
è
chiaro
che
una
pubblica
amministrazione
paralizzata
o
impotente
tutte
le
volte
che
si
scontra
con
gli
interessi
particolari
,
e
ridotta
anzi
essa
stessa
a
una
congerie
di
gruppi
e
di
privilegi
sezionali
,
non
è
in
grado
di
tradurre
in
atto
alcun
genere
di
volontà
politica
:
col
risultato
di
annullare
e
render
privo
di
efficacia
l
'
esercizio
stesso
del
diritto
di
voto
da
parte
di
estesissime
categorie
di
cittadini
,
e
cioè
di
annullarne
di
fatto
i
diritti
politici
,
che
nella
gran
parte
si
riducono
per
essi
appunto
all
'
esercizio
del
voto
.
Si
è
dunque
finito
col
discriminare
di
fatto
i
cittadini
in
due
grandi
categorie
,
delle
quali
una
soltanto
dotata
di
diritti
politici
,
nella
misura
in
cui
dispone
di
strumenti
atti
a
esercitarli
nel
contesto
della
nostra
società
;
e
l
'
altra
pervasa
invece
da
un
sentimento
profondo
di
deprivazione
e
d
'
ingiustizia
,
per
la
confusa
sensazione
di
essere
stata
spossessata
di
una
serie
di
poteri
e
di
diritti
che
un
tempo
le
appartennero
,
e
dei
quali
peraltro
si
continua
a
proclamare
da
ogni
parte
l
'
intangibile
sacralità
.
Non
è
detto
che
la
spinta
nata
dai
fatti
del
1968
non
possa
tradursi
,
alla
lunga
,
in
forme
di
vera
democrazia
.
Quel
che
è
certo
è
che
non
potrà
mai
essere
qualificata
democratica
la
negazione
dei
diritti
politici
a
intere
categorie
di
cittadini
.
Riportare
questi
cittadini
in
seno
alla
società
politica
,
quali
membri
attivi
in
grado
di
parteciparvi
efficacemente
e
di
farvi
valere
la
propria
presenza
e
il
proprio
diritto
,
è
oggi
il
compito
primario
di
chi
si
proponga
,
di
fatto
e
non
a
parole
,
di
realizzare
una
democrazia
moderna
nel
nostro
paese
.
StampaQuotidiana ,
Nessuno
«
steccato
»
si
è
mostrato
più
tenace
nel
mondo
politico
italiano
di
quello
che
segna
il
confine
tra
i
partiti
di
democrazia
laica
e
lo
schieramento
cattolico
.
Trent
'
anni
di
stretta
collaborazione
politica
non
sono
bastati
a
superarlo
,
e
in
occasione
del
referendum
esso
è
riapparso
(
o
almeno
così
è
sembrato
)
più
netto
che
mai
.
Nei
cattolici
,
quella
separazione
si
richiama
al
ricordo
di
decenni
di
minorità
politica
,
alla
difficile
sopravvivenza
nel
quadro
di
uno
Stato
sorto
nel
segno
della
civiltà
laica
e
razionalista
,
eretto
sulle
rovine
del
potere
temporale
e
intinto
di
massoneria
.
Per
i
laici
,
è
in
gioco
un
patrimonio
ideale
certo
non
minore
,
formatosi
in
due
secoli
di
battaglie
civili
che
sono
tanta
parte
della
nostra
storia
.
Uguaglianza
dei
cittadini
di
tutte
le
confessioni
davanti
alla
legge
,
libertà
di
pensiero
,
sviluppo
di
una
concezione
della
vita
tutta
protesa
a
costruire
su
questa
terra
,
e
solo
su
di
essa
,
il
destino
e
l
'
avvenire
dell
'
uomo
,
emancipazione
dalle
forme
più
pesanti
e
visibili
di
autoritarismo
nella
vita
morale
e
nel
costume
:
nessun
italiano
potrebbe
far
getto
di
tutto
ciò
senza
negare
la
propria
appartenenza
al
mondo
e
alla
civiltà
moderna
.
Ma
proprio
l
'
universalità
di
questi
convincimenti
induce
a
chiedersi
se
quella
separazione
e
contrapposizione
abbia
ancora
un
'
attualità
politica
e
morale
,
o
se
non
sia
piuttosto
uno
dei
tanti
avanzi
del
passato
che
proiettano
la
loro
ombra
su
una
realtà
che
non
ha
ancora
saputo
prendere
coscienza
del
loro
superamento
.
Nell
'
Italia
di
oggi
la
libertà
di
pensiero
,
la
tolleranza
religiosa
,
la
laicità
della
scuola
sono
problemi
già
risolti
da
un
pezzo
a
livello
delle
istituzioni
,
e
una
profonda
trasformazione
del
costume
in
senso
laico
si
avverte
in
strati
sempre
più
larghi
della
società
.
Non
solo
lo
schieramento
pressoché
unanime
della
cultura
e
dei
mezzi
d
'
informazione
in
occasione
del
referendum
ha
mostrato
l
'
assoluta
prevalenza
che
le
tesi
laiche
hanno
ormai
conquistato
in
quegli
ambienti
:
ma
gran
parte
delle
forze
cattoliche
più
significative
,
fuori
e
dentro
le
strutture
ecclesiastiche
,
hanno
ormai
fatto
propri
quei
princìpi
,
con
motivazioni
diverse
certamente
,
ma
in
maniera
da
giungere
in
concreto
a
posizioni
analoghe
e
spesso
coincidenti
.
Lo
scontro
sul
divorzio
è
stato
in
effetti
aggravato
da
evidenti
riflessi
politici
:
ma
lo
stesso
tono
di
civiltà
su
cui
esso
è
avvenuto
mostra
come
anche
le
divergenze
che
rimangono
su
questo
terreno
siano
attenuate
da
uno
sfondo
di
reciproca
tolleranza
.
I
progressi
più
significativi
della
vita
democratica
nel
nostro
Paese
sono
dovuti
alla
collaborazione
inauguratasi
dopo
il
1945
fra
laici
e
cattolici
sotto
la
guida
di
Alcide
De
Gasperi
.
Essa
è
stata
un
fatto
di
enorme
rilievo
,
che
costituisce
la
riprova
migliore
del
successo
di
portata
storica
ottenuto
dall
'
idea
laica
della
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
e
che
consente
a
forze
diverse
di
convergere
sui
temi
concreti
della
realtà
politica
senza
alcun
riferimento
a
problemi
religiosi
,
che
restano
fondamentali
,
ma
riservati
al
terreno
,
che
è
loro
proprio
,
dell
'
intimità
delle
coscienze
.
Ora
,
la
democrazia
italiana
è
alla
vigilia
di
scadenze
di
estrema
gravità
sul
terreno
della
politica
economica
,
dell
'
ordine
pubblico
,
della
scuola
,
che
richiedono
la
stretta
collaborazione
di
tutte
le
forze
autenticamente
democratiche
,
laiche
e
cattoliche
.
Una
profonda
crisi
di
fiducia
ormai
investe
da
ogni
parte
la
Democrazia
cristiana
.
Chi
scrive
non
ne
auspica
certamente
la
spaccatura
.
Ma
è
innegabile
che
molti
cattolici
sono
profondamente
delusi
del
partito
che
per
tanti
anni
li
ha
rappresentati
,
e
si
sentono
di
fatto
più
vicini
alle
posizioni
tenute
dai
partiti
laici
.
Sarebbe
un
errore
gravissimo
,
da
parte
di
questi
partiti
,
condizionare
l
'
adesione
dei
cattolici
a
inammissibili
rinunce
ideali
e
di
coscienza
,
continuando
a
insistere
su
contrapposizioni
polemiche
che
varrebbero
solo
a
respingere
molti
di
essi
su
posizioni
estreme
,
di
destra
o
di
sinistra
.
Il
problema
che
si
pone
oggi
in
Italia
non
è
infatti
la
costruzione
di
una
democrazia
laica
,
che
si
può
considerare
ormai
acquisita
nel
nostro
paese
,
ma
la
difesa
e
lo
sviluppo
di
una
democrazia
liberale
di
tipo
occidentale
,
nella
quale
le
forze
politiche
si
distinguono
solo
in
relazione
a
problemi
politici
:
come
da
tempo
accade
non
solo
nel
mondo
anglosassone
,
ma
anche
in
un
paese
di
tradizioni
cattoliche
e
anticlericali
insieme
come
la
Francia
.