StampaPeriodica ,
I
.
Che
il
sindacato
non
possa
fare
e
che
quindi
non
farà
mai
né
in
Italia
né
fuori
d
'
Italia
la
rivoluzione
è
una
verità
relativamente
pacifica
da
alcuni
anni
a
questa
parte
.
Il
passaggio
dalle
economie
individuali
a
quelle
sempre
più
nazionali
e
internazionali
ha
tolto
al
proletariato
ogni
speranza
di
potersi
sostituire
alla
classe
capitalistica
.
Esso
sa
di
non
avere
la
competenza
necessaria
a
dirigere
la
vita
economica
.
Sa
anche
che
questa
competenza
non
potrà
mai
acquistarla
perché
appena
un
membro
della
classe
operaia
si
eleva
culturalmente
al
di
sopra
della
media
,
esce
dalla
classe
depauperandola
del
suo
contributo
.
Nonostante
tutta
la
retorica
dei
socialisti
,
la
classe
operaia
non
potrà
mai
elevarsi
al
livello
della
classe
capitalistica
per
il
semplice
fatto
che
la
classe
ha
porte
di
uscita
verso
l
'
alto
e
che
non
v
'
è
nessun
peggiore
capitalista
dell
'
ex
-
proletario
.
La
classe
concepita
come
strumento
di
difesa
finisce
con
l
'
essere
il
limite
insuperabile
di
chi
vi
si
è
rinchiuso
.
II
Che
il
sindacato
non
possa
controllare
o
comunque
intervenire
nell
'
azienda
deve
risultare
chiaro
a
chi
rifletta
al
fine
che
dovrebbe
avere
un
tale
intervento
.
Esso
dovrebbe
limitarsi
a
un
compito
di
informazione
che
consentisse
poi
ad
una
più
efficace
difesa
dei
lavoratori
.
Ora
,
il
concetto
stesso
di
una
informazione
che
non
implichi
direzione
si
risolve
in
una
contraddizione
in
termini
per
lo
meno
sterile
,
ma
quasi
certamente
dannosa
e
disgregatrice
.
Non
si
avvicina
il
lavoro
all
'
azienda
,
ma
si
accentua
il
dualismo
degli
interessi
delle
classi
opposte
a
tutto
svantaggio
del
superiore
interesse
della
produzione
.
Al
solito
si
dimentica
la
corporazione
che
ne
è
il
vero
rappresentante
e
che
sola
può
e
deve
entrare
nell
'
azienda
perché
soltanto
essa
è
in
grado
di
informarsi
e
dirigere
al
tempo
stesso
e
soltanto
essa
può
giudicare
il
sistema
di
interferenze
degli
interessi
da
armonizzare
.
Controlla
chi
ha
una
visione
superiore
e
una
superiore
competenza
non
chi
ha
preparazione
inferiore
e
ha
interessi
di
parte
.
III
Che
il
sindacato
non
possa
continuare
per
molto
tempo
a
fare
il
contratto
collettivo
è
una
conseguenza
che
si
trae
dalla
stessa
critica
del
controllo
aziendale
.
Contratto
collettivo
vuol
dire
determinazione
di
alcuni
elementi
del
sistema
(
in
particolare
orari
e
salari
)
;
ma
,
se
è
vero
che
l
'
economia
corporativa
è
economia
programmatica
,
ne
deriva
che
non
è
possibile
determinare
alcuni
elementi
del
sistema
(
orari
,
salari
)
senza
determinarli
tutti
(
produzione
,
consumo
)
.
Il
sindacato
,
evidentemente
,
non
può
determinarli
tutti
,
ché
in
tal
caso
non
sarebbe
parte
,
ma
totalità
,
e
deve
dunque
lasciare
il
compito
di
farlo
a
chi
rappresenta
appunto
la
totalità
,
ossia
alla
corporazione
.
Chi
ha
seguito
i
primi
lavori
delle
corporazioni
ha
potuto
già
avere
una
certa
conferma
di
questa
inevitabile
prossima
conclusione
in
alcune
norme
dettate
per
la
compilazione
dei
contratti
collettivi
.
IV
.
Che
il
sindacato
non
possa
avere
funzioni
di
elevazione
culturale
del
proletariato
è
anch
'
essa
una
conseguenza
che
si
deve
trarre
dal
concetto
di
parte
proprio
del
sindacato
in
contrapposto
al
concetto
di
universalità
proprio
della
cultura
.
Educarsi
significa
uscire
dalla
propria
particolarità
ed
entrare
in
commercio
spirituale
con
gli
altri
:
in
senso
più
specifico
avvicinarsi
ai
migliori
e
elevarsi
fino
a
loro
.
Così
che
una
classe
può
educarsi
non
chiudendosi
in
un
'
astratta
opera
di
autodidattica
(
l
'
autodidattica
senza
l
'
eterodidattica
è
vana
presunzione
)
,
bensì
convivendo
spiritualmente
con
le
altre
classi
;
non
chiudendosi
in
organizzazioni
di
classe
,
ma
partecipando
a
organizzazioni
che
trascendono
la
realtà
della
classe
.
Soltanto
per
questa
via
il
proletario
acquisterà
nozione
dei
suoi
limiti
,
coscienza
delle
posizioni
da
raggiungere
,
e
non
scambierà
ridicolmente
per
scienza
e
per
cultura
il
riecheggiamento
disorganico
delle
più
disparate
cognizioni
.
Anche
e
soprattutto
in
questo
campo
la
vaga
ideologia
socialista
della
dittatura
del
proletariato
ha
fatto
diffondere
nei
propagandisti
meno
intelligenti
e
nelle
masse
la
persuasione
che
della
cultura
come
del
capitale
ci
si
possa
impadronire
con
la
violenza
.
E
,
come
per
il
capitale
,
anche
e
soprattutto
per
la
cultura
è
certo
che
il
sindacato
non
riuscirà
mai
a
conquiste
effettive
e
sistematiche
.
V
.
Che
il
sindacato
,
infine
,
non
abbia
più
ragione
di
sussistere
è
una
conclusione
che
si
deve
trarre
dalle
considerazioni
che
precedono
e
che
tutte
possono
riassumersi
nel
carattere
democratico
,
particolaristico
e
materialistico
del
sindacalismo
e
del
socialismo
in
genere
.
Esso
ha
valore
e
significato
nel
disordinato
conflitto
delle
forze
sociali
in
un
regime
liberale
individualistico
dove
trionfa
l
'
arbitrio
e
la
violenza
,
ed
ha
assolto
il
compito
storico
di
elemento
dialettico
propulsore
del
sistema
capitalistico
,
ma
tramonta
per
sempre
il
giorno
in
cui
ci
si
convince
che
la
vita
sociale
è
sistema
risultante
da
un
esplicito
programma
determinato
attraverso
una
comune
volontà
.
Un
'
ultima
obiezione
si
può
affacciare
di
fronte
alla
conclusione
alla
quale
si
è
pervenuti
ed
è
che
,
pur
ammesso
il
trapasso
delle
funzioni
del
sindacato
alla
corporazione
,
ci
sarà
tuttavia
bisogno
dei
sindacati
per
formare
le
corporazioni
.
L
'
organo
centrale
disciplinatore
della
vita
economica
in
tanto
può
avere
una
visione
superiore
e
totalitaria
in
quanto
rappresenta
tutte
le
forze
produttive
e
quindi
anche
gli
esponenti
del
lavoro
designati
dai
sindacati
.
Inteso
in
tal
guisa
,
il
sindacato
dovrebbe
avere
una
funzione
elettoralistica
nei
riguardi
della
corporazione
e
in
tale
funzione
esaurire
la
sua
ragion
d
'
essere
e
la
sua
attività
.
Ora
,
non
è
il
caso
di
ripetere
qui
le
critiche
perentorie
ormai
da
un
pezzo
rivolte
a
ogni
criterio
elettoralistico
e
rappresentativo
.
Anche
a
voler
ammettere
come
tuttora
valide
tali
esigenze
,
deve
essere
chiaro
che
,
se
le
corporazioni
restano
organismi
centrali
e
risultano
composte
soltanto
di
alcune
centinaia
di
persone
,
ogni
effettivo
ponte
tra
il
sistema
sindacale
e
il
sistema
corporativo
è
completamente
da
escludersi
.
I
pochi
rappresentanti
dei
lavoratori
(
lavoratori
o
legali
ch
'
essi
siano
)
vengono
necessariamente
a
trovarsi
su
di
una
piattaforma
politica
di
notorietà
che
deve
far
nascere
in
loro
altri
sentimenti
e
altri
interessi
che
non
siano
quelli
di
chi
è
soltanto
un
modesto
lavoratore
.
Ma
,
a
parte
tutto
ciò
,
il
lavoratore
che
entra
nella
corporazione
rappresenta
pariteticamente
di
fronte
al
capitale
il
lavoro
,
cioè
un
interesse
contro
un
altro
,
non
una
competenza
tecnica
superiore
che
risponda
al
fine
precipuo
della
corporazione
di
dirigere
con
superiore
consapevolezza
la
vita
sociale
.
Il
lavoratore
che
entra
nella
corporazione
,
in
altri
termini
,
abbassa
sul
piano
degli
interessi
più
materialistici
,
rispondenti
alla
sua
minore
preparazione
culturale
e
spirituale
,
la
discussione
dei
problemi
superiori
;
e
soltanto
a
questa
condizione
può
partecipare
attivamente
alla
determinazione
della
volontà
comune
corporativa
.
Che
se
invece
la
corporazione
dovesse
essere
davvero
la
più
eccelsa
espressione
dell
'
intelligenza
della
Nazione
e
perciò
dovesse
svolgere
davvero
la
sua
opera
sul
piano
consentitole
dalla
superiore
preparazione
,
i
rappresentanti
dei
lavoratori
non
avrebbero
che
ben
poco
da
dirvi
e
la
loro
presunta
funzione
paritetica
sarebbe
evidentemente
un
non
senso
.
L
'
assurdo
dipende
dal
fatto
che
il
lavoratore
che
entra
nelle
corporazioni
non
vi
entra
gerarchicamente
per
selezione
di
competenze
,
ma
democraticamente
per
astuzia
di
politicanti
.
Egli
non
rappresenta
il
lavoro
,
essendo
il
migliore
dei
tecnici
,
ma
rappresenta
la
massa
dei
lavoratori
,
come
uno
tra
gli
altri
:
non
ha
virtù
per
dirigere
,
ma
abilità
per
godere
della
fiducia
dei
compagni
e
per
difendere
i
loro
interessi
.
Ne
deriva
che
la
corporazione
assume
una
fisionomia
ibrida
in
cui
la
coscienza
del
problema
da
risolvere
nel
modo
migliore
per
il
bene
di
tutti
è
offuscata
dalla
pressione
incompetente
dei
difensori
di
interessi
particolari
di
classi
o
di
gruppi
o
più
spesso
di
individui
.
Le
ragioni
che
ci
hanno
indotto
alla
critica
del
sindacato
valgono
anche
a
determinare
i
criteri
per
l
'
approfondimento
teorico
e
pratico
delle
funzioni
e
dei
fini
delle
corporazioni
.
È
evidente
che
la
negazione
del
sindacato
non
può
essere
giustificata
se
non
si
potenzia
la
corporazione
,
facendo
da
essa
assolvere
in
modo
più
compiuto
ed
organico
i
compiti
dei
sindacati
.
La
critica
,
dunque
,
implica
una
ricostruzione
e
solo
alla
luce
di
questa
essa
può
chiarirsi
in
tutta
la
sua
portata
.
Fine
precipuo
del
sindacato
ci
è
risultato
essere
la
difesa
degli
interessi
del
lavoratore
o
meglio
delle
classi
opposte
:
fine
,
invece
,
della
corporazione
la
direzione
della
vita
sociale
da
un
punto
di
vista
extraclassista
.
Il
problema
che
perciò
si
pone
è
di
risolvere
il
sindacato
nella
corporazione
facendo
operare
direttamente
in
questa
il
lavoratore
.
Se
potremo
raggiungere
tale
risultato
avremo
definitivamente
superato
il
dualismo
classista
e
avremo
elevato
il
lavoratore
dal
terreno
materialistico
dell
'
interesse
di
parte
a
quello
veramente
politico
della
competenza
tecnica
.
È
stata
già
fatta
da
qualcuno
la
proposta
del
sindacato
unico
del
lavoro
o
sindacato
dei
produttori
che
si
differenzierebbe
dal
sindacato
misto
in
quanto
non
raccoglierebbe
insieme
datori
di
lavoro
e
lavoratori
,
ma
soltanto
lavoratori
nel
senso
più
comprensivo
della
parola
,
dal
manovale
al
grande
imprenditore
.
Sarebbero
esclusi
i
datori
di
lavoro
o
i
capitalisti
in
quanto
meri
detentori
di
capitali
o
proprietari
di
aziende
.
Un
simile
sindacato
,
fondato
su
di
un
concetto
più
adeguato
del
termine
lavoro
e
soprattutto
sul
superamento
del
dualismo
di
lavoro
e
tecnica
,
rappresenta
certamente
il
massimo
ideale
che
oggi
possa
concepirsi
sul
terreno
sindacale
.
È
il
più
gran
passo
che
il
sindacalismo
possa
fare
per
giungere
alla
corporazione
.
Tuttavia
tra
il
sindacato
unico
e
la
corporazione
vi
è
ancora
un
abisso
.
Sindacato
unico
vuol
dire
organizzazione
politica
accanto
all
'
organizzazione
produttiva
:
corporazione
,
invece
,
organizzazione
politica
coincidente
con
l
'
organizzazione
produttiva
,
attraverso
un
'
unica
gerarchia
tecnica
.
Per
individuare
le
tappe
della
trasformazione
del
regime
sindacale
in
regime
corporativo
,
sarà
opportuno
prendere
lo
spunto
dalle
attuali
ventidue
corporazioni
.
La
loro
caratteristica
è
data
appunto
dalla
più
o
meno
esplicita
identificazione
che
in
esse
si
raggiunge
della
competenza
tecnica
e
della
competenza
politica
:
allorché
esse
dettano
una
norma
direttiva
per
un
determinato
campo
della
produzione
,
tale
norma
ha
una
validità
tecnica
inscindibile
dalla
validità
politica
.
In
altri
termini
la
corporazione
supera
ogni
dualismo
di
interesse
e
dovere
,
di
individuo
e
di
Stato
,
di
classi
contrastanti
.
La
sua
volontà
è
volontà
statale
come
autogoverno
della
nazione
.
Tutto
questo
in
linea
teorica
e
sia
pure
in
linea
giuridica
.
In
linea
di
fatto
poi
l
'
ideale
non
può
essere
ancora
raggiunto
perché
vi
è
soluzione
di
continuità
tra
corporazione
e
organismi
produttivi
,
tra
corporazione
e
sindacati
.
Tra
corporazione
e
organismi
produttivi
perché
la
corporazione
non
è
l
'
apice
della
gerarchia
delle
aziende
e
non
si
riconnette
perciò
gerarchicamente
agli
organi
esecutivi
della
norma
da
essa
dettata
:
tra
corporazione
e
sindacati
perché
i
sindacati
non
sono
neanche
essi
gerarchicamente
ordinati
in
modo
da
far
capo
alle
corporazioni
,
né
si
occupano
della
norma
corporativa
in
quanto
norma
tecnica
della
produzione
.
Né
vi
è
da
sperare
che
la
soluzione
di
continuità
possa
attenuarsi
in
un
prossimo
domani
,
permanendo
l
'
attuale
organizzazione
aziendale
e
sindacale
,
perché
il
dualismo
è
in
essa
costituzionale
.
L
'
unità
di
tecnica
e
politica
che
si
ha
nella
corporazione
si
scinde
nella
tecnica
aziendale
e
nella
politica
sindacale
,
senza
che
rimanga
luogo
per
la
formazione
di
gerarchie
unitarie
che
trovino
il
logico
sbocco
nella
corporazione
centrale
.
Ne
segue
che
,
al
centro
,
le
ventidue
corporazioni
non
risultano
organicamente
da
una
selezione
di
uomini
svoltasi
gerarchicamente
,
ma
sono
costituite
attraverso
una
scelta
relativamente
arbitraria
,
poco
tecnica
e
perciò
poco
politica
,
effettuata
da
uno
Stato
trascendente
la
corporazione
e
non
legato
neppure
esso
alla
gerarchia
corporativa
.
Basta
porre
in
tal
guisa
il
problema
perché
la
soluzione
appaia
subito
chiara
.
Dalla
corporazione
centrale
si
dovrebbe
poter
passare
a
organismi
corporativi
dipendenti
sempre
più
periferici
fino
a
raggiungere
l
'
azienda
,
e
tutti
i
lavoratori
(
la
figura
del
datore
di
lavoro
in
quanto
non
lavoratore
andrebbe
naturalmente
esclusa
)
dovrebbero
trovar
posto
lungo
la
scala
corporativa
così
costituita
.
Quanto
poi
al
criterio
per
la
formazione
della
scala
,
trattandosi
di
una
gerarchia
politica
che
si
identifica
con
quella
produttiva
,
non
può
valere
che
la
competenza
tecnica
sanzionata
in
veri
e
propri
gradi
numericamente
distinti
.
Non
v
'
è
nessuna
ragione
per
non
trasportare
nel
campo
del
lavoro
il
criterio
gerarchico
oggi
vigente
nell
'
amministrazione
dello
Stato
e
trasportarlo
anzi
con
gli
stessi
gradi
in
modo
da
accomunare
fin
d
'
ora
tutti
i
lavoratori
,
che
tutti
nello
Stato
e
per
lo
Stato
lavorano
.
Non
più
sindacato
ma
corporazione
:
non
più
due
classi
contrapposte
,
ma
tredici
o
più
gradi
di
un
'
unica
scala
che
tutti
possano
salire
:
non
presunta
e
irrealizzabile
pariteticità
,
ma
selezione
continua
dei
migliori
per
il
migliore
autogoverno
di
tutti
.
Alla
logica
di
tale
soluzione
si
oppone
soltanto
il
grande
pericolo
segnato
dal
periodo
di
transizione
.
Inquadrare
oggi
tutti
i
lavoratori
in
una
gerarchia
bene
determinata
significa
in
certo
senso
consolidare
l
'
attuale
gerarchia
di
fatto
sorta
in
regime
capitalistico
e
rispondente
ai
criteri
di
selezione
propri
del
capitalismo
.
I
grandi
industriali
entrerebbero
a
far
parte
del
primo
grado
,
i
manovali
dell
'
ultimo
grado
della
gerarchia
e
tutto
potrebbe
sembrare
inalterato
.
L
'
obiezione
è
certamente
grave
e
sarebbe
inutile
nasconderne
quel
tanto
che
è
indiscutibile
.
Ma
sarebbe
atteggiamento
sterile
quello
di
chi
si
arrestasse
di
fronte
al
residuo
negativo
e
non
tenesse
conto
delle
nuove
condizioni
e
delle
nuove
forze
che
si
metterebbero
in
atto
.
Intanto
scomparirebbe
ufficialmente
dalla
gerarchia
sociale
la
figura
del
capitalista
e
del
proprietario
non
lavoratore
,
e
basterebbe
questo
per
eliminare
uno
degli
aspetti
più
immorali
e
più
materialistici
del
vecchio
regime
.
Ma
la
differenza
sostanziale
consisterebbe
nell
'
eliminazione
dell
'
abisso
tra
datore
di
lavoro
e
lavoratore
che
caratterizza
in
modo
costituzionale
e
pressoché
irriducibile
due
classi
sociali
.
La
distanza
che
separa
un
grado
gerarchico
da
un
altro
in
una
scala
di
tredici
gradi
è
ben
diversa
da
quella
che
separa
una
classe
da
un
'
altra
.
Che
la
scala
si
salga
è
la
regola
,
che
l
'
abisso
si
salti
è
l
'
eccezione
.
E
se
anche
tra
il
primo
e
l
'
ultimo
grado
della
scala
può
sembrare
vi
sia
sia
pure
molto
attenuato
lo
stesso
abisso
che
tra
le
due
classi
sociali
,
non
v
'
è
tuttavia
alcun
grado
della
scala
in
cui
la
diversità
diventi
radicale
e
in
cui
perciò
l
'
abisso
si
determini
.
La
distanza
tra
le
classi
è
data
dalla
diversa
natura
sociale
laddove
la
distanza
dei
gradi
non
può
essere
data
che
dalla
differenziazione
della
capacità
tecnica
:
è
questo
il
carattere
distintivo
delle
due
specie
di
gerarchie
e
in
sostanza
del
regime
capitalista
e
del
regime
corporativo
.
Allorché
ci
si
pone
il
problema
della
formazione
delle
gerarchie
e
si
definisce
il
fascismo
regime
gerarchico
,
s
'
intende
appunto
sostituire
a
un
criterio
naturalistico
ed
ereditario
un
principio
spirituale
di
selezione
.
Le
diversità
economiche
e
politiche
sono
portate
al
livello
tecnico
,
garanzia
di
superiore
oggettività
.
La
coscienza
gerarchica
del
fascismo
è
nell
'
intuizione
che
la
storia
della
civiltà
consiste
nel
processo
di
tecnicizzazione
delle
gerarchie
politiche
,
cui
corrisponde
il
processo
di
elevazione
dall
'
arbitrio
alla
libertà
.
Perché
poi
dallo
stato
di
transizione
in
cui
si
convalida
in
qualche
modo
l
'
attuale
gerarchia
sia
possibile
pensare
all
'
eliminazione
di
ogni
residuo
del
vecchio
regime
,
occorre
naturalmente
rendere
effettiva
la
parità
dei
diritti
di
fronte
al
lavoro
.
Occorre
cioè
che
l
'
ascesa
della
scala
non
sia
condizionata
inizialmente
dal
fattore
capitalistico
.
Su
questo
terreno
si
sposta
radicalmente
il
problema
della
formazione
della
gerarchia
corporativa
e
su
questo
terreno
va
coraggiosamente
imposto
e
risolto
.
La
differenziazione
delle
capacità
tecniche
ha
valore
morale
soltanto
se
tutti
sono
posti
in
grado
di
educarsi
con
gli
stessi
mezzi
.
Sarà
un
'
eguaglianza
che
avrà
tuttavia
limiti
naturalistici
contro
cui
converrà
continuare
a
combattere
,
ma
che
non
sarà
negata
a
priori
da
una
diversità
istituzionale
di
carattere
generale
.
A
questo
patto
l
'
ideale
corporativo
supera
l
'
ambito
di
una
trasformazione
economica
e
professionale
e
caratterizza
la
rivoluzione
fascista
nella
sua
essenza
politica
superiore
o
etica
e
nella
sua
portata
di
carattere
universale
.
Una
delle
prime
conseguenze
sarà
la
liquidazione
definitiva
del
lato
demagogico
del
socialismo
,
impostato
sull
'
esaltazione
del
lavoro
nella
sua
accezione
meno
elevata
e
nella
conseguente
esaltazione
del
proletariato
.
Il
fascismo
non
permette
all
'
operaio
nessuna
dittatura
,
ma
soltanto
il
diritto
di
salire
la
scala
gerarchica
del
lavoro
a
parità
di
condizioni
.
s
'
egli
non
saprà
salire
resti
ai
primi
gradini
,
ma
non
pretenda
nessuna
gesuitica
pariteticità
di
comando
.
In
regime
di
corporativismo
integrale
al
centro
giungeranno
i
supremi
gerarchi
e
non
v
'
è
alcuna
ragione
di
far
giungere
i
cosiddetti
rappresentanti
dei
lavoratori
,
vale
a
dire
i
lavoratori
che
hanno
dimostrato
di
non
avere
le
qualità
per
salire
.
Il
motivo
sentimentale
,
pietoso
e
lusingatore
,
del
socialismo
non
ha
più
alcuna
giustificazione
una
volta
costruita
la
gerarchia
tecnicamente
.
Al
centro
si
va
per
raccogliere
le
fila
del
lavoro
compiuto
da
tutti
e
per
determinare
nelle
sue
linee
definitive
un
piano
o
un
programma
sociale
a
cui
tutti
hanno
collaborato
.
Ma
se
è
così
,
soltanto
coloro
che
sono
le
espressioni
delle
più
alte
competenze
hanno
il
diritto
,
il
dovere
e
la
possibilità
di
arrivarvi
.
Il
corporativismo
paritetico
deve
cedere
il
posto
al
corporativismo
gerarchico
...