StampaPeriodica ,
Giuliano
Ferrara
ingrassa
(
di
felicità
)
quanto
più
fa
il
malandrino
.
Dopo
il
fallimento
della
sua
malandrinata
in
Mugello
,
è
tornato
a
me
.
Tornato
perché
è
da
parecchio
che
ingrassa
punzecchiandomi
.
Quando
era
direttore
di
«
Panorama
»
,
il
suo
settimanale
non
perdeva
occasione
per
sfruculiarmi
.
Ora
che
la
sua
ammiraglia
è
diventata
«
Il
Foglio
»
,
Giulianone
(
o
il
suo
elefantino
)
provvede
da
sé
,
a
viso
aperto
.
A
fine
anno
è
partito
lancia
in
resta
contro
un
mio
libriccino
,
Homo
videns
,
dandomi
di
«
editorialista
supercilioso
»
,
scagliandomi
contro
dotti
richiami
a
Parmenide
,
Platone
e
Aristotele
,
e
addirittura
chiedendosi
:
«
Leggono
questi
professori
?
»
.
Stavo
ancora
contando
le
mie
letture
,
quand
'
ecco
che
mi
arriva
addosso
un
'
altra
bordata
.
E
finalmente
ho
capito
che
Ferrara
stava
ingrassando
troppo
(
di
felicità
)
,
e
che
per
il
suo
bene
era
bene
farlo
soffrire
.
Anche
se
mi
rendo
conto
che
l
'
impresa
è
titanica
.
L
'
ultima
bordata
si
intitola
:
«
Nel
'93
Sartori
e
Panebianco
dicevano
peste
e
corna
del
Mattarellum
.
Si
sbagliavano
(
la
legge
ha
funzionato
)
.
Ora
ce
l
'
hanno
con
le
riforme
»
.
Sottotitolo
:
«
Due
maestri
di
politologia
non
fanno
i
conti
con
le
previsioni
sbagliate
»
(
«
Il
Foglio
»
del
13
febbraio
)
.
Non
posso
rispondere
per
Angelo
Panebianco
;
ma
,
visto
che
sono
d
'
accordo
con
lui
,
sono
prontissimo
a
prendere
in
carico
anche
le
sue
colpe
.
Il
Mattarellum
,
cioè
la
legge
elettorale
attualmente
in
vigore
,
ha
funzionato
?
Le
previsioni
sono
state
sbagliate
?
Vediamo
.
A
una
mente
di
aristotelica
possanza
non
dovrebbe
essere
spiegato
che
il
successo
,
qualsiasi
successo
,
si
misura
su
un
obiettivo
,
si
commisura
a
uno
scopo
.
Ma
tant
'
è
.
Quindi
a
Ferrara
spiego
che
anche
lui
è
tenuto
,
come
gli
altri
comuni
mortali
,
a
partire
da
questo
quesito
:
qual
è
,
o
quale
dovrebbe
essere
,
l
'
intento
di
una
riforma
elettorale
oggi
in
Italia
?
Al
quesito
gli
esperti
e
le
persone
sensate
rispondono
che
noi
soffriamo
di
troppi
partiti
,
di
troppa
frammentazione
,
e
quindi
che
il
nostro
obiettivo
prioritario
è
adottare
un
sistema
elettorale
che
riduca
il
numero
dei
partiti
e
che
li
costringa
ad
aggregarsi
.
Stranamente
il
Nostro
nemmeno
dà
mostra
di
essersi
mai
imbattuto
in
questa
tesi
(
ma
cosa
legge
Giulianone
sapiens
?
)
,
e
quindi
non
la
mette
in
conto
.
Per
lui
il
Mattarellum
ha
funzionato
a
questo
titolo
:
perché
i
partiti
si
sono
tutti
salvati
,
e
sono
addirittura
aumentati
.
Ma
questa
era
,
appunto
,
la
previsione
mia
,
di
Panebianco
e
dei
politologi
in
generale
.
La
previsione
era
dunque
esattissima
.
Mentre
resta
da
dimostrare
perché
mai
un
risultato
di
accresciuta
frammentazione
sia
utile
al
paese
e
serva
l
'
interesse
generale
.
Hic
Rhodus
,
hic
salta
.
Ma
il
nostro
Giulianone
salta
via
,
salta
da
un
'
altra
parte
.
Difatti
Ferrara
devia
il
discorso
sul
fatto
che
il
Mattarellum
ha
funzionato
nel
produrre
due
coalizioni
vincenti
,
prima
quella
di
Berlusconi
e
poi
quella
dell
'
Ulivo
.
E
Pierino
(
pardon
:
Ferrara
)
racconta
la
vicenda
così
.
«
Alle
elezioni
politiche
del
marzo
1994
la
nuova
legge
elettorale
[...]
produsse
per
la
prima
volta
una
maggioranza
definita
,
quella
del
Polo
[...]
scelta
dai
cittadini
(
l
'
incidente
della
maggioranza
debole
al
Senato
non
ebbe
conseguenze
sul
voto
di
fiducia
)
.
E
il
nuovo
Parlamento
,
anziché
rischiare
la
paralisi
come
paventavano
i
politologi
,
portò
alla
formazione
del
governo
Berlusconi
,
il
quale
cadde
[...]
non
perché
la
legge
elettorale
fosse
un
'
pasticcio
'
[...]
come
volevano
i
professori
ma
perché
la
coalizione
esplose
sotto
i
colpi
di
mortaio
di
Bossi
e
si
rivelò
un
'
alleanza
politicamente
impossibile
»
.
Mi
scuso
per
la
lunga
citazione
,
troppo
bella
per
lasciarsela
scappare
,
che
compenserò
con
chiose
brevi
.
Primo
.
Anche
in
passato
abbiamo
avuto
maggioranze
definite
,
in
genere
pentapartitiche
o
quadripartitiche
come
oggi
.
Quale
sarebbe
la
differenza
?
Che
non
erano
scelte
dai
cittadini
?
Che
erano
meno
obbligate
di
quelle
prodotte
dal
Mattarellum
?
Detto
o
mal
detto
così
,
il
punto
mi
sfugge
.
Secondo
.
È
inesatto
che
Berlusconi
avesse
una
maggioranza
debole
al
Senato
:
non
l
'
aveva
proprio
.
E
poi
il
problema
di
avere
una
maggioranza
si
pone
per
tutto
il
tempo
della
legislatura
,
non
soltanto
al
voto
di
fiducia
.
Terzo
.
La
paralisi
paventata
dai
politologi
non
,
è
del
Parlamento
ma
della
governabilità
,
ed
è
prodotta
,
appunto
,
da
alleanze
impossibili
.
Come
il
nostro
avverte
,
senza
però
avvertire
di
contraddirsi
.
Quarto
.
Se
la
coalizione
di
Silvio
Berlusconi
esplose
per
colpa
di
Umberto
Bossi
è
ovviamente
perché
Bossi
era
un
partner
indispensabile
di
quella
coalizione
.
Chi
lo
aveva
reso
tale
?
Sì
,
gli
elettori
.
Ma
anche
una
pessima
legge
elettorale
.
Dunque
il
nesso
con
il
sistema
elettorale
c
'
è
,
anche
se
Ferrara
non
lo
vede
o
fa
finta
di
non
vederlo
.
Ripartiamo
dalla
domanda
:
qual
è
lo
scopo
di
un
sistema
elettorale
?
In
attesa
che
Ferrara
dimostri
perché
dovrebbe
essere
la
frantumazione
di
un
sistema
partitico
,
debbo
tornare
a
rispondere
che
in
Italia
occorre
oggi
un
sistema
che
riduca
e
aggreghi
i
partiti
.
Quando
si
passa
a
considerare
la
governabilità
,
lo
scopo
primario
diventa
prefigurare
coalizioni
di
governo
quanto
più
possibile
omogenee
.
Come
?
Facendo
ricorso
,
appunto
,
a
un
sistema
elettorale
aggregativo
.
Il
Mattarellum
non
lo
è
(
e
nemmeno
lo
sarà
il
Mattarellum
Due
prefigurato
nella
famosa
cena
a
casa
di
Gianni
Letta
)
.
Difatti
ha
prodotto
per
due
volte
consecutive
coalizioni
eterogenee
,
scollate
e
intrinsecamente
conflittuali
.
Come
era
stato
esattamente
previsto
e
come
volevasi
dimostrare
.
Anche
su
questo
punto
,
la
natura
delle
coalizioni
,
Ferrara
fa
lo
gnorri
e
sposta
il
discorso
dalla
governabilità
alla
stabilità
.
Ma
,
intanto
,
una
volta
su
due
la
stabilità
non
c
'
è
stata
:
il
governo
Berlusconi
è
stato
instabilissimo
,
sette
mesi
in
tutto
.
Inoltre
l
'
instabilità
del
nostro
passato
viene
largamente
esagerata
.
Giulio
Andreotti
a
modo
suo
è
stato
stabilissimo
,
ben
sette
volte
presidente
del
Consiglio
(
seguito
da
Amintore
Fanfani
con
sei
volte
e
Aldo
Moro
con
cinque
)
;
e
Bettino
Craxi
è
durato
,
con
due
consecutivi
governi
pentapartitici
,
dal
4
agosto
1983
al
3
marzo
1987
,
quindi
per
quasi
l
'
intero
corso
della
IX
legislatura
,
quattro
anni
.
Anche
se
Romano
Prodi
resterà
in
sella
per
tutta
la
XIII
legislatura
,
anche
così
Ferrara
si
eccita
troppo
quando
scrive
che
il
governo
Prodi
sarà
«
il
primo
governo
di
legislatura
nella
storia
italiana
»
.
Visto
che
durare
con
la
proporzionale
dovrebbe
essere
più
difficile
che
con
il
maggioritario
,
Craxi
regge
il
confronto
.
Comunque
sia
,
a
che
cosa
serve
una
stabilità
senza
vera
forza
di
governo
?
Questo
è
il
problema
che
il
Nostro
elude
.
Eppure
,
visto
che
Ferrara
va
alla
caccia
dei
politologi
,
dovrebbe
essere
informato
di
cosa
dicono
.
Dunque
dovrebbe
sapere
che
per
il
sottoscritto
(
e
altri
)
la
stabilità
dei
governi
è
un
falso
scopo
.
Un
governo
può
durare
ed
essere
inefficiente
.
Il
che
vuol
dire
che
la
stabilità
è
soltanto
una
condizione
di
governabilità
.
Quattro
anni
di
un
Prodi
sempre
bloccato
da
Fausto
Bertinotti
non
risolvono
i
nostri
guai
.
Ripeto
:
di
per
sé
la
stabilità
è
un
falso
scopo
,
agitato
per
i
gonzi
e
per
far
perdere
di
vista
che
lo
scopo
vero
è
la
governabilità
.
Vengo
ora
a
due
critiche
specifiche
.
La
prima
è
questa
:
che
nel
1993
,
all
'
indomani
del
referendum
che
aprì
le
porte
alla
riforma
elettorale
in
senso
maggioritario
,
«
i
due
eccellenti
politologi
[
Panebianco
e
io
]
,
prigionieri
della
teoria
,
esercitarono
in
modo
scombiccherato
[...]
la
loro
funzione
di
critica
e
di
analisi
.
Non
vollero
tracciare
una
rotta
[...]
ma
si
limitarono
a
demolire
[...]
il
progetto
Mattarella
»
.
Ma
il
mio
eccellente
demolitore
qui
asserisce
il
falso
.
È
vero
tutto
il
contrario
,
e
cioè
che
sin
da
prima
del
referendum
Segni
-
Pannella
combattei
una
battaglia
per
spiegare
che
quel
referendum
lasciava
aperta
la
via
a
una
duplice
interpretazione
-
maggioritario
a
un
turno
,
o
anche
maggioritario
a
due
turni
-
e
che
la
seconda
era
da
preferire
.
Dopo
di
che
ho
insistito
per
cinque
anni
,
e
quasi
al
di
là
del
sopportabile
,
nel
raccomandare
la
rotta
del
doppio
turno
.
Ammesso
che
Giulianone
sapiens
legga
davvero
,
mi
sa
che
legge
alla
rovescia
.
L
'
altra
critica
è
che
«
il
27
novembre
1993
il
professore
interviene
sulla
dissoluzione
del
centro
asserendo
che
il
maggioritario
è
una
macchina
trita
-
centro
[...]
fatta
apposta
per
stritolare
il
centro
»
.
Dal
che
,
scrive
il
Nostro
,
il
professore
ricava
«
col
suo
stile
sapido
e
rubicondo
una
prognosi
infausta
sulla
definitiva
scomparsa
della
Dc
»
.
Embè
?
A
me
in
effetti
risulta
che
la
Dc
si
è
disintegrata
e
centrifugata
tra
sinistra
e
destra
.
Al
nostro
risulta
invece
che
«
la
smentita
sarà
clamorosa
»
.
Smentita
che
Ferrara
illustra
così
:
«
Il
partito
di
centro
,
i
popolari
di
Martinazzoli
,
riesce
a
salvarsi
proprio
per
effetto
del
maggioritario
corretto
dalla
proporzionale
»
,
mentre
i
«
centristi
cattolici
che
già
avevano
avuto
una
prima
scissione
con
la
nascita
del
Ccd
si
divideranno
poi
per
schiette
ragioni
politiche
»
.
Questa
sarebbe
una
smentita
?
Una
frantumazione
in
tre
pezzi
che
poi
perdono
complessivamente
un
20
per
cento
del
loro
vecchio
voto
?
Concedo
che
qui
il
nostro
scombicchera
al
suo
meglio
.
Ma
non
concedo
che
dal
suo
polverone
emerga
una
smentita
.
Allora
,
quali
sarebbero
le
previsioni
sbagliate
con
le
quali
i
politologi
dovrebbero
fare
i
conti
?
Ci
saranno
,
non
dico
di
no
;
ma
certo
Ferrara
non
le
ha
scoperte
.
Forse
perché
la
sua
vista
è
impedita
dai
suoi
egregi
errori
di
fatto
e
di
logica
.
StampaPeriodica ,
Beati
i
giovani
.
Io
non
li
invidio
più
di
tanto
perché
crescere
è
faticoso
.
Ma
ormai
abbondano
i
giovani
che
non
crescono
mai
.
E
il
giovane
beato
a
vita
,
che
non
cresce
faticando
,
comincia
a
fare
storia
nel
1968
.
La
generazione
che
maturava
negli
anni
Sessanta
è
stata
una
generazione
benedetta
da
tutte
le
fortune
.
Non
ha
conosciuto
guerre
in
casa
,
è
stata
coccolata
dal
boom
del
benessere
e
ha
visto
sparire
la
tirannide
dei
genitori
.
Quei
giovani
si
affacciavano
a
una
vita
che
non
era
più
,
ai
loro
occhi
,
labor
e
cioè
pena
,
sforzo
,
affanno
.
La
durezza
del
vivere
a
loro
era
ignota
.
A
tanta
maggior
ragione
le
energie
da
scaricare
erano
tante
.
Erano
anche
pronti
gli
strumenti
del
contagio
,
del
fare
massa
,
e
cioè
adeguatissime
comunicazioni
di
massa
.
E
dunque
tutto
era
pronto
per
una
rivoluzione
dei
giovani
.
L
'
evento
ci
prese
di
sorpresa
,
anche
perché
le
rivoluzioni
del
passato
avvenivano
per
fame
(
le
rivoluzioni
contadine
)
oppure
erano
rivoluzioni
contro
il
tiranno
.
Nel
1968
non
c
'
era
né
fame
né
tiranno
.
Così
la
rivoluzione
dei
giovani
divenne
universitaria
.
Scese
anche
per
strada
,
è
vero
.
Ma
il
suo
bersaglio
concreto
era
,
per
la
prima
volta
nella
storia
,
la
cultura
.
I
sessantottini
volevano
disfare
e
rifare
ab
imis
il
sapere
,
l
'
insegnamento
e
chi
insegnava
.
È
un
peccato
che
la
dizione
«
rivoluzione
culturale
»
sia
stata
accaparrata
da
Mao
.
In
Cina
quella
di
Mao
fu
una
spietata
purga
di
stampo
staliniano
.
La
vera
rivoluzione
culturale
è
stata
la
nostra
.
E
ha
prodotto
,
ahimè
,
una
riuscitissima
distruzione
culturale
.
Il
giovane
,
proprio
perché
è
giovane
,
scopre
.
E
la
grande
scoperta
dei
sessantottini
era
che
il
passato
era
da
azzerare
(
perché
marcio
o
comunque
perché
inutile
e
dannosa
zavorra
)
,
e
che
la
storia
ricominciava
da
loro
.
In
politica
i
problemi
sarebbero
stati
risolti
dalla
«
immaginazione
al
potere
»
,
e
nella
cultura
dalla
«
matematica
rossa
»
.
Erano
bambinate
.
In
passato
si
aspettava
che
la
fase
bambinesca
passasse
.
Sunt
pueri
et
puerilia
tractant
.
Liberi
i
fanciulli
di
fanciulleggiare
.
Ma
oggi
sunt
pueri
,
tamen
seria
tractant
.
Sono
fanciulli
e
tuttavia
trattano
di
cose
serie
.
Veniamo
,
allora
,
al
discorso
serio
.
Questo
:
che
la
scienza
infusa
,
la
scienza
innata
,
non
esiste
.
Ogni
neonato
parte
da
zero
.
Nasce
non
sapendo
niente
.
Gli
deve
essere
tutto
insegnato
facendolo
studiare
.
Può
saperne
di
più
-
nel
corso
della
sua
educazione
-
dei
suoi
educatori
,
e
cioè
di
chi
ha
già
studiato
?
Può
essere
(
esistono
autodidatti
prodigiosi
)
,
ma
è
molto
raro
.
Certo
,
ci
sono
educatori
pessimi
.
Ma
se
il
cattivo
maestro
è
da
sostituire
,
il
maestro
deve
pur
sempre
restare
.
E
se
i
maestri
sono
aboliti
(
perché
sostituiti
dai
loro
studenti
)
,
allora
le
scuole
vanno
abolite
.
Eppure
i
rivoluzionari
ancora
imberbi
(
ancorché
barbuti
)
del
Sessantotto
erano
convinti
di
sapere
e
di
essere
portatori
di
nuovo
sapere
.
In
realtà
il
sapere
(
pochissimo
e
soltanto
settario
)
dei
sessantottini
era
anch
'
esso
un
retaggio
del
passato
e
non
nasceva
per
nulla
dal
loro
cervello
.
Nella
sua
parte
rispettabile
(
e
quindi
prescindendo
dalle
puerili
Bibbie
di
Mao
,
del
Che
e
di
Gheddafi
)
quei
giovani
ripetevano
,
con
Marx
,
Marcuse
e
la
Scuola
di
Francoforte
,
il
percorso
della
dissoluzione
della
filosofia
hegeliana
.
Raymond
Aron
(
a
proposito
,
chi
era
?
)
scrisse
del
Sessantotto
che
si
trattava
di
una
«
rivoluzione
introvabile
»
.
Io
ho
scritto
che
era
una
«
rivoluzione
del
nulla
»
,
nel
senso
che
si
alimentava
di
vuoto
e
creava
vuoto
.
Passata
la
vampata
,
del
Sessantotto
è
restata
solo
la
pars
destruens
:
il
messaggio
anticulturale
-
il
rifiuto
della
cultura
come
patrimonio
di
millenni
di
sapere
-
e
il
messaggio
antielitista
.
Che
resta
,
ad
oggi
,
il
distintivo
del
sessantottino
.
Per
Mario
Capanna
gli
anni
della
rivoluzione
studentesca
furono
«
formidabili
»
.
Certo
,
formidabili
per
lui
e
per
i
molti
,
troppi
,
che
ne
hanno
ricavato
rendite
di
rivoluzione
.
Ma
nient
'
affatto
formidabili
per
chi
si
aggira
tra
le
rovine
della
scuola
prodotte
dalla
cultura
dell
'
anticultura
.
È
sempre
vero
,
probabilmente
,
che
in
ogni
epoca
il
numero
degli
stolti
è
infinito
.
Ma
una
cultura
dominata
da
stolti
e
intrisa
di
stoltezza
antielitista
è
un
inedito
.
Qualcuno
ha
detto
che
«
l
'
ignoranza
è
sempre
pronta
ad
ammirarsi
»
.
Difatti
mi
aspetto
,
per
il
trentennio
del
Sessantotto
,
una
travolgente
valanga
di
autoincensamenti
.
StampaPeriodica ,
Di
recente
Alberto
Ronchey
è
tornato
alla
carica
sulla
nostra
«
televisione
senza
qualità
»
.
E
anche
un
consigliere
di
amministrazione
della
Rai
,
Alberto
Contri
,
ha
criticato
in
diverse
occasioni
il
basso
livello
culturale
e
di
qualità
del
nostro
servizio
televisivo
.
Il
direttore
generale
della
Rai
,
Celli
,
risponde
con
statistiche
che
proverebbero
,
a
suo
dire
,
che
la
Rai
offre
più
«
servizio
pubblico
»
di
altre
reti
europee
.
Qualche
volta
rispondere
con
statistiche
è
rispondere
.
Ma
le
statistiche
di
Celli
appartengono
all
'
aria
fritta
.
Sapere
che
ai
tg
è
stato
dedicato
il
13
per
cento
,
alla
cultura
il
25
per
cento
e
agli
approfondimenti
il
14
per
cento
del
tempo
Rai
è
una
presa
in
giro
.
Per
esempio
,
se
il
contenuto
informativo
serio
e
di
interesse
pubblico
dei
nostri
tg
è
zero
,
1.300
ore
di
trasmissione
tg
fanno
sempre
zero
.
E
la
voce
cultura
come
viene
definita
?
Cosa
ci
viene
cacciato
dentro
?
E
a
che
ora
?
Dopo
mezzanotte
?
Per
dibattere
di
qualità
e
cultura
dobbiamo
essere
in
buona
fede
.
Acchiappare
queste
nozioni
è
un
po
'
come
acchiappare
un
'
anguilla
.
Chi
vuole
fare
il
furbo
se
la
cava
sempre
.
Ma
chi
non
cerca
di
fare
il
furbo
non
produce
statistiche
che
mettono
assieme
lucertole
e
coccodrilli
e
ammette
senza
cavilli
che
il
livello
culturale
di
un
film
di
Luchino
Visconti
fa
scomparire
il
livello
culturale
di
un
Carlo
Verdone
.
Facciamo
un
esempio
preciso
:
il
genere
dei
film
«
gialli
»
,
dei
«
mistery
»
.
Mi
si
consentirà
che
questo
genere
ha
un
buon
mercato
.
Eppure
Viale
Mazzini
ci
ha
propinato
senza
fine
il
mediocrissimo
ispettore
Derrick
e
ha
sempre
ignorato
i
bellissimi
mistery
inglesi
(
dai
Poirot
impersonati
da
David
Suchet
,
alla
serie
dell
'
ispettore
Morse
e
altre
)
.
Mi
si
risponde
che
in
Italia
il
mistery
inglese
non
va
.
Il
che
vuol
soltanto
dire
,
a
mio
avviso
,
che
la
nostra
tv
ha
diseducato
il
nostro
spettatore
a
livelli
da
quattro
soldi
,
appunto
a
livelli
Derrick
.
Comunque
,
il
punto
centrale
è
quello
del
servizio
pubblico
.
Per
Viale
Mazzini
«
pubblico
»
vuol
dire
«
acchiappare
pubblici
»
,
acchiappare
il
più
alto
numero
possibile
di
spettatori
.
Invece
no
.
Un
servizio
pubblico
è
tale
in
quanto
serve
un
interesse
pubblico
su
materie
di
pubblica
rilevanza
.
E
qui
il
fatto
è
che
i
nostri
telegiornali
ci
regalano
quasi
soltanto
una
cronaca
di
nessunissima
rilevanza
ai
fini
della
formazione
di
una
opinione
pubblica
.
Intanto
,
il
mondo
è
pressoché
sparito
(
basta
,
per
dimostrarlo
,
il
confronto
con
il
notiziario
delle
world
news
della
Bbc
)
;
e
il
resto
è
tutto
in
chiave
di
raccontino
lacrimoso
mammistico
.
Se
poi
l
'
obiezione
è
che
un
notiziario
serio
che
dà
notizie
che
ci
aiutano
a
capire
gli
eventi
otterrebbe
un
ascolto
del
5
per
cento
,
a
questa
obiezione
rispondo
che
un
5
per
cento
che
sa
qualcosa
è
pur
sempre
meglio
di
un
100
per
cento
che
non
sa
nulla
.
Rispondendo
ad
Alberto
Contri
il
presidente
della
Rai
Zaccaria
lo
rintuzza
così
:
«
sono
sorpreso
quando
un
consigliere
[...]
sventola
la
bandierina
della
qualità
.
Il
Cda
lavora
da
un
anno
e
mezzo
su
questo
»
.
Bene
.
La
Rai
cominci
a
dimostrarlo
in
sede
di
qualità
dell
'
informazione
.
La
qualità
in
generale
è
,
dicevo
,
nozione
anguillesca
.
Ma
la
qualità
dell
'
informazione
può
essere
misurata
al
paragone
ogni
giorno
.
Servizio
pubblico
o
invece
disservizio
pubblico
?
Finora
,
disservizio
.
StampaPeriodica ,
Le
obiezioni
al
disegno
di
legge
del
governo
sulla
disciplina
degli
spot
politici
sono
parecchie
.
Le
riassume
in
buona
parte
Andrea
Manzella
,
che
scrive
perentoriamente
così
:
«
L
'
iniziativa
del
governo
non
è
incostituzionale
.
È
soltanto
sbagliata
in
quattro
punti
»
.
Manzella
ha
ragione
sulla
incostituzionalità
:
non
c
'
è
.
Ma
sul
punto
principale
della
sua
critica
-
il
primo
dei
quattro
-
la
tesi
sbagliata
è
,
a
mio
vedere
,
la
tesi
di
Manzella
.
A
detta
del
Nostro
,
la
distinzione
tra
pubblicità
e
propaganda
sulla
quale
si
fonda
la
disciplina
proposta
dal
governo
è
una
«
distinzione
impossibile
»
.
Manzella
ne
è
sicuro
perché
«
gli
studiosi
che
si
sono
occupati
della
materia
(
come
Cesare
Pinelli
e
Antonella
Sciortino
)
avevano
avvertito
che
la
distinzione
non
poteva
reggere
dato
che
l
'
una
e
l
'
altra
forma
di
comunicazione
politica
utilizzano
le
stesse
tecniche
di
persuasione
e
di
semplificazione
del
linguaggio
»
.
Gli
studiosi
?
No
,
«
alcuni
»
studiosi
.
Vedi
caso
,
tra
gli
studiosi
dell
'
argomento
ci
sono
anche
io
(
me
ne
occupo
,
tra
l
'
altro
,
nella
Enciclopedia
del
Novecento
dell
'
Istituto
della
Enciclopedia
Italiana
,
e
dunque
in
una
sede
di
tutto
rispetto
)
e
la
mia
tesi
,
lì
e
altrove
,
è
che
la
distinzione
tra
pubblicità
e
propaganda
è
non
solo
possibile
ma
anche
necessaria
.
A
una
persona
esperta
di
mondo
e
smaliziata
come
Manzella
non
dovrebbe
sfuggire
,
tanto
per
cominciare
,
che
i
pubblicitari
sono
interessati
a
cancellare
la
distinzione
perché
a
loro
interessa
catturare
anche
il
mercato
della
politica
.
Per
loro
sono
tanti
quattrini
,
e
ai
pubblicitari
interessano
quasi
per
definizione
soltanto
i
quattrini
.
E
se
lei
,
senatore
Manzella
,
ha
mai
sentito
parlare
di
conflitto
di
interessi
,
allora
dovrebbe
stare
più
attento
alle
tesi
«
interessate
»
.
Tra
le
tante
differenze
tra
pubblicità
commerciale
e
propaganda
politica
mi
limito
qui
a
ricordare
che
la
prima
vende
beni
e
servizi
a
dei
consumatori
i
quali
,
consumando
,
bene
o
male
si
accorgono
se
un
bidone
è
un
bidone
.
La
propaganda
politica
vende
invece
promesse
(
parole
)
o
altrimenti
persone
.
Così
i
consumatori
della
propaganda
comunista
sono
stati
bidonati
per
settant
'
anni
,
e
chi
vota
(
compra
)
Berlusconi
non
lo
può
poi
mangiare
per
scoprire
se
è
un
buon
commestibile
.
La
stessa
cosa
,
senatore
Manzella
?
No
,
cose
diverse
.
E
ne
risulta
che
il
potenziale
di
imbroglio
e
di
dannosità
della
propaganda
politica
è
incommensurabilmente
maggiore
di
quello
della
pubblicità
commerciale
.
Pertanto
,
strabilio
nel
leggere
che
lei
raccomanda
di
«
lasciare
mano
libera
[...]
ai
pubblicitari
»
,
visto
che
questi
ultimi
sono
«
quelli
che
con
il
loro
mestiere
di
fantasia
riescono
a
leggere
e
rivelare
molta
più
politica
al
mondo
di
quanto
non
sia
più
capace
di
fare
la
politica
come
mestiere
»
.
Poveri
noi
,
e
povera
politica
.
Già
siamo
a
livelli
bassissimi
.
Con
l
'
aiuto
di
questa
raccomandazione
è
pressoché
sicuro
che
scenderà
a
livelli
ancor
più
bassi
.
Comunque
sia
,
l
'
argomento
di
Manzella
non
regge
in
punto
di
logica
.
In
buona
logica
una
distinzione
è
analiticamente
valida
se
individua
una
differenza
,
e
non
è
cancellata
dal
fatto
che
la
realtà
mescola
sempre
tutto
:
bene
e
male
,
bello
e
brutto
,
e
anche
,
appunto
,
propaganda
e
pubblicità
.
Domanda
:
se
nel
mondo
reale
bene
e
male
si
mescolano
,
ne
dobbiamo
forse
ricavare
che
sono
indistinguibili
?
Alla
stessa
stregua
,
anche
se
è
vero
che
i
pubblicitari
riducono
la
propaganda
politica
a
un
quissimile
della
vendita
di
un
dentifricio
,
è
lecito
ricavarne
che
sono
la
stessa
cosa
?
Ovviamente
no
.
Manzella
si
vanta
di
essere
«
strapaesano
»
(
vedi
«
Il
Foglio
»
del
31
luglio
)
e
sbeffeggia
i
poveretti
come
me
che
vanno
a
cercare
(
ma
nel
mio
caso
a
rifiutare
)
le
soluzioni
«
in
Australia
o
in
Israele
»
.
A
me
,
confesso
,
gli
strapaesani
fanno
paura
.
Se
Hitler
o
Mussolini
fossero
mai
stati
in
America
,
forse
si
sarebbero
fermati
.
Tornando
a
Manzella
,
non
so
se
gli
spot
statunitensi
lui
li
conosca
e
veda
.
Mi
sembra
di
no
.
Perché
se
li
vedesse
scoprirebbe
qual
è
la
china
dello
spot
politico
affidato
alla
«
fantasia
rivelatrice
»
dei
maghi
della
pubblicità
.
È
la
china
dello
spot
personale
,
puramente
negativo
ed
essenzialmente
diffamatorio
.
Un
candidato
attacca
l
'
altro
dicendo
che
ha
cornificato
la
moglie
,
che
discrimina
contro
gli
omosessuali
(
o
viceversa
)
e
che
in
gioventù
ha
sniffato
cocaina
.
A
Manzella
andrebbe
bene
così
?
Oppure
ritiene
anche
lui
che
questo
tipo
di
«
spottismo
»
non
è
solo
diverso
dalla
propaganda
politica
,
ma
che
ne
costituisce
una
degenerazione
inaccettabile
?
Il
punto
che
sfugge
in
questo
dibattito
è
che
finora
i
nostri
spot
sono
stati
decorosi
,
e
che
sono
stati
decorosi
perché
disciplinati
dalla
legge
del
1993
che
vietava
,
nei
trenta
giorni
prima
delle
elezioni
,
il
ricorso
a
messaggi
emotivi
e
spettacolari
e
consentiva
soltanto
l
'
esposizione
dei
programmi
politici
.
Ma
se
l
'
attacco
al
disegno
di
legge
del
governo
andrà
a
travolgere
,
come
Manzella
e
altri
fanno
temere
,
quei
limiti
,
allora
è
pressoché
sicuro
che
i
mercanti
della
pubblicità
di
casa
nostra
arriveranno
lestamente
agli
spot
negativi
tipo
Usa
.
Perché
nessuno
nega
che
lo
spot
negativo
sia
lo
spot
più
efficace
.
Il
punto
resta
se
vogliamo
ridurre
la
politica
a
un
bombardamento
di
escrementi
.
StampaPeriodica ,
La
nota
pastorale
del
13
settembre
dell
'
arcivescovo
di
Bologna
,
cardinale
Giacomo
Biffi
,
è
stata
lanciata
così
dall
'
Ansa
,
la
nostra
massima
agenzia
di
stampa
:
«
Immigrazione
.
Biffi
allo
Stato
:
favorite
i
cattolici
»
.
Le
agenzie
di
stampa
devono
,
appunto
«
lanciare
»
.
E
di
quel
lancio
sono
stato
un
po
'
vittima
anche
io
perché
-
subito
intervistato
telefonicamente
-
ho
troppo
precipitosamente
risposto
che
«
quella
tesi
non
mi
convince
per
niente
»
.
Che
non
mi
convinca
resta
vero
.
Ma
dopo
aver
letto
l
'
intero
testo
del
cardinale
devo
fare
ammenda
e
desidero
riconoscere
che
quel
testo
,
nel
suo
insieme
,
fa
onore
al
suo
estensore
.
Per
una
volta
-
mi
succede
oramai
di
rado
-
mi
inchino
.
Certo
,
l
'
ottica
dell
'
uomo
di
Chiesa
è
diversa
da
quella
del
laico
,
e
quindi
da
quella
del
sottoscritto
.
Il
cardinale
Biffi
deve
dare
priorità
alla
sua
fede
,
e
perciò
alla
«
buona
religione
»
.
A
me
interessa
,
invece
,
la
«
buona
società
»
.
Ma
ferma
restando
questa
differenza
di
fondo
e
di
priorità
,
l
'
intervento
del
cardinale
mi
fa
riflettere
su
quanto
una
«
fede
intelligente
»
sia
vicina
e
conciliabile
con
la
«
intelligenza
della
ragione
»
.
Seguo
,
nel
citare
,
l
'
ordine
della
esposizione
del
cardinale
di
Bologna
.
1
.
«
Dobbiamo
riconoscere
che
il
fenomeno
di
una
massiccia
integrazione
ci
ha
colti
un
po
'
tutti
di
sorpresa
.
È
stato
colto
di
sorpresa
lo
Stato
[...]
che
pare
non
abbia
ancora
recuperata
la
capacità
di
gestire
razionalmente
la
situazione
riconducendola
entro
le
regole
irrinunciabili
[...]
di
una
ordinata
convivenza
civile
.
E
sono
state
colte
di
sorpresa
anche
le
comunità
cristiane
[...]
sprovviste
sinora
di
una
visione
non
astratta
,
non
settoriale
[...]
Le
generiche
esaltazioni
della
solidarietà
e
del
primato
della
carità
evangelica
[...]
si
dimostrano
più
bene
intenzionate
che
utili
quando
non
si
confrontano
davvero
con
la
complessità
del
problema
e
la
ruvidezza
della
realtà
effettuale
»
.
Queste
,
è
proprio
il
caso
di
dire
,
sono
parole
sante
.
E
davvero
responsabili
.
2
.
«
Non
è
compito
della
Chiesa
come
tale
di
risolvere
ogni
problema
sociale
»
.
Più
che
vero
.
Ma
fa
piacere
che
sia
un
cardinale
ad
asserirlo
,
e
che
poi
sia
un
alto
prelato
a
ricordare
allo
Stato
quali
siano
i
suoi
doveri
.
Occorre
,
scrive
,
che
«
ci
si
preoccupi
seriamente
di
salvare
l
'
identità
propria
della
nazione
.
L
'
Italia
non
è
una
landa
deserta
senza
storia
,
senza
tradizioni
vive
e
vitali
,
senza
una
inconfondibile
fisionomia
culturale
e
spirituale
,
da
popolare
indiscriminatamente
come
se
non
ci
fosse
un
patrimonio
di
umanesimo
e
di
civiltà
che
non
deve
andare
perduto
»
.
Anche
le
comunità
cristiane
«
non
possono
non
valutare
attentamente
i
singoli
e
i
diversi
gruppi
»
;
ma
,
alla
fin
fine
,
i
criteri
per
ammettere
gli
immigrati
sono
di
competenza
delle
autorità
civili
,
fermo
restando
che
quei
criteri
«
non
possono
essere
solamente
economici
e
previdenziali
»
e
che
«
le
condizioni
di
partenza
dei
nuovi
arrivati
non
sono
egualmente
propizie
»
ai
fini
di
«
una
possibile
e
auspicabile
[...]
integrazione
»
.
Di
nuovo
,
parole
sante
.
E
fa
dispiacere
dover
notare
che
una
lezione
come
quella
impartita
dal
cardinale
di
Bologna
non
ci
sia
mai
o
quasi
mai
arrivata
dai
nostri
politici
.
Tra
l
'
altro
,
non
ci
è
mai
arrivata
dalle
nostre
cattolicissime
Maria
Rosa
Russo
Jervolino
quando
governava
il
Viminale
,
né
tanto
meno
dal
ministro
Livia
Turco
che
ora
risponde
al
cardinale
che
«
la
legge
più
severa
sull
'
immigrazione
porta
il
mio
nome
»
.
Davvero
?
Entrare
clandestinamente
in
un
paese
è
un
reato
,
così
come
è
un
reato
rifiutare
di
fornire
le
proprie
generalità
.
E
la
severissima
legislazione
italiana
cosa
fa
?
Fornisce
al
clandestino
anonimo
un
foglio
di
via
e
poi
lo
rilascia
,
e
così
di
fatto
lo
fa
entrare
e
gli
consente
di
sparire
.
Peccato
che
il
cardinale
Biffi
non
la
possa
sostituire
.
Pur
essendo
anche
lui
cattolico
,
farebbe
molto
meglio
di
lei
.
3
.
Il
punto
dolente
dell
'
immigrazione
è
quello
dell
'
immigrazione
islamica
.
Il
presule
di
Bologna
lo
dichiara
senza
perifrasi
:
«
Il
caso
dei
musulmani
va
trattato
con
una
particolare
attenzione
.
Essi
hanno
[...]
un
diritto
di
famiglia
incompatibile
con
il
nostro
,
una
concezione
della
donna
lontanissima
dalla
nostra
(
sino
ad
ammettere
la
pratica
della
poligamia
)
.
Soprattutto
hanno
una
visione
rigorosamente
integralistica
della
vita
pubblica
[...]
la
perfetta
immedesimazione
tra
religione
e
politica
fa
parte
della
loro
fede
irrinunciabile
,
anche
se
a
proclamarla
e
a
farla
valere
aspettano
prudentemente
di
essere
diventati
preponderanti
»
.
Livia
Turco
si
affretta
a
controbattere
così
:
«
Non
dimentichiamo
tutto
ciò
che
accomuna
e
non
divide
le
tre
grandi
religioni
,
il
cristianesimo
,
l
'
ebraismo
e
L
'
islamismo
»
.
In
attesa
che
il
ministro
Turco
mi
ricordi
quel
che
evidentemente
io
dimentico
,
mi
pregio
ricordarle
(
qualora
sia
lei
a
non
saperlo
)
che
la
parola
Islàm
vuol
dire
sottomissione
,
che
la
parola
araba
per
libertà
-
horriayai
-
esprime
soltanto
una
situazione
di
non
schiavitù
(
dal
che
risulta
che
il
nostro
concetto
di
libertà
al
positivo
è
estraneo
alla
concezione
islamica
del
mondo
)
,
e
che
alla
nostra
separazione
tra
Chiesa
e
Stato
il
musulmano
contrappone
la
concezione
dell
'
Eddin
-
Dawa
,
che
vuoi
dire
religione
-
Stato
.
Ciò
posto
,
le
sarei
davvero
obbligato
se
una
volta
tanto
lei
precisasse
che
razza
di
cittadino
italiano
osservante
delle
leggi
italiane
risulterebbe
dalla
«
cittadinizzazione
»
del
suddetto
islamico
.
Per
ora
un
gruppettino
di
studenti
islamici
delle
scuole
genovesi
ha
chiesto
che
il
crocefisso
venga
eliminato
dalle
aule
,
ed
è
stato
subito
accontentato
.
In
barba
alla
vanteria
della
Turco
che
le
leggi
degli
immigrati
devono
sottostare
a
quelle
italiane
.
Io
,
laico
,
del
crocefisso
non
faccio
certo
un
caso
capitale
.
Ma
a
lei
,
cattolica
,
l
'
episodio
non
appare
un
pessimo
esordio
della
integrazione
scolastica
dell
'
islamico
?
Max
Weber
distingueva
tra
etica
della
responsabilità
(
una
moralità
che
mette
in
conto
le
conseguenze
delle
nostre
azioni
)
ed
etica
dei
principi
(
nella
quale
la
buona
intenzione
è
tutto
e
il
cattivo
esito
viene
ignorato
)
.
L
'
etica
della
responsabilità
è
,
se
si
vuole
,
impura
perché
è
pilotata
da
un
capire
,
mentre
l
'
etica
dei
principi
è
pura
,
ma
per
ciò
stesso
ottusa
(
non
sa
,
non
capisce
)
e
irresponsabile
.
La
chiesa
di
Giovanni
Paolo
II
ha
largamente
sposato
un
'
etica
dei
principi
.
Niente
profilattici
,
anche
se
quel
niente
incrementa
l
'
Aids
.
Niente
contraccettivi
,
anche
se
quel
niente
produce
un
eccesso
di
centinaia
di
milioni
di
bambini
destinati
a
morire
di
fame
.
La
giustificazione
è
che
provvederà
la
Provvidenza
.
In
attesa
stravince
l
'
imprevidenza
.
Ben
venga
,
allora
,
un
cardinale
che
si
ricorda
dell
'
etica
della
responsabilità
.
Ne
sia
lodato
il
Signore
.
StampaPeriodica ,
La
Commissione
bicamerale
per
le
riforme
costituzionali
ha
chiuso
i
battenti
.
Felicemente
o
infelicemente
?
Per
il
Palazzo
felicemente
,
visto
che
ne
è
uscito
un
accordo
.
Ma
per
il
paese
infelicemente
,
se
è
vero
-
come
sostengo
-
che
l
'
accordo
è
stato
pessimo
.
E
un
cattivo
accordo
che
peggiora
le
cose
non
dà
,
o
non
dovrebbe
dare
,
felicità
.
Si
capisce
che
non
ci
sono
quasi
mai
accordi
assolutamente
cattivi
,
così
come
non
ci
sono
quasi
mai
accordi
perfetti
.
Un
cattivo
accordo
è
dunque
un
'
intesa
nella
quale
le
malefatte
nettamente
prevalgono
sulle
cose
ben
fatte
.
I
difensori
d
'
ufficio
dell
'
operato
della
Bicamerale
si
arroccano
su
due
argomenti
.
Il
primo
è
che
qualsiasi
accordo
è
meglio
di
nessun
accordo
.
Il
secondo
è
che
,
come
dicevo
,
nell
'
operato
dei
70
bene
e
male
si
mescolano
.
Ma
con
questo
argomento
,
il
secondo
,
si
redime
tutto
:
si
redime
la
guerra
(
che
Hegel
equipara
al
vento
che
disperde
i
miasmi
che
aleggiano
sulle
paludi
)
,
si
redime
la
tortura
(
che
consente
di
ottenere
la
confessione
dei
torturati
)
,
si
redime
magari
anche
Pol
Pot
(
che
riduce
l
'
esplosione
demografica
)
.
Quali
sarebbero
,
allora
,
le
acquisizioni
positive
della
Bicamerale
?
Che
gli
italiani
,
mai
sazi
di
elezioni
,
potranno
finalmente
votare
per
il
capo
dello
Stato
?
Il
loro
tripudio
sarà
breve
quando
si
accorgeranno
di
aver
votato
per
un
sotto
-
capo
di
Stato
.
Il
federalismo
?
Poveri
noi
,
che
caos
.
La
riforma
della
magistratura
?
Di
questa
ancora
non
si
sa
,
ma
tutto
lascia
prevedere
che
la
nostra
giustizia
resterà
in
crisi
.
Accetto
,
dunque
,
che
nelle
pieghe
del
male
si
possa
nascondere
anche
del
bene
;
ma
spiegatemi
,
per
favore
,
qual
è
.
Quanto
al
primo
punto
,
e
cioè
che
qualsiasi
accordo
è
meglio
di
niente
,
questa
è
una
vera
stortura
.
Chi
ragiona
così
fa
dell
'
accordo
un
valore
assoluto
,
un
valore
in
sé
.
Invece
l
'
accordo
è
uno
strumento
per
conseguire
un
fine
.
Accordo
a
quale
scopo
?
Per
che
cosa
?
Stranamente
(
ma
non
tanto
,
a
ripensarci
)
la
Bicamerale
non
se
l
'
è
quasi
mai
chiesto
.
L
'
importante
,
per
i
70
,
è
stato
soltanto
mettersi
d
'
accordo
fra
di
loro
,
ai
loro
fini
.
Non
hanno
cercato
di
scrivere
una
buona
Costituzione
ma
,
assai
più
,
di
evitare
riforme
che
li
danneggiassero
.
E
ci
sono
magnificamente
riusciti
.
Ci
sono
riusciti
mettendo
la
Costituzione
all
'
asta
:
tanto
a
me
,
tanto
a
te
;
io
chiedo
cento
,
concludiamo
per
cinquanta
.
Il
risultato
è
sotto
gli
occhi
di
tutti
:
il
trionfo
dei
partitini
,
che
si
sono
assicurati
l
'
eternità
e
un
rinforzato
potere
di
interdizione
e
di
ricatto
;
un
contentino
presidenzialista
per
la
pubblicità
di
Gianfranco
Fini
;
un
contentino
parlamentarista
per
gli
antipresidenzialisti
:
un
misto
di
cane
e
di
gatto
,
un
can
-
gatto
.
Torniamo
alla
domanda
che
i
bicameralisti
hanno
disatteso
:
perché
una
Seconda
Repubblica
?
Perché
una
nuova
Costituzione
?
Ovviamente
perché
abbiamo
problemi
di
disfunzionalità
sistemica
che
dobbiamo
risolvere
:
primo
,
ridurre
la
frammentazione
partitica
;
secondo
,
rinforzare
la
governabilità
.
Due
obiettivi
che
sono
strettamente
collegati
.
I
partiti
sono
le
gambe
sulle
quali
la
governabilità
dovrebbe
camminare
;
e
se
le
gambe
sono
zoppe
e
troppe
,
allora
la
governabilità
va
all
'
aria
e
non
c
'
è
barba
di
marchingegno
costituzionale
che
possa
rimediare
.
Orbene
,
questi
due
obiettivi
e
gli
strumenti
per
perseguirli
sono
stati
non
soltanto
mancati
,
ma
addirittura
capovolti
.
Il
progetto
magnifico
e
progressivo
siglato
dalla
quadriglia
D
'
Alema
-
Marini
-
Berlusconi
-
Fini
,
in
breve
Damabefi
,
ci
garantisce
una
decina
di
partiti
,
e
governi
di
cinque
anni
di
veti
incrociati
.
Se
non
sarà
una
dieta
polacca
,
poco
ci
manca
.
Meglio
l
'
accordo
Damabefi
che
nessun
accordo
?
Confesso
di
essere
interdetto
.
Perché
non
è
che
nessun
accordo
ci
lascia
con
nulla
,
librati
nel
vuoto
.
Se
non
siamo
capaci
di
creare
una
nuova
Costituzione
sensata
,
l
'
alternativa
è
restare
con
il
sistema
parlamentare
che
abbiamo
,
e
tornare
a
lavorare
sul
suo
miglioramento
.
Se
il
nuovo
è
peggio
dell
'
esistente
,
allora
meglio
l
'
esistente
.
Davanti
alla
Costituzione
Damabefi
l
'
alternativa
non
è
,
ripeto
,
il
niente
o
il
caos
.
E
riconoscere
che
la
Bicamerale
ha
fatto
autogol
.
E
se
l
'
autogol
delegittima
la
classe
politica
che
l
'
ha
fatto
,
chi
è
causa
del
suo
mal
pianga
se
stesso
.
A
questi
argomenti
si
risponde
in
coro
,
dal
Palazzo
e
dintorni
,
che
in
politica
gli
accordi
si
fanno
sempre
come
sono
stati
fatti
in
Bicamerale
,
che
io
di
politica
proprio
non
mastico
,
e
che
la
mia
opposizione
è
professionale
,
astratta
,
addirittura
egolatrica
.
Per
esempio
,
di
me
Silvio
Berlusconi
scrive
(
«
Corriere
della
Sera
»
,
28
giugno
)
che
«
per
un
Professore
l
'
importante
è
il
modello
,
il
teorema
.
Il
modello
è
perfetto
,
l
'
ha
fatto
il
Professore
,
è
bello
,
gli
piace
»
.
Spiegando
che
chi
«
è
innamorato
per
professione
delle
astrazioni
accademiche
poco
si
cura
della
realtà
,
e
rifiuta
perciò
di
sottoporre
i
suoi
modelli
alla
verifica
dei
fatti
»
.
Troppo
onore
,
deputato
Berlusconi
:
lei
mi
accredita
un
merito
che
non
mi
spetta
.
Il
modello
«
fatto
dal
Professore
»
è
stato
fatto
una
quarantina
d
'
anni
fa
da
un
certo
Debré
,
si
chiama
Quinta
Repubblica
,
e
funziona
da
altrettanto
tempo
in
una
capitale
che
si
chiama
Parigi
.
Aggiungo
che
siccome
la
Francia
degli
anni
Cinquanta
era
molto
simile
,
politicamente
,
all
'
Italia
degli
anni
Novanta
,
l
'
argomento
che
il
prototipo
francese
non
si
presta
a
trapianti
è
pretestuoso
.
Ma
veniamo
al
punto
:
chi
è
che
,
in
politica
,
è
bravo
.
Io
racconterò
la
vicenda
della
Bicamerale
così
come
la
conosco
in
prima
persona
.
Dal
che
potrà
risultare
quant
'
è
bello
il
primato
della
politica
,
dove
stanno
gli
sbagli
e
chi
li
ha
fatti
.
La
vicenda
dura
,
per
l
'
esattezza
,
da
quando
cadde
il
governo
Berlusconi
(
dicembre
1994
)
.
Dopo
un
anno
di
governo
Dini
,
nel
febbraio
1996
venne
tentato
il
governo
di
Antonio
Maccanico
.
In
quel
momento
mi
parve
,
e
sostenni
,
che
nessuna
riforma
costituzionale
sarebbe
stata
possibile
senza
un
'
intesa
preventiva
fra
i
tre
maggiori
partiti
,
e
cioè
di
larga
maggioranza
trasversale
.
Siccome
al
Pds
premeva
(
giustamente
)
un
sistema
elettorale
a
doppio
turno
,
mentre
il
Polo
reclamava
un
generico
presidenzialismo
,
mi
venne
l
'
idea
,
elementare
e
banale
,
di
uno
scambio
fra
doppio
turno
e
semipresidenzialismo
.
E
siccome
non
tutti
gli
scambi
lo
sono
,
tengo
a
sottolineare
che
il
mio
era
«
alto
e
nobile
»
,
visto
che
proponeva
un
sistema
esistente
e
ben
funzionante
,
e
che
non
era
per
nulla
(
come
appare
alla
logica
aggrovigliata
dell
'
onorevole
Ciriaco
De
Mita
)
uno
spezzatino
:
non
spezzava
nulla
,
era
il
modello
francese
mantenuto
integro
,
stessa
testa
con
gli
stessi
piedi
.
Il
tentativo
Maccanico
fallì
per
un
soffio
.
Scrissi
allora
che
avevamo
perduto
,
per
colpa
congiunta
di
D
'
Alema
e
di
Fini
,
un
treno
che
non
sarebbe
ripassato
.
Difatti
non
stava
ripassando
quando
mi
incontrai
con
Massimo
D
'
Alema
,
a
metà
marzo
del
1997
.
E
poiché
a
me
non
era
venuta
nel
frattempo
nessuna
idea
nuova
,
in
quell
'
occasione
riproposi
a
D
'
Alema
lo
scambio
dell
'
anno
prima
.
Io
ho
sempre
ritenuto
scorretto
riferire
di
un
incontro
privato
.
Ma
dato
che
su
quell
'
incontro
ci
sono
state
numerose
fughe
di
notizie
,
in
larga
parte
fantasiose
,
forse
a
questo
punto
occorre
darne
la
versione
autentica
.
Dunque
,
a
quel
mio
suggerimento
D
'
Alema
rispose
,
prendendomi
in
contropiede
,
così
:
vede
,
professore
,
oggi
chi
non
vuole
nessun
presidenzialismo
è
Berlusconi
.
Pur
raggelato
,
gli
chiesi
:
mi
autorizza
ad
andare
da
Berlusconi
a
dirgli
che
è
lui
che
blocca
l
'
intesa
?
Senz
'
altro
,
fu
la
risposta
di
D
'
Alema
.
Il
che
non
mi
rendeva
(
come
è
stato
scioccamente
scritto
)
suo
ambasciatore
.
Ma
sottintendeva
che
un
sì
di
Berlusconi
avrebbe
sbloccato
la
trattativa
.
Adelante
Pedro
,
feci
il
giro
delle
sette
chiese
,
vidi
un
po
'
tutti
,
incluso
Berlusconi
,
e
il
4
aprile
tornai
a
Botteghe
Oscure
.
Per
riferire
che
Fini
accettava
il
doppio
turno
,
nella
formulazione
che
avevo
proposto
;
e
che
Berlusconi
mi
aveva
autorizzato
a
confermare
che
la
formula
del
semipresidenzialismo
a
lui
stava
bene
.
Immaginavo
che
D
'
Alema
sarebbe
stato
contento
.
Immaginavo
male
.
D
'
Alema
mi
ascoltò
accigliato
;
mi
disse
in
quel
momento
(
non
quando
mi
aveva
mandato
allo
sbaraglio
)
che
lui
aveva
cambiato
disegno
;
e
mi
congedò
esortandomi
a
tornare
agli
studi
,
e
a
lasciare
la
politica
a
lui
.
Difatti
mi
sono
rimesso
alla
finestra
,
imparando
quel
che
dirò
tra
poco
.
Racconto
tutto
ciò
perché
mi
sento
dire
da
ogni
parte
che
l
'
accordo
,
stavolta
basso
e
ignobile
,
raggiunto
in
extremis
a
fine
giugno
da
Damabefi
è
stato
«
il
migliore
possibile
»
.
No
.
La
storia
di
cui
ho
riferito
dimostra
di
no
.
La
verità
è
che
la
sera
del
5
aprile
1997
D
'
Alema
,
Berlusconi
e
Fini
avrebbero
potuto
benissimo
incontrarsi
in
casa
di
Gianni
Letta
e
accordarsi
in
un
lampo
su
una
buona
Seconda
Repubblica
.
Non
è
accaduto
,
ma
era
possibile
.
Possibilissimo
.
Anzi
,
era
quasi
fatta
.
Il
successo
della
Bicamerale
,
un
successo
vero
,
era
a
portata
di
mano
.
Invece
è
stato
regalato
alle
ortiche
.
Perché
?
E
importante
,
in
cose
importanti
,
capire
come
è
andata
.
Guardando
dalla
mia
finestra
,
quel
che
sono
riuscito
a
vedere
è
che
D
'
Alema
ha
sbagliato
tutto
.
Lo
dico
con
dispiacere
,
perché
in
D
'
Alema
ho
creduto
.
Dubitavo
da
tempo
,
fin
dal
tempo
della
vicenda
Maccanico
,
del
suo
coraggio
;
ma
ritenevo
che
avesse
una
visione
,
che
non
fosse
un
tatticista
come
gli
altri
.
Così
ritenevo
.
Ma
temo
di
essermi
sbagliato
.
Succede
anche
a
me
.
Intanto
,
e
per
cominciare
,
D
'
Alema
ha
ingannato
tutti
coloro
che
lo
hanno
insediato
alla
presidenza
della
Bicamerale
.
Soltanto
a
maggio
D
'
Alema
ci
ha
detto
che
la
sua
linea
di
azione
era
ispirata
da
amore
di
Ulivo
,
e
che
la
sua
priorità
era
salvare
il
governo
Prodi
.
No
,
onorevole
D
'
Alema
.
In
tal
caso
lei
non
doveva
né
cercare
né
accettare
la
presidenza
della
Bicamerale
.
Perché
come
presidente
della
Bicamerale
la
sua
priorità
doveva
essere
la
Costituzione
,
la
ricerca
di
un
buon
accordo
costituzionale
.
Nel
gestire
la
Bicamerale
per
salvare
il
governo
Prodi
,
pertanto
,
lei
si
è
messo
in
una
posizione
falsa
che
ha
falsato
tutto
il
gioco
.
Fra
l
'
altro
,
non
c
'
è
bisogno
di
essere
professori
per
capire
che
una
traballantissima
e
risicatissima
maggioranza
di
centro
-
sinistra
non
poteva
essere
in
alcun
modo
una
maggioranza
di
riforma
.
La
quadratura
del
cerchio
in
partenza
non
c
'
era
;
se
l
'
è
creata
lei
giocando
contemporaneamente
su
due
tavoli
.
Ed
è
per
questo
che
lei
è
approdato
a
un
cerchio
quadrato
,
oppure
a
un
quadrato
circolare
;
insomma
,
al
pasticciaccio
al
quale
è
approdato
.
Ciò
premesso
,
resta
da
spiegare
perché
D
'
Alema
il
4
aprile
abbia
buttato
via
un
ragionevolissimo
accordo
che
aveva
già
in
tasca
e
imboccato
l
'
impervia
e
assai
dubbia
via
del
cosiddetto
premierato
forte
,
di
un
premier
quasi
-
israeliano
,
quasi
-
eletto
(
e
,
in
sostanza
,
come
-
se
-
eletto
)
.
Non
è
che
con
questa
trovata
D
'
Alema
accontentasse
Franco
Marini
e
i
popolari
,
avversi
a
ogni
«
direttismo
»
.
E
nemmeno
accontentava
,
così
,
Fausto
Bertinotti
.
Accontentava
almeno
il
suo
partito
,
il
Pds
?
Per
quel
che
mi
consta
,
no
.
Le
resistenze
che
D
'
Alema
incontra
nel
Pds
sono
di
coloro
che
restano
ancorati
alla
tradizione
parlamentarista
del
partito
.
Allora
,
perché
D
'
Alema
si
è
buttato
davvero
a
corpo
morto
sul
premierato
all
'
israeliana
?
Visto
che
mi
si
rimproverava
di
non
capire
la
realtà
della
politica
,
sarò
realista
:
tanto
realista
quanto
lo
sono
i
politici
che
osservo
.
Che
cosa
è
successo
a
D
'
Alema
?
E
successo
,
dice
il
mio
realismo
,
che
D
'
Alema
si
è
promosso
al
rango
del
più
furbo
di
tutti
.
Può
darsi
,
per
esempio
,
che
D
'
Alema
abbia
ritenuto
che
le
sue
chance
di
essere
eletto
presidente
della
Repubblica
erano
modeste
,
mentre
il
premierato
forte
era
un
vestito
fatto
su
misura
per
lui
.
Inoltre
D
'
Alema
può
aver
pensato
che
sul
premier
di
elezione
diretta
avrebbe
potuto
imbrogliare
facilmente
Berlusconi
,
e
poi
ottenere
l
'
assenso
di
Fini
.
Berlusconi
,
si
sa
,
non
ha
mai
percepito
che
tra
presidenzialismo
e
premierato
ci
fosse
differenza
;
dunque
Berlusconi
non
era
un
problema
.
Quanto
a
Fini
,
anche
lui
stava
facendo
il
furbo
.
Diceva
presidenzialismo
,
ma
poi
,
si
sapeva
,
era
pronto
a
salvare
l
'
onore
anche
con
l
'
elezione
diretta
del
capo
del
governo
.
Forse
,
mentre
io
ingenuamente
giravo
le
sette
chiese
,
l
'
intesa
era
già
,
nell
'
aria
,
questa
.
Non
lo
so
.
Ma
quel
mattacchione
di
Umberto
Bossi
è
riuscito
all
'
ultimo
minuto
a
farla
saltare
.
Nel
gioco
dei
furbi
,
è
andata
a
finire
che
il
più
furbo
è
stato
lui
.
Congetture
a
parte
,
quel
che
è
certo
è
che
D
'
Alema
,
pur
di
ottenere
il
premierato
forte
,
ha
venduto
tutto
.
Soprattutto
ha
rinunciato
a
quel
doppio
turno
che
per
il
Pds
era
vitale
.
Perché
D
'
Alema
il
doppio
turno
lo
ha
ritirato
fuori
soltanto
all
'
ultimo
,
per
il
semipresidenzialismo
alla
francese
.
Ma
,
vedi
caso
,
per
il
premierato
forte
non
era
necessario
.
E
,
vedi
caso
,
l
'
abbandono
del
doppio
turno
andava
bene
al
Berlusconi
ispirato
da
Gianni
Pilo
,
e
gli
guadagnava
il
plauso
dei
cespugli
.
Non
contento
,
D
'
Alema
ha
anche
disperatamente
cercato
di
comprare
Bossi
,
regalandogli
tutto
il
federalismo
che
in
poche
notti
Francesco
D
'
Onofrio
è
riuscito
a
mettere
assieme
.
Dunque
,
pur
facendo
in
finale
buon
viso
a
cattivo
gioco
,
D
'
Alema
esce
sconfittissimo
dalla
sua
gestione
della
Bicamerale
.
Purtroppo
ne
esce
anche
sconfittissima
la
stessa
ragion
d
'
essere
di
una
riforma
costituzionale
.
I
davvero
contenti
dovrebbero
essere
gli
ex
democristiani
che
salvano
tutte
le
loro
poltrone
,
e
Bertinotti
che
potrà
continuare
a
rafforzarsi
.
Ma
gli
italiani
contenti
non
dovrebbero
essere
.
La
televisione
di
Stato
(
aggiunta
,
s
'
intende
,
a
quella
di
Berlusconi
)
ci
ha
annunziato
il
30
giugno
sera
che
«
per
la
prima
volta
una
commissione
bicamerale
ha
fatto
centro
»
.
Cornuti
,
mazziati
e
anche
soddisfatti
.
Grazie
a
questi
media
,
finiremo
proprio
così
.
StampaPeriodica ,
La
lunga
marcia
delle
riforme
ha
sinora
affrontato
,
alla
Camera
,
soltanto
due
nodi
:
quello
del
federalismo
(
forma
di
Stato
)
e
quello
del
presidenzialismo
(
forma
di
governo
)
.
Sul
primo
,
il
testo
concordato
in
Bicamerale
è
stato
ampiamente
modificato
;
sul
secondo
,
invece
,
è
stato
rispettato
.
Il
che
non
è
di
per
sé
riprovevole
o
irragionevole
.
Se
gli
accordi
della
Bicamerale
fossero
tutti
blindati
,
allora
l
'
esame
delle
Camere
non
avrebbe
senso
,
sarebbe
soltanto
pro
forma
.
Però
,
se
tutti
gli
accordi
della
Bicamerale
fossero
sblindati
,
cioè
tutti
da
rifare
,
allora
sarebbe
il
lavoro
della
commissione
costituente
a
risultare
inutile
.
Alla
domanda
se
i
patti
della
Bicamerale
saranno
rispettati
,
pertanto
,
per
il
momento
si
può
soltanto
rispondere
:
in
parte
sì
,
in
parte
no
.
Ma
siamo
ancora
ai
primissimi
passi
.
Perché
c
'
è
ancora
da
vedere
che
cosa
succederà
al
Senato
,
dove
la
riforma
presidenziale
approvata
a
Montecitorio
potrà
tenere
,
ma
dove
dubito
molto
sulla
tenuta
della
riforma
federale
.
Il
solo
punto
abbastanza
fermo
,
a
oggi
,
delle
riforme
è
dunque
quello
del
presidenzialismo
.
Vediamolo
.
In
passato
il
presidente
della
Repubblica
era
eletto
dalle
Camere
.
In
futuro
sarà
eletto
,
in
forza
dell
'
articolo
64
della
nuova
Costituzione
,
a
suffragio
universale
diretto
.
La
Camera
ha
anche
approvato
gli
articoli
che
ne
specificano
poteri
e
modalità
di
elezione
,
affrontando
per
ultimi
due
punti
:
le
prerogative
presidenziali
in
materia
di
politica
estera
e
di
difesa
(
art.
66
,
sub
a
)
e
il
potere
di
scioglimento
delle
Camere
(
art.
70
)
.
Sono
punti
importanti
,
e
controversi
per
questo
;
ma
non
abbastanza
importanti
da
modificare
la
valutazione
d
'
insieme
.
I
sistemi
genericamente
detti
presidenziali
sono
almeno
una
trentina
,
e
si
dividono
in
tre
tipi
:
il
sistema
presidenziale
puro
di
tipo
americano
,
il
sistema
semipresidenzíale
di
tipo
francese
,
i
sistemi
presidenziali
spuri
che
sono
tali
di
nome
più
che
di
fatto
.
Il
solo
denominatore
comune
di
tutti
questi
sistemi
è
l
'
elezione
popolare
del
capo
dello
Stato
.
Ma
la
sola
elezione
non
basta
a
rendere
un
sistema
presidenziale
diverso
da
un
sistema
parlamentare
.
Irlanda
,
Islanda
e
Austria
esibiscono
presidenti
eletti
a
suffragio
universale
,
ma
funzionano
in
tutto
e
per
tutto
come
sistemi
parlamentari
nei
quali
il
presidente
conta
poco
o
niente
.
Un
sistema
politico
è
davvero
presidenziale
,
allora
,
quando
il
presidente
conta
in
termini
di
potere
di
governo
.
Negli
Stati
Uniti
è
il
presidente
che
governa
e
che
riassume
in
sé
tutti
i
poteri
di
governo
.
Dunque
,
nel
sistema
presidenziale
puro
il
presidente
conta
moltissimo
.
L
'
inconveniente
di
questa
formula
,
che
si
manifesta
appieno
in
America
Latina
,
è
duplice
:
da
un
lato
è
aperta
al
rischio
dell
'
eccesso
di
potere
,
dall
'
altro
lato
non
prevede
il
caso
che
viene
detto
della
«
maggioranza
divisa
»
,
cioè
del
presidente
che
si
trova
in
minoranza
in
Parlamento
.
In
Francia
,
invece
,
la
struttura
del
potere
esecutivo
è
diarchica
,
a
due
teste
;
ma
il
problema
di
una
conflittualità
o
paralisi
diarchica
è
risolto
dal
fatto
che
l
'
esercizio
effettivo
del
potere
passa
dal
capo
dello
Stato
al
capo
del
governo
-
e
viceversa
-
a
seconda
di
chi
si
trova
in
maggioranza
.
Il
semipresidenzialismo
francese
è
dunque
un
sistema
altamente
flessibile
che
non
si
incaglia
,
come
avviene
in
America
,
nelle
secche
della
maggioranza
divisa
.
In
Francia
il
presidente
a
volte
conta
molto
,
a
volte
conta
meno
;
ma
non
è
mai
un
presidente
che
non
presiede
nulla
,
la
cui
funzione
è
di
essere
soltanto
un
garante
.
Come
si
cerca
invece
di
renderlo
nel
presidenzialismo
all
'
italiana
.
Come
notavo
,
in
materia
di
poteri
presidenziali
esiste
ancora
un
contenzioso
aperto
.
Ma
ammettiamo
che
gli
articoli
66
e
70
resistano
agli
assalti
e
passino
nella
versione
proposta
dalla
Bicamerale
.
Anche
se
così
sarà
,
il
presidenzialismo
all
'
italiana
è
pur
sempre
da
ascrivere
alla
categoria
dei
presidenzialismi
spuri
e
mal
congegnati
;
che
talvolta
sono
soltanto
inutili
,
come
nella
citatissima
Austria
,
ma
che
possono
anche
essere
dannosi
.
Capisco
benissimo
chi
si
oppone
al
presidenzialismo
puro
.
Capisco
anche
,
seppur
meno
,
chi
nemmeno
vuole
il
semipresidenzialismo
.
Ma
l
'
argomento
vero
non
è
che
nel
modello
francese
si
annida
il
pericolo
di
una
tirannide
virtuale
,
come
gridano
,
comprensibilmente
spaventatissimi
,
Armando
Cossutta
e
Fausto
Bertinotti
;
e
nemmeno
il
pericolo
della
deriva
plebiscitaria
denunziato
dai
popolari
.
Chiamando
le
cose
con
il
loro
vero
nome
,
chi
diffida
di
qualsiasi
presidenzialismo
teme
l
'
elezione
popolare
diretta
.
Coma
fa
un
elettorato
che
di
politica
si
interessa
poco
,
e
sa
pochissimo
,
a
scegliere
una
persona
adatta
?
Diciamolo
senza
infingimenti
:
il
rischio
di
una
cattiva
scelta
,
di
una
scelta
sbagliata
,
è
un
rischio
da
mettere
in
conto
.
E
la
videopolitica
lo
accentua
.
In
Brasile
la
televisione
ha
portato
al
potere
Collor
,
un
pessimo
presidente
cacciato
per
corruzione
nel
1993
.
In
questo
momento
pare
che
dalle
elezioni
presidenziali
nelle
Filippine
esca
vincitore
un
ex
attore
(
come
Ronald
Reagan
,
ma
senza
il
suo
tirocinio
politico
)
e
che
in
Venezuela
la
candidata
più
forte
per
le
elezioni
presidenziali
di
dicembre
sia
Irene
Sàez
,
un
'
ex
Miss
Universo
di
36
anni
:
certo
una
gran
bella
ragazza
,
ma
che
cosa
c
'
entra
?
Dunque
il
presidenzialismo
comporta
un
rischio
che
l
'
elezione
parlamentare
del
presidente
riduce
.
Ma
il
guaio
è
che
in
Italia
i
nemici
del
presidenzialismo
sono
riusciti
a
depotenziarlo
senza
però
riuscire
a
evitare
l
'
elezione
diretta
(
per
ben
sei
anni
)
.
Il
che
rischia
di
produrre
un
presidenzialismo
reso
pericoloso
dalla
propria
impotenza
.
L
'
elezione
popolare
del
capo
dello
Stato
non
è
piccola
cosa
.
Tra
le
tante
,
troppe
elezioni
che
ci
affaticano
,
è
la
Grande
Elezione
.
Mobilita
un
paese
per
mesi
,
richiede
manovre
di
posizionamento
dei
candidati
per
anni
,
e
impiega
ingenti
energie
e
risorse
.
Dopo
di
che
,
e
soprattutto
,
crea
aspettative
.
In
Italia
-
se
mai
arriveremo
al
referendum
confermativo
della
nuova
Costituzione
-
l
'
elezione
del
presidente
verrà
strombazzata
come
una
grande
conquista
democratica
,
come
un
aumento
del
potere
popolare
.
Non
sarà
vero
,
sarà
un
imbrogliuccio
.
Ma
resta
vero
che
l
'
elezione
diretta
dà
legittimità
,
e
quindi
il
nuovo
presidente
potrà
parlare
più
di
ogni
altro
in
nome
del
popolo
.
E
se
sarà
un
tipo
battagliero
potrà
dare
battaglia
per
conquistare
i
poteri
che
la
Costituzione
gli
nega
,
ma
che
i
veri
presidenzialismi
gli
assegnerebbero
.
Una
battaglia
che
gli
verrà
facilitata
da
un
varco
che
i
nostri
costituenti
hanno
lasciato
sguarnito
senza
accorgersene
.
Nell
'
articolo
66
sub
e
,
approvato
pochi
giorni
fa
,
si
legge
che
il
presidente
della
Repubblica
«
autorizza
la
presentazione
alle
Camere
dei
disegni
di
legge
di
iniziativa
del
governo
»
.
E
vero
che
quel
disposto
ripete
l
'
articolo
87
della
Costituzione
del
1948
.
Ma
se
era
reso
aggirabile
,
in
passato
,
da
un
sistema
parlamentare
,
è
un
disposto
che
diventa
pericolosamente
offensivo
in
mano
a
un
presidente
a
elezione
popolare
.
Che
cosa
succede
se
il
presidente
non
autorizza
la
presentazione
di
un
disegno
di
legge
?
Dal
testo
si
evince
che
la
non
autorizzazione
è
un
atto
interamente
discrezionale
.
E
dunque
può
succedere
che
il
presidente
unto
dal
popolo
blocchi
,
volendo
,
quasi
tutto
il
governare
.
Bravi
davvero
,
Leopoldo
Elia
e
soci
.
Nel
combattere
il
presidenzialismo
,
i
popolari
hanno
ottenuto
un
presidenzialismo
impotente
sì
,
ma
aperto
ai
conflitti
istituzionali
assai
più
del
sistema
semipresidenziale
che
sono
riusciti
a
distruggere
.
In
Francia
la
potenziale
conflittualità
tra
capo
della
Stato
e
capo
del
governo
è
stata
disciplinata
,
e
a
tutt
'
oggi
non
è
mai
stata
dirompente
.
Il
presidenzialismo
all
'
italiana
,
invece
,
o
sarà
soltanto
di
facciata
,
oppure
sarà
contrassegnato
da
una
preoccupante
conflittualità
interna
.
Nella
prima
eventualità
,
quella
di
un
presidenzialismo
finto
e
soltanto
nominale
,
avremmo
fatto
molto
rumore
per
nulla
,
e
la
montagna
avrebbe
partorito
un
topolino
.
Nella
seconda
eventualità
,
ci
troveremmo
assai
più
mal
messi
di
prima
.
In
ogni
caso
,
chiamare
questo
coso
un
semipresidenzialismo
è
un
'
ingiuria
al
nome
.