StampaQuotidiana ,
Il
1970
termina
in
un
clima
politico
di
incertezza
e
di
disorientamento
non
minore
del
1969
,
di
quel
triste
dicembre
che
era
stato
funestato
dagli
oscuri
morti
di
piazza
Fontana
e
dall
'
improvviso
e
cupo
ritorno
della
violenza
.
Questa
volta
il
bilancio
delle
vittime
è
molto
meno
grave
:
la
dolorosa
morte
del
giovane
Saltarelli
non
potrebbe
essere
paragonata
alla
misteriosa
strage
della
banca
dell
'
Agricoltura
.
Ma
c
'
è
un
senso
di
amarezza
e
di
insicurezza
nell
'
aria
,
diffuso
un
po
'
dovunque
,
che
mette
a
nudo
tutti
i
terribili
e
insoluti
problemi
nazionali
;
il
fossato
fra
la
classe
politica
e
il
paese
,
già
delineatosi
nel
'68
e
accentuatosi
nel
'69
,
si
è
ulteriormente
approfondito
;
l
'
indifferenza
di
tanta
parte
della
pubblica
opinione
verso
le
vicende
governativo
-
parlamentari
di
Roma
rasenta
il
sarcasmo
o
il
cinismo
,
fino
ad
investire
lo
stesso
prestigio
delle
istituzioni
.
Allora
,
un
anno
fa
,
di
fronte
alle
bombe
di
piazza
Fontana
-
esplosione
di
quella
violenza
selvaggia
che
accomunava
le
estreme
extraparlamentari
e
quasi
sembrava
riassumere
la
degenerazione
dei
miti
contestativi
-
ci
fu
un
largo
movimento
popolare
di
ritorno
alla
democrazia
,
di
rinnovata
fiducia
nella
legalità
,
di
ansia
,
comune
anche
a
larghi
settori
della
classe
operaia
,
di
una
Repubblica
capace
di
difendere
l
'
ordine
,
di
imporre
la
maestà
della
legge
scaturita
dalla
guerra
e
dalla
liberazione
.
Il
negoziato
di
Rumor
per
riformare
l
'
intesa
a
quattro
cominciò
dal
gennaio
,
in
un
clima
che
era
pieno
di
difficoltà
ma
anche
di
speranze
;
il
tentativo
,
così
sottile
e
abile
,
di
un
uomo
come
Moro
fallì
solo
per
l
'
intransigenza
vaticana
sul
divorzio
(
un
'
intransigenza
non
ancora
sopita
)
.
Certo
si
constatarono
profonde
divergenze
fra
i
partiti
;
ma
un
minimo
di
«
lealtà
repubblicana
»
si
impose
su
tutti
i
motivi
di
divergenza
o
di
contrapposizione
,
e
su
quel
terreno
si
affrontò
la
riforma
,
rischiosa
ma
ormai
inevitabile
,
delle
regioni
,
ci
si
avvicinò
a
quelle
elezioni
locali
del
7
giugno
,
che
furono
felicemente
superate
,
con
un
risultato
complessivo
incoraggiante
per
la
democrazia
.
Ma
dopo
?
Dal
momento
in
cui
la
tensione
del
dicembre
'69
,
una
tensione
che
aveva
toccato
brividi
di
guerra
civile
,
apparve
scaricata
o
almeno
fortemente
attenuata
,
tutto
sembrò
nuovamente
in
discussione
o
in
pericolo
.
Dopo
il
7
giugno
del
'70
si
ripartì
da
zero
.
Il
governo
Rumor
fu
messo
in
crisi
dal
moto
centrifugo
dei
partiti
,
estrema
conseguenza
della
scissione
socialista
e
della
scissione
,
inconfessata
,
nella
democrazia
cristiana
;
i
compromessi
del
preambolo
Forlani
,
pur
realistici
e
accettabili
,
dettero
luogo
a
infiniti
equivoci
;
il
dissenso
circa
le
giunte
locali
si
aggravò
;
sulla
delimitazione
della
maggioranza
le
antitesi
apparvero
incolmabili
;
l
'
ombra
del
divorzio
si
fece
sentire
,
e
fu
forse
decisiva
per
le
stesse
repentine
dimissioni
del
presidente
Rumor
.
La
legislatura
,
salvata
miracolosamente
nella
primavera
,
sembrò
nuovamente
in
agonia
.
Fra
luglio
e
agosto
,
si
ebbe
una
crisi
profonda
,
una
crisi
che
non
risparmiò
nulla
e
nessuno
.
La
formula
del
quadripartito
di
emergenza
,
del
quadripartito
di
restaurazione
economica
e
finanziaria
,
incarnata
da
Colombo
,
apparve
a
tutti
gli
uomini
di
buona
volontà
come
l
'
unica
atta
ad
evitare
lo
scioglimento
delle
Camere
.
Il
governo
Colombo
iniziò
la
sua
opera
con
senso
congiunto
di
alacrità
e
di
responsabilità
.
Si
orientò
ad
affrontare
come
prioritaria
la
situazione
economica
,
che
era
allora
gravissima
(
ma
oggi
non
lo
è
meno
)
;
impostò
,
con
una
visione
globale
dei
problemi
,
la
tematica
del
decretone
.
L
'
improvvisa
ventata
ostruzionista
annullò
in
gran
parte
il
vantaggio
del
rimedio
,
la
celerità
:
in
pochi
mesi
i
problemi
che
il
decretone
doveva
avviare
a
soluzione
,
a
cominciare
dalle
mutue
,
si
aggravarono
anziché
attenuarsi
.
L
'
ondata
degli
scioperi
,
che
era
stata
contenuta
dai
primi
positivi
incontri
fra
governo
e
sindacati
,
riprese
con
un
ritmo
non
meno
convulso
e
assai
più
ingiustificato
dei
tempi
aspri
dell
'
autunno
caldo
.
Si
consolidò
l
'
abitudine
,
veramente
insensata
,
delle
agitazioni
per
le
cosiddette
riforme
(
nel
'69
ci
si
batteva
,
ed
era
tutt
'
altro
discorso
,
per
l
'
aumento
delle
retribuzioni
,
per
l
'
adeguamento
dei
livelli
operai
)
.
La
spirale
della
confusione
e
della
stanchezza
ha
ripreso
come
nel
dicembre
'69
e
senza
più
neppure
le
forze
di
reazione
o
di
riscossa
che
nel
'69
erano
emerse
dal
campo
democratico
e
socialista
.
Quasi
tutti
i
vantaggi
dell
'
ultimo
anno
sono
apparsi
illusori
;
solo
la
linea
di
stabilizzazione
monetaria
,
indubbia
benemerenza
del
governo
Colombo
,
ha
evitato
che
i
progressi
dell
'
autunno
caldo
fossero
vanificati
dal
moto
inflazionistico
.
Ma
se
la
situazione
della
moneta
è
buona
,
non
lo
è
altrettanto
quella
della
produzione
:
il
ritmo
degli
investimenti
è
stagnante
,
in
molte
aziende
le
assenze
recano
maggiori
danni
degli
scioperi
duri
di
un
anno
fa
,
una
nuova
fiammata
di
spontaneismo
anarco
-
maoista
paralizza
o
contraddice
anche
le
migliori
intenzioni
del
sindacalismo
organizzato
.
Diventa
sempre
più
difficile
reggere
alla
concorrenza
straniera
,
tenere
il
passo
con
l
'
Europa
.
E
il
rischio
,
il
rischio
più
grave
,
incombe
su
quelli
che
nel
brutto
linguaggio
di
oggi
si
chiamano
i
livelli
occupazionali
,
l
'
occupazione
cioè
di
mano
d
'
opera
,
minacciata
dai
dissesti
e
dalle
difficoltà
sempre
maggiori
,
quasi
angosciose
,
in
cui
versa
la
media
e
piccola
industria
.
Il
coraggioso
appello
di
La
Malfa
per
un
riesame
globale
della
condotta
economica
e
finanziaria
del
governo
,
in
occasione
della
pubblicazione
ormai
non
lontana
del
Libro
bianco
,
porterà
certamente
,
fra
gennaio
e
febbraio
,
a
quel
«
chiarimento
»
che
il
decretone
non
è
riuscito
a
raggiungere
.
Ma
i
problemi
politici
e
psicologici
di
fondo
non
si
risolvono
neppure
col
Libro
bianco
.
Occorre
che
il
paese
riacquisti
fiducia
nella
sua
classe
politica
;
ma
occorre
soprattutto
che
la
classe
politica
riacquisti
fiducia
in
se
stessa
,
riguadagni
quella
credibilità
che
è
ormai
compromessa
dalle
spietate
lotte
per
il
potere
,
a
cominciare
dalla
gara
per
il
Quirinale
.
Il
quadripartito
non
ha
alternative
,
almeno
in
questa
legislatura
.
Tutti
i
suoi
componenti
debbono
compiere
qualche
sacrificio
:
dal
comune
di
Milano
fino
al
governo
di
Roma
.
Ma
il
continuo
richiamo
verbalista
e
retorico
agli
«
equilibri
più
avanzati
»
,
caro
a
taluni
socialisti
del
Psi
,
è
destinato
soltanto
a
dissolvere
gli
equilibri
attuali
-
giunti
ormai
ad
un
punto
di
logoramento
oltre
il
quale
non
si
può
andare
-
senza
favorire
la
formazione
di
nessuna
nuova
alleanza
capace
di
reggere
.
Né
a
Milano
né
a
Roma
,
c
'
è
spazio
per
il
bipartito
:
il
bipartito
oggi
si
identificherebbe
con
l
'
apertura
al
Pci
(
e
proprio
dopo
i
fatti
di
Polonia
e
la
sentenza
di
Leningrado
!
)
.
È
nelle
peggiori
condizioni
di
equivoco
e
di
reticenza
reciproche
:
condizioni
negative
,
in
primo
luogo
,
per
il
Psi
.
A
proposito
di
socialisti
.
L
'
inconcludenza
paralizzante
degli
«
equilibri
più
avanzati
»
ci
fa
tornare
in
mente
una
formula
di
Enrico
Ferri
,
i
bei
tempi
dell
'
integralismo
,
verso
il
1906
:
«
Riforme
più
rivoluzione
diviso
due
»
.
Che
era
tutto
e
nulla
.
Il
peggior
nemico
del
socialismo
italiano
fu
e
rimane
il
massimalismo
:
l
'
ossequio
cioè
alle
formule
intransigenti
unito
ad
una
duplicità
insuperabile
sul
piano
dell
'
azione
.
Auguriamoci
tutti
che
non
si
debba
riparlare
una
seconda
volta
,
-
come
fece
un
socialista
galantuomo
dopo
il
'45
-
di
espiazione
massimalista
.