StampaQuotidiana ,
Mi
allontano
oggi
dal
«
Corriere
»
,
in
un
momento
affannoso
e
drammatico
della
vita
italiana
,
momento
che
vede
in
discussione
equilibri
e
convinzioni
radicate
.
Il
giornale
cui
ho
dedicato
ogni
mia
forza
per
oltre
quattro
anni
difficili
,
il
giornale
costruito
con
lo
slancio
solidale
e
l
'
impegno
appassionato
di
tutta
la
redazione
,
è
affidato
al
giudizio
dei
lettori
aumentati
,
dal
1968
,
e
in
misura
sensibile
,
nonostante
tre
scatti
di
prezzo
susseguitisi
nel
giro
di
poco
più
di
un
anno
.
È
stata
una
esperienza
fondata
su
quattro
direttrici
fondamentali
.
Le
riaffermo
oggi
,
nel
momento
del
congedo
,
non
tanto
come
mete
raggiunte
quanto
come
obiettivi
tenacemente
perseguiti
,
in
mezzo
a
difficoltà
inimmaginabili
,
ad
amarezze
infinite
.
*
*
*
Un
giornale
libero
,
sempre
:
nell
'
informazione
e
nel
commento
.
Geloso
della
sua
indipendenza
,
immune
da
influenze
o
comunque
da
suggestioni
esterne
.
Non
legato
a
centri
di
potere
,
franco
nella
critica
e
nel
dissenso
.
Amico
personale
del
presidente
Saragat
da
ventiquattro
anni
,
non
ho
esitato
ad
attaccare
il
disimpegno
del
'68
e
a
non
condividere
la
scissione
socialista
del
'69
,
attribuiti
l
'
uno
e
l
'
altra
,
a
ragione
o
a
torto
,
all
'
ex
capo
dello
Stato
.
Fautore
tenace
e
convinto
della
collaborazione
fra
laici
e
cattolici
come
sola
alternativa
al
disfacimento
della
democrazia
italiana
,
non
ho
lesinato
critiche
anche
durissime
agli
infelici
e
zoppi
governi
quadripartiti
che
hanno
caratterizzato
questa
infeconda
e
tormentata
legislatura
.
Durante
le
recenti
elezioni
per
la
presidenza
della
Repubblica
,
ho
tenuto
il
«
Corriere
»
al
di
fuori
di
ogni
preferenza
smaccata
e
sospetta
,
non
meno
che
di
ogni
ostracismo
pregiudiziale
e
infondato
.
Questo
giornale
è
qualcosa
più
di
un
grande
quotidiano
d
'
informazione
,
è
il
simbolo
stesso
della
civiltà
laica
e
democratica
del
nostro
paese
,
fondata
sulla
ragione
e
sulla
tolleranza
.
Ecco
perché
il
«
Corriere
»
si
è
coerentemente
battuto
in
questi
anni
,
nella
linea
di
separazione
fra
Chiesa
e
Stato
,
per
l
'
autonomia
del
potere
civile
in
ogni
occasione
,
dal
divorzio
al
referendum
,
pur
sforzandosi
di
non
offendere
mai
la
coscienza
dei
credenti
nei
punti
di
fede
,
che
valgono
più
di
tutti
i
compromessi
o
gli
armistizi
fra
i
potenti
.
Ed
ecco
perché
ha
patrocinato
una
linea
di
ferma
tutela
della
legalità
repubblicana
e
dello
Stato
di
diritto
sempre
minacciato
dalla
violenza
di
parte
,
ma
nell
'
ambito
della
Costituzione
e
al
di
fuori
di
ogni
seduzione
autoritaria
o
reazionaria
anche
mascherata
coi
comodi
schermi
dei
«
blocchi
d
'
ordine
»
o
delle
«
maggioranze
silenziose
»
.
Non
meno
che
con
le
fughe
nell
'
integralismo
,
magari
ammantato
con
l
'
efficienza
,
o
con
le
pseudo
-
riforme
costituzionali
.
*
*
*
Un
giornale
aperto
,
in
secondo
luogo
.
Non
più
dogmatico
,
non
più
categorico
,
non
più
chiuso
nella
fortezza
delle
sue
convinzioni
;
ma
disponibile
al
dialogo
,
pronto
alla
registrazione
di
tutte
le
voci
,
anche
molteplici
e
contraddittorie
,
della
società
civile
non
meno
che
delle
diverse
ideologie
.
Non
a
caso
la
formula
dei
dibattiti
e
delle
tavole
rotonde
,
che
tanti
consensi
ha
raccolto
,
è
entrata
in
questi
anni
al
giornale
:
senza
preclusioni
,
senza
discriminazioni
settarie
e
su
tutti
i
temi
,
dalla
contestazione
ai
diritti
civili
.
E
non
a
caso
ai
dibattiti
si
sono
alternate
le
grosse
inchieste
in
equide
,
basate
sul
lavoro
dei
più
illustri
e
dei
più
oscuri
,
senza
greche
né
gradi
:
come
l
'
indagine
sulle
regioni
consegnata
nei
volumi
di
Italia
settanta
.
*
*
*
Un
giornale
fondato
sulla
cooperazione
di
tutti
coloro
che
concorrono
alla
sua
costruzione
,
in
terzo
e
fondamentale
luogo
.
Non
era
una
impresa
facile
.
Il
mio
primo
obiettivo
fu
di
colmare
il
distacco
fra
le
figure
di
primo
piano
,
legate
alla
giusta
celebrità
della
firma
,
e
la
redazione
,
l
'
anonima
e
silenziosa
redazione
riunita
nella
stanza
leggendaria
descritta
da
Corrado
Alvaro
:
quella
che
è
la
forza
vera
,
e
irrinunciabile
,
di
un
giornale
.
Mi
sono
sforzato
,
come
ho
potuto
,
di
elevare
il
rango
della
redazione
,
di
aumentarne
il
prestigio
,
di
allargarne
la
funzione
operativa
nella
vita
quotidiana
del
«
Corriere
»
.
Senza
schemi
preconcetti
e
da
manuale
,
che
finiscono
spesso
in
paurose
smentite
.
Ma
col
desiderio
costante
e
mai
ammainato
di
un
rapporto
umano
,
di
una
comprensione
dei
problemi
e
di
una
conseguente
,
paziente
,
risoluzione
,
giorno
per
giorno
,
degli
infiniti
casi
che
a
un
direttore
si
pongono
.
Il
mio
più
caro
ricordo
,
in
quest
'
ora
di
distacco
dal
«
Corriere
»
è
nella
stanza
di
redazione
del
giornale
,
là
fra
i
colleghi
impegnati
al
controllo
dei
titoli
e
alla
valutazione
dei
testi
.
In
questo
spirito
si
colloca
l
'
epilogo
positivo
delle
trattative
condotte
dal
comitato
di
redazione
con
l
'
editore
per
la
fissazione
dei
«
diritti
»
dei
giornalisti
nella
vita
dell
'
impresa
e
nelle
future
nomine
dei
direttori
.
Una
trattativa
contro
la
procedura
che
ha
finito
per
toccare
questioni
di
sostanza
:
una
vera
e
propria
svolta
nel
giornalismo
italiano
.
Al
di
là
di
ogni
pur
legittima
rivendicazione
personale
che
è
stata
da
me
stesso
preventivamente
scartata
dopo
l
'
affettuosa
solidarietà
del
primo
giorno
,
le
conclusioni
di
via
Solferino
si
riallacciano
al
clima
di
autentica
collaborazione
con
l
'
intero
corpo
redazionale
,
traducono
nella
carta
di
un
accordo
,
che
i
lettori
vedranno
nella
colonna
affiancata
,
lo
spirito
di
oltre
quattro
anni
di
lavoro
collegiale
e
comune
.
*
*
*
Un
giornale
teso
all
'
innesto
fra
cultura
e
giornalismo
,
in
quarto
e
ultimo
luogo
.
E
non
solo
nella
terza
pagina
.
Sì
:
io
appartengo
ai
direttori
che
credono
nella
cultura
,
e
anche
nella
sua
forza
traente
ai
fini
delle
tirature
.
In
un
mondo
dominato
dalle
immagini
,
spesso
deformanti
,
della
televisione
,
la
parola
scritta
conserva
un
valore
solo
in
quanto
sia
commento
e
approfondimento
dei
fatti
,
serva
ad
inquadrarli
in
qualcosa
di
più
valido
della
gelida
ricostruzione
di
cronaca
,
risalendo
alle
radici
lontane
.
È
la
lotta
contro
il
monopolio
televisivo
e
per
la
sopravvivenza
della
libertà
di
stampa
,
sempre
tanto
minacciata
e
insidiata
,
partiva
,
e
continuerà
a
partire
,
dalla
convinzione
che
senza
una
elevazione
di
qualità
il
quotidiano
indipendente
è
già
morto
,
nella
gara
con
gli
altri
,
e
prevalenti
«
mass
media
»
.
*
*
*
Lasciando
la
direzione
del
«
Corriere
»
con
tranquilla
coscienza
,
riaffermo
i
principi
che
hanno
animato
i
diciotto
anni
delle
mie
direzioni
.
Credo
in
un
giornale
che
sia
portatore
di
idee
e
non
mero
prodotto
industriale
,
da
sottoporre
alle
astratte
leggi
di
mercati
immaginari
.
Credo
in
un
giornale
come
strumento
di
informazione
,
e
non
come
veicolo
di
materiali
prefabbricati
in
serie
.
Credo
in
un
giornale
come
scelta
dell
'
uomo
,
e
non
del
computer
.
E
soprattutto
credo
nell
'
autonomia
e
nella
dignità
della
professione
giornalistica
che
non
può
essere
sottoposta
a
imposizioni
o
a
sollecitazioni
esterne
,
da
qualsiasi
parte
provengano
.
Nel
momento
del
congedo
,
un
congedo
che
equivale
ad
un
impegno
per
il
futuro
,
rivolgo
un
particolare
affettuoso
ringraziamento
non
solo
ai
colleghi
e
collaboratori
tutti
ma
anche
alle
molteplici
componenti
,
in
particolare
ai
tipografi
,
di
questa
grande
azienda
che
occupa
ancora
il
primo
posto
,
nelle
statistiche
del
«
Times
»
,
fra
i
giornali
europei
di
«
qualità
»
,
un
primato
che
risale
a
Luigi
Albertini
.
La
«
qualità
»
è
un
obiettivo
che
si
raggiunge
con
decenni
di
sacrifici
e
di
lotte
;
nel
«
Corriere
»
è
il
frutto
di
una
tradizione
che
deve
rinnovarsi
giorno
per
giorno
,
ma
senza
strappi
violenti
,
senza
traumi
.
È
l
'
augurio
che
rivolgiamo
di
cuore
al
nostro
successore
,
a
Piero
Ottone
.
E
soprattutto
il
mio
pensiero
riconoscente
va
a
tutti
i
lettori
che
hanno
seguito
e
confortato
il
giornale
nel
tentativo
,
certo
non
sempre
riuscito
ma
fedelmente
perseguito
,
di
salvaguardare
una
zona
di
equilibrio
e
di
distaccata
indipendenza
in
un
mare
di
estremismi
e
di
fanatismi
cozzanti
,
associando
il
rispetto
del
passato
alla
ricerca
del
futuro
.
Un
futuro
che
noi
riusciamo
a
vedere
solo
nella
misura
di
una
società
libera
e
aperta
,
senza
illusioni
tecnocratiche
o
autocratiche
.
Una
società
,
insomma
,
dal
volto
umano
.