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> autore_s:"Toraldo di Francia Giuliano"
Ex absurdo. Riflessioni di un fisico ottuagenario ( Toraldo di Francia Giuliano , 1997 )
Saggistica ,
Ridentem dicere verum quid vetat ? ORAZIO Ma che c ' entra l ' assurdo Chi scrive queste pagine è un fisico , che nell ' esercizio della sua ricerca è stato abituato da sempre a perseguire il rigore logico , l ' esattezza matematica , la massima razionalità . Ci si aspetterebbe che di conseguenza egli rifuggisse da ogni discorso vago , basato su semplici analogie o sull ' abuso della metafora ; e che massimamente si tenesse lontano dal vaneggiamento onirico . Ma bisogna fare attenzione a non concludere troppo sbrigativamente su questi argomenti . Il nostro cervello è come un formidabile calcolatore che , nel corso dei millenni ( anzi , dei milioni di anni ) , si è evoluto e adattato nel modo più propizio per farci sopravvivere in un certo ambiente . Si tratta precisamente della superficie della Terra , quale a noi si è offerta circa quattro miliardi e mezzo di anni dopo la nascita del pianeta ( e di tutto il sistema solare ) . A prima vista si potrebbe pensare che le condizioni dell ' ambiente non dovessero in alcun modo avere a che fare col corretto funzionamento del cervello . Un ragionamento , se è giusto , dovrebbe essere giusto sulla Terra , come su Marte , come su Andromeda . Ma in realtà non è esattamente così : infatti prima di stabilire se l ' argomentazione è corretta o no , si tratta di sapere se i termini in cui essa è formulata hanno senso . Vediamo di spiegarci meglio . La Terra non è un oggetto di tipo molto comune nell ' Universo . La sua temperatura assoluta alla superficie è molto bassa e varia in un intervallo piccolissimo , che va all ' incirca da 220 a 330 ° K ( gradi Kelvin ) . Per capire che cosa questo significa , si pensi che nell ' Universo si trovano temperature che vanno dai 2,7 ° K della radiazione elettromagnetica di fondo ( quella che riempie tutto lo spazio cosiddetto " vuoto " ) alle centinaia di milioni di ° K dell ' interno delle stelle . Una conseguenza decisiva di questo stato di cose è che nel nostro ambiente terrestre l ' energia media dell ' agitazione termica delle molecole è spesso minore della forza di coesione intermolecolare ; è per questo che una gran parte delle molecole hanno tendenza a riunirsi in corpi solidi o quasi solidi . Il nostro stesso corpo è di tale tipo ed è formato da parecchi miliardi di miliardi di molecole . È per tale circostanza che nella vita quotidiana noi abbiamo a che fare più che altro con sistemi solidi e macroscopici , o , come suol dirsi , a misura d ' uomo . I solidi hanno per loro natura la tendenza a mantenersi a lungo aggregati in forma stabile e distinti dal mondo circostante ; tanto che nella didattica scientifica di altri tempi si insisteva addirittura sulla cosiddetta impenetrabilità dei corpi . In una parola , a noi sembra che essi abbiano e conservino ciascuno una propria identità separata . Questo comportamento ci ha suggerito di attribuire a ognuno degli oggetti un nome , come pure di contarli e di distribuirli quali elementi distinti nei loro diversi insiemi . Non c ' è dunque da meravigliarsi se , allo scopo di sopravvivere al meglio nel nostro ambiente , abbiamo sviluppato per selezione naturale una logica classica , che opera con individui e insiemi di individui . Su di essa abbiamo fondato la nostra razionalità e , dati gli ottimi risultati ottenuti con quella logica nell ' orientarsi e nell ' agire in un mondo di oggetti macroscopici , abbiamo concluso che è molto bene evitare di discostarsene . Ma insistiamo ancora sull ' importanza dell ' ambiente , facendo un ' ipotesi ... assurda . Supponiamo che gli umani fossero nati e si fossero sviluppati sul Sole . In tale ambiente non esistono corpi solidi : e anche se vi venissero portati , si volatilizzerebbero immediatamente . In nessun modo avremmo potuto farci un ' idea dei corpi solidi e della loro individualità . In ogni caso , una tale idea sarebbe stata assolutamente inutile per sbrigarcela sul Sole ! Naturalmente si obietterà che anche sul Sole esistono gli oggetti della microfisica , vale a dire i singoli atomi e molecole , nonché i corpuscoli subatomici , come protoni ed elettroni . E supponiamo pure che i nostri ipotetici uomini solari , fin dall ' epoca dell ' apparizione della loro specie sulla superficie dell ' astro , fossero stati in grado di scoprire e di osservare i suddetti oggetti . Ne sarebbe derivata - per noi esseri umani terrestri e attuali - una conseguenza assolutamente sconcertante . Infatti gli oggetti della microfisica , stando alla nostra logica , si comportano in modo proprio assurdo . Ci ritorneremo a suo tempo . Ma già da ora ricordiamo che quando si muovono , non hanno una traiettoria ; quando non sono osservati , non ha senso dire dove si trovano ; il luogo in cui verranno osservati si può prevedere solo in modo probabilistico ; appena vengono osservati cambia la loro distribuzione di probabilità riguardo alle osservazioni future ; a volte appaiono come corpuscoli , a volte come onde , a seconda dell ' esperienza che eseguiamo ; due corpuscoli della stessa specie sono indistinguibili e appena ne chiamiamo uno Pietro e l ' altro Paolo , non possiamo più determinare in nessun modo quale è Paolo e quale è Pietro ; e altre stranezze che qui non stiamo a elencare . La nostra logica classica è ancora adeguata per trattare enti così singolari ? La risposta a questa domanda non è chiaramente univoca . Si può , come si è fatto fin dai primi decenni di questo secolo , continuare ad applicare la logica classica , accettando di buon grado che il comportamento dei microggetti sia diverso da quello dei macroggetti con i quali abbiamo a che fare di solito ; e che la loro individualità , come pure la loro identità , o non abbiano senso o abbiano un significato diverso da quello che noi concepiamo . Oppure si possono prendere misure più drastiche , ideando addirittura nuove logiche , in un certo senso sorprendenti , perché più tolleranti della logica classica : come le logiche a più valori , le logiche sfumate ( fuzzy ) , la logica quantistica e altre diavolerie che sono tuttora in corso di rapida elaborazione . Non di rado in esse si fa a meno perfino del principio di contraddizione e non si paventa la minaccia di Duns Scoto : " ex absurdo sequitur quodlibet " . Non di questi sviluppi tecnici ci vogliamo qui occupare . Ci basterà osservare che oggi i concetti di logico e di assurdo hanno una validità molto meno assoluta di una volta . Ma , qualunque sia la logica che vogliamo adottare , è lecito domandarsi : il nostro pensiero nasce logico ? Probabilmente tutti si saranno accorti che non è così . L ' ideazione , frutto di quella che a volte chiamiamo fantasia , è sempre anteriore a qualsiasi sistemazione logica . Si ha quasi l ' impressione che nella nostra mente - forse nell ' inconscio - esista una ricchissima " sorgente " d ' immagini , di suggestioni e di collegamenti , che obbedisce a una sorta di logica a noi assolutamente ignota , o che addirittura non è soggetta ad alcuna logica . Soltanto in un secondo tempo noi passiamo al setaccio quelle immagini , prima trasformandole in concetti logici , poi mettendole a confronto con tutto ciò che già sappiamo - o crediamo di sapere - del mondo , infine scartando più o meno inconsciamente tutto quello che non ci sembra aver senso . Di solito l ' uomo colto e civilizzato esegue l ' intera operazione con grande celerità . Infatti - come abbiamo già notato - si tratta di usare uno strumento che nel nostro ambiente agisce con notevole efficacia e ci conferisce un deciso vantaggio nella lotta per la sopravvivenza . Ma chi lo usa è quasi sempre convinto che in quel modo si avvicina meglio alla " realtà " . Forse più lenti nel compiere l ' operazione di vaglio sono gli uomini cosiddetti primitivi , il visionario , il sognatore . Tuttavia si badi bene che il poeta ( quello vero ) di proposito non sottopone troppo severamente le sue immagini alla sistemazione logica , ben sapendo che , se lo facesse , le distruggerebbe . E del resto soltanto una tradizione filosofica piuttosto vecchiotta e dubbia può continuare a sostenere che quelle immagini non sono realtà . Invece sono una realtà umana , umanissima , niente affatto da scartare . Semmai rimane tuttora un affascinante problema : quello della strana - quasi schizofrenica - mescolanza di immagini accettate tali e quali dalla scaturigine primitiva e della successiva sistemazione logica , che - pur attenuandosi in misura sempre più decisiva nel corso dei secoli - non può certo cessare né è cessata interamente presso i poeti contemporanei . Ebbene , lasciando ormai da parte le poesie e í sogni , ci si può domandare se l ' assurdo abbia ancora una qualche funzione essenziale o illuminante in ben altre e più " severe " speculazioni , quali quelle della scienza , della filosofia , dell ' ordinamento sociale , o addirittura della tecnica . Ma certo che ce l ' ha ! Si tratta niente meno che della perenne sorgente delle nostre ideazioni . Non esitiamo ad affermare che " un pizzico di assurdo " c ' è sempre . Consideriamo una delle più nobili aspirazioni umane : la curiosità e la voglia di sapere . Per millenni si sono utilizzate le acque del Nilo per alimentare una stupenda civiltà , senza sapere da dove venisse giù quella benedizione . Ma la voglia di conoscere le sorgenti ha assillato le menti più acute di antichi e moderni , reclamando anche non poche vittime nell ' ardua esplorazione . Certo si credeva che quella ricerca fosse solo fine a se stessa . Ma , come sempre avviene nelle imprese conoscitive umane , una volta risolto l ' enigma , la scoperta si è rivelata ( magari alla lunga ) utilissima per il progresso agricolo , energetico , industriale , politico e quanto altro . Allo stesso modo non è vano indagare in generale quali siano le scaturigini del pensiero umano . Esse stanno riposte in quelle immagini " assurde " , che noi a posteriori ci diamo ad arginare e a regolamentare nei concetti e nelle regole logiche . Quest ' ultima operazione - ripetiamolo ancora , a scanso dei soliti insulsi , tendenziosi equivoci di chi disprezza la razionalità - è necessaria per sviluppare la scienza e indispensabile per agire proficuamente nel nostro mondo . Ma il chiudere , il disseccare le sorgenti del pensiero , o anche solo il tentare di ignorarle , sarebbe pura follia . Oggi ci stiamo rendendo conto sempre meglio che lo studio delle scaturigini ci può aiutare immensamente perfino nello sviluppo del processo logico e del razionale . Soprattutto può aiutarci molto nella scoperta di nuove vie . Se Newton avesse rifiutato a priori di soffermarsi sull ' idea " assurda " dell ' azione a distanza , tutta la scienza moderna sarebbe stata priva di una sua parte essenziale . E sarà certo inutile ricordare ( anche senza scomodare la psicoanalisi ) quanto le fantasticherie assurde , alle quali ogni tanto - per nostra fortuna - ci abbandoniamo , ci aiutino a sondare e a capire meglio noi stessi . Mi pare ora che sia più che opportuno riflettere su un fatto abbastanza paradossale . La vita - sì , la vita stessa - rappresenta per ciascuno di noi l ' avventura più " assurda " che ci potesse capitare . Eppure quelli che lo avvertono meglio - e qui sta il paradosso - sono proprio coloro che si dedicano con più impegno a indagare razionalmente la condizione della nostra esistenza e a tentare di dare una sistemazione sensata , logica , sicura , a ciò che ne sappiamo e ne pensiamo . Naturalmente si può semplicemente scaricare la responsabilità di ciò che ci sta accadendo , attribuendola alla imperscrutabile volontà di un essere superiore . È una via senza dubbio degna di rispetto e da molti seguita in varie forme e in diversi gradi . Ma in quel modo si cancella , non si risolve l ' assurdo . Per completare questa breve introduzione alle pagine che seguiranno , facciamo un ' altra riflessione . Tutti sanno che l ' assurdo ha assai spesso legami piuttosto stretti con il comico . Fin da tempi immemorabili si è tentato di capire che cosa sia il comico : perché una cosa è buffa , perché la troviamo umoristica , perché ne ridiamo ? Innumerevoli spiegazioni e teorie sono state presentate - a volte anche con una certa supponenza - invocando la psicologia , la sociologia , l ' inconscio ( e chi più ne ha più ne metta ) . Il sottoscritto non è mai rimasto convinto da simili teorie ; e si guarderà bene dall ' aggiungere la sua inutile opinione in proposito . Quello che è certo è che l ' assurdo , una volta riconosciuto , suscita quasi sempre l ' ilarità . Allora , per meglio scorgere che cosa c ' è sotto , faremo bene a non negarci all ' occasione una sana risata ; o almeno un sorriso . Tuttavia non sarà male guardarsi dalle indebite generalizzazioni e dalle inversioni d ' implicazioni logiche . Se è vero che l ' assurdo provoca il riso , non è vero che solo l ' assurdo possa indurci al riso o al sorriso . L ' incantevole esametro di Virgilio : " Incipe , parve puer , risu cognoscere matrem " non vuoi dire affatto che per il bambino la madre sia un personaggio assurdo ! 1 . Quando Margherita filava L ' arcolaio era di quelli che si usavano molto tempo fa e che si vedono ancora oggi in tante riproduzioni o nei musei : una grande ruota azionata da un pedale , sulla quale si avvolgeva il filo proveniente dalla rocca . La fanciulla filava e cantava , seguendo distratta il regolare ma vivace sfarfallìo dei raggi della ruota e scandendo il ritmo col monotono su e giù del pedale ; eppure il canto era tutt ' altro che monotono . Era quasi un grido agitato e convulso di chi ha un peso sul cuore e sente di aver perduto per sempre la pace interiore ; di chi non può distogliere la mente da un ' immagine adorata e allo stesso tempo temuta . Margherita era altrove , il suo pensiero volava a quell ' uomo fatale che l ' aveva incantata , al ricordo di quel nobile portamento , di quel sorriso , di quegli occhi , di quella voce , di quel bacio ... ah , il suo bacio ! Intuiva benissimo che dinanzi a lei si apriva un abisso pauroso , eppure le era impossibile ritrarsi . Ma come avevano fatto quel poeta e quel musicista ( che tra l ' altro le pareva non fossero ancora nati ) a capire così bene quello che ella sentiva e soffriva ? Alla fine , volendo tornare a badare al suo lavoro , si dette a raccogliere il filo in una matassa . Ma , avendo ripreso subito a vagare col pensiero , riusciva solo a combinare un grosso pasticcio e finì col trovarsi lei stessa avvolta in un inestricabile groviglio . In quel mentre si affacciò alla porta un soldato , che , dato un rapido sguardo , chiese meravigliato : " Sorella mia , che stai facendo ? Hai perso il senno ? " " Sì , credo proprio di aver perso il senno ... Ma ora sto cercando il bandolo da dare a questa matassa . Voglio sincerarmi che il filo fatto oggi sia lo stesso di quello che avevo cominciato a filare ieri . " Il fratello , che pure era arrivato piuttosto accigliato , si mise a ridere ed esclamò : " Ma che dici ? Come fa quello di oggi a essere lo stesso di quello che hai filato ieri ? " Ci sembra altamente improbabile che Valentino , un modesto soldato della guarnigione , conoscesse le acute enunciazioni di Eraclito sul fatto che " tutto scorre e cambia " e che " non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume " . Lui si stava soltanto attenendo a quell ' elementare buon senso , che a volte circola perfino nelle caserme . " Tu hai voglia di scherzare , " ribatté triste la sorella , " ma io no , non sono di quell ' umore . Eppure è semplice . Se riavvolgendo il filo in un gomitolo arrivo all ' inizio di quello che ho filato ieri , vuol dire che è lo stesso filo e ne posso fare un ' unica matassa , senza ingannare nessuno a cui lo cedo . Se invece trovo un ' interruzione , vuoi dire che sono due fili diversi . " Il soldato non sembrava molto convinto e stava a sua volta per replicare , quando alla porta comparve un altro personaggio piuttosto inquietante : un bell ' uomo dal fare calmo , alquanto ironico e sicuro di sé , ma dallo sguardo fulminante . Appena Valentino lo scorse , parve riconoscerlo e gli si rivolse minaccioso : " Ah , sei tu quel malnato furfante che si dà da fare per rovinare mia sorella ! " Ma quello lo tacitò , alzando tranquillamente una mano : " Piano , piano , coraggioso soldatino ! Non è ancora venuto il momento di inscenare quell ' insensato duello in cui vorrai per forza trovare la morte . Piuttosto mi sento coinvolto dal problema che stavate discutendo . È una questione molto più spinosa e profonda di quanto possiate immaginare ; un problema che sconcerta e assilla anche me . " I due fratelli si guardavano meravigliati e smarriti . Ma che c ' entrava quell ' individuo terrificante - che in realtà Margherita già conosceva , senza volerlo ammettere davanti a Valentino - e che intendeva dire ? Ma l ' uomo , sorridendo beffardo , riprese con una bizzarra domanda : " Tu , Valentino , se vuoi partire per Norimberga , che strada prendi ? " " Quella che esce dalla porta meridionale della città . " " E se invece vuoi recarti a Spira , che strada prendi ? " " La stessa strada . " " Ecco dunque : tu hai detto che quella che porta a Norimberga e quella che porta a Spira sono la stessa strada . " Valentino si grattò la testa alquanto confuso e imbarazzato , poi esclamò un po ' irritato : " Ma no ! Procedendo per la strada meridionale , a un certo punto trovo un bivio . Lì , se prendo a destra vado a Spira , se prendo a sinistra , arrivo a Norimberga . " " Allora ti ingannavi quando hai dichiarato che avresti preso la stessa strada . In realtà sono due strade diverse . Ciononostante , se parti di qui , sia che tu vada a Norimberga , sia che tu vada a Spira , non trovi alcuna interruzione e il tuo cavallo continua a seguire a testa bassa la strada . È proprio quello che avviene anche per il filo di Margherita . Lei può continuare a raccoglierlo dal principio alla fine , senza interruzioni ; e tuttavia non essere sicura che sia ' lo stesso ' filo . " I due fratelli rimanevano sempre più sbigottiti da quei ragionamenti astrusi . Ma si accorsero che sulla porta era comparso un quarto personaggio : un giovane , distinto , elegante e fascinoso , dalla fronte ampia e l ' aria intelligente . Margherita si precipitò a buttargli le braccia al collo ed esclamò : " Enrico ! Finalmente tu sei qui ; sono felice e non desidero sapere altro . " L ' uomo dagli occhi di fuoco si mostrò stupito e domandò al nuovo venuto : " Enrico ? Dottore , che vuoi dire ? " " Sì ... lei mi conosce con questo nome . " Poi , superato un po ' d ' imbarazzo , proseguì : " Ma ora , se Margherita si decide a lasciarmi respirare , parliamo di altro . Sono qui da qualche tempo e ho udito quanto dicevate . Io lo so bene perché quel tale problema ti assilla . Tu l ' hai presa larga , parlando a questi giovani di strade e di bivii . Ma in realtà , ragionando vorresti convincerti che l ' uomo che si è impegnato a servirti nell ' " aldilà " ( quell ' aldilà che tu nella tua strana lingua chiami drüben ) sarò sempre io . Ebbene no , disilluditi : non sarò io . " " Come , non sarete voi ? " e gli occhi minacciosi ora sprigionavano proprio faville . " Ricordatevi che avete firmato un patto col vostro sangue ! " " Sì , questo è vero . Ma tu credi che quando sarò drüben , avrò il sangue ? " " Che domanda sciocca , Dottore . Certo che non l ' avrete . Gli spiriti non hanno il sangue . " " Allora è sicuro che non mi potrai più rinfacciare che la firma è stata tracciata col mio sangue . Sarà il sangue di un altro , di un individuo a me drüben totalmente sconosciuto ; e di quello sconosciuto , nonché di ciò che egli ha firmato o non firmato non me ne importerà proprio nulla . " " Come ? Ignorate forse che dopo la morte sarete voi , sì proprio voi , a sopravvivere come puro spirito ? Osereste dunque mettere in dubbio perfino quello che hanno sempre affermato gli stessi seguaci della ' vostra ' religione ? " " Oh , oh , ora mi fai proprio ridere ! Dunque tu credi a quelle assurde favole . Mi stai forse diventando religioso ? " " Ohibò , io religioso ... assolutamente no ! Eppure sono sicuro che la religione è necessaria . Per me poi è necessaria , come per voi è necessaria l ' aria che respirate . " " Questa è bella davvero , non l ' avrei mai creduta ! " " Ma riflettete un po ' spassionatamente , Dottore . Gli uomini hanno una maledetta voglia di conoscere , che li spinge a scoprire e a imparare sempre di più . Un bel giorno , seguendo quella perversa inclinazione , si permetteranno perfino di mettere in dubbio che io esista ! Per fortuna saranno proprio le più alte autorità delle grandi religioni a rimettere le cose a posto e a imporre ai fedeli di credere che io esisto . " " Allora tu dovresti ... ringraziare quelle ' alte autorità '." " Certamente , sono disposto a ringraziarle : purché loro ringrazino me . Il favore è reciproco . Loro non danno mai nulla per nulla . Se i fedeli non fossero convinti che io esisto e che posso trascinarli drüben , che se ne farebbero della religione ? Credetemi , l ' accordo è funzionale e vantaggioso per tutti . Ma c ' è di più . È convinzione comune che il mondo è pieno di ' male ' . Ora come può un Dio onnipotente e infinitamente buono aver creato un mondo pieno di male ? Per tirarsi fuori da questo assurdo addossano a me tutta la colpa ; dicono che sono io , che voglio il male e lo introduco nel mondo . " " Sì , mi persuadi e non posso darti torto . Comunque sappi che quella che tu chiami la ' mia ' religione non è affatto tale . Io sono convinto che non saprò mai se Dio esiste o no . Ma sono del pari sicuro che , se esiste , non è così banalmente umano come lo dipingono tutte le religioni . " E dopo un momento di riflessione aggiunse : " Ma questo vale anche per te . Già Senofane quasi duemila anni fa riconosceva che , se i cavalli e i buoi sapessero disegnare , raffigurerebbero gli dèi come cavalli o come buoi . Così , dato che gli uomini sono cattivi , non possono ammettere che il diavolo , cioè un essere almeno altrettanto cattivo quanto loro , non abbia caratteristiche umane " . 2 . Davvero sopravvivo a me stesso ? La questione che aveva dato origine al dibattito fra Mefistofele e Faust ha radici remote , quasi quanto il mondo degli esseri viventi . Gli animali hanno quello che - con espressione un po ' vecchiotta , ma efficace - si chiama istinto di conservazione . Probabilmente essi non hanno idea chiara di che cosa sia la propria morte , ma di fatto il loro comportamento naturale li spinge a evitare in tutti i modi di morire ; perché ? Chi muore non ha più possibilità di continuare a propagare il proprio patrimonio genetico ; di conseguenza esso si può estinguere . È facile quindi capire com ' è che , per via di mutazione e selezione , il comportamento di autoconservazione finisce per inscriversi nello stesso genoma della specie . I gruppi o le specie che non avessero tale comportamento sarebbero destinati a soccombere ben presto e sparirebbero dalla Terra . Facciamo subito una doverosa correzione , nonché una precisazione . Non è detto che la conservazione a tutti i costi dell ' individuo sia sempre giovevole alla specie . Il caso di un individuo che si sacrifica per difendere il gruppo o la propria discendenza è frequente , non solo fra gli animali sociali come le api o le formiche , ma in tutto il regno animale . Anche quello è un comportamento ben a ragione selezionato dalla natura . Per esempio , ci sono certe specie di ragni ( come la vedova nera ) in cui il maschio dopo l ' accoppiamento si lascia mangiare dalla femmina . Si può arrivare , come caso limite , allo strabiliante comportamento , recentemente descritto , di un ragno maschio , ridicolmente più piccolo della femmina , che dopo l ' accoppiamento si getta spontaneamente - e con apparente soddisfazione ! - nelle fauci della femmina , che se lo mangia . Così il maschio - che , a quanto pare , avrebbe grandissima difficoltà a trovare altre femmine - riesce almeno a favorire in qualche modo la nascita della sua prole . Naturalmente nel caso dell ' uomo le cose sono ben più complicate che per gli altri animali . Prima di tutto l ' uomo ha coscienza - anche se tutt ' altro che accettata di buon grado - dell ' ineluttabilità della propria morte ; in secondo luogo , qualunque individuo ha in sé , sovrapposta alla semplice natura , una massiccia dose di cultura , che si sviluppa gradualmente ed entra a far parte della sua stessa identità . La cultura nelle varie regioni e nelle varie epoche può assumere le forme più svariate , ma quasi sempre arriva ad aggiungere potenzialità alle qualità naturali dell ' individuo . Per questo - come del resto da tempo immemorabile e quasi universalmente si è capito - la sapienza e l ' esperienza degli anziani possono essere altrettanto utili alla sopravvivenza del gruppo quanto la capacità riproduttiva dei giovani . Forse sarà per tale ragione che la pressione selettiva non ha privato dell ' istinto di conservazione nemmeno gli anziani ( salvo rare eccezioni ) . Sia come sia , è certo che l ' essere umano è sempre in aspettazione e in progettazione del suo futuro ; non può in nessun modo accettare , se non facendo violenza a se stesso , l ' assenza di futuro . Di qui è facile - sì , forse anche troppo facile - arrivare a capire perché , almeno da vari millenni , si è immaginato un qualche tipo di continuazione della vita dopo la morte . Ciò è attestato , se non altro , dalle sepolture che fin da tempi remoti venivano fornite di risorse e di oggetti necessari alla vita ... del defunto . Per non parlare delle piramidi dei faraoni e dei mausolei degl ' imperatori , che dimostrano che il morto , non solo sopravviveva , ma doveva continuare a essere importante e a godere della ricchezza che aveva avuto da vivo . I poveri invece potevano rimanere tali . Tutto questo a noi sembra ridicolo , è vero . Ma siamo giusti e domandiamoci : l ' approdo del cristianesimo e di altre religioni al concetto di " puro spirito " e di " anima " segna proprio in tutto e per tutto un progresso ? Certamente sì ; e certamente no . Da un lato libera gli esseri umani da una troppo ingenua superstizione di sopravvivenza ; ma dall ' altro li mette dinanzi a un formidabile problema filosofico ... insolubile . È il problema del sangue di Faust , il problema dell ' identità di individui , che prima e dopo la morte riconosciamo essere ben disparati . Cavarsela dicendo che si tratta di un mistero è una misera scappatoia . Si può legittimamente parlare di mistero quando si constata che avviene un qualcosa di molto strano , che ( almeno per il momento ) non sappiamo in nessun modo spiegare . Ma questo qualcosa , ancorché strano , deve potersi descrivere con termini che hanno tutti un ben preciso significato e non sono solo emissioni di suoni . " Papé Satàn , papé Satàn aleppe " non è un mistero . Piuttosto , per chiarire meglio l ' idea , mi si perdoni ora , senza storcere troppo il naso , una fuggevole caduta in un genere ben minore rispetto al poema di Goethe . I mystery stories della letteratura poliziesca ci prospettano veri e propri misteri , in quanto ci descrivono le situazioni in termini tutti di per sé comprensibili e significativi ; e non per niente alla fine ci viene svelato che cosa è realmente accaduto e " chi è l ' assassino " . Ma che cosa può significare che io sopravviverò alla mia morte ? Ripetiamo , perché le confusioni purtroppo sono quanto mai frequenti : non si tratta di sapere se sopravviverò o no , ma di dare un qualche significato plausibile a quella sopravvivenza . Decine e decine di grandi filosofi , di teologi , di ministri del culto , hanno dedicato profonde meditazioni a questo tema ( e sarebbe velleitario tentare di riassumerle in poche parole ) . Ciò nondimeno nessuno di quegl ' ingegnosi tentativi sembra aver portato con sé la fulgida luce della convinzione : i filosofi rimangono quanto meno perplessi , mentre gli " uomini della strada " si limitano a dire che , poiché così ci viene insegnato che è ( e così speriamo che sia ) , un qualche significato ci sarà certo . Quando rivolgo lo sguardo alla mia esistenza , io scorgo un essere che vede , sente , mangia , beve , dorme ; progetta , agisce sul mondo esterno , costruisce ; desidera , gioisce , si rattrista , ha paura , soffre . Che cosa di tutto questo può avere un puro spirito ? Niente , altrimenti non sarebbe un puro spirito . Allora si deve concludere che non vivrà affatto . Ma si obietterà che qui di proposito mi sono limitato alle mie qualità più meschinamente terrene . Ho dimenticato il meglio : cioè il fatto che oltre ad avere quelle attività , io anche penso e amo . Va bene ; se vogliamo seguire Cartesio , accettiamo pure che basti che nell ' aldilà io pensi , per poter affermare che sono . Ma si rifletta che per Cartesio " pensare " voleva dire seguire nella mente una catena di immagini simboliche - o addirittura di parole - destinate ad approdare a una conclusione ; a una nuova determinazione del mio agire , o almeno a una nuova conoscenza , a un nuovo stato d ' animo . Ma quale puro spirito può voler raggiungere tali scopi e può aver bisogno per raggiungerli di seguire quella catena lungo Io scorrer del tempo ? Quanto all " ` amare " , prendiamo pure il termine nella sua accezione più nobile e conveniente a un puro spirito : vuol dire sentirsi attratto dalla persona amata e desiderarne il bene . Ma di chi desidererò il bene nell ' aldilà ? Di Dio ? Ne ha proprio bisogno ? Di un ' anima già passata nell ' aldilà ? Che vuole dire ? E se si tratta invece di una persona ancora rimasta in terra , perché dovrei amare quella piuttosto che un ' altra ? Umano , troppo umano . Come è ben noto , molti di quegli assurdi che presenta la questione della sopravvivenza dopo la morte , vengono superati da alcune religioni mediante lo stratagemma della " resurrezione dei corpi " . A questo proposito anche i più ingenui sono portati a domandarsi : ma a che età risusciterò ? Sarò giovane , sarò vecchio , sarò imberbe , sarò calvo ? Riavrò anche la gamba che persi da bambino ? E se sarò morto appena nato , si darà per scontato che debba essere cresciuto , oppure continuerò a vagire ? E poi dove va a finire la convinzione moderna che la nostra identità personale consiste anche nella cultura ricevuta dall ' ambiente in cui viviamo e pertanto si va formando e completando fino all ' ora della morte ? Bene ha visto Jean Cocteau ( Poésie critique ) quando ha affermato : De notre naissance à notre mort , nous sommes un cortège d ' autres qui sont reliés par un fil tenu . E inoltre , di qui fino alla risurrezione dei corpi che cosa farò ? Sarò ibernato ? Bella soddisfazione , sussistere ibernati ! Ma c ' è qualcosa di meno banale . Oggi sappiamo benissimo che ( nonostante le mirabolanti promesse di certa genetica più o meno giornalistica ) vivere è invecchiare . La morte è inclusa nel nostro programma genetico di vita . Le nostre cellule non si riproducono oltre un certo numero di generazioni . Il nostro cervello perde ogni giorno migliaia e migliaia di neuroni . Se i puri spiriti non invecchiano , non vivono . Se poi si afferma che la vita nell ' aldilà è cosa totalmente diversa da quella nell ' aldiqua , ci risiamo con il mistero e con il problema del significato . Dire che un certo termine della lingua umana ha un significato , ma che nessun essere umano lo può conoscere , è come non dire nulla . Proviamo allora a seguire l ' indicazione piena di saggezza di Leibniz : due oggetti sono identici - e quindi secondo lui sono lo stesso oggetto - quando hanno tutte e sole le stesse proprietà . Ora l ' esempio del sangue ci convince che il Faust terreno e quello ultraterreno non possono essere identici in quel senso . Il Faust ultraterreno o non ha il sangue , e allora non è Faust ; oppure il suo corpo è risorto , ma nessuno sa se apparirà qual era prima della ... cura Mefistofele o dopo . Ma , a parte gli scherzi , è certo che in questo caso non possiamo applicare il criterio leibniziano alle proprietà che i due oggetti da comparare hanno allo stesso tempo . Qui intervengono invece quei filosofi che si sono occupati dell ' identità dell ' individuo attraverso il tempo ; questione spinosissima fino dall ' epoca dei presocratici e che , fra l ' altro , la fisica moderna è venuta a complicare notevolmente . Per l ' individuo umano molti si sono basati sulla proprietà della memoria : io sono oggi lo stesso di ieri o di un anno fa , perché mi ricordo quello che ho fatto ieri o un anno fa . Ma il guaio è che ormai si sa che la memoria non è cosa puramente spirituale : ha anch ' essa una base organica . Tanto è vero che chi subisce una certa lesione al cervello non ricorda , così come chi subisce un altro tipo di lesione non parla o non cammina . Pertanto , passando nell ' aldilà dovremmo portarci dietro il cervello ( che invece è rimasto a marcire nella tomba ) . Dunque l ' idea dell ' identità " anamnestica " oltre la morte non è sostenibile . Dal punto di vista psicologico è molto interessante notare come anche chi avrebbe tutti i mezzi intellettuali per compiere i ragionamenti testé svolti , ne rifugga e speri nientemeno che di riposare nella tomba . Fra le migliaia di esempi che ognuno conosce , citiamo lo stesso Goethe che , in quella piccola gemma che è il primo Canto notturno del viandante , promette : Warte nur , balde / Ruhest du auch , aspetta , ché presto riposi anche tu . E non parliamo dell ' assurdo requiescat in pace augurato al morto da coloro che pur sono fermamente convinti dell ' esistenza dell ' anima . Ma chi deve riposare ? L ' anima o le ossa ? Che mai vorrà dire il riposo eterno ( requiem aeternam ecc . ) per chi è destinato a finire o all ' inferno o in paradiso ? Si ricordi che nella Passione secondo Matteo di Bach il coro arriva ad augurare " dolce riposo " ( Ruhe sanfte ) a Gesù Cristo . Ma lui doveva pensare a risorgere , non a riposare ! Nella descrizione che Dumas ( La Comtesse de Charny ) fa della morte di Mirabeau si trova un ' affermazione di commovente profondità e chiaroveggenza . Il grande oratore giace sul letto di morte e soffre terribilmente . All ' amico medico , che tenta più o meno di consolarlo , promettendogli una rapida fine , egli esclama : " Je ne meurs pas mort , cher docteur , je meurs vivant ... " . Sì , splendido ! Ecco fatto il punto in pochissime parole . Tutto quello che noi pensiamo , diciamo , soffriamo a causa della morte lo soffriamo da vivi . Altro che riposo eterno ! Di quello non ce ne facciamo proprio nulla . Anche al momento della morte noi siamo saldamente legati all ' aldiqua . Sempre sul piano psicologico è davvero suggestivo che perfino un fermo credente come Dante ritenga che a chi è già nell ' aldilà stia tanto a cuore l ' aldiquà . Com ' è possibile che la notizia che Guido è morto sia un colpo straziante per Cavalcante , tanto che egli " supin ricadde e più non parve fora " ? Allora lo stare sulla terra è il bene supremo ? E perché i morti desiderano così ardentemente e costantemente di essere ricordati dai vivi ? Anche la dolce , timida Pia - che pare che da sé si sia collocata alla fine del Canto , per non disturbare e andarsene in punta di piedi - non può resistere al desiderio di sussurrare : " ricorditi di me che son la Pia ... " . 3 . I binari e gli scambi Mefistofele l ' aveva presa larga col soldatino : a lui stava a cuore soprattutto il problema dell ' identità dell ' individuo attraverso il tempo , per essere sicuro che quelli che trascinava presso di sé dopo la morte fossero proprio coloro che in vita era riuscito a sedurre . Ma aveva cominciato col chiedere una cosa apparentemente molto diversa : se e perché una strada potesse dirsi sempre la stessa , quando si prolunga nello spazio . Non sembra proprio che si tratti del medesimo problema semantico . In ogni caso converrà approfondire un po ' . Prima di tutto si è portati a chiedersi se la domanda riguardo alla strada abbia un senso ben chiaro , o se invece si tratti solo di vuote parole . Che un qualche senso debba averlo e che la cosa sia tutt ' altro che di poco conto anche nella realtà , lo si può vedere per esempio così : molte volte nel resoconto di un disastro ferroviario ci capita di leggere che due treni , per un tragico errore , sono stati avviati sullo stesso binario . Eppure , sia prima dello scontro , sia proprio al momento dell ' impatto , le rotaie sulle quali si trovavano l ' uno e l ' altro treno erano necessariamente diverse . Come si può parlare dello stesso binario ? Un criterio di pura continuità materiale è molto ingenuo e non può certo bastare ; infatti sappiamo bene che la strada ferrata seguita da un treno può incontrare sul suo cammino un certo numero di scambi , che decidono la destinazione finale , ma non interrompono la continuità del metallo . La domanda è analoga a quella che era stata posta al soldato : anche se seguiamo con continuità la strada , con quale criterio si può giudicare che al termine si tratta proprio della stessa strada ? Il problema si presenta senza difficoltà quando , invece che di una continuità materiale , si parla semplicemente di due linee geometriche consecutive : si riconosce infatti in tal caso che nell ' affermare che esse sono parti di una medesima linea , noi introduciamo sempre una buona dose di convenzionalità . Spesso si tratta di una pura definizione : per esempio , due segmenti consecutivi di una retta appartengono alla stessa retta proprio per definizione . E non bisogna nemmeno dimenticare l ' importanza del " sistema di riferimento " nel quale ci poniamo per formulare il giudizio . Supponiamo che un astronomo stia spiegando che il cammino seguito oggi dalla nostra Terra è solo un segmento di una ben determinata ellisse attorno al Sole , che - a parte piccolissime differenze - si prolungherà identica a se stessa anno dopo anno . Nel dire questo egli ha ragione : purché lui e i suoi ascoltatori convengano - magari tacitamente - di riferirsi alla traiettoria rispetto al Sole , pensato come fisso . Altrimenti l ' astronomo non parlerebbe certo di piccolissime differenze . Infatti tutta la Galassia ruota ; e il Sole - che non è affatto al centro di essa - si muove vertiginosamente con tutto il suo sistema di pianeti . La traiettoria che ne risulta per la Terra è una sorta di " cicloide " , enormemente diversa dalla classica ellisse kepleriana ! Si può dunque comprendere che anche l ' identità del binario , che prosegue la sua traiettoria ( con porzioni di acciaio sempre diverse ) è piuttosto convenzionale : si potrebbe addirittura supporre che per il ferroviere quell ' identità significhi semplicemente che due treni che procedono in senso inverso su due segmenti contigui del binario vengono necessariamente a collisione . Lasciamo dunque stare l ' identità di un ente che si prolunga puramente nello spazio e veniamo a parlare dell ' identità attraverso lo scorrere del tempo . Questa sembra una questione ben diversa e non banalmente convenzionale . Naturalmente qui non ci occuperemo più della sopravvivenza dell ' anima di un individuo , perché abbiamo già messo in serio dubbio che i termini usati nella formulazione tradizionale di quel problema siano tutti provvisti di un ragionevole significato . Prendiamo invece di mira un oggetto materiale e osserviamolo con continuità lungo tutto il suo cammino . Non possiamo forse esser certi che alla fine si tratta ancora dello stesso oggetto ? Veramente sappiamo già che a tale conclusione potremmo arrivare solo se - con un po ' di buona volontà - fossimo disposti a trascurare le già menzionate obiezioni di Eraclito sul fatto che tutto cambia ; e noi le trascureremo . Anzi , faremo di più : accetteremo per buone le affermazioni della scienza classica , quando essa ci assicura che un certo corpo materiale avrebbe potuto essere seguito con continuità , anche se in realtà non lo abbiamo fatto . È il caso della " stella del mattino " e della " stella della sera " ( Venere ) , che Gottlob Frege , padre della semantica moderna , prende come esempio di un medesimo corpo designato con nomi diversi . Ma i guai veramente seri sono stati portati dall ' affermarsi nella fisica delle particelle atomiche e subatomiche - alle quali già accennammo - della teoria quantistica ( spesso chiamata un po ' restrittivamente " meccanica quantistica " ) . Quella teoria al suo sorgere - e per lungo tempo in seguito - dette luogo a gravissimi dubbi , a vivaci dibattiti , a vere e proprie polemiche . Sarebbe fuori luogo qui anche solo tentare di ricapitolare tutta la storia . Ci limiteremo invece a ricordare che esiste un " ` interpretazione ortodossa " della teoria - a volte anche chiamata " di Copenhagen " , perché originata in sostanza dal sommo fisico danese Niels Bohr - che a tutt ' oggi è condivisa dalla grande maggioranza dei fisici e che non è mai stata contraddetta dall ' esperienza . Secondo la concezione ortodossa una particella ha solo una probabilità di essere rivelata in un punto o in un altro , ma non ha una traiettoria ! Vediamo se si riesce a suffragare con poche parole ( ma non è facile ) quest ' ultima affermazione , chiedendoci come si muove una particella della microfisica . Poniamo di aver osservato la particella nel punto di partenza A : secondo le indicazioni della meccanica classica non vi sarebbe limite alla precisione con cui - avendone gli strumenti - potremmo determinare la posizione di A . Egualmente potremmo determinare senza alcun limite teorico la velocità e la direzione di partenza . Con questi dati le leggi della meccanica classica ci permettono di calcolare con precisione quando e come raggiungerà un punto finale B . Naturalmente , se la particella è libera , seguirà la retta AB ( se invece è soggetta a forze conosciute - gravitazionali , elettriche ecc. - potremo egualmente stabilire con precisione la traiettoria percorsa ; ma non complichiamo le cose ) . Con la meccanica quantistica invece nascono i guai . Infatti in tal caso è ineluttabile il principio d ' indeterminazione di Heisenberg . Esso stabilisce che : quanto maggiore è la precisione con cui determiniamo la posizione di A , tanto minore sarà la precisione con cui potremo conoscere la velocità e la direzione di partenza della particella . Pertanto la traiettoria esatta non è conoscibile . Proviamo allora con un metodo osservativo , anziché predittivo , e supponiamo di aver visto la particella in un punto intermedio C , fra A e B . Ciò significa che in C la particella è stata colpita da un fotone e lo ha riflesso verso il nostro occhio . Ora il fotone , rimbalzando verso di noi , dà una botta alla particella e le comunica una quantità di moto ( il cui valore è noto solo con distribuzione probabilistica ) . Dunque non possiamo assolutamente asserire che , se la particella fosse stata libera ( e non disturbata dal nostro fotone ) , sarebbe proprio finita in B . D ' altra parte , se effettivamente l ' abbiamo vista prima in A e poi in B , ma non abbiamo illuminato la zona intermedia , non possiamo asserire con sicurezza che è passata per C . Si pensi che perfino nel caso che fra A e B si interponga un diaframma opaco con due forellini molto vicini , vedendo la particella giungere in B , senza averla in alcun modo disturbata nel frattempo , non si può assolutamente decidere da quale dei due forellini è passata . Se invece la disturbiamo , per vedere da quale forellino passa , la particella o non arriva in B o , arrivata in quel punto , si comporta in modo diverso da quanto avrebbe fatto indisturbata . Quest ' ultima affermazione vuol dire quanto segue : se facciamo partire da A uno sciame di particelle eguali e non riveliamo per quale forellino passa ciascuna , le particelle , arrivando su un successivo schermo , si distribuiscono secondo una figura caratteristica che si chiama frange d ' interferenza ; se invece noi riveliamo da quale forellino passa ciascuna particella , spariscono le frange d ' interferenza . Che le cose stiano proprio così , è ormai accettato da tutti i fisici . Bisogna rassegnarci quindi a concludere che la traiettoria ha un senso solo per gli oggetti " macroscopici " , cioè per quegli oggetti che vediamo e tocchiamo e che ( praticamente ) non vengono perturbati dalla nostra osservazione . Gli oggetti atomici e subatomici invece non possono essere seguiti e osservati con continuità senza essere perturbati e senza che si perda di conseguenza la possibilità di affermare che cosa avrebbero fatto spontaneamente . Chiariamo ora in che modo tutto questo può essere rilevante , anzi decisivo , per la questione dell ' identità . Bisogna prima di tutto ricordare che nella microfisica s ' incontrano diverse specie di particelle e che quelle che appartengono a una medesima specie hanno tutte esattamente le stesse proprietà . Per esempio , un elettrone ha tutte le proprietà eguali a quelle di un altro elettrone ; e lo stesso dicasi per la specie dei protoni , per quella dei neutroni ecc. Si dice che al di dentro di ciascuna specie si tratta di particelle indistinguibili l ' una dall ' altra . Bisognerà precisare meglio . A volte si è portati ad affermare che due gemelli sono indistinguibili l ' uno dall ' altro . In questo c ' è sempre una buona dose di esagerazione ; ma ora prescindiamone . Per trarci d ' impaccio , potremo sempre legare un nastro rosso al braccio dell ' uno e un nastro verde al braccio dell ' altro . In tal modo avremo conferito due proprietà diverse a due individui e riusciremo facilmente a distinguerli . Tuttavia non potremo legare nessun nastro al braccio di un elettrone ! Né potremo deformarlo , portarne via un pezzo , dargli un colore , una carica , una temperatura diversi dall ' altro elettrone . Appena avremo stabilito che un elettrone si chiama Pietro e l ' altro Paolo , non avremo alcun modo per riconoscere quale è Pietro e quale è Paolo . Non c ' è nessuna proprietà che li distingue . A questo punto il lettore accorto obietterà che una proprietà diversa ci può essere : vale a dire la collocazione nello spazio . Se Pietro si trova nel punto P e Paolo nel punto Q ( e non si muovono ) , continueremo a chiamare Pietro quello in P e Paolo quello in Q . Eppure non va bene nemmeno questo ! Purtroppo qui dobbiamo ricorrere a considerazioni non troppo elementari : quelle della fisica statistica . In tale parte della fisica si suole contare in quanti modi diversi si possono distribuire le particelle microscopiche per arrivare a realizzare un medesimo stato macroscopico . Nella fisica classica il caso in cui Pietro è in P e Paolo in Q e quello in cui Pietro è in Q e Paolo in P sono due casi differenti e come tali vanno contati . Invece nella fisica quantistica essi costituiscono uno stesso caso e così contandoli danno luogo a risultati diversi da quelli classici . Ebbene , l ' esperienza dà ragione alla statistica quantistica . Pietro e Paolo possono essere scambiati , senza che accada assolutamente nulla di rilevabile . Leibniz certo non ci avrebbe creduto . E si badi che oggi si hanno prove inoppugnabili che quel comportamento non è valido solo per le particelle singole , bensì - in condizioni opportune - anche per atomi e molecole , cioè per sistemi in ciascuno dei quali sono riunite più particelle . Da tutto ciò si dovrà concludere che l ' identità individuale non ha senso per i corpi microscopici . Sembrerebbe allora che essa fosse un ' emergenza , una proprietà nuova , che scaturisce nel caso macroscopico , cioè quando si mettono assieme miriadi e miriadi di particelle , come per esempio in due palle di biliardo o addirittura in due corpi umani . Questo in un certo senso è vero e in un altro senso non è vero . Supponiamo infatti che sia possibile avere due gemelli assolutamente identici dal punto di vista fisico . I loro corpi dovranno essere costituiti esattamente da eguali atomi e molecole , distribuiti nello stesso modo , e negli stessi stati di eccitazione . Si badi bene che ciò implica che anche tutti i neuroni dei due gemelli e tutte le loro sinapsi dovranno trovarsi negli stessi identici stati . Cosicché i due dovranno avere le stesse memorie ; e se l ' uno dirà di chiamarsi Pietro , anche l ' altro dovrà dirlo ! In queste condizioni è difficile dubitare che anche per loro varrebbe la perfetta interscambiabilità quantistica . Tuttavia questo caso , non solo è fantastico , ma è addirittura impossibile . Infatti basta che uno dei gemelli veda un oggetto dal suo punto di vista e l ' altro da un punto di vista differente perché le loro memorie comincino a differire e siano distinguibili . Ma del resto non c ' è nemmeno bisogno di parlare proprio di gemelli umani per convincersi che due corpi identici non esistono praticamente mai . Stando così le cose , non ci si può meravigliare se la mente umana , nata ed evoluta in un ambiente di corpi macroscopici , si è abituata a concepire l ' identità in senso leibniziano , e ad affermare che due corpi non possono differire " solo numero " , cioè avere tutte le stesse proprietà , pur essendo due corpi , anziché un corpo solo . Invece due elettroni hanno tutte le stesse proprietà , eppure sono certamente due . E così dicasi per i numeri superiori a due . Per esempio , l ' atomo di uranio ha novantadue elettroni , distribuiti in diversi stati di diversa energia . Questo lo sappiamo per certo . Ma sarebbe assurdo dire che nel primo stato - che contiene due elementi - ci sono Pietro e Paolo , nel secondo - che ne contiene sei - ci sono Giovanni , Mario , Guido , Luigi , Marco , Alberto ; e così via . È chiaro che da tutto questo si deve trarre un grande insegnamento . Chi pensa che la nostra logica e la nostra semantica siano qualcosa di superiore ed estraneo all ' uomo e non rappresentino invece facoltà ordinatrici del nostro sistema nervoso centrale - facoltà che l ' uomo ha faticosamente acquisito nel corso della sua evoluzione , allo scopo di riuscire a vivere in un certo ambiente fisico - fa semplicemente cattiva filosofia . Credere che quelle classificazioni che ci sono necessarie - e in molti casi perfino sufficienti - per cavarcela in un ambiente di corpi macroscopici ( ciascuno costituito da miriadi di particelle aggregate ) debbano valere in tutti i campi della realtà , è molto ingenuo . È un ' estrapolazione assolutamente gratuita e ingiustificata , almeno fino a che l ' esperienza non ne abbia confermata la validità . Ebbene , si dà il caso che l ' esperienza l ' abbia inequivocabilmente smentita ! Perfino il venerabile principio d ' identità non è nelle cose , ma si rivela un ' esigenza puramente umana . 4 . Dio bono ! " Maestro , che vuoi dire sessuofobia ? " La domanda a bruciapelo era stata formulata con perfetta semplicità , senza un pizzico ( almeno apparente ) di malizia , da Mario , un frugoletto dagli occhi vispi e dalla curiosità di solito inesauribile . La sua parlata schiettamente toscana - con qualche sfumatura addirittura arcaica - rivelava sì la provenienza da un ceto culturalmente piuttosto modesto , ma non si abbassava quasi mai alla volgarità esibita da certi compagni " signorini " . Il maestro Consigli , superando un momento di esitazione , ma stando bene attento a non mostrare imbarazzo , rispose con naturalezza : " Vuoi dire paura del sesso . È chiaro . " E intanto diceva spavaldamente dentro di sé : no , no , non sono affatto imbarazzato , che diamine ! Ciononostante quasi arrossì quando si accorse di provare un certo sollievo nel poter buttare tutto sull ' erudito e sul didascalico : " La parola oggi è spesso usata e probabilmente l ' avrai letta in qualche giornale . Non è molto ben formata , perché la prima parte vien dal latino e la seconda dal greco . " Ma Mario non mollava e , dopo un po ' di riflessione , riprese : " Che cos ' è il sesso non avrei a saperlo : lo so . Per esempio io sono un maschio e la Lorella è una femmina . Ma perché la gente ne ha da aver paura ? " A questo punto il bravo Consigli - pur non volendo ammetterlo - dovette avvertire qualche difficoltà . A ogni modo proseguì imperterrito : " Vedi , Mario , l ' essere uomo o donna implica tante cose , oltre a portare i pantaloni o la sottana ( quando si portava ) . Dovrei cominciare col premettere molte spiegazioni ... " Ma la quindicenne Lorella intervenne subito in tono di sfida : " Per me è inutile . Io so tutto ! " Si erano trovati ai giardini prospicienti le scuole , l ' elementare e la media , ospitate in un medesimo edificio . Il maestro sedeva su una panchina un po ' stanco e un po ' pensoso , domandandosi per l ' ennesima volta se proprio valeva la pena di continuare a sgolarsi per quei marmocchi . Loro , in fondo , quando erano in classe non aspettavano altro che il suono della campanella finale , per sciamare festosi o litigiosi via dal chiuso delle aule , lontano dai maestri e dai bidelli . Non c ' era dubbio che quello della scuola era il contatto fra due mondi diversi : solo un legame temporaneo , costrittivo e insopportabile . E poi nell ' era dei " media " lui aveva l ' impressione che ogni sera sistematicamente qualcuno disfacesse quella tela che lui con fatica tentava di tessere di giorno . Non si sentiva affatto di rimpiangere i tempi passati e di respingere il nuovo . Ma avvertiva che quel nuovo creava paurose dissonanze . Ricordava con cocente umiliazione quel giorno in cui , essendo di buon umore , accennava fischiettando il tema dell ' Inno alla gioia di Beethoven e un ragazzo passando osservò : " È la musica dell ' Arancia meccanica ! " . E quanto alla scuola , si domandava se in fondo non avesse ragione Ivan Illich , che proponeva di " descolarizzare la società " . Come si fa a persuadere gli alunni a interessarsi di quello che non li interessa affatto , e com ' è possibile per un maestro continuare a occuparsi sempre di cose che per lui ormai sono routine banale ? Ma forse ... non era proprio così . Già altre volte , quando Consigli sedeva su quella panchina , assorto nelle sue considerazioni , gli si era avvicinato Mario , che invece di correre a casa con lo zainetto multicolore sulle spalle , gli si accoccolava ai piedi e lo scrutava . E poi arrivava anche la Lorella , che qualche anno prima era stata sua scolara ; ma adesso lo guardava con occhi ben diversi da allora . Lei certo non lo sapeva , ma lui lo avvertiva e non di rado doveva studiare come comportarsi . Del resto non era la prima volta che gli capitava : giovane , con aspetto malinconico e un po ' trasandato , aveva già incontrato qualche ex scolara che lo contemplava con aria adorante . E , in fondo , sentiva benissimo che quella presenza cambiava per lui in modo sottile l ' ambiente circostante . In quel mentre nel vialetto dinanzi a loro stava passando un distinto signore con i capelli grigi ben pettinati , in un semplice , ma elegante completo anch ' esso grigio e un maglione celestino paricollo . " Don Rino , don Rino ! " chiamò il maestro , quasi volesse aggrapparsi a una tavola di salvezza . L ' insegnante di religione si soffermò a guardarli , poi si avvicinò premuroso , con la domanda : " Che c ' è , Consigli ? " " C ' è che Mario qui mi ha chiesto che cos ' è la sessuofobia . Forse lei glielo sa spiegare meglio di me . " Don Rino represse a stento una risata divertita ed esclamò : " Proprio io ? " . Poi si riprese e aggiunse : " Ma sì ... forse è giusto . Pensi che , per aver parlato troppo liberamente in classe di queste cose e di altre del genere , mi sono già beccato varie ramanzine da parte della Curia ; e anche da più in alto " . " Quanto più in alto ? " si azzardò a chiedere Consigli . " Be ' ... per via indiretta , s ' intende : da chi sta al vertice della Chiesa . " " Accipicchia ! A me mi pare che sia il Papa ! " esclamò sbalordito Mario , che - pur usando un pleonasmo rimproverato dai pedanti - maneggiava benissimo e con naturalezza i congiuntivi . Ma don Rino , come se non avesse sentito , proseguì : " Io credo che insegnando nelle scuole , predicando ai fedeli o scrivendo , si debba dire pane al pane e vino al vino ; con prudenza sì , ma anche con chiarezza . E se su qualcosa uno non è d ' accordo con la dottrina ufficiale , ha il dovere di dichiararlo , sia pure con tutta umiltà . La fede in Dio non ne viene intaccata : è il Vangelo stesso che ci esorta a dire sì sì e no no , senza infingimenti . " " Allora , don Rino , " intervenne la Lorella con spavalderia , ma anche con un lieve sospetto di rossore , " ci dica pane al pane e sesso al sesso , senza infingimenti . " " Tutti sanno , " incominciò don Rino , comprendendo bene che ormai non poteva sottrarsi , " che per procreare i figli ci vogliono un uomo e una donna che facciano all ' amore . Ora l ' amore è certamente una cosa molto bella ... " " È la cosa più bella che esista ! " esclamò la Lorella ; e Consigli si sorprese a domandarsi se lei lo sapeva davvero o se invece volesse a tutti i costi immaginarlo . " Sì , è molto bella , " riprese imperturbabile e un po ' didattico don Rino . " Ma proprio perché può dare grande gioia , anche fisica , all ' essere umano , qualcuno è portato a scambiarlo per un puro piacere , anziché per quello che deve essere in realtà : un innalzamento e un completamento spirituale dell ' uomo . La Chiesa , specie in passato , vedendo nella ricerca del piacere una tentazione del demonio , un atteggiamento peccaminoso , una deviazione da quella concezione ascetica della vita che riteneva avvicinasse a Dio , finì quasi per condannare il sesso in quanto tale . Arrivò così a concepire e a diffondere nei suoi ranghi la ` sessuofobia ' . Ma fu un errore : e di esso si avvertono ancora nefaste conseguenze . " " Fu un errore ? " domandò sorridendo Consigli , che si divertiva un mondo a punzecchiare l ' amico don Rino . " Ma lei non è scapolo proprio in quanto prete cattolico ? " " Non scherziamo troppo su queste cose , che sono molto serie , " rispose l ' altro con una punta di rimprovero . " Io sono disposto ad accettare umilmente rinunce anche gravi , impostemi da chi guida la Chiesa , pur di continuare a esercitare il mio ministero . Ma credo di avere diritto alla mia opinione . E sono convinto che i preti protestanti sposati possono svolgere benissimo ( chissà , forse anche meglio di noi ) la loro missione . Del resto i tempi cambiano ; bisogna attendere con pazienza il futuro ... " " Ma come si fa a pensare , " intervenne la Lorella , " che qualcosa creato e voluto da Dio sia cattivo e da fuggire ? Dio può aver fatto soltanto cose belle e da amare ; altrimenti dove starebbe la sua infinita bontà ? " " Dici bene , Lorella , non lo nego . Ma chi siamo noi per pretendere di capire tutto ? È impossibile sfuggire alla domanda : perché ci sono le cose che a noi paiono cattive ? E non c ' è nemmeno bisogno di arrivare a parlare delle pratiche più riprovevoli del sesso . L ' amore , anche quello puro e sublime , può far soffrire immensamente l ' essere umano . Quasi ogni giorno c ' è un ragazzo o una ragazza che si uccide per amore . Si può pensare una cosa più orribile ? Ma io credo che il giudizio che noi diamo su quello che è buono o è cattivo risenta troppo spesso della nostra miopia , della nostra inadeguatezza . Il bene può essere anche dove non siamo capaci di vederlo . In fondo , quando uno ha letto la fine tragica di Romeo e Giulietta , è certamente spinto a sentirsi più in alto e più buono . " " Sì , è proprio così , " disse la Lorella . " Io non ho letto quella commedia ... " " Quella tragedia ! " interruppe ridendo Consigli . ... ma ho visto alla televisione la storia di Romeo e Giulietta . Fa piangere ; ma non fa male , fa bene . " Seguì qualche momento di silenzio . Ciascuno rimaneva impigliato in quei pensieri che difficilmente si riesce a esprimere pienamente , anche a se stessi . Consigli si domandava : devo dirlo o no come mi sembra che stiano realmente le cose ? Perché insinuare dubbi sulla bellezza e sulla bontà del mondo in chi dimostra di volerci credere con entusiasmo ? Naturalmente non pensava a don Rino : quello su certi argomenti la sapeva lunga . Ma Mario e Lorella ... Lui tempo addietro aveva intrapreso gli studi di scienze all ' università , proprio perché voleva capire come è fatto veramente il mondo . Certo , moltissime nozioni utili le aveva imparate e aveva allargato enormemente il suo orizzonte . Ma alla fine si era convinto che anche per quella via non si arrivava mai a scoprire quello che a lui sembrava " il nocciolo della questione " , cioè il perché e il come della condizione umana . Aveva rinunciato a laurearsi - pur continuando ad aggiornarsi come poteva - e si era dedicato invece a educare alla vita i bambini , cioè coloro che dovevano essere preparati a costituire in futuro una società civile e democratica . Sapeva benissimo che pochi lo approvavano , anzi che molti lo criticavano : ma quella era stata la sua scelta . Ora , ricordando quante volte lui stesso aveva insegnato che bisogna esprimere con franchezza il proprio parere , si risolse ad affrontare l ' argomento : " Sentite , amici miei , finché si parla di esseri umani , di alti sentimenti e di poesia , potrei anche esser d ' accordo con voi . Gli antichi Greci usavano un parolone , ` catarsi ' , per esprimere quel senso di purificazione che eleva l ' animo umano al termine di una tragedia . Ma al mondo non tutto è poesia ; e non ci sono soltanto gli esseri umani ... " " Ci sono anche le bestie ! " intervenne Mario , che già aveva intuito dove si andava a parare . " Certo , " ribatté don Rino . " Ma , come ben avvertiva san Francesco , la bontà di Dio discende verso tutte le sue creature . Io credo che un uomo offenda Dio anche quando fa soffrire inutilmente un animale . Il creato è buono . Solo gli uomini sono spesso molto cattivi . " " Sarà , " riprese perplesso il maestro , " ma io non ne sono così convinto . Nella scienza naturale sono noti mille casi in cui sembrerebbe proprio il contrario . Voglio farvi un esempio fra mille . C ' è un gruppo di vespe dal difficile nome scientifico , a proposito delle quali il grande Darwin scriveva che non poteva persuadersi che un Dio benefico e onnipotente le avesse create con l ' intento specifico che si cibassero dei corpi vivi dei bruchi . Infatti la vespa depone le uova nel corpo di un bruco , ma prima colpisce col suo pungiglione ciascun ganglio del sistema nervoso del poveretto , in modo da paralizzarlo totalmente senza ucciderlo . Schiusesi poi le uova , le larve si cibano di carne sempre fresca , guardandosi fino all ' ultimo dal distruggere i centri vitali della vittima . Il bruco si sente gradualmente straziare dentro , patisce atrocemente , ma non può reagire , non può muovere un muscolo . Quando poi non c ' è più nulla da mangiare e il bruco è svuotato , lo si lascia morire . " " Dio bono ! " sbottò Mario inorridito . " Sì , " riprese Consigli sorridendo amaramente , " forse hai detto giusto , anche senza volerlo . C ' è proprio da chiedersi se Dio e la natura esprimano soltanto bontà verso le proprie creature . L ' esistenza di cose così terribili pone angosciose domande , non solo ai credenti , ma anche ai laici come me . Perché tutto questo ? Ma vedi , alcuni pensatori di grande levatura affermano che la domanda è insensata ; dicono che semplicemente non c ' è un perché . Io non credo che abbiano del tutto torto . Ma allora mi assilla un dubbio ulteriore : perché ci poniamo quelle domande ? " Don Rino da qualche minuto guardava nervosamente l ' orologio e disse : " È tardi , Consigli . Io devo scappare e questi ragazzi devono correre a casa . Non è che io mi voglia sottrarre a questa discussione , intendiamoci . Anch ' io sono turbato , lo confesso ; ma sono aiutato dalla fede . Bisognerà ritrovarsi ed esaminare tutto con calma . " E s ' incamminò con passo elastico verso il convento , presso il quale aveva trovato ospitalità incondizionata da quei buoni padri . Ma già Mario correva a perdifiato verso il suo autobus , facendo segni disperati al conduttore , mentre la Lorella si avviava a malincuore verso la macchina , nella quale la mamma l ' attendeva un po ' spazientita . 5 . L ' importanza di essere un pomo " Le Dieu des chrétiens est un père qui fait grand cas de ses pommes et fort peu de ses enfants " [ " Il Dio dei cristiani è un padre che fa gran caso dei suoi pomi e ben poco dei suoi figli " ] . Così annotava Diderot nella sedicesima aggiunta ai suoi pensieri filosofici . Forse , trasportato un po ' dalla sua corrosiva vis polemica , si era dimenticato di dire che in realtà quello era il Dio degli ebrei ; un Dio che i cristiani si trovarono già bell ' e fatto così com ' era e che - spinti del resto da non disprezzabili ragioni di tradizione storica - ebbero poi l ' imprudenza di ereditare senza beneficio d ' inventario , accettando perfino quella bizzarra gelosia per le sue " pommes " . Sembrerebbe che nel pensiero espresso dal filosofo i figli di cui Dio non si curerebbe abbastanza fossero gli esseri umani . Ma in verità Diderot era troppo fino per accettare senza obiezioni quella ben nota noncuranza per le sofferenze degli animali , che era abbastanza abituale ai suoi tempi . Infatti in una successiva riflessione , parlando della condanna della donna a partorire nel dolore : la donna - egli dice - era in fondo una peccatrice , ma che gli avevano fatto ( al Creatore ) le femmine degli animali , che pure generano con dolore ? Il buon maestro Consigli dunque non aveva tirato fuori cose troppo nuove . Cartesio se la cavava immaginando che gli animali fossero soltanto macchine : meravigliose sì , ma pur sempre macchine . E noi dobbiamo riconoscere che i robot che oggi sono capaci - e ancor più lo saranno domani - di fare cose strabilianti , sono appunto macchine . Tuttavia non possiamo ignorare che qualcuno comincia ormai a non essere più tanto sicuro che gli elaboratori di grande complessità siano necessariamente privi di sentimenti e di sofferenze ( si rammentino , per esempio , le suggestioni di 2001 : Odissea nello spazio ) . Ma lasciamo stare la fantascienza . È innegabile che la sensibilità del pubblico generale nei riguardi degli animali è oggi in larga misura cambiata rispetto a quella che era molto diffusa una volta . Chi , possedendo e amando un cane , può dubitare che quello sia capace di soffrire ? Certo si può sensatamente obiettare che , per sapere se le cose stanno veramente così , bisognerebbe entrare nella testa del cane . I segni esteriori di sofferenza potrebbe darli anche una macchina . E non è affatto inimmaginabile che si arrivi a costruire un automa elettronico che , alla nostra domanda se soffra , risponda con un lamento e affermi : sì , sto soffrendo . Ma attenzione ! Siamo su una china pericolosa . Per quella via si arriva facilmente a dubitare che anche i nostri simili umani soffrano , dato che , per quanti segni esteriori essi diano , noi non possiamo mai entrare nella loro testa . Tutto questo è vero ; eppure la compassione e l ' empatia sono costituenti irrinunciabili della nostra natura , sì che negandole negheremmo noi stessi . Soffrire nel vedere in altri i segni della sofferenza fa parte della nobiltà della natura umana . Dostoevskij nell ' Idiota afferma : " La compassione è la più importante e forse l ' unica legge di vita dell ' umanità intera " . Del resto nessuno può dimenticare il dantesco : " E se non piangi , di che pianger suoli ? " . Fra le due posizioni estreme - quella che gli animali abbiano una sensibilità di tipo umano e quella che li vuole assolutamente insensibili - ce n ' è una più ragionevole , anch ' essa espressa bene da Dante . È l ' affermazione della tradizione aristotelico - tomistica seguita dal poeta , " che vuol quanto la cosa è più perfetta / più senta il bene e così la doglienza " . Può essere un pregiudizio , confessiamolo pure , ma anche coloro che ne negano la validità , non se ne liberano mai sul serio ; altrimenti non si avvierebbero mai a una passeggiata nel bosco , dissuasi dal timore di calpestare centinaia di formiche e di altre innocue bestioline ; né prenderebbero mai un antibiotico , ben sapendo che con quello uccidono miliardi di poveri germi ! Certo per applicare la massima di Dante a quanto stiamo discutendo bisogna credere che un essere umano sia più " perfetto " di un verme ; e qualcuno potrà obiettare che una tale affermazione è solo segno di ingenua presunzione . Riconosciamo pure che questo è anche vero , nel senso che il verme è " perfettamente " adatto a fare quello che fa e a sopravvivere nel suo ambiente . In realtà si tratta solo di un uso un po ' antiquato del concetto di perfezione , che di per sé può significare molte cose diverse . Forse oggi preferiremmo parlare piuttosto di complessità che di perfezione ; ed è certo che il sistema nervoso dell ' uomo è enormemente più complesso di quello del verme . Che poi questo significhi che l ' essere umano sia capace di soffrire più del verme è un ' inferenza non garantita da alcuna prova sicura . Ciononostante noi viviamo come se fosse proprio così e ci è difficile dar credito a chi lo nega . Tutto quello che si potrebbe supporre abbastanza sensatamente è che l ' uomo , più degli animali cosiddetti inferiori , sia conscio di soffrire ; e probabilmente qualcuno vorrebbe aggiungere che proprio questa è la vera sofferenza . Comunque , anche accettando l ' ipotesi della maggiore o minore capacità di soffrire e pensando che essa sia massima nell ' uomo , il discorso sarcastico di Diderot non perde molta della sua incisività . Anzi , può lasciare il pio credente ancora più perplesso di prima . Infatti , mentre l ' uomo può sperare in un compenso nell ' aldilà , che cosa può aspettarsi il verme in cambio della sua più o meno grande sofferenza ? Non è crudele farlo patire senza alcuno scopo ? È difficile non cedere all ' umana tentazione di colpevolizzare qualcuno per la propria e l ' altrui sofferenza . Questa non lodevole abitudine può magari portarci a prendercela con la natura , come faceva Leopardi , quando gridava a se stesso : " Ormai disprezza / te , la natura , il brutto / poter che , ascoso , a comun danno impera ... " . Una concezione più moderna - che da qualcuno molto impropriamente viene supposta ateistica - non nega che possa esserci stato un creatore dell ' universo ( qualunque cosa si voglia intendere per creazione ) ; ma non può ammettere che costui , una volta costruito questo immenso marchingegno e datagli la spinta iniziale , sorvegli con ansietà la sua creatura e intervenga continuamente a violare le leggi che egli stesso ha stabilito , allo scopo di modificarne quelle conseguenze che non gli vanno a genio . Si arriva allora alla teoria della suprema indifferenza , quella che lo stesso Leopardi , quando è meno stizzito e più lucido , esprime con le amare parole : " Ma da natura / altro negli atti suoi / che nostro male o nostro ben si cura " . La teoria dell ' indifferenza non viene di solito accettata di buon grado , perché rende molto arduo - per tutti quelli che ci credono - continuare a sperare nella divina provvidenza ed essere così aiutati a sopportare le sventure . L ' autore di queste pagine ( gli si perdoni un vivo ricordo personale ) aveva molti anni fa un amico , ormai scomparso , frate domenicano di rara intelligenza e apertura mentale . Una volta , durante la guerra , sentendo qualcuno pronunciare la frase stereotipa : " siamo nelle mani della provvidenza , " non poté trattenersi dall ' esclamare : " In che brutte mani siamo ! " . Che era successo ? Aveva forse perduto la fede , bestemmiava ? Assolutamente no ; la sua fede era salda . Voleva solo osservare realisticamente che per arrivare a invocare un improbabile intervento dall ' alto bisognava trovarsi proprio male ! Lui credeva in un Dio molto al di sopra dei terreni desideri o timori umani . Lasciando stare la teologia e spostandoci su un piano ben differente , non possiamo fare a meno di affermare che la teoria dell ' indifferenza va perfettamente d ' accordo con le migliori risultanze della scienza contemporanea . Si tratta della ben nota fusione del vecchio - ma sempre valido - concetto darwiniano di selezione naturale con le conoscenze derivanti dalla scoperta del codice genetico e delle sue casuali mutazioni . Riassumiamo in pochissime - e di conseguenza quanto mai inadeguate - parole di che si tratta . I caratteri di un essere vivente sono dettati da certe complesse strutture molecolari che si chiamano geni e che nel loro insieme costituiscono il genoma o genotipo di quell ' individuo . I geni - per varie cause , sulle quali ora non ci soffermiamo - sono soggetti a subire ogni tanto dei cambiamenti . Una mutazione del genotipo ha per conseguenza una mutazione del fenotipo , cioè della costituzione e del comportamento dell ' essere vivente . Se la mutazione è favorevole , quel fenotipo è più adatto a sopravvivere nel suo ambiente e quindi ad avere discendenti , ai quali passerà in eredità il suo mutato genoma : in tal modo può anche nascere una nuova specie . Se invece la mutazione è sfavorevole , minore ( o nulla ) sarà la probabilità che quella varietà di essere vivente si propaghi : prima o poi il nuovo genotipo e il suo fenotipo si estinguono . Con questo meccanismo è avvenuta ( e avviene tuttora ) l ' evoluzione delle specie . Per quanto ne sappiamo a tutt ' oggi , le mutazioni avvengono a caso ; e questo desta non poche perplessità . Ma Monod ( Il caso e la necessità ) afferma senza mezzi termini : " Il caso puro , il solo caso , libertà assoluta ma cieca , sta alla radice del prodigioso edificio dell ' evoluzione ; oggi questa nozione centrale della biologia non è più un ' ipotesi fra le molte possibili o perlomeno concepibili , ma è la sola concepibile in quanto è l ' unica compatibile con la realtà quale ce la mostrano l ' osservazione e l ' esperienza " . Tutto si svolge dunque a caso . Ma la selezione naturale fa sì che le cose vadano " come se " l ' unico interesse e scopo di un gene fosse quello di continuare a sussistere e di propagarsi nei successivi esseri viventi , senza alcun riguardo per la maggiore o minore sofferenza dell ' individuo del quale fa parte . Si può arrivare a parlare ( Dawkins ) di gene egoista . Quanto alla natura , essa è certamente indifferente a quanto accade alle " pommes " di Dio o agli esseri umani . Già Chamfort ( Massime ) scrisse sapidamente : " Qualcuno diceva che provvidenza è il nome di battesimo del caso ; qualche devoto dirà che caso è un soprannome della provvidenza " . In un certo senso avevano ragione tutti e due ! Infatti , se è vero che tutto avviene per puro caso , non si può che rimanere strabiliati nel constatare che il caso ci ha portato a risultati così incredibili , quasiché un sapiente architetto li abbia progettati . Il guaio è che non abbiamo alcun modo per dimostrare che l ' architetto c ' è stato veramente . Anzi , poiché quell ' immagine si rifà inevitabilmente a un ' esperienza umana , in cui un uomo provvisto di speciali competenze prima progetta e poi , valendosi di materiali e di leggi già esistenti , costruisce l ' edificio , è impossibile sottrarsi alla conclusione che stiamo ancora parlando di uomini e non di dèi . 6 . Gli altri : che scocciatura ! L ' apparire della visione biologica testé descritta , porta necessariamente a domandarci : che ne è oggi dei concetti di bene , di male , di etica , di morale ? Che ne è dei valori , la cui supposta " perdita " fa stare tanti valentuomini con il fazzoletto in mano per asciugarsi il pianto ( magari non del tutto sincero ) ? Non è forse venuto il momento di riesaminare tutta la questione con un ' attrezzatura un po ' più critica e sensata di quella del passato ? Attualmente ci sono in proposito tre atteggiamenti differenti , abbastanza diffusi . 1 ) Il primo è solo l ' intransigente arroccamento sulle posizioni tradizionali , che attribuiscono a tutti quei concetti un contenuto oggettivo , indipendente dalle credenze e dalle circostanze umane , se non addirittura trascendente e dettato da Dio . ( E in quest ' ultimo caso sono divertenti le dispute su che cosa veramente Dio abbia voluto dettare . ) 2 ) Il secondo atteggiamento - spesso egualmente intransigente - è quello di chi , estendendo in modo indebito le scoperte moderne della genetica , butta tutto sul biologico e considera i suddetti concetti come ormai in tutto superati dalla concezione scientifica dell ' indifferenza . 3 ) Il terzo atteggiamento - molto più saggio , ci si permetta di dirlo - è di chi , senza trionfalismi , ma anche senza sciocchi " rimpianti " del buon tempo antico , prende atto delle conquiste della scienza moderna e indaga in quel quadro il sorgere delle varie assiologie , il loro significato e la loro importanza per la sopravvivenza e lo sviluppo dell ' umanità . Qui ci atterremo senz ' altro alla terza delle concezioni indicate , anche se , essendo la meno semplicistica , è anche ovviamente la meno semplice da seguire in tutti i suoi risvolti . Naturalmente vogliamo arrivare a parlare di noi stessi , cioè della specie homo sapiens sapiens . Per quanto riguarda i cosiddetti " animali inferiori " , la loro etologia è certamente fissata in larga misura - ma , a quanto appare dalle indagini moderne , non proprio sempre e interamente - dal loro patrimonio genetico . Per fare un semplice esempio , le formiche di una certa specie costruiscono il formicaio , seguendo un certo modello , che è come disegnato e stampato al loro interno . Quel modello è il risultato di un lungo processo di selezione . Se , per ipotesi assurda , una formica un po ' bizzarra si discostasse molto dal procedimento tradizionale della sua specie e convincesse le sue compagne a imitarla , quella specie ( quasi certamente ) si estinguerebbe . Quanto detto non esclude affatto che il genoma di un animale sia così congegnato da indurlo anche a tutta una serie di comportamenti che noi , col nostro metro umano , classificheremmo come " morali " . Prima di tutto è abbastanza generalizzata la proibizione di uccidere i propri simili . La spiegazione di questo comportamento è addirittura banale . Se gl ' individui di una stessa specie si uccidono fra loro , la specie ha una notevole probabilità di estinguersi . Ma stiamo attenti : questa proibizione è soggetta anche a eccezioni . Si tratta di quei casi in cui l ' uccisione dei propri simili - e perfino il cannibalismo ! - trovano giustificazione proprio nel vantaggio del gene egoista . Campioni di questa naturale trasgressione sono certi insetti . Per esempio , le coccinelle - pur così graziose - si rivelano esseri feroci : quando una scarsezza di naturali risorse minaccia la propagazione del gruppo , non esitano a divorare le loro simili più giovani o appena nate . Tuttavia negli animali cosiddetti superiori è abbastanza diffusa la regola del " cane non mangia cane " . I moderni studi di sociobiologia vanno molto più in là e arrivano a giustificare con la selezione naturale perfino l ' altruismo . Fanno osservare che un membro del mio gruppo ha grande probabilità di avere alcuni geni uguali ai miei : aiutandolo a sopravvivere , aiuto quei geni ( benché egoisti come tutti i geni ) a continuare a sussistere e a propagarsi . Ma tutto quello che abbiamo detto ci appare come pura etologia , non etica nel senso umano . Per quanto riguarda l ' uomo , le cose sono molto più complicate . Prima di tutto sgombriamo il terreno da un ingenuo pregiudizio , abbastanza diffuso fra molti che si credono saggi . Si tratta di coloro che vogliono a tutti i costi che i nostri comportamenti siano tutti e soltanto appresi e non derivino anche dalla nostra costituzione genetica . Per vedere che è una sciocchezza basterebbe riflettere banalmente che , se il patrimonio genetico non fosse tale da impartire al fenotipo la capacità di apprendere - anzi una spiccata propensione a farlo , soprattutto mediante la curiosità - non vi sarebbero comportamenti appresi . È vero che molti animali superiori hanno almeno un barlume di tale capacità e possono essere ammaestrati . Ma proprio il fatto che , pur lasciandoci ammirati , essi rimangono ben lontani dall ' imparare a fare tutto quello che fa l ' uomo , dimostra che le loro strutture genetiche non sono adatte a quei compiti . E indubbio che altrettanto ingenuo sarebbe , per converso , supporre che tutto quello che facciamo stesse scritto così com ' è nel nostro patrimonio genetico . Se questo fosse proprio vero , parleremmo tutti la stessa lingua e crederemmo tutti nello stesso Dio ! Tuttavia si faccia attenzione : nel genoma umano c ' è fissato molto di più di quanto generalmente si creda . A questo proposito - tanto per fare un esempio - è sommamente interessante quanto è stato recentemente descritto di un gruppo di qualche centinaio di bambini del Nicaragua , affetti da sordità congenita . Ciascuno di essi era vissuto , fin quasi dalla nascita , praticamente isolato da rapporti con adulti . Dopo alcuni anni di convivenza nel gruppo , quei bambini hanno sviluppato un linguaggio gestuale assolutamente originale , che contiene nomi e verbi , sottopone questi ultimi a una rudimentale coniugazione e distingue perfino il soggetto dall ' oggetto ! Ciò - sia detto per inciso - va d ' accordo con le idee di Chomski sull ' esistenza di una grammatica universale innata . La posizione di quasi tutti gli studiosi moderni è che il comportamento umano derivi da un ' inestricabile interazione fra i geni e l ' ambiente ( anche umano , ovviamente ) , o - come spesso si dice più volgarmente - fra natura e cultura . Continua certamente a sussistere in noi la propensione a seguire la primitiva etologia animale , ma il comportamento si complica notevolmente quando - immaginando tutta una pluralità di mondi possibili alla Leibniz - cominciamo a capire e a pesare le conseguenze del nostro agire in un modo piuttosto che in un altro . Inoltre è di enorme importanza il nascere negli uomini della coscienza di essere liberi di scegliere la via da seguire . ( Ma qui non vogliamo certo risollevare la vetusta controversia del libero arbitrio . ) Ne scaturisce un nuovo originalissimo concetto , che ci fa passare dalla pura etologia del " fare " all ' etica del " dover fare " . Sorge subito la domanda : perché tutto questo ? Qual è per la nostra specie il vantaggio selettivo del passare dal fare al dover fare ? Cominciamo col dare una prima risposta , che è abbastanza facile , ma probabilmente non del tutto sufficiente . I comportamenti dettati puramente dall ' impianto genetico sono in numero magari grande , ma necessariamente limitato . Le condizioni di vita degli esseri umani divengono invece sempre più complicate e le possibili nuove evenienze sono innumerevoli . Soltanto un enorme elaboratore qual è il nostro cervello può tentare di far fronte a tutto , purché inoltre l ' utilizzatore abbia intera libertà di giudizio e di scelta . La continua scelta diviene una componente essenziale della vita umana . Gli uomini , fin dal più lontano paleolitico , hanno vissuto in piccoli gruppi e hanno senza dubbio ereditato per via genetica quelle prescrizioni di comportamento del " cane non mangia cane " , che abbiamo già riconosciute comuni a moltissimi animali . Ma è facile presumere che con lo sviluppo di enormi facoltà intellettuali , col sorgere del linguaggio e della trasmissione culturale , si siano resi ben conto che era necessario darsi delle regole di comportamento al di dentro del gruppo , a vantaggio di tutti . Bisognava costantemente tener conto degli altri . E altamente probabile che - almeno agli inizi - non avessero chiara coscienza che in tal modo stavano stringendo un vero e proprio patto sociale ; ma lo stipulavano di fatto . Ed è anche probabile che quei gruppi che erano più lenti o più restii nello stipularlo risultavano perdenti e rischiavano l ' estinzione . Non sarà proprio così , cioè per via di " selezione culturale " , che nel nostro patrimonio genetico cominciò a inscriversi la norma fondamentale di ogni convivenza civile : pacta sunt servanda ? Non ne abbiamo le prove , né mai le avremo ; ma ci atterremo a questa come a un ' ipotesi molto verosimile . Certamente col mesolitico e soprattutto poi col neolitico la vita associata ebbe uno sviluppo enorme . Dalla pura caccia e raccolta si passa all ' agricoltura , alla domesticazione degli animali , alla divisione del lavoro ; nascono la città con le sue fortificazioni e il suo esercito , lo stato , il diritto , la legge . La compravendita mediante denaro , forse più di ogni altra istituzione , denuncia chiaramente l ' esistenza di un patto . La legge , prima orale poi scritta , farà nascere un vero e proprio contratto sociale . Come un giorno dirà Rousseau ( Du contrat social ) , il fine del contratto è : " Trouver une forme d ' association qui défende et protège de toute la force commune la personne et les biens de chaque associé , et par laquelle chacun s ' unissant à tous n ' obeisse pourtant qu ' à lui - même et reste aussi libre qu ' auparavant " [ " Trovare una forma di associazione che difenda e protegga con tutta la forza comune la persona e i beni di ciascun associato , e per la quale ciascuno unendosi a tutti non obbedisca tuttavia che a se stesso e resti libero come prima " ] . L ' ultima frase è essenziale . Bellissima poi è la nota di Rousseau , quasi intraducibile in italiano : " les maisons font la ville , mais les citoyens font la cité " . E la fanno proprio in virtù del patto . A questa rivoluzione epocale conseguì fra l ' altro uno sviluppo demografico senza precedenti . I diversi gruppi umani , ormai numerosi e potenti , cominciarono a gareggiare mediante la concorrenza commerciale , ma più spesso con le armi . I gruppi che non avevano un patto sociale efficiente e rispettato venivano più facilmente eliminati dalla scena . Accanto all ' etologia di ogni animale , che bada soprattutto - ma non soltanto , come già detto - alla sopravvivenza dell ' individuo , si sviluppa necessariamente e viene inscritto nel genoma l ' impulso a compiere quelle azioni che sono necessarie alla preservazione del gruppo . Il fare e il dover fare : due leggi , spesso contraddittorie , regnano ormai nell ' animo umano . E , data la complicazione dei casi nei quali esse si scontrano , i millenni non sono ancora stati sufficienti per conciliarle interamente . Non per niente Sartre ( Huis clos ) esclamò : " L ' enfer , c ' est les autres " . Ed è proprio la frequente contraddizione fra le due leggi che fa nascere la meraviglia , la speculazione sull ' originale condizione umana . Fra l ' altro obbliga a trovare , per distinguere e intendersi , una nuova terminologia . Ma è dubbio che dietro di essa si debba vedere qualche cosa di più di una serie di definizioni . Così la naturalissima tendenza a fare il proprio interesse diviene il " riprovevole " egoismo , mentre la tendenza a fare gli interessi degli altri o del gruppo diviene il " lodevole " comportamento morale . Quando un individuo non segue quest ' ultimo , diviene preda del senso di colpa e del rimorso . E uno stato d ' animo piuttosto spiacevole ; ma , poiché persuade l ' individuo a comportarsi diversamente la prossima volta , alla fin fine torna a vantaggio del gruppo e dei suoi geni . Forse a questo punto possiamo inserire qualche parola su quell ' atteggiamento ancor più ossessionante ( e ridicolo ) dell ' egoismo che è chiamato egocentrismo . Spesso è insopportabile . Ma bisogna partire dalla presa di atto che nel fondo tutti siamo egocentrici e non fingere di non saperlo . È cosa naturale e perciò non deve scandalizzare . Volere primeggiare e attrarre l ' attenzione di tutti è una 56strategia abbastanza ben giustificata per arrivare a proteggere i propri geni . Ma diventa pagliaccesca e addirittura controproducente quando assume i caratteri di un vizio , quando spinge a parlare ininterrottamente ( magari urlando ) senza ascoltare , a mettersi in mostra a ogni occasione , a non tener conto che nel patto sociale c ' è anche il rispetto della personalità degli altri . La cosiddetta buona educazione è un atteggiamento civile , corollario appunto del patto sociale . L ' egocentrismo si risolve spesso in pura maleducazione . 7 . Vendetta , tremenda vendetta Ebbene , con tutto il rispetto dovuto a un grandissimo come Kant - che ammirava il cielo stellato sopra di sé e la legge morale dentro di sé ( Critica della ragion pratica ) - decidiamoci a riconoscere che tutto quello che vi è in natura può destare il più alto stupore . Lo desta indubbiamente il cielo stellato sopra di me ; ma in eguale misura lo destano sia la legge morale che è dentro di me , sia l ' istinto di conservazione individuale , che è pure dentro di me . Non è affatto vero che la prima sia più mirabile del secondo . Del resto lo stesso Kant afferma che le nostre azioni non ci risultano affatto ordinate da Dio : " al contrario , ci sembrano ordinate da Dio perché ci sono imposte da una nostra legge interiore " . E non è forse una nostra legge interiore anche quella che ci ordina l ' autoconservazione ? Il tentare di spiegare con considerazioni scientifiche per quale via tutti e due quegl ' impulsi - ormai interiorizzati - siano sorti , si siano sviluppati e per selezione naturale siano stati incorporati nel patrimonio genetico non sminuisce in nessun modo la grandezza dell ' universo , il misterioso fascino della natura , la nobiltà dell ' uomo , la sublimità del suo creatore ( se vi è stato ) . E se vogliamo chiamare morale l ' azione che mira a conservare la specie attraverso la preservazione degli altri , anziché dell ' individuo che agisce , facciamolo pure . Siamo liberi di definire quello che vogliamo . Ma non fingiamo d ' ignorare che la preservazione dell ' individuo mira esattamente allo stesso scopo . A questo punto , al fine di chiarire bene il concetto , converrà inserire qualche parola sulla vendetta e sulla sua ( quasi ) generale condanna . Ebbene , la vendetta - secondo la stessa definizione testé data - risponde a un impulso altamente morale ! Chi la esercita non ci guadagna nulla , anzi quasi sempre rischia . ( Il povero Rigoletto - certo senza saperlo coscientemente - in quel modo rischia e sacrifica addirittura la vita dell ' amata figlia . ) Ma il vendicatore di regola si sacrifica in favore di tutti gli altri . Infatti va a finire che nel gruppo primitivo un individuo evita di compiere certe azioni dannose a un altro individuo , proprio perché teme la vendetta di costui . E un deterrente che di solito funziona bene . Ciò non toglie che , quando avanza la civiltà , si scopre che è mille volte meglio delegare il deterrente alla società formalmente costituita , cioè allo stato ; ma ci risparmieremo lo sviluppo delle serie ragioni , facilmente intuibili , per cui ciò è vero . Nasce così il concetto di giustizia pubblica e il patto di rispettarla . Quanto sono ridicole le protestazioni - udite fino alla nausea - di coloro che affermano virtuosamente di non volere vendetta , ma solo giustizia ! Pare impossibile che così pochi si chiedano : e perché la vogliono proprio quelli ? Forse perché sono parenti delle vittime ? Ma andiamo ! La giustizia devono volerla egualmente tutti i cittadini . L ' espressione continuamente usata e abusata , " farsi giustizia da sé " , è semplicemente idiota . E ancor più idiota è affermare che giustizia chiedono i morti . Eppure è molto , molto difficile liberarsi da quell ' impulso - in sé naturalissimo , ripetiamo - che ci spinge a inscrivere l ' istinto di vendetta addirittura nel campo dei sentimenti onorevoli . La mente corre subito , naturalmente , alle consorterie della criminalità organizzata ( gli uomini d ' onore ) ; ma limitarsi a ciò è quanto mai semplicistico e riduttivo . Dobbiamo proprio ricordare la canzone in cui il pio Dante afferma : " Ché bell ' onor s ' acquista in far vendetta " , o ignorare le mille volte che Dante stesso - e una folla di autori di tutte le letterature - parlano nientemeno che della vendetta di Dio o del Cielo ? Ma , una volta accettata la visione sopra esposta , che ne è del male e del bene , di cui parliamo continuamente ? Dovrebbe esser chiaro che non si tratta di enti trascendenti oggettivi , bensì di due delle innumerevoli ipostatizzazioni , di cui gli uomini da che mondo è mondo si sono resi responsabili . Prima si introduce un concetto astratto , che ci è utile per capirsi in modo sintetico ; quindi si attribuisce a esso un ' entità sostanziale , che in realtà non c ' è . Non ci si limita a riconoscere che abbiamo semplicemente introdotto una parola per esprimere un concetto da noi stessi costruito . No : si crede possibile tirar fuori dalla parola il vero contenuto di quel concetto . Quanti insigni pensatori hanno sprecato il loro tempo dietro a quei venerabili fantasmi ! Non stiamo scoprendo nulla di nuovo . Infatti , è ben noto che il pregiudizio è molto antico . Vi fu una ( quasi ) unanime oggettivazione del Bene e del Male da parte dei filosofi antichi e medievali . Per Platone ( Repubblica ) , come il Sole illumina , rende visibili e alimenta le cose sensibili , così il Bene rende conoscibili gli oggetti intelligibili e conferisce a essi l ' esistenza . A complicare le cose ci si misero poi le religioni , con i loro dèi , angeli , arcangeli , santi ecc. da una parte , nonché con le schiere di diavoli e di geni malevoli dall ' altra . Gli uni impersonano e difendono il bene , mentre gli altri impersonano e difendono il male , in un ' eterna battaglia , combattuta sulla pelle degli uomini . Tuttavia si farebbe torto ad alcuni pensatori più vicini a noi , affermando che nel passato si è sempre creduto a un contenuto puramente oggettivo del bene e del male . Per esempio Spinoza ( Ethica ) dice testualmente : " Bonum et malum quod attinet , nihil etiam positivum in rebus , in se scilicet consideratis , indicant , nec aliud sunt , praeter cogitandi modos , seu notiones , quas formamus ex eo , quod res ad invicem comparamus . Nam una eademque res potest eodem tempore bona , et mala , et etiam indifferens esse " . [ " Per quel che riguarda il bene e il male , neanch ' essi indicano qualcosa di positivo nelle cose , cioè considerate in sé , ed essi non sono altro se non modi del pensare , o nozioni che formiamo perché confrontiamo le cose fra di loro . Infatti una sola e medesima cosa può essere allo stesso tempo buona e cattiva e anche indifferente " ] . Fra i contemporanei nostri poi moltissimi hanno decisamente cominciato ad affermare che la valutazione è puramente soggettiva . E infatti , proprio come Spinoza , fanno notare che essa è diversa da individuo a individuo , da luogo a luogo , da epoca a epoca . Fecero male o fecero bene i congiurati che uccisero Giulio Cesare ? Fecero male o fecero bene i vandeani a opporsi alla Rivoluzione ? Fecero male o fecero bene gli americani a costruire la bomba atomica ? Sembra impossibile : ma alcuni pensatori piuttosto attardati ne discutono ancora , naturalmente senza alcun risultato che possa incontrare approvazione generale . Vi è anche chi stenta addirittura ad afferrare il concetto della imperturbabile indifferenza della natura e arriva a invocare la pioggia ( il bene ) o a scongiurare i terremoti ( il male ) . La tempesta che nel 1588 semidistrusse l ' Invencible Armada fu un bene per gli inglesi , un male per gli spagnoli . C ' è da giurare che qualcuno nelle cattedrali britanniche ringraziò Dio per il beneficio , mentre qualcuno dei sudditi di Filippo II ( e forse lo stesso re ) si diede a far penitenza dei suoi peccati , perché certamente quella era stata una punizione di Dio . Ma veniamo a qualcosa di ben più importante , qualcosa che è divenuto addirittura assillante nell ' epoca contemporanea . Che dobbiamo fare con tutte le nuove , meravigliose e spaventose possibilità che ci offre la scienza ? Probabilmente fra qualche centinaio di anni i nostri discendenti si meraviglieranno della pervicacia dimostrata dagli uomini della fine del ventesimo secolo nel voler tirar fuori dai logori concetti di bene e di male , supposti " oggettivi " , le risposte sul da farsi in situazioni che né la naturale evoluzione né le religioni tradizionali potevano minimamente prevedere . Da quella parte le risposte " giuste " non possono venire , semplicemente perché le relative domande non erano mai state poste ! È venuto il momento di convincersi che , prima di statuire per contratto sociale che cosa dobbiamo fare , bisogna ben consultarsi su che cosa vogliamo fare . L ' unica via veramente razionale sta nella ricerca scientifica seria , unita alla democrazia . Questo non significa che si possa ammettere a priori di esser liberi di fare tutto quello che si vuole . Infatti della vecchia e gloriosa etica tradizionale c ' è certamente una massima irrinunciabile , proprio perché si può star sicuri che è voluta da tutti e sarebbe facilmente sancita da qualsiasi referendum . È quella contenuta nel quarto articolo della dichiarazione dei diritti dell ' uomo del 1789 : " La libertà consiste nel poter fare tutto quello che non nuoce altrui " . E appunto per stabilire fondatamente che cosa non nuoce altrui - anche e soprattutto , si badi bene , alle generazioni future - la ricerca scientifica dovrà procedere intensamente . Ma , se proprio ci teniamo , continuiamo pure a parlare con solennità dei comitati di bioetica . Il nome conta poco . 8 . Dimmi come parli Il signor Bartoni era da anni impiegato al catasto . Ma ogni giorno , terminato coscienziosamente il suo lavoro , s ' immergeva nella lettura di buoni libri o in solitarie meditazioni , sì da meritarsi indubbiamente la qualifica di uomo colto e intellettuale . Non era affatto entusiasta del suo mestiere , per il quale non sentiva " vocazione " . Ma chi - si domandava per consolarsi - ha la vocazione di fare l ' impiegato del catasto ? Einstein non aveva forse lavorato all ' ufficio brevetti in Svizzera ? Melville non era finito in un servizio di dogana a New York ? Kafka non era stato alle dipendenze di una compagnia di assicurazioni a Trieste ? Bastava sapere aspettare : e poi chissà . Gli piaceva assumere dinanzi a se stesso l ' atteggiamento dell ' uomo saggio , che prende atto del mondo come è e non si lascia scuotere nella propria atarassia . E poi chi mai è contento del lavoro che fa e del ruolo che gli altri gli assegnano nella vita ? Ognuno è sicuro di essere sottovalutato , ma non deve prendersela per questo . Sì , eppure ... eppure nel subconscio qualcosa continuava a tormentarlo . E lui - molto spesso senza rendersene conto - si sfogava di quel qualcosa pungendo gli altri con amara ironia . Ma non era cattivo ; del resto , quella ironia la rivolgeva imparzialmente ( o quasi ) anche a se stesso . Quando si dava a riflettere , abbandonandosi al suo malinconico umorismo , gli piaceva recarsi a passeggiare in un luogo solitario , nelle periferie più anonime della città , dove gli amici intellettuali di buon gusto non si incontrano proprio mai ; tanto lui - affermava a se stesso , ridendo per primo di quella megalomania - guardava soprattutto dentro di sé . E poi , anche se guardava fuori , come faceva in realtà ... qualcuno ( Gide ) non aveva detto : l ' importanza sia nel tuo sguardo , non in quello che guardi ? Ma non sempre si recava in periferia . A volte seguiva proprio la strategia opposta . Infischiandosene dei dettami dei salutisti , andava a sedersi a un tavolino all ' aperto di un caffè situato nel punto più nevralgico della città , in mezzo alla confusione infernale di una folla che andava e veniva , sempre indaffarata e affrettata , nonché al crepitare e strombazzare di veicoli perennemente in ingorgo . Diceva a se stesso ( ma sapeva benissimo di non scoprire nulla di originale ) che lì , fra tutte quelle facce anonime , si trovava la vera solitudine , quella triste , spessa , da tagliarsi col coltello : quella che , trascurando i troppi particolari , ci fa scorgere cose di grande importanza . Quel giorno era proprio seduto al solito tavolino e si stava ripetendo le cose pensate mille volte , quando la sua attenzione fu attratta da un curioso giovane azzimato , con una bella cravatta a farfallino , che , venendo dall ' interno del bar , era comparso sulla porta e guardava ansiosamente di qua e di là . Teneva con una mano una tazzina di caffè e con l ' altra le reggeva sotto il piattino . Bartoni , vedendo che tutti i tavolini erano occupati , gli si rivolse gentilmente , invitandolo : " Se vuoi sedersi qui , c ' è una sedia libera . " Quello fu per un po ' titubante , poi si decise e si sedette , dicendo : " Grazie . Buon giorno e buona giornata . " Bartoni alzò un po ' le sopracciglia , meravigliato dall ' insulsa ridondanza . Comunque stese la mano e disse : " Permette ? Bartoni . " " Ah ... come l ' attore Barton . " " Forse vuol riferirsi all ' attore Burton [ pronunciato correttamente ]..." " Alla televisione , l ' ho sentito benissimo , dicono Barton . " Bartoni rimase un po ' perplesso . Ribattere pedantemente o lasciar correre ? Poi non poté fare a meno di chiedere : " Ma lei impara a parlare dalla televisione ? " L ' altro sembrò non poco infastidito dalla domanda , che aveva l ' aria di una presa di bavero , e ribatté : " Esatto . Guardi ... " "Guardo..." "...mi consenta ... " " Le consento ... "...guardi, mi consenta un attimo . La televisione è ... come dire ... un fatto pubblico nazionale ed è ... così ... un attimino attenta nei confronti di come parla , no ? " " Veramente la televisione di ` confronti ' ne fa pochi , soprattutto con i vocabolari - italiani e stranieri - e con i buoni libri . " " Ecco l ' autogol : i libri , me l ' aspettavo ; ora possono partire le immagini ... " " Partono ? E dove vanno ? " " Lei sicuramente dovrebbe essere ... il condizionale è d ' obbligo ... così ... diciamo un intellettuale . " Bartoni stava pensando : non c ' è speranza con questo . È meglio cambiare discorso : " Non mi ha detto ancora chi è lei . " " Chi sono ? Sono un poeta . " " Veramente questa è già stata detta . Ma che fa per vivere ? " " Cosa faccio ? Scrivo . " " Anche questa è stata detta . E come si chiama ? " "Chicco." " Chicco ... di nome o di cognome ? " " Fa lo stesso . Il nominativo completo è inutile . " " Ah , già : un poeta lo conoscono tutti con il nome di battaglia . " "Esatto." Bartoni fece alcuni sforzi non affatto convinti per ricordare se per caso avesse visto da qualche parte una poesia firmata Chicco , ma invano . Ebbe anche voglia di scherzare su quel noto verso di Dante che parla del " bel paese là dove l ' esatto sona " . Poi si disse ancora una volta che era meglio piantarla lì . Intanto l ' altro guardava nervosamente l ' orologio ed esclamava con impazienza : " Perbacco , si fa tardi ; si sta sforando ! " " Aspetta qualcuno ? " " Esatto . Dovrebbe proprio arrivare ... come dire ... il condizionale è d ' obbligo ... no ? " " Eh , con le donne non si sa mai . " Chicco rimase un po ' interdetto , quindi ribatté : " Guardi , mi consenta un attimo . Chi le ha detto che aspetto ... diciamo ... una donna ? " Ahimè , disse fra sé Bartoni , forse , chissà , ho fatto una gaffe . Ma guarda un po ' , proprio io che non ho nessun pregiudizio in proposito e che vado predicando saggiamente che se lui è diverso da me , io sono diverso da lui e quindi siamo pari . Ma adesso chi lo convince questo che io appunto non ho nessun pregiudizio ? Comunque provò a riconoscere con grande naturalezza : " Ah , sì , potrebbe essere un uomo . Perché no ? " " Esatto . Ma è un giallo ... " " Ah , un giapponese ... " "...è un giallo perché non so chi sia : è una scheggia impazzita . Potrebbe essere un uomo , ma potrebbe essere una donna ... il condizionale è d ' obbligo , no ? Niente . So solo e soltanto che mi deve portare un ' agenzia eclatante . A mio avviso ... " " Di garanzia ? " " Non faccia così tanto lo spiritoso e mi consenta . In buona sostanza ... " " E se fosse cattiva sostanza ? " "...in buona sostanza , a mio avviso lei sta facendo muro contro muro ... " " Veramente basta un muro solo , dato che i muri non si muovono . " "...quelli come lei fanno quadrato , mettono paletti nei miei confronti ... e portano avanti ... così ... un teorema ... " " Come quello di Pitagora ? " " Chi è , un ' attrice ? E che ci azzecca quella ? " " Mi scusi . Lasciamo stare e continui pure a dirmi quale sarebbe il mio teorema ' nei suoi confronti '." Non c ' era bisogno di chiederglielo . Chicco - dando di tanto in tanto nuovi impazienti sguardi all ' orologio - continuava ormai inesorabile come un fiume in piena , che straripa da tutte le parti : " Niente . Ormai sono nel suo mirino . Il suo teorema nei miei confronti è che io sono ... come dire ... di basso profilo , no ? " " Veramente io la sto guardando in faccia ... " "...e invece si dice proprio così : di basso profilo . Oggi si fa un gran parlare ... " " Ah , il parlare si fa ... " "...di persone di serie A e di serie B , no ? A suo avviso io sarei di serie B o perlomeno ... così ... come dire ... fuorigioco , no ? Niente , lei vuoi fare l ' arbitro , ma non può supportare il suo verdetto ... diciamo ... senza consultare il guardalinee . Non si salvi in calcio d ' angolo . Ma mettiamo la palla al centro e cerchiamo alcuni comuni denominatori ... " " Quanti ? " " Guardi , sediamoci attorno a un tavolo ... " " In due sarà difficile . " "...Dunque io mi trovo ora in una enclave [ pronunciato all ' italiana ] o in una impasse [ pronunciato all 'italiana]..." " Vuol dire in un ' impasse [ pronunciato correttamente ]." " Ma lasci stare l ' Enpas ! Niente ... è un giallo . Non so perché ce l ' hanno così tanto ... " "...basta dire tanto ... " "...così tanto nei miei confronti . È una cosa di estrema importanza , uno scoop con prezzo da capogiro ; ma finora nessuno mi ha voluto aiutare un attimino a capire : bocche cucite . Vogliono mettermi in ginocchio : non vorrei ... come dire ... essere raggiunto da un provvedimento nei miei confronti ... " " Se non vuole essere raggiunto , si metta a correre velocemente ... " Ma Bartoni non poté terminare la frase , perché la sua attenzione fu attratta da una donna con una lunga sottana , che lei sì , correva velocemente per non essere raggiunta , aprendosi il varco a gomitate . Dopo poco comparve una signora che la inseguiva gridando : fermatela ! Mi ha derubata , fermatela ! Infine arrivò un vigile trafelato , che teneva legata con una corda , a mo ' di guinzaglio , una bambina piagnucolante . Bartoni non credeva ai suoi occhi . Non riuscì a trattenersi e sbottò indignato : " Ma che fa ? Le pare questo il modo ? Sleghi subito quella bambina ! " " Non posso . Se la slego , scappa . E io devo riportarla alla madre . " " Lasci stare la bambina e si occupi piuttosto del furto commesso dalla madre . " " Quello non è compito mio , ma della polizia . Io devo riportare la bambina alla sua mamma , sennò si perde . " Intanto la bambina , molto meravigliata , si era avvicinata al tavolino di quello strano signore che la difendeva , mentre tutti gli astanti mostravano solidarietà col vigile . Bartoni si accorse allora divertito ( ma non troppo ) che la pargoletta aveva fatto scomparire dal piattino le cinquemila lire che lui aveva lasciate di mancia . Lo fece notare al vigile , il quale ribatté imperturbabile : " Signore , quel denaro era res nullius . " Bartoni non poté celare una esterrefatta ammirazione ed esclamò : " Ma guarda che vigile colto ! Comunque quel denaro non era affatto res nullius . Era del cameriere . " " Signore , mi permetta di farle notare che il cameriere per ora non l ' aveva visto e non sapeva nemmeno che esistesse . Dunque non poteva essere suo . Vieni , mocciosa , andiamo dalla mamma . " E , prima che Bartoni potesse riprendersi dallo stupore destato in lui da quella ferrea logica , il vigile e la bambina erano già lontani . Ma in quel mentre arrivò correndo a perdifiato un altro personaggio . Era un signore piccolo , grasso , dall ' aria insignificante , che sudava e gridava : eccomi , eccomi qui ! Si fermò raggiante davanti a Bartoni e a Chicco ed esclamò con tono rassicurante : " Eccomi qui finalmente , sono arrivato ! " Bartoni e Chicco si guardavano con aria interrogativa , ciascuno pensando che l ' altro sapesse . Poi all ' unisono chiesero : " Ma lei chi è ? " " Che domande . Sono quello che aspettate . " " Quello che aspettiamo ? E come si chiama ? " "Godot." " Godò ? " fece Chicco storcendo il naso . " Mai sentito nominare . " Bartoni invece l ' aveva sentito nominare , eccome . Certamente era stupito . Eppure più che dalla meraviglia era colpito da una piuttosto cocente delusione . Ma come ? Quello scialbo , insulso , banale omiciattolo era il famoso Godot , quello che lui e tanti altri avevano aspettato per tutta la vita ? Ebbe improvvisa la rivelazione di uno stupido errore commesso . E ora come farò , si domandava smarrito , ora che ho scoperto tutto , ora che mi mancherà il Godot delle mie lunghe fantasticherie ? Forse lui , dopo tutto , lo sa : bisogna chiederlo proprio a lui . Ma Godot già si allontanava veloce e agile tra la folla . Di scatto Bartoni si alzò e si mise a rincorrerlo , seguito per inerzia da Chicco : " Godot , Godot , si fermi , per favore , aspetti ! " Chicco dal canto suo correva gridando : " Godò , si fermi . Così ci rovina il palinsesto ! " Intanto era sbucata di nuovo , da una via laterale , la donna dalla lunga sottana e dietro di lei , sempre correndo e gridando fra l ' indifferenza generale , la derubata ; infine il vigile con la bambina al guinzaglio . Il tutore dell ' ordine si fermò un momento al solito tavolino per chiedere notizie e , visto che i due non c ' erano più , proseguì l ' inseguimento . Il cameriere , richiamato dal trambusto , era uscito sulla soglia , e per forza di abitudine , aveva dato uno sguardo al piattino : era vuoto . Infatti la bambina aveva fatto a tempo ad afferrare con incredibile destrezza le seconde cinquemila lire , che Bartoni , sorridendo amaramente , aveva tirato fuori dopo la prima sparizione . Il commento del cameriere fu : " Ma guarda un po ' questi intellettuali . Sempre tirchi . Non ti lasciano nemmeno una lira . " 9 . La vita non è sogno Bartoni girellava pensoso nella sua poco attraente e anonima periferia e andava rimuginando sugli strani avvenimenti di quella mattinata . Li aveva vissuti davvero , o era stato solo un sogno ? Ma che domande banali e trite ! Da che mondo è mondo miriadi di scrittori , poeti , filosofi hanno fatto a gara a osservare sospirosamente - ripetendosi quasi senza pudore - che la nostra vita si svolge come in sogno ! Anche un impiegato del catasto poteva tirare fuori decine di quelle citazioni , che sembrano così profonde e commoventi e poi ... lasciano il tempo che trovano . Gli piaceva piuttosto ricordare un detto di Giraudoux , che aveva letto da qualche parte : " Il plagio è la base di tutte le letterature , eccettuata la prima , peraltro ignota " . E poi la metafora del sogno è affascinante , certo , ma non sostenibile fino in fondo , come ognuno ben sa . Bisogna ragionare e distinguere . È vero che il vissuto della realtà giornaliera e quello del sogno hanno spesso caratteristiche fenomenologiche molto simili o addirittura identiche . Tuttavia l ' avere alcune caratteristiche comuni non significa , come è ovvio , che due cose siano in tutto eguali . Quello che chiamiamo " realtà " è un testo che viene scritto - o meglio , che si lascia leggere - con una sintassi ben diversa rispetto a quella del sogno ; e chiunque li sa distinguere . Lo stesso Calderón de la Barca nel suo celebre La vida es sue fio termina la seconda giornata con le parole : " toda la vida es suefio y los suefios suenos son " . Tutta la vita è sogno , sì , ma i sogni rimangono sogni ! Tanto è vero che , mentre siamo di solito molto curiosi di conoscere i fatti dei nostri simili e di sapere come " realmente sono andate le cose " , i sogni degli altri spesso ci annoiano . Non ci riguardano ; e la suddetta mancanza di una riconoscibile sintassi li rende anche ben diversi dai romanzi e dalle favole che a volte ci dilettiamo a leggere , ansiosi di sapere come va a finire . Chiaramente se n ' è accorto il Della Casa , quando scrive ( Galateo ) : " Male fanno ancora quelli , che tratto tratto si pongono a recitar i sogni loro con tanta affezione e facendone sì gran maraviglia , che è uno isfinimento di cuore sentirli " . Esperienza frequentissima di tutti noi ! In fondo , anche l ' assimilazione di una vita umana al sogno piuttosto che alla realtà dipende solo dalla disposizione di chi parla o scrive , dalla sua interiorità , dal voler privilegiare le circostanze esistenziali rispetto alla questione della sintassi . Perché Leopardi sussurra a Silvia : " come un sogno fu la tua vita " ? Che ne sa lui ? È lui che la sogna e la vede passare in questo mondo rapida , con il perpetuo canto , con la mano veloce che si affatica a percorrere la tela . Non ci addentreremo certo nelle varie " teorie " dei sogni come : scarica di impulsi repressi - sessuali e non - , desideri insoddisfatti , espressioni simboliche , pure ripetizioni dei vissuti della veglia , e chi più ne ha più ne metta . Quanto tali congetture siano fondate e illuminanti non è cosa che qui ci concerna e noi non siamo chiamati a pronunciarci sulla loro attendibilità . Diremo soltanto che , proprio perché i vissuti sono gli stessi e solo la sintassi è diversa , possiamo concludere che la distinzione fra il sogno e la vita che chiamiamo " reale " c ' è certamente , sia pure in via di definizione convenzionale . Indubbiamente una tale distinzione è essenziale per giustificare l ' intenzionalità delle nostre azioni , il loro progetto , la loro concatenazione , il loro successo . Nel sogno ci sono ben poche intenzionalità e concatenazioni logiche ( se pure in qualche misura ci sono ) . Ma perché mai quello che è così importante per il nostro agire dovrebbe proprio incidere anche sul nostro immaginare , sul nostro proiettarsi all ' esterno per esprimersi , magari in quel modo che chiamiamo artistico ? Sembra una costrizione artificiosa . Come non comprendere e non giustificare il desiderio di evadere da tale costrizione ? Quel desiderio c ' è , c ' è sempre stato e si è manifestato in tanti modi . " Je crois à la résolution future de ces deux états , en apparence si contradictoires , que sont le rêve et la réalité , en une sorte de réalité absolue , de surréalité , si l ' on peut ainsi dire " [ " Io credo alla risoluzione futura di questi due stati , in apparenza così contraddittori , che sono il sogno e la realtà , in una sorta di realtà assoluta , di surrealtà , se così si può dire " ] . Così scriveva Breton nel primo manifesto del surrealismo . Certo qualcuno osserverà pedantemente che il surrealismo è datato . E che vuol dire ? Tutto è datato in questo mondo , anche noi siamo datati . Quello che importa sapere è se quel desiderio di evasione che portò al surrealismo ebbe e ha tuttora le sue ragioni . Le ha . A proposito dello strano dialogo che si era svolto fra Bartoni e Chicco , è suggestivo ricordare che nel citato manifesto Breton così si esprime ( e ora sarebbe pedante riportarlo in francese ) : " È ancora al dialogo che le forme del linguaggio surrealista si adattano meglio . In esso due pensieri si affrontano ; mentre l ' uno si porge , l ' altro si occupa di esso , ma come se ne occupa ? Supporre che lo incorpori sarebbe ammettere che per un certo tempo gli sia possibile vivere tutto intero in quell ' altro pensiero , ciò che è sommamente improbabile [...] . La mia attenzione [...] tratta il pensiero avversario , come nemico : nella conversazione corrente , lo ' riprende ' quasi sempre sulle parole , sulle figure di cui si serve ; mi mette in grado di trarne partito nella replica snaturandole " . Tutto questo certamente non è datato e rimane invece attualissimo . Quante volte , vuoi nell ' animata tavola rotonda politica in televisione , vuoi nella conversazione fra amici , gl ' interlocutori dovrebbero rendersi conto che stanno sviluppando un happening surrealista ! Ma un simile sospetto nemmeno li sfiora . Stanno bucando a grandi colpi la realtà , credendo di avere i piedi ancora posati sulla terra . Ma torniamo al nostro assunto principale . Non poco dell ' eredità surrealista viene raccolta da Beckett e in genere dal teatro dell ' assurdo . Aspettando Godot , con il dialogo fra Estragon e Vladimir , come pure con l ' apparizione di Pozzo che tiene Lucky legato al guinzaglio , ci ricorda appunto tante situazioni già viste e non viste , tante parole ascoltate e non ascoltate , una realtà che è la nostra , ma non esattamente la nostra . Ci fa quasi sentire rimorso di vivere in un mondo che noi chiamiamo sensato , semplicemente perché gli assegnamo una nostra sintassi . Non stiamo forse costringendo il mondo e noi stessi in una sorta di prigione ? Perché non spiare attraverso la nostra stretta finestra lo sconfinato , variegato pullulare di tutti i mondi possibili ? Facciamo attenzione . Nessuno potrebbe rivendicare come un " progresso " il trasferimento generalizzato di tutta la nostra vita nell ' assurdo . Ci condanneremmo a non poter agire proficuamente , in una parola , all ' annientamento . Eppure è certo che , aprendo la mente all ' infinito ventaglio di possibilità da noi concepibili , anche se non realizzate , arriviamo ad approfondire la conoscenza di noi stessi . Sorprendiamo in noi facoltà insospettate , recessi mai abbastanza esplorati . Inoltre arricchiamo - e forse rendiamo più tollerabile - la nostra vita , accompagnandola e circondandola con quell ' immenso svolazzo variopinto di tutti i mondi assurdi . Il razionale è certamente il pane della nostra vita ; senza di esso moriremmo . Ma l ' assurdo è il companatico . Se non vi fosse l ' assurdo , la vita perderebbe sapore e non varrebbe la pena di essere vissuta . In un certo senso sarebbe come trovarsi al di dentro del meccanismo di un orologio . Non ci resterebbe che aspettare senza alcuna trepidazione o meraviglia l ' inesorabile scorrere dei minuti e il battere delle ore . I film che non di rado anche i registi apprezzabili ci propinano oggi sembrano avere un nucleo più o meno centrale ragionevole ( o quasi ) e poi tutto un contorno assolutamente assurdo . Nessuno se ne cura : prima di tutto perché ciò che veramente interessa lo spettatore medio è quello che abbiamo chiamato il nucleo centrale della vicenda ; in secondo luogo perché anche chi assume un atteggiamento più sensato sa bene che i nuclei centrali della vita nuotano sempre in un mare di assurdo . Da un punto di vista esistenziale , in tutto quello che intraprende un essere umano c ' è una parte di razionale e una buona dose di assurdo . La stessa continua scelta di quello che ci sembra proficuo e ragionevole è , in fondo , assurda , perché prima o poi , qualunque cosa facciamo o non facciamo , approderemo inesorabilmente allo scacco finale . La soddisfacente propagazione dei nostri geni è un fine giustamente perseguito dalla natura . Ma in che modo riguarda veramente noi e il nostro intimo ? Tutto questo ragionamento attorno all ' assurdo ha certamente del vero ; ma guardiamoci dal dargli una sopravvalutazione addirittura ontologica , che non può proprio sostenere . " Credo quia absurdum " è affermazione ... assurda , perché è intesa a inquadrare in quella stessa sintassi , della quale noi ci serviamo per parlare di ciò che chiamiamo " reale " , concetti che invece le sono assolutamente refrattari . È solo un solenne pasticcio . 10 . Il mezzo è ambiente E perché poi Chicco - e un ' infinita turba di sciocchi , ma anche di non sciocchi , con lui - parla in quel modo ? Qual è la spiegazione di quel pullulare di fastidiosi linguaggi , come il burocratese , il politichese , il televisese ( ma anche il culturese ) , che inesorabilmente ci perseguitano ? Perché si affermano tutte quelle squallide parole e frasi fatte , che non vogliono dir nulla , o addirittura significano il contrario di quello che vorrebbero ? Perché tutti quegl ' insulsi riempitivi del discorso ? Bisogna forse cominciare col distinguere i vari individui e le varie situazioni . Prendiamo , per esempio , il burocratese . Esso , anche se è diventato particolarmente insopportabile ai giorni nostri , ha origini e motivazioni che vengono da ben lontano . Infatti esso ha certamente molto in comune col linguaggio ieratico . Quello che viene dall ' alto ed è pronunciato in nome di un ' indiscussa autorità suprema non può essere rivestito delle usuali parole del volgo profano . Far parlare quell ' autorità come parlano i comuni mortali sarebbe quasi una mancanza di rispetto . Scherza coi fanti , ma lascia stare i santi . Naturalmente una volta si trattava quasi esclusivamente delle parole di Dio e dei suoi sacerdoti . Ma bisogna riconoscere che in questo campo - almeno nella religione cattolica - si sono fatti molti passi avanti . L ' abbandono del latino , che tuttora non pochi deplorano , si è reso necessario semplicemente perché esso non era più soltanto una lingua ieratica , ma era diventato una lingua assolutamente incomprensibile per la stragrande maggioranza dei fedeli ! E giustamente si è voluto che per essi la trasmissione di un messaggio di elevatissimo contenuto morale non si riducesse alla pura emissione di suoni senza senso . Certo non è detto che all ' orante sia sempre sgradita l ' emissione di suoni senza senso : a volte ha una funzione altamente consolante anche quella . In tutte le religioni esistono formule assolutamente prive di senso , che vengono ripetute con grande fiducia da tutti i fedeli in coro . E del resto non è affatto sicuro che il fedele , anche quando vuoi capire qualcosa di quello che gli viene dall ' alto , desideri intendere proprio tutto ... Anzi , a volte la sua concezione del " sacro " esige proprio il contrario . È nota la storiella del buon villico che , tornato dalla messa celebrata dal nuovo parroco del paese , fu interrogato sull ' impressione che gli aveva fatto la predica di quel personaggio . Non mi è piaciuta , disse candidamente : si è capito tutto ! Oggi le cose sono alquanto cambiate , non tanto perché le religioni stesse siano sentite in modo diverso da una volta - il che ci sembra innegabile - ma anche perché sono nati e si sono rafforzati gli stati laici . Ormai la suprema autorità che tutti devono riconoscere è quella dello stato , che inesorabile insegue ognuno di noi con documenti , identificazioni , certificazioni , notificazioni , assolutamente indispensabili per vivere . Anche quando non si tratta di un " Grande Fratello " , è sempre lui che ci dà il diritto di nascere , di morire , di esistere , di possedere , che ci provvede dei necessari trasporti , delle cure sanitarie , delle protezioni ( o persecuzioni ) poliziesche . Con lo stato non si scherza ; e per questo non si può parlare la lingua volgare di tutti i giorni . I suoi biglietti non si timbrano , bensì si obliterano , i suoi treni non effettuano servizio viaggiatori , ma lo disimpegnano ( forse andando a ritirarlo al Monte di Pietà ) ; e così via , con un ormai lunghissimo e tedioso elenco , noto a tutti . Ma , intendiamoci , lo stato si comporta anche da padre pietoso , preoccupato di risparmiare umiliazioni terminologiche ai suoi sudditi meno fortunati : ed ecco così i " non vedenti " , i " non udenti " , i " non deambulanti " . Aspettiamo da un momento all ' altro anche i " non pensanti " . Per quanto riguarda il politichese , in gran parte le cause sono simili a quelle elencate per il linguaggio ieratico e per il burocratese . Anche il politichese è un linguaggio ieratico , in cui la supposta magia della formula pretende eludere - e in parte , diciamo la verità , ci riesce - la mancanza di qualsiasi riferimento a concreti provvedimenti o ad azioni da intraprendere . Il messaggio unico , essenziale , che l ' uditore deve percepire , è : votate per me e sostenetemi al governo ; tutto il resto conta ben poco . Ma il linguaggio involuto , incomprensibile , del politico ha il vantaggio di lasciare la porta aperta a ogni possibile cambio di direzione nel prossimo futuro ; oppure - e soprattutto - all ' assoluta mancanza di direzione . Non tutti gli uomini pubblici sono così sprovveduti come si dice : invece molti politici conoscono bene l ' efficacia di parlare in un certo modo . Di sfuggita abbiamo accennato anche al culturese . Non vogliamo assolutamente inoltrarci nella sua stupida e abusata convenzionalità . Eppure ... come rinunciare a nominare almeno l ' insopportabile chiave di lettura ? Davvero si legge con le chiavi ? Tornando al nostro argomento generale , bisogna tener conto del fatto che tutti muoiono dalla voglia di esprimersi , di parlare o di scrivere ; ma si vergognano di usare una lingua semplice , non artefatta , per il timore di apparire banali e non à la page . Ed è spesso questo timore che li spinge a imbarcarsi in imprese più grandi di loro , per le quali non sono affatto preparati . Fatto sta che parlare o scrivere bene è difficilissimo . Rendere chiaramente un pensiero con parole essenziali e frasi brevi è un compito quanto mai arduo , che costa tempo , fatica e lungo esercizio . Splendida l ' uscita di Pascal ( Les provinciales ) , che si scusava di aver fatto una lettera troppo lunga , soltanto perché non aveva avuto il tempo di farla più corta ! Naturalmente è inutile ripetere per l ' ennesima volta che , almeno per quanto riguarda lo sviluppo della capacità di esprimersi in quel modo , la nostra scuola è un fallimento . Viene il sospetto - o più che il sospetto - che a volte proprio essa insegni a usare come indispensabili i paroloni e i periodoni . Chi non ricorda la sofferenza dello scolaro che , prima di consegnare il compito scritto di quella materia che viene chiamata italiano , si accorge di aver compilato soltanto due paginette ? ( Ma , a proposito , che c ' entra in questo l ' italiano ? In tedesco o in arabo non sarebbe lo stesso ? ) E chi teme di non riuscire a fare abbastanza periodoni , infarcisce il suo elaborato di riempitivi . Non sa che la vera arte di scrivere sta nel saper sintetizzare , anziché nell ' espandere . Ma veniamo ora al televisese , al linguaggio di Chicco e di tanti nostri concittadini . Su di esso vale la pena di soffermarci ( un attimino , naturalmente ) : nonostante che tanto sia stato già detto - a proposito e a sproposito - sull ' argomento , forse ci sono ancora cose di un certo interesse da aggiungere . Come è noto , il sociologo canadese McLuhan ha espresso a proposito dei mezzi di comunicazione di massa ( e diciamo pure " media " , ma non l ' orrendo midia ! ) l ' opinione che " il mezzo è il messaggio " . Ebbene , se è davvero così , prepariamoci e smettiamo di lamentarci . Dobbiamo far di necessità virtù e abituarci . Oggi le grandi masse , ma soprattutto i giovani , sono facilmente indotti a credere che solo in quel modo si possa trasmettere un messaggio , o meglio che per chi vive da contemporaneo nel mondo contemporaneo non ci sia altro messaggio da trasmettere all ' infuori di quello . E il messaggio , proprio allo scopo di creare o preservare un ' identità di massa , vale a dire allo scopo di non sentirsi estranei , va trasmesso in quelle forme . Ma forse c ' è qualcosa di più e di diverso da dire . L ' uomo non vive mai isolato nel nulla , ma vive in un ambiente . Anzi il nulla gli fa orrore e l ' ambiente gli è necessario , non solo per provvedere ai suoi bisogni materiali , ma anche per fornire una base psicologica alla sua identità . Per essere e sentirsi qualcuno è necessario percepire se stesso come essere umano in un dato ambiente . Del resto con nessuno sforzo d ' immaginazione si riesce a intuire che cosa potremmo essere , se fossimo privi di ambiente . Domandiamoci ora : che cos ' è l ' ambiente ? Di solito si pensa che esso sia il mondo materiale e umano che ci sta attorno . Questo è giusto , ma non è tutto . Per vederci più chiaro ricorriamo a qualche esempio . Supponiamo che io sia malfermo di gambe e che pertanto ricorra a un bastone . Dove lo trovo un bastone ? Nell ' ambiente circostante , sia che raccolga un ramo di albero , sia che mi rechi da un venditore di bastoni . Dunque il bastone fa parte dell ' ambiente ; ma è molto diversa la funzione del bastone da quella delle mie gambe ? Forse è azzardato dirlo . Supponiamo ora che io sia meno fortunato e che , essendomi rotto una gamba , sia costretto a ricorrere a una clinica ortopedica , nella quale mi sostituiscono un pezzo d ' osso con un materiale artificiale . Quel materiale fa ancora parte dell ' ambiente ? Per quale magia ne sarebbe escluso , venendo a far parte di me stesso , come le mie gambe ? È abbastanza chiaro ora dove andiamo a parare , pensando a protesi sempre più importanti , alla sostituzione di valvole cardiache , a tutto un cuore o ad altri organi artificiali . E per chi vive dentro un tubo metallico che lo fa respirare artificialmente , il tubo non è ambiente anch ' esso ? Per questa strada si arriva facilmente a pensare che il nostro stesso corpo , con parti vuoi naturali , vuoi artificiali , faccia parte dell ' ambiente in cui viviamo . Anzi saremo più audaci e affermeremo tout court che il nostro primo ambiente siamo noi stessi . Quello che chiamiamo il nostro corpo è il nostro primo ambiente . Ma , a scanso di equivoci , affrettiamoci subito a dire che non intendiamo affatto risuscitare l ' antico dualismo , per cui noi siamo composti di anima e di corpo , affermando che la prima abita in qualche modo nel secondo . No , il nostro assunto è diverso : vogliamo dire che l ' essere umano è un tutto che ha due aspetti inseparabili , due punti di vista dai quali può essere considerato . Quello che chiamiamo ambiente è un aspetto della sua stessa personalità e della sua identità . Oggi si parla con grande interesse - e spesso con grande apprensione - della possibilità di modificare il nostro corpo e quindi di modificare noi stessi . In realtà non c ' è nulla di concettualmente nuovo se non il grado in cui ci valiamo e ancor più ci varremo di questa possibilità . E la continuazione sempre più incisiva di una vecchissima impresa . L ' uomo ha cominciato a modificare se stesso quando si è dato a trasformare il suo ambiente . Quando , una volta ideato il linguaggio simbolico e domato il fuoco , è arrivato ( nel neolitico ) a domesticare gli animali , a coltivare i campi , a costruire le case , le città , a darsi le relazioni e le istituzioni sociali , ha certo modificato in modo possente l ' ambiente , ma allo stesso tempo ha generato un nuovo tipo di uomo , assolutamente sconosciuto ai suoi predecessori . Si è dato una nuova identità . Naturalmente trasformazioni di quel tipo , in misura maggiore o minore , si sono verificate nel corso di tutta la storia seguente . Ma forse non esageriamo affermando che mai sono avvenute nella misura che oggi abbiamo dinanzi agli occhi . Rinunciando alle abbastanza insulse previsioni sul terzo millennio - che oggi vanno tanto di moda e che probabilmente sono tutte sbagliate - guardiamoci attorno al tempo presente . Basta pensare che le facoltà naturali del nostro corpo sono aumentate a dismisura . Prima di tutto le difese contro i microaggressori che vengono dall ' esterno sono oggi diventate formidabili ( anche se i soliti sciocchi vogliono tutto e subito e continuano a lamentarsi della inadeguatezza della scienza attuale ) . In secondo luogo la mobilità che ci era stata garantita dalle gambe oggi fa ridere . A proposito , quale guidatore non sente l ' automobile come parte del suo corpo ? E lo specchietto retrovisore non fa , sia pure all ' indietro , esattamente quello che fanno i nostri occhi ? Ma davvero tutto quello è solo ambiente ? Tuttavia è innegabile che le cose più strabilianti sono venute e stanno venendo dalla parte dei mezzi di massa e dall ' informatica . Fanno scorrere fiumi di parole e d ' inchiostro coloro che parlano di quei mezzi e soprattutto della televisione . Non si tratta solo del problema dei bambini ( i quali , senza dubbio , vanno cautamente protetti da diseducative e spesso ignobili suggestioni ) , ma anche degli adulti , che in media passano ore e ore alla televisione . Non intendiamo qui fare i moralisti a buon mercato e solo deplorare . Cerchiamo soltanto di prendere atto di quello che è avvenuto e delle sue inevitabili conseguenze . Una volta s ' imparava a parlare dalla famiglia , dalla scuola e dalle relazioni sociali . In altre parole , s ' imparava dall ' ambiente nel quale si cresceva . Oggi s ' impara dalla televisione , perché la televisione è ambiente . Ma lasciamo stare le lamentele più o meno filologiche e destinate a estinguersi di chi è stato ( se non altro , per ragioni di età ) educato in modo ben diverso . Non fingiamo d ' ignorare che l ' ambiente è parte dell ' identità dell ' essere umano ! È per questo che voler costringere l ' uomo comune a parlare una lingua diversa dal televisese è come costringerlo a privarsi di una parte della sua identità . È quasi una crudeltà inutile . E come costringere un orso ad andare in bicicletta in un circo , un gatto ad abbaiare , una rondine a non fare il nido . L ' ascolto della televisione - anzi spesso il mero rumore della televisione accesa - è come il nido che dà a tanti un senso di sicurezza , la riprova di essere se stessi e di essere a casa . Mille esempi potrebbero suffragare l ' opinione che l ' ambiente è parte essenziale e irrinunciabile della nostra identità . Se ne accorge amaramente Mattia Pascal di Pirandello , che , illusosi di essere ufficialmente scomparso per sempre e di essere diventato veramente Adriano Meis , scopre che nel nuovo ambiente non gli è concesso in nessun modo di vivere . Pentito , tenta di tornare indietro , ma non gli è permesso nemmeno di riacquistare l ' identità di Mattia Pascal , semplicemente perché l ' ambiente che aveva lasciato non è più quello ; fra l ' altro la moglie si è risposata . Qual è allora la vera identità di quel povero essere umano ? Ma torniamo al televisese . Prima di tutto è difficile ignorare quel pullulare di parole inglesi - e non inglesi - smozzicate e mal pronunciate , che caratterizza l ' espressione verbale dei cosiddetti giovani d ' oggi ( i quali spesso non sono nemmeno giovani ) . Forse è un po ' da miopi ribellarsi a questo fenomeno ; non stiamo noi oggi assistendo allo stabilirsi di una specie di koiné mondiale ? Ora , a parte qualsiasi considerazione estetica - che allo stato attuale sarebbe soltanto disastrosa , in quanto si sa che i gusti possono cambiare - non ha essa il sicuro merito di essere appunto una lingua comune ? È troppo presto per pronunciarsi ; tuttavia non dimentichiamo che spesso la lingua elegante di oggi è scaturita dalla lingua errata e volgare ( ma vivacemente espressiva ) di ieri . Tuttavia c ' è anche un altro fenomeno importante da segnalare . Il televisese comincia ad abbondare , non solo nella lingua dei cosiddetti sciocchi e ignoranti , ma si sta insinuando inesorabile anche nell ' espressione di parlatori e scrittori colti . Sta persino forzando la penna dei migliori e più forbiti giornalisti . È una penetrazione subdola , perché basata su locuzioni che , pur non essendo necessariamente errate , andrebbero usate solo quando aderiscono perfettamente al pensiero che si vuole esprimere . Oggi invece non è così : esse stanno acquistando una fastidiosa frequenza in contesti nei quali non tornano affatto a pennello , ingenerando non solo tolleranza , ma addirittura abitudine . Ne abbiamo già dato qualche esempio con : " esatto " , " nei confronti di " , " essere raggiunto da un provvedimento " , " consentire " , " fare un gran parlare " , " mettere in ginocchio " , " basso profilo " , " buon giorno e buona giornata " , " così tanto " , " in buona sostanza " ; e mille altri ne potremmo aggiungere , come è ben noto a tutti . In quei casi non si tratta affatto di sacrificare l ' eleganza allo scopo supremo di riuscire un giorno a conquistare una koiné mondiale . Si tratta invece di creare agli ascoltatori italiani un ambiente confusionario e di cattivo gusto , dal quale usciranno inesorabilmente plasmati . A proposito di koiné falsa e buffonesca , è difficile tacere di alcuni autentici mostri che hanno preso dimora stabile fra noi , come se realmente esistessero al di fuori dei nostri confini , con quei significati che noi - e soltanto noi ! - gli attribuiamo : esempio tipico è il " pullman " . ( George Pullman era semplicemente quel signore che alla fine dell ' Ottocento inventò le carrozze ferroviarie lussuose e con letti , carrozze che da lui presero il nome . ) 11 . Aspettando Quanto al Godot di Beckett , egli rappresentò la scoperta - tanto rilevante quanto ... ovvia - di un personaggio essenziale nella vita umana . Tutti , senza eccezione , attendiamo Godot , senza averlo mai visto e senza avere la minima idea di chi veramente egli sia . È una presenza nascosta che ci aiuta a vivere , o meglio ci costringe a vivere . Vivere è un ' attesa , è una continua proiezione in un futuro , che , proprio perché mai raggiunto e visto in faccia , ci permette di perpetuare le illusioni : quelle illusioni che sono i I nostro nutrimento , il nostro carburante . In realtà non di rado crediamo di sapere bene chi o che cosa stiamo aspettando . In tal caso di solito l ' attesa non è gradita e la reputiamo uno dei mali di quel mondo in cui l ' umanità è costretta a vivere suo malgrado . Attendiamo quando facciamo la coda in un ufficio , quando dobbiamo essere ricevuti da un dentista , quando il nostro treno ha ritardo , quando la giuria è in camera di consiglio , quando deve iniziare uno spettacolo ; e in mille altre occasioni . La sofferenza dell ' attesa si è acutizzata in modo esasperante nell ' epoca moderna , ma , come è ovvio , non è nata oggi . È una costante della condizione umana . Attende Penelope , attende Butterfly ... L ' attesa è così universalmente reputata spiacevole , che si è istituita nella società una regola di precedenza , che stabilisce chi deve aspettare l ' altro . Specie nel caso che l ' atteso sia un personaggio importante , guai a trasgredirla . Anzi , in tal caso si pretende perfino , per sicurezza , che la sofferenza di chi aspetta sia lunga . Si narra ( ma probabilmente è una leggenda ) che una volta Luigi XIV , arrivando soltanto un momento dopo i gentiluomini che aveva convocato in udienza , esclamò corrucciato : " J ' ai failli attendre ! " , c ' è mancato poco che dovessi aspettare . Ma non aspettano solo gl ' individui . Aspettano anche i gruppi , i partiti , i popoli , gli stati . Molto spesso ne va della stessa identità della loro aggregazione , che andrebbe perduta se mancasse l ' attesa . Basta pensare a tutte le minoranze che - a ragione o a torto - si sentono oppresse e conculcate e attendono l ' emancipazione : è il caso dei diversi per etnia , per colore , per lingua , per inclinazioni sessuali , degl ' irredentisti , degl ' indipendentisti di ogni tipo , o per converso degli espansionisti . Attendono i curdi , i baschi , i ceceni , i palestinesi , gl ' israeliani , i corsi , i catalani , i sudtirolesi ; e purtroppo l ' elenco non finirebbe mai . Eppure per tutti costoro la sofferenza dell ' attesa è insieme una colla che unisce e una ragione di vita . Molti di loro , cessata in qualche modo l ' attesa , si domanderebbero qual è il senso del loro esistere come gruppo . E che dire di coloro che per secoli hanno aspettato il Messia o il suo ritorno , l ' Apocalisse , il Giudizio universale ? L ' essere umano è costretto per sua natura a guardare al futuro e a credere che l ' essenziale sia ancora da completare . Alcuni attendono una radiosa meta sociale , come il sole dell ' avvenire . Altri ipotizzano che sia l ' uomo stesso a non aver ancora raggiunto lo stadio finale : " l ' uomo è qualcosa che deve essere superato " ( Nietzsche ) . Perché l ' uomo è tanto legato all ' idea di futuro e alla relativa attesa ? In fondo l ' uomo è un prodotto dell ' universo . Ma l ' Universo , nel quale siamo nati e nel quale ci troviamo a vivere volenti o nolenti , è imperturbabile : non distingue l ' ieri dal domani , e in nessun modo privilegia l ' oggi . Tutti gl ' istanti sono eguali e non ne esiste uno particolarissimo da chiamare ora . L ' Universo non attende affatto un suo completamento , che non avrebbe alcun senso . Noi abbiamo inventato l ' ora " e il " domani " , concetti assolutamente indefinibili in termini puramente fisici , cioè senza fare intervenire di volta in volta il nostro orizzonte temporale , il nostro esserci . Ma ora sarà opportuno distinguere il microscopico dal macroscopico . Il corpo umano - compreso il cervello - è un complesso macroscopico , composto da miliardi di miliardi di atomi e molecole . Qualcuno ritiene che l ' uomo non sia costituito soltanto da quelle cose ; ne prendiamo atto , tuttavia non intendiamo impegnarci qui in un dibattito metafisico o addirittura teologico . In ogni caso , quello che nessuno avrà il coraggio di negare è che l ' uomo sia anche un complesso d ' innumerevoli particelle . Come già fu notato , i corpi della microfisica , quali gli atomi , le molecole o le particelle subatomiche , non invecchiano , non sentono il passare del tempo , non hanno un " ora " ; oppure possiamo dire che per loro è sempre ora , in quanto la loro aspettazione di vita è sempre la stessa . Se sopravvivono a una ( impredicibile ) disintegrazione , il loro futuro è identico al passato , nel senso che non c ' è barba d ' uomo che possa distinguere un loro stato futuro da uno stato del passato . I corpi macroscopici invece si comportano in modo diverso . Sono soggetti alla seconda legge della termodinamica : quando sono chiusi e isolati , la loro entropia - ovvero il disordine complessivo dei loro componenti - va aumentando . Un organismo vivente non è certo un sistema chiuso e isolato : è invece aperto , in quanto scambia continuamente materia , energia e informazione con l ' ambiente esterno . In tali condizioni non sono da escludere fenomeni di autorganizzazione , nei quali nasce spontaneamente un certo tipo di ordine ( Prigogine ) . Appunto in questo modo si pensa che sia nata e si sia sviluppata la vita sulla Terra . Ma - sia detto per inciso - non si creda che la seconda legge della termodinamica sia violata . Se diminuisce l ' entropia in un certo sistema , esso riversa entropia ( in misura maggiore ) nell ' ambiente circostante e di conseguenza l ' entropia complessiva va aumentando . A volte si parla di freccia del tempo , intendendo che essa indichi quel senso in cui aumenta l ' entropia complessiva . Ora noi viviamo in un ambiente , a rigore né chiuso né isolato . Ciononostante il fenomeno di gran lunga più cospicuo che notiamo e contro il quale combattiamo una battaglia ( perduta ) è un continuo aumento di entropia dell ' ambiente esterno . Nella Farsaglia di Lucano , Cesare , che visita il luogo dove sorgeva Troia , dà occasione al poeta di scrivere un magnifico emistichio : " etiam periere ruinae " . Ma non c ' illudiamo : anche il nostro corpo , pur essendo vivente e sfruttando la sua apertura agli apporti esterni per tentare in ogni modo di mantenere l ' ordine dentro di sé , non sfugge alla legge dell ' entropia . Le stesse reazioni chimiche , che mettiamo in opera per fare quell ' ordine , vanno per lo più nel senso entropico voluto dalla natura . In ogni caso se , mettendo una mano nell ' acqua bollente , vedessimo che il calore passasse dalla mano all ' acqua , penseremmo di aver perduto la ragione ; invece ( come è naturale ) ci scottiamo . Ci è psicologicamente impossibile liberarci da una continua soggezione alla freccia del tempo . Fra l ' altro in noi si accumulano - e si deteriorano - i ricordi del passato , non certo quelli dell ' avvenire . In queste condizioni non possiamo fare altro che andare sempre in avanti nel tempo e pensare continuamente all ' avvenire , progettando , progettandoci e attendendo , ovvero anticipando quello che vivremo . Ben inteso , ci aspettiamo anche la morte . Quanto al passato , il suo ricordo ci può essere dolce o triste , ma siamo sicuri che è inutile progettarlo , dato che su di esso non possiamo intervenire . È immutabile e scritto per sempre . Fin dai tempi di Plauto ( Aulularia ) è stato detto : " Factum illud infectum fieri non potest " . Ora , premesse queste doverose considerazioni fisiche sul nostro modo di vivere , cerchiamo di scavare più nel profondo dello specifico umano , così esistenzialmente basato sull ' attesa . Prima di tutto , se è vero , come testé ricordato , che gli umani e le loro associazioni attendono spesso qualche cosa di cui credono di avere un ' idea ben precisa , è anche vero che per lo più , raggiunto lo scopo , sono destinati a provare un ' amara delusione . Hanno quasi l ' impressione di una sconfitta , hanno perso una ragione di vita , sentono sul collo l ' alito della morte . Lo sa bene quel personaggio di Joyce ( Ulisse ) che afferma : " Fummo sempre fedeli alle cause perse . Il successo per noi è la morte dell ' intelletto e della fantasia " . Ma in secondo luogo sta il fatto che ancora più spesso ci sentiamo in perpetua attesa , senza avere nemmeno una minima idea di che cosa stiamo aspettando . Sono la noia , l ' angoscia , che ci attanagliano , almeno finché una sofferenza - magari fisica - non venga a liberarcene . " Amaro e noia / la vita , altro mai nulla , " dice Leopardi ( A se stesso ) , non certo per consolarsi . E se poi , credendo di aspettare qualcosa , noi aspettassimo solo noi stessi ? Veramente suggestiva è questa riflessione di Heidegger ( Essere e tempo ) : " l ' Esserci [ Dasein , in sostanza l ' uomo ] non perviene primariamente a se stesso nel suo poter - essere più proprio e incondizionato ; al contrario , prendendo cura [ Sorge ] , aspetta se stesso da ciò che l ' oggetto della sua cura gli può offrire o rifiutare " . E più in là riprende : " Soltanto perché l ' Esserci effettivo è aspettantesi il suo poter - essere da ciò di cui si prende cura , esso può essere in attesa e ripromettersi qualcosa . L ' aspettarsi deve aver già sempre aperto l ' orizzonte e l ' ambito di cui qualcosa può essere atteso . L ' attendere è un modo dell ' avvenire fondato nell ' aspettarsi , avvenire che si temporalizza autenticamente come anticipazione . Ecco perché l ' anticipazione costituisce un essere - per - la - morte più originario di quello consistente nell ' attesa della morte " . Questo è verissimo . Molto spesso noi aspettiamo ; ma quasi mai aspettiamo la morte . Abbiamo visto come già Mirabeau in punto di morte osservasse amaramente che lui moriva da vivo : se avesse aspettato la morte , avrebbe aspettato qualcosa che lui non avrebbe mai potuto vedere e gustare . Il nostro essere - per - la - morte , per dirla con Heidegger , è una modalità costante della nostra vita , non uno scopo o un fine che inseguiamo e che riusciremo a raggiungere . In fondo , a ogni istante noi moriamo e rinasciamo e la nostra attesa è appunto una continua attesa di rinascita di noi stessi . Per terminare , dopo tante considerazioni non esattamente gioiose sullo scorrere del tempo umano e sulla nostra perpetua attesa , troveremo forse qualche consolazione ricordando il gentile verso di Montale : " ma in attendere è gioia più compita " . 12 . Nei giardini di Academo Si annunciava la primavera in una splendida giornata mediterranea e le piante erano già quasi tutte piene di bocci e di fiori . Nel giardino , su un sedile di marmo un po ' appartato , un uomo vigoroso sulla quarantina , con una notevole barba fluente , già un po ' brizzolata , non sembrava prendere parte a quella festa della natura . Appoggiando un gomito sul ginocchio e la testa sulla mano , rimaneva immerso nei suoi pensieri . Molte domande lo assillavano , quasi lo tormentavano . La principale si poteva forse riassumere così : era davvero sicuro di essere stato sempre fedele al suo maestro , esponendone le idee genuine e il metodo , oppure si era approfittato della celebrità di lui per diffondere la sua dottrina personale ? E poi quel Socrate era proprio come lui lo aveva descritto , idealizzandolo , oppure aveva ragione Aristofane , che tanti anni prima , nella commedia Le nuvole , lo aveva dipinto in termini ben diversi , tutto intento a insegnare come si può con un po ' di dialettica far prevalere l ' opinione peggiore su quella migliore ? No , a chi lo aveva conosciuto bene non sembrava affatto che le cose stessero così come diceva Aristofane . Gli sembrava tendenzioso , ingiusto assimilare Socrate ai sofisti . Lui sapeva bene che il maestro era uno degli uomini più onesti , più buoni , più saggi che fossero mai esistiti . Ma a dire il vero , lo aveva incontrato troppo tardi per poter smentire con sicurezza Aristofane . Non poteva darsi che effettivamente Socrate in gioventù fosse stato molto diverso da come poi lo aveva conosciuto lui e che a un dato momento della vita fosse cambiato in modo radicale ? Non poteva ciò essere avvenuto proprio a causa del responso ricevuto dall ' oracolo di Delfi , come del resto era voce abbastanza comune ? Loracolo , riferito da Cherefonte , aveva sentenziato che Socrate era il più sapiente degli uomini ; e Socrate , conscio invece di non saper nulla , si era dato alla ricerca appassionata della verità , accompagnandola con l ' assunzione di modi di vita ascetici . L ' asserire che le cose terrene sono solo copie imperfette di modelli ideali e perfetti non aiutava molto . Se l ' idea di uomo buono e saggio è fissa e inattaccabile dagli eventi mondani , quale Socrate era una copia imperfetta di essa ? Naturalmente il Socrate successivo agli anni della giovinezza . E perché poi ? Forse che il ravvedersi e il cambiare avevano un significato assoluto ? Per quale ragione il poi doveva valere più che il prima ? Quello era solo un pregiudizio umano ingiustificato . Fra l ' altro , se era così , un punto fondamentale della dottrina dell ' unità e stabilità del Bene non tornava affatto . Qualcuno poteva essere buono in certi periodi della vita e pessimo in altri . Era opinione comune che gli dèi nell ' Ade premiassero i buoni e punissero i cattivi . Ma chi erano i buoni ? Nel mondo delle idee che importanza poteva avere se uno era buono prima o dopo ? Perché continuare a fingere che gli uomini fossero diversi da come realmente sono per natura ? E del resto quello stesso che ora seduto sul marmo così ragionava non si sentiva profondamente cambiato dopo aver fatto quel viaggio nella Grande Ellade , dopo aver avuto quei colloqui col pitagorico Archita di Taranto , dopo aver visto a Siracusa come agiva il tiranno Dionigi ? E non provava anche un sottile rimorso per quel po ' di piaggeria che , con la magra scusa di cambiarlo , aveva dimostrato verso lo stesso tiranno ? Si riprometteva di tornare un giorno in quelle terre , per riparare e imparare ulteriormente . Inoltre , per quanto riguarda il giudizio sulla sofistica , che cosa vuol dire che un ' opinione o una ragione è migliore o peggiore di un ' altra ? Davvero lui credeva di saperlo ? Forse lo stesso Socrate nella sua grande saggezza non aveva mai scritto nulla di suo pugno , proprio perché si era reso conto che una cosa è discutere a voce su un concetto e impresa ben diversa è fissarlo con la scrittura . Per lui la saggezza e la verità consistevano anche - o soprattutto - nel porre le giuste domande e nell ' analizzare le risposte sensate . Nella conversazione , nel dialogo c ' è sempre una buona dose di eristica , di voglia di vincere e sopraffare l ' avversario , indipendentemente dalla maggiore o minore bontà delle idee . Ma le parole volano e quel peccato si può perdonare , anzi può essere di stimolo per escogitare domande e argomenti sempre migliori ; gli scritti invece restano e prima o poi vengono confutati da colui al quale non puoi rispondere . L ' importante è dunque imparare a formulare correttamente le domande e a esaminare senza pregiudizio tutto il ventaglio delle risposte possibili . Eppure ... non poteva essere sempre così . Non molto tempo prima lui stesso ne aveva dato una prova inconfutabile , affermando che Socrate era riuscito a far dimostrare a uno schiavo di Menone che , dato un quadrato , il quadrato costruito sulla sua diagonale ha area doppia di esso . Si sentiva sicuro che nessuno in avvenire avrebbe potuto smentire quella prova e quel risultato . Del resto nella matematica si danno centinaia di proposizioni e di prove assolutamente inattaccabili come quella . Se invece si voleva dimostrare qualche proposizione rispetto alla virtù , al bene , al male ... era un altro discorso . Ma in quel mentre la sua attenzione fu attratta da una ben strana apparizione . Un bellissimo gallo , urlando e starnazzando con le penne arruffate , attraversava di corsa il prato di fronte , per poi scomparire fra la vegetazione , dalla quale subito sfrecciava via un gruppo di uccelli spaventati . Il filosofo aveva appena alzato le sopracciglia , un po ' stupito , quando vide comparire tutto affannato un uomo che lui conosceva benissimo e che , a quanto pareva , inseguiva il gallo . Lo chiamò a gran voce : " Critone , Critone ! Che fai , dove vai ? " Critone arrestò un momento la corsa , piuttosto sorpreso e confuso : " Platone , tu qui ? Lo vedi , corro perché devo riacchiappare quel gallo . " " E perché lo vuoi riacchiappare ? " " Perché lo devo portare ad Asclepio , come mi aveva chiesto Socrate prima di morire . Non ricordi il racconto di Fedone di Elide , quel racconto che tu stesso hai recentemente messo per iscritto ? " Platone ricordava benissimo e forse era dei pochi che a suo tempo avevano capito . Socrate voleva donare il gallo ad Asclepio , dio della salute , per ringraziarlo di aver liberato la sua anima da quella vera e propria malattia che era lo stare congiunta col corpo . Ma lo stupore non faceva che aumentare . " Critone , sei diventato folle ? Quell ' incarico Socrate te lo dette dodici anni fa e tu lo adempi ora ? " " Questo ritardo non ha nessuna importanza . " " Come asserisci che non ha importanza ? " " Dimmi , Platone : è vero che tutti gli dèi sono immortali ? " " Sì , per Zeus ! " " E Asclepio non è un dio ? " "Certamente." " Allora Asclepio è immortale . " " Senza dubbio . " " E per chi è immortale dodici anni o un ' ora non sono la stessa cosa ? " " Così sembra anche a me ... " Ma Critone aveva già ripreso la corsa dietro al gallo e stava provocando un nuovo svolazzìo di uccelli in fuga . Forse non era male , perché in realtà Platone dava l ' impressione di esser rimasto quasi senza parole . Era veramente colpito da come Critone aveva appreso bene quell ' arte dialettica di interrogare e di argomentare , insegnata da Socrate . Ormai sembrava che lo scolaro fosse diventato lui , Platone . L ' apparizione del gallo e il fugace scambio di battute con Critone avevano riportato la sua mente a quel tristissimo giorno in cui Socrate , attorniato da una piccola folla di ammiratori e di seguaci , aveva buttato giù in un sorso la cicuta . Si sentiva in colpa e si vergognava . Perché lui non c ' era a dare quell ' ultimo saluto al maestro ? L ' affermazione di Fedone " credo che Platone fosse malato " era davvero molto debole . Come avrebbero potuto crederci i posteri , tanto più sapendo bene che tali parole in bocca a Fedone le aveva poste proprio colui che aveva scritto il dialogo ? Per disertare un incontro come quello ci sarebbe voluta una malattia molto grave , tale da mettere in pericolo la sua vita , qualora fosse uscito di casa . Ma di che mai era malato in quel lontano giorno un robusto giovane che al presente era ancora ben vivo e vegeto e che tutto faceva presagire che sarebbe vissuto fino a tarda età ? Forse non se l ' era sentita di assistere a una scena straziante , in cui nessuno ( tranne Socrate ) era riuscito a trattenere le lacrime . Ma un vero uomo dovrebbe sapere che esistono anche le lacrime . In quel momento Platone vide avanzarsi dal fondo del giardino una turba di uomini che discutevano animatamente fra loro e gesticolavano . C ' erano i pitagorici Echecrate di Fliunte , Simmia e Cebete di Tebe , il cinico Antistene , Euclide di Megara , Aristippo di Cirene , Apollodoro ( l ' affezionatissimo del maestro ) , Ermogene , Critobulo , Ctesippo , Menesseno e tanti altri scolari e seguaci di Socrate , che Platone non conosceva o lì per lì non riusciva a distinguere . Quelli si fermarono facendo cerchio attorno a lui , con aria rispettosa , ma abbastanza decisa . Platone li guardò un po ' in silenzio , poi , sempre benevolo e disponibile , domandò : " Che volete , amici miei ? " Seguì un certo imbarazzo , quindi Cebete si decise a rompere il ghiaccio e , facendosi avanti , disse : " Platone , or non è molto tu hai scritto e diffuso un nuovo dialogo , in cui fai raccontare a Fedone le ultime ore di Socrate . " " È vero . " " Ebbene , molti di noi lo hanno letto con sommo interesse ; e ora ne stavamo discutendo . " Il volto del filosofo si illuminò . Anche Platone aveva la sua vanità e difficilmente nascondeva il desiderio che gli altri approvassero quello scritto , che a lui sembrava un capolavoro . Chiese allora con ansia : " Ebbene , che ve ne pare ? " " Per gli dèi , ci pare composto splendidamente . " " Ne sono lieto . Ma ho l ' impressione che non siete venuti a dirmi soltanto questo . " L ' imbarazzo parve un po ' aumentare . Poi Cebete si decise a dire : " Non ti nascondo che alcune cose ci hanno lasciato parecchi dubbi . " " Per Zeus ! Ditemele . Che aspettate ? " " Ecco , alcuni di noi non sono rimasti convinti da quello che affermi riguardo all ' anima e alle sue trasmigrazioni da un corpo a un altro . " " Non mi meraviglia . Ma spiegati meglio . " " Prima di tutto sembra nel tuo dialogo che Socrate desse per scontata quell ' opinione che vuole che il corpo sia nettamente separato dall ' anima , benché forse tale opinione sia tutt ' altro che generalmente accettata nell ' Ellade e che non sia dimostrata con argomenti abbastanza solidi . Fatto questo , tu ti affidi troppo facilmente al ' si dice ' [ léghetai ] , alle credenze oracolari , ai miti orfici , dionisiaci , popolari . Dimentichi che quelle , anche quando fossero opinioni vere - e noi non contestiamo che possano esserlo - non sono accompagnate da ragioni [ lògoi ] tali da dissipare i dubbi . Perfino ai grandi poeti ti appelli , a quelli che nel Menone dici che sono come gli dèi . " " E non lo sono ? Non hanno i poeti grandi visioni e divinazioni ? " " A volte sì . Ma a volte narrano cose fantastiche e assolutamente incredibili . Immagino che tu ricordi bene i poemi del sommo Omero . " " Come no ? " " E credi davvero che esistano quei giganti con un occhio solo che chiamano Ciclopi ? Ma lasciamo stare Omero . Socrate afferma che il cigno canta prima di morire . Hai tu conosciuto un solo Elleno che abbia veramente sentito cantare un cigno in punto di morte ? " Platone appariva sempre più spazientito e intervenne per riportare Cebete in argomento : " Tu stai divagando e ti dimentichi di che cosa veramente stavamo discutendo . " " Forse hai ragione . Ma io parlavo dei poeti perché mi rammento che nel Menone tu citi Pindaro , per suffragare l ' opinione che quando uno ha trascorso nove anni nell ' Ade , la sua anima può tornare alla luce in un nuovo corpo . " " Così è . " " Ebbene , oggi Socrate i suoi nove anni nell ' Ade li ha già trascorsi e quindi può risorgere dovunque , da un momento all 'altro." "Certo." " Facciamo allora una qualunque ipotesi ammissibile . Supponiamo che fra tre anni egli rinasca a Stagira e che lo chiamino Aristotele . " " Strano nome ; e perché poi a Stagira ? Ma le ipotesi sono solo ipotesi , ammettiamolo pure . " " Ora , data l ' inclinazione alla filosofia dimostrata da Socrate nella vita precedente , è verosimile che il nuovo individuo che ha quell ' anima si dia anch ' egli alla ricerca della verità . " " È probabile . " " Supponiamo che fra una ventina di anni Aristotele , ormai cresciuto , entri nella tua scuola , qui all ' Accademia . Credi forse che egli continuerà a insegnare esattamente le stesse cose che insegnava Socrate e che userà lo stesso metodo ? " " Questo non mi sembra da credersi . " " O ritieni che si limiterà a imparare e a ripetere esattamente le tue dottrine ? " "Nemmeno." " Non è invece da supporre che , essendo una mente di grande levatura , cambierà qualcosa e aggiungerà molti pensieri suoi e originali ? " " Così sembra . " " Ma a quali reminiscenze si rifarà la nuova dottrina ? Forse a quelle di Socrate o a quelle di Platone ? Lo abbiamo testé escluso . Allora dovremmo concludere che Aristotele avrà appreso quei pensieri nuovi nell ' Ade e che qualcosa qui sulla Terra gli desterà reminiscenza di essi . " " È vero . " " Ma mi sai dare una ragione per cui quelle dottrine non l ' avessero già apprese nell ' Ade gli stessi Socrate e Platone ? Forse dobbiamo dire che quelle idee allora non c ' erano ancora nell ' Ade e che siano spuntate solo recentemente ? " " No , no . Tu sbagli , Cebete . Le idee ci sono sempre state tali e quali nell ' Ade . Tutto quello che possiamo ragionevolmente supporre è che nella loro vita Socrate e Platone non abbiano incontrato quelle particolari cose che hanno destato in Aristotele le sue specifiche reminiscenze . " " Sei molto astuto , Platone . Ma supponi ora che su alcuni ben determinati argomenti Aristotele si pronunci in modo contrario a Socrate e a Platone . Che dici in questo caso ? " Platone sudava e appariva piuttosto in difficoltà . Ma guarda un po ' - si diceva - a che punto può portare il metodo socratico delle domande e risposte quando è applicato a me stesso ! Tuttavia tentò di cavarsela in un modo che , a vero dire , non gli piaceva molto : " Be ' , se ciò avviene ( ma mi sembra poco verosimile ) vuoi dire che qualcuno di loro ha ricordato male e di conseguenza ha avuto una reminiscenza sbagliata . In ogni caso rammentati che , per quanto riguarda l ' immortalità dell ' anima e dell ' apprendere considerato come reminiscenza , io ho avanzato non una sola ragione , ma tutta una molteplicità di ragioni . " " Proprio qui ti volevo . Non ti sembra che il dare molte ragioni a sostegno di una stessa opinione dimostri che nessuna di esse è veramente cogente e tale da togliere ogni dubbio ? " " Confesso che può apparire così ... " Ma qui intervenne Simmia , che da tempo dava segni d ' impazienza : " No , Platone . Prima di passare ad altro , torniamo alla tua dottrina che imparare è avere reminiscenza di ciò che si è appreso nell ' Ade . Quante volte secondo te una stessa anima ha trasmigrato da un corpo a un altro ? Infinite volte o un numero finito di volte ? " " Non mi sembra che il numero possa essere infinito . " " Certo , hai ragione . Infatti se uno fosse passato infinite volte nell ' Ade , ormai avrebbe appreso tutto . Altri passaggi su e giù , altre trasmigrazioni , altre dimenticanze , seguite da reminiscenze , sarebbero assolutamente inutili ; e gli dèi sarebbero i primi a non volere una cosa tanto assurda . " " Così pare anche a me . " " Allora supponiamo che si tratti solo di un numero finito di volte . In tal caso ci deve essere stata necessariamente una prima volta . Ma quell ' individuo venuto al mondo per la prima volta come avrebbe potuto imparare qualcosa nella sua vita , dato che non aveva reminiscenza di nulla ? Se poi si ammette che già avanti che nascesse la prima volta gli fosse stato mostrato dagli dèi tutto il mondo delle idee , che necessità ci sarebbe di rinascere tante altre volte ? " " Simmia , io ti posso solo dire che sono molte le cose che non sappiamo riguardo alle anime e agli dèi . Non per questo dobbiamo smettere d ' indagare e di ragionare . " " Non ti sembra invece che dovremmo smettere d ' indagare quelle cose che vanno al di là della nostra vita e del mondo sensibile e sulle quali non avremo mai ulteriori informazioni sicure , ma solo supposizioni ? " " Eppure è indubbio che ci sono cose non attestate unicamente dai sensi - che , come si sa , possono essere fallaci - sulle quali , ragionando , si può raggiungere la verità . Lo può fare perfino uno schiavo , come io ho mostrato inconfutabilmente nel dialogo intitolato a Menone . " A questo punto si fece avanti con decisione un nuovo personaggio , che Platone fino allora non aveva notato nella folla . Era un uomo giovanissimo , dalla fronte ampia e dalla chioma scapigliata , che esclamò : " Platone , tu hai le doglie ! " Nell ' udire tali parole , Platone rimase attonito . Gli pareva che quel ragazzo fosse un po ' insolente , ma non riusciva a sottrarsi a un certo fascino che emanava da lui . Domandò un po ' indispettito : " Chi sei , giovanotto ? " " Sono Teeteto . " " Teeteto ? Ho udito bene ? " " Hai udito bene . " " Allora saresti quel Teeteto che adolescente , quasi bambino , discusse con Socrate su che cosa è la scienza ? " " Sono quello . " " Per Zeus ! Sono proprio felice di incontrarti finalmente . Socrate andava ripetendo che gli avevi fatto una grande impressione e pronosticava per te un brillante avvenire . Diceva che avresti potuto diventare un eccellente matematico . " " Sono un matematico . " " Sono stato or non è molto a Megara e ancora una volta Euclide mi ha parlato di te . Egli ha preso nota della tua discussione con Socrate . Bisogna proprio che un giorno - forse anche fra vent ' anni - si decida a raccontarmi tutto per filo e per segno , in modo che io possa scriverci un dialogo da lasciare ai posteri . Ma dimmi , perché hai affermato quella strana cosa che io ho le doglie ? " " Ah , Platone , non ricordi in qual modo procedeva il tuo maestro Socrate ? " " Come no ? " " Sua madre Fenarete era una levatrice . E lui fin da piccolo era stato abituato a sapere che lei aiutava i bambini a nascere . I bambini c ' erano già ben formati nel ventre della madre , ma era bene aiutarli a uscire . Così , diceva Socrate , si doveva fare anche per le idee : con la maieutica si deve solo aiutare le idee a uscire dalla mente dell ' interlocutore . Quello era il vero insegnamento . " " Ricordo bene . Ma perché ora tu hai usato quell ' espressione parlando di me ? " " Perché tu , a proposito dello schiavo di Menone , stavi per partorire un ' idea giustissima . Poco importa ora che Socrate abbia usato quella che chiamava maieutica . Nelle cose matematiche essa non è affatto indispensabile ; o per meglio dire uno può benissimo usarla su se stesso , ragionando e tirando fuori le conclusioni giuste . " " E allora che cos ' altro è importante , secondo te ? " " Quello che nella matematica è importante secondo me è che quando uno ha un ' opinione vera , può far sì mediante il ragionamento che non solo lui , ma anche un altro - fosse pure uno schiavo - sia costretto a riconoscere che è vera . Altro che maieutica , altro che reminiscenza ( non ti offendere , ti prego ) ! " " Allora tu non credi che lo schiavo avesse già dentro di sé quelle nozioni e che bisognasse solo tirarle fuori ? " " No , Platone . Io credo invece che la mente sana - sia essa di un uomo , di una donna , di un cittadino , di uno schiavo - sia fatta così da saper ragionare correttamente sulle cose della matematica . Per esempio , io ti potrei dimostrare in modo inoppugnabile che quella diagonale di cui parlava Socrate è incommensurabile ' col lato del quadrato : cioè che non esistono due numeri interi che stanno fra loro come la diagonale e il lato . Non è il caso di farlo qui ora ; ma , se lo facessi , sono sicuro che tutti gli astanti sarebbero costretti a dirsi d 'accordo." Platone non sembrava del tutto convinto e osservò : " Ma se lo schiavo , sia pure guidato dalle domande di Socrate , è riuscito a dimostrare una proposizione tutt ' altro che facile , non è evidente che egli aveva già visto altrove quelle cose e che in un certo modo le ricordava ? " " No , Platone . Lo vedi questo vaso che ho testé acquistato dal mercante ? " " Sì , Teeteto ; è molto bello . " " Ebbene , questo vaso è uscito or non è molto dalle mani del vasaio e quindi è da credere che non abbia mai contenuto l ' acqua o il vino . Ma non credi che se io ci verso dell ' acqua o del vino esso li conterrà ? " " Non ne dubito . " " Forse questo vuol dire che prima che lo portassi qui qualcuno , a mia insaputa , ha versato dell ' acqua nel vaso e che esso ora se ne ricorda ? " Platone si accarezzava nervosamente la barba , ma Teeteto proseguiva implacabile : " No , tutto ciò che si può dire è che l ' esperto vasaio lo ha fatto in modo che potesse contenere i liquidi . Nel fabbricarlo gli ha conferito questa capacità . Così gli dèi - o il Demiurgo , come forse diresti tu - hanno dotato la mente umana della capacità di ragionare correttamente delle cose matematiche . Naturalmente questo non significa che la tua opinione che la diagonale e il lato del quadrato esistano realmente nel mondo delle idee sia necessariamente giusta o errata . " " Ma perché parli solo della matematica ? Perché non possiamo ragionare correttamente e in modo riconosciuto inoppugnabile da tutti anche su altre cose : per esempio sulla virtù , sulla conoscenza , sulle cose sensibili , sull ' anima ? In fondo , Critone mi ha testé fatto un ragionamento che , anche se non matematico , mi sembra inoppugnabile . Mi ha detto : tutti gli dèi sono immortali , Asclepio è un dio , dunque Asclepio è immortale . " Teeteto rimase per un po ' pensoso , poi rispose : " Platone , ti confesso che io non so che dire . Forse qualcuno più sagace di me saprà mettere un po ' di ordine sul nostro modo di ragionare in generale . Forse un giorno sarà quell ' ipotetico Aristotele , di cui parlava Cebete , a classificare bene tutto ciò che riguarda l ' arte di ragionare correttamente [ loghiké téchne ] . Forse fra alcuni secoli qualcuno troverà anche un modo efficace e convincente di indagare le cose sensibili . Ma dubito molto che si riesca a convincere tutti su tutto . E in fondo nemmeno mi dispiace che sia così . " A questo punto intervenne uno straniero , che tutti guardavano con un certo rispetto misto a timore . Si rivolse subito a Platone con queste parole : " Platone , arrivo proprio ora dalla Focide e vi porto le ultime divinazioni della Pizia . Credo che ti dovrebbero interessare . " " Sì , per Zeus , parla ! " " Sai chi sono i Latini ? " " Mi pare che un giorno me ne parlasse Archita di Taranto . Sono forse quei rozzi e feroci contadini che abitano molto più a settentrione di Elea ? Perché dovrebbero interessarci ? " " Perché costoro stanno diventando sempre più forti e l ' oracolo dice che un giorno conquisteranno tutta l 'Ellade." Platone si coprì il volto con le mani ed esclamò gemendo : " Ahimè , sciagura , che disastro ! " " No , forse non sarà un disastro . Sappi che quei rozzi contadini sono abbastanza intelligenti . Una volta padroni dell ' Ellade , capiranno subito che la nostra sapienza e le nostre arti sono cento volte superiori alle loro . Allora faranno a gara a impararle e poi le diffonderanno in tutto il mondo . Per millenni quello che noi stiamo seminando continuerà a dare meravigliosi frutti . " Il volto di Platone andava rasserenandosi e il suo sguardo sembrava già riempirsi di futuro . Poi lo straniero continuò : " Quanto a te , Platone , tu avresti particolare ragione di rallegrarti . L ' oracolo ha predetto che fra ben ventitré secoli , in un ' isola immersa nelle nebbie iperboree , un grande sapiente chiamato Whitehead ... " " Come hai detto ? " " Sì , il nome è impronunciabile da una bocca ellena ... Bene , quel sapiente dirà che tutto quello che la filosofia sarà riuscita a produrre nel corso di quei ventitré secoli sarà soltanto un commento alla filosofia di Platone ! " Il sommo filosofo non riusciva a nascondere il suo grande compiacimento . In quel momento ricomparve Critone , che trionfante teneva il gallo saldamente per le zampe . Il gallo continuava ad agitarsi e a urlare . Ciò che l ' oracolo non aveva rivelato era che il gallo doveva ritenersi ben più fortunato dei due polli che un bel giorno un certo Renzo avrebbe portato tenuti per le zampe ; quelli avrebbero continuato a litigare e a becchettarsi ferocemente per tutto il cammino .