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Un eroe borghese ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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È un titolo bello , Un eroe borghese , e dice molto . Definisce con l ' appartenenza alla classe di cui praticava le virtù da altri spesso rinnegate Giorgio Ambrosoli , avvocato di Milano , nominato nel 1974 commissario liquidatore della fallita Banca Privata Italiana di Michele Sindona , quarantenne , sposato , padre di tre bambini , un moderato di brutto carattere , « rigido , intransigente , moralista , serio , bravo , libero e solo ... che avrebbe potuto vivere tranquillo con le sue serene abitudini e invece , per la passione dell ' onestà , si batté contro un " genio del male " sorretto da forze potenti palesi e occulte , e fu sconfitto » : venne ammazzato sotto casa in una notte d ' estate del 1979 , con diversi colpi di 357 Magnum sparati al petto , dal killer William J . Aricò venuto dall ' America , assoldato da Sindona per 25.000 dollari . Un professionista deciso a fare il proprio lavoro e il proprio dovere senza badare agli interessi che colpiva né alle fortissime pressioni di politici democristiani per salvare Sindona : e per questo , nell ' Italia sventurata di sedici anni fa e di oggi , un eroe . Il caso Ambrosoli , che resta esemplarmente a illustrare i viluppi della politica mafiosa , della politica nera , della politica dei soldi di questi anni , è la materia del libro di Corrado Stajano pubblicato nel 1991 da Einaudi , appunto Un eroe borghese , da cui il film diretto da Michele Placido è tratto con fedeltà . Racconta l ' incarico ricevuto dall ' avvocato e la sua vita famigliare ; le sue indagini per chiarire gli oscuri intrecci e le non gratuite protezioni politiche che avevano portato il banchiere siciliano Michele Sindona ad un ' ascesa vertiginosa seguita poi da una caduta rovinosa ; i troppi non disinteressati interventi per salvarlo ; le difficoltà , i trabocchetti e le minacce conclusisi con la morte di Ambrosoli ( più tardi , con la morte del suo killer , precipitato da quindici metri di altezza « mentre tentava d ' evadere dal carcere a New York » ; e con la morte del mandante dell ' omicidio , Sindona , avvelenato da un caffè in prigione . Fabrizio Bentivoglio è il protagonista , sobrio e bravo . Omero Antonutti , senza barba , è l ' antagonista , molto diverso da come appariva Sindona nella primavera del 1975 , latitante non ricercato né estradato da alcuno , nella suite lussuosa all ' Hotel Pierre di New York o nel piccolo ufficio di Park Avenue d ' una società dal nome insignificante , Cisco : mentre Antonutti è pacato , laconico e asciutto , Sindona era loquace , mellifluo , minaccioso , ilare , ricattatorio ; come Antonutti nel film , accusava l ' Italia d ' essere un Paese senza libertà , si diceva vittima d ' un complotto ordito dai comunisti e dall ' « infame trio Rondelli - Ugo La Malfa - Cuccia » . Michele Placido è il maresciallo maggiore della Guardia di Finanza Silvio Novembre , collaboratore e amico , l ' uomo più vicino ad Ambrosoli in quei suoi cinque anni terribili . Giuliano Montaldo è l ' allora governatore della Banca d ' Italia Guido Carli , che affidò all ' avvocato l ' estremo incarico . Ricky Tognazzi è Mario Sarcinelli , allora Capo della Vigilanza della Banca d ' Italia . Andreotti ed Evangelisti non si vedono ma vengono spesso nominati nel film come protettori di Sindona . Laura Betti è un efficace personaggio d ' invenzione , una collaboratrice fedele di Sindona che cita Stendhal : « L ' onestà è la virtù della gente dappoco » . Gli sceneggiatori Graziano Diana e Angelo Pasquini sono riusciti a non rendere melodrammatico un destino tragico : ma era forse fatale che il borghese onesto e solo risultasse non soltanto un eroe , quasi un santo o un santino . La straordinaria fotografia di Luca Bigazzi dà una nobile intensità al film non bello ma rilevante nella tradizione del cinema sociopolitico italiano : utile a chiarire la trama dei rapporti fra parti dello Stato , criminalità organizzata , alta finanza ; utile a capire i meccanismi d ' un passato di vergogna ; utile a cogliere quanto di quel passato sussista o possa riprodursi nel presente . Dall ' uccisione dell ' avvocato Giorgio Ambrosoli sono passati sedici anni . Molti dei protagonisti d ' allora sono morti anche di morte violenta , oppure scomparsi dalla scena : Sindona , Calvi , monsignor Marcinkus , il finanziere vaticano a capo dell ' Istituto per le Opere di Religione , Franco Evangelisti , l ' allora segretario amministrativo della Democrazia cristiana , Giulio Andreotti per ventuno volte ministro e per sette volte presidente del Consiglio ora incriminato per collusione con la mafia . Tra i personaggi nominati nel film , soltanto Licio Gelli e Enrico Cuccia , ciascuno a suo modo , persistono . Non s ' è fatta limpida l ' acqua torbida italiana : purtroppo di eroi borghesi c ' è ancora bisogno .
Piccole donne ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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L ' unica sorpresa è che Gabriel Byrne , interprete del professor Friedrich Baer innamorato di Jo March , nonostante sia tedesco parli nel doppiaggio italiano con un accento francese caricaturale identico a quello di Peter Sellers - Ispettore Clouseau in La pantera rosa . L ' unica curiosità è : valeva la pena che fosse per la prima volta una donna femminista , la regista australiana Gillian Armstrong , a dirigere l ' ennesima versione cinetelevisiva del classico romanzo educativo per ragazzine scritto da Louisa May Alcott nel 1868 , se doveva farne poi la solita cosa , non migliore né diversa da tante altre ? L ' unico dilemma è : se non per amore del libro e nel suo ricordo o per motivi meno sentimentali , come sarà che questo film banale e inerte è candidato a tre Oscar ? Nella famiglia tutta femminile , ricalcata su quella della scrittrice , stavolta Susan Sarandon è la mamma delle quattro ragazze March . Winona Ryder è Jo , la sorella più moderna e simpatica , appassionata , ribelle , intelligente , inquieta , con ambizioni appagate di scrittrice ; Trini Alvarado è Meg , la sorella maggiore più saggia , equilibrata e quieta , anche la più noiosa ; Claire Danes è Beth fragile , spesso debole e stanca , pianista e sereno « angelo della casa » pateticamente destinata a morte precoce ; Kirsten Dunst ( la piccola succhiasangue bionda di Intervista col vampiro ) e Samantha Mathis , bambina e ragazza , sono Amy , la più bella e amante del divertimento , capricciosa elegante e artista , seducente . Il padre è lontano , in guerra : e quando torna è quasi un fantasma , come se in casa non ci fosse . La vita della piccola famiglia di donne , dei loro vicini , innamorati e amici , è segnata dagli eventi prevedibili negli inverni freddissimi e nelle dorate stagioni di Concord , Massachusetts : i giochi in comune e i cori , felicità , tristezze e amori , lacrime e sorrisi , gesti generosi , incidenti sul ghiaccio da cui si esce vivi per miracolo , amori delusi , insegnamenti materni , primi balli e primi dolori , malattie e ferite , Natali ed estati , chi muore , chi si sposa , chi parte e chi torna , chi fa bambini e chi pubblica romanzi . Naturalmente , a oltre un secolo dalla pubblicazione del libro , Piccole donne conserva una parte di quel fascino che resiste da molte generazioni . Non è questione delle tirate di Jo che difende il diritto delle donne al voto e che vorrebbe essere un uomo , « andare in guerra , sfidare l ' ingiustizia » , né del lamento del suo amico Teddy Laurie contro le limitazioni del ruolo maschile che lo obbligano a lavorare in ufficio anziché dedicarsi alla musica . La storia rimane entusiasmante perché Piccole donne è uno dei pochi romanzi ottocenteschi edificanti , scritti a fini d ' ammaestramento morale , che agli adolescenti non predichi l ' obbedienza ma l ' indipendenza , non il timore ma il coraggio , non la prudenza ma la generosità , non la remissività ma lo spirito di iniziativa ; perché offre un insieme di personalità differenti e contrastanti , svariati modelli possibili , molte occasioni di predilezione o identificazione ; perché racconta una repubblica domestica di donne priva dell ' autorità e dei condizionamenti coniugal - paterni ; perché le cinque energiche donne ( sei con la vecchia domestica , sette con la bisbetica zia ricca ) non sono mai annoiate né lagnose , si dimostrano attive , ardite , altruiste , speranzose , capaci d ' affrontare la vita con forza e allegria . È un peccato che il film risulti così opaco , scipito : perché farlo ? S ' erano già realizzati film o telefilm dal romanzo nel 1917 , nel 1919 , nel 1933 , nel 1949 , nel 1955 , nel 1978 . Sarà anche vero che ogni generazione ha diritto al suo Piccole donne : questa generazione poteva avere più fortuna .
Giovanna d'Arco ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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Interpretazione memorabile : a ventotto anni Sandrine Bonnaire ha affrontato il personaggio ( recitato in passato al cinema da Geraldine Farrar , Renée Falconetti , Simone Genevois , Angela Salloker , Ingrid Bergman , Jean Seberg , Hedy Lamarr , Florence Carrez ) con vera grandezza semplice , con ammirevole capacità d ' esprimere pudicamente ma eloquentemente il mistero religioso e la possessione fideista , con una naturalezza fisica perfetta . L ' impresa era complessa . Tra le eroine storiche , la mistica guerriera , mito del nazionalismo francese discusso , glorioso e usato , per la sensibilità contemporanea risulta quasi incomprensibile : santa ma portatrice di morte , armata della spada e della croce , credente nel Re come in Dio , ragazza e condottiera , Giovanna d ' Arco ha in sé tutte le contraddizioni della Chiesa cattolica e delle epoche di marasma etico - politico favorevoli all ' epifania di figure miracolistiche venute dal nulla . Il bellissimo film di Rivette non tenta alcuna interpretazione psicologica . Guarda Giovanna agire , la descrive trasparente e strana , senza pia compunzione né arroganza adolescente ma con l ' ostinato rifiuto d ' ogni ragionevolezza dei grandi idealisti , pronti a morire per l ' idea a cui conservano fede e fedeltà , destinati a venir sconfitti dal cinismo pragmatico altrui e dal proprio stesso assolutismo . E la vicenda di Giovanna viene vista , con aspra analisi politica , simile a quella di tanti eroi guerrieri : esaltati dal potere al momento della lotta armata , esautorati al subentrare del tempo delle trattative e dei compromessi politici , ripudiati come memoria ingombrante di conflitti ormai spenti . Guidata dal talento del regista e dalla propria bravura , Sandrine Bonnaire recita una Giovanna D ' Arco ruvida come la ragazza di campagna che era , prepotente come un bambino , presuntuosa e fragile come capita alla sua età ( diciassette anni , diciannove quando morì sul rogo ) . La prima volta che una freccia la ferisce piange e si spaventa ; le invocazioni che rivolge ai suoi santi ( Caterina , Margherita , Michele Arcangelo protettore dei combattenti ) hanno i toni d ' una esigente urgenza puerile ; la costrizione a smettere la divisa di guerriera e a vestire abiti femminili la mortifica come una ferita all ' orgoglio militare o una perdita d ' identità . Alla fine , incatenata al rogo , rivestita del saio candido , incappellata d ' un beffardo elmo di cartone bianco con le parole « apostata , eretica » , quando il fumo del legno ardente le arriva alla gola Giovanna D ' Arco fa la cosa più ovvia : tossisce . Quando le fiamme arrivano a bruciarle le carni fa la cosa più alta : un fortissimo grido : « Gesù ! » Ma gli spettatori italiani sono sempre sfortunati . Il kolossal d ' autore di Rivette , scandito in due parti ( « Le battaglie » , « Le prigioni » ) , lungo oltre cinque ore e mezza , da noi è stato diviso in due film usciti ( quando sono usciti ) a distanza di mesi , è stato tagliato col permesso del regista di un ' ora e venti ( quasi l ' equivalente di un film ) . È lo stesso sistema adottato per Smoking / No smoking di Alain Resnais , negativo oltre che anticulturale : altera il ritmo e lo stile , impoverisce o smentisce la vicenda . Meglio così che nulla ? Forse : però non è una bella alternativa .
Nuovo Cinema Supermarket ( Tornabuoni Lietta , 1994 )
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Cinquantaduesima Mostra di Venezia , nell ' anno in cui il cinema compie un secolo : anniversario celebrato con una quantità di Leoni d ' oro alla carriera esagerata come uno spettacolo di fuochi d ' artificio , con scarsi film storici tra cui quel Voyage au Congo che nel 1927 segnò l ' impegno sociale di André Gide , la sua evasione da Parigi , la sua amicizia ardente con Marc Allegret . Polemiche , al solito : da sempre sono il divertimento , la vitalità , il dibattito culturale e la cocaina del festival . Piccole opere prime , kolossal americani d ' azione , pochi Maestri , numerosi debuttanti . Il programma della Mostra somiglia a quello d ' ogni altra manifestazione cinematografica internazionale ; i modi , le strutture e i mezzi con cui il festival viene realizzato dal direttore Gillo Pontecorvo e dai suoi collaboratori sono i più indigenti e artigianali al mondo , i più ispirati all ' arte italiana di arrangiarsi . Ma se tradizionalmente la Mostra di Venezia inaugura in Italia la nuova stagione del cinema , trova quest ' anno un paesaggio diverso . Gli spettatori seguitano a crescere di numero , i film vanno diventando sempre più un prodotto abituale , un arredo domestico . Seguendo l ' esempio del quotidiano « l ' Unità » , che settimanalmente ha unito al giornale cassette di film italiani , da questo autunno offrono videocassette ai propri lettori pure « L ' Espresso » , « Panorama » , « la Repubblica » : contemporaneamente i prezzi delle cassette non legate ai giornali diminuiscono e i consumi si allargano , la conoscenza del cinema del passato remoto o recente si moltiplica come in uno sterminato cineclub di massa , la familiarità con una narrazione per immagini non televisiva si estende . È un possibile rischio per i cinematografi , un ' ulteriore ferita al cinema visto su quel grande schermo che è la sua destinazione naturale e migliore , un vantaggio ? Assai dolcemente , piano piano , con molte buone volontà , si scivola all ' indietro ? « S ' è alzato un vento negativo contro la Mostra » , dice il direttore Pontecorvo . Aggiunge : « Il cinema mondiale è malato , giunto al secondo secolo soffre di declino creativo , per curarlo e aiutarlo a sopravvivere i festival debbono cambiare , venir svecchiati e rivoluzionati radicalmente » . Intanto la Mostra taglia all ' ultimo minuto di due milioni a testa i compensi dei suoi collaboratori , e si trova mutilata della Settimana della Critica organizzata dal sindacato dei critici cinematografici : durata per undici anni con intenti alternativi , segnata nell ' ultimo biennio da una ferma opposizione alla Mostra , la rassegna risulta d ' improvviso svanita , evaporata , polverizzata , s ' è dissolta senza una parola di spiegazione e forse senza troppi rimpianti . Intanto , le istituzioni veneziane o nazionali paiono rispetto al festival remotissime , disattente , noncuranti : in fondo il cinema politicamente non interessa , in Italia mette insieme cento milioni di spettatori in un anno , quanti tutte le tv possono raccoglierne in una settimana o anche meno ; in fondo la Mostra è una faccenda da neppure dieci miliardi , troppo poco per suscitare forti appetiti o procurare vero potere ; in fondo il governo attuale è tecnico , precario ... Nella crescente localizzazione , si riaffonda in ripicche anguste , dispetti burocratici , baruffe , suscettibilità , inerzie , ostilità provinciali che le idee riformatrici e il cosmopolitismo elegante del direttore Pontecorvo faticano a sormontare . Ma resta intatta la postmodernità che fa dei festival un grande supermarket dove c ' è di tutto e di più , diventa sempre più accesa la frenesia promozionale intorno ai film americani : Denzel Washington avrà appena fatto in tempo a partecipare alla serata inaugurale della Mostra che deve ripartire per il festival Usa di Deauville , dove lui e Crimson Tide - Allarme rosso sono protagonisti il primo settembre ; Kevin Costner e Dennis Hopper di Waterworld quasi non avranno modo di disfare le valige , se il 31 agosto sono a Venezia , il 3 settembre li aspettano a Deauville ; va più o meno nello stesso modo per Jennifer Jason Leigh e Kathy Bates di Dolores Claiborne - L ' ultima eclissi , per Tom Hanks di Apollo 13 , per Sean Penn regista e per Jack Nicholson protagonista di The Crossing Guard : il primo settembre a Venezia , il nove a Deauville . Insomma , un tour quasi simultaneo di pubblicità gratuita per kolossal o non kolossal che usciranno subito sui mercati italiano , francese , dell ' Europa meridionale : siamo qui per questo ?
Quattro matrimoni e un funerale ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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Commedia romantica brillante , aggraziata , scritta bene da Richard Curtis e ben realizzata da Mike Newell di Ballando con uno sconosciuto , segue la storia di un amore e di un gruppo di amici attraverso quattro cerimonie nuziali e una cerimonia funebre : riti sociali , occasioni d ' incontro , appuntamenti del sentimento . Al primo matrimonio , protestante , lui e lei , inglese e americana , si conoscono , si piacciono , vanno a letto insieme , si separano . Al secondo matrimonio , cattolico , si rivedono ( lei è col fidanzato ) , ancora si piacciono , vanno a letto insieme , si separano . 11 terzo matrimonio , in stile scozzese , è quello di lei : si rincontrano , durante la festa di nozze un amico carissimo ha un attacco di cuore e al suo funerale lui e lei si ritrovano , si separano . Il quarto matrimonio è quello di lui : lei vi partecipa sola , ha già lasciato il marito ; lui all ' ultimo minuto rinuncia a sposarsi ; baci e impegni sono il segno di un amore finalmente riconosciuto , accettato . Confusione amorosa , equivoci del cuore , frustrazioni , dubbi su se stessi , pudori orgogliosi , resistenza e poi resa alle responsabilità della vita adulta . Alle nozze , champagne , scemenze , abiti da sposa ( « Sembra un ' enorme meringa » ) , sacerdoti impacciati , allegria , ritardi quasi catastrofici , anelli nuziali dimenticati , gaffes , pasticci , cristalli , porcellane , fiori , risate , giovinezza . Nel gruppo di amici , la complicità divertita , la lunga conoscenza , gli scherzi reciproci , l ' affetto : la commozione , al funerale , per l ' amico che se n ' è andato e per il toccante addio del suo compagno . Hugh Grant è un protagonista romantico di prim ' ordine . Quanto a successo internazionale , Quattro matrimoni e un funerale è quasi un film - fenomeno : negli Stati Uniti ha incassato oltre 40 milioni di dollari , in Australia è tra í primi venti incassi d ' ogni tempo , in Francia l ' hanno visto due milioni di persone . Per una commedia molto inglese di costo medio - basso il risultato è così insolitamente positivo da aver suscitato interrogativi , analisi . Com ' è che piace tanto ? Le ipotesi sono varie . Perché , paradossalmente , « la gente non crede più nel matrimonio ma non si arrende a non crederci » , dice il sociologo francese François de Singly . Perché , al di là della storia d ' amore , il film ( come Gli amici di Peter o Il grande freddo ) elegge protagonista il gruppo di amici , famiglia di elezione , banda solidale che comprende un sordo , una grunge , due omosessuali , una chic inzitellita per amore non corrisposto , un aristocratico buffo malato di solitudine . Perché , infine , ignora del tutto ciò che ci angoscia nei Novanta , guerre , crisi economiche , conflitti etnici , Aids , politica brutta , violenza , disoccupazione ( i personaggi paiono anzi non avere alcun mestiere né professione , non lavorare affatto ) : e in nome dell ' amore mette insieme il glamour del lusso , il fascino tossico delle tradizioni , il piacere un poco vile dell ' oblio .
Cara, insopportabile Tess ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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Commedia qualsiasi , ricalcata su A spasso con Daisy . Rispetto al modello sono leggermente diversi i personaggi : la vecchia signora ricca non è una vegliarda ebrea ma la vedova d ' un presidente americano che sta morendo per un tumore al cervello , l ' uomo ai suoi ordini non è un autista nero anziano ma un giovane agente dei Servizi segreti a capo d ' un gruppo di guardie del corpo . Sono diversi i problemi . Qui non si discute di pregiudizi verso í neri e gli ebrei né della faticosa integrazione razziale negli Stati Uniti , si discute appena d ' una questione minore : se sia ragionevole oppure no che i soldi dei contribuenti vengano spesi per fornire piena protezione a tutti gli ex presidenti americani , alle loro mogli e alle loro vedove ( adesso , per esempio , alla signora Johnson , ai Ford , ai Carter , ai Reagan , ai Bush ) . Per il resto , conflitto di caratteri . L ' ex presidentessa Tess è prepotente , abituata a comandare e a farsi servire , brusca , insofferente delle guardie del corpo e portata ( come era Sandro Pertini ) a sfuggire alla loro sorveglianza un po ' per metterle alla prova e un po ' per sfotterle , tanto aggressiva ed esigente da far scambiare per capriccio il proprio desiderio di rivedere prima di morire luoghi cari e cose belle della vita . Lui è un bravo agente esasperato da quel servizio di protezione professionalmente mortificante e ansioso di lasciarlo , stufo di venir trattato come un cameriere o un parente , che cerca compensi nel fare il proprio lavoro col massimo scrupolo e rigore . Lei è turbolenta , anticonformista ma pronta a fare la spia ricorrendo al presidente in carica se qualcosa non va ; lui è un uomo d ' ordine . Naturalmente si scontrano , battibeccano , si rimbeccano , litigano , non si sopportano . Naturalmente nel momento del pericolo ( un rapimento di lei , male ideato dalla sceneggiatura ) si scopre quanto in realtà si vogliano bene , quali buoni sentimenti materno - filiali li leghino . Unici elementi interessanti : una volta tanto Shirley MacLaine è vestita bene , una volta tanto non strafa né gigioneggia , ha invece una recitazione controllata , quasi sommessa .
Little Odessa ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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C ' è una scena davvero straordinaria . Il figlio killer Tim Roth , tornato dopo anni di assenza e per uccidere nel proprio quartiere , umilia il padre Maximilian Schell minacciandolo di morte : in uno spiazzo urbano nevoso e lurido lo costringe a levarsi il cappotto ; lo obbliga con la pistola a togliersi i pantaloni ; gli impone con ordini brevi e rauchi come latrati d ' inginocchiarsi davanti a lui . Gli schiaccia con insolenza beffarda la faccia nella neve sporca e se ne va : il padre resta lì solo , finito , vinto . Raramente s ' era visto raccontare in immagini altrettanto efficaci e tanto intense da risultare quasi insopportabili l ' odio filiale ( che è anche odio generazionale , etico , culturale ) e un ' uccisione simbolica del padre ( che è pure cancellazione , smentita dell ' universo paterno ) . Al confronto , risulta deludente il resto del melodramma di malavita sentimentale e moralistico , dominato da una fascinazione retorica per la violenza assassina , corretto , confezionato tecnicamente senza incertezze né errori . L ' ambizione del regista , debuttante ventiquattrenne americano , è naturalmente massima : la tragedia greca a Brooklyn . E non si realizza , come non si realizzano altre sue ambizioni . Little Odessa , ad esempio . È interessante l ' idea di descrivere il quartiere degli ebrei russi newyorkesi , con i suoi abitanti lacerati tra modernità e tradizione , oscillanti fra due culture e due criminalità antitetiche : ma questo elemento è appena nominato e sfiorato , nel film che sembra di conoscere a memoria tanto è simile a mille altri mille volte visti al cinema o alla tv . È bella l ' idea di far raccontare l ' intera vicenda dal fratello minore del giovane killer , un ragazzino al limite tra l ' ammirazione amorosa del nero potere violento del fratello e il legame profondo , impaziente , con i genitori , con la nonna , con i valori di normalità e di sicurezza da loro rappresentati : ma questa idea quasi subito si perde , o si svuota . È tipico d ' ogni regista giovane il tema del disfacimento della famiglia , in questo caso formata da madre morente per un cancro al cervello , padre debole e adultero , nonna rincitrullita , figlio adolescente smarrito , figlio maggiore assassino espulso dalle mura domestiche : ma questo tema ( salvo la pulsione d ' odio per il padre ) diventa appena un catalogo o un ' elencazione , senza nutrirsi nella storia che nasce dal ritorno del killer e si conclude con il killer che riparte dopo aver visto morire anche per colpa propria tutti quelli che amava . Capita insomma a Little Odessa quanto succede adesso a molti film americani : buone idee , buona tecnica , limitata capacità registica e aridità narrativo - emotiva , ne fanno appena contenitori ingannevoli , qualcosa di simile a un giornale con titoli brillanti - promettenti e articoli vacuo - deludenti . Ma restano a distinguere il film molti elementi . La sequenza di cui s ' è detto . Tim Roth , attore eccellente e monotono ( magari anche perché gli affidano personaggi sempre simili ) , killer algido , esatto , orrendamente violento . Vanessa Redgrave , bravissima agonizzante , che nella breve parte della madre offre la prova di recitazione migliore . È un rapporto del regista con il cinema che appare d ' una naturalezza e competenza piuttosto rare al primo film .
Prestazione straordinaria ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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Trovata : un impiegato restio si trova a venir desiderato , corteggiato , ricattato e semiviolentato dalla donna che sul lavoro è il suo capo , in una situazione imbarazzante che capovolge la norma per cui sono le donne a venir molestate dai capi in ufficio . Trovata originale ? Per niente . Il film precisa « da un ' idea di Gianfilippo Ascione » , ma quell ' idea l ' avevano già avuta in parecchi : stava al centro di almeno tre processi negli Stati Uniti , sta al centro del romanzo di Michael Crichton Rivelazioni pubblicato da Garzanti e del film americano con Michael Douglas che ne è stato tratto . Sergio Rubini , regista e protagonista che in un momento del film legge allusivamente Rivelazioni , lo sa benissimo : e affronta la storia non come un ' idea nuova , ma come la variazione su uno spunto di commedia . L ' esito è poco felice : il film slunga e trascina l ' aneddoto senza sapere come alimentarlo , salvo che mediante una di quelle gite turistiche all ' estero ( qui in Grecia , con danze tipiche , bevute eccessive , indigeni primitivi simpatici , mare bellissimo ) con cui molti film italiani tentano di dare respiro alla vicenda e di colmare i vuoti di sceneggiatura ; l ' avventura sessuale raccontata senza stile e senza brio è priva di eros e di sensualità ; lo svolgersi dei fatti non diventa mai analisi di costume , dei rapporti tra i sessi o del mondo editoriale ; a Sergio Rubini manca il fisico del ruolo , tanto da rendere incomprensibile che una bella dirigente si accanisca per portarselo a letto , anche se mossa da piccosa prepotenza più che da desiderio . Infatti l ' impiegato molestato , lettore in una grande casa editrice , ha carattere , vuole bene alla sua donna , non intende venir consumato in una notte e poi messo da parte ; resiste alle insistenze di Margherita Buy , dura manager tagliatrice di teste incaricata di ridurre il personale e le spese , donna vorace ma fredda - « Per me fare l ' amore non è una mania , è solo un hobby ... La seconda volta mi annoio » . Vendicativamente , l ' impiegato molestato che si nega viene degradato sul lavoro . Lascia il posto , perde la sua donna che lo spingeva a cedere per veder pubblicato un proprio libro , ma alla fine vince : naturalmente la manager s ' innamora , lui pure , insieme creano una nuova coppia e una nuova casa editrice . Margherita Buy , pochissimo spogliata e benissimo vestita da Valentino , inadatta al personaggio , è come imbarazzata , dislocata , convenzionale ; Simona Izzo recita bene la sua piccola parte di scrittrice velleitaria che mangia e ingrassa per frustrazione ; sono piacevoli le apparizioni di Gianrico Tedeschi e Gianni Bonagura .
Viaggio in Inghilterra ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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Film inglese tradizionale , strappalacrime intellettuale , operazione derivata multimediale : all ' origine c ' è un telefilm diretto nel 1985 per la BBC da William Nicholson , c ' è un testo teatrale dello stesso Nicholson andato in scena nel 1989 a Londra e poi a Broadway , rappresentato anche in Italia da Giancarlo Sbragia col titolo La mela magica . Nicholson , che è pure sceneggiatore del film , dice d ' essersi preso molte libertà raccontando il rapporto tra il famoso letterato inglese C.S. Lewis e la scrittrice americana Joy Gresham : « La loro storia d ' amore era molto privata e nessuno sa come e perché si siano innamorati . Ho usato frammenti della loro vita , ne ho eliminati alcuni e creati altri ... » . Peccato , magari i personaggi reali bastavano a se stessi . Clive Staples Lewis detto Jack ( 1898-1963 ) , nato a Belfast , professore di letteratura inglese a Oxford e poi a Cambridge , poeta , critico , conferenziere e apologeta cristiano , grande studioso del Medioevo e del Rinascimento inglese e della tradizione allegorica dell ' amor cortese , amico di J.K.K. Tolkien , narratore per bambini , scrittore di fantascienza , non è notissimo in Italia dove alcuni suoi libri ( Il leone , la strega e l ' armadio , Lontano dal pianeta silenzioso e altri ) sono stati pubblicati da Mondadori . Il film coglie Lewis a Oxford nel 1952 , cinquantaquattrenne appagato dagli studi , dalla celebrità e dal sentimento religioso , convivente con il fratello , uso all ' ambiente universitario esclusivamente maschile . L ' incontro con Joy Gresham , americana schietta , scrittrice e sua ardente fan , « ebreo - cristiana » appassionatamente di sinistra , madre d ' un bambino di otto anni separata dal marito alcolizzato , immise nella vita egocentrica e quieta di Lewis l ' amore e il dolore , diventò un vero matrimonio prima della morte di lei per un tumore alle ossa . Anthony Hopkins recita il personaggio magnificamente , Debra Winger è più schematica . Per il resto il film patetico e anche tedioso pare una realizzazione di routine di quella convenzione inglese che è ormai quasi un genere : vicende atroci e comportamenti impeccabili , prati verdi , le belle architetture di Oxford e i suoi interni di legno lustro , la campagna coi suoi paesaggi meravigliosi e tristi , le cerimonie scolastiche e religiose , i sardonici professori togati e gli studenti irrigiditi , sentimenti repressi e tazze di tè , bicchieri di cristallo ed esistenze disamorate , quante volte si son visti ?
Portami via ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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È interessante e riuscito questo primo film del trentenne torinese Gianluca Maria Tavarelli , realizzato su una sceneggiatura vincitrice del Premio Solinas , presentato alla Mostra di Venezia 1994 : sa unire realismo sociale e sentimento individuale , desolazione invincibile e speranza possibile , alienazioni diverse e buona drammaturgia , in uno stile intenso e asciutto . Nella Torino notturna , Portami via racconta i destini incrociati di due coppie di giovani che vorrebbero un ' altra vita . Due amiche emigrate dall ' Est europeo , una russa e una bulgara , prostitute di lusso da due milioni , vessate , ricattate e malmenate dal loro sfruttatore italiano , disperate per la mancanza di libertà e di vie d ' uscita . Due amici italiani squattrinati , solitari , mortificati da esistenze prive di senso e di futuro , avviliti da lavori brutti ( uno fa senza successo il venditore di elettrodomestici ; l ' altro è terapeuta in una comunità di handicappati , senza più fiducia nella possibilità di rendersi seriamente utile ) . Le due coppie s ' incontrano in un momento drammatico , si spaventano , si aiutano . Il trauma dà a tutt ' e quattro il coraggio prima introvabile d ' andarsene , di partire verso la Francia , di tentar di vivere davvero : « Fammi provare » , « Ma sì » . Intorno a loro la città nel buio , strade deserte e locali affollati esplorati in un vagabondare in auto insoddisfacente ma inevitabile privo d ' allegria e d ' amore ( « se voglio una donna me la devo pagare » ) ; residence tetri visitati dalle due ragazze pagate da uomini grossolani e malinconici . Accanto a loro , i personaggi minori ( malati di mente , suicidi , un vicino convinto d ' un proprio prossimo trasferimento extraterrestre ) simboleggiano le tante possibili varianti del grande desiderio di fuga contemporaneo . Gli attori ben scelti e ben diretti interpretano con naturalezza e sottogliezza i loro personaggi simili a tante persone giovani , senza presente né avvenire , ridotte all ' inerzia o al dinamismo nevrotico , rese torpide dal rifiuto , dalla delusione .