StampaPeriodica ,
Words
as
a
Tartar
s
bow
do
shoot
back
upon
the
understanding
[
le
parole
,
come
l
arco
dei
Tartari
,
colpiscono
indietro
sul
nostro
comprendere
]
Fr
.
Bacon
(
Adv
.
of
learn
,
XIV
(
II
)
)
La
difficoltà
di
descrivere
,
rappresentare
,
classificare
le
attitudini
e
le
operazioni
mentali
senza
ricorrere
a
metafore
desunte
dal
mondo
fisico
da
lungo
tempo
ha
richiamato
l
attenzione
dei
filosofi
.
Essi
non
hanno
mancato
di
utilizzar
questo
fatto
per
cavarne
,
a
seconda
delle
loro
speciali
preferenze
,
le
conclusioni
più
opposte
e
disparate
.
Così
mentre
il
Locke
(
Essay
III
,
I
,
§
5
)
vede
in
esso
una
prova
e
una
verifica
della
sua
tesi
che
tutte
le
nostre
nozioni
hanno
origine
dalle
impressioni
dei
sensi
,
il
Leibniz
invece
cerca
trarne
partito
in
favore
della
primordialità
delle
intuizioni
spaziali
(
direzione
,
distanza
,
moto
ecc
.
:
Nouveaux
Essais
,
III
,
I
,
§
5
)
.
L
esame
dei
vantaggi
e
degli
inconvenienti
che
l
impiego
di
queste
metafore
presenta
,
offre
nondimeno
un
campo
di
ricerca
che
si
può
dire
quasi
affatto
inesplorato
.
La
recente
pubblicazione
di
un
volume
(
Lady
Victoria
Welby
,
What
is
Meaning
?
,
London
,
Macmillan
,
1903
)
nel
quale
è
richiamata
attenzione
all
importanza
di
questo
genere
di
ricerche
,
mi
dà
occasione
di
esprimere
in
proposito
qualche
osservazione
.
Benché
di
questo
argomento
non
abbiano
mancato
di
occuparsi
i
cultori
di
quel
ramo
di
psicologia
applicata
che
i
greci
chiamavano
la
retorica
,
pure
le
loro
trattazioni
,
dato
il
fine
pratico
che
avevano
in
vista
,
non
potevano
che
riferirsi
,
quasi
esclusivamente
,
all
impiego
delle
metafore
come
mezzo
di
persuasione
o
di
allettamento
,
e
solo
incidentalmente
al
loro
ufficio
nella
prova
e
nella
ricerca
.
Ciò
non
toglie
che
anche
in
esse
si
trovino
osservazioni
di
non
trascurabile
portata
filosofica
,
come
ad
esempio
quella
con
la
quale
Aristotele
,
precorrendo
il
concetto
moderno
del
simbolismo
come
un
mezzo
per
economizzare
il
pensiero
,
afferma
che
la
causa
,
per
la
quale
le
metafore
e
i
paragoni
piacciono
e
predispongono
l
ascoltatore
in
favore
di
chi
li
fa
,
è
che
essi
lo
mettono
in
grado
di
schivare
della
fatica
,
utilizzando
in
certo
modo
le
cognizioni
che
già
possiede
,
per
l
acquisto
e
l
ordinamento
di
quelle
che
si
vogliono
comunicare
.
A
chi
si
proponga
un
indagine
sistematica
sull
uso
delle
metafore
come
mezzi
di
rappresentazione
dei
fatti
mentali
si
presentano
due
vie
da
seguire
.
Allo
stesso
modo
come
,
in
idrodinamica
,
volendo
studiare
l
andamento
di
un
liquido
in
moto
,
si
può
prendere
a
considerare
una
determinata
sezione
della
vena
fluida
,
determinando
la
velocità
e
la
direzione
delle
varie
porzioni
di
liquido
che
passano
successivamente
per
essa
,
oppure
considerare
,
invece
,
una
data
porzione
del
liquido
,
determinando
la
velocità
e
le
direzioni
che
essa
assume
successivamente
nell
attraversare
le
successive
sezioni
,
così
anche
qui
,
o
si
può
partire
dalla
considerazione
di
una
determinata
immagine
,
esaminando
quali
siano
i
vari
fatti
mentali
che
essa
può
essere
adoperata
a
rappresentare
,
oppure
partire
da
un
determinato
processo
mentale
,
e
passare
in
rassegna
le
diverse
immagini
suscettibili
di
rappresentarlo
.
La
convenienza
di
seguire
l
una
piuttosto
che
l
altra
di
queste
due
vie
è
soggetta
a
variare
a
seconda
dei
casi
.
È
naturale
che
i
vantaggi
di
seguire
la
prima
si
presentino
tanto
più
grandi
quanto
più
numerose
sono
le
diverse
applicazioni
possibili
di
una
data
immagine
ai
processi
mentali
,
mentre
la
seconda
via
è
tanto
più
opportuna
a
seguire
quanto
più
numerose
sono
le
immagini
diverse
mediante
le
quali
uno
stesso
procedimento
mentale
è
stato
,
o
può
essere
,
rappresentato
.
I
casi
di
questa
seconda
specie
si
presentano
come
assai
più
importanti
di
quelli
della
prima
per
chi
,
oltre
che
dall
interesse
puramente
teorico
di
approfondire
l
analisi
del
meccanismo
dei
processi
mentali
,
sia
mosso
anche
dall
intento
,
relativamente
pratico
,
di
ricavare
,
da
tale
analisi
,
delle
norme
atte
a
regolare
il
gioco
delle
attività
dello
spirito
e
a
disciplinare
il
loro
svolgimento
.
È
quindi
ad
essi
che
sarà
rivolta
specialmente
attenzione
nelle
seguenti
osservazioni
,
nelle
quali
,
appunto
per
tale
ragione
,
il
procedimento
seguito
sarà
il
secondo
dei
due
che
ho
sopra
distinti
.
Il
miglior
modo
di
far
rilevare
la
portata
filosofica
,
che
le
ricerche
sopraddette
sono
atte
ad
assumere
,
mi
sembra
sia
quello
di
presentarne
l
applicazione
a
qualche
esempio
concreto
.
Quello
che
si
presenta
come
più
opportuno
a
tale
scopo
è
quello
delle
metafore
rappresentatrici
dell
operazione
del
dedurre
.
I
vari
tipi
di
immagini
,
adoperate
per
esprimere
il
fatto
che
una
data
affermazione
è
deducibile
da
un
altra
,
si
possono
classificare
grossolanamente
sotto
i
tre
seguenti
capi
:
1
.
quelle
nelle
quali
si
ricorre
al
concetto
di
appoggio
,
o
a
quello
di
sostegno
,
come
avviene
,
ad
esempio
,
quando
si
dice
che
date
conclusioni
si
basano
o
si
fondano
su
date
premesse
,
oppure
dipendono
(
o
anche
pendono
)
da
esse
,
o
si
riattaccano
ad
esse
.
È
così
che
si
parla
dei
fondamenti
della
geometria
,
delle
basi
della
morale
ecc
.
;
2
.
quelle
che
si
riferiscono
alla
relazione
di
contenere
,
o
includere
.
Queste
si
suddividono
in
due
gruppi
,
a
seconda
che
la
conclusione
si
riguardi
come
contenuta
nelle
premesse
,
oppure
,
al
rovescio
,
queste
ultime
si
riguardino
come
contenute
nella
conclusione
,
riguardando
invece
la
deduzione
come
un
analisi
,
o
una
riduzione
,
come
un
operazione
,
cioè
,
analoga
a
quella
di
un
chimico
che
decompone
un
corpo
nei
suoi
elementi
.
Nel
primo
caso
le
premesse
sono
concepite
come
implicanti
,
nel
secondo
come
esplicanti
(
spieganti
)
la
conclusione
che
da
esse
si
deduce
;
3
.
le
metafore
del
salire
e
dello
scendere
,
come
quando
si
parla
di
conseguenze
che
discendono
da
dati
principi
,
o
dei
principi
ai
quali
si
risale
,
o
come
quando
si
paragona
il
corso
del
ragionamento
a
quello
di
un
fiume
,
e
si
parla
di
proposizioni
che
derivano
(
déecoulent
)
o
sgorgano
o
erompono
o
emanano
ecc
.
dalle
premesse
da
cui
sono
tratte
.
A
questo
stesso
gruppo
,
o
al
precedente
,
si
possono
aggregare
anche
le
metafore
a
base
biologica
,
nelle
quali
si
concepiscono
le
conseguenze
di
date
premesse
come
generate
dalle
medesime
o
le
premesse
come
delle
radici
o
dei
semi
,
ecc
.
Una
caratteristica
del
primo
gruppo
di
metafore
,
di
quelle
cioè
che
rappresentano
il
dedurre
come
un
appoggiare
o
appendere
un
affermazione
ad
un
altra
,
consiste
in
ciò
che
esse
si
prestano
a
dar
corpo
a
una
delle
più
radicali
obbiezioni
che
possono
essere
sollevate
contro
la
deduzione
come
mezzo
di
prova
,
all
obbiezione
cioè
che
Leibniz
qualificava
(
con
un
immagine
che
si
riferisce
,
come
vedremo
,
al
secondo
gruppo
di
metafore
da
noi
considerate
)
col
nome
di
difficultas
Paschaliana
de
resolutione
continuata
.
Questa
obbiezione
-
che
certamente
Pascal
non
è
stato
il
primo
a
sollevare
e
che
non
ha
mai
cessato
di
essere
enunciata
,
sotto
le
forme
più
diverse
,
a
cominciare
da
quando
il
concetto
della
deduzione
come
forma
speciale
di
ragionamento
si
presentò
alla
mente
dei
primi
sofisti
greci
-
consiste
nell
osservare
che
tutti
i
processi
,
nei
quali
si
cerca
provare
qualche
affermazione
deducendola
da
altre
,
si
devono
basare
in
ultima
analisi
su
delle
affermazioni
che
alla
loro
volta
non
possono
essere
dedotte
da
alcun
altra
,
,
su
affermazioni
,
cioè
,
che
non
possono
essere
provate
se
non
ricorrendo
a
qualche
altro
procedimento
(
induzione
,
intuizione
,
ecc
.
)
di
cui
la
deduzione
non
può
garantire
la
validità
(
l
obbiezione
è
espressa
colla
massima
energia
da
Aristotele
,
Analyt
.
Poster
.
,
lib
.
I
,
cap
.
3
)
.
La
certezza
,
quindi
,
che
compete
alle
conclusioni
di
un
ragionamento
deduttivo
,
per
quanto
rigoroso
,
non
può
in
alcun
modo
esser
ritenuta
superiore
a
quella
che
siamo
disposti
ad
attribuire
a
delle
affermazioni
non
giustificabili
per
mezzo
di
deduzione
,
di
modo
che
la
deduzione
,
lungi
dal
dover
essere
riguardata
come
il
tipo
dei
processi
mentali
che
conducono
a
conclusioni
sicure
,
sarebbe
da
riguardare
solo
come
un
mezzo
per
fare
partecipare
un
maggior
numero
di
affermazioni
alla
certezza
che
,
indipendentemente
affatto
da
ogni
ragionamento
deduttivo
,
alcune
nostre
credenze
già
possederebbero
.
Chi
deduce
non
sarebbe
quindi
un
produttore
,
ma
un
distributore
di
certezze
,
un
rivenditore
al
minuto
di
una
merce
che
la
sua
attività
non
contribuisce
in
alcun
modo
a
produrre
.
A
quali
artifici
fossero
costretti
a
ricorrere
quelli
tra
i
filosofi
ai
quali
premeva
difendere
la
dignità
e
il
valore
probativo
della
deduzione
contro
l
obbiezione
suddetta
,
si
vedrà
meglio
quando
passeremo
ad
esaminare
il
secondo
gruppo
di
metafore
rappresentatrici
della
deduzione
,
quelle
cioè
che
potremmo
caratterizzare
come
le
metafore
chimiche
.
Ciò
che
per
ora
importa
notare
è
che
,
qualunque
opinione
si
possa
avere
sull
esistenza
o
no
di
premesse
che
non
abbiano
bisogno
di
essere
alla
loro
volta
provate
,
essa
non
può
affatto
pregiudicare
la
questione
del
maggiore
o
minor
valore
della
deduzione
,
considerata
anche
soltanto
come
mezzo
di
accertamento
delle
nostre
cognizioni
.
Non
ostante
,
infatti
,
le
suggestioni
contrarie
,
derivanti
dalle
immagini
che
rappresentano
le
premesse
come
delle
colonne
o
degli
uncini
da
cui
le
conclusioni
sono
sostenute
,
i
vantaggi
che
si
ricavano
,
in
riguardo
alla
certezza
delle
nostre
opinioni
,
dal
riconoscere
che
una
proposizione
è
deducibile
da
altre
,
non
consistono
sempre
,
né
esclusivamente
,
nel
fatto
che
essa
venga
in
tal
modo
a
fruire
della
maggior
certezza
di
cui
queste
ultime
godono
.
Il
caso
opposto
,
quello
cioè
nel
quale
la
verità
e
la
certezza
delle
conclusioni
,
deducibili
da
date
premesse
,
serve
ad
accrescere
e
a
consolidare
la
certezza
delle
premesse
medesime
,
non
è
né
meno
frequente
né
meno
importante
a
considerare
.
I
due
vantaggi
si
riscontrano
,
anzi
,
ben
raramente
disgiunti
l
uno
dall
altro
,
in
quanto
non
v
è
ramo
di
ricerca
(
neppure
la
geometria
)
nel
quale
le
premesse
siano
così
indubitabilmente
sicure
da
non
poter
ricevere
qualche
ulteriore
plausibilità
dal
fatto
di
condurre
a
conclusioni
approssimativamente
verificabili
,
mentre
non
v
è
nessun
fatto
(
ad
eccezione
,
forse
,
delle
cosiddette
testimonianze
della
coscienza
,
escludenti
ogni
elemento
di
previsione
)
la
cui
credibilità
non
possa
eventualmente
essere
accresciuta
dal
fatto
di
essere
in
accordo
con
le
conseguenze
di
qualche
teoria
anteriormente
accettata
.
Il
che
è
tanto
vero
che
,
quando
ci
troviamo
davanti
a
fatti
eccezionalmente
strani
(
cioè
troppo
in
contrasto
con
quelli
che
le
nostre
prevenzioni
ci
condurrebbero
ad
aspettare
)
,
quelle
constatazioni
,
o
testimonianze
stesse
,
che
basterebbero
a
farceli
credere
se
il
suddetto
contrasto
non
sussistesse
,
sono
spesso
insufficienti
a
con
vincerci
della
loro
realtà
:
come
avviene
,
per
esempio
,
nei
casi
ai
quali
si
applica
la
celebre
argomentazione
di
Hume
sui
miracoli
.
La
relazione
tra
le
premesse
e
le
conclusioni
di
un
ragionamento
deduttivo
non
è
quindi
correttamente
descritta
dal
dire
che
queste
si
appoggiano
su
quelle
,
a
meno
che
,
all
immagine
volgare
di
un
oggetto
appoggiato
a
un
altro
,
si
sostituisca
l
altra
,
,
più
generale
e
più
scientificamente
precisa
,
di
due
corpi
che
si
attraggano
e
dei
quali
quindi
ciascuno
,
quando
sia
a
contatto
con
l
altro
in
modo
che
si
eserciti
pressione
tra
loro
,
può
esser
riguardato
come
sostegno
dell
altro
.
Il
domandarsi
allora
su
che
cosa
poggiano
le
verità
fondamentali
,
alle
quali
un
dato
ordine
di
deduzioni
dà
luogo
,
apparirebbe
non
meno
irragionevole
del
chiedere
,
per
esempio
,
perché
la
terra
resti
sospesa
nel
vuoto
e
perché
non
abbia
bisogno
di
sostegni
che
la
sorreggano
(
a
quei
logici
poi
che
,
estendendo
la
stessa
immagine
del
sostegno
'
anche
al
caso
dell
induzione
,
vanno
cercando
il
fondamento
di
questa
ultima
,
si
potrebbe
far
notare
come
un
induzione
con
fondamento
,
cioè
per
la
quale
si
fosse
in
grado
di
addurre
qualche
ragione
giustificante
la
conclusione
che
con
essa
si
trae
dai
fatti
osservati
,
cesserebbe
per
ciò
solo
di
essere
un
induzione
,
per
diventare
una
deduzione
,
sia
pure
appoggiata
a
qualche
altra
induzione
anteriore
.
A
meno
di
chiamar
fondamenti
di
un
induzione
i
fatti
particolari
dalla
cui
constatazione
essa
prende
le
mosse
si
deve
ammettere
che
l
induzione
è
,
per
definizione
,
un
ragionamento
senza
fondamenti
)
.
Analoghe
osservazioni
si
applicano
all
immagine
che
rappresenta
le
conclusioni
come
attaccate
alle
premesse
per
mezzo
del
filo
del
ragionamento
.
Anche
con
questa
immagine
,
infatti
,
la
diffusione
e
la
comunicazione
della
certezza
sono
concepite
come
effettuantisi
in
una
sola
direzione
,
cioè
dalle
premesse
alle
conclusioni
:
non
si
tien
conto
,
cioè
,
del
fatto
,
che
la
deduzione
può
servire
anche
allo
scopo
opposto
,
allo
stesso
modo
come
la
corda
colla
quale
si
legano
tra
loro
degli
alpinisti
in
una
ascensione
pericolosa
serve
tanto
a
garantire
la
sicurezza
dell
ultimo
come
del
primo
di
essi
,
o
di
qualunque
altro
di
quelli
che
ne
sono
avvinti
.
I
processi
deduttivi
,
nei
quali
la
certezza
delle
affermazioni
,
che
si
prendono
come
punto
di
partenza
,
prevale
su
quella
delle
conclusioni
alle
quali
esse
conducono
,
si
qualificano
ordinariamente
col
nome
di
dimostrazioni
,
mentre
quelli
nei
quali
il
contrario
avviene
,
nei
quali
,
cioè
,
dei
fatti
sicuri
sono
riattaccati
a
premesse
discutibili
,
si
qualificano
ordinariamente
col
nome
di
spiegazioni
.
Ma
tanto
gli
uni
quanto
gli
altri
sono
egualmente
processi
deduttivi
,
ed
in
ambedue
i
casi
si
ha
egualmente
bisogno
di
tutto
l
apparato
e
di
tutti
i
sussidi
dai
quali
l
operazione
del
dedurre
può
essere
facilitata
e
garantita
.
Si
può
anzi
affermare
che
l
aver
preso
coscienza
di
ciò
-
l
aver
cioè
riconosciuto
che
,
anche
quando
le
premesse
di
un
ragionamento
deduttivo
sono
meno
certe
delle
eventuali
conseguenze
che
se
ne
traggono
,
rimane
nondimeno
importante
procedere
con
rigore
,
con
coerenza
,
con
precisione
-
costituisca
una
delle
principali
caratteristiche
dell
attitudine
del
pensiero
scientifico
moderno
di
fronte
a
quella
tipicamente
rappresentata
dal
pensiero
greco
.
Questo
infatti
,
mentre
manifestava
il
massimo
ardire
costruttivo
in
quei
campi
nei
quali
,
come
nella
geometria
,
la
certezza
del
punto
di
partenza
raggiungeva
il
massimo
grado
,
nei
campi
invece
nei
quali
,
come
nella
fisica
e
nella
meccanica
,
tale
fatto
non
avveniva
,
non
riesciva
sollevarsi
che
di
poco
(
eccetto
in
parte
nell
astronomia
)
al
di
sopra
di
un
empirismo
grossolano
,
incapace
di
vedere
tra
i
fatti
altre
connessioni
che
quelle
che
si
presentano
spontaneamente
a
chi
li
osserva
passivamente
senza
giovarsi
di
qualsiasi
preconcetto
ordinatore
o
selettivo
.
Passando
ora
al
secondo
gruppo
di
metafore
,
e
anzitutto
a
quelle
che
rappresentano
la
deduzione
come
un
processo
diretto
a
estrarre
dalle
premesse
ciò
che
vi
è
già
contenuto
,
la
prima
osservazione
da
fare
è
che
anche
esse
,
come
quelle
del
gruppo
precedente
,
tendono
indebitamente
a
deprimere
e
sminuire
l
importanza
della
deduzione
rispetto
agli
altri
processi
di
ragionamento
o
di
ricerca
.
Dire
infatti
che
le
conclusioni
di
un
ragionamento
deduttivo
si
trovano
già
,
sia
pure
implicitamente
,
contenute
nelle
premesse
,
differisce
ben
poco
dal
dire
che
le
prime
,
non
solo
non
affermano
niente
di
più
,
ma
,
anzi
,
affermano
qualcosa
di
meno
,
di
quanto
nelle
premesse
stesse
si
trovi
già
asserito
.
È
noto
il
modo
col
quale
il
primo
gran
teorico
della
deduzione
,
Aristotele
,
ha
tentato
di
parare
a
questa
obbiezione
.
Egli
ricorre
ad
un
altro
paragone
,
basato
sul
suo
favorito
contrasto
tra
forma
e
materia
.
Paragona
,
cioè
,
il
lavoro
di
chi
deduce
a
quello
dello
scultore
che
,
pur
levando
da
un
masso
alcune
delle
sue
parti
,
ottiene
qualche
cosa
che
vale
più
del
masso
medesimo
.
Se
,
invece
di
una
statua
,
egli
avesse
parlato
d
uno
strumento
o
d
un
arma
,
per
esempio
d
una
lente
o
d
un
pugnale
,
costruiti
parimenti
col
levare
,
da
una
data
porzione
di
materia
prima
,
delle
parti
la
cui
presenza
sarebbe
d
ostacolo
allo
scopo
al
quale
lo
strumento
o
l
arma
devono
servire
,
il
paragone
sarebbe
stato
ancora
meglio
adatto
a
porre
in
luce
l
ufficio
della
deduzione
come
attività
organizzatrice
delle
cognizioni
in
vista
del
raggiungimento
di
fini
determinati
,
non
escluso
s
intende
quello
di
guidare
alla
ricerca
dell
acquisto
di
nuove
cognizioni
(
La
parte
val
meglio
del
tutto
è
uno
dei
proverbi
che
più
frequentemente
ricorrono
nei
dialoghi
di
Platone
)
.
Il
contrasto
fra
il
processo
di
deduzione
e
gli
altri
,
puramente
o
predominantemente
passivi
,
di
osservazione
,
di
contemplazione
,
di
registrazione
dei
dati
dell
esperienza
o
dell
intuizione
,
,
potrebbe
infatti
essere
paragonato
a
quello
che
intercede
tra
le
operazioni
di
censimento
,
dirette
solo
a
riconoscere
e
descrivere
lo
stato
della
popolazione
in
un
dato
paese
e
tempo
,
e
quelle
di
coscrizione
,
aventi
invece
in
vista
di
scegliere
e
determinare
quella
parte
di
una
data
popolazione
che
è
valida
a
portare
le
armi
(
sul
significato
,
originariamente
militare
,
del
termine
greco
indicante
l
ordinamento
deduttivo
di
una
data
trattazione
,
è
da
vedere
l
interessante
monografia
di
H
.
Diels
,
Elementum
,
Teubner
,
1899
)
.
Ma
anche
in
un
altro
senso
,
affatto
opposto
al
precedente
,
come
già
si
accennò
indietro
,
le
immagini
riferentisi
al
contenere
sono
suscettibili
di
rappresentare
la
relazione
fra
le
premesse
e
le
conclusioni
di
un
ragionamento
deduttivo
.
Si
può
cioè
riguardare
le
premesse
,
dalle
quali
una
data
conclusione
è
dedotta
,
non
come
includenti
o
implicanti
la
conclusione
stessa
,
ma
al
contrario
come
gli
elementi
più
semplici
di
cui
essa
si
compone
,
e
nei
quali
essa
può
venir
risoluta
.
È
l
immagine
preferita
da
Platone
quando
nel
Teeteto
(
2068
)
paragona
le
premesse
fondamentali
delle
singole
scienze
alle
lettere
dell
alfabeto
(
grecata
)
,
dalla
cui
combinazione
risultano
le
sillabe
,
le
parole
,
le
frasi
.
Ed
era
naturale
che
,
come
lo
dimostra
il
titolo
stesso
dell
opera
d
Euclide
,
,
questa
immagine
trovasse
speciale
favore
fra
i
geometri
,
in
quanto
nessun
altra
è
così
atta
a
ribattere
l
obbiezione
di
cui
abbiamo
parlato
indietro
.
Alla
luce
,
infatti
,
di
questo
paragone
,
tale
obbiezione
compare
come
poco
meno
assurda
di
quella
che
si
volesse
sollevare
contro
l
ingegno
o
l
originalità
di
un
poeta
osservando
che
tutte
le
parole
da
lui
adoperate
sono
già
registrate
nel
dizionario
(
sull
origine
della
parola
latina
scelta
-
da
Lucrezio
e
da
Cicerone
-
per
tradurre
il
termine
greco
stichium
,
lo
stesso
Diels
ha
un
ipotesi
ingegnosa
che
può
sembrar
strana
a
chi
non
conosca
le
prove
che
egli
adduce
per
sostenerla
.
Con
elementa
i
latini
avrebbero
indicato
originalmente
i
pezzetti
di
avorio
-
elepenta
,
elephanta
-
di
cui
si
servivano
gli
intarsiatori
.
Anche
Quintiliano
parla
-
I
,
I
.
26
-
delle
eburneas
literarum
formas
che
erano
in
uso
per
insegnare
l
alfabeto
ai
bambini
)
.
A
questo
notevole
vantaggio
che
la
rappresentazione
,
che
abbiamo
chiamata
chimica
,
della
deduzione
offre
di
fronte
agli
altri
modi
di
rappresentazione
,
prima
esaminati
,
si
contrappone
tuttavia
un
inconveniente
che
è
interessante
notare
.
Essa
tende
cioè
a
fare
attribuire
alla
distinzione
tra
verità
semplici
e
verità
complesse
un
valore
assai
superiore
a
quello
che
essa
merita
,
e
a
presentare
come
l
ideale
supremo
della
ricerca
scientifica
la
determinazione
di
verità
assolutamente
primordiali
,
indecomponibili
,
atomiche
,
atte
a
generare
tutte
le
altre
mediante
i
loro
vari
aggruppamenti
.
È
nel
Leibniz
soprattutto
che
questa
idea
si
presenta
sotto
la
forma
più
classica
,
ed
è
noto
il
suo
paragone
delle
verità
ai
numeri
,
ciascuno
dei
quali
,
se
non
è
un
numero
primo
esso
stesso
,
è
sempre
decomponibile
,
e
in
un
solo
modo
,
in
una
determinata
serie
di
fattori
primi
.
Si
viene
con
ciò
a
perdere
di
vista
che
,
alla
domanda
se
una
data
proposizione
sia
dimostrabile
o
no
,
si
può
dare
diversa
risposta
a
seconda
della
scelta
che
si
faccia
delle
altre
proposizioni
di
cui
si
intende
permettere
l
uso
nella
dimostrazione
che
se
ne
richiede
.
Il
che
vuoi
dire
che
la
semplicità
o
complessità
di
una
data
affermazione
sono
qualche
cosa
di
estremamente
relativo
,
qualche
cosa
che
dipende
dal
proposito
al
quale
l
affermazione
stessa
si
riferisce
,
dal
luogo
dove
la
si
enuncia
,
dall
indole
della
trattazione
di
cui
fa
parte
,
ecc
.
Se
si
vuol
quindi
continuare
a
parlare
della
deduzione
come
di
un
analisi
,
bisogna
ben
tener
presente
come
le
proprietà
di
cui
tale
analisi
gode
sono
ben
diverse
da
quelle
proprie
dell
analisi
chimica
,
nella
quale
non
potrebbe
certamente
presentarsi
il
caso
che
,
tra
i
composti
di
un
dato
corpo
,
si
trovassero
anche
gli
elementi
di
cui
esso
si
compone
.
È
da
notare
,
a
tale
riguardo
,
la
perfetta
analogia
tra
il
processo
di
deduzione
e
quello
di
definizione
.
Il
domandare
se
una
data
proposizione
è
dimostrabile
o
no
,
o
se
un
dato
concetto
è
definibile
o
no
,
senza
indicare
,
nel
primo
caso
quali
sono
le
premesse
che
si
accettano
,
e
,
nel
secondo
,
quali
sono
i
concetti
che
si
presuppongono
dati
,
non
ha
maggior
senso
del
domandarsi
se
un
dato
corpo
si
muove
o
sta
fermo
,
senza
indicare
quali
sono
gli
altri
corpi
dai
quali
intendiamo
considerare
le
sue
successive
distanze
.
Il
concetto
della
definizione
come
un
processo
di
decomposizione
,
o
analisi
,
delle
nozioni
nei
loro
elementi
più
semplici
e
più
generali
porta
immediatamente
a
porre
in
contrasto
la
relazione
in
cui
questi
si
trovano
,
di
fronte
alle
nozioni
che
concorrono
a
costituire
,
con
quella
,
inversa
,
in
cui
si
trovano
invece
gli
individui
,
rappresentati
da
un
dato
concetto
,
di
fronte
a
quelli
,
più
numerosi
,
rappresentati
dai
concetti
più
generali
mediante
i
quali
esso
è
definito
.
Di
qui
la
distinzione
,
tanto
importante
nella
logica
,
tra
l
estensione
e
la
comprensione
d
un
dato
concetto
,
così
chiaramente
caratterizzata
già
da
Aristotele
(
Metafisica
,
lib
.
IV
,
cap
.
25
:
Le
specie
sono
dette
essere
parti
del
genere
...
il
genere
anche
detto
parte
della
specie
...
)
.
Anche
le
metafore
del
terzo
gruppo
,
quelle
cioè
che
qualificano
il
passare
dalle
premesse
alla
conclusione
come
un
discendere
,
e
il
ricercare
le
premesse
d
una
conclusione
come
un
ascendere
o
un
risalire
,
hanno
questo
di
comune
con
quelle
del
tipo
ora
esaminato
,
che
esse
sono
applicabili
a
rappresentare
,
oltre
che
il
processo
di
deduzione
,
anche
quello
di
definizione
.
Questo
è
infatti
spesso
caratterizzato
anche
come
consistente
nel
risalire
dalle
intuizioni
particolari
ai
concetti
più
generali
sotto
i
quali
esse
rientrano
.
Di
questa
ultima
immagine
non
è
che
una
variante
quella
rappresentata
dal
cosidetto
albero
di
Porfirio
,
nel
quale
le
successive
diramazioni
,
che
si
staccano
dal
tronco
,
rappresentano
le
nozioni
sempre
più
determinate
che
si
ottengono
introducendo
gradualmente
,
nella
classe
più
generale
e
comprensiva
possibile
,
quella
cioè
delle
cose
esistenti
,
un
numero
sempre
più
grande
di
specificazioni
e
qualificazioni
,
finché
si
arrivi
alle
nozioni
corrispondenti
ai
singoli
individui
o
a
dati
fatti
particolari
.
Un
inconveniente
non
trascurabile
che
sorge
da
questo
doppio
impiego
delle
metafore
dei
due
ultimi
gruppi
sopra
considerati
,
dal
fatto
cioè
che
esse
servono
,
nello
stesso
tempo
,
a
esprimere
le
relazioni
tra
le
premesse
e
le
conclusioni
e
quelle
tra
una
nozione
e
le
altre
più
generali
che
vi
sono
comprese
,
sta
in
ciò
,
che
esse
vengono
in
tal
modo
a
favorire
l
idea
che
il
dedurre
sia
un
passare
dal
generale
al
particolare
,
e
a
far
riguardare
la
maggior
generalità
delle
premesse
di
fronte
alle
conclusioni
come
una
caratteristica
essenziale
del
ragionamento
deduttivo
.
È
difficile
spiegare
per
quale
altra
via
questo
modo
di
concepire
la
deduzione
possa
avere
acquistato
favore
quando
si
pensa
alla
frequenza
con
la
quale
i
processi
dimostrativi
in
cui
avviene
precisamente
il
contrario
(
nei
quali
cioè
le
conclusioni
comprendono
alcune
delle
premesse
come
casi
particolari
)
si
presentino
nella
scienza
deduttiva
per
eccellenza
,
la
matematica
(
il
campo
stesso
della
logica
pura
ne
offre
esempi
tipici
,
come
è
stato
recentemente
rilevato
dal
Couturat
,
Congrès
de
Genève
)
.
Per
quanto
tuttavia
riguarda
le
immagini
che
rappresentano
la
deduzione
come
un
ascendere
ai
principi
,
il
suddetto
inconveniente
è
largamente
compensato
dalla
corrispondenza
che
esse
stabiliscono
tra
la
condizione
di
chi
si
colloca
al
punto
di
vista
dei
principi
generali
,
e
quella
di
chi
,
osservando
un
panorama
da
un
altura
,
è
in
grado
di
riconoscere
con
un
solo
sguardo
,
fra
le
varie
parti
e
regioni
che
gli
stanno
davanti
,
delle
relazioni
che
sfuggirebbero
,
o
non
potrebbero
esser
rilevate
che
con
molta
fatica
,
da
chi
si
trovasse
più
basso
.
Un
concetto
analogo
è
anche
espresso
dalle
frasi
che
caratterizzano
il
processo
di
dimostrazione
,
o
di
spiegazione
,
come
un
processo
di
rischiaramento
(
Erklärung
)
,
in
quanto
anche
la
presenza
della
luce
ha
l
effetto
di
render
possibile
ad
un
tratto
il
riconoscimento
delle
posizioni
rispettive
degli
oggetti
illuminati
,
posizioni
che
in
mancanza
di
essa
non
potrebbero
essere
determinate
che
con
l
assoggettarsi
agli
urti
e
alle
collisioni
accompagnanti
inevitabilmente
i
tentativi
di
mettersi
successivamente
in
contatto
con
ciascuno
di
essi
.
Di
fronte
a
quest
ultima
metafora
,
tuttavia
,
quella
prima
considerata
del
salire
presenta
il
vantaggio
di
suggerire
,
oltre
al
concetto
di
vedere
,
anche
quello
del
comandare
e
del
potere
,
come
quando
si
parla
di
alture
dalle
quali
si
domina
una
data
regione
(
a
commanding
view
)
.