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Salvatore Quasimodo ( Vergani Orio , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Chiuso in Italia , con i primi anni del secolo , il tempo della poesia dei « grandi professori » , dei dotti rimatori , dei vati dalle pupille fiammeggianti o dal cuore di « fanciulloni » , spenti gli ultimi echi delle odi civili , condannata o quasi la qualità oratoria dei carmi , il nostro , con ogni probabilità apparirà ai posteri come il tempo dei poeti autodidatti . I bassorilievi con le immagini delle Muse sono scomparse dagli studi dei poeti . Cerchiamo entro al fondo dell ' esperienza culturale nelle stagioni giovanili di quelli che sono i poeti d ' oggi . Troviamo ingegneri o studenti di ingegneria , matematici ( come lo fu Valéry ) , giovanotti che ad un certo momento chiedono il pane al mestiere di antiquari , correttori di bozze , segretari di sindacati , se non sbaglio , dei selciaroli romani - parlo di Cardarelli - interpreti e traduttori in un Ministero degli Esteri , come Ungaretti . Verso la fine dell ' Ottocento era di moda compilare dei volumi con il titolo Il primo passo , nei quali gli scrittori raccontavano per quale timido o fortunato sentiero fossero giunti ad aprire un primo spiraglio nell ' uscio della gloria . Anche l ' Italia ha avuto i suoi giovani poeti infelici , i suoi poètes maudits o addirittura folli e vagabondi come Campana : ragazzi che aspiravano a diventare attori come Palazzeschi e Moretti , giovani condannati dalla tisi come Gozzano : e anche giovani poeti suicidi , o , al tempo del primo Futurismo , versoliberisti che , otto ore al giorno , sbrigavano pratiche al Fondo Culti , dietro la romana Villa Aldobrandini . Il futurismo , che arruolò tanta « nuova accademia » ebbe poeti maestri di scienze tragiche e gelide , come la chirurgia . Altri poeti vissero per decine d ' anni sepolti in una biblioteca o in una libreria « circolante » . Più tardi i poeti trovarono il loro pane nei giornali , scrivendo note di cronaca nera , o nel mondo del rotocalco , componendo in righe di esatta misura didascalie per fotografie di moda , o in case editrici , con le scrivanie cintate da barricate di manoscritti . Ora che il lauro del Premio Nobel corona l ' opera di Salvatore Quasimodo - primo poeta nostro che venga a collocare il suo nome accanto a quello di Giosuè Carducci , Nobel del 1906 - verranno probabilmente scritte lunghe pagine sulla storia della sua vita . La poesia di Quasimodo non ha i caratteri autobiografici che usarono nel tempo passato : sarà difficile raccogliere le citazioni per una , come dice una collana francese , vie par lui même . La sua lirica non è fatta di « confessioni e ricordi » ; non ha , ci sembra , sfondi di paesaggi e di ambienti familiari : né riflessi identificabili di emozioni sentimentali . La vita di Quasimodo - uomo dal volto sottilmente altero : la sua « maschera » è stata acutamente studiata per busti modellati dal suo conterraneo Francesco Messina e da Manzù - può sostanzialmente apparire incolore . Il futuro poeta - molti pensano che sia siracusano , venuto al mondo vicino alle fonti della Ninfa Aretusa - nasce a Modica , nel retroterra agrario di quella che fu la Magna Grecia mediterranea . Vive la fanciullezza in una piccola stazione ferroviaria della Sicilia , col padre che spera di fare di lui , quando sarà uomo , un ingegnere . Letture infantili di grandi poeti : studi tecnici e scientifici a Messina . Dopo due anni di ingegneria , non può continuare l ' università e si adatta a lavorare da geometra : campa con un po ' di lavoro avventizio come disegnatore nello studio di un ingegnere ; si impiega come commesso in un grande « emporio » milanese ; riprende la sua attività di geometra per quella carriera che in Francia si chiama dei ponts et chaussées . I ricordi più antichi della figura di Quasimodo - che ha già presentato qualche lirica in « Solaria » e per il quale il « rondismo » appartiene ad una generazione che ha già definito e concluso il proprio ciclo - si inquadrano nel mondo milanese après 1930 . Egli rappresenta la generazione dei giovani emigranti intellettuali che sono « piovuti » a Milano senza precise idee su quelle che potrà essere il loro lavoro , senza precisabili titoli di studio , senza grosse aderenze nel mondo editoriale che non vuole poesia e cerca ancora gli eredi di Da Verona . Ecco - probabilmente abitano in modestissime camere ammobiliate - un tavolo al Savini : ma assai in disparte da quelli dei giornalisti famosi , delle attrici , degli autori drammatici : distanti anche dal tavolo dove siedono i pittori del gruppo del Novecento . È il tavolo , per citare qualche nome , di Francesco Messina , di Cesare Zavattini , di Raffaele Carrieri , del giovane ingegnere e poeta Leonardo Sinisgalli , del poeta Orazio Napoli , del giovane novelliere toscano Arturo Tofanelli , del pittore Domenico Cantatore . Gli italiani fanno della storia e della critica letteraria di toni cogitabondi . Dall ' aneddotica , dalla cronaca , dal diarismo ci si tiene al largo . La vita della Milano di quegli anni - eppure fu la città del Futurismo , della Pittura Metafisica , del « Novecento » , dell ' Ermetismo - non ha avuto il suo André Salmon , come lo ha avuto Parigi . Uomo segretamente inquieto sotto una maschera di apparente mutismo , Quasimodo - poeta dal nome subito indimenticabile , almeno per chi abbia letto Notre - Dame di Victor Hugo - sta al centro di quel mondo senza riti o premi letterari . Il cenacolo finirà , con gli anni , a disperdersi per varie vie . Adesso , inserito nella storia letteraria dal Nobel assegnato a quello che era allora il geometra di Modica , esso assume una sua precisa fisionomia : è il Cenacolo di Quasimodo . Erano i tempi del volume di liriche Oboe sommerso , di sapore , mi sembra , un po ' alla Debussy . Quasimodo diventa un portabandiera dell ' Ermetismo . I suoi primi critici sono Montale , Giansiro Ferrata , Vittorini , cui seguono Solmi , Anceschi , Bo , Vigorelli . Lo definiscono il poeta dalla « voce assorta » che modula gli echi di una accorata mitologia decantata dalle scorie di qualunque scolasticismo . In breve giro d ' anni , alcuni suoi versi ( Ed è subito sera ) diventano famosi . La nonna di Quasimodo ha origini greche : il nipote pensa all ' Ellade come ad una patria perduta , e al mondo come il misterioso luogo in cui tutti cerchiamo una nostra patria , e cioè la fonte di tutte le nostre origini e lo schermo di tutte le nostre speranze . Senza singhiozzi romantici , senza « fatti personali » , senza autobiografiche confessioni desolate , vorrei dire che Quasimodo appare ispirato da una Musa con le palpebre mestamente socchiuse . Idealmente , egli è riapprodato al sogno delle sue antichissime origini ancestrali , attraverso lo studio della poesia ellenica , al quale l ' autodidatta ha potuto dedicarsi solo alle soglie dell ' età matura , come un premio della giovinezza povera , affaticata , oscuramente laboriosa . Vicino ormai ai sessant ' anni , salvato dalla durissima minaccia di una malattia che stava per spezzare il suo cuore , simile in tante fasi della sua vita ad un « ulisside della speranza » , egli parla , in una lirica , di un compagno di fanciullezza , nel cui volto , però , ci pare egli guardi se stesso come in uno specchio : e quel fanciullo io amavo / sopra gli altri ; destro / nel gioco della lippa e delle piastre / e tacito sempre e senza riso .