Scala ( Vergani Orio , 1952 )
StampaQuotidiana ,
La
sala
non
è
al
buio
.
Sei
grandi
lampade
pendono
sull
'
orchestra
,
e
la
loro
luce
arriva
,
degradando
,
sino
in
fondo
alla
sala
.
Ricordo
questa
sala
distrutta
,
aperta
alla
neve
,
alla
pioggia
,
al
vento
:
e
il
color
nero
delle
grandi
travi
carbonizzate
:
le
finestre
dei
palchetti
vuote
sulla
vasta
voragine
muta
.
Ricordo
,
di
quei
giorni
,
di
quei
funesti
inverni
,
il
silenzio
di
Milano
nelle
piazze
e
nelle
vie
intorno
:
i
passanti
rari
,
i
volti
chini
,
le
guance
pallide
:
la
città
macilenta
,
quasi
senza
voce
,
vuota
di
ragazzi
:
Io
stillicidio
dell
'
acqua
in
questo
grande
cortile
da
tragedia
shakespeariana
nel
quintuplo
giro
dei
palchi
:
le
porpore
stinte
:
i
carboni
e
la
cenere
mescolati
ai
cristalli
:
l
'
oro
infamato
dal
fango
.
Nel
nome
di
Toscanini
,
e
cioè
nel
nome
della
musica
italiana
,
la
sala
è
stata
la
prima
a
risorgere
.
È
lì
,
ancora
,
oggi
come
tanti
anni
fa
-
come
cinquantaquattro
anni
fa
,
quando
il
Maestro
salì
sul
podio
per
la
prima
volta
a
dirigere
i
Maestri
cantori
-
Toscanini
è
saldo
;
tiene
le
redini
dei
poemi
musicali
in
pugno
,
come
gli
antichi
aurighi
nel
bronzo
greco
.
È
entrato
per
la
prova
generale
,
e
,
come
lui
vuole
,
nessuno
ha
applaudito
.
È
passato
dietro
alla
prima
fila
dei
violini
,
è
sul
podio
,
volta
le
spalle
alla
platea
:
davanti
non
ha
il
leggio
:
e
bisogna
indovinare
il
raccoglimento
,
la
profondità
,
la
fissità
,
la
mobilità
del
suo
sguardo
che
,
adesso
,
spazia
solamente
sulle
misure
della
musica
.
Io
,
più
fortunato
o
più
indiscreto
degli
altri
,
sono
andato
avanti
,
in
un
angolo
della
quarta
fila
,
e
ho
,
dietro
a
me
,
un
grande
spazio
vuoto
.
Oltre
che
sentire
,
oggi
voglio
«
vedere
»
Toscanini
.
Non
voglio
ripetere
la
frase
di
Emilio
Zola
che
,
quando
fu
a
Roma
per
scrivere
Roma
,
dopo
aver
visto
il
Pontefice
tornò
in
albergo
e
,
seduto
a
tavola
,
disse
alla
moglie
,
soddisfatto
:
J
'
ai
mon
Papa
...
Ma
,
di
«
tre
quarti
»
,
ho
il
«
mio
»
Toscanini
.
Vedo
i
suoi
capelli
bianchi
,
argentei
,
folti
e
mossi
sulla
nuca
.
Trovo
un
ricordo
antico
,
uno
dei
più
lontani
ricordi
d
'
infanzia
:
il
ricordo
di
un
bambino
accompagnato
per
mano
a
vedere
San
Petronio
,
a
Bologna
.
Mi
sembra
di
sentire
ancora
la
stretta
improvvisa
alla
mia
mano
di
bambino
.
Mi
dice
la
voce
di
un
caro
vecchio
rotta
dall
'
emozione
:
«
Guarda
là
!
...
Guarda
là
!...»
Aiutano
qualcuno
a
salire
su
una
carrozzella
:
non
vedo
bene
,
e
non
capisco
perché
mi
si
inviti
,
con
così
brusca
commozione
,
a
guardare
.
La
voce
vicina
a
me
dice
:
«Carducci...»
.
La
carrozzella
si
muove
con
il
suo
passeggero
che
ha
in
testa
,
mi
sembra
,
un
corto
tubino
.
Di
quel
passeggero
non
vedo
che
i
capelli
bianchi
,
argentei
,
folti
e
mossi
sulla
nuca
.
È
un
momento
,
e
la
carrozzella
scompare
.
Ho
visto
í
capelli
bianchi
di
Carducci
.
Guardo
,
adesso
,
e
li
trovo
simili
a
quelli
del
poeta
,
i
capelli
bianchi
del
Maestro
.
Ogni
tanto
egli
china
il
capo
,
quasi
toccando
con
il
mento
il
petto
.
Vedo
,
di
scorcio
,
la
«
rupe
»
della
fronte
,
sfiorata
dalla
luce
;
il
modellato
delle
tempie
e
dello
zigomo
,
in
ombra
.
Non
esiste
più
un
Vincenzo
Gemito
per
scolpire
,
così
,
di
Toscanini
un
ritratto
come
quello
di
Verdi
.
Penso
ai
capelli
bianchi
di
Verdi
.
Toscanini
non
è
un
uomo
vecchio
:
non
sarà
mai
un
uomo
vecchio
:
è
un
uomo
«
antico
»
,
modellato
in
qualcosa
di
incorrotto
e
senza
tempo
,
come
si
può
pensare
che
,
anche
giovani
,
fossero
taluni
geni
rupestri
,
come
Michelangelo
;
uomini
fatti
per
vivere
fra
le
rocce
,
come
le
aquile
.
Chi
ha
mai
pensato
di
contare
gli
anni
di
un
'
aquila
?
Le
aquile
non
vedono
incanutire
le
loro
penne
.
Hanno
gli
anni
del
loro
volo
.
La
sala
tace
.
Mille
,
millecinquecento
persone
sono
state
«
segretamente
»
ammesse
ad
ascoltare
la
prova
.
Il
Maestro
non
ha
negato
questo
dono
.
Gli
basta
che
la
gente
taccia
.
Laggiù
,
lassù
,
intorno
,
nei
nidi
dei
palchi
,
nelle
logge
delle
gallerie
c
'
è
un
pubblico
che
amo
.
Se
fra
cent
'
anni
un
regista
comporrà
un
film
dedicato
a
Toscanini
e
alla
sua
vita
,
non
dimentichi
questa
scena
e
queste
«
masse
»
.
Ci
sono
gli
intenditori
,
i
musicologi
,
i
musicisti
,
i
«
toscaniniani
»
.
Mi
permetto
di
consigliare
il
regista
a
non
dar
loro
importanza
,
in
questa
scena
.
Si
ricordi
,
invece
:
dei
ragazzi
e
dei
vecchi
:
chiami
a
raccolta
,
per
il
suo
film
,
a
voler
rifar
la
scena
d
'
oggi
,
molti
ragazzi
e
molti
vecchi
:
gente
che
domani
non
troverebbe
posto
,
vecchi
che
,
a
insinuarsi
nel
«
tutto
esaurito
»
di
un
grande
concerto
,
«
non
si
fidano
»
,
perché
hanno
il
peso
degli
anni
,
gli
acciacchi
,
la
difficoltà
di
sedere
e
di
respirare
tra
la
folla
,
il
pudore
di
mostrarsi
,
tra
la
folla
,
presi
dalla
commozione
e
forse
,
dalle
lagrime
per
l
'
onda
dei
ricordi
.
Gente
più
che
anziana
:
una
toccante
visione
:
gli
ottant
'
anni
non
si
contano
:
le
novantenni
,
che
si
sono
messe
in
ghingheri
e
sono
venute
avanti
sostenute
dalle
figlie
e
dalle
nipoti
,
non
si
contano
.
Occhi
e
cuori
che
ridanno
la
scalata
al
tempo
,
che
passano
a
guado
la
fiumana
dei
ricordi
di
mezzo
secolo
,
ai
tempi
delle
prime
di
Otello
-
mi
hanno
detto
-
ai
tempi
in
cui
si
combatteva
«
contro
»
la
musica
di
Wagner
.
Vecchie
,
canute
,
tremolanti
signore
alle
quali
,
cinquantaquattro
anni
fa
,
il
giovane
maestro
di
Parma
ha
insegnato
che
non
era
giusto
sospirare
solamente
per
i
tenori
,
ma
che
si
poteva
sospirare
per
Sigfrido
e
riconoscersi
nel
lamento
amoroso
di
Isotta
.
Sono
venute
fuori
dalle
loro
case
pomeridiane
,
ringraziando
la
giornata
mite
:
trattengono
i
colpi
di
tosse
.
Nell
'
ombra
dei
palchi
asciugano
una
lagrima
del
1898
.
Regista
:
non
dimenticare
i
ragazzi
.
Ce
ne
sono
di
quindici
,
di
diciotto
anni
;
ma
,
stranamente
,
hanno
quasi
tutti
un
viso
,
una
compunzione
,
una
espressione
da
attesa
di
prima
comunione
o
di
cresima
.
Hanno
diciotto
anni
:
ma
Toscanini
ha
la
virtù
di
riportarli
all
'
emozione
delle
favole
,
delle
fate
e
dei
maghi
.
Straordinario
nonno
,
Toscanini
:
i
ragazzi
sembrano
,
nella
penombra
della
sala
color
di
porpora
,
seduti
al
focolare
.
Regista
,
non
dimenticare
che
quest
'
ora
non
è
«
mondana
»
:
ma
,
affollata
di
vecchie
nonne
e
bisnonne
e
di
nipoti
e
pronipoti
,
dà
alla
sala
scaligera
il
colore
,
il
mormorio
,
la
fiducia
proprio
dei
vecchi
focolari
.
Una
mano
guida
la
straordinaria
favola
.
È
la
destra
che
ne
distribuisce
i
personaggi
e
i
sentimenti
,
l
'
onda
dell
'
amore
,
dei
dolori
,
del
compianto
,
della
stupefazione
:
che
fa
entrare
le
voci
dei
lunghicriniti
eroi
,
sorregge
pilastri
,
cupole
,
cieli
,
cattedrali
arboree
,
rocce
,
e
chiama
le
nuvole
,
e
accende
le
stelle
,
e
volge
il
corso
delle
comete
:
è
la
sinistra
che
fa
passare
sui
volti
e
sulle
cose
il
soffio
tiepido
o
arroventato
della
vita
,
e
dice
al
canto
:
«
Ama
!
»
,
e
dice
al
canto
:
«
Fremi
!
»
.
Romantiche
mani
che
nei
coni
di
luce
si
illuminano
:
pronte
al
gesto
del
dominio
e
all
'
impeto
squassante
,
come
,
per
prendere
la
tragedia
per
la
gola
e
dirle
:
«
Piegati
:
sei
mia
...
»
:
pronte
alla
carezza
più
sottile
,
come
se
insegnassero
ai
suoni
più
gracili
ad
alzare
le
palpebre
fiduciose
e
a
mostrare
i
loro
sguardi
di
bambini
:
pronte
all
'
eloquenza
concitata
,
pronte
a
dividere
il
Creato
in
due
;
da
una
parte
la
luce
,
dall
'
altra
l
'
ombra
:
pronte
a
riportare
leopardianamente
la
quiete
dopo
la
tempesta
,
e
a
dividere
fronda
da
fronda
nella
foresta
stillante
di
perle
per
scoprire
il
nido
degli
usignoli
.
Mani
che
implorano
:
mani
che
comandano
:
e
il
gesto
ha
l
'
imperio
di
quello
con
il
quale
Padre
Cristoforo
fece
tremare
il
cuore
del
malvagio
.
Mani
che
insegnano
il
sospiro
e
la
preghiera
,
il
gesto
delle
supplici
e
quello
della
consolazione
:
e
aprono
le
porte
di
bronzo
attraverso
il
cui
spiraglio
si
indovina
l
'
aldilà
.
Si
muovono
,
come
quelle
di
un
magico
tessitore
,
sul
telaio
dove
si
tessono
i
sogni
:
come
penso
si
muovessero
quelle
di
Tolstoj
quando
faceva
scendere
l
'
amore
nel
cuore
di
Natascia
,
o
quelle
,
forti
,
di
Wagner
,
quando
batteva
sull
'
incudine
l
'
acciaio
della
spada
.