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PICCOLO MONDO ANTICO ( FOGAZZARO ANTONIO , 1895 )
Narrativa ,
ÿþA Luisa Venini Campioni A Lei carissima Luisa , che tante persone e cose del piccolo mondo valsoldese ebbe familiari ; a Lei , devota e fedele amica di due care anime che ci aspettano nell ' eternità , offro nel nome loro e nel nome di un altro morto a Lei diletto il libro che queste sacre memorie e non queste sole , segretamente richiama . Antonio Fogazzaro PARTE PRIMA 1 . Risotto e tartufi Soffiava sul lago una breva fredda , infuriata di voler cacciar le nubi grigie , pesanti sui cocuzzoli scuri delle montagne . Infatti , quando i Pasotti , scendendo da Albogasio Superiore , arrivarono a Casarico , non pioveva ancora . Le onde stramazzavano tuonando sulla riva , sconquassavan le barche incatenate , mostravano qua e là , sino all ' opposta sponda austera del Doi , un lingueggiar di spume bianche . Ma giù a ponente , in fondo al lago , si vedeva un chiaro , un principio di calma , una stanchezza della breva ; e dietro al cupo monte di Caprino usciva il primo fumo di pioggia . Pasotti , in soprabito nero di cerimonia , col cappello a staio in testa e la grossa mazza di bambù in mano , camminava nervoso per la riva , guardava di qua , guardava di là , si fermava a picchiar forte la mazza a terra , chiamando quell ' asino di barcaiuolo che non compariva . Il piccolo battello nero con i cuscini rossi , la tenda bianca e rossa , il sedile posticcio di parata piantato a traverso , i remi pronti e incrociati a poppa , si dibatteva , percosso dalle onde , fra due barconi carichi di carbone che oscillavano appena . « Pin ! » , gridava Pasotti sempre più arrabbiato . « Pin ! » Non rispondeva che l ' eguale , assiduo tuonar delle onde sulla riva , il cozzar delle barche fra loro . Non c ' era , si sarebbe detto , un cane vivo in tutto Casarico . Solo una vecchia voce flebile , una voce velata da ventriloquo , gemeva dalle tenebre del portico : « Andiamo a piedi ! Andiamo a piedi ! » Finalmente il Pin comparve dalla parte di San Mamette . « Oh là ! » , gli fece Pasotti alzando le braccia . Quegli si mise a correre . « Animale ! » , urlò Pasotti . « T ' han posto un nome di cane per qualche cosa ! » « Andiamo a piedi , Pasotti » , gemeva la voce flebile . « Andiamo a piedi ! » Pasotti tempestò ancora col barcaiuolo che staccava in fretta la catena del suo battello da un anello infisso nella riva . Poi si voltò con una faccia imperiosa verso il portico e accennò a qualcuno , piegando il mento , di venire . « Andiamo a piedi , Pasotti ! » , gemette ancora la voce . Egli si strinse nelle spalle , fece con la mano un brusco atto di comando , e discese verso il battello . Allora comparve ad un ' arcata del portico una vecchia signora , stretta la magra persona in uno scialle d ' India , sotto al quale usciva la gonna di seta nera , chiusa la testa in un cappellino di città , sperticatamente alto , guernito di rosette gialle e di pizzi neri . Due ricci neri le incorniciavano il viso rugoso dove s ' aprivano due grandi occhi dolci , annebbiati , una gran bocca ombreggiata di leggeri baffi . « Oh , Pin » , diss ' ella giungendo i guanti canarini e fermandosi sulla riva a guardar pietosamente il barcaiuolo . « Dobbiamo proprio andare con un lago di questa sorte ? » Suo marito le fece un altro gesto più imperioso , un ' altra faccia più brusca della prima . La povera donna sdrucciolò giù in silenzio al battello e vi fu fatta salire , tutta tremante . « Mi raccomando alla Madonna della Caravina , caro il mio Pin » , diss ' ella . « Un lago così brutto ! » Il barcaiuolo negò del capo , sorridendo . « A proposito » , esclamò Pasotti « hai la vela ? » « Ce l ' ho su in casa » , rispose Pin . « Debbo andare a prenderla ? La signora qui avrà paura , forse . E poi , ecco là che vien l ' acqua ! » « Va ' ! » , fece Pasotti . La signora , sorda come un battaglio di campana , non udì verbo di questo colloquio , si meravigliò molto di veder Pin correr via e chiese a suo marito dove andasse . « La vela ! » , le gridò Pasotti sul viso . Colei stava lì tutta china , a bocca spalancata , per raccogliere un po ' di voce , ma inutilmente . « La vela ! » , ripeté l ' altro , più forte , con le mani accostate al viso . Ella sospettò d ' aver capito , trasalì di spavento , fece in aria col dito un geroglifico interrogativo . Pasotti rispose tracciando pure in aria un arco immaginario e soffiandovi dentro ; poi affermò del capo , in silenzio . Sua moglie , convulsa , si alzò per uscire . « Vado fuori ! » , diss ' ella angosciosamente . « Vado fuori ! Vado a piedi ! » Suo marito l ' afferrò per un braccio , la trasse a sedere , le piantò addosso due occhi di fuoco . Intanto il barcaiuolo ritornò con la vela . La povera signora si contorceva , sospirava , aveva le lagrime agli occhi , gittava alla riva delle occhiate pietose , ma taceva . L ' albero fu rizzato , i due capi inferiori della vela furono legati , e la barca stava per prender il largo , quando un vocione mugghiò dal portico : « To ' , to ' , il signor Controllore ! » , e ne sbucò un pretone rubicondo , con una pancia gloriosa , un gran cappello di paglia nera , il sigaro in bocca e l ' ombrello sotto il braccio . « Oh , curatone ! » , esclamò Pasotti . « Bravo ! È di pranzo ? Viene a Cressogno con noi ? » « Se mi toglie ! » , rispose il curato di Puria , scendendo verso il battello . « To ' to ' che c ' è anche la signora Barborin ! » Il faccione diventò amabile amabile , il vocione dolce dolce . « Ha in corpo una paura d ' inferno , povera diavola » , ghignò Pasotti , mentre il curato faceva degli inchinetti e dei sorrisetti alla signora , cui quel minacciato soprappiù di peso metteva un nuovo terrore . Ella si mise a gesticolare in silenzio come se gli altri fossero stati sordi peggio di lei . Additava il lago , la vela , la mole del curato enorme , alzava gli occhi al cielo , si metteva le mani sul cuore , se ne copriva il viso . « Peso mica tanto » , disse il curato , ridendo . « Tâs giò , ti » , soggiunse rivolto a Pin , che aveva sussurrato irriverentemente : « Ona bella tenca » . « Sapete » , esclamò Pasotti , « cosa faremo perché le passi la paura ? Pin , hai un tavolino e un mazzo di tarocchi ? » « Magari un po ' unti » , rispose Pin , « ma li ho . » Ci volle del buono per far capire alla signora Barbara , detta comunemente Barborin , di che si trattasse adesso . Non lo voleva intendere , neanche quando suo marito le cacciò in mano , per forza , un mazzo di carte schifose . Ma per ora non era possibile , giuocare . La barca avanzava faticosamente , a forza di remi , verso la foce del fiume di S . Mamette , dove si sarebbe potuto alzar la vela , e i cavalloni sbattuti indietro dalle rive si arruffavano con i sopravvegnenti , facevano ballare il battello fra un bollimento di creste spumose . La signora piangeva . Pasotti imprecava a Pin che non s ' era tenuto bastantemente al largo . Allora il curatone , afferrati due remi , ben piantata la gran persona in mezzo al battello , si mise a lavorar di schiena , tanto che in quattro colpi si uscì dal cattivo passo . La vela fu alzata , e il battello scivolò via liscio , a seconda , con un sommesso gorgoglio sotto la chiglia , con ondular lento e blando . Il prete sedette allora sorridente accanto alla signora Barborin che chiudeva gli occhi e mormorava giaculatorie . Ma Pasotti batteva impaziente il mazzo dei tarocchi sul tavolino e bisognò giuocare . Intanto la pioggia grigia veniva avanti adagio adagio , velando le montagne , soffocando la breva . La signora andava ripigliando fiato a misura che ne perdeva il vento , giuocava rassegnata , pigliandosi in pace gli spropositi propri e le sfuriate di suo marito . Quando la pioggia incominciò a mormorar sulla tenda del battello e sull ' onda morta che andava tutt ' ora , quasi senz ' aria , agli scogli del Tentiòn ; quando il barcaiuolo pensò bene di calar la vela e di riprendere i remi , la signora Barborin respirò del tutto . « Caro il mio Pin ! » , diss ' ella teneramente ; e si mise a giuocar a tarocchi con uno zelo , con un brio , con una beatitudine in viso , che non si turbavano né di spropositi né di strapazzate . Molti giorni di breva e di pioggia , di sole e di tempeste sorsero e tramontarono sul lago di Lugano , sui monti della Valsolda , dopo quella partita a tarocchi giuocata dalla signora Pasotti , da suo marito , controllore delle dogane a riposo , e dal curatone di Puria , nel battello che costeggiava lento , in mezzo ad una nebbiolina di pioggia , le scogliere di S . Mamette e Cressogno . Quando rivedo nella memoria qualche casupola nera che ora specchia nel lago le sue gale di zotica arricchita , qualche gaia palazzina elegante che ora decade in un silenzioso disordine ; il vecchio gelso di Oria , il vecchio faggio della Madonnina , caduti con le generazioni che li veneravano ; tante figure umane piene di rancori che si credevano eterni , di arguzie che parevano inesauribili , fedeli ad abitudini di cui si sarebbe detto che solo un cataclisma universale potesse interromperle , figure non meno familiari di quegli alberi alle generazioni passate , e scomparse con essi , quel tempo mi pare lontano da noi molto più del vero , come al barcaiuolo Pin , se si voltava a guardar il ponente , parevano lontani più del vero , dietro la pioggia , il San Salvatore e i monti di Carona . Era un tempo bigio e sonnolento , proprio come l ' aspetto del cielo e del lago , caduta la breva che aveva fatto tanta paura alla signora Pasotti . La gran breva del 1848 , dopo aver dato poche ore di sole e lottato un pezzo con le nuvole pesanti , spenta da tre anni , lasciava piovere e piovere i giorni quieti , foschi , silenziosi dove cammina questa mia umile storia . I re e le regine di tarocchi , il Mondo , il Matto e il Bagatto erano in quel tempo e in quel paese personaggi d ' importanza , minute potenze tollerate benevolmente nel seno del grande tacito impero d ' Austria , dove le loro inimicizie , le loro alleanze , le loro guerre erano il solo argomento politico di cui si potesse liberamente discutere . Anche Pin , remando , ficcava avidamente sopra le carte della signora Barborin il suo adunco naso curioso , e lo ritraeva a malincuore . Una volta restò dal remare per tenervelo su e vedere come la povera donna se la sarebbe cavata da un passo difficile , cosa avrebbe fatto di una certa carta pericolosa a giuocare e pericolosa a tenere . Suo marito picchiava impaziente sul tavolino , il curatone palpava con un sorriso beato le proprie carte , e lei si stringeva le sue al petto , ridendo e gemendo , sbirciando ora l ' uno ora l ' altro de ' suoi compagni . « Ha il Matto in mano » , sussurrò il curato . « Fa sempre così , lei , quando ha il Matto » , disse Pasotti e gridò picchiando : « Giù questo Matto ! » . « Io lo butto nel lago » , diss ' ella . Gittò un ' occhiata a prora e trovò lo scampo di osservare che si toccava Cressogno , ch ' era tempo di smettere . Suo marito sbuffò alquanto , ma poi si rassegnò a infilare i guanti . « Trota , oggi , curato » , diss ' egli mentre l ' umile sposa glieli abbottonava . « Tartufi bianchi , francolini e vin di Ghemme . » « Lo sa , lo sa , lo sa ? » , esclamò il curato . « Lo so anch ' io . Me l ' ha detto il cuoco , ieri , a Lugano . Che miracoli , eh , la signora marchesa ! » « Ma , miracoli ? Pranzo di Sant ' Orsola , intanto ; e poi invito di signore : le Carabelli madre e figlia ; quelle Carabelli di Loveno , sa ? » « Ah sì ? » , fece il curato . « E ci sarebbe qualche progetto ... ? Ecco là don Franco in barca . Ehi , che bandiera , il giovinotto ! Non gliel ' ho mai vista . » Pasotti alzò la tenda del battello , per vedere . Poco discosto una barca dalla bandiera bianca e azzurra si cullava in un comune moto di saliscendi , in una comune stanchezza con l ' onda . A poppa , sotto la bandiera , v ' era seduto don Franco Maironi , l ' abiatico della vecchia marchesa Orsola che dava il pranzo . Pasotti lo vide alzarsi , dar di piglio ai remi e allontanarsi remando adagio , verso l ' alto lago , verso il golfo selvaggio del Dòi ; la bandiera bianca e azzurra si spiegava tutta , sventolava sulla scia . « Dove va , quell ' originale ? » , diss ' egli . E brontolò fra i denti , con una forzata raucedine da barabba milanese : « Antipatico ! » « Dicono ch ' è così di talento ! » , osservò il prete . « Testa pessima » , sentenziò l ' altro . « Molta boria , poco sapere , nessuna civiltà . » « È mezzo marcio » , soggiunse . « Se fossi io quella signorina ... » « Quale ? » , chiese il curato . « La Carabelli . » « Tenga a mente , signor Controllore . Se i francolini e i tartufi bianchi sono per la popòla Carabelli , son buttati via . » « Sa qualche cosa , Lei ? » , disse piano Pasotti con una vampa di curiosità negli occhi . Il prete non rispose perché in quel punto la prora strisciò sulla rena , toccò all ' approdo . Egli uscì il primo ; quindi Pasotti diede a sua moglie , con una rapida mimica imperiosa , non so quali istruzioni , e uscì anche lui . La povera donna venne fuori per l ' ultima , tutta rinfagottata nel suo scialle d ' India , tutta curva sotto il cappellone nero dalle rosette gialle , barcollando , mettendo avanti le grosse mani dai guanti canarini . I due ricci pendenti a lato della sua mansueta bruttezza avevano un particolare accento di rassegnazione sotto l ' ombrello del marito , proprietario , ispettore e geloso custode di tante eleganze . I tre salirono al portico col quale la villetta Maironi cavalca , da ponente , la via dell ' approdo alla chiesa parrocchiale di Cressogno . Il curato e Pasotti fiutavano , tra un sospiro di dolcezza e l ' altro , certo indistinto odore caldo che vaporava dal vestibolo aperto della villa . « Ehi , risotto , risotto » , sussurrò il prete con un lume di cupidigia in faccia . Pasotti , naso fine , scosse il capo aggrottando le ciglia , con manifesto disprezzo di quell ' altro naso . « Risotto no » , diss ' egli . « Come , risotto no ? » , esclamò il prete , piccato . « Risotto sì . Risotto ai tartufi ; non sente ? » Si fermarono ambedue a mezzo il vestibolo , fiutando l ' aria come bracchi , rumorosamente . « Lei , caro il mio curato , mi faccia il piacere di parlare di posciandra » , disse Pasotti dopo una lunga pausa , alludendo a certa rozza pietanza paesana di cavoli e salsicce . « Tartufi si , risotto no . » « Posciandra , posciandra » , borbottò l ' altro , un poco offeso . « Quanto a quello ... » La povera mansueta signora capì che litigavano , si spaventò e si mise a cacciar puntate al soffitto coll ' indice destro , per significare che lassù potevano udire . Suo marito le afferrò la mano in aria , le accennò di fiutare e poi le soffiò nella bocca spalancata : « Risotto ! » Lei esitava , non avendo udito bene . Pasotti si strinse nelle spalle . « Non capisce un accidente » , diss ' egli : « il tempo cambia » ; e salì la scala seguito da sua moglie . Il grosso curato volle dare un ' altra occhiata alla barca di don Franco . « Altro che Carabelli ! » , pensò ; e fu richiamato subito dalla signora Barborin che gli raccomandò di metterlesi vicino a tavola . Aveva tanta soggezione , povera creatura ! I fumi delle casseruole empivano anche la scala di tepide fragranze . « Risotto no » , disse piano l ' avanguardia . « Risotto sì » , rispose sullo stesso tono la retroguardia . E così continuarono , sempre più piano , « risotto sì » , « risotto no » fino a che Pasotti spinse l ' uscio della sala rossa , abituale soggiorno della padrona di casa . Un brutto cagnolino smilzo trottò abbaiando incontro alla signora Barborin che cercava di sorridere mentre Pasotti metteva la sua faccia più ossequiosa e il curato , entrando ultimo con un faccione dolce dolce , mandava in cuor suo all ' inferno la maledetta bestia . « Friend ! Qua ! Friend ! » , disse placidamente la vecchia marchesa . « Cara signora , caro Controllore , curato . » La grossa voce nasale parlava con la stessa flemma , con lo stesso tono agli ospiti e al cane . S ' era alzata per la signora Barborin ma senza fare un passo dal canapè , e stava lì in piedi , una tozza figura dagli occhi spenti e tardi sotto la fronte marmorea e la parrucca nera che le si arrotondava in due grossi lumaconi sulle tempie . Il viso doveva essere stato bello un tempo e serbava , nel suo pallore giallastro di marmo antico , certa maestà fredda che non mutava mai , come lo sguardo come la voce , per qualsiasi moto dell ' animo . Il curatone le fece due o tre inchini a scatto , stando alla larga , ma Pasotti le baciò la mano , e la signora Barborin , sentendosi gelare sotto quello sguardo morto , non sapeva come muoversi né che dire . Un ' altra signora si era alzata dal canapè all ' alzarsi della marchesa e stava guardando con sussiego la Pasotti , quel povero mucchietto di roba vecchia rinfagottato di roba nuova . « La signora Pasotti e suo marito » , disse la marchesa . « Donna Eugenia Carabelli . » Donna Eugenia piegò appena il capo . Sua figlia , donna Carolina , stava in piedi presso la finestra discorrendo con una favorita della marchesa , nipote del suo fattore . La marchesa non stimò necessario d ' incomodarla per presentarle i nuovi venuti e , fattili sedere , riprese una pacata conversazione con donna Eugenia sulle loro comuni conoscenze milanesi , mentre Friend faceva , fiutando e starnutendo , il giro dello scialle canforato della Pasotti , si strofinava sui polpacci del curato e guardava Pasotti con i suoi occhietti umidi e afflitti , senza toccarlo , come se intendesse che il padrone dello scialle indiano , malgrado la sua faccia amabile , gli avrebbe torto il collo volentieri . La marchesa Orsola teneva in moto la sua solita grossa voce sonnolenta e la Carabelli si studiava , rispondendo , di rendere amabile la sua grossa voce imperiosa , ma non sfuggì agli occhi penetranti e al maligno ingegno di Pasotti che le due vecchie dame dissimulavano , la Maironi più e la Carabelli meno , un comune malcontento . Ciascuna volta che l ' uscio si apriva , gli occhi spenti dell ' uno e gli occhi foschi dell ' altra si volgevano là . Una volta entrò il prefetto del Santuario della Caravina col piccolo signor Paolo Sala detto « el Paolin » e col grosso signor Paolo Pozzi detto « el Paolon » , compagni indivisibili . Un ' altra volta entrò il marchese Bianchi , di Oria , antico ufficiale del regno d ' Italia , con la sua figliuola , una nobile figura di vecchio cavalleresco soldato accanto a una seducente figura di fanciulla briosa . Sì la prima che la seconda volta un ' ombra di corruccio passò sul viso della Carabelli . Anche la figlia di costei girava pronta gli occhi all ' uscio , quando si apriva , ma poi chiacchierava e rideva più di prima . « E don Franco , marchesa ? Come sta don Franco ? » , disse il maligno Pasotti , con voce melliflua , porgendo alla marchesa la tabacchiera aperta . « Grazie tante » , rispose la marchesa piegandosi un poco e ficcando due grosse dita nel tabacco : « Franco ? a dirle la verità sono un poco in angustia . Stamattina non si sentiva bene e adesso non lo vedo . Non vorrei ... » « Don Franco ? » , disse il marchese . « È in barca . L ' abbiamo visto un momento fa che remava come un barcaiuolo . » Donna Eugenia spiegò il ventaglio . « Bravo ! » , diss ' ella facendosi vento in fretta e in furia . « È un bellissimo divertimento . » Chiuse il ventaglio d ' un colpo e si mise a mordicchiarlo con le labbra . « Avrà avuto bisogno di prender aria » , osservò la marchesa nel suo naso imperturbabile . « Avrà avuto bisogno di prender acqua » , mormorò il prefetto della Caravina con gli occhi scintillanti di malizia . « Piove ! » « Don Franco viene adesso , signora marchesa » , disse la nipote del fattore dopo aver dato un ' occhiata al lago . « Va bene » , rispose il naso sonnacchioso . « Spero che stia meglio , altrimenti non dirà due parole . Un ragazzo sanissimo ma apprensivo . Senta , Controllore ; e il signor Giacomo ? Perché non si vede ? » « El sior Zacomo » , incominciò Pasotti canzonando il signor Giacomo Puttini , un vecchio celibatario veneto che dimorava da trent ' anni in Albogasio Superiore , presso la villa Pasotti . « El sior Zacomo ... » « Adagio » , lo interruppe la dama . « Non le permetto di burlarsi dei veneti , e poi non è vero che nel Veneto si dica Zacomo . » Ella era nata a Padova , e benché abitasse a Brescia da quasi mezzo secolo , il suo dire lombardo era ancora infetto da certe croniche patavinità . Mentre Pasotti protestava , con cerimonioso orrore , di aver solamente inteso imitar la voce dell ' ottimo suo vicino ed amico , l ' uscio si aperse una terza volta . Donna Eugenia , sapendo bene chi entrava , non degnò voltarsi a guardare , ma gli occhi spenti della marchesa si posarono con tutta flemma su don Franco . Don Franco , unico erede del nome Maironi , era figlio di un figlio della marchesa , morto a ventott ' anni . Aveva perduto la madre nascendo ed era sempre vissuto nella potestà della nonna Maironi . Alto e smilzo , portava una zazzera di capelli fulvi , irti , che l ' aveva fatto soprannominare el scovin d ' i nivol , lo scopanuvoli . Aveva occhi parlanti , d ' un ceruleo chiarissimo , una scarna faccia simpatica , mobile , pronta a colorarsi e a scolorarsi . Quella faccia accigliata diceva ora molto chiaramente : « Son qui , ma mi seccate assai » . « Come stai , Franco ? » , gli chiese la nonna , e soggiunse tosto senz ' aspettare risposta : « Guarda che donna Carolina desidera udire quel pezzo di Kalkbrenner . » « Oh no , sa » , disse la signorina volgendosi al giovine con aria svogliata . « L ' ho detto , sì , ma poi non mi piace , Kalkbrenner . Preferisco chiacchierare con le signorine . » Franco parve soddisfatto dell ' accoglienza ricevuta e andò senza aspettar altro a discorrere col curatone d ' un buon quadro antico che dovevano vedere insieme nella chiesa di Dasio . Donna Eugenia Carabelli fremeva . Ell ' era venuta con la figliuola da Loveno dopo un ' arcana azione diplomatica cui avevano preso parte altre potenze . Se questa visita si dovesse fare o no , se il decoro della famiglia Carabelli lo permettesse , se vi fosse quella probabilità di successo che donna Eugenia richiedeva , erano state le ultime questioni definite dalla diplomazia ; perché malgrado la vecchia relazione della mamma Carabelli e della nonna Maironi i giovani non s ' erano veduti che un paio di volte alla sfuggita ed erano i loro involucri di ricchezza e di nobiltà , di parentele e di amicizie , che si attraevano come si attraggono una goccia d ' acqua marina e una goccia d ' acqua dolce , benché le creature minuscole che vivono nell ' una e nell ' altra sieno condannate , se le due gocce si uniscono , a morirne . La marchesa aveva vinto il suo punto , apparentemente in grazia dell ' età , sostanzialmente in grazia dei denari , era stato accettato che l ' intervista seguisse a Cressogno , perché se Franco non aveva di proprio che la magra dote della madre , diciotto o ventimila lire austriache , la nonna sedeva , con quella sua flemmatica dignità , su qualche milione . Ora donna Eugenia , vedendo il contegno del giovine , fremeva contro la marchesa , contro chi aveva esposto lei e la sua ragazza a una umiliazione simile . Se avesse potuto soffiar via d ' un colpo la vecchia , suo nipote , la casa tetra e la compagnia uggiosa , lo avrebbe fatto con gioia ; ma conveniva dissimulare , parer indifferente , inghiottir lo smacco e il pranzo . La marchesa serbava la sua esterna placidità marmorea benché avesse il cuore pieno di dispetto e di maltalento contro suo nipote . Egli aveva osato chiederle , due anni prima , il permesso di sposare una signorina della Valsolda , civile , ma non ricca né nobile . Il reciso rifiuto della nonna aveva reso impossibile il matrimonio e persuasa la madre della ragazza a non più ricevere in casa don Franco ; ma la marchesa tenne per fermo che quella gente non avesse levato l ' occhio da ' suoi milioni . Era quindi venuta nel proposito di dar moglie a Franco assai presto per toglierlo dal pericolo ; e aveva cercato una ragazza ricca ma non troppo , nobile ma non troppo , intelligente ma non troppo . Trovatane una di questo stampo , la propose a Franco che si sdegnò fieramente e protestò di non voler prender moglie . La risposta era ben sospetta ed ella vigilò allora più che mai sui passi del nipote e di quella « madama Trappola » , poiché chiamava graziosamente così la signorina Luisa Rigey . La famiglia Rigey , composta di due sole signore , Luisa e sua madre , abitava in Valsolda , a Castello : non era difficile sorvegliarla . Pure la marchesa non poté venir a capo di nulla . Ma Pasotti le riferì una sera con molta ipocrisia d ' esitazioni e d ' inorriditi commenti che il prefetto della Caravina , stando a crocchio nella farmacia di S . Mamette con lui Pasotti , col signor Giacomo Puttini , col Paolin e col Paolon , aveva tenuto questo bel discorso : « Don Franco fa il morto da burla fino a che la vecchia lo farà sul serio » . Udita questa fine arguzia , la marchesa rispose nel suo pacifico naso « grazie tante » e cambiò discorso . Seppe quindi che la signora Rigey , sempre infermiccia , si trovava a mal partito per una ipertrofia di cuore e le parve che l ' umore di Franco se ne risentisse . Proprio allora le fu proposta la Carabelli . La Carabelli non era forse interamente di suo gusto , ma di fronte all ' altro pericolo non c ' era da esitare . Parlò a Franco . Stavolta Franco non si sdegnò , ascoltò distratto e disse che ci avrebbe pensato . Fu la sola ipocrisia , forse , della sua vita . La marchesa giuocò audacemente una carta grossa , fece venire la Carabelli . Ora lo vedeva bene , il giuoco era perduto . Don Franco non s ' era trovato all ' arrivo delle signore e aveva poi fatto una sola apparizione di pochi minuti . I suoi modi , durante quei pochi minuti , erano stati cortesi , ma la sua faccia no ; la sua faccia aveva parlato , secondo il solito , talmente chiaro , che la marchesa , affibbiandogli , come subito fece , una indisposizione , non poté ingannar nessuno . Però la vecchia dama non si persuase d ' aver giuocato male . Già dall ' età dei primi giudizi in poi , ella si era messa al punto di non riconoscersi mai un solo difetto né un solo torto , di non ferirsi mai , volontariamente , nel suo nobile e prediletto sé . Ora le piacque si supporre che dopo il suo sermone matrimoniale al nipote , gli fosse pervenuta nel mistero una parolina di miele , di vischio e di veleno . Se il suo disinganno aveva qualche lieve conforto era nel contegno della signorina Carabelli che mal celava la vivacità del proprio risentimento . ciò non piaceva alla marchesa . Il prefetto della Caravina non aveva torto se non forse un poco nella forma quando diceva sottovoce di lei : « L ' è on ' Aüstria p ... » . Come la vecchia Austria di quel tempo , la vecchia marchesa non amava nel suo impero gli spiriti vivaci . La sua volontà di ferro non ne tollerava altre vicino a sé . Le era già di troppo un indocile Lombardo - Veneto come il signor Franco , e la ragazza Carabelli , che aveva l ' aria di sentire e volere per conto proprio , sarebbe probabilmente riuscita in casa Maironi una suddita incomoda , una torbida Ungheria . Si annunciò il pranzo . Nella faccia rasa e nell ' abito grigio , mal tagliato , del domestico si riflettevano le idee aristocratiche della marchesa , temperate di abitudini econome . « E questo signor Giacomo , Controllore ? » , disse ella , senza muoversi . « Temo , marchesa » , rispose Pasotti . « L ' ho incontrato stamattina e gli ho detto : " Dunque , signor Giacomo , ci vediamo a pranzo ? " . È parso che gli mettessi una biscia in corpo . Ha cominciato a contorcersi e a soffiare : " Sì , credo , no so , forse , no digo , apff , ecco , propramente , Controllore gentilissimo , no so , insomma , e apff ! " . Non ne ho cavato altro . » La marchesa chiamò a sé il domestico e gli disse qualche cosa sottovoce . Quegli fece un inchino e si ritirò . Il curato di Puria si dondolava in su e in giù accarezzandosi le ginocchia nel desiderio del risotto ; ma la marchesa pareva petrificata sul canapè e perciò si petrificò anche lui . Gli altri si guardavano , muti . La povera signora Barborin , avendo visto il domestico , meravigliata di quella immobilità , di quelle facce sbalordite , inarcò le sopracciglia , interrogò con gli occhi ora suo marito , ora il Puria , ora il prefetto , sino a che una fulminea occhiata di Pasotti petrificò lei pure . " Se fosse bruciato il pranzo ! " , pensava componendosi un viso indifferente . " Se ci mandassero a casa ! Che fortuna ! " . Dopo due minuti il domestico ritornò e fece un inchino . « Andiamo » , disse la marchesa , alzandosi . La comitiva trovò in sala da pranzo un personaggio nuovo , un vecchietto piccolo , curvo , con due occhietti buoni e un lungo naso spiovente sul mento . « Veramente , signora marchesa » , disse costui tutto timido e umile , « io avrei già pranzato . » « Si accomodi , signor Viscontini » , rispose la marchesa che sapeva praticare l ' arte insolente della sordità come tutti coloro che assolutamente vogliono un mondo secondo il proprio comodo e il proprio gusto . L ' ometto non osò replicare , ma neanche osava sedere . « Coraggio , signor Viscontini ! » , gli disse il Paolin che gli era vicino . « Cosa fa ? » « Fa il quattordici di coppe » , mormorò il prefetto . Infatti l ' ottimo signor Viscontini , accordatore di pianoforti , venuto la mattina da Lugano per accordare il piano dei signori Zelbi di Cima e quello di don Franco , aveva pranzato al tocco a casa Zelbi , era quindi venuto a casa Maironi , e ora gli toccava di sostituire il signor Giacomo perché altrimenti i commensali sarebbero stati tredici . Un liquido bruno fumava nella zuppiera d ' argento . « Risotto no » , sussurrò Pasotti al Puria passandogli dietro . Il faccione dolce non diede segno di avere udito . I pranzi di casa Maironi erano sempre lugubri e questo accennava ad esserlo anche più del solito . Per compenso era pure molto più fino . Pasotti e il Puria si guardavano spesso , mangiando , per esprimere ammirazione e quasi per congratularsi a vicenda del godimento squisito , e se mai qualche occhiata di Pasotti sfuggiva al Puria , la signora Barborin , vicina di quest ' ultimo , lo avvertiva con un timido tocco del gomito . Le voci che più si udivano erano quelle del marchese e di donna Eugenia . Il grande naso aristocratico del Bianchi , il suo fine sorriso di galante cavaliere si volgevano spesso alla bellezza , languente ma non ancora spenta , della dama . Milanesi ambedue del miglior sangue , si sentivano uniti in una certa superiorità non solamente rispetto ai piccoli borghesi della mensa , ma rispetto altresì ai padroni di casa , nobili provinciali . Il marchese era l ' affabilità stessa e avrebbe conversato amabilmente anche col commensale più modesto ; ma donna Eugenia , nell ' amarezza dell ' animo suo , nel suo disgusto del luogo e delle persone , s ' attaccò a lui come al solo degno , marcatamente anche per far dispetto agli altri . Ella lo imbarazzò dicendogli forte che non capiva com ' egli potesse essersi innamorato dell ' orrida Valsolda . Il marchese , che vi si era ritirato da molti anni a vita quieta e vi aveva veduto nascere la sua unica figliuola , donna Ester , rimase sulle prime un poco sconcertato da quel discorso insolente verso parecchi dei convitati , ma poi fece una briosa difesa del paese . La marchesa non mostrò turbarsi ; il Paolin , il Paolon e il prefetto , valsoldesi , tacevano con tanto di muso . Pasotti recitò solennemente un ampolloso elogio del « Niscioree » , la villa Bianchi , presso Oria . Il Bianchi , leale uomo , che in passato non aveva avuto troppo a lodarsi del Pasotti , non parve gradir l ' elogio . Egli invitò la Carabelli al Niscioree . « A piedi no , tu , Eugenia » , disse la marchesa , sapendo che l ' amica sua era tribolata dallo spavento d ' ingrassare . « Bisogna vedere com ' è stretta la strada , dalla Ricevitoria al Niscioree ! Tu non ci passi di sicuro . » Donna Eugenia protestò con sdegno . « L ' è minga el Cors de Porta Renza » , disse il marchese , « ma l ' è poeu nanca , disgraziatamente , le chemin du Paradis ! » « Quell no ! Propi no ! Ghe l ' assicuri mi ! » , esclamò il Viscontini riscaldato , per disgrazia , da troppi bicchieri di Ghemme . Tutti gli occhi si volsero a lui e il Paolin gli disse qualche cosa sottovoce . « Se son matto ? » , rispose l ' ometto acceso in faccia . « Nient del tütt ! Le dico che ona bolgira compagna non la mi è mai più toccata in vita mia . » E qui raccontò che la mattina , venendo da Lugano e avendo preso un po ' di freddo in barca , era disceso al Niscioree per proseguire il viaggio a piedi ; che tra quei due muri , dove non si potrebbe voltare un asino , aveva incontrato le guardie di finanza , le quali lo avevano insultato perché non era disceso allo sbarco della Ricevitoria ; che l ' avevano condotto alla maledetta Ricevitoria ; che portava in mano un rotolo di musica manoscritta e che l ' animale del Ricevitore , pigliando le crome e le biscrome per corrispondenze politiche segrete , gliel ' aveva trattenuto . Silenzio profondo . Dopo qualche momento la marchesa sentenziò che il signor Viscontini aveva torto marcio . Non doveva sbarcare al Niscioree , ciò era proibito . Quanto al signor Ricevitore egli era una persona rispettabilissima . Pasotti confermò , con una faccia severa . « Ottimo funzionario » , diss ' egli . « Ottima canaglia » , mormorò il prefetto fra i denti . Franco , che sulle prime pareva pensare a tutt ' altro , si scosse e lanciò a Pasotti un ' occhiata sprezzante . « Dopo tutto » , soggiunse la marchesa , « trovo che col pretesto della musica manoscritta si potrebbe benissimo ... » « Certo ! » , disse il Paolin , austriacante per paura , mentre la padrona di casa lo era per convinzione . Il marchese , che nel 1815 aveva spezzata la spada per non servire gli Austriaci , sorrise e disse solo : « Là ! C ' est un peu fort ! » . « Ma se tutti sanno ch ' è una bestia , quel Ricevitore ! » , esclamò Franco . « Scusi , don Franco ... » , fece Pasotti . « Ma che scusi ! » , interruppe l ' altro . « È un bestione ! » « È un uomo coscienzioso » , disse la marchesa , « un impiegato che fa il proprio dovere . » « Allora le bestie saranno i suoi padroni ! » , ribatté Franco . « Caro Franco » , replicò la voce flemmatica , « questi discorsi in casa mia non si fanno . Grazie a Dio non siamo mica in Piemonte , qui . » Pasotti fece una sghignazzata d ' approvazione . Allora Franco , preso furiosamente il proprio piatto a due mani lo spezzò d ' un colpo sulla tavola . « Jesüsmaria ! » , esclamò il Viscontini , e il Paolon , interrotto nelle sue laboriose operazioni di mangiatore sdentato : « Euh ! » . « Sì , sì » , disse Franco alzandosi con la faccia stravolta , « è meglio che me ne vada ! » E uscì dal salotto . Subito donna Eugenia si sentì male , bisognò accompagnarla fuori . Tutte le signore , meno la Pasotti , le andaron dietro da una parte mentre il domestico entrava dall ' altra portando un pasticcio di risotto . Il Puria guardò Pasotti con un riso trionfante , ma Pasotti finse di non avvedersene . Tutti erano in piedi . Il Viscontini , reo apparente , continuava a dire : « Mi capissi nagott , mi capissi nagott » , e il Paolin , seccatissimo del pranzo guastato , gli brontolò : « Cossa l ' ha mai de capì Lü ? » . Il marchese , molto scuro , taceva . Finalmente il Pasotti , reo di fatto , presa un ' aria d ' affettuosa tristezza , disse come tra sé : « Peccato ! Povero don Franco ! Un cuor d ' oro , una buona testa , e un temperamento così ! Proprio peccato ! » . « Ma ! » , fece il Paolin . E il Puria , tutto contrito : « Sono gran dispiaceri ! » . Aspetta e aspetta , le signore non ritornavano . Allora qualcuno cominciò a muoversi . Il Paolin e il Puria si accostarono lentamente , con le mani dietro la schiena , alla credenza , contemplarono il pasticcio di risotto . Il Puria chiamò dolcemente Pasotti , ma Pasotti non si mosse . « Volevo solo dirle » , fece il curatone , coprendo il suo trionfo in modo da lasciarlo e non lasciarlo vedere , « che ci sono i tartufi bianchi . » « Direi che qui non mancano neppure i tartufi neri » , osservò il marchese pigiando un poco sulle due ultime parole . 2 . Sulla soglia d ' un ' altra vita « Canaglia ! » , fremeva don Franco salendo la scala che conduceva alla sua camera . « Pezzo d ' asino d ' un austriaco ! » . Si vendicava su Pasotti di non poter insultar la nonna e le stesse consonanti della parola austriaco gli servivano tanto bene per stritolarsi fra i denti la propria collera e spremerne , gustarne il sapore . Quando fu in camera la collera gli svampò . Si gittò in una poltrona , in faccia alla finestra spalancata , guardando il lago triste nel pomeriggio nebbioso , e , al di là del lago , i monti deserti . Mise un gran respiro . Ah come stava bene lì , solo , ah che pace , ah che aria diversa da quella del salotto , che aria cara , piena de ' suoi pensieri e de ' suoi amori ! Aveva un gran bisogno di abbandonarsi ad essi ed essi lo ripresero subito , gli cacciaron di mente le Carabelli , il Pasotti , la nonna , il bestione del Ricevitore . Essi ? No , era un pensiero solo , un pensiero fatto di amore e di ragione , di ansia e di gioia , di tanti dolci ricordi e insieme di trepida aspettazione , perché qualche cosa di solenne si avvicinava e sarebbe giunto nelle ombre della notte . Franco guardò l ' orologio . Erano le quattro meno un quarto . Ancora sette ore . Si alzò , si buttò a braccia conserte sul davanzale della finestra . Ancora sette ore e comincerebbe per lui un ' altra vita . Fuori delle pochissime persone che dovevano prender parte all ' avvenimento , nemmanco l ' aria sapeva che quella sera stessa , verso le undici , don Franco Maironi avrebbe sposato la signorina Luisa Rigey . La signora Teresa Rigey , madre di Luisa , aveva un tempo lealmente pregato Franco di piegare al volere della nonna , di astenersi dal visitar la sua casa , di non pensare più a Luisa , la quale , dal canto suo , era stata contenta che per la dignità della famiglia , per il decoro di sua madre , si troncassero le relazioni ufficiali , ma non dubitava della fede di Franco né d ' essergli già legata per sempre . Egli studiava ora leggi , privatamente , all ' insaputa della nonna , per dedicarsi a una professione e aver modo di bastare a sé . Ma la signora Teresa contrasse da tante agitazioni una malattia di cuore che nel 1851 , in fine d ' agosto , si aggravò subitamente . Franco le scrisse chiedendole almeno il permesso di vederla poiché non poteva compiere « il suo dovere d ' assisterla » . La signora non credette di consentire e il giovine se ne disperò , le fece intendere che considerava Luisa come sua fidanzata davanti a Dio e che sarebbe morto prima di abbandonarla . Allora la povera donna , sentendosi mancar la vita ogni giorno , accorandosi di veder la sua cara figliuola in uno stato così incerto e considerando la ferma volontà del giovine , concepì il desiderio intenso che le nozze , poiché dovevan seguire , seguissero al più presto . Tutto fu combinato frettolosamente con l ' aiuto del curato di Castello e del fratello della signora Rigey , l ' ingegnere Ribera di Oria , addetto all ' Imperiale R . Ufficio delle Pubbliche Costruzioni in Como . Le intelligenze furono queste . Le nozze si farebbero segretamente ; Franco resterebbe presso la nonna e Luisa presso la madre , sino a che venisse il momento opportuno di confessar tutto alla marchesa . Franco sperava nell ' appoggio di monsignor Benaglia , vescovo di Lodi , vecchio amico della famiglia , ma occorreva il fatto compiuto . Se il cuore della marchesa si indurisse , com ' era probabile , gli sposi e la signora Teresa prenderebbero stanza nella casa che l ' ingegnere Ribera possedeva in Oria . Il Ribera , celibe , manteneva ora del proprio la famiglia di sua sorella ; terrebbe poi anche Franco in luogo di figliuolo . Fra sette ore , dunque . La finestra guardava sulla lista di giardino che fronteggiava la villa verso il lago , e sulla riva di approdo . Nei primi tempi del suo amore Franco stava lì a spiar il venire e l ' approdare d ' una certa barca , l ' uscirne d ' una personcina snella , leggere come l ' aria , che mai mai non guardava su alla finestra . Ma poi un giorno egli era disceso ad incontrarla ed ella aveva aspettato un momento ad uscire per accettare l ' aiuto , ben inutile , della sua mano . Lì sotto , nel giardino , egli le aveva dato per la prima volta un fiore , un profumato fiore di mandevilia suaveolens . Lì sotto si era un ' altra volta ferito con un temperino , abbastanza seriamente , tagliando per lei un ramoscello di rosaio , ed ella gli aveva dato col suo turbamento un delizioso segno del suo amore . Quante gite con lei e altri amici , prima che la nonna sapesse , alle rive solitarie del monte Bisgnago là in faccia , quante colazioni e merende a quella cantina del Doi ! Con quanta dolcezza viva nel cuore di sguardi incontrati Franco tornava a casa e si chiudeva nella sua stanza a richiamarseli , a esaltarsene nella memoria ! Queste prime emozioni dell ' amore gli ritornavano adesso in mente , non ad una ad una ma tutte insieme , dalle acque e dalle rive tristi dove gli occhi suoi fisi parevano smarrirsi piuttosto nelle ombre del passato che nelle nebbie del presente . Vicino alla mèta , egli pensava i primi passi della lunga via , le vicende inattese , l ' aspetto della sospirata unione così diverso nel vero da quel ch ' era apparso nei sogni , al tempo della mandevilia e delle rose , delle gite sul lago e sui monti . Non sospettava certo , allora , di dovervi arrivare così , di nascosto , fra tante difficoltà , fra tante angustie . Pure , pensava adesso , se il matrimonio si fosse fatto pubblicamente , pacificamente , col solito proemio di cerimonie ufficiali , di contratti , di congratulazioni , di visite , di pranzi , tanto tedio sarebbe riuscito più ripugnante all ' amore che questi contrasti . Lo scosse la voce del prefetto che lo chiamava dal giardino per annunciargli la partenza delle Carabelli . Franco pensò che se scendeva avrebbe dovuto fare delle scuse e preferì non lasciarsi vedere . « Doveva romperglielo sulla faccia il piatto ! » , gli stridette su il prefetto tra le mani accostate alle guance . « Doveva romperglielo sulla faccia ! » Poi se n ' andò e Franco vide il barcaiuolo delle Carabelli scendere ad apparecchiar la barca . Lasciò allora la finestra e seguendo i pensieri di prima , aperse il cassettone , stette lì a contemplare , come distratto , uno sparato di camicia ricamata , dove lucevano già certi bottoncini di brillanti che suo padre aveva portati alle nozze proprie . Gli dispiaceva andar all ' altare senza un segno di festa , ma questo segno , si capisce bene , non doveva essere facilmente visibile . Nel cassettone profumato d ' ireos tutto era disposto con la particolare eleganza dell ' ordine fatto da uno spirito intelligente , e nessuno vi metteva le mani tranne lui . Invece le sedie , lo scrittoio , il piano erano tanto disordinatamente ingombri che pareva esser passato per le due finestre della camera un uragano di libri e di carte . Certi volumi di giurisprudenza dormivano sotto un dito di polvere , e non una foglia della piccola gardenia in vaso , sul davanzale della finestra di levante , ne aveva un atomo solo . Questi eran già sufficienti indizi , là dentro , del bizzarro governo d ' un poeta . Un ' occhiata ai libri e alle carte ne avrebbe fornite le prove . Franco aveva la passione della poesia ed era poeta vero nelle squisite delicatezze del cuore ; come scrittore di versi non poteva dirsi che un buon dilettante senza originalità . I suoi modelli prediletti erano il Foscolo e il Giusti ; li adorava veramente e li saccheggiava entrambi , perché l ' ingegno suo , entusiasta e satirico a un tempo , non era capace di crearsi una forma propria , aveva bisogno d ' imitare . Conviene anche dire , per giustizia , che a quel tempo i giovani possedevano comunemente una cultura classica fattasi rara di poi ; e che dagli stessi classici venivano educati a onorare l ' imitazione come una pratica virtuosa e lodevole . Frugando fra le sue carte per cercarvi non so cosa , gli vennero alle mani i seguenti versi dedicati a un tale di sua conoscenza e nostra conoscenza , che rilesse con piacere e ch ' io riferisco per saggio del suo stile satirico : Falso occhio mobile , Mento pelato , Lingua di vipera , Cor di castrato , Brache policrome , Bisunto saio , Maiuscolissimo Cappello a staio . Ecco l ' immagine Del vil Tartufo Che l ' uman genere E il cielo ha stufo . Il Giusti e la passione d ' imitarlo erano quasi soli in colpa di tanta bile , perché davvero Franco non ne aveva nel fegato una così gran dose . Aveva collere pronte , impetuose , fugaci ; non sapeva odiare e nemmanco risentirsi a lungo contro alcuno . Un saggio dell ' altra sua maniera poetica stava sul leggìo del piano , in un foglietto tutto sgorbi e cancellature : A Luisa Ove l ' aëreo tuo pensile nido Una balza ventosa incoronando Ride alla luna ed ai cadenti clivi Ch ' educan uve a la tua mensa e rose Al capo tuo , purpurëi ciclami A me , sogni e fragranze , o mia Luisa , Da l ' orror di quest ' ombre ti figura L ' amoroso mio cor . Tacita siedi E da l ' alto balcon già non rimiri Le bianche plaghe d ' occidente , i chiari Monti ed il lago vitrëo , sereno , Riscintillante a l ' astro ; ma quest ' una Tenebra esplori , l ' aura interrogando Vocal che va tra i mobili oleandri De la terrazza e freme il nome mio . Forse piaceva a Franco d ' improvvisar sul piano con questi suoi versi davanti agli occhi . Appassionato per la musica più ancora che per la poesia , se l ' era comperato lui , quel piano , per centocinquanta svanziche , dall ' organista di Loggio , perché il mediocre piano viennese della nonna , intabarrato e rispettato come un gottoso di famiglia , non gli poteva servire . Lo strumento dell ' organista , corso e pesto da due generazioni di zampe incallite sulla marra , non mandava più che una comica vocina nasale sopra un tintinnio sottile come d ' infiniti bicchierini minuti e fitti . Ciò era quasi indifferente , per Franco ; egli aveva appena posato le mani sullo strumento che la sua immaginazione si accendeva , l ' estro del compositore passava in lui e nel calore della passione creatrice gli bastava un fil di suono per veder l ' idea musicale e inebbriarsene . Un Erard gli avrebbe dato soggezione , gli avrebbe lasciato minor campo alla fantasia , gli sarebbe stato men caro , insomma , della sua spinetta . Franco aveva troppe diverse attitudini e inclinazioni , troppa foga , troppo poca vanità e forse anche troppo poca energia di volere per sobbarcarsi a quel noioso metodico lavoro manuale che si richiede a diventar pianisti . Però il Viscontini era entusiasta del suo modo di suonare ; Luisa , la sua fidanzata , non divideva interamente il gusto classico di lui ma ne ammirava , senza fanatismi , il tocco ; quando , pregato , egli faceva mugghiare e gemere classicamente l ' organo di Cressogno , il buon popolo , intontito dalla musica e dall ' onore , lo guardava come avrebbe guardato un predicatore incomprensibile , con la bocca aperta e gli occhi riverenti . Malgrado tutto questo , Franco non avrebbe potuto cimentarsi , nei salotti cittadini , con tanti piccoli dilettanti incapaci d ' intendere e di amare la musica . Tutti o quasi tutti lo avrebbero vinto di agilità e di precisione , avrebbero ottenuto maggiori applausi , quand ' anche non fosse riescito ad alcuno di far cantare il piano , come lo faceva cantar lui , sopra tutto negli adagi di Bellini e di Beethoven , suonando con l ' anima nella gola , negli occhi , nei muscoli del viso , nei nervi delle mani che facevan tutt ' uno con le corde del piano . Un ' altra passione di Franco erano i quadri antichi . Le pareti della sua camera ne avevano parecchi , la più parte croste . Scarso di esperienza perché non aveva viaggiato , pronto a pigliar fuoco nella fantasia , costretto ad accordar i desideri molti con i quattrini pochi , credeva facilmente le asserite fortune di altri cercatori tapini , n ' era spesso infocato , accecato e precipitato su certi cenci sporchi , che , se costavano poco , valevano meno . Non possedeva di passabile che una testa d ' uomo della maniera del Morone e una Madonna col Bambino della maniera del Dolci . Egli battezzava , del resto , i due quadretti per Morone e Dolci , senz ' altro . Com ' ebbe rilette e rigustate le strofe ispirategli dal Tartufo Pasotti , tornò a frugare nel caos dello scrittoio e ne cavò un foglietto di carta Bath per scrivere a monsignor Benaglia , la sola persona che gli potesse giovare in avvenire presso la nonna . Gli parve doverlo mettere a parte dell ' atto che stava per compiere , delle ragioni che avevano consigliato la sua fidanzata e lui di addivenirvi in questo modo penoso , della speranza che avevano d ' essere aiutati da lui quando venisse il momento d ' aprir tutto alla nonna . Stava ancora pensando con la penna in mano , davanti alla carta bianca , quando la barca delle Carabelli passò sotto la sua finestra . Poco dopo udì partire la gondola del marchese e la barca del Pin . Suppose che la nonna , rimasta sola , lo facesse chiamare , ma non ne fu nulla . Passato un po ' di tempo in quest ' aspettazione , si rimise a pensare alla sua lettera e ci pensò tanto , rifece l ' esordio tante volte e procedette anche poi tanto adagio , con tanti pentimenti , che la lettera non era ancora finita quando gli convenne accendere il lume . La chiusa gli riuscì più facile . Egli vi raccomandava la sua Luisa e sé alle preghiere del vecchio vescovo e vi esprimeva una fiducia in Dio così candida e piena che avrebbe toccato il cuore più incredulo . Focoso e impetuoso com ' era , Franco aveva tuttavia la semplice tranquilla fede d ' un bambino . Punto orgoglioso , alieno dalle meditazioni filosofiche , ignorava la sete di libertà intellettuale che tormenta i giovani quando la loro ragione ed i loro sensi cominciano a trovarsi a disagio nel duro freno di una credenza positiva . Non aveva dubitato un istante della sua religione , ne eseguiva scrupolosamente le pratiche senza domandarsi mai se fosse ragionevole di credere e di operare così . Non teneva però affatto del mistico né dell ' asceta . Spirito caldo e poetico , ma nello stesso tempo chiaro ed esatto , appassionato per la natura e per l ' arte , preso da tutti gli aspetti piacevoli della vita , rifuggiva naturalmente dal misticismo . Non s ' era conquistata la fede e non aveva mai vôlti lungamente a lei tutti i suoi pensieri , non aveva potuto esserne penetrato in tutti i suoi sentimenti . La religione era per lui come la scienza per uno scolaro diligente che ha la scuola in cima de ' suoi pensieri e vi è assiduo , non trova pace se non ha fatto i suoi compiti , se non si è preparato alle ripetizioni , ma poi quando ha compiuto il proprio dovere , non pensa più al professore né ai libri , non sente il bisogno di regolarsi ancora secondo fini scientifici o programmi scolastici . Perciò egli pareva spesso non seguire altro nella vita che il suo generoso cuore ardente , le sue inclinazioni appassionate , le impressioni vivaci , gli impeti della sua natura leale , ferita da ogni viltà , da ogni menzogna , intollerante d ' ogni contraddizione e incapace di infingersi . Aveva appena suggellata la lettera quando si bussò all ' uscio . La signora marchesa faceva dire a don Franco di scendere per il rosario . In casa Maironi si recitava il rosario tutte le sere fra le sette e le otto , e i servi avevan l ' obbligo di assistervi . Lo intuonava la marchesa , troneggiando sul canapè , girando gli occhi sonnolenti sulle schiene e sulle gambe dei fedeli prosternati per diritto e per traverso , quale nella luce più opportuna ad un devoto atteggiamento e quale nell ' ombra più propizia ad un sonnellino proibito . Franco entrò in sala mentre la voce nasale diceva le soavi parole « Ave Maria , gratia plena » con quella flemma , con quella untuosità , che sempre gli mettevano in corpo una tentazione indiavolata di farsi turco . Il giovane andò a cacciarsi in un angolo scuro e non aperse mai bocca . Gli era impossibile di rispondere con divozione a quella voce irritante . Non fece che immaginare un probabile interrogatorio imminente , e masticare risposte sdegnose . Finito il rosario , la marchesa aspettò un momento in silenzio e poi disse le sacramentali parole : « Carlotta , Friend ! » Carlotta , la vecchia cameriera , aveva l ' incarico di pigliare , finito il rosario , Friend in braccio e di portarlo a dormire . « È qui , signora marchesa » , disse Carlotta . Ma Friend , se era lì , si trovò altrove quando colei , chinatasi , allungò le mani . Era di buon umore , quella sera , il vecchio Friend , e gli piacque di giuocare a non lasciarsi prendere , provocando Carlotta , sgusciandole sempre di mano , scappando sotto il piano o sotto il tavolino a guardar con un ironico scodinzolamento la povera donna che gli diceva « ven , cara , ven , cara » , con la bocca e « brütt moster » con il cuore . « Friend ! » , fece la marchesa . « Andiamo ! Friend ! Da bravo ! » Franco bolliva . Venutogli tra le gambe l ' antipatico mostricino infetto dell ' egoismo e della superbia della sua padrona , lo scosse da sé , lo fece ruzzolare tra le unghie di Carlotta che gli diede per proprio conto una rabbiosa stretta e se lo portò via rispondendo perfidamente ai suoi guaiti : « Cossa t ' han faa , poer Friend , cossa t ' han faa , di ' sü ! » La marchesa non disse parola né il suo viso marmoreo tradì il suo cuore . Diede al cameriere l ' ordine di dire al prefetto della Caravina , se venisse , e anche a qualsiasi altro , che la padrona era andata a letto . Franco si mosse per uscire anche lui dietro ai servi , ma si trattenne subito onde non aver l ' aria di fuggire . Prese sulla caminiera un numero della I . R . Gazzetta di Milano , sedette presso sua nonna e si mise a leggere , aspettando . « Mi congratulo tanto » , cominciò subito la voce sonnacchiosa , « della bella educazione e dei bei sentimenti che ci avete fatto vedere oggi . » « Accetto » , rispose Franco senza levar gli occhi dal giornale . « Bene , caro » , replicò la nonna imperturbata . E soggiunse : « Ho piacere che quella signorina vi abbia conosciuto ; così , se mai sapeva di qualche progetto , sarà ben contenta che non se ne parli più » . « Contenti tutt ' e due » , disse Franco . « Voi non sapete niente affatto se sarete contento . Specialmente se avete ancora le idee d ' una volta . » Udito questo , Franco posò il giornale e guardò la nonna in faccia . « Cosa succederebbe » , diss ' egli , « se avessi ancora le idee d ' una volta ? » Non parlò stavolta in tono di sfida , ma con serietà tranquilla . « Ecco , bravo » , rispose la marchesa . « Spieghiamoci chiaro . Spero e credo bene che un certo caso non succederà mai , ma , se succedesse , non state a credere che alla mia morte ci sarà qualche cosa per voi , perché io ho già pensato in modo che non ci sarà niente . » « Figùrati ! » , fece il giovine , indifferente . « Questi sono i conti che dovrete fare con me » , proseguì la marchesa . « Poi ci sarebbero quelli da fare con Dio . » « Come ? » , esclamò Franco . « I conti con Dio li farò prima che con te e non dopo ! » Quando la marchesa era côlta in fallo tirava sempre diritto nel suo discorso come se niente fosse . « E grossi » , diss ' ella . « Ma prima ! » , insistette Franco . « Perché » , continuò la vecchia formidabile , « se si è cristiani si ha il dovere d ' obbedire a suo padre e a sua madre e io rappresento vostro padre e vostra madre . » Se l ' una era tenace , l ' altro non l ' era meno . « Ma Dio vien prima ! » , diss ' egli . La marchesa suonò il campanello e chiuse la discussione così : « Adesso siamo intesi » . Si alzò dal canapè all ' entrar della Carlotta e disse placidamente : « Buona notte » . Franco rispose « buona notte » e riprese la Gazzetta di Milano . Appena uscita la nonna , gittò via il foglio , strinse i pugni , si sfogò senza parole , con un furibondo sbuffo , e saltò in piedi , dicendo forte : « Ah , meglio , meglio , meglio ! Meglio così » , fremeva in sé « meglio non condurla mai , la mia Luisa , in questa maledetta casa , meglio non farle soffrir mai questo impero , questa superbia , questa voce , questo viso , meglio viver di pane e d ' acqua e aspettar il resto da qualunque lavoro cane , piuttosto che dalle mani della nonna : meglio far l ' ortolano , maledetto sia , far il barcaiuolo , far il carbonaio ! » Salì nella sua camera , risoluto di romperla con tutti i riguardi . « I conti con Dio ? » , esclamò sbattendosi l ' uscio dietro . « I conti con Dio se sposo Luisa ? Ah vada tutto , cosa me ne importa , mi vedano , mi sentano , mi facciano la spia , glielo dicano , glielo contino , gliela cantino che mi fanno un piacerone ! » Si vestì in fretta e in furia , urtando nelle seggiole , aprendo e chiudendo il cassettone a colpi . Mise un abito nero , per sfida ; discese le scale rumorosamente , chiamò il vecchio domestico , gli disse che sarebbe stato fuori tutta la notte , e senza badare alla faccia tra sbalordita e sgomenta del pover ' uomo , a lui molto devoto , si slanciò in istrada , si perdette nelle tenebre . Egli era fuori da due o tre minuti , quando la marchesa , già coricata , mandò Carlotta a vedere chi fosse venuto giù correndo dalle scale . Carlotta riferì ch ' era stato don Franco e dovette subito ripartire con una seconda missione . « Cosa voleva don Franco ? » . Stavolta la risposta fu che don Franco era uscito per un momento . Questo momento fu pietosamente aggiunto dal vecchio servitore . La marchesa ordinò a Carlotta di andarsene lasciando il lume acceso . « Ritornate quando suonerò » , diss ' ella . Dopo mezz ' ora ecco il campanello . La cameriera corre dalla padrona . « È ancora fuori don Franco ? » « Sì , signora marchesa . » « Spegnete il lume , prendete la calza , mettetevi in anticamera e quando sarà rientrato venite a dirmelo . » Ciò detto la marchesa si girò sul fianco verso la parete , voltando all ' attonita e malcontenta cameriera l ' enigma bianco , uguale , impenetrabile del suo berretto da notte . 3 . Il gran passo Quella stessa sera , alle dieci in punto . l ' ingegnere Ribera batteva due colpi discreti alla porta del signor Giacomo Puttini in Albogasio Superiore . Poco dopo si apriva una finestra sopra il suo capo e vi compariva al chiaro di luna il vecchio visetto imberbe del « sior Zacomo « Ingegnere pregiatissimo , mia riverenza » , disse egli . « Vien subito la servente a verzeghe . » « Non occorre » , rispose l ' altro . « Non salgo . È ora di partire . Venga giù Lei addirittura . » Il signor Giacomo cominciò a soffiare e battere le palpebre . « La mi perdoni » , diss ' egli nel suo linguaggio misto di tutti gl ' ingredienti . « La mi perdoni , ingegnere pregiatissimo . Gavarìa propramente necessità ... » « Di cosa ? » , fece l ' ingegnere seccato . La porta si aperse e comparve la gialla faccia grifagna della serva . « Oh scior parent ! » , diss ' ella rispettosamente . Vantava non so quale affinità con la famiglia dell ' ingegnere , e lo chiamava sempre così . « A sti òr chì ? L ' è staa forsi a trovà la sciora parenta ? » La « sciora parenta » era la sorella dell ' ingegnere , la signora Rigey . L ' ingegnere si contentò di rispondere : « Oh Marianna , vi saluto , neh ? » , e salì le scale seguito da Marianna col lume . « Mia riverenza » , cominciò il signor Giacomo venendogli incontro con un altro lume . « Capisco e riconosco la inconvenienza grande , ma propramente ... » Il visetto raso e roseo del signor Giacomo , posato sopra un cravattone bianco e una piccola smilza personcina chiusa in un soprabitone nero , esprimeva nei moti convulsi delle labbra e delle sopracciglia , negli occhi dolenti , la più comica inquietudine . « Cosa c ' è di nuovo ? » , chiese l ' ingegnere alquanto brusco . Egli , l ' uomo più retto e schietto che fosse al mondo , compativa poco le esitazioni del povero timido signor Giacomo . « La permetta » , cominciò il Puttini ; e , voltosi alla serva , le disse aspramente : « Andè via , vu ; andè in cusina ; vegnì quando che ve ciamarò ; andè , digo ! Obedì ! Abiè rispeto ! Comando mi ! Son paron mi ! » Era la curiosità della serva , la sua noncuranza impertinente delle istruzioni superiori che accendevano nel « sior Zacomo » questo furore dispotico . « Euh , che diavol d ' on omm ! » , rispose colei , alzando rabbiosamente il lume in aria . « L ' ha de vosà a quela manera lì ? Coss ' el dis , scior parent ? » « Sentite » , fece l ' ingegnere . « Invece di menar la lingua , non fareste meglio ad andar fuori dei piedi ? » Marianna se n ' andò brontolando e il signor Giacomo si fece a informare l ' ingegnere pregiatissimo con molti ma , se , digo , e propramente , degl ' intimi suoi pensieri . Egli aveva promesso di assistere come testimonio alle nozze segrete di Luisa , ma ora , sul punto di andar a Castello , gli era venuta una gran paura di compromettersi . Era primo deputato politico , come si chiamava allora la suprema autorità comunale . Se il riveritissimo I . R . Commissario di Porlezza venisse a sapere di questo pasticcio , come la intenderebbe ? E quella signora marchesa ? « Una donna cattiva , ingegnere pregiatissimo ; una donna vendicativa . » Ed egli aveva già tanti altri fastidi . « Ghe xe anca quel maledeto toro ! » Questo toro , soggetto d ' una questione fra il comune d ' Albogasio e l ' alpador o appaltatore dell ' Alpe , dei pascoli alti , era da due anni un incubo mortale per il povero signor Giacomo che , quando parlava delle sue disgrazie , incominciava sempre con la « perfida servente » e finiva col toro : « Ghe xe anca quel maledeto toro ! » . E così dicendo alzava il suo visetto , i suoi occhi pieni di una esecrazione dolorosa , scoteva le mani su verso il ciglione della montagna imminente alla sua casa , verso il domicilio del bestione diabolico . Ma l ' ingegnere che mostrava in quella sua bella faccia d ' impavido galantuomo una disapprovazione continua , un disgusto crescente dell ' ometto pusillanime che gli si contorceva davanti , dopo parecchi « oh povero me ! » che avevano per sottinteso " in che compagnia sono ! " perdette ogni pazienza , e inarcando le braccia con i gomiti in fuori e scotendole come se tenesse le redini di un ronzino poltrone , esclamò : « Ma cosa mai , ma cosa mai ! Pare impossibile ! Questi son discorsi da fatuo , caro signor Giacomo . Non avrei mai creduto che un uomo , dirò così ... » . Qui l ' ingegnere , non sapendo veramente come dire , come definire il suo interlocutore , non fece che gonfiar le gote , mettendo un lungo mormorio , una specie di rantolo , come se avesse in bocca un epiteto troppo grosso e non potesse sputarlo . Intanto il signor Giacomo , rosso rosso , si affannava a protestare : « Basta , basta , La scusa , son qua , vegno , no La se scalda , no go fato che esprimer un dubio ; ingegnere pregiatissimo , Ela conosse el mondo , mi lo go conossuto ma no lo conosso più » . Si ritirò e ricomparve subito tenendo in mano una tuba mostruosa , a larghe tese , che aveva visto l ' ingresso di Ferdinando a Verona nel così detto « anno dell ' imperatore » , nel 1838 . « Credo conveniente » , diss ' egli , « un tal segno di rispetto e di compiacenza . » L ' ingegnere , vedendo quel coso , esclamò ancora : « Cosa mai , cosa mai ? » . Ma l ' ometto , cerimonioso nell ' anima , tenne duro : « Il mio dovere , il mio dovere » , e chiamò la Marianna che facesse lume . Costei , quando vide il padrone con quello spettacoloso segno di compiacenza in capo , incominciò a far le meraviglie . « La tasa ! » , sbuffò il disgraziato signor Giacomo . « Tasì ! » , e appena fuori dell ' uscio si sfogò . « No ghe xe ponto de dubio ; quela maledetissima servente sarà la me morte . » « E perché non la manda via ? » , chiese l ' ingegnere . Il signor Giacomo aveva posto un piede sul primo scalino della viottola che sale a fianco della casa Puttini , quando quest ' acuta interrogazione , penetrandogli come un pugnale nella coscienza , lo fermò di botto . « Eh ! » , rispose sospirando . « Ah ! » , fece l ' ingegnere . « Cossa vorla ? » , riprese l ' altro dopo una breve pausa . « Questo xe quelo . » Pronunciata in via di epilogo , secondo un vecchio uso veneto , tale disgraziata identità dei due aggettivi indicativi , il signor Giacomo fece le guance grosse , soffiò con vivacità e si decise a rimettersi in via . Salirono per alcuni minuti , egli davanti e l ' ingegnere dietro , per la stradicciuola faticosa , mal rischiarata da un chiaror di luna perduta fra le nuvole . Non si udivano che i passi lenti , il picchiar delle mazze sul ciottolato e i soffi regolari del signor Giacomo : apff ! apff ! A piedi della lunga scalinata di Pianca , l ' ometto si fermò , si levò il cappello , si asciugò il sudore con un fazzolettone bianco e guardando su al gran noce , alle stalle di Pianca , cui bisognava salire , mise un soffio straordinario . « Corpo de sbrio baco ! » , diss ' egli . L ' ingegnere gli fece coraggio . « Su , signor Giacomo ! Per amore della Luisina ! » Il signor Giacomo s ' incamminò senz ' altro e , guadagnate le stalle , oltre le quali la viottola diventa più umana , parve dimenticare gli scalini e gli scrupoli , la perfida servente e l ' I . R . Commissario , la marchesa vendicativa e il maledetto toro , e si mise a parlar con entusiasmo della signorina Rigey . « No ghe xe ponto de dubio , quando go l ' onor de trovarme con So nezza , con la signorina Luisina , digo , me par giusto , La se figura , de trovarme ancora ai tempi de la Baretela , de le Filipuzze , de le tre sorelle Spàresi da S . Piero Incarian e de tante altre de na volta che per so grazia me compativa . Vado giusto de tempo in tempo da la signora marchesa , vedo là qualche volta ste putele del dì d ' ancò . No ... no ... no ; no gavemo propramente quel contegno che m ' intendo mi ; o che semo durete o che semo spuzzete . La varda invece la signorina Luisina come che la sa star con tuti , col zovene e col vecio , col rico e col poareto , co la serva e col piovan . No capisso propramente , come la marchesa ... » L ' ingegnere l ' interruppe . « La marchesa ha ragione » , diss ' egli . « Mia nipote non è nobile , mia nipote non ha un soldo ; come si fa a pretendere che la marchesa sia contenta ? » Il signor Giacomo si fermò alquanto sconcertato , e guardò l ' ingegnere battendo i suoi occhi dolenti . « Ma » , diss ' egli . « Ela no ghe darà miga rason sul serio ? » « Io ? » , rispose l ' ingegnere . « Io non approvo mai che si vada contro la volontà dei genitori o di chi tiene le loro veci . Ma io , caro signor Giacomo , sono un uomo antiquato come Lei , un uomo del tempo di Carlo V , come si dice qui . Adesso il mondo va diversamente e bisogna lasciarlo andare . Dunque io le mie ragioni le ho dette e poi ho detto : adesso , fate vobis ; del resto poi quando avrete deciso , in qualunque modo , ditemi quel che occorre fare e son qua . » « E cossa dise la signora Teresina ? » « Mia sorella ? Mia sorella , poveretta , dice : se li vedo a posto non mi dispiace più di morire . » Il signor Giacomo soffiò forte come sempre quando udiva quest ' ultima sgradevole parola . « Ma no semo miga a sti passi ? » , diss ' egli . « Eh ! » , fece l ' ingegnere , molto serio . « Speriamo in Domeneddio . » Toccavano allora quel gomito della viottola che svoltando dagli ultimi campicelli del tenere di Albogasio ai primi del tenere di Castello , gira a sinistra sopra un ciglio sporgente , nell ' improvviso cospetto di un grembo precipitoso del monte , del lago in profondo , dei paeselli di Casarico e di S . Mamette , accovacciati sulla riva come a bere , di Castello seduto poco più su , a breve distanza , e là di fronte , del nudo fiero picco di Cressogno , tutto scoperto dai valloni di Loggio al cielo . È un bel posto , anche di notte , al chiaro di luna , ma se il signor Giacomo vi si fermò in attitudine contemplativa e senza soffiare , non fu già perché la scena gli paresse degna dell ' attenzione di chicchessia , figurarsi di un primo deputato politico , ma perché avendo una considerazione grave da mettere in luce , sentiva il bisogno di richiamare tutte le sue forze al cervello , di sospendere ogni altro moto , anche quello delle gambe . « Bela massima » , diss ' egli . « Speremo in Domenedio . Sissignor . Ma La me permeta de osservar che ai nostri tempi se sentìa parlar ogni momento de grazie ricevute , de conversion , de miracoli , adesso La me diga Ela . El mondo no xe più quelo e me par che Domenedio sia stomegà . El mondo d ' adesso el xe come la nostra ciesa de Albogasio de sora che sti ani Domenedio el ghe vegneva una volta al mese e adesso el ghe vien una volta a l 'ano.» « Senta , caro signor Giacomo » , osservò l ' ingegnere , impaziente di arrivare a Castello : « se si trasporta la parrocchia da una chiesa all ' altra , Domeneddio non c ' entra ; del resto lasciamo fare a Domeneddio e camminiamo . » Ciò detto prese un ' andatura così lesta che il signor Giacomo , fatti pochi passi , si fermò soffiando come un mantice . « La perdona » , diss ' egli , « se obedisso tanto quanto a la natural curiosità de l ' omo . Se podaria saver la Sua riverita età ? » L ' ingegnere capì l ' antifona e fermatosi un momento si voltò a rispondere quasi sottovoce , con ironica mansuetudine trionfante : « Più vecchio di Lei » . E riprese spietatamente la via . « Sono dell ' ottantotto , sa ! » , gemette il Puttini . « Ed io dell ' ottantacinque ! » , ribatté l ' altro senza fermarsi . « Avanti ! » Per fortuna del Puttini non c ' erano più che pochi passi a fare . Ecco il muraglione che sostiene il sagrato della chiesa di Castello , ecco la scaletta che mette all ' entrata del villaggio . Ora bisognava svoltare nel sottoportico della canonica , cacciarsi alla cieca in un buco nero dove l ' immaginazione del signor Giacomo gli rappresentava tanti iniqui sassi sdrucciolevoli , tanti maledetti scalini traditori , ch ' egli si piantò sui due piedi e , incrociate le mani sopra il pomo della mazza , parlò in questi termini : « Corpo de sbrio baco ! No , ingegnere pregiatissimo . No , no , no . Propramente mi no posso , mi resto qua . Le vegnarà ben in ciesa . La ciesa xe qua . Mi speto qua . Corpo de sbrio baco ! » Questo secondo « corpo » il signor Giacomo se lo masticò privatamente in bocca come la chiusa d ' un monologo interno sugli accessori dell ' impiccio principale in cui s ' era messo . « Aspetti » , fece l ' ingegnere . Un fil di luce usciva dalla porta della chiesa . L ' ingegnere vi entrò e ne uscì subito col sagrestano che stava preparando gl ' inginocchiatoi per gli sposi . Costui recò in soccorso del Puttini la lunga pertica col cerino acceso sulla punta , che serve per accender le candele degli altari . Poté così , fermo sull ' entrata del sottoportico , porger via via , quanto era lunga la pertica , il suo lumicino davanti ai piedi del signor Giacomo che , malissimo contento di questa illuminazione religiosa , procedeva brontolando contro le pietre , le tenebre , il moccolo sacro e chi lo teneva , sinché , abbandonato dal sagrestano e abbrancato dall ' ingegnere , fu tratto , malgrado il suo muto resistere , come un luccio alla lenza , sulla soglia di casa Rigey . A Castello , le case che si serrano in fila sul ciglio tortuoso del monte a godersi il sole e la veduta del lago in profondo , tutte bianche e ridenti verso l ' aperto , tutte scure verso quell ' altra disgraziata fila di case che si attrista dietro a loro , somigliano certi fortunati del mondo che di fronte alla miseria troppo vicina prendono un sussiego ostile , si stringono l ' uno all ' altro , si aiutano a tenerla indietro . Fra queste gaudenti , casa Rigey è una delle più scure di fronte alla poveraglia delle case villane , una delle più chiare di fronte al sole . Dalla porta di strada un andito stretto e lungo mette ad una loggetta aperta da cui si cala per pochi scalini sulla piccola terrazza bianca che , fra il salotto di ricevimento e un ' alta muraglia senza finestre , si affaccia all ' orlo del monte , spia giù i burroni ond ' esce il Soldo , spia il lago fino ai golfi verdi dei Birosni e del Dòi , fino alle distese serene di là da Caprino e da Gandria . Il signor Rigey , nato a Milano da padre francese e professore di lingua francese nel collegio di madame Berra , perduto il posto , perduta gran parte delle lezioni private per la fama cresciutagli attorno d ' uomo irreligioso , aveva comperato la casetta nel 1825 per ridurvisi da Milano a vivere in quiete e con poca spesa , aveva sposato la sorella dell ' ingegnere Ribera ed era morto nel 1844 lasciando a sua moglie una figliuola di quindici anni e poche migliaia di svanziche oltre la casa . Appena l ' ingegnere ebbe bussato alla porta , non tanto piano , si udì un correr leggero nell ' andito , fu aperto e una voce non sottile , non argentina , ma inesprimibilmente armoniosa , sussurrò : « Che strepito , zio ! » . « Oh bella ! » , fece patriarcalmente l ' ingegnere , « ho da picchiar col naso ? » La nipote gli turò la bocca con una mano , lo tirò dentro con l ' altra , fece un saluto grazioso al signor Giacomo e chiuse la porta ; tutto ciò in un attimo , mentre lo stesso signor Giacomo andava soffiando : « Padrona mia riveritissima ... me consolo propramente ... » . « Grazie , grazie » , fece Luisa , « passi , La prego , devo dire una parola allo zio . » L ' ometto passò con il suo cappellone in mano , e la giovane abbracciò teneramente il suo vecchio zio , lo baciò , gli posò il viso sul petto , tenendogli le braccia al collo . « Ciao , neh » , fece l ' ingegnere quasi resistendo a quelle carezze perché vi sentiva una gratitudine di cui non avrebbe sopportate le parole . « Sì , là , basta . Come va la mamma ? » . Luisa non rispose che con una nuova stretta delle sue braccia . Lo zio era più che un padre per lei , era la Provvidenza della casa , benché nella sua gran bontà semplice neppur sognasse di aver il menomo merito verso sua sorella e sua nipote . Che avrebbero mai fatto senza di lui , povere donne , con quelle magre dodici o quindici migliaia di svanziche lasciate da Rigey ? Egli godeva , come ingegnere delle Pubbliche Costruzioni , di un buon stipendio . Viveva parcamente a Como con una vecchia governante e i suoi risparmi passavano a casa Rigey . Aveva sulle prime apertamente e solennemente disapprovata la inclinazione di Luisa per Franco parendogli quello un matrimonio troppo disuguale ; ma poiché i giovani erano stati fermi e sua sorella aveva consentito , egli tenendosi la sua opinione per sé , s ' era messo ad aiutare in tutto che poteva . « La mamma ? » , ripeté . « Sta benino , stasera , per la consolazione , ma ora è agitata perché mezz ' ora fa è venuto Franco e ha raccontato che c ' è stata una mezza scena con la nonna . » « Oh povero me ! » , fece l ' ingegnere , che quando udiva di qualche sproposito altrui soleva commiserarne , con questa esclamazione , se stesso . « No , zio ; Franco ha ragione . » Luisa pronunziò queste parole con fierezza subitanea . « Ma si ! » , esclamò perché lo zio aveva messo un lungo « hm ! » dubitativo . « Ha cento ragioni ! Ma » , soggiunse piano , « dice di essere partito di casa in modo che la nonna verrà molto probabilmente a scoprir tutto . » « Meglio » , disse lo zio , incamminandosi verso la terrazza . La luna era tramontata , faceva buio . Luisa , sussurrò : « Mamma è qui » . La signora Teresa , tribolata dalla mancanza di respiro , si era fatta trascinare sulla terrazza , nella sua poltrona , per avere un po ' d ' aria , un po ' di sollievo . « Cosa vi pare , Piero ? » , disse con voce simile nel timbro a quella di Luisa , ma stanca e più dolce : la voce di un cuor mite cui il mondo è amaramente avverso e che cede . « Cosa vi pare che tutte le nostre prudenze non serviranno a niente ? » « Ma no , mamma , questo non si sa ancora , questo non si può dire ! » Mentre Luisa parlava così , Franco che stava nel salotto col curato ne uscì per abbracciar lo zio . « Dunque ? » , disse questi stendendogli la mano , perché gli abbracciamenti non erano di suo gusto . « Cosa è successo ? » Franco raccontò l ' accaduto velando un poco le espressioni della nonna che potevano riuscire troppo offensive ai Rigey , tacendo affatto la minaccia di non lasciargli un soldo , accusando quasi più la suscettibilità propria che l ' insolenza della vecchia , confessando finalmente di aver fatto conoscere , di proposito , la sua intenzione di star fuori tutta la notte . Ciò non poteva a meno di condurre la nonna a scoprir tutto subito , perché lo avrebbe interrogato su quest ' assenza , ed egli non voleva mentire , e tacere era come confessare . « Senti ! » , esclamò lo zio con l ' accento vibrato e con la faccia spanta del galantomone che , soffocando in un viluppo di cautele e di dissimulazioni , vi mena dentro due gran gomitate , se ne disbriga e respira : « Vedo che hai avuto torto d ' irritar la nonna perché , cosa mai ! Bisogna rispettare i vecchi anche nei loro errori ; capisco che le conseguenze saranno pessime ; ma son più contento così e sarei più contento ancora se tu avessi già detto a tua nonna le cose chiare e tonde . Questo segreto , questo infingersi , questo nascondersi non mi sono mai piaciuti un corno . Cosa mai ! L ' onest ' uomo quello che fa lo dice , alla papale . Tu vuoi ammogliarti contro la volontà della nonna . Bene , almeno non ingannarla ! » « Ma Piero ! » , esclamò la signora Teresa che , insieme ad uno squisito sentimento della vita come dovrebb ' essere , possedeva un senso acuto della vita com ' è realmente , e data molto più di suo fratello agli esercizi di pietà , molto più familiare con Dio , riusciva più facilmente a persuadersi di aver ottenuta da Lui , per amor di un bene sostanziale , qualche concessione di forma . « Ma Piero ! Voi non riflettete . » ( La signora Teresa , molto più giovane di suo fratello , gli parlava sempre col voi e ne pigliava il tu ) . « Se la marchesa viene a conoscere il matrimonio in un modo simile e , naturalmente , non vuol saperne di prender Luisa in casa , cosa fanno questi ragazzi ? Dove vanno ? Qui non c ' è posto e quand ' anche vi fosse posto non è preparato nulla . In casa vostra nemmeno . Bisogna riflettere . Se si voleva tener la cosa segreta per un mese o due , non era mica per ingannare ; era per aver tempo di disporvi la nonna e , se la nonna non volesse piegarsi , di preparar un paio di stanze a Oria . » « Oh povero me ! » , fece l ' ingegnere . « Ci voglion due mesi per questo ? Non par vero . » Un soffio prolungato , nell ' ombra , ricordò in quel punto la presenza del signor Giacomo che stava in un angolo , appoggiato al muro , non osando scostarsene per l ' oscurità . La signora Teresa non l ' aveva ancora salutato . « Oh , signor Giacomo ! » , diss ' ella con grande premura . « Scusi . La ringrazio tanto , sa . Venga qua . Ha sentito quel che si diceva ? Dica anche Lei ; cosa Le pare ? » « La mia servitù » , disse il signor Giacomo dal suo angolo . « Propramente non me movo , perché , con la mia povera vista ... » « Luisa ! » , fece la signora Teresa . « Porta fuori un lume . Ma ha sentito , signor Giacomo ; cosa Le pare ? Dica . » Il signor Giacomo mise nella sua sapienza tre o quattro piccoli soffi frettolosi che significavano : « ahi , questo è un imbarazzo » « No so » , cominciò titubante , « no so , digo adesso , se trovandome a scuro ... » « Luisa ! » , chiamò da capo la signora Teresa . « Eh nossignora , nossignora . M ' intendo a scuro de tante cosse che no so . Vogio dir che ne la mia ignoranza no me posso pronunciar . Però , digo , me par che forse se podaria ... adesso , digo , mi son qua per el servizio Suo e de la rispettabilissima famegia , sì ben che no me faria maravegia che l ' Imperial Regio Commissario , ottima persona ma sustosèta ... ben , basta , no discoremo , mi son qua , però me pararia , digo , che se podesse tirar avanti un pocheto e intanto qua el nostro nobilissimo signor don Franco podaria forse co le bone , cole molesine ... Ben ben ben , per mi , come che Le comanda . » Furono le proteste violente di Franco che fecero voltare così precipitosamente strada al signor Giacomo . Luisa le appoggiò e la signora Teresa , che forse adesso avrebbe pure inclinato a una dilazione , non osò contraddire . « Luisa , Franco » , diss ' ella . « Riconducetemi in salotto . » I due giovani spinsero insieme , seguiti dallo zio e dal signor Giacomo , la poltrona nel salotto . Nel passar la soglia Luisa si chinò , baciò la mamma sui capelli e le sussurrò : « vedrai che tutto andrà bene » . Ella credeva di trovar il curato in salotto , ma il curato se l ' era svignata per la cucina . Appena Franco e Luisa ebbero accostata la mamma al tavolo dov ' era il lume , capitò il sagrestano ad avvertire che tutto era pronto . Allora la signora Teresa lo pregò di annunciare al curato che gli sposi sarebbero andati in chiesa fra mezz ' ora . « Luisa » , diss ' ella , fissando sua figlia con uno sguardo significante . « Sì , mamma » , rispose questa ; e riprese a voce più alta volgendosi al suo fidanzato : « Franco , la mamma desidera parlarti . » Il signor Giacomo capì e uscì sulla terrazza . L ' ingegnere non capì nulla e sua nipote dovette spiegargli che bisognava lasciar la mamma sola con Franco . L ' uomo semplice non ne intendeva bene il perché : allora ella gli prese sorridendo un braccio e lo condusse fuori . La signora Teresa stese in silenzio la sua bella mano ancora giovane , a Franco , che s ' inginocchiò per baciarla . « Povero Franco ! » , diss ' ella dolcemente . Lo fece alzare e sedere vicino a sé . Doveva parlargli , disse ; e si sentiva tanto poca lena ! Ma egli capirebbe molto , anche da poche parole : « Minga vera ? » Così dicendo la voce fioca ebbe una soavità infinita . « Sai » , cominciò , « questo non avevo pensato a dirtelo , ma mi è venuto in mente quando tu raccontavi del piatto che hai rotto a tavola . Ti prego di avere riguardo alla situazione dello zio Piero . Egli pensa , nel suo cuore , come te . Se tu avessi veduto le lettere che mi scriveva nel 1848 ! Ma è impiegato del Governo . Vero che si sente tranquillo nella sua coscienza perché , occupandosi di strade e di acque , sa che serve il suo paese e non i tedeschi ; ma certi riguardi vuole e deve averli . Fino a un dato punto bisogna che li abbiate anche voi per amor suo . » « I tedeschi andranno via presto , mamma » , rispose Franco , « ma sta tranquilla , sarò prudente , vedrai . » « Oh caro , io non ho più niente da vedere . Non ho che a vedervi voi altri due uniti e benedetti dal Signore . Quando i tedeschi saranno andati via , verrete a dirmelo a Looch . » Portano il nome di Looch i praticelli ombrati di grandi noci dove sta il piccolo camposanto di Castello . « Ma ti devo parlare di un ' altra cosa » , proseguì la signora Teresa senza lasciar a Franco il tempo di far proteste . Egli le prese le mani , gliele strinse trattenendo a fatica il pianto . « Bisogna che ti parli di Luisa » , diss ' ella . « Bisogna che tu la conosca bene tua moglie . » « La conosco , mamma ! La conosco quanto la conosci tu e più ancora ! » Egli ardeva e fremeva tutto , così dicendo , nell ' appassionato amore per lei ch ' era la vita della sua vita , l ' anima dell ' anima sua . « Povero Franco ! » , fece la signora Teresa teneramente , sorridendo . « No , ascoltami , vi è qualche cosa che non sai e che devi sapere . Aspetta un poco . » Aveva bisogno di una sosta , l ' emozione le rendeva il respiro difficile e più difficile il parlare . Fece un gesto negativo a Franco che avrebbe pur voluto adoperarsi , aiutarla in qualche modo . Le bastava un po ' di riposo e lo prese appoggiando il capo alla spalliera della poltrona . Si rialzò presto . « Avrai inteso parlar male » , disse , « del povero mio marito , a casa tua . Avrai inteso dire ch ' era un uomo senza principii e che ho avuto un gran torto a sposarlo . Infatti egli non era religioso e questa fu la ragione per cui esitai molto prima di decidermi . Sono stata consigliata di cedere perché potevo forse influire bene sopra di lui che aveva un ' anima nobile . È morto da cristiano , ho tanta fede di trovarlo in paradiso se il Signore mi fa questa grazia di prendermi con sé ; ma fino all ' ultima ora parve che non ottenessi nulla . Bene , temo che la mia Luisa , in fondo , abbia le tendenze del suo papà . Me le nasconde , ma capisco che le ha . Te la raccomando , studiala , consigliala , ha un gran talento e un gran cuore , se io non ho saputo far bene con lei , tu fa meglio , sei un buon cristiano , guarda che lo sia anche lei , proprio di cuore ; promettimelo , Franco . » Egli lo promise sorridendo , come se stimasse vani i timori di lei e facesse , per compiacenza , una promessa superflua . L ' ammalata lo guardò , triste . « Credimi , sai » , soggiunse , « non sono fantasie . Non posso morire in pace se non la prendi come una cosa seria . » E poi che il giovane ebbe ripetuta la sua promessa senza sorridere , soggiunse : « Una parola ancora . Quando parti di qua , vai a Casarico dal professor Gilardoni , non è vero ? » « Ma , questo era il piano di prima . Dovevo dire alla nonna che andavo a dormire da Gilardoni per fare poi una gita insieme alla mattina ; adesso lo sai come sono venuto via . » « Vacci lo stesso . Ho piacere che tu ci vada . E poi ti aspetta , non è vero ? Dunque ci devi andare . Povero Gilardoni , non è più venuto dopo quella pazzia di due anni or sono . Lo sai , non è vero ? Luisa te l ' avrà detto ? » « Sì , mamma . » Questo professor Gilardoni che viveva a Casarico , da eremita , si era molto romanticamente innamorato , qualche anno prima , della signora Teresa e le si era timidamente , reverentemente proposto per marito , ottenendo un tale successo di stupore da togliergli poi il coraggio di ricomparirle davanti . « Povero uomo ! » , riprese la signora Rigey . « Quella è stata una stupidità grande , ma è un cuor d ' oro , un buon amico , tenetevelo caro . Il giorno prima che gli venisse quell ' accesso di pazzia , mi ha fatto una confidenza . Non te la posso ripetere , e anzi ti prego di non parlargliene se non te ne parla lui ; ma insomma è una cosa che potrà , in certi casi , aver molta importanza per voi altri , specialmente se avrete figli . Se Gilardoni te ne parla , pensaci prima di dirlo a Luisa . Luisa potrebbe prender la cosa non come va presa . Delibera tu , consigliati con lo zio Piero e poi parla o non parla , secondo la strada che vorrai prendere . » « Sì , mamma . » Si picchiò all ' uscio , sommessamente , e la voce di Luisa disse : « È finito ? » Franco guardò l ' ammalata . « Avanti » , diss ' ella . « È ora di andare ? » Luisa non rispose , cinse con un braccio il collo di Franco . S ' inginocchiarono insieme davanti alla mamma , le piegarono il capo in grembo . Luisa faceva ogni sforzo per trattenere il pianto , sapendo bene che bisognava evitare alla mamma ogni emozione troppo forte , ma le spalle la tradivano . « No , Luisa » , disse la mamma , « no , cara , no » , e le accarezzava il capo . « Ti ringrazio che sei sempre stata una buona figliuola , sai ; tanto buona ; quietati ; son così contenta ; vedrai che starò meglio . Andate dunque ; datemi un bacio e poi andate , non fate aspettare il signor curato . Dio ti benedica , Luisa ; e anche te , Franco . » Chiese il suo libro di preghiere , si accostò il lume , fece aprire le finestre e l ' uscio della terrazza per respirar meglio e mandò via la fantesca che si preparava a tenerle compagnia . Usciti gli sposi , entrò l ' ingegnere per salutar sua sorella prima di andare in chiesa . « Ciao , neh , Teresa . » « Addio , Piero . Un altro peso sulle vostre spalle , povero Piero . » « Amen » , rispose pacificamente l ' ingegnere . Rimasta sola , la signora Rigey stette ascoltando il rumor dei passi che si allontanavano . Quelli gravi di suo fratello e del signor Giacomo , la coda della colonna , non le lasciavano udire gli altri ch ' ella avrebbe voluto accompagnar con l ' orecchio quanto era possibile . Un momento ancora e non intese più nulla . Ebbe l ' idea che Luisa e Franco si allontanavano insieme nell ' avvenire dove a lei non era dato seguirli che per pochi mesi o forse per pochi giorni ; e che non poteva indovinar niente , presentir niente del loro destino . « Poveri ragazzi » , pensò . « Chi sa cosa avranno passato fra cinque anni , fra dieci anni ! » Stette ancora in ascolto , ma il silenzio era profondo ; non entrava per le finestre aperte che il fragor lontano lontano della cascata di Rescia , di là dal lago . Allora , supponendo che fossero già in chiesa , prese il suo libro di preghiere e lesse con fervore . Si stancò presto , si sentì una gran confusione in testa , le si confusero alla vista anche i caratteri del libro . La sua mente si assopiva , la volontà era perduta . Presentiva una visione di cose non vere e sapeva di non dormire , comprendeva che non era sogno , ch ' era uno stato prodotto dal suo male . Vide aprirsi l ' uscio che metteva in cucina ed entrare il vecchio Gilardoni di Dasio , detto « el Carlin de Dàas » , padre del professore , agente di casa Maironi per i possessi di Valsolda , morto da venticinque anni . La figura entrò e disse in tono naturale : « Oh sciora Teresa , la sta ben ? » . Ella credette di rispondere : « Oh Carlin ! Bene e voi ? » , ma in fatto non aperse bocca . « Ghe l ' hoo chì la lettra » , riprese la figura agitando trionfalmente una lettera . « L ' hoo portada chì per Lee . » E posò la lettera sul tavolo . La signora Teresa vide chiaramente e con un senso di vivo piacere questa lettera sudicia e ingiallita dal tempo , senza busta e con la traccia di una piccola ostia rossa . Le parve dire : « Grazie , Carlin . E adesso andate a Dasio ? » . « Sciora no » , rispose il Carlin . « Voo a Casarech dal me fioeu . » L ' ammalata non vide più il Carlin , ma vide ancora la lettera sul tavolo . La vedeva chiaramente eppure non era certa che vi fosse ; nel suo cervello inerte durava l ' idea vaga di altre allucinazioni passate , l ' idea della malattia sua nemica , sua padrona violenta . Aveva l ' occhio vitreo , la respirazione penosa e frequente . Un suono di passi affrettati la scosse , la richiamò quasi del tutto in sé . Quando Luisa e Franco si precipitarono in camera dalla terrazza , non si accorsero , causa il paralume della lucerna , che la fisionomia della mamma fosse stravolta . Inginocchiati accanto a lei , la coprirono di baci , attribuirono all ' emozione quel respiro affannoso . A un tratto l ' ammalata sollevò il capo dalla spalliera della poltrona , tese le mani avanti , guardando e indicando qualche cosa . « La lettera » , diss ' ella . I due giovani si voltarono e non videro niente . « Che lettera , mamma ? » , disse Luisa . Nello stesso punto notò l ' espressione del viso di sua madre , diede un ' occhiata a Franco per avvertirlo . Non era la prima volta , durante la sua malattia , che la mamma soffriva di allucinazioni . All ' udirsi domandare « che lettera ? » ella capì , fece « oh ! » , ritirò le mani , se ne coperse il viso e pianse silenziosamente . Confortata dalle carezze de ' suoi figli , si ricompose , li baciò , stese la mano a suo fratello e al signor Giacomo , che non avevano inteso affatto cosa fosse accaduto e accennò a Luisa di andar a pigliar qualche cosa . Si trattava di una torta e di una bottiglia preziosa di vino del Niscioree , regalata con altre parecchie , tempo addietro , dal marchese Bianchi che aveva per la signora Rigey una singolare venerazione . Il signor Giacomo , non vedendo l ' ora di svignarsela , incominciava a dimenarsi , a soffiare , guardando l ' ingegnere . « Signora Luisina » , diss ' egli vedendo uscire la novella sposa . « La scusa , son propramente per domandar licenza ... » « No , no » , lo interruppe con un fil di voce la signora Teresa , « aspetti un poco . » Luisa scomparve e Franco scivolò pure fuori dalla stanza dietro sua moglie . La signora Teresa parve presa da uno scrupolo , accennò a richiamarlo . « Ma cosa mai ! » , fece l ' ingegnere . « Ma , Piero ! » « Ma cosa ? » Le antiche tradizioni austere della sua famiglia , un sottile senso di dignità , forse anche uno scrupolo religioso perché gli sposi non avevano ancora assistito alla messa della benedizione nuziale , impedivano alla signora Teresa di approvare che i giovani si appartassero e insieme di spiegarsi . Le sue reticenze e la bonarietà patriarcale dello zio diedero agio a Franco di sottrarsi ai richiami senza rimedio alcuno . La signora Teresa non insistette . « Per sempre ! » , mormorò dopo un momento come parlando fra sé . « Uniti per sempre ! » « Nualtri » , disse l ' ingegnere rivolgendosi in dialetto veneto al suo collega nel celibato , « nualtri , sior Giacomo , de ste buzare no ghe ne femo . » « Sempre de bon umor , Ela , ingegnere pregiatissimo » , rispose il signor Giacomo a cui la coscienza diceva che aveva fatto delle « buzare » peggiori . Gli sposi non ritornavano . « Signor Giacomo » , riprese l ' ingegnere , « per questa notte , niente letto . » L ' infelice si contorse , soffiò e batté le palpebre senza rispondere . E gli sposi non ritornavano . « Piero » , disse la signora , « suonate il campanello . » « Signor Giacomo » , fece l ' ingegnere senza scomporsi , « dobbiamo suonare il campanello ? » « L ' idea de la signora Teresa pare propramente questa » , rispose l ' omino navigando alla meglio tra il fratello e la sorella . « Però mi no digo gnente . » « Piero ! » , insistette la signora . « Ma insomma » , riprese suo fratello senza muoversi . « Lei , cosa farebbe ? Lo suonerebbe , questo campanello , o non lo suonerebbe ? » « Oh Dio ! » , gemette il Puttini . « La me dispensa . » « Non La dispenso un corno . » Gli sposi non ritornavano e la mamma , sempre più inquieta , ricominciava : « Ma suonate , dunque , Piero ! » Il signor Giacomo , che moriva dalla voglia di andarsene e non poteva andarsene senza salutar gli sposi , incoraggiato dall ' insistere della signora , fece uno sforzo , diventò rosso rosso e buttò fuori la sua sentenza : « Mi sonaria . » « Caro signor Giacomo » , disse l ' ingegnere , « mi stupisco , mi sorprendo e mi meraviglio . » Chi sa perché , quando era di buon umore e gli capitava in bocca uno di quei sinonimi , li infilzava tutti e tre . « Però » , conchiuse , «suoniamo.» E suonò molto discretamente . « Sentite , Piero » , disse la signora Teresa . « Ricordatevi bene che adesso , quando partite voi , deve partire anche Franco . Ritornerà alle cinque e mezzo per la messa . » « Oh povero me ! » , fece lo zio Piero . « Quante miserie ! Insomma , sono marito e moglie , sì o no ? Bene bene bene » , soggiunse , perché sua sorella si inquietava . « Fate tutto quello che volete , ecco . » Invece degli sposi entrò la fantesca portando la torta e la bottiglia e disse all ' ingegnere che la signora Luisina lo pregava di uscire un momento sulla terrazza . « Adesso che viene un po ' di grazia di Dio , mi mandate fuori » , disse l ' ingegnere . Egli scherzava , con la solita serenità di spirito , forse non comprendendo bene lo stato grave di sua sorella , forse per certa sua naturale disposizione pacifica verso tutto che fosse ineluttabile . Uscì sulla terrazza dove Luisa lo aspettava con Franco . « Senti , zio » , diss ' ella , « mio marito dice che certo la nonna scoprirà tutto subito , ch ' egli non potrà più stare a Cressogno , che se la mamma fosse in buone condizioni si potrebbe venire da te a Oria , ma che così , pur troppo , non è possibile . Allora dice che si potrebbe mettere all ' ordine una camera qui , in fretta , alla meglio ; lo studio del povero papà , si diceva noi . Cosa ti pare ? » « Hm ! » , fece lo zio , che non accettava facilmente le novità . « Mi pare una risoluzione molto precipitosa . Fate una spesa , mettete la casa sossopra per una cosa che non può durare . » La sua idea fissa era quella di aver tutta la famiglia a Oria , e questo ripiego della camera gli faceva ombra . Temeva che se gli sposi si accomodavano a Castello finissero con restarvi . Luisa si studiò di persuaderlo che non si poteva fare altrimenti , che né la spesa né l ' incomodo sarebbero stati grandi , che suo marito , quando avesse a uscir di casa , andrebbe difilato a Lugano e ritornerebbe con i pochi mobili strettamente necessari . Lo zio domandò se Franco non potrebbe invece mettersi a Oria e starvi fino a quando vi potessero scendere la mamma e lei . « Oh , zio ! » , fece Luisa . S ' ella avesse saputo del campanello , si sarebbe ancor più meravigliata di una proposta simile . Ma il buon uomo aveva qualche volta di queste idee ingenue che facevano sorridere sua sorella . Luisa non durò fatica a trovare argomenti contro l ' esilio di Franco e ad adoperarli con calore . « Basta » , fece lo zio non persuaso , ma placido , allargando le braccia in arco , nell ' atto di un Dominus vobiscum più caritatevole , più disposto a cinger di tenerezza le povere creature umane . « Fiat . Oh , e se occorre » , soggiunse volgendosi a Franco , « come stai a quattrini ? » Franco trasalì , s ' imbarazzò . « È il nostro papà , sai » , gli disse sua moglie . « Papà niente affatto » , osservò lo zio , sempre placidamente . « Papà niente affatto , ma quel ch ' è mio è vostro , ecco ; vuol dire dunque che vi munirò un poco secondo le mie forze . » E ricevette l ' abbraccio commosso de ' suoi nipoti senza corrispondervi , quasi seccato da una dimostrazione superflua , seccato che non accogliessero più semplicemente una cosa tanto semplice e naturale . « Sì , sì » , diss ' egli , « andiamo a bere ch ' è meglio . » Il vino del Niscioree , rosso chiaro come un rubino , delicato e gagliardo , blandì e pacificò le viscere dell ' impaziente signor Giacomo , che in quegli anni di oïdium ben di rado bagnava le labbra nel vin pretto e beveva cupamente vin Grimelli di acquosa memoria . « Est , est , non è vero , signor Giacomo ? » , disse lo zio Piero vedendo il Puttini guardar devotamente nel bicchiere che teneva in mano . « Qui almeno non c ' è pericolo di crepare come quel tale : et propter nimium est dominus meus mortuus est . » « A mi me par de resussitar » , rispose il signor Giacomo , adagio adagio , quasi sottovoce , guardando sempre nel bicchiere . « Allora , un brindisi agli sposi ! » , riprese l ' altro , alzandosi . « Se non lo fa Lei , lo farò io : Viva lü e viva lee E nün andèm foeura d ' i pee . Il signor Giacomo vuotò il bicchiere , soffiò molto e batté molto le palpebre in segno dei vari sentimenti che tumultuavano nell ' animo suo mentre l ' ultimo aroma e l ' ultimo sapor del vino gli si perdevano in bocca ; offerse la sua servitù alla signora Teresa riveritissima , la sua devozione alla sposina amabilissima , la sua osservanza allo sposo compitissimo ; si schermì , menando le braccia e la testa , dai ringraziamenti che gli fioccavano addosso , e preso il cappellone , presa la mazza , si avviò umilmente , soffiando con un misto di compiacenza e di rammarico , dietro la mole placida dell ' ingegnere pregiatissimo . « E tu , Franco ? » , chiese subito la signora Teresa . « Vado » , rispose Franco . « Vien qua » , diss ' ella . « Vi ho accolto così male , poveri figliuoli , quando siete ritornati dalla chiesa . Sai , m ' era venuto uno de ' miei accessi ; lo avete ben capito . Adesso mi sento tanto benino , tanto in pace . Signore , Vi ringrazio . Mi pare d ' avere messa la casa in ordine , d ' avere spento il fuoco , d ' aver dette un po ' di orazioni e di andar a dormire , tutta bella contenta ; ma non così presto , sai , caro , non così subito . Ti lascio la mia Luisa , caro , ti lascio lo zio Piero ; so che li amerai tanto , vero ? Ricordati anche di me , però . Ah Signore , come mi rincresce di non vedere i vostri figli ! Quello sì . Hai da dar loro un bacio per la povera nonna , tutti i giorni . E adesso va ' , figlio mio ; ritorni alle cinque e mezzo , non è vero ? Sì , addio , va '.» Gli parlava carezzevole , come a un bambino che non capisce ancora ed egli piangeva di tenerezza silenziosamente , le baciava e ribaciava le mani , godendo che Luisa fosse presente e vedesse ; perché nella sua immensa tenerezza per la mamma vi era la immensa gioia di essere divenuto un solo con la figlia e come un ' avidità di amar tutto che sua moglie amava , con la stessa forza . « Va ' » , ripeteva mamma Teresa , temendo anche la commozione propria : « va ' , va '.» Egli obbedì , finalmente ; e uscì con Luisa . Anche stavolta Luisa tardò molto a ritornare , ma le anime più sante hanno le loro lievi debolezze e quantunque la fantesca non facesse che andare e venire dalla cucina al salotto , la signora Teresa , tocca dalle dimostrazioni d ' affetto che le aveva prodigate Franco , non le disse mai di suonare il campanello . 4 . La lettera del Carlin Franco discese il monte adagio adagio , tutto chiuso nel suo mondo interiore così pieno di cose , di pensieri , di sentimenti nuovi , fermandosi ogni tratto a guardar la strada biancastra e i campicelli scuri , a toccar le foglie d ' una vite o i sassi d ' un muricciuolo per sentire la realtà del mondo esterno , persuadersi che non sognava . Solamente a Casarico , nella contrada dei Mal ' ari , davanti alla porticina della villetta Gilardoni , si ricordò delle parole oscure di mamma Teresa circa la confidenza fattale dal Gilardoni e si domandò quale potesse mai essere l ' arcano che non conveniva rivelare a Luisa . A dir il vero questo consiglio della mamma non gli era piaciuto interamente . « Come mai » , pensò bussando all ' uscio , « nasconderei qualche cosa a mia moglie ? » Il professore Beniamino Gilardoni , figlio del « Carlin de Dàas » , era stato fatto studiare dal vecchio don Franco Maironi , dal marito della marchesa Orsola , uomo bizzarro , lunatico , violento , ma generoso . Quando il Carlin morì , si vide che la generosità del Maironi non sarebbe stata necessaria . Beniamino ereditò un discreto gruzzoletto e ciò fece andare in bestia don Franco che lo tenne responsabile dell ' ipocrisia paterna , gli voltò le spalle né volle più saperne di lui nel poco tempo che visse ancora dopo la morte del suo agente . Il giovane entrò nell ' insegnamento , fu professore di latino nel ginnasio di Cremona e di filosofia nel liceo di Udine . Cagionevole di salute e timoroso assai del male fisico , alquanto misantropo , piantò nel 1842 la cattedra e venne a godersi la modesta eredità paterna in Valsolda . Il natio paesello di Dasio , seduto sotto le rocce dolomitiche dell ' Arabione , era troppo alto e troppo incomodo per lui . Vendette i suoi beni di lassù , si comperò l ' uliveto del Sedorgg sopra Casarico e una villetta in Casarico stesso , sulla riva del lago ; un gingillo di villetta che egli chiamava per la sua forma « pi greco » a immagine del diagramma di Ugo Foscolo . Dalla contrada dei Mal ' ari un andito breve metteva nel cortiletto addossato a un portico minuscolo e aperto verso il lago , fra grandi oleandri , di fronte a sei miglia d ' acqua verde o grigia o azzurra , secondo i momenti , fino al monte S . Salvatore inclinato là in fondo , sotto il peso della sua gobba malinconica , ai sottoposti colli umidi di Carona . A levante della casina si stendeva un orto favolosamente spazioso per quei paesi le cui pianure l ' ingegnere Ribera soleva definire con questa citazione censuaria : campo grande , detto il campone , tavol sett . Sette tavole son venti o ventidue metri quadrati . Il professore lo coltivava con l ' aiuto del suo servitorello Giuseppe , detto il Pinella , e d ' una bibliotechina di trattati francesi . Si faceva venire di Francia i semi delle qualità d ' ortaggi più celebrate , che talvolta gli spuntavano ignobilmente diversi dalla loro fede di battesimo e magari da qualunque onesta famiglia battezzata . Accadeva allora che filosofo e famiglio , curvi sull ' aiuola con le mani alle ginocchia , levassero gli occhi dai germogli beffardi per guardarsi in faccia , il primo sinceramente , il secondo ipocritamente compunto . In un canto dell ' orto viveva , nella sua stalletta costrutta con tutte le regole dell ' arte , una vaccherella svizzera comperata dopo tre mesi di assidui studi e riuscita magra e cagionevole quanto il padrone ; al quale , malgrado la mucca svizzera e quattro galline padovane , capitava spesso di non potersi preparare in casa un latte all ' ovo . Nel muro di sostegno verso il lago , battuto al piede dall ' onda piena della breva , egli aveva praticati dei fori e piantato , per consiglio di Franco Maironi , alquante agavi americane , alquanti rosai e capperi , fasciando così , come soleva dire , con una elegante forma poetica il sostanzioso contenuto dell ' orto . E per amore di poesia aveva lasciato incolto un breve angolo dell ' orto stesso . Vi era cresciuto un canneto altissimo e a questo canneto il professore aveva addossato una specie di belvedere , un alto palco di legno , molto rustico e primitivo , dove nella buona stagione passava qualche gradevole ora leggendo , al fresco della breva , al mormorio del canneto e delle onde , i libri mistici che amava . Da lontano il colore del palco si confondeva con quello del canneto ed il professore pareva seduto in aria col suo libro in mano , come un mago . Teneva nel salotto la bibliotechina d ' orticoltura ; i libri mistici , i trattati di negromanzia , di gnosticismo , gli scritti sulle allucinazioni e sui sogni li teneva in uno studiolo vicino alla camera da letto , in una specie di cabina di nave dove il lago o il cielo parevano entrare dalla finestra . Dopo la morte del vecchio Maironi il professore aveva ripigliato a visitare la famiglia , ma la marchesa Orsola gli piaceva poco e don Alessandro suo figlio , padre di Franco , meno ancora . Finì con andarci una volta l ' anno . Quando il giovinetto entrò in liceo , il Gilardoni fu pregato dalla nonna , ché il padre era morto da un pezzo , di dargli qualche lezione durante l ' autunno . Maestro e scolaro si somigliavano nei facili entusiasmi , nelle collere veementi e fugaci , ed erano caldi patrioti ambedue . Cessato il bisogno delle lezioni si rividero come amici benché il professore avesse oltre a vent ' anni più di Franco . Questi ammirava l ' ingegno del suo allievo ; Franco invece stimava assai poco la filosofia mezzo cristiana mezzo razionalista del maestro , le sue tendenze mistiche ; rideva della sua passione per i libri e per le teorie d ' orticoltura e giardinaggio , scompagnata da qualsiasi senso pratico . Lo aveva tuttavia molto caro per la sua bontà , per il suo candore , per il suo calor d ' animo . N ' era stato il confidente al tempo dell ' infelice amore concepito dal Gilardoni per la signora Teresa Rigey e lo aveva poi ricambiato con le confidenze proprie . Il Gilardoni ne fu molto commosso ; disse a Franco che avendo nel cuore quel tale culto gli sarebbe parso di diventar un poco suo padre anche se la signora Teresa non volesse saperne di lui . Franco non mostrò di apprezzare questa paternità metafisica ; l ' amore per la signora Rigey gli pareva un ' aberrazione ; ma insomma si confermò nell ' idea che la testa del professore non valeva gran cosa e che il cuore era d ' oro . Bussò , dunque , all ' uscio e venne ad aprirgli il professore in persona portando un lumicino a olio . « Bravo » , diss ' egli . « Credevo che non venissi più . » Il Gilardoni era in veste da camera e pantofole , aveva in testa una specie di turbante ed esalava un forte odore di canfora . Pareva un turco , un Gilardoni bey ; ma la faccia magra e giallognola che sorrideva sotto il turbante nulla aveva di turchesco . Contornata d ' una barbetta rossastra , fiorita pomposamente , nel mezzo , d ' un bel nasone bitorzoluto e vermiglio , luceva per due begli occhi azzurri , molto giovanili , pieni d ' ingenua bontà e poesia . Appena Franco ebbe chiuso l ' uscio dietro di sé , l ' amico gli sussurrò : « È fatto ? » . « È fatto » , rispose Franco . L ' altro lo abbracciò e lo baciò silenziosamente . Poi lo fece salire nello studiolo . Gli spiegò strada facendo che s ' era applicato sulla testa delle compresse d ' acqua sedativa , secundum Raspail , per una minaccia di emicrania . Egli era un apostolo di Raspail e aveva convertito anche Franco , molto soggetto alle infiammazioni di gola , dalle sanguisughe alla sigaretta di canfora . Nello studiolo , nuovo amplesso , molto stretto e molto lungo . « Tanto , tanto , tanto ! » , esclamò Gilardoni sottintendendo un mondo di cose . Povero Gilardoni , gli occhi gli luccicavano . Aveva sperato invano una felicità simile a quella dell ' amico suo ! Franco intese , s ' imbarazzò , non seppe dirgli nulla , e ne seguì un silenzio così significativo che il Gilardoni non poté sopportarlo e si mise ad accendere un po ' di fuoco per riscaldare il caffè che aveva preparato . Franco si offerse per questa bisogna e il professore accettò allegando il suo mal di capo , si mise a disfare il turbante davanti a una scodella d ' acqua sedativa . « Dunque » , diss ' egli , dominando la propria emozione con uno sforzo di volontà , « mi racconti . » Franco gli raccontò ogni cosa dal pranzo della nonna fino alla cerimonia nuziale nella chiesa di Castello , eccetto , naturalmente , il colloquio segreto con mamma Teresa . Il professore Beniamino , che intanto si era rimesso il turbante , si fece coraggio a mezzo . «E...», diss ' egli sostituendo al nome amato una specie di gemito sordo , « come sta ? » Udito dell ' allucinazione , esclamò : « Una lettera ? Le pareva di vedere una lettera ? Ma che lettera ? » . Questo , Franco non lo sapeva . Uno stridore sulla brace interruppe la conversazione ; il caffè bolliva a scroscio e si versava . Il Gilardoni somigliava al suo giovane amico pure in questo che gli si leggeva il cuore in faccia . Il giovane amico , ch ' era del resto un lettore di facce infinitamente più sagace e pronto di lui , capì subito ch ' egli aveva pensato ad una data lettera e gli chiese , mentre il caffè stava posando , se fosse in grado di spiegar quell ' allucinazione . Il professore si affrettò a rispondere di no , ma tosto pronunciato il no lo attenuò con parecchi altri no misti a inarticolati brontolii : « eh no - no già - non saprei - insomma no » . Franco non insistette e ne seguì un altro silenzio alquanto significativo . Preso il caffè con molti involontari segni d ' inquietudine , il professore propose bruscamente d ' andare a letto . Franco , dovendo ripartire prima di giorno , preferì non coricarsi ma volle che si coricasse l ' amico , e l ' amico , dopo infinite proteste e cerimonie , dopo aver esitato fin sulla soglia della porta con la sua scodella d ' acqua sedativa in mano , fece di colpo un volta faccia , si gittò alle spalle un « addio » e scomparve . Rimasto solo , Franco spense il lume e si distese sulla poltrona con la buona intenzione di dormire , cercando il sonno in qualche pensiero indifferente , se gli fosse possibile di fermarvisi . Non erano passati cinque minuti quando fu picchiato all ' uscio e subito entrò precipitosamente , senza lume , il professore dicendo : « Insomma sono qui ! » . « Cosa c ' è ? » , esclamò Franco . « Mi rincresce che ho spento . » Si sentì in pari tempo le braccia del buon Beniamino intorno al collo , la sua barba , la canfora e la voce sul viso . « Caro caro caro caro don Franco , io ho un peso enorme sul cuore , non volevo parlare adesso , volevo lasciarla quieto ma non posso , non posso , poss no , poss no , poss no ! » « Ma parli , si quieti , si quieti ! » , disse Franco sciogliendosi dolcemente da quell ' abbraccio . Il professore lo lasciò e si portò le mani alle tempie gemendo : « Oh che animale , che animale , che animale ! Potevo ben lasciarla tranquillo , potevo ben aspettare domani ! o posdomani ! Ma ormai è fatta , è fatta » . Afferrò le mani di Franco . « Creda , avevo cominciato a spogliarmi quando mi ha preso come una vertigine e lì , andiamo , metti su da capo le vesta , e via , corri qua come un matto , senza lume ! Nella furia ho persin rovesciato la scodella dell ' acqua sedativa ! » « Accendiamo il lume ? » , chiese Franco . « No no no ! Meglio parlare al buio , meglio parlare al buio ! Guardi , mi metto persino qui , io ! » Andò a sedere al suo scrittoio fuori del chiaror debole ch ' entrava dalla finestra , e parlò . Parlava sempre nervoso e disordinato ; figurarsi adesso con l ' agitazione che aveva in corpo . « Comincio , neh ? Chi sa cosa dirà , caro don Franco ! Tutte chiacchiere inutili , queste ; ma cosa vuole , là , pazienza . Comincio dunque ; di dove comincio ? Ah Signore , vede che bestia sono che non so nemmeno più dove cominciare ? Ah , quell ' allucinazione ! Sì , Le ho detto una bugia poco fa , posso benissimo sospettare l ' origine di quell ' allucinazione . Si tratta d ' una lettera , proprio d ' una lettera che io ho fatto vedere due anni sono alla signora Teresa . Una lettera del povero don Franco Suo nonno . Bene , adesso cominciamo dal principio . Il mio povero papà , negli ultimi giorni della sua vita mi parlò di una lettera di don Franco che avrei trovato nel cassettone dov ' erano tutte le carte da conservarsi . Mi disse di leggerla , di custodirla e di regolarmi , a suo tempo , secondo la mia coscienza . " Però " , disse , " è quasi certo che non vi sarà niente da fare . " Il povero papà viene a mancare , io cerco la lettera nel cassettone , non la trovo . Frugo tutta la casa , non la trovo . Cosa vuole ? Mi do pace con l ' idea che non ci sarà niente da fare e non ci penso più . Bestia , vero ? Animale ? Me lo dica pure , me lo merito , me lo son detto tante volte io . Schiavo , andiamo avanti . Lei sa com ' è stata regolata la successione di Suo nonno ? Sa come sono andati gli affari di casa Sua ? Mi perdona , neh , se Le parlo di queste cose ? » « So che mio nonno morì senza testamento e che non ho niente » , rispose Franco . « Passiamo , andiamo avanti . » Era un argomento penoso davvero , per Franco . Alla morte del vecchio Maironi non s ' era trovato testamento . La vedova e il figlio don Alessandro si erano divisi la sostanza per metà , d ' amore e d ' accordo . Per riuscire a questo il figlio aveva fatto alla madre una donazione assai grossa dichiarando d ' interpretare la volontà paterna cui era mancato il modo d ' esprimersi . Il giovane , vizioso , giuocatore , prodigo , era già impigliato , alla morte di suo padre , nei lacci degli usurai . Nei sette anni che visse ancora si governò per modo da non lasciare un soldo al suo unico figlio Franco , il quale rimase con una ventina di mila svanziche , la sostanza di sua madre , morta nel metterlo alla luce . « Sì , sì , andiamo avanti » , riprese il Gilardoni . « Tre anni fa , dico tre anni fa , ricevo una Sua lettera . Ricordo ch ' era il due novembre , il giorno dei morti . Cose strane , cose misteriose . Senta bene . La sera vado a letto e faccio un sogno . Sogno la lettera di Suo nonno . Noti che non ci avevo mai più pensato . Sogno di cercarla e di trovarla in una vecchia cassa che tengo in granaio . La leggo , sempre in sogno . Cosa dice ? Dice che nella cantina di casa Maironi a Cressogno c ' è un tesoro e che questo tesoro è destinato a Lei . Mi sveglio con una emozione straordinaria , con la convinzione che si tratta di un sogno veridico . Mi alzo e vado a guardare nella cassa . Non trovo niente . Ma due giorni dopo , volendo vendere certi fondi che avevo ancora a Dasio , piglio in mano un vecchio atto di compera che papà teneva nel suo cassettone , lo sfoglio e me ne casca fuori una lettera . Guardo la sottoscrizione , vedo , " nobile Franco Maironi " . La leggo ; è quella ! Ecco , dico , il sogno che ... » « Ebbene ? » , interruppe Franco . « Questa lettera , cosa diceva ? » Il professore si alzò , prese uno zolfino lungo mezzo braccio , lo cacciò nella brace del caminetto e accese il lume . « L ' ho qui » , diss ' egli con un gran sospiro sconsolato . «Legga.» Si cavò di tasca e porse a Franco una lettera giallognola , di piccolo formato , senza busta , con le tracce d ' un ' ostia rossa . Le linee nero - giallastre dello scritto interno trasparivano qua e là quasi in rilievo . Franco la prese , l ' accostò al lume e lesse ad alta voce : Caro Carlin , Troverai dentro la presente il mio testamento . Ne ho fatto due copie . Una è presso di me . L ' altra è questa che io t ' incarico di pubblicare se la prima non viene fuori . Hai capito ? Basta , e quando mi vedrai ti è assolutamente proibito di rompermi ... col darmi consigli secondo il tuo maledetto vizio . Tu sei la sola persona di cui mi fido , ma del resto io non ho che a comandare e tu non hai che a obbedire ; dunque tutti i rompimenti sono inutili e intollerabili . Ciao . Il tuo aff . padrone Nob . Franco Maironi Cressogno , 22 settembre 1828 « Ecco il testamento , adesso » , disse il Gilardoni , lugubre , porgendo a Franco un altro foglietto giallognolo . « Ma questo non lo legga ad alta voce . » Il foglietto diceva : Io sottoscritto , nobile Franco Maironi , intendo disporre delle mie sostanze , con questo atto d ' ultima volontà . Essendoché donna Orsola Maironi nata marchesa Scremin si è degnata di accettare insieme a molti altri omaggi anche i miei , le lascio in segno di gratitudine lire di Milano diecimila per una volta tanto e il gioiello per lei più prezioso della casa ossia don Alessandro Maironi , debitamente inscritto nei registri della parrocchia della Cattedrale in Brescia come mio figlio . Lascio al detto mio figlio la porzione legittima che gli spetta della mia facoltà e tre parpagliole al giorno in più , in segno della particolare mia stima . Lascio al mio agente di Brescia signor Grisi , se si troverà al mio servizio al momento della mia morte , tutto quello che mi ha preso . Lascio al mio agente di Valsolda , Carlino Gilardoni , colla condizione come sopra , lire di Milano quattro al giorno , sua vita natural durante . Intendo che sia celebrata nella Cattedrale di Brescia una messa quotidiana finché sarà in vita donna Orsola Maironi Scremin , per la salute dell ' anima sua . - Di tutta la restante mia sostanza istituisco e nomino erede il mio nipotino don Franco Maironi di don Alessandro . Fatto , scritto e sottoscritto il 15 aprile 1828 . Nob . Franco Maironi Franco lesse e restituì la carta come trasognato , senza dir nulla . Era commosso e sentiva confusamente di doversi dominare , di dover reprimere la propria commozione e raccogliersi , veder chiaro nella cosa e in se stesso . « Ha visto ? » , fece il professore . A questo punto la sovraeccitazione del Gilardoni sali al colmo . « Perché non parlare prima , eh ? » , riprese . « È ben qui la storia che un perché positivo , là , chiaro , preciso , non c ' è caso , io non lo posso dire ! Queste carte mi hanno fatto orrore . Se si fosse trattato di me , di mio padre , di mia madre , avrei lasciato andare un milione piuttosto di domandarlo con queste carte alla mano . Adesso sono ancora una bestia di dir questo , metta ch ' io non abbia detto , perché al posto Suo , tutt ' altro ! Dicevo al posto mio , Signore ! Si sa ! Dunque mi pareva , guardi che asino , che la nonna Le volesse un gran bene , che la roba del nonno finirebbe a ogni modo nelle Sue mani ; e con quest ' idea ! ... Passa un po ' di tempo , mi consiglio con la signora Teresa , le mostro lettera e testamento . Mi dice che avrei dovuto informar Lei subito , appena fatta la scoperta , ma che oramai , essendovi di mezzo , in qualche maniera , sua figlia , non mi vuol dare alcun consiglio . Del resto , dice ... Bene , questo non importa . Capisco insomma che il testamento le fa orrore anche a lei . Cosa vuole , io mi metto in testa che già la nonna finirà con accettare il matrimonio e non parlo . Stasera Lei mi dice che la nonna minaccia ; si figuri ! Adesso capisce che non ho potuto aspettare , che non ho potuto tenere un momento ancora queste carte ; ecco , a Lei , le prenda ! » Franco , assorto nei propri pensieri , non udì che queste ultime parole . « No » , diss ' egli , « non le prendo . Mi conosco . Se le ho in mano posso fare troppo presto qualche cosa di troppo grave . Le tenga Lei , per ora . » Il Gilardoni non voleva saperne di tenerle , e Franco ebbe uno de ' suoi scatti di impazienza . Niente gl ' irritava i nervi , del resto , come gli sfoghi sconclusionati della gente di buon cuore e di cattiva testa . Si riscaldò perché il Gilardoni resisteva , gli fece intendere che quel volersi sbarazzare a ogni costo delle carte era egoismo bell ' e buono e che quando si fanno degli spropositi bisogna subirne le conseguenze . Le parole furono presso a poco queste ; la faccia irritata e dura diceva molto peggio . Il Gilardoni , rosso rosso , fremeva tutto per quell ' accusa di egoismo , ma si contenne ; e fatto anche lui un fiero cipiglio , ripetendo « bene bene bene bene » , intascò frettolosamente le carte e uscì senz ' altro . Subito Franco , per soddisfazione della propria coscienza , si mise a persuader se stesso che il signor Beniamino aveva tutti i torti possibili ; torto di non avergli consegnato le carte molto prima , torto di essersi fatto pregare adesso per tenerle ancora , torto di essersi offeso . Sicuro di far la pace con lo sconclusionato filosofo , non pensò più a lui , spense il lume e , ritornato alla sua poltrona , ripiombò nelle riflessioni di prima . Adesso cominciava a vederci chiaro . Non poteva servirsi con dignità di quel testamento disonorante per la nonna nella forma e nella sostanza , nel sospetto che generava , considerata la lettera , di una soppressione delittuosa ; poco onorevole anche per suo padre . No , mai . Conveniva dire al professore di bruciar tutto . Così , signora nonna , trionferò di te , facendoti grazia della roba e dell ' onore senza curarmi di dirtelo ! Assaporandosi questo proposito , Franco si sentì quasi alzar da terra , respirò a pieni polmoni , contento di sé come un principe , illuminato e pacificato nell ' anima da un sentimento misto di generosità e d ' orgoglio . Malgrado tutta la sua fede e le sue pratiche cristiane , egli era lontanissimo dal sospettare che un tale sentimento non fosse interamente buono e che una magnanimità meno conscia di se stessa sarebbe stata più nobile . Si lasciò cadere sulla spalliera della poltrona , disposto , meglio che prima nol fosse , al riposo , pensando tranquillamente alle cose lette , alle cose udite , come uno che per poco non si è lasciato prendere in una speculazione rischiosa e ne considera le angustie , i guai evitati per sempre . Avveniva pure in fondo all ' anima sua un sommovimento di vecchie memorie . Gli tornò a mente la storia di un certo discorso fatto da una vecchia cameriera sulla ricchezza di casa Maironi che sarebbe stata rubata ai poveri . Egli era bambino , allora , e la donna non s ' era fatto riguardo di parlare in presenza sua . Ma il bambino ne aveva riportato una impressione profonda , risvegliatagli più tardi , a mezza l ' adolescenza , da un certo prete che gli avea raccontato in aria di segreto , con solennità e forse non senza intenzione , come la roba Maironi provenisse da una lite vinta , contro giustizia , all ' Ospitale Maggiore di Milano . « Così per me » , pensò Franco , « tutto è ritornato al diavolo . » Gli venne in mente che potesse esser tardi , riaccese il lume e guardò l ' orologio . Erano le tre e mezzo . Oramai gli sarebbe stato impossibile di riposare . Era troppo vicino il momento di ritrovarsi con Luisa , la sua immaginazione era troppo accesa . Ancora un ' ora e mezzo ! Egli guardava l ' orologio tutti i momenti ; questo benedetto tempo non passava mai . Prese un libro e non poté leggere . Aperse la finestra ; l ' aria era mite , il silenzio profondo , il lago chiaro verso il San Salvatore , il cielo stellato . A Oria si vedeva un lume . Il suo destino era forse di vivere colà , in casa dello zio . Si mise , guardando distrattamente il punto luminoso , a immaginar l ' avvenire , fantasmi che sempre mutavano . Verso le quattro e mezzo udì un tocco di campanello al piano inferiore , e poco dopo , il Pinella venne ad avvertirlo a nome del padrone , che , se voleva far la salita del Boglia , era tempo di mettersi in cammino . Il padrone aveva un gran dolor di capo e non poteva muoversi , né riceverlo . Franco cercò sulla scrivania un pezzo di carta e vi scrisse : « Parce mihi , domine , quia brixiensis sum » . Poi uscì , fu accompagnato dal Pinella col lume fino al sottoportico tenebroso dove mette capo la strada di Castello e scomparve . La marchesa Orsola suonò il campanello alle sei e mezzo e ordinò alla cameriera di portare il solito cioccolatte . Ne inghiottì una buona metà e poi domandò con tutta flemma a che ora don Franco fosse ritornato . « Non è ritornato , signora marchesa . » Le viscere della vecchia dovettero turbarsi un poco , ma neppure un muscolo del suo viso si mosse . Ella posò le labbra sull ' orlo della tazza di cioccolatte , guardò la cameriera e disse pacatamente : « Portatemi uno di quei biscottini di ieri . » Verso le otto la cameriera ritornò per annunciarle che don Franco era venuto e non aveva fatto che salire in camera , pigliarvi il suo passaporto , ridiscendere e incaricare il cameriere di trovargli un barcaiuolo che lo conducesse a Lugano . La marchesa non fiatò , ma più tardi mandò ad avvertire il suo confidente Pasotti che lo aspettava . Pasotti capitò subito e si trattenne con lei una buona mezz ' ora . La dama voleva assolutamente sapere dove e come suo nipote avesse passata la notte . Pasotti aveva già raccolte e poté offrire certe voci vaghe intorno a una visita notturna di don Franco in casa Rigey ; ma si desideravano notizie esatte e sicure . Il sagace Tartufo , curioso per natura come un bracco che va fiutando tutte le puzze , ficcando il muso in tutti i buchi e strofinandolo a tutti i calzoni , promise di fornirle alla signora marchesa dentro un paio di giorni , e se ne andò con gli occhi scintillanti , fregandosi le mani nell ' aspettazione di una piacevole caccia . 5 . Il « bargnìf » all ' opera La mattina seguente , Pasotti , preso il caffè e latte e meditato il piano di caccia fino alle dieci e mezzo , fece venire la signora Barborin , che dormiva in un ' altra camera perché al Controllore , ella lo chiamava umilmente così , dava noia il suo russare . « El ga reson » , diceva la povera sorda , « l ' è on gran malarbetto vizi che goo . » Ella era più vecchia di suo marito , lo aveva sposato in seconde nozze , per tenerezza di cuore , portandogli alcuni quattrini cui egli aveva mirato da un pezzo e che ora si godeva . Il Controllore le voleva bene a modo suo , la costringeva a visite , a gite in barca , a passeggiate sui monti , ch ' erano un supplizio per lei , si burlava della sua sordità , la mandava fuori coperta di seta e di piume e in casa la faceva lavorare come una fantesca . Malgrado tutto ella riveriva e serviva « el Controlòr » come una schiava , con gran timore eppure non senza affetto . Quando non lo chiamava « el Controlòr » lo chiamava « Pasott » . Mai non si permise appellativi più familiari . Pasotti le ordinò a gesti , con una faccia dura da satrapo , di levar dal cassettone una camicia di bucato , dall ' armadio un abito di mezza gala , da un canterano un paio di stivali ; e quando sua moglie , frugando di qua e di là , trepidando , voltandosi ogni momento per seguir gli occhi e i gesti del padrone , pigliandosi spesso della bestia e spalancando allora la bocca per cercar di udire la parola veduta , ebbe approntato ogni cosa , Pasotti cacciò le gambe dal letto e disse : « Togli » . La signora Barborin gli s ' inginocchiò davanti e cominciò a tirargli su le calze , mentre il Controllore , allungata la mano al tavolino da notte , si pigliò la tabacchiera e , apertala , continuò , con due dita affondate nel tabacco , le meditazioni di prima . Intendeva di fare alcune visite di esplorazione , ma in quale ordine ? A quanto gliene aveva detto il suo mezzadro , pareva che la Marianna del signor Giacomo Puttini e forse il signor Giacomo stesso dovessero saper qualche cosa di don Franco ; e qualche cosa certo se ne doveva sapere a Castello . Mentre la signora Barborin gli allacciava il secondo legaccio , Pasotti si ricordò ch ' era martedì . Il signor Giacomo andava ogni martedì con altri amici al mercato di Lugano e più propriamente alla trattoria del Lordo , con lo scopo di interpolare un bicchiere settimanale di vin pretto al vin Grimelli quotidiano ; e ritornava spesso a casa in una disposizione affettuosa e sincera . Conveniva dunque andare da lui sul tardi , fra le quattro e le cinque . Pasotti si figurava già di tenerselo fra le unghie , di maneggiarlo a sua posta . Alzò le dita dalla tabacchiera con un sorriso maligno , e scosso giù , a colpettini misurati , il soverchio della presa , se la fiutò a suo grande agio , si fece dar il fazzoletto dalla moglie e la ricompensò borbottando con una faccia benigna , nel raggomitolar il fazzoletto : « Povera donna ! Povera diavola ! » Infilato e abbottonato l ' abito dopo mezz ' ora di lavoro , esclamò sul serio : « Corpo , che fatica ! » , e andò allo specchio . Sua moglie osò di allora svignarsela alla sorda , sì , ma non alla muta , e disse timidamente : « Vado , neh ? » Pasotti si voltò accigliato , imperioso , le accennò col dito di venir da lui e le disegnò sopra e intorno alla persona , con quattro colpi di mimica , un cappello e uno scialle . Ella lo guardava a bocca aperta , non capiva ; gli puntò l ' indice al petto , interrogandolo con gli occhi , con le sopracciglia inarcate , come se dubitasse che questa roba occorresse a lui ; al che Pasotti rispose allo stesso modo con tre puntate d ' indice : « tu , tu , tu » . Poi , menando in taglio la mano distesa , le significò che doveva uscir di casa con lui . Ella ebbe due o tre sussulti di sorpresa e di protesta , allargò gli occhi smisuratamente e domandò con quella voce che pareva venire dalla cantina : « Dove ? » Il Controllore non rispose che con un ' occhiata fulminea e un gesto : marche ! Non voleva dare altre spiegazioni . La signora Barborin si dibatté ancora un poco . « Non ho ancora fatto colazione » , diss ' ella . Suo marito la prese per le spalle e , tiratala a sé , le gridò in bocca : « La farai dopo » . Solo ad Albogasio Inferiore , sul sagrato dell ' Annunziata , le fece sapere , indicando il luogo con la mazza , che andavano a Cadate , alla deserta vecchia casa signorile piantata nel lago fra Casarico ed Albogasio e detta popolarmente « el Palazz » dove vivevano solitari , nelle stanzette dell ' ultimo piano , il prete don Giuseppe Costabarbieri e la sua serva Maria , detta la Maria del Palazz . Pasotti che li conosceva pronti ambedue a tender gli orecchi ma cauti assai nel parlare , desiderava tastarli uno per volta , senza parere , e , se trovasse molle , dare una strizzatina . Aveva preso seco la moglie perché gli giovasse in questa delicata bisogna dell ' uno per volta ; e lei , povera innocentona , gli trotterellava dietro a passettini corti giù pei centoventinove scalini che chiamano la Calcinera , senza sospetto della perfida parte che avrebbe fatto . Il lago era quieto come un olio e don Giuseppe , un bel pretazzuolo , piccolo , grosso , dai capelli bianchi e dalla faccia vermiglia , dagli occhietti lucenti , se ne stava presso al fico del suo giardino con un cappello di paglia nero in capo e un fazzoletto bianco al collo , a pescare i cavedini , certi cavedinacci di libbra , vecchioni e furbacchioni , che si vedevano aggirarsi lì sotto per amor de ' fichi , lenti lenti , curiosi e cauti come il prete e la serva . Costei , chi sa dove fosse . Pasotti , trovata aperta la porta di strada , entrò , chiamò don Giuseppe , chiamò Maria . Poiché nessuno rispondeva , piantò sua moglie sopra una seggiola e discese in giardino , andò diritto al fico dove don Giuseppe , al vederlo , fu preso da un accesso di convulsioni cerimoniose . Buttò via la canna da pescare e gli andò incontro vociferando : « Oh Signor , oh Signor ! Oh poer a mi ! In sto stat chì ! Car el me scior Controlòr ! Andem sü ! Andem sü ! Car el me scior Controlòr ! In sto stat chì ! Ch ' el scüsa tant , neh ? Ch ' el scüsa tant ! » . Ma Pasotti non voleva saperne di « andar su » ; voleva a forza restar lì . Don Giuseppe si mise a vociare : « Maria ! Maria ! » . Ecco il faccione della Maria ad un finestrino dell ' ultimo piano . Don Giuseppe le gridò di portar giù una seggiola . Allora il signor Controllore rivelò la presenza di sua moglie , onde il faccione scomparve e don Giuseppe ebbe un altro accesso . « Comè ? Comè ? La sciora Barborin ? L ' è chì ? Ah Signor ! Andem sü ! » E si mosse con un impeto di ossequio , ma Pasotti lo ridusse all ' obbedienza , prima trattenendolo addirittura per le braccia e poi protestando di volergli veder prendere due o tre di quei mostri di cavedini ; e don Giuseppe , per quanto protestasse alla sua volta : « Oh dess ! Se ciapa nient ! Hin baloss ! Hin caveden ! ga veden ! » , dovette gittar l ' amo . Pasotti finse sulle prime di star attento e poi gittò egli pure il suo . Cominciò con domandare a don Giuseppe da quanto tempo non fosse andato a Castello . Udito che vi era stato il giorno prima a salutar l ' amico curato Introini , il buon Tartufo , che non poteva soffrire l ' Introini , si mise a farne il panegirico . Che perla quel curato di Castello ! Che cuor d ' oro ! E a casa Rigey c ' era andato , don Giuseppe ? No , la signora Teresa stava troppo male . Altri panegirici , della signora Teresa e di Luisa . Che rare creature ! Che saggezza , che nobiltà , che sentimento ! E l ' affare Maironi ? Andava avanti , non è vero ? Molto avanti ? « So nient so nient so nient ! » , fece bruscamente don Giuseppe . A quel precipitoso negare , gli occhi di Pasotti brillarono . Egli fece un passo avanti . Era impossibile che don Giuseppe non sapesse niente , diavolo ! Era impossibile che non avesse parlato di ciò con l ' Introini ! Non lo sapeva l ' Introini , che don Franco aveva passato la notte in casa Rigey ? « So nient » , ripeté don Giuseppe . Pasotti sentenziò allora che il voler nascondere certe cose note era un far pensar male . Diamine ! Don Franco era certamente andato in casa Rigey con fini onestissimi e ... « Pécia , pécia , pécia ! » , fece sottovoce , frettolosamente , don Giuseppe curvandosi tutto sul parapetto , stringendo la canna della lenza e ficcando gli occhi nell ' acqua come se un pesce fosse per abboccare . « Pécia ! » Pasotti guardò anche lui nell ' acqua , seccato , e disse che non vedeva niente . « El se l ' è cavada , el pütasca , ma el gaveva propri su el müson ; l ' avarà sentì a spongg » , fece sospirando e raddrizzandosi don Giuseppe che intanto , avendo sentito egli pure il punger dell ' amo , cercava di cavarsela come il pesce . L ' altro ritornò all ' assalto , ma invano . Don Giuseppe non aveva veduto niente , non aveva udito niente , non aveva parlato di niente , non sapeva niente . Pasotti tacque e il prete non tardò molto a metter fuori anche lui una punta di timida malizia : « Bochen propi minga , incoeu , non boccano ; gh ' è come vent in aria » . Intanto , in casa , il dialogo fra la Maria e la signora Barborin , dopo il primo affettuoso scambio di saluti riuscito benissimo , procedeva malissimo . La Maria propose , a gesti , di scendere in giardino , ma la Pasotti implorò a mani giunte d ' esser lasciata sulla sua seggiola . Allora la grossa Maria prese un ' altra seggiola , le si pose accanto , cercò rivolgerle qualche parola , e non arrivando , per quanto vociasse , a farsi intendere , vi rinunciò , si prese il suo gattone in grembo e parlò a quello . La povera signora Barborin , rassegnata , guardava il gatto con i suoi grandi occhioni neri , velati di vecchiaia e tristezza . Ecco finalmente Pasotti , ecco don Giuseppe che ricomincia a sbuffare : « Ah Signor ! Cara la mia sciora Barborin ! Che la scüsa tant ! » Avendo la Maria confessato al « scior Controlòr » che sua moglie e lei non erano riuscite a capirsi , il padrone le diede , per ossequio alla Pasotti , del « salamm » e poiché ella voleva pur difendersi , la fece prudentemente chetare con un imperioso agitar di mano e un « ta ta ta ta ! » . Poi le accennò misteriosamente del capo ed ella uscì . Pasotti le tenne dietro e le disse che sua moglie , dovendo recarsi a visitare i Rigey e non sapendo , per le voci che correvano , come regolarsi , desiderava qualche informazione dalla Maria , perché « la Maria sa sempre tutto » . « Quante chiacchiere ! » , fece la Maria , lusingata . « Io non so mai niente . Sa da chi deve andare la Sua " sciora " ? Dal signor Giacomo Puttini . È il signor Giacomo che le sa tutte . » « Bene ! » , pensò Pasotti collegando questo discorso con quello del mezzadro e fiutando una buona traccia . Fece in pari tempo una spallata d ' incredulità . Il signor Giacomo sapeva forse le cose che succedevano nel mondo della luna , ma basta ; altro non sapeva mai ! La Maria insistette , il volpone cominciò a lavorar di domande , alla lontana , con cautela , ma trovò duro , capì ch ' era fatica gittata e che doveva accontentarsi di quell ' accenno . Allora tacque , ritornò , tra soddisfatto e preoccupato , nella stanza dove don Giuseppe stava spiegando alla signora Barborin , con gesti appropriati , che la Maria le avrebbe portato qualche cosa da mangiare . La donna comparve infatti con un certo vaso quadrato di vetro , pieno di ciliege allo spirito , speciale e celebrata cura di don Giuseppe che soleva presentarlo agli ospiti con solennità , parlando il suo particolare italiano : « Posso fare un poco di sporgimento ? Quattro delle mie ciliege ? Magara con un tocchello di pane ? Maria , tajee giò on poo de pan » . La signora Barborin pigliò solamente il pane per consiglio del mefistofelico marito che pigliò solamente le ciliege . Poi se ne andarono insieme ed ella ebbe licenza di ritornare ad Albogasio mentre il Controllore prese la via di casa Gilardoni . « L ' è on bargnìf , el scior Pasotti » , disse la Maria quand ' ebbe dato il chiavistello all ' uscio di strada . « L ' è on bargnifòn , minga on bargnìf » , esclamò don Giuseppe , pensando all ' amo . E con quell ' appellativo di « bargnìf » che designa il diavolo considerato nella sua astuzia , le due mansuete creature si sfogarono , si ripagarono di tanta roba data malvolentieri , cerimonie , sorrisi e ciliege . Il professor Gilardoni stava leggendo sul suo belvedere dell ' orto , quando vide Pasotti che veniva dietro il Pinella , fra le rape e le barbabietole . Non sentiva simpatia per il Controllore col quale aveva scambiato un paio di visite in tutto e che aveva fama di « tedescone » . Però , essendo inclinato a pensar bene di tutti coloro che conosceva poco , non gli pesava usare anche con lui la cortesia cordiale ch ' era solito usar con tutti . Gli andò incontro col suo berretto di velluto in mano , e dopo una scaramuccia di complimenti in cui Pasotti ebbe facilmente la meglio , ritornò insieme a costui sul belvedere . Pasotti , dal canto suo , sentiva per il professore Gilardoni un ' antipatia profonda , non tanto perché lo sapesse liberale , quanto perché il Gilardoni , quantunque non andasse a messa come lui , viveva da puritano , non amava la tavola né la bottiglia né il tabacco né certi discorsi liberi , e non giuocava a tarocchi . Discorrendo una sera nell ' orto con don Franco delle solenni scorpacciate e trincate che Pasotti e gli amici suoi facevano spesso alle cantine di Bisgnago , il professore aveva detta una parola severa ed era stato udito dal curatone , uno dei mangiatori , che passava in barca rasente i muri , piano piano , pescando . « Villanaccio ! » , aveva esclamato , all ' udirselo riferire , il Controllore gentilissimo con una faccia da « bargnìf » bilioso ; aveva poi fatto tener dietro alla parola un ringhio spregiativo e uno sputo . Ciò non gl ' impedì però adesso di stemperarsi in iscuse per aver indebitamente ritardata la sua visita , come non gl ' impedì di sbirciar subito il volume posato sul tavolino rustico del belvedere . Il Gilardoni notò quell ' occhiata e siccome si trattava di un libro proibito dal Governo , appena avviata la conversazione , lo prese quasi per istinto e se lo tenne sulle ginocchia in modo che colui non potesse leggerne il titolo . Questa precauzione turbò Pasotti che stava magnificando la villetta e l ' orto in tutte le loro parti col tono appropriato a ciascuna , le barbabietole con amabile familiarità , le agavi con ammirazione grave e accigliata . Un lampo di sdegno gli brillò negli occhi e si spense subito . « Fortunato Lei ! » , diss ' egli sospirando . « Se i miei affari lo permettessero , vorrei vivere anch ' io in Valsolda . » « È un paese di pace » , fece il professore . « Sì , è un paese di pace ; e poi adesso , nelle città , chi ha servito il Governo , è inutile , non si trova bene . La gente non sa distinguere fra un buon impiegato che si occupi solamente del proprio ufficio come ho fatto io , e un poliziotto . Siamo esposti a certi sospetti , a certe umiliazioni ... » Il professore diventò rosso e si pentì d ' aver levato il libro dal tavolino . Davvero Pasotti , malgrado le sue smancerie di umiltà , era troppo orgoglioso per far mai la spia , e sia per questo , sia per qualche buona fibra del suo cuore , mai non la fece . Vi fu dunque nelle sue parole un grammo di sincerità , un grammo d ' oro che bastò a dar loro il suono del buon metallo . Il Gilardoni ne fu tocco , offerse al suo visitatore un bicchier di birra e si affrettò a scendere in cerca di Pinella onde aver un pretesto di lasciar il volume sul tavolino . Appena partito il professore , Pasotti ghermì il libro , gli diede una curiosa occhiata , lo rimise a posto e si piantò in capo alla scala con la tabacchiera aperta in mano , frugando nel tabacco e sorridendo , tra l ' ammirazione e la beatitudine , ai monti , al lago , al cielo . Il libro era un Giusti , stampato colla falsa data di Bruxelles , anzi di Brusselle e con il titolo Poesie italiane tratte da una stampa a penna . In un angolo del frontespizio si leggeva scritto per isghembo : « Mariano Fornic » . Non occorreva l ' acume di Pasotti per indovinar subito in quel nome eteroclito l ' anagramma di Franco Maironi . « Che bellezza ! Che paradiso ! » , diss ' egli a mezza voce mentre il professore saliva la scala seguito dal Pinella con la birra . Confessò poi , tra un sorso e l ' altro , che la sua visita era un pochino interessata . Si disse innamorato della muraglia fiorita che sosteneva l ' orto Gilardoni a fronte del lago , e desideroso di imitarla ad Albogasio Superiore dove , se il lago mancava , i muri nudi eran troppi . Come s ' era procurato il professore quelle agavi , quei capperi , quelle rose ? « Ma ! » , rispose candidamente il professore . « Me li ha donati Maironi . » « Don Franco ? » , esclamò Pasotti . « Benissimo . Allora , siccome don Franco ha molta bontà per me , mi rivolgerò a lui . » E trasse la tabacchiera . « Povero don Franco ! » , diss ' egli , guardando il tabacco e palpandolo con la tenerezza di un bargnìf commosso . « Povero figliuolo ! Qualche volta si riscalda ma è un gran buon figliuolo ! Gran bel cuore ! Povero figliuolo ! Lei lo vede spesso ? » « Sì , abbastanza . » « Almeno potesse riuscire nei suoi desideri , povero figliuolo ! Lo dico per lui e anche per lei ! Non sarà mica una cosa sfumata ? » Pasotti disse questa interrogazione da grande artista , con interesse affettuoso ma discreto , senza esprimere più curiosità che non convenisse , volendo ungere e ammollire un poco il cuore chiuso del Gilardoni onde si aprisse , poco a poco , da sé . Ma il cuore del Gilardoni , invece di aprirsi a quel tocco delicato , si contrasse , si rinchiuse . « Non lo so » , rispose il professore sentendosi , con dispetto , diventar rosso ; e diventò scarlatto . Pasotti notò subito nel suo taccuino mentale la risposta imbarazzata e il colore . « Farebbe male » , diss ' egli , « ad abbandonare la partita . La marchesa si capisce che abbia delle difficoltà , ma poi è buona , gli vuole un gran bene . Ha preso una paura , l ' altra notte , povera donna ! » Guardò il professore che taceva inquieto , accigliato , e pensò : non parli ? allora sai . « Capisce ! » , riprese . « Non dire dove si va ! Non Le pare ? » « Ma io non so niente , io non capisco niente ! » , esclamò il Gilardoni , sempre più accigliato , sempre più inquieto . Qui Pasotti sapendo che il professore aveva cessato da lungo tempo di visitare le Rigey e ignorandone la cagione , arrischiò un passo avanti , da bargnìf novizio . « Bisognerebbe domandarne a Castello » , diss ' egli con un sorriso malignetto . A questo punto il Gilardoni , che già bolliva , traboccò . « Mi faccia il piacere » , diss ' egli impetuosamente , « lasciamo stare questo discorso , lasciamo stare questo discorso ! » Pasotti si rabbuiò . Cerimonioso , adulatore , sdolcinato , non era però mai disposto , nell ' orgoglio suo , a prendersi pacificamente in faccia una parola spiacevole , e s ' impermaliva d ' ogni ombra . Non parlò più , e passato un paio di minuti prese congedo con dignitosa freddezza , si ritirò masticando rabbia attraverso le barbabietole e le rape . Quando si trovò da capo nella contrada dei Mal ' ari , il bargnìf stette un pezzetto a pensare col mento in mano , poi si avviò verso la riva di Casarico , a passi lenti , molto curvo , ma con gli occhi brillanti del barbone che ha fiutato in aria l ' indirizzo recondito di un tartufo . Le spaventate difese di don Giuseppe , le difese ostinate della Maria , l ' imbarazzo e lo scatto del professore gli dicevano che il tartufo c ' era e grosso . Gli era venuta l ' idea di andare a Loggio dove abitavano il Paolin e il Paolon , gente bene informata ; poi aveva pensato ch ' era martedì e che probabilmente non li avrebbe trovati . No , era meglio salir direttamente da Casarico a Castello , fiutare e frugare nell ' abitazione di certa signora Cecca , ottima donna , tutta cuore , famosa per l ' assidua vigilanza che esercitava dalle sue finestre , per mezzo di un formidabile cannocchiale , sulla Valsolda intiera . Ella poteva dire ogni giorno chi fosse andato a Lugano col barcaiuolo Pin o col barcaiuolo Panighèt , notava i colloqui del povero Pinella con una certa Mochèt sul sagrato di Albogasio , lontano un chilometro ; sapeva in quanti giorni il signor ingegnere Ribera avesse bevuto il bariletto di vino che la sua barca riportava vuoto dalla casa d ' Oria alla cantina di S . Margherita . Se Franco era stato in casa Rigey , la signora Cecca doveva saperlo . Nel sottoportico che da Casarico mette alla stradicciuola di Castello , Pasotti si sentì venir dietro a precipizio qualcuno che gli passò accanto nel buio , e credette di conoscere un tale detto « légora fügada ( lepre cacciata ) » per la sua andatura sempre furiosa . Era costui un egregio galantuomo ancora più curioso di Pasotti , un ' ottima persona che amava di saper le cose semplicemente per saperle , senz ' altri fini , e andava sempre solo , si trovava dappertutto , compariva e scompariva in un baleno , quando in un luogo quando nell ' altro , come certi insettoni alati che danno un guizzo , un frullo , un colpo e poi , zitti , non si odono , non si vedono più sino a un altro guizzo , a un altro frullo , a un altro colpo . Egli aveva scorti i Pasotti entrare al « Palazz » e si era insospettito di qualche cosa per l ' ora insolita . Appiattato in un campicello aveva visto la signora Barborin ritornare e il Controllore avviarsi a Casarico , quindi , seguito costui alla lontana , s ' era appostato , durante la sua visita al Gilardoni , dietro un pilastro del portico di Casarico ; e ora gli era scivolato accanto approfittando dell ' oscurità per correre a Castello e aspettarlo , sorvegliarlo da qualche buon posto di osservazione . Lo vide infatti entrare dalla signora Cecca . La vecchia e gozzuta signora stava nel suo salotto tenendosi in collo un marmocchio col braccio sinistro e reggendo con la mano libera uno sperticato tubo di cartone infilato per isghembo nella finestra , come una spingarda , con la mira giù al lago scintillante , a una vela bianca , gonfia di breva . All ' entrar di Pasotti che veniva avanti con la persona inclinata , con il cappello in mano , con un viso ilare ilare , dolce dolce , la buona ospitale donna posò in fretta quel lungo naso mostruoso di cartone che le piaceva metter nelle faccende più lontane degli altri , dove il suo proprio naso di cartapecora , benché smisurato , non arrivava . Ell ' accolse il Controllore , come avrebbe accolto un Santo taumaturgo che fosse venuto a portarle via il gozzo . « Oh che brao scior Controlòr ! Oh che brao scior Controlòr ! Oh che piasè ! Oh che piasè ! » E lo fece sedere , lo soffocò di offerte . « On poo de torta ! On poo de crocant ! Car el me scior Controlòr ! On poo de vin ! On poo de rosoli ! - Ch ' el me scüsa neh » , soggiunse perché il marmocchio s ' era messo a miagolare . « L ' è el me nevodin . L ' è el me biadeghin . » Pasotti fece molte cerimonie , avendo già nello stomaco , oltre alle ciliege di don Giuseppe , anche la birra del Gilardoni ; ma dovette finire col rassegnarsi a rosicchiare una dannata torta di mandorle , mentre il piccino si attaccava al gozzo della nonna . « Povera signora Cecca ! Due volte madre ! » , disse pateticamente , a quella vista , il sarcastico bargnìf , ridendo nello stomaco . Dopo averle chiesto notizie del marito e dei discendenti fino alla terza generazione , mise in campo la signora Teresa Rigey . Come stava quella povera donna ? Male ! Proprio tanto male ? Ma da quando ? E c ' era stata qualche cagione ? Qualche commozione ? Qualche dispiacere ? Gli antichi si conoscevano , ma ce n ' erano stati dei nuovi ? Forse per la Luisina ? Per quel matrimonio ? E don Franco non veniva mai a Castello ? Di giorno , no , va bene ; ma ... ? Come quando il chirurgo va interrogando e tastando un paziente in cerca dell ' occulto posto doloroso , che il paziente risponde tanto più breve e trepido quanto più la mano indagatrice si appressa al punto e , appena essa vi arriva , trasalendo si sottrae ; così la signora Cecca andò rispondendo al Pasotti sempre più breve e cauta , e a quel ma , posto delicatamente dove le doleva , scattò : « On poo de torta ancamò ! Scior Controlòr ! L ' è roba d ' i tosann ! » Pasotti sacramentò in cuor suo contro i « tosann » e la loro torta di miele , creta e olio di mandorle , ma credette utile d ' ingoiarne un altro boccone e tornò poi a toccare , anzi a premere , il tasto di prima . « So de nagott , so de nagott , so de nagott ! » , esclamò la signora Cecca . « Ch ' el proeuva a ciamagh al Pütin ! Al scior Giacom ! E a mi ch ' el me ciama pü nient ! » Ancora ! Pasotti brillò in viso all ' idea di avere il malcapitato sior Zacomo nelle granfie . Così brillerebbero gli occhi di un falco allegro all ' idea di ghermir un ranocchio e di tenerselo fra gli artigli per giuoco e spasso . Egli se ne andò poco dopo , contento di tutto fuorché della torta di creta che aveva sullo stomaco . Casa Puttini , simile nella sua piccola faccia signorile al piccolo vecchio padrone che la governava in abito nero e cravattone bianco , stava poco più giù della orgogliosa mole di casa Pasotti , sulla via di Albogasio Inferiore . Il falco vi andò dopo pranzo , verso le cinque , con una faccia maligna . Bussò all ' uscio e stette in ascolto . C ' era , c ' era il ranocchio disgraziato , litigava , secondo il solito , con la perfida servente . Pasotti bussò più forte . « Verzì ! » , disse il signor Giacomo , ma la Marianna non voleva saperne di scendere ad aprire . « Verzì ! Verzì ! Son paron mi ! » Tutto inutile . Pasotti bussò da capo , picchiò come una catapulta . « Chi xelo sto maledeto ? » , vociferò il Puttini ; e venne giù soffiando « apff ! apff ! » ad aprire . « Oh , Controllore gentilissimo ! » , diss ' egli , battendo le palpebre e alzando pateticamente le sopracciglia . « La perdona ! Quela fatal servente ! No go più testa ! No ghe digo gnente cossa che nasse in sta casa . » « L ' è minga vera ! » , gridò Marianna dall ' alto . « Tasì ! » E qui il signor Giacomo incominciò a raccontare i suoi guai , rimbeccando a ogni tratto le proteste della serva invisibile . « Stamatina , La s ' imagina , vado a Lugan . Vegno a casa zirconzirca a le tre . Su la porta , La varda qua , che xe de le giozze . Tasì ! - No ghe bado , tiro drito . Son sul pato de la scala per andar in cusina ; ghe xe de le giozze . Zito ! - Cossa gala spanto ? digo . Me sbasso , meto un deo in tera ; tasto ; xe onto ; snaso , el xe ogio . Alora ghe vado drio a le giozze . Tasto , snaso , tasto , snaso . Tutto ogio , Controllore gentilissimo . O ' l xe vegnudo , digo , o ' l xe andà via . Se el xe vegnudo lo gà portà el massaro e alora le giozze co semo fora dela porta le gà d ' andar in suso , se el xe andà via vol dir che quela maledetissima ... La tasa ! ... Lo gà portà a vender a San Mamette e alora le giozze le gà d ' andar in zoso . E mi torna in drio e vaghe drio a ste giozze e drio e drio , e rivo a la porta ; Controllore mio gentilissimo , le giozze le va in zoso . Quela b ... » A questo punto la voce della serva scattò come la sveglia d ' un orologio e non ci fu più « tasì ! » che valesse a fermare quello stridente getto continuo di parole rabbiose . Ci si provò Pasotti e , non riuscendo , uscì dai gangheri anche lui con un « O fiolonona ! » e proseguì a tirarle improperi , a ciascuno dei quali il signor Giacomo faceva un sommesso accompagnamento di gratitudine . « Sì , linguazza , bravo , ghe son obligà . Sì , stria , bravo . Impiastro , sì signor . Ghe son obligà , Controllore gentilissimo , ghe son propramente obligà . » Quando la Marianna parve sopraffatta e chetata , Pasotti disse al signor Giacomo che aveva bisogno di parlargli . « No go testa » , rispose l ' ometto . « La me perdona , me sento mal . » « Eh no go tescta , no go tescta ! » , vociò la Marianna rediviva . « Ch ' el ghe disa inscì ch ' el coo el l ' avarà perduu a andà de nott a trovà i tosann a Castell ! » « Tasì ! » , urlò il Puttini ; e Pasotti , con un ghigno diabolico : « Come come come ? » . Visto ch ' egli entrava in furore , lo afferrò per un braccio , con parole di pace e d ' affetto , lo trascinò via , se lo portò a casa , chiamò sua moglie ; e per chetare il povero ranocchio , per pigliarselo comodamente fra gli artigli , intavolò un tarocchino in tre . Se la signora Barborin giuocava male , il signor Giacomo , meditando , ponderando e soffiando , giuocava peggio . Era un giuocatore timidissimo , non si metteva mai solo contro gli altri due . Stavolta si trovò in mano , appena seduto , carte così straordinarie che fu preso da un accesso di coraggio e , come dice il linguaggio del giuoco , entrò . « Chi sa che giuocone ha ! » , brontolò Pasotti . « No digo ... no digo ... ghe xe dei frati che spasseza in pantofole . » Il « no digo » del signor Giacomo significava ch ' egli teneva in mano carte miracolose ; e i frati in pantofole erano , nel suo gergo , i quattro re del giuoco . Mentre si accingeva a giuocare palpando ciascuna carta e aguzzandovi gli occhi su , Pasotti colse il suo momento , sperando , per giunta , fargli perdere il giuoco . « Dunque » , diss ' egli , « mi racconti un poco . Quando è andato a Castello di notte ? » « Oh Dio , oh Dio , lassemo star » , rispose il signor Giacomo , rosso rosso , palpando le carte più che mai . « Sì , sì , adesso giuochi . Parleremo dopo . Tanto , io so tutto . » Povero signor Giacomo , sì , giuocare con quello spino in gola ! Palpò , soffiò , uscì dove non avrebbe dovuto , sbagliò a contare i tarocchi , perdette un paio di frati con le relative pantofole , e malgrado il giuocone , lasciò alcune marchette negli artigli di Pasotti che ghignava e nel piattino della signora Barborin che ripeteva a mani giunte : « Cos ' ha mai fatto , signor Giacomo , cos ' ha mai fatto ? » . Pasotti raccolse le carte e si mise a scozzarle guardando con una faccia sardonica il signor Giacomo che non sapeva dove guardare . « Sicuro » , diss ' egli . « So tutto . La signora Cecca mi ha raccontato tutto . Del resto , caro deputato politico , Lei ne renderà conto all ' I . R . Commissario di Porlezza . » Così dicendo , Pasotti porse il mazzo al Puttini perché alzasse . Ma il Puttini , udito quel nome minaccioso , si mise a gemere : « Oh Dio , oh Dio , cossa disela , no so gnente ... oh Dio ... l ' Imperial Regio Commissario ? ... Digo ... no savaria per cossa ... apff ! » « Sicuro ! » , ripeté Pasotti . Aspettava una parola che gli facesse un po ' di lume ; e significò a sua moglie , additando col pollice prima l ' uscio e poi la propria sua bocca , che andasse a pigliar da bere . « Anca quel benedeto ingegner ! » , esclamò , quasi parlando tra sé , il signor Giacomo . Come un pescatore raccoglie stentatamente a sé la lunga lenza pesante , scossa , egli crede , dal grosso pesce lungamente insidiato , e tira e tira e finalmente scorge venir su dal fondo due grandi ombre di pesci invece d ' una sola , palpita , raddoppia di cautela e d ' arte ; così Pasotti , all ' udir nominare l ' ingegnere , si meravigliò , palpitò e si dispose a estrarre con la più squisita delicatezza di mano il segreto del signor Giacomo e del Ribera . « Sicuro » , diss ' egli . « Ha fatto male . » Silenzio del signor Giacomo . Pasotti insistette : « Ha fatto malissimo . » Ecco la signora Barborin che tutta sorridente porta vassoio , bottiglia e bicchieri . Il vino è rosso cupo , con trasparenze di rubino in corpo e il signor Giacomo gli fa un viso non ancora tenero ma benevolo . Il vino ha un aroma di austera virtù ed il signor Giacomo lo fiuta amorosamente , lo guarda commosso , lo torna a fiutare . Il vino ha una pastosa pienezza ch ' empie palato e anima di sapore , il vino è appunto quel giusto , virtuoso amarone che l ' aroma annuncia e il signor Giacomo lo sorseggia nel desiderio che non sia liquido e fuggevole , lo mastica , lo pacchia , se lo spalma per la bocca ; e quando di tanto in tanto posa il bicchiere sul tavolino , non lo lascia però né con la mano né con gli occhi imbambolati . « Povero ingegnere ! » , esclamò Pasotti . « Povero Ribera ! È un buon galantuomo , ma ... » E tira e tira , il disgraziato signor Giacomo cominciò a venir su , dietro all ' amo e al filo . « Mi propramente » , diss ' egli , « no volea . El me gà fato zo . " Vegnì " , el dise , " percossa mo no volìo vegner ? Mal no se fa , la cossa xe onesta . " Sì , digo , me par anca a mi ; ma sto secreto ! " Ma ! La nona ! " el dise . Capisso , digo , ma no me comoda . " Gnanca a mi " , el dise . Ma alora , digo , che figura fémoi , Ela e mi ? " Quela del m ... " , el dise con quel so far de bon omo a la vecia , " che cossa vorla ? , el xe propramente per el mio temperamento . " Alora vegno , digo . » Qui si fermò . Pasotti aspettò un poco e poi , con prudenza , tirò il filo . « Il male si è » , diss ' egli , « che a Castello se ne sia parlato . » « Sì signor ; e me lo son imaginà . Tase la famegia , tase l ' ingegner , taso mi che s ' intende , ma no taserà el piovan , no taserà el nonzolo . » Il parroco ? Il sacrestano ? Adesso Pasotti capì . Trasecolò ; non si aspettava un affare così grosso . Versò da bere al malcapitato signor Giacomo , gli cavò facilmente tutti i particolari del matrimonio e cercò di cavargli pure i progetti degli sposi ; ma questo non gli riusciva . Si mise a scozzar le carte per continuar il giuoco e il signor Giacomo guardò l ' orologio , trovò che mancavano nove minuti alle sette , ora in cui era solito caricare il suo pendolo . Tre minuti di strada , due minuti di scale , non aveva più che quattro minuti per congedarsi . « Controllore gentilissimo , La ghe fazza el conto , la xe cussì , no ghe xe ponto de dubio . » La signora Barborin , vedendo un contrasto , ne domandò a suo marito . Pasotti si accostò le mani alla bocca e le gridò sul viso : « El voeur andà a trovà la morosa ! » . « Cossa mai ! Cossa mai ! » , fece il povero signor Giacomo diventando di tutti i colori ; e la Pasotti che per un miracolo aveva udito , aperse una bocca smisurata , non sapeva se dovesse credere o no . « La morosa ? Oh ! Quanti ciàcer ! Minga vera , sür Giacom , che hin ciàcer ? El podarìss ben avèghela per quell , disi minga , l ' è minga vècc , ma insomma ! » Capito che voleva proprio andarsene , cercò trattenerlo , aveva dei marroni di Venegono che stavan cuocendo , li offerse . Ma né i marroni né gl ' improperi di Pasotti valsero a vincere il signor Giacomo che partì con lo spettro dell ' I . R . Commissario nel cuore e insieme con una sensazione molesta nella coscienza , con un vago malcontento di sé ch ' egli non sapeva spiegare a se stesso , col dubbio istintivo che le ingiurie della perfida servente fossero preferibili , in fin de ' conti , alle moine di Pasotti . Invece costui aveva gli occhi ancora più brillanti dell ' usato . Pensava di andar a Cressogno subito . Camminatore instancabile , contava di potervi arrivare alle otto . L ' idea di andare dalla marchesa con la sua grossa scoperta in pectore , di fare il misterioso , di metter fuori un po ' alla volta le paroline più suggestive e di farsi strappare il resto , lo divertiva moltissimo . E preparava già per il proprio piacere un discorsetto blando , ammolliente , da posare poi sulla ferita della impassibile dama per modo ch ' ella non potesse dissimularla e che nessuno avesse a lagnarsi di lui , neppure Franco . Andò in cucina , si fece accendere la lanterna perché la notte era molto scura , e partì . Incontrò sulla porta il suo mezzadro ch ' entrava . Il mezzadro lo salutò , portò in cucina un gran canestro di frutta , aiutò la serva a metterle a posto , sedette al fuoco e disse placidamente : « È mort adess la sciora Teresa de Castell » . 6 . La vecchia signora di marmo L ' uscio si aperse un poco , pian piano , la fantesca porse il capo nella camera e chiamò Franco che pregava inginocchiato a una seggiola , presso il letto della morta . Franco non udì e fu Luisa che si alzò . Andò ad ascoltar la sommessa richiesta della donna , le rispose qualche cosa e , ritrattasi colei , stette lì ad aspettare . Non comparendo nessuno , spinse l ' uscio e disse forte : « Venga , venga dentro » . Un singhiozzo violento le rispose . Luisa stese ambedue le mani e il professor Gilardoni gliele afferrò . Stettero così alquanto tempo , immobili , lottando , a labbra serrate , con l ' emozione , lui più di lei . Luisa si mosse la prima , ritirò dolcemente una mano e trasse con l ' altra il professore nella camera della morta . La signora Teresa era spirata in salotto , sulla poltrona che non aveva più potuto lasciare dopo la notte del matrimonio . L ' avevano poi adagiata sul divano disposto a letto funebre . Il dolce viso era là nella luce di quattro candele , cereo , sul guanciale , con un sorriso trasparente dalle palpebre chiuse , con la bocca semiaperta . Il letto e l ' abito erano sparsi di fiori d ' autunno , ciclamini , dalie , crisantemi . « Guardi com ' è bella » , disse Luisa con voce tenera e serena da spezzar il cuore . Il professore s ' appoggiò singhiozzando a una sedia lontana dal letto . « Lo senti , mamma » , disse Luisa sottovoce , « come ti vogliono bene ? » S ' inginocchiò , e presa la mano della morta , si mise a baciarla , ad accarezzarla , a dirle dolcezze , piano ; poi tacque , posò la mano , si alzò , baciò la fronte , contemplò a mani giunte il viso . Pensò ai rimproveri che la mamma le aveva fatti negli anni andati , dall ' infanzia in poi , di cui ella si era risentita amaramente . S ' inginocchiò da capo , impresse da capo le labbra sulla mano di ghiaccio con un più ardente spasimo d ' amore che se avesse ricordate le carezze . Poi tolse un ciclamino dalla spalla della morta , si alzò , lo porse al professore . Questi lo prese piangendo , s ' accostò a Franco che rivedeva per la prima volta dopo quella notte , l ' abbracciò e ne fu abbracciato con una commozione silenziosa , e uscì , in punta di piedi , dalla camera . Suonarono le otto . La signora Teresa era morta alle sei della sera precedente ; in ventisei ore Luisa non aveva mai riposato un momento , non era uscita che quattro o cinque volte , per pochi minuti . Chi usciva spesso e stava fuori anche a lungo , era Franco . Avvertito segretamente , era giunto a Castello , appena in tempo di trovar viva la povera mamma , e tutti i tristi uffici che la morte impone eran toccati a lui , perché lo zio Piero , malgrado i suoi molti anni , non aveva la menoma esperienza di queste cose e vi si trovava impacciatissimo . Adesso , udite suonar le otto , si avvicinò a sua moglie , la pregò dolcemente di andar a riposare un poco , ma Luisa gli rispose subito in modo da levargli il coraggio d ' insistere . Il funerale doveva seguire l ' indomani mattina alle nove . Ell ' aveva desiderato che si differisse il più possibile e voleva star con la mamma fino all ' ultimo . Vi era nella sua sottile persona una indomita vigoria , eguale a ben altre prove . Per lei la mamma era tutta lì su quel lettuccio , tra i fiori . Non pensava che una parte di lei fosse altrove , non la cercava per la finestra di ponente nelle stelline che tremolavano sopra i monti di Carona . Pensava soltanto che la mamma cara , vissuta da tanti anni per lei sola , non d ' altro sollecita in terra che della felicità sua , dormirebbe fra poche ore e per sempre sotto i grandi noci di Looch , nella solitudine ombrosa dove tace il piccolo cimitero di Castello , mentre ella si godrebbe la vita , il sole , l ' amore . Aveva risposto a Franco quasi aspramente come se l ' affetto del vivo offendesse in qualche modo l ' affetto della morta . Poi le parve averlo mortificato , si pentì , gli diede un bacio e sapendo di far cosa a lui grata , di far cosa che la mamma si era certo attesa da lei , volle pregare . Si mise a recitar macchinalmente dei Pater , degli Ave e dei Requiem , senza provarne soddisfazione alcuna , sentendo anzi una segreta contrarietà , uno sgradito disseccarsi del dolore . Ell ' aveva praticato sempre ma , spenti i fervori della prima comunione , non aveva più partecipato con l ' anima al culto . Sua madre era vissuta piuttosto per il mondo futuro che per questo , si era governata in ogni azione , in ogni parola , in ogni pensiero secondo quel fine . Le idee e i sentimenti di Luisa , nel suo precoce sviluppo intellettuale , avevano preso un altro corso con la risolutezza vigorosa ch ' era del carattere di lei ; ella li copriva però di certa dissimulazione , parte conscia , parte inconscia , sia per amore della mamma , sia per la resistenza di germi religiosi seminati dalla parola materna , coltivati dall ' esempio , rinvigoriti dall ' abitudine . Dai quattordici anni in poi s ' era venuta inclinando a non guardare oltre la vita presente , e insieme a non guardare a sé , a vivere per gli altri , per il bene terreno degli altri , però secondo un forte e fiero senso di giustizia . Andava in chiesa , compiva gli atti esterni del culto , senza incredulità e senza persuadersi che facessero piacere a Dio . Aveva confusamente il concetto di un Dio talmente alto e grande che non vi potesse essere contatto immediato fra gli uomini e Lui . Se dubitava qualche volta d ' ingannarsi , il suo errore le pareva tale da non poterlo un Dio infinitamente buono punire . Come fosse venuta a pensare così , non lo sapeva ella stessa . L ' uscio si aperse ancora , pian piano , una voce sommessa chiamò « il signor don Franco » . Luisa , rimasta sola , cessò di pregare , piegò il capo sul guanciale della mamma , le posò le labbra sulla spalla , chiuse gli occhi raccogliendo in sé la corrente di memorie che veniva da quel tocco , da un odor noto di lavanda . L ' abito della mamma era di seta , il suo migliore , un dono dello zio Piero . Ella lo aveva portato una volta sola , qualche anno addietro , andando a visitare la marchesa Maironi . Anche questo pensiero venne coll ' odor di lavanda , vennero lagrime brucianti , acri di tenerezza e di un sentimento che non era propriamente odio , che non era propriamente collera , ma che aveva un amaro dell ' uno e dell ' altra . Franco , quando s ' intese chiamare , trasalì , ne indovinò subito la cagione . Lo zio Piero aveva scritto , la mattina per tempo , alla marchesa , annunciandole , in termini semplici ma pieni di ossequio , la morte di sua sorella ; e Franco stesso aveva aggiunto alla lettera dello zio un biglietto con queste parole : Cara nonna , mi manca il tempo di scriverti perché son qui ; te lo dirò a voce domani sera e confido che tu mi ascolterai come mi avrebbero ascoltato mio padre e mia madre . Nessuna risposta era ancora venuta da Cressogno . Adesso un uomo di Cressogno aveva portato una lettera . Dov ' è quest ' uomo ? « Partito ; non s ' è voluto fermare un momento . » Franco prese la lettera , ne lesse l ' indirizzo : " Al preg . signor ingegnere Pietro Ribera " , e conobbe la mano della figlia del fattore . Salì subito dallo zio Piero che , stanco , era andato a letto . Lo zio Piero , quando Franco gli recò la lettera , non fece atto di sorpresa né di curiosità ; disse placidamente : « Apri » . Franco posò il lume sul cassettone e aperse la lettera voltando le spalle al letto . Parve pietrificato ; non fiatò , non si mosse . « Dunque ? » , chiese lo zio . Silenzio . « Ho capito » , fece il vecchio . Allora Franco lasciò cader la lettera , alzò le mani in aria , mise un « ah ! » lungo , profondo e fioco , pieno di stupore e d ' orrore . « Insomma » , riprese lo zio , « si può sapere ? » Franco si scosse , si precipitò ad abbracciarlo , reprimendo a stento i singhiozzi . L ' uomo pacifico sopportò sulle prime in silenzio , senza commuoversi , questa tempesta . Poi cominciò a difendersene chiedendo la lettera : « Da qua , da qua , da qua » . E pensava : « Cosa diavolo avrà scritto questa benedetta donna ? » . Franco prese il lume e la lettera , gliela porse . La nonna non aveva scritto niente , neppure una sillaba ; aveva semplicemente rimandata la lettera dell ' ingegnere e il biglietto di Franco . Lo zio ci mise un pezzo a capirla : non capiva mai le cose prontamente e questa era per lui tanto inconcepibile ! Quando l ' ebbe capita non poté fare a meno di dire : « Già , l ' è un po ' grossa » . Ma poi , veduto Franco tanto fuori di sé , esclamò col vocione solenne che usava per giudicar toto corde le cose umane : « Senti . L ' è , dirò così » , ( e cercava la parola in un suo particolar modo , gonfiando le gote e mettendo una specie di rantolo ) , « ... una iniquità ; ma tutte queste meraviglie che fai tu , io non le faccio per niente affatto . Tutti i torti , caro , non sono dalla parte sua ; e allora ? Del resto , me ne rincresce per voialtri che mangerete di magro e dovrete vivere in questo miserabile paese ; ma per me ? Per me ci guadagno e son pronto dirò così a ringraziare tua nonna . Vedi bene , io non ho fatto famiglia , ho sempre contato su questa . Adesso la mia povera sorella è morta ; se la nonna vi apriva le braccia io restavo come un torso di cavolo . Dunque ! » . Franco si guardò dal raccontar la cosa a sua moglie , ed ella , benché sapesse delle lettere spedite a Cressogno , non domandò che dopo il funerale , parecchie ore dopo , se la nonna avesse risposto . Il piccolo salotto , la piccola terrazza , la piccola cucina erano stati pieni di gente tutto il giorno , dalle nove della mattina alle nove della sera . Alle dieci Luisa e Franco uscirono di casa senza lanterna , presero a destra , attraversarono pian piano , silenziosamente , le tenebre del villaggio , toccarono la svolta chiara e ventosa cui sale il fragor profondo del fiume di S . Mamette , entrarono nelle ombre , nel forte odore dei noci di Looch . Poco prima di giungere al cimitero , Luisa domandò sottovoce a suo marito : « Sai niente di Cressogno ? » . Egli avrebbe pur voluto nasconderle almeno in parte il vero e non lo poté . Disse che il suo biglietto gli era stato rimandato e Luisa volle sapere se almeno la nonna avesse scritto allo zio una parola di condoglianza . Il « no » di Franco fu così incerto , quasi trepidante , che , non subito , ma pochi passi dopo , Luisa ebbe un lampo di sospetto e si fermò di colpo , afferrò il braccio di suo marito . Franco , prima ch ' ella aprisse bocca , intese , l ' abbracciò come aveva abbracciato lo zio , con impeto ancor maggiore , le disse di prender il suo cuore , l ' anima sua , la sua vita , di non cercar altro al mondo , se la sentì tremar tutta fra le braccia . Né allora né poi una sola parola ne fu più detta fra loro . Al cancello del cimitero s ' inginocchiarono insieme . Franco pregò con impeto di fede . Luisa trapassò con gli occhi avidi la terra smossa presso all ' entrata , trapassò la bara , si affissò mentalmente nel volto mansueto e grave della mamma ; mentalmente ancora ma con tanto gagliardo impulso da scuotere le sbarre del cancello , si chinò , si chinò , fisse le labbra sulle labbra della morta , v ' impresse una violenza d ' amore più forte che tutti gli insulti , che tutte le bassezze odiose del mondo . Si staccò a stento di là verso le undici . Discendendo adagio a fianco di suo marito lo sdrucciolevole ciottolato del sentiero , le sorse improvvisa in mente la visione di un incontro futuro con la marchesa . Si fermò , si eresse , stringendo i pugni ; e il suo bel viso intelligente spirò una fierezza tale che se la vecchia signora di marmo l ' avesse realmente veduta , realmente incontrata in quel punto , si sarebbe senz ' altro , piegata no , impaurita no , ma posta in difesa . PARTE SECONDA 1 . Pescatori Il dottor Francesco Zérboli , I . R . Commissario di Porlezza , approdò alla I . R . Ricevitoria di Oria il 10 settembre 1854 , proprio quando un sole veramente imperiale e regio sormontava il bastione poderoso della Galbiga , sfolgorava la rosea casetta della Ricevitoria , gli oleandri e i fagiuoli della signora Peppina Bianconi , chiamando , secondo i regolamenti , all ' ufficio il signor Carlo Bianconi suo marito , quel tale Ricevitore cui la musica manoscritta puzzava di cospirazione . Il Bianconi , detto dalla sposa « el mè Carlascia » e dal popolo « el Biancòn » , un omone alto , grosso e duro , col mento pelato , con due baffoni grigi , con due occhi grossi e spenti di mastino fedele , discese a ricevere l ' altro I . R . mento pelato di categoria superiore . I due non si rassomigliavano proprio che nella nudità austriaca del mento . Lo Zérboli , vestito di nero e inguantato , era piccolo e tozzo , portava due baffetti biondi appiccicati alla faccia giallognola , bucata da due scintille d ' occhietti sarcastici e sprezzanti . Aveva i capelli piantati così basso sulla fronte ch ' era solito raderne una lista , restandogliene spesso un ' ombra , quasi di bestialità . Prontissimo di persona , d ' occhi e di lingua , parlava un italiano nasale , modulato alla trentina , con facile cortesia . Disse al Ricevitore che doveva tenere un convocato , il consiglio comunale d ' allora , a Castello e che aveva preferito venir per tempo , fare la salita , col fresco , da Oria invece che da Casarico o da Albogasio , onde procurarsi il piacere di salutare il signor Ricevitore . Il bestione fedele non capì subito che c ' era un secondo fine , ringraziò con un miscuglio di frasi ossequiose e di risatine stupide , fregandosi le mani , offerse caffè , latte , uova , l ' aria aperta del giardinetto . Colui accettò il caffè e rifiutò l ' aria aperta con un cenno del capo e una strizzatina d ' occhi così eloquente che il Carlascia , vociato su per le scale « Peppina ! Caffè ! » fece passare il Commissario in ufficio , dove , sentendosi trasmutare , secondo la sua doppia natura , da Ricevitore di dogana in agente di polizia , si fece devoto il cuore e austero il viso come per una unione sacramentale col monarca . Questo ufficio era un ignobile bugigattolo a pian terreno , con le inferriate ai due finestrini , una infetta cellula primitiva che aveva già il puzzo della grande monarchia . Il Commissario vi si piantò a sedere in mezzo , guardando l ' uscio chiuso che dall ' approdo metteva nell ' anticamera ; quello che dall ' anticamera metteva nell ' ufficio era rimasto aperto , per ordine suo . « Mi parli del signor Maironi » , diss ' egli . « Sorvegliato sempre » , rispose il Biancòn . « Anssi » , soggiunse nel suo italiano di Porta Tosa , « aspetti : ci ho qui un rapporto quasi finito . » E si diede a frugare , a palpar fra le sue carte in cerca del rapporto e degli occhiali . « Manderà , manderà » , fece il Commissario che non si aspettava molto dalla prosa del bestione . « Intanto parli , dica ! » « Malintensionato sempre , questo si sapeva » , ricominciò l ' eloquente Ricevitore , « e adesso anche si vede . Si è messo a portare quella barba , sa , quella mosca , quella moschetta , quel pisso , quella porcheria ... » « Scusi » , fece il Commissario . « Vede , io sono ancora nuovo , ho istruzioni , ho informazioni , ma un ' idea esatta dell ' uomo e della famiglia non l ' ho ancora . Bisogna che Lei me li descriva proprio a fondo così come può . E incominciamo pure da lui . » « Lui è un superbo , un furioso , un prepotentone . Avrà attaccato lite cinquanta volte , qui , per affari di dassio . Vuol aver sempre ragione , vuol darci lessione a me e al sedentario . Caccia fuori due occhiacci come se volesse mangiare la Ricevitoria . L ' è che con me non c ' è da fare il prepotente , se del resto ! ... Perché sa di tutto , poi , questo sì . Sa di legge , sa di finansa , sa di musica , sa di fiori , sa di pesci , el diavol a quatter . » « E lei ? » « Lei ? Lei lei lei lei ... lei l ' è una gattamorgna ma se la cascia foeura i ong l ' è pesg de lü ; peggio ! Lui quando va in collera diventa rosso e fa un baccano di mille lire ; lei diventa pallida e dice insolense d ' inferno . Adesso si dice , insolense io non ne tollero ... ma insomma ... mi capisce . Donna di talento , sa . La mia Peppina ci è innamorata . Donna che si insinua dappertutto , poi . Tante volte qui a Oria invece di chiamare il dottore chiamano lei . Se in una famiglia questionano vanno da lei . Se ci vien il mal di pancia a una bestia domandano lei . I bagàj s ' i a tira dree tücc . È magari buona , in carnevale , di fare i magatelli per loro . Sa , i burattini . E in pari tempo è un accidente che suona il cembalo , che sa il francese e il tedesco . Io per mia disgrassia non lo so , il tedesco , e sono andato da lei così delle volte per farmi spiegare carte tedesche che capitano in ufficio . » « Ah , Lei ci va , in casa Maironi ? » « Sì , qualche volta , per questo . » Veramente il bestione ci andava pure per farsi spiegare da Franco certi enigmi della tariffa doganale ; ma questo non lo disse . L ' interrogatorio del Commissario continuò . « E la casa , come è messa ? » « Messa bene . Bei pavimenti alla venessiana , soffitti pitturati , canapè con tappeti , cembol , camera da pranzo colle pareti tappessate di ritratti ch ' è una bellèssa . » « E l ' ingegnere in capo ? » « L ' ingegnere in capo è un buon omaccio , allegro , all ' antica ; mi somiglia a me . Più vecchio però , sa . Del resto qui ci sta pochissimo . Un quindici giorni a questa stagione , altri quindici la primavera e qualche visitina durante l ' anno . Quando ha la sua pace , la sua quiete , il suo latte alla mattina , il suo latte alla sera , il suo boccale di Modena a pranso , il suo tarocco , la sua gasètta di Milano , l ' ingegnere Ribera è contento . Del resto , tornando alla barba del signor Maironi , c ' è anche di peggio . Ho saputo ieri che il signore ha messo un gelsomino in un vaso di legno inverniciato di rosso . » Il Commissario , uomo d ' ingegno e forse indifferente , nel più intimo del cuor suo , a tutti i colori tranne a quello della propria cera e della propria lingua , non poté a meno di alzar un po ' le spalle . Ma poi domandò subito : « La pianta è fiorita ? » « Non lo so , domanderò alla donna » « A chi ? A sua moglie ? Ci va , Sua moglie , in casa Maironi ? » « Si , qualche volta ci va . » Lo Zérboli piantò i suoi occhietti sprezzanti in faccia al Bianconi , e gli articolò ben chiara questa domanda : « Ci va con profitto o no ? » « Ma ! con profitto ! Segond ! Lei si figura di andare come amica della signora Luisina , per i fiori , per i lavori , per i pettegolessi , e cicip e ciciap , sa bene , donne . Io poi ci cavo ... » « Tè chì , tè chì ! » , esclamò nel suo italiano di Porta Ticinese la signora Peppina Bianconi , venendo avanti col caffè , tutta sorridente . « El sür Commissari ! Come goo mai piasè de vedèll ! El sarà magàra minga tant bon el caffè , però l ' è el prim ! La bolgira l ' è de minga podè toeul a Lügan ! » « Tetetetetè ! » , fece il marito , burbero . « Euh diavol ! Disi inscì per rid . El capiss ben , neh , Lü , sür Commissari ! L ' è quel benedett omasc lì ch ' el capiss no ! En toeui nanca per mi de caffè , ch ' el se figüra ! Toeui giusta l ' acqua de malva per i girament de testa ! » « Ciciàra minga tant , ciciàra minga tant ! » , interruppe il marito . Il Commissario , posando la tazza vuota , disse alla buona signora che sarebbe poi andato a vedere i suoi fiori , e questa galanteria parve l ' atto di chi , al caffè , butta e fa suonar la moneta sul vassoio perché il tavoleggiante lo pigli e se ne vada . La signora Peppina intese e , sgomentata per giunta dai grossi occhi feroci del suo Carlascia , si ritirò frettolosamente . « Senta senta senta » , fece il Commissario coprendosi la fronte e stringendosi le tempie colla mano sinistra . « Oh ! » , esclamò a un tratto , nel raccapezzarsi . « Ecco , volevo sapere se , adesso , l ' ingegnere Ribera è a Oria . » « Non c ' è , ma verrà fra pochissimi giorni , credo . » « Spende molto , l ' ingegnere Ribera , per questi Maironi ? » « Spende molto , sicuro . Non credo che di casa sua don Franco abbia più di tre svansiche al giorno . Lei poi ... » Il Ricevitore si soffiò sul palmo della mano . « Dunque capisce . Hanno la donna di servissio . C ' è una bambina di due anni o ché ; ci vuole la ragassa , per curare la bambina . Si fanno venire fiori , libri , musica , el diavol a quatter . Alla sera si giuoca a tarocchi , c ' è la sua bottèglia . Ce ne vogliono così delle svansiche , mi capisce ! » Il Commissario rifletté un poco e poi , con una faccia nebulosa , con gli occhi al soffitto , con certe parole sconnesse che parevano frammenti d ' oracolo , fece intendere che l ' ingegnere Ribera , un I . R . impiegato , favorito recentemente dall ' I . R . Governo di una promozione in loco , avrebbe dovuto esercitare sui nipoti una influenza migliore . Quindi con altre domande e con altre osservazioni che concernevano specialmente le presenti debolezze dell ' ingegnere , insinuò al Bianconi che le sue attenzioni paterne dovevano rivolgersi con particolare segretezza e delicatezza all ' I . R . collega , onde illuminare , occorrendo , la Superiorità circa tolleranze che sarebbero scandalose . Gli chiese finalmente se non sapesse che l ' avvocato V . di Varenna e un tale di Loveno venivano abbastanza spesso a visitare i Maironi . Il Ricevitore lo sapeva e sapeva dalla sua Peppina che venivano a far musica . « Non credo ! » , esclamò il Commissario con subita e insolita asprezza . « Sua moglie non capisce niente ! Ella si farà menar per il naso , caro Bianconi , a questo modo . Quei due sono soggettacci che starebbero bene a Kufstein . Bisogna informarsi meglio ! Informarsi e informarmi . E adesso andiamo in giardino . A proposito ! Quando entra da Lugano qualche cosa per la marchesa Maironi ... » Lo Zérboli compié le frase con un gesto di graziosa larghezza e s ' incamminò seguito dal mastino , alquanto mogio . La signora Peppina si fece trovare ad annaffiar i fiori con l ' aiuto di un ragazzotto . Il Commissario guardò , ammirò e trovò anche modo di dar una lezioncina al poliziotto subalterno . Lodando quei fiori trasse destramente la Bianconi a nominar Franco e sulla persona di Franco non si fermò affatto come se non gliene importasse nulla . Si tenne ai fiori , affermò che Maironi non poteva averne di più belli . Strilli , gemiti e giaculatorie dell ' umile signora Peppina che perfino si vergognava d ' un paragone simile . E il Commissario insistette . Ma come ? Anche le fuchsie di casa Maironi erano più belle ? Anche le vainiglie ? Anche i pelargoni ? Anche i gelsomini ? « I gesümin ? » , fece la signora Peppina . « Ma el sür Mairon el gà el pussee bell gesümin de la Valsolda , cara Lü ! » Così il Commissario venne poi a sapere molto naturalmente che il famoso « gesümin » non era ancora fiorito . « Vorrei vedere le dalie di don Franco » , diss ' egli . La ingenua creatura si offerse di accompagnarlo a casa Ribera quel giorno stesso : « Gavarissen inscì mai piasè » . Ma il Commissario espresse il desiderio di attendere la venuta dell ' I . R . ingegnere in capo della provincia per avere occasione di riverirlo e la signora Peppina fece « eccola ! » in segno della sua soddisfazione . Intanto il mastino , umiliato da quell ' arte superiore , desiderando mostrar in qualche modo che almeno dello zelo ne aveva anche lui , afferrò per un braccio il ragazzotto dall ' annaffiatoio e lo presentò . « Mio nipote . Figlio d ' una mia sorella maritata a Bergamo con un I . R . portiere della Delegassione . Ha l ' onore di chiamarsi Francesco Giuseppe , per desiderio mio ; ma capisce bene , per il dovuto rispetto , questo non può essere il nome solito . » « Soa mader la ghe dis Ratì e so pader el ghe dis Ratù ch ' el se figura ! » , interloquì la zia . « Citto , Lei ! » , fece lo zio , severo . « Io lo chiamo Francesco . Un ragasso bene educato , devo dirlo , molto bene educato . Di ' un po ' su , Francesco , quando sarai grande , cosa farai ? » Ratì rispose a precipizio come se recitasse la Dottrina Cristiana : « Io quando sarò grande mi comporterò sempre da suddito fedele e devoto di Sua Maestà il nostro Imperatore nonché da buon cristiano ; e spero coll ' aiuto del Signore diventare un giorno I . R . Ricevitore di Dogana come mio zio , per andar quindi a ricevere il premio delle mie buone opere in paradiso » . « Bravo bravo bravo » , fece lo Zérboli , accarezzando Ratì . « Seguitiamo a farci onore . » « Ch ' el tasa , sür Commissari » , saltò fuori da capo la Peppina , « che stamattina el baloss el m ' ha mangiaa foeura mèss el süccher de la süccherera ! » « Comè comè comè ? » , fece il Carlascia uscendo di tono per la sorpresa . Si rimise subito e sentenziò : « Colpa tua ! Si mettono le cose a posto ! Vero , Francesco ? » « Pròpe » , rispose Ratì , e il Commissario , seccato da quel battibecco , da quella ridicola riuscita della sua frase paterna , prese bruscamente congedo . Appena partito lui , il Carlascia menò un « toeu sü el süccher , ti » , e un formidabile scapaccione a Francesco Giuseppe che si aspettava tutt ' altro e corse a salvarsi tra i fagiuoli . Poi aggiustò le partite di sua moglie con un buon rabbuffo , giurando che in avvenire lo avrebbe tenuto lui lo zucchero , e poiché ella si permise di ribattere « cossa te voeut mai intrigàt ti ? » la interruppe , « intrigatissim in tütt ! intrigatissim in tütt ! » e voltatele le spalle , s ' avviò a gran passi , sbuffando e fremendo , verso il posto dove la diligente sposa gli aveva preparata la lenza e la polenta , e inescò i due poderosi ami da tinche . Poiché in antico quel piccolo mondo era ancora più segregato dal mondo grande che al presente , era più che al presente un mondo di silenzio e di pace , dove i funzionari dello Stato e della Chiesa e , dietro al loro venerabile esempio , anche alquanti sudditi fedeli dedicavano parecchie ore ad una edificante contemplazione . Primo a ponente , il signor Ricevitore slanciava due ami appaiati in capo a una lenza sola , due traditori bocconi di polenta , lontano dalla sponda quanto mai poteva ; e quando il filo si era ben disteso , quando il sughero indicatore si era quasi ancorato in placida attesa , l ' I . R . uomo posava delicatamente la bacchetta della lenza sul muricciuolo , sedeva e contemplava . A levante di lui , la guardia di finanza che allora chiamavano « il sedentario » , accoccolata sull ' umile molo dell ' approdo davanti ad un altro sughero , pipava e contemplava . Pochi passi più in là , il vecchio allampanato Cüstant , imbianchino emerito , sagrestano e fabbriciere , patrizio del villaggio di Oria , seduto sulla poppa della sua barca con una sperticata tuba preistorica in testa , con la magica bacchetta in mano , con le gambe penzoloni sull ' acqua , raccolta l ' anima nel sughero suo proprio , contemplava . Seduto sull ' orlo d ' un campicello , all ' ombra d ' un gelso e d ' un cappellone di paglia nera , il piccolo , magro , occhialuto don Brazzova , parroco di Albogasio , rispecchiato dall ' acqua limpida , contemplava . In un orto di Albogasio Inferiore , fra le rive del Ceròn e la riva di Mandroeugn , un altro patrizio in giacchetta e scarponi , il fabbriciere Bignetta , detto el Signoron , duro e solenne sopra una sedia del settecento con la famosa bacchetta in mano , vigilava e contemplava . Sotto il fico di Cadate stava in contemplazione don Giuseppe Costabarbieri . A S . Mamette pendevano sull ' acqua e contemplavano con grande attività il medico , lo speziale , il calzolaio . A Cressogno contemplava il florido cuoco della marchesa . In faccia a Oria , sull ' ombrosa spiaggia deserta del Bisgnago , un dignitoso arciprete della bassa Lombardia usava passar ogni anno quaranta giorni di vita contemplativa . Contemplava solitario , vescovilmente , con tre bacchette ai piedi , i relativi tre pacifici sugheri , due con gli occhi e uno col naso . Chi passando per l ' alto lago avesse potuto discernere tutte queste figure meditabonde , inclinate all ' acqua , senza veder le bacchette né i fili né i sugheri , si sarebbe creduto nel soggiorno d ' un romito popolo ascetico , schivo della terra , che guardasse il cielo giù nello specchio liquido , solo per maggiore comodità . In fatto tutti quegli ascetici pescavano alle tinche e nessun mistero dell ' avvenire umano aveva per essi maggior importanza dei misteri cui arcanamente alludeva il piccolo sughero , quando , posseduto quasi da uno spirito , dava segni d ' inquietudine sempre più viva e in fine di alienazione mentale ; poiché , dati dei crolli , dei tratti ora avanti ora indietro , pigliava per ultimo , nella confusione delle sue idee , il partito disperato di entrar giù a capofitto nell ' abisso . Questi fenomeni avvenivano però di rado e parecchi contemplatori solevano passare delle mezze giornate senza notar la menoma inquietudine nel sughero . Allora ciascuno , senza toglier gli occhi dal piccolo galleggiante , sapeva seguire un invisibile filo d ' idee parallelo al filo della lenza . Così avveniva talvolta al buon arciprete di pescar mentalmente una sede episcopale ; al Signoron di pescare un bosco ch ' era stato dei suoi avi , al cuoco di pescare una certa tinca rosea e bionda della montagna , al Cüstant di pescare una commissione del Governo per dare il bianco al picco di Cressogno . Quanto al Carlascia , il suo secondo filo aveva generalmente un carattere politico . E questo si comprenderà meglio quando si sappia che anche il filo principale , quello della lenza , suscitava spesso nel suo torbido testone certe considerazioni politiche suggeritegli dal Commissario Zérboli . « Vede , caro Ricevitore » , gli aveva detto una volta lo Zérboli ragionando a sproposito sul moto milanese del 6 febbraio , « Lei ch ' è un pescatore di tinche può benissimo capire la cosa . La nostra grande monarchia pesca alla lenza . I due bocconi uniti sono la Lombardia e il Veneto , due bei bocconi tondi e solleticanti , con del buon ferro dentro . La nostra monarchia li ha buttati là davanti a sé , in faccia alla tana di quel pesciatello sciocco ch ' è il Piemonte . Egli ha abboccato nel quarantotto il boccone Lombardia , ma poi ha potuto sputarlo e cavarsela . Milano è il nostro sughero . Quando Milano si muove vuol dire che c ' è sotto il pesciatello . L ' anno scorso il sughero s ' è mosso un pochino ; il caro pesciatello non aveva fatto che fiutare il boccone . Aspettate , verrà un movimento grande , noi daremo il colpo , ci sarà un poco di strepito e di sbatacchiamento e lo tireremo su , il nostro pesciatello , non ce lo lasceremo scappare più , quel porcellino bianco , rosso e verde ! » Il Biancòn ci aveva fatto una gran risata e spesso , mettendosi a pescare , si ruminava , per il proprio innocente piacere , la graziosa similitudine , da cui gli nascevano per solito altri sottili e profondi pensamenti politici . Quella mattina il lago era quieto , propizio per le contemplazioni . Le prime alghe del fondo precipitoso si vedevan diritte , segno che non c ' eran correnti . I bocconi , slanciati ben lontano , calarono lentamente a piombo , il filo si distese via via sotto il sughero che gli navigò dietro un poco indicando con spessi anellini i titillamenti dei piccoli cavedini e si mise quindi in pace , segno che i bocconi s ' erano adagiati sul fondo e che i cavedini non li toccavan più . Il pescatore posò la bacchetta sul muricciuolo e si mise a pensare all ' ingegnere Ribera . Il Biancòn aveva , a sua insaputa , una discreta dose di mansuetudine in un doppio fondo che Iddio gli aveva fatto nel cuore senza avvertirnelo . Il mondo del resto se ne poté accorgere nel 1859 quando il caro pesciatello si mangiò il boccone di Lombardia con l ' amo e il filo e la bacchetta e il Commissario e tutto quanto ; e il Biancòn , rassegnato , si mise a piantar cavoli nazionali e costituzionali a Precotto . Malgrado questa occulta mansuetudine , posando la bacchetta e pensando che si trattava di pescare quel povero vecchio ingegnere Ribera , egli provò una singolare compiacenza non nel cuore , non nel cervello né in alcuno dei soliti sensi , ma in un suo particolare senso , puramente I . e R . Davvero , egli non aveva coscienza di sé come di un organismo distinto dall ' organismo governativo austriaco . Ricevitore di una piccola dogana di frontiera , si considerava una punta d ' unghia in capo a un dito dello Stato ; come agente di polizia poi , si considerava un occhiolino microscopico sotto l ' unghia . La vita sua era quella della monarchia . Se i Russi le facevano il solletico sulla pelle della Galizia , egli ne sentiva il prurito a Oria . La grandezza , la potenza , la gloria dell ' Austria gli ispiravano un orgoglio smisurato . Non ammetteva che il Brasile fosse più esteso dell ' Impero Austriaco , né che la Cina fosse più popolata , né che l ' Arcangelo Michele potesse prendere Peschiera , né che Domeneddio potesse prendere Verona . Il suo vero Iddio era l ' Imperatore ; rispettava quello del cielo come un alleato di quello di Vienna . Non gli era , dunque , mai entrato il sospetto che l ' ingegnere in capo fosse un cattivo suddito . Le parole del Commissario , un vangelo per lui , ne lo persuasero addirittura ; e l ' idea di trovarsi a portata questo malfido servitore accendeva il suo zelo d ' occhio regio e d ' unghia imperiale . Si diede dell ' asino per non averlo conosciuto prima . Oh ma era ancora in tempo di pescarlo bene : bene bene bene bene ! « Lasci fare a me ! Lasci fare a me , signor ... » Troncò la frase e afferrò la bacchetta . Il sughero aveva impresso nell ' acqua un anello , dolcemente , muovendosi appena ; indizio di tinca . Il Biancòn strinse forte la bacchetta tenendo il fiato . Altro tocco al sughero , altro anello più grosso ; il sughero va pian piano sull ' acqua , si ferma , il cuore del Biancòn batte a furia ; il sughero cammina ancora per un piccol tratto , a fior d ' acqua e sprofonda ; zac ! il Biancòn dà un colpo , la bacchetta si torce in arco tanto il filo è tirato da un peso occulto . « Peppina , el gh ' è ! » , grida il Carlascia perdendo la testa , confondendo il sesso della tinca con quello dell ' ingegnere in capo : « El guadèll , el guadèll » . Il sedentario si volta invidioso : « Ghe l ' ha , scior Recitòr ? » . Il Cüstant si cuoce dentro e non fa motto né volge la sua tuba . Ratì accorre e accorre anche la signora Peppina portando il « guadèll » , una pertica lunga con una gran borsa di rete in capo , per imborsarvi la tinca nell ' acqua , ché il tirarla su di peso col filo sarebbe un rischio disperato . Il Biancòn piglia il filo , lo raccoglie pian piano a sé . La tinca non si vede ancora ma deve esser grossa ; il filo viene in su per un paio di braccia , poi è tirato furiosamente in giù ; quindi torna a venire , viene , viene , e in fondo all ' acqua , sotto il naso dei tre personaggi , balena un giallore , un ' ombra mostruosa . « Oh la bella ! » , fa la signora Peppina sottovoce . Ratì esclama : « Madòne , madòne ! » , e il Biancòn non dice parola , tira e tira con cautela . È un bel pescione , corto , grosso , dal ventre giallo e dal dorso scuro che viene in su dal fondo quasi supino e per isghembo , con mala volontà . Le tre facce non gli piacciono perché volta loro di colpo la coda e sbattendola fa un ' altra punta furiosa verso il fondo . Finalmente , spossato , segue il filo , arriva sotto il muro con la pancia dorata all ' aria . La Peppina , rovescioni sul parapetto , stende giù quanto può la sua pertica per imborsar il malcapitato e non le riesce . « Per el müson ! » , grida suo marito . « Per la cua ! » , strilla Ratì . A quello strepito , alla vista di quel pauroso arnese , il pesce si dibatte , si tuffa ; la Peppina si arrabatta invano , non trova il « müson » , non trova la « cua » ; il Biancòn tira , la tinca trascinata a galla si aggomitola e con una potente spaccata rompe il filo , strepita via tra la spuma . « Madòne ! » , esclama Ratì ; la Peppina seguita a frugar l ' acqua con la sua pertica ; « dova l ' è sto pèss ? dova l ' è sto pèss ? » , e il Biancòn che era rimasto petrificato col filo in mano , si volta furibondo , tira un calcio a Ratì , afferra sua moglie per le spalle , la scuote come un sacco di noci , la carica d ' improperi . « L ' è andada , scior Recitòr ? » , fa il sedentario , mellifluo . Il Cüstant volta un poco la tuba , guarda il luogo della catastrofe , torna alla contemplazione del suo pacifico sughero e brontola in tono di compatimento : « Minga pràtich ! » . Intanto la tinca ritorna alle native alghe profonde , malconcia ma libera come il suo simile , il Piemonte , dopo Novara ; ed è dubbio se al povero ingegnere in capo toccherà la stessa fortuna . 2 . La sonata del chiaro di luna e delle nuvole Il sole calava dietro al ciglio del monte Brè e l ' ombra oscurava rapidamente la costa precipitosa e le case di Oria , imprimeva , violacea e cupa , il profilo del monte sul verde luminoso delle onde che correvano oblique a ponente , grandi ancora ma senza spuma , nella breva stanca . Casa Ribera si era oscurata l ' ultima . Addossata ai ripidi vigneti della montagna , sparsi d ' ulivi , essa cavalca la viottola che costeggia il lago , e pianta nell ' onda viva una fronte modesta , fiancheggiata a ponente , verso il villaggio , da un giardinetto pensile a due ripiani , a levante , verso la chiesa , da una piccola terrazza gittata su pilastri che inquadrano un pezzo di sagrato . Entra in quella fronte una piccola darsena dove allora si dondolava , fra lo schiamazzar delle onde , il battello di Franco e Luisa . Sopra l ' arco della darsena una galleria sottile lega il giardinetto pensile di ponente alla terrazza di levante e guarda il lago per tre finestre . La chiamavan loggia , forse perché lo era stata in antico . La vecchia casa portava incrostati qua e là parecchi di questi venerandi nomi fossili che vivevano per la tradizione e figuravano , nella loro apparente assurdità , i misteri nella religione delle mura domestiche . Dietro alla loggia vi ha una sala spaziosa e dietro alla sala due stanze : a ponente il salottino da pranzo tappezzato di piccoli uomini illustri di carta , ciascuno sotto il proprio vetro e dentro la propria cornice , ciascuno atteggiato dignitosamente a modo degl ' illustri di carne e d ' ossa , come se i colleghi nemmanco esistessero e il mondo non guardasse che a lui ; a levante la camera dell ' alcova dove accanto agli sposi dormiva nel proprio letticciuolo la signorina Maria Maironi nata nell ' agosto del 1852 . Dai cassettoni rococò delle camere da letto alla madia della cucina , dal nero pendolo del salottino da pranzo al canapè della loggia con la sua stoffa color marrone cosparsa di cavalieri turchi gialli e rossi , dalle seggiole impagliate a certi seggioloni dai bracciuoli spropositatamente alti , i mobili della casa appartenevano all ' epoca degli uomini illustri , la maggior parte dei quali portava parrucca e codino . Se parevano discesi dal granaio , parevan pure aver ripreso nell ' aria e nella luce della nuova dimora certe perdute abitudini di pulizia , un notevole interesse alla vita , una dignità di onesta vecchiaia . Così un ' accozzaglia di vocaboli disusati potrebbe oggi comporsi , nel soffio d ' un attempato poeta conservatore , e rifletterne la serena ed elegante senilità . Sotto il regime matematico e burocratico dello zio Piero , seggiole e seggioloni , tavole e tavolini avevano vissuto in perfetta simmetria e il privilegio della inamovibilità era stato accordato persino agli stoini . Il nome di « mobile » non lo aveva meritato che un cuscino grigio e celeste , un aborto di materasso , che l ' ingegnere durante i suoi brevi soggiorni a Oria si portava con sé quando mutava seggiolone . Assente lui , il custode rispettava tanto le suppellettili da non osar di toccarne confidenzialmente , di spolverarne le parti meno visibili . Ciò faceva andar sulle furie la governante , regolarmente , ad ogni ritorno in Valsolda . Il padrone , irritato che per un po ' di polvere si gridasse tanto contro un povero diavolo di contadino , se la pigliava con lei e le suggeriva di spolverare ella stessa ; e quando la donna scattò a domandargli , in via di sdegnosa replica , se dovesse ammazzarsi a spolverare tutta la casa ogni volta che veniva , le rispose bonariamente : « Mazzèv ona volta sola ch ' el sarà assée » . Egli abbandonava poi del tutto al capriccio del custode la coltivazione del giardinetto come quella di un orto che possedeva a levante del sagrato , in riva al lago . Solo una volta , due anni prima del matrimonio di Luisa , arrivando a Oria in principio di settembre e trovando nel secondo ripiano del giardinetto sei piante di granturco , si permise di dire al custode : « Sent on poo : quii ses gamb de carlon , podarisset propi minga fann a men ? » . I poeti non conservatori Franco e Luisa avevano trasformata , col loro soffio , la faccia delle cose . La poesia di Franco era più ardita , fervida e appassionata , la poesia di Luisa era più prudente ; così i sentimenti di Franco gli fiammeggiavano sempre dagli occhi , dal viso , dalla parola e quelli di Luisa non davano quasi mai fiamme ma solo coloravano il fondo del suo sguardo penetrante e della sua voce morbida . Franco non era conservatore che in religione e in arte ; per le mura domestiche era un radicale ardente , immaginava sempre trasformazioni di pareti , di soffitti , di pavimenti , di arredi . Luisa incominciava con ammirar il suo genio , ma poiché i denari venivan quasi tutti dallo zio e non ci era larghezza per imprese fantastiche , piano piano , un po ' per volta , lo persuadeva di lasciar a posto le pareti , i soffitti e anche i pavimenti , di studiar come si sarebbero potuti disporre meglio gli arredi senza trasformarli . E gli suggeriva delle idee senza averne l ' aria , facendogli credere che venivan da lui , perché alla paternità delle idee Franco ci teneva molto e Luisa era invece del tutto indifferente a questa maternità . Così tra l ' uno e l ' altra disposero la sala per la conversazione , la lettura e la musica , la loggia per il giuoco , la terrazza per il caffè e per le contemplazioni poetiche . Di quella terrazzina Franco fece la poesia lirica della casa . Era piccina assai e parve a Luisa che vi si potesse concedere un po ' di sfogo all ' estro di suo marito . Fu allora che cadde dal trono il re dei gelsi valsoldesi , il famoso antico gelso del sagrato , un tiranno che toglieva alla terrazza tutta la vista migliore . Franco si liberò da lui mediante pecunia , disegnò e alzò sopra la terrazza un aereo contesto di sottili aste e bastoncini di ferro che figuravan tre archi sormontati da una cupolina , vi mandò su due passiflore eleganti che vi aprivan qua e là i loro grandi occhi celesti e ricadevano da ogni parte in festoni e vilucchi . Un tavoluccio rotondo e alcune sedie di ferro servivano per il caffè e per la contemplazione . Quanto al giardinetto pensile , Luisa avrebbe potuto sopportare anche il granturco per una tolleranza di spirito superiore che ama lasciar in pace gl ' inferiori nelle loro idee , nelle loro abitudini , nei loro affetti . Ella sentiva una certa rispettosa pietà per gl ' ideali orticoli del povero custode , per quell ' insalata di rozzezze e di gentilezze ch ' egli aveva nel cuore , un gran cuore capace di accogliere insieme reseda e zucche , begliuomini e carote . Invece Franco , generoso e religioso com ' era , non avrebbe tollerato nel suo giardino una zucca né una carota per amore di qualsiasi prossimo . Ogni stupida volgarità lo irritava . Quando l ' infelice ortolano si sentì predicare dal signor don Franco che il giardinetto era una porcheria , che bisognava cavar tutto , buttar via tutto , rimase sbalordito , avvilito da far pietà ; ma poi lavorando agli ordini suoi per riformare le aiuole , per contornarle di tufi , per piantare arbusti e fiori , vedendo come il padrone stesso sapesse lavorar di sua mano e quanti terribili nomi latini e qual portentoso talento avesse in testa per immaginare disposizioni nuove e belle , concepì poco a poco per lui un ' ammirazione quasi paurosa e quindi anche , malgrado i molti rabbuffi , una affezione devota . Il giardinetto pensile fu trasformato a immagine e similitudine di Franco . Un ' olea fragrans vi diceva in un angolo la potenza delle cose gentili sul caldo impetuoso spirito del poeta ; un cipressino poco accetto a Luisa vi diceva in un altro angolo la sua religiosità ; un piccolo parapetto di mattoni a traforo , fra il cipresso e l ' olea , con due righe di tufi in testa che contenevano un ridente popolo di verbene , petunie e portulache , accennava alla ingegnosità singolare dell ' autore ; le molte rose sparse dappertutto parlavano del suo affetto alla bellezza classica ; il ficus repens che vestiva le muraglie verso il lago , i due aranci nel mezzo dei due ripiani , un vigoroso , lucido carrubo rivelavano un temperamento freddoloso , una fantasia volta sempre al mezzogiorno , insensibile al fascino del nord . Luisa aveva lavorato e lavorava assai più del marito ; ma se questi si compiaceva delle proprie fatiche e ne parlava volentieri , Luisa invece non ne parlava mai e non ne traeva veramente alcuna vanità . Lavorava d ' ago , d ' uncinetto , di ferri , di forbici , con una tranquilla rapidità prodigiosa , per suo marito , per la sua bambina , per ornar la sua casa , per i poveri e per sé . Tutte le stanze avevan lavori suoi , cortine , tappeti , cuscini , paralumi . Era pure affar suo di collocare i fiori in sala e in loggia ; non piante in vaso perché Franco ne aveva poche e non gli garbava di chiuderle nelle stanze ; non fiori del giardinetto perché coglierne uno era come strapparglielo dal cuore . Erano invece a disposizione di Luisa le dalie , le rose , i gladioli , gli astri dell ' orto . Ma poiché non le bastavano e poiché il villaggio , dopo Dio , Santa Margherita e S . Sebastiano , adorava la « sciora Lüisa » , così ad un cenno suo i ragazzi le portavano fiori selvaggi e felci , le portavano edera per rilegar con festoni i grandi mazzi fissati alle pareti dentro anelli di metallo . Anche alle braccia dell ' arpa che pendeva dal soffitto della sala erano sempre attorcigliati lunghi serpenti d ' edera e di passiflora . Lo zio Piero , quando gli scrivevano di queste novità , rispondeva poco o nulla . Tutt ' al più raccomandava di non tener troppo occupato l ' ortolano il quale doveva pur attendere alle faccende proprie . La prima volta che capitò a Oria dopo la trasformazione del giardinetto , si fermò a guardarlo come aveva fatto per le sei piante di granturco e borbottò sottovoce : « Oh poer a mi ! » . Uscì sulla terrazza , guardò il cupolino , toccò le aste di ferro e pronunciò un « basta ! » rassegnato ma pieno di disapprovazione per tante eleganze superiori allo stato suo e de ' suoi nipoti . Invece , dopo aver esaminato in silenzio tutti i mazzi , i mazzolini , i vasi , i festoni della sala e della loggia , disse con un bonario sorriso : « Sent on poo , Lüisa ; con tütt st ' erba chì farisset minga mèj a tegnì on para de pégor ? » . Ma la governante fu beata di non aversi più ad ammazzare per la polvere e le ragnatele , ma l ' ortolano vantò senza fine le opere miracolose del signor don Franco ed egli stesso comincio presto ad abituarsi ai nuovi aspetti della sua casa , a guardar senza malevolenza il cupolino della terrazza che gli faceva comodo per l ' ombra . Dopo tre o quattro giorni domando chi lo avesse eseguito e gli accadde di fermarsi qualche volta a guardar i fiori del giardinetto , di chiedere il nome dell ' uno e dell ' altro . Dopo otto o dieci giorni , stando con la piccola Maria sulla porta della sala che mette al giardinetto , le domando : « Chi ha piantato tutti questi bei fiori ? » , e le insegnò a rispondere : « Papà » . Ad un suo impiegato venuto a fargli visita mostrò le opere del nipote e ne accolse gli elogi con un assenso misurato ma pieno di soddisfazione : « Sì sì , per questo sì » . Insomma finì con diventare un ammiratore di Franco e persino con dare ascolto , in via di conversazione , ad altri suoi progetti . E in Franco crescevano l ' ammirazione e la gratitudine per quella grande e generosa bontà , che aveva vinto la natura conservatrice , l ' avversione antica alle eleganze di ogni maniera ; per la solita bontà che ad ogni simile contrasto saliva saliva silenziosamente dietro le renitenze dello zio fino a sormontare , a coprir tutto con una larga onda di acquiescenza o almeno con la frase sacramentale « del resto , fate vobis » . A una sola novità lo zio non aveva voluto adattarsi : alla scomparsa del suo vecchio cuscino . « Luisa » , diss ' egli sollevando con due dita dal seggiolone il nuovo cuscino ricamato : « porta via » . E non ci fu verso di persuaderlo . « Et capì de portall via ? » Quando Luisa sorridendo gli diede il vecchio materassino abortito , egli ci si sedette su con un sonoro « inscì ! » come se riprendesse solennemente il possesso di un trono . Adesso , mentre l ' ombra violacea invadeva il verde delle onde e correva lungo la costa , di paesello in paesello , spegnendo , una dopo l ' altra , le bianche case lucenti , egli era appunto seduto sul suo trono e si teneva sulle ginocchia la piccola Maria , mentre Franco , sulla terrazza , annaffiava i vasi di pelargoni , pieno il cuore e il viso di contentezza affettuosa come se versasse da bere a Ismaele nel deserto , e Luisa stava sgrovigliando pazientemente una pesca di suo marito , un garbuglio pauroso di spago , di piombi , di seta e di ami . Ella discorreva in pari tempo col professore Gilardoni che aveva sempre qualche garbuglio filosofico da sgrovigliare e ci si metteva molto più volentieri con lei che con Franco , il quale lo contraddiceva sempre , a torto e a ragione , avendolo in concetto d ' un ottimo cuore e d ' una testa confusa . Lo zio , tenendo il ginocchio destro sul sinistro e la bambina sul mucchio , le ripeteva per la centesima volta , con affettata lentezza , e storpiando un poco il nome esotico , la canzonetta : Ombretta sdegnosa Del Missipipì . Fino alla quarta parola la bambina lo ascoltava immobile , seria , con gli occhi fissi ; ma quando veniva fuori il « Missipipì » scoppiava in un riso , sbatteva forte le gambucce e piantava le manine sulla bocca dello zio , il quale rideva anche lui di cuore e dopo un breve riposo ricominciava adagio adagio , nel tono solito : Ombretta sdegnosa ... La bambina non somigliava né al padre né alla madre , aveva gli occhi , i lineamenti fini della nonna Teresa . Al vecchio zio , che pure vedeva di rado , mostrava una tenerezza strana , impetuosa . Lo zio non le diceva paroline dolci , le faceva , occorrendo , qualche piccola riprensione , ma le portava sempre giuocattoli , la conduceva spesso a passeggio , se la faceva saltar sulle ginocchia , rideva con lei , le diceva canzonette comiche , quella che cominciava col « Missipipì » e un ' altra che finiva : Rispose tosto Barucabà . Chi era mai Barucabà ? E cosa gli avevano domandato ? « Toa Bà , toa Bà ! » , diceva Maria ; « ancora Barucabà , ancora Barucabà ! » Lo zio le ripeteva allora la poetica storia ma nessuno la sa più ripetere a me . Ecco di che parlava a Luisa , con la sua voce timida e gentile , il professore Gilardoni , diventato un tantin più vecchio , un tantin più calvo , un tantin più giallo . « Chi sa » , aveva detto Luisa , « se Maria somiglierà alla nonna come nel viso anche nell ' anima ? » Il professore rispose che sarebbe stato un miracolo avere in una famiglia , a così poca distanza , due anime simili . E volendo spiegare a quale rarissima specie fosse appartenuta , nel suo concetto , l ' anima della nonna , mise fuori il seguente garbuglio . « Vi sono » , diss ' egli , « anime che negano apertamente la vita futura e vivono proprio secondo la loro opinione , per la sola vita presente . Queste non sono molte . Poi vi sono anime che mostrano di credere nella vita futura e vivono del tutto per la presente . Queste sono alquante più . Poi vi sono anime che alla vita futura non pensano e vivono però in modo da non mettersi troppo a repentaglio di perderla se c ' è . Queste sono più ancora . Poi vi sono anime che credono veramente nella vita futura e dividono pensieri e opere in due categorie che fanno quasi sempre ai pugni fra loro : una è per il cielo , l ' altra è per la terra . Queste sono moltissime . Poi vi sono anime che vivono per la sola vita futura nella quale credono . Queste sono pochissime e la signora Teresa era di queste . » Franco , che non poteva soffrire le disquisizioni psicologiche , passò accigliato col suo annaffiatoio vuoto per andare nel giardinetto e pensò : « Poi vi sono anime che rompono l ' anima » . Lo zio , del resto un po ' sordo , rideva con la Maria . Luisa , passato che fu suo marito , disse piano : « Poi vi sono anime che vivono come se vi fosse la sola vita futura nella quale non credono : e di queste ve n ' è una » . Il professore trasalì e la guardò senza dir nulla . Ella stava cercando nella matassa della pesca un filo doppio , a occhiello , per farlo passare . Non vide quello sguardo ma lo sentì e si affrettò a indicare col capo lo zio . Aveva ella pensato proprio a lui nel dir quello che aveva detto ? O vi era stata nel suo pensiero una occulta complicazione ? Aveva pensato allo zio senza un vero convincimento , solo perché non osava nominare , neanche nel pensiero , un ' altra persona cui le sue parole potevano riferirsi più giustamente ? Il silenzio del professore , lo sguardo scrutatore di lui , non incontrato ma sentito , le rivelarono ch ' egli sospettava di lei stessa : per questo accennò frettolosamente allo zio . « Non crede nella vita futura ? » , mormorò il professore . « Direi di no » , rispose Luisa e subito si sentì nel cuore un rimorso , sentì che non aveva sufficienti ragioni , che non aveva il diritto di rispondere così . In fatto lo zio Piero non s ' era curato mai di meditare sulla religione : egli compenetrava nel suo concetto della onestà la continuazione delle vecchie pratiche di famiglia , la professione della fede avita , presa come stava , alla carlona . Il suo era un Dio bonario come lui , che non ci teneva tanto alle giaculatorie né ai rosari , come lui ; un Dio contento di aver per ministri , com ' era contento lui di aver per amici , dei galantuomini di cuore , fossero pure allegri mangiatori e bevitori , tarocchisti per la vita , franchi raccontatori di porcherie non disoneste a lecito sfogo della sudicia ilarità che ciascuno ha in corpo . Certi suoi discorsi scherzosi , certi aforismi buttati là senza riflettere sulla importanza relativa delle pratiche religiose e sulla importanza assoluta del vivere onesto l ' avevano colpita fin da bambina , anche perché la mamma se ne inquietava moltissimo e supplicava suo fratello di non dire spropositi . Le era entrato il sospetto che lo zio andasse in chiesa solamente per convenienza . Non era vero ; non bisognava tener conto degli aforismi di uno che , invecchiato nel sacrificio e nell ' abnegazione , soleva dire « charitas incipit ab ego » ; e poi , quand ' anche lo zio avesse stimato poco le pratiche religiose , a negar la vita futura ci correva ancora un bel tratto . Infatti , appena messo fuori il suo giudizio e uditolo suonare , Luisa lo sentì falso , vide più chiaro in se stessa , intese di avere inconsciamente cercato nell ' esempio dello zio un appoggio e un conforto per sé . Il professore era tutto commosso di una rivelazione tanto inattesa . « Quest ' anima unica » , diss ' egli , « che vive come se non pensasse che alla vita futura nella quale non crede , è in errore , ma bisogna pur ammirarla come la più nobile , la più grande . È una cosa sublime ! » « Lei è certo , però , che quest ' anima è in errore ? » « Oh sì sì ! » « Ma Lei , a quale delle Sue categorie appartiene ? » Il professore si credeva dei pochissimi che si regolano interamente secondo un ' aspirazione alla vita futura ; benché forse sarebbe stato imbarazzato a dimostrare che i suoi profondi studi su Raspail , il suo zelo nel preparare acqua sedativa e sigarette di canfora , il suo orrore dell ' umidità e delle correnti d ' aria significassero poca tenerezza per la vita presente . Però non volle rispondere , disse che non appartenendo a nessuna Chiesa , credeva tuttavia fermamente in Dio e nella vita futura e che non poteva giudicare il proprio modo di vivere . Intanto Franco , annaffiando il giardinetto , aveva trovato fiorita una verbena nuova , e , posato l ' annaffiatoio , era venuto sulla soglia della loggia e chiamava la Maria per fargliela vedere . La Maria si lasciava chiamare e voleva ancora « Missipipì » , onde lo zio la posò a terra e la condusse lui al papà . « Però , professore » , disse Luisa uscendo con la parola viva da un corso occulto d ' idee , « si può , non è vero , credere in Dio e dubitare della nostra vita futura ? » Ell ' aveva posato , così dicendo , l ' aggrovigliata matassa della pesca e guardava il Gilardoni in viso con un interesse vivo , con un desiderio manifesto che rispondesse di sì ; e , perché il Gilardoni taceva , soggiunse : « Mi pare che qualcuno potrebbe dire : che obbligo ha Iddio di regalarci l ' immortalità ? L ' immortalità dell ' anima è una invenzione dell ' egoismo umano che in fin dei conti vuol far servire Iddio al comodo proprio . Noi vogliamo un premio per il bene che facciamo agli altri e una pena per il male che gli altri fanno a noi . Rassegnamoci invece a morire anche noi del tutto come ogni essere vivente e facciamo sin che siamo vivi la giustizia per noi e per gli altri , senza speranza di premi futuri , solo perché Iddio vuole da noi questo come vuole che ogni stella faccia lume e che ogni pianta faccia ombra . Cosa Le pare , a Lei ? » « Cosa vuol che Le dica ? » , rispose il Gilardoni . « A me pare una gran bellezza ! Non posso dire : una gran verità . Non lo so , non ci ho mai pensato ; ma una gran bellezza ! Io dico che il Cristianesimo non ha potuto avere né immaginare dei Santi sublimi come questo qualcuno ! È una gran bellezza , è una gran bellezza ! » « Perché poi » , riprese Luisa dopo un breve silenzio , « si potrebbe forse anche sostenere che questa vita futura non sarebbe proprio felice . Vi è felicità quando non si conosce la ragione di tutte le cose , quando non si arriva a spiegare tutti i misteri ? E il desiderio di saper tutto sarà esso appagato nella vita futura ? Non resterà ancora un mistero impenetrabile ? Non dicono che Dio non si conoscerà interamente mai ? E allora , nel nostro desiderio di sapere , non finiremo a soffrire come adesso , anzi forse più , perché in una vita superiore quel desiderio dev ' essere ancora più forte ? Io vedrei un solo modo di arrivare a saper tutto e sarebbe di diventar Dio ... » « Ah , Lei è panteista ! » , esclamò il professore , interrompendo . « Ssss ! » , fece Luisa . « No no no ! Io sono cristiana cattolica . Dico quel che altri potrebbero sostenere . » « Ma scusi , vi è un panteismo ... » « Ancora filosofia ? » , esclamò Franco entrando con la piccina in braccio . « Oh , miseria ! » , borbottò lo zio alle sue spalle . Maria teneva in mano una bella rosa bianca . « Guarda questa rosa , Luisa » , disse Franco . « Maria , da ' il fiore alla mamma . Guarda la forma di questa rosa , guarda il portamento , guarda le sfumature , le venature di questi petali , guarda quella stria rossa ; e senti che odore , adesso ! E lascia star la filosofia . » « Lei è nemico della filosofia ? » , osservò il professore , sorridendo . « Io sono amico » , rispose Franco , « della filosofia facile e sicura che m ' insegnano anche le rose . » « La filosofia , caro professore » , interloquì lo zio , solennemente , « l ' è tutta in Aristòtel : quell che te pòdet avè , tòtel . » « Lei scherza » , ribatté il professore , « ma Lei pure è un filosofo . » L ' ingegnere gli posò una mano sulla spalla : « Sentite , caro amico , la mia filosofia in vott o des biccièr la ci sta tutta » . « Euh , vott o des biccièr ! » , borbottò la governante che udì , entrando , questa spacconata d ' intemperanza del suo misuratissimo padrone . « Vott o des corni ! » Veniva ad annunciare don Giuseppe Costabarbieri che fece in pari tempo udire dalla sala un cavernoso e pure ilare Deo gratias . Ecco la rugosa faccia rossa , gli occhi allegri , i capelli bianchi del mansueto prete . « Si discorre di filosofia , don Giuseppe » , disse Luisa dopo i primi saluti . « Venga qui e metta fuori le Sue belle idee anche Lei ! » Don Giuseppe si grattò la nuca e poi volgendo un po ' il capo verso l ' ingegnere con lo sguardo di chi desidera una cosa e non osa domandarla , mise fuori il fiore delle sue idee filosofiche : « Sarissel minga mej fa ona primerina ? » Franco e lo zio Piero , felici di salvarsi dalla filosofia del Gilardoni , si misero allegramente a tavolino col prete . Appena rimasto solo con Luisa , il professore disse piano : « Ieri è partita la signora marchesa » . Luisa , che s ' era presa Maria sulle ginocchia , le piantò le labbra sul collo , appassionatamente . « Forse » , riprese il professore che mai non aveva saputo leggere nel cuore umano né toccarne le corde a proposito , « forse , il tempo ... son tre anni soli ... forse verrà il giorno che si piegherà . » Luisa alzò il viso dal collo di Maria . « Forse lei , sì » , diss ' ella . Il professore non capì , cedette al mal genio che ci suggerisce la peggior parola nel peggior momento e , invece di smettere , si ostinò . « Forse , se potesse veder Maria ! » Luisa si strinse al petto la bambina e lo guardò con una fierezza tale ch ' egli si smarrì e disse : « Scusi » . Maria , stretta così forte , alzò gli occhi al viso strano della mamma , diventò rossa rossa , strinse le labbra , pianse due grosse lagrime , scoppiò in singhiozzi . « No no , cara » , le mormorò Luisa teneramente , « sta buona , sta buona , tu non la vedrai mai , tu ! » Appena chetata la bambina , il professore , turbato dall ' idea di aver fatto un passo falso , di aver offeso Luisa , un essere che gli pareva sovrumano , voleva spiegarsi , giustificarsi , ma Luisa non lo lasciò parlare . « Basta , scusi » , diss ' ella alzandosi . « Andiamo a veder il giuoco . » In fatto non s ' accostò ai giuocatori , mandò Maria sul sagrato con la sua piccola bambinaia Veronica e andò a portar un avanzo di dolce a un vecchione del villaggio , che aveva un vorace stomaco e una piccola voce , con la quale prometteva ogni giorno alla sua benefattrice la stessa preziosa ricompensa : « Prima de morì ghe faroo on basin » . Intanto il professore , pieno di scrupoli e di rimorsi per le sue mosse poco fortunate , non sapendo se partire o rimanere , se la signora tornerebbe o no , se andarne in cerca fosse indiscrezione o no , dopo essersi affacciato al lago come per chieder consiglio ai pesci , dopo essersi affacciato al monte per veder se da qualche finestra della casa gli apparisse Luisa o qualcuno cui si potesse domandar di lei , andò finalmente a vedere il giuoco . Ciascuno dei giuocatori teneva gli occhi sulle proprie quattro carte raccolte nella sinistra , l ' una sopra l ' altra per modo che la seconda e la terza sormontavan tanto da potersi riconoscere ; e ciascuno , avendo preso delicatamente fra il pollice e l ' indice l ' angolo superiore delle due ultime , faceva uscire con un combinato moto del polso e delle dita la quarta ignota di sotto la terza , adagio adagio , come se portasse la vita o la morte , ripetendo con gran devozione appropriate giaculatorie : Don Giuseppe cui occorrevano picche « scappa ross e büta négher » , gli altri due che volevano quadri e cuori « scappa négher e büta ross » . Il professore pensò ch ' egli pure aveva in mano una carta coperta , un asso di denari , e che non sapeva ancora se l ' avrebbe giuocata o no . Aveva il testamento del vecchio Maironi . Pochi giorni dopo la morte della signora Teresa , Franco gli aveva detto di distruggerlo e di non fiatarne mai con sua moglie . Egli non aveva obbedito che quanto al silenzio . Il documento , all ' insaputa di Franco , esisteva ancora perché il suo possessore s ' era fitto in capo di aspettar gli eventi , di vedere se Cressogno e Oria facessero la pace , se , perdurando le ostilità , Franco e la sua famigliuola capitassero nel bisogno ; nel quale ultimo caso avrebbe fatto qualche cosa lui . Che cosa avrebbe fatto non sapeva bene , si coltivava in testa i germi di parecchie corbellerie e aspettava che l ' una o l ' altra maturasse a tempo e luogo . Ora , guardando Franco giuocare , ammirava come quell ' uomo tanto assorto nella cupidità di un re di quadri , avesse respinta l ' altra carta preziosa , che neppure avesse voluto farne saper niente a sua moglie . Egli attribuiva questo silenzio a modestia , al desiderio di nascondere un azione generosa ; e quantunque avesse preso da Franco più d ' un brusco rabbuffo e sentisse di non esserne tenuto in gran conto , lo guardava con un rispetto pieno d ' umile devozione . Franco fu il primo a scoprir la quarta carta e le buttò via dispettosamente tutte mentre don Giuseppe esclamava : « Ovèj ! L ' è négher ! » , e si fermava a pigliar fiato prima di andar avanti a scoprire « se l ' era güzz o minga güzz » , cioè s ' erano picche o fiori . Ma l ' ingegnere , alzato dalle carte il viso placido e sorridente , si mise a batter col dito , sotto il piano del tavolino , dei colpettini misteriosi che volevan dire : c ' è la carta buona ; e allora don Giuseppe , visto che il suo « négher » non era « güzz » , cacciò un « malarbetto ! » e buttò via le carte anche lui . « Che reson de ciapà rabbia ! » , fece l ' ingegnere . « Anca vü sii négher e sii minga güzz . » Il prete , avido della rivincita , si contentò d ' invocarla sdegnosamente : « Scià i cart , scià i cart , scià i cart ! » . E la partita , simbolo dell ' eterna lotta universale fra i neri e i rossi , ricominciò . Il lago dormiva oramai coperto e cinto d ' ombra . Solo a levante le grandi montagne lontane del Lario avevano una gloria d ' oro fulvo e di viola . Le prime tramontane vespertine movevano le frondi della passiflora , corrugavano verso l ' alto , a chiazze , le acque grigie , portando un odor fresco di boschi . Il professore era partito da un pezzo quando Luisa ritornò . Ell ' aveva incontrato sulla scalinata del Pomodoro una ragazza piangente che strillava , « el mè pà el voeur mazzà la mia mamm ! » . Aveva seguita la ragazza in casa sua presso la Madonna del Romìt e ammansato l ' uomo che cercava sua moglie con un coltello in mano , per causa non tanto d ' una cattiva minestra quanto d ' una cattiva risposta . Luisa rappresentò a suo marito e a don Giuseppe l ' ultimo atto del dramma , il suo dialogo con la moglie ch ' era corsa a nascondersi nella stalla . « Oh Regina , dovè sii ? » « Sont chì . » « Dovè , chì ? » «Chì.» La voce tremante veniva di sotto la vacca . La donna era proprio lì , accoccolata . « Vegnì foeura , donca ! » « Sciora no . » « Perché ? » « Goo pagüra . » « Vegnì foeura ch ' el voss marì el vaeur fav on basin . » « Mi no . » Allora Luisa aveva chiamato dentro l ' uomo . « E vü andee a fagh on basin sott a la vacca . » E l ' uomo aveva dato il bacio mentre la donna , temendo un morso , gemeva : « Càgnem poeu minga , neh ! » . « Che diàvol d ' ona sciora Luisa » , fece don Giuseppe . E soddisfatto della scorpacciata di primiera , palpandosi dolcemente sui fianchi e sul ventre le modeste rotondità , il piccolo personaggio del mondo antico pensò al secondo scopo della sua visita . Voleva dire una parolina alla signora Luisa . L ' ingegnere era uscito a far i suoi soliti quattro passi fino alla piccola salita del Tavorell ch ' egli chiamava scherzosamente il San Bernardo ; e Franco , data un ' occhiata alla luna che sfavillava allora fuor dal ciglio nero del Bisgnago e giù nell ' ondular dell ' acqua , si pose a improvvisar sul piano effusioni di dolore ideale , che andavan via per le finestre aperte sulla sonorità profonda del lago . La improvvisazione musicale gli riusciva meglio delle elaborate poesie perché il suo impetuoso sentire trovava nella musica una espressione più facile e piena , e gli scrupoli , le incertezze , le sfiducie che gli rendevano faticosissimo e lento il lavoro della parola , non tormentavano , al piano , la sua fantasia . Allora si abbandonava all ' estro anima e corpo , vibrava tutto fino ai capelli , i chiari occhi parlanti ridicevan ogni sfumatura dell ' espressione musicale , gli si vedeva sotto le guance un movimento continuo di parole inarticolate , e le mani , benché non tanto agili , non tanto sciolte , facean cantare il piano inesprimibilmente . Adesso egli passava da un tono all ' altro , mettendo il più intenso sforzo intellettuale in questi passaggi , ansando , sviscerando , per così dire , lo strumento con le dieci dita e quasi anche cogli occhi ardenti . S ' era messo a suonare sotto l ' impressione del chiaro di luna , ma poi , suonando , tristi nuvole gli eran uscite dal fondo del cuore . Conscio di avere sognata , da giovinetto , la gloria e di averne quindi umilmente deposta la speranza , diceva , quasi , a se stesso con la sua mesta appassionata musica che pure anche in lui v ' era qualche lume d ' ingegno , qualche calore di creazione veduto solamente da Dio , perché neppur Luisa mostrava far dell ' intelligenza sua quella stima che a lui stesso mancava ma che avrebbe desiderata in lei ; neppur Luisa , il cuor del suo cuore ! Luisa lodava misuratamente la sua musica e i suoi versi ma non gli aveva detto mai : segui questa via , osa , scrivi , pubblica . Pensava così e suonava nella sala oscura , mettendo in una tenera melodia il lamento del suo amore , il timido segreto lamento che mai non avrebbe osato mettere in parole . Sulla terrazza , nel mobile chiaroscuro che facevano insieme i fiati di tramontana e la passiflora , la luna e il suo riverbero dal lago , don Giuseppe raccontò a Luisa che il signor Giacomo Puttini era in collera con lui per colpa della signora Pasotti la quale gli aveva falsamente riferito ch ' esso don Giuseppe andava predicando la convenienza di un matrimonio fra il signor Giacomo e la Marianna . « Voeui morì lì » , protestò il povero prete , « se ho detto una parola sola ! Niente ! Tücc ball ! » Luisa non voleva creder colpevole la povera Barborin , e don Giuseppe le dichiarò che sapeva la cosa dallo stesso signor Controllore . Ella capì subito , allora , che Pasotti s ' era voluto perfidamente burlare di sua moglie , del sior Zacomo e del prete , si schermì dall ' intervenire nella faccenda , come quest ' ultimo avrebbe voluto e gli consigliò di parlare alla Pasotti . « L ' è inscì sorda ! » , fece don Giuseppe grattandosi la nuca , e se n ' andò malcontento , senza salutar Franco , per non interromperlo . Luisa venne al piano in punta di piedi , stette ad ascoltar suo marito , a sentir la bellezza , la ricchezza , il fuoco di quell ' anima ch ' era sua e cui ell ' apparteneva per sempre . Non aveva mai detto a Franco « segui questa via , scrivi , pubblica » , forse anche perché giustamente pensava , nel suo affetto equilibrato , che non potesse produrre opere superiori alla mediocrità , ma soprattutto perché , sebbene avesse un fine sentimento della poesia e della musica , non faceva grande stima , in fondo , né dell ' una né dell ' altra , non le piaceva che un uomo vi si dedicasse intero , ambiva per suo marito un ' azione intellettuale e materiale più virile . Ammirava tuttavia Franco nella sua musica più che se fosse stato un grande maestro ; trovava in questa espressione quasi segreta dell ' animo suo un che di verginale , di sincero , la luce di uno spirito amante , il più degno d ' essere amato . Egli non s ' accorse di lei se non quando si sentì sfiorar le spalle da due braccia , si vide pender sul petto le due piccole mani . « No , no , suona suona » , mormorò Luisa perché Franco gliele aveva afferrate ; ma cercando lui col viso supino , senza rispondere , gli occhi e le labbra di lei , gli diede un bacio e rialzò il viso ripetendo : « Suona ! » . Egli trasse giù più forte di prima i due polsi prigionieri , richiamò in silenzio la dolce , dolce bocca ; e allora ella si arrese , gli fermò le labbra sulle labbra con un bacio lungo , pieno di consenso , tanto più squisito e ricreante del primo . Poi gli sussurrò ancora : « Suona » . Ed egli suonò , felice , una tumultuosa musica trionfale , piena di gioia e di grida . Perché in quel momento gli pareva di posseder tutta intera l ' anima della donna sua mentre tante volte , pure sapendosi amato , credeva sentire in lei , al di sopra dell ' amore , una ragione altera , pacata e fredda , dove i suoi slanci non arrivassero . Luisa gli teneva spesso le mani sul capo e andava di tratto in tratto baciandogli lievemente i capelli . Ella conosceva il dubbio di suo marito e protestava sempre di appartenergli tutta intera ma in fondo sentiva che aveva ragione lui . Un tenace fiero sentimento d ' indipendenza intellettuale resisteva in lei all ' amore . Ella poteva tranquillamente giudicar suo marito , riconoscerne le imperfezioni e sentiva ch ' egli non poteva altrettanto , lo sentiva umile nel suo amore , devoto senza fine . Non credeva fargli torto , non provava rimorso , ma s ' inteneriva , quando ci pensava , di amorosa pietà . Indovinò adesso che significasse quella effusione musicale di gioia e , commossa , abbracciò Franco , fece tacere il piano d ' un colpo . Ecco sulle scale il passo lento e pesante dello zio che ritorna dal suo San Bernardo . Erano le otto e i soliti tarocchisti , il signor Giacomo e Pasotti , non comparivano . Perché anche Pasotti , in settembre e in ottobre , era un frequentatore di casa Ribera , dove faceva l ' innamorato dell ' ingegnere , di Luisa e anche di Franco . Franco e Luisa sospettavano di un doppio giuoco ma Pasotti era un vecchio amico dello zio e bisognava fargli una buona accoglienza per riguardo allo zio . Poiché i tarocchisti tardavano , Franco propose a sua moglie di uscir in barca a goder la luna . Prima andarono a veder Maria , che dormiva nel lettino dell ' alcova col viso inclinato alla spalla destra , con un braccio sotto il capo e un altro posato sul petto . La guardarono , la baciarono sorridendo , si incontrarono silenziosamente nel pensiero della nonna Teresa che tanto l ' avrebbe amata , la baciarono ancora col viso serio . « Povera la mia piccina ! » , disse Franco . « Povera donna Maria Maironi senza quattrini ! » Luisa gli pose una mano sulla bocca . « Zitto ! » , diss ' ella . « Felici noi che siamo le Maironi senza quattrini ! » Franco intese , e sull ' atto non replicò ; ma poi , nell ' uscir di camera per andare in barca , disse a sua moglie , dimenticando una minaccia della nonna : « Non sarà sempre così » . Quell ' allusione alle ricchezze della vecchia marchesa dispiacque a Luisa . « Non parlarmene » , diss ' ella . « Quella roba non vorrei toccarla con un dito . » « Dico per Maria » , osservò Franco . « Maria ci ha noi che possiamo lavorare . » Franco tacque . Lavorare ! Anche quella lì era una parola che gli mordeva il cuore . Sapeva di condurre una vita oziosa perché la musica , la lettura , i fiori , qualche verso di tempo in tempo , cos ' erano se non vanità e perditempi ? E questa vita la conduceva in gran parte a carico d ' altri , perché , con le sue mille lire austriache l ' anno , come avrebbe vissuto ? Come avrebbe mantenuto la sua famiglia ? Aveva preso la laurea ma senza cavarne profitto alcuno . Diffidava delle proprie attitudini , si sentiva troppo artista , troppo alieno dalle arti curialesche , sapeva di non aver nelle vene sangue di forti lavoratori . Non vedeva salute che in una rivoluzione , in una guerra , nella libertà della patria . Ah quando l ' Italia fosse libera , come la servirebbe , con che forza , con che gioia ! Queste poesie nel cuore le aveva bene , ma il proposito e la costanza di prepararsi con gli studi a un tale avvenire , no . Mentr ' egli remava in silenzio scostandosi dalla riva , Luisa andava pensando come mai suo marito commiserasse la bambina perché non aveva denari . Non vi era contraddizione tra la fede , la pietà cristiana di Franco e questo sentimento ? Le vennero in mente le categorie del professor Gilardoni . Franco credeva fervidamente nella vita futura ma in fatto si attaccava con passione a tutto che la vita terrena ha di bello , di buono e di onestamente piacevole , compreso il tarocco , la primiera e i buoni pranzetti . Uno che osservava così scrupolosamente i precetti della Chiesa , che ci teneva tanto a mangiar di magro il venerdì e il sabato , a udire ogni domenica la spiegazione del Vangelo , avrebbe dovuto conformar la propria vita molto più severamente all ' ideale evangelico . Avrebbe dovuto temerlo e non desiderarlo , il denaro . « Buona lagata ! » , gridò lo zio dalla terrazza vedendo il battello e Luisa seduta sulla prora , nel chiaro di luna . In faccia al nero Bisgnago tutta la Valsolda si spiegava dal Niscioree alla Caravina nella pompa della luna , tutte le finestre di Oria e di Albogasio come le arcate di Villa Pasotti , come le casette bianche dei paeselli più lontani , Castello , Casarico , S . Mamette , Drano , parevano guardare , come ipnotizzate , il grande occhio fisso della Morta del cielo . Franco tirò i remi in barca . « Canta » , diss ' egli . Luisa non aveva mai studiato il canto ma possedeva una dolce voce di mezzo soprano , un orecchio perfetto e cantava molte arie d ' opera imparate da sua madre che aveva udito la Grisi , la Pasta , la Malibran durante l ' età d ' oro dell ' opera italiana . Cantò l ' aria di Anna Bolena : Al dolce guidami Castel natìo il canto dell ' anima , che prima scende e si abbandona poco a poco , per più dolcezza , all ' amore , e poi , abbracciata con esso , risale in uno slancio di desiderio verso qualche alto lume lontano che tuttavia manca alla sua felicità piena . Ella cantava e Franco , rapito , fantasticava che aspirasse ad essergli unita pure in quella parte superiore dell ' anima che finora gli aveva sottratta , che aspirasse a venir guidata da lui , in questa perfetta unione verso la meta dell ' ideale suo . E gli venivano le lagrime alla gola ; e il lago ondulante e le grandi montagne tragiche e quegli occhi delle cose fisi nella luna e la stessa luce lunare , tutto gli si riempiva del suo indefinibile sentimento , per cui quando di là dalla spezzata immagine dell ' astro luccicori argentei sfavillarono un momento fin sotto il Bisgnago , fin dentro il golfo ombroso del Dòi , se ne commosse come di arcani segni alludenti a lui che si facessero il lago e la luna , mentre Luisa compieva la frase : Ai verdi platani Al cheto rio Che i nostri mormora Sospiri ancor . La voce di Pasotti gridò dalla terrazza : « Brava ! » E la voce dello zio : « Tarocco ! » Nello stesso tempo si udirono i remi d ' una barca che veniva da Porlezza , si udì un fagotto scimmiottar l ' aria di Anna Bolena . Franco , che s ' era seduto sulla poppa del suo battello , salto in piedi , gridò lietamente : « Ehi là ! » . Gli rispose un bel vocione di basso : Buona sera , Miei signori , Buona sera , Buona sera . Erano i suoi amici del lago di Como , l ' avvocato V . di Varenna e un tal Pedraglio di Loveno , che solevano venire per far della musica in palese e della politica in segreto ; un segreto di cui Luisa sola era a parte . Anche dalla terrazza si gridava : « Bene , don Basilio ! » . « Bravo il fagotto ! » . E negli intervalli si udiva pure la voce di un signore che si schermiva dal tarocco . « No , no , Controllore gentilissimo , xe tardi , no ghe stemo più , no ghe stemo propramente più ! Oh Dio , oh Dio , La me dispensi , no posso , no posso ; ingegnere pregiatissimo , me raccomando a Ela . » Lo fecero poi giuocare , l ' ometto , con la promessa di non passar le due partite . Egli soffiò molto e sedette al tavolino con l ' ingegnere , Pasotti e Pedraglio . Franco sedette al piano e l ' avvocato gli si mise accanto col fagotto . Fra Pasotti e Pedraglio , due terribili motteggiatori , il povero signor Giacomo ebbe una mezz ' ora amara , piena di tribolazioni . Non gli lasciavano un momento di pace . « Come va , sior Zacomo ? » « Mal , mal . » « Sior Zacomo , non ci sono frati che passeggiano in pantofole ? » « Gnanca uno . » « E il toro ? Come sta il toro , sior Zacomo ? » « La tasa , La tasa . » « Maledetto , eh , quel toro , sior Zacomo ? » « Maledetissimo , sì signor . » « E la servente , sior Zacomo ? » « Zitto ! » , esclamò Pasotti a questa impertinente domanda di Pedraglio . « Abbiate prudenza . A questo riguardo il signor Zacomo ha dei dispiaceri da parte di certi indiscreti . » « Lassemo star , Controllore gentilissimo , lassemo star » , interruppe il signor Giacomo contorcendosi tutto , e l ' ingegnere lo esortò a mandar i due seccatori al diavolo . « Come , sior Zacomo » , riprese Pasotti , imperterrito : « non è un indiscreto quel piccolo sacerdote ? » . « Mi ghe digo aseno » , fremette il signor Giacomo . Allora Pasotti , tutto ridente e trionfante perché si trattava proprio d ' una burla sua , fece tacere Pedraglio che scoppiava dalla curiosità di saper la storia e rimise in corso il tarocco . Franco e l ' avvocato studiavano un pezzo nuovo per piano e fagotto , pasticciavano , si rifacevan ogni momento da capo ; ed ecco entrare in punta di piedi per non guastar le loro melodie , la signora Peppina Bianconi . Nessuno s ' accorse di lei tranne Luisa che se la fece sedere accanto , sul piccolo canapè vicino al piano . A Franco la signora Peppina , con la sua bontà cordiale , chiacchierona e sciocca , urtava i nervi ; a Luisa no . Luisa le voleva bene ma stava in guardia per il Carlascia . La Peppina aveva udito dal suo giardino quella canzonetta « inscì bella , neh » , e poi il fagotto , i saluti ; s ' era immaginata che avrebbero fatto musica e lei era « inscì matta , neh » , per la musica ! E poi c ' è quel signor avvocato « ch ' el boffa denter in quel rob inscì polito ! » . E poi c ' è il signor don Franco « parlèmen nanca , con quèi diavoi de did ! » Udir suonare il piano con quella precisione era proprio come udire un organetto ; e a lei gli organetti piacevano « inscì tant ! » . Soggiunse che temeva recar disturbo ma che suo marito l ' aveva incoraggiata . E domandò se quell ' altro signore di Loveno non suonava anche lui , se si fermavano un pezzo ; osservò che dovevano avere ambedue una gran passione per la musica . « Aspetta me , birbone d ' un Ricevitore » , pensò Luisa e rimpinzò sua moglie delle più comiche frottole sulla melomania di Pedraglio e dell ' avvocato , infilzandone tante più quanto più s ' irritava contro la gente odiosa da cui era forza salvarsi a furia di menzogne . La signora Peppina le inghiottì scrupolosamente tutte fino all ' ultima , accompagnandovi affettuose note di lieta meraviglia : « Oh bell , oh bell ! » . « Figürèmes ! » . « Ma guardee ! » . Poi , invece di ascoltare la diabolica disputa del piano col fagotto , parlò del Commissario di Porlezza e disse ch ' egli aveva l ' intenzione di venir a vedere i fiori di don Franco . « Venga pure » , fece Luisa , fredda . Allora la signora Peppina , approfittando di un uragano che Franco e l ' amico suo facevano insieme , arrischiò un discorsetto intimo che guai se il suo Carlascia l ' avesse udito ; ma fortunatamente il buon bestione dormiva nel proprio letto col berretto da notte tirato sugli orecchi . « Mi goo inscì mai piasè de sti car fior ! » , diss ' ella . Secondo lei , i Maironi avrebbero fatto bene ad accarezzare un poco il signor Commissario . Era intimo della marchesa e guai se gli veniva il ticchio di farli tribolare ! Era un uomo terribile , il Commissario . « El mè Carlo el baia un poo ma l ' è on bon omasc ; quell ' alter là , el baia minga , mah , neh !...» Per esempio , ella non sapeva niente , non aveva udito niente , ma se quel signor avvocato e quell ' altro signore fossero venuti per qualche altra cosa invece che per la musica e il Commissario venisse a saperlo , misericordia ! La luna trascinava i suoi splendori per il lago verso le acque di ponente ; il giuoco finì e il signor Giacomo si dispose a far accendere il suo lanternino , malgrado le esclamazioni di Pasotti . « Il lume , sior Zacomo ? È matto ? Il lume con questa luna ? » . « Per servirla » , rispose il signor Giacomo . « Prima ghe xe quel maledeto Pomodoro da passar , e po , cossa voria , adesso , la luna ! La diga che la xe la luna d ' agosto , anca ; perché siben che semo de setembre , la luna la xe d ' agosto . Ben ! una volta , sì signor , le lune d ' agosto le gera lunazze , tanto fate , come fondi de tina ; adesso le xe lunete , buzarete ... no , no , no . » E , acceso il suo lanternino , partì con Pasotti , accompagnato fino al cancello del giardinetto dall ' impertinente Pedraglio con le solite antifone sul toro e la servente , si avviò verso gli antri di Oria , col conforto delle giaculatorie di Pasotti : « gente maleducata , sior Zacomo , gente villana ! » , giaculatorie dette abbastanza forte perché gli altri potessero udire e ridere . Un sonoro sbadiglio dell ' ingegnere mise in fuga la signora Peppina . Pochi momenti dopo , preso il suo solito bicchier di latte , egli tolse commiato poeticamente : Crescono sul Parnaso e mirti e allori Felicissima notte a lor signori . Anche i due ospiti chiesero un po ' di latte : e Franco che intese il loro latino andò a pigliare una vecchia bottiglia del piccolo eccellente vigneto di Mainè . Quando ritornò , lo zio non c ' era più . Il bruno , barbuto avvocato , una quadratura di forza e di calma , alzò le due mani , chiamò silenziosamente a sé Franco da una parte , Luisa dall ' altra e disse piano , con la sua voce di violoncello , calda e profonda : « Notizie grosse » . « Ah ! » , fece Franco , spalancando gli occhi ardenti . Luisa diventò pallida e giunse le mani senza dir parola . « Sicuro » , fece Pedraglio , tranquillo e serio . « Ci siamo . » « Dite su , dite su , dite su ! » , fremette Franco . Fu l ' avvocato che rispose : « Abbiamo l ' alleanza del Piemonte con la Francia e l ' Inghilterra . Oggi la guerra alla Russia , domani la guerra all ' Austria . Volete altro ? » Franco abbracciò di slancio , con un singulto , i suoi amici I tre stettero abbracciati in silenzio , palpitando , stringendosi forte , nella ebbrezza della magica parola : guerra . Franco non si accorgeva di avere ancora la bottiglia in mano . Gliela tolse Luisa ; egli allora si staccò impetuoso dagli altri due e cacciatosi fra loro a braccia aperte , li trascinò via per la vita come una valanga , li portò in loggia ripetendo : « Contate , contate , contate » . Colà , chiuso per prudenza l ' uscio a vetri che mette sulla terrazza , l ' avvocato e Pedraglio misero fuori il loro prezioso segreto . Una signora inglese villeggiante a Bellagio , fervente amica dell ' Italia , aveva ricevuto da un ' altra signora , cugina di sir James Hudson , ministro d ' Inghilterra a Torino , una lettera di cui l ' avvocato possedeva la traduzione . La lettera diceva ch ' erano in corso a Torino , a Parigi e a Londra segretissime pratiche per avere la cooperazione armata del Piemonte in Oriente , che la cosa era in massima decisa fra i tre Gabinetti , che restavano solamente a risolvere alcuna difficoltà di forma perché il conte di Cavour esigeva i maggiori riguardi alla dignità del suo paese ; che a Torino si era certi di ricevere al più tardi in dicembre l ' invito ufficiale delle Potenze occidentali per accedere puramente e semplicemente al trattato del 10 aprile 1854 . Si affermava persino che il corpo di spedizione sarebbe comandato da S . A . R . il duca di Genova . V . leggeva , e Franco teneva stretta la mano di sua moglie . Poi volle leggere egli stesso e dopo lui lesse Luisa . « Ma ! » , diss ' ella . « La guerra all ' Austria ? Come ? » « Ma sicuro ! » , fece l ' avvocato . « Vuole che Cavour mandi il duca di Genova e quindici o ventimila uomini a battersi per i turchi se non ha in pugno la guerra all ' Austria ? La signora crede che non passerà un anno . » Franco scosse i pugni in aria con un fremito di tutta la persona . « Viva Cavour » , sussurrò Luisa . « Ah ! » , fece l ' avvocato . « Demostene non avrebbe potuto lodar il conte con efficacia maggiore . » Gli occhi di Franco s ' empirono di lagrime . « Sono uno stupido » , diss ' egli . « Cosa volete che vi dica ? » Pedraglio domandò a Luisa dove diavolo avesse cacciata la bottiglia . Luisa sorrise , uscì e ritornò subito col vino e i bicchieri . « Al conte di Cavour ! » , disse Pedraglio , sottovoce . Tutti alzarono il bicchiere ripetendo : « al conte di Cavour ! » e bevvero ; anche Luisa che non beveva mai . Pedraglio si versò dell ' altro vino e sorse in piedi . « Alla guerra ! » , diss ' egli . Gli altri tre si alzarono di slancio impugnando il bicchiere silenziosamente , troppo commossi per poter parlare . « Bisogna andarci tutti ! » , disse Pedraglio . « Tutti ! » , ripeté Franco . Luisa lo baciò con impeto , sulla spalla . Suo marito le afferrò il capo a due mani , le stampò un bacio sui capelli . Una delle finestre verso il lago era spalancata . Si udì , nel silenzio che seguì quel bacio , un batter misurato di remi . « Finanza » , sussurrò Franco . Mentre la lancia delle guardie di finanza passava sotto la finestra , Pedraglio fece « maledetti porci ! » così forte che gli altri zittirono . La lancia passò . Franco mise il capo alla finestra . Faceva fresco , la luna scendeva verso i monti di Carona , rigando il lago di una lunga striscia dorata . Che strano senso faceva contemplar quella romita quiete con l ' idea d ' una gran guerra vicina ! Le montagne , scure e tristi , parevano pensare al formidabile avvenire . Franco chiuse la finestra e la conversazione ricominciò sommessa , intorno al tavolino . Ciascuno faceva le proprie supposizioni sugli avvenimenti futuri , e tutti ne parlavano come di un dramma il cui manoscritto fosse già pronto fino all ' ultimo verso , con i punti e le virgole , nella scrivania del conte di Cavour . V . , bonapartista , vedeva chiaro che Napoleone intendeva vendicar lo zio demolendo uno ad uno i membri della Santa Alleanza : oggi la Russia , domani l ' Austria . Invece Franco , diffidentissimo dell ' imperatore , attribuiva l ' alleanza sarda al buon volere dell ' Inghilterra , ma riconosceva che , appena proclamata quest ' alleanza , l ' Austria , sacrificando i suoi interessi ai principii e agli odii si sarebbe schierata con la Russia , per cui Napoleone sarebbe stato costretto di combatterla . « Sentite » , disse sua moglie , « io invece ho paura che l ' Austria si metta dalla stessa parte del Piemonte . » « Impossibile » , fece l ' avvocato . Franco si sgomentò , ammirando la finezza dell ' osservazione , ma Pedraglio esclamò : « Off ! Sti zurucch chì hin trop asen per fà ona balossada compagna ! » e l ' argomento parve decisivo , nessuno ci pensò più , salvo Luisa . Si misero a discorrere di piani di campagna , di piani d ' insurrezione ; ma qui non andavano d ' accordo . V . conosceva gli uomini e le montagne del lago di Como come forse nessun altro , da Colico a Como e a Lecco . E dappertutto , lungo il lago , nella Val Menaggio , nella Vall ' Intelvi , nella Valsassina , nelle Tre Pievi aveva gente devota , pronta magari a menar le mani a un cenno del « scior avocàt » . Egli e Franco credevano utile qualunque movimento insurrezionale che valesse a distrarre anche una menoma parte delle forze austriache . Invece Luisa e Pedraglio erano del parere che tutti gli uomini validi dovessero ingrossare i battaglioni piemontesi . « Faremo la rivoluzione noi donne » , disse Luisa con la sua serietà canzonatoria . « Io , per parte mia , butterò nel lago il Carlascia . » Discorrevano sempre sottovoce , con una elettricità in corpo che dava luce per gli occhi e scosse per i nervi , assaporando il parlar sommesso con le porte e le finestre chiuse , il pericolo di avere quella lettera , la vita ardente che si sentivano nel sangue , le parole alcooliche a cui tornavano ogni momento . Piemonte , guerra , Cavour , duca di Genova , Vittorio Emanuele , cannoni , bersaglieri . « Sapete che ore sono ? » , disse Pedraglio guardando l ' orologio « Le dodici e mezzo ! Andiamo a letto . » Luisa uscì a prendere delle candele e le accese , stando in piedi ; nessuno si mosse e sedette anche lei . Allo stesso Pedraglio , quando vide le candele accese , passò la voglia di andar a letto . « Un bel Regno ! » , diss ' egli . « Piemonte » , disse Franco , « Lombardo - Veneto , Parma e Modena . » « E Legazioni » , fece V . Altra discussione . Tutti le avrebbero volute le Legazioni , specialmente l ' avvocato e Luisa ; ma Franco e Pedraglio avevano paura di toccarle , temevano di suscitare difficoltà . Si riscaldarono tanto che l ' allegro Pedraglio invitò i suoi compagni a gridare sottovoce : « Vosèe adasi , fioeu ! » . Allora fu V . che propose di andare a letto . Prese in mano la candela ma senza alzarsi . « Corpo di Bacco ! » , diss ' egli , non sapeva bene se in forma di conclusione o di esordio . In fatto aveva una gran voglia di parlare , di sentir parlare , e non sapeva cosa trovar di nuovo . « Proprio corpo di Bacco ! » , esclamò Franco ch ' era nelle stesse condizioni . Seguì un silenzio alquanto lungo . Finalmente Pedraglio disse : « Dunque ? » , e si alzò . « Andiamo ? » , fece Luisa avviandosi per la prima . « E il nome ? » , chiese l ' avvocato . Tutti si fermarono . « Che nome ? » « Il nome del nuovo Regno . » Franco posò subito la candela . « Bravo » , diss ' egli , « il nome ! » , come se fosse una cosa da decidere prima di andare a letto . Nuova discussione . Piemonte ? Cisalpino ? Alta Italia ? Italia ? Luisa posò presto la candela anche lei , e Pedraglio , perché gli altri non volevano passargli il suo Italia , la posò pure . Però siccome il dibattito andava troppo per le lunghe , riprese la candela e corse via ripetendo : « Italia , Italia , Italia , Italia ! » senz ' ascoltar i « zitto » e i richiami degli altri che lo seguivano in punta di piedi . Si fermarono ancora tutti a piè della scala che Pedraglio e l ' avvocato dovevano salire per andare a letto , e si diedero la felice notte . Luisa entrò nella vicina camera dell ' alcova ; Franco restò a veder salire i suoi amici . « Ehi ! » , diss ' egli a un tratto . Voleva parlar loro dal basso ma poi pensò invece di raggiungerli . « E se si perde ? » , sussurrò . L ' avvocato si contentò d ' uno sdegnoso « off ! » ma Pedraglio voltandosi come una iena afferrò Franco per il collo . Si dibatterono ridendo sul pianerottolo della scala e poi « addio ! » , Pedraglio corse su e Franco precipitò abbasso . Sua moglie lo aspettava ferma in mezzo alla camera , guardando l ' uscio . Appena lo vide entrare gli andò , grave , incontro , lo abbracciò stretto stretto , e quando egli , passati alcuni momenti , fece dolcemente atto di sciogliersi , raddoppiò la stretta , sempre in silenzio . Franco , allora , intese . Ella lo abbracciava adesso come lo aveva impetuosamente baciato prima , quando si era parlato di andar tutti alla guerra . Strinse egli pure le tempie di lei fra le mani , le baciò , le ribaciò i capelli e disse dolcemente : « Cara , pensa che gran cosa , dopo , questa Italia ! » . « Oh sì ! » , diss ' ella . Alzò il viso al viso di suo marito , gli offerse le labbra . Non piangeva ma gli occhi erano un poco umidi . Vedersi guardar così , sentirsi baciar così da quella creatura briosa e fiera valeva bene alcuni anni di vita , perché mai mai ella non era stata con lui , nella tenerezza , così umile . « Allora » , diss ' ella , « non resteremo più in Valsolda . Tu dovrai lavorare come cittadino , non è vero ? » « Sì , sì , certo ! » Si misero a discorrere con gran zelo , l ' una e l ' altro , di quel che avrebbero fatto dopo la guerra , come per allontanar la idea di una possibilità terribile . Luisa si sciolse i capelli e andò a guardar Maria nel suo lettino . La bimba si era prima , forse , svegliata e s ' era posto in bocca un ditino che poi pian piano , tornando il sonno , n ' era scivolato fuori . Ora dormiva con la bocca aperta e il ditino sul mento . « Vieni , Franco » , disse sua madre . Si piegarono ambedue sul lettino . Il visetto di Maria aveva una soavità di paradiso . Marito e moglie stettero a guardarla in silenzio e si rialzarono poi commossi , non ripresero il discorso interrotto . Ma quando furono a letto ed ebbero spento il lume , Luisa mormorò sulla bocca di suo marito : « Se viene quel giorno , tu vai ; ma vado anch ' io » . E non gli permise di rispondere . 3 . Con i guanti Pasotti , per far la burla più completa , rimproverò sua moglie di avere riferito al signor Giacomo il discorso di don Giuseppe circa la convenienza di quel tale matrimonio . La povera sorda cadde dalle nuvole , non sapeva né di discorsi né di matrimoni , protestò ch ' era una calunnia , scongiurò suo marito di non crederci , si disperò , quasi , perché il Controllore mostrava conservar un sospetto . Il maligno uomo si preparava un divertimento squisito ; dire al signor Giacomo e a don Giuseppe che sua moglie desiderava rimediare al mal fatto e metter pace , farli trovare tutti e tre insieme a casa sua , star ad ascoltare dietro un uscio la deliziosa scena che seguirebbe fra il signor Giacomo irritato , don Giuseppe atterrito , la Barborin addolorata e sorda . Ma il disegno gli fallì perché sua moglie non poté stare alle mosse e corse al « Palazz » a giustificarsi . Ella trovò don Giuseppe e la Maria in uno stato di agitazione straordinaria . Era capitato loro qualche cosa di grosso che la Maria avrebbe voluto dire e don Giuseppe no . Cedette il padrone a patto che la Maria non gridasse , che si facesse intendere a segni . Trovando contrasto anche su questa condizione , diventò addirittura , nella sua prudenza , furibondo e la serva non insistette . Siccome era corsa voce d ' un caso di colèra a Lugano nella persona d ' un tale venuto da Milano , dove il male c ' era , don Giuseppe aveva subito disposto che le provviste per cucina si facessero a Porlezza invece che a Lugano ; e ne aveva incaricato il Giacomo Panighèt , il postino che portava le lettere in Valsolda non tre volte il giorno , come ora si portano , ma due volte la settimana , com ' era la beata consuetudine del piccolo mondo antico . Ora , cinque minuti prima che venisse la signora Pasotti , il Giacomo Panighèt aveva portato il solito canestro e nel canestro s ' era trovata , sotto i cavoli , una letterina diretta a don Giuseppe . Diceva così : Lei che giuoca a primiera con don Franco Maironi , lo avverta che l ' aria di Lugano è molto migliore di quella di Oria . Tivano La Maria mostrò silenziosamente alla Pasotti il canestro ancora pieno , le rappresentò con una mimica efficace la scoperta della lettera , gliela diede a leggere . Appena la sorda ebbe letto incominciò una bizzarra , indescrivibile azione muta di tutti e tre . La Maria e don Giuseppe rappresentavano a furia di gesti e di occhiacci la loro sorpresa e il loro terrore ; la Pasotti , tra sgomenta e smarrita , li guardava a bocca aperta , col foglio in mano , come se avesse capito ; in fatto capiva solamente che la lettera doveva essere spaventosa . Ebbe un lampo , tese il foglio a don Giuseppe con la sinistra , puntando l ' indice della destra sulla parola Franco , incrocio quindi i polsi con una mimica interrogativa ; e poiché i due , riconosciuta la figura delle manette , si sbracciavano a far di sì col capo , diede in ismanie per l ' affezione grande che portava a Luisa e , senza curarsi più del suo proprio affare , spiegò per segni , come se anche gli altri due fossero stati sordi , che sarebbe corsa subito a Oria , da don Franco , e gli avrebbe recato lo scritto . Si cacciò la carta in tasca e prese la corsa senza quasi salutare né don Giuseppe né la Maria che si provarono inutilmente , mezzo spiritati , di afferrarla , di trattenerla , di raccomandarle ogni precauzione possibile . Ella sgusciò loro di mano e si mise a trottare , scuotendo il suo alto cappellone , trascinando per terra la sua vecchia sottana grigia , verso Oria , dove arrivò tutta scalmanata , con la testa piena di gendarmi , di perquisizioni , d ' arresti , di terrori e di pianti . Salì le scale del giardinetto Ribera , entrò difilata in sala , vide gente , riconobbe il Ricevitore e l ' I . R . Commissario di Porlezza , si sgomentò dubitando che fossero lì per il terribile colpo , ma vide pure la signora Bianconi , il signor Giacomo Puttini e respirò . Il Commissario , seduto al posto d ' onore , sul canapè grande , presso l ' ingegnere in capo , parlava molto , con grande facilità e brio , guardando di preferenza Franco come se Franco fosse il solo per il quale valesse la pena di spendere fiato e spirito . Franco stava in una poltrona , muto , ingrugnato quale chi sta in casa altrui e sente un puzzo che non può convenientemente fuggire né maledire . Si discorreva della campagna di Crimea e il Commissario magnificava il piano degli alleati di attaccare il colosso in un punto vitale per le sue ambizioni , parlava della barbarie russa e persino dell ' Autocrata in modo da far rabbrividire Franco per il timore di un ' alleanza anglo - franco - austriaca e da far strabiliare il Carlascia che aveva le idee del 1849 e vedeva nello Czar un grosso amicone di casa . « E Lei , signor primo deputato politico » , disse il Commissario volgendo il suo giallastro sorriso ironico al signor Giacomo , « cosa ne dice Lei ? » Il signor Giacomo batté gli occhietti e , palpatesi alquanto le ginocchia , rispose : « Mi , signor Commissario riveritissimo , de Russia né de Franza né de Inghilterra no me ne intendo e no me ne intrigo . Lasso che i se la despàta . Ma mi , ghe digo la verità , me fa pecà el poro can del Papuzza . Lü xe quieto come un polesin e questi ghe fà momò : lü no ciama agiuto e quei core in zinquanta a giutarlo , e intanto i ghe xe adosso tuti , e magna che te magna , el poro Papuzza , sia ch ' el vinza , sia ch ' el perda , el me resta in camisa » . Con questo nomignolo di Papuzza ( babbuccia ) , il signor Giacomo designava venetamente il Turco . Era la personificazione della Turchia in un turco ideale , con tanto di turbante , di barba , di pancia e di babbucce . Nella sua qualità di uomo pacifico e di semi - libero pensatore , il Puttini aveva un debole per il pigro , placido e bonario Papuzza . « Stia tranquillo » , disse ridendo il Commissario . « Il suo amico Papuzza se la caverà benone . Siamo amici di Papuzza anche noi e non lo lasceremo mutilare né svenare . » Franco non si tenne dal brontolare con tanto di cipiglio : « Sarebbe però una bella ingratitudine verso la Russia ! » Il Commissario tacque , e la signora Peppina propose , con un tatto insolito , di andare a vedere i fiori . « Meglio ! » , fece l ' ingegnere , assai contento che si troncasse quel dialogo . Nel passar della sala nel giardinetto , il Commissario prese familiarmente il braccio di Franco e gli disse all ' orecchio : « Ha ragione , sa , dell ' ingratitudine , ma certe cose noi impiegati non le possiamo dire » . Franco , a cui il tocco della Imperial Regia mano bruciava , fu sorpreso di questa uscita . Se colui avesse avuto una faccia più italiana , gli avrebbe creduto ; con quella faccia calmucca non gli credette e lasciò cader il discorso . Lo ripigliò l ' altro , sottovoce , affacciandosi alla ringhiera verso il lago e fingendo di guardar il ficus repens che veste la muraglia . « Si guardi anche Lei » , diss ' egli , « da certe parole . C ' è delle bestie che possono interpretar male . » E accennò leggermente col capo al Ricevitore . « Se ne guardi , se ne guardi ! » « Grazie » , rispose Franco , asciutto , « ma non credo che avrò bisogno di guardarmi . » « Non si sa , non si sa , non si sa » , sussurrò il Commissario , e toltosi di là , andò , seguito da Franco , dove il Ricevitore e l ' ingegnere discorrevano di tinche presso la scaletta che scende al secondo ripiano del giardinetto . Lì presso c ' era il famoso vaso rosso di gelsomini . « Questo rosso sta male , signor Maironi » , disse il bestione ex abrupto , e diede un colpo all ' aria con la mano come per dire « via ! » . In quel momento Luisa si affacciò al giardino dalla sala e chiamò suo marito . Il Commissario si voltò al suo zelante accolito e gli disse bruscamente : « Lasci stare ! » La Pasotti partiva e voleva salutare Franco . Questi desiderava farla uscire per il giardino ma ella , volendo evitare le cerimonie con quegli altri signori , preferì di scender per la scala interna e Franco l ' accompagnò fino alla porta di strada , ch ' era aperta . Con suo grande stupore , la Pasotti , invece di uscire , chiuse la porta e si mise a fargli una mimica concitata , affatto inintelligibile , accompagnandola di sospiri tronchi e di stralunamenti d ' occhi : dopo di che si levò di tasca una lettera e gliela porse . Franco lesse , si strinse nelle spalle e intascò la carta . Poi , siccome la Pasotti consigliava , con la sua mimica disperata , fuga fuga , Lugano Lugano , la rassicurò con un gesto sorridendo . Colei gli afferrò ancora una volta le mani , scosse ancora con un fremito di supplica , il cappellone inclinato a destra e i due lunghi riccioli neri . Poi spalancò gli occhi , porse le labbra in fuori quanto poté , si calcò l ' indice sul naso nel segno del silenzio . « Anca con Pasott ! » , diss ' ella ; e furono le sole sue parole durante tutta questa spiegazione ; dopo le quali scappò . Franco risalì le scale , pensando ai casi suoi . Poteva essere un falso allarme , poteva essere una cosa seria . Ma perché mai lo si sarebbe arrestato ? Cercò di ricordare se avesse in casa qualche cosa di compromettente e non trovò nulla . Pensò ad una perfidia della nonna ma cacciò subito quest ' idea , se ne rimproverò e rimise ogni decisione a più tardi , quando avrebbe parlato a sua moglie . Ritornò nel giardinetto dove il Commissario , appena lo vide , gli chiese di mostrargli certe dalie che la signora Peppina vantava . Udito che le dalie erano nell ' orto , propose a Franco di accompagnarvelo . Potevano andar soli ; tanto , gli altri erano profani . Franco accettò . Il contegno di quel piccolo birro inguantato già pareva molto strano ; avrebbe pur voluto capire se potesse in qualche modo accordarsi con l ' avvertimento misterioso . « Senta , signor Maironi » , disse risolutamente il Commissario quando Franco ebbe chiuso dietro a sé l ' uscio dell ' orto . « Le voglio dire una parola . » Franco , che stava scendendo i due scalini appoggiati alla soglia della porta , si fermò e aggrottò le sopracciglia . « Venga qua ! » , soggiunse l ' altro , imperioso . « Ciò che sto per fare è forse contro il mio dovere ma lo faccio egualmente . Sono troppo amico della signora marchesa Sua nonna per non farlo . Lei corre un gravissimo pericolo . » « Io ? » , disse Franco , freddamente . « Quale ? » Franco aveva rapida e sicura l ' intuizione del pensiero altrui . Le parole del Commissario si accordavano bene con quelle portategli dalla Pasotti ; pure egli sentì , in quel momento , che il piccolo birro aveva un tradimento nel cuore . « Quale ? » , rispose costui . « Mantova ! » Franco udì senza batter ciglio il formidabile nome , sinonimo di segrete e di forche . « Io non posso aver paura di Mantova » , diss ' egli . « Non ho fatto nulla per andar a Mantova . » « Eppure ! » « Di che cosa mi accusano ? » , ripeté Franco . « Questo lo sentirà se resta qui » , rispose il Commissario , pigiando sulle ultime parole . « E adesso vediamo le dalie . » « Non ho fatto nulla » , tornò a dire Franco . « Non mi muovo . » « Vediamo queste dalie , vediamo queste dalie ! » , insistette il Commissario . Parve a Franco che avrebbe dovuto ringraziar quell ' uomo e non poté farlo . Gli mostrò i suoi fiori con quel tanto di cortesia che occorreva , con perfetta tranquillità ; e lo ricondusse dall ' orto in casa , discorrendo di non so qual professore Maspero , di non so qual segreto per combattere l ' oïdium . In sala si discorreva di un altro peggiore oïdium . La signora Peppina aveva in corpo una terribile paura del colèra . Riconosceva , sì , che il colèra ammoniva ogni buon cristiano di mettersi in grazia di Dio e che quando si è in grazia di Dio è una fortuna di andar all ' altro mondo : « Ma però , anca la pell , neh ! Quella cara pelascia ! A pensà che l ' è domà vüna ! » . « Il colèra » , disse Luisa , « se avesse giudizio , potrebbe fare bellissime cose ; ma non ne ha . » « Vede » , sussurrò alla signora Peppina , mentre il Biancòn si alzava per andare incontro al Commissario di ritorno con Franco , « il colèra è capace di portar via Lei e di lasciar qui Suo marito . » A questa uscita stravagante la signora Peppina ebbe un sussulto di spavento , fece « Esüsmaria ! » e poi capì di essersi tradita , di non aver mostrato per il suo Carlascia quella tenerezza di cui parlava sempre , afferrò il ginocchio della sua vicina e si piegò a dirle sottovoce , rossa come un papavero : « Citto , citto , citto ! » Ma Luisa non badava più a lei ; un ' occhiata di Franco le aveva detto ch ' era successo qualche cosa . Partita tutta quella gente , lo zio Piero si mise a leggere la Gazzetta di Milano e Luisa disse a suo marito : « Sono le tre , andiamo a svegliar Maria » . Quando fu con lui nella camera dell ' alcova , invece di aprir le imposte , gli domandò cosa fosse accaduto . Franco le raccontò tutto , dal biglietto della Pasotti allo strano contegno , alla strana confidenza del Commissario . Luisa lo ascoltò molto seria ma senza dar segno di timore . Esaminò il biglietto misterioso . Ella e Franco sapevano che fra gli agenti governativi di Porlezza v ' era un galantuomo il quale nel 1849 e nel 1850 aveva salvato parecchi patrioti avvertendoli segretamente ; ma sapevano pure che quel galantuomo là non conosceva l ' ortografia né la grammatica . Il biglietto portato dalla Pasotti era correttissimo . Quanto al Commissario , si sapeva che era uno dei più tristi e maligni arnesi del Governo . Luisa approvò la risposta di suo marito . « Giurerei che ti vogliono far partire » , diss ' ella . Franco lo pensava pure ma senza trovarne un ragionevole perché . Luisa ne aveva bene in mente uno , suggeritole dal suo disprezzo per la nonna . Il Commissario era un buon amico della nonna , l ' aveva detto egli stesso per un raffinamento , secondo lei , di astuzia . Nel guanto del Commissario vi era l ' artiglio della nonna . Non Franco solo ma tutti si volevano colpire ; e si volevano colpire nella persona di colui che sosteneva la famiglia con le proprie fatiche , col proprio generoso cuore . Ella sapeva , per discorsi riferitile dalle solite lingue odiose , che la nonna detestava lo zio Piero perché lo zio Piero aveva dato modo a suo nipote di ribellarsi a lei e di vivere nella ribellione , abbastanza comodamente . Ora si cercava un pretesto di colpirlo . La fuga del nipote sarebbe stata una confessione e , per un Governo come l ' austriaco , un buon pretesto di colpir lo zio . Luisa non lo disse subito , solamente lasciò capire che aveva un ' idea ; allora suo marito gliela fece , poco a poco , metter fuori . Uditala , ci credette nel suo cuore ma protestò a parole , cercò difender la nonna da un ' accusa troppo poco fondata e troppo mostruosa . Comunque la cosa fosse , marito e moglie si accordavano interamente nella risoluzione di non muoversi , di aspettare gli avvenimenti . Perciò non stettero più a fare né a discutere supposizioni . Luisa si alzò , andò ad aprire le imposte , si voltò a guardar sorridendo suo marito nella luce ; gli stese la mano ch ' egli strinse e scosse col cuore caldo e la lingua impedita . Pareva loro di esser soldati condotti per una via quieta al rombo lontano del cannone , a Dio sa qual sorte . 4 . Con gli artigli L ' ingegnere in capo non si accorse di nulla , e due giorni dopo , spirata la sua licenza , se n ' andò via in barca , pacifico nel suo soprabitone grigio da viaggio , insieme alla Cia , la sua governante . Passarono altri dieci giorni senza novità alcuna , cosicché Franco e Luisa si persuasero che proprio fosse stato teso loro un tranello e che la Polizia non si lascerebbe vedere . La sera del primo ottobre fecero allegramente il tarocco con Puttini e Pasotti e , partiti gli ospiti per tempo , andarono a letto . Luisa , nel baciar la bambina che dormiva , la sentì calda . Le toccò le mani e le gambe . « Maria ha la febbre » , diss ' ella . Franco pigliò la candela e guardò . Maria dormiva con la testina piegata sulla spalla sinistra secondo il suo solito . Il bel visetto , sempre accigliato nel sonno , era un po ' acceso , la respirazione un po ' frequente . Franco si spaventò , immaginò in un momento il morbillo , la scarlattina , il gastrico , l ' infiammazione cerebrale . Luisa , più tranquilla , pensò ai vermi , preparò la santonina sul tavolino da notte . Poi padre e madre si coricarono senza rumore , spensero il lume , stettero ad ascoltar con pena il sottile respiro breve della piccina . Si assopirono e furono svegliati intorno alla mezzanotte , da Maria che piangeva . Accesero il lume e Maria si chetò , prese la santonina . Poi uscì da capo a piangere , volle esser portata nel letto grande , fra la mamma e il papà e in breve vi pigliò sonno ; ma era un sonno inquieto , interrotto da pianti . Franco tenne il lume acceso per poterla osservare meglio . Pendevano , egli e sua moglie , sulla loro creatura quando all ' uscio di strada furono precipitosamente battuti due colpi . Franco balzò a sedere sul letto . « Hai udito ? » , diss ' egli . « Zitto ! » , fece Luisa afferrandogli un braccio e tendendo l ' orecchio . Due altri colpi , più forti . Franco esclamò : « La Polizia ! » , e saltò a terra . « Va ' , va ' ! » , supplicò lei , sottovoce . « Non lasciarti prendere ! Passa dal cortiletto ! Scavalca il muro ! » Egli non rispose , si vestì a mezzo , in furia , e si slanciò fuori della camera , risoluto di non lasciar volontariamente la sua Luisa , la sua Maria malata , sdegnoso del pericolo . Discese le scale a salti . « Chi è ? » , diss ' egli , prima di aprire . « La Polizia ! » , si rispose . « Aprite subito ! » « A quest ' ora non apro a chi non vedo . » Si udì un breve dialogo nella strada . La voce di prima disse : « Parli lei » , e la voce che parlò poi era ben conosciuta da Franco . « Apra , signor Maironi . » Era la voce del Ricevitore . Franco aperse . Entrò un signore vestito di nero , in occhiali ; dopo di lui , il bestione ; dopo il bestione un gendarme con una lanterna ; poi tre altri gendarmi armati , due semplici e un graduato che portava un gran sacco di cuoio . Qualcuno rimase fuori . « Lei è il signor Maironi ? » , disse quel dagli occhiali , un aggiunto della Polizia di Milano . « Venga di sopra con me » . E tutta la compagnia si avviò sulle scale con uno strepito di passi pesanti , di ferramenta soldatesche . Non erano ancora al primo piano che la scala si illuminò in alto , singhiozzi e gemiti scoppiarono al secondo piano . « Questa è Sua moglie ? » , chiese l ' aggiunto . « Crede ? » , rispose Franco , ironico . Il Ricevitore mormorò : « Sarà la domestica » . L ' aggiunto si voltò a dare un ordine , due gendarmi si fecero avanti , salirono in fretta al secondo piano . Il poliziotto domandò a Franco , più aspramente di prima : « Sua moglie è a letto ? » . «Naturalmente.» « Dove ? Bisogna che si alzi ! » L ' uscio dell ' alcova si aperse , comparve Luisa , in veste da camera con i capelli sciolti e con una candela in mano , mentre un gendarme si affacciava al ripiano superiore della scala a dir che la serva era mezzo svenuta e non poteva venir giù . L ' aggiunto gli ordinò di lasciar il suo compagno presso la donna e di scendere . Poi salutò la signora che non rispose al saluto . Sperando che Franco fuggisse , ella si era affrettata di uscir di camera per trattenere , per ingannare , se possibile , la Polizia . Vide suo marito , trasalì , palpitò , ma si rimise subito . L ' aggiunto si avanzò per entrar in camera . « No ! » , esclamò Franco . « C ' è un ' ammalata ! » Luisa impugnò la maniglia dell ' uscio chiuso guardando colui in faccia . « Questa malata chi è ? » , domandò l ' aggiunto . « Una bambina . » « Eh , cosa vogliono che le facciamo ? » « Scusi » , disse Luisa scotendo nervosamente la maniglia quasi in atto di sfida . « Hanno bisogno d ' entrare tutti ? » «Tutti.» Al rumore delle voci e della maniglia la piccola Maria si mise a piangere un pianto di stanchezza desolata , che faceva male al cuore . « Luisa » , disse Franco , « lascia che questi signori facciano la loro parte ! » L ' aggiunto era un giovane , alquanto elegante , dalla fisonomia fine e cattiva . Lanciò a Franco una occhiata sinistra . « Ascolti Suo marito , signora » , diss ' egli tanto per mordere di rimando , a qualche modo . « Lo trovo prudente . » « Meno di lei che si fa scortare da un esercito ! » , rispose Luisa aprendo l ' uscio . Quegli la guardò , si strinse nelle spalle e passò oltre , seguito dagli altri . « Aprano tutto , qui ! » , diss ' egli forte , ruvidamente , indicando la scrivania . I grandi occhi cilestrini di Franco lampeggiarono . « Parli sottovoce ! » , diss ' egli . « Non mi spaventi la bambina ! » « Silenzio a Lei ! » , tuonò l ' aggiunto calando un pugno sulla scrivania . « Apra ! » La bambina , a quello strepito , si mise a singhiozzare disperatamente . Franco , furibondo , scagliò la chiave sulla scrivania . « A Lei ! » , diss ' egli . « Ella è in arresto ! » , gridò l ' aggiunto . « Va bene ! » Mentre Franco rispondeva così , Luisa , che si era chinata tutta sulla sua creatura per cercar di quietarla , rialzò impetuosamente il viso . « Ci ho diritto anch ' io , a quest ' onore » , diss ' ella con la sua bella voce vibrante . L ' aggiunto non degnò rispondere , fece aprire e rovistare da un gendarme tutti i cassetti della scrivania , levarne lettere e carte ch ' egli esaminava rapidamente e buttava parte a terra , parte nel gran sacco di cuoio . Dopo la scrivania venne la volta dei cassettoni dove tutto fu messo sossopra . Dopo i cassettoni fu visitato il lettuccio di Maria . L ' aggiunto ordinò a Luisa di levar la bambina dal letto grande ch ' egli intendeva pure di visitare . « Mi metta il lettuccio in ordine » , rispose Luisa fremente . Fino a quel momento il bestione Carlascia era sempre stato lì muto e duro dietro i suoi baffi , come se quella bisogna , forse da lui desiderata in astratto , non fosse stata poi , in pratica , interamente di suo gusto . Adesso si mosse e , senza parlare , si pose ad accomodar con le sue manacce enormi le materasse e le lenzuola del lettuccio . Luisa vi posò la bambina e anche il letto grande fu sfatto e frugato senza frutto . Maria non piangeva più , guardava quella baraonda con tanto d ' occhi spalancati . « Adesso vengano con me » , disse l ' aggiunto . Luisa si tenne sicura d ' esser condotta via con suo marito e chiese che si facesse scendere la sua domestica per affidarle la bambina . All ' idea che Luisa pure fosse tratta in arresto , che si volesse togliere a Maria malata anche la madre , Franco , fuori di sé dalla collera e dal dolore , mise un grido di protesta : « Questo non è possibile ! Lo dica ! » L ' aggiunto non degnò rispondergli , ordinò che si facesse venir la fantesca . La fantesca , mezza morta di paura , entrò fra i gendarmi , gemendo e singhiozzando . « Stupida ! » , mormorò Franco , fra i denti . « La donna starà qui con la bambina » , disse l ' aggiunto . « Loro vengano con me . Devono assistere alla perquisizione . » Fece prendere dei lumi , lasciò un gendarme nell ' alcova e passò in sala , seguito dagli altri gendarmi , dal Bianconi , da Franco e Luisa . « Prima di continuar la perquisizione » , diss ' egli , « domanderò Loro ciò che avrei domandato prima se il Loro contegno fosse stato migliore . Mi dicano se tengono armi o pubblicazioni sediziose o carte , sia stampate che manoscritte , ostili all ' Imperial Regio Governo . » Franco rispose forte : « No » . « È quello che vedremo » , fece l ' aggiunto . « Si accomodi . » Mentre l ' aggiunto faceva scostar i mobili dalle pareti , guardare e frugare dappertutto , venne in mente a Luisa che otto o dieci anni prima lo zio le aveva fatto vedere , nel cassettone di una camera del secondo piano , una vecchia sciabola che vi stava sin dal 1812 . Era la sciabola di un altro Pietro Ribera , tenente di cavalleria , caduto a Malojaroslavetz . In quella camera , che stava sopra la cucina , non ci dormiva mai nessuno , non ci si andava quasi mai ; era come se non ci fosse . Luisa aveva dimenticato del tutto la vecchia sciabola dell ' Impero . Dio , le veniva in mente adesso ! Se anche lo zio l ' avesse dimenticata ! Se non l ' avesse consegnata nel '48 , dopo la guerra ; quando tutte le armi si dovevano consegnare , pena la vita ! Avrà pensato , lo zio , nella sua semplicità patriarcale , che quel ricordo di famiglia , giacente da trentasei anni nel fondo d ' un cassettone , era pure diventato un arnese pericoloso e proibito ? E Franco , Franco che non sapeva niente ! Luisa teneva le mani sulla spalliera d ' una seggiola ; la seggiola scricchiolò tutta sotto una stretta convulsa ; ell ' alzò le mani , atterrita come se avesse parlato . Vedeva il poliziotto passar di camera in camera con i suoi gendarmi , giungere a quella , aprire il cassettone , frugare , trovar la sciabola . Faceva ogni sforzo di ricordar il posto preciso dove l ' aveva veduta , d ' immaginar una via di scampo , e taceva seguendo con gli occhi , macchinalmente , la candela che un gendarme accostava , secondo i cenni del suo capo , ora ad un cassetto aperto , ora ad una cantoniera , ora ad un quadro che colui alzava per guardarvi dietro . Non le veniva in mente nessun rimedio . Se lo zio non aveva pensato di levar la sciabola , c ' era solo da sperare che non si visitasse anche quella camera . Franco , appoggiato alla stufa , seguiva , scuro nella fronte , ogni atto di quella gente . Quando cacciavano le mani nei cassetti , gli si vedeva la collera nel giuoco muto delle mascelle . Non si udiva che qualche ordine tronco dell ' aggiunto , qualche risposta sommessa dei gendarmi . Nulla si moveva intorno ad essi se non le loro grandi ombre traballanti per le pareti . Il silenzio del Ricevitore , di Franco e di Luisa pareva , in una sala da giuoco proibito , intorno alle voci brevi dei giuocatori , il silenzio di coloro che hanno puntato forte . La sinistra faccia , la sinistra voce dell ' aggiunto , quantunque nulla si trovasse , non cambiavano mai . A Luisa egli pareva un uomo sicuro d ' arrivare al suo scopo . E non poter far niente , neppur avvertire Franco ! Ma forse era meglio che non lo sapesse , forse quest ' ignoranza poteva salvarlo . Visitate la sala e la loggia , l ' aggiunto passò nel salotto . Pigliò la candela dalle mani del gendarme e fece una rapida rassegna dei piccoli uomini illustri . « Il signor ingegnere in capo Ribera » , diss ' egli vedendo i ritratti di Gouvion Saint - Cyr , di Marmont e di altri generali napoleonici , « avrebbe fatto molto meglio a tener il ritratto di S . E . il feld - maresciallo Radetzky . Non c ' è ? » « No » , rispose Franco . « Che razza d ' impiegati ! » , fece colui con un disprezzo , con un ' arroganza da non dire . « Hanno gl ' impiegati il dovere » , scattò Franco , « di tenere ritratti ... » « Non sono qui » , lo interruppe l ' aggiunto , « per discutere con Lei ! » Franco voleva replicare . « Citto , Lei , con quella lingua lunga quatter brazza ! » , fece il Ricevitore , burbero . L ' aggiunto uscì dal salotto nel corridoio che conduce alla scala . Salirebbe , pensava Luisa , o non salirebbe ? Salì ed ella gli tenne dietro senza tremare ma immaginando con una rapidità vertiginosa tante cose diverse che potevano accadere . Rotavano , per così dire , nella sua mente tutte le possibilità del momento , le sciagurate e le prospere . Se si fermava sulle prime , l ' orrore la portava di slancio alle seconde ; se si fermava su queste , la fantasia ritornava con avidità perversa alle prime . Prima ancora di porre il piede nel corridoio del secondo piano , udì Maria piangere . Franco chiese all ' aggiunto che permettesse a sua moglie di scendere dalla bambina ma ella protestò che voleva restare . L ' idea di non essere con lui quando si scoprisse l ' arma , l ' atterriva . Intanto l ' aggiunto entrò in uno stanzino dov ' erano parecchi libri , trovò un ' opera stampata a Capolago col titolo Scritti letterari di un italiano vivente e domandò : « Chi è quest ' italiano vivente ? » « Il padre Cesari » , rispose Franco , audacemente . L ' altro , ingannato da quella prontezza e da quel nome di frate , si diede l ' aria dell ' uomo colto , disse : « Ah , conosco ! » , e ripose il libro , chiese dove dormisse l ' ingegnere in capo . Luisa era troppo soggiogata da un ' angoscia sola per sentir altro , ma Franco , a veder entrare il birro e i suoi nella camera dello zio così pulita e ordinata , così piena del suo buono , pacifico spirito , a pensar che colpo sarebbe per il povero vecchio una notizia siffatta , si sentì uno struggimento , una rabbia da piangerne . « Mi pare » , diss ' egli , « che almeno questa camera dovrebb ' essere rispettata . » « Ella si tenga le Sue osservazioni » , rispose l ' aggiunto , e incominciò con far buttare all ' aria coperte e materasse . Poi volle la chiave del cassettone . L ' aveva Franco , che discese , accompagnato da un gendarme , a prenderla nella sua camera . Lo zio gliel ' aveva consegnata prima di partire dicendogli che , ad un bisogno , avrebbe trovato un po ' di cum quibus nel primo cassetto . Aprirono . V ' era un rotolo di svanziche , alcune lettere e carte , dei portafogli e dei taccuini vecchi , dei compassi , delle matite , una scodellina di legno con varie monete . L ' aggiunto esaminò ogni cosa minutamente , scoperse fra le monete della scodellina uno scudo di Carlo Alberto e un pezzo di quaranta lire del Governo Provvisorio di Lombardia . « Il signor ingegnere in capo » , disse l ' aggiunto , « ha conservato queste monete con una cura straordinaria ! D ' ora in poi le conserveremo noi . » Chiuse il cassetto e restituì la chiave senza aprire gli altri . Uscì poi nel corridoio e si fermò , incerto . Il Ricevitore lo credette disposto a scendere e siccome il corridoio era quasi buio e la scala non si vedeva , s ' incamminò egli , come più pratico , a destra , verso la scala , dicendo : « Di qua » . La stanza della sciabola era a sinistra . « Aspetti » , disse l ' aggiunto . « Guardiamo anche qui dentro . » E voltosi a sinistra spinse quel tale uscio . Luisa , ch ' era rimasta l ' ultima del seguito , giunto il momento supremo , si fece avanti . Il cuore , che durante l ' indecisione dell ' aggiunto le aveva martellato a furia , si chetò come per miracolo . Ora ella era fredda , intrepida e pronta . « Chi dorme qui ? » , le chiese l ' aggiunto . « Nessuno . Dormivano qui i genitori di mio zio che sono morti da quarant ' anni . Dopo non vi ha più dormito nessuno . » Nella camera v ' erano due letti , un canapè , un cassettone . L ' aggiunto accennò ai gendarmi di aprire il cassettone . Si provarono ; era chiuso a chiave . « Debbo averla io , la chiave » , disse Luisa con perfetta indifferenza . Discese accompagnata da un gendarme e risalì con un cestellino pieno di chiavi , lo porse all ' aggiunto . « Non la conosco » , disse , « non si adopera mai . Dev ' essere una di queste . » Colui le provò tutte inutilmente . Poi le provò il Ricevitore , poi Franco . La buona non c ' era . « Mandi a S . Mamette , faccia venire il fabbro » , disse Luisa tranquillamente . Il Ricevitore guardò l ' aggiunto come per dirgli : « Mi pare inutile » . Ma l ' aggiunto gli voltò le spalle ed esclamò volto a Luisa : « Questa chiave ci dev ' essere » . Il cassettone , un vecchio mobile rococò , aveva maniglie di metallo ad ogni cassetto . Uno dei gendarmi , il più robusto , si provò di aprire a forza . Non gli riuscì né col primo né col secondo cassetto . In quel punto Luisa si risovvenne che aveva veduto la sciabola nel terzo , insieme a certi disegni arrotolati . Il gendarme afferrò le maniglie del terzo cassetto . « Questo non è chiuso » , diss ' egli . Infatti il cassetto si aperse facilmente . L ' aggiunto pigliò il lume e si chinò a guardarvi dentro . Franco si era seduto sul canapè e guardava i travicelli del soffitto . Sua moglie , quando vide il cassetto aperto , gli sedette accanto , gli prese e gli strinse una mano spasmodicamente . Udì sfogliar carte e il Ricevitore mormorar con voce benigna : « Disegni » . Poi l ' aggiunto fece : « Oh ! » . I satelliti si chinarono a guardare ; Franco trasalì . Ella ebbe la forza di levarsi per vedere e dire : « Cosa c ' è ? » . L ' aggiunto aveva in mano una lunga , curva busta di cartone , che portava un biglietto scritto . Egli lo aveva prima letto silenziosamente e ora lo lesse forte con un accento inesprimibile di soddisfazione e di sarcasmo . « Sciabola del tenente Pietro Ribera ucciso a Malojaroslavetz , 1812.» Franco balzò in piedi , sorpreso , incredulo , e in pari tempo l ' aggiunto aperse la busta . Franco non la poteva vedere ; guardò sua moglie , che la vedeva . Sua moglie aveva le labbra bianche . Lo credette spavento e non gli pareva possibile . Era gioia : la busta non conteneva che un fodero vuoto . Luisa si trasse nell ' ombra precipitosamente , cadde a sedere sul canapè , lottò contro un violento tremito interno , s ' irritò con se stessa , si disprezzò e lo vinse . Intanto l ' aggiunto , preso il fodero e guardatolo per ogni verso , chiese a Franco dove fosse l ' arma . Franco fu per rispondere che non lo sapeva com ' era vero . Ma questa potendo parere una giustificazione personale , rispose invece : « In Russia » . La sciabola non era in Russia , era confitta nella melma , in fondo al lago , dove l ' aveva segretamente gittata lo zio Piero , invece di consegnarla . « E perché hanno scritto sciabola ? » , fece il Ricevitore tanto per mostrare un po ' di zelo anche lui . « Chi ha scritto è morto » , disse Franco . « Questa chiave subito ! » , esclamò rabbiosamente il Commissario . Stavolta Luisa la trovò e gli altri due cassetti furono aperti ; uno era vuoto , l ' altro conteneva delle coperte di lana e della lavanda . La perquisizione finì qui . L ' aggiunto discese in sala e intimò a Franco di prepararsi a seguirlo dentro un quarto d ' ora . « Ma ci arresti tutti , dunque ! » , esclamò Luisa . L ' aggiunto si strinse nelle spalle e ripeté a Franco : « Dentro un quarto d ' ora . Lei ! Vada pure nella Sua camera » . Franco trascinò via Luisa , la supplicò di tacere , di rassegnarsi per amor di Maria . Egli pareva un altro , non mostrava né dolore né collera , aveva nel viso e nella voce una dolcezza seria , una virile tranquillità . Mise nella valigia poca biancheria , un Dante e un Almanach du jardinier che aveva sul tavolino da notte , si chinò un momento su Maria che dormiva e non le diede un bacio per non svegliarla , baciò invece Luisa e , poiché stavano sotto gli occhi dei gendarmi posti alle due uscite della camera , si sciolse presto dalle sue braccia dicendole in francese che non conveniva dare spettacolo a quei signori . Prese la valigia , andò a porsi agli ordini dell ' aggiunto . Questi aveva la barca a cinquanta passi da casa Ribera , verso Albogasio , all ' approdo che chiamano del Canevaa . Uscendo dal sottoportico cavalcato dalla casa , Franco si udì sopra la testa uno strepito d ' imposte , vide batter sulla faccia bianca della chiesa il lume della sua camera e si voltò a dir verso la finestra : « Manda a chiamar il medico , domattina ! Addio ! » Luisa non rispose . Quando i gendarmi arrivarono con l ' arrestato presso il Canevaa , l ' aggiunto comandò loro di fermarsi . « Signor Maironi » , diss ' egli , « Ella ha avuto la sua lezione . Per questa volta ritorni a casa Sua e impari a rispettare le Autorità . » Meraviglia , gioia , sdegno scoppiarono nel cuore di Franco . Si contenne , però , si morse le labbra e si avviò a casa senza fretta . Non aveva ancora girato il canto della chiesa , che Luisa lo riconobbe al passo e chiamò : « Franco ? » . Egli saltò avanti , fu visto , vide l ' ombra di lei sparire dalla finestra , entrò in casa di corsa , si slanciò sulla scala gridando « libero , libero ! » mentre sua moglie la scendeva a precipizio con una furia di « come come come ? » . Si cercarono con le braccia avide , si afferrarono , si strinsero , non parlarono più . Parlarono poi , in loggia , per due ore continue di tutto che avevano visto , udito e provato , ritornando sempre alla sciabola , alle carte , alle monete , non senza fermarsi su tante inezie , sull ' accento veneto che aveva l ' aggiunto , sul gendarme bruno che pareva un buon diavolo e sul gendarme biondo che doveva essere un cane . Di quando in quando tacevano , gustavano il silenzio sicuro e la dolcezza della casa ; poi ricominciavano . Prima di andar a letto uscirono sulla terrazza . La notte era scura e tepida , il lago immobile . L ' afa , le tenebre , le forme vaghe , mostruose delle montagne pigliavano nella immaginazione una mortale pesantezza austriaca ; l ' aria stessa ne pareva grave . Non avevano sonno , né Luisa né Franco , ma conveniva pure andar a letto per la fantesca che vegliava Maria . Entrarono in camera in punta di piedi . La bambina dormiva , aveva il respiro quasi regolare . Cercarono di dormire anch ' essi e non ci riuscirono . Non potevano a meno , specialmente Franco , di parlare . Egli domandava sottovoce : « Dormi ? » . Ella rispondeva « no » e allora tornavano in campo le monete o le carte o la sciabola o lo sgherro dall ' accento veneto . Oramai non erano più davvero cose nuove e siccome sull ' alba Maria si agitava , dava segno di svegliarsi , avendo Franco sussurrato da capo « dormi ? » Luisa rispose « sì » ed egli tacque definitivamente , come se ne fosse persuaso . Il giorno dopo la perquisizione , Oria , Albogasio , San Mamette , furono pieni di bisbigli : « Avii sentii ? » . « Oh car Signor ! » . « Avii sentii ? » . « Oh cara Madonna ! » I bisbigli più sonori , per forza , furono quelli che appresero il fatto alla Barborin Pasotti . Suo marito le gridò in bocca : « Maironi ! Polizia ! Gendarmi ! Arresto ! » . La povera donna credette che un esercito avesse spazzato via i suoi amici e si mise a sbuffare « oh ! oh ! » come una locomotiva . Gemette , pianse , domandò a Pasotti della bambina . Pasotti , che non voleva assolutamente permetterle di scendere a Oria , di mostrare in quelle circostanze affetto ai Maironi , rispose con un gesto che pareva un colpo di scopa . Via . Via anche quella ! . « E la serva ? Ci sarà la serva ? » Il perfido uomo menò in aria un altro colpo di scopa e la Barborin capì che Sua Maestà I . R . A . avesse fatto portar via anche la serva . Ma i bisbigli più maligni suonarono assai lontano dalla Valsolda , in una sala del Palazzo Maironi a Brescia . Dieci giorni dopo la perquisizione , il cavaliere Greisberg di S . Giustina , cugino del Maironi , addetto al governo del feld - maresciallo Radetzky in Verona sino al 1853 e passato poi col padrone a Milano , scendeva a casa Maironi dalla carrozza dell ' I . R . Delegato di Brescia , del quale era ospite da poche ore . Il cavaliere , un bell ' uomo sulla quarantina , azzimato e profumato , non aveva un ' aria molto gaia mentre , ritto in mezzo alla sala di ricevimento , stava guardando gli antichi stucchi del soffitto in aspettazione della marchesa , loro contemporanea . Però , quando l ' uscio in faccia , spalancato da mano servile , lasciò passar lentamente la grossa persona , il viso marmoreo e la parrucca nera di Madama , il cavaliere si trasfigurò e baciò con fervore la mano grinzosa della vecchia . Una dama lombarda devota all ' Austria era un animale raro e di gran pregio agli occhi dell ' Imperial Regio Governo : ogni leale funzionario le doveva la più ossequiosa galanteria . La marchesa ricevette gli omaggi del cugino cavaliere con la solita flemmatica dignità e , fattolo sedere , gli domandò notizie dei suoi , lo ringraziò della visita , sempre nello stesso tono gutturale e dormiglioso . Finalmente , posatesi le mani sul ventre , ansando un poco per la fatica di tante parole , mostrò di star ad aspettare quelle del cugino . Aspettava che le parlasse della perquisizione e dell ' ingegnere Ribera . Ella gli aveva espresso in passato il suo dispiacere che Franco subisse la influenza di sua moglie e del Ribera , il suo stupore che il Governo tenesse al proprio stipendio uno che nel 1848 aveva fatto apertamente il liberale e la cui famiglia , specialmente quella signorina della trappola , professava il più sfacciato liberalismo . Il cavaliere Greisberg le aveva risposto che di queste sue sagge osservazioni si sarebbe tenuto conto . Poi la marchesa aveva istigato il Commissario Zérboli contro il povero ingegnere in capo . Sapeva dallo Zérboli della perquisizione ; perciò , quando vide Greisberg , intese ch ' era venuto a parlarle di questo . Ora ella voleva bene servirsi del Governo per i suoi rancori privati , ma , per principio , non si riconosceva obbligata mai di gratitudine a nessuno . Il governo austriaco , saggiando un impiegato malfido , aveva fatto il proprio interesse . Ella non aveva sollecitato nulla , non toccava a lei di chieder nulla ; toccava al cavaliere di parlare per primo . Ma il signor cavaliere , furbo , maligno e orgoglioso la sua parte , non la intendeva così . La vecchia voleva un favore e per averlo doveva piegarsi a baciar le unghie benefiche del Governo . Tacque alquanto per raccogliersi e vedere se l ' altra cedesse . Visto che stava muta e dura , si fece a un tratto molle egli stesso , sorridente , grazioso , le disse che veniva da Verona , le propose d ' indovinar il giro che aveva fatto . Era passato per un paese così carino , aveva veduto una villa così deliziosa , così splendida , un paradiso ! Indovinare non era il forte della marchesa ; gli domandò s ' era stato in Brianza . No , da Verona a Brescia per la Brianza non c ' era venuto . Tornò a descriver la villa così minutamente che la marchesa non poté a meno di riconoscere il suo possesso di Monzambano . Allora il cavaliere le propose d ' indovinare perché mai fosse andato a veder la villa . Ella indovinò subito , indovinò tutta la tela della commedia che le si recitava , ma il suo viso melenso non ne disse nulla . Il Delegato di Brescia l ' aveva tastata un ' altra volta per sapere se appigionerebbe la villa a S . E . il Maresciallo ; ed ella , minacciata segretamente d ' incendi e di morte dai liberali di Brescia , aveva preso delle rispettose scappatoie . Sentì ora nel discorso del Greisberg la tacita offerta di un contratto e si pose in guardia . Confessò al cugino che non sapeva indovinare neppur questo . Già le pareva di diventare ogni giorno più stupida . Anni e dispiaceri ! « Ne ho avuto uno grosso anche di questi giorni ! » , diss ' ella . « Ho saputo che la Polizia ha fatto una perquisizione in casa di mio nipote a Oria . » Il Greisberg , sentendosi sfuggire la vecchia ipocrita , buttò via i guanti e la fermò con gli artigli . « Marchesa » , diss ' egli prendendo un tono che non ammetteva repliche , « Ella non deve parlare di dispiaceri . Ella ha fornito per mezzo mio e per mezzo del signor Commissario di Porlezza preziose informazioni al Governo , il quale Le tien conto delle Sue benemerenze . A Suo nipote non fu torto un capello né si torcerà se avrà giudizio . Mi rincresce invece che non si avrà modo , forse , di prendere provvedimenti severi contro un ' altra persona che ha dei torti privati verso di Lei . Per trovar modo di colpire questa persona il signor Commissario di Porlezza ha fatto anche più del suo dovere . Ella deve capire senz ' altro , marchesa , che non è il caso di dispiaceri e che anzi ha un obbligo particolare verso il Governo . » La marchesa non s ' era mai udita parlare così alto e con tanta formidabile autorità . Era forse ai battiti dispettosi del cuore che rispondeva sopra al suo rigido busto il visibile ondulamento continuo del collo e del capo ; ma pareva proprio il moto d ' un animale che lavorasse faticosamente a ingoiar un boccone enorme . A ogni modo ella non piegò fino a dire una parola d ' acquiescenza . Solamente , quando riprese la sua placidezza obesa , osservò che non aveva mai domandato di prendere provvedimenti contro nessuno , che se nella perquisizione non si era trovato niente a carico dell ' ingegnere Ribera , ne aveva piacere ; che del resto in casa Ribera se n ' eran dette di tutti i colori e che i discorsi era difficile trovarli . Il cavaliere rispose , più mansueto , che non poteva dire se si fosse trovato niente o no e che l ' ultima parola sarebbe stata pronunciata dal maresciallo , il quale intendeva occuparsi personalmente della cosa . Ciò gli diede modo di ritornar al discorso della villa di Monzambano . La chiese formalmente per Sua Eccellenza che intendeva venirci dentro otto giorni . La marchesa ringraziò dell ' onor grande , disse che la sua villa non meritava tanto , che le pareva troppo angusta , che aveva bisogno di riparazioni , che bisognava dirlo a Sua Eccellenza . Avrebbe voluto differire , aspettar il prezzo sciagurato della sua condiscendenza , ma il cavaliere diede un altro colpo di artiglio e dichiarò che bisognava risponder subito , risponder netto , sì o no , e convenne bene che la vecchia piegasse il capo . « Per compiacere a Sua Eccellenza » , diss ' ella . Greisberg tornò subito amabile , scherzò sulle misure che si potrebbero prendere contro quel signor ingegnere . Non c ' era da sparger sangue , c ' era da spargere , tutt ' al più , un po ' d ' inchiostro ; non c ' era da togliergli la libertà , c ' era da rendergliela intera ! La marchesa non fiatò . Fece portare due limonate e sorbì lentamente la sua a piccoli sorsi , non senza una fioca espressione di contentezza fra un sorso e l ' altro , come se ci fosse nella limonata un sapore nuovo e squisito . Il cavaliere avrebbe pur voluto da lei una parola esplicita su questo punto del Ribera , una confessione del suo desiderio , e posando sul vassoio la tazza vuotata rapidamente , le disse : « Mi ci metterò io , sa , e ci riusciremo a questo . È contenta ? » . La marchesa continuò a sorseggiare la limonata , piano , piano , guardando nel bicchiere . « Non va bene ? » , domandò ancora il cugino dopo una inutile attesa . « Sì , è buona » , rispose il sonnolento naso . « Bevo adagio per i denti . » Gli ultimi bisbigli non furono umani . Luisa e Franco erano seduti sull ' erba di Looch , presso al cimitero . Parlavano della bontà grande e squisita della mamma , la paragonavano alla bontà grande e semplice dello zio notandone le somiglianze e le differenze . Non dicevano quale delle due bontà paresse loro superiore nell ' insieme , ma dai loro giudizi s ' indovinavano le inclinazioni diverse . Franco preferiva la bontà tutta penetrata di fede nel soprannaturale e Luisa preferiva l ' altra . Egli soffriva di questa contraddizione segreta pur esitando di rilevarla , temendo di premere il tasto che poteva dare una nota troppo penosa . Ma la fronte sua n ' era adombrata e a un certo punto gli sfuggì di dire : « Quante disgrazie , quante amarezze ha sopportato tua madre , con che rassegnazione , con che forza , con che pace ! Credi tu che una pura bontà naturale le avrebbe potute sopportare così ? » . « Non lo so » , rispose Luisa . « La povera mamma aveva vissuto , io credo , in un mondo superiore prima che in questo : aveva sempre il cuore là . » Ella non disse tutto il suo pensiero . Pensava che se le anime buone di questo mondo fossero simili nella mansuetudine religiosa a sua madre , la terra diventerebbe il regno dei bricconi e dei prepotenti . E quanto ai dolori che non vengono dagli uomini ma dalle condizioni stesse della vita umana , le pareva di ammirar coloro che vi resistono per una forza loro propria sopra quegli altri che invocano e ottengono aiuto dallo stesso Essere onde furono percossi . Ma ella non voleva confessar questi sentimenti a suo marito . Espresse invece la speranza che lo zio non avesse a incontrar mai afflizioni gravi . Possibile che il Signore volesse far soffrire un uomo tale ? « No no no ! » , esclamò Franco , che in un altro momento non avrebbe osato , forse , ammonire Iddio a questo modo . Un soffio del Boglia calò per la gola di Muzài , agitò le frondi alte dei noci . A Luisa quello stormire parve legarsi con le ultime parole di Franco : le parve che il vento e i grandi alberi sapessero qualche cosa del futuro e ne bisbigliassero insieme . 5 . Il segreto del vento e dei noci La febbre di Maria non durò che otto giorni , eppure quando la piccina si alzò i suoi genitori la trovarono mutata nel viso e nello spirito più che se gli otto giorni fossero stati otto mesi . Gli occhi avevan preso un colore più oscuro , una singolare espressione di serietà e di maturità precoce . Parlava più chiaro e spedito , ma con le persone che non le garbavano non parlava affatto ; neanche le salutava . Ciò spiaceva più a Franco che a Luisa . Franco la voleva gentile e Luisa temeva di guastarle la sincerità . Maria aveva per sua madre un affetto non tanto espansivo ma violento : fiero , quasi , e geloso . Voleva molto bene anche a suo padre ; però si capiva che lo sentiva diverso da sé . Franco aveva trasporti di passione per essa , l ' afferrava all ' impensata , la stringeva , la divorava di baci ed ella allora gittava il capo all ' indietro puntando una manina sul viso di suo padre e guardandolo scura come se qualche cosa in lui le fosse straniero e ripugnante . Spesso Franco la sgridava con ira e Maria piangeva , lo fissava attraverso le lagrime senza muoversi , come affascinata , ancora con quella espressione di persona che non comprende . Egli vedeva la predilezione della bambina per sua madre e se ne compiaceva , gli pareva una preferenza giusta , non dubitava che Maria , più tardi , avrebbe teneramente amato anche lui . A Luisa dispiaceva molto , per amore del marito , che la bambina dimostrasse maggior affetto a lei , però questo sentimento suo non era vivo e schietto come la compiacenza generosa di Franco . A Luisa pareva in fondo che Franco malgrado tanti trasporti , amasse sua figlia come un essere distinto da lui ; mentre lei , che trasporti esteriori di tenerezza non ne aveva , amava la bambina come una parte vitale di se stessa ; perciò non poteva trovare ingiusto d ' esserne preferita . Poi ell ' aveva in cuore una Maria futura probabilmente diversa da quella che aveva in cuore Franco . Anche per questo non le poteva rincrescere di avere un predominio morale sulla figliuola . Vedeva il pericolo che Franco favorisse uno sviluppo forte del sentimento religioso ; pericolo gravissimo , secondo lei ; perché Maria , piena di curiosità , avida di racconti , aveva i germi d ' un ' immaginazione assai viva , assai propizia alle fantasie religiose e ne poteva venire uno squilibrio morale . Non si trattava di sopprimere il sentimento religioso ; questo , Luisa non l ' avrebbe fatto mai , non foss ' altro per rispetto a Franco ; ma occorreva che Maria , fatta donna , sapesse trovare il perno della propria vita in un senso morale sicuro e forte per sé , non appoggiato a credenze che finalmente erano ipotesi e opinioni , e potevano un giorno o l ' altro mancarle . Serbar fede al Giusto , al Vero , fuor di qualsiasi altra fede , di qualsiasi speranza e paura , pareva a lei lo stato più sublime della coscienza umana . A una tale perfezione si figurava aver rinunciato per sé poiché andava a messa e due volte l ' anno ai sacramenti , e intendeva rinunciarvi per Maria , ma come uno che rinuncia alla perfezione cristiana perché si trova aver moglie e figliuoli ; a malincuore e il meno possibile . A Maria poteva essere serbata in sorte la ricchezza . Bisognava impedire assolutamente che accettasse una vita di frivolezze , compensate dalla messa alla mattina , dal rosario alla sera e da elemosine . Luisa si era provata qualche volta di tastar Franco su questo terreno di dare all ' educazione di Maria un indirizzo morale disgiunto dall ' indirizzo religioso e il tasto aveva sempre risposto male . Che non si credesse nella religione Franco lo capiva ; che qualcuno la potesse trovare insufficiente come norma della vita , gli riusciva affatto inconcepibile . Che tutti poi dovessero aspirare alla santità , che non fosse buon cristiano chi amasse il tarocco , la primiera , la caccia , la pesca , i buoni pranzetti e le bottiglie fini , neanche gli passava per il capo . E questo indirizzo morale dell ' educazione disgiunto dall ' indirizzo religioso gli pareva una fisima perché secondo lui i galantuomini senza fede erano galantuomini per natura o per abitudine , non per un ragionamento morale o filosofico . Non c ' era dunque modo per Luisa d ' intendersi con suo marito circa questo delicato punto . Doveva operare da sé e con molta cautela per non offenderlo né affliggerlo . Se Franco mostrava alla bambina le stelle e la luna , i fiori e le farfalle come opere mirabili di Dio e le faceva della poesia religiosa buona per una ragazza di dodici anni , Luisa taceva ; se invece gli avveniva di dire a Maria : « Bada , Iddio non vuole che tu faccia questo , Iddio non vuole che tu faccia quello » , Luisa soggiungeva subito : « Questo è male , quello è male , non si deve mai far il male » . Qui però non poteva a meno di aprirsi qualche screzio visibile fra il padre e la madre perché non sempre il giudizio morale dell ' uno si accordava col giudizio morale dell ' altra . Una volta erano insieme alla finestra della sala mentre Maria giuocava sul sagrato con una bambina di Oria presso a poco della sua età . Passa un fratello di questa , un prepotentone di otto anni e intima alla sorellina di seguirlo . Questa rifiuta e piange . Maria , seria seria , affronta il prepotente con i pugni . Franco la trattiene con una chiamata imperiosa ; la piccina si volta a guardarlo e scoppia in lagrime mentre quell ' altro si trascina via la sua vittima . Luisa lasciò la finestra dicendo sottovoce a suo marito : « Scusa , questo non è giusto » . « Come non è giusto ? » Franco si riscaldò , alzò la voce , chiese a sua moglie se voleva una Maria violenta e manesca . Ella rispondeva con dolcezza e con fermezza , senza risentirsi di qualche parola pungente , sosteneva che il sentimento di Maria era buono , che opporsi alla prepotenza e all ' ingiustizia era il compito migliore per tutti , che se un bambino vi adoperava le mani , fatto adulto vi avrebbe adoperato mezzi più civili , ma che se si reprimeva in lui la espressione naturale dell ' animo , si correva il rischio di schiacciare con essa anche il buon sentimento nascente . Franco non si persuase . Secondo lui era molto dubbio che in Maria vi fossero di quei sentimenti eroici . Ella si era arrabbiata di vedersi portar via la sua compagna di giuoco e niente altro . Ma poi , la parte della donna non era forse di opporre alle ingiustizie e alle prepotenze una dolcezza mansueta , di mitigare ed emendare gli offensori piuttosto che di respinger con la forza l ' offesa ? Luisa diventò rossa e rispose che ad alcune donne , forse alle migliori , questa parte conveniva , ma che non poteva convenire a tutte perché tutte non potevano essere tanto miti e umili . « E tu sei di quelle altre ? » , esclamò Franco . « Credo di sì . » « Bella cosa ! » « Ti rincresce molto ? » «Moltissimo.» Luisa gli pose le mani sulle spalle . « Ti rincresce molto ? » , diss ' ella fissandolo negli occhi , « che io m ' irriti come te d ' aver questi padroni in casa , che io desideri come te di aiutare anche con le mie mani a cacciarli via o preferiresti che io cercassi di emendare Radetzky e di mitigare i croati ? » « Questa è un ' altra cosa ! » « Come un ' altra cosa ? No , è la stessa cosa ! » « È un ' altra cosa ! » , ripeté Franco ; e non seppe dimostrare che fosse un ' altra cosa . Gli pareva di aver torto secondo un raziocinio superficiale e di avere ragione secondo una verità profonda che non riusciva ad afferrare . Non parlò più , fu pensieroso tutto quel giorno e si vedeva che cercava la sua risposta . Ci pensò anche la notte , gli parve di averla trovata e chiamò sua moglie che dormiva . « Luisa ! » , diss ' egli . « Luisa ! Quella è un ' altra cosa . » « Cos ' è stato ? » , fece Luisa svegliandosi di soprassalto . Egli aveva pensato che la offesa del dominio straniero non era personale come le offese private e che procedeva dalla violazione d ' un principio di giustizia generale ; ma nell ' atto di spiegar ciò a sua moglie , gli venne in mente che anche nelle offese private aveva sempre luogo la violazione d ' un principio di giustizia generale , si figurò di avere sbagliato . « Niente » , diss ' egli . Sua moglie credette che sognasse e , posatogli il capo sopra una spalla , si riaddormentò . Se vi erano argomenti capaci di convertire Franco alle idee di sua moglie , erano quel dolce contatto , quel dolce respiro vicino al suo petto , che gli avevan fatto tante altre volte deliziosamente sentire un reciproco abbandono delle anime . Ora non fu così . Gli passò anzi nel cervello , come una lama rapida e fredda , il pensiero che questo latente antagonismo fra le idee di sua moglie e le sue avesse un giorno o l ' altro a scoppiare in qualche doloroso modo e se la strinse atterrito nelle braccia come per difender sé e lei contro i fantasmi della propria mente . Il sei novembre , dopo colazione , Franco prese le sue grosse forbici da giardiniere per fare il solito sterminio di seccumi nel giardinetto e sulla terrazza . Era un ' ora di tanta bellezza , di tanta pace da stringere il cuore . Non una foglia che si muovesse ; purissima , cristallina l ' aria da ponente ; sfumanti a levante , dentro lievi vapori , le montagne fra Osteno e Porlezza ; la casa sfolgorata dal sole e dai riverberi tremoli del lago ; il sole assai caldo ma i crisantemi del giardinetto , gli ulivi , gli allori della costa più visibili fra il rosseggiar delle foglie caduche , certa segreta frescura dell ' aria imbalsamata d ' olea fragrans , il silenzio d ' ogni vento , le aeree montagne del lago di Como bianche di neve accordantisi malinconicamente a dire che la cara stagione moriva . Sterminati i seccumi , Franco propose a sua moglie di andar in barca a Casarico per riportare all ' amico Gilardoni i due primi volumi dei Mystères du Peuple , divorati avidamente in pochi giorni , e averne il terzo . Fu deciso di partire a mezzogiorno , dopo aver posto a letto Maria . Ma prima che Maria fosse a letto comparve tutta ansante , col cappello e la mantiglia a sghimbescio , la Barborin Pasotti . Era salita dal cancello del giardinetto e si fermò sulla soglia della sala . Veniva per la prima volta dopo la perquisizione ; vide i suoi amici , giunse le mani , ripeté sottovoce : « Ah Signor , ah Signor , ah Signor ! » , si precipitò su Luisa , la coperse di baci . « Cara la mia tosa ! Cara la mia tosa ! » . Avrebbe volentieri fatto altrettanto con Franco , ma Franco non gradiva certe espansioni , aveva una faccia poco incoraggiante , per cui la povera donna si accontentò di prendergli e scuotergli ambedue le mani . « Car el mè don Franco ! Car el mè don Franco ! » . Si raccolse finalmente in braccio la Maria che le puntò le manine al petto facendo un viso simile a quello di suo padre . « Son vègia , neh ? Son brutta , neh ? Te piasi no ? L ' è nient , l ' è nient , l ' è nient ! » . E si mise a baciarle umilmente le braccia e le spalle , non osando affrontare il visetto acerbo . Poi disse ai suoi amici che aveva portato loro una bella notizia e gli occhi le brillavano di questo mistero gaudioso . La marchesa aveva scritto a Pasotti e nella lettera c ' era un periodo che la Barborin aveva imparato a mente : « Ho appreso con vivo dispiacere ( vivo dispiacere , gh ' è sü inscì ) il triste fatto di Oria ... di Oria ... ( spètta ! ) il triste fatto di Oria ... ( ah ! ) e benché mio nipote nulla meriti , ( ciào , quell pacienza ! ) desidero non abbia cattive conseguenze » . Il periodo non ebbe un gran successo . Luisa fece il viso scuro e non parlò ; Franco guardò sua moglie e non osò metter fuori il commento favorevole che aveva nella bocca ma non , per verità , nel cuore . La povera Barborin che aveva approfittato della andata di suo marito a Lugano per correre a portar il suo zuccherino , rimase assai mortificata , guardava contrita ora Luisa ora Franco e finì col togliersi di tasca uno zuccherino vero e proprio onde darlo a Maria . Poi , avendo capito che gli sposi desideravano partire in barca e struggendosi di stare un po ' con Maria , tanto disse e fece che quelli se ne andarono lasciando l ' incarico alla Veronica di metter la bambina a letto un po ' più tardi . Maria non parve gradir molto la compagnia della sua vecchia amica . Taceva , taceva ostinatamente e non andò molto che spalancò la bocca e scoppiò in lagrime . La povera Pasotti non sapeva che Santi invocare . Invocò la Veronica , ma la Veronica discorreva con una guardia di finanza e non udì o non volle udire . Offerse anelli , braccialetti , l ' orologio , persino il cappellone da viceregina Beauharnais , ma nulla riuscì gradito . Maria continuava a piangere . Ebbe allora l ' idea di mettersi al piano e si mise a picchiare e ripicchiare otto o dieci battute d ' una monferrina antidiluviana . Allora la principessina Maria si mansuefece , si lasciò pigliar dalla sua musicista di camera così delicatamente come se le sue braccine fossero state ali di farfalla e posar sulle ginocchia così piano come se vi fosse stato pericolo di far cader in polvere le vecchie gambe . Udite cinque o sei repliche della monferrina , Maria fece un visino annoiato , si provò di strappar dal piano le mani rugose della suonatrice e disse sottovoce : « Cantami una canzonetta » . Poi , non ottenendo risposta , si voltò a guardarla in faccia , le gridò a squarciagola : « Cantami una canzonetta ! » . « Non capisco » , rispose la Pasotti , « sono sorda . » « Perché sei sorda ? » « Sono sorda » , replicò l ' infelice , sorridendo . « Ma perché sei sorda ? » La Pasotti non poteva immaginare cosa chiedesse la bambina . « Non capisco » , diss ' ella . « Allora » , fece Maria con un ' aria molto grave , « sei stupida . » Dopo di che aggrottò le ciglia e riprese piagnucolando : « Voglio una canzonetta ! » Qualcuno disse dal giardinetto : « Eccolo , quel delle canzonette ! » Maria alzò il viso , s ' illuminò tutta . « Missipipì » , diss ' ella e scivolò giù dalle ginocchia della Pasotti , corse incontro allo zio Piero ch ' entrava . Si alzò anche la Pasotti , stese le braccia , tutta sorpresa e ridente , verso il vecchio inaspettato amico . « Tè chì , tè chì , tè chì ! » . E corse a salutarlo . La Maria strillò tanto forte « Missipipì , Missipipì ! » , e si avvinghiò tanto stretta alle gambe dello zio che questi , quantunque paresse non averne voglia , dovette pur sedere sul canapè , pigliarsi la bambina sulle ginocchia e ripeterle la vecchia canzone : Ombretta sdegnosa ... Dopo quattro o cinque Missipipì la Pasotti , temendo che suo marito ritornasse , prese congedo . La Veronica voleva porre Maria a letto . La piccina si crucciò , lo zio intervenne : « Oh lasciatela un po ' qui ! » , e uscì con lei sulla terrazza per vedere se il papà e la mamma ritornassero . Nessuna barca veniva da Casarico . La piccina ordinò allo zio di sedere e gli si arrampicò sulle ginocchia . « Perché sei venuto ? » , diss ' ella . « Non c ' è mica , sai , il pranzo per te . » « Me lo farai tu , il pranzo . Sono venuto per star con te . » « Sempre ? » «Sempre.» « Proprio sempre sempre sempre ? » « Proprio sempre . » Maria tacque , pensierosa . Poi domandò : « E cosa mi hai portato ? » Lo zio si levò di tasca un fantoccio di gomma . Se Maria avesse potuto sapere , intendere con quale animo , sotto qual colpo lo zio fosse andato a prender per lei quel fantoccino avrebbe pianto di tenerezza . « È brutto questo regalo » , diss ' ella , ricordando gli altri dello zio . « E se resti qui , non mi porti più niente ? » « Più niente . » « Va ' via , zio » , diss ' ella . Egli sorrise . Adesso Maria volle sapere dallo zio se , quando era bambino lui , suo zio gli portasse regali . Ma questo zio dello zio , per quanto la cosa paresse impossibile a Maria , non era mai esistito . E allora chi gli portava regali ? Ed era egli un buon bambino ? Piangeva ? Lo zio si mise a raccontarle cose della sua infanzia , cose di sessant ' anni prima , quando la gente portava parrucca e codino . Si compiaceva di ricordare alla nipotina quel tempo lontano , di farla vivere per un momento insieme ai suoi vecchi , e parlava con gravità triste , come avendo presenti quei cari morti , come parlando più per essi che per lei . Ella gli fissava in viso gli occhi spalancati , non batteva palpebra . Né lui né lei s ' accorgevano che intanto passava il tempo , né lui né lei pensavano più alla barca che doveva venire . E la barca venne , Luisa e Franco salirono senza sospettare di nulla , pensando che la bambina dormisse . Franco fu il primo che vide sotto i rami cadenti delle passiflore lo zio seduto , curvo su Maria che gli stava sulle ginocchia . Mise una gran voce di sorpresa e corse là seguito da Luisa , con l ' idea che fosse successo qualche cosa . « Tu qui ? » , diss ' egli correndo . Luisa , pallida , non disse nulla . Lo zio alzò il capo , li vide : essi compresero subito che vi era una brutta novità , non gli avevano mai veduto una faccia così seria . « Addio » , diss ' egli . « Cosa è stato ? » , sussurrò Franco . Egli fe ' cenno ad ambedue di ritirarsi dalla terrazza nella loggia , ve li seguì , allargò le braccia , povero vecchio , come un crocifisso e disse con voce triste ma tranquilla : « Destituito » . Franco e Luisa lo guardarono un momento come istupiditi . Poi Franco esclamò : « Oh zio , zio ! » , e lo abbracciò . Vedendo quell ' atto e il viso di sua madre , Maria scoppiò in lagrime . Luisa cercò di farla tacere , ma ella stessa , la donna forte , aveva il pianto alla gola . Seduto sul canapè della sala lo zio raccontò che l ' I . R . Delegato di Como lo aveva fatto chiamare per dirgli che la perquisizione operata nella sua casa di Oria aveva dati risultati dolorosi e inattesi ; quali , non aveva voluto assolutamente dire . Aveva poi soggiunto che s ' era voluto iniziare un processo contro di lui ma che in vista dei lunghi e lodevoli servigi prestati al Governo si limitava a togliergli l ' ufficio . Lo zio aveva insistito per conoscere le accuse e colui l ' aveva licenziato senza rispondere . « E allora ? » , disse Franco . « E allora ... » . Lo zio tacque un poco e poi pronunciò una frase sacramentale d ' ignota origine che egli stesso e i suoi compagni tarocchisti solevano ripetere quando il giuoco andava disperatamente male : « Siamo arcifritti , o Regina » . Vi fu un lungo silenzio ; poi Luisa si buttò al collo del vecchio . « Zio , zio » , gli sussurrò , « ho paura che sia stato per causa nostra ! » Ella pensava alla nonna e lo zio intese che accusasse Franco e sé di qualche imprudenza . « Sentite , cari amici » , diss ' egli con un tono bonario che aveva pure qualche recondito sapore di rimprovero , « questi sono discorsi inutili . Adesso la frittata è fatta e bisogna pensare al pane . Fate conto su questa casa , su qualche piccolo risparmio che mi frutta circa quattro svanziche al giorno e su due bocche di più : la mia e quella della Cia ; la mia , speriamo per poco tempo . » Franco e Luisa protestarono . « Ci vuol altro ! Ci vuol altro ! » , fece lo zio agitando le braccia , come a dispregio di un sentimentalismo irragionevole . « Viver bene e crepare a tempo . Questa è la regola . La prima parte l ' ho fatta , adesso mi tocca di fare la seconda . Intanto mandatemi dell ' acqua in camera e aprite la mia borsa . Vi troverete dieci polpette che la signora Carolina dell ' Agria mi ha voluto dare per forza . Vedete che le cose non vanno poi troppo male . » Ciò detto lo zio si alzò e se n ' andò per l ' uscio del salotto con passo franco , mostrando anche da tergo la sua faccia eretta , il suo modesto ventre pacifico , la sua serenità di filosofo antico . Franco , ritto sul limitare della terrazza , con le braccia incrociate sul petto e le sopracciglia aggrottate , guardava verso Cressogno . Se in quel momento egli avesse avuto fra le mascelle un fascio di Delegati , di Commissari , di birri e di spie , avrebbe tirato tale un colpo di denti da farne una melma sola . 6 . L ' asso di danari spunta « La barca è pronta » , disse Ismaele , entrando senza complimenti con la pipa nella sinistra e una lanterna nella destra . « Che ore sono ? » , domandò Franco . « Undici e mezzo . » « Il tempo ? » «Nevica.» « Bene » , esclamò lo zio , ironicamente , allargando le gambe davanti alla vampa del ginepro che scoppiettava nel caminetto . Nel minuscolo salottino assediato dall ' inverno Luisa stava mettendo , ginocchioni , un fazzoletto al collo di Maria , Franco aspettava col cappuccio di sua moglie in mano e la Cia , la vecchia governante , col cappello in testa e le mani nel manicotto , andava brontolando al suo padrone : « Che signore è mai Lei ! Cosa vuol fare qui solo a casa ? » . « Per dormire non ho bisogno di nessuno » , rispose l ' ingegnere , « e se sono matti gli altri non sono matto io . Mettetemi qua il mio latte e il mio lume . » Era la vigilia di Natale e l ' idea pazza di quella gente savia , la risoluzione che pareva incredibile all ' ingegnere era di andare a S . Mamette per assistervi alla messa solenne di mezzanotte . « E quella povera vittima ! » , diss ' egli guardando la bambina . Franco diventò rosso , osservò che desiderava prepararle dei ricordi preziosi , questa partenza notturna in barca , il lago oscuro , la neve , la chiesa piena di lumi e di gente , l ' organo , i canti , la santità del Natale . Egli parlava con calore non tanto per lo zio , forse , quanto per un ' altra persona che taceva . « Sì sì sì sì » , fece lo zio , come se si fosse aspettata questa rettorica , questa poesia buona a niente . « Anch ' io , sai , il punch ! » , gli disse la piccina . Lo zio sorrise : manco male ! Quello sarà proprio un ricordo prezioso . Franco , sentendosi così demolire la sua sottile preparazione di ricordi religiosi e poetici , si fece scuro . « E questo Gilardoni ? » , chiese Luisa . « Sono qui adesso » , fece Ismaele uscendo con la sua lanterna . Il professore Gilardoni aveva invitato i Maironi e donna Ester Bianchi a prendere il punch in casa sua dopo la messa . Lo si aspettava dal Niscioree dov ' era andato a pigliare la signorina che ci viveva sola con due vecchie serve , dopo la morte del padre avvenuta nel 1852 . L ' ottimo professore aveva pianto segretamente la signora Teresa per uno spazio di tempo ragionevole . Durante quella pessima convalescenza del cuore che lo tiene debole e molle , in continuo pericolo di ricadere , egli si era troppo poco guardato dal bel visino brioso , dagli occhi vivaci , dalla gaiezza scintillante della principessina del Niscioree , come la chiamavano i Maironi . Ella era così diversa nello spirito e nel corpo dalla signora Teresa , la sua persona vigorosa nelle forme della grazia più squisita suggeriva l ' idea di un amore così lontano da quell ' altro , che al professore pareva di poterle volere bene senza offendere la santa immagine della madre di Luisa . Infatti egli santificò sempre maggiormente questa immagine , la spinse in su in su verso il cielo , tanto in su che qualche nuvola cominciò a passare fra lui e lei ; prima eran cirri , adesso eran cumuli e stava per giungere uno strato definitivo . Egli era più timido ancora con donna Ester che non lo fosse stato con la signora Teresa . Aveva del resto un inconscio bisogno di amare senza speranza per potersi poi compiangere , per la voluttà di un doppio intenerimento , verso una bella creatura e verso se stesso . E la sua timidezza era pure contenta di possedere una scusa in quella gran differenza d ' età e di aspetto . Però col non far alcuna difesa contro gli occhi maliziosi , i folti capelli biondi , il sottile collo di neve , col bersi e ribersi nel cuore la voce fresca , il riso d ' argento , l ' uomo si metteva in pericolo di cuocere intollerabilmente . Ester , che a ventisette anni ne mostrava venti salvo che nella morbidezza delle movenze e in una certa occulta , deliziosa scienza degli occhi , non aveva desiderato di pescar quell ' amante rispettabile ma lo sentiva preso e se ne compiaceva , stimandolo un grande ingegno , un sapientone . Che egli osasse parlarle d ' amore , ch ' ella potesse sposar quella sapienza giallognola , rugosa e secca , neppure le veniva in mente ; ma neanche avrebbe voluto spegnere un focherello così discreto che faceva onore a lei e , probabilmente , piacere a lui . S ' ella ne rideva qualche volta con Luisa , non era però mai la prima a ridere e soggiungeva subito : « Povero signor Gilardoni ! Povero professore ! » . Ella entrò frettolosa , con la testolina bionda chiusa in un gran cappuccio nero , come una primavera travestitasi , per chiasso , da dicembre . Dicembre le veniva dietro , affagottato il collo in una gran sciarpa sulla quale si porgeva , lucente e rosso , il naso professorale irritato dalla neve . Era tardi , tutti si accomiatarono dallo zio ed egli rimase solo con il suo lume e il suo latte , davanti alle ultime brage moribonde del ginepro . Gli restava sul viso una leggera ombra di disapprovazione . Franco faceva troppo il poeta ! Adesso la vita era dura in casa Maironi . Si faceva colazione con una tazza di latte e cicoria adoperando certo zucchero rosso che puzzava di farmacia . Non si mangiava carne che la domenica e il giovedì . Una bottiglia di vin Grimelli veniva ogni giorno in tavola per lo zio , il quale non voleva saperne di privilegi . Ogni giorno , per questa bottiglia , sorgevano le stesse nubi , scoppiava la stessa piccola burrasca e si scioglieva secondo il volere dello zio , con una brevissima pioggerella di decotto in ciascuno dei cinque bicchieri . La serva era stata licenziata ; restava la Veronica per le faccende grosse , per la polenta , e qualche volta per badare a Maria . Malgrado queste ed altre economie , malgrado che la Cia avesse rinunciato al suo salario , malgrado i doni di ricotta , di mascherpa , di formaggio di capra , di castagne , di noci , che piovevano dalla gente del paese , Luisa non riusciva a tener la spesa dentro l ' entrata . Si era procacciato qualche lavoro di copiatura da un notaio di Porlezza ; molta fatica e miserabilissimi guadagni . Franco aveva cominciato a copiar con ardore anche lui , ma ci reggeva meno di sua moglie e poi non c ' era lavoro per due . Avrebbe dovuto darsi le mani attorno , cercar un impiego privato , ma di questo lo zio non vedeva indizio ; per cui ? Per cui , questo pensare a spedizioni poetiche gli pareva anche più fuor di luogo . Dopo aver meditato alquanto sulla triste situazione e sulla poca probabilità che Franco sapesse uscirne , trovò che dal canto suo la prima cosa a fare era di bere il suo latte e la seconda di andarsene a letto . Ma no , gli venne un altro pensiero . Aperse l ' uscio della sala , e , visto tutto buio , andò in cucina , accese una lanterna , la portò in loggia , spalancò una finestra e , poiché nevicava senza vento , posò il lume sul davanzale , onde quella gente poetica potesse dirigersi ritornando a casa per il lago tenebroso . Dopo di che se n ' andò a dormire . Nella vecchia barca di casa l ' ingegnoso Franco aveva architettato una specie di felze per l ' inverno con due finestrini ai lati e un usciolino a prora . Ora i sei viaggiatori vi stavano attorno a un minuscolo tavolino , sul quale ardeva una candela . Vedendo l ' espressione estatica del professore ch ' era seduto in faccia a Ester , Franco si divertì a spegner il lume e osservò che la filosofia poteva trovarsi male al buio , ma che la poesia ci si trovava benissimo . Infatti i pensieri suoi e de ' suoi compagni , prima raccolti intorno al lume , uscivano adesso per il vetro dell ' usciolino dietro un chiaror fioco dove si vedeva la prora della barca , già biancastra di neve sul lago immobile e nero . E le immaginazioni lavoravano . A chi pareva di andar verso Osteno , a chi pareva di andar verso la Caravina , a chi pareva di andar verso Cadate ; e ciascuno diceva i propri dubbi parlando piano come per non svegliare il lago addormentato . Un po ' alla volta si misero a discutere , ma le sei teste , ad ogni colpo dei remi , facevano un cenno di completo accordo . Così ciascuno dei critici saliti nella navicella d ' un grande poeta si crede fare una via differente . Chi stima dirigersi verso un ideale , chi verso un altro , chi stima accostarsi a un modello , chi a un altro , chi andar avanti , chi tornar indietro ; e il poeta li commove , li scuote col suo verso tutti insieme , li porta sulla propria via . Ismaele portò fedelmente il suo carico a S . Mamette . La neve cadeva sempre grossa e placida . Sotto i portici della piazza v ' era molta gente e un viavai di lanterne . C ' era pure il preposto che arringava un gruppo di fedeli disposti a disertar la chiesa per l ' osteria . Egli stava dimostrando che il Paradiso è difficile a guadagnare e che bisogna pensarci per tempo : « Vialter credii che andà in Paradis el sia giusta come andà in la barca del Parella . E sü gent ! E sü gent ! Gh ' è semper post ! Avii capì che l ' è minga inscì ? » . Sulla scalinata che sale alla chiesa Ester domandò a Luisa se il paradiso fosse proprio così piccolo . Il professore che accompagnava Ester con l ' ombrello ebbe un ' idea , palpitò , tremò e , fattosi un coraggio leonino , la mise fuori ; disse che il paradiso era più piccolo ancora e poteva stare sotto un ombrello . La cosa passo liscia , Ester non rispose e tutta la compagnia entrò , mista a una frotta di donne , nelle tenebre della chiesa . Il professore si fermò sulla porta , incerto fra l ' amore e la filosofia . La filosofia lo tirava indietro con un filo e l ' amore lo tirava avanti con una fune ; egli entrò e si pose accanto a Ester . Franco ebbe per un momento la crudele idea di trascinarlo avanti , fra i banchi degli uomini ; ma poi mutò pensiero e si pose anche lui presso sua moglie . Giovò poco , perché Ester , fingendo voler dire qualche cosa a Luisa , le si avvicinò e spinse maliziosamente la vecchia Cia verso il professore . Questi , ancora palpitante per quella sua disperata audacia del paradiso sotto l ' ombrello , alla mossa di Ester si turbò , pensò di averla offesa , si diede dell ' asino e dell ' asino e dell ' asino . La chiesa era già tutta piena e anche le signore dovettero star in piedi dietro la spalliera del primo banco . Ester s ' incaricò di Maria , la pose a sedere sulla spalliera mentre il sagrestano accendeva le candele dell ' altar maggiore . La Cia tormentava il professore , credendolo un sant ' uomo , con mille domande sulle differenze tra il rito romano e il rito ambrosiano , e Maria teneva occupata Ester con altre domande ancora più straordinarie . « Per chi si accendono quei lumi ? » « Per il Signore . » « Va ' a letto adesso , il Signore ? » « No , taci . » « E il bambino Gesù è già a letto ? » « Sì , sì » , rispose Ester storditamente , per finirla . « Col mulo ? » Lo zio aveva portato una volta a Maria un brutto muletto di legno ch ' ella odiava ; e , quando si ostinava in qualche capriccio , sua madre la poneva a letto con quel mulo sotto il guanciale , sotto la testolina troppo dura . « Citto , ciallina ! » , fece Ester . « Io no , a letto col mulo . Io dico scusa . » « Zitto ! Ascolta l ' organo , adesso . » Tutti i ceri erano ormai accesi e l ' organista salito al suo posto andava stuzzicando , come per risvegliarlo , il suo vecchio strumento che pareva mettere grugniti di corruccio . Nel punto in cui un campanello suonò e l ' organo alzò tutte le sue gran voci e uscirono i chierici e uscì il sacerdote , Luisa prese di soppiatto , come un ' amante , la mano di suo marito . Quelle due mani , stringendosi furtivamente , parlavano di un prossimo avvenimento , di una risoluzione grave che conveniva tener segreta e che non ancora era presa in modo irrevocabile . La piccola mano nervosa disse « coraggio ! » . La mano virile rispose « l ' avrò » . Bisognava decidersi . Franco doveva partire , lasciar sua moglie , la bambina , il vecchio zio , forse per qualche mese , forse per qualche anno ; doveva lasciar Valsolda , la casetta cara , i suoi fiori , forse per sempre , emigrare in Piemonte , cercar lavoro e guadagno con la speranza di poter chiamare a sé la famiglia quando le altre grandi speranze nazionali sfumassero . Contento che sua moglie avesse scelto la chiesa e quel momento solenne per incoraggiarlo al sacrifizio , non lasciò più la dolce mano , la tenne egli pure come l ' avrebbe tenuta un amante , non guardando mai Luisa , serbando impassibile il viso e rigida la persona . Parlava con la mano sola , con l ' anima nel palmo e nelle dita , il più vario appassionato linguaggio misto di blande carezze e di strette , di tenerezze e di ardori . Qualche volta ella si provava di ritirarsi dolcemente ed egli la tratteneva allora violento . Guardava l ' altare col viso alzato , come assorto nel suono dell ' organo , nella voce del sacerdote , nel canto del popolo . In fatto non seguiva le preghiere , ma sentiva la Divina Presenza , un rapimento , una effervescenza di amore , di dolore , di speranza in Dio . Luisa gli aveva presa la mano indovinando ch ' egli pregava , che tutte le sue angustie , tutte le sue dubbiezze gli si agitavano nel cuore . Avea realmente voluto infondergli coraggio , convinta ch ' era bene per lui di prender questo partito doloroso . Fraintese la stretta che le rispose ; le parve un ' appassionata protesta contro la separazione , e non la potendo , quantunque le fosse dolce , approvare , accennava ogni tanto a ritrar la mano . Fu lui che all ' Elevazione ritrasse , per rispetto , la propria . Egli dovette quindi prendersi in braccio Maria che s ' era addormentata e continuò a dormire con la testa sulla spalla di suo padre , mostrando un bel mezzo visino pacifico . Non lo sapeva , lei , cara , che il suo papà sarebbe andato lontano lontano e il suo papa aveva il cuore tutto molle di quel piccolo tesoro caldo che vi respirava su , di quella testina dall ' odore di uccelletto del bosco . Gli pareva già di essere partito e che lo cercasse , che piangesse , e allora gli correva nelle braccia un desiderio di stringerla forte , fermato subito dal timor di destarla . Il Gilardoni era uscito il primo e stava sul sagrato ad aspettare donna Ester con l ' ombrello aperto . Ella venne a braccetto di Luisa , e la perfida Luisa , malgrado il pregar sommesso della compagna , disse al professore : « Ecco la Sua dama » . Ester non ebbe il coraggio di rifiutar il braccio del Gilardoni ma gli osservò ridendo che splendevano mille stelle . Il Gilardoni guardò il cielo , mise fuori due o tre frasi senza senso comune e chiuse l ' ombrello . Non nevicava più , sopra il Boglia il cielo era lucido , s ' udiva in alto un rombo continuo . « Vento , vento ! » , disse Ismaele raggiungendo la comitiva . « Vado a piedi ! Vado a piedi ! » , gemette allora la Cia che aveva una gran paura del lago . Intanto la gente , uscendo di chiesa , urtò e scompose il gruppo , lo trasse giù per la scalinata . I sei viaggiatori e il barcaiuolo si riunirono da capo sulla piazza di S . Mamette e lì donna Ester dichiarò che non si sentiva troppo bene , che rinunciava al punch e che sarebbe andata a casa a piedi con la Cia . Il professore taceva in disparte . Franco e Luisa capirono che non c ' era da insistere e le due donne s ' avviarono a Oria con la scorta d ' Ismaele il quale doveva ritornar poi a prendere i Maironi e la barca . Una lucerna modérateur era accesa nel salotto del Gilardoni , un bel fuoco ardeva nel caminetto , il Pinella aveva preparato ogni cosa per il punch e chi lo fece fu Luisa perché il professore pareva aver perduto la testa , non faceva che darsi dello stupido e della bestia . Sulle prime non gli si poté cavar niente ; poi vennero fuori , poco a poco , la storia del paradiso sotto l ' ombrello e certe infernali conseguenze di quel paradiso . Nello scendere la scalinata della chiesa c ' era stato fra lui ed Ester questo dialogo : « Sa , donna Ester , temevo quasi di averla offesa » . « Come ? » « Con quell ' affare dell 'ombrello.» « Che ombrello ? » Qui il professore non era stato buono di ripetere il suo complimento . « Sa , Le avevo detto qualche cosa ... » « Che cosa ? » « Si parlava del Paradiso ... » Silenzio di Ester . « ... e io quando mi trovo con una persona che stimo , che stimo proprio di tutto cuore , dico facilmente degli spropositi . Vorrei quasi dirne uno anche adesso , donna Ester . » « Spropositi mai , sa » , aveva risposto Ester e s ' era staccata da lui per andare a Oria con la Cia . Veramente il dialogo non fu riferito così . Il Gilardoni raccontò che aveva fatto capire la sua gran passione e che donna Ester si era sdegnata . Franco aveva una gran voglia di ridere ; Luisa disse scherzando : « Lasci fare a me , lasci fare a me che farò il punch e la pace e tutto ; e Lei , un ' altra volta , non sia un seduttore così terribile ! » . Il povero professore per poco non si inginocchiò a baciarle uno scarpino e , rifatto animo , riprese le sue funzioni di ospite , servì il punch agli amici . « Guardate Maria » , disse Franco , sottovoce . La piccina si era addormentata sulla poltrona del professore , presso la finestra . Franco prese la lucerna e l ' alzò per vederla meglio . Pareva una piccola creatura del cielo , caduta lì col lume delle stelle , assopita , soffusa nel viso di una dolcezza non terrena , di una solennità piena di mistero . « Cara ! » , diss ' egli . Raccolse sua moglie a sé con un braccio , sempre guardando Maria . Il Gilardoni venne loro alle spalle , mormorò « che bellezza ! » e tornò al caminetto sospirando « beati voi ! » . Allora Franco , intenerito , sussurrò all ' orecchio di sua moglie : « Glielo diciamo ? » . Ella non capì , lo guardò negli occhi . « Che parto » , diss ' egli , sempre sottovoce . Luisa trasalì , rispose « sì , sì » tutta commossa perché non l ' attendeva a questo , avendolo in chiesa creduto incerto . La sorpresa di lei non sfuggì a Franco . Ne fu turbato , si sentì scosso nel suo proposito ed ella intese , ripeté impetuosamente « sì , sì » e lo spinse verso il Gilardoni . « Caro amico » , diss ' egli , « Le debbo dir una cosa . » Il professore , assorto nella contemplazione del fuoco , non rispondeva . Franco gli posò una mano sulla spalla . « Ah ! » , fece quegli trasalendo . « Scusi . Che cosa ? » « Le debbo raccomandare qualcuno . » « A me ? Chi ? » « Un vecchio , una signora e una bambina . » I due uomini si guardarono in silenzio , uno commosso , l ' altro stupefatto . « Non capisce ? » , sussurrò Luisa . No , non capiva , non rispondeva . « Le raccomando » , riprese Franco , « mia moglie , mia figlia e il nostro vecchio zio . » « Oh ! » , esclamò il professore , guardando ora Luisa ora Franco . « Vado via » , disse questi con un sorriso che fece doler il cuore al Gilardoni . « Allo zio non l ' abbiamo ancora detto ma è cosa necessaria . Nelle nostre condizioni non posso star qui a far niente . Dirò che vado a Milano , crederà chi vorrà ; invece sarò in Piemonte . » Gilardoni giunse le mani silenziosamente , sbalordito . Luisa abbracciò Franco , lo baciò , gli tenne il capo sul petto , ad occhi chiusi . Il professore s ' immaginò ch ' ella piegasse con dolore alla volontà di suo marito . « Oh senta » , diss ' egli , volto a Franco . « Se ci fosse la guerra , capirei ; ma così , se dà una tale afflizione a Sua moglie per ragioni economiche , ha torto ! » Luisa , tenendosi sempre al collo di suo marito con un braccio , agitò in silenzio l ' altra mano verso Gilardoni per farlo tacere . « No , no , no » , mormorò , ricongiungendo le braccia intorno al collo di Franco , « fai bene , fai bene » , e perché il Gilardoni insisteva , si staccò da suo marito . « Oh , ma professore ! » , diss ' ella scotendogli le mani incontro , « se glielo dico io che fa bene di partire , se glielo dico io che sono sua moglie ! Ma caro professore ! » « Oh infine , signora ! » , proruppe il Gilardoni . « Bisogna poi anche sapere ... » Franco stese impetuoso le braccia verso di lui , gridò : « Professore ! » « Fa male ! » , gli rispose questi . « Fa male ! Fa male ! » « Cosa c ' è , Franco ? » , dimandò Luisa , meravigliata . « C ' è qualche cosa che io non so ? » « C ' è che devo andar via , che andrò via e non c ' è altro ! » Maria s ' era svegliata di soprassalto a quel grido di suo padre : « Professore ! » , poi , vedendo la mamma così agitata , si dispose a piangere . Finalmente scoppiò in lagrime dirotte : « No papà , no via papà , no via papà ! » . Franco se la tolse in braccio , la baciò , l ' accarezzò . Ella andava ripetendo fra i singhiozzi « papà mio , papà mio » con una voce accorata e grave che faceva male al cuore . Suo padre se ne struggeva tutto , le protestava di voler star sempre con lei e piangeva per il dolore d ' ingannarla , per la commozione di quella tenerezza nuova che veniva proprio adesso . Luisa pensava al grido di suo marito . Il Gilardoni s ' accorse ch ' era in sospetto di un segreto e le domandò , per toglierla da quel pensiero , se Franco intendesse partire presto . Fu questi che rispose . Dipendeva da una lettera di Torino . Fra una settimana , forse ; tutt ' al più fra quindici giorni . Luisa taceva e il discorso cadde . Franco parlò allora di politica , delle probabilità che la guerra scoppiasse a primavera . Anche questo discorso morì presto . Pareva che il Gilardoni e Luisa pensassero ad altro , che ascoltassero il batter delle onde ai muri dell ' orto . Finalmente Ismaele ritornò , ebbe il suo punch , assicurò che il lago non era troppo cattivo , che si poteva partire . Appena i Maironi furono in barca , appena Maria vi riprese il sonno , Luisa domandò a suo marito se vi fosse una cosa ch ' ella non sapeva e che il Gilardoni non doveva dire . Franco tacque . « Basta » , diss ' ella . Allora suo marito le passò un braccio al collo , la strinse a sé , protestando contro parole che ella non aveva dette : « Oh Luisa , Luisa ! » . Luisa si lasciò abbracciare ma non rispose all ' abbraccio ; onde suo marito , disperato , le promise subito di dirle tutto , tutto . « Mi credi curiosa ? » , sussurrò ella fra le sue braccia . No , no , egli voleva raccontarle ogni cosa subito , dirle perché non avesse parlato prima . Ella si oppose ; preferiva che parlasse più tardi , spontaneamente . Avevano il vento in favore e il lume che brillava ad una finestra della loggia serviva bene di mira a Ismaele . Franco tenne sempre abbracciato il collo di sua moglie e guardava tacendo quel punto lucente . Né l ' uno né l ' altra pensarono alla mano amorosa e prudente che lo aveva acceso . Vi pensò Ismaele , affermò che né la Veronica né la Cia eran capaci di un simile tratto di genio e benedisse la faccia del signor ingegnere . Nell ' uscire di barca Maria si svegliò e gli sposi non parvero pensar più che a lei . Quando furono a letto , Franco spense il lume . « Si tratta della nonna » , diss ' egli . La voce era commossa , rotta . Luisa mormorò « caro » e gli prese una mano , affettuosamente . « Non ho mai parlato » , riprese Franco , « per non accusar la nonna e poi anche ... » Qui seguì una pausa ; quindi fu egli che mescolò al suo dire le più tenere carezze mentre sua moglie , invece , non vi rispondeva più . « Temevo » , disse , « l ' impressione tua , i tuoi sentimenti , le idee che ti potevano venire ... » Più le parole avevano questo dubbio sapore , più la voce era tenera . Luisa sentiva avvicinarsi , non un alterco , ma un contrasto più durevole e grave ; non avrebbe voluto , adesso , che suo marito parlasse , e suo marito , sentendola diventar fredda , non proseguì . Ella gli posò la fronte alla spalla e disse sottovoce , malgrado se stessa : « Racconta » . Allora Franco , parlandole nei capelli , le ripeté il racconto fattogli dal professore nella notte del suo matrimonio . Nel riferire a memoria la lettera e il testamento di suo nonno , temperò alquanto le frasi ingiuriose verso suo padre e la nonna . A mezzo il racconto , Luisa , che non si aspettava una rivelazione simile , alzò il capo dalla spalla di suo marito . Questi s ' interruppe . « Avanti » , diss ' ella . Finito ch ' egli ebbe , gli domandò se si potesse dimostrare che il testamento del nonno era stato soppresso . Franco rispose prontamente di no . « Ma » , diss ' ella , « perché allora parlavi delle idee che mi potevan venire ? » . Il suo pensiero era subito corso al probabile delitto della nonna , alla possibilità di un ' accusa . Ma se l ' accusa non era possibile ? Franco non rispose ed ella , dopo aver pensato un poco , esclamò : « Ah , la copia del testamento ? Adoperarla ? Quello è un testamento che potrebbe valere ? » « Sì » « E tu non l ' hai voluto far valere ? » «No.» « Perché , Franco ? » « Ecco ! » , esclamò Franco , pigliando fuoco . « Vedi ? Lo sapevo ! No , non lo voglio far valere , no , no , assolutamente , no ! » « Ma le ragioni ? » « Dio , le ragioni ! Le ragioni si sentono , le devi sentire senza che io te le dica ! » « Non le sento . Non credere ch ' io pensi ai denari . Non pigliamoli i denari , dalli a chi vuoi tu . Io sento le ragioni della giustizia . C ' è la volontà di tuo nonno da rispettare , c ' è un delitto che tua nonna ha commesso . Tu sei tanto religioso , devi riconoscere che questa carta l ' ha fatta venir fuori la giustizia divina . Tu ti vuoi mettere fra la giustizia divina e questa donna ? » « Lascia stare la giustizia divina ! » , rispose Franco , violento . « Cosa sappiamo noi delle vie che prende la giustizia divina ? Vi è anche la misericordia divina ! Si tratta della madre di mio padre , sai ! E non li ho disprezzati sempre questi maledetti denari ? Cosa ho fatto quando la nonna mi ha minacciato di non lasciarmi un soldo se sposavo te ? » La tenerezza e la collera , miste insieme , gli fecero groppo alla gola . Non potendo parlare , afferrò il capo di Luisa , se lo strinse sul petto . « Ho disprezzato i denari per aver te » , riprese con voce soffocata . « Come vuoi che adesso cerchi di riprenderli con dei processi ? » « Ma no ! » , lo interruppe Luisa rialzando il capo . « I denari li darai a chi vorrai ! È della giustizia che parlo io ! Ma non la senti , tu , la giustizia ? » « Dio mio ! » , diss ' egli mettendo un profondo sospiro . « Era meglio che non t ' avessi parlato neanche stasera ! » « Forse sì . Se non volevi rinunciare in nessun caso ai tuoi propositi , forse era meglio . » La voce di Luisa , dicendo questo , esprimeva tristezza , non collera . « Del resto » , soggiunse Franco , « quella carta non esiste più . » Luisa trasalì . « Non esiste più ? » , diss ' ella sottovoce , con ansia . « No . Il professore deve averla distrutta , per ordine mio . » Seguì un lungo silenzio . Luisa ritirò il capo adagio adagio , lo posò sul guanciale proprio . Poi Franco uscì a dir forte : « Un processo ! Con quei documenti ! Con quelle ingiurie ! Alla madre di mio padre ! Per i denari ! » « Ma non ripetere questa cosa ! » , esclamò sua moglie , sdegnata . « Perché la ripeti sempre ? Sai pure che non è vera ! » Parlavano concitati l ' uno e l ' altra ; si capiva che durante il silenzio di prima avevano continuato a lavorar forte col pensiero su questo punto . Egli si irritò del rimprovero e rispose alla cieca : « Non so niente » . « Oh Franco ! » , disse Luisa , addolorata . Egli si era già pentito dell ' oltraggio e le domandò perdono , accusò il proprio temperamento che gli faceva dire cose non pensate , implorò una parola buona . Luisa gli rispose sospirando « sì , sì » ma egli non fu contento , volle che dicesse proprio « ti perdono » , che lo abbracciasse . Il tocco delle care labbra non lo ristorò come al solito . Passarono alcuni minuti ed egli stette in ascolto per capire se sua moglie si fosse addormentata . Udì il vento ` il respiro lieve di Maria , il fragor delle onde , qualche tremolìo dei vetri , non altro . Sussurrò : « Mi hai proprio perdonato ? » , e udì rispondersi con dolcezza : « Sì , caro » . Andò poco e fu lei che stette in ascolto , che udì , insieme al vento , alle onde , agli scricchiolii delle imposte , il respiro uguale , regolare della piccina , il respiro uguale , regolare del marito . Allora mise un altro gran sospiro , un sospiro desolato . Dio , come poteva Franco essersi condotto così ? Ciò che la feriva nel più vivo del cuore era ch ' egli paresse sentir poco le offese fatte alla povera mamma e allo zio . Ma su questo pensiero non voleva fermarsi , almeno prima di aver considerato il torto di lui altrove , di fronte all ' idea di giustizia ; e là lo sentiva , con amarezza eppur non senza compiacimento , inferiore a sé , governato da sentimenti che procedevano dalla fantasia , mentre il sentimento suo proprio era penetrato di ragione . Aveva tanto del bambino , Franco . Ecco , egli poteva già dormire ed ella si teneva sicura di non chiuder occhio fino alla mattina . A lei pareva di non aver fantasia perché non se la sentiva muovere , accendere così facilmente . Chi le avesse detto che la fantasia poteva in lei più che in suo marito , l ' avrebbe fatta ridere . Eppure era così . Solamente , per dimostrarlo , occorreva capovolgere ambedue le anime , perché Franco aveva la sua fantasia visibile a fior d ' anima e tutta la sua ragione al fondo , mentre Luisa aveva la fantasia al fondo e la ragione , molto visibilmente , a fior d ' anima . Ella non dormì infatti e pensò per tutta la notte , con la sua fantasia del fondo dell ' anima , come la religione favorisca i sentimentalismi deboli , com ' essa che predica la sete della giustizia sia incapace di formare negl ' intelletti devoti a lei il vero concetto di giustizia . Anche il professore , che aveva infiltrazioni sierose di fantasia nelle cellule raziocinanti del cervello come nelle cellule amorifiche del cuore , spenta la lucerna , passò gran parte della notte davanti al caminetto lavorando con le molle e con la fantasia , pigliando , guardando , lasciando cader brage e progetti fino a che gli restarono un ultimo carbone lucente e un ' ultima idea . Prese allora uno zolfino e accostatolo alla bragia ne riaccese la lucerna , prese l ' idea pure luminosa e scottante , se la portò a letto . Era questa : partire , all ' insaputa di tutti , per Brescia , presentarsi alla marchesa con i terribili documenti , ottenere una capitolazione . 7 . È giuocato Tre giorni dopo , alle cinque della mattina , in Milano , il professore Gilardoni usciva , inferraiuolato fino agli occhi , dall ' Albergo degli Angeli , passava davanti al Duomo e infilava la buia contrada dei Rastelli dietro una fila di cavalli condotti a mano dai postiglioni , entrava nell ' ufficio delle diligenze erariali . Il piccolo cortile dove ora è la Posta era già pieno di gente , di bestie , di lanterne . Voci di postiglioni e di conduttori , passi di cavalli , scosse di sonagliere ; all ' eremita della Valsolda pareva un finimondo . Si stavano attaccando i cavalli a due diligenze , quattro per ciascuna . Il professore andava a Lodi perché aveva saputo che la marchesa era in visita presso un ' amica di Lodi . La diligenza di Lodi partiva alle cinque e mezzo . Faceva un freddo intenso e il povero professore girava inquieto intorno al carrozzone mostruoso pestando i piedi per riscaldarsi ; tanto che un altro viaggiatore gli disse argutamente : « Freschino , eh ? Freschinetto , freschinetto ! » . Quando Dio volle si finì di attaccare i cavalli , un impiegato chiamò i viaggiatori per nome e il buon Beniamino sparì nel ventre del carrozzone insieme a due preti , a una vecchia serva , a un vecchio signore con una natta enorme sul viso e a un giovine elegante . Gli sportelli furono chiusi , un comando fu dato , le sonagliere tintinnarono , il carrozzone si scosse , i preti , la vecchia , il signore dalla natta si fecero il segno della croce , i sedici zoccoli dei cavalli strepitarono sotto l ' androne , le ruote pesanti lo empirono di fragore , poi tutto questo fracasso si smorzò e la diligenza svoltò a destra verso Porta Romana . Adesso le ruote correvano quasi silenziose e i viaggiatori non sentivano più che il pestar disordinato dei sedici zoccoli sulle pietre . Il professore guardava passar le case scure , il raro chiaror dei fanali , qualche piccolo caffè illuminato , qualche garetta di sentinella . Gli pareva che il silenzio della grande città avesse qualche cosa di minaccioso e di formidabile per quei soldati , che le stesse mura delle case nereggiassero d ' odio . Quando la diligenza entrò nel corso di Porta Romana , così allagato di nebbia che dai finestrini non si vedeva quasi più nulla , chiuse gli occhi e si abbandonò al piacere d ' immaginar le persone e le cose che aveva nel cuore , di conversar con esse . Non era più il viaggiatore della natta che gli sedeva in faccia , era donna Ester tutta chiusa in un gran mantello nero e col cappuccio in capo . Ella lo guardava fiso ; i begli occhi gli dicevano : « Bravo , Lei fa una bella azione , mostra molto cuore , non l ' avrei creduto . L ' ammiro . Ella non è più né vecchio , né brutto per me . Coraggio ! » . A questa esortazione di aver coraggio gli veniva una stretta di paura , gli scattava in mente la immagine della marchesa ; e il rumor sordo delle ruote si trasformava nella voce nasale della vecchia dama che gli diceva : « Si accomodi . Cosa desidera ? » . A questo punto la diligenza si fermò e il professore aperse gli occhi . Porta Romana . Qualcuno aperse lo sportello , domandò le carte di sicurezza , e , raccoltele , si allontanò , ricomparve dopo cinque minuti , le restituì a tutti fuorché al giovine elegante . « Lei scenda » , gli diss ' egli . Quegli impallidì , discese in silenzio e non ritornò . Dopo un altro minuto fu chiuso lo sportello , una voce ruvida disse : « Avanti ! » . Il signore dalla natta collocò la sua borsa da viaggio sul sedile rimasto vuoto ; nessun altro viaggiatore diede segno di accorgersi dell ' accaduto . Solo quando i quattro cavalli ebbero ripreso il trotto , Gilardoni domandò al prete suo vicino se conoscesse il nome del giovine e quegli rispose bruscamente « off ! » , girò verso il professore due occhi sgomentati e sospettosi . Il professore guardò l ' altro prete che subito trasse di tasca una corona e fattosi il segno della croce si mise a pregare . Il professore tornò a chiudere gli occhi e l ' immagine del giovane sconosciuto si perdette per sempre nella nebbia come parevano perdervisi i rari fantasmi d ' alberi , di pioppi e di salici , che passavano a destra e a sinistra della via . « Come incominciare ? » , pensava il Gilardoni . Dalla notte di Natale in poi non aveva fatto che immaginare e discutere fra sé il modo di presentarsi alla marchesa , di entrar nell ' argomento e di svolgerlo , la capitolazione da offrire . Non aveva chiara in mente che quest ' ultima ; ove la signora marchesa facesse un largo assegno al nipote , egli distruggerebbe le carte . Queste carte non le teneva seco ; ne aveva una copia . Dovevano produrre un effetto fulmineo ; ma come incominciare ? Nessuno dei tanti esordi pensati lo accontentava . Anche adesso , fantasticando ad occhi chiusi , si poneva il problema partendo dal solo termine conosciuto : " Si accomodi . Cosa desidera ? " . Immaginava una risposta che poi gli pareva o troppo ossequiosa o troppo ardita o troppo lontana dall ' argomento o troppo vicina ad esso e ricominciava la via dal solito principio : " Cosa desidera ? " . Un livido chiaror d ' alba , pieno d ' uggia , di tristezza e di sonno , entrò nella diligenza . Adesso che l ' ora del colloquio stava per giungere , mille dubbi , mille incertezze nuove mettevano in iscompiglio tutte le previsioni del professore . La stessa base de ' suoi calcoli improvvisamente crollò . Se la marchesa non gli dicesse né « si accomodi » né « cosa desidera ? » . Se lo accogliesse Dio sa in quale altro modo imbarazzante ? E se non lo volesse ricevere ? Santo cielo , se non lo volesse ricevere ? L ' improvviso strepitar dei sedici zoccoli sopra un ciottolato gli fece battere il cuore . Ma non era ancora il ciottolato di Lodi ; era il ciottolato di Melegnano . A Lodi arrivò circa alle nove . Scese all ' Albergo del Sole , ebbe una stanza dove non c ' era né sole né fuoco . Non osando affrontare la nebbia delle vie , né le vampe della cucina , osò invece porsi a letto , mise il berretto da notte che sapeva le sue angustie , aspettò , con la sigaretta di canfora in bocca , qualche buona idea e il mezzogiorno . Salì , al tocco , le scale del palazzo X . , col savio proposito di scordar tutte le frasi meditate , di rimettersi alla ispirazione del momento . Un domestico in cravatta bianca lo introdusse in uno stanzone scuro , dal pavimento di mattoni , dalle pareti coperte di seta gialla , dal soffitto a stucchi , e , fatto un inchino , uscì . Poche antiche sedie a bracciuoli , bianche e dorate , con la stoffa rossa , stavano in semicerchio davanti al camino dove tre o quattro ceppi enormi ardevano adagio dietro la grata di ottone . L ' aria aveva un odor misto di vecchie muffe , di vecchie pasticcerie , di vecchie mele cotte , di vecchie stoffe , di vecchia pelle , di decrepite idee , una sottile essenza di vecchiaia che faceva raggrinzar l ' anima . Il domestico ritornò ad annunciare , con grande emozione del Gilardoni , il prossimo ingresso della signora marchesa . Aspetta e aspetta , ecco aprirsi un grande uscio a fregi dorati , ecco un campanellino corrente , ecco Friend che trotta dentro fiutando il pavimento a destra e a manca , ecco una gran campana di seta nera sotto un cupolino di pizzo bianco , ecco fra due nastri celesti la parrucca nera , la fronte marmorea , gli occhi morti della marchesa . « Che miracolo , professore , a Lodi ? » , disse la voce sonnolenta , mentre il cagnolino fiutava gli stivali del professore . Questi fece un profondo saluto e la dama che pareva appunto l ' ampolla dell ' essenza di vecchiaia , andò a porsi in un seggiolone accanto al fuoco e fece accomodare la sua bestiola in un altro ; dopo di che accennò al Gilardoni di accomodarsi pure . « Suppongo » , diss ' ella , « che avrà qualche parente alle Dame Inglesi . » « No » , rispose il professore , « veramente no . » La marchesa era faceta , qualche volta , alla sua maniera . « Allora » , disse , « sarà forse venuto a far provvista di mascherponi . » « Neanche , signora marchesa . Sono venuto per affari . » « Bravo . È stato disgraziato col tempo . Mi par che piova , adesso . » A questa impreveduta diversione il professore ebbe paura di perdere la tramontana . « Sì » , diss ' egli sentendosi diventare sciocco come lo scolaro cui l ' esame piega male : « pioviggina » . La sua voce , la sua fisionomia dovettero tradire l ' imbarazzo interno , apprendere alla marchesa che egli era venuto per dirle qualche cosa di particolare . Ella si guardò bene dall ' offrirgliene il bandolo , continuò a parlargli del tempo , del freddo , dell ' umido , di un raffreddore di Friend che infatti accompagnava di frequenti starnuti il discorso della sua dama . La voce sonnolenta aveva un placido tono quasi ridente , una blanda benevolenza ; e il professore sudava freddo al pensiero di fermare quella melliflua vena per offrir in cambio la pillola amara che aveva in tasca . Egli avrebbe potuto approfittar d ' una pausa per metter fuori il suo esordio , ma non seppe farlo ; e fu invece la marchesa che ne approfittò per metter fuori la sua chiusa . « La ringrazio tanto » , diss ' ella , « della visita , e adesso La congedo perché Ell ' avrà le Sue faccende e , per dire il vero , ho un impegno anch 'io.» Qui bisognò saltare : « Veramente » , rispose il Gilardoni , tutto agitato , « io ero venuto a Lodi per parlare con Lei , signora marchesa . » « Questo » , osservò la dama , gelida , « non lo avrei potuto immaginare . » Il professore trascorse avanti , nello slancio del salto . « Si tratta di cose urgentissime » , diss ' egli , « e io debbo pregare ... » La marchesa lo interruppe . « Se si tratta di affari , bisogna ch ' Ella si rivolga al mio agente di Brescia . » « Scusi , signora marchesa ; si tratta d ' un affare specialissimo . Nessuno sa e nessuno deve sapere che sono venuto da Lei . Le dico subito che si tratta di Suo nipote . » La marchesa si alzò e il cane accovacciato sul seggiolone si levò pure , abbaiando verso il Gilardoni . « Non mi parli » , disse solennemente la vecchia signora , « di quella persona che per me non esiste più . Andiamo , Friend . » « No , signora marchesa ! » , ripigliò il professore . « Ella non può assolutamente immaginare cosa Le dirò ! » « Non m ' importa di niente , non voglio saper niente , La riverisco ! » La inflessibile dama si mosse , così dicendo , verso l ' uscio . « Marchesa ! » , esclamò alle sue spalle il professor Beniamino , mentre Friend , saltato dal seggiolone , gli abbaiava disperatamente alle gambe : « Si tratta del testamento di Suo marito ! » Stavolta la marchesa non poté a meno di fermarsi . Tuttavia non si voltò . « Questo testamento non Le può piacere » , soggiunse rapidamente il Gilardoni , « ma io non ho l ' intenzione di pubblicarlo . Mi ascolti , La supplico , marchesa ! » Ella si voltò . La faccia impenetrabile tradiva una certa emozione nelle narici . Neppure le spalle eran del tutto tranquille . « Che storie mi conta ? » , rispose . « Le pare una bella convenienza di venire a nominarmi , così senza riguardi , il povero Franco ? Cosa c ' entra Lei negli affari della mia famiglia ? » « Perdoni » , replicò il professore frugandosi in tasca . « Se non c ' entro io , ci potrebbero entrare altri con meno riguardi di me . Abbia la bontà di vedere i documenti . Queste ... » « Si tenga i suoi scartafacci » , interruppe la marchesa vedendogli levar di tasca delle carte . « Queste sono le copie fatte da me ... » « Le dico che se le tenga , che se le porti via ! » La marchesa suonò un campanello e si avviò da capo per uscire . Il professore , tutto fremente , udendo venir un domestico , vedendo lei aprir l ' uscio , gittò le sue carte sopra una seggiola , disse sottovoce in fretta e furia : « Le lascio qui , non le veda nessuno , io sono al Sole , ritornerò domani , le guardi , ci pensi bene ! » , e prima che arrivasse il domestico , scappò per la parte ond ' era venuto , tolse il ferraiuolo , infilò le scale . La marchesa rimandò il domestico , stette un poco in ascolto , poi ritornò sui suoi passi , prese le carte , andò a chiudersi nella sua stanza e , inforcati gli occhiali , incominciò a leggere presso la finestra . La faccia era oscura e le mani tremavano . Il professore stava per andare a letto nella sua camera gelata del Sole , quando due poliziotti vennero a recargli l ' ordine di recarsi immediatamente all ' ufficio di Polizia . Egli sentì bene un certo rimescolamento interno ma non si smarrì e partì con essi . Alla Polizia , un piccolo Commissario insolente gli domandò perché fosse venuto a Lodi e avutone risposta che c ' era venuto per affari privati , fece un atto d ' incredulità sprezzante . Che affari privati pretendeva avere a Lodi il signor Gilardoni ? Con chi ? Il professore nominò la marchesa . « Ma se nessuna Maironi sta a Lodi ! » , esclamò il Commissario , e perché l ' altro protestava , lo interruppe subito : « Basta , basta , basta ! » . La Polizia sapeva di certo che il signor Gilardoni , quantunque I . R . pensionato , non era un leale austriaco , che aveva degli amici a Lugano e ch ' era venuto a Lodi con un fine politico . « Lei ne sa più di me ! » , esclamò il Gilardoni soffocando a stento la collera . « Faccia silenzio ! » , gl ' intimò il Commissario . « Del resto Ella non deve credere che l ' I . R . Governo abbia paura di Lei . È libero di andare . Solamente deve lasciar Lodi entro due ore ! » Qui Franco avrebbe capito subito di dove veniva il colpo ; il filosofo non capì . « Son venuto » , diss ' egli , « a Lodi per un affare urgente che non ho finito , per un interesse privato gravissimo . Come posso partire dentro due ore ? » « Con una vettura . Se , trascorse due ore , Ella è ancora in Lodi , La faccio arrestare . » « La mia salute » , replicò la vittima , « non mi permette di viaggiare di notte in dicembre . » « Ebbene , La farò arrestare subito . » Il povero filosofo prese in silenzio il suo cappello e uscì . Un ' ora dopo egli partiva per Milano in un calessino chiuso , con i piedi nella paglia , con una coperta sulle gambe , con una gran sciarpa al collo , pensando che aveva pur fatto una bella spedizione e inghiottendo saliva ogni momento per sentir se gli doleva la gola . Notte infame davvero ; ma non la passò sulle rose neppur la signora Marchesa . 8 . Ore amare L ' ultimo dì dell ' anno , mentre Franco stava scrivendo le minutissime istruzioni che intendeva lasciare a sua moglie per il governo del giardinetto e dell ' orto , mentre lo zio rileggeva per la decima volta la sua favorita Storia della diocesi di Como , Luisa uscì a passeggio con Maria . Splendeva un tepido sole . Non v ' era neve che sul Bisgnago e sulla Galbiga . Maria trovò una viola presso il cimitero e un ' altra la trovò in fondo alla Calcinera . Lì faceva veramente caldo , l ' aria aveva un lieve aroma di alloro . Luisa sedette con le spalle al monte , permise che Maria si divertisse ad arrampicarsi e sdrucciolar sull ' erba secca dietro a lei , e pensò . Non aveva riveduto il professor Gilardoni dopo la notte di Natale e desiderava parlargli , non per udir da capo la storia del testamento Maironi , ma per farsi raccontare il suo colloquio con Franco quando gliel ' aveva mostrato , per conoscere le prime impressioni di Franco e l ' opinione del professore . Poiché il testamento era stato distrutto , ciò aveva solamente un ' importanza psicologica . La curiosità di Luisa non era però una fredda curiosità di osservatrice . La condotta di suo marito l ' aveva gravemente offesa . Pensandoci e ripensandoci , come aveva fatto dalla notte di Natale in poi , s ' era persuasa che anche il silenzio serbato con lei fosse un peccato grave contro il diritto e l ' affetto . Ora le riusciva amaro il sentirsi diminuir la stima per suo marito , tanto più amaro alla vigilia della sua partenza e in un momento in cui egli meritava lode . Avrebbe voluto almeno sapere che quando il Gilardoni gli aveva mostrato quelle carte vi era stata in lui una lotta , che il sentimento più giusto si era sollevato almeno un momento nell ' anima sua . Si alzò , prese Maria per mano e si avviò verso Casarico . Trovò il professore nell ' orto , col Pinella , disse a Maria di andar a correre , a giuocare insieme al Pinella , ma la bambina , sempre avida di ascoltar i discorsi delle persone grandi , non volle assolutamente saperne . Allora entrò nell ' argomento senza pronunciar nomi . Voleva parlare al professore di quelle tali carte , di quelle vecchie lettere . Il professore , rosso , rosso , protestò che non capiva . Per fortuna il Pinella chiamò Maria mostrandole un libro d ' immagini e Maria , vinta dal libro , corse a lui . Allora Luisa levò al professore gli scrupoli , gli disse che sapeva tutto da Franco stesso , gli confessò di aver disapprovato suo marito , di aver provato e di provare ancora un gran dolore ... « Perché perché perché ? » , interruppe il buon Beniamino . Ma perché Franco non aveva voluto far nulla ! « Ho fatto io , ho fatto io , ho fatto io ! » , disse il Gilardoni , tutto acceso e trepidante , « ma per amor del cielo non dica niente a Suo marito ! » . Luisa restò sbalordita . Ma cosa aveva fatto il professore ? Ma quando ? Ma come ? Ma il testamento non era stato distrutto ? Allora il professore , rosso come una bragia , facendo degli occhi spiritati , intercalando il suo dire di « ma per carità , neh ? - ma zitto , neh ? » , mise fuori tutti i suoi segreti , la conservazione del testamento , il viaggio a Lodi . Luisa lo ascoltò sino alla fine , poi fece « ah ! » e si strinse forte forte il viso fra le mani . « Ho fatto male ? » , esclamò il professore , spaventato . « Ho fatto male , signora Luisina ? » « Altro che male ! Malissimo ! Mi scusi , sa , Lei ha avuto l ' aria di andare a proporre una transazione , un mercato ! E la marchesa crederà che siamo d ' accordo ! Ah ! » Ella strinse e scosse le mani congiunte come se avesse voluto rimaneggiarvi , rimpastarvi dentro una testa professorale più quadra . Il povero professore , costernato , andava ripetendo : « Oh Signore ! Oh povero me ! Oh che asino ! » , senza tuttavia comprender bene quale asinata avesse commesso . Luisa si buttò sul parapetto verso il lago , a guardare nell ' acqua . Balzò su a un tratto , batté il dorso della destra sul palmo della sinistra , il suo viso s ' illuminò . « Mi conduca nel Suo studio » , diss ' ella . « Posso lasciar qui Maria ? » . Il professore accennò di sì e l ' accompagnò , tutto palpitante , nello studio . Luisa prese un foglio di carta e scrisse rapidamente : « Luisa Maironi Rigey fa sapere alla marchesa Maironi Scremin che il professore Beniamino Gilardoni è un ottimo amico di suo marito e suo , ma che ne fu disapprovato per l ' uso inopportuno di un documento destinato a sorte diversa : che perciò nessuna comunicazione si attende né si desidera da parte della signora marchesa » . Com ' ebbe scritto , tese silenziosamente la lettera al professore . « Oh no ! » , esclamò il professore dopo aver letto . « Per amor del cielo , non mandi questa lettera ! Se Suo marito lo sa ! Pensi che dispiacere immenso , per me , per Lei ! E come Suo marito non lo avrebbe a sapere ? » . Luisa non rispose , lo guardo a lungo , non pensando a lui , pensando a Franco , pensando che forse la marchesa potrebbe prendere quella lettera per un artificio , per uno spauracchio . La riprese e la stracciò sospirando . Il professore , raggiante , le voleva baciar la mano . Ella protestò : non lo aveva fatto né per lui né per Franco , lo aveva fatto per altre ragioni ! Il sacrificio del suo sfogo la esacerbò , anzi , contro Franco . « Ha torto ! Ha torto ! » , ripeteva col cuore amaro . E né lei né il professore si accorsero che Maria era nella stanza . Vista partir sua madre , la piccina non aveva più voluto restar col Pinella e il Pinella l ' aveva condotta fino all ' uscio dello studio , gliel ' aveva aperto senza far rumore . La piccina , colpita dall ' aspetto di sua madre , si fermò a fissarla con una espressione di sgomento . La vide stracciar la lettera , la udì esclamare « ha torto ! » e si mise a piangere . Luisa accorse , la prese tra le braccia , la consolò e partì subito . Le ultime parole del professore nel congedarsi , furono : « Per carità , silenzio ! » . « Cosa , silenzio ? » , domandò subito Maria . Sua madre non le badò ; tutti i suoi pensieri erano altrove . Maria ripeté tre o quattro volte : « Cosa , silenzio ? » . Quando finalmente si udì rispondere « zitto , basta » tacque un poco e poi ricominciò rovesciando all ' indietro la sua testolina ridente , proprio per stuzzicar la mamma : « Cosa , silenzio ? » . Ne fu sgridata forte , tacque ancora , ma passando sotto il cimitero , a pochi passi da casa , ricominciò da capo , con lo stesso riso malizioso . Allora Luisa , tutta raccolta nello sforzo di comporsi una maschera indifferente , le diede solo una strappata , che però bastò a farla tacere . Maria era molto allegra , quel giorno . A pranzo , scherzando con la mamma , si ricordò dei rimproveri toccati a passeggio , la guardò sottecchi col solito risolino timido e provocatore , mise ancora fuori il suo « cosa , silenzio ? » . La mamma finse di non udire ed ella insistette . Luisa la fermò allora con un « basta ! » così insolitamente vibrato che la boccuccia di Maria si aperse piano piano e le lagrime scoppiarono . Lo zio fece « oh povero me ! » e Franco diventò scuro , si capì che disapprovava sua moglie . Poiché Maria piangeva e piangeva , si sfogò addosso a lei ; la prese tra le braccia , la portò via che strillava come un ' aquila . « Meglio ancora ! » , esclamò lo zio . « Bravissimi ! » « Lasci un po ' fare , Lei » , gli disse la Cia mentre Luisa taceva . « I genitori devono farsi ubbidire , già . » « Ma sì , così mi piace » , le rispose il padrone , « mettete fuori anche voi la vostra sapienza . » Ella si azzittì tutta ingrugnata . Intanto Franco , piantata Maria in un angolo dell ' alcova , ritornò e brontolò qualche parola sul voler far piangere i bambini per forza , per cui Luisa s ' imbronciò alla sua volta , andò in cerca di Maria , la ricondusse lagrimosa ma silenziosa . Il breve desinare finì male perché Maria non volle più mangiare e tutti erano imbronciati per una ragione o per l ' altra , meno lo zio Piero il quale si mise ad arringar Maria con dei predicozzi mezzo serii mezzo scherzosi , tanto che le fece tornare un po ' di sole in viso . Dopo pranzo Franco andò a vedere di certi vasi che teneva nel sotterraneo sotto il giardinetto pensile e prese Maria con sé , la interrogò benignamente , vedendola ormai allegra , sull ' origine di tanti guai . « Che significava questo cosa , silenzio ? » « Non lo so . » « Ma perché la mamma non voleva che tu dicessi così ? » « Non lo so . Io dicevo sempre così e la mamma mi sgridava sempre . » « Quando ? » « A passeggio . » « Dove sei stata , a passeggio ? » « Dal signor Ladroni . » ( Lo zio le aveva facilitato il nome del professore così . ) « E hai cominciato in casa del signor Ladroni a dire questa cosa ? » « No , è stato il signor Ladroni che ha detto così alla mamma . » « Cosa ha detto ? » « Ma , papà , non capisci niente ! Ha detto : per carità , silenzio ! » . Franco non parlò più . « La mamma ha stracciato una carta , anche , dal signor Ladroni » , soggiunse Maria , stimando , adesso , far tanto maggior piacere a suo padre quante più cose gli raccontava di questa visita . Suo padre le impose di tacere . Ritornato in casa , domandò a Luisa , con un viso poco benevolo , perché avesse fatto piangere la bambina . Luisa lo guardò , le parve che sospettasse , gli domandò risentita se dovesse giustificarsi di queste cose . « Oh no ! » , fece suo marito , freddo ; e se ne andò in giardinetto a veder se le foglie secche al piede degli aranci e la paglia intorno al tronco fossero in ordine perché la notte si annunziava rigida . Lavorando intorno alle piante si disse amaramente che se avessero avuto senso e parola , gli si sarebbero mostrate più riconoscenti , più affettuose del solito per la sua prossima partenza , mentre Luisa aveva cuore di essergli aspra . D ' essere stato aspro egli stesso non gli venne in mente . Luisa , dal canto suo , si dolse subito d ' avergli risposto così , ma non poteva trattenerlo , gittarglisi al collo e finirla con due baci ; troppo le pesava sul cuore l ' altra cosa ! Franco finì di accomodar le fasciature a ' suoi aranci e rientrò a pigliarsi il mantello per andar in chiesa ad Albogasio . Luisa che stava in cucina sbucciando delle castagne , lo udì passare pel corridoio , stette un momento in forse , lottando con se stessa , poi balzò fuori , lo raggiunse mentre stava per scender le scale . « Franco ! » , diss ' ella . Franco non rispose , parve respingerla . Ella lo afferrò allora per un braccio , lo trasse nella vicina camera dell ' alcova . « Cosa vuoi ? » , diss ' egli , scosso ma desideroso di tenersi il suo rancore . Luisa non gli rispose , gli cinse con le braccia il collo riluttante , gli piegò il viso sul petto e disse sottovoce : « Non dobbiamo esser in collera , sai , in questi giorni » . Egli , che aveva aspettato parole di scusa , si staccò dal collo le braccia di sua moglie e rispose asciutto : « Io non sono in collera . Mi racconterai poi » , soggiunse , « cosa ti ha confidato il signor professore Gilardoni di tanto segreto da doverti raccomandare il silenzio » . Luisa lo guardò attonita , addolorata . « Tu hai sospettato di me » , diss ' ella , « e hai interrogato la bambina ? Hai fatto questo ? » « Ebbene » , diss ' egli , « e se avessi fatto questo ? Del resto tu pensi sempre il peggio di me , si sa . Bene , guarda , non voglio saper niente . » Ella lo interruppe , « ma te lo dirò , ma te lo dirò » , ed egli allora cui la coscienza rimordeva un poco per l ' interrogatorio di Maria , vedendo poi anche Luisa disposta a parlare , non volle assolutamente udirla , le proibì di spiegarsi . Ma il suo cuore traboccava di amarezza e gli occorreva pure uno sfogo . Si dolse che dopo la notte di Natale ella non fosse più stata con lui la solita Luisa . A che valevano le proteste ? Lo aveva capito bene . Del resto era tanto tempo ch ' egli aveva capito una cosa ! Che cosa ? Oh , una cosa naturale ! Naturalissima ! Meritava egli di essere amato da lei ? No certo ; egli era un povero disutile e niente altro . Non era naturale che dopo averlo conosciuto bene , ella lo amasse meno ? Perché certo certo lo amava meno di una volta . Luisa tremò che questo fosse vero , disse « no , Franco , no » e lo sgomento di non saperlo dire con energia bastante le paralizzò la voce . Egli che aveva sperato una smentita violenta , sussurrò atterrito : « Dio mio ! » . Allora fu lei che si atterrì , fu lei che lo strinse disperatamente fra le braccia singhiozzando « ma no ! ma no ! ma no ! » . S ' intesero sino al fondo con una comunicazione magnetica e stettero a lungo abbracciati , parlandosi in un muto sforzo spasmodico di tutto l ' esser loro , dolendosi l ' uno dell ' altro , rimproverandosi , volendosi appassionatamente riprendere , gustando il piacere acuto e amaro di unirsi per un momento con la volontà e con l ' amore malgrado la intima disunione delle loro idee e della loro natura ; tutto senza una parola , senza una sola voce . Franco partì per andare in chiesa . Non volle invitar Luisa ad accompagnarlo , sperando ch ' ella lo facesse spontaneamente ; ed ella non lo fece dubitando che gli fosse gradito . La mattina del sette gennaio , dopo le dieci , lo zio Piero fece chiamare Franco . Lo zio stava ancora a letto . Si alzava tardi , non potendo riscaldare la stanza e non volendo , per economia , accendere il fuoco nel salottino troppo per tempo . Però il freddo non gl ' impediva di tirarsi su a leggere , con mezzo il petto e ambedue le braccia fuori delle coperte . « Ciao » , diss ' egli quando Franco entrò . Dal tono del saluto , dalla bella faccia seria nella sua bontà , Franco intese che lo zio aveva pronte parole insolite . Lo zio gl ' indicò infatti la sedia presso il letto , e disse il più solenne dei suoi esordi : « Sètet giò » . Franco sedette . « Dunque parti domani ? » « Sì , zio . » «Bene.» Parve che nel metter fuori quel « bene » il cuore dello zio gli fosse venuto in bocca , tanto la parola gli gonfiò le guance , gli uscì piena e sonora . « Tu » , riprese il vecchio , « non mi hai udito fino ad ora , dirò così , approvare né disapprovare il tuo progetto . Forse avrò dubitato un poco che lo effettuassi . Adesso ... » Franco gli stese ambedue le mani . « Adesso » , continuò lo zio , tenendogliele strette fra le proprie , « visto che sei fermo nella tua idea , ti dico : l ' idea è buona , il bisogno c ' è , va , lavora , il lavoro è una gran cosa . Dio ti faccia incominciar bene e poi ti faccia perseverare , ch ' è il più difficile . Ecco . » Franco gli voleva baciar le mani , ma lo zio fu pronto a ritirarle . « Lassa stà , lassa stà ! » . E riprese a parlare . « Adesso senti . È possibile che non ci vediamo più . » Proteste di Franco . « Sì sì sì » , rispose il vecchio ritirando l ' anima dagli occhi e dalla voce , « tutte belle cose , cose che bisogna dire . Lascia stare . » Gli occhi ripresero la loro luce seria e buona , la voce il suo tono grave . « È possibile che non ci vediamo più . Del resto ti domando io cosa ci faccio , oramai , a questo mondo . E per voi sarebbe meglio che me ne andassi . Forse a tua nonna dispiace che io vi abbia raccolti , forse le sarà più facile , poi , di riconciliarsi con voi . Perciò , posto che non ci vediamo più , ti prego , appena morto io , se le cose non saranno ancora accomodate , di fare qualche passo . » Franco si alzò , abbracciò lo zio con le lagrime agli occhi . « Testamento » , riprese lo zio , « non ne ho fatto e non ne faccio . Il poco che ho è di Luisa ; non occorre testamento . Vi raccomando la Cia ; fate che non le manchi un letto e un tozzo di pane . Per i funerali bastano tre preti che mi cantino un requiem di cuore ; il nostro , l ' Introini e il prefetto della Caravina ; c ' è mica bisogno di farne cantare cinque o sei per amor del candirott e del vin bianch . Per il mio vestiario lasciamo fare a Luisa che saprà dove metterlo a posto . Il mio orologio a ripetizione lo prenderai tu per mia memoria . Vorrei lasciare un ricordo anche a Maria , ma come si fa ? Potrai pigliar un pezzo della mia catena d ' oro . Se hai una medaglietta , un crocifisso , glielo attacchi al collo con la mia catena . E amen . » Franco piangeva . Era una gran commozione di sentire lo zio parlar della sua morte così serenamente come di un affare qualsiasi da condur con giudizio e onestà ; lo zio che discorrendo con gli amici pareva tanto attaccato alla vita , che diceva sempre : « Se se pò schivà quella tal crepada ! » . « Oh e adesso contami ! » , diss ' egli . « Che lavoro speri di trovare ? » « Per ora , nell ' ufficio d ' un giornale a Torino , mi scrive T . Forse in avvenire si troverà qualche cosa di meglio . Se poi al giornale non potessi vivere e se non trovassi altro , ritornerei . Per questo bisogna tener la cosa segretissima , almeno per il primo tempo . » Quanto al segreto , lo zio era incredulo . « E le lettere ? » , diss ' egli . Per le lettere era combinato che Franco scriverebbe a Lugano fermo in posta , che Ismaele porterebbe alla posta di Lugano le lettere della famiglia e ritirerebbe quelle di Franco . E che si doveva dire ai conoscenti ? Si era già detto che Franco andava a Milano il giorno otto per affari e che sarebbe stato assente forse un mese , forse anche più . « Questo dover infinocchiar la gente non è la più bella cosa del mondo » , disse lo zio , « ma insomma ! Io ti abbraccio adesso , neh , Franco , perché so che domani mattina parti per tempo e oggi difficilmente saremo soli . Dunque addio . Ti raccomando tutto da capo e non dimenticarti di me . Oh , un ' altra cosa . Tu vai a Torino . Io , come impiegato , ho inteso servire il mio paese . Non ho cospirato , non vorrei cospirare neanche adesso , ma al mio paese ci ho sempre voluto bene . Insomma , salutami la bandiera tricolore . Ciao , neh ! » Qui lo zio aperse le braccia . « Verrai anche tu , zio , in Piemonte » , gli disse Franco alzandosi commosso da quell ' abbraccio . « Se posso appena guadagnarmi quel che strettamente bisogna , vi faccio venire tutti . » « E no , caro . Son troppo vecchio , non mi muovo più . » « Ebbene , verrò io questa primavera con duecentomila miei amici . » « Eh sì ! Düsent mila zücch ! Belle idee , belle speranze ! Oh , è qui , signorina Ombretta Pipì ? » Ombretta Pipì , così Maria era chiamata in casa nei momenti di buon umore , entrò impettita e grave . « Buon giorno , zio . Mi dici l ' Ombretta Pipì ? » Suo padre la prese e la posò sul letto dello zio che la raccolse a sé sorridendo , se la fece sedere sulle gambe . « Venga qua , signorina . Ha dormito bene ? E la bambola , ha dormito bene ? E il mulo , ha dormito bene ? Ah non c ' era ? Tanto meglio . Sì , sì , adesso vengo con l ' Ombretta . E un bacio , niente ? E un altro , no ? Allora bisogna proprio dire : Ombretta sdegnosa Del Missipipì , Non far la ritrosa E baciami qui . » Maria lo ascoltò come se udisse i versi per la prima volta ; e poi , fuori a ridere , a saltare , a battere le mani . E lo zio rideva come lei . « Papà » , diss ' ella facendosi seria , « perché piangi ? Sei in castigo ? » Si aspettavano alquante visite , in quel giorno , di conoscenti che avevan promesso di venire a congedarsi da Franco prima della sua partenza per Milano . Luisa fece il miracolo di accender la stufa in Siberia , come lo zio chiamava la sala , e vi si trovarono insieme donna Ester , i due indivisibili Paoli di Loggio , il Paolin e il Paolon , il professor Gilardoni che vi sofferse di una trepidazione , di una inquietudine continua perché Luisa , non avendo ancora allestito il bagaglio di Franco , andava e veniva dalla camera dell ' alcova , chiamava Ester ogni momento ed Ester era quindi sempre in moto , quando passava dietro al professore , quando gli passava davanti , quando a destra , quando a sinistra . Al pover ' uomo pareva di stare in un turbine magnetico . Ecco capitare , molto inattesa perché dopo la perquisizione non s ' era più veduta , anche la signora Peppina . « Oh cara la mia süra Lüisa ! Oh car el me sür don Franco ! L ' è vera ch ' el voeur propi andà via ? » Adesso è il Paolin che si dimena un poco sulla sedia perché ha l ' idea che la süra Peppina sia mandata dal marito per vedere chi c ' è e chi non c ' è intorno all ' uomo sospetto , nella casa scomunicata . Vorrebbe andarsene subito col suo Paolon , ma il Paolon è più grosso . « Come se fa adèss con sto vioròn chì ch ' el capiss nagott ? » , pensa il Paolin , e , senza guardare il Paolon , gli dice sottovoce : « Andèmm , Paol ! Andèmm ! » Il Paolon stenta infatti molto a capire ma finalmente si alza , se ne va col Paolin , piglia la sua sulle scale . Franco ebbe lo stesso pensiero del Paolin e salutò la signora Peppina con mal garbo . La povera donna ne avrebbe pianto perché voleva tanto bene a sua moglie e teneva in gran concetto anche lui ; ma capiva la sua avversione ; la scusava in cuor suo . Appena osava guardarlo di tempo in tempo , umile , con un ' aria di cane bastonato . Si tolse la Maria sulle ginocchia , le parlò del suo buon papà , del suo caro papà che andava via . « Chi sa che dispiasè , neh ti poera vèggia ? Chi sa che magòn ? Poer ratin . Andà via el papà ! On papà de quella sort ! » Franco discorreva col professore ma udiva e fremeva d ' impazienza . Fu contentissimo che la Veronica venisse a chiamarlo . Lo volevano nell ' orto . Vi discese , trovò il signor Giacomo Puttini e don Giuseppe Costabarbieri ch ' eran venuti per salutarlo ma , informati dal Paolin e dal Paolon , desideravano non farsi vedere dalla süra Peppina . Anche il suolo dell ' orto scottava loro i piedi . Mentre il piccolo eroe magro si difendeva , soffiando , dagl ' inviti di Franco a salire in casa , il piccolo eroe grasso girava vivacemente la testa e gli occhietti come un merlo di buon umore , a guardar ora il monte ora il lago , quasi per un ' abitudine di sospetto . Scorse una barca che veniva da Porlezza . Chi sa ? Non potrebb ' essere l ' I . R . Commissario ? Benché la barca fosse ancora lontana , pensò subito di cavarsela , pensò di andar col Puttini a visitar il Ricevitore per aver la fortuna di non trovar la süra Peppina in casa . Scambiati con Franco saluti sommessi e frettolosi , i due vecchi leproni trottarono via a testa bassa e Franco rimase nell ' orto . L ' aria era mite , il picco di Cressogno saliva senza neve , tutto glorioso di sole , nel sereno , il sole dorava ancora le coste giallognole della Valsolda picchiettate di ulivi , mentre dall ' altra parte del lago scendevano sino all ' acqua , nell ' ombra azzurrognola , i grandi padiglioni bianchi della Galbiga nevosa e del Bisgnago . Franco stette a guardare col cuore grosso il caro paese dei suoi sogni , de ' suoi amori . « Addio , Valsolda » , pensò . « E adesso voglio salutare anche voialtre . » Voialtre erano le sue piante , gli aranci amari , l ' olea sinensis , il nespolo del Giappone , il pinus pinea , che verdeggiavano a giusti intervalli lungo il viale diritto , fra le aiuole degli erbaggi e il lago ; erano i rosai , i capperi , le agavi che uscivano a pender sopra l ' acqua dai fori praticati nel muro . Tutte piccole vite , ancora ; il colosso della famiglia , il pino , non misurava tre metri ; piccole , pallide vite che parevano sonnecchiare nel pomeriggio invernale . Ma Franco le vedeva nell ' avvenire come le aveva pensate piantandole col suo fine sentimento del grazioso e del pittoresco . Ciascuna portava in sé una intenzione di lui . Le nobili pianticelle del viale , sorgendo sugli erbaggi , dovevano significare una certa finezza di spirito e di cultura nella modesta fortuna della famiglia . Gli aranci avevano il compito speciale di dare al quadretto una intonazione mite e gentile ; il dovere del nespolo era di alzare e allargar le braccia frondose sopra un futuro sedile ; i rosai e i capperi del muro verso il lago dovevano dire a chi passava in barca la fantasia d ' un poeta ; le agavi vi avrebbero risposto , in un accordo minore , agli aranci , compagni di esilio ; finalmente gli alti destini del pino erano di spiegar un grazioso ombrello sulla breve oasi , di porre il suo accento meridionale sopra l ' accordo delle agavi e degli aranci , di incorniciar con la sua verde corona il piccolo seno azzurro di Casarico . Addio , addio ! Pareva a Franco che le pianticelle gli rispondessero tristemente : " Perché ci lasci ? Che sarà di noi ? Tua moglie non ci ama come te " . Intanto la barca veduta da don Giuseppe aveva camminato e passava davanti all ' orto , alquanto discosto dalla riva . V ' erano un signore e una signora . Il signore si alzò in piedi e salutò con voce squillante : « Addio , don Franco ! Evviva ! » . La signora sventolò il fazzoletto . Erano i Pasotti . Franco salutò col cappello . I Pasotti ! In Valsolda di gennaio ! Che ci venivano a fare ? E quel saluto ! Pasotti che dopo la perquisizione non si era fatto più vedere , Pasotti salutar così ? Che voleva dir ciò ? Franco , perplesso , salì in casa , diede la notizia . Tutti stupirono e sopra tutti la süra Peppina : « Ma comè ? El dis de bon ? El sür Controlòr ? Poer omasc ! Anca la süra Barborin ? Poera donnètta ! » . Si commentò il fatto . Chi supponeva una cosa e chi un ' altra . Dopo cinque minuti Pasotti entrò strepitando , trascinandosi dietro la signora Barborin carica di scialli e di fagotti , mezza morta dal freddo . Povera creatura , non sapeva dir altro che « dò ôr ! dò ôr in barca ! » mentre suo marito schiamazzava ghignando negli occhi diabolici : « Le fa bene , le fa bene ! Le ho cacciato giù un bicchierino di ginepro a Porlezza . Ha fatto smorfie d ' inferno , ma sta benone ! » . La povera sorda , indovinando che parlava del ginepro , girava gli occhi per il soffitto , rifaceva le smorfie di Porlezza . Pasotti non era mai stato così espansivo . Baciò la mano a Luisa , abbracciò l ' ingegnere e Franco accompagnando gli atti con effusioni e profluvi di sentimento . « Carissima donna Luisa ! Signora ammirabile e perfetta . Car el me Peder ! Car el me re de coeur ! Il mondo è grande ma on alter Peder el gh ' è propri no , va là ! E questo don Franco ! Caro il mio Francone ! Pensare come t ' ho veduto io ! In sottane e grembialino . Quando andavi a rubar i fichi al prefetto della Caravina ! Sto baloss chì ! » Il « baloss » non faceva il viso più incoraggiante del mondo ma l ' altro non se ne dava per inteso . Altrettanto poco poteva intendersi sua moglie con le signore che l ' interrogavano . « Come l ' ha mai faa , süra Pasotti » , le gridava la signora Peppina , « a vegnì in Valsolda de sto temp chì ? » « Oh dèss , la capiss nient , poera donnètta . » Per quanto anche Luisa ed Ester le gridassero nelle orecchie la stessa domanda , per quanto ella spalancasse la bocca , la sorda non capiva , andava rispondendo a caso : « Se ho mangiàa ? Se voeui disnà chì ? » . Intervenne Pasotti , disse che in ottobre egli e sua moglie eran partiti per un richiamo di affari , senza fare il bucato , che sua moglie lo andava seccando da un pezzo per questo benedetto bucato , che finalmente si era risolto di accontentarla e di venire . Allora donna Ester si voltò verso la Pasotti a far l ' atto di lavare . La Pasotti guardò suo marito che le teneva gli occhi addosso e rispose : « Sì sì , la bügada , la bügada ! » . Quell ' occhiata , l ' impero che lesse negli occhi del Controllore fecero sospettare Luisa che vi fosse sotto un mistero . Questo mistero e le inesplicabili espansioni di Pasotti le suggerirono un altro sospetto . Se fosse venuto per loro ? Se nelle cause di questa improvvisa venuta ci avesse parte il viaggio del professore a Lodi ? Avrebbe voluto consultarsi col professore , dirgli di fermarsi fino a che i Pasotti fossero partiti ; ma come parlargli poi senza che se ne avvedesse Franco ? Intanto donna Ester prese congedo e il professore che aveva ottenuto il perdono della capricciosetta , perfidetta signorina , a patto di non domandare il paradiso , ebbe licenza di accompagnarla a casa . I Pasotti non potevano salire ad Albogasio Superiore fino a che il mezzadro , fatto avvertire subito , non avesse posto loro in ordine e riscaldata almeno una stanza . Parlò subito di piantare un tarocchino in tre con l ' ingegnere e Franco . Allora se ne andò anche la signora Peppina e la Pasotti chiese a Luisa di ritirarsi un momento , la pregò di accompagnarla . Appena fu sola coll ' amica nella camera dell ' alcova si guardò attorno con due occhioni spaventati e poi sussurrò : « Sèm minga chì per la bügada neh , sèm minga chì per la bügada ! » . Luisa la interrogò silenziosamente , col viso e col gesto , perché a parlar forte in sala avrebbero udito . Stavolta la Pasotti capì , rispose che non sapeva niente , che suo marito non le aveva detto niente , che le aveva imposto la storia del bucato ma che del bucato a lei non importava nulla . Allora Luisa prese un pezzo di carta e scrisse : « Cosa sospetti ? » . La Pasotti lesse e poi cominciò una mimica complicatissima . Scrollamenti del capo , stralunamenti d ' occhi , sospiri , invocazioni al soffitto ; pareva che si combattesse dentro di lei una gran battaglia di timori e di speranze . Finalmente fece « ah ! » , afferrò la penna e scrisse sotto la domanda di Luisa : « La marchesa ! » . Lasciò cader la penna , stette a contemplar l ' amica . « L ' è a Lod » , diss ' ella sottovoce . « El Controlòr l ' è staa a Lod . Speri comè ! » E poi scappò in sala temendo esser sospettata da suo marito . Finito il tarocco , Pasotti si accostò a una finestra , disse forte qualche cosa sugli effetti della luce crepuscolare e chiamò Franco . « Bisogna che tu venga stasera da me » , gli disse piano , « devo parlarti . » Franco cercò schermirsi . Partiva l ' indomani mattina per Milano , lasciava la famiglia per qualche tempo , gli era difficile passar la sera fuori di casa . Pasotti replicò ch ' era assolutamente necessario . « Si tratta del tuo viaggio di domani » , diss ' egli . « Si tratta del tuo viaggio di domani ! » Appena partiti i Pasotti per Albogasio Superiore , Franco riferì questo colloquio a sua moglie . Egli n ' era stato turbatissimo . Pasotti sapeva , dunque ; non avrebbe fatto tanti misteri se non avesse inteso alludere al viaggio di Torino . E Franco era seccatissimo che Pasotti sapesse . Ma in che modo ? L ' amico di Torino poteva essere stato imprudente . E adesso che voleva da lui , Pasotti ? C ' era forse in aria qualche altro colpo della Polizia ? Ma Pasotti non era l ' uomo da venire ad avvertirnelo ! E tutto quel voltafaccia di amabilità ? Non si voleva ch ' egli andasse a Torino , forse . Non si voleva che trovasse una strada buona , un modo di sottrarre sé e i suoi alla povertà , ai commissari e ai gendarmi ! Pensa e ripensa , non poteva essere che questo . Luisa n ' era poco persuasa , in cuor suo . Temeva altra cosa ; non dubitava però neppur lei che Pasotti sapesse di Torino e ciò scompigliava tutte le sue supposizioni . Insomma non c ' era che andare e udire . Franco andò alle otto , Pasotti lo ricevette colla più affettuosa cordialità e gli fece le scuse di sua moglie ch ' era già a letto . Prima d ' entrar in argomento volle assolutamente che pigliasse un bicchiere di S . Colombano e una fetta di panettone . Col vino e col dolce Franco dovette inghiottire , suo malgrado , molte dichiarazioni di amicizia , i più sperticati elogi di sua moglie , di suo zio e di lui stesso . Vuotato finalmente il bicchiere ed il piatto , il mellifluo bargnìf si mostrò disposto ad entrare in materia . Erano seduti a un tavolino , l ' uno in faccia all ' altro . Pasotti , appoggiato comodamente alla spalliera della seggiola , teneva tra le mani un fazzoletto rosso e giallo di foulard , lo andava palpando . « Dunque » , diss ' egli , « caro Franco , come ti dicevo , si tratta del tuo viaggio di domani . Ho inteso dire oggi a casa tua che parti per affari : si tratta di vedere se io non ti porto un affare anche più grosso di quello che hai a Milano . » Franco , sorpreso da questo inaspettato esordio , tacque . Pasotti chinò gli occhi sul fazzoletto senza restare di maneggiarlo e riprese : « Il mio caro amico don Franco Maironi si può immaginare che se io entro in argomento intimo e delicato , ho una ragione grave di farlo , sento il dovere di farlo e sono autorizzato a farlo » . Le mani si fermarono , gli occhi brillanti e acuti si alzarono a quelli torbidi e diffidenti di Franco . « Si tratta , mio caro Franco , del tuo presente e del tuo avvenire . » Ciò detto , Pasotti posò risolutamente il foulard da banda . Appoggiate le braccia e giunte le mani sul tavolino entrò nel cuore dell ' argomento tenendo sempre gli occhi su Franco che , raccolto alla sua volta indietro sulla spalliera , lo guardava pallido , in una ostile attitudine di difesa . « È dunque un pezzo che io , per l ' antica amicizia verso la tua famiglia , ho in mente di far qualche cosa onde metter fine a un dissidio dolorosissimo . Anche tuo padre , povero don Alessandro ! Che cuor d ' oro ! Che bene mi voleva ! » ( Franco sapeva che suo padre aveva una volta minacciato Pasotti col bastone perché s ' intrometteva troppo nelle faccende di casa sua . ) « Basta . Avendo saputo che tua nonna era a Lodi , domenica scorsa mi son detto : dopo tanti dispiaceri che hanno avuto i Maironi , forse questo è il momento . Andiamo , tentiamo . E sono andato . » Pausa . Franco fremeva . Che razza d ' intercessore gli era capitato ? E chi aveva chiesto intercessioni ? « Debbo dirlo » , riprese Pasotti , « sono contento . Tua nonna ha le sue idee , ha un ' età in cui le idee difficilmente si cambiano , ha il carattere che sai , molto fermo , ma insomma il cuore c ' è . Ti vuol bene , sai . Soffre . Vi è una lotta continua , dentro di lei , fra i suoi sentimenti e i suoi principii ; anche , se vuoi , tra i suoi sentimenti e i suoi risentimenti . Povera marchesa ! È penoso di vedere come soffre ; ma insomma piega , piega . Certamente non bisogna mica aspettarsi poi troppo . Piega ma non fino a spezzare ciò che la sostiene , i suoi principii , voglio dire : sopra tutto i suoi principii politici . » Gli occhi di Franco , le mascelle inquiete , un sussulto di tutta la persona dissero a Pasotti : non toccar questo punto , bada a te ! Pasotti si fermò ; gli era forse venuto in mente il bastone del fu don Alessandro . « Ti capisco » , riprese . « Credi che non ti capisca ? Io mangio il pane del Governo e devo tenermi chiuso nel cuore ciò che penso , ma del resto son con te , sospiro il momento in cui certi colori cederanno il posto a certi altri . Tua nonna non è così e , sfido , bisogna pigliarla com ' è . Se si vuol venire a un accomodamento bisogna pigliarla com ' è . Si può combattere come ho combattuto io , ma ... » « Tutto questo discorso mi pare inutile » , esclamò Franco , alzandosi . « Aspetta ! » , riprese Pasotti . « Il diavolo non sarà poi forse tanto brutto ! Siedi , ascolta ! » Franco non volle saperne di sedersi ancora . « Sentiamo ! » , diss ' egli con voce vibrante d ' impazienza . « Intanto la nonna è disposta a riconoscere il tuo matrimonio ... » « Grazie ! » , interruppe il giovane . « Aspetta ! ... e a farvi un assegno molto conveniente ; per quel che ho capito , fra le sei e le ottomila svanziche all ' anno . Non c ' è male , eh ? » « Avanti ! » « Aspetta ! Non c ' è niente di umiliante . Se ci fosse una condizione umiliante non sarei venuto a proportela . La nonna desidera che tu ti occupi e che tu dia una certa guarentigia di non immischiarti in affari politici . Vi è un modo decoroso di combinare una cosa e l ' altra , questo lo devo riconoscere , benché , te lo dico chiaro , io avessi proposto alla nonna un partito diverso . L ' idea mia era ch ' ella ti mettesse alla testa degli affari suoi . Ne avevi abbastanza per non poter pensare ad altro . Però , anche l ' idea della nonna è buona . Conosco fior di giovinotti che pensano come te e che sono nella carriera giudiziaria . È una carriera molto indipendente e molto rispettata . Una parola tua e tu sei ascoltante al Tribunale . » « Io ? » , proruppe Franco . « Io ! No , caro Pasotti ! No ! Non mi si manda , taci ! la Polizia in casa , non si fa bestialmente destituire un galantuomo che ha la sola colpa di essere zio di mia moglie , taci ti dico ! non si cercano oggi tutte le vie di affamare la mia famiglia e me , per offrirci domani del pane sporco . No , sai , no , grida pure , per fame no , viva Dio , nessuno mi prende ! Dillo pure alla nonna e tu ... e tu ... e tu ... » Pasotti aveva sicuramente un sangue di derivazione felina , cupido , fine , prudente , carezzevole , pronto alla simulazione ma soggetto alla collera . Era venuto interrompendo l ' invettiva di Maironi con proteste sempre più violente ; a quest ' ultima apostrofe , sentendo arrivar un nembo di accuse che tanto più lo irritavano quanto più le indovinava , balzò egli pure in piedi . « Fermati ! » , esclamò . « Che maniera è questa ? » « Buona sera ! » , disse Franco , pigliando il cappello . Ma Pasotti non intendeva lasciarlo partire così . « Un momento ! » , diss ' egli battendo e ribattendo affrettati pugni sul tavolino . « Voialtri vi fate delle illusioni , voialtri sperate molto in quel testamento e quello non e un testamento , quello è un pezzo di carta straccia , quello è il delirio di un pazzo ! » Franco , ch ' era già presso all ' uscio , si fermò , tramortito dal colpo . « Che testamento ? » , diss ' egli . « Via ! » , riprese Pasotti freddo e beffardo . « C ' intendiamo bene ! » Una vampa di collera riaccese il sangue a Franco . « Ma no ! » , diss ' egli . « Fuori ! parla ! Cosa ne sai tu di testamenti ? » « Ah ! » , fece Pasotti con ironica dolcezza . « Adesso va benissimo . » Franco l ' avrebbe strozzato . « Sono stato a Lodi , non te l ' ho detto ? Dunque so . » Franco , fuori di sé , protestò di non capire niente . « Oh già ! » , riprese Pasotti , beffardo più di prima . « Lo informerò io il signore . Sappia dunque che il signor professore Gilardoni , il quale non è affatto amico Suo , si è recato in fine di dicembre a Lodi , e si è presentato alla marchesa con una copia senza valor legale di un preteso testamento del povero Suo nonno . In questo testamento Ella , signor don Franco , è istituito erede universale con accompagnamento di offese atroci alla moglie e al figlio del testatore . Ecco che adesso Ella sa . Del resto il signor Gilardoni è stato fedele alla consegna , ha detto di esser venuto di suo capo , senza farne saper niente a voi . » Franco ascoltò , livido come un cadavere , sentendosi oscurar la vista e l ' anima , raccogliendo tutte le sue forze per non smarrirsi , per dare una risposta degna . « Hai ragione » , diss ' egli . « Anche la nonna ha ragione . Chi ha torto è il professor Gilardoni . Egli mi ha mostrato quel testamento tre anni sono , la notte del mio matrimonio . Gli ho detto di abbruciarlo e ho creduto che l ' avesse fatto . Se non lo ha fatto , mi ha ingannato . Se si è recato a Lodi per quella bella impresa che dice , ha commesso una indelicatezza e una stoltezza enorme . Voi avete avuto ragione di pensar male di noi . Ma sappilo bene ! Io disprezzo il danaro della nonna quanto il danaro del Governo : e siccome questa signora ha la fortuna di essere la madre di mio padre , mai , capisci , mai , e adoperi ella pure contro di noi tutte le bassezze , tutte le perfidie che vuole , mai non userò una carta che la disonora ! Sono troppo superiore a lei ! Va ' e dille questo a nome mio e dille che si riprenda le sue offerte perché le sdegno ! Buona sera . » Lasciò Pasotti sbalordito e se n ' andò tutto tremante di sovreccitazione e di collera , dimenticò di ripigliar la sua lanterna , discese al buio , a gran passi , non sapendo né curando affatto dove mettesse i piedi , esclamando di tempo in tempo , buttando fuori ciò che aveva dentro di rovente : pezzi d ' ira contro il Gilardoni , pezzi di accusa contro Luisa . Lo zio era andato a letto per tempo e Luisa aspettava Franco nel salottino con Maria che teneva alzata perché suo padre potesse averla un poco , l ' ultima sera . La povera Ombretta Pipì aveva cominciato presto a infastidirsi , a far una boccuccia grossa , un visetto piagnoloso , a domandar con una vocina dolente : « Quando viene , papà ? » . Ma ell ' aveva una mamma unica al mondo per consolare gli afflitti . Ombrettina non teneva da un pezzo scarpettine sane e le scarpettine , anche in Valsolda , costavano denari . Pochi , sì , e quando ce n ' è pochissimi ? Ma ell ' aveva una mamma unica al mondo per calzare gli scalzi . Proprio il giorno prima , Luisa , cercando in granaio un pezzo di corda , aveva trovato fra vecchie sciarpe , casse vuote e seggiole rotte , uno stivale di suo nonno . Lo aveva posto a rammollire nell ' acqua , s ' era fatta prestare trincetto , lesina e forbice . Prese ora il venerabile stivale che fece spavento a Ombretta e lo posò sulla tavola . « Adesso gli reciteremo l ' orazione funebre » , diss ' ella con quel brio voluto che neppure un ' angustia mortale poteva toglierle , se le bisognava . « Prima , però , domanderai al tuo signor bisnonno il permesso di prenderti il suo stivale . » Ella fece che Maria giungesse le mani e recitasse questa filastrocca guardando comicamente il soffitto : Caro signor bisnonno benedetto , Questo stival , se Lei non se lo mette , Lo doni alla Sua Ombretta , Che aspetta con gran fretta Un paio di scarpette E Le scocca su in cielo un bel bacetto Alla pianta del piede con rispetto . Venne poi una poco riverente fantasia come ne nascevan tante nel cervello di Luisa , una bizzarra storia dell ' angioletto che lustra gli stivali in paradiso e che un giorno , per voler pigliare senza permesso un pezzetto di pan d ' oro , aveva lasciato cadere sulla Terra lo stivale del bisnonno . Maria si rasserenò , rise , interruppe la mamma con cento domande sul pan d ' oro e sullo stivale rimasto in Paradiso . Che ne farebbe di quello il bisnonno ? La mamma le spiegò che il bisnonno lo avrebbe applicato per di dietro all ' imperatore d ' Austria onde buttarlo giù dal cielo , se ve lo incontrava . In quel momento entrò Franco . Luisa vide subito che gli occhi e la fronte segnavano tempesta . « Dunque ? » , diss ' ella . Franco rispose concitato : « Metti a letto Maria » . Luisa osservò che aveva tenuta la bambina alzata per aspettarlo , perché stesse un po ' con lui . Franco replicò « ti dico di metterla a letto » tanto aspramente che Maria si mise a piangere . Luisa si fece rossa ma tacque . Accese un lume , prese la bambina in braccio , la porse silenziosamente a suo padre per un bacio , che fu freddo , e la portò via . Franco non la seguì . Si arrabbiò di veder quello stivale e lo gettò in terra . Poi sedette , piantò i gomiti sulla tavola , si strinse il capo fra le mani . L ' amara idea che Luisa fosse complice del Gilardoni gli era lampeggiata in mente subito , mentre Pasotti parlava , col ricordo di quel « cosa , silenzio ? » , di quel « basta ! » e del racconto della bambina . Egli aveva dentro a sé come un vortice dove questa idea spariva girando e ricompariva sempre più basso , sempre più vicino al cuore . « Dunque ? » , tornò a chiedere Luisa , rientrando . Franco la guardò un momento in silenzio , la scrutò . Poi si alzò e le afferrò le mani . « Dimmi se sai niente ! » , diss ' egli . Ella indovinò , ma quello sguardo e quel modo la offesero . « Come , se so niente ? » , esclamò accesa in volto . « Me lo domandi così ? » « Ah tu sai ! » , gridò Franco , gittando da sé le mani di lei e levando le braccia in alto . Ella presentì ciò che veniva , il sospetto della sua complicità col professore , la propria smentita , l ' offesa mortale , irrimediabile che Franco le avrebbe fatto se , nell ' ira , non avesse creduto alla sua parola , e giunse le mani spaventata . « No , Franco , no , Franco » , diss ' ella sottovoce e gli gettò le braccia al collo , volle chiuder coi baci le labbra di lui . Ma egli fraintese , credette che volesse domandar perdono e la respinse . « Lo so , sì , lo so » , diss ' ella tornando appassionata al suo petto , « ma l ' ho saputo dopo , quando era cosa fatta , ne ho avuto sdegno come te , più di te ! » Ma Franco aveva troppo bisogno di sfogarsi , di offendere . « E come vuoi che ti creda ? » , esclamò . Ella indietreggiò con un grido , poi gli fece ancora un passo incontro , gli stese le braccia . « No » , supplicò straziata , « dimmi che mi credi , dimmelo subito subito perché altrimenti tu non sai , tu non sai ! » « Cosa , non so ? » « Tu non sai come sono io che ti amerò ancora ma non vorrò più essere moglie per te , che potrò soffrir tanto ma non cambiare , mai più ! Capisci cosa vuol dire mai più ? » Egli la trasse a sé , la sottile persona ansante , le strinse le mani da rompergliele e disse con voce soffocata : « Ti crederò , sì , ti crederò » . Luisa che lo guardava lagrimosa chiese una parola migliore . « Ti crederò » , disse , « ti crederò ? » « Ti credo , ti credo . » Lo credeva davvero ma dov ' è ira è sempre anche orgoglio . Non volle subito arrendersi del tutto ; il suo accento fu piuttosto d ' un uomo compiacente che d ' un uomo convinto . Restarono ambedue silenziosi , tenendosi per le mani , cominciarono a sciogliersi l ' un dall ' altro via via con un impercettibile moto . Fu Luisa che infine , dolcemente , si staccò del tutto . Sentiva la necessità di troncar quel silenzio , parole calde non ne trovava , parole fredde non ne voleva , si mise a raccontare senz ' altro come avesse saputo dal Gilardoni del malaugurato viaggio a Lodi . Parlava con voce tranquilla , non propriamente fredda ma triste , stando seduta alla tavola in faccia a suo marito . Mentre riferiva le confidenze del professore , Franco si riaccendeva , la interrompeva continuamente : « E non gli hai detto questo ? - E non gli hai detto quello ? - Non gli hai detto stupido ? - Non gli hai detto bestia ? » . La prima volta Luisa lasciò correre , poi protestò . Aveva già detto di essersi sdegnata per lo sproposito del Gilardoni ; pareva quasi , adesso , che suo marito ne dubitasse ! Franco si chetò ma di mala voglia . Quando il racconto fu terminato si scagliò ancora contro il filosofo balordo , tanto che Luisa lo difese . Era un amico , aveva errato gravemente , gravissimamente , ma con buona intenzione . Dove andavano a finire le massime di Franco , la carità , il perdono delle offese , s ' egli non perdonava neppure a chi aveva voluto fargli del bene ? Ella pensò , qui , cose che non disse . Pensò che Franco perdonava moltissimo quando a perdonare c ' era follia e gloria e perdonava pochissimo quando c ' erano semplicemente ottime ragioni di farlo . Franco a udirsi parlar da lei di carità , s ' irritò , non osò dire che si sentiva superiore a un attacco simile , ma ritorse poco generosamente il colpo . « Ecco ! » , esclamò con una reticenza piena di sottintesi . « Tu lo difendi ! Già ! » . Luisa ebbe un sussulto nervoso delle spalle , ma tacque . « E perché non parlare , tu ? » , riprese Franco . « Perché non raccontarmi tutto subito ? » « Perché quando rimproverai Gilardoni egli mi supplicò di tacere ed io credetti , com ' era anche vero , che fosse inutile , a cosa fatta , darti un dispiacere così grande . L ' ultimo dì dell ' anno , quando sei andato in collera , volevo dirtelo , volevo raccontarti ciò che mi aveva confidato Gilardoni , te lo ricordi ? E tu non hai assolutamente voluto . Non ho insistito anche perché Gilardoni ha detto alla nonna che noi non ne sapevamo niente . » « Non lo ha creduto ! Naturale ! » « E se io parlavo cosa ci poteva far questo ? Così Pasotti avrà ben capito che tu non sapevi niente ! » Franco non replicò . Allora Luisa gli chiese di raccontarle il colloquio e stette ad ascoltarlo senza batter ciglio . Ella indovinò , con l ' acume dell ' odio , che se Franco avesse accettato di entrare negl ' impieghi , sarebbe venuta fuori l ' ultima condizione : separarsi dallo zio , da un impiegato destituito per ragioni politiche . « Certo ! » , diss ' ella , « avrebbe voluto anche questo ! Canaglia ! » Suo marito trasalì come se quella scudisciata avesse toccato il sangue anche a lui ... « Adagio » , diss ' egli , « con queste parole ! Prima , è una supposizione tua ; e poi ... » « È una supposizione mia ? E il resto ? E offrirti una viltà simile ? » Franco che aveva risposto a Pasotti con furore , rispose ora mollemente a sua moglie . « Sì sì sì , ma insomma ... » Adesso era lei che diventava violenta . L ' idea che la nonna osasse proporre loro l ' abbandono dello zio la faceva quasi impazzire . « Almeno questo » , diss ' ella , « mi consentirai : che pietà non ne merita ! Dio mio , pensare che questo testamento c ' è ancora ! » « Oh ! » , esclamò Franco . « Torniamo da capo ? » « Torniamo da capo ! Hai tu il diritto di pretendere che io neanche pensi , neanche senta come non piace a te ? Sarei vile , meriterei di essere una schiava , e non voglio poi essere né una cosa né l 'altra.» La ribelle intravveduta , sentita qualche volta da Franco attraverso l ' amante , la creatura dall ' intelletto forte sopra l ' amore e orgoglioso , non potuta mai conquistare interamente , gli stava ora di fronte , tutta vibrante nella coscienza della sua ribellione . « Va bene » , disse Franco parlando a se stesso . « Sarebbe vile , sarebbe schiava . Si ricorda Ella nemmeno più che domani vado via ? » « Non andar via . Resta . Eseguisci la volontà del tuo povero nonno . Ricordati quello che mi hai raccontato sulla origine della sostanza Maironi . Restituisci tutto all ' Ospitale Maggiore . Fa giustizia . » « No ! » , rispose Franco . « Chimere ! Il fine non giustifica i mezzi . Il vero fine poi , per te , è colpire la nonna . Questa storia dell ' Ospitale è il mezzo di giustificarlo . No , non mi servirò mai di quel testamento . L ' ho anche dichiarato a Pasotti , con parole da farmi sputare in faccia se cambiassi ! E parto domattina . » Seguì un lungo silenzio . Poi le due voci ripresero il dialogo , gelate e tristi come se nell ' uno e nell ' altro cuore vi fosse adesso qualche cosa di morto . « Hai pensato » , disse Franco , « che farei anche disonore a mio padre ? » « In che modo ? » « Prima per la forma oltraggiosa delle disposizioni e poi perché farei supporre la complicità di mio padre nella soppressione del testamento . Già , tu non le capisci queste cose . Che te ne importa ? » « Ma non è necessario parlar di soppressione . Può darsi che il testamento non sia stato trovato . » Nuovo silenzio . La stessa candela di sego che ardeva sulla tavola aveva una espressione lugubre . Luisa si alzò , raccolse da terra lo stivale del bisnonno e si dispose a incominciar il suo lavoro . Franco andò ad appoggiar la fronte alle invetriate della finestra . Vi rimase un pezzo , assorto nella contemplazione delle ombre della notte . Poi disse piano , senza volgere il capo : « Mai mai l ' anima tua non è stata tutta con me » . Nessuna risposta . Egli si voltò , adesso , e domandò a sua moglie , affatto senza collera , con la dolcezza inesprimibile che aveva nei momenti di depressione fisica o morale , se gli era accaduto , fin dal principio della loro unione , di mancare verso di lei . Gli fu risposto un impercettibile : « No » . « Allora forse non mi amavi come ho creduto ? » « No no no . » Franco non era sicuro di aver inteso bene e ripeté : « Non mi amavi ? » « Sì sì , tanto . » Lo spirito di lui si rialzò , un ' ombra di severità gli rientrò nella voce . « E allora » , diss ' egli , « perché non mi hai dato tutta l ' anima tua ? » Ella tacque . Aveva prima tentato invano di riprendere il lavoro . Le mani tremavano . E adesso veniva questa domanda terribile ! Doveva o non doveva rispondere ? Rispondendo , rivelando per la prima volta cose sepolte in fondo al cuore , avrebbe allargata la scissura dolorosa ; ma poteva non essere leale ? Il suo silenzio durò tanto che Franco le chiese ancora : « Non parli ? » . Ella raccolse tutte le proprie forze e parlò . « È vero , l ' anima mia non è mai stata interamente con te . » Tremò nel dir così , e Franco non respirava più . « Mi sono sempre sentita diversa e staccata da te » , riprese Luisa , « nel sentimento che deve governare tutti gli altri . Tu hai le idee religiose di mia madre . Mia madre intendeva e tu intendi la religione come un insieme di credenze , di culto e di precetti , ispirato e dominato dall ' amor di Dio . Io ho sempre avuto ripugnanza a concepirla così , non ho mai potuto veramente sentire , per quanto mi sforzassi , questo amore di un Essere invisibile e incomprensibile , non ho mai potuto capire il frutto di costringer la mia ragione ad accettare cose che non intende . Però mi sentivo un desiderio ardente di dirigere la mia vita a qualche cosa di bene secondo un ' idea superiore al mio interesse . E poi mia madre mi aveva talmente penetrata , con l ' esempio e con la parola , de ' miei doveri verso Dio e la Chiesa , che i miei dubbi mi davano un grandissimo dolore , li combattevo quanto potevo . Mia madre era una santa . Ogni atto della sua vita corrispondeva alla sua fede . Anche questo poteva molto sopra di me e poi sapevo che la maggiore afflizione della sua vita era stata l ' incredulità di mio padre . Ho conosciuto te , ti ho amato , ti ho sposato , mi sono confermata nel proposito di diventare , nelle cose di religione , come te , perché tu eri come mia madre . Ma ecco , un po ' alla volta , ho trovato che tu non eri come mia madre . Debbo dire anche questo ? » « Sì , tutto . » « Ho trovato che tu eri la bontà stessa , che avevi il cuore più caldo , più generoso , più nobile della terra , ma che la tua fede e le tue pratiche rendevano quasi inutili tutti questi tesori . Tu non operavi . Tu eri contento di amar me , la bambina , l ' Italia , i tuoi fiori , la tua musica , le bellezze del lago e delle montagne . In questo seguivi il tuo cuore . Per l ' ideale superiore ti bastava di credere e di pregare . Senza la fede e senza la preghiera tu avresti dato il fuoco che hai nell ' anima a quello ch ' è sicuramente vero , ch ' è sicuramente giusto qui sulla terra , avresti sentito quel bisogno di operare che sentivo io . Tu lo sai , già , come ti avrei voluto in certe cose ! Per esempio , chi sente il patriottismo più di te ? Nessuno . Bene , io avrei voluto che tu cercassi di servirlo proprio davvero , poco o molto , il tuo paese . Adesso vai in Piemonte ma ci vai sopra tutto perché non abbiamo quasi più da vivere . » Franco accigliatissimo , fece un atto iracondo di protesta . « Se vuoi » , disse umilmente Luisa , « mi fermo . » « No , no , avanti , fuori tutto , è meglio ! » Egli rispose tanto concitato , tanto sdegnoso , che Luisa tacque e solo ripigliò il suo discorso dopo un altro « avanti ! » . « Anche senz ' andare in Piemonte ci sarebbe stato da fare in Valsolda , in Val Porlezza , in Vall ' Intelvi quello che fa V . sul lago di Como , mettersi in relazione colla gente , tener vivo il sentimento buono , preparare tutto ciò ch ' è bene preparare per il giorno della guerra , se verrà . Io te lo dicevo e tu non ti persuadevi , mi facevi tante difficoltà . Questa inerzia favoriva la mia ripugnanza al concetto tuo della religione e la mia tendenza ad un altro concetto . Perché religiosa mi sentivo anch ' io moltissimo . Il concetto religioso che mi si veniva formando sempre più chiaro nella mente era questo , in breve : Dio esiste , è anche potente , è anche sapiente , tutto come credi tu ; ma che noi lo adoriamo e gli parliamo non gliene importa nulla . Ciò ch ' egli vuole da noi lo si comprende dal cuore che ci ha fatto , dalla coscienza che ci ha dato , dal luogo dove ci ha posto . Vuole che amiamo tutto il bene , che detestiamo tutto il male , e che operiamo con tutte le nostre forze secondo quest ' amore e quest ' odio , e che ci occupiamo solamente della terra , delle cose che si possono intendere , che si possono sentire ! Adesso capisci come concepisco io il mio dovere , il nostro dovere , di fronte a tutte le ingiustizie , a tutte le prepotenze ! » Più Luisa procedeva nel definire ed esprimere le proprie idee , più si sentiva contenta di farlo , di esser finalmente sincera , di porsi con franchezza sopra un terreno proprio e fermo ; più si spegneva dentro di lei ogni sdegno contro il marito , più le saliva nel cuore una tenera pietà di lui . « Ecco » , soggiunse , « se si trattasse solamente di questo dispiacere circa la nonna , non credi che avrei sacrificato mille volte l ' opinione mia piuttosto che affliggerti ? Bisognava bene che ci fosse sotto qualche altra cosa . Adesso sai tutto , adesso l ' anima mia l ' ho messa nelle tue mani . » Ella lesse sulla fronte di suo marito un dolor cupo , una freddezza nemica . Si alzò , mosse adagio adagio verso di lui , a mani giunte , fissandolo , cercando gli occhi che la evitavano e si fermò per via , respinta da una forza superiore , benché egli non avesse detto una parola né fatto un gesto . « Franco ! » , supplicò . « Non mi puoi amare più ? » Egli non rispose . « Franco ! Franco ! » , diss ' ella , tendendogli le mani giunte . Poi fece l ' atto di avanzare . Egli si tirò bruscamente indietro . Stettero così a fronte in silenzio , per un eterno mezzo minuto . Franco teneva le labbra serrate , si udiva la sua respirazione frequente . Fu lui che ruppe il silenzio . « Quello che hai detto è proprio il tuo pensiero ? » «Sì.» Egli teneva le mani sulla spalliera d ' una seggiola . La scosse con violenza e disse amaramente : « Basta » . Luisa lo guardò con tristezza indicibile e mormorò : « Basta ? » . Egli rispose con ira : « Sì , basta basta basta basta ! » . Tacque un istante e riprese duramente : « Sarò un neghittoso , un inerte , un egoista , tutto quello che vuoi , ma non sono poi un bambino da venirmi a quietare con due carezze dopo avermi detto tutto quello che mi hai detto ! Basta ! » . « Oh Franco , ti ho fatto male , lo so , ma mi è costato tanto di farti male ! Non puoi prendermi con bontà ? » « Ah , prenderti con bontà ! Tu vuoi ferire e che ti si prenda con bontà ! Tu sei superiore a tutti , tu giudichi , tu sentenzii , tu sei la sola che intende cosa Dio vuole e cosa non vuole ! Questo no , sai , del resto . Di ' pure di me quello che ti piace ma lascia stare le cose che non capisci . Occupati del tuo stivale , piuttosto ! » Egli non voleva vedere in sua moglie che l ' orgoglio , e la sua stessa collera gli era nata quasi tutta d ' orgoglio , d ' amor proprio offeso , era una collera impura che gli offuscava la mente e il cuore . Sì la moglie che il marito avrebbero creduto poter essere accusati di tutto fuorché d ' orgoglio . Ella tacque , riprese il suo posto , tentò riprendere il lavoro , maneggiava nervosamente gli strumenti senza saper bene che si facesse . Franco se n ' andò in sala , sbattendo l ' uscio dietro di sé . Nel buio della sala , abbandonata dopo le cinque , si gelava ; ma Franco non se n ' accorse . Si buttò sul canapè , si diede tutto al suo dolore , alla sua collera , a una facile , violenta difesa mentale di se stesso contro la moglie . Siccome Luisa si era levata , fosse pure con certi temperamenti , contro lui e contro Dio , gli faceva comodo di confondere in cuor suo la propria causa con quella dell ' altro muto , terribile Offeso . La sorpresa , l ' amarezza , l ' ira , le buone e le cattive ragioni gli fecero prima una turbinosa tempesta nel cervello . Poi si sfogò a immaginare pentimenti di Luisa , domande di perdono , magnanime risposte proprie . A un tratto udì Maria gridare e piangere . Si alzò per andar a vedere cos ' avesse , ma era senza lume . Allora attese un poco pensando che andrebbe Luisa . Non udì alcun movimento e la bambina piangeva sempre più forte . Si accostò pian piano al salotto , guardò per il vetro dell ' uscio . Luisa teneva le braccia incrociate sulla tavola e il viso appoggiato alle braccia . Non si vedevano , al lume della candela , che i suoi bei capelli bruni . Franco si sentì cadere la collera , aperse l ' uscio e chiamò a mezza voce con certa severa dolcezza : « Luisa , Maria piange » . Luisa levò il viso pallidissimo , prese la candela e uscì senza dir parola . Suo marito la seguì . Trovarono la bambina a sedere sul letto , tutta piangente , spaventata da un sogno . Quando vide suo padre gli stese le braccia supplicandolo con la voce grossa di pianto : « No via , papà , no via , papà ! » . Franco se la strinse in braccio , la coperse di baci , la chetò , la ripose nel letticciuolo . Ella si teneva stretta una mano del papà , non la voleva in alcun modo lasciare . Luisa prese un ' altra candela sul suo tavolino da notte , volle accenderla e non le riusciva , tanto le tremavano le mani . « Non vieni a letto ? » , le chiese Franco . Ella rispose « no » tremando più di prima . Franco credette indovinar in lei una supposizione , un timore , e se ne offese . « Oh , puoi venire ! » , diss ' egli sdegnoso . Luisa accese il lume e disse più pacatamente che doveva lavorare alle scarpette . Uscì e solamente sulla soglia mormorò : « Buona notte » . Franco rispose asciutto : « Buona notte » . Ebbe un momento l ' idea di spogliarsi , l ' abbandonò subito poiché sua moglie stava alzata a lavorare . Tolse una coperta , si coricò vestito , dalla parte del letticciuolo onde potersi tenere una manina di Maria che non dormiva ancora , e spense il lume . Che dolcezza , quella manina cara ! Franco la sentiva , bambina , la sua figliuola , innocente , amorosa bambina e la immaginava donna , tutta sua nel cuore , tutta unita a lui nelle idee come nei sentimenti , immaginava che quella manina stretta volesse compensarlo del dolore datogli da Luisa , dirgli : papà , tu e io siamo uniti per sempre . Dio , gli venivano i brividi a pensare che forse Luisa vorrebbe educarla nelle sue idee e ch ' egli sarebbe lontano , non ci potrebbe far niente ! Pregò il Signore , pregò il Maestro così dolce ai bambini , pregò Maria , pregò la santa nonna Teresa , pregò la sua propria mamma di cui sapeva ch ' era stata tanto pura e tanto religiosa : « Custodite , custodite la mia Maria ! » . Offerse tutto se stesso , la felicità terrena , la salute , la vita purché Maria fosse salva dall ' errore . « Papà » , disse Ombretta . « Un bacio . » Egli si sporse dal letto , si chinò a cercar con le labbra il caro visino e poi le disse di tacere , di dormire . Ella tacque un minuto e chiamò : « Papà » . « Cosa ? » « Non ho mica il mulo sotto il guanciale , sai , papà . » « No , no , cara , ma dormi . » « Sì , papà , dormo . » Tacque un altro minuto e poi : « La mamma è a letto , papà ? » « No , cara . » « Perché ? » « Perché ti fa le scarpette . » « Le porto anche in Paradiso , io , le scarpette , come il bisnonno ? » « Taci , dormi . » « Contami una storia , papà . » Egli si provò ma non aveva la fantasia né l ' arte di Luisa e s ' imbarazzò presto . « Oh papà » , disse Maria con l ' accento della compassione , « tu non sai raccontar le storie . » Questo lo umiliò . « Senti , senti » , rispose , e si mise a recitare una ballata di Carrer , Al bosco nacque , povera bambina , Gerolimina , rifacendosi , dopo quattro strofe che ne sapeva , sempre da capo , con intonazioni sempre più misteriose e abbassando via via la voce in un bisbiglio inarticolato , fino a che Ombretta Pipì , cullata dal metro e dalla rima , entrò con essi nel mondo dei sogni . Quando la udì dormire in pace gli parve così crudele di lasciarla , gli parve d ' essere un tal traditore che vacillò nel suo proponimento . Si rimise subito . Il dolce dialogo con la bambina gli aveva alquanto pacificato e rischiarato lo spirito . Incominciò ad aver coscienza di un altro dovere che oramai gl ' incombeva di fronte alla moglie : mostrarlesi uomo a costo di qualsiasi sacrificio , nella volontà e nell ' azione , difendere , contro lei , la propria fede con le opere , partire , lavorare e soffrire ; e poi ... e poi ... se Iddio santo vorrà che il cannone tuoni per l ' Italia , via , avanti , e venga pure una palla austriaca che la faccia piangere e pregare anche lei ! Gli sovvenne di non aver dette le sue preghiere della sera . Povero Franco , non gli era mai successo di recitarle a letto senz ' assopirsi a metà . Sentendosi abbastanza tranquillo , pensando che Luisa tarderebbe forse molto a venire , ebbe paura di addormentarsi e si domandò cosa direbbe se lo trovasse addormentato . Si alzò pian piano , disse le sue preghiere , accese quindi il lume , sedette alla scrivania , si pose a leggere e si addormentò sulla sedia . Fu svegliato dagli zoccoli della Veronica che scendeva le scale . Luisa non era ancora venuta . Entrò poco dopo e non espresse alcuna meraviglia di veder Franco alzato . « Sono le quattro » , diss ' ella . « Se vuoi partire manca mezz 'ora.» Occorreva partire alle quattro e mezzo per essere sicuramente a Menaggio in tempo di pigliar il primo battello che veniva da Colico . Invece di andar a Como e quindi a Milano come s ' era annunciato ufficialmente , Franco doveva scendere ad Argegno e salire a S . Fedele , calare in Svizzera per la Val Mara o per Orimento e il Generoso . Franco accennò a sua moglie di tacere , di non svegliare Maria . Poi , ancora con un silenzioso gesto , la chiamò a sé . « Parto » , le disse piano . « Ieri sera sono stato cattivo , con te . Ti domando perdono . Dovevo risponderti diversamente , anche avendo ragione . Tu conosci il mio temperamento . Perdonami . Almeno non serbarmi rancore . » « Per parte mia non ne sento affatto » , rispose Luisa con dolcezza , come uno che facilmente è benigno perché si sente superiore . Gli ultimi preparativi furono fatti in silenzio , il caffè fu preso in silenzio . Franco andò ad abbracciare lo zio che non aveva salutato la sera , poi entrò solo nell ' alcova , si inginocchiò al lettuccio di Maria , sfiorò col labbro una manina che pendeva dalla sponda . Ritornando in salotto vi trovò Luisa con lo scialle e il cappello , le domandò se veniva a Porlezza anche lei . Sì , veniva . Tutto era pronto , la borsa a mano l ' aveva Luisa , la valigetta era in barca , l ' Ismaele aspettava alla scaletta della darsena con un piede sullo scalino e un piede sulla prua del battello . La Veronica accompagnò i viaggiatori col lume , diede il buon viaggio al padrone , tutta compunta , avendo odorata la burrasca . Due minuti ancora e il pesante battello spinto da Ismaele con la remata lenta e tranquilla « di viaggio » passava sotto il muro dell ' orto . Franco mise il capo al finestrino . Passarono , nel chiaror fioco della notte stellata senza luna , i rosai , i capperi , le agavi pendenti dal muro , passarono gli aranci , il nespolo , il pino . Addio , addio ! Passarono il Camposanto , la « Zocca de Mainé » , la stradicciuola fatta tante volte con Maria , il Tavorell . Franco non guardò più . Non c ' era il solito lume , quella notte , nel casottino del battello ed egli non poteva vedere sua moglie , che non parlava . « Vieni a Porlezza per le carte del notaio » , diss ' egli , « o proprio per accompagnar me ? » « Anche questo ! » , mormorò Luisa , tristemente . « Ho voluto esser leale con te fino all ' estremo e tu te ne sei offeso . Mi domandi perdono e poi mi dici queste cose . Capisco che non si può esser fedeli alla verità senza soffrire molto , molto , molto . Pazienza , ormai ho preso questa strada . Se son venuta per accompagnarti , lo saprai . Non farmi abbassare a dirlo adesso ! » « Non farmi abbassare ! » , esclamò Franco . « Io non capisco . Siamo tanto diversi in tante cose , del resto . Dio mio ! come siamo diversi ! Tu sei sempre così padrona di te stessa , sai sempre esprimere i tuoi pensieri così esattamente , li conservi sempre così netti , così freddi ! » Luisa mormoro : « Sì , siamo diversi » . Non parlarono più né l ' uno né l ' altro fino a Cressogno . Quando furono vicini alla villa della nonna , Luisa parlò e cercò che il discorso non cadesse fino a che la villa non fosse passata . Si fece ripetere tutto l ' itinerario stabilito , suggerì di pigliar la sola borsa a mano perché la valigia imbarazzerebbe troppo da Argegno in poi . Ne aveva già parlato con Ismaele e Ismaele s ' incaricava di portarla a Lugano e di spedirla a Torino di là . Intanto la villa della nonna con le sue suggestioni sinistre , passo . Ecco il santuario della Caravina , adesso . Due volte , durante i loro amori , Franco e Luisa s ' erano incontrati alla festa della Caravina l ' otto settembre , sotto gli ulivi . E passò anche la cara piccola chiesa cinta d ' ulivi sotto le rupi paurose del picco di Cressogno . Addio , chiesa , addio , tempo passato . « Ricordati » , disse Franco quasi duramente , « che Maria deve dire le sue preghiere ogni mattina e ogni sera . È un comando che ti do . » « Lo avrei fatto anche senza comando » , rispose Luisa . « So che Maria non appartiene solo a me . » Silenzio fino a Porlezza . L ' uscir dalla cala placida della Valsolda , il veder altre valli , altri orizzonti e il lago segnato dalle prime brezze dell ' alba , traevano i due viaggiatori ad altri pensieri , li facevano pensare , senza che ne sapessero il perché , all ' avvenire incerto precorso da bisbigli annunciatori di grandi cose , che passavan di furto per il pesante silenzio austriaco . Si udì qualcuno gridare dalla riva di Porlezza e Ismaele si mise a remar di lena . Era il vetturino , il Toni Pollìn , che gridava di far presto se non si voleva perdere il vapore a Menaggio . Ecco gli ultimi momenti . Franco abbassò il vetro dell ' usciolino , guardò quell ' uomo come se avesse un grande interesse di udirne le parole . Quando approdarono si voltò a sua moglie . « Esci anche tu ? » Ella rispose : « Se credi » . Uscirono . Una carrettella era sulla riva , pronta . « Guarda » , disse Luisa , « che nella borsa troverai da far colazione . » Si abbracciarono , si scambiarono un bacio rapido e freddo davanti tre o quattro curiosi . « Fa che Maria » , disse Franco , « mi perdoni di esser partito così » , e furono le ultime sue parole perché il Toni Pollìn insisteva , « presto , presto ! » . La carrettella partì di gran trotto e con un gran fracasso di frustate per la stretta , scura viuzza di Porlezza . Franco viaggiava sul Falco , da Campo verso Argegno , quando pensò di prender qualche cosa . Aperse la borsa e gli balzò il cuore vedendo una lettera con questo indirizzo di carattere di sua moglie : « per te » . L ' aperse avidamente e lesse : Se tu sapessi cosa mi sento io nell ' anima , quel che soffro , come sono tentata di lasciar qui le scarpette delle quali m ' intendo assai meno che tu non creda , e di venir da te a rinnegar quello che t ' ho detto , non saresti così duro con me . Debbo aver molto peccato contro la Verità perché mi sieno così difficili e amari i primi passi che faccio seguendo lei . Tu mi credi orgogliosa e io stessa mi credevo molto suscettibile : adesso sento che le tue parole umilianti non potrebbero trattenermi dal venirti a cercare . Ciò che mi trattiene è una Voce dentro di me , una Voce più forte di me , che mi comanda di tutto sacrificare fuorché la mia coscienza della verità . Ah , io spero un premio di questo sacrificio ! Io spero che possiamo un giorno essere uniti con tutta l ' anima . Esco in giardinetto a coglier per te la brava rosellina che abbiamo ammirata insieme ier l ' altro , che ha sfidato e vinto gennaio . Ti ricordi quanti ostacoli erano fra noi quando la prima volta ebbi un fiore dalle tue mani ? Io non t ' amavo ancora e tu già pensavi a vincermi . Adesso sono io che spero di conquistare te . Mancò poco che Franco lasciasse passare Argegno senza muoversi dal suo posto . 9 . Per il pane , per l ' Italia , per Dio Otto mesi dopo , nel settembre del 1855 , Franco abitava una misera soffitta a Torino , in via Barbaroux . Aveva ottenuto nel febbraio un posto di traduttore all ' Opinione , con ottantacinque lire il mese . Più tardi fece anche relazioni del Parlamento e lo stipendio gli fu portato a cento lire il mese . Il Dina , direttore del giornale , gli voleva bene e gli procacciava qualche lavoro straordinario , fuori d ' ufficio , tanto da fargli prendere altre venticinque o trenta lire il mese . Franco viveva con sessanta lire il mese . Il resto andava a Lugano e da Lugano , per le mani fedeli d ' Ismaele , a Oria . Per vivere un mese con sessanta lire ci voleva una forza d ' animo che lo stesso Franco non avrebbe creduto , prima , possedere . Le ore d ' ufficio , il tradurre , assai laborioso per un uomo pieno di scrupoli e di timidità letterarie , gli pesavano più delle privazioni ; e sessanta lire gli parevano ancora troppe , si rimproverava di non saper vivere con meno . Si era legato con altri sei emigrati , parte lombardi parte veneti . Mangiavano insieme , passeggiavano insieme , disputavano insieme . Meno Franco e un Udinese , gli altri erano fra i trenta e i quarant ' anni . Tutti poverissimi , non avevano mai voluto pigliar un soldo dal governo piemontese a titolo di sussidio . L ' Udinese che apparteneva a una famiglia ricca e austriacante e da casa non riceveva niente , conosceva bene il flauto , dava quattro o cinque lezioni la settimana e suonava nelle orchestrine dei teatri di commedia . Un notaio padovano copiava nello studio di Boggio . Un avvocato di Caprino Bergamasco , soldato di Roma del 1849 , teneva i registri di un grande negozio di ombrelli e di mazze in via Nuova , per cui gli amici lo chiamavano il « Fante di bastoni » . Un quarto , milanese , aveva fatto la campagna del '48 nelle guide di Carlo Alberto ; per questo , e per una certa sua boria meneghína , il Padovano gli aveva posto nome « Caval di spade » . La professione del Caval di spade era quella di litigare continuamente col Fante di bastoni per antagonismo di provincia , d ' insegnare la scherma in due convitti , e , l ' inverno , di suonare il piano dietro una cortina misteriosa , nelle sale dove si ballavano polke a due soldi l ' una . Gli altri vivevano con miserabili assegni delle loro famiglie . Erano tutti scapoli , meno Franco , e tutti allegri . Si chiamavano e si facevano chiamare « i sette sapienti » . Dominavano Torino , nella loro sapienza , dall ' alto di sette soffitte sparse per tutta la città da Borgo San Dalmazzo a Piazza Milano . La più misera era quella di Franco che la pagava sette lire il mese . Meno il Padovano , a cui una sorella del portinaio di casa portava l ' acqua nella soffitta , nessuno della compagnia si faceva del tutto servire , e il Padovano avrebbe espiato bene la sua devota Margà con le tormentose celie degli amici , se non fosse stato il pacifico filosofo ch ' era . Tutti si lustravano le scarpe da sé . Il più destro di mano era Franco e a lui toccava di attaccare i bottoni agli amici quando non volevano umiliarsi ricorrendo al Padovano e alla sua Margà , la quale , del resto , certe volte , « o mi povra dona ! » , ne vedeva capitare una processione . L ' Udinese aveva bene un ' amante , una piccola « tota » del primo baraccone di piazza Castello sull ' angolo di Po ; ma era geloso e non permetteva che attaccasse bottoni a nessuno . Gli amici se ne vendicavano chiamandola « tota bürattina » perché vendeva fantocci e bambole . Egli era del resto , grazie a « tota burattina » , il solo della compagnia che avesse gli abiti sempre in ordine e la cravatta annodata con una grazia speciale . A mangiare andavano in una trattoria di Vanchiglia battezzata « la trattoria del mal de stomi » dove per trenta lire il mese avevano colazione e pranzo . Il loro lusso era il bicierìn , un miscuglio di caffè , latte e cioccolatte che si aveva per quindici centesimi . Lo prendevano la mattina , i veneti al caffè Alfieri , gli altri al caffè Florio . Meno Franco , però . Franco rinunciava al bicierìn e al relativo torcètt , pasta da un soldo , per ammassare tanto che gli bastasse a far una corsa a Lugano e portar un regaluccio a Maria . Andavano a passeggiare , l ' inverno , sotto i portici di Po , quelli della Sapienza , dalla parte dell ' Università , non quelli della Follia , dalla parte di S . Francesco ; e poi sedevano al caffè dove uno della compagnia , per turno , prendeva il caffè mentre gli altri leggevano i giornali e saccheggiavano lo zucchero . Una volta alla settimana , invece che andare al caffè , si cacciavano , per accontentare il Fante di bastoni , in un buco di via Bertola dove si beveva il più puro e squisito Giambava . A teatro ci andava l ' Udinese e in grazia sua , di tanto in tanto , qualche altro , gratis ; sempre alla commedia , per lo più al Rossini o al Gerbino . Per Franco il passar davanti ai manifesti del Regio e degli altri teatri di musica , era un supplizio molto maggiore che lustrarsi le scarpe o far colazione con cinque centimetri quadrati di frittata buonissima per osservare le macchie del sole . Fortunatamente aveva conosciuto certo C . , veneto , segretario al Ministero dei Lavori Pubblici , il quale lo presentò alla famiglia di un distintissimo maggiore medico dell ' esercito , pure veneto , che possedeva un piano , riceveva , la sera , alcuni amici e li ristorava con un caffè eccellente , quasi unico , in quei tempi , a Torino . Quando i sette sapienti , per una ragione o per l ' altra , non passavano la sera insieme , Franco andava a casa C . , in piazza Milano , a far musica , a conversare d ' arte con le signorine , a disputar di politica con la signora , una fiera patriota veneziana di grande ingegno e d ' animo antico , che aveva tutte eroicamente affrontate le durezze e le amarezze dell ' esilio , incuorando il marito i cui primi passi erano stati assai difficili e amari ; perché a lui , già reputatissimo professore dell ' Università di Padova , le care , benedette teste oneste e dure della rigida amministrazione piemontese avevano imposto di subire un esame se voleva diventare capitano medico , niente meno . La corrispondenza fra Torino e Oria non rispecchiava lo stato vero degli animi di Franco e di Luisa , correva liscia , affettuosa , certo con molti ritegni e cautele da una parte e dall ' altra . Luisa si era figurata che Franco avrebbe risposto alla sua letterina e sarebbe entrato nel grande argomento . Non vedendo che parlasse mai né della letterina né di ciò ch ' era stato fra loro quell ' ultima notte , arrischiò un ' allusione . Non fu raccolta . In fatto Franco s ' era messo più volte a scrivere col proposito di affrontare le idee di sua moglie . Prima di scrivere si sentiva forte , si teneva sicuro che pensandoci avrebbe trovato facilmente argomenti vittoriosi ; gliene venivano anche alla penna di quelli che gli sembravan tali ma poi , quand ' erano scritti , ne scopriva subito la insufficienza , ne stupiva , se ne doleva , ritentava la prova e sempre con eguale successo . Eppure sua moglie aveva ben torto ; di questo non dubitava un momento ; dunque vi doveva essere modo di dimostrarglielo . Bisognava studiare . Cosa ? Come ? Ne domandò a un prete dal quale si era confessato poco dopo il suo arrivo a Torino . Questo prete , un piccolo vecchietto contraffatto , focoso e dottissimo , lo invitò a casa sua , in piazza Paesana , si pose ad aiutarlo con entusiasmo , gli suggerì una quantità di libri , parte da legger lui , parte da mandare a sua moglie . Forte orientalista e gran tomista , provando una vivissima simpatia per Franco , attribuendogli un ingegno e una cultura forse superiori al vero , per poco non gli suggerì di studiar l ' ebraico e volle poi assolutamente che leggesse S . Tommaso . Arrivò sino a dargli un abbozzo di lettera a sua moglie con gli argomenti che doveva sviluppare . Franco s ' innamorò subito del vecchietto entusiasta che aveva poi , anche nell ' aspetto , la purezza d ' un Santo . Si mise a studiar S . Tommaso con grande ardore e vi durò poco . Gli parve di mettersi in un mare senza fine e senza principio , di non potervisi dirigere . Il disegno scolastico della trattazione , quella uniformità nella forma dell ' argomentare pro e contro , quel gelido latino denso di profondo pensiero e incolore alla superficie , gli schiacciarono in tre giorni tutta la buona volontà . Gli argomenti dell ' abbozzo di lettera non li capì che in piccola parte . Se li fece spiegare , li intese meglio , si dispose a scendere in campo con essi e si trovò impacciato come David nell ' armatura di Saul . Gli pesavano , non li poteva maneggiare , senti che non erano roba sua e che non lo sarebbero diventati mai . No , egli non poteva presentarsi a sua moglie col tricorno e con la tonaca del professor G . , impugnando una lancia di teologia e coprendosi con uno scudo di metafisica . Riconobbe che non era nato per filosofare in nessun modo ; gli mancava persino l ' organo del rigido ragionamento logico ; o almeno il suo bollente cuore , ricco di tenerezze e di sdegni , voleva troppo parlare anche lui , a favore o contro , secondo la propria passione . Suonando una sera a casa C . , tutto fremente e con gli occhi sfavillanti , l ' andante della suonata op . 28 di Beethoven , gli capitò di dire a mezza voce : « Ah questo , questo , questo ! » . Nessun Padre , pensava , nessun Dottore potrebbe comunicar il sentimento religioso come Beethoven . Metteva , suonando , tutta l ' anima sua nella musica e avrebbe pur voluto esser con Luisa , suonarle il divino andante , unirsi a lei pregando in un inenarrabile spasimo dello spirito , così . Né gli venne in mente che Luisa , la quale del resto sentiva la musica molto meno di lui , avrebbe piuttosto dato all ' andante il senso del doloroso conflitto fra il proprio affetto e le proprie idee . Andò da G . , gli riportò S . Tommaso , gli confessò tutta la sua impotenza con parole così umili e commosse che il vecchio prete , dopo qualche momento di silenzio accigliato e inquieto , gli perdonò . « Là là là » , diss ' egli riprendendosi con rassegnazione il suo primo volume della Somma , « ca s ' raccomanda al Sgnour e sperouma ca fassa Chiel . » Così finirono gli studi teologici di Franco . Tanto meditare sulle idee di sua moglie e sulle proprie e soprattutto il consiglio del professore « ca s ' raccomanda al Sgnour » non furono senza frutto . Cominciò a intendere che in qualche cosa Luisa non aveva torto . Rimproverato da lei di non condurre la vita che secondo la sua fede avrebbe dovuto , egli s ' era offeso di ciò più che di tutto il resto . Adesso un generoso slancio lo portò all ' altro estremo , a giudicarsi sinistramente , a esagerare le proprie colpe d ' accidia , d ' ira e persin di gola , a tenersi responsabile delle aberrazioni intellettuali di Luisa . E provò una smania di dirlo , di umiliarsi davanti a lei , di separar la causa propria dalla causa di Dio . Quando ebbe il posto all ' Opinione e regolò le proprie spese per poter fare un assegno alla famiglia , sua moglie gli scrisse che l ' assegno era assolutamente troppo forte in proporzione dei suoi guadagni . Il saper ch ' egli viveva a Torino con sessanta lire il mese le rendeva amaro il cibo a lei . Allora egli le rispose , questo non proprio sinceramente , che , anzi tutto , non pativa mai la fame ; che , del resto , sarebbe stato felice anche di digiunare perché provava un ' avidità intensa di mutar vita , di espiar gli ozi passati , compreso il soverchio tempo dato ai fiori e alla musica , di espiar tutte le passate mollezze , tutte le debolezze , comprese quelle per la cucina raffinata e per i vini scelti . Soggiunse che della vita passata aveva domandato perdono a Dio e che credeva doverlo domandare anche a lei . Insomma il Padovano , cui si era legato di grande amicizia , udito recitarsi da lui , come a riprova di precedenti confessioni , questo brano di lettera , gli disse : « Ciò , la par l ' orazion de Manasse re di Giuda » . Luisa scriveva molto affettuosamente , sì , ma con minore effusione . Il silenzio di Franco circa l ' argomento del colloquio doloroso le spiaceva ; e cominciar lei , di fronte a un silenzio così ostinato , non le parve utile . I propositi di lavoro e di sacrificio la commossero profondamente ; quando lesse quella confessione da gran delinquente con la domanda di perdono a Dio e a lei , ne sorrise e baciò la lettera sentendo ch ' era un atto di sottomissione e un ' acquiescenza umile alle censure che tanto lo avevano a prima giunta irritato . Povero Franco , ecco gli slanci della sua nobile , generosa natura ! Ma durerebbero ? Rispose subito e se dalla risposta traspariva la sua commozione , ne traspariva pure il sorriso , del quale Franco non fu contento . Nella chiusa v ' eran questi periodi : « Leggendo tutte le accuse che ti fai ho pensato con rimorso a quelle che t ' ho fatto io , una triste notte , e ho sentito che ci pensavi anche tu quando scrivevi , benché né questa lettera né alcuna delle altre tue ne abbia parola . Di quelle accuse ho rimorso , Franco mio ; ma delle altre cose a cui tanto penso nella mia solitudine , oh come vorrei che parlassimo ancora , da buoni amici ! » . Il desiderio di Luisa restò vano . Su questo punto Franco non rispose affatto , anzi la sua prima lettera fu alquanto freddina . Perciò Luisa non ritornò più sull ' argomento . Solo una volta , parlando di Maria , scrisse : « Se tu vedessi come recita il Padre nostro , mattina e sera , e come si comporta a Messa , la domenica , saresti contento » . Egli rispose : « Di quanto mi scrivi circa le pratiche religiose di Maria , sono contento e ti ringrazio » . Sì Luisa che Franco scrivevano quasi ogni giorno e spedivano le lettere una volta alla settimana . Ismaele andava alla posta di Lugano ogni martedì , portava la lettera della moglie e riportava quella del marito . In giugno Maria ebbe il morbillo , in agosto lo zio Piero perdette quasi improvvisamente l ' occhio sinistro e ne fu , per qualche tempo , molto turbato . Durante questi due periodi , le lettere di Oria spesseggiavano . In settembre la corrispondenza ritornò settimanale . Tolgo dal fascio le ultime lettere scambiate fra Luisa e Franco alla vigilia degli avvenimenti onde furono colti alla fine di settembre . Luisa a Franco Oria , 12 settembre 1855 Il riverito signor Ismaele ci ha fatto molto aspettare l ' ultima tua , perché da Lugano invece di venire a Oria è andato a Caprino con alcuni amici suoi e delle Potenze Occidentali a festeggiare la presa di Sebastopoli nella cantina dello Scarselon e là ha bevuto « un cicinìn » e quindi è ritornato a Lugano dove un altro « cicinìn » lo ha fatto dormire come un salame fino a mercoledì mattina . Ha pure dimenticato di spedirti il vasetto di lucido e così lo dovrai aspettare una settimana o pagare , a Torino , tanto più caro , se la provvista è finita . Me ne rincresce assai . Se Dina ti ha offerto di scrivere qualche appendice teatrale , tanto meglio . Così potrai udire gratis un po ' di musica ; benché sono anch ' io dell ' opinione del vostro Caval di spade che bisogna ricondurre la musica italiana al tamburo . Quanto all ' affare Valle Intelvi , lodo la tua prudenza . Essa è stata però così grande che non sono certissima d ' averti inteso bene . Ho inteso che per preparare , in caso di guerra , un movimento alle spalle dei nostri signori , occorrono alcune persone sicure cui far capo con le opportune comunicazioni da Torino , sia direttamente sia per mezzo del Comitato di Como . A ogni modo andrò io stessa domani a Pellio Superiore dove c ' è un medico condotto grande amico di V . e sicurissimo . Parlerò con lui , intanto . Per quella fodera sdrucita non ti crucciare . Basta che porti l ' abito a Lugano quando verrai . Ci penserò io e posso anche promettere di foderarti le maniche di seta , grazie ad una sottana che mia madre mi diceva essere venuta in casa Ribera da casa Affaitati nel secolo scorso , una sottana gialla a fiorami rossi che né io né Ombretta porteremo certo mai . Ombretta sta benissimo . Da tre giorni , declinando il caldo , ha ripreso i suoi colori . Stamattina le ho dato la prima lezione di lettura col metodo Lambruschini . Tutto si trasforma e progredisce nella nostra casa ! Questa sorte è toccata ieri all ' antico cartellone della tombola , con dolore muto ma palese della Cia . Ne ho fatto strage per tagliarne fuori , oltre a cinque quadratini per le vocali , parecchi altri quadrati più grandi , dove ho disegnato , immagina come ! le figure di so - le , lu - na , ca - ne , bu - e , ecc . Maria ha imparate le vocali con prontezza sufficiente . A mezza lezione è entrato lo zio Piero e ha esclamato : « Oh povero me ! » . Poi , malgrado le mie proteste , ha molto compianto Maria . Ella ha risposto che studiava per scrivere a papà . « Scrivere a papà » è la sua idea fissa e io credo che se la facessi scrivere conducendole la mano , perderei forse il più forte stimolo che posso adoperare con lei come maestra di lettura , poiché sa che prima di scrivere deve imparare a leggere . Il suo affetto per te vien sempre fuori con una mistura di amor proprio . Parla come se fosse un bisogno , non suo ma tuo , mio , dell ' universo intero che Ombretta Pipì scriva a papà . Uno di questi giorni mi udì sgridar la Veronica perché ha la cattiva abitudine di buttar dalla cucina l ' acqua sporca sul carrubo che n ' è intristito . Ricordai alla Veronica , naturalmente , quanto il carrubo è caro a te . Maria l ' udiva che brontolava tra sé contro il povero carrubo perché manda ombra in cucina e gli augurava di crepare . « Taci ! » , le intimò Maria con una forza inesprimibile . « Ti mando via se non taci . » L ' altra la rimbeccò e Maria fuori a piangere . Io udii e accorsi . « Perché piangi ? » « Perché la Veronica dice brutte parole alla pianta di papà . » Bisognava vedere che visetto irritato ! Adesso fa lei la guardia al carrubo , non se ne allontana senza una predica alla Veronica e prende un ' aria d ' importanza come se la vita del carrubo fosse affidata a lei . Ogni mattina , quando va in giardinetto , corre lì e dice : « Stai bene , pianta ? » . Oggi ha versato molte lagrime perché la breva soffiava scotendo forte il carrubo , e poi ch ' ella gli ebbe fatta la solita domanda , io le dissi : « Vedi che non sta bene il carrubo ? Vedi che risponde di no ? » . Più tardi mi domandò se il carrubo , quando muore , va in Paradiso . Le risposi che siccome il carrubo disturba la Veronica mandando l ' ombra in cucina , non può andare in Paradiso . Tacque mortificata . Lo zio Piero è ormai rassegnato del tutto alla perdita del suo occhio . Si paragona ad un altare dove si dice messa e il chierico ha spento , durante l ' ultimo vangelo , una delle due candele . Dopo pranzo egli e Maria fanno in loggia delle conversazioni senza fine , non più interrotte dal corso del Mississipì , oramai dimenticato . Lo zio le racconta tante vecchie cose che non ha mai raccontato neppure a me . Io non entro , allora , in loggia , perché credo che si apra più volentieri con la piccina sola . Si vogliono un gran bene e non si fanno mai o quasi mai baci né carezze , come se Maria fosse una persona grande . 13 Stamattina ho preso con me la Leu , la sorella della Veronica , ch ' è clorotica , per condurla a consultare il medico di Pellio ; capisci ! Abbiamo impiegato due ore e mezzo da Osteno . Tu avresti goduto con entusiasmo la bellezza dei luoghi e della mattina . Io invece non me ne commossi che un momento fra i vecchi castagni di Pellio Superiore , dove voltandosi a guardar giù la valle si scopre , in fondo a quel grande imbuto verde , Porlezza e un pezzetto di lago , una piccola coppa di acqua viva , verde anche quella . Ti ricordi che abbiamo fatto colazione insieme lassù , nel tempo in cui ero ancora signorina e che l ' Ester si è accorta di qualche cosa quando mi hai parlato di mia madre ? Ho trovato il mio medico condotto alla fontana di « Pèll sora » , fra le pecore , come un patriarca . Gli ho fatto visitare la Leu e poi , allontanata questa , abbiamo parlato . Non sapeva che sei a Torino e al solo nome di Torino mi afferrò e mi strinse le mani come se la moglie d ' uno ch ' è a Torino fosse già una specie di eroina . Credeva poi che corrispondendo con Torino io avessi il piano di Cavour in una tasca e quello di Napoleone nell ' altra . È un bonapartista così sfegatato che gli è amara l ' alleanza inglese e dice « la perfida Albione » . Si teneva sicurissimo , del resto , della guerra a primavera e non gli piacque udire che ci sono dei dubbi . Credo che mi abbia subito ammirata meno . Quanto ad agire nel momento buono , dice che in Vall ' Intelvi si faranno tagliare a pezzi , se occorre , « come micch » . Perché parla sempre in plurale , dice « nün chì » . Non ha l ' aria d ' uno spaccamonti . Parlando di venire alle mani coi Croati diventò più rosso dell ' asso di cuori e vibrava tutto come un bracco quando gli si mostra un pezzo di pane . « Nün chì » , mi disse , « gh ' emm poeu anca el Brenta . » Sai , hanno a vendicare il Brenta , fucilato dagli austriaci . Insomma , se la parte mia , quando scoppierà la guerra , non fosse di liberare la « süra Peppina » e di buttare ai cavedini il suo Carlascia , andrei volentieri a battermi insieme al dottore di Pellio . Ritornammo alle tre . Lo zio giuocava a tarocchi col curato , con Pasotti e col signor Giacomo . Il curato aveva la Gazzetta Ticinese e si era molto parlato di Sebastopoli . Si capisce che Pasotti ha una gran rabbia come tutti i tedesconi . Invece il signor Giacomo era tutto intenerito per il suo Papuzza e il curato propose di bere una bottiglia alla salute di Papuzza . Allora lo zio Piero gli domandò se non aveva vergogna , egli prete , di festeggiare le buone fortune di Papuzza . « Mi l ' era per bev » , brontola il curato . « L ' è ben che ghe n ' è minga » , risponde lo zio . Il curato brontolò peggio di prima e lo zio , per consolarlo , gli fece una dotta dissertazione sui dialetti lombardi , concludendo : « Ghe n ' è no , ghe n ' è minga e ghe n ' è miga » . 14 Non credo che Pasotti verrà più in casa nostra . Me ne rincresce per quella povera Barborin che non potrà più venirci neppur lei , temo ; ma non mi pento di quel che ho fatto . Egli sa benissimo che sei a Torino da un pezzo , come qui lo sanno tutti . Ne ha parlato persino col Ricevitore , me lo disse la Maria Pon che stando alla cappella del Romìt li udì mentre scendevano discorrendo ad Albogasio Superiore . Quando è venuto da noi ha affettato sempre d ' ignorarlo e ha domandato le tue notizie con quelle sue solite smancerie di premura e di amicizia . Oggi mi trova sola in giardinetto , mi domanda quanto ancora starai assente e se adesso sei a Milano . Io gli rispondo netto che mi meraviglio della sua domanda . Egli diventa pallido . « Perché ? » , dice . « Perché Lei va dicendo che Franco è in ben altro luogo . » Si confonde , protesta , freme . « Protesti pure » , dico io . « Tanto è inutile . Lo so . Del resto Franco sta benissimo dov ' è . Lo dica pure a chi crede . » « Lei mi offende ! » , diss ' egli . Io non stetti tanto a riflettere e risposi : « Sarà ! » . Allora se n ' andò precipitosamente , senza salutarmi , nero come l ' asso di picche , poiché sono in vena di simili paragoni . Sono sicura che stasera andrà a Cressogno . Il Cüstant ci ha mandato a regalare una magnifica tinca presa da lui stamattina con gran dispetto del Biancòn che pesca tutto il giorno , non prende niente e si arrabbia perché le tinche , brave ! se ne impipano di S . M . I . R . A . e del suo Carlascia . « Poer omàsc ! » , dice la súra Peppina . « El se mangia el fidegh ! » . Gli passerà , gli passerà . Miti sensi , pace amica Tornan presto a nobil cor ; Dio conservi e benedica Ferdinando Imperator . 15 Ho raccontato allo zio l ' episodio Pasotti e n ' è stato assai malcontento . « Bel profitto » , ha detto , « che ne caverai ! » Povero zio , parrebbe un utilitario . Invece è un filosofo . In fondo , di fronte agli sdegni miei per tante brutte cose che sono nel mondo , il suo argomento capitale è « ghe voeur alter ! » . Oggi la messa parrocchiale è stata ad Albogasio Superiore . Nell ' uscire di chiesa con Maria ho avuto uno sguardo desolato della povera Pasotti che aveva evidentemente l ' ordine di evitarmi . Invece è discesa con noi Ester e poi è anche salita in casa e mi ha tenuto , a quattr ' occhi , un discorso che da qualche tempo mi aspettavo . Ha cominciato pregandomi di non ridere e ridendo lei . Insomma capisci che il professore , dalli e dalli , ha fatto un po ' di breccia . E così , quantunque Ester affermi di non poter decifrare i propri sentimenti . Io vedo tutto il cammino ch ' egli ha fatto nel suo cuore . Sulle prime , te ne ricordi ? lo chiamava valsoldesemente el vecc , el veggiòn , el zücca pelada , l ' oreggiàt , el nasòn , el barbarostì . Quando s ' accorse della simpatia di lui un sentimento di gratitudine le fece smettere questi titoli , senza riconciliarla però né con il cranio lucido né con le orecchie a ventaglio né col pelo rossiccio né col naso fiorito dell ' adoratore . Adesso de ' primi tre guai non si parla più ; su questi tre punti l ' amico ha vinto la battaglia e può portarli in trionfo . Solo intorno al quarto punto vi è ancora del combattimento . « Mi l ' è quel nas ! » , diceva Ester stamattina e rideva rideva , si nascondeva il bel visetto brillante . Il naso scandaloso mi pare che fatalmente prosperi , si colori e ingrossi sempre più . Quel semplice uomo mi confidò poco fa , forse perché lo ripetessi a Ester , che ha sempre bevuto solamente acqua anche in gioventù e che il rossore e il turgore del suo naso dipendono da frequenti sofferenze viscerali . Ho paura che questo nuovo aspetto delle cose non migliori la situazione . Credo però che l ' amica finirà con superare anche un così grande e grosso ostacolo . Il fatto è che la passione di lui è all ' apice . Egli le ha scritto trenta pagine di confessione generale , vuotandosi proprio il cuore e rivoltandone la fodera , per modo da intenerire un croato . Io lo aiutai presso Ester che deciderà entro due giorni e vuole che la risposta gli sia fatta da me . Io poi capisco che la letteratura del professore le mette soggezione e che ha un gran timore di fare sbaglietti di ortografia . Buon segno ! 18 Sono stata tre giorni senza scrivere temendo non esser padrona della mia penna , non saper comprimere il mio pensiero dentro parole che devono avere una data misura e non più . Adesso lo posso fare e lo faccio . Sappi però , Franco , che non rispondo esser padrona di me sempre ! È venuto dunque da me , la sera del 15 , l ' agente di tua nonna . Poiché la rata semestrale de ' tuoi interessi scade il 16 ho creduto che avesse le cinquecento svanziche e gli ho detto senz ' altro che andavo a preparargli la ricevuta . Allora il gentilissimo signor Bellini mi disse che la ricevuta mia non gli poteva bastare . « Come » , rispondo , « se Le è bastata il 16 marzo ? » « Ma ! » , dice . « I miei ordini ! » « Ma Franco non c 'è.» « Lo so . » « E allora , cosa è venuto a fare ? » « Sono venuto a dirle che il signor don Franco , per avere il denaro deve presentarsi all ' agenzia della signora marchesa in Brescia . » « E se non potesse andare a Brescia ? » Qui il signor Bellini fece un gesto come per dire : pensateci voi . Io gli risposi che andava bene , gli feci portare il caffè e gli dissi che avrei desiderato comperare dalla signora marchesa le librerie del tuo antico studio di Cressogno . Il Bellini diventò giallo e partì mogio mogio come il nostro vecchio cane Patò di casa Rigey quando aveva rubato . È certo che in questa immondizia vi ha un dito del signor Pasotti . Ieri è venuto qua il prefetto della Caravina e ha raccontato che il 14 sera Pasotti è andato a Cressogno assai tardi ed è capitato in casa della nonna mentre si diceva il rosario , per cui gli toccò pure di rosarieggiare . Questo faceva ridere il prefetto ; secondo lui il Pasotti va a messa perché è I . R . pensionato ma di preghiere dice solo « el Patèr d ' i ratt » , che io non so cosa sia . Soggiunse poi che quando gli altri partirono , Pasotti restò a confabulare con la nonna e che c ' era anche il Bellini . Bellini era arrivato il 15 stesso , da Brescia . Probabilmente aveva recati i denari per te . Fino all ' ottobre , quando arriverà il denaro tuo , c ' è da vivere . Altro non dico . Il ciclamino che troverai qui dentro te lo manda Maria . Devo pure raccontarti questa cosa ! Puoi pensare in quale stato d ' animo ella mi vede . Mi ode anche spesso discorrere dell ' argomento con lo zio . Lo zio è sempre lo zio . In vita sua ha solamente giudicato birbanti quegli appaltatori che gli offrivano quattrini e un altro zio , il suo antipodo , che dopo di essersi servito del nipote per anni , non gli ha lasciato un fico secco . Altri birbanti non ha mai voluto vedere e neanche adesso vuol vederne . Ora , quando io discorro con lui , Maria vorrebbe ascoltare sempre . Io la mando via ma poi tante volte mi accorgo che piano piano ritorna . Stamattina si mette a recitare le sue orazioni . Oh , Franco , tua figlia è ben religiosa nel senso tuo ! L ' ultima che recita è il requiem per la povera nonna Teresa . « Mamma » , dice allora , « voglio recitare il requiem anche per la nonna di Cressogno . » Ho risposto quel che ho risposto , parole amare ; avrò fatto anche male , se vuoi , lo confesso . Maria mi guarda e fa : « È proprio cattiva la nonna di Cressogno ? » . «Sì.» « E perché lo zio dice che non è proprio cattiva ? » « Perché lo zio è tanto buono . » « E tu , allora , non sei mica tanto buona ? » Cara la mia innocente , me la mangiai di baci , non ne potei proprio a meno . Appena fu libera di parlare , riprese subito : « Non vai mica , sai , in Paradiso , se non sei tanto buona » . Quella del Paradiso è la sua fissazione . Povero Franco , non averla con te , tu che saresti così contento di lei ! Fai un gran sacrificio ! Se ti può far piacere ti dirò che la sola possibilità per me di amare Iddio la trovo in questa bambina perché in essa Iddio mi diventa visibile , intelligibile . Addio , Franco ; ti abbraccio Luisa P.S. Sappi che ho licenziato la Veronica per il 1° ottobre . Per economia , prima ; e poi perché mi sono accorta che fa all ' amore con una guardia di finanza . Oh , mi scordavo quest ' altra ! Mezz ' ora fa è venuta Ester a dirmi che si è decisa per il sì ma che desidera di aspettare ancora un giorno a vedere il professore . Si capisce che il naso è inghiottito ma non ancora passato giù nello stomaco . Franco a Luisa Torino , 12 settembre 1855 Iersera Dina mi ha mandato al d ' Angennes dove si è data male un ' opera vecchiotta che non mi garba , Marin Faliero . Aggiungi l ' idea tormentosa di dover scrivere l ' appendice e intenderai che non è stato un invitarmi a nozze . Un collega mi propose di presentarmi in un palco dov ' erano due dame sfoggiatamente eleganti . Credo l ' abbia fatto per desiderio del Dina perché esitava , gittava qualche rapida occhiata ai miei panni i quali mostrano aperto il canchero della borsa . Pensa se mi fu agevole il trarmi d ' impaccio ! Panni vetusti Fedeli e frusti vi debbo anche per questo una gratitudine che non rifiuto . In teatro non si parlava che di Sebastopoli . I più credono che la pace non si farà , che l ' Inghilterra non vorrà posare le armi prima d ' aver levato ai russi per cinquant ' anni il prurito delle conquiste . Uscendo dal teatro udii il deputato B . , un fiero avversario della spedizione , dire a qualcuno : « Hanno preso la loro tomba . Un piccolo Napoleone , una piccola Mosca ! » . Io dissi forte : « Hanno preso Verona » . B . mi guardò con due occhi fulminei e io guardai lui senza abbassare i miei . Egli si strinse nelle spalle e se n ' andò . Salii nella mia soffitta e mi posi a scrivere l ' appendice sui margini di un giornale onde non sciupare carta . Scrivi , cancella , riscrivi e ricancella , ne son venuto a capo alle quattro del mattino . Qui mi dicono che i miei periodi hanno una forma troppo classica e che adopero troppi vocaboli e modi toscani . « Già , Lei , col Suo Giusti ! » , mi ha detto D . Il guaio è ch ' io non so scrivere un italiano piemontese come forse piacerebbe a lui . Intanto mi son buscato un bellissimo e lucentissimo scudo nuovo di zecca con un Vittorio Emanuele così parlante che potrebbe farvi svenire dalla commozione , come svenne ier l ' altro all ' hôtel della Liguria una signora veneta vedendo passare alla testa d ' una colonna di fanteria il generale Giannotti che scambiò , in grazia de ' baffi maiuscoli , per il Re . Io serberò lo scudo , ve lo porterò a Lugano , tu lo porrai da parte e sarà la prima pietra della dote di Ombretta . Va bene ? L ' idea me n ' è venuta per un sogno che feci stamattina , appena addormentato , nell ' ora in cui l ' anima Alle sue visïon quasi è divina . Sognai ch ' era nella chiesa di S . Sebastiano di Oria , con te e Maria , grande , bella , vestita da sposa ; che lo sposo era Michele Steno e che lo zio Piero si stava mettendo cotta e stola per celebrar lui il matrimonio e che Michele Steno si alzò dall ' inginocchiatoio per venirmi a dire : « Sì , tutto va bene , ma e la dote , e la dote ? » . Maria mia dolcissima , verrà pure per te il gran giorno della dote ; quand ' anche tu tenessi allora in serbo molti pezzi d ' oro sopra lo scudo d ' argento , avresti tuttavia lo scudo più caro ! 14 Il Fante di bastoni è in pericolo di essere licenziato dal suo principale per le condizioni veramente miserevoli del suo vestito . Il Fante è per verità uno sciupone e non ha ancora appreso , duris in rebus , a maneggiare una spazzola ; ma insomma gli altri sapienti hanno deciso che non faranno colazione per una settimana ond ' egli si possa rimpannucciare . Vedi bassezza del cuore umano ! Il Fante si è sbracciato a ringraziare e poi si disponeva a far colazione lui , come se nulla fosse . Questo gliel ' abbiamo proibito . Così oggi invece di andar al « Mal de stomi » passammo una mezz ' oretta sulla via del Po , verso il Valentino , a veder l ' acqua scendere . L ' Udinese portò seco il flauto , perché ad una colazione ideale dove si offrivano le più trimalcioniane idee di cibi e di bevande , la musica non poteva mancare . Egli aveva una lettera de ' suoi con magnifiche proposte di ritorno all ' ovile . Persino il cavallo da sella gli offrono . Ci narrò di avere risposto che lo vedranno presto arrivare sopra un cavallo del Re Vittorio Emanuele . Allora il Padovano , gran motteggiatore , gli ha detto con tutta flemma : « Ciò , eroe , sonistu anca el trombon , ti ? » . ( Vedi che t ' imito , poiché la ferula de ' pedanti mi è lontana , nelle tue scandalose familiarità col dialetto . ) L ' Udinese si è arrabbiato alquanto ma poi vi ha fatto su la sua brava sonatina di flauto . Il fatto strano è che nessuno di noi ha sentito fame . Però , levando la seduta , abbiamo deciso che l ' abbigliamento del Fante verrà semplificato e ch ' egli potrà benissimo fare a meno del giustacuore , modernamente detto sottoveste . Ah noi faremmo a meno anche del pranzo per poter passare il Ticino col Re nell ' aprile del 1856 ! Ne parlavamo tornando in città dalla colazione ideale . Il Padovano ha osservato che in aprile l ' acqua è troppo fredda e che sarebbe meglio aspettare fino a giugno . Si diceva che gran cosa sarà l ' Italia senza tedeschi . Ti assicuro ch ' eravamo tutti entusiasti malgrado il vuoto dello stomaco . Tutti meno il Padovano , sempre ; del quale va pur detto , a sua scusa , che patisce la fame , o quasi , per non vedere austriaci , e che quantunque bussi all ' uscio de ' quaranta si batterà meglio di qualche giovane che adesso si mangia un caiserlicchio a colazione e due a pranzo . Egli crede che torneremo un paese di cani e gatti . « Per esempio » , diceva , « intendiamoci bene . Partiti i tedeschi , ciascuno a casa sua e guai a voi se venite a rompermi le scatole a Padova ! » . Mi pareva di udire lo zio Piero , quando noi pure , a Oria , s ' è parlato della grandezza , dello splendore futuro d ' Italia . « Eh sì sì ! » , diceva . « Eh sì sì ! Il lago diventerà di latte e miele e la Galbiga de formagg de grana ! » Vedremo , vedremo ! 21 La tua lettera mi suscita un tumulto di sentimenti che non si scrivono . Mi addolorano , senza dubbio , l ' atto della nonna e la obliqua malevolenza del Pasotti ma più mi affligge lo sdegno tuo troppo forte . Quando un mio procuratore si presenterà a Brescia , il pagamento non potrà venire rifiutato . È vero , tu sei donna e non hai l ' obbligo di conoscere queste cose . Anche la collera ti perdono poiché freddo non rimasi nemmeno io , da principio . Quindi mi son detto : Di che ti sdegni e che ti sorprende ? Non conoscevi tu quel malanimo e non ne avesti offese maggiori ? Infinitamente mi rattrista che tu non abbia saputo celare i tuoi sentimenti a Maria , infinitamente mi commuove che tu ne sia pentita e infinitamente mi consola che tu ami il Signore nella bambina , che tu me lo scriva . A dir vero , cara , non dovrei appagarmene così perché ad amare Iddio ne invitano i cieli e la terra ed Egli ci è visibile in ogni luce , intelligibile in ogni vero ! Ma insomma tu incominci a udire la voce Sua ! Nelle mie lettere non ho mai toccato questo punto per sentirmi troppo inetto a parlartene degnamente , efficacemente . E ora lascio che Iddio ti parli nella bambina , torno nel mio silenzio . Sappi soltanto che ascolto palpitante , che prego e spero . Posso io dirti quello che sento per Maria ? Chi potrebbe dire questa commozione , questa tenerezza immensa , questo desiderio che mi strugge di tenermela almeno un momento , un solo momento , sul cuore ? Credi tu che io possa attendere fino a novembre ? No no no , scriverò appendici , copierò , monterò qualche guardia per altri ma verrò a Lugano prima ! Coprila di baci per me , intanto , dille che Papà ha sempre nel cuore la sua Ombretta e che la benedice , domandale cosa le farebbe piacere ch ' io le portassi e poi scrivimelo senza pensar poi troppo alla mia povertà . Ti abbraccio , Luisa mia , con l ' anima . Franco Luisa a Franco 24 settembre 1855 Finalmente ! Da quando sei partito io desiderai sempre , che tu toccassi quel punto . Come mi sarò spiegata , quella notte , nella mia commozione dolorosa ? Come mi avrai inteso tu nella tua ? Da mesi e mesi sento il bisogno di parlarne con te e non l ' ho fatto mai per mancanza di coraggio . Vedi , per esempio . Tu mi hai accusata d ' orgoglio , quella notte . Ti supplico di credere che non sono orgogliosa ; non posso neanche comprendere un ' accusa simile ! Mi par di capire dalla tua lettera che tu mi supponga ritornata alla fede in Dio . Ma t ' ho io mai detto di non credere in Dio ? Non posso averti detto questo perché la storia de ' pensieri miei mi è tutta scritta nella mente , e lo spavento , l ' angoscioso pensiero di non poter forse più credere in Dio mi son venuti dopo la tua partenza ; ne so il giorno e l ' ora . Avevo udito parlare a S . Mamette di un gran pranzo dato da tua nonna a Brescia e io non potevo assolutamente procurare al nostro diletto zio quel regime di cibi e di vino che il medico , temendo per l ' occhio destro , prescriveva . Ho lottato con quelle tenebre spaventose , Franco , e ho vinto . È vero , la vittoria è in gran parte della nostra Maria . Vorrei dire che se tante nere nuvole mi nascondono l ' esistenza di una Giustizia Superiore , me ne trapela però un raggio in Maria ; e questo raggio mi fa credere e mi fa sperare nell ' Astro . Perché sarebbe orribile che l ' universo non avesse un governo di giustizia ! Quella notte , dunque , io ti ho potuto solamente dire che intendevo la religione in un modo diverso da te , che gli atti di fede cristiana e le preghiere non mi parevano essenziali all ' idea religiosa ma l ' amore e l ' azione per quelli che soffrono , sì ! Ma lo sdegno e l ' azione contro coloro che fanno soffrire , sì ! E tu vuoi ritornare nel tuo silenzio ? Ma no , non lo devi . Ti senti debole , dici . Debole te o il tuo Credo ? Ragioniamo , discutiamo . Confessa che voialtri credenti amate le vostre credenze anche perché sono un comodo riposo dell ' intelletto . Vi adagiate in esse come in un ' amaca sospesa in aria per tante fila lavorate dagli uomini , annodate dagli uomini a diversi uncini . Voi vi state bene e se si va tentando , saggiando con la mano anche uno solo di questi fili , ve ne turbate e avete paura che si spezzi , perché poi molto facilmente si spezzerà il suo vicino e dopo questo un altro e tutto il vostro letto fragile rovinerà dall ' aria in terra con vostro spavento e dolore . Conosco questo spavento e questo dolore , so che si paga così la compiacenza di camminar poi sul solido e perciò non mi trattiene dal discutere teco una pietà che sarebbe falsa . Ma forse mi inganno e sarai tu che mi solleverai a te nel tuo letto di fragili fili e d ' aria . Maria non può far tanto . Se Maria mi fa credere in Dio non vuol dire che possa farmi credere anche nella Chiesa . E tu credi sopra tutto nella Chiesa , tu ! Cerca di persuadermi dunque e io pure ti ascolterò palpitando ; e se non prego , almeno spero , perché adesso più che mai desidero pienamente unirmi a te . Adesso con l ' antico affetto sento per te un ' ammirazione nuova , una gratitudine nuova . Ti offenderai di questo mio sfogo ? Pensa che otto mesi sono devi aver trovato una mia lettera nella tua borsa da viaggio e che da otto mesi aspettavo risposta ! Il professore ed Ester si vedono in casa nostra , oramai come fidanzati . Quelli son felici , almeno . Ella va in chiesa , egli non ci va , e né l ' uno né l ' altro si danno pensiero di ciò più che del colore diverso de ' loro capelli . E così fanno novecentonovantanove sposi su mille , credo ! Ti abbraccio . Scrivi a lungo , a lungo . Luisa Questa lettera non partì da Lugano che il 26 settembre e Franco l ' ebbe il 27 . Il 29 , alle otto della mattina , ricevette il seguente telegramma pure da Lugano : Bambina malata gravemente . Vieni subito . Zio 10 . Esüsmaria , sciora Lüisa ! Nelle prime ore pomeridiane del 27 settembre Luisa ritornava da Porlezza con alcune carte da copiare per il notaio . In quel tempo gli scogli fra San Michele e Porlezza erano affatto selvaggi , non avevano la sottile briglia che ora li doma . Luisa s ' era fatta tragittare in barca per quel breve tratto e poi aveva preso , a piedi , la stradicciuola che , come tutte quelle del mio piccolo mondo , antico e moderno , non comporta altri metodi di viaggiare ; la stradicciuola graziosa e perfida che cerca ogni mezzo di non arrivar mai dove il viandante vorrebbe . A Cressogno passa sopra la villa Maironi che nemmanco si vede . « Se la incontrassi ! » , pensava Luisa con un ribollimento del sangue ; ma non incontrò nessuno . Sull ' erta da Cressogno al Campò il sole bruciava . Quando si trovò nel fresco , alto vallone che chiamano il Campò , sedette all ' ombra del colossale castagno che vive ancora , ultimo di tre o quattro venerabili patriarchi . Guardava le case del suo nativo Castello appollaiate a tondo sopra un alto spuntone di scogli ombrosi e pensava alla povera mamma compiacendosi che almeno ella fosse in pace , quando sentì esclamare : « Oh , cara Madonna ! » . Era la süra Peppina che veniva pure da Cressogno , disperata di non aver potuto trovare uova né a S . Mamette né a Loggio né a Cressogno . « Adess el me coppa , el Carlo ! El me mazza addirittura , cara Lee ! » Avrebbe voluto andare anche a Puria , ma era mezza morta di stanchezza . Che paesi da cani ! Che strade ! Quanti sassi ! « Quand pensi al me Milan , cara Lee ! » Sedette anche lei sull ' erba presso Luisa , le disse un mondo di tenerezze e volle che indovinasse con chi avesse parlato di lei , allora allora . Ma con la signora marchesa ! Ma sicuro ! « Ah cara Lee ! S ' ciao ! » Pareva che la Peppina avesse gran cose a dire e non osasse e ne provasse una molestia in gola , volesse pur farsele strappare . « Che roba ! » , esclamava ogni tanto « Che roba ! Che discors ! S ' ciao , s ' ciao ! » Luisa taceva sempre . Allora l ' altra cedette a quel gran prurito e buttò fuori ogni cosa . Era andata dal cuoco della signora marchesa , per farsi prestare delle uova , e la signora marchesa , udita la sua voce , aveva voluto assolutamente vederla , trattenerla a chiacchierare , e lei si era sentita nel cuore come una ispirazione del cielo che le diceva : Parla di quella povera gente ! Forse è il momento buono . Parla della Maria , « de quel car belee , de quel car ratin , de quel car strafoi ! » . Ah era stata una ispirazione del diavolo e non del cielo . Aveva cominciato a parlarne , voleva dire quanto era bella , quanto era cara , e quella gran meraviglia di un gran talento così spropositato ; e lei , la bruttona , con una faccia « che ghe disi nagòtt » , a interrompere : « Lasci stare , signora Bianconi ; so ch ' è molto male educata e altro non può essere » . Aveva provato allora a toccare un altro tasto , la disgrazia del signor ingegnere rimasto cieco d ' un occhio . E la marchesa : « Quando non si è onesti , signora Bianconi , il Signore castiga » . Qui la Peppina , guardando Luisa , si pentì delle sue chiacchiere , si pose ad accarezzarla , ad accusarsi d ' aver parlato , a dirle che si desse pace . Luisa l ' assicurò ch ' era tranquillissima , che di nulla si sorprendeva più da parte di quella persona . La Peppina volle ad ogni modo darle un bacio e partì brontolando fra sé molti « poer a mi ! » col vago sospetto di aver fatto , senza uova , una gran frittata . Luisa si alzò , si voltò a guardar verso Cressogno stringendo il pugno . « Almeno uno scudiscio ! » , pensò . « Almeno frustarla ! » L ' idea di un incontro , la vecchia idea che l ' aveva fatta balzar di passione quattro anni prima la sera del funerale di sua madre , la stessa idea che le era balenata testé , nel passar da Cressogno , la riafferrò violenta , le fece dare un passo verso la discesa . Si fermò subito e ritornò lentamente indietro , si avviò verso S . Mamette , arrestandosi ogni tanto a riflettere , con la fronte scura e le labbra strette , a sciogliere qualche nodo nella fila di una tela che veniva tessendo nel suo segreto . A Casarico andò dal professore per offrirgli un ritrovo a casa sua con la fidanzata per l ' indomani alle due . Nel congedarsi gli domandò se possedesse ancora le carte Maironi . Il professore , meravigliato della domanda inattesa , rispose di sì e ne aspettava una spiegazione ; ma Luisa partì senz ' altro . Le premeva di esser a casa , non potendo far conto per la custodia di Maria né sullo zio né sulla Cia e fidandosi poco della servetta licenziata . Trovò la Maria sul sagrato , sola , e sgridò la Veronica . Poi andò in camera , si pose a scrivere a Franco . Scriveva da cinque minuti quando udì un bussar leggero alla finestra dello stanzino attiguo . Quella finestra guarda sopra una scaletta che mette dal sagrato a certe stalle e quindi ad una scorciatoia per Albogasio Superiore . Luisa andò nello stanzino e vide all ' inferriata il viso rosso , scalmanato della Pasotti che le fece segno di tacere e le domandò se avesse visite . Udito che no , la signora Barborin diede due frettolose occhiate in alto e in basso , corse giù per la scaletta ed entrò in casa tutta trepidante . Povera donna , era in terreno proibito e non aveva in mente che lo spettro di Pasotti furibondo . Pasotti era a Lugano . Oh Signore , sì , era a Lugano ! Dato a Luisa quest ' annuncio , la disgraziata creatura cominciò a stralunar gli occhi e a contorcersi . Pasotti era a Lugano per il gran pranzo dell ' indomani , per le provviste . Come , Luisa non sapeva di questo pranzo ? Non sapeva chi ci sarebbe venuto ? Ma la marchesa , la signora marchesa Maironi ! Luisa trasalì . La Pasotti fraintese l ' espressione dei suoi occhi , credette leggervi un rimprovero e si mise a piangere con le mani sul viso , a dirsi nelle mani , scotendo quei due poveri riccioloni neri , che ci aveva una rabbia , una rabbia ! Avrebbe vissuto un anno a pane ed acqua piuttosto che invitar a pranzo la marchesa ! Questa del pranzo era certo una gran croce per lei , in causa di tanti pensieri , della fatica di preparar tante cose e delle tremende strapazzate di Pasotti ; ma la croce suprema era di far dispiacere a Luisa ! Almeno fosse una croce buona da offrire al Signore ! Ma no , ci aveva troppa rabbia . Era venuta apposta per dire alla sua cara Luisa quanto soffriva per questo pranzo . « Perdònem , Lüisa » , diss ' ella con la sua voce velata che pareva venire da una vecchia spinetta chiusa . « Ghe n ' impodi propri no , propri no , propri no ! » Eran sedute accanto sopra un canapè . La Pasotti si levò di tasca un fazzolettone , se ne coperse gli occhi con una mano e con l ' altra cercò , senza volgere il capo , quella di Luisa . Ma Luisa si alzò , andò alla scrivania e scrisse sopra un pezzo di carta : " A che ora viene la marchesa ? Che via tiene ? " . La Pasotti rispose che il pranzo era alle tre e mezzo , che la marchesa doveva scendere verso le tre allo sbarco della Calcinera , che Pasotti vi si sarebbe trovato a riceverla con quattro uomini e la famosa portantina che aveva servito nel secolo scorso per un arcivescovo di Milano . Luisa ascoltò attentissimamente ogni cosa , in silenzio . Prima di andarsene , la Pasotti le disse che sarebbe stata felice di baciare quel caro amore della Maria ma che temeva non sapesse poi tacere . Qui la buona donna si cacciò mezzo il braccio sinistro in tasca , ne cavò una barchetta di metallo , pregò Luisa di darla alla sua figliuola nel nome di un ' altra vecchia barca sdruscita che non voleva essere nominata . Poi scappò giù per le scale e scomparve . Luisa tornò alla lettera incominciata per Franco e dopo aver meditato lungamente con la penna in mano , la ripose senz ' avervi scritto parola , prese le carte del notaio , si mise a copiare . A pranzo non parlò mai . Il pranzo fu triste anche perché la Cia fece un ' osservazione inopportuna sulla mancanza di formaggio nella minestra che così non poteva piacere al suo padrone ; e il suo padrone s ' arrabbiò , le disse ch ' era una fatua e che se la minestra era senza formaggio , lei era senza sale . « Già » , mormorò la Cia , « s ' arrabbia solo con me . » L ' argomento suggeriva tante cose amare e inutili a dire che nessuno parlò più . Solo Maria uscì , dopo qualche minuto , a osservare con una piccola aria di sapienza : « Perché non abbiamo denari , non è vero , mamma , non bisogna mettere il formaggio nella minestra ? » . Sua madre la baciò e le disse di tacere . La piccina tacque , contenta di se stessa . La finestra era aperta , si udirono alcune voci schiamazzar forte nella strada verso la scalinata del Pomodoro e Luisa riconobbe quella di Pasotti che certo ritornava allora da Lugano con le provvigioni e parlava così forte apposta per farsi udire a casa Ribera . Dopo pranzo lo zio Piero sedette nella sua poltrona , in loggia , e si prese Maria sulle ginocchia . Luisa uscì sola in terrazza . In faccia al Bisgnago dorato dal sole , la costiera della Valsolda era quasi tutta nell ' ombra . Lontano lontano il santuario della Caravina brillava sulla punta verde protesa oltre i sassi del Tentiòn e gli oliveti di Cressogno , fuori dell ' ombra , nel lago ceruleo . Luisa guardava laggiù con una espressione di contentezza fiera . Ah signor Pasotti , se il vostro pranzo è una vendetta , l ' avete pensata male ! La sua risoluzione era presa . Glielo offriva il destino questo incontro con la vecchia canaglia ! Non ebbe un dubbio né uno scrupolo . La passione da tanto tempo concepita , accarezzata e covata , aveva accumulato in lei quella forza che , quando è piena , trasforma di colpo il pensiero in atto , per modo che ne par tolta la responsabilità dell ' agente e n ' è invece solamente risospinta più indietro , ad un primo interno moto di consenso alla tentazione . Sì , l ' indomani , o allo sbarco , o sulla Calcinera , o sul sagrato dell ' Annunciata ell ' affronterebbe la marchesa , con disprezzo , le romperebbe la guerra in faccia , la consiglierebbe di guardarsi perché si volevano adoperare contro di lei tutte le legittime armi . Sì , le direbbe così e così farebbe , da sé , da sola , poiché Franco non voleva . Se Franco aveva promesso qualche cosa , ella non aveva promesso niente . Rientrò in loggia , si mise a discorrere con lo zio , a scherzare con Maria , più allegramente che non avesse fatto da molti mesi . Più tardi scrisse un biglietto all ' amico avvocato V . pregandolo di venire appena gli fosse possibile . Voleva saper da lui come avrebbe potuto usare delle carte possedute dal Gilardoni . Quindi si rimise a copiare per il notaio di Porlezza . Maria non era contenta di tanto scrivere che faceva la mamma ; però , quando la mamma le disse che scriveva per mettere il formaggio nella minestra dello zio , s ' affrettò a dire : « e anche nella mia , non è vero , mamma ? » . Appena fu posta a letto , vedendo che la mamma tornava a scrivere , le venne in mente di chiedere se la nonna di Cressogno avesse il formaggio nella minestra . « Ne ha troppo » , rispose Luisa , « e bisogna cavarglielo perché non le faccia male . » « Oh no , cavarglielo , poveretta ! » « Taci , dormi . » Ma la bambina non si addormentò . Dopo un pezzetto parve a Luisa di udirla piangere . Si alzò , andò a vedere . Piangeva veramente , sottovoce . « Cos ' hai ? » « Il papà ! » , singhiozzò la povera piccina . « Il mio papà ! » « Verrà , cara , verrà presto il tuo papà . Dormi e fa un bel sogno che viene papà insieme col Re Vittorio Emanuele e che la mamma e la Cia fanno un gran risotto , che ti piace tanto , e che tu dici : viva il Re ! e che il Re dice : niente affatto , viva invece Ombretta Pipì e il suo papà ! Fa questo sogno , sai . » « Sì , mamma , sì . » L ' indomani il professore Beniamino capitò a Oria un ' ora prima di quella che Luisa gli aveva indicato . Dopo il sì di Ester l ' uomo era trasfigurato . Pareva molto più giovane di prima . Il colore giallognolo della sua pelle , irradiato da una rosea luce interiore , era scomparso quasi del tutto , non gli si vedeva più che sul cranio dove Luisa si attendeva che tornassero a spuntare , un giorno o l ' altro , i capelli . Egli non camminava , non respirava più come prima . Il passo e il respiro erano sempre inquieti , nervosi , rotti da sussulti che rispondevano al balenar d ' immagini , Dio sa di quali immagini , sotto quel cranio lucido . Gli occhi non è a dire come brillassero . Solo quando guardavano Ester si stringevano , si velavano di una tenerezza pia , come se il professore avesse avuto paura d ' incenerire la diletta saettandole addosso senza precauzioni tutto il fuoco dell ' anima . Esser guardata a quel modo non piaceva a Ester ; e Luisa , la consigliera del professore , ebbe il coraggio di dirgli che non bisognava guardar la sua fidanzata stringendo gli occhi come fanno i cani affettuosi . Il pover uomo promise che avrebbe cercato di non farlo più e lo fece ancora . Luisa era sempre il suo nume tutelare , l ' oracolo che interrogava persino per sapere come dovesse comportarsi nei colloqui con la fidanzata . Nella sua umiltà egli era felice di venir accettato per un sentimento di stima . Pensare ch ' Ester potesse amarlo d ' amore gli pareva una presunzione ridicola . Per questo egli temeva sempre di sbagliare , con lei , di offenderla . Un dubbio che lo tormentava era questo : sarebbe o non sarebbe da arrischiare un bacio ? Appena venutogli questo dubbio , l ' aveva sottoposto a Luisa e Luisa , la sapienza incarnata , gli aveva risposto : « No , adesso è troppo presto . Bisogna che il primo bacio non venga né troppo presto né troppo tardi » . La possibilità del « troppo tardi » parve terribile e insopportabile al professore , il quale , ne ' suoi colloqui con l ' oracolo , dopo averlo consultato su cento diverse cose , capitava regolarmente ogni volta alla domanda fatale : « E sto basìn ? » . Luisa in parte ci si divertiva per la sua propensione a cogliere il comico anche nelle persone cui voleva bene ; in parte dubitava realmente di una ripugnanza fisica che si manifestasse in Ester , data l ' occasione , con violenza e mandasse tutto a monte . Ella si accorse , per fortuna , che il professore pareva sempre meno brutto alla sua fidanzata . Perciò quando lo vide comparire così per tempo , sapendo che più tardi lo avrebbe lasciato solo con Ester per andare a incontrar la nonna , le venne subito in mente che quello poteva essere il giorno del « basìn » . Ma il professore si presentò tutto accigliato . Aveva cattive notizie . A San Mamette si diceva che fosse stato arrestato e condotto a Como il medico di Pellio , che gli avessero trovato lettere e note compromettenti per altre persone fra le quali si nominava don Franco Maironi . « Per Franco non ho angustie » , disse Luisa . « Del resto , senta , professore : vuol dire che porremo nel conto dell ' imperatore d ' Austria anche il dottore di Pellio ch ' è bello grosso e pesa un mucchio di libbre , ma non pensiamo a malinconie in un giorno come questo . Oggi e il giorno del Suo basìn . » « Ah sì ? Ah sì ? » , fece il professore tutto rosso e ansante . « Dice davvero , signora Luisina ? Dice davvero ? » Sì , ell ' aveva parlato sul serio . Gli spiegò che se Ester veniva come aveva detto , alle due , li avrebbe , dopo una mezz ' ora , lasciati soli . In loggia c ' era sempre lo zio ma non conveniva seccarlo . Potevano restare in sala . « E allora , con buon garbo , si fa il colpo » , diss ' ella . « Ma prima io voglio avere da Lei una promessa . » « Che promessa ? » « Mi occorrono le famose carte . » « Quando vorrà . » « Guardi che le domando io , non Franco . » « Sì , sì , quello che Lei fa è tutto bene . Domani Le porterò le carte . » «Bravo.» Luisa discorreva con la sua calza fra le mani , sferruzzando sempre , con un ' apparenza di tranquillità ilare che non riusciva a coprir del tutto la sovreccitazione interna , predisposta dal giorno prima , cresciuta coll ' insonnia , crescente a misura che si avvicinava il momento di partire . Nello stesso tono scherzoso della sua voce vibrava una corda insolita . Ne ' suoi capelli , sempre correttissimi , era un ' ombra di disordine , come il tocco di un lieve soffio che le avesse sfiorato la fronte . Il professore non si accorse di nulla e andò in loggia a discorrere con l ' ingegnere , a prendere consiglio anche da lui per una darsena che intendeva costruire in capo al suo giardino onde potervi tenere una barchetta . Maria era pure in loggia e pigliò molto interesse a questa futura barchetta del signor Ladroni . Gli raccontò che ne possedeva una anche lei , corse a prenderla per fargliela vedere e il professore scherzò , la pregò di accompagnarlo a Lugano con la sua barca . « Sei troppo grande , tu ! » , diss ' ella . « La mia bambola sì che la condurrò a spasso in barca ! » « Ma cosa mai ! » , fece lo zio . « Quella barca lì è buona per andare al fondo . » « No ! » « Sì ! » Ombretta si impazientì e corse in camera per provar la barchetta nel catino , ma nel catino non c ' era acqua e la piccina ritornò in sala mogia mogia , con la sua barchetta in braccio , e non andò più dallo zio . Ester capitò al tocco e tre quarti . Disse che aveva udito il tuono e che perciò era venuta prima . Il tuono ? Luisa uscì subito sulla terrazza a guardar il cielo . Minacce grosse non ne vide . Sopra il Picco di Cressogno e sopra la Galbiga il cielo era tutto sereno fino ai monti del lago di Como . Dall ' altra parte , sopra Carona , sì , era scuro , ma non poi tanto . Se la marchesa non venisse per paura del tempo ! Prese il piccolo vecchio cannocchiale che stava sempre in loggia . Non si vedeva niente . Già , era troppo presto . Per arrivare alla Calcinera alle tre , la marchesa , colla pesante gondola , doveva partire verso le due e mezzo ; Luisa ritornò in sala dov ' erano Ester , il professore e Maria . Avrebbe preferito che Maria restasse in loggia con lo zio , ma la signorina Ombretta , quando veniva gente , si appiccicava sempre a sua madre , stava lì tutta occhi , tutta orecchi . Luisa pensò che al momento di partire l ' avrebbe mandata via e intanto la tenne con sé . Già , i fidanzati stavan da parte e discorrevano quasi sottovoce . Alle due Luisa uscì ancora sulla terrazza , guardò col cannocchiale se per caso la gondola spuntasse al Tentiòn . La marchesa poteva forse anticipare , per il cattivo tempo . Nulla . Guardò poi a ponente . Il cielo non era più scuro di prima . Solamente , fra il monte Bisgnago e il monte Caprino , sopra la leggera insenatura che chiamano la Zocca d ' i Ment , era fumato su dalla Vall ' Intelvi e si affacciava fermo un nuvolone azzurrognolo , sinistro come un sopracciglio aggrottato sopra un occhio cieco . Pareva aver veduto il branco dei compagni torvi che si affacciavano al lago sopra Carona e voler essere della partita anche lui . Luisa cominciò a sentirsi inquieta , ad aver paura che la marchesa non venisse . Andò in giardinetto a guardar il Boglia . Il Boglia non aveva che nuvole bianche , leggere . Ritornò in sala e trovò Maria piantata davanti al professore e ad Ester , che ridevano , molto rossi in viso , l ' uno e l ' altra . « Sei malata ? » , aveva detto la piccina ad Ester . « No ; perché ? » « Perché vedo che ti tasta il polso . » Le cose erano avviate bene , pareva . Luisa portò via la piccina , le proibì di avvicinarsi mai più a quei signori . Un momento dopo passò lo zio Piero , disse che andava di sopra a scrivere alcune lettere e avvertì Luisa di badare alle finestre della loggia , perché veniva un temporale . « Addio , signorina Ombretta ! » , diss ' egli . « Addio , signor Pipì » , rispose la bambina , petulante . Egli se ne andò , ridendo . Luisa , che ormai durava fatica a star ferma , uscì per la terza volta sulla terrazza , guardò col cannocchiale . Il cuore le diede un balzo ; la gondola spuntava al Tentiòn . Erano le due e un quarto . Una persona che veniva da Albogasio s ' era fermata a discorrere sul sagrato con qualcuno che scendeva dalla scaletta sul fianco di casa Ribera . Diceva : « È passata giù in questo momento col signor Pasotti , la portantina . C ' era dietro una quantità di ragazzi » . Il cielo era coperto , adesso , anche sul Picco di Cressogno e sulla Galbiga . Solo i monti del lago di Como avevano ancora un po ' di sole . La minaccia del furioso vento temporalesco che in Valsolda si chiama caronasca si era fatta più seria . Sopra Carona il color delle nuvole andava confondendosi a quello dei monti . Il nuvolone della Zocca d ' i Ment era diventato turchino cupo e anche il Boglia cominciava ad aggrottar le ciglia . Il lago era immobile , plumbeo . Luisa aveva stabilito di partire quando la gondola fosse arrivata in faccia a S . Mamette . Ritornò in sala . Maria le aveva obbedito in parte , non s ' era mossa dal suo posto , ma vedendo che il professore faceva ad Ester un discorso lungo e animato , gli aveva chiesto : « Le racconti una storia ? » In quel punto entrò Luisa . « Sì , cara » , fece Ester ridendo , « mi racconta una storia . » « Oh anche a me , anche a me ! » Un sordo fragor di tuono . « Va ' , Maria , cara » , disse Ester . « Va ' nella tua camera , va a pregar il Signore che non venga un brutto temporale , una brutta grandine ! » « Oh , sì , sì , vado a pregar il Signore ! » La piccina se n ' andò , con la sua barchetta , nella camera dell ' alcova , impettita e seria , come se in quel momento la salvezza della Valsolda dipendesse da lei . La preghiera , per lei , era sempre una cosa solenne , era un contatto col mistero , che le faceva prendere un ' aria grave e attenta come certe storie d ' incantesimi e di magie . Ella salì sopra una sedia , disse le poche orazioni che sapeva e poi si atteggiò come vedeva atteggiarsi in chiesa le più devote del paese , si mise a muover le labbra com ' esse , a dire una preghiera senza parole . Colui che allora l ' avesse veduta conoscendo il terribile segreto dell ' ora imminente avrebbe pensato che l ' angelo della bambina fosse in quel momento supremo accanto a lei e le sussurrasse di pregare per qualche altra cosa che i vigneti e gli uliveti della Valsolda , per qualche altra cosa più a lei vicina , ch ' egli non diceva , ch ' ella non sapeva e non poteva mettere in parole : avrebbe pensato che negl ' inarticolati bisbigli di lei vi fosse un riposto senso tenero e tragico , il docile abbandono di un ' anima dolce ai consigli dell ' angelo suo , al voler misterioso di Dio . Alle due e mezzo i nuvoloni torvi di Carona diedero un altro tuono cupo a cui subito risposero gli altri nuvoloni del Boglia e della Zocca d ' i Ment . Luisa corse sulla terrazza . La gondola era in faccia a S . Mamette e veniva dritta alla Calcinera . Si vedevano benissimo i barcaiuoli far forza di remi . Mentre Luisa posava il cannocchiale , il primo colpo di vento strepitò per la loggia sbattendo usci , vetri e imposte . Atterrita all ' idea di indugiarsi troppo , Luisa chiuse in fretta e in furia , passò correndo per la sala , tolse l ' ombrello , uscì senz ' avvertir nessuno , senza chiuder la porta di casa e prese la via di Albogasio Inferiore . Passato il cimitero , nel luogo che chiamano Mainè , incontrò Ismaele . « Dove la va , sciora Lüisa , con sto temp ? » Luisa rispose che andava ad Albogasio e passò oltre . Dopo cento passi le venne in mente che non aveva avvertito la Veronica della sua partenza , che non le aveva detto di chiuder le finestre nella camera da letto e di badare a Maria . Pensò di mandarglielo a dire da Ismaele . Egli era già scomparso dietro la svolta del Camposanto . Si sentì nel cuore un impulso a tornar indietro ma non c ' era tempo . Il rombo del tuono era continuo , radi goccioloni battevano qua e là sul granturco , colpi di vento stormivano per i gelsi , a intervalli , precorrendo i turbini della caronasca . Luisa aperse l ' ombrello e affrettò il passo . La furia della pioggia la colse nelle viuzze scure d ' Albogasio . Non pensò a riparar dentro una porta , andò avanti imperterrita . Incontrò una frotta di ragazzi che scappavano dalla pioggia dopo aver inutilmente atteso sul sagrato dell ' Annunciata il passaggio della marchesa in portantina . Nel breve tratto di via ch ' è tra la casa comunale di Albogasio e la chiesa , il vento le rovesciò l ' ombrello . Ella si mise a correre , raggiunse quella lista di sagrato che guarda , dietro la chiesa , sulla cala della Calcinera . Là , protetta dalla chiesa contro l ' impeto della pioggia e del vento , raddrizzò alla meglio l ' ombrello e si affacciò al parapetto . La chiesa dell ' Annunciata posa sulla testa d ' uno scoglio che dalle radici del Boglia sporge , male avviluppato di rovi e di caprifichi , sopra il lago e chiude da ponente la piccola cala della Calcinera . La lista di sagrato dov ' era Luisa corre appunto su quel ciglio dello scoglio . Ell ' avrebbe potuto seguir di lassù il cammino della gondola dalle acque di Cressogno fino allo sbarco ; ma ora , infuriando l ' acquazzone , un baglior bianco le nascondeva ogni cosa . Però se la marchesa non ritornava a Cressogno , doveva pure , in qualunque punto approdasse , passar poi di là , perché lì , dov ' è l ' attacco dello scoglio sporgente con la costa , monta sul sagrato la scalinata della Calcinera , unica via per salire ad Albogasio Superiore sì dallo sbarco sottoposto che da S . Mamette o da Casarico o da Cadate . In pochi minuti la violenza dell ' acquazzone diminuì , i foschi fantasmi delle montagne cominciarono a disegnarsi nel fondo bianco . Luisa guardò giù allo sbarco . Non v ' era gondola , non v ' era portantina sulla riva , non v ' era niente . Questo le diede noia . Possibile che la gondola fosse ritornata a Cressogno ? Il fumo si diradò rapidamente , apparve Cadate , apparve sulla bocca della darsena del Palazz , bianco nella nebbiolina grigia , la poppa della gondola . Ecco , la marchesa si era rifugiata al Palazz e così aveva fatto anche Pasotti con la sua portantina e i portatori . Il temporale si poteva dir cessato , la portantina non tarderebbe a comparire . Invece tardò dieci lunghi minuti . Luisa teneva fissi gli occhi sulla stradicciuola che svolta da Cadate nel seno della Calcinera . Non vi era dentro a lei nessun movimento di pensieri . Tutta l ' anima sua guardava e aspettava ; niente altro . Della gente le passò a sinistra salendo dalla Calcinera o venendo da Albogasio ; ogni volta ella si coperse piegando l ' ombrello , per non esser conosciuta o almeno per evitar saluti e conversazioni . Finalmente un gruppo di persone comparve sulla svolta . Luisa distinse la portantina , dietro la portantina Pasotti e don Giuseppe , poi , ultimi , i due barcaiuoli della marchesa . Non si mosse ancora , seguì con gli occhi la portantina che avanzava molto lentamente e chiuse l ' ombrello perché non pioveva quasi più . Ricomparvero cinque o sei ragazzi d ' Albogasio . Ella disse loro bruscamente di andarsene . Indugiavano a obbedire ma un improvviso scroscio di pioggia , senza vento né tuoni , li pose in fuga . La portantina toccava allora il piede della scalinata . Luisa si mosse . Aveva l ' occhio freddo , la persona eretta . Raccolta in un solo pensiero , disprezzò la pioggia scrosciante che le batteva sul capo e sulle spalle , che la cingeva d ' un torbido velo e di strepito . Le piaceva , forse , quella passione delle cose intorno alla sua propria . Discendeva lenta lenta , con l ' ombrello chiuso , stringendone forte il manico , come fosse stato la impugnatura d ' un ' arma . La scalinata è un po ' tortuosa , bisogna scendere alquanti scalini prima di vederne il fondo . Giunta sulla svolta , scorse la portantina , ferma . I due barcaiuoli pigliavano il posto di due portatori . Luisa discese fin dove si spandono sopra la scalinata i rami d ' un gran noce . Lì si fermò , proprio nel momento in cui i portatori della marchesa cominciavano a salire . Tutto andava bene . Pasotti e don Giuseppe , salendo dietro la portantina con l ' ombrello aperto , non potevano vederla . I portatori , giunti che fossero a lei , bisognava che si fermassero , che si facessero da banda per lasciarle il passo . Quando si avvicinarono , riconobbe i due ch ' erano alla testa della portantina , un fratello d ' Ismaele e un cugino della Veronica . A quattro passi accennò loro , con un gesto imperioso , di fermarsi . Obbedirono immediatamente , posarono la portantina a terra e così fecero , senza saperne il perché , i due portatori che seguivano . Pasotti alzò l ' ombrello , vide Luisa , fece un atto di sorpresa , un cipiglio nero ; afferrò don Giuseppe , lo trasse da banda per lasciarla passare , non sospettando che l ' incontro fosse premeditato . Ma Luisa non si mosse . « Ella non credeva incontrarmi , signor Pasotti » , disse a voce alta . La marchesa mise il capo fuori , la ravvisò , si ritrasse dicendo con qualche vigor nuovo nella sua voce floscia : « Avanti ! » In quel momento partirono dall ' alto del sagrato acute , disperate grida : « Sciora Lüisa ! Sciora Lüisa ! » . Luisa non udì . Pasotti aveva irosamente gridato ai portatori « avanti ! » e i portatori riprendevano le stanghe . « Avanti pure ! » , diss ' ella , risoluta di mettersi a fianco della portantina . « Non ho a dire che due parole . » Se Pasotti e la vecchia marchesa avevano prima immaginato lagrime e suppliche , dovettero attendersi allora dal fiero viso e dalla vibrante voce ben altro . « Parole , adesso ? » , fece Pasotti avanzandosi quasi minaccioso . « Sciora Lüisa ! Sciora Luisa ! » , si gridò da vicino con accento di strazio ; e venne con le grida un rumor di passi precipitosi . Ma Luisa non parve udir niente . « Sì , adesso ! » , rispose a Pasotti con alterezza inesprimibile . « Io avverto , per mia bontà , questa signora ... » « Sciora Lüisa ! » Ella dovette pure interrompersi e voltarsi . Due , tre , quattro donne le furono addosso , stravolte , scarmigliate , singhiozzanti : « Che La vegna a cà subet ! Che La vegna a cà subet ! » . Le facce , i pianti , le voci la strapparon d ' un colpo fuori della sua passione , del suo proposito . Si avventò fra quelle donne esclamando : « Cosa c ' è ? » . Ed esse sapevano solo ripetere con gli occhi schizzanti dall ' orbita : « Che La vegna a cà ! Che La vegna a cà ! » . « Ma cosa c ' è , stupide ? » « La Soa tosa , la Soa tosa ! » Ella gridò come pazza : « La Maria ? La Maria ? Cosa ? Cosa ? » , udì fra i singhiozzi nominar il lago , cacciò uno strido e , apertasi la via come una fiera , si slanciò su per la scalinata . Quelle donne non poterono tenerle dietro , ma sul sagrato ce ne erano altre , malgrado la pioggia , che strillavano e piangevano . Luisa si sentì mancare , precipitò a terra sull ' ultimo scalino . Le donne accorsero a lei , dieci mani la presero , la sollevarono . Urlò : « Dio , è morta ? » . Qualcuno rispose : « No , no ! » . « Il medico ? » , diss ' ella ansando . « Il medico ? » . Molte voci risposero che c ' era . Ella parve riaver tutta la sua energia , riprese lo slancio e la corsa . Otto o dieci persone si precipitarono dietro a lei . Due sole poterono seguirla . Volava . Al cimitero incontrò Ismaele e un altro , gridò appena li vide : « È viva ? È viva ? » . Il compagno d ' Ismaele ritornò indietro di corsa per andar ad avvertire che la madre veniva . Ismaele piangeva , seppe solamente rispondere : « Esüsmaria , sciora Luisa ! » , e fece atto di trattenerla . Luisa lo urtò freneticamente via , passò oltre , seguita da lui che aveva perduta la testa e adesso le gridava dietro , correndo : « L ' è forsi nient ! l ' è forsi nient ! » . Pareva che la pioggia dirotta , continua , eguale , lo smentisse piangendo . Giunta ansante sul sagrato di Oria , Luisa ebbe ancora la forza di gridare : « Maria ! Maria mia ! » . La finestra dell ' alcova era aperta . Udì la Cia che piangeva ed Ester che la sgridava . Alcune persone fra le quali il professor Gilardoni le uscirono incontro . Il professore teneva le mani giunte e piangeva silenziosamente , pallido come un cadavere . Gli altri bisbigliavano : « Coraggio ! Speriamo ! » . Ella fu per cadere , esausta . Il professore le cinse la vita con un braccio , la trasse su per le scale che eran gremite di gente , come pure il corridoio , al primo piano . Luisa passò , quasi portata di peso , fra voci affannose di conforto : « Coraggio , coraggio ! Chi sa ! Chi sa ! » . All ' entrata della camera dell ' alcova , si sciolse dal braccio del professore , entrò sola . Avevan dovuto accendere il lume perché nell ' alcova , causa la pioggia , faceva scuro . La povera dolce Ombretta posava nuda sul letto cogli occhi semiaperti e la bocca pure semiaperta . Il viso era leggermente roseo , le labbra nerastre , il corpo di una lividezza cadaverica . Il dottore , aiutato da Ester , tentava la respirazione artificiale , portando le piccole braccia sopra il capo e lungo i fianchi , alternativamente ; facendo pressioni sull ' addome . « Dottore ? Dottore ? » , singhiozzò Luisa . « Facciamo il possibile » , rispose il dottore , grave . Ella precipitò col viso sui piedi gelati della sua creatura , li coperse di baci forsennati . Allora Ester fu presa da un tremito . « No no ! » , fece il dottore . « Coraggio , coraggio ! » « A me » , esclamò Luisa . Il dottore l ' arrestò con un gesto e fece segno ad Ester di sostare . Si chinò sul visino di Maria , le mise la bocca sulla bocca , respirò più volte profondamente , si rialzò . « Ma è rosea , è rosea ! » , sussurrò Luisa ansando . Il dottore sospirò in silenzio , accese un cerino , lo accostò alle labbra di Maria . Tre o quattro donne che pregavano ginocchioni si alzarono , si accostarono al letto palpitanti , trattenendo il respiro . L ' uscio della sala era aperto ; altri volti si affacciarono di là , silenziosi , intenti . Luisa , inginocchiata accanto al letto , teneva gli occhi fissi alla fiamma . Una voce mormorò : « Si muove » . Ester , dritta dietro Luisa , scosse il capo . Il dottore spense il cerino . « Lana calda ! » , diss ' egli . Luisa si precipitò fuori e il dottore riprese i movimenti delle braccia . Poi , quando Luisa ritornò con la lana riscaldata , egli da un lato , ella dall ' altro si diedero a strofinar forte il petto e il ventre della piccina . Dopo un po ' , vedendo il pallore , il viso contraffatto di Luisa , il medico fece segno ad una ragazza di pigliarne il posto . « Ceda , ceda » , diss ' egli perché Luisa aveva fatto un gesto di protesta . « Sono stanco anch ' io . Non è possibile . » Luisa scosse il capo senza parlare continuando l ' opera sua con energia convulsa . Il dottore alzò silenziosamente le spalle e le sopracciglia , cedette il proprio posto alla ragazza e ordinò a Ester di far riscaldare dell ' altra lana per coprirne le gambe della bambina . Ester andò , fece lei , perché la Veronica , appena successo il caso , era sparita , non si trovava più . Nel corridoio e sulle scale la gente discuteva il fatto , il come , il dove . Quando passò Ester tutti le domandarono : « E così ? E così ? » . Ester fece un gesto sconsolato , passò senza rispondere . Poi le discussioni ricominciarono a mezza voce . Non si sapeva per quanto tempo la bambina fosse rimasta nell ` acqua . Durante la furia del temporale un tale Toni Gall si trovava nelle stalle dietro casa Ribera . Gli venne in mente che il battello del signor ingegnere fosse legato male e potesse fracassarsi ai muri della darsena . Discese a salti , vide aperto l ' uscio della darsena ed entrò . Il battello ballava spaventosamente , inondato dagli sprazzi delle onde che si frangevano sui muri ; ballava , si dimenava fra le catene e s ' era posto di traverso , avendo la poppa quasi addosso al muro . In faccia all ' uscio che mette dalla via pubblica nella darsena , corre un andito dal quale due scalette scendono all ' acqua , la prima di fianco alla prora della barca , la seconda di fianco alla poppa . Il Toni Gall discese per la scaletta seconda onde accorciare la catena di poppa . Là , fra la barca e l ' ultimo scalino , dov ' eran sessanta o settanta centimetri d ' acqua , vide fluttuare il corpicino di Maria col dorso a galla e il capo sott ' acqua . Nel trarla dall ' acqua scorse nel fondo una barchetta di metallo . Portò su la bambina gridando con la sua terribile voce , fece correre tutto il paese e , per fortuna , anche il medico , che si trovava a Oria , aiutò Ester a spogliar la povera creatura che non dava più segni di vita . Con chi era ella stata prima di scendere in darsena ? Con la Veronica no , perché la Veronica era stata veduta entrar nel ripostiglio dei vasi dietro la casa con la sua guardia di finanza prima che Luisa uscisse . Con Ester o con il professore neppure . Ester l ' aveva mandata a pregare nella camera dell ' alcova e poi non l ' aveva veduta più . La Cia stava a lavorare e l ' ingegnere a scrivere quando avevano udito le grida formidabili del Toni Gall . Maria doveva esser discesa in darsena dalla camera dell ' alcova per mettere la sua barchetta nell ' acqua e fatalmente avea trovato aperta la porta di casa , aperto l ' uscio della darsena . Il Toni Gall era d ' opinione che avesse passato qualche minuto nell ' acqua perché galleggiava discosto dal luogo dove la barchetta giaceva nel fondo . Egli descriveva per la centesima volta la sua scoperta spaventosa stando in sala con la Cia , con l ' ingegnere , il professore ed altri del paese . Tutti singhiozzavano , meno lo zio Piero . Seduto sul canapè dove prima stavano il Gilardoni ed Ester , pareva impietrato . Non aveva una lagrima , non aveva una parola . Le chiacchiere del Toni Gall gli davano evidentemente noia , ma taceva . La sua nobile fisionomia era piuttosto solenne e grave che turbata . Pareva ch ' egli vedesse davanti a sé l ' ombra del Fato antico . Neppure domandava notizie ; si capiva che non aveva speranza . E si capiva che il suo dolore era ben diverso da quelle chiassose nervosità passeggere che gli si agitavano intorno . Era il dolore muto , composto , dell ' uomo savio e forte . Dall ' uscio aperto dell ' alcova venivan voci ora d ' interrogazione ora di comando . Nessuno poté però dire , per un ' ora e mezzo , di aver udita la voce di Luisa . Qualche volta venivan pure voci trepide , quasi liete . Pareva a qualcuno , là dentro , notare un moto , un alito , un tepor di vita . Allora tutti quelli che eran fuori accorrevano . Lo zio Piero volgeva il capo verso l ' uscio dell ' alcova e solo in quei momenti si disordinava un poco nel viso . Pur troppo vide ogni volta la gente ritornarsene lentamente , in un silenzio accorato . Passarono le cinque . Il tempo durando piovoso , la luce mancava . Alle cinque e mezzo si udì finalmente la voce di Luisa . Fu uno strido acuto , inenarrabile , che agghiacciò il sangue nelle vene di tutti . Rispose la voce del dottore con un accento di premurosa protesta . Si seppe che il dottore aveva fatto un gesto come per dire : « oramai è inutile : desistiamo » , e che al grido di lei aveva ripreso il lavoro . Poi , nel lamento monotono che la pioggia minuta e fitta metteva a tutte le finestre aperte , il silenzio della casa parve divenuto più sepolcrale . La sala , il corridoio andavano diventando bui , vi si andò avvivando il debole chiaror di candele che usciva dall ' alcova . La gente cominciò a ritirarsi , un ' ombra dopo l ' altra , silenziosamente , in punta di piedi . Si udivano poi sul ciottolato della via gli scarponi pesanti , passi senza voci . La Cia si avviò pian piano al suo padrone , gli sussurrò all ' orecchio se non volesse prendere qualche cosa . Egli la fece tacere con un gesto brusco . Dopo le sette , essendo partiti tutti gli estranei alla famiglia meno il Toni Gall , Ismaele , il professore , l ' Ester e tre o quattro donne ch ' erano nell ' alcova , si udirono dei gemiti lunghi , sommessi , che quasi non parevano umani . Il dottore entrò in sala . Non ci si vedeva . Urtò in una sedia e disse forse : « C ' è qui il signor ingegnere ? » . « Scior sì » , rispose il Toni Gall e andò a pigliar un lume . L ' ingegnere non parlò né si mosse . Il Toni Gall ritornò presto con un lume e il dottor Aliprandi , che mi piace ricordar qui come un franco galantuomo , una bella mente e un nobile cuore , si avvicinò al canapè dove sedeva lo zio Piero . « Signor ingegnere » , diss ' egli con le lagrime agli occhi , « adesso bisogna che faccia qualche cosa Lei . » « Io ? » , rispose lo zio Piero alzando il viso . « Sì , bisogna almeno cercare di condurla via . Bisogna che venga Lei e ci metta una parola . Lei è come un padre . Questi sono i momenti del padre . » « Lo lasci stare , il mio padrone » , brontolò la Cia . « Non è buono per queste cose . Ci soffre e niente altro . » Adesso si udivano , insieme ai gemiti , voci tenere e baci . L ' ingegnere puntò i pugni sul canapè e rimase un momento a capo chino . Poi si alzò , non senza stento , e disse al medico : « Debbo andar solo ? » « Desidera che ci sia anch ' io ? » «Sì.» « Va bene . Del resto sarà inutile . Forzare non vorrei ma tentare bisogna . » Il dottore mandò via le donne ch ' erano ancora nell ' alcova , poi si volse dall ' entrata all ' ingegnere e gli fe ' segno di venire . « Donna Luisa » , diss ' egli dolcemente . « C ' è lo zio , il suo caro zio , che viene a pregarla . » Il vecchio entrò col viso pacato ma vacillando . Fatti due passi nella camera si fermò . Luisa era seduta sul letto con la sua bambina morta in braccio , la stringeva , la baciava sul viso e sul collo , gemeva , premendovi su le labbra , gemiti lunghi , inesprimibili . « Sì sì sì sì » , diss ' ella , quasi con un sorriso tenero nella voce . « È il tuo zio , cara , è il tuo zio che viene a trovar il suo tesoro , la sua Ombretta , la sua Ombretta Pipì che gli vuol tanto bene . Sì sì sì sì . » « Luisa » , disse lo zio Piero , « quietati . Tutto è stato fatto quel che si poteva fare , adesso vieni con me , non star più qui , vieni con me . » « Zio zio zio » , fece Luisa con una voce grossa di tenerezza , senza guardarlo , stringendosi il cadavere sul seno , cullandolo . « Vieni qua , vieni qua , vieni qua dalla tua Maria . Vieni , vieni qua da noi che sei il nostro zio , il nostro caro zio . No , cara , no , cara , non ci abbandona mica il nostro zio . » Lo zio tremò , il dolore lo vinse un momento , gli strappò un singhiozzo . « Lasciala in pace » , diss ' egli con voce soffocata . Essa non parve udirlo , riprese : « Andiamo noi , cara , andiamo noi dal nostro zio . Che ci andiamo , Maria ? Sì , sì , andiamo , andiamo » . Si lasciò sdrucciolare dal letto a terra si avviò verso lo zio stringendosi al petto col braccio sinistro la sua dolce morta , passò l ' altro al collo del vecchio , gli sussurrò : « un bacio , un bacio , un bacio alla tua Ombretta , un bacio solo , uno solo » . Lo zio Piero si chinò , baciò il visetto già deturpato amaramente dalla morte , lo bagnò di due grosse lagrime . « Guarda , guarda , zio » , diss ' ella . « Dottore , porti qua il lume . Sì sì , non sia cattivo , dottore . Guarda , zio , che tesoro . Dottore ! » L ' Aliprandi era riluttante e tentò resistere ancora ; ma quel dolore folle aveva qualche cosa di sacro che s ' impose . Obbedì , prese il lume e lo accostò al piccolo cadavere che faceva con quegli occhi semiaperti e quelle pupille dilatate una pietà immensa ed era stato la Maria , la Ombretta gentile , la dolcezza del vecchio , il viso e l ' amore della casa . « Guarda , zio , questo piccolo petto come l ' abbiamo maltrattato , povero tesoro , come gli abbiamo fatto male con tanto strofinare . La tua mamma è stata , sai , Maria , la tua brutta mamma e quel cattivo dottore lì . » « Basta ! » , disse il dottore risolutamente , posando il lume sulla scrivania . « Parli pure alla Sua bambina , ma non a questa , a quella ch ' è in Paradiso . » L ' impressione fu terribile . Ogni tenerezza sparì dal viso di Luisa . Ella indietreggiò cupa , stringendosi la sua morta sul seno . « No ! » , stridette , « no ! non in Paradiso ! È mia ! È mia ! Dio è cattivo ! No ! Non gliela do ! » Indietreggiò indietreggiò sin dentro all ' alcova , tra il letto matrimoniale e il lettuccio , ricominciò i lunghi gemiti che non parevano umani . L ' Aliprandi fece uscire l ' ingegnere che tremava . « Passerà , passerà » , diss ' egli . « Bisogna aver pazienza . Adesso resto io . » In sala c ' era Ismaele che prese il professore a parte . « E avvertire il signor don Franco ? » , diss ' egli . Si parlò allo zio , si decise di mandar un telegramma da Lugano , l ' indomani mattina perché oramai era troppo tardi , a nome dello zio , parlando di malattia grave . Ester scrisse il telegramma , in sala c ' era un ' altra persona , la povera Pasotti corsa lì mentre suo marito era andato ad accompagnare la marchesa a Cressogno . Ella singhiozzava , disperata d ' aver dato quella barchetta a Maria . Voleva entrare da Luisa ma il dottore , udendo pianger forte , uscì , raccomandò quiete , silenzio . La Pasotti andò a piangere in loggia . Con lei erano venuti il curato don Brazzova e il prefetto della Caravina che avevan pranzato a casa Pasotti . Più tardi venne il curato di Castello , l ' Introini , piangendo come un ragazzo . Volle assolutamente entrare da Luisa malgrado il medico e s ' inginocchiò in mezzo alla camera , supplicò Luisa di donar la sua bambina al Signore . « Che la guarda » , soggiunse , « che La guarda , sciora Lüisa , se La voeur propi minga donàghela al Signor , che ghe La dona a la Soa nonna Teresa , a la Soa mammin de Lee , che ghe l ' avarà inscì cara , sü in Paradis ! » Luisa fu intenerita , non dalle parole , ma dal pianto e rispose con dolcezza : « L ' à capii che ghe credi minga , mi , al So Paradis ! El me Paradis l ' è chi ! » . L ' Aliprandi fece al curato un gesto di preghiera e quegli usci singhiozzando . Il medico parti da Oria verso la mezzanotte insieme al professore . Tutta la casa taceva , neppur dall ' alcova usciva più alcuna voce . L ' Aliprandi aveva passate le ultime due ore in sala , col professore ed Ester , senza udir mai un grido né un gemito né un movimento qualsiasi . Era andato due volte a guardare . Luisa stava seduta sulla sponda del suo letto con i gomiti sulle ginocchia e la faccia tra le mani , contemplando il lettuccio che l ' Aliprandi non poteva vedere . A lui questa immobilità nuova dispiaceva quasi più che la sovreccitazione di prima . Poiché Ester intendeva restare tutta la notte , le raccomandò che tentasse , con discrezione , di scuoter la sua amica , di farla piangere e parlare . A vegliare con Ester si trattenevano altre donne del paese e Ismaele che doveva partir per Lugano alle cinque . Lo zio Piero era andato a letto . L ' Aliprandi e il professore si fermarono sul sagrato a guardar la finestra illuminata dell ' alcova , ad ascoltare . Silenzio . « Maledetto lago ! » , fece il dottore , pigliando il braccio del suo compagno e rimettendosi in via . Certo egli pensava , così dicendo , alla dolce creaturina che il lago aveva uccisa , ma v ' era pure nel suo cuore il dubbio che altri guai fossero in cammino , che l ' opera sinistra delle acque perfide non fosse ancora compiuta ; e v ' era una pietà immensa per il padre , per il povero padre che non sapeva ancora niente . 11 . Ombra e aurora Franco , appena ricevuto il telegramma , corse all ' ufficio dell ' Opinione in via della Rocca . Dina , vedendolo torbido , gli disse : « Oh ! Lo avete saputo ? » . Franco si senti gelare il sangue , ma Dina , quando udì del telegramma , fece un atto di stupore . No no , non sapeva nulla di questo . Era stato informato da parte del Presidente del Consiglio che la Polizia austriaca aveva fatto perquisizioni ed arresti in Vall ' Intelvi e che fra le carte di un medico si era trovato il nome di don Franco Maironi con indicazioni assai compromettenti . Dina soggiunse che in un momento così angoscioso per un padre non osava quasi dirgli perché il conte di Cavour si interessasse a lui . Gliene aveva parlato egli stesso , Dina , e il conte s ' era mostrato dispiacente che un gentiluomo lombardo di così bel nome si trovasse a Torino in condizioni dure e oscure . Dina credeva ch ' egli avesse intenzione di offrirgli un impiego al Ministero degli Esteri . Ora Franco doveva partire , certo . La bambina guarirebbe ed egli ritornerebbe nel più breve tempo possibile . Intanto si fermerebbe a Lugano , non è vero ? in attesa di notizie ; e se non fosse proprio necessario non si arrischierebbe mica di entrar in Lombardia . Con quest ' affare di Vall ' Intelvi sarebbe un ' imprudenza enorme . Franco tacque e il suo direttore , nel congedarlo , insistette : « Abbia prudenza ! Non si lasci prendere ! » , ma non ebbe alcuna risposta . Dal momento in cui aveva ricevuto il telegramma , Franco aveva camminato su e giù per Torino come in sogno , senza udire il suono dei propri passi , senza coscienza di ciò che vedeva , di ciò che udiva , andando macchinalmente dove gli occorreva , in quella congiuntura , di andare , dove lo portava una facoltà inferiore e servile dell ' anima , quel misto di ragione e d ' istinto che ci sa guidare per il labirinto delle vie cittadine , mentre lo spirito nostro , fisso in un problema o in una passione , niente se ne cura . Vendette orologio e catena per centotrentacinque lire a un orologiaio di Doragrossa , comperò una bambola per Maria , passò dal caffè Alfieri e dal caffè Florio per far avvertire gli amici e , dovendo pigliar il treno delle undici e mezzo per Novara , fu alla stazione alle undici . Vi capitarono alle undici e un quarto il Padovano e l ' Udinese . Essi cercarono di rincorarlo con ogni sorta di supposizioni rosee e di ragionamenti vani , ma egli non rispondeva parola , aspettava con una avidità immensa il momento di partire , di esser solo , di correre verso Oria , perché , qualunque ne fosse il pericolo , era ben deciso di andare a Oria . Entrò in una carrozza di terza classe e quando la locomotiva fischiò , quando il treno si scosse , mise un gran sospiro di sollievo , e si diede tutto al pensiero della sua Maria . Ma v ' era troppa gente , troppo rozza e chiassosa gente intorno a lui . A Chivasso , non potendo resistere a quei discorsi , a quelle risate , passò in una carrozza vuota di seconda classe dove si mise a parlar solo , guardando il sedile di faccia . Dio , perché non mettere nel telegramma una parola di più ? Oh , Signore , una parola sola ! Il nome della malattia , almeno ! Un nome orribile gli attraversò la mente : croup . Stese le braccia avanti , contro il fantasma , in uno stiramento convulso , aspirando aria con tutta la forza sua e le lasciò ricader con un soffio che parve vuotargli il petto d ' anima e di vita . Perché doveva trattarsi di un male subitaneo , altrimenti Luisa avrebbe scritto . Altro lampo nella mente : congestione cerebrale ? Egli stesso , da bambino , era stato a morte per una congestione cerebrale . Signore , Signore , questa era una luce buona . Era Dio che gliela mandava ! Fu preso da singhiozzi nervosi , senza lagrime . Maria , tesoro , amore , gioia ! Doveva esser questo , sì . La vide ansante , accesa , vegliata dal medico e dalla mamma , immaginò in un minuto lunghe lunghe ore al suo capezzale , lunghe angoscie , il rinascer della speranza , il primo sussurro della dolce voce : « Papà mio » . Si alzò in piedi , giunse e strinse le mani in uno sforzo muto di preghiera . Poi ricadde a seder esausto , volse gli occhi senza sguardo alla campagna fuggente , sentendo quasi un legame fra le grandi Alpi velate , ferme all ' orizzonte di settentrione e il pensiero dominante , fermo , assopito , nell ' anima sua . Ogni tanto lo strepito del treno lo toglieva dal suo torpore suggerendogli l ' idea di una corsa angosciosa , richiamando il suo cuore a correre , a batter così . Egli chiudeva poi gli occhi per vedersi meglio arrivare a casa . Subito gli venivan immagini su dal cuore alle palpebre , ma si muovevano , mutavano continuamente , non poteva arrestarle più d ' un momento . Era Luisa che gli correva incontro sulle scale , era lo zio che gli stendeva le braccia sull ' entrata della sala , era il dottor Aliprandi che gli apriva l ' uscio dell ' alcova e gli diceva « bene bene » , era , nella camera buia , un moto di ombre silenziose , era Maria che lo guardava con gli occhi lucidi di febbre . A Vercelli , parendogli già essere a mille miglia da Torino , l ' impero della realtà lo riprese . Quando sarebbe a Lugano , come , per qual via andrebbe a Oria ? Scopertamente , per il lago , facendosi vedere alla Ricevitoria ? E se non lo lasciassero passare perché non aveva sul passaporto il visto dell ' uscita , o se , peggio , vi fosse un ordine di arresto per quest ' affare del medico di Pellio ? Meglio prendere la montagna . Poteva venire arrestato dopo , ma con la pratica dei luoghi che aveva fatto prima del 1848 , cacciando , era quasi sicuro di arrivare a casa . Questo faticoso lavoro di fare e disfare piani lo distrasse alquanto , gli tenne occupata la mente sin oltre Arona , sul battello del Lago Maggiore . Aveva fatto il conto di arrivare a Lugano nel cuore della notte . Se vi fosse qualcuno ad aspettarlo ? Se non v ' era nessuno , poteva darsi che alla farmacia Fontana , dove andavano molte valsoldesi , si sapesse qualche cosa . Se Iddio volesse fargli trovare a Lugano notizie rassicuranti potrebbe rimettere all ' indomani ogni decisione circa l ' andata a Oria . Prese dunque il partito di non far progetti sino a Lugano e pregò fervorosamente Iddio che gli facesse trovare queste buone notizie . Il cielo era coperto , le montagne avevano già una tinta autunnale triste , il lago era leggermente nebbioso , le campane di Meina suonavano ; sul vapore non c ' era quasi nessuno e la preghiera di Franco gli morì nel cuore sotto una tristezza pesante , gli occhi suoi si smarrirono dietro uno stormo di gabbiani bianchi che volavan lontano verso le acque di Laveno , verso il paese nascosto dov ' era l ' anima sua . Arrivò a Magadino dopo le sette , fece il monte Ceneri a piedi , per il sentiero che mette alla Cantoniera , prese una vettura a Bironico e arrivò a Lugano dopo la mezzanotte . Discese in piazza presso il caffè Terreni . Il caffè era chiuso , la piazza deserta , scura ; tutto taceva , anche il lago di cui s ' intravedeva un palpitar lento nell ' ombra . Franco si fermò un momento sulla riva con la speranza che qualcheduno fosse venuto ad aspettarlo e comparisse da qualche parte . Non poteva veder la Valsolda nascosta dietro il monte Brè ; ma quella era l ' acqua stessa che rispecchiava Oria , che dormiva nella darsena della sua casa . Gli si allargò un poco il cuore in un sentimento di pace , gli parve essere ritornato tra familiari suoi . Tacendo ogni voce umana , gli parlavano le grandi montagne oscure , sopra tutte il monte Caprino e la Zocca d ' i Ment che vedevano Oria . Gli parlavano dolcemente , gli suggerivano un presentimento buono . Diciannove ore eran passate dalla data del telegramma ; il male poteva esser vinto . Non comparendo nessuno , si avviò alla farmacia Fontana , suonò il campanello . Egli conosceva da molti anni quell ' ottimo , cordiale galantuomo del signor Carlo Fontana , passato anche lui col mondo antico . Il signor Carlo venne alla finestra e si meravigliò molto di vedere don Franco . Non aveva alcuna notizia della Valsolda , era stato due giorni a Tesserete , n ' era ritornato da poche ore , non sapeva niente . Il suo assistente , il signor Benedetto , era partito anche lui da poche ore , per Bellinzona . Franco ringraziò e si avviò verso Villa Ciani , risoluto di andare subito ad Oria . Poteva scegliere fra due vie : o salire da Pregassona il versante svizzero del Boglia , toccar l ' Alpe della Bolla , attraversare il Pian Biscagno e il gran bosco dei faggi , uscirne sul ciglio del versante lombardo , al faggio della Madonnina , calare ad Albogasio Superiore e Oria ; o prendere la comoda via di Gandria verso il lago , e poi il sentiero malvagio e rischioso che da Gandria , ultimo villaggio svizzero , taglia la costa ertissima , passa il confine a un centinaio di metri sopra il lago , porta alla cascina di Origa , cala nei burroni della Val Malghera e ne risale alla cascina di Rooch , vi trova la stradicciuola selciata che passa sopra il Niscioree e discende a Oria . La prima via era assai più lunga e faticosa ma in compenso migliore per eludere al confine la vigilanza delle guardie . Partendo dalla farmacia Fontana , Franco decise di appigliarsi a quella . Ma quando fu a Cassarago , dove mettono la strada di Pregassona a quella di Gandria , quando vide la punta di Castagnola così vicina e pensò che da Castagnola si va a Gandria in meno di mezz ' ora , che da Gandria si può andare a Oria in un ' ora e mezza , l ' idea di salire il Boglia , di camminare sette od otto ore gli divenne intollerabile . Salendo il Boglia sarebbe poi anche arrivato di giorno ; questo era , per la sicurezza , uno scapito grande . Prese risolutamente la via di Castagnola e Gandria . Il cielo era tutto coperto di nuvole pesanti . Sotto i grandi castani ove passava il sentiero di Castagnola , non si sapeva dove mettere il piede ; ma che sarebbe poi stato nel gran bosco del Boglia , se Franco avesse presa quella via ? Così fu dentro Castagnola e peggio di così nel labirinto delle viuzze di Gandria . Dopo averle fatte e rifatte più volte , sbagliando , Franco riuscì finalmente sul sentiero del confine e si fermò a riposare . Sul punto di cimentarsi nel fitto delle tenebre ai pericoli di un sentiero difficile , di un incontro con le guardie austriache , per giungere poi a quell ' altro pauroso passo dell ' entrar in casa , del far la prima domanda , dell ' udir la prima risposta , alzò la mente a Dio , raccolse tutti i suoi pensieri in un proposito di fortezza e di calma . Si ripose in cammino . Gli occorreva ora dare tutta la sua attenzione al sentiero per non smarrirlo , per non precipitare . I campicelli di Gandria finiscono presto . Poi vengono fratte folte , pendenti sopra il lago , valloncelli franosi , mascherati dal bosco , che ruinano diritti al basso . In quei passaggi bui Franco era costretto di menar le braccia alla cieca per abbrancar un ramo , poi un altro , cacciar il viso nel fogliame che almeno aveva l ' odore della Valsolda , trascinarsi di pianta in pianta , tastar coi piedi il suolo , non senza terrori di sprofondare , cercar le tracce del sentiero . Il suo fardello era piccino ma pure gli dava impaccio . E gli dava noia quello stormir delle frasche al suo passaggio ; gli pareva che dovesse udirsi lontano , sui monti e sul lago , nel silenzio religioso della notte . Allora si fermava e stava in ascolto . Non udiva che il remoto rombo della cascata di Rescia , qualche lungo ululato di allocchi nei boschi di là del lago e talvolta giù nel profondo , sull ' acqua , un secco tocco , Dio sa di che . Non impiegò meno di un ' ora per arrivare al confine . Là , fra la valle del Confine e la Val Malghera , il bosco era stato tagliato di recente , il pendio sassoso era nudo , maggiore perciò il pericolo di precipitare , maggiore il pericolo di venire scoperto . Attraversò quel tratto pian piano , fermandosi spesso , mettendosi carponi . Prima di arrivare a Origa udì , giù abbasso , un rumor lieve di remi . Sapeva che la barca delle guardie passava qualche volta la notte alla riva di Val Malghera . Eran le guardie , certo . Sotto i castagni di Origa respirò . Là era coperto e camminava sull ' erba , senza rumore . Scese la costa occidentale di Val Malghera e risalì dall ' altra parte senza intoppi . Nell ' avvicinarsi a Rooch il cuore gli martellava a furia . Rooch è come un avamposto di Oria . Ivi mette capo la stradicciuola ch ' egli aveva salita tante volte con Luisa nei tepidi pomeriggi invernali , cogliendo violette e foglie d ' alloro , discorrendo dell ' avvenire . Si ricordò che l ' ultima volta avevano avuto una piccola disputa sullo sposo desiderabile per Maria , sulle qualità che dovrebbe avere . Franco avrebbe preferito un agricoltore e Luisa un ingegnere meccanico . Rooch è una cascina posta a ridosso di pochi campicelli scaglionati sul monte che fanno una chiara piccola macchia nella boscaglia . Una stanza sopra , la stalla sotto , un portichetto davanti alla stalla , una cisterna nel portichetto ; non c ' è altro . Il portichetto s ' affaccia sulla viottola ciottolata che passa da due a tre metri più basso . Dal ciglio del burrone di Val Malghera a Rooch ci son pochi passi . Salito sul ciglio , Franco udì qualcuno parlare sommessamente nella cascina . Sostò e , fattosi da banda , si stese bocconi sull ' erba fuori del sentiero , lungo un cespuglietto di castagni . Non udì più parlare , ma udì venire un rapido passo d ' uomo e stette immobile , trattenendo il respiro . L ' uomo si fermò quasi accanto a lui , aspettò un poco , poi ritornò indietro adagio e disse ad alta voce , con accento forestiero : « Non c ' è niente . Sarà stata una volpe » . Le guardie . Seguì un lungo silenzio durante il quale non osò muoversi . Le guardie ricominciarono a discorrere ed egli si propose d ' indietreggiare senza far rumore , di calarsi da capo in Val Malghera per girare dietro la cascina , in alto . Si levò adagio adagio le scarpe . Stava per muoversi quando udì le guardie , tre o quattro , uscire dalla cascina discorrendo e venire verso di lui . Ne intese una dire : « Non resta qui nessuno ? » , e un ' altra rispondere : « È inutile » . Quattro guardie gli passarono accanto una dopo l ' altra senza vederlo . Non avevan sospetti perché discorrevano di cose indifferenti . Uno diceva che si può restare sott ' acqua dieci minuti senz ' affogare , un altro ribatteva che dopo cinque minuti bisogna morire . La quarta passò in silenzio ma , appena passata , si fermò ; Franco rabbrividì udendola fregar un fiammifero . Quegli accese la pipa , tirò due o tre boccate di fumo , e poi domandò ai compagni , alquanto forte perché s ' eran già dilungati , scendevan la costa di Val Malghera . « Quanti anni aveva ? » Uno di coloro rispose , pure forte : « Tre anni e un mese » . Allora la quarta guardia tirò altre due boccate di fumo e si rimise in cammino . Franco , che stava bocconi , all ' udir « tre anni e un mese » , l ' età di Maria , si alzò sulle braccia stringendo l ' erba convulsivamente . Il rumor dei passi si perdeva già in Val Malghera . « Dio , Dio , Dio , Dio ! » , diss ' egli . Si rizzò ginocchioni , ripeté lentamente dentro a sé , come istupidito , la parola terribile : « aveva » . Si torse le mani , gemette ancora : « Dio , Dio , Dio , Dio ! » . Di quel che fece in seguito non ebbe quasi coscienza . Scese a Oria con la sensazione vaga d ' esser diventato sordo , con un gran tremito nel braccio che portava la bambola . Arrivò alla Madonna del Romìt , attraversò il paese e invece di scendere per la scalinata del Pomodoro continuò diritto per il sentiero che raggiunge la scorciatoia di Albogasio Superiore , discese per la stessa scaletta che aveva presa la Pasotti il giorno prima della catastrofe . Vide sulla faccia della chiesa un chiaror debole che usciva dalla finestra dell ' alcova , non si fermò sotto la finestra illuminata , non chiamò , entrò nel sottoportico e spinse l ' uscio . Era aperto . Entrò dal fresco della notte in un ' afa pesante , in un odore strano di aceto bruciato e d ' incenso . Si trascinò a stento su per le scale . Davanti a lui , sul pianerottolo a mezza scala , veniva lume dall ' alto . Giunto là vide che la luce usciva dalla camera dell ' alcova . Salì ancora , mise il piede sul corridoio . L ' uscio della camera era spalancato ; molti lumi dovevano arder là dentro . Sentì , con l ' odor d ' incenso , odor di fiori , fu preso da un tremito violento , non poté avanzare . Dalla parte della cucina si udiva qualcuno dormire , dalla parte dell ' alcova non si udiva niente . A un tratto la voce di Luisa parlò , tenera , quieta : « Vuoi che venga anch ' io , domani , dove vai tu , Maria ? La vuoi la tua mamma , in terra con te ? » . « Luisa ! Luisa ! » , singhiozzò Franco . Si trovarono nelle braccia l ' uno dell ' altro , sulla soglia della loro camera nuziale che aveva la memoria degli amori ancor viva e il dolce lor frutto , morto . « Vieni , caro , vieni vieni » , diss ' ella e lo trasse dentro . Nel mezzo della camera , fra quattro ceri accesi , giaceva nella bara aperta , sotto un cumulo di fiori recisi e languenti come lei , la povera Maria . Erano rose , vainiglie , gelsomini , begonie , gerani , verbene , frondi fiorite di olea fragrans , e altre frondi non fiorite , egualmente scure , egualmente lucenti : le frondi del carrubo già tanto caro a lei perché tanto caro al suo papà . Fiori e frondi erano sparsi anche sul viso . Franco s ' inginocchiò singhiozzando : « Dio , Dio , Dio ! » , mentre Luisa prese due roselline , le pose in una manina di Maria e poi la baciò sulla fronte . « Tu puoi baciarla sui capelli » , diss ' ella . « Sul viso no . Il dottore non vuole . » « Ma tu ? Ma tu ? » « Oh , per me è un ' altra cosa . » Egli posò invece le labbra sulle labbra gelide che trasparivano tra le foglie di carrubo e fiori di geranio . Ve le posò lievemente , come per un addio tenero , non disperato , alla veste caduta e vuota della diletta creatura sua partita per altra dimora . « Maria , Maria mia » , sussurrò fra i singhiozzi , « che cosa è stato ? » Egli non aveva inteso affatto che il primo discorso delle guardie sugli annegati avesse un nesso col secondo . « Non lo sai ? » , gli chiese la moglie senza sorpresa , pacatamente . Gliel ' avevano detto com ' era stato telegrafato ; ma ella sapeva pure che Ismaele doveva recarsi a Lugano per incontrarvi Franco e ignorava che Ismaele , arrivata la posta dal Ceneri senza nessuno , era andato a dormire . « Povero Franco ! » , diss ' ella baciandolo sul capo , quasi maternamente . « Non c ' è mica stata malattia . » Egli si rizzò in piedi , esclamò atterrito : « Come ? Non c ' è stata malattia ? » La persona che Franco aveva udito dormire , la Leu , entrò in quel momento per far suffumigi , vide Franco , rimase sbalordita . « Va ' » , le disse Luisa , « posa il fuoco lì fuori , mettici quel che vuoi e poi va in cucina , dormi , povera Leu . » Quella obbedì . « Non c ' è stata malattia ? » , ripeté Franco . « Vieni » , gli rispose sua moglie , « ti racconterò tutto . » Lo fece sedere sulla dormeuse , a piè del letto matrimoniale . Egli la voleva accanto a sé . Ella gli fe ' segno di no , di non insistere , di tacere , d ' aspettare , e sedette a terra presso la sua creatura , incominciò il racconto doloroso con voce piana , eguale , indifferente , quasi , al dramma che diceva , con una voce simile a quella della sorda Pasotti , che pareva venire da un mondo lontano . Prese le mosse dall ' incontro con la Bianconi in Campò e disse , sempre con la stessa calma , tutti i pensieri , tutti i sentimenti che l ' avevan portata ad affrontare la nonna , disse i fatti sino al momento in cui s ' era convinta che Maria non aveva più vita . Quand ' ebbe finito s ' inginocchiò a baciar la sua morta e le sussurrò : « Il tuo papà ha in mente che t ' ho uccisa io , adesso , ma non è vero , sai , non è vero » . Egli si alzò , tutto vibrante di una commozione senza nome , si chinò sopra di lei , la raccolse da terra , non renitente né abbandonantesi , con mani risolute e riguardose , se la collocò vicina sulla dormeuse , le cinse con un braccio le spalle , la strinse a sé , le parlò sui capelli , bagnandoli di poche lagrime ardenti che a quando a quando gli rompevan la voce : « Povera Luisa mia , no , non l ' hai uccisa tu . Come vuoi che io pensi questa cosa ? Oh , no , cara , no . Io ti benedico , invece , per tutto che hai fatto per lei da quando è nata . Io che non ho fatto niente , ti benedico , te che hai fatto tanto . Non dir più , non dir più quella cosa ! La nostra Maria ... » Un violento singhiozzo gli ruppe le parole , ma subito l ' uomo , con forte volere , si vinse , continuò : « Non sai cosa dice la nostra Maria in questo momento ? Dice : mamma mia , papà mio , adesso siete soli , ciascuno di voi non ha che l ' altro , siate uniti più che mai , donatemi a Dio perché mi ridoni a voi , perché io sia il vostro angelo e vi conduca un giorno a Lui e stiamo insieme per sempre . La senti , Luisa , che dice così ? » . Ella fremeva nelle sue braccia , scossa da sussulti violenti , col viso basso , resistendo a Franco che glielo voleva alzare . Finalmente gli prese in silenzio una mano e gliela baciò . Egli pure , allora , la baciò sui capelli . Poi gli sussurrò : « Rispondimi » . « Tu sei buono » , rispose Luisa con voce accorata e debole , « tu hai pietà di me ma non pensi quello che tu dici . Tu devi pensare che la causa della sua morte sono io , che se avessi seguito i tuoi sentimenti , le tue idee , non sarei uscita di casa , e se non uscivo di casa non succedeva niente , Maria sarebbe viva . » « Lascia star questo , lascia star questo . Tu potevi credere che Maria fosse in camera o con la Veronica , tu potevi rimanere in sala con gli sposi e la disgrazia sarebbe successa ugualmente . Non pensar più a questo , Luisa . Ascolta invece quello che ti dice Maria . » « Povero Franco ! Poveretto , poveretto ! » , disse Luisa , con un ' amarezza di sottintesi paurosi , da far gelare il sangue . Franco tacque , tremando , non valendo a immaginare cosa ella pensasse , eppure temendo udirlo . Si sciolsero lentamente dalla loro stretta , Luisa per la prima . Ella riprese però la mano di suo marito , volle accostarsela da capo alle labbra . Franco trasse teneramente a sé quella di lei , tentò un ' ultima parola : « Perché non mi vuoi rispondere ? » « Ti farei troppo male » , diss ' ella , sottovoce . Egli ebbe il senso di una irreparabile rovina nell ' anima di lei e tacque . Non ritirò la mano ma si sentì mancare ogni forza , invader da uno scuro , da un gelo , come se Maria , chiamata inutilmente , fosse morta una seconda volta . L ' angoscia , la stanchezza , l ' afa , i misti odori della camera poterono tanto sopra di esso che dovette uscire per non venir meno . Andò in loggia . Le finestre erano aperte ; l ' aria pura , fresca , lo rianimò . Pianse , al buio , la sua figliuola , senza ritegno , senza nemmeno quel ritegno che vien dalla luce . S ' inginocchiò ad una finestra , s ' incrociò le braccia sul petto , pianse , col viso al cielo , lagrime e parole a flutti , parole incomposte di strazio e di fede ardente , chiamando Dio in aiuto , Dio , Dio che lo aveva colpito . E glielo disse , a Dio , con la piena delle lagrime , che gli permettesse di piangere ma che sapeva bene perché la bambina era morta . Non aveva egli tanto pregato che il Signore la salvasse dal pericolo di perdere la fede stando con sua madre ? Ah quella sera , quella ultima sera che Maria gli aveva detto « papà mio , un bacio » e tante altre tenerezze e non voleva lasciar la sua mano , come come aveva pregato ! Era un terrore , una gioia , uno spasimo di ricordarlo . « Signore , Signore » , diss ' egli verso il cielo , « Tu tacevi e mi ascoltavi , Tu mi hai esaudito secondo le tue vie misteriose , Tu hai preso il mio tesoro con Te , ella è sicura , ella gode , ella mi aspetta , Tu ne congiungerai ! » Non fu amaro il dirotto pianto in cui le parole morirono . Ma dopo , pensando ancora quest ' ultima sera , gli fu amarissimo di esser partito senza dirlo a Maria , di averla ingannata . « Maria , Maria mia » , supplicò piangendo , « perdonami ! » Dio , come gli pareva impossibile che tutto questo fosse vero , come gli pareva di andar nell ' alcova , di doverla trovar là , dormente nel suo lettino , con la testa piegata sulle spalle e le manine aperte abbandonate sulle lenzuola , con le palme in su ! E invece vi era , sì , ma ! ... Oh che cosa ! non poteva , non poteva essere fine al pianto . Venne la Leu col lume e gli portò il caffè . L ' aveva mandata la signora . Egli ebbe un movimento di tenera gratitudine per sua moglie . Dio , povera Luisa , che infelicità nera la sua ! E quali spaventose apparenze di castigo per lei nel colpo che le piombava sopra in quel momento , proprio in quel momento ! Lo aveva ben compreso , lei , ch ' egli doveva pensar così e lo pensava davvero e aveva negato per pietà , sì , per pietà com ' ella aveva inteso pure . E queste spaventose apparenze di castigo non frutterebbero dunque niente ? Ella si separava da Dio più che mai , chi sa fino a qual punto . Povera , povera Luisa ! Non era da pregar per Maria , Maria non ne aveva bisogno , era da pregar per Luisa , da pregar dì e notte , da sperar nelle preghiere dell ' animetta cara , nascosta in Dio . Egli parlò con la Leu , abbastanza calmo , si fece raccontar da lei tutto che aveva veduto , tutto che aveva udito della cosa terribile . « La voreva propi el Signor la Soa tosetta » , disse la Leu per ultimo . « Bisoeugnava vedèlla in gièsa , cont i so manitt in crôs cont el so bel faccin seri . La somejava on angiol tal e qual ! Propi . » Poi domandò a Franco se desiderasse tener il lume . No , preferiva star allo scuro . E il funerale , a che ora si farebbe ? La Leu credeva che si farebbe alle otto . La Leu , quando cominciava a discorrere , non smetteva facilmente e forse aveva anche paura di starsene soletta in cucina : « El so papà ! » , diss ' ella ancora prima di andarsene . « El so car papà ! L ' è forsi minga vott dì che son vegnüda chì a portagh di castegn a la sciora e sta cara tosetta , che la parlava inscì polito , propi come on avocàt , la fa : " Sai , Leu , presto il mio papà viene a Lugano e io vado a trovarlo " . Ciào , l ' è ona gran roba ! » Lagrime e lagrime . Ah Iddio aveva preso la bambina per toglierla agli errori del mondo , Iddio aveva punito Luisa degli errori suoi ma non era disegnato l ' orribile castigo anche per lui ? Non aveva egli colpe ? Oh sì , quante , quante ! Ebbe la chiara visione di tutta la propria vita miseramente vuota di opere , piena di vanità , mal rispondente alle credenze che professava , tale da renderlo responsabile dell ' irreligiosità di Luisa . Il mondo lo giudicava buono per le qualità di cui non aveva merito alcuno , essendo nato con esse ; tanto più severo sentiva sopra di sé il giudizio di Dio che molto gli aveva dato e frutto non ne aveva colto . S ' inginocchiò da capo , si umiliò sotto il castigo , nella desolata contrizione del cuore , nell ' ardor di espiare , di purificarsi , di farsi degno che Iddio lo ricongiungesse con Maria . Pregò e pianse a lungo a lungo , poi uscì sulla terrazza . Il cielo imbiancava sopra la Galbiga e le montagne del lago di Como ; veniva giorno . Dal nero Boglia imminente soffiavano le tramontane fredde . Da vicino e da lontano , a riva di lago e nell ' alto grembo della valle , si levaron suoni di campane . L ' idea che Maria e la nonna Teresa erano insieme , felici , salì al cuore di Franco spontanea , chiara e soave . Gli parve che il Signore gli dicesse : ti addoloro ma ti amo , aspetta , confida , saprai . Le campane suonavano da vicino e da lontano , a riva di lago e nell ' alto grembo della valle , il cielo diventava più e più bianco sopra la Galbiga , verso il lago di Como , lungo l ' erto profilo nero del Picco di Cressogno ; e le distese dell ' acqua piana prendevano laggiù in levante , fra le grandi ombre dei monti , un chiaror di perla . Le frondi della passiflora , tocche dalle tramontane , ondulavano silenziosamente sopra il capo di Franco , agitate dall ' aspettazione della luce , della gloria immensa che scendeva in oriente colorando di sé nuvoli e sereno , salutata dalle campane . Vivere , vivere , operare , soffrire , adorare , ascendere ! La luce voleva questo . Portarsi via i vivi tra le braccia , portarsi via i morti nel cuore , ritornare a Torino , servir l ' Italia , morir per lei ! Il nuovo giorno voleva questo . Italia , Italia , madre cara ! Franco giunse le mani in uno slancio di desiderio . Anche Luisa udì le campane . Non avrebbe voluto udirle , non avrebbe voluto che venisse giorno mai più , che venisse l ' ora di ceder Maria alla terra . Inginocchiata presso il corpicino della sua creatura le promise che ogni giorno , finché avesse vita , sarebbe venuta a parlarle , a portarle fiori , a tenerle compagnia , mattina e sera . Poi sedette , affondò nei pensieri cupi che non aveva voluto dire al marito , cresciuti e maturati in lei nel corso di ventiquattr ' ore come una maligna infezione assorbita da lungo tempo , rimasta inerte per lungo tempo , colta , un dato momento , dalla corrente del sangue , divampata con fulminea violenza . Tutte le sue idee religiose , la sua fede nell ' esistenza di Dio , il suo scetticismo circa la immortalità dell ' anima tendevano a capovolgersi . Ella era convinta di non essere affatto in colpa della morte di Maria . Se realmente esisteva una Intelligenza , una Volontà , una Forza padrona degli uomini e delle cose , la mostruosa colpa era sua . Questa Intelligenza aveva freddamente disegnato la visita della Pasotti e il suo dono , aveva allontanato da Maria le persone che potevano custodirla in assenza della madre , l ' aveva tratta senza difesa nelle sue insidie feroci , e uccisa . Questa Forza aveva fermato lei , la madre , proprio nel momento in cui stava per compiere un atto di giustizia . Stupida lei che aveva prima creduto nella Giustizia Divina ! Non v ' era Giustizia Divina , vi era invece l ' altare alleato del Trono , il Dio austriaco , socio di tutte le ingiustizie , di tutte le prepotenze , autore del dolore e del male , uccisore degl ' innocenti e protettore degl ' iniqui . Ah s ' egli esisteva , meglio che Maria fosse tutta lì , in quel corpo , meglio che nessuna parte di lei cadesse , sopravvissuta , nelle mani della sua Onnipotenza malvagia ! Ma era possibile dubitare che quest ' orribile Iddio esistesse . E se non esistesse si potrebbe desiderare che una parte dell ' essere umano continuasse a vivere , non miracolosamente , ma naturalmente , oltre la tomba . Ciò era forse più facile a concepire , che la esistenza di un tiranno invisibile , di un Creatore feroce contro le proprie creature . Meglio la signoria della Natura senza Dio , meglio un padrone cieco ma non nemico , non deliberatamente cattivo . Certo non bisognava pensare più in alcun modo né in questa vita né in una vita futura , se vi fosse , al fantasma vano , Giustizia . La fioca luce dell ' alba si mesceva a ' suoi pensieri come a quelli di Franco , solenne e consolante per lui , odiosa per lei . Egli , cristiano , pensava una insurrezione di collera e d ' armi contro fratelli in Cristo per l ' amore di un punto sopra un minimo astro dei cieli ; ella pensava una ribellione immensa , una liberazione dell ' Universo . Il pensiero di lei poteva parere più grande , l ' intelletto di lei poteva parere più forte ; ma Colui che meglio è conosciuto dalle generazioni umane quanto più ascendono nella civiltà e nella scienza ; Colui che consente venire onorato da ciascuna generazione secondo il poter suo e che gradatamente trasforma ed alza gl ' ideali dei popoli , servendosi per il governo della terra , nel tempo opportuno , anche degl ' ideali inferiori e perituri ; Colui ch ' essendo la Pace e la Vita sofferse venir chiamato il Dio degli eserciti , aveva impresso il segno del Suo giudizio sul viso della donna e sul viso dell ' uomo . Mentre l ' alba si accendeva in aurora , la fronte di Franco venivasi irradiando di una luce interiore , gli occhi suoi ardevano , fra le lagrime , di vigor vitale : la fronte di Luisa sempre più si oscurava , le tenebre salivano in fondo a ' suoi occhi spenti . Al levar del sole una barca comparve alla punta della Caravina . Era l ' avvocato V . che veniva da Varenna alla chiamata di Luisa . 12 . Fantasmi La sera di quello stesso giorno una conversazione fiorita si raccolse nella sala rossa della marchesa . Pasotti vi portò seco a forza la sua disgraziata moglie e quasi a forza il signor Giacomo Puttini riluttante invano ai capricci dispotici del Controllore gentilissimo . Vennero pure il curato di Puria e il Paolin , curiosi di veder l ' effetto della tragedia di Oria sulla vecchia faccia di marmo . Il Paolin trascinò seco il buon Paolon , mollemente riluttante anche lui come un pecorone . Venne il curato di Cima , devoto alla marchesa , venne il prefetto della Caravina , tutto , in cuor suo , per Franco e Luisa , obbligato , come parroco di Cressogno , a certi riguardi verso la loro nemica . Costei accolse tutti col solito viso impassibile , col solito flemmatico saluto . Si fece sedere accanto , sul canapè , la signora Barborin alla quale il padrone aveva proibito il menomo accenno ai casi di Oria , si lasciò ossequiare dagli altri , fece le solite domande al Paolin e al Paolon circa le rispettive loro dame e soddisfatta d ' aver appreso che la Paolina e la Paolona stavano bene , incrociò le mani sul ventre e tacque dignitosamente in faccia al semicerchio de ' suoi cortigiani . Pasotti , non vedendo Friend , s ' informò subito di lui con ossequiosa premura : « E ' l Friend ? Poer Friend ! » benché se lo avesse avuto nelle granfie , solus cum solo , quel brutto diavolaccio ringhioso che sciupava i calzoni a lui e le sottane a sua moglie , lo avrebbe strozzato con gioia . Friend era infermo da due giorni . Tutta la brigata si commosse e lamentò il caso con la segreta speranza che il maledetto mostro fosse per crepare . La Pasotti vedendo tante bocche parlare , tante facce diventar contrite , e non udendo una parola , suppose che si discorresse di Oria , si rivolse al Paolon suo vicino , lo interrogò con gli occhi , spalancando la bocca , indicando col dito la direzione di Oria . Il Paolon le fece segno di no . « Parlen del cagnoeu » , diss ' egli . La sorda non intese , fece « ah ! » e prese , a caso , un ' aria compunta . Friend mangiava troppo e troppo bene , soffriva d ' una malattia schifosa . Il Paolin e il curato di Puria diedero premurosi consigli . Il prefetto della Caravina aveva espresso altrove la temperata opinione che fosse da buttarlo nel lago con la sua padrona al collo . Mentre si parlava con tanto interesse della bestia di casa , egli pensava a Luisa stravolta , livida , come l ' aveva vista la mattina , quando s ' era opposta come una forsennata , prima alla chiusura della bara , poi al trasporto , e quando nel cimitero aveva gettato lei con le sue proprie mani la terra sulla sua bambina , dicendole d ' aspettarla e che sarebbe presto discesa a giacer con lei e che quello doveva essere il loro paradiso . Se si parlava con interesse del rognoso Friend , i fantasmi della bambina morta e della madre disperata erano però nella sala . Quando nessuno seppe più che dire del cane e vi ebbe un momento di silenzio , i due fantasmi squallidi furono uditi da tutti domandar che si parlasse di loro ; e ciascuno li vide negli occhi della persona che li amava , la sorda Pasotti . Suo marito cercò subito una diversione , propose al signor Giacomo un problema di tarocchi . Uno scartante che ha tre cartine , tutte figure , una dama e due cavalli , e ha pure il matto , cosa deve fare ? Scartare la dama e un cavallo o i due cavalli ? Il signor Giacomo si mise a soffiare a tutto vapore , gonfiando le gote rosse e il cravattone bianco : « Apff ! No . Controllore gentilissimo , no , La me dispensa . Da le dame no digo ma dai cavai mi son stà sempre lontan . Apff ! » . Gli altri tarocchisti raccolsero in fretta il problema , i fantasmi non furono più uditi e ciascuno respirò . Erano le nove . Alle nove , di solito , il cameriere entrava con due candele accese e apparecchiava il tavolino del tarocco in un angolo della sala , fra il gran camino e il balcone di ponente . Allora la marchesa si alzava e diceva con la sua flemma sonnolenta : « Se creden » . I due o tre presenti rispondevano « sem chì » e incominciava l ' entro in tre o la partita in quattro . Il vecchio cameriere , affezionatissimo a don Franco , esitò , quella sera , a portare i lumi . Non gli pareva possibile che la padrona e i signori avessero il coraggio di giuocare . Alle nove e cinque minuti , non vedendolo entrare , ciascuno commentò il ritardo fra sé . Il Paolin , prima di entrar in casa , aveva sostenuto contro il prefetto che non si sarebbe giuocato . Egli guardò trionfante il suo avversario e lo guardò pure il Paolon compiacendosi , per una solidarietà di Paoli , che avesse ragione il Paolin . Pasotti , che si era tenuto sicuro di giuocare , cominciò a dar segni d ' inquietudine . Alle nove e sette minuti , la marchesa pregò il prefetto di suonare il campanello . Quegli restituì al Paolin l ' occhiata trionfante e vi aggiunse tutto il muto disprezzo per la vecchia , che poté . « Apparecchiate » , diss ' ella al cameriere . Questi entrò poco dopo con le due candele . Anche in fondo agli occhi suoi crucciosi si vedeva il fantasma della bambina morta . Mentr ' egli disponeva sul tavolino le candele , le carte da giuoco e i gettoni d ' avorio , si fece nella sala quel silenzio di aspettazione che soleva precedere l ' alzarsi della marchesa . Ma la marchesa non diede segno di volersi alzare . Si voltò a Pasotti e gli disse : « Controllore , se desideran giuocare Loro ... » « Marchesa » , rispose Pasotti , pronto , « la presenza di mia moglie non deve impedirle di fare la Sua partita . Barbara giuoca male ma si diverte moltissimo a guardare . » « Stasera non giuoco » , rispose la marchesa . La voce era molle ma il no era duro . Il buon Paolon , che taceva sempre e non sapeva giuocare a tarocchi , credette aver finalmente trovato una parola ossequiosa e savia da metter fuori . « Già ! » , diss ' egli . Pasotti lo guardò in cagnesco , pensò : « cosa c ' entra lui ? » , ma non osò parlare . La marchesa non parve accorgersi della scoperta del Paolon e soggiunse : « Posson giuocare Loro » . « Mai più ! » , esclamò il prefetto . « Neanche per sogno ! » Pasotti levò di tasca la tabacchiera . « Il signor prefetto » , diss ' egli facendo spiccare le sillabe e alzando un poco la mano aperta con una presa tra il pollice e l ' indice , « parla per sé . Per parte mia , se la signora marchesa lo desidera , son pronto a soddisfare il suo desiderio . » La marchesa tacque e il focoso prefetto , incoraggiato da quel silenzio , borbottò a mezza voce : « È un lutto di famiglia , infine » . Da quando Franco era uscito di casa il suo nome non era mai stato pronunciato nelle conversazioni serali della sala rossa , la marchesa non aveva mai fatto allusione a lui né a sua moglie . Ella ruppe adesso il silenzio di quattro anni . « Mi rincresce per la creatura » , diss ' ella , « ma per suo padre e sua madre è un castigo di Dio . » Tutti tacquero . Dopo alcuni minuti , Pasotti disse a voce bassa , in tono solenne : « Fulmineo » . E il curato di Cima soggiunse più forte : « Evidente » . Il Paolin ebbe paura di tacere e di parlare , fece « ma ! » e allora il Paolon osservò : « Proprio ! » . Il signor Giacomo soffiò . « Un castigo di Dio ! » , ripeté con enfasi il curato di Cima . « E anche , date le circostanze , un segno della Sua protezione sopra qualche altra persona . » Tutti , meno il prefetto che si rodeva , guardarono la marchesa come se la Mano protettrice dell ' Onnipotente fosse sospesa sopra la sua parrucca . Invece quella Mano Divina stava sopra il cappellone della Pasotti e le teneva ben chiusi gli orecchi onde non avessero a penetrarvi contaminatrici parole d ' iniquità . « Curato » , disse Pasotti , « poiché la signora marchesa lo propone , facciamo una partitina ? Lei , il Paolin , il signor Giacomo e io . » I quattro che sedettero al tavolino da giuoco si lasciarono subito dolcemente andare , nel loro angolo , alle comode mollezze della conversazione sbottonata , alle vecchie barzellette ambrosiane attaccate ai tarocchi come l ' unto . « Hin nanca arrivaa a Barlassina ! » , esclamò Pasotti dopo la prima giuocata , ridendo forte per far suonare la sua vittoria e la sua allegria . Quelli là si erano liberati dai fantasmi ; gli altri no . La sorda , impettita e immobile sul canapè , aveva sofferto angosce mortali aspettando un gesto del marito che le imponesse di giuocare . Oh Signore , dovrebbe toccarle anche questa condanna ? Per grazia del cielo il gesto non venne fatto e la sua prima impressione nel veder i quattro prender posto al tavolino fu di sollievo . Ma poi le riprese subito un disgusto amaro . Che insulto , quel giuoco , alla sua Luisa , che disprezzo per la povera cara Ombrettina morta ! Nessuno le parlava , nessuno faceva attenzione a lei : ella si mise a recitare mentalmente una fila di Pater , Ave e Gloria , per la cattiva creatura seduta all ' altro angolo del canapè , tanto vecchia , tanto vicina a comparire davanti a Dio . Le dedicò la preghiera per la conversione dei peccatori che soleva dire mattina e sera per suo marito da quando aveva scoperto certe sue familiarità con una bassa persona di casa . Il prefetto , a udir gli schiamazzi di Pasotti , si alzò e prese congedo . « Aspetti » , gli disse la marchesa , « di prender un bicchier di vino . » Alle nove e mezzo soleva capitare una bottiglia preziosa di San Colombano vecchio . « Stasera non bevo » , rispose il prefetto , eroicamente . « Son troppo sottosopra da questa mattina in poi . Il Puria sa perché . » « Ma ! » , fece il Puria , sottovoce . « È stata una gran tragedia , già . » Silenzio . Il prefetto s ' inchinò alla marchesa , salutò la Pasotti con l ' espressione del « c ' intendiamo » e partì . Il curato di Puria , corpo grosso e cervello fino , studiava la marchesa senza parere . Era ella tocca o no dai fatti di Oria ? L ' essersi astenuta dal giuoco gli pareva un indizio dubbio . Poteva averlo fatto per rispetto al proprio sangue in astratto . Osservandola bene il curato notò che le sue mani tremavano : cosa nuova . Ella dimenticò di domandare a Pasotti se il vino fosse buono : cosa nuova . La maschera cerea del viso aveva di tratto in tratto qualche contrazione : cosa nuovissima . « È tocca » , pensò il curato . Siccome ella taceva , la Pasotti taceva , il Paolon taceva , tutto il gruppo pareva petrificato , cercò lui di rompere il ghiaccio , non trovò di meglio che voltar quelle teste verso il tavolino del giuoco e commentare le apostrofi di Pasotti , le proteste del Paolin , i « no digo » e gli « apff » del signor Giacomo . La marchesa si scosse un poco , si compiacque di osservare che i giuocatori si divertivano . La Pasotti non udì né disse mai parola e gli altri tre finirono con parlar di lei . La marchesa si dolse che fosse tanto sorda , che non si potesse farle un po ' di conversazione . Gli altri due dissero di lei tutto il gran bene che meritava e che dice ancora chi la ricorda . Ella stava lì malinconica e muta , non sospettando affatto d ' esser il soggetto dei loro discorsi . Il Signore proteggeva la sua profonda , ingenua umiltà , non le lasciava penetrar negli orecchi le lodi della gente ma solo le strapazzate del consorte . I suoi grandi , compunti occhi neri si ravvivarono quando il signor Giacomo pronunciò un gran soffio finale , e i colleghi , lasciate le carte , si abbandonarono sulle spalliere delle rispettive seggiole a riposare alquanto , a ruminar il piacere del giuoco . Finalmente il suo signore si avvicinò al canapè , le fece segno di alzarsi . Per la prima volta in vita sua , forse , ella fu contenta di salire in barca , con grande meraviglia del Puria il quale dichiarò che sul lago , di notte , era un « fifone » . È vero che a cento passi da Cressogno l ' orrore del lago e delle tenebre la riprese . Pensò allora con invidia al curato del quale udiva la voce sopra il Tentiòn , fra gli ulivi . « Addio , fifone ! » , gridò Pasotti . Il « fifone » non udì . Egli e il Paolin discorrevano sottovoce ma con gran calore , commentando le parole della marchesa , del prefetto , di Pasotti , cercando di frugar nel cuore della vecchia , disputando se vi fossero pietà e rimorsi . Il curato era per il sì , il Paolin per il no . Il Paolon precedeva con la lanterna mettendo continui , inintelligibili grugniti . Il Paolin andò poi mordendo tutto che fosse da mordere , la durezza della marchesa , la malignità di Pasotti , la dabbenaggine di sua moglie , la cortigianeria del Cima , la temerità del prefetto , le pazzie di Luisa e di Franco , la debolezza dell ' ingegnere Ribera , tante altre colpe di vivi e di morti . Durezze , debolezze , malignità , ostinazioni , cortigianerie : dappertutto , secondo lui , c ' era in fondo quell ' egoismo porco . « Che gran mond mincion ! » , fu il suo riassunto finale . « Ch ' el senta car el me curat , quand gh ' è quel poo de ris e verz con quel poo de formagg per sora , lassèm pür andà tüsscoss al diavol che l ' è mej . » Dopo una sentenza tanto logica nulla restava più a dire né a grugnire e la piccola comitiva giunta in capo alla salita procedette silenziosa per le umide ombre del Campò , nell ' odor fresco dei castagni e dei noci , senz ' accorgersi di uno spettro che passava in aria , vôlto a Cressogno . Partiti i suoi ospiti , la marchesa suonò il campanello per il rosario che non s ' era potuto dire alla solita ora . Il rosario di casa Maironi era una cosa viva che aveva le sue radici nei peccati antichi della marchesa e veniva sempre più sviluppandosi , mettendo nuovi Ave e nuovi Gloria a misura che la vecchia dama avanzava negli anni e si scorgeva più netto e più visibile a fronte un teschio schifoso , il proprio . Perciò il suo rosario era lungo assai . I peccati dolci della protratta gioventù non le pesavano troppo sulla coscienza ; ma qualche grossa furfanteria d ' altro genere , misurabile in lire , soldi e denari , mal confessata e quindi mal perdonabile , le dava una molestia sempre compressa a furia di rosari e sempre rinascente . Mentre chiedeva al Creditore Grande la remissione de ' suoi debiti le pareva ch ' Egli avesse facoltà d ' accordarla intera ; invece dopo le si levavano da capo in mente le facce crucciose dei creditori piccoli , ritornava con esse il dubbio del perdono , e la sua avarizia , la sua superbia avevano a lottare con il terrore di un carcere perpetuo per debiti , oltre la tomba . Recitare le preghiere per la conversione dei peccatori e quelle per la guarigione degl ' infermi , prima di venire ai Deprofundis , annunciò tre Avemarie nuove secondo la sua intenzione . La guattera , una semplice pia contadina di Cressogno , suppose che le tre Avemarie fossero domandate per quei poveretti di Oria e le recitò con tutto lo zelo . Le Avemarie della guattera urtarono e dispersero quelle della padrona , che chiedevano sonno , riposo di nervi e di coscienza . Quanto alle Avemarie degli altri , esse furono dette secondo la loro comune intenzione che non restassero , come troppo spesso accadeva , definitivamente appiccicate al rosario . Nessuna insomma poté arrestare lo spettro nel suo cammino . La marchesa si ritirò verso le undici . Prese dell ' acqua di cedro e avendo la cameriera incominciato a parlare di Oria , di don Franco che si sussurrava essere arrivato , le impose silenzio . Era tocca , sì . Aveva sempre davanti agli occhi l ' immagine di Maria come l ' aveva veduta una volta passando in gondola sotto la villetta Gilardoni , piccina , con un grembiale bianco , i capelli lunghi e le braccia nude , stranamente somigliante ad un bambino suo , mortole a tre anni . Sentiva ella affetto , pietà ? Non sapeva ella stessa quello che sentisse . Forse dispetto e sgomento di non sapersi liberare da una immagine molesta ; forse paura di questo pensiero , che se non fosse stato commesso certo grosso peccato antico , se il testamento del marchese Franco non fosse stato arso , la bambina non sarebbe morta . Come fu a letto si fece leggere altre preghiere dalla cameriera , le ordinò di spegnere il lume e la congedò . Chiuse gli occhi , cercò di non pensare a niente , e si vide sotto le palpebre una chiara macchia informe che si venne disegnando in un guancialetto , poi in una lettera , poi in un gran crisantemo bianco e poi in un viso supino , morto , che diventava via via più piccolo . Le pareva già di assopirsi ma per effetto di quest ' ultima trasformazione le vibrò nel cuore il pensiero della bambina , non vide più nulla sotto le palpebre , il sopore si dileguò ed ella aperse gli occhi , inquieta , malcontenta . Si propose di pensar una partita di tarocchi per cacciar le immaginazioni moleste e richiamar il sonno . Pensò ai tarocchi , poté , con uno sforzo , vedersi nella testa il tavolino da giuoco , i giuocatori , i lumi , le carte ; ma quando cessò dallo sforzo per abbandonarsi ad una visione passiva di questi soporifici fantasmi , le comparve sotto le palpebre tutt ' altra cosa , una testa che cambiava continuamente lineamenti , espressione , attitudini e che venne per ultimo lentamente ripiegandosi avanti sopra se stessa come nel sonno o nella morte , non mostrando più che i capelli . Altra scossa di nervi ; la marchesa riaperse gli occhi e udì l ' orologio della scala suonare . Contò le ore : dodici . Già mezzanotte e non poter dormire ! Stette alquanto ad occhi aperti ed ecco adesso immagini nel buio come prima sotto le palpebre . Cominciavano da un nucleo informe e si svolgevano continuamente . Si disegnò un quadrante d ' orologio , che diventò un occhio spaventato di pesce , un occhio umano severo . Ad un tratto venne alla marchesa l ' idea che non riuscirebbe a dormire e il sopore già inoltrato andò rotto da capo . Allora ella suonò il campanello . La cameriera si fece chiamar due volte e poi venne mezzo svestita , dormigliosa . L ' ordine fu di posar il lume sopra una sedia per modo che dal letto non si potesse veder la fiamma ; di prendere un volume di prediche del Barbieri e di leggere a mezza voce . La cameriera era abituata a somministrare questi narcotici . Si pose a leggere e in capo alla seconda pagina , udendo il respiro della padrona farsi greve , andò pian piano smorzando la voce per un mormorio inarticolato , fino al silenzio . Aspettò un poco , ascoltò il respiro regolare e pesante , si alzò a guardar la faccia cupa , supina sul doppio guanciale con le sopracciglia aggrottate e la bocca semiaperta , prese il lume e si ritirò in punta di piedi . La marchesa dormiva e sognava . Sognava di giacer sulla soglia nello stanzone buio di un carcere , con i ceppi ai piedi , accusata di assassinio . Entrava il giudice con un lume , sedeva presso a lei e leggeva una predica sulla necessità della confessione . Ella gli si protestava innocente , ripeteva : « Ma non sa che si è annegata da sé ? » . Il giudice non rispondeva , leggeva , leggeva sempre con voce compunta e solenne , e la marchesa insisteva : « No , non l ' ho uccisa » . Non era flemmatica nel sogno , si agitava come una disperata . « Badi » , rispondeva il giudice . « La bambina lo dice . » Egli si alzava in piedi e ripeteva : « Lo dice » . Poi batté forte le mani palma a palma ed esclamò : « Entrate ! » . Fino a questo punto la marchesa aveva sentito , sognando , di sognare ; qui credette svegliarsi , vide con orrore che qualcuno era entrato infatti . Una forma umana debolmente luminosa stava a sedere sulla poltrona ingombra di vesti , presso il suo letto , sì ch ' ella non poteva vedere la parte inferiore dell ' Apparizione . Il busto , le braccia , le mani raccolte insieme avevano un colore biancastro e contorni alquanto incerti ; la testa , appoggiata alla spalliera , era nitida e circonfusa d ' un chiaror pallido . Gli occhi scuri , vivi , fissavano la marchesa . Che orrore ! Era veramente la bambina morta . Che orrore , che orrore ! Gli occhi dell ' Apparizione parlavano , lo dicevano . Il giudice aveva ragione , la bambina lo diceva , senza parole , con gli occhi . « Tu , nonna , tu sei stata , tu . Io avrei dovuto nascer e vivere nella tua casa . Tu non l ' hai voluto . Sei condannata alla morte eterna . » Gli occhi soli , i fissi , tristi , pietosi occhi dicevano tutto questo ad un tempo . La marchesa mise un lungo gemito , stese le braccia verso l ' Apparizione , credendo dir qualche cosa e non riuscendo che a rantolare « ah ... ah ... ah ... » mentre le mani , le braccia , il busto del fantasma sfumavano in una nebbia , i contorni del viso illanguidivano e solo rimaneva intenso lo sguardo , che finalmente pure si velò e rientrò quasi in un lontano e profondo Se stesso , null ' altro rimanendo dell ' Apparizione che poca fosforescenza poi assorbita dall ' ombra . La marchesa si svegliò di soprassalto , ansante , non si ricordò del campanello , si provò a gridare e non riuscì a metter fuori la voce . Con un impeto della sua volontà potente ancora nello sfacelo delle forze , cacciò le gambe dal letto , discese , fece due passi brancolando nel buio , incespicò nella poltrona , si aggrappò a una sedia , cadde con essa pesantemente sul pavimento , si mise a gemere . La cameriera si svegliò al tonfo , chiamò , non ebbe risposta , udì il gemito e , acceso il lume , accorse , vide nella penombra , tra la sedia e la poltrona , qualche cosa di bianco e d ' enorme che si divincolava sul pavimento come una bestia mostruosa del mare tirata in secco . Gridò , corse al campanello , svegliò d ' un colpo tutta la casa e si precipitò ad aiutar la vecchia che rantolava : « Il prete , il prete ! Il prefetto , il prefetto ! » 13 . In fuga Alle due e mezzo dopo la mezzanotte , Franco , l ' avvocato V . e il loro amico Pedraglio erano seduti in loggia , al buio , in silenzio . A un tratto Pedraglio si alzò dicendo : « Cosa fa questo asino ? » , uscì sulla terrazza , vi stette in ascolto e rientrò . « Niente » , diss ' egli . « Disi mi , e per quell ' asino che si sarà addormentato dobbiamo star qui da minchioni ad aspettare che ci prendano ? Tu , Maironi , la strada presso a poco la sai e siamo poi anche in tre che abbiamo il fegato buono . Se occorrerà de dà via on quai cazzott el darèm via , neh ti avocàt ? » Il Pedraglio s ' era trovato la sera prima , verso le sette , sulla strada fra Loveno e Menaggio nel luogo che chiamano « el crott del Bertin » . Un uomo gli aveva chiesto l ' elemosina e posto in mano un biglietto . Poi si era allontanato rapidamente . Il biglietto diceva : « Perché il Carlino Pedraj non valo mica subito a Oria a trovare il Signor Maironi e il signor avocatto di Varenna per fare una bella spasseggiata con gli amici cari da quel co di quel palo ? » . Dopo l ' arresto del medico di Pellio , amico suo , Pedraglio era in sospetto di qualche tiro della Polizia , e quel biglietto non era il primo avviso salutare e sgrammaticato che pervenisse a un patriota . Il biglietto parlava chiaro ; bisognava passar subito il palo del confine . Il Pedraglio non sapeva niente della disgrazia di Franco né del suo ritorno né che l ' avvocato fosse a Oria , ma non andò a cercar altro , corse a Loveno , si provvide di denaro e si pose in cammino . Non si fidò di venire a Porlezza , prese il sentiero che presso Tavordo sale per un vallone deserto al Passo Stretto . Agile come un camoscio , arrivò in quattr ' ore a Oria , trovò che Franco e l ' avvocato si preparavano a partire per un altro avvertimento misterioso pervenuto loro dal curato di Castello , ch ' era stato a Porlezza e ne aveva ricevuto l ' incarico in confessione . Ismaele doveva guidarli oltre il confine . I passi del Boglia erano guardatissimi . Ismaele si proponeva di passar fra il monte della Nave e Castello per calar poi nella valle , tagliar dritto all ' Alpe di Castello sotto il Sasso Grande e di là scendere a Cadro , un ' ora sopra Lugano . Ma Ismaele doveva venire alle due , e alle due e mezzo non s ' era veduto ancora . Anche Luisa era in piedi . Stava nell ' alcova rammendando un paio di calze di Maria per metterle poi sul lettino dove aveva disposto le cosucce di Ombretta con la stessa cura di quando la piccina era viva . Non aveva voluto vedere né l ' avvocato né Pedraglio . Dopo le smanie del funerale il suo dolore aveva ripreso quell ' aspetto cupo che più dispiaceva al dottor Aliprandi . Non smaniava più , non parlava ; pianto , non aveva mai . Il suo contegno con Franco era un contegno di pietà per l ' uomo che l ' amava e il cui affetto , la cui presenza le erano , malgrado lei stessa , indifferenti . Franco , sperando nell ' impiego di cui gli aveva tenuto parola il suo direttore , aveva parlato di portar seco la famiglia a Torino . Lo zio , poveretto , era disposto anche a questo sacrificio ma Luisa aveva detto chiaro che piuttosto di allontanarsi dalla sua figliuola finirebbe nel lago come lei . Franco , udita la proposta di partire senza Ismaele , si alzò e disse che andava a congedarsi da sua moglie . Nello stesso momento l ' avvocato udì un passo nella strada . « Silenzio ! » , diss ' egli . « È qui . » Franco uscì sulla terrazza . Qualcuno veniva infatti dalla parte di Albogasio . Franco attese che arrivasse sul sagrato e chiamò a mezza voce : « Ismaele ! » « Sono io » , rispose una voce che non era quella di Ismaele . « Sono il prefetto . Vengo su . » Il prefetto ? A quell ' ora ? Che poteva essere accaduto ? Franco andò in cucina ad accendere un lume e discese le scale in fretta . Passarono cinque minuti e gli amici non lo videro ricomparire . Capitò invece la moglie d ' Ismaele a dire che suo marito si sentiva male e non poteva muoversi . Parlò dal sagrato a Pedraglio che stava sulla terrazza . Quegli corse a chiamar Franco . Lo trovò sulle scale che saliva col prefetto . « La guida è ammalata » , diss ' egli , conoscendo il prete per un galantuomo . « Andiamo e non perdiamo tempo . » Franco gli rispose che subito non poteva venire e che lo precedessero . Come , non poteva venire ? No , non poteva . Fece passare il prefetto in sala , chiamò l ' avvocato , insistette con lui e con Pedraglio perché partissero subito . Era successa una cosa straordinaria , doveva parlarne a sua moglie , non poteva dire che risoluzione prenderebbe . Gli amici protestarono che mai non l ' avrebbero abbandonato . L ' allegro Pedraglio , uso a spendere oltre i desideri di suo padre , osservò che alla peggio a Josephstadt o a Kufstein si viveva più a buon mercato e più virtuosamente che a Torino e che ciò avrebbe consolato il suo « regiôr » . « No no ! » , esclamò Franco . « Andate , andate ! Prefetto , persuadili tu ! » Ed entrò nell ' alcova . « Partite ? » , gli disse Luisa con quella voce che pareva venire da un mondo lontano . «Addio.» Egli le si avvicinò , si chinò a baciar la calzettina che teneva in mano . « Luisa » , mormorò , « c ' è qui il prefetto della Caravina . » Ella non mostrò alcuna sorpresa . « La nonna lo ha fatto chiamare stanotte » , continuò Franco . « Gli ha detto di aver veduto la nostra Maria , luminosa come un angelo . » « Oh , che menzogna ! » , fece Luisa con una voce grossa di disprezzo , senz ' ira . « Come se fosse possibile che andasse da lei e non venisse da me ! » « Maria le ha toccato il cuore » , riprese Franco . « Ella ci domanda perdono , ha paura di morire , mi supplica di andar da lei , di portarle una parola di pace anche per te . » Neppure Franco credeva all ' Apparizione , scettico profondamente com ' era per tutto il soprannaturale non religioso , ma credeva che Maria , nella sua esistenza superiore , avesse già potuto operare un miracolo , toccar il cuore della nonna e ciò gli recava una commozione indicibile . Luisa restò di ghiaccio . Neppur s ' irritò , come Franco temeva , all ' idea di mandar un messaggio amorevole . « La nonna avrà paura dell ' inferno » , osservò con quella sua freddezza mortale . « L ' inferno non c ' è , tutto si riduce a un po ' di spavento , è una pena da niente , la subisca e poi muoia anche lei come si muore tutti e amen . » Franco intese che sarebbe stato inutile insistere . « Allora vado » , diss ' egli . Ella tacque . « Non credo che potrò ripassar da casa , nel ritorno » , riprese Franco . « Dovrò prendere la montagna . » Nessuna risposta . Il giovane disse sottovoce : « Luisa ! » . Rimprovero , dolore , passione : tutto questo era nel suo richiamo . Le mani di Luisa , che mai non avevano smesso il lavoro , si fermarono . Ella mormorò : « Non sento più niente . Sono un sasso » . Franco si sentì mancare , baciò sua moglie sui capelli , le disse addio , entrò nell ' alcova , s ' inginocchiò , abbracciò il lettuccio voto , pensò alla vocina del suo tesoro : « ancora un bacio , papà » , ebbe un assalto di pianto , si contenne , corse via precipitosamente . Gli amici lo attendevano in sala impazienti . Come partire se non conoscevan le strade ? L ' avvocato conosceva la strada di Boglia , sì , ma era da prendere , volendo sfuggire alle guardie ? Quando udirono che Franco intendeva andare a Cressogno rimasero sbalorditi . Pedraglio uscì dai gangheri , disse ch ' era un ' indegnità di piantar così gli amici nell ' imbarazzo . Il prefetto , udito come le cose stavano , s ' unì a Pedraglio , offerse di giustificare Franco , gli propose di scrivere due parole ch ' egli avrebbe portate a Cressogno . Ma Franco aveva l ' idea che la sua Maria volesse da lui questa cosa e non cedette . Gli venne in mente che il prefetto era pratico di tutti i sentieri come una lepre . « Va ' tu ! » , gli diss ' egli . « Accompagnali tu ! » Il prefetto stava per rispondere che forse la marchesa potrebbe aver bisogno di lui , quando l ' avvocato fece : « Zitto ! guardate » . Proprio davanti alla casa , dove l ' ombra del monte Bisgnago si profilava sull ' acqua ondulando , c ' era una barca ferma . Franco riconobbe la lancia delle guardie di finanza . « Scommetto che quei porci là ci fanno la guardia » , mormorò Pedraglio . « Temono che si scappi in barca . Almeno spiano ! » « Zitto ! » , fece ancora l ' avvocato affacciandosi alla finestra verso il sagrato . Tutti tacquero , trattenendo il respiro . « Fioeui ! » , disse V . scostandosi bruscamente dalla finestra : « Ghe semm ! » . Franco andò alla finestra , vide un uomo solo che veniva correndo , credette a un falso allarme ; ma l ' uomo , quel tale che portava il nomignolo di « légora fügada » , che vedeva e sapeva tutto , gli gittò , passando sotto la finestra , due parole : « La forza ! » . Si udirono in pari tempo i passi di molte persone . Franco esclamò « Con me ! anche tu , prefetto ! » . Si slanciò , seguito da tutti , nel cortiletto ch ' è tra la casa e il monte , raggiunse , passando per una legnaia , la scorciatoia che mette ad Albogasio Superiore . Faceva così scuro che nessuno si accorse di una guardia di finanza appostata con la carabina in pugno a due passi dall ' uscio della legnaia . Per fortuna la guardia , certo Filippini di Busto , era un galantuomo che mangiava a malincuore il pane austriaco per non averne potuto trovare altro . « Presto ! » , diss ' egli sottovoce . « Prendano i campi e poi la strada di Boglia ! Il sentiero sotto il faggio della Madonnina , a sinistra ! » Franco ringraziò quell ' uomo , si avventò con i compagni sul ripido sentiero che mette alla stradicciuola comunale di Albogasio Superiore . Giunti a mezza via , saltarono tutti a destra in un campo di granturco e stettero in ascolto . Udirono passi sulla scaletta che sale dal sagrato e poi sul sentiero dov ' era appostata la guardia . Evidentemente si voleva accertarsi che tutte le uscite fossero ben guardate . I quattro strisciarono subito via attraverso il granturco e giunti sotto lo scoglio che chiamano « Sass del Lori » , tennero consiglio . Avrebbero potuto prendere il sentiero che monta sulla strada di Albogasio proprio alla porta del giardino Pasotti , e poi arrampicarsi di campo in campo fino alla strada di Boglia . Ma il sentiero era difficile a trovare a quell ' ora ; temendo perdere troppo tempo , prescelsero di raggiungere una scaletta che da Albogasio Inferiore sale presso alla casa Puttini . Quindi , girando a destra la casa Puttini , avrebbero raggiunto in due salti la strada di Boglia . Faceva già un po ' meno scuro ; ciò era male per un verso ma era bene per cavarsela da quel labirinto di campicelli e di muricciuoli . Nessuno parlava . Il solo Pedraglio , qualche volta , inciampando in un sasso o pungendosi in una siepe , tirava una maledizione meneghina . Allora gli altri zittivano . Arrivarono sulla scaletta preceduti dal prefetto che saltava muri e siepi come uno scoiattolo . Quando furono tutti raccolti sulla scaletta , Franco si staccò dal gruppo . Per la strada di Boglia non avevano bisogno di lui , egli andava a Cressogno . Invano Pedraglio lo afferrò per le braccia , invano il prefetto lo supplicò di non esporsi a un arresto sicuro , magari all ' ergastolo . Egli credeva di obbedire alla voce di Maria , a un dovere di coscienza . Si strappò da Pedraglio e disparve su per la scaletta , non volendo andar a Cressogno per S . Mamette che sarebbe stato troppo pericoloso . « Avanti ! » , disse il prefetto . « Quello là è matto , pensiamo a noi . » Girando la casa del Puttini udirono gente che veniva loro incontro e ridiscesero . La porta di casa Puttini era aperta . Vi entrarono . La gente passò discorrendo . Erano contadini e uno diceva : « Dove diavol el va a st ' ora chì ? » . Ahimè , hanno incontrato e riconosciuto Franco . Se i gendarmi e le guardie si mettono alla caccia dei fuggitivi e s ' imbattono in quella gente , ecco che trovano una traccia . Sull ' alba si trova sempre gente . Stavolta s ' è potuta evitare ; un ' altra volta , forse , non si potrà ; un altro incontro può riescir fatale all ' avvocato e a Pedraglio come il primo riuscirà probabilmente fatale a Franco . « Bisognerebbe che vi travestiste da contadini » , dice il prefetto . All ' avvocato , che ha dell ' artista e del poeta e conosce bene il Puttini , viene un ' idea : pigliar gli abiti del sior Zacomo per il Pedraglio ch ' è piccolo anche lui , pigliar per sé un vestito della serva ch ' è grande e grossa , cacciar le spoglie proprie in una gerla , caricarsene le spalle e via per Boglia . Il primo deputato politico di Albogasio ha cento ragioni di andare nel bosco del Comune . Detto fatto salgon le scale e il prefetto , ch ' è pratico , va diritto a chiamare la Marianna . Costei non risponde ; la sua camera è vuota . Il prefetto indovina subito che la perfida servente è andata a S . Mamette per qualche negozio segreto , come quello dell ' olio . Ecco perché l ' uscio di strada era aperto ! Vanno in cucina , accendono due lumi , l ' avvocato ne piglia uno e si fa insegnare la camera del sior Zacomo . Intanto Pedraglio esplora la cucina con l ' altro lume , in cerca « de on quai diavol de bev » per pigliar fiato . Il sior Zacomo dormiva in una stanza d ' angolo oltre una sala che l ' avvocato attraversò in punta di piedi camminando tra mucchi di castagne , di noci , di nocciuole e di pere . Egli si accosta all ' uscio : è chiuso . Origlia : silenzio . Gira pian piano la maniglia e spinge . L ' infame uscio scricchiola , si ode un formidabile soffio e il sior Zacomo dice rabbiosamente : « Andé ! No seché ! Andé via ! » . L ' avvocato entrò senz ' altro . « Via , maledeta , digo ! » , gridò il sior Zacomo , rizzando sul guanciale la punta bianca del suo berretto da notte . Veduto l ' avvocato , si mise a gemere . « Oh Dio , oh Dio ! povareto mi , La me perdoni per carità , credeva che fosse la servente ! Avvocato distintissimo , in nome de Dio , cossa xe nato ? » « Gnente gnente , sior Zacomo » , fece l ' avvocato contraffacendolo molto lombardamente col suo imperturbabile umorismo . « Ghe xe qua , digo , ciò , el Commissario de Porlezza . » « Oh Dio ! » Il sior Zacomo fece atto di gettar le gambe fuori del letto . « Gnente , gnente , quieto quieto , soto soto . Andemo in Boglia , digo , ciò , per quel maledeto toro ! » « Oh Dio , cossa disela , che a sta stagion in Boglia no ghe xe tori ! Mi sudo tuto ! » « No fa gnente , andemo , digo , a veder el posto , ciò , dove ch ' el gera . Ma il signor Commissario » , continuò il beffardo avvocato lasciando un linguaggio che troppo lo imbarazzava , « Le proibisce assolutamente di venire con noi , per le sue buone ragioni . Le proibisce di uscire prima del nostro ritorno e anzi mi ha ordinato di portarle via gli abiti . » E si diede a raccogliere rapidamente gli abiti del sior Zacomo , gl ' intimò il silenzio in nome del Commissario , pigliò il cappellone a cilindro , arraffò la mazza di canna d ' India , ordinò al disgraziato di dare il chiavistello appena uscito lui e di non aprire a nessuno , di non parlare a nessuno prima del ritorno del Commissario e tutto in nome del signor Commissario . Poi , lasciatolo più morto che vivo , raggiunse i compagni che , fruga qua e fruga là , avevano scovato un lurido vestito della Marianna , un fazzolettone rosso , una gerla e una bottiglia di anesone triduo . « Accidenti ! » , fece l ' avvocato , quando vide la roba immonda che doveva mettere . Il suo travestimento andava veramente male , la sottana era corta , il fazzolettone non gli nascondeva abbastanza la faccia , ma non c ' era tempo di far meglio . Invece il Pedraglio , cappellone in testa e canna d ' India in mano , riescì un sior Zacomo perfetto . L ' avvocato gli fece prendere sotto l ' ascella uno scartafaccio che trovò in cucina , gl ' insegnò come doveva camminare e soffiare . Prese per ultimo le chiavi della cantina , due chiavi enormi , ne diede una al Pedraglio e una ne mise in tasca per due possibili pugni , uno in chiave di violino , disse , e l ' altro in chiave di basso . E così uscirono , il prefetto davanti , poi il finto sior Zacomo che soffiava come una macchina a vapore , poi la finta Marianna con la gerla . Appena furono in istrada ecco spuntar la Marianna vera di ritorno da San Mamette con un fiasco vuoto . Vista , tra il fosco e il chiaro , la tuba del padrone , diede volta e via a gambe . « Brutta ladra » , fece il prefetto . « Benone . Il travestimento va benone . » In cinque minuti furono sulla strada di Boglia . Il prefetto ridiscese , udì persone che salivano da Albogasio Superiore discorrendo di gendarmi e di guardie , andò loro incontro , domandò che ci fosse di nuovo . Una bagatella . Polizia , gendarmi , soldati a casa Ribera per arrestare don Franco Maironi e pare anche l ' avvocato V . , perché sapevano che ci doveva essere e hanno molto domandato di lui . Non hanno trovato né l ' uno né l ' altro benché le guardie di finanza sieno state di piantone intorno alla casa fin dalla mezzanotte . Adesso la Polizia perquisisce tutte le case di Oria ritenendo che i due sieno scappati per il tetto . Mentre si danno queste informazioni al prefetto , ecco un ragazzo venir di corsa dalla parte di Albogasio Superiore . Lo fermano . « I gendarmi ! » , dice . « I gendarmi ! » È pallido come un cencio lavato e scappa senza saper perché , non gli si può cavare dove questi gendarmi sieno . Arriva una donna che si spiega meglio . Quattro guardie di finanza e quattro gendarmi sono passati in questo punto dalla piazza di Albogasio Superiore . Pare che don Franco sia stato veduto sulla strada di Castello . Due gendarmi e due guardie hanno preso la strada di Boglia . Il prefetto rabbrividisce . « Già » , dice qualcuno . « La strada di Boglia per tagliargli il passo . » Questa è la speranza del prefetto , che gendarmi e guardie abbiano di mira il solo Franco . Egli è tanto smilzo , tanto alto : né il finto Puttini né la finta Marianna possono dar sospetto di esser lui . Il loro destino è ormai fuori delle sue mani mentre per Franco egli può far molto ancora . Si incammina verso Cressogno , confidando che a Cressogno Franco arriverà sano e salvo se i gendarmi non ne trovano nuove tracce , perché lo cercheranno su tutti i sentieri che da Castello menano al confine e non mai sulla via di Cressogno . Pedraglio e l ' avvocato fecero il primo tratto di strada , da Albogasio alle stalle di Püs , strisciando su per la ripidissima erta come gatti , a passi lunghi e cauti . L ' avvocato camminava in silenzio , l ' altro malediceva continuamente , sottovoce , il suo vestiario , « el loder d ' on cappel » che gl ' invischiava la fronte d ' unto ; « el boia d ' un marsinon » che gli puzzava di troppi sudori antichi . Sino a Püs non incontrarono anima nata . A Püs una vecchia uscì tra le stalle un momento dopo ch ' eran passati , disse stupefatta : « Sü per de chì , scior Giacom ? A st ' ora ? » . L ' avvocato mormorò : « Boffa ! » , e l ' altro si mise a soffiar « apff ! apff ! » come un mantice . « Se perd el fiaa per sti strad chì , cara lü » , disse la vecchia . Non incontrarono più nessuno fino alla Sostra . La Sostra è una stalla a mezza montagna , circa , con un fienile , un portico e una cisterna , alquanto in disparte dalla strada . Quella strada è la più dannata che sia in Valsolda , farebbe cacciar la lingua a uno stambecco . Pedraglio e l ' avvocato , trafelati , grondanti di sudore , entrarono un momento alla Sostra . Anche lì silenzio e deserto . A quella altezza si respirava già un ' aria diversa . E come tutte le cime all ' intorno erano abbassate ! E come il lago , giù nel profondo , pareva diventato un fiume ! L ' avvocato guardava su amorosamente alla prima cresta del Boglia dove cominciava il gran bosco dei faggi ; un ' altra mezz ' ora di arrampicata . « Andiamo » , diss ' egli . Ma Pedraglio che aveva nelle gambe la memoria dell ' altra gran corsa da Loveno ad Oria per il Passo Stretto , chiese di sostare un altro poco e si mise tranquillamente a sfogliar lo scartafaccio del Puttini , un poema fratesco , inedito , d ' un anonimo cremonese del secolo decimosettimo . « Andiamo ! » , ripeté il suo compagno dopo un paio di minuti , e si alzava già quando udì venir gente . Ebbe appena il tempo di dire « attento ! » e di voltar le spalle per non lasciarsi vedere in viso . Pedraglio , pur ficcando il naso nello scartafaccio , vide spuntar sulla strada prima due guardie di finanza e poi due gendarmi . Avvertì l ' amico sottovoce , non batté palpebra . Le due guardie si fermarono . Una di loro salutò : « Riverito , signor Puttini » , e disse ai gendarmi : « È il primo deputato politico di Albogasio » . I gendarmi salutarono pure , Pedraglio si levò il cappello , alzando un poco lo scartafaccio . Le guardie volevano fare un po ' di fermata ma un gendarme intimò loro di proseguire e quando vide incamminata la compagnia venne alla Sostra egli stesso . Era di Ampezzo e parlava italiano benissimo . « Tu , cane , non mi conosci , spero » , pensò Pedraglio con una torbida coscienza della sua doppia personalità . « Lascia fare a me . » « Signor deputato politico » , disse colui , « avrebbe veduto stamattina il signor Maironi di Oria ? » « Io ? Mai più . Il signor Maironi dorme , a quest 'ora.» « E Lei dove va ? » « Vado lì su quel monte , su quel dannato Boglia lì . Vado su per l ' affar del toro comunale . » « Bestia » , pensò l ' avvocato . « Comunale me lo fa diventare ! » Ma passò felicemente anche il toro comunale . Il gendarme , un muso da mastino , squadrò bene il suo interlocutore in viso . « Lei è deputato politico » , diss ' egli insolentemente , « e porta quella roba sul viso ? » Pedraglio si prese istintivamente il suo piccolo sottile pizzo nero , barba reproba da liberale . « Taglieremo , taglieremo » , diss ' egli con serietà comica . « Sì signore . Va sul Boglia anche Lei ? » Il gendarme se n ' andò duro duro senza rispondergli , senza udire su quale ignominioso patibolo il deputato politico lo mandava . I due si rallegrarono a vicenda di averla scampata bella ma riconobbero che il giuoco si era fatto molto serio . Adesso bisognava contare con le guardie che conoscevano bene il Puttini , e saperne stare a distanza . E se quel mastino di gendarme parlasse della barba ? « Su su » , fece l ' avvocato , « teniamo loro dietro e se li vediamo o li udiamo tornar giù , gambe in spalla e via a sinistra verso il confine . » Partito disperato , quest ' ultimo , perché non conoscevano il terreno , certo familiare alle guardie . Il mastino dovette sudare e ansar troppo dietro ai suoi compagni per aver poi voglia di parlar di barbe , Pedraglio e l ' avvocato , salendo adagio , videro il nemico guadagnar la cresta del monte al faggio della Madonnina , fermarvisi alquanto e sparire . Il gran faggio antico che portava nel tronco una immagine della Madonna e che cedette , morendo , quest ' onore a una cappelletta , era come la sentinella del gran bosco di Boglia , il soldato posto in una insellatura della cresta a spiar il pendio precipitoso , il lago , i clivi di Valsolda . Il venerabile esercito di faggi colossali stava tutto raccolto in un ' altra conca silenziosa fra l ' erta della Colmaregia , i facili Dorsi della Nave , le radici rocciose dei Denti di Vecchia o Canne d ' Organo e l ' altra sella del Pian Biscagno fra la Colmaregia e il Sasso Grande , fronteggiante le profondità della Val Colla da Lugano a Cadro . Una lista scoperta , erbosa , correva fra il faggio della Madonnina e il bosco , sull ' orlo della cresta . I due fuggiaschi pensarono ai casi loro . Quale partito prendere ? Cercar il sentiero sotto il faggio di cui aveva parlato la guardia salvatrice , o entrar nel bosco ? No , entrar nel bosco non conveniva , con quella selvaggina che vi era entrata prima . Nel bosco avrebbero trovato un palmo di foglie secche . Era impossibile passarvi senza farsi correre addosso tutti i segugi che vi si aggiravano ; e da vicino il travestimento non poteva servire . Prender il sentiero ? Ce n ' era più d ' uno , sotto il faggio ; qual era il buono ? Pedraglio maledisse Franco che non era venuto con loro . Invece l ' avvocato studiava la Colmaregia che si poteva salire senza entrare nel bosco . Egli era stato due volte sulla Colmaregia , il superbo , sottile vertice erboso del Boglia , tagliato per metà dalla linea di confine ; sapeva ch ' era possibile scendere di lassù al villaggio svizzero di Brè e risolse di tentar quella via . Sulla cresta che ascende dal faggio della Madonnina verso la Colmaregia non si vedeva nessuno . La punta era avvolta nelle nuvole . Pochi passi sotto il faggio i due furono colti da un ' ondata di nebbia che venuta su per un versante si riversava rapidamente per l ' altro , una nebbia fredda e densa , un « Dio fece » disse V . Non si vedeva niente a cinque passi . Così avvenne che , presso al faggio , Pedraglio andò quasi a urtare una guardia di finanza . Era uno dei quattro e aveva la consegna di sorvegliare la lista scoperta fra la cresta del monte e il bosco . Visto l ' ometto dal cappellone , fece : « In Boglia , signor ... ? » . L ' avvocato si sbarazzò immediatamente della gerla . Infatti la guardia non compié la frase , restò un momento a bocca aperta , poi esclamò : « Come ? » . L ' avvocato non aspettò altro . « Così » , diss ' egli placidamente ; e raccoltisi sul petto i due pugni in uno ne menò a colui nello stomaco una terribile puntata che lo buttò sul prato a gambe all ' aria . Pedraglio gli saltò subito addosso , gli strappò la carabina . « Se gridi , cane , ti brucio » , diss ' egli . Ma che gridare ? Con un pugno di V . nello stomaco non c ' era , per un quarto d ' ora , neanche da tirare il fiato . Infatti l ' uomo pareva morto e ci volle del buono perché arrivasse a gemer sottovoce « ahi ahi ! » . « L ' è nient , l ' è nient » , gli diceva V . con la solita flemma canzonatoria . « Sono scosse che fanno bene . Vedrà . Lü adess el se drizza in pee ben polito e viene con noi in Colmaregia . Vedrà come va bene . Non ho adoperato questo a posta . » E gli mostrò la chiave . « Oh che pugno ! » , gemeva la guardia . « Oh che razza di pugno ! » « La salita è un po ' maledetta » , riprese l ' avvocato pigliando la carabina dalle mani di Pedraglio . « Ma noi le terremo su , con licenza , il di dietro con questo affare qui . A questa maniera si va su che l ' è un piacere . Poi Lei viene giù con noi a Brè . La carabina gliela portiamo noi . Lei , per compenso , ci porta una piccola gerla . Parli polito ? Andemm , marsch ! » Il disgraziato non riusciva a mettersi in piedi e non si poteva certo lasciarlo lì a rischio che poi si mettesse a chiamar aiuto . « Mincion ! » , fece Pedraglio . « Ghet daa tropp fort ! » V . rispose che gli aveva dato un pugno da donna , restituì la carabina all ' amico e ghermita la guardia per il colletto dell ' uniforme , la tirò in piedi , le fece imbracciare la gerla . « Andem , lizòn » , diss ' egli . « Poltronaccio , andiamo ! » Su tra il nebbione freddo e denso , su , su . L ' erta è ripidissima , si dura fatica a piantar la punta del piede fra i ciuffi dell ' erba molle , si sdrucciola , si lavora di piedi e di mani , ma fa niente , su , su , per la libertà . Su tra il nebbione , invisibili come spiriti , prima la finta Marianna , poi la guardia che soffia e geme sotto il peso della gerla , poi il finto sior Zacomo che le promette le belle viste e la urta con la carabina . La carabina fa miracoli . In mezz ' ora i tre raggiungono la cresta che scende verso Bré , pochi passi sotto il cocuzzolo . Allora siedono sull ' erba e giù , e giù a precipizio , scivoloni . Si mette a piovere , la nebbia si dirada , ecco in fondo , tra i piedi , il rosso dei boschi cedui . Primo vi arriva di volo il venerabile cappellone del sior Zacomo scaraventato abbasso da Pedraglio con un « viva l ' Italia ! » mentre scivola a braccetto della guardia . A Bré Pedraglio fece correre tutto il paese sparando a festa la carabina , distribuì anesone triduo agli uomini e mezz ' once alle ragazze , domandò al curato di poter appendere in chiesa il « marsinon » per grazia ricevuta , si attavolò a mangiare con la guardia , gli fece predicar dal prete il perdono dei pugni nello stomaco e gli diede lettura di una stanza del poema fratesco che finiva così : A questo punto il Padre Lanternone Disse : ho mutato ancor io opinione . Gli dimostrò che se aveva mutato un Padre Lanternone poteva mutar anche lui e lo persuase a disertare , gli fece buttar via l ' uniforme e indossare il « marsinon » fra le risate e gli applausi . Il solo che non rideva era l ' avvocato . « E quel povero Maironi ? » , diss ' egli . Franco non attraversò Castello . Giunto alla cappelletta di Rovajà , saltò giù per il sentiero che mena alla fontana di Caslano , raggiunse la stradicciuola di Casarico , si mise a salir per quella e all ' ultima svolta che fa sotto Castello , dove appare la chiesa di Puria sotto un anfiteatro di dirupi , si gittò a destra nella valle per un sentiero da capre , ne risalì sotto la chiesa di Loggio e giunse a Villa Maironi senz ' aver incontrato nessuno . Carlo , il vecchio servitore che gli aperse , tramortì , quasi , dalla commozione e gli baciò le mani . In quel momento c ' era il medico . Franco decise di attender che uscisse e intanto confidò al vecchio fedele che aveva i gendarmi alle calcagna . Il dottor Aliprandi uscì presto e Franco , sapendolo patriota , si confidò anche a lui , poiché gli occorreva mostrarsi , informarsi dello stato della nonna . L ' Aliprandi era stato chiamato nella notte ed era venuto dopo la partenza del prefetto per Oria , aveva trovato dell ' agitazione nervosa , una terribile paura di morire ma nessuna malattia . Adesso la marchesa pareva tranquilla . Franco si fece annunciare e fu introdotto dalla cameriera che lo guardò con ossequiosa curiosità e uscì dalla camera . Le imposte socchiuse della camera dove la marchesa giaceva a letto lasciavano entrare due sole oblique lame di luce grigia che non giungevano alla faccia supina sul guanciale . Franco , entrando , non la vide , udì solo la nota voce dormigliosa : « Sei qui , Franco ? » « Sì , addio nonna » , diss ' egli e si chinò a darle un bacio . La maschera di cera non era scomposta ; lo sguardo aveva però qualche cosa di vago e di scuro che pareva insieme desiderio e sgomento . « Muoio , sai , Franco » , disse la marchesa . Franco protestò , riferì ciò che gli aveva detto il medico . La nonna lo ascoltava fissandolo avidamente , cercando di leggergli negli occhi se il medico gli avesse proprio detto così . Poi rispose : « Non fa niente . Son pronta » . Dalla nuova espressione dello sguardo e della voce , Franco intese perfettamente che la nonna era pronta a vivere altri vent ' anni . « Mi rincresce della tua disgrazia » , diss ' ella , « e ti perdono tutto . » Non eran parole di perdono che Franco si aspettava da lei . Egli credeva esser venuto a portarlo il perdono , e non a riceverlo . Confortata , rassicurata , la marchesa di ogni giorno ricompariva poco a poco sotto la marchesa di un ' ora . Voleva bene acquistar la pace ma come un sordido avaro tentato da qualche cupidigia , che spremendosi dolorosamente dal pugno il prezzo del suo piacere cerca trattenersene fra le unghie quanto può . In altri momenti Franco avrebbe scattato , avrebbe respinto sdegnosamente quel perdono ; ora , con la dolce Maria nel cuore , non poteva essere così . Aveva però notato che la nonna si era rivolta , col suo perdono , a lui solo . Questo no , non glielo poteva permettere . « Mia moglie , lo zio di mia moglie ed io abbiamo sofferto molto » , diss ' egli , « prima dell ' ultima sventura ; e adesso abbiamo perduto tutta la nostra consolazione . Lo zio Ribera lo metto fuori di causa ; davanti a lui bisogna che ci inchiniamo , tu , io , tutti ; ma se mia moglie ed io abbiamo delle colpe verso di te , perdoniamoci a vicenda . » Era un boccone amaro ; la marchesa lo trangugiò e tacque . Benché non vedesse più la morte al suo capezzale aveva però nel cuore lo sgomento dell ' Apparizione e di certe parole del prefetto che l ' aveva confessata . « Farò testamento » , diss ' ella , « e desidero che tu sappia che tutta la roba Maironi sarà per te . » Ah marchesa , marchesa ! Misera , gelida creatura ! Credeva ella di aver comperato la pace con questo ? Qui veramente aveva sbagliato anche il prefetto perché il consiglio di far questa dichiarazione al nipote gliel ' aveva dato egli , buon galantuomo ma privo di tatto , incapace di comprendere l ' alto animo di Franco . A Franco l ' idea che si potesse credere esser egli venuto per interesse , riuscì intollerabile . « No no » , esclamò fremendo tutto e temendo del proprio sangue focoso , « no no , non mi lasciar niente ! Basta che tu faccia pagare i miei interessi a Oria . La roba Maironi , nonna , lasciala all ' Ospitale Maggiore . Ho paura che i miei vecchi abbiano sbagliato a tenerla ! » La nonna non ebbe tempo di rispondere perché fu picchiato all ' uscio . Entro il prefetto e fece che Franco pigliasse congedo per non stancare l ' ammalata . « Bisogna sbrigarsi ! » , diss ' egli , fuori . « Qui hai fatto più che il tuo dovere . Lo sanno in troppi , oramai , che sei qui e i gendarmi possono capitare da un momento all ' altro . Ho combinato tutto coll ' Aliprandi . L ' Aliprandi suppone che per la marchesa ci sia bisogno di un consulto , piglia la gondola di casa e va a Lugano per cercar un medico . I due barcaiuoli sarete Carlo e tu . Piove . Ci sono i mantelli di tela incerata col cappuccio . Mettete quelli e tu sta a poppa . Adesso ti tagliamo il pizzo ; col cappuccio in testa sfido a riconoscerti . Sei sicuro . Forse non vi faranno neanche approdare alla Ricevitoria . A ogni modo non ti riconosceranno . Se c ' è da parlare , parla Carlino . » L ' idea era buona . La gondola della marchesa era sempre guardata dagli agenti dell ' Austria con grande rispetto come se portasse un uovo dell ' aquila dalle due teste ; anche quando ritornava da Lugano non si faceva approdare alla Ricevitoria che pro forma . La gondola uscì dalla darsena dopo le otto . Le nebbie delle alte cime erano calate sul lago e pioveva . Triste triste giorno , triste triste viaggio ! Né Franco , né il domestico , né l ' Aliprandi parlarono mai . Passarono San Mamette e Casarico . Ecco tra i vapori , oltre gli ulivi di Mainè , le bianche mura della dimora di Ombretta . Gli occhi di Franco si riempirono di lagrime . « No , cara » , egli pensa , « no , amore , no , vita , tu non sei là dentro e sia benedetto il Signore , che mi dice di non credere questa cosa orribile ! » Poche remate ancora ed ecco la casetta del tempo felice , delle ore amare , della sventura ; la finestra della stanza dove Luisa si perde in un dolore tenebroso , la loggia dove passerà quind ' innanzi solo le sue giornate il vecchio zio Piero , l ' uomo giusto che discende silenziosamente , tribolato e stanco , verso la tomba . Franco vorrebbe pur sapere cosa è successo dopo la sua partenza , se lo zio , se Luisa hanno avuto molestie dalla Polizia . Guarda , guarda , non vede persona viva né sulla terrazza né in giardinetto né alle finestre della loggia ; tutto è silenzioso , tutto è tranquillo . Cessa di remare , vorrebbe vedere qualche segno di vita . Il dottor Aliprandi apre lo sportello di poppa del felze e lo supplica di remare , di non tradirsi . In quel momento la Leu si affaccia alla ringhiera del giardinetto con un vassoio in mano , guarda la gondola , entra in loggia . Dunque lo zio Piero è in loggia , quello è il solito bicchier di latte che gli portano , nulla dev ' essere successo . Franco torna a remare e il dottor Aliprandi chiude lo sportello . Passa il giardinetto , passano le case di Oria , la gondola piega all ' approdo della Ricevitoria . Il Biancòn , che sta pescando alle tinche , con l ' ombrello , vede la gondola , abbandona le sue lenze , e viene ad ossequiare la marchesa . Ma trova invece il dottor Aliprandi il quale lo turba tanto con le cattive notizie della dama ch ' egli sente il bisogno di chiamare anche la sua Peppina e di parteciparle la cosa ; e la Peppina , poveretta , recita sotto l ' ombrello del suo Carlascia una piccola commedia d ' intenerimento . Marito e moglie eccitano l ' Aliprandi a far presto , a ritornar presto . Il bestione gli permette di filar dritto , al ritorno , da Gandria a Cressogno e il dottore si volta a Franco , dice : « Andiamo ! » . Franco ha assistito impassibile al colloquio , con le mani sul remo , sperando apprender qualche cosa de ' suoi amici e di casa sua ; ma nessuno ha fiatato di Polizia né d ' arresti né di fughe come se casa Ribera fosse nella China . La gondola indietreggia lentamente dall ' approdo , gira la prora verso Gandria , si allontana , sfuma oltre il confine , nella nebbia . Alla riva di Lugano il dottor Aliprandi aperse lo sportello e fece entrare Franco . Si conoscevano poco ma si abbracciarono come fratelli . « Quando verrà l ' ora delle cannonate » , disse l ' Aliprandi , « ci sarò anch 'io.» Convennero di congedarsi lì e che Franco uscisse prima , solo , perché Lugano era piena di spie e il dottore doveva pure usare certi riguardi . Il dottore non aveva fretta , del resto ; gli premeva più di trovar un barcaiuolo che un medico . Franco si tirò il cappuccio sugli occhi e scese a terra , andò all ' albergo della Corona . Alcune ore più tardi , quando la gondola era ripartita , egli usci in cerca di valsoldesi per avere notizie , si avviò alla farmacia Fontana e incontrò sotto i portici i suoi amici che uscivano appunto dalla farmacia insieme a un vecchio . Gli saltarono al collo , piansero di commozione . Erano andati anche loro a cercar notizie . Alla farmacia si diceva che Franco fosse stato arrestato . Che gioia di trovarlo e che gioia di sentirsi terra libera sotto i piedi ! Mi sia permesso di ricordare il vecchio che accompagnava Pedraglio e l ' avvocato , bizzarra figura del piccolo mondo antico luganese , artista e degno che un altro artista , passandogli così vicino , gli renda onore . Egli era un tal Sartorio , pittore , poeta e suonatore di chitarra , che a quei tempi si vedeva spesso balenar qua e là per le oscure vie di Lugano con la sua bella barba bianca , con il suo cappello bianco tirato sull ' occhio destro , con il suo nobile abito nero e il fiore all ' occhiello . Poverissimo ma pulitissimo , cavaliere con le dame e con le pedine , pronto sempre a un ' anacreontica e a una chitarrinata , adoratore della propria città , egli viveva di pane , formaggio e acqua , fiutava e rincorreva i forestieri per far loro gli onori di Lugano , era sempre pieno di queste faccende , sempre in moto fra Villa Ciani , l ' Hôtel du Parc e Villa Chialiva . L ' Hôtel du Parc era per lui l ' ottava meraviglia del mondo . Aveva aiutato a inaugurarlo e se ne compiaceva assai , godeva particolarmente citare , col suo classico accento luganese , la strimpellata e la lirica ispirategli dalla sala da pranzo : « ca l ' è poeu quand ca ga disi : Le trombe squillano Nel gran salone , Ai suoni accordisi Questa canzone . Ora egli si era spontaneamente accompagnato a Pedraglio e a V . che gli avevan narrata la loro fuga . Li aveva condotti lui alla farmacia Fontana per cercarvi notizie di Franco . « Come ? » , diss ' egli dopo l ' incontro . « È questo il Loro amico ? Sfuggito anche lui agli artigli dell ' aquila rapace di Asburgo ? Benissimo ! Benissimo ! Ho fatto anni sono , per altri lombardi fuggiti qua dopo la rivoluzione di Vall ' Intelvi , un ' ode ca l ' era minga mal . Ho descritto , neh , la loro fuga per la Val Mara , la calata a Maroggia , l ' arrivo a Lugano , ca l ' è poeu quand ca ga disi : O baldi figli di Lombardia , V ' apre le braccia Lugano mia . È una cosetta che va benissimo anche per Loro . Adesso corro a prender la chitarra e poi gliela faccio sentire all 'albergo.» « Madonna ! » , fece Pedraglio . PARTE TERZA 1 . Il savio parla Non una ma tre primavere erano passate dopo quell ' autunno del 1855 senza la fioritura d ' armi e di stendardi che gl ' italiani aspettavano sulle rive del Ticino . Nel febbraio del 1859 si era sicuri che non sarebbe passata così la quarta . Grandi avvenimenti , annunciati debitamente da una splendida cometa , erano in cammino . Correvano nelle viscere del mondo antico fremiti e scricchiolii sordi , come nelle viscere d ' un fiume gelato alla vigilia dello sgelo . Il freddo mortale , il silenzio pauroso di dieci anni erano per passare portati via in un fragor d ' urti e di rovine da correnti nuove , calde , brillanti . Il Carlascia faceva lo spaccone e parlava alle sue guardie , che tacevano , di una prossima passeggiata militare a Torino . Il signor Giacomo Puttini non s ' era più riavuto bene dal colpo di quella mattina , dal tradimento dell ' avvocato , dalla fine tragica del cappellone e dalla fine comica del « marsinon » , aveva perduto ogni stima per i patrioti . Appunto nel febbraio del '59 il Paolin , tedescone , gli parlava alla farmacia di S . Mamette delle pazze speranze dei liberali . « No , signor Paolo riveritissimo » , gli disse l ' ometto . « Mi son nato soto San Marco , gran santo ; go visto i franzesi , bona zente ; adesso vedo i tedeschi , lassemo star , podaria vederghene anca dei altri ma i birbanti , La me creda , i birbanti no pol trionfar . » Il dottor Aliprandi era già in Piemonte . Un vecchio sott ' ufficiale di Napoleone che abitava a Puria si rimetteva segretamente in ordine l ' uniforme con l ' idea di presentarsi all ' imperatore dei francesi quando venisse in Italia . Il curato di Castello , Introini , quando incontrava don Giuseppe Costabarbieri , gli ricordava la canzone del 1796 che don Giuseppe aveva tirata fuori nel 1848 e poi nascosta da capo : Stare nostre crante ulane Qua fenute d ' Ungheria , Ma franzose crante ... ! Fato tuti scappar fia ! E don Giuseppe , tutto spaventato : « Citto , citto , citto ! » Intanto sui pendii di Valsolda fiorivano pacificamente le viole come se nulla fosse . La sera del venti febbraio Luisa ne portò un mazzolino in Camposanto . Ella vestiva ancora a lutto , era terrea , macilenta , aveva gli occhi più grandi e molti fili d ' argento in testa . Pareva che dal giorno della sua sventura fossero passati vent ' anni . Uscita dal Camposanto si avviò verso Albogasio e si accompagnò ad alcune donne di Oria che andavano a dire il rosario alla parrocchia . Non pareva più lo spettro cupo che aveva posato le viole sopra la fossa di Maria . Parlò serena , ilare quasi , con l ' una e con l ' altra , domandò di una bestia malata , accarezzò e lodò una bambina che andava al rosario con la nonna , le raccomandò di stare tranquilla in chiesa come sempre vi stava la sua Maria . Disse questo e nominò Maria quietamente , mentre quelle donne rabbrividivano e anche stupivano perché adesso Luisa non andava in chiesa mai . Domandò a una ragazza se i giovanotti pensassero , come al solito , di recitare , se recitasse anche suo fratello ; udito che sì , offerse aiuto per i costumi . Si accomiatò sul sagrato dell ' Annunciata e nello scender soletta la Calcinera riprese il viso di spettro . Andava a Casarico , dai Gilardoni , sposi da tre anni . La felicità del professore , la sua adorazione per Ester vorrebbero un poema . Lo zio Piero diceva di lui ch ' era diventato ebete . Ester temeva che diventasse ridicolo e non gli permetteva , quando c ' era gente , di prender davanti a lei certe pose estatiche . La sola persona per la quale non valesse questa proibizione era Luisa . Ma di Luisa il Gilardoni aveva un certo riguardo ; ella era sempre per lui un essere sovrumano ; al rispetto per la persona s ' era aggiunto il rispetto per il dolore e in presenza di lei egli teneva sempre un contegno riguardoso . Da due anni , circa , Luisa andava a casa Gilardoni quasi ogni sera e , se qualche cosa poteva turbare la pace degli sposi , erano queste visite . Esse avevano infatti un motivo strano e antipatico a Ester ; ma Ester aveva un tale affetto per l ' amica sua , una tale pietà della sua sventura e si sentiva fitto nel cuore un tal rammarico di non aver fatto più attenzione a Maria nel giorno terribile , che non osava opporsi risolutamente ai desideri di lei né distogliere suo marito dall ' accondiscendervi . Espresse a Luisa la sua disapprovazione , la pregò di volere almeno tener segreto ciò che faceva di sera nello studio del professore ; non andò più oltre . Il professore , invece , sarebbe stato felice di questi convegni ma soffriva del dispiacere di Ester . Era già notte quando Luisa suonò alla porticina di casa Gilardoni . Fu Ester che le aperse . Luisa non rispose al suo saluto che le parve imbarazzato , la guardò soltanto e quando fu nel salottino terreno dove Ester soleva passar le sue serate , l ' abbracciò tanto appassionatamente che l ' altra si mise a piangere . « Abbi pazienza » , le disse Luisa . « Non mi resta che questo » . Ester si provò a confortarla , a dirle che si avvicinava per lei un tempo migliore , la riunione con suo marito . Fra pochi mesi la Lombardia sarebbe libera , Franco ritornerebbe a casa . E allora ... allora ... Potrebbero succedere tante cose ... Potrebbe ritornare anche Maria ! Luisa diede un balzo , le afferrò le mani . « No ! » , diss ' ella . « Non dire questa cosa ! Mai ! mai ! Son tutta sua ! Son tutta di Maria ! » Ester non poté replicare perché , frettoloso e sorridente , entrò il professore . Egli vide che sua moglie aveva gli occhi bagnati di lagrime e che Luisa pareva sovreccitata . Salutò mogio mogio e sedette in silenzio accanto a Ester , immaginando che avessero parlato del solito argomento spiacevole a sua moglie . Questa avrebbe voluto mandarlo via , riprendere il discorso con Luisa , ma non osò farlo . Luisa fremeva contro quella immagine di futuro pericolo che di quando in quando le si era affacciata confusamente all ' anima , che aveva sempre cacciata con orrore prima di considerarla , e che ora , per le parole dell ' amica sua , le risorgeva davanti scoperta e netta . Dopo un lungo , penoso silenzio , Ester sospirò e le disse sottovoce : « Va ' pure , sai . Andate pure » . Luisa ebbe un impeto di gratitudine , s ' inginocchiò davanti all ' amica sua , le posò il capo in grembo . « Sai » , diss ' ella , « io non credo più in Dio . Prima credevo che ci fosse un Dio cattivo , adesso non credo più che esista ; ma se vi fosse il Dio buono nel quale credi tu , non potrebbe condannare una madre che ha perduto la sua unica figliuola e cerca persuadersi che una parte di lei vive ancora ! » Ester non rispose . Quasi ogni sera , da due anni , suo marito e Luisa evocavano la bambina morta . Il professore Gilardoni , strano miscuglio di libero pensatore e di mistico , aveva letto con moltissimo interesse le cose meravigliose che si raccontavano delle sorelle americane Fox , degli esperimenti di Eliphas Levi , aveva seguito il movimento spiritista propagatosi rapidamente in Europa come una mania che prendeva le teste e le tavole . Ne aveva parlato a Luisa , e Luisa , invasa , acciecata dall ' idea di poter sapere se la sua bambina esistesse ancora e , posto che esistesse , di aver qualche comunicazione con lei , non vedendo altro in tutto il meraviglioso dei fatti e lo strano delle teorie che questo punto lucente , lo aveva supplicato di tentar qualche esperimento con Ester e con lei . Ester non credeva in fatto di soprannaturale che alla dottrina cristiana . Non pigliò quindi la cosa sul serio e acconsentì subito a posar le mani sopra un tavolino insieme all ' amica e al marito , il quale , dal canto suo , mostrava un gran zelo , una gran fede di riuscire . I primi esperimenti non riuscirono . Ester , molto annoiata , avrebbe voluto che si rinunciasse a continuare ; ma una sera il tavolino , dopo venti minuti di aspettazione , si chinò lentamente da un lato alzando un piede in aria , si riabbassò , tornò ad alzarsi , con grande sgomento di Ester , con gran gioia del professore e di Luisa . La sera dopo bastarono cinque minuti a farlo muovere . Il professore gl ' insegnò l ' alfabeto e tentò un ' evocazione . Il tavolino rispose battendo il piede a terra secondo l ' alfabeto suggeritogli . Lo spirito evocato diede il suo nome : Van Helmont . Ester tremava di paura come una foglia , il professore tremava di commozione , voleva far sapere a Van Helmont che aveva in biblioteca le sue opere , ma Luisa lo scongiurò di chiedergli dove fosse Maria . Van Helmont rispose : « Vicina » . Allora Ester , pallida come un cadavere , si alzò protestando che non voleva continuare . Né le suppliche né le lagrime di Luisa valsero a persuaderla . Era peccato , era peccato ! Ester non aveva un sentimento religioso profondo , ma paura del diavolo e dell ' inferno sì , molto . Per parecchio tempo non fu possibile ricominciare le sedute . Ella ne aveva orrore e suo marito non osava contraddirla . Fu Luisa che a forza di scongiuri ottenne una transazione . Le sedute ricominciarono ma Ester non vi prese parte più . Non volle neanche sapere cosa vi accadesse . Solamente , quando vedeva sua marito preoccupato , distratto , gli gittava un ' allusione crucciosa alle pratiche segrete dello studio . Allora egli si affliggeva , offriva di desistere , ed era Ester che si sentiva debole di fronte a Luisa . Poiché , indirettamente , aveva capito che Luisa credeva di comunicare con lo spirito della bambina . Ella le aveva detto una volta : « Domani sera non vengo perché Maria non vuole » . E un ' altra volta : « Vado a Looch perché Maria vuole un fiore dalla Nonna » . A Ester pareva incredibile che una testa lucida e forte come quella si smarrisse così . Comprendeva in pari tempo la difficoltà immensa di persuaderla con le buone e la crudeltà di opporsele con le cattive . Il professore accese una candela e salì , seguito da Luisa , nello studio . Noi conosciamo lo studiolo simile a una cabina di bastimento , con gli scaffali pieni di libri , il caminetto , la finestra che guarda il lago , la poltrona dove Maria s ' era addormentata la notte di Natale . Adesso v ' era di più , fra il caminetto e la finestra , un piccolo tavolino rotondo con un sol piede tripartito a un palmo da terra . « Mi rincresce molto » , disse il Gilardoni , entrando , « di far tanto dispiacere a Ester . » Posò il lume sulla scrivania e invece di disporre , secondo il solito , il tavolino e le sedie , andò a guardar dalla finestra il chiaror vago dell ' acqua e dei cielo nelle ombre della notte . Luisa rimase immobile e subito egli si voltò bruscamente come avesse sentito per virtù magnetica l ' angoscia di lei . Gliela vide spaventosa in faccia , intese ch ' ella lo credeva risoluto di troncare mentre ne aveva solamente avuta la tentazione e le prese , commosso , le mani , le disse che Ester era tanto buona , che l ' amava tanto , che né lui né lei avrebbero mai voluto recarle volontariamente un ' afflizione . Luisa non rispose ma il professore durò fatica a impedire che gli baciasse la mano . Mentre egli collocava in mezzo alla stanza il tavolino e le due sedie , ella sedette sulla poltrona , come oppressa . « Ecco » , fece il professore . Luisa si levò di tasca e gli tese una lettera . « Ho tanto bisogno di Maria e di Lei , stasera ! » , diss ' ella « Legga , è di Franco . Può cominciare dalla quarta pagina . » Il professore non intese queste ultime parole , si accostò al lume e lesse ad alta voce : Torino , 18 febbraio 1859 . Luisa mia , Sai che non mi hai scritto da quindici giorni ? « Questo lo può saltare » , interruppe Luisa , ma poi si corresse . « No , legga pure , è meglio . » Il professore continuò : Ecco la terza lettera che io ti mando dopo ricevuta la tua del 6 . Sono stato forse , nella prima , troppo vivace e ti ho ferita . Benedetto temperamento il mio , che non solo mi fa dire parole troppo vivaci quando il sangue mi si riscalda , ma me le fa anche scrivere ! E benedetto sangue che a trentadue anni suonati si riscalda come a ventidue ! Perdonami , Luisa , e permettimi di ritornare sull ' argomento onde riprendermi quelle parole che hanno potuto offenderti . Adesso non si discorre più né di tavolini né di spiriti , non si discorre che di diplomazie e di guerra ; ma gli anni scorsi se ne parlò moltissimo e parecchie persone che io stimo e onoro ci credevano . Di alcune so positivamente che erano illuse ma non ho mai dubitato , quando mi riferivano conversazioni avute con gli spiriti , della loro buona fede . Pare che l ' immaginazione , eccitata , possa far udire e vedere come reale ciò che non è . Ma io voglio credere che nel tuo caso non v ' inganni l ' immaginazione , che il vostro tavolino si muova e si esprima davvero come dici . Ho avuto torto di metter questo in dubbio , lo confesso , poiché tu sei talmente sicura di non ingannarti e poiché conosco abbastanza l ' onestà del professor Gilardoni . Ma vi è poi per me una questione di sentimento . Io so che la mia dolce Maria vive con Dio , io ho la speranza di andare un giorno , con altre anime a me care , dov ' ella è . Se mi comparisse spontaneamente , se udissi , senz ' averla chiamata , il suono della sua voce viva e vera , forse non potrei sopportare una gioia così grande ; chiamarla , costringerla di venire non vorrei mai . Mi ripugna , è contrario a quel senso di venerazione che ho per un Essere tanto più vicino a Dio di me . Anch ' io , Luisa , parlo al nostro tesoro ogni giorno , le parlo di me e anche di te , sapendo che ci vede , che ci ama , che potrà molto ancora , in questa vita stessa , sopra di noi . Tali vorrei pure i colloqui tuoi con essa ; e se rispondendo alla lettera in cui alludevi a una comunicazione di lei mi sono espresso con acerbità , perdonami in grazia non solamente del mio cattivo carattere ma delle idee altresì e dei sentimenti che sono come parte della mia natura . Perdonami pure in grazia della sovreccitazione immensa in cui si vive qui . La mia gola sta bene ; da quando si parla di guerra ho gittato canfora e acqua sedativa , ma i nervi sono tesi straordinariamente , mi par che a toccarli dieno scintille . Questo viene anche dall ' intenso lavoro che abbiamo al Ministero , dove non c ' è più orario e chi più gode fiducia , sia pure un segretariucolo , più deve sgobbare . Quando ebbi questo posto dalla bontà del conte di Cavour , mi pareva di mangiare il pane dello Stato a tradimento . Adesso non è così ma sto per togliermi a questo gran lavoro e ciò mi conduce a un altro discorso che ho nel cuore da un pezzo e che adesso ti faccio con una commozione indicibile . Fra otto giorni i miei amici ed io ci arruoliamo nell ' esercito come volontari per la durata della campagna ; Si entra nel 9° fanteria che ha il deposito a Torino . Qui al Ministero si vorrebbe trattenermi ancora ma io intendo di trovarmi istruito al reggimento quando entrerà in campagna e ho solamente preso l ' impegno di non lasciar l ' ufficio che un giorno prima di arruolarmi . Luisa , sono tre anni e quasi cinque mesi che non ci vediamo . Vero che tu sei sorvegliata dalla Polizia e che ti è proibito di venire a Lugano ; però io ti ho proposto più volte più modi di venirmi a incontrare segretamente almeno al confine , sulla montagna , e tu non mi hai risposto . Ho creduto indovinare che tu non ti sapessi allontanare neppure per poco tempo da un luogo sacro . Mi pareva troppo e ti confesso che ne provai un ' amarezza molto profonda ! Poi mi pentivo , mi pareva d ' essere egoista , ti assolvevo . Adesso , Luisa , le circostanze sono mutate . Non ho cattivi presentimenti , mi par impossibile di aver a restare sopra un campo di battaglia , ma impossibile non è . Prenderò parte ad una guerra che si annuncia tra le più grosse , tra le più lunghe e disperate , perché se l ' Austria ha in giuoco le sue provincie italiane , noi , e forse anche l ' imperatore Napoleone , abbiamo in giuoco tutto . Si dice che passeremo l ' inverno venturo sotto Verona . Luisa , io non voglio correre il pericolo di morire senz ' averti riveduta . Ho ventiquattr ' ore sole , non posso venire al confine né a Lugano , né mi può bastare di star con te dieci minuti ! Fatti portare a Lugano , in qualche modo , da Ismaele la mattina del 25 corr . Parti da Lugano in tempo di essere a Magadino per il tocco poiché da Luino non puoi passare . A Magadino piglierai il battello che parte di là circa al tocco e mezzo . Scenderai circa alle quattro a Isola Bella dove , presso a poco alla stess ' ora , arriverò anch ' io da Arona . L ' Isola Bella , a questa stagione , è un deserto . Vi passeremo la sera insieme e ripartiremo la mattina , tu per Oria , io per Torino . Scrivo allo zio Piero per chiedergli perdono se gli tolgo un giorno della tua compagnia . Maggior male non temo . Anche gli austriaci non pensano che alle armi , la loro Polizia si lascia sfuggire migliaia di giovani che vengono a prenderle qui . Sarebbero terribili all ' indomani di una vittoria ma quel giorno , per essi , viva Dio ! non verrà . Luisa , è possibile ch ' io non ti trovi all ' Isola Bella , che tu creda far piacere a Maria non venendo ? Ma non sai , la mia Maria , la mia povera piccina , se le avessero detto corri a salutar il tuo papà che forse va a morire come ... La voce del lettore oscillò , si ruppe , mancò in un singhiozzo . Luisa si nascose il viso fra le mani . Egli le posò la lettera sulle ginocchia e disse a stento : « Donna Luisa , può avere un dubbio ? » « Sono cattiva » , rispose Luisa sottovoce , « sono matta . » « Ma non gli vuol bene ? » « Alle volte mi pare tanto e alle volte niente . » « Dio mio ! » , fece il professore . « Ma adesso ? Non La commuove l ' idea che potrebbe non vederlo mai più ? » Luisa tacque ; parve che piangesse . Balzò improvvisamente in piedi stringendosi le tempie fra le mani , piantò in viso al professore due occhi dove non erano lagrime ma invece una luce sinistra di corruccio . « Ella non sa » , esclamò , « cosa c ' è nella mia testa , che cumulo di contraddizioni , quante idee opposte che si combattono e prendono continuamente il luogo l ' una dell ' altra ! Quando ho ricevuto la lettera ho pianto tanto , mi son detta : " sì , povero Franco , stavolta vado " , e poi ecco una voce che mi dice qui nella fronte : " no , non devi andare perché ... perché ... perché ... ".» Luisa s ' interruppe e il professore , spaventato da bagliori di pazzia negli occhi che lo fissavano , non osò chiedere spiegazioni . Gli occhi strani sempre fissi ne ' suoi vennero raddolcendosi , velandosi . Luisa gli prese le mani , gli disse piano , timidamente : « Domandiamo a Maria » . Sedettero al tavolino , vi posarono le mani su . Il professore voltava le spalle al lume che batteva sul viso di Luisa . Il tavolino era nell ' ombra . Dopo undici minuti di silenzio profondo il professore mormorò : « Si muove » . Infatti il tavolino si andava lentamente inclinando da un lato . Ricadde e batté un piccolo colpo . Il viso di Luisa s ' illuminò . « Chi sei ? » , disse il professore . « Rispondi col solito alfabeto . » Il tavolino batté diciassette colpi , poi quattordici , poi diciotto , poi uno . « Rosa » , disse il professore , piano . Rosa era il nome di una sorellina di sua moglie , morta nell ' infanzia , e il tavolino aveva battuto parecchie altre volte questo nome . « Va ' » , ripeté il Gilardoni , « mandaci Maria . » Il tavolino si rimise tosto in movimento e batté queste parole : « Son qui . Maria . » « Maria , Maria , Maria mia ! » , sussurrò Luisa con un ' espressione , in viso , di beatitudine . « Conosci » , disse il Gilardoni , « la lettera che tuo padre ha scritto a tua madre ? » Il tavolino rispose : « Sì » . « Cosa deve fare tua madre ? » Luisa tremava da capo a piedi , aspettando . Il tavolino rimase immobile . « Rispondi » , fece il professore . Il tavolino si mosse e batté un miscuglio incomprensibile di lettere . « Non abbiamo capito . Ripeti . » Il tavolino non si mosse più . « Ripeti dunque ! » , fece il professore quasi bruscamente . « No ! » , supplicò Luisa . « Non insista , non insista ! Maria non vuol rispondere ! » Ma il professore voleva insistere . « Non è possibile » , diceva , « che lo spirito non risponda . Lei lo sa , ci è successo altre volte di non intendere quel che dice . » Luisa si alzò agitatissima , dicendo che piuttosto di costringere Maria era contenta d ' interrompere la seduta . Il professore rimase meditabondo al proprio posto . « Zitto ! » , diss ' egli . Il tavolino si moveva , ricominciò a batter colpi . « Sì » , esclamò il Gilardoni , raggiante . « Ho domandato col pensiero s ' Ella deve andare e il tavolino ha risposto " sì " . Ridomandi lei ad alta voce . » Cinque o sei minuti passarono prima che il tavolino si rimettesse in moto . Alla domanda di Luisa « debbo andare ? » batté prima tredici colpi poi quattordici . La risposta era « no » . Il professore impallidì e Luisa lo interrogò con lo sguardo . Egli rimase lungamente muto , poi rispose sospirando : « Potrebbe non essere Maria . Potrebb ' essere uno spirito di menzogna » . « E come si può sapere ? » , fece Luisa ansiosamente . « Impossibile . Non si può sapere . » « Ma e le altre comunicazioni , dunque ? Non vi è certezza mai ? » «Mai.» Ella tacque , atterrita . Poi sussurrò : « Doveva essere così . Doveva mancarmi anche questo » . E posò la fronte sul tavolino . Il lume della candela batteva sui capelli , sulle braccia , sulle mani di lei . Ella non si moveva , nulla si moveva nella camera , tranne la fiammella oscillante della candela . Un ' altra fiammella , un ultimo lume di speranza e di conforto stava morendo nella povera testa caduta sotto il colpo d ' un dubbio amaro e invincibile . Che poteva fare , che poteva dire il Gilardoni ? Egli vedeva prossimo a compiersi , non per opera sua , il desiderio di Ester . Tre o quattro minuti dopo si udirono passi al piano inferiore e la voce di Ester . Luisa , lentamente , si alzò . « Andiamo » , diss ' ella . « Bisognerebbe forse pregare » , osservò il Gilardoni , senza muoversi . « Bisognerebbe forse domandare agli spiriti se confessano Cristo . » « No no no no no » , fece sottovoce Luisa , negando , anche con la mano , ostilmente . Il professore prese la candela in silenzio . Ritornando a Oria Luisa salì al cancello del Camposanto . Vi appoggiò la fronte , gittò verso la fossa di Maria un soffocato addio e ridiscese . Giunta sul sagrato andò ad affacciarsi al parapetto , guardò giù il lago addormentato nell ' ombra . Stette lì alquanto lasciando andar il pensiero per la sua china . Posò i gomiti sul parapetto , si piegò , si appoggiò il viso alle mani sempre guardando l ' acqua , l ' acqua che aveva preso Maria . Il suo pensiero veniva pigliando una forma precisa non dentro a lei ma laggiù nell ' acqua . Essa lo considerò . Morire , finire . Lo conosceva , lo aveva veduto ancora questo pensiero guardando nell ' acqua così , molto tempo addietro , prima di cominciare le evocazioni col professore . Poi era scomparso . Adesso ritornava . Era un pensiero dolce e pietoso , pieno di riposo e di abbandono , pieno di pace . Faceva bene di starlo a guardare poiché anche la fede negli spiriti era perduta . Morire , finire . L ' altra volta molto aveva potuto contro il fascino dell ' acqua la immagine del vecchio zio . Ora poteva meno . Lo zio era caduto , dalla morte di Maria in poi , in un mutismo quasi completo che Luisa attribuiva a un principio di apatia senile . Ella non aveva capito come nell ' animo del vecchio vi fossero insieme al dolore disapprovazioni profonde ; quanto lo urtassero le quotidiane ripetute visite al cimitero e i fiori e le gite misteriose a Casarico e , sopra tutto , l ' abbandono completo della chiesa . Se non fosse stata così presa dalla sua morta , avrebbe potuto intender meglio lo zio almeno in quest ' ultimo punto della chiesa , perché adesso il vecchio silenzioso ci andava lui , in chiesa , più di prima , tornava col cuore alla religione di suo padre e di sua madre praticata sinora freddamente , per abitudine , per ossequio alle tradizioni di casa . Pareva a Luisa ch ' egli fosse diventato alquanto ottuso e che se ai bisogni suoi fosse provveduto non gli occorrerebbe altro . Per le cure materiali v ' era la Cia e le risorse che bastavano per tre meglio avrebbero bastato per due . Luisa credette veder l ' acqua salire un palmo . E Franco ? Franco si desolerebbe , piangerebbe per qualche anno e poi sarebbe più felice . Franco aveva il segreto di consolarsi presto . L ' acqua parve salire un altro palmo . Nello stesso momento in cui ella s ' era affacciata al parapetto , Franco , passando in via di Po davanti a San Francesco di Paola , aveva veduto lumi e udito l ' organo . Era entrato . Appena detta una preghiera , il pensiero dominante lo aveva ripreso , il suono dell ' organo gli si era trasformato in un fragore di trombe , di tamburi e d ' armi e , mentre un canto di pace si levava sull ' altare , a lui era parso caricar con furore il nemico . A un tratto si vide in mente l ' immagine di Luisa vestita a lutto , pallida . Si mise a pensare a lei , a pregare per lei con fervore intenso . Allora là sul sagrato di Oria ella sentì un freddo , un ' uggia , un mancar della tentazione . Volle richiamarla e non poté . L ' acqua ridiscendeva . Una voce intima le disse : e se il professore si è ingannato ? Se non è vero che il tavolino abbia risposto prima di si e poi di no ? Se non è vero di questi spiriti menzogneri ? Si tolse dal parapetto e sali , a passi lenti , in casa . Trovò lo zio in cucina , seduto sotto la cappa del camino , con le molle in mano e col bicchiere di latte accanto . La Cia e la Leu cucinavano . « Dunque » , disse lo zio , « sono andato alla Ricevitoria . Il Ricevitore è a letto con l ' itterizia , ma ho parlato col Sedentario . » « Di che cosa , zio ? » « Di Lugano , della tua andata a Lugano il 25 . Mi ha detto che chiuderà un occhio e che passerai . » Luisa tacque , stette a guardar il fuoco meditabonda . Poi diede certi ordini alla Leu per l ' indomani e pregò lo zio di venire in salotto con lei . « Cosa serve ? » , diss ' egli con la solita semplicità . « Non avrai gran segreti . Stiamo qui che c ' è il fuoco . » La Cia accese il lume . « Usciremo noi » , diss ' ella . Lo zio fece la sua solita smorfia di compassione per le altrui sciocchezze ma tacque , bevve il suo bicchier di latte e lo porse silenziosamente a Luisa . Luisa prese il bicchiere e disse piano : « Non ho ancora deciso » . « Cosa ? » , fece lo zio bruscamente . « Cosa non hai deciso ? » « Se andrò all ' Isola Bella . » « Euh ! Che diavolo ? » Lo zio Piero non la poteva neanche intendere una cosa simile . « E perché non andresti ? » Ella rispose con tranquillità , come se dicesse una cosa ovvia : « Ho paura di non poter lasciare Maria » . « Ah senti ! » , fece lo zio . « Siediti là . » Le additò il sedile in faccia , sotto la cappa del camino , lasciò le molle e disse con quella sua voce grave , onesta voce del cuore : « Cara Luisa , hai perso la bussola » . E alzate le braccia con un « euh ! » profondo , le lasciò ricadere sulle ginocchia . « Persa ! » , diss ' egli . Stette un poco in silenzio , a capo chino , porgendo le labbra con un brontolio di parole in formazione , che poi uscirono . « Cose che non avrei mai creduto ! Cose che paiono impossibili . Ma quando » ( così dicendo rialzò il capo e guardò Luisa in faccia ) « si comincia a perderla , la bussola , l ' è fatta . E tu , cara , hai cominciato a perderla da un pezzo . » Luisa trasalì . « Eh sì ! » , esclamò lo zio a gola piena . « Hai cominciato a perderla da un pezzo . Ed è questo che volevo dirti . Senti : mia madre ha perso dei figli , tua madre ha perso dei figli , ho visto tante madri perdere dei figli e nessuna faceva come te . Ci vuol altro , siamo tutti mortali e dobbiamo accettare la nostra condizione . Si rassegnavano . Ma tu , no . E questo cimitero ! E queste due , tre , quattro visite al giorno ! E questi fiori , e cosa so io , oh povero me ! E anche queste scempiaggini che fai a Casarico con quell ' altro povero imbecille , che voi credete farle in segreto e tutti ne parlano , persino la Cia ! Oh povero me ! » « No , zio » , disse Luisa tristemente ma tranquillamente . « Non dir queste cose . Non puoi capire . » « Siamo intesi » , rispose lo zio con tutta l ' ironia di cui era capace . « Non posso capire . Ma poi ce n ' è un ' altra . Tu non vai più in chiesa . Io non ti ho mai detto niente perché in queste cose il mio principio è stato sempre di lasciar fare a ciascuno quel che crede ; ma quando ti vedo perdere , dirò così , il buon senso e anche il senso comune , non posso a meno di farti riflettere che se si voltano le spalle a Domeneddio , si fanno di questi guadagni . Adesso poi questa idea di non voler andare a vedere tuo marito , in circostanze simili , passa tutti i limiti . » « Vuol dire » , riprese dopo una breve pausa , « che ci andrò io . » « Tu ? » , esclamò Luisa . « Perché no ? Io , sì . Contavo di accompagnarti ma , se non vieni , andrò solo . Andrò a dire a tuo marito che hai perduto la testa e che spero di andar presto anch ' io a trovar la povera Maria . » Mai nessuno aveva udito dal labbro dello zio Piero una parola tanto amara . Fosse questo , fosse l ' autorità dell ' uomo , fosse il nome di Maria pronunciato così , Luisa fu vinta . « Andrò » , diss ' ella . « Ma tu devi restar qui . » « Niente affatto » , rispose lo zio contento . « Sono quarant ' anni che non vedo le Isole . Approfitto dell ' occasione . E chi sa che non mi arruoli in cavalleria , io ? » « E così » , disse la Cia a Luisa dopo che lo zio era andato a letto . « Vuol proprio partire anche il mio padrone ? Cara lei , per amor del Cielo , non glielo permetta ! » E le raccontò che due ore prima egli aveva stralunato gli occhi e piegata la testa sul petto ; che chiamato da lei non aveva risposto ; che poi si era riavuto e che alle premurose domande di lei era andato in collera protestando di non aver avuto male , di aver sentito solo un po ' di sonno . Luisa l ' ascoltava in piedi , col lume in mano , con gli occhi vitrei , divisa fra l ' attenzione alle parole che udiva e qualche altro pensiero assai diverso , assai lontano , dallo zio , dalla casa , dalla Valsolda . 2 . Solenne rullo Il venticinque febbraio , giorno della partenza , lo zio Piero si alzò alle sette e mezzo e andò alla finestra . Un denso nebbione pendeva sul lago biancastro e nascondeva le montagne per modo che se ne vedevano solamente due brevi liste nere , una a destra e l ' altra a sinistra , fra il lago e la nebbia . « Ahimè ! » , sospirò lo zio . Non s ' era ancora finito di vestire che Luisa entrò e lo pregò , col pretesto del cattivo tempo , di restare , di lasciarla partir sola . La Cia era in grande angoscia , e avea pregato Luisa di insistere sapendo ch ' egli era stato côlto , il giorno venti , da forti vertigini e che il ventidue , senza dir niente a nessuno , era andato a confessarsi . Egli s ' irritò , convenne tacere , lasciargli fare la sua volontà . Povero zio , aveva goduto sempre una salute di ferro ed era molto apprensivo , il menomo disturbo lo allarmava ; ma ora non gli pareva bene che Luisa partisse sola in quelle condizioni di spirito , e si sacrificava per lei . Si vestì , ritornò alla finestra e chiamò trionfalmente Luisa che stava nel giardinetto . « Alza la testa ! » , diss ' egli . « Guarda su in Boglia ! » In alto , sopra Oria , attraverso la nebbia fumante , si vedeva l ' oro pallido del sole sulla montagna e più in alto ancora una trasparenza serena . « Bella giornata ! » Luisa non rispose e il vecchio discese allegro in loggia , uscì sulla terrazza a goder la battaglia magnifica della nebbia e del sole . Tutto il lago d ' oriente fra la Ca Rotta , l ' ultima casa di S . Mamette , a sinistra , e il golfo del Dòi a destra , pareva un mare immenso , bianco . La Ca Rotta traspariva appena , come un fantasma . Al golfo del Dòi cominciava la sottile lista nera scoperta fra il piombo del lago e il nebbione . A poco a poco quel nebbione si faceva turchiniccio , vaghi chiarori rompevano in cielo verso Osteno , in fondo al mare d ' oriente tremavano luccicori nuovi , venivan liste , chiazze brune di brezza ; un occhio di sole appariva e scompariva sopra Osteno nei vapori turbinanti , ingrandiva rapidamente , splendé vincitore . La nebbia fuggì da ogni parte , a brani e fiocchi . Molti ne passarono davanti a Oria , grandi e veloci , altri si buttarono alla costa , il grosso ripiegò verso l ' ultimo levante ; colà , dietro e sopra un pesante sipario bianco , le montagne del lago di Como sorsero gloriose nel sereno . Lo zio Piero chiamò Luisa perché vedesse lo spettacolo , l ' ultima scena splendida del dramma ; il trionfo del sole , la fuga delle nebbie , la gloria delle montagne . Egli ammirava patriarcalmente , senza finezze di senso artistico ma con calor giovanile , con sincera enfasi di voce , da vecchio che ha vissuto castamente , che non ha sciupata la freschezza del cuore , che conserva una certa innocenza d ' immaginazione . « Guarda , Luisa » , esclamò , « se non bisogna dire : Gloria al Padre , al Figliuolo , allo Spirito Santo ! » Luisa non rispose , si allontanò subito per non veder quel recinto bianco , di là dall ' orto , che l ' attirava con violenza , con una tacita voce di rimprovero e di dolore . Ella vi era andata alle sei , vi aveva passata un ' ora nella nebbia , seduta sull ' erba fradicia . Lo zio rimase in contemplazione sulla terrazza fino al momento di partire . S ' egli fosse stato un poeta presuntuoso avrebbe supposto che la Valsolda gli desse il buon viaggio con uno spettacolo d ' addio , volesse mostrarglisi bella come forse non l ' aveva veduta mai ; ma queste fantasie poetiche a lui non venivano e poi si trattava di un viaggio così breve ! No , gli passò invece nella mente l ' immagine di Maria , l ' idea di vedersela capitar correndo fra le gambe , di prenderla sulle ginocchia , di recitarle la canzonetta antica : Ombretta sdegnosa Del Missipipì . « Basta ! » , sospirò . « È stata una gran cosa ! » , e , chiamato dalla Cia , si avviò lentamente verso il giardinetto dove l ' attendeva Luisa , pronta a scendere in barca . « Oh , son qui » , diss ' egli , « e voi guardate bene , mentre staremo via , di non lasciar cadere la casa nel lago . » Durante il tragitto sul Lago Maggiore , a bordo del San Bernardino , Luisa stette quasi sempre nella sala di seconda classe . Ne salì una volta onde persuadere lo zio Piero a discendere anche lui ; ma lo zio Piero , chiuso nel suo zimarrone grigio , non volle muoversi , malgrado l ' aria fredda , dal ponte dove stava pacificamente a guardar montagne e paesi , e far un po ' di conversazione con un prete di Locarno , con una vecchierella di Belgirate e con altri viaggiatori di seconda classe . Luisa dovette lasciarvelo e ridiscese , preferendo star sola con i propri pensieri . Più si avvicinava all ' Isola Bella più le cresceva dentro un ' agitazione sorda , una incerta attesa di tante cose . Come avverrebbe l ' incontro con Franco ? Quale contegno terrebb ' egli con lei ? Le farebbe i discorsi che le aveva fatto lo zio ? Le lettere erano molto pietose e tenere , ma chi non sa che si scrive in un modo e si parla in un altro ? Come , dove , passerebbero la sera ? E poi l ' altra cosa , la cosa terribile a pensare ... ? Tutte queste preoccupazioni salivano , salivano , tendevano a diventar dominanti , a porsi in antagonismo con l ' immagine del Cimitero di Oria che ogni tratto ritornava impetuosa , come a riprendere il suo . Alla stazione di Cannero , Luisa si udì sul capo un grande strepito di passi , un grande chiasso di voci e di grida , salì a vedere dello zio . Erano militari richiamati alle bandiere , venuti al battello con due grandi barche . Altre barchette portavano donne , bambini , vecchi , che salutavano e piangevano . I soldati , la maggior parte bersaglieri , bei giovinotti allegri , rispondevano ai saluti , gridando : « Viva l ' Italia ! » promettevano regali da Milano . Una vecchia , che aveva tre figli fra quei soldati , gridava loro , tutta scarmigliata ma non piangente , che si ricordassero del Signore e della Madonna . « Sì » , brontolo un vecchio sergente che li accompagnava , « ca s ' ricordo del Sgnour , d ' la Madonna , del Vescov e del prevost ! » I soldati molto pratici del « prevost » , la prigione militare , risero della barzelletta e il battello partì . Grida , sventolar di fazzoletti e poi un canto , un canto potente di cinquanta voci gagliarde : Addio , mia bella , addio , L ' armata se ne va . I soldati si erano tutti ammucchiati a prora su cataste di sacchi e barili , quale seduto , quale sdraiato , quale in piedi , e cantavano a squarciagola , con l ' accompagnamento cupo delle ruote del vapore che filava diritto giù verso lo sfondo di cielo cui le sottili colline d ' Ispra dividono dall ' immenso specchio dell ' acque , verso il Ticino . Quei giovinotti avevano a passarlo presto , il Ticino , probabilmente al grido di Savoia , fra una furia di cannonate . Molti di loro erano attesi laggiù , sotto quel cielo sereno , dalla morte ; ma tutti cantavano allegri e solo il rumor cupo delle ruote del vapore pareva saperne qualche cosa . Le libere montagne piemontesi lungo le quali filava il battello parevano fiere e paghe , benché nell ' ombra , di aver dato i propri figli alle schiave montagne lombarde , tragiche nell ' aspetto benché illuminate dal sole . Luisa si sentì un lieve formicolio nel sangue , un palpito del suo patriottismo ardente d ' una volta . E quelle madri che avevan visto partire i loro figli così ? Prevenne il proprio pensiero , si disse subito che anche lei avrebbe donato volentieri un figlio all ' Italia , che quelle madri non potrebbero in nessun caso paragonarsi a lei . Ma com ' era diverso di leggere in Valsolda una lettera che parlava di guerra e di sentir veramente il soffio e il rumor della guerra intorno a sé , di respirarla nell ' aria ! Nella quieta della Valsolda era un ' ombra senza realtà : qui l ' ombra pigliava corpo . Qui il dolore privato di Luisa , il dolore immenso che le riempiva intorno l ' aria morta di Oria , s ' impiccioliva a fronte della emozione pubblica , ed ella lo sentiva e ciò le recava una molestia , un malessere indefinibile . Era paura di perdere parte del dolore proprio , come dire parte di se stessa ? Era desiderio di sottrarsi ad un paragone che le ripugnava di fare ? In pari tempo l ' idea che Franco andrebbe a questa guerra , l ' idea onde poco ella si era commossa in Valsolda , prendeva pure una realtà nuova nella sua mente , le dava delle scosse al cuore , lottava essa pure con l ' immagine del Camposanto di Oria . Per la prima volta l ' immagine del passato non era più sola , assoluta , onnipotente signora dell ' anima sua ; ne avesse pure sdegno quest ' anima e rincrescimento , nuove immagini , immagini del presente e del futuro , le facevano assalto . Lo zio cominciò ad aver freddo e discese sotto coperta . « Fra poco più d ' un ' ora » , diss ' egli , « saremo a Isola Bella . » « Sei stanco ? » « Niente affatto . Sto benone . » « Però andrai a letto presto questa sera ? » Lo zio , distratto , non rispose . Invece dopo un poco esci a dire : « Sai cosa pensavo ? Pensavo che dovrebbe capitare un ' altra Maria » . Luisa , che gli era seduta accanto , si alzò di botto , fremente , e andò a guardar fuori dal finestrino in faccia , voltando le spalle allo zio . Questi non capi affatto , credette a un senso d ' imbarazzo e si addormentò nel suo angolo . Il battello tocca Intra . Adesso prima dell ' Isola non c ' è che Pallanza . Il battello rade la costa ; Luisa guarda dal finestrino ovale passar le rive , le case , gli alberi . Come si corre , come si corre ! Pallanza . Il battello resta fermo cinque minuti . Luisa sale sul ponte , domanda quando si arriverà all ' Isola Bella . Il battello non toccherà Suna né Baveno . Sarà un viaggio di pochi minuti . E il battello di Arona , quando arriva ? Pare che sia in ritardo . Ella scende e sveglia lo zio che sale sul ponte con lei . L ' ultimo tratto del viaggio è fatto in silenzio : lo zio sta a guardar Pallanza che si allontana e Luisa ha fissi gli occhi sull ' Isola che s ' avanza , non vede altro . Il battello giunse all ' approdo dell ' Isola Bella alle tre e quaranta minuti . Nessun indizio del battello di Arona . Un inserviente disse a Luisa che quel battello era sempre in ritardo per colpa del treno di Novara che non aveva quasi più regola , causa i movimenti militari . Nessuno discese all ' Isola , nessuno era sulla riva tranne l ' uomo addetto allo sbarco . Partito il battello , accompagnò egli stesso i due viaggiatori all ' albergo del Delfino . Era un caso , diss ' egli , che trovassero il Delfino aperto a quella stagione . Ci svernava una grossa famiglia inglese . Pareva l ' isola del Silenzio , del resto . Il lago le taceva intorno immobile , la spiaggia era deserta , sui ballatoi delle povere vecchie casucce ammonticchiate sul porto , fra un bastione rotondo del giardino e l ' albergo , non si vedeva persona viva . Gl ' inglesi erano fuori , in barca ; l ' albergo taceva come la riva e l ' acqua . I nuovi venuti ebbero due camere grandi del secondo piano , a mezzogiorno , di fronte al malinconico stretto fra l ' isola e la costa boscosa che va da Stresa a Baveno . La prima camera , sull ' angolo di ponente , aveva una finestra verso la chiesetta di S . Vittore , che sorge a fianco dell ' albergo , e l ' isolotto lontano dei Pescatori . Lo zio Piero si piantò a quella finestra contemplando l ' isolotto , il mucchietto di case sporgente dallo specchio del lago e appuntato in un campanile , le grandi montagne di Val di Toce e di Val di Gravellone , mezzo nascoste da una nebbiolina penetrata di sole . Luisa , visto che lì v ' eran due letti , passò rapidamente nell ' altra camera dov ' era un ' alcova con due letti pure . « Ecco » , disse lo zio Piero entrandovi un momento dopo , « questa va bene per voialtri . » Luisa domandò sottovoce all ' albergatore se non si potessero avere tre camere invece di due . No , non si potevano avere . « Ma se così va bene ! Ma se così va benone ! » , ripeteva lo zio . « Voi qui e io là . » Luisa tacque e l ' albergatore se n ' andò . « Non vedi che hai l ' alcova come a casa ? » Non gli veniva in mente , all ' uomo patriarcale , che per Luisa la sola vista di quell ' alcova fosse un tormento . Ella gli rispose che preferiva l ' altra camera , più chiara , più allegra . « Amen » , disse lo zio , « fate vobis . M ' inalcoverò io . » Anche quell ' angolo dell ' albergo ritornò nel silenzio . Luisa si pose alla finestra . Il battello di Arona doveva esser vicino , l ' uomo di prima s ' incamminava lentamente verso lo sbarco e poco dopo si udì un rumor lontano di ruote . Lo zio disse a Luisa che si sentiva stanco e rimaneva in camera . Ella discese verso il ponte dello sbarco e si fermò presso una casupola che toglieva di vedere il battello di cui udiva il fragore . A un tratto la prora del San Gottardo le uscì davanti lentamente e si fermò . Luisa riconobbe suo marito fra un gruppo di persone che gli facevano un grande chiasso intorno . Franco la vide , saltò sul ponte , corse a lei che fece due passi avanti . Si abbracciarono , egli muto , cieco d ' emozione , ridente e lagrimoso , pieno di gratitudine e anche trepido , incerto circa l ' animo di lei , circa il modo di regolarsi ; ella più composta , pallidissima e seria . « Addio » , ripeteva , « addio » , e s ' incamminò verso l ' albergo . Venne allora da Franco una furia di domande sul suo viaggio , sul passaggio del confine , prima ; poi sullo zio . Quando nominò lo zio , Luisa alzò il viso e disse : « Guarda ! » . Lo zio era lassù alla finestra e gittò abbasso un addio sonoro agitando il fazzoletto . « Oh ! » , fece Franco , stupefatto ; e prese la corsa . Lo zio aspettò sul pianerottolo della scala con una espressione di contentezza persino nel ventre pacifico . « Ciao , neh » , diss ' egli e gli prese le mani , gliele scosse tenendolo a distanza . Non avrebbe voluto baci , come se in quel momento significassero ringraziamenti , ma non poté difendersi dall ' impeto di Franco . « Figurati » , diss ' egli appena svincolatosi dalle braccia del giovane , « se una Maironi può viaggiare senza maggiordomo ! Son poi anche venuto ad arruolarmi nei bersaglieri ! » E l ' uomo stanco discese le scale dicendo che andava a ordinare il pranzo . Non v ' era canapè nella stanza degli sposi . Franco trasse Luisa a sedere sul letto , le sedette accanto , le cinse con un braccio le spalle , incapace di un discorso qualsiasi , non sapendo dire che « ti ringrazio , ti ringrazio » , non trovando che impetuose carezze , impetuosi baci , nomi di tenerezza . Luisa tremava a capo chino , non gli rispondeva in alcun modo ed egli si frenò , le prese il capo come una cosa santa , le andò sfiorando con le labbra , qua , là , i capelli bianchi che vedeva . Ella capì che cercava i capelli bianchi , intese quei timidi baci , si commosse , le parve sentirsi sgelare il cuore , fu presa da sgomento , volle difendersi più contro se stessa che contro Franco . « Sai » , disse , « ho il cuore tanto freddo , non volevo neanche venire , non volevo lasciar Maria né che tu avessi l ' amarezza di trovarmi così . È stato causa lo zio che venissi . Voleva venir solo e allora mi sono decisa . » Dette le parole crudeli , sentì levarsi dai suoi capelli le labbra di Franco , levarsi il braccio dalle sue spalle . Tacquero ambedue ; poi Franco mormorò con dolcezza : « Sono tredici ore . Forse dopo non ti darò noia mai più » . In quel punto entrò lo zio Piero e annunciò che il pranzo era pronto . Luisa prese la mano di suo marito , gliela strinse in silenzio , non con la stretta d ' un ' amante , ma pure abbastanza forte per significargli ch ' era una commossa risposta . A pranzo né Luisa né Franco mangiarono . Invece lo zio mangiò con appetito e parlò molto . Egli non approvava che Franco prendesse le armi . « Che soldato vuoi riuscire tu ? » , gli diceva . « Cosa farai senza la canfora , l ' acqua sedativa e il cossa soja mi ? » Franco dichiarò che aveva buttato via tutti i rimedi , che si sentiva di ferro , che sarebbe stato il più robusto soldato del 9° . « Sarà ! » , brontolò lo zio . « Sarà ! E tu , Luisa , non dici niente ? » Luisa rispose ch ' era persuasa di quanto aveva detto suo marito . « N ' occor alter ! » , fece lo zio . « Evviva ! » Egli aveva poi anche un gran concetto della potenza austriaca e non vedeva roseo come Franco . Secondo Franco , non c ' era da dubitare della vittoria . Egli aveva veduto un aiutante di Niel venuto segretamente a Torino , gli aveva udito dire ad alcuni ufficiale piemontesi di Stato Maggiore : « Nous allons supprimer l ' Autriche » . Certo , bisognava lasciare almeno cinquantamila cadaveri italiani e francesi tra il Ticino e l ' Isonzo . « Scusi , signore » , disse il cameriere che serviva . « Mi pare che il signore parlasse di entrare nel 9° reggimento ! » « Sì ! » « Brigata Regina . Brava brigata . Io ho servito nel 10° . Ci siamo fatti onore nel 1848 , ehi ! Goito , Santa Lucia , Governolo , Volta ! Adesso tocca a Loro . » « Faremo il possibile . » Luisa ebbe un lieve brivido . Gl ' inglesi che pranzavano alla tavola vicina intesero il dialogo , guardarono Franco . Per qualche momento nessuno parlò nella sala ; vi passò la visione di una colonna di fanteria lanciata alla baionetta , fra la mitraglia . Dopo pranzo lo zio rimase all ' albergo per il suo solito chilo e Franco uscì con Luisa . Presero a destra , verso il Palazzo . Faceva piuttosto scuro , cadeva qualche rara gocciolina , gli scalini che mettevano dalla riva al cortile della villa erano umidi , si sdrucciolava . Franco offerse il braccio a sua moglie che lo prese in silenzio . Si fermarono tra il cortile deserto e la scala dello sbarco a contar le ore che suonavano all ' orologio del Palazzo . Sei . Erano passate due ore , ne restavano altre undici ; poi veniva la separazione , l ' ignoto . Si incamminarono lentamente , sempre senza parlare , per il viale diritto fra il lago e il fianco del Palazzo , a quell ' angolo che guarda l ' isola dei Pescatori , dove si vedeva già qualche lume . Due donne venivano loro incontro a braccetto , chiacchierando . Franco le lasciò passare e poi domandò a sua moglie se si ricordava dei Rancò . Due anni prima del loro matrimonio avevano fatto con altri amici una passeggiata a Drano e ai Rancò , alti pascoli di Valsolda , che si attraversano per salire al Passo Stretto . Avevano avuto una disputa vivace , un ' ora di broncio e di tormento . « Sì » , rispose Luisa . « Mi ricordo . » Sentirono ambedue nello stesso momento quanto l ' ora presente fosse diversa da quella e quanto ciò fosse doloroso a dire . Non parlarono più fino all ' angolo . Un suono di campane veniva dall ' isola dei Pescatori . Franco lasciò il braccio di sua moglie , si appoggiò al parapetto . Il lago nebbioso taceva , nulla si vedeva oltre i lumi dell ' altra isola . Il lago , la nebbia , quei lumi , quelle campane che parevano di una nave perduta in mare , il silenzio delle cose , le stesse rade minute goccioline di piova , tutto era così triste ! « E ti ricordi poi ? » , mormorò Franco senza voltar il viso . Anche Luisa s ' era appoggiata al parapetto . Tacque un poco , indi rispose sottovoce : « Sì , caro » . Ah vi era nel suo caro un lieve recondito principio di calore , di emozione affettuosa . Franco lo sentì , n ' ebbe una scossa di gioia ma si contenne . « Penso » , riprese , « alla lettera che t ' ho scritto subito , appena ritornato a casa e alle tre parole che mi hai detto il giorno dopo , a Muzzaglio , quando gli altri ballavano sotto i castagni e tu mi sei passata vicina per andar a prendere il tuo scialletto che avevi posato sull ' erba . Te le ricordi ? » «Sì.» Egli le prese una mano , se la recò alle labbra . « Ti ringrazio ancora » , diss ' egli , « per quelle tre parole . Allora sono state la vita per me . Ti ricordi che nella discesa t ' ho dato il braccio e che c ' era chiaro di luna ? » «Sì.» « E ti ricordi che ho fatto uno sdrucciolone prima di arrivare al ponte e che tu mi hai detto : " Caro signore , tocca a Lei di sostenere me " ? » Luisa non rispose , gli strinse la mano . « Non sono stato buono a nulla » , diss ' egli tristemente . « Non ti ho saputo sostenere . » « Hai fatto tutto quello che potevi . » La voce di Luisa , dicendo così , era fioca , ma ben diversa da quando ell ' aveva detto : il mio cuore è freddo . Suo marito le riprese il braccio , ritornò con lei , a passi lenti , verso lo sbarco . Il caro braccio non era inerte quanto prima , tradiva un ' agitazione , una lotta . Franco si fermò e disse piano : « E se vado dalla Maria ? Cosa le devo dire di te ? » Ella fu presa da un tremito , gli posò il capo sulla spalla e sussurrò : « No , resta » . Franco non intese , domandò : « Cosa ? » . Non udì rispondere , piegò adagio adagio il viso , vide le labbra di lei porgersi , vi posò le sue . Il cuore gli batté , gli batté forte , più forte ancora di quando aveva baciato Luisa la prima volta come amante . Rialzò il viso , non poteva neppur parlare . Finalmente gli riuscì di metter fuori queste parole : « Le dirò che hai promesso ... » . « No » , mormorò Luisa , accorata , « quello non lo posso , non domandarmelo , non è più possibile . » « Cosa , non è possibile ? » « Oh , intendi bene ! Anch ' io ho inteso bene cosa volevi dir tu . » Ella riprese a camminare , volendo staccarsi da quel discorso . Tenne però il braccio del marito , che la fermò . « Luisa ! » , diss ' egli , severo , quasi impetuoso . « Mi lascerai partire così ? Sai cosa vuol dire per me partire così ? » Ella ritirò allora lentamente il braccio di sotto quello di lui e si voltò a destra verso il parapetto , vi si appoggiò guardando l ' acqua come a Oria , quella sera . Franco le restò diritto accanto , attese un poco e poi le domandò di rispondergli . « Per me sarebbe meglio finirla nel lago » , diss ' ella , amaramente . Suo marito le cinse la vita con un braccio , la strappò dal parapetto e la lasciò libera , levò il braccio in aria . « Tu ? » , esclamò con sdegno . « Parlar così , tu che dicevi sempre di prender la vita come una guerra ? E il tuo modo di combattere sarebbe questo ? Io credevo una volta che la più forte fossi tu . Adesso intendo che sono io il più forte . Molto più ! Sai neanche immaginare cosa ho sofferto io in questi anni ? Sai neanche immaginare ... » Sentì la voce sfuggirsi un momento ma si padroneggiò e proseguì : « Sai neanche immaginare cosa tu sei per me e cosa farei per non darti senza necessità un piccolo dolore , mentre pare che a te non importi nulla di lacerarmi l ' anima ? » . Ella gli si gettò fra le braccia . Nel silenzio che seguì , rotto solo da uno spasimo di singhiozzi repressi , Franco udì venir gente e durò fatica a staccarsi sua moglie dal petto , a riprender con essa il cammino dell ' albergo . « Tu ! tu ! » , sussurrò . « E non vuoi che desideri di morire io , quando posso morir bene , per il mio paese ? » Luisa gli stringeva il braccio senza parlare . Incontrarono due giovani amanti , che passando loro accanto li guardarono curiosamente . La ragazza sorrise . Giunti agli scalini che scendono sul piazzaletto davanti a S . Vittore , udiron voci di ragazzi e di donne . Luisa si fermò un momento sul primo scalino e disse piano le tre parole di Muzzaglio : « Ti amo tanto » . Franco non rispose che con una stretta del braccio . Discesero gli scalini adagio adagio , rientrarono all ' Albergo del Delfino . Alcuni giovinotti che bevevano , fumavano e schiamazzavano si alzarono all ' apparir di Franco e di Luisa , si fecero loro incontro tutti , tranne uno che approfittò del momento buono per vuotare l ' ultima bottiglia . « Signora » , disse il primo che si presentò a Luisa . « Suo marito Le avrà già annunciato i Sette Sapienti . » Successe subito un gran baccano perché Franco aveva dimenticato di dire a Luisa che i suoi amici eran venuti con lui da Torino e s ' erano spinti , per discrezione , fino a Pallanza , promettendo una visitina d ' omaggio alla signora . « El più sapiente son mi » , disse alzandosi il Padovano , che aveva vuotata la bottiglia . « Vualtri fe ' bordelo e non bevì ; mi bevo e no fazzo bordelo . » « Quello , signora » , disse un bel giovane , « è , com ' Ella ben intende , l ' asino sapiente della compagnia . » « Tasi , Fante ! » « Signora ! » , fece il Padovano avanzandosi e salutando . « Ah , Lei è il signor Fante di bastoni ? » , disse Luisa , sorridendo , al bel giovane . Ella fu affabile con tutti , ebbe un gran successo dicendo a un uomo alto , magro , dai baffi arricciati : « Lei dev ' essere il signor Caval di spade » . « No xe vero , signora » , esclamò il Padovano mentre gli altri applaudivano , « che se vede la bestia ? » Erano venuti da Pallanza in barca e volevano ripartire subito , ma Franco fece portare altre due bottiglie e il chiasso divenne così enorme , malgrado la presenza di Luisa , che l ' albergatore venne a pregare , per amore de ' suoi inglesi , di non far tanto « rabello » . Il Padovano gli snocciolò dolcemente una litania placida di vituperi padovani . Colui non capì , fece un risolino stupido e se n ' andò . I Sapienti eran venuti sul lago per godere anche loro una giornata di libertà prima di arruolarsi . Entravano tutti , meno il Caval di spade , nello stesso reggimento . Bevvero al 9° fanteria , alla brigata Regina , a tutti i « pistapauta » nazionali nel presente e nell ' avvenire e discussero sul luogo e il nome della prima battaglia che si darebbe agli austriaci . Tutti i voti meno quello del Padovano furono per una « battaglia del Ticino » . Il Padovano voleva una battaglia di Gorgonzola . « No sentì che nome militar ? Battaglia di Gorgonzola erborinato . Asèo ! » Era scritto nel Libro del Destino ch ' egli sarebbe caduto appunto nella prima battaglia , a Palestro , con una scheggia di granata nella coscia , combattendo da buon soldato a due passi dal colonnello Brignone . Quei giovani parlavano di battaglie con entusiasmo ma senza spacconate , parlavano della futura Italia dicendo alquante corbellerie , ma si sentiva che non importava loro un fico secco della vita pur di farla libera , questa vecchia patria , e grande . « Ghe pàrele teste da far l ' Italia ? » , disse il Padovano a Luisa . « Gnanca So marìo , sala . Un bon toso , ma par far l ' Italia , gnente . La vedarà che razza de Italia che vien fora ! I nostri fioi ne farà un monumento , ma dopo vegnarà , capisela , con licenza , quelle figure porche de quei nevodi , che me par de sentirli : " Che da can " , i dirà , " che i la ga fata , quei veci insensai , sta Italia ! " » I Sapienti partirono dopo essersi accordati con Franco di trovarsi l ' indomani mattina sul primo battello . Franco li accompagnò alla barca e intanto sua moglie salì a vedere lo zio Piero . Egli aveva dato l ' incarico all ' albergatore di avvertire i suoi nipoti che , sentendosi molto sonno , era andato a letto . Infatti Luisa lo udì dormire rumorosamente . Posò il lume e attese Franco . Egli venne subito e fu sorpreso di udire che lo zio dormiva già . Avrebbe voluto pigliar congedo da lui prima d ' andar a letto , perché il battello partiva di gran mattino , alle cinque e mezzo . L ' uscio della camera era chiuso , tuttavia Luisa pregò suo marito di camminare in punta di piedi e di parlar sottovoce . Gli raccontò ciò che le aveva detto la Cia . Lo zio aveva bisogno di riposo . Ella sperava che sarebbe rimasto a letto fino alle nove o alle dieci e contava partire al tocco , andar a dormire a Magadino per non affaticarlo troppo . Insistette molto su queste apprensioni per la salute dello zio ; parlava , parlava , nervosamente , volendo tener lontani altri discorsi , tener lontane con quest ' ombra carezze troppo tenere . In pari tempo andava e veniva per la camera , pigliando e posando le stesse cose , un po ' per nervosità , un po ' con la intenzione che suo marito si coricasse prima di lei . Egli pareva dal canto suo molto occupato di una borsa a tracolla che non riusciva ad aprire . Finalmente l ' aperse , chiamò sua moglie a sé , le diede un rotolo d ' oro , cinquanta pezzi da venti lire . « Capisci » , le disse , « che almeno per qualche mese non potrò mandar nulla . Questi non sono miei , li ho avuti a prestito . » Poi trasse di tasca una lettera suggellata . « E questo è il mio testamento » , soggiunse . « Ho poco ma devo pur disporre anche di quel poco . Vi è un legato solo , la spilla di mio padre che hai tu , per lo zio Piero ; e vi è il nome della persona cui devo le mille lire . A parte del testamento ci sono due righe particolari per te . Ecco . » Egli parlava con dolcezza grave , senza commozione . A lei , nel prendere la lettera , le mani tremavano . Gli disse « grazie » , cominciò a sciogliersi le trecce , poi se le riannodò , non sapeva bene che si facesse , combattuta dal fantasma della sua morta e da un ' altra visione di guerra e di morte . Disse con voce rotta che dovendo alzarsi presto per accompagnarlo al vapore pensava di non sciogliersi le trecce e di coricarsi vestita . Franco non fece parola , pregò brevemente e si cominciò a spogliare , si levò dal collo una catenella e una crocettina d ' oro ch ' erano state di sua madre . « Tienle tu » , diss ' egli porgendole a Luisa . « È meglio . Non si sa mai , potrebbero cadere in mano ai croati . » Ella inorridì , tremò , esitò un istante , gli si gettò al collo , glielo strinse da soffocarlo . Il cameriere bussò all ' uscio degli sposi verso le quattro e mezzo . Alle cinque Franco entrò col lume nella camera dello zio ch ' era svegliato . Prese congedo da lui e propose quindi a Luisa che anche il loro congedo seguisse lì . Ell ' aveva nel viso e anche nella voce una espressione di stupore grave , dolente . Non si commosse , non pianse , abbracciò e baciò suo marito come trasognata e come trasognata discese le scale insieme a lui . Passò forse in esso un lampo del pensiero che occupava l ' animo di lei ? Se ciò avvenne fu nel salotto dell ' albergo mentre prendeva il caffè e sua moglie gli sedeva in faccia . Parve che scoprisse qualche cosa in quello sguardo , in quella fisionomia , perché si fermò a contemplarla con la tazza di caffè in mano e poi gli si diffuse sul volto una tenerezza , un ' ansia , una commozione inesprimibile . Ella , manifestamente , non desiderava di parlare ma egli sì . Una parola occulta gli fremeva in tutti i muscoli del viso , gli luceva negli occhi ; la bocca non osò dire niente . Discesero al ponte di sbarco tenendosi per mano , si appoggiarono al muro cui s ' era appoggiata Luisa il giorno prima . Quando udirono il fragore delle ruote si abbracciarono per l ' ultima volta , si dissero addio senza lagrime , piuttosto sconvolti dal loro comune pensiero occulto che afflitti dalla separazione . Il battello arrivò con fracasso , furon gittate e legate le corde . Una voce gridò : « Avanti chi parte ! » . Un bacio ancora : « Dio ti benedica ! » , disse Franco e saltò sul battello . Ella rimase fino a che fu possibile udire il rumor delle ruote che si allontanavano verso Stresa . Poi ritornò all ' albergo , sedette sul letto , stette lì come petrificata in quest ' idea , in questa istintiva certezza ch ' era madre una seconda volta . Benché fosse appunto la cosa tanto temuta , non si può dire che ne provasse afflizione . Lo stupore di sentirsi dentro una voce così forte , chiara e inesplicabile , vinse in lei ogni altro sentimento . Era sbalordita . Aveva sempre pensato , dopo la morte di Maria , che il Libro del Destino nulla potesse più avere di nuovo per lei , che certe intime fibre del suo cuore fossero morte . E adesso una Voce arcana parlava proprio là dentro , diceva : « Sappi che nel Libro del tuo Destino una pagina si chiude , un ' altra si apre . Vi è ancora per te un avvenire di vita intensa ; il dramma , che tu credevi finito al secondo atto , continua e dev ' essere straordinario se Io te lo annuncio » . Per tre ore , sino a che lo zio Piero non la chiamò , Luisa restò assorta in questa Voce . Lo zio si alzò alle nove e mezzo . Stava bene . Il tempo era umido ancora , quasi piovigginoso , ma egli non volle saperne di restar in casa , come Luisa avrebbe desiderato , sino all ' ora di partire per Magadino . Sapeva , per averne chiesto all ' albergatore , che dalle nove in poi si poteva visitare il giardino , e alle dieci , preso il suo latte , vi si avviò con Luisa . Passando da San Vittore desiderò entrarvi , veder le pitture . Vi si stava dicendo messa , il celebrante si voltava a dire : « Benedicat vos omnipotens Deus » . Lo zio si fece un gran crocione , ascoltò l ' ultimo vangelo , rinunciò a veder le pitture perché c ' era poca luce e uscì di chiesa dicendo con la sua giovialità solita : « Eccomi felice e contento d ' essere andato a farmi benedire » . Non era possibile aver fretta , con lui . Si fermava ad ogni passo , guardando tutto che avesse forma d ' arte , tutto che fosse disposto per venir guardato . Contemplò la facciata della chiesa , la triplice gradinata della sbarco Borromeo , ciascuno dei tre lati del cortile e la gran palma nel mezzo , che Luisa , con grave scandalo di lui , non aveva neppur veduta passando di là insieme a Franco , la sera prima . Quando il custode li introdusse nel Palazzo ci vollero almeno dieci minuti per salire , ammirando , lo scalone . Come ne fu a capo uscì un raggio di sole e il custode propose di approfittarne per vedere il giardino . Prese a sinistra e per una fila di sale vuote accompagnò i visitatori al cancello di ferro , suonò il campanello . Venne un giardiniere , un giovinetto educato che piacque molto allo zio perché gli spiegava tutto con buon garbo , e lo zio non domandava poco . Ci vollero cinque minuti per l ' albero della canfora , presso l ' entrata . Luisa ci soffriva , temeva che lo zio si stancasse troppo e si stancava moltissimo ella stessa di dover guardare tante piante , udire tanti nomi latini e volgari , fare attenzione allo zio , mentre i suoi pensieri avrebbero voluto silenzio e solitudine . Il giardiniere propose di salire al Castello di Nettuno . Lo zio avrebbe desiderato veder da vicino il liocorno dei Borromei che s ' impenna lassù , ma c ' erano parecchi scalini a fare , l ' aria era pesante ed egli esitava . Luisa approfittò di quell ' esitazione per chiedere al giardiniere dove avrebbero trovato un sedile . « Qui sotto » , rispose colui , « a sinistra , sulla piazza degli Strobus . » Lo zio si lasciò persuadere a discendere su questa piazza degli Strobus . Era stanco ma non tralasciava di guardar tutto e d ' interrogar su tutto . Avviandosi verso gli Strobus udì venir da lontano , dalla parte dell ` Isola Madre , un rullo di tamburi e ne domandò al giardiniere . Erano i tamburi della Guardia Nazionale di Pallanza , che faceva gli esercizi sulla riva . « Adesso si fa per giuoco » , disse il giovinetto . « Mica per giuoco , ma insomma ... ! Il mese venturo faremo sul serio . Dobbiamo dare una lezione a una bestia grossa . Eccolo là , quel mostro . » Il mostro era il vapore austriaco da guerra Radetzki , detto dai riverani piemontesi Radescòn . « Entra adesso nel porto di Laveno » , disse il giovinetto . « Viene da Luino . Vengano qui se vogliono vederlo bene . » Lo zio sapeva di non avere occhi bastantemente buoni e sedette sul primo sedile che trovò sotto gli strobus , posto a ridosso di una macchia di bambù e fiancheggiato da due altre macchie di grandi azalee . Dietro ai bambù , fra i grossi tronchi distorti degli strobus , si vedeva tremolare lo specchio delle acque bianche fino alla lista nera delle colline d ' Ispra . Il cielo , fosco a settentrione , era chiaro laggiù . Luisa e il giardiniere andarono fino al cancello stemmato che guarda la verde Isola Madre , Pallanza e il lago superiore . Luisa si affacciò alla gran distesa delle acque plumbee , incoronate di colossi nebbiosi dal gruppo del Sasso di Ferro sopra Laveno ai monti di Maccagno , alle nevi lontane della Spluga . Del Radetzki si vedeva più il fumo che il corpo . I tamburi di Pallanza rullavano sempre . Lo zio Piero chiamò il giardiniere e Luisa andò ad appoggiarsi al parapetto di fianco al cancello , presso il tasso che sale dal ripiano inferiore . L ' albero le toglieva la vista del chiaro levante ; ella era contenta di esser finalmente sola , di riposar i suoi sguardi e i suoi pensieri nel grigio delle montagne lontane e delle acque immense . Il giardiniere tornò dopo un momento per mostrarle le gialle acacie fiorite e le eriche bianche del ripiano inferiore , pure fiorite . « Le bruyères blanches portano fortuna » , diss ' egli . Vedendo che Luisa , distratta , non gli badava , si allontanò verso la serra delle begonie . « Vecchio strobus » , diss ' egli parlando forte per farsi udire dai forestieri , ma senza voltarsi . « Vecchio strobus colpito dal fulmine . Se vogliono veder il giardino privato ... » Luisa si alzò e andò a prender lo zio per dargli il braccio se ne avesse bisogno . Il giardiniere che stava aspettando presso l ' entrata del boschetto di lauri , vide la signora muovere verso il signore seduto , affrettare il passo , precipitarsi con un grido sopra di lui . Come la vecchia innocente pianta , anche lo zio Piero era stato colpito dal fulmine . Il suo corpo era appoggiato alla spalliera del sedile , la testa gli toccava il petto col mento , gli occhi erano aperti , fissi , senza sguardo . Era proprio stato uno spettacolo di addio quello che la sua Valsolda gli aveva offerto . Lo zio Piero , il caro venerato vecchio , l ' uomo savio , l ' uomo giusto , il benefattore de ' suoi , lo zio Piero era partito per sempre . Egli era venuto , sì , ad arruolarsi , Iddio lo voleva in una milizia superiore , ed ecco era suonato l ' appello , egli aveva risposto . I tamburi di Pallanza rullavano , rullavano la fine di un mondo , l ' avvento di un altro . Nel grembo di Luisa spuntava un germe vitale preparato alle future battaglie dell ' era nascente , ad altre gioie , ad altri dolori da quelli onde l ' uomo del mondo antico usciva in pace , benedetto all ' ultimo momento , senza saperlo , da quell ' ignoto prete dell ' Isola Bella , che mai , forse , non aveva detto le sante parole a un più degno . FINE