Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> categoria_s:"Saggistica"
LEGGENDE NAPOLETANE ( SERAO MATILDE , 1881 )
Saggistica ,
raggio lunare pare diviso in sottilissimo fili d ’ argento , ride nelle vele bianche delle sue navicelle
LA VITA SUL PIANETA MARTE ( SCHIAPARELLI GIOVANNI VIRGINIO , 1893 )
Saggistica ,
diametro apparente a cui Marte può arrivare non supera 1/150 del diametro lunare , ed è necessario
IL PAESE DEL MELODRAMMA ( BARILLI BRUNO , 1930 )
Saggistica ,
, la scena rappresenta un paesaggio che sprofonda e affoga nella marea lunare . Fremono le chiome basse
Saggistica ,
[ Introduzione ] - La controversia che ai dì nostri si agita fra quella che suolsi chiamare scuola " positiva " del diritto penale e la scuola detta " classica " non è che il riflesso nel campo del diritto di un dissidio assai più vasto che si manifesta in tutto quanto il campo delle discipline filosofiche e morali . La negazione del libero arbitrio , e , secondo i seguaci della nuova scuola , la conseguente negazione di ogni responsabilità morale ; la tesi loro che in diritto penale occorra abbandonare la considerazione astratta del reato come entità a sé , e sia necessario invece studiare il delinquente nelle sue particolarità fisiologiche , psicologiche ed antropologiche , il delitto nelle sue cause sì individuali che sociali ; la loro tendenza ad erigere il diritto penale su basi utilitarie ; tutte le innovazioni insomma sì teoriche che pratiche di cui la scuola positiva si fa propugnatrice si presentano come corollari di quelli che sono i principî del movimento scientifico moderno ; movimento di cui il " positivismo " vuol considerarsi come la più genuina manifestazione . Il positivismo moderno , da altri designato sotto il nome di filosofia della esperienza , non fu , com ' è noto , eretto a sistema filosofico che dal Comte , ma rintraccia le sue origini assai più addietro , e può considerarsi , nella sua espressione generale , come una fondamentale tendenza dello spirito umano . Due furono in ogni tempo le vie per cui l ' uomo tentò di accrescere la sfera della propria conoscenza : ora ripiegandosi sopra sé stesso , traendo dalle profondità della propria mente e dalla contemplazione delle idee la parte maggiore dello scibile ; ora invece volgendo lo sguardo attento allo svolgersi dei fatti nel mondo reale , registrandoli con pazienti osservazioni e confronti , per ridurli a formole via via più schematiche e più generali . All ' una corrisponde la tendenza aprioristica o speculativa , all ' altra quella positiva , empirica o sperimentale . Queste due tendenze si sono in ogni tempo divise il campo del pensiero filosofico , e nella filosofia greca le vediamo principalmente rappresentate , l ' una da Platone , l ' altra da Aristotile . Ma vi sono state epoche , in cui l ' una o l ' altra delle due ha sembrato prender decisamente il sopravvento . Così il prevalere della prima tendenza ha contrassegnato in genere le epoche di profondo fervore mistico e religioso , atto a distogliere l ' attenzione dell ' uomo dal mondo delle realtà terrene , per rivolgerla a mondi ideali , più razionali e perfetti di quello nel quale la nostra vita si svolge ; mentre l ' osservazione dell ' effettivo prodursi ed avvicendarsi dei fenomeni ha contrassegnato invece piuttosto quelli d ' intensa attività ed interesse pratico . È così che sono opera principalmente del pensiero teologico quegli abusi e quelle esagerazioni del metodo astratto ed aprioristico che hanno viziato in modo così singolare la scienza del Medio Evo , e che hanno senza dubbio contribuito potentemente a provocare quella reazione contro la scolastica e la " metafisica " che dura tuttora , e di cui il positivismo moderno è la più recente espressione . Alla scolastica il positivismo si contrappone sì come metodo che come dottrina . - Era infatti appunto la credenza mistica in una realtà diversa e superiore a quella sensibile , e quindi non raggiungibile per mezzo dell ' osservazione e dello sperimento , e di ogni ragionamento che da questi prendesse le mosse , era la credenza in una realtà " trascendentale " per accedere alla quale solo potevano valere le facoltà superiori dell ' intelletto e della ragione pura , quella che giustificava l ' uso troppo esclusivo , tanto nei sistemi metafisici che in quelli teologici , del raziocinio astratto e speculativo . Per lungo tempo credettero gli uomini che i fenomeni conosciuti per mezzo della osservazione sensibile fossero la parte più caduca , più transitoria , e meno degna di fede , del nostro sapere . Mentre essa non può fornirci che le apparenze puramente passeggiere del " mondo dell ' esperienza " , la nostra ragione , il nostro intelletto , l ' intuizione , o addirittura la rivelazione " soprannaturale " ci mettono in presenza dell ' Immutabile , dell ' Assoluto , del Necessario , in quanto si contrappongono al Variabile , al Relativo , al Contingente , - di quelle verità eterne ed imperiture che " trascendono " la sfera della esperienza . Senza tener conto di questa credenza in una realtà trascendentale che precedette loro , credo sia impossibile il giudicare rettamente della funzione e del valore di molti sistemi filosofici , passati e moderni . Comunque , era la realtà trascendentale l ' oggetto di quella che fu detta " metafisica " , e fu per essa che la metafisica fu considerata non solo come la parte più nobile ed elevata , ma anche come la parte più " verace " del nostro sapere . Col progresso del pensiero si produsse , com ' è noto , un vasto movimento che fece perdere alle investigazioni metafisiche il favore originariamente tributato loro . Il cammino trionfale delle scienze fisiche , le conquiste del metodo sperimentale , la coscienza dell ' infecondità di quel tipo di speculazione che consiste nel preoccuparsi quasi esclusivamente del concatenamento logico delle idee senza fermarsi a verificare le premesse , giustificazione ultima di ogni ragionamento ; infine la grande rivoluzione metodologica che è associata col nome di Bacone ; tutto ciò contribuì ad estendere la sfera d ' influenza della " fisica " e ad esaltarla di fronte alla " metafisica " . Il primo a formulare nettamente l ' opposizione fra il positivismo , come sistema filosofico distinto , e la metafisica , fu il creatore della parola stessa " positivismo " e il fondatore del sistema : Augusto Comte . Colla sua legge dei tre stadi della conoscenza umana , di cui il terzo solo è compatibile secondo lui con la verità scientifica , egli condannava inesorabilmente ad un tempo le dottrine ed i metodi metafisici . Chi legge le prime pagine del suo Cours de Philosophie positive , scorge subito come per lui il rinnovamento del metodo non sia che la conseguenza logica di un modo radicalmente nuovo di considerare l ' universo ed i suoi rapporti con la conoscenza dell ' uomo . Ciò che distingue lo stadio positivo dallo stadio teologico e da quello metafisico " il quale in fondo non è che una modificazione del primo " , è che in esso " la mente umana , riconoscendo l ' impossibilità d ' ottenere delle nozioni assolute , rinunzia a ricercare l ' origine e la destinazione dell ' universo , e a conoscere le cause intime dei fenomeni per applicarsi solo alla scoperta , mediante l ' uso ben combinato del ragionamento e dell ' osservazione , delle loro leggi effettive , vale a dire delle loro relazioni invariabili di successione e di similitudine . La spiegazione dei fatti , ridotta allora a dei termini reali , non è più quindi che il legame stabilito fra i diversi fenomeni particolari e alcuni fatti generali , di cui il progresso tende sempre più a diminuire il numero " . Ora , se osserviamo questo periodo , come pure gli altri che lo accompagnano vediamo che è facile riscontrare in esso due elementi distinti , sebbene messi in stretto rapporto fra di loro . Oltre all ' elemento metodologico - l ' ammonimento da tener conto della realtà positiva , a usare con sobrietà del raziocinio allo scopo di evitare il pericolo di equivoci , sofismi , spiegazioni verbali o altri errori ; - vi si scorge l ' idea di una vera e propria limitazione della conoscenza umana . Non può l ' uomo conoscere le " cause intime " dei fenomeni e deve abbandonare la vana pretesa di penetrare fino alle " essenze " alle " sostanze " delle cose , di risalire alle loro origini o ricercare il loro fine . La sua conoscenza è puramente relativa ; una vasta porzione della realtà deve rimanere per lui in eterno un mistero , un campo per le ipotesi più svariate , tutte egualmente destituite di ogni possibilità di verificazione . È questa la teoria detta della " relatività della conoscenza " , la quale ha prestato allo Spencer gli argomenti per la sua celebre dottrina dell ' Inconoscibile , ma che si riconnette storicamente e logicamente alle classiche ricerche di Locke , Hume , Berkeley e finalmente Kant , sulla natura e le funzioni della nostra conoscenza . Quale sia la portata di tali ricerche è noto : esse ebbero per oggetto l ' analisi dei nostri concetti più elevati ed astratti , lo studio della origine delle nostre idee , e dimostrarono la natura sensoriale " empirica " di ogni conoscenza , la dipendenza di ciò che diciamo " mondo esteriore " dalle nostre rappresentazioni , il contenuto sperimentale dei nostri concetti di causa e di sostanza . A torto o a ragione , da tali ricerche scaturì una vena di scetticismo e d ' agnosticismo che ancora oggi domina gran parte del pensiero filosofico , e risalta evidente negli scritti dei più fra i positivisti . Il positivismo è da questi concepito come una dottrina critica e demolitrice , che rovesci , per la sola virtù del suo modo di concepire la conoscenza umana , tutto un mondo di antiche idee e credenze di cui dimostra irrevocabilmente la falsità . Tutti quegli oggetti del pensiero , cui si accompagnava nella mente dei " metafisici " qualche credenza effettivamente resa inaccettabile dalla nuova teoria della conoscenza ( p . es . la credenza ch ' essi facessero parte della realtà " trascendentale " ) , sono per ciò solo dichiarati " entità metafisiche " , destituite pertanto d ' ogni valore e significato e da scartarsi senza ulteriore esame . Non è qui il luogo di mostrare quali danni alla correttezza del pensiero filosofico può aver recato tal maniera di ragionare . Avremo occasione di tornare varie volte su questo argomento , specialmente a riguardo del modo con cui molti positivisti considerano la libertà e la volontà , designate da loro quali entità metafisiche . Di questo elemento scettico si risente in parte l ' attitudine assunta dal " positivismo " moderno di fronte alle questioni morali e giuridiche . Ma qui bisogna inoltre tener conto dell ' apparente antagonismo fra la concezione " scientifica " delle cose e quella che e morale e diritto hanno considerato finora come essenziale alla propria esistenza e a cui il positivismo quella vorrebbe sostituire . La scienza tende a concepire i fenomeni come svolgentisi gli uni dagli altri secondo leggi fisse e costanti , fornite del carattere della necessità ; mentre la morale e il diritto li considerano come atti a mutarsi e trasformarsi docilmente sotto la mano dell ' uomo , dotato di volontà e libertà . Di qui un dissidio che , apparente o reale che sia , ha ad ogni modo fatto credere esservi fra i risultati della scienza ed i postulati della morale un ' insanabile contraddizione , ogni progresso dell ' una dovendo segnare una restrizione ed un abbassamento dell ' altra . È questo il problema omai secolare del libero arbitrio , la discussione del quale dal positivismo sembra avere ricevuto nei tempi recenti nuovo incitamento e importanza più grave , e che può considerarsi altresì come il pernio attorno al quale si aggira la controversia da esso sollevata a riguardo del diritto penale . - Consideriamo ora più specialmente la " scuola positiva del diritto penale " . Anche qui vediamo la proposta di un metodo , nuovo e diverso , fondata su un modo nuovo e diverso di concepire la base e la natura del diritto di punire . Come il positivismo in genere dichiara " antiscientifici " i metodi della metafisica in nome di una nuova teoria della conoscenza , così pure noi vediamo nella scuola " positiva " come contrapposta alla scuola classica , la pretesa di inaugurare un metodo nuovo , più " scientifico " di quello finora prevalso nelle discipline penali . L ' indirizzo prevalente del diritto penale , sia per le sue origini che risalgono a quel generoso movimento di reazione che si produsse nel secolo XVIII contro gli abusi e gli arbitrii che viziavano l ' amministrazione della giustizia , e quindi nel razionalismo individualistico degli enciclopedisti ; - sia anche per le tendenze psicologiche e le opinioni individuali degli scrittori che più hanno influito su di essa ; - ma soprattutto , diciamolo sin d ' ora , per le esigenze imprescindibili della materia penale , si è sempre attenuto , e si attiene tuttora , ad un metodo essenzialmente astratto . Non questo o quell ' individuo autore del reato , ma il reato stesso è l ' oggetto del diritto penale : e il reato considerato non come fatto concreto , ma come ente astratto , come mero rapporto di contraddizione fra l ' atto dell ' uomo e la legge dello stato . È al reato così inteso che viene commisurata la pena , indipendentemente da ogni effetto d ' emenda o di ravvedimento che sia a presumersi abbia ad avverarsi nell ' autore del fatto lesivo , indipendentemente dalla pericolosità speciale dell ' individuo quale può risultare dall ' esame particolare di lui , indipendentemente infine da ogni idea di esemplarità ulteriore della pena sui male intenzionati . - Per i positivisti , un tale metodo si trova in contraddizione colle regole più utili e feconde del metodo sperimentale ; esso è per loro un metodo " metafisico " , come è una " entità metafisica " per loro il reato quale è dalla scuola classica considerato e studiato . Ma non solo il metodo : i principii stessi su cui si fonda secondo i classici , il diritto di punire sono per loro " metafisici " . È questo anzi il punto in cui più si manifesta il carattere critico e demolitore delle nuove dottrine , analogo a quello che abbiamo riscontrato nel positivismo in generale . Qui come là , la riforma del metodo si annunzia come la conseguenza logica della mutazione nelle dottrine ; cosicché un giudizio completo nel metodo non potrà aversi se non dopo un esame , per quanto sommario , di queste sue basi teoriche , e della questione se e fino a qual punto il metodo possa considerarsene come una logica derivazione . Due sono i punti teorici fondamentali nei quali la scuola positiva si pone come avversaria alla classica . L ' uno è rappresentato dalla questione del libero arbitrio , l ' esistenza del quale la scuola " classica " postula come fondamento della imputabilità , mentre è dall ' altra scuola negata . L ' altro punto è la " giustificazione " del diritto di punire , che l ' una pone nella giustizia , l ' altra nell ' utilità , nella necessità in cui si trova la società di difendersi dai suoi nemici . Come è facile vedere , queste premesse trascendono la sfera speciale del diritto punitivo per avere una portata addirittura sul modo di concepire la morale . - Coll ' identificarla col calcolo utilitario , esse tendono a toglierle esistenza distinta ; come , negando la libertà , esse le tolgono la " condizione pratica " per la sua possibilità . Per ciò che riguarda il diritto penale , piuttosto che a produrre una riforma di esso , tali dottrine , se considerate nella loro espressione estrema , sembrano atte piuttosto a scalzarne addirittura le basi . I diversi argomenti dei positivisti sono concatenati fra loro . Ragionano i positivisti : negato il libero arbitrio , su cui poggiavano l ' idea di responsabilità , di merito e demerito , idee necessarie così alla morale come al diritto , ne viene di conseguenza che il diritto di punire , nel senso più comune di questo vocabolo , non è più ammissibile né nella società , né negli individui , e sola rimane la necessità per la società di difendersi da chi ne lede il benessere e la tranquillità , di porlo nell ' impossibilità di nuocere altrimenti , di rimuovere le cause per cui egli fu condotto a ciò fare . A questo fine unico mezzo è lo studio accurato dei precedenti del colpevole , la ricerca di tutti i coefficienti che cooperarono alla produzione necessaria del male , e ciò col duplice intento di rimuovere le cause individuali e sociali del delitto , di curare nell ' individuo l ' irresistibile impulso a commetterlo ; nonché di mettere , nel modo più opportuno e su di lui efficace , il reo nella pratica impossibilità di tradurlo in atto , per tutto il tempo che l ' impulso dura . La verità è che , ammessi tali principî , si avrà una medicina od una profilassi individuale o sociale ; si avrà un complesso di riforme per prevenire in modo diverso il delitto ; ma di un vero e proprio diritto penale non si potrà parlare . Comunque , è da tali premesse che si traggono le conseguenze surriferite intorno al metodo in diritto penale . Non più la considerazione astratta del reato , ma lo studio concreto del delinquente e di tutte le cause che lo spinsero a delinquere . Solo così potrà ottenersi una efficace difesa e rigenerazione sociale . Il metodo da adottarsi , secondo i positivisti , non è diverso da quello invalso per lo studio dei fenomeni naturali : mediante l ' osservazione e lo sperimento acquistare una conoscenza chiara del modo di prodursi e di svolgersi dei fenomeni , delle leggi fatali che li governano : allo scopo di poter poi agire , modificando gli antecedenti , sui conseguenti , e di accrescere così il nostro potere sulla natura . Fino a che punto tale concezione è essa legittima ? Fino a che punto i principî del positivismo come sistema filosofico , se veri in generale , sono applicabili alla sfera più particolare del diritto penale ? E quali sono le conseguenze legittime di una tale applicazione ? A nostro parere , se la tendenza generale segnata dal positivismo è giusta , come quella che rappresenta la maturità scientifica dei tempi nostri ; bisogna però guardarsi da certe intemperanze ed eccessività , frequenti negli scritti dei positivisti , ma che del vero e proprio metodo positivo costituiscono la più flagrante violazione . Se molte delle premesse che la scuola positiva in diritto penale fa sue , sono tali che nessuno potrebbe con cognizione di causa negar loro la propria adesione ; pure molte delle illazioni che essa ne trae sono inesatte od errate , o non tengono conto di elementi pure imprescindibili dell ' oggetto loro . Per chiarir ciò , converrà prima prendere in esame la questione del libero arbitrio : per poi passare alle altre questioni implicate dal nostro argomento . LIBERO ARBITRIO ED IMPUTABILITÀ MORALE . La teoria , che per la prima volta io comprendeva rettamente , cessava di essere scoraggiante , e , oltre al sollievo che ne venne al mio spirito , io cessai di soffrire sotto al peso , così grave per chi mira ad essere un riformatore delle altrui opinioni , di reputare una dottrina come vera , e la dottrina contraria come moralmente benefica . [ MILL , Autobiography , , 1873 , p . 170 ] . - Se noi ricerchiamo qual ' è la ragione dell ' interesse e della passione di cui la questione del libero arbitrio è stata in ogni tempo l ' oggetto , non ci sarà difficile vedere ch ' essa sta principalmente nell ' enorme importanza pratica del problema della Responsabilità . L ' intima connessione fra questo e la libertà del volere è insieme un dato del senso comune , un risultato della riflessione filosofica , e un prodotto dell ' evoluzione del diritto dalle forme più brutali di reazione violenta e senza misura contro la causa , qualunque essa sia , del danno ricevuto , a quelle rigorosamente misurate e strettamente personali delle civiltà più progredite . Una conveniente trattazione del tema della responsabilità non potrebbe quindi andar disgiunta da una discussione , per quanto sommaria , della celebre questione detta del " libero arbitrio " . Questa , com ' è noto , sembra essere una delle questioni più ribelli che abbiano mai affaticato l ' ingegno umano ; e da più secoli ch ' essa è controversa , non sembra ancora aver mosso il passo decisivo verso la sua soluzione . Oggi ancora per alcuni il libero arbitrio è " un ' illusione " per altri esso è una verità evidente , un " fatto " che non ha bisogno neppure di dimostrazione . Per quasi tutti poi , l ' affermazione o la negazione del libero arbitrio è un dilemma gravissimo , onde dipendono conseguenze teoriche e pratiche di incalcolabile valore . Si tratta infatti di sapere " se l ' uomo possa determinarsi da sé ad agire in un modo piuttosto che in un altro , se possa scegliere liberamente il male ed il bene , e se perciò possa essere ritenuto responsabile dei propri atti " . Il consenso comune è sempre stato per il verdetto affermativo , mentre la filosofia , che col senso comune non di rado si trova in conflitto , ha dato per bocca di molti fra i suoi più eminenti cultori responso contrario . Secondo l ' opinione più generale , la questione " se l ' uomo possa determinarsi ad agire " si identifica con quella della causalità nelle umane azioni : se cioè all ' uomo , in quanto è dotato della facoltà di volere , sia applicabile il principio di causalità . L ' uomo solo , dicono alcuni , sfugge alla " legge di necessità " che governa tutti quanti gli altri esseri . Niuna regola lo costringe , niuna legge fatale gli addita in anticipo la via da seguirsi . Egli solo perciò è veramente libero ; libero non " relativamente " , come lo possono essere alcuni agenti della natura di fronte ad altri , ma " assolutamente " . A tali affermazioni rispondono altri , facendosi forti di tutto il movimento scientifico moderno ed asserendo l ' impero della causalità anche nel campo dell ' umane azioni , donde essa sembrava voler essere per sempre esclusa . Essi si credono perciò anche in diritto di negare che le azioni umane possano dirsi libere , e ne traggono argomento per rifiutar loro la responsabilità , così morale che giuridica . È un dilemma dal quale sembra non esservi scampo : da una parte una esigenza suprema della morale e del sentimento , dall ' altra l ' autorità della scienza , oggi sempre crescente . Delle due tesi alternative , la prima ci conduce alla concezione di una volontà quasi nata per miracolo , distaccata da ogni suo antecedente , non atta ad essere studiata nelle sue origini , nelle sue cause , non suscettibile cioè di alcuna conoscenza scientifica ( scire est per causas scire ) ; l ' altra sembra por capo ad un fatalismo più o meno larvato ( poiché nessuno , come ben osserva il Mill , è coerentemente fatalista ) . E mentre il fatalismo ci ripugna , ed è d ' altra parte contrario all ' intuitiva coscienza e all ' orgoglio dell ' uomo , l ' ammettere una soluzione assoluta della continuità naturale fra gli antecedenti tutti quanti della volontà e la volontà stessa , un abisso attraverso il quale non sia possibile tendere alcun filo logico di prevedibilità , è cosa non meno contraria , per altri rispetti , alle nostre esigenze pratiche ed intellettuali . Come la morale sembra postulare l ' affermazione del " libero arbitrio " , così tutta quanta la scienza dell ' uomo sembra postularne la negazione . Entrambe le alternative sono insomma , per dirla col James , postulati di razionalità , la scelta fra i quali non può non riuscirvi per un lato od un altro , dolorosa . Nel fatto , sulla inevitabilità di questo dilemma sorgono gravi dubbi . È evidente , che se una necessità inesorabile costringesse gli uomini ad agire in determinate guise e non altrimenti ; se l ' uomo fosse condannato ad assistere , spettatore inerte , automa cosciente , allo svolgersi degli avvenimenti predeterminati ab aeterno da un fato contro cui ogni resistenza è vana , la nostra credenza nella responsabilità sua sarebbe un imperdonabile errore . Questa è la tesi del fatalismo logico e coerente . Ma il fatalismo come dottrina implica l ' impotenza della volontà umana dinanzi a forze che la trascinano suo malgrado : esso pone queste forze come estrinseche alla volontà , come fattori a lei esterni che entrano in lotta con lei e finalmente la dominano vittoriosamente . Per il fatalista , la volontà esiste come entità distinta , già completamente formata ; esiste l ' impulso ad agire , la tendenza al bene o al male , il dolore e il piacere , il desiderio , l ' aspirazione , l ' ideale ; tutto quel complesso di elementi che contribuiscono alla costituzione di una volontà risoluta ; solo che tutte queste forze rimangono senza alcun effetto . " Ducunt volentem fata , nolentem trahunt " , è l ' espressione tipica del modo fatalistico di concepir la vita : nel quale la volontà ed il fato sono rappresentati come potenze antagonistiche , l ' una però destinata a soggiacere eternamente all ' altra . La questione del libero arbitrio però , com ' è generalmente intesa , non si limita a considerare soltanto la volontà in rapporto alle forze che ne possono limitare o contrastare l ' effetto . Se infatti noi ci domandiamo quali sono le cause che hanno prodotta una determinata volizione , oppur discutiamo in astratto se cause siffatte esistono o sono discopribili , consideriamo la volontà non più ne ' suoi effetti , ma nel processo stesso della sua formazione . Posso benissimo conoscere l ' atto volontario e saperlo distinguere nel caso pratico dagli atti di diversa natura , attribuire alla volontà la sua più piena efficacia ; e nello stesso tempo rimanere dubbioso intorno a qualche qualità propria dell ' atto volontario stesso . Così posso pormi la questione , alla quale più propriamente si riduce la controversia del determinismo : fra le proprietà che distinguono l ' azione volontaria da quella che non è tale , si trova anche la proprietà di fare eccezione al principio di causalità ? Si differenzia essa dalle non volontarie per una maggiore indeterminatezza , o per una indeterminatezza assoluta ? Questa seconda questione è assai diversa dalla prima , se cioè gli atti umani dipendano o non dipendano dalla volontà . Mentre quella portava essenzialmente sulla volontarietà delle umane azioni , questa porta sulla loro prevedibilità ; mentre quella verteva sulla possibilità per noi di agire in un modo piuttosto che in un altro , questa verte piuttosto sulla possibilità per gli altri di influire su di noi : mentre infine la soluzione di quella può decidere della fiducia che possiamo avere in noi , questa decide piuttosto della fiducia che in noi possono avere gli altri . L ' insistere sulla radicale diversità dei due problemi non è , come alcuno potrebbe ritenere , l ' enunciare un truismo : tale diversità è atta ad essere stranamente trascurata . Molti la riconoscono in principio , per poi dimenticarsene nell ' ulteriore svolgimento delle loro dottrine , mentre altri adoperano un linguaggio che lascia incerto quale dei due problemi intendano trattare . Ciò produce uno stato di confusione e d ' equivoco da cui è assai difficile liberarsi , anche per le menti più avvezze alla critica logica . - Chi nega il libero arbitrio è raro che con ciò voglia negare il carattere di volontarietà che hanno alcune fra le nostre azioni . Interrogato , è anzi probabile ch ' egli protesti contro una supposizione siffatta . " Chi ha mai contestato , egli dirà , l ' esistenza di volizioni e la loro relativa efficacia ? Ciò sarebbe puerile . Sono i nostri avversari che ci fraintendono . Per costoro , la volontà sorge dal nulla ; è un vero miracolo ; è un concetto che si trova nel contrasto più aperto colla concezione scientifica , " positiva " del mondo ; è infine una " entità metafisica " che noi ci sentiamo in diritto di scartare sdegnosamente . Ma altra cosa è affermare che le nostre relazioni son " necessarie " e altra cosa affermare che non possiamo fare ciò che vogliamo . Questa è la libertà fisica , mentre noi ci riferiamo alla libertà " morale " , fondata nell ' assurdo concetto di una volontà senza cause . È soltanto nel concetto di volontà che differiamo dai nostri avversari ; alla loro concezione metafisica noi sostituiamo la sola concezione positiva " . A tal discorso non potremmo rispondere se non che su ciò possiamo essere in parte d ' accordo con loro , e che il solo argomento di discussione sarà fino a qual punto certe ulteriori loro affermazioni siano conformi alla premessa così enunciata . Quando si muta il concetto di una cosa , quando , in altre parole , non si fa che negarle certe proprietà e attribuirgliene certe altre , occorre star bene attenti a distinguere dalle proprietà che se ne vanno quelle che rimangono , per non attribuire a tal mutamento di concetto conseguenze maggiori di quelle che veramente ne derivano . Quando neghiamo agli atti umani l ' attributo della libertà , occorre essere ben cauti a sapere di qual libertà si parla . Per lungo tempo si è creduto che " l ' essenza " della libertà consistesse nell ' indipendenza da quel principio di causalità che regge la natura esteriore ; perciò chi pretende estendere il principio di causalità alle azioni umane si è creduto in diritto di negare che queste si possano dir " libere " . Lo stesso è a dirsi dell ' attributo della " volontarietà " : se i nostri atti volontari sono quelli che fuggono ad ogni vincolo causale , ciò significa che non v ' è attività umana che meriti veramente il nome di volontaria . Il male si è che le parole " volontario " e " libero " hanno , nel linguaggio ordinario , un significato determinato ed ormai consacrato dall ' uso . Venti volte al giorno io dico : voglio , e mi sento libero di eseguire la mia volontà . Se qualcuno mi viene a dire che tale mia persuasione è frutto di una " illusione " , il mio buon senso si ribella , e sono inclinato a dar del mistificatore al mio interlocutore . Che se poi le sue ragioni mi convincono , io ne risento un effetto deprimente , e propendo verso una concezione fatalistica della vita . È che la violazione dell ' uso corrente delle parole non avviene quasi mai impunemente ; tosto o tardi la confusione si produce , con danni teorici e pratici talora gravissimi . È come se qualcuno spacciasse monete con valore effettivo inferiore al loro valor nominale , e credesse d ' essere scevro di ogni responsabilità , e di avere evitato ogni inconveniente , per non essersene egli valso se non per il loro valore effettivo , dichiarando oltre a ciò il valore stesso alla persona ricevente . A parte la possibilità della frode e di illecito guadagno per quest ' ultima , è certo che vi sarà tosto o tardi chi prenderà le monete per il loro valore nominale , se qualcuno non ne arresta il corso denunziando l ' inganno . Non altrimenti avviene per le parole adoperate in un senso troppo diverso dall ' usuale . Il linguaggio ha un valore essenzialmente sociale , quasi direi pubblico , e a nessun singolo è lecito farlo variare arbitrariamente . Ogni parola desta in noi , occorre non dimenticarselo , una folla di associazioni , che solo in parte soggiacciono al nostro controllo cosciente . Le " questioni di parola " che generalmente sono considerate come disquisizioni sterili ed oziose , hanno invece una importanza grande appunto per ciò : che una parola , a meno che non sia coniata ex novo , porta seco una moltitudine di rappresentazioni associate che è vano il volere assolutamente sopprimere negli altri , e perfino in noi . Il chiedersi se ad un dato oggetto sia applicabile un dato nome equivale praticamente a chiedersi se tale oggetto possegga le qualità che da tal nome sono o debbono essere rappresentate ed evocate , se cioè tale oggetto debba farsi registrare nella " classe di oggetti " che il nome designa . Ogni questione di parola pertanto , coinvolgendo più o meno direttamente una questione di classificazione , è nello stesso tempo anche una questione di pensiero : la sola differenza fra essa e la " questione di fatto " consistendo in ciò , che mentre in quest ' ultima si tratta di vedere se esista un determinato oggetto o quali sono i suoi rapporti con altri , nella prima si discute se quei rapporti ( ad es . di somiglianza ) che abbiamo constatati fra più oggetti e che vengono connotati da un nome si estendano anche ad un altro oggetto : il che si esprime dicendo che questo oggetto deve o non deve essere chiamato in quel dato modo . Non si meravigli quindi alcuno se ravviserà nella presente discussione del problema del libero arbitrio i caratteri propri della " questione di parola " . È appunto solo sollevando una " questione di parola " che le nostre idee sul libero arbitrio e i suoi rapporti colla responsabilità morale e giuridica potranno farsi chiare ; ed è dal non averla sollevata per tempo che dipende , in gran parte , lo sterile dispendio di forze intellettuali che intorno a questa questione si è prodotto . L ' inconveniente , che rende difficili tutte le questioni del genere di questa del libero arbitrio , non è , come alcuno ha creduto , ch ' esse non abbiano per oggetto l ' esperienza accessibile e che perciò offrano soluzioni le une e le altre egualmente indimostrabili come vere ; ma che i concetti e le idee sono in esse rappresentate da parole il cui significato , volgare o filosofico , ha variato storicamente e non è oggi facile a definirsi , e che quindi recano implicazioni intellettuali o sentimentali aventi coi concetti maestri , per così dire , un semplice rapporto di contiguità e non di dipendenza logica . Vedremo ciò meglio or ora . Ma è così che spesso gli avversari discutono come se asserissero cose irreconciliabilmente opposte , mentre in realtà fanno affermazioni che potrebbero benissimo sussistere l ' una accanto all ' altra senza nuocersi : ed avviene altresì che ciascuno di essi , trasportato dalla foga della disputa e dallo spirito di scuola , nonché tratto in inganno dal suono stesso delle proprie parole , trascura di fare le necessarie distinzioni e si rifiuta di ammettere quelle parti della dottrina avversaria , spesso le più fondamentali , alle quali egli non avrebbe di per sé alcuna obbiezione da fare . Avviene pertanto che l ' errore di ciascuno consista piuttosto in ciò che ognuno indebitamente nega dell ' altro , anziché in ciò ch ' egli afferma di cognizione propria ; e nelle conseguenze ch ' egli da questa indiscriminata negazione trae . - È generalmente nota la distinzione fra quei giudizii che il Kant chiama analitici e quelli ch ' egli chiama sintetici , e che furono per lo addietro designati come proposizioni essenziali e proposizioni accidentali . Mentre colle proposizioni sintetiche , che possono anche essere chiamate proposizioni reali ( Mill ) , intendiamo asserire qualche cosa di nuovo nell ' oggetto designato da un nome , che perciò non era implicato nel significato del nome stesso , nelle proposizioni analitiche , che possono essere considerate come verbali , noi " asseriamo di una cosa sotto ad un nome determinato solo ciò che è asserito di essa per il semplice fatto di averla chiamata con quel nome " ( Mill ) . Tale distinzione non ha forse quell ' importanza che le venne da alcuni attribuita , per il fatto che praticamente riesce assai difficile il riconoscere quali sono le proposizioni analitiche e quali le sintetiche . Le parole non conservano il medesimo significato da tempo a tempo , né da individuo ad individuo . Esse vanno ora estendendo il loro senso a proprietà che prima erano fuori dalla loro sfera d ' applicazione , ora abbandonandone altre che prima in essa rientravano . Onde non sempre le proposizioni sono sintetiche o analitiche per tutti : certe proprietà , che per alcuni sono pure e semplici implicazioni del significato di una parola , per altri , più ignoranti o meno riflessivi , sono elementi nuovi , su cui la loro attenzione va espressamente richiamata . " Le parole , scrive un arguto filosofo , che sono l ' intermediario indispensabile fra il mio pensiero e l ' altrui , hanno ben l ' aria di essere un intermediario inutile ed incomodo fra il pensiero e il suo oggetto . Il pensiero per sua natura è dinamico e vivente ; esso non è , ma diventa , è un progresso , non una cosa ; esso è un organismo di cui le immagini rappresentano le cellule , con questa differenza , che " ogni cellula occupa un punto determinato del corpo , mentre un ' idea veramente nostra riempie tutto il nostro organismo " ( Bergson ) . Le immagini si avviluppano , si generano , si penetrano fra di loro ; esse formano un tessuto vivente . Questo tessuto , il linguaggio lo lacera , lo mette in brandelli , poi ch ' esso esige che " noi stabiliamo fra le nostre idee le medesime distinzioni nette e precise , la medesima discontinuità che fra gli oggetti materiali " ( Bergson ) . Come l ' arcobaleno sulla cascata permane colla sua gamma di vivaci colori nonostante il fluire incessante delle molecole liquide che ne sono quasi il sostegno materiale , come il corpo umano si mantiene colle sue fattezze pressoché inalterate attraverso al perenne rinnovarsi della materia organica che lo compone , così , mentre il pensiero si trova in uno stato di plasticità e di fluidità continue , le forme del linguaggio che servono ad esprimerlo hanno la fissità dei solidi che non mutano d ' aspetto se non per la lenta corrosione degli elementi esteriori . Parole rimaste quasi inalterate a traverso i secoli sono passate a poco a poco per infinite sfumature di significato , in modo da trovarsi alla fine della loro evoluzione a contatto , per così dire , con pensieri diversissimi da quelli ch ' esse rappresentavano originariamente . La storia delle scienze e della filosofia ci offre innumerevoli esempi di questa attitudine del pensiero a scivolare sotto alle parole . E ciò che si verifica per i popoli si verifica pure per gli individui . Per il medesimo individuo , nei diversi stadi della sua vita , a seconda dei diversi gradi della sua educazione e della sua esperienza , il significato di una parola cambia . Così pure se ci volgiamo a considerare i rapporti degli uomini fra di loro , vediamo che per quanto i diversi individui adoperino gli stessi termini a designare a un dipresso i medesimi oggetti , dietro a tale uso abbastanza uniforme si celano differenze notevoli nel senso dei termini stessi . In altre parole , numerose espressioni , pure avendo per tutti la medesima estensione , non hanno per tutti la medesima comprensione : non altrimenti che gli oggetti sul mercato , vendutivi ad un prezzo ch ' è eguale all ' incirca per tutti , possono rappresentare per gl ' individui che se li scambiano gradi diversissimi di valore subbiettivo , cioè di " utilità marginale " . " Ciò dipende , dice il succitato scrittore , dal modo in cui facciamo la conoscenza delle parole . È a forza di veder attribuire le medesime parole ad una quantità di oggetti differenti che si arriva ad indovinarne il senso , se pur ci si arriva : poiché di rado si osserva , e mai con grande precisione , e qualche volta non si osserva affatto ciò che tutti questi oggetti hanno in comune . Così " un fratello sa chi sono i suoi fratelli e le sue sorelle , molto tempo prima di avere una nozione qualsiasi della natura dei fatti implicati nel significato di tali nomi ( MILL , System of logic , I , 1 , Ch . II ) " . " Per provare che qualche fraintendimento esiste sempre in fondo alle conversazioni , basta considerarne parecchie che si succedono sul medesimo argomento . Il malinteso , impercettibile a prima vista , diventa allora patente e colpisce le menti anche meno accorte . È così che la storia si converte in leggenda . Il sistema filosofico più intelligibile in sé e più chiaramente esposto , se si propaga e si estende , è atto a diventare una raccolta di formole vane od una nuova dottrina . Esso non è più compreso o è mal compreso . E in tal modo che nel Medio Evo ogni commento alla filosofia di Aristotile è un traviamento oppure un pensiero originale . Ora la scolastica è un fatto di tutti i tempi : essa compare nell ' antichità , e il Rinascimento l ' ha appena rovesciata ch ' esso la ristabilisce sotto altra forma " . Comunque , è il fatto che le parole non hanno eguale comprensione per tutti coloro che le adoperano , quello che rende quasi impossibile stabilire quali siano le proposizioni sintetiche e quali le analitiche . Così si suol addurre generalmente , seguendo il Kant , come esempio di proposizione analitica la frase : i corpi sono estesi , mentre quest ' altra : i corpi sono pesanti , sarebbe una proposizione sintetica . Ora ciò non è esatto , poiché se chi ha studiato nei libri di fisica , dove corpo è generalmente definito come ciò che occupa dello spazio , è probabile pensi che l ' estensione è un attributo assai più direttamente implicato in tal nome ; d ' altra parte può darsi che l ' operaio o il contadino , che assai più spesso ha sentito la pesantezza dei corpi di quel che non abbia ragionato sulla loro estensione , troverà più naturale attribuir loro la prima che la seconda . È vero che mentre tutti i corpi " occupano dello spazio " , vi sono dei corpi che non pesano pel braccio che li solleva ; ma se per pesante s ' intende semplicemente soggetto alla gravità , si vedrà che la frase : i corpi sono pesanti , è non meno analitica dell ' altra . Il principio d ' inerzia , o di conservazione dell ' energia , e quello della conservazione della materia ci appajono oggi così evidenti che sono da alcuno in ciò equiparati agli assiomi della aritmetica . Eppure vi è stato un tempo in cui tali verità erano apertamente disconosciute , in cui si credeva che il movimento si esaurisse e la materia svanisse senza lasciar traccia di sé , ed è solo attraverso ad una lunga serie di sforzi intellettuali che gli uomini sono arrivati a convincersi del contrario . Il principio che la materia " non si crea né si distrugge " , è asceso al grado di giudizio analitico solo in tempi relativamente recenti . In tesi generale il cammino della scienza tende ad aumentare il numero delle proposizioni che sono , o possono essere per chi le enuncia , analitiche . - Le leggi scientifiche formulano rapporti invariabili di coesistenza e successione fra fatti e proprietà ; il che ci permette di dedurre dalla presenza di un fatto o di una proprietà una catena sempre più lunga di fatti o proprietà . - Ora le proprietà di un oggetto sono quelle che servono alla sua definizione - un oggetto è un insieme di proprietà costantemente legate fra loro . - Ciò che ci dà il concetto di un oggetto non è che l ' insieme delle sue proprietà essenziali : e tali sono quelle appunto che intendo attribuirgli quando gli assegno quel dato nome . E quando io affermo di un oggetto una di queste proprietà le quali sono , o possono essere contenute nella sua definizione , io enuncio una proposizione analitica . Ora la scienza accresce il numero delle proprietà legate fra loro in modo , che la presenza di una di essa sia indizio certo della presenza delle altre . - Tutte le proposizioni generali ch ' essa enuncia sono sintetiche per chi le ode per la prima volta , ma sono atte a divenir analitiche per chi è familiare con esse . Se tutti gli oggetti designati da un nome posseggono invariabilmente , oltre alle proprietà sin qui conosciute come costituenti la connotazione del nome stesso , anche altre proprietà ciò vorrà dire che basterà d ' ora in poi semplicemente aver applicato il nome stesso ad un oggetto per intendere che questo possiede , oltre a quelle , anche queste . " La scienza , scrive il Dugas , è un linguaggio ben fatto , e questo linguaggio è l ' espressione , ognora più abbreviativa e più semplice , di una realtà meglio conosciuta nei suoi particolari e nella sua complessità " . Ma se pertanto col progredire della scienza il numero dei giudizi analitici tende a crescere , talora per avventura accade che una proprietà , fino a un certo momento ritenuta " essenziale " ad un dato oggetto , si scopra non esser tale , sia perché si trovano altri oggetti , pur aventi tale comunanza di proprietà con quello da costringerci a chiamarlo collo stesso nome , ma mancanti di quella proprietà in particolare ; sia perché una nuova corrente di pensiero porti a negare quell ' opinione finora generale . In breve , anche nel cammino della scienza bisogna tener conto dell ' errore possibile . Che avverrebbe se domani si verificasse un caso ben constatato di annullamento della materia ? - Quando si scopre l ' errore , cioè si riconosce che una data proprietà non è affatto , come si credeva , caratteristica di un dato oggetto , una scelta si impone : o si mantiene il nome di prima a quel gruppo d ' oggetti , rifiutando d ' ora innanzi la definizione che se ne dava mediante quella proprietà ; o si seguita a ritenere quella proprietà essenziale all ' applicabilità del nome , affermando così che il tal gruppo di oggetti non " merita " più tal nome . Ad ogni modo tutto ciò mette sempre capo ad un rifiuto o ad una sostituzione di definizione . Tale rifiuto o sostituzione non interessa gli oggetti reali se non per ciò che riguarda quella o quelle determinate proprietà . Gli oggetti rimangono integri pel rimanente , né apprendiamo nulla sulla loro esistenza o meno . Non sempre però di ciò si tien conto . Accade , abbiamo visto , che coloro i quali sono avvezzi a sentir definire l ' oggetto mediante quella proprietà particolare , si rifiutino d ' ora innanzi ad applicare il nome di quell ' oggetto al complesso di proprietà rimanenti , o , ciò che è lo stesso si rifiutino di ammettere l ' esistenza di oggetti a cui quel nome sia applicabile , col pretesto che quelli che esistono " mancano delle proprietà necessarie per potere essere così chiamati " . Che cosa ne deriva ? che siccome invece nel linguaggio ordinario il nome indica anche la presenza delle altre proprietà , il loro rifiuto è male interpretato , si crede che " l ' oggetto " sia addirittura negato , e se ne desumono delle conseguenze che sono altrettante erronee quanto difficili a dimostrarsi tali . Infatti la premessa onde si parte , il rifiuto di applicare un dato nome , può esser giusta ; ma secundum quid , vale a dire secondo la definizione particolare che del nome è stata data . D ' altra parte le conseguenze sono tratte da quel rifiuto preso sic et simpliciter , come riguardante il nome nella sua più completa ed usuale connotazione . Ci troviamo quindi dinnanzi ad un sofisma , che spesso si cela sotto le pieghe di una sottilissima e complicatissima dialettica , ma che non è per questo meno fecondo di danni . - Se ora consideriamo più particolarmente la questione del " libero arbitrio " vediamo subito come ad essa si applichi tutto ciò che abbiamo detto sin qui sulla influenza di un linguaggio poco preciso nel rendere pressoché insolubili certi problemi . - La fusione del problema del fatalismo con quello della " causalità delle umane azioni " è stata ed è prevalentemente favorita dalla non sufficiente accuratezza nell ' accertare che cosa si intende dire colle parole causa , necessità , libertà , quando si afferma che anche le volizioni umane sono necessarie , che di esse si potrebbero determinare le cause con altrettanta sicurezza come a riguardo di qualunque fenomeno naturale ; che l ' uomo pertanto non è " libero " . Senza tener conto di ciò , rimarrà sempre inesplicabile come la conciliazione fra i concetti di libertà e necessità appaia agli uni così semplice ed evidente , mentre ad altri essa appare addirittura una cosa " enorme " . - Alla domanda : esiste il libero arbitrio ? - si potranno dare risposte in apparenza contraddittorie , in realtà suscettibili di essere nello stesso tempo vere e false , fintanto che non si è data una soluzione alla prima questione : che cosa cioè s ' intenda , o si debba intendere per libero arbitrio . Originariamente , liberum arbitrium non poteva voler dire altro che la facoltà di scegliere volontariamente fra le diverse azioni quella che si preferisca , e di menare ad esecuzione il verdetto della volontà . Libero arbitrio e volontà non potevano avere significato diverso , e questione del libero arbitrio non poteva rappresentare se non la questione se e fino a che punto l ' uomo possa volere ciò che fa . Solo più tardi questa - se l ' uomo possa volere ciò che fa e fare ciò che vuole - venne considerata come la questione semplicemente della libertà fisica , - questione facilmente risolubile in senso affermativo ; mentre la questione detta del " libero arbitrio " fu trasportata in una sfera più alta , quella della " libertà metafisica " in cui pur si stimò conservasse gran parte della sua importanza pratica e morale e seguitasse ad essere il fondamento della responsabilità etica ed anche giuridica . Tale libertà metafisica poi fu fatta consistere nell ' indipendenza più assoluta da ogni vincolo di causalità . Per comprender per qual processo psicologico sia avvenuto tale trapasso , occorre considerare che per lungo tempo , specialmente sotto l ' influsso del pensiero teologico , fu creduto che l ' indipendenza dalla causalità costituisse effettivamente l ' " essenza " dell ' atto volontario , e la proprietà fondamentale per cui questo potesse dirsi libero e quindi responsabile . La parola libertà poteva dunque per tutto questo tempo " connotare " indifferentemente l ' attributo della volontarietà e quello della mancanza di causalità . Ma quando cambiò il modo di considerar la natura dell ' azione volontaria ; quando si suppose o si credette dimostrato che anche di essa potevano rintracciarsi le cause ; ne venne che chi al nome libertà faceva corrispondere soprattutto il secondo degli attributi si credette poter affermar legittimamente che l ' uomo non fosse libero , e conseguentemente anche che non fosse neppur responsabile delle proprie azioni . Ne nacque quindi la credenza che alla responsabilità morale nell ' uomo non bastasse la libertà fisica , pratica , ch ' egli asserisce ad ogni istante della sua vita dicendo : io voglio , - ma fosse necessaria una libertà più elevata e recondita , di cui fu fatto un problema a parte . Ora è intorno a questo concetto di una libertà " superiore " che verte tutta la questione . L ' estensione della parola libertà a quest ' ulteriore problema è cosa legittima , e tale da non ingenerare equivoci ? Ed è proprio questa la libertà in cui ha suo fondamento il concetto dell ' umana responsabilità ? La nostra opinione è che il problema della libertà è uno solo . Ed è il problema della volontarietà . Ogni indagine avente per oggetto una libertà " ulteriore " , più profonda e verace di questa implica un impiego abusivo di termini atto a traviare il pensiero filosofico , e pertanto da scartarsi . Quando , nella discussione intorno al libero arbitrio , gli uni asseriscono che l ' uomo non è libero , l ' importo vero della loro asserzione è che l ' uomo non possa dirsi libero secondo la definizione speciale data del liberum arbitrium indifferentiae dai loro avversari . Senza tener conto di ciò ogni apprezzamento della loro dottrina e delle sue conseguenze riescirà malsicuro . Essi intendono semplicemente negare che delle volizioni umane sia assolutamente impossibile rintracciare le cause , e di " negare " quindi quel concetto di libertà che in tale assenza di cause la faceva consistere . Ma la parola libertà , come le altre che occorrono in questa questione , " causa " , " necessità " , e simili , hanno - giova ripeterlo - un significato ormai consacrato dall ' uso . La distinzione fra atti liberi e non liberi è una distinzione che ci serve continuamente nelle vicissitudini quotidiane . Tutti noi profferiamo continuamente giudizi sulla libertà nostra o l ' altrui , valutiamo l ' innocenza o la colpevolezza di questo o quell ' individuo , ne ricerchiamo le scuse , le attenuanti o le aggravanti , senza mai aver ragionato se le nostre affermazioni implichino la negazione della causalità e senza il più delle volte sospettare neppure di trattar come risolto " un problema metafisico della più alta importanza e difficoltà " . Prendiamo le parole così come ci vengono presentate dall ' uso volgare , e le applichiamo , senza troppo esitare , ai casi pratici ogni qualvolta in essi ravvisiamo certi caratteri , certi segni , che sono , logicamente parlando , quelle che si chiamano le note dei nostri concetti , e formano la connotazione delle parole . Determinare quali sono queste note , e qual è pertanto il contenuto dei giudizi che tutti noi , uomini incolti e scienziati , confusi nelle esigenze della vita pratica , dieci e dieci volte al giorno profferiamo , è compito d ' importanza , non solo psicologica , ma anche logica e filosofica grandissima . Esso è anzi lo scopo di gran parte dell ' indagine filosofica passata e presente . Non altrimenti vanno considerate tutte le speculazioni che soglionsi raggruppare sotto il nome di teoria della conoscenza . Le classiche ricerche di Berkeley sul concetto di realtà , di Hume sul concetto di causa , per tacer d ' altre , non hanno , come venne da molti creduto , lo scopo di rispondere alla domanda " se la realtà esista " o " sia conoscibile " se si possano o no ritrovare le cause vere dei fenomeni ; ma piuttosto di analizzare il contenuto di tali concetti , da dirci che cosa intendiamo dire quando enunciamo giudizi sulla realtà dei fenomeni e sulle loro cause . Sarebbe assurdo il pensare che tali giudizi siano privi di senso , e che i termini corrispondenti meritino addirittura di essere cancellati dal nostro vocabolario " scientifico " . Si potrà discutere quali siano i caratteri su cui si basa la distinzione fra atti liberi e non liberi , non già rifiutarla senz ' altro . Alcune distinzioni , specie se create artificialmente dallo scienziato in vista di certe differenze fra i fatti , possono bensì essere scartate senza scrupolo e abbandonate per sempre , ove si riconosca inesistente la differenza su cui si fondavano : ma altre invece - che troppo di frequente ci servono nel linguaggio parlato e che è lecito quindi presumere siano basate su differenze reali fra i fenomeni , se anche generiche e difficili a determinarsi - non possono esserlo senza gravi inconvenienti . " Si potrebbe dire , scrive il Vailati , che la tattica più opportuna da adottarsi dal filosofo e dallo psicologo , di fronte ad una parola che , dalla tradizione o dal linguaggio comune , gli venga presentata con significato indeciso o viziato da pericolose associazioni , sia quella consigliata dal vangelo rispetto al peccatore : " non si deve desiderare la morte ma ch ' essa si converta e viva " ; che cioè essa , spogliata e purificata da ogni indeterminatezza od ambiguità , entri a far parte del linguaggio tecnico assumendo un senso quanto meno è possibile disforme da quello che vagamente e quasi istintivamente il linguaggio comune le attribuisce " . Se ora interroghiamo l ' uso popolare ; se ci domandiamo che cosa vogliamo dire quando diciamo di essere liberi di scegliere questo piuttosto che quel corso d ' azione , vediamo che in ogni caso ci riferiamo alla nostra facoltà di volere una cosa piuttosto che un ' altra , e di eseguire la nostra determinazione volontaria . Qualunque sia il risultato dei moderni studi di psicologia e di fisiologia sulla volontà ; qualunque sia la risposta che la scienza moderna sarà per dare a quell ' altro e " più elevato " problema : se le nostre azioni siano o no determinate da cause ; resterà sempre per noi ridubitata l ' esistenza di un ' azione volontaria come distinta dall ' azione involontaria . Spetterà allo psicologo , al fisiologo , al filosofo il determinare su che si basi tal distinzione , lo spinger quindi più innanzi l ' indagine intorno alla natura dei fatti implicati nel nostro discorso quando diciamo di volere . Ma il fatto che talora vogliamo , e talora non vogliamo agire , che talora la nostra volontà resta senza efficacia , talora invece sortisce il suo pieno effetto , non potrà essere distrutto da alcuno sforzo di dialettica . Avremo fatto un gran passo innanzi quando ci saremo convinti che ciò che il senso comune ha in ogni tempo postulato non è la libertà " metafisica " , consistente nell ' esser sciolti da ogni vincolo di " causalità " , ma è la libertà pratica , " fisica " di fare ciò che vogliamo . - Aggiungiamo che a questo riguardo il responso della scienza e della filosofia non può essere che la piena giustificazione di quello del senso comune . L ' uomo è dotato di aspirazioni sentimentali ed ideali , di una ragione capace di guidar la sua mano nella scelta dei fini e dei mezzi , di una mente cioè , nella quale si rispecchia l ' avvenire e dalla quale l ' avvenire è in parte plasmato ; ciò sarà sempre vero , sia che la mente stessa segua ne ' suoi processi una tal qual regolarità che ci permetta un giorno di determinarne le leggi , sia che questo debba restar in eterno vietato agli sforzi degli psicologi . Poiché tale è la sola pretesa legittima che possano vantare i " deterministi " . E se essi hanno così spesso palesata la tendenza a negare o almeno a deprezzare l ' efficacia direttiva della nostra ragione sulle nostre azioni , nel che consiste propriamente la volontà e così pure la libertà , ciò dipende oltre a tutto dal persistere in loro di un concetto della causalità e della necessità , che essi stessi poi magari in altre occasioni professano di rigettare . - È ciò che osserva il Mill in un celebre capitolo del suo Sistema di logica . " Molti non credono affatto , egli dice , e pochissimi sentono praticamente che non v ' è nella causalità nulla oltre ad una invariabile , certa ed incondizionale successione . Pochi sono coloro ai quali la semplice costanza di successione appaia un vincolo di unione abbastanza stringente per un rapporto di natura così speciale come quello di causa ed effetto . - Anche se la ragione lo ripudia , l ' immaginazione conserva il sentimento di una connessione più intima , di un qualche strano legame o misteriosa costrizione esercitata dall ' antecedente sul conseguente . Ora è appunto ciò che , considerato in applicazione alla umana volontà , confligge colla nostra coscienza e rivolta i nostri sentimenti . - Siamo certi , che nel caso delle nostre religioni una tal costrizione misteriosa non esiste " . " Coloro che credono che le cause traggano seco i loro effetti per un mistico legame hanno ragione di credere che la relazione fra le volizioni e i loro antecedenti sia d ' altra natura . Ma essi dovrebbero fare un passo innanzi , e riconoscere che questo è anche vero del rapporto di ogni altro effetto col suo antecedente . Se un tal vincolo è considerato come implicato dalla parola necessità , la dottrina non è vera delle azioni umane ; ma neppure è essa allora vera degli oggetti inanimati . Sarebbe assai più corretto il dire , che la materia non è vincolata da necessità , che l ' affermare ciò della mente " . La cosa apparirà anche più chiara ove si rifletta all ' origine psicologica di questo concetto di un legame più intimo e stringente fra i fenomeni della natura esteriore che non fra quelli del nostro mondo interno . A dirimere i rapporti fra gli elementi della natura esteriore è necessario un certo sforzo . - Cosicché l ' affermazione che una cosa è causa di un ' altra viene ad essere il più delle volte anche l ' espressione della nostra impotenza , assoluta o relativa , di impedire che , data la causa , l ' effetto si produca ; il che esprimiamo dicendo che è necessario , che è inevitabile , che il tal fatto si produca , che non sta in nostro potere di modificare il rapporto fra esso e i suoi antecedenti , o che per far ciò si richiede da parte nostra la spesa di una certa somma di energia . I rapporti del concetto popolare della causalità col sentimento dello sforzo furono a torto trascurati dal Hume e dal Mill . È evidente che lo sforzo non è altro che l ' indice che qualche cosa si oppone all ' esecuzione della nostra volontà . Se la necessità indica sforzo , relativa impotenza , allora necessità e volontarietà sono termini antagonistici . Azioni volontarie sono quelle che per eccellenza stanno nel nostro potere . Non è peraltro l ' estensione alle azioni volontarie di questa causalità o necessità in senso più stretto quella che i deterministi possono volere , poiché essa implicherebbe una contraddizione nei termini . - Essi non possono affermare se non che anche della produzione delle azioni volontarie è possibile stabilire le leggi . Ma legge qui non indica se non prevedibilità . Ogni legge stabilisce che dati certi elementi della realtà , se ne potranno prevedere certi altri . Essa presuppone altresì che altri elementi nel caso contrario non vengano a disturbare il rapporto così stabilito . La combinazione di più elementi dà luogo ad effetti che sarebbe stato impossibile argomentare a priori dall ' esame di ciascun elemento separato ma che , data la combinazione , si possono con ogni certezza prevedere . Onde se si conoscessero le leggi dell ' azione combinata di tutti gli elementi presenti in un dato oggetto , ad un istante dato , sarebbe possibile dedurne con tutta sicurezza ciò che avverrà nel momento successivo . Nella sfera della volontà , ciò significa che se all ' istante che precede immediatamente l ' azione io conoscessi tutti gli elementi presenti , potrei predire infallibilmente l ' azione che seguirà . Quest ' asserzione teorica non fa del resto che mostrarci la quasi - impossibilità pratica che tale predizione avvenga . - Ben lungi dal convincere l ' agente della inevitabilità delle proprie azioni , essa deve fargli presente che ogni suo pensiero , ogni sua considerazione - quella " se esista o no il libero arbitrio " compresa - introduce per ciò solo un nuovo elemento al complesso di cause che determineranno l ' evento . I rapporti di causalità che lo studioso avrà riscontrati fra i fatti del suo pensiero e le sue azioni non saranno mai per riprodursi indisturbati ogni qualvolta egli vorrà servirsene per predire il corso del proprio pensiero o della propria attività nel momento prossimo successivo ; e questo perché ? perché il semplice fatto di conoscere tutto ciò in anticipo rende deforme la realtà concreta dalle premesse delle leggi da lui stabilite : tale conoscenza può fornire motivi nuovi ed inaspettati ad una delle alternative possibili . - E così via all ' infinito . Come si vede , si può ammettere la possibilità di determinare le leggi dell ' azione volontaria e nello stesso tempo affermare nell ' uomo il potere più assoluto di modificare a suo talento il corso delle proprie azioni , dichiarando antiscientifica e contraddittoria ogni concezione fatalistica della volontà . Nulla di più può essere postulato dai moralisti più rigorosi ed esigenti , per ciò che riguarda la pratica possibilità della morale , la quale sarebbe certamente nulla ove l ' uomo non potesse disporre dei suoi atti a suo talento . Ogni esame degli scritti loro , non meno che ogni indagine della coscienza popolare , ci convincerà che ciò che è veramente necessario alla morale terrena è l ' esistenza di quella libertà che alcuni hanno chiamata , con frase inesatta ed equivoca , libertà fisica . " L ' uomo , scrive il Carrara , ha la facoltà di determinarsi nelle sue azioni , preferendo a proprio talento il fare e il non fare dietro i calcoli del proprio intelletto . Questa potenza è quella che costituisce la sua libertà d ' elezione . È in virtù di tale facoltà che gli si chiede conto degli atti a cui si determina " . " Il magistrato trova in un individuo la causa materiale di un atto e gli dice : tu facesti : imputazione fisica . Trova quell ' individuo con volontà intelligente e gli dice : tu facesti volontariamente : imputazione morale " . " La morale , scrive il Brusa , insegna che l ' uomo ha , fra i previsti , l ' obbligo di renderne reale uno , il quale possa ragionevolmente adattarsi come degno de ' suoi fini ideali . La morale dice e dirà sempre all ' uomo finché essa sussisterà : tu devi . Ora se tu devi , gli è che tu puoi " . Orbene , che cosa v ' è in una libertà così concepita , che cozzi veramente contro l ' ammissione di un vincolo di causalità fra la volontà e i suoi antecedenti , quale siamo venuti delucidando ? Dobbiamo andar più oltre , e col Ihering , il grande filosofo del diritto , non certo sospetto di non aver stimato al suo giusto valore la funzione della volontà nelle opere individuali e sociali dell ' uomo , che senza una qualche causalità riesce difficile addirittura il concepire la volontà ? " Senza ragion sufficiente , egli dice , un movimento della volontà è altrettanto impensabile quanto il movimento della materia : la libertà del volere nel senso , che la volontà si possa mettere in moto spontaneamente senza alcuna causa impulsiva , è qualche cosa di simile al barone di Münchhausen , traente sé stesso per i capelli fuor della palude " . Comunque , il moralista non ha bisogno , per concepir la possibilità della morale fra gli uomini , di suppor risolta in senso negativo la questione " se le nostre azioni obbediscano o no al principio di causalità " . Quand ' anche fosse dimostrato irrevocabilmente che la legge di causalità non soffre eccezione alcuna neppure nella sfera dell ' attività umana , rimarrebbe sempre indiscussa l ' esistenza di azioni volontarie distinte da quelle che tali non sono . Non è quindi nella negazione del " libero arbitrio " , nel senso tradizionale di questa espressione , che possa fondarsi logicamente la negazione della responsabilità dell ' uomo di fronte al suo simile per le azioni commesse ; ed ogni affermazione dei positivisti come di altri la quale implichi una tal premessa è pertanto inammissibile . - Noi abbiamo fin qui parlato della volontarietà delle nostre azioni come sufficiente a costituire il fondamento della responsabilità dell ' uomo di fronte ai propri simili . Con questo non abbiamo voluto affermare ch ' essa sia sufficiente ad altre esigenze , principalmente a quelle del sentimento religioso . Ciò che basta a stabilire la responsabilità dell ' uomo di fronte ad un altro uomo può non bastare a stabilirne la responsabilità di fronte a Dio . Per farsi una idea di come sia sorta e si sia radicata l ' opinione che alla possibilità di una imputazione morale sia necessaria una libertà consistente nell ' indipendenza da ogni causalità , bisogna tener conto della parte importantissima rappresentata dal " problema del libero arbitrio " nella teologia cristiana . È noto infatti com ' esso costituisca , per così dire , il pernio delle questioni più gravi e difficili che abbiano agitato il pensiero teologico : la predestinazione , la grazia , il peccato originale , la redenzione , la stessa bontà , preveggenza , e onnipotenza divina ; e sia stato nel seno della chiesa , dai tempi primitivi fino ai nostri giorni , una delle più vivaci sorgenti d ' eresie e di scismi . Il sentimento religioso è fenomeno oltremodo complesso , composto di elementi morali ed intellettuali che spesso si trovano in conflitto fra loro . Qualunque sia esso stato al suo inizio : sia esso stato il frutto del primo svegliarsi della curiosità scientifica , abbia esso avuto origine nel sentimento di terrore dell ' uomo primitivo dinnanzi ai paurosi fenomeni della natura , oppure nelle prime e malcerte esigenze del suo senso morale , il certo si è che nelle nostre religioni più evolute si riscontra la presenza di questi vari elementi , per quanto trasformati e sublimati . La divinità è anzitutto concepita come " spiegazione " suprema dell ' universo , come suprema verità , ed è considerata come la causa prima ed il sostrato essenziale di tutti i fenomeni . Le sue attribuzioni sono l ' infinità e l ' eternità , l ' onnipotenza e l ' onniveggenza ; ogni limite imposto alla personalità divina ripugna alla coscienza religiosa dei tempi moderni . Ma nello stesso tempo la divinità personifica e rappresenta il principio e la sanzione morale suprema , il fine di ogni esistenza , la sua giustificazione . Affinché il sentimento religioso sia pienamente soddisfatto , affinché una religione sia veramente tale ( religio ? ) , occorre che la divinità , oltreché pensata , possa essere anche venerata ed amata . Il valore delle religioni non sta tanto nell ' essere esse una spiegazione dell ' universo , quanto nell ' essere una spiegazione ottimistica , consolatrice , confortante . In questa loro missione sentimentale va ravvisata una delle principali ragioni della loro forza . Ma per ciò , bisogna che la divinità possa apparirci come immensamente giusta ed immensamente buona , come la raddrizzatrice di ogni torto , la compensatrice della infelicità della vita , come quella che risolve , insomma , il problema del male : in essa deve convergere non la sola fede , ma anche la speranza e la carità degli uomini . Fino a che punto è possibile l ' accordo fra queste esigenze del sentimento religioso ? Il problema non ha mai cessato di agitare la mente dei credenti . Esso è , per così dire , il problema teologico per eccellenza . Se Dio è causa di tutte le cose , come spiegare la presenza , d ' altronde incontestabile , di tanto dolore e di tanta perversità nell ' universo ? Se Dio è onnipotente ed onniscente , come non ammetterlo nello stesso tempo o indifferente , o addirittura malevolo a nostro riguardo ? Come sopratutto ammettere in lui il diritto di castigare l ' uomo per aver commesso un fallo la cui responsabilità ultima risalirebbe a lui ? " L ' ultimo autore di tutte le nostre volizioni , scrive Hume , fu il creatore del mondo , che per il primo impresse il movimento a questa immensa macchina e pose tutti gli esseri in quella posizione particolare , dalla quale ogni evento successivo doveva risultare per una inevitabile necessità . Le azioni umane possono dunque o non contenere malizia alcuna , come quelle che procedono da una causa così perfetta , oppure , se ne contengono , debbono coinvolgere il creatore nel biasimo che meritano , dal momento che si riconosce ch ' egli ne è la causa ultima e il vero autore . Perocché come un uomo che ha appiccato il fuoco ad una mina , è responsabile di tutte le conseguenze di questo atto , tanto se la miccia è lunga come se è corta , - così , dovunque si trovi una catena continua di modificazioni necessarie , l ' Essere , finito o infinito , che ha prodotto la prima deve essere considerato anche come l ' autore di tutte le altre " . Di qui l ' ipotesi del libero arbitrio , secondo la quale la volontà è essa stessa un anello terminale nella catena delle cause , è essa stessa una causa prima . La necessità di tale ipotesi s ' impose ai dottori della chiesa sin dai tempi più antichi . " Né gli elogi , né i supplizi , dice Clemente d ' Alessandria , sono fondati in giustizia , se l ' anima non ha il libero potere di desiderare e d ' astenersi , e se il vizio è involontario " . Ma subito aggiunge : affinché per quanto è possibile Dio non sia la causa dei vizî degli uomini . I Manichei , che , com ' è noto , negavano il " libero arbitrio " , erano costretti ad ammettere un altro principio del male ( Hylè ) . Essi furono combattuti vivacemente da Sant ' Agostino , il quale peraltro credette risolvere la questione concludendo che l ' uomo non ha avuto il " libero arbitrio " se non prima della caduta , ma che da allora in poi , divenuto preda del peccato , non ha più da sperare la propria salvezza se non dalla predestinazione e dalla redenzione . Ad un grado maggiore di maturità è giunta la controversia con S . Tommaso d ' Aquino . L ' uomo è dotato di libero arbitrio " alioquim frustra essent consilia , exhortationes , praecepta , prohibitiones , praemia et poenae " . Il libero arbitrio però v ' è identificato colla volontà , e la distinzione fra volontario ed involontario v ' è fondata sulla definizione datane da Aristotile . Dio è sempre la causa prima di tutte le cose , e naturali , e volontarie . Ma " come per le cause naturali egli non toglie , movendole , che i loro atti siano naturali , così , movendo le cause volontarie non toglie che le azioni loro siano volontarie , ma piuttosto ciò produce in loro , poiché opera in ciascuna cosa secondo la proprietà sua " . S . Tommaso ammette dunque la predestinazione : tuttavia egli la concilia colle esigenze opposte mediante la dottrina delle cause contingenti . Tale dottrina ha una importanza immensa nella concezione cosmologica del medio evo , in cui fra le altre cose , serviva a spiegare la presunta influenza degli astri sul corso della vita umana , come appare anche in Dante . Secondo questa concezione , che risale alle dottrine d ' Aristotile sulla materia e sulla forma - sebbene vi sia chi discute ch ' essa sia una riproduzione genuina del pensiero di lui - l ' ordine che regge l ' universo e che emana da Dio non è costante in tutte le sue parti . Il mondo ci presenta una gerarchia digradante da una maggiore ad una minor perfezione , regolarità , ed uniformità .. Il tipo della uniformità e della regolarità era la sfera esteriore del Cosmo , l ' Aplanes ( Empireo ) coll ' innumerabil genere delle stelle fisse incastonate in esso , eterna e sempre in moto nella medesima orbita circolare , per necessità della sua stessa natura , e senza alcuna potenzialità di fare altrimenti . Ma la terra e i corpi elementari , organici ed inorganici , sotto alla sfera lunare e nell ' interno del Cosmo , apparivano di perfezione inferiore e di natura diversa . Erano invero in parte governati e pervasi dal movimento e dall ' influenza della sostanza celestiale nella quale erano comprese , e dalla quale prendevano in prestito la loro forma implicata colla materia , col principio cioè di potenzialità , di trasformazione , di mutabilità , di irregolarità , di generazione e distruzione . Vi sono dunque nei corpi sublunari e tendenze fisse e tendenze variabili . Le tendenze costanti sono quelle che costituiscono la natura , la quale sempre aspira al bene , o alla perpetua rinnovazione di forme perfette al massimo grado , per quanto impedita in quest ' opera dalle influenze avverse , e perciò atta a non produr mai se non individui difettosi e destinati a perire ( per ch ' a risponder la materia è sorda ) . La parte variabile è costituita dalla " spontaneità " o " caso " i quali costituiscono un agente indipendente che accompagna inseparabilmente la natura , sempre modificandone pervertendone , frustrandone i propositi . Inoltre , i diversi agenti naturali di frequente reagiscono gli uni sugli altri , mentre le tendenze irregolari agiscono alla loro volta su essi tutti . Nella misura in cui agisce la natura , in ciascuno dei suoi agenti distinti , i fenomeni sono regolari e prevedibili : tutto ciò ch ' è uniforme , o che , senza essere del tutto uniforme , ricorre naturalmente e frequentemente , è opera sua . Ma , oltre ed accanto alla natura , vi è l ' influenza del caso e della spontaneità , che è essenzialmente irregolare e imprevedibile : sotto questa influenza vi sono possibilità tanto pro che contro : di due eventi alternativi , tanto l ' uno che l ' altro possono egualmente prodursi . [ Grote , Aristotle , I , pp . 164-165 ] . Per noi , che siamo oggi portati a vedere nella apparente assenza di cause determinanti piuttosto un segno della nostra ignoranza che non dell ' irregolarità della natura , tale concetto di una irredimibile contingenza può non parere accettabile . La parola contingenza , se rimanesse nel nostro vocabolario filosofico , non designerebbe se non quei fatti che , per la complessità e il numero delle loro cause , per la remota disparità degli elementi che concorrono a formarli , per la loro attitudine a modificarsi per ogni più piccola influenza sopravveniente , ci è impossibile , allo stato attuale delle nostre cognizioni , di prevedere . - Essa starebbe cioè a rappresentarci piuttosto la presenza di leggi molteplici , intreccianti i loro effetti , la esistenza cioè di un ordine più complicato , che non la mancanza di ogni legge . La contingenza in questo senso non sarebbe che relativa , non assoluta . Se per causa s ' intende non il complesso degli elementi necessari e sufficienti alla produzione di un fenomeno , ma anche quelli semplicemente necessari , causa contingente significherà quel fattore che può dar luogo a prodotti diversi a seconda della diversità degli altri fattori con cui si trova in combinazione ; così il sole sarebbe una causa contingente rispetto all ' esistenza della vita organica sui pianeti . - Così intesa , la distinzione fra cause necessarie e contingenti può riescire di qualche utilità , ed è forse ad averla trascurata che sono dovuti alcuni errori che si sono accreditati e diffusi nel mondo scientifico moderno . In questo senso - nel senso di una maggior complessità di cause - si può dire , senza timore di sollevare contestazioni , che le azioni volontarie rientrano nella contingenza . Ma oggi in generale , per la nostra educazione scientifica , siamo poco disposti ad ammettere che vi sia una porzione dell ' universo ove la legge e l ' ordine non estendano il loro dominio : una contingenza come quella di S . Tommaso ci ripugna ed urta contro tendenze ormai inveterate in noi . Giova osservare però che non mancano tentativi , anche modernissimi , di ripristinare un concetto di contingenza analogo a quello di S . Tommaso ; e ciò sempre , osserviamolo , per fini e mire essenzialmente teologiche . Certo si è che la contingenza in senso assoluto rappresenta pur sempre quella soluzione di continuità nella catena causale , che è indispensabile per evitar di concepire il male come una emanazione della divinità . Il male allora non sorge e si sviluppa se non in quella parte dell ' universo ove domina la contingenza . Il dualismo inerente ad ogni religione positiva qui si fa manifesto : da una parte Dio e la " natura " che , " obbedendo all ' istinto a lei dato che la porta " , aspira alla perfezione ; dall ' altra una potenza avversa , sia essa il caso , la materia , la volontà umana od uno spirito maligno , il demonio . Fino a qual punto la teologia sia riescita a togliere la contraddizione fra l ' infinità e l ' onnipotenza di Dio e la presenza di questa potenza avversa , è questione troppo grave per esser qui discussa ; tanto più che contraddizioni siffatte , insuperabili dalla fredda ragione , possono benissimo essere superate ove intervenga un atto di fede . In ultima analisi , per la teologia il problema della predestinazione si risolve coll ' ammettere si tratti di un mistero : è imperscrutabile il giudizio per cui la divinità permette talvolta il trionfo del male . Alla provvidenza spetta , secondo S . Tommaso , permettere alcuni difetti nelle cose , e l ' apparente ingiustizia della giustizia divina non è che una conseguenza della limitatezza della nostra ragione . " Niente , osserva il Vailati , prova meglio la inevitabilità dell ' ipotesi del libero arbitrio per i teologi , quanto il constatare le enormi assurdità in cui furono costretti a cadere ogni qualvolta tentarono di rigettarla . Così , per esempio .... dalla negazione del libero arbitrio Lutero fu costretto ad ammettere la credenza , moralmente mostruosa , che la salvezza o la dannazione eterna degli uomini non dipendesse affatto dalla loro condotta , ma solo dal beneplacito ( grazia ) di Dio , il quale creandole sapeva già che una parte di essi era irrevocabilmente destinata alle pene dell ' inferno . Per adoperare la sua immagine , ingenua e cinica nello stesso tempo : quando Dio nei sacri libri esorta gli uomini al ben fare , fa come quei genitori che , ai loro bambini non ancora abili a camminare , dicono di venir verso di loro , ben sapendo che non lo possono fare onde essi sian costretti ad invocare il loro aiuto " . Insomma , " fu soprattutto la difficoltà di conciliare l ' esistenza troppo evidente del male nel mondo , colla credenza , troppo preziosa , nella prescienza e nella giustizia divina , quella che rese necessaria l ' introduzione di un ' ipotesi che , come questa del libero arbitrio , sgravasse da una parte il creatore dalla taccia di aver creato un mondo imperfetto e pieno di miserie di ogni genere , e dall ' altra attribuisse a queste il carattere di " punizioni " o " espiazioni " provocate e rese necessarie dalle disubbidienze e dai peccati degli uomini . I metafisici che credono che la questione del libero arbitrio possa continuare ad avere un senso qualunque all ' infuori di ogni implicazione teologica rassomigliano a quegli amputati che si illudono di sentir ancora dei dolori e delle trafitture nel membro che non hanno più ; essi sono dei teologi . con una gamba di legno " . - Una cosa infatti altamente degna di nota è che il " problema del libero arbitrio " , nella forma in cui è oggi comunemente inteso , pare fosse totalmente sconosciuto ai grandi pensatori dell ' antichità . I più fra essi , è vero , sembrano aver ammesso insieme con Aristotile un elemento di spontaneità e di variazione irregolare nell ' universo , ma questa era per loro una veduta puramente cosmologica . Consideravano la causalità e la volontarietà delle umane azioni come due questioni differenti , da trattarsi separatamente e irrilevanti l ' una per l ' altra ; non le raggruppavano insieme in un solo problema globale , per così dire , pressoché insolubile se non per mezzo di un mistero . Ciò è tanto vero che secondo alcuni di essi , p . es . Epicuro , la volontà , governata dai motivi , non rientra affatto nella cerchia , pur da loro ammessa , dei fenomeni essenzialmente irregolari e spontanei . Questa mancanza del problema " del libero arbitrio " nella filosofia antica è quella che fa far le alte maraviglie allo Schopenhauer , e gli ispira anzi per essa un certo qual disprezzo . " Gli antichi , egli scrive , non sono da consultarsi su tale questione , perché la loro filosofia , per così dire ancora allo stato d ' infanzia ( ? ) , non si era ancora fatta un ' idea adeguata dei due più profondi o più gravi problemi della filosofia moderna , quello cioè del libero arbitrio e quello della realtà del mondo esteriore , ossia del rapporto fra l ' ideale e il reale . Quanto al grado di chiarezza e di comprensione al quale avevano portata la questione del libero arbitrio , è ciò di cui si può rendersi conto in modo soddisfacente coll ' Etica a Nicomaco di Aristotile ( III , c . 1-8 ) ; si riconoscerà che il suo giudizio a questo proposito non concerne essenzialmente che la libertà fisica ed intellettuale , ed è perciò ch ' egli non parla che dell ' ekousion e dell ' akousion , confondendo gli atti volontari cogli atti liberi . Il problema assai più difficile della libertà morale non gli si è ancora presentato , sebbene a momenti il suo pensiero si estenda fino a questo punto , sopratutto in un punto dell ' Etica a Nicomaco ( II , 2 e III , 7 ) , ma egli commette l ' errore di dedurre il carattere dalle azioni , anziché queste da quello " . Ebbene ciò non fa , a nostro parere , che far risaltare in questo la superiorità di Aristotile sul filosofo tedesco . La sua concezione è assai più positiva - se per positivo s ' intende chi possiede una visione netta della realtà ed i suoi problemi e chi sa di questi discernere gli elementi essenziali da quelli puramente accessori - di quella dello Schopenhauer . La ragione per cui Aristotile , in un ' opera di morale , non fa parola del " problema del libero arbitrio " è ch ' esso , - inteso come lo intenderebbe lo Schopenhauer , - non è neppur veramente un problema nel senso proprio della parola . Il trasporto della questione della causalità delle umane azioni volontarie - problema cosmologico e teologico - nel campo della morale , e l ' applicazione alla questione così trasportata del nome di libero arbitrio , hanno fatto credere che nella morale esista un problema là dove veramente non ne esiste nessuno . Quando il moralista ha constatato che esiste una volontà e che questa è pienamente efficace , tutte le sue esigenze sono soddisfatte . E questo è il solo significato legittimo , a nostro parere , della parola libertà . L ' immaginare una libertà ulteriore , la sola " verace " , consistente nella " possibilità di volere diversamente da come abbian voluto , pur rimanendo costanti tutti quanti gli antecedenti della nostra volizione " ; libertà che non sia quella di cui si parla ogni giorno quando si afferma di esser liberi perché sì può far ciò che si vuole , ma da cui dipendano nondimeno tutte le conseguenze che soglionsi generalmente far dipendere da quella ; - il sostituire insomma al concetto " pratico " della libertà un presunto concetto " trascendentale " ; - equivale a voler a tutti i costi considerare come non risolta una questione che già lo è . Sarebbe difficile trovare un sintomo più caratteristico di quella che i tedeschi chiamano Grübelsucht , e che consiste in una tendenza insaziabile a dubitar di tutto , della propria esistenza , della esistenza degli oggetti che ci circondano , della nostra capacità a pensare , a sapere , a volere ; mentre è evidente che , se la parola certezza ha un significato qualsiasi , essa è applicabile a questi casi della nostra esperienza più immediata e giornaliera . Quelli che lo Schopenhauer chiama " i due più profondi e gravi problemi della filosofia moderna " non hanno altra origine . Alla " realtà del mondo esteriore " abbiamo accennato in un altro scritto , parlando della teoria della " relatività della conoscenza " . Abbiamo osservato , che l ' affermazione di una siffatta " relatività " non implica alcuna diminuzione della nostra certezza riguardo alla realtà delle cose ; ciò deriva da una errata interpretazione del valore e della funzione delle indagini del Berkeley . Tali indagini non avevano per scopo di dirci se le cose esteriori esistano , di insegnarci cioè qualchecosa sulla veridicità della nostra conoscenza , ma solo di analizzare la natura del nostro giudizio nell ' esistenza delle cose , che cosa intendiamo dire quando diciamo : la tal cosa esiste . Così il problema dei rapporti fra l ' ideale ed il reale non può essere che il tentativo di stabilire su che si basi tale distinzione . Vi è una parte della realtà che noi crediamo particolarmente legata al nostro io , un ' altra che crediamo " indipendente " da esso . Vi è una parte più apparente della realtà ( le parvenze sensibili delle cose ) , un ' altra più recondita , a conoscer la quale giungiamo per mezzo del ragionamento ( di cui argomentiamo l ' esistenza ) . Così l ' astronomo giunge a determinare per mezzo del calcolo i movimenti reali degli astri , in contrapposto ai loro movimenti apparenti sulla volta celeste . È questo - e non altro - ciò che volevano dire gli antichi coll ' antitesi fra i nooumena ( le cose come reali ) e i phainomena ( le cose apparenti ) ; ma un concetto qual è quello del noumeno Kantiano non era ancor venuto loro in mente . O la distinzione fra il fenomeno e il noumeno serve a discernere alcuni fra gli oggetti della nostra conoscenza da altri , ed allora ha un senso , e può essere utile : o serve a designare il rapporto fra tutta quanta la nostra conoscenza , ( cioè tutto il nostro mondo ) reale e possibile , e una presunta realtà al di fuori di essa , ed allora essa è addirittura un non senso . Lo stesso può dirsi della " libertà trascendentale " . Questa , si chiami essa libertà d ' indifferenza o libero arbitrio , sta precisamente alla libertà nel senso comune della parola , come il noumeno , la realtà trascendentale sta a quella cui possiam pervenire mediante le operazioni ordinarie del nostro intelletto . I teorici della conoscenza , Berkeley , Hume , Kant hanno , si dice , dimostrato l ' inconoscibilità di una realtà siffatta . Bisogna andar più oltre , e dichiarare l ' inesistenza di essa , come rappresentata da una nozione assurda , contraddittoria e quindi inconcepibile . Non facendo ciò , si trarranno sempre da tali teorie conseguenze illegittime in senso scettico : si crederà cioè , esservi una porzione della realtà esistente che sia stata da tali studi dichiarata inaccessibile alla mente umana , mentre non si è fatto che abolire un concetto , e più che un concetto , una parola la quale , essendo vuota di senso , non è applicabile ad alcunché di reale . Per convincersi che simile è il caso per la libertà metafisica o morale , basta considerare le definizioni che se ne sogliono dare , sia che essa si affermi , sia ch ' essa venga negata . È impossibile definire questa libertà senza dare artificialmente a tutte le parole della definizione un senso diverso dall ' usuale ; un senso " trascendentale " . " Per libertà morale o libertà volitiva o libero arbitrio , scrive il Ferri , si intende : la facoltà per cui l ' uomo può volere una determinata cosa piuttosto che un ' altra , indipendentemente da ogni causa o motivo , esterno o interno , che lo determini necessariamente a quella data volizione o decisione della volontà . Questa è appunto la libertà che forma l ' oggetto della tanto dibattuta questione , e si esprime così : io posso voler fare questa cosa o quella , a mio piacere , all ' infuori ed in opposizione ad ogni motivo , a qualsiasi causa necessaria , fisica o psichica , esterna od interna " . A chi ben guardi questo periodo , apparrà chiaro che il suo contesto si presta egualmente bene ad indicare quel genere di libertà che è semplicemente implicato dalla volontarietà delle nostre azioni . Il Ferri parla di un uomo che può agire a suo piacere , indipendentemente da qualsiasi causa o motivo , senza vincolo di sorta , esterno od interno , che lo determini necessariamente . Sembra dunque che , secondo tale definizione la libertà che il Ferri combatte postuli la presistenza di un qualchecosa che si chiama uomo con un " piacere " suo proprio , e ne implichi la indipendenza di fronte ad altre cause , i motivi , siano essi esterni ( ? ) od interni . Ora la facoltà di poter perseverare nella propria volontà a dispetto di motivi ulteriori , è certo uno dei dati della credenza comune nella libertà . Il negare questo potere ; postulare l ' uomo esistente come forza , qualunque ne sia l ' origine , ed immaginare questa forza annichilita , impotente di fronte ad altre forze da lei distinte , non è questa la concezione del fatalismo ? È appunto la negazione di questa libertà così definita che può condurre i lettori ( e gli scrittori stessi ) a conseguenze prettamente fatalistiche . Ma tale invece non era il pensiero di chi questa definizione enunciava : le parole , inadatte ad esprimere cose tanto elevate , lo hanno tradito . Il potere di agire a piacer nostro , di cui qui si tratta , non è quel potere , che tutti sappiamo di possedere , di agire come ci pare opportuno , utile , buono , perché questa è la libertà fisica , su cui non v ' è discussione aperta . La libertà " morale " è qualchecosa di molto più elevato , e si libra in una sfera ove la debolezza dell ' umana ragione può invano sperare di raggiungerla . Essa non è la libertà di fare ciò che si vuole , perché questa viene sdegnosamente rigettata come libertà fisica ; non è la libertà consistente nel volere questa o quella cosa , e neppure , checché se ne dica , quella consistente nel voler volere , - poiché anche gli sforzi dell ' attenzione , l ' ostinazione a persistere in un proposito a dispetto di tutto e di tutti , l ' acciecamento volontario sono suscettibili di una spiegazione " deterministica " . Che cosa è dunque questa libertà ? Essa è una creatura vaporosa , che sparisce appena facciamo il gesto di mettervi sopra la mano , che si dilegua in alto , sempre più in alto , che precede l ' inseguitore come l ' ombra precede il corpo , indefinitamente . La libertà , secondo Malebranche , è un " mistero " . Ora per lo scienziato , che studia il problema della libertà come gli vien posto dal senso comune , la libertà non può essere un mistero . Un problema deve essere almeno concepibile perché egli tenti di darne una soluzione . Egli può studiare il problema della volontarietà delle umane azioni , e può studiare il problema della causalità delle umane azioni . Sono due problemi differenti . Ma il problema della " libertà " è uno solo . La parola libertà , come tutte le altre parole del nostro linguaggio , è stata creata dagli uomini per il loro uso e consumo . Essa è fatta per essere riempita di buona e solida sostanza , tolta al mondo nel quale viviamo e a conoscere il quale si affaticano le nostre intelligenze ; non per essere vuotata pneumaticamente di ogni contenuto sensibile e respirabile e poi conservata e ammirata con superstiziosa venerazione , come se ancor contenesse qualche essenza preziosa . Le parole nostre tutte hanno un senso determinato ( o determinabile ) ed umano , né ci è lecito , per capriccio , dar loro un preteso senso trascendentale che - per il fatto che siamo noi stessi uomini - non potrebbe essere se non un vero e proprio non senso . Di tali non sensi , prodotti da parole che restano campate in aria dopo che loro fu tolto ogni valore assegnabile , ve ne sono stati nella storia del pensiero assai più di quanto non parrebbe possibile a prima vista . È compito dello scienziato e del filosofo lo scoprirli appena si formano e toglierli di mezzo , e questo suo lavoro è tutt ' altro che privo di importanza , vista la facilità che hanno gli uomini a cadere nelle forme più svariate di psittacismo . Ma quello che giova notare , è che la negazione di " concetti " consimili , nulli ab initio , per così dire , per la presenza di elementi contraddittori , non è da confondersi affatto coll ' affermazione dell ' inapplicabilità dei concetti veri a determinati oggetti o alla realtà in genere : tale negazione non è che la constatazione , rispetto ai primi , della loro intima ed essenziale nullità . Il loro annientamento non lascia quindi alcun vacuum nel mondo del pensiero , alcuna limitazione di esso , che possa dare adito a scetticismo di sorta ; la loro forma è già subito riempita efficacemente , né alcuna soluzione di continuità resta a segnare il luogo ove essi già furono . Risulta così illegittimo ogni dubbio sulla nostra libertà non meno che sulla esistenza o realtà in genere delle cose . Come , quando ho debitamente constatato , con tutti i mezzi di prova che come uomo ho a mia disposizione , la presenza di un oggetto , la mia credenza nell ' esistenza di esso ha ogni grado immaginabile e desiderabile di certezza , né v ' è luogo a dubbio ulteriore - tutte le conseguenze teoriche e pratiche che decorrono da tale credenza sono d ' ora innanzi legittime ; - così , quando ho constatato di trovarmi nella condizione di poter scegliere a mia volontà fra più azioni possibili , non mi è lecito dubbio alcuno sulla libertà mia . Concludendo dunque il dilemma che il più delle volte si crede posto dalla " questione del libero arbitrio " - quello cioè fra la credenza nell ' assoluta imprevedibilità degli atti volontari , e l ' accettazione di un fatalismo deprimente e distruttore di ogni morale responsabilità , - è un falso dilemma . L ' analisi logica della questione ci ha condotto a ravvisarvi due problemi distinti , suscettibili ciascuno di soluzioni opposte , ma indipendenti fra loro . Da una parte , la questione se le nostre azioni dipendano dalla nostra volontà ; o meglio - poiché è evidente che ve ne sono alcune che ne dipendono - quali sono le azioni che ne dipendono ; fino a che punto cioè siamo liberi , e pertanto responsabili . Rientrano in tale questione tutti quegli studi sulla psicologia e la patologia della volontà che sono di tanta utilità così al sociologo , come al moralista e al giurista . Dall ' altra parte , la questione più " elevata " forse , ma certo praticamente meno importante , e ad ogni modo irrilevante per l ' altra , se alle nostre azioni sia o no applicabile il principio di causalità . Chi tale applicabilità nega , intende asserire che i fenomeni della nostra mente , che sono gli antecedenti dell ' azione volontaria , posseggono una fondamentale ed irrimediabile irregolarità : che cioè una previsione sicura dei loro effetti , come non si ha ora , non si potrà mai avere . Essi pretendono in altre parole segnare sin d ' ora un limite insuperabile alla psicologia della volontà . Quale delle due opinioni contrarie sia la vera è cosa assai ardua a decidersi allo stato presente delle nostre cognizioni . Certo si è che col progredire della scienza si vanno scoprendo di continuo nuovi casi di uniformità e regolarità fra i fenomeni , e non sfuggono a questa sorte i fenomeni psichici , per quanto in modo meno spiccato degli altri . Molta della contingenza Aristotelica o Tomistica si è ormai dileguata ai nostri occhi ; e la materia , che per Aristotile rappresentava il principio della irregolarità , oggi , mutato significato , è venuta ad apparirci come la sede delle leggi più fisse e sicure che signoreggiano l ' Universo , - le meccaniche , le fisiche e chimiche . Fin qui , la natura si è mostrata abbastanza docile ai nostri desideri : i fatti suoi si sono lasciati a poco a poco ridurre in leggi , plasmare ad una forma più razionale di quella che ci vien presentata dal crudo ordine dell ' esperienza ; ed è ciò che ha permesso all ' uomo di tanto estendere il suo potere sulle forze naturali , che ha prodotto le meraviglie del vapore e dell ' elettricità , dell ' industria , dell ' igiene e della terapia moderne . Ma " fino a che punto , per dirla con un acuto pensatore americano , la natura si mostrerà così plastica nell ' avvenire , nessuno può dire . Il nostro solo mezzo di saper ciò è di metterla alla prova " . Intanto a questa lotta dell ' uomo contro l ' oscura potenza del caso e del disordine possiamo assistere con una certa serena tranquillità , sicuri che , qualunque ne sia l ' esito , esso non potrà essere fatale ad alcuno dei supremi postulati della nostra vita morale . Se fosse vero che dall ' esito di questa lotta dipende per noi la possibilità di applicare il concetto di responsabilità , ogni progresso della fisiologia e della psicologia dovrebbe segnare una restrizione della sfera della morale . Ogni motivo per agire dovrebbe costituire un ' attenuante dell ' azione commessa . Fortunatamente , non è dell ' assenza di motivi e di cause che il diritto e la morale hanno bisogno : la loro base in tal caso sarebbe davvero troppo malsicura e ristretta . Essi hanno soltanto bisogno che l ' atto sia l ' emanazione del carattere e della personalità cosciente dell ' individuo che valuta i motivi , in altre parole della sua ragione . La suscettibilità al motivo , l ' attitudine cioè ad agire in modo diverso a seconda della previsione delle conseguenze dei nostri atti , ben lungi dall ' essere un argomento contro la libertà e la responsabilità , è piuttosto la prova di essa . Nella vita , le persone di maggior volontà non sono quelle che persistono in un modo d ' agire , sordi ad ogni voce in contrario , ma quelli che meglio si lasciano convincere dalla bontà degli argomenti ; non i più impulsivi , ma i più riflessivi nell ' azione : non quelli che seguono la randagia associazione delle idee , ma le regole della logica . Per meglio chiarire tutto ciò , non sarà male il far parola dei caratteri distintivi dell ' atto volontario , e della natura dei fatti implicati in esso . Ne derivano infatti conseguenze per la morale ed il diritto che meritano forse di essere segnalate . LA VOLONTÀ . - Che cos ' è un atto volontario ? E perché l ' atto volontario solo è atto responsabile ? " Atto volontario , dice Aristotile , sembra esser l ' atto il cui principio è nell ' agente stesso , che sa in particolare tutte le condizioni che l ' atto suo coinvolge " . " La parola volontario designa , propriamente parlando , ciò che noi facciamo senza esservi costretti da una necessità qualsiasi . Involontarie sono quelle cose che noi facciamo per forza maggiore o per ignoranza " . " Una cosa fatta per forza maggiore è quella la cui causa è esteriore , e di tal natura che l ' essere che agisce e che soffre non contribuisca in nulla a questa causa : per esempio , quando siamo trascinati da un vento irresistibile , o da gente che si è impadronita della nostra persona " . Tali definizioni d ' Aristotile , quantunque non si discostino dall ' uso volgare delle parole , ed esprimano ciò a cui tutti siamo disposti a consentire , hanno forse bisogno di esser completate . Molti movimenti del nostro corpo sembrano aver il loro principio in " noi " senza per questo meritare il nome di volontari , nel senso più ristretto secondo il quale ci reputiamo responsabili per averli commessi . La nostra vita psichica reagisce continuamente sulla nostra vita fisica e fisiologica ; essa produce in noi i movimenti riflessi ed istintivi , tutto quel complesso di reazioni svariate che costituiscono le emozioni , eppure questi fatti rientrano in una categoria ch ' è di somma importanza il poter distinguere da quella degli atti propriamente volontari . Di certi impulsi , di certi atti che hanno la loro sorgente nell ' oscuro meccanismo della nostra vita reflessa e istintiva noi non sogliamo ritenerci responsabili se non nella misura in cui potevamo impedirli : cosicché la responsabilità , degradando poco a poco , svanisce addirittura quando tali impulsi superino un certo grado di intensità , che li rende " irresistibili " . Come ed in che senso le passioni , che pur costituiscono tanta parte della nostra individualità , possono rappresentare una limitazione alla volontà , ponendosi di fronte a questa come potenze a lei avverse ? Lo stesso Aristotile sembra imbarazzato a rispondere a questa domanda : " Così , egli scrive , non si possono a buon dritto chiamare involontari gli atti che ci fanno commettere la collera e il desiderio . Una prima ragione si è che , ciò ammesso , ne verrebbe di conseguenza che nessun essere all ' infuori dell ' uomo , agirebbe volontariamente , neppure i bambini . Possiamo dire che noi non facciamo niente di nostra piena e libera volontà , nelle cose della collera e del desiderio ? Oppur dobbiamo far qui una distinzione , ed ammettere che noi facciamo il bene volontariamente e il male involontariamente ? ma non sarebbe ridicolo di ammettere una distinzione simile , dal momento che non vi è che un solo e medesimo agente che cagiona tutti questi atti ? " . Gli è che tali impulsi , istinti e passioni sono bensì fra i coefficienti della volontà , fra gli elementi che combinandosi dànno origine al fatto complesso della volizione , e senza i quali anche quegli atti che posseggono nel grado più eminente il carattere della volontarietà sarebbero inintelligibili . - Ma i movimenti che questi impulsi producono possono considerarsi come volontari o no a seconda del contenuto intellettuale , per così dire , della nostra mente al momento in cui si eseguiscono e che su di essi infierisce . Mentre infatti fra gli scienziati e i filosofi non manca chi consideri tutta quanta la nostra vita impulsiva ed attiva , impulsi e stati sentimentali come manifestazioni della volontà ( Schopenhauer ) , il linguaggio ordinario sembra riserbare la designazione di volontari a quelli fra gli impulsi che siano preceduti o accompagnati da una chiara e lucida coscienza dell ' atto che sta per seguire , con una visione più o meno netta , più o meno penetrante , delle sue conseguenze . Questa coscienza è quella che permette ad altri impulsi , atti a controbilanciare il primo , di sorgere : che permette , cioè , il fatto dell ' inibizione , senza la possibilità della quale non vi è atto propriamente volontario . Fermiamoci un momento a considerare che cos ' è implicato da ciò . Non è raro di trovare scrittori che definiscono gli atti volontari come quelli a determinare i quali contribuiscono le nostre idee , le nostre rappresentazioni . Un tal modo di esprimersi non è tuttavia del tutto esatto . - Per adoprare una frase cara ad alcuni deterministi , non è vero che " ogni determinismo interno rappresenti una determinazione volontaria " . Le nostre idee e rappresentazioni possono produrre numerose reazioni che pur non sono volontarie . Se , per esempio , estendo il dito indice della mia mano , e ad occhi chiusi mi sforzo di rappresentarmi , più vivacemente che sia possibile , di tenere un revolver in mano e di premere il grilletto , mi avverrà certamente di sentire il mio dito a tremare per la tendenza a contrarsi ; e , se fosse connesso con un apparecchio registratore , esso certamente tradirebbe il suo stato di tensione col segnare movimenti incipienti . Questi non avvengono perché io so di non avere in mano la rivoltella , e quindi io inibisco la tendenza iniziale . Ma quei movimenti incipienti tengono dietro ad una rappresentazione mia , e pur non sono volontari , anzi si compiono contro la volontà mia . Altro esempio sono tutti i movimenti " incoscienti " che si compiono quando alcuno di noi è internamente assorto nella meditazione o nella fantasticheria ( rêverie ) , come il parlar da soli accompagnandosi col gesto : e tanti altri . Per spiegare la produzione dell ' azione volontaria bisogna dunque specificare maggiormente e ricorrere a fatti di natura più particolare . - Esiste una categoria di fatti psichici che è opportuno classificare a parte dalle semplici " rappresentazioni " , o " idee " , e sono le nostre credenze , i giudizi che formuliamo sulle cose . Ora è di somma importanza notare che è solo a quegli atti su cui hanno influito vere e proprie credenze nostre , che diamo il nome di volontari . - Se prima io non ho premuto il grilletto , è perché ben sapevo che il grilletto non esisteva che nella mia immaginazione . Il premere un grilletto immaginario è cosa assurda , e perciò non ho voluto far ciò . - Così è : altra cosa è rappresentarsi un albero , altra cosa il credere nella sua esistenza , il giudicare : l ' albero è . Ogni giudizio presuppone l ' esistenza di rappresentazioni , ma queste sono distinte da quello e possono anche esistere senza di esso . Nello stato anteriore alla determinazione volontaria , lo stato di deliberazione , ciò che si svolge nella nostra mente non è il conflitto di semplici idee contraddittorie , richiamantisi l ' una l ' altra secondo le leggi dell ' associazione per contiguità o per similarità : ma quello fra più giudizi sull ' atto che si compie o sta per compiersi , e le sue conseguenze certe o probabili . - Perché vi sia atto volontario , occorre che tali giudizi figurino fra le cause dell ' atto stesso : ch ' essi cioè abbiano la facoltà di sospenderne o di modificarne la produzione . Se ben si considera , è proprio questo il criterio differenziale fra le azioni volontarie e le involontarie . - Se io sto per prendere una grave determinazione , per esempio , quella di commettere il suicidio gettandomi dalla finestra , fino ad un certo momento , ogni considerazione nuova sopravveniente ha la capacità di sospendere l ' esecuzione dell ' atto : il dolore che proveranno i congiunti e gli amici , la condizione in cui rimarranno gli altri componenti la famiglia , la possibilità di porre rimedio alle cause della mia disperazione , l ' irrevocabilità dell ' atto , o semplicemente il male fisico della caduta sono considerazioni che possono , anche quando ho già scavalcata la ringhiera , indurmi a non condurre a termine l ' azione incominciata . Perciò io dico che tale azione dipende dalla mia volontà . Ma da un certo momento in poi : da quando il punto di appoggio è perduto e l ' individuo si è abbandonato , ogni ulteriore considerazione è inutile : se ad un certo punto della discesa l ' individuo è colto dal pensiero ch ' egli si sfracellerà immancabilmente le ossa sul marciapiede , ciò non gli impedirà di seguitare a cadere secondo la legge inesorabile della gravità : l ' atto non dipende più dal suo volere . Lo stesso avviene quando spesso la nostra volontà si trova in lotta con le leggi del nostro organismo . Vi sono certi movimenti che si possono bensì non cominciare , ma che una volta cominciati non si possono interrompere . In altri l ' impulso ad eseguirle cresce colla ripetizione degli atti : ad un certo momento della vita esso diventa realmente irresistibile . In altri ancora l ' atto è irresistibile sin da principio quando l ' agente si trovi in determinate condizioni ; a lui non è possibile che evitare le condizioni stesse . È così che nascono , com ' è noto , la maggior parte dei vizi di cui l ' uomo si fa poi schiavo ; è su ciò che è fondata la massima pedagogica : principiis obsta . Tutto ciò rientra nella questione dei limiti della volontà , lo studio della quale è d ' importanza capitale per il pedagogo , il moralista , il sociologo , il giurista . Nella natura infatti i fenomeni che godono di questa singolare proprietà , per noi oltremodo preziosa , di poter esser modificati dalle nostre credenze e dai nostri giudizi , dalle considerazioni cioè che facciamo sul loro modo di svolgersi , sono in numero relativamente ristretto . Degli altri noi siamo spettatori , ma non motori . Le loro successioni e le loro coesistenze , i loro divorzi e i loro connubi sono stabiliti da vincoli così tenaci che possiamo bensì conoscerli , ma non possiamo infrangerli . Conosciuti , tali vincoli fra i fenomeni saranno gli elementi della nostra concezione scientifica dell ' Universo , la base sempre più larga , sulla quale si erigerà quella possibilità di previsione delle conseguenze degli atti nostri , che è atta a renderci sempre più potenti nella nostra relativa impotenza di fronte all ' immensa natura . Ma la nostra influenza su di essi non sarà che indiretta : se vogliamo renderci propizie le loro forze , se vogliamo piegarle ai nostri fini , non possiamo farlo se non per mezzo di quella parte della realtà , che realmente si mostra obbediente al semplice fiat nostro . Che una parte siffatta della realtà esista , è indubitabile : tutti coloro che hanno come noi identificato la libertà colla volontarietà delle azioni , hanno considerato la libertà come un fatto evidente . Hanno avuto torto però alcuni di essi di considerare questo fatto come un attestato diretto della coscienza . Ciò che ci dice che un dato atto , un dato movimento terrà dietro ad una determinata nostra credenza , è , non meno che per quelli che tengono dietro direttamente agli stimoli " esteriori " , l ' esperienza . Desidero che domani piova , e la pioggia non cade per questo : stimo invece opportuno che il mio braccio si muova per prendere quell ' oggetto , che la mia bocca articoli certi suoni , che la mia penna scriva le presenti parole , ed ecco ! la cosa è fatta . Nel formulare il mio desiderio , io ben sapevo che esso si sarebbe realizzato nel primo caso , che non si sarebbe realizzato nel secondo . Onde io dal semplice esame del mio stato d ' animo posso dire a priori se esso sarà efficace o no a diventare , secondo l ' espressione del Kant , la causa dell ' esistenza del proprio oggetto ; se quindi , io potrò formularlo nella forma risoluta : " io voglio " , o dovrò limitarmi a quella più mite e modesta : " io desidero " , o " io spero . " - Ma ciò non è che un prodotto delle ripetute esperienze fatte , per mezzo delle quali ho potuto constatare " quali movimenti tengano dietro a quali pensieri . " Tanto è vero che nel caso di paralisi il rapporto di successione normale è rotto , l ' esperienza deve rifarsi da capo : in un paralitico di data recente , vi hanno tutti gli antecedenti dell ' azione volontaria , compresa la certezza che l ' azione seguirà - ma l ' azione invece questa volta non si produce : il braccio non si alza , le labbra non si muovono ad articolare il suono , le gambe si rifiutano al comando che vien loro impartito col consueto vigore . È questo uno stato di cose a cui presto tien dietro la convinzione della propria impotenza ; sparisce il vero e proprio carattere di volizione , e subentra il semplice desiderio , distinto dalla volontà vera e propria in quanto per questa è necessaria la previsione dell ' atto . - Un essere adunque che non avesse avuto esperienza anteriore non potrebbe , nel senso proprio della parola , volere . Tutte le reazioni sue agli stimoli di ogni sorta sarebbero di natura inaspettata per lui . " I movimenti volontari , scrive il James , debbono essere funzioni secondarie , non primitive , del nostro organismo . È questo il primo punto che deve essere capito nella psicologia della volontà . I movimenti reflessi , istintivi , emozionali sono tutti fatti primarii : i centri nervosi sono organizzati in modo che certi stimoli fanno scattare certe parti esplosive ; e la creatura che assiste per la prima volta ad una di tali esplosioni , fa una esperienza nuova . Un giorno assistevo insieme ad un bambino all ' arrivo rumoroso di un treno diretto nella stazione . Il bambino che si trovava assai vicino ad una piattaforma si scosse e si mise a piangere , divenne pallido col respiro affannoso , e gridando corse a me a nascondersi il viso . Sono convinto che quel piccolo essere non era meno maravigliato per il proprio contegno che per l ' arrivo del treno , e certo più di quanto fossi io , che assistevo alla scena . Naturalmente , se una tale reazione si ripetesse spesso , sapremmo presto che cosa ci dobbiamo aspettare da noi stessi , e potremmo prevedere la nostra condotta , pur rimanendo questa involontaria ed incontrollabile come prima . Ma se , nell ' azione volontaria propriamente detta , l ' azione volontaria deve essere preveduta , ne consegue che nessuna creatura che non abbia un potere divinatorio potrà mai eseguire per la prima volta un atto volontario . Ora noi non siamo forniti di un potere di visione profetica dei movimenti che possiamo fare , più che delle sensazioni che possiamo avere . Come dobbiamo aspettare che le sensazioni ci si presentino , così dobbiamo aspettare che i nostri movimenti si siano compiuti involontariamente , prima di formarci l ' idea di ciò che sono l ' uno o l ' altro di questi due processi . Noi impariamo per la via della esperienza tutte le possibilità che possediamo : quando un movimento particolare avvenuto una volta in modo casuale , reflesso e involontario ha lasciato una traccia di sé nella nostra memoria , il movimento può essere di nuovo desiderato , può essere proposto come fine , può essere deliberatamente voluto . Ma è impossibile vedere in qual modo avrebbe potuto essere voluto altrimenti . Una provvista di idee dei vari movimenti possibili , formatasi nella memoria , per l ' esperienza fatta compiendoli involontariamente , è pertanto il primo requisito della vita volontaria " . Vediamo dunque come le azioni reflesse ed istintive , che alcuni sogliono contrapporre alla volontà come qualchecosa di irreducibilmente diverso , siano invece il materiale onde la volontà si vale e senza il quale sarebbe impossibile comprendere i suoi movimenti . Inoltre , ben lungi dal rappresentare antiche azioni volontarie rese incoscienti , o subcoscienti , dalla lunga ripetizione , esse sono qualchecosa di anteriore alla volontà , qualchecosa che può bensì esservi senza che esista una vera e propria volontà , ma senza di cui una volontà qualsiasi è inintelligibile . Se ora forse molte delle nostre reazioni istintive sono azioni volontarie diventate automatiche , ciò vuol dire che prima ancora vi dovevano essere altre azioni automatiche , se anche diverse dalle attuali . La volontà presuppone quella che il Bain chiama attività spontanea del sistema nervoso , per la quale a certi determinati stimoli , esteriori od interiori , rispondono determinate reazioni . " Si può paragonare il sistema nervoso a un organo i cui mantici sono costantemente tesi e pronti a scaricarsi in tutti i sensi a seconda dei tasti che preme l ' organista . Lo stimolo delle nostre sensazioni e dei nostri sentimenti ( feelings ) non dà la forza interna , ma determina il punto ove si produrrà la scarica e come essa si produrrà . Questa attività diremo così automatica del nostro sistema nervoso è la base di tutta quanta la nostra vita emozionale , sentimentale , affettiva . La vista di certi oggetti , di certi aggruppamenti di linee e di colori , il contatto di certi corpi , l ' audizione di certi suoni , ogni sensazione insomma fa nascere nel nostro organismo certe reazioni determinate , piacevoli o dolorose , certe preferenze o repulsioni , certi impulsi ad agire , che non possono altrimenti chiamarsi se non istintivi . E nella vita istintiva hanno la loro radice , più o meno direttamente , tutti i nostri sentimenti , dai più elementari e volgari , ai più complessi , elevati e raffinati . - La vita istintiva fornisce alla volontà , oltreché , come abbiamo visto , i suoi materiali , anche ogni fine , ogni ragione in vista della quale essa si determina . I grandi fini , ai quali si vogliono talora ricondurre tutti gli altri subordinati : la nostra conservazione , la conservazione della specie , la felicità o il piacere ; quelle tendenze che possono orientare tutta quanta la vita di un uomo , l ' amore , il sentimento familiare o patriottico , la bramosia di sapere , la passione artistica , l ' aspirazione umanitaria , che cosa sono in ultima analisi , se non grandi istinti , più degli altri " fondamentali " ? E nel dire ch ' essi sono istinti , noi non intendiamo affatto deprezzarli . Il fatto che un istinto , una nostra tendenza è " cieca " , che è impossibile " giustificarla " con una " ragione " qualsiasi non dice nulla infatti sulla opportunità o meno per gli uomini di seguirla ; imperocché ciò è vero di tutte le nostre maggiori tendenze . Una nostra tendenza , una nostra preferenza , non può giustificarsi se non mediante un ' altra tendenza , un ' altra preferenza ; onde è forza pur far capo ad una tendenza , ad una preferenza che non ha bisogno di essere ulteriormente giustificata , ad un qualche cosa cioè , la cui preferibilità ci sembri perfettamente ovvia e naturale . Ogni sentimento , nel fatto , basta a sé stesso ; e alla domanda di un perché non si può rispondere , nella massima parte dei casi , se non : perché è così . La ragazza piace al suo innamorato non per alcun fine indiretto o remoto , ma semplicemente perché gli piace : s ' egli la sposa , anche per altri motivi per la sua posizione sociale o i suoi danari , s ' egli ciò facendo crede di servire la patria , o , avendo una vena filosofica , è convinto di servire all ' alto fine della conservazione della razza , tutti questi sentimenti sono elementi estranei all ' amore , che possono bensì rinforzarlo e magari sostituirlo , ma che non possono essere , agli occhi dell ' innamorato , la giustificazione della propria passione . Il bisogno di giustificare ai propri occhi un sentimento è già una prova ch ' esso incomincia a vacillare . Presso l ' uomo non meno che presso gli animali esiste un certo numero di tendenze che non hanno altra giustificazione all ' infuori della propria esistenza . Nel gatto la vista del topo fuggente , nella gallina la vista delle uova , nel cane l ' odore di un buon boccone provocano l ' impulso ad una serie di atti , il fine dei quali può benissimo essere conosciuto dall ' animale in questione , ma che si compierebbero egualmente anche ove tale conoscenza mancasse . La gallina che ha già covato e veduti i pulcini , il gatto ed il cane che sanno ormai per esperienza qual complesso di raffinate sensazioni rappresentino il topo acchiappato e il boccone furato , alla vista degli oggetti stessi non provano più quel semplice e cieco impulso ad agire della prima volta : prima ancora di essersi mossi è sorta in loro la rappresentazione ( previsione ) degli effetti dei loro movimenti , e questi effetti possono presentarsi come desiderabili alla loro volta , cioè rinforzare l ' impulso primitivo , oppure come dolorosi , e quindi neutralizzarlo . Nel caso del cane , accanto alla delizia del boccone può sorgere il ricordo e la previsione delle frustate del padrone . Dal momento in cui nasce la possibilità che un impulso sia frenato dalla previsione di conseguenze ulteriori , l ' azione comincia a meritarsi il nome di volontaria . Intanto l ' azione si compierebbe egualmente anche senza quella nozione delle conseguenze desiderabili dell ' atto , che costituisce ciò che ìmpropriamente chiamasi " l ' idea del fine " . Per la gallina il desiderio di covare le uova è altrettanto finale quanto lo è per noi quello di mangiare quando abbiamo fame . Le uova le vengono presentate , ed essa vi si adagia sopra , né essa sa perché , se non che la cosa l ' attrae e la seduce . Le uova sono per lei una fonte di emozioni , e l ' oggetto di un forte sentimento , le cui ragioni trascendono di gran lunga le sue capacità intellettuali , e che per lei è cosa più naturale di questo mondo . Così parteciperanno per lei di questa tinta emozionale , per così dire , tutti quegli oggetti ch ' essa giungerà ad associare colle uova stesse : le uova saranno suscettibili di diventar fine per una quantità di atti ad esse relativi , atti in sé magari spiacevoli , ma eseguiti in vista del piacere dato dalle uova stesse . Abbiamo dunque veduto che cosa contraddistingua la volontà : l ' influenza sui nostri atti dei giudizi che formuliamo intorno agli atti stessi . Abbiamo veduto altresì come ciò presupponga l ' esistenza di impulsi , di tendenze , di preferenze per così dire automatiche del nostro organismo ; i quali fatti costituiscono una terza categoria di fenomeni altrettanto distinta dalle credenze ( giudizi ) quanto queste lo sono dalle rappresentazioni . Essi sono la base di ogni nostra vita sentimentale ed affettiva , sia essa di natura inferiore come la vegetativa , o superiore come quella estetica e morale . - Possiamo ora giungere a conseguenze di qualche importanza a riguardo del concetto di responsabilità . Se le azioni volontarie sono solo quelle e tutte quelle , su cui influiscono i nostri giudizi sulle conseguenze loro , ne consegue che solo l ' azione volontaria potrà essere impedita dalla previsione di un male vicino o lontano che sia per derivarne a qualcuno ( propria , persona , famiglia , amici , patria , umanità ) . Solo su di essa potrà agire il motivo , egoistico od altruistico . Ora giova notare che non è la specie , la qualità di tale influenza che importa alla responsabilità . Se io , dopo aver accertato tutte le conseguenze , sicure o probabili , dei miei atti ; dopo aver veduto con perfetta lucidità che agendo in una determinata guisa produrrò un determinato danno alla tal persona o alla tal cosa la integrità della quale è sancita dal senso morale pubblico : pur nondimeno persisto nel mio disegno semplicemente perché questa considerazione non mi fa alcuna impressione e mi lascia freddo ed indifferente , vale a dire se persisto nel mio disegno per deficienza d ' impulso al ben fare , io non sono meno responsabile per questo . In altre parole , la deficienza sentimentale non è di per sé sola una minorante della responsabilità . È questo un punto che merita di richiamare la nostra attenzione poiché costituisce , per così dire , il nodo della questione della responsabilità . Il principio che abbiamo enunciato è atto ad essere trascurato ai giorni nostri , in cui taluni sembrano credere che il non aver sentito che bisognava agire in un dato modo sia una scusa sufficiente per non aver fatto il proprio dovere . Eppure il principio è irrecusabile anche dal punto di vista deterministico . Ciò che intendiamo biasimare in un individuo è appunto questa mancanza dei sentimenti , nella quale si rivela la sua personalità . Affinché un individuo possa essere ritenuto responsabile occorre che l ' azione fosse in suo potere . Ma " essere in suo potere " che cosa implica , se non " l ' assenza di ogni ostacolo insuperabile eccetto la mancanza di spinta al bene ? " È precisamente in questo caso che la punizione e l ' espressione della disapprovazione morale sono anche utili per fornire la forza impulsiva deficiente . La presenza di un sentimento malvagio , la mancanza di un sentimento buono , non alterano adunque la misura della responsabilità di un individuo . La preponderanza di un sentimento qualsiasi è sempre necessaria all ' azione . Se quindi , per dichiarare uno responsabile , bisognasse constatare che i sentimenti buoni e malvagi si controbilanciano in lui ; ne deriverebbe la pratica inapplicabilità del concetto di responsabilità . Solo quando un sentimento acquista tale un sopravvento da invadere tutto quanto il campo della coscienza , togliendole quella lucidità ch ' è necessaria per agire volontariamente : solo quando il sentimento degenera in passione , e più che in passione , in monomania , precludendo addirittura la via al sorgere di ogni considerazione a sé contraria , dando così alle reazioni dell ' individuo qualche cosa della natura cieca e pressoché irresistibile dell ' azione riflessa : solo allora potrà parlarsi di una diminuzione di responsabilità . Ma finché l ' organismo intellettuale rimane inalterato e rimane quindi la possibilità che sorgano impulsi contrari alla passione dominante , la responsabilità persiste inalterata . Qual ' è il punto in cui si produce il tracollo , in cui la preponderanza della passione cioè diviene irresistibile ? È questo il problema pratico della responsabilità , quello a cui si trova di fronte il giudice e il moralista nei singoli casi concreti . Risolverlo astrattamente è cosa impossibile . I limiti del potere d ' inibizione si spostano di continuo col crescere della civiltà col perfezionarsi della educazione . Vi è sempre un certo punto , in cui la coscienza generale quasi istintivamente riconosce che , crescendo più oltre l ' impulso , esso diviene tale che nessuno dei consociati in circostanze determinate saprebbe resistergli . Si crea così una certa norma , una certa media intorno alle quali oscillano i limiti della responsabilità . Come tali , esse sono necessariamente imperfette , e necessariamente creano talora nel loro conflitto colla realtà delle cose , particolari ingiustizie e crudeltà come indebite indulgenze . Ma ciò è inevitabile , data la origine sociale del concetto di responsabilità . Solo potrebbe essere un giudice infallibile di sé l ' individuo stesso , ove fosse imparziale , oppure una divinità omnisciente . Strettamente legata colla questione dei limiti della responsabilità è quella di stabilire quali sono gli oggetti su cui la volontà estende il proprio potere . Non manca chi pretende restringere gli effetti della volontà a quegli eventi che possono essere prodotti dalle contrazioni muscolari . Ora è certo che questi costituiscono la parte più ovvia ed evidente della sfera della volontà . Ma una parte non meno importante soprattutto moralmente è costituita dai cambiamenti che possiamo provocare nel corso dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti . Se ciò avvenga con o senza il concorso del nostro sistema muscolare è questione non risoluta del tutto , ma che ad ogni modo non toglie l ' importanza del fatto in sé . Possiamo entro certi limiti dominare e dirigere i nostri pensieri ed i nostri sentimenti , specialmente mediante l ' attenzione volontaria . Ed a proposito dell ' attenzione è bene avvertire che anche a suo riguardo è impossibile concludere a priori la possibilità di una spiegazione " deterministica " . Anche qui possiamo ripetere ciò che abbiamo detto in generale della volontà . Vi sono degli oggetti che attraggono quasi automaticamente la nostra attenzione ( oggetti brillanti , nuovi insoliti , cose in sé piacevoli , ecc . ) , in modo da farci concentrare nella loro contemplazione , in piena dimenticanza di ogni altra realtà . Ma l ' attenzione può svegliarsi , per qualche fine remoto , e appuntarsi in oggetti in sé privi di qualunque attrattiva : allora nasce propriamente l ' attenzione volontaria , accompagnata da quel sentimento di sforzo nel quale alcuni hanno voluto vedere a tutti i costi un argomento in favore dell ' indeterminismo assoluto . Ma se noi persistiamo in una occupazione mentale anche a dispetto degli ostacoli oppostici dalla nostra stessa costituzione cerebrale , stanchezza ecc . , ciò sarà sempre per qualche ragione ( perché crediamo sia utile , necessario , doveroso far ciò ) . Anzi la differenza fra l ' attenzione volontaria ed involontaria starà tutta qui : che nel primo caso sappiamo perché stiamo attenti alle cose , nel secondo no . Restano infine fra gli effetti della volontà le alterazioni che possiamo produrre sulle nostre abitudini e le nostre future tendenze all ' azione , per mezzo delle quali possiamo quasi , per così dire , rinnovare la nostra personalità . Nell ' educazione non sarà mai troppa l ' attenzione attribuita a questa terza categoria d ' effetti . Lo scopo principale dell ' educazione è di rendere l ' individuo un " fascio di abitudini " buone , in modo che lo sforzo ch ' egli dovrà fare per tener la via retta d ' azione sia quanto più lieve è possibile . Allora , quando l ' individuo in sé stesso , o altri su di lui hanno ottenuto questo scopo , l ' azione volontaria stessa diviene una cosa molto più semplice , in quanto ormai più non si rivolge che all ' esterno : l ' individuo non ha più bisogno di diffidare delle sue forze interne , dei suoi impulsi : è giunto il momento in cui l ' educatore può rivolgere al suo pupillo le parole di Virgilio a Dante , giunto in cima alla bella montagna del Purgatorio : Tratto ti ho qui con ingegno e con arte ; Lo tuo piacere omai prendi per duce ; Fuor sei dell ' erte vie , fuor se ' dell ' arte . .... .... .... .... .... .... .... .... .... .... .... .... .. Non aspettar mio dir più , né mio cenno : Libero , dritto e sano è lo tuo arbitrio , E fallo fòra non fare a suo senno ; Perch ' io te sopra te corono e mitrio . ( Purg . , XXVII , 130-132,139-142 ) . - Perché - qualcuno potrebbe chiedere - questa digressione sulla natura e i caratteri della volontà , dal momento che tutti sappiamo distinguere un atto volontario da un atto involontario ? Ciò basta perfettamente per ogni bisogno pratico , ed è soltanto dal lato pratico che la volontà è considerata dal moralista e dal giurista . La volontà è una delle cose a noi più direttamente note , e , anziché aver bisogno di esser " definita " , può essa stessa servirci a definire una moltitudine di cose . Il meglio quindi da farsi per il moralista , il giurista e il sociologo è di assumere la volontà come un dato , lasciando allo psicologo e al metafisico le ulteriori indagini , che per i primi non hanno alcun interesse diretto . Rispondiamo , che se tale è la conclusione a cui si dovrebbe arrivare , non è per questo men vero che spesso non ne vien tenuto conto , ed è abbastanza , generale la convinzione che la scienza possa in qualche modo negare la volontà o qualcuno de ' suoi attributi essenziali alle esigenze pratiche : ed il rilevare , per quanto in modo sommario , i principali caratteri per cui , anche secondo la scienza psicologica più recente , si distingue il processo delle nostre volizioni , serve quindi ad evitare certi errori assai comuni , che tendono ad attribuire alla scienza stessa un aspetto assai più " rivoluzionario " di quanto in realtà non abbia . Le conclusioni a cui siamo giunti non sono del tutto irrilevanti per una esatta comprensione della posizione della morale e del diritto di fronte alle scienze propriamente dette . Anzi tutto , abbiamo visto che ogni descrizione del processo volitivo è incompleta , la quale non rilevi come precedenti causali caratteristici della volizione siano le nostre credenze , vale a dire i giudizi che facciamo intorno alle cose , strettamente o lontanamente connesse coll ' atto che stiamo per compiere . Abbiamo osservato d ' altra parte , che ciò presuppone anche nel nostro organismo un ' attività automatica , per la quale tali credenze siano impulsive , facciano cioè nascere in noi tendenze a determinate azioni ; e come le tendenze stesse costituiscono tutta la nostra vita istintiva , emozionale , affettiva , e sono perciò la base di ogni nostra preferenza , di ogni nostro apprezzamento sulla desiderabilità delle diverse azioni possibili che , nello stato di deliberazione volontaria , si presentano come alternative . Vediamo ora in che questo possa interessarci . Che la credenza , e non la semplice rappresentazione in quanto da essa si distingue , sia il precedente causale dell ' atto volontario , ci mostra subito che della produzione di questo nessuna meccanica di rappresentazioni , susseguentisi per via di semplice associazione , potrebbe render esatta ragione . La psicologia associazionistica inglese , e quella intellettualistica di Herbart non teneva abbastanza conto di ciò : essa tentava di derivare tutti quanti i processi mentali dalle rappresentazioni e dai loro rapporti . Nella psicologia più recente invece si manifesta la tendenza a mantener distinti da quelle sì i fatti di credenza come gli stati emozionali e volitivi , gli uni e gli altri indefinibili per mezzo delle sole rappresentazioni . Ora le nostre credenze , i nostri giudizi , sebbene non siano per nulla indipendenti dalle leggi per cui si susseguono fra loro le rappresentazioni ( leggi dell ' associazione psicologica ) , soggiacciono ad altre leggi loro particolari che da quelle non possono in alcun modo dedursi . Tali leggi , che sono quelle per cui la evidenza ( la credibilità ) di un giudizio scaturisce da quella di un altro giudizio , e su cui pertanto sono fondati tanto il processo di spiegazione che quello di dimostrazione , formano la base della logica umana . Resta perciò salvato quello che può dirsi il carattere razionale della volontà , carattere a cui per uno strano equivoco si è creduto che la " scienza " potesse in qualche modo attentare , e che viene implicato nelle definizioni che i moralisti più rigorosi ed esigenti dànno della facoltà di volere e quindi della libertà . Affermare poi che la volontà presuppone altresì quegli stati emozionali e affettivi che costituiscono un terzo elemento irreducibile della nostra vita mentale , equivale a rilevare un ' altra qualità della volontà che i deterministi sono troppo spesso portati a trascurare o a negare : voglio dire quella che potrebbe chiamarsi la sua spontaneità ed originalità ; qualità che anch ' essa pertanto non ha nulla di contraddittorio con un determinato bene inteso . Da nessuna combinazione di rappresentazioni o credenze potrebbe dedursi quale sarà l ' atto seguente ove non si conosca quale sarà il sentimento , nel senso più ampio della parola , ch ' esse determineranno : in altre parole , quale sarà l ' azione che l ' agente preferirà . Ora , come nelle leggi che regolano le nostre credenze va ricercato il fondamento della logica , così in altre leggi particolari secondo cui si svolgono le nostre preferenze , le nostre emozioni , va ricercato il fondamento psicologico sì dell ' estetica come della morale propriamente detta . Scopo della morale è di determinare i fini che l ' uomo deve proporsi nell ' operare . Ora tutto ciò che vogliamo , lo vogliamo come fine o come mezzo ad un fine . Il fine stesso poi può apparirci a sua volta come mezzo ad un fine ulteriore , e così via ; vale a dire che possiamo via via " giustificare " le nostre azioni o i nostri proponimenti col riferirli a fini sempre superiori , creando così una scala od una gerarchia di fini gli uni agli altri subordinati . Ma - ritornando su ciò che abbiamo detto a proposito degli istinti in questo procedimento non potremo andare all ' infinito : vi sarà un certo numero di fini che ci apparranno degni di essere desiderati innanzi a tutto e per sé stessi ; la cui bontà o preferibilità ci apparrà così evidente da non aver bisogno di ulteriore " giustificazione " . Ora , come nel decidere della rispettiva desiderabilità dei diversi fini , così nel decidere di questi fini ultimi il nostro " senso morale " è giudice inappellabile . Ogni tentativo di sfuggire in modo definitivo al suo verdetto è assurdo : non si farà che spostare la questione , per tornare , quando si tratti di deciderla , alla medesima autorità a cui abbiam voluto sottrarci . Insomma , senza qualchecosa di desiderabile in sé , senza un termine finale , la cui desiderabilità giustifichi le altre ma non abbia bisogno di essere giustificata ; senza un " imperativo categorico " di qualche sorta , non vi è morale , né altra scienza pratica che sia possibile . L ' " INDIPENDENZA " DELLA MORALE . - Da tutto ciò che abbiamo detto fin qui vediamo balzare in piena luce un principio spesso implicitamente od esplicitamente violato da scienziati e filosofi , che è merito della scuola criticista francese , fondata dal Renouvier , di avere strenuamente rivendicato , e che forma il cardine , per così dire , di quella filosofia . Vogliam parlare di quello che fu detto " principio della indipendenza della morale " . Ciò che fin qui abbiamo detto può non considerarsi che come una illustrazione del medesimo principio . Sono due i modi con cui l ' attività scientifica ( comprendendo con questa tutti i tentativi di spiegazione generale o speciale dei fenomeni , e quindi anche i sistemi metafisici le religiosi ) hanno sembrato minacciare l ' esistenza autonoma della morale : l ' uno consiste nella negazione della libertà , " condizione pratica " della morale ; l ' altro in una tendenza più o meno conscia a non considerare più come inappellabile il giudizio del senso morale , e nella corrispondente opinione che la scienza possa in certo qual modo sostituirlo nella determinazione di ciò che è bene di fare . Per ciò che riguarda il primo punto , crediamo di aver dimostrato che il timore , che la scienza possa in alcun modo scalzare le basi della morale e del diritto , essere privo di fondamento . La negazione del " libero arbitrio " , in quanto questo si confonde colla inapplicabilità del principio di causalità alle umane azioni , non implica la negazione della libertà umana . Alla credenza dell ' uomo nella propria libertà noi attribuiamo , con Aristotile e Cartesio , con Cousin e Mill tutta la forza di una verità scientifica . Non sempre ed in ogni caso - ma in generale e nella normalità - le nostre credenze hanno il potere di influenzare le nostre azioni ; quel complesso di giudizi sulla realtà delle cose , come sono e come saranno in seguito al nostro atto , congiunto all ' apprezzamento etico che ne facciamo , ha per la massima parte di noi e in gran parte degli eventi della nostra vita , la facoltà di tradursi negli atti nostri . E in tale facoltà è ravvisata l ' attuazione più piena e completa della libertà , quale è postulata dalla morale e dal diritto . Ogni altro senso della parola libertà è invero illegittimo e atto a traviare il pensiero . Andiamo dunque più oltre di coloro , i quali ritengono dover noi mantener la libertà come postulato supremo della morale e del diritto sol perché la credenza nella libertà è ancor generale fra gli uomini , e la morale ed il diritto , avendo uno scopo essenzialmente sociale , debbono tener conto della opinione della maggioranza e non di quella di solitari pensatori . Noi al contrario siamo convinti che la negazione della libertà quale base della morale e del diritto sia fondata su un vero e proprio sofisma , che scientificamente non regge . Essa ha , come abbiamo osservato , lo stesso valore della " negazione della realtà esteriore " e simili tesi in cui pur troppo si è spesso smarrita l ' alta filosofia . Come a chi negava la realtà delle cose esteriori fu da taluno risposto col dare un calcio ad una pietra ; come a chi negava il moto fu risposto col mettersi a camminare , così è lecito a chiunque confutare un filosofo negatore della libertà col compiere la più insignificante delle azioni volontarie . - La prova che egli così fornisce non è soltanto in pieno accordo col senso comune : essa è del tutto conforme allo spirito scientifico e consona ai più rigidi canoni del metodo sperimentale . A riguardo del secondo punto , qualche altra osservazione è forse necessaria . Che la scienza possa dimostrare " l ' assurdità " di un ideale etico è opinione oggidì ancora comune , com ' è ancora opinione comune che essa dimostri essere " illusioni " intere categorie di parvenze sensibili degli oggetti . È tutt ' altro che raro , per esempio , il trovare fra gli scienziati chi vi affermi che quei fatti di special natura sui quali la scienza moderna ha attratto di preferenza l ' attenzione degli studiosi , quali le vibrazioni degli atomi materiali , costituiscono la sola " realtà " , mentre quelle apparenze , che assumono i corpi in quanto cadono sotto questo o quel senso , rientrano nel mondo delle " illusioni " . Così il fisico vi dirà : noi crediamo di veder rosso o turchino , ci immaginiamo di udire una determinata nota , di provare una data sensazione , poniamo , di calore ; ma in realtà non esistono che certe vibrazioni dell ' aria o dell ' etere che colpiscono i nostri organi del senso . Tali affermazioni , che possono anche non avere un senso errato , implicano ad ogni modo un uso equivoco della parola illusione . Chi ci dice così non si accorge che anche quelle vibrazioni cui egli accenna , non ci sarebbero note affatto se non possedessimo in qualche altro senso il mezzo di percepirle , direttamente o indirettamente - senza o con l ' aiuto di strumenti e del raziocinio . Egli non ha dunque alcun diritto di chiamare illusione alcuna delle percezioni stesse . Egli crede di dar la preferenza , sulla realtà che appare ai nostri sensi , ad una realtà diversa e più reale . - Nel fatto invece egli non fa che posporre una parte della realtà che gli appare ai sensi , ad un ' altra parte della medesima realtà . Parimenti lo scienziato , il quale si rifiuta di ammettere come giusto un ideale etico col pretesto che la scienza ne ha dimostrata la assurdità , è sovente vittima di un ' illusione sulla natura delle proprie ricerche . Egli crede in certo qual modo di potersi emancipare dai pregiudizi del bene e del male , uscir dalla sfera della morale , ma invece vi si trova sempre e necessariamente di nuovo rinchiuso . Egli potrà bensì eseguire tutte le operazioni che vuole sostituendo un fine etico ad un altro , ma nel far questo egli compie pur sempre opera di moralista e non di scienziato , e la sua posizione sarà altrettanto " poco scientifica " quanto prima . In altri termini , la scienza non può creare " valori etici " , come non può neppure creare valori estetici . " L ' osservazione ed il ragionamento scientifico , scrive il Vailati , non possono condurci che a prevedere le conseguenze delle nostre azioni o a determinare i mezzi per arrivare a questo o quello scopo . Le conclusioni alle quali si giunge possono essere poste sotto questa forma : se si vuole , o non si vuole , la tal cosa , si deve volere la tale o tal altra cosa . Ma con nessuno sforzo di alchimia dialettica potrebbesi giungere a conclusioni della forma seguente : si deve volere , o non si deve volere , la tale o tal altra cosa " . - È notevole l ' analogia fra quella che chiamasi " giustificazione " nel mondo morale , e la " spiegazione " o " dimostrazione " nel mondo scientifico . Allo stesso modo come si " spiega " un fatto ed una legge mostrando che si può dedurre da un altro fatto o da un ' altra legge , così non si può " giustificare " un atto od una norma ( un modo generale di agire che ci par desiderabile ) se non deducendola ( mostrando ch ' essa ne è un presupposto necessario ) da un altro atto o da un altra legge . - Ma ciò con cui si " spiega " , si dimostra , si prova un fatto ( una credenza ) non può essere che un altro fatto ( un ' altra credenza ) ; così ciò con cui si " giustifica " una norma d ' agire , e qualunque nostra aspirazione in genere , non può essere che un ' altra norma d ' agire , un ' altra nostra aspirazione . Non si potrà mai " giustificare " un ideale etico per mezzo di una semplice credenza , come non si può spiegare nessun fatto per mezzo di semplici rappresentazioni . Ora , il numero delle cose verso le quali proviamo una specie di tendenza impulsiva che ci appar così naturale da non aver bisogno di giustificarsi , è notevole . - Ci riferiamo a quello che abbiamo detto degli istinti . - Ogni istinto , con tutte le emozioni e gli affetti corrispondenti , è atto a costituire un fine in sé . E nell ' uomo gli istinti , ben lungi dall ' essere più scarsi che negli altri animali , sono assai più numerosi o svariati , ed è questa una delle ragioni della sua superiorità . Il bisogno di una " giustificazione " nasce solo allorquando fra i diversi impulsi , fra le diverse tendenze si produce un conflitto : quando cose di per sé indifferenti o ripulsive acquistano la capacità di muoverci verso di loro per i rapporti di dipendenza che giungiamo a stabilire fra esse e le cose che sono oggetto diretto delle nostre aspirazioni e desideri . Se la cosa è indifferente , allora ad essa si trasmette , intatto , il suo valore emozionale ; ma se la cosa invece ha un contenuto emozionale già di per sé , allora questo concorre ad accrescere o a diminuire lo stimolo che ci porta all ' azione . Per raggiungere un fine , occorre passare sopra ad una quantità di mezzi sgradevoli o ripugnanti : vi è un punto però , nel quale la sgradevolezza dei mezzi supera il limite , e la loro adozione non è più " giustificata " dal fine . È così che si " costituisce il bilancio " , per così dire , dei pro e dei contro di un determinato genere di condotta : se l ' attivo supera il passivo , le azioni si compiono ; altrimenti l ' uomo si astiene dall ' agire . Alla " costituzione del bilancio " la scienza concorre , ed abbiamo visto come : per opera sua la catena delle conseguenze prevedibili si accresce ogni giorno di preziosi anelli ; ma ciascuno di questi anelli è , sin dalla sua comparsa , subito valutato dal sentimento , ed in questa valutazione la " scienza " non ha nulla che vedere e deve dichiararsi incompetente . Osserviamo ancora che la principale funzione del processo di giustificazione si ha nei rapporti degli uomini fra loro . Nonostante che ciascuno di noi abbia una quantità di fini separati che gli appaiono di per sé desiderabili ; nonostante che vi sono per me e gli altri innumerevoli cose il cui perseguimento è assolutamente disinteressato e che si ricercherebbero egualmente anche se fosse assolutamente impossibile trovar per loro la più piccola " giustificazione " ; nondimeno gli uomini sono continuamente in cerca di fini , che essendo universalmente riconosciuti come degni di essere appetiti , possano servire di giustificazione degli atti dei singoli di fronte ai consociati . La tendenza all ' unificazione esiste tanto nella morale quanto nella scienza . Anche fra le credenze ve ne è un certo numero che per ciascuno di noi non ha bisogno di essere né spiegata , né dimostrata vera : ma ciò non toglie che il conoscerne la spiegazione , la dimostrazione mi mette in grado di convincere chi era restio ad ammetterla , col mostrargli ch ' essa è una conseguenza de ' principii che a lui e a me sono comuni o di fatti ch ' egli stesso non può rifiutarsi di riconoscere come veri . - Così in morale sarebbe certamente desiderabile il trovare un principio etico , riconosciuto universalmente come giusto , un fine supremo a cui si potesse dimostrare che tutti gli altri corrispondono . Ciò è forse un ' utopia : ma ad ogni modo , ogni qualvolta si riesce a dimostrare che un dato fatto , oltre a soddisfare ad un dato fine , soddisfa anche ad un fine ulteriore , che oltre ad essere desiderato per sé può anche essere desiderato in vista di un altro bene , io faccio un effettivo passo innanzi verso quella possibilità di convincere tutti della opportunità di un dato corso d ' azione , verso quella concordia su ciò che è bene ( in concreto ) , che è stata , in ogni tempo l ' aspirazione suprema della morale . I tentativi ordinari di unificazione degli scopi morali non corrispondono peraltro , troppo spesso , che apparentemente a tale aspirazione . Essi ( come , p . es . per citare quello che appare il più plausibile , l ' utilitarismo ) o non sono che delle unificazioni puramente verbali ( in quanto che quando si tratti di definire , poniamo , il preteso scopo unico , il bene della società , questo finisce collo scindersi in una quantità di beni desiderabili ciascuno per proprio conto ) , oppure equivalgono ad un ' arbitraria mutilazione delle aspirazioni morali dell ' uomo , e ad una " ingiustificabile " soppressione o dedignificazione dei suoi più nobili impulsi eccettuato uno solo , - come se non fosse meglio , di questi , averne a disposizione uno di più piuttosto che uno di meno . Il torto loro è di tendere , non a mostrare , che la bontà , per esempio , di certe cose o di tutte le cose buone , è accompagnata dalla loro utilità ; e che quindi convenga compierle anche a chi la loro bontà direttamente non sente ; ma a mostrare che la sola giustificazione legittima delle cose è la loro utilità ; nel che dicono , o una cosa ovvia di per sé , e quindi irrilevante , o addirittura basata sul falso . LA " GIUSTIFICAZIONE " DEL DIRITTO DI PUNIRE - La controversia fra i positivisti e i classici nel diritto penale verte , come abbiamo accennato , oltreché sul libero arbitrio , anche sulla giustificazione della pena . Dopo ciò che è stato detto sul processo di giustificazione non sarà troppo difficile il chiarire questo secondo punto . La posizione assunta dalla scuola positivistica di fronte a quella classica , per ciò che riguarda il diritto di punire , è nettamente utilitaria . Essa pretende bandire dalle proprie considerazioni ogni idea di merito o di demerito , si propone di fare astrazione da ogni fine etico , e pretende di fondare la necessità della pena nel solo criterio della pericolosità del delinquente , convertendo quindi il diritto di punire nella semplice necessità o utilità per la società , simile in questo a qualsiasi organismo vivente nella natura , di difendersi da chi ne minaccia l ' esistenza od il benessere . Se ben si guardi in fondo a questo proponimento di " evitar la morale " si vedrà la principale , se non la sola ragione sua sta nella premessa negazione del libero arbitrio . Ogni giudizio di merito presuppone l ' imputabilità morale . Questa essendo , secondo i positivisti , dimostrata insostenibile per la negazione del libero arbitrio , ne deriva che il principale argomento in favore della loro tesi utilitaria è dato dall ' impossibilità di dare altra base al diritto di punire . Un tale argomento però , crediamo di averlo dimostrato , non regge alla critica . La negazione del " libero arbitrio " lascia impregiudicata ogni questione di morale umana e sociale . Ma anche se ciò non fosse - ed è strano che i positivisti e gli altri sostenitori della loro tesi non l ' avvertano - ; anche se la negazione del libero arbitrio portasse seco di necessità " l ' impossibilità della morale " , e bene e male , virtù e vizio , merito e demerito , ricompensa e castigo dovessero essere d ' ora innanzi nomi vani e senza subbietto ; ciò avverrebbe ad ogni modo per essere stato dimostrato che sia per l ' uomo impossibile proporsi qualunque fine ed attuarlo ; non soltanto i fini morali in particolare . Non solo il bene morale , ma anche l ' utile dovrebbe essere bandito dal campo delle giustificazioni ; la parola stessa " giustificazione " cesserebbe anzi di aver qualsiasi significato . Niente può servire meglio di queste conseguenze enormi come riduzione all ' assurdo delle tesi fatalistiche che si annidano spesso più o meno inconsciamente nelle dottrine che assumono la negazione del libero arbitrio come loro punto di partenza . Ai soli argomenti che soglionsi in generale addurre a favore dell ' utilitarismo sono dunque ridotti coloro che vogliono sostituire la " difesa della società " senz ' altro ad ogni altra base del diritto penale . La verbalità di questa sostituzione colpisce subito lo sguardo . Sarebbe difficile invero trovare una espressione più vaga ed indeterminata , che meglio si adatti a tutti i gusti e meglio si presti a tutte le interpretazioni ed illazioni più svariate . Anzitutto , osserviamo che si tratta di un fine etico , non meno " trascendentale " di qualunque altro fine . Si presuppone come dimostrato che la " Società " sia desiderabile in sé , e debba avere la prevalenza indiscussa su tutti gli altri fini possibili . Oppure si suppone che scopo e giustificazione della società sia di essere la miglior condizione per l ' attuazione di questi ultimi ; - ed in questo secondo caso torna ad affacciarsi il problema : quali sono essi ? E fino a che punto , credendo di fare il " bene della società " si corre il rischio di offendere questi fini ? - E ci troviamo altrettanto lontani da una soluzione soddisfacente del problema quanto lo eravamo prima di introdurre il concetto della difesa della società . Che rimane dunque di tal concetto ? Una frase equivoca , che dà addito al pericolo continuo di violazioni e soprusi nell ' esercizio del magistero penale , per l ' impossibilità di determinare che cosa si debba intendere per bene della società e la conseguente probabilità che qualche furbo l ' identifichi con questo o quell ' interesse transitorio e particolare . Nel fatto , se la " difesa della società " come giustificazione del diritto di punire si presenta con un aspetto così plausibile , è appunto in grazia della sua grande elasticità . Se interpretata con sufficiente larghezza , tutti , compresi i classici , si possono trovare daccordo nell ' accettarla . Ma la dottrina " classica " ci offre , a mio avviso , una concezione assai più maturata , una definizione assai più rigorosa e scientifica di qual genere di difesa sociale sia quella a cui serve il diritto penale ; e tale da non essere affatto in contraddizione inconciliabile con ciò che forma la parte sostanziale del positivismo moderno . Nel mentre ch ' essa ci dà un ' approssimazione assai maggiore alla vera natura e funzione del magistero punitivo , non pregiudica d ' altra parte , col suo principio della tutela giuridica , alla questione dei fini a cui più specialmente questo deve servire , lasciando la determinazione loro a chi ne ha veramente la competenza , al moralista cioè e alla coscienza pubblica , manifestatasi per mezzo degli organi a ciò designati . " Il delitto come fatto , scrive il Carrara , ha origine dalle umane passioni , le quali spingono l ' uomo a ledere il diritto del proprio simile malgrado la legge che proibiva di farlo . Il delitto come ente giuridico ha origine dalla natura della società civile . L ' associazione ( che all ' uomo è imposta dalla legge eterna come mezzo di conservazione e di progresso intellettuale ) , non sussisterebbe né risponderebbe ai suoi fini , se ciascuno dei consociati avesse libera ogni sua volontà , anche ingiusta e dannosa ad altrui . Di qui la necessità , di proibire certi atti che turberebbero l ' ordine esterno , e decretare che qualora si commettano saranno considerati come delitti " . Il bisogno della difesa del diritto rende necessaria l ' autorità dello Stato . " La tutela giuridica , scrive egli nella mirabile introduzione alla parte speciale del suo Programma , non potrebbe convenientemente esercitarsi mercè la sola azione disgregata degli individui , nella quale non sempre sarebbesi trovata , razionalità , uniformità e potenza ; per lo che avrebbe mancato del più necessario dei suoi elementi : la certezza di sé . Così la costituzione della autorità sociale e il rispetto alla medesima è un precetto imposto all ' uomo dalla stessa legge di natura , perché la forza umana alla quale è consegnato il mantenimento della sovranità del diritto si eserciti in modo razionale , uniforme e potente . Tranne per questo fine la costituzione dell ' impero sui consociati non sarebbe che un abuso di forza " . " Riconosciuta così nell ' autorità sociale la potestà legittima di esercitare una coazione efficace sugli individui per la conservazione della legge giuridica , lo esercizio di tale coazione piuttosto col mezzo del castigo che col mezzo della prevenzione diretta altro non è che la consguenza di uno stato di fatto che rende necessaria quella forma piuttosto che questa . Essendo umanamente impossibile anche ad una autorità sociale , per quanto potentemente armata , fermare in precedenza il braccio del micidiale e dell ' avido che muove alla violazione del diritto , la forza tutelatrice bisogna che si eserciti mediante la coazione morale . La necessità della coazione morale legittima la minaccia della pena . E poiché la minaccia della pena non sarebbe minaccia efficace ma vana parola , se allo avvenimento di una violazione la pena non cogliesse realmente il violatore ; la necessità e legittimità della minaccia porta seco la necessità e la legittimità della irrogazione effettiva del castigo " . Difficile è davvero comprendere in che cosa una concezione siffatta possa essere stata reputata in contraddizione formale coi portati della scienza moderna . In ogni stadio di civiltà vi è stato un certo numero di azioni che gli uomini stimarono non doversi permettere , un certo numero di fini , individuali e sociali , il cui raggiungimento dovesse essere garantito . Di questi , che non hanno mai rappresentato tutti quanti i fini a cui gli uomini aspirano , ma solo la parte più essenziale , una specie di minimum di moralità sociale reputato indispensabile alla vita in comune , fu stimato necessario rilasciare la protezione all ' autorità sociale , qualunque essa fosse ; e sono quelli precisamente che quando sono raccolti a sistema costituiscono ciò che viene chiamato il diritto di un popolo . La determinazione di questi fini , come già più volte affermammo , non spetta allo scienziato , e neppure al giurista in quanto egli li trova già elaborati dalla coscienza popolare , dal " senso morale " generale . Questi può talora , come legislatore , come interprete ed ispiratore della coscienza popolare , assumere anche in parte questa funzione - è nota la funzione che ebbero i giureconsulti e i magistrati nello svolgimento storico del giure romano ; ma , in quanto egli determina non che cosa è ma che cosa deve essere , non è la semplice scienza che parla in lui , ma la voce della coscienza morale sua o per mezzo suo quella generale del popolo . Tali fini , sebbene dal vivere sociale elaborati e resi sempre più chiari collo svilupparsi del senso morale e giuridico , pure rappresentano alla loro volta in molta parte la ragione stessa per cui il vivere sociale si è costituito ; sono quindi sotto molti rispetti la giustificazione della società , qualchecosa di più " fondamentale " ancora di essa , e che può essere considerata come ad essa anteriore . La " società " adunque , negli organi che la rappresentano o sono creduti rappresentarla , si " difende " contro l ' azione che viola quei principî ch ' essa ritiene indispensabile siano rispettati . Ma la difesa della società , se così chiamar si vuole , non si esercita contro un uomo libero ( dotato di volontà ) allo stesso modo con cui si eserciterebbe contro un pericolo naturale , un animale furioso , un pazzo infrenabile . Contro questi agenti la sola maniera di provvedere è di porre impedimenti fisici all ' effettuazione del danno . Ma sull ' uomo libero , suscettibile di essere influenzato da motivi , capace pertanto di astenersi da una azione in vista delle conseguenze che questa porterà su lui o su altri , è possibile agire per via morale . Nuovi motivi possono essere presentati od imposti alla sua considerazione per astenersi da atti che egli altrimenti avrebbe compiuti . Questi motivi possono essere considerazioni intorno all ' immoralità o inciviltà dell ' azione stessa , fornitigli per mezzo della persuasione e alimentati in lui dal fatto stesso che la coscienza sociale colpisce l ' azione con una pena ( vedi Brusa , Proleg . , p . 135 ) e simili ; ma possono anche consistere nella minaccia di un male effettivo per l ' agente , la quale chiami a raccolta , ove i sentimenti socievoli ed altruistici non bastino , anche i sentimenti egoistici a distogliere l ' individuo dalla violazione del diritto . Così nasce la necessità della pena , la quale può essere definita in genere come quel complesso di conseguenze dolorose artificialmente annesse a date azioni volontarie dalla legge o dalla pubblica opinione allo scopo di diminuirne il numero e di tranquillare la coscienza sociale . La pena dunque , ripetiamo , può essere considerata come un modo di " difesa " ; ma essa è un modo di difesa speciale , diretto contro speciali pericoli e speciali nemici . Il giustificare quindi la pena colla difesa della società può anche non implicare un errore ; ma a condizione di non significare se non ciò che altri , con locuzione più precisa , chiamano " tutela giuridica " . - Ove ben si consideri , tutte le altre dottrine che sono state escogitate per render ragione del diritto di punire sono deficienti per non aver tenuto conto di tutti i dati del problema , per aver contemplato un solo lato , se anche vero , della questione , facendo più o meno astrazione dalle esigenze pratiche alle quali soggiace in ogni suo stadio il diritto , ed in qualche modo dimenticando che il diritto è un organismo concreto , la cui vitalità ed il cui retto funzionamento dipendono dal soddisfacimento di condizioni molteplici , fuor dalle quali esso corre il rischio di venir meno al suo fine ; - per aver mancato , pertanto , di senso " positivo " , nel significato più proprio di questa parola . La teoria della giustizia assoluta - della espiazione - della pena fondata puramente ed assolutamente sulla proporzione fra il male e la colpa da compensarsi e retribuirsi col male del castigo , se si basa puramente sul giudizio del merito e demerito del colpevole e non viene in pratica limitata da altre considerazioni , mette capo , nonché ad una indebita confusione del diritto colla morale , ad un esagerato subiettivismo . Allo speculatore astratto essa si presenta come idealmente giusta , ed anche come idealmente efficace . Che cosa può meglio contribuire a far sì che gli uomini perseverino nella retta via , dell ' idea che saranno puniti esattamente in proporzione del loro merito , tenuto conto di tutto ciò che può alleviare , di tutto ciò che può aggravare la loro responsabilità ? Ma un tal giudizio richiede un giudice onniveggente ed infallibile , quale solo può ritrovarsi in una divinità . Non per nulla i sistemi religiosi hanno sempre avuta la tendenza ad accettare senza restrizioni la dottrina dell ' espiazione . Nel fatto , siccome la giustizia terrena è amministrata da uomini atti ad ingannarsi ed a peccare , la teoria del perfetto adattamento del castigo al demerito è stata la fonte dei peggiori abusi . Essa è quella , che , abbandonando al giudice una discrezione illimitata , è stata uno dei più validi sostegni del sistema inquisitorio di procedura . La teoria della esemplarità della pena , d ' altra parte , è esposta ad obbiezioni analoghe . Essa urta anzitutto contro il nostro sentimento di giustizia , poiché non sarebbe ammissibile che , solo per dare un esempio agli altri fosse punito gravemente chi ha commesso un fatto , la responsabilità per il quale sia per molti riguardi mitigata . Intesa in questo senso , la teoria della esemplarità potrebbe legittimare anche la condanna del pazzo e di chi ha agito per forza maggiore , e perfino quei giudizi contro gli animali e le cose che furono comuni nel Medio Evo . Vero è che la maggior parte dei seguaci di tale dottrina la intendono in un modo assai più razionale : poiché , si può obbiettare , l ' esempio non è efficace se non quando la punizione si applica a chi agisce in condizioni simili alle nostre , onde chi è , normalmente o per accidente , privo della facoltà di astenersi volontariamente da una azione , non deve esserne colpito . Ma allora si può rispondere che , con tali ed altre specificazioni , l ' elemento della esemplarità trova il suo posto anche nella teoria " classica " della tutela giuridica . È ovvio che la ragione per cui alla minaccia della pena è indispensabile far seguire effettivamente la pena che altrimenti mancherebbe l ' esempio . Lo stesso Carrara novera l ' esemplarità fra i requisiti della pena ; ma nello stesso tempo pone in guardia contro la cattiva interpretazione e la indebita estensione del criterio della esemplarità . " La pena , egli scrive , deve essere esemplare : tale cioè che ingeneri nei cittadini la persuasione che il reo ha patito un male . La mancanza del primo requisito ( l ' afflittività ) fa cessare l ' efficacia della pena rispetto al reo ; la mancanza di questo secondo la fa cessare rispetto a tutti gli altri ; e così nei buoni come nei malvagi per diversa ragione . Ma la esemplarità che richiedesi nelle pene non devesi riguardare come il fine precipuo a cui essa deve servire : ciò condurrebbe alla falsa dottrina della intimidazione . Deve piuttosto intendersi come una condizione esteriore della pena nella sua irrogazione . Ma non deve spingersi all ' effetto di aggiungere alla pena tormenti oltre alla giusta misura sotto il pretesto di renderla più esemplare . La esemplarità , in una parola , deve essere un risultato che si deve ottenere dalla punizione , senza che , per ottenerla , se ne alteri la misura oltre il rapporto della giustizia " . L ' emenda del reo è pure incontestabilmente uno degli scopi a cui sarebbe desiderabile che corrispondesse la pena . Ma si può essa stabilire come criterio supremo , a cui tutti gli altri debbano cedere ? Essa viola l ' esigenza che la pena sia certa , nonché l ' altra ch ' essa sia spiacevole e dolorosa . L ' emenda non potrebbe ottenersi se non coi buoni trattamenti : il risultato d ' altra parte sarebbe nella maggior parte dei casi problematico . Il fine dell ' emenda dovrà dunque , fino a che la pena sarà destinata sopra ed anzitutto a guarentire la tranquillità dei consociati , sempre considerarsi come un fine subordinato . Finalmente , la teoria dei " positivisti " . È curioso notare come questa , per quanto si attenga sempre al semplice diritto di difesa sociale , pure quando si tratta di interpretarlo si presenti piuttosto come una dottrina eclettica , che fa larga parte alle diverse esigenze delle altre scuole , e mentre ora sembra accostarsi alle forme più utilitarie di difesa ( colla giustificazione perfino della pena di morte ) , ora si accosta piuttosto alla dottrina dell ' emenda , ed ora invece , col dar maggior rilievo all ' elemento subiettivo nell ' esame del delinquente , ai medesimi risultati cui mette capo la teoria dell ' espiazione . Secondo il Florian , gli scopi della pena sono tre : a ) porre il delinquente nella impossibilità materiale di nuocere ( pura difesa ) ; b ) cercare che il delinquente non ricada nel delitto e che in lui si destino sentimenti ed attitudini sociali ( emenda ) ; c ) trattenere gli altri dal delitto mediante la minaccia e l ' intimidazione . Nella dottrina però dei positivisti è notevole la sfiducia rispetto a quest ' ultimo fine , cioè all ' efficacia della minaccia della pena a distogliere i male intenzionati dal delinquere . Se basata sulla negazione assoluta del " libero arbitrio " , tale sfiducia è , come abbiamo visto , del tutto infondata ; se invece derivata dal concetto della irresistibilità di certi impulsi per certe categorie d ' individui , sordi perciò alla coazione morale , la questione è ben lungi dall ' essere definitivamente risolta , ma si presenta come plausibile e di immenso interesse . Le ricerche e le intuizioni geniali del Lombroso non hanno , e non dovrebbero avere , altro scopo che di stabilire se esistano tali categorie d ' individui , quali siano e come riconoscerle . Tali ricerche possono portare a risultati preziosi , di grandissima importanza anche per il diritto penale , ma certamente non pare che il materiale di fatti sin qui accumulato sia sufficiente per poter ancora considerar la teoria come scientificamente provata . Troppo è ardua tale questione per poterla qui discutere : essa è di competenza dello psichiatra , del fisiologo e dell ' antropologo più che del giurista , il quale si deve limitare ad accettare i portati dei loro studi ove abbia sufficienti garanzie ch ' essi sono solidamente fondati . Non si tratta ad ogni modo - ed è questo il punto di massima importanza per la presente dissertazione - di una questione di assoluta affermazione o negazione , ma di una questione di misura . La teoria del delinquente nato non può pretender di essere estesa a tutti quanti gli umani delinquenti . La tesi dell ' inefficacia assoluta della pena a prevenire il delitto mi par troppo contraria alla coscienza generale e alla esperienza particolare che ciascuno di noi sì è fatta della natura umana , per poter esser vera . - Le manca inoltre una base di fatto , poiché nessuno ha osato sperimentare che cosa diverrebbe la società ove per quindici giorni si decretasse l ' impunità assoluta per ogni sorta di delitti . - Ma l ' efficacia della pena ha certamente dei limiti - lo prova il fatto stesso che , a malgrado delle pene anche severissime , il delitto non ha mai cessato completamente d ' esistere - ; ed è di sommo interesse il conoscere quali sono questi limiti . Non è quindi l ' irresponsabilità in generale , ma sono alcuni casi di irresponsabilità che la nuova scuola farebbe risaltare ; ed in questo la sua posizione è , a priori , inoppugnabile . Rimane l ' affermazione della scuola positiva di voler fare astrazione da ogni concetto di merito o demerito , di retribuzione . Qui ancora , tale affermazione , se fondata nella negazione del libero arbitrio , è insostenibile . Il principio della difesa sociale non può d ' altra parte fornirle appoggio di sorta . La nostra coscienza morale , come ci addita quali sono i fini che debbono essere protetti contro eventuali violazioni , così pure ci addita i limiti entro cui tale protezione , si designi essa come difesa sociale o tutela giuridica , va mantenuta - l ' individualità umana , per la simpatia naturale che desta , costituendo di per sé stessa un fine che va rispettato . Vi sarà quindi un punto in cui il fine della sicurezza pubblica , la cui necessità è tanto più urgente quanto è più grave il male minacciato , non basta più a giustificare il sacrifizio dell ' individualità - in cui la pena ( che , per essere una restrizione della personalità , è in sé un male ) sembra un mezzo troppo increscioso per ottenere il risultato voluto . Quale è questo punto ? Quello in cui la pena cessa di essere giusta , perché sproporzionata al demerito del colpevole . Nel determinare questo punto , la nostra coscienza morale sarà giudice inappellabile : dopo ciò che abbiamo detto nel suo corso di giustificazione non ci pare che ciò abbia bisogno di essere ulteriormente dimostrato . Ecco dunque come il concetto del merito , di ciò che è giusto subisca il delinquente come conseguenza del suo operato , è concetto che non si può assolutamente evitare , perché esso è un elemento che entra continuamente nei nostri giudizi . Che se poi invece l ' affermazione dei positivisti di voler fare astrazione da tale idea indica il proponimento di escludere dal diritto penale le considerazioni d ' indole più strettamente etica , allora questo è un principio già ammesso nella distinzione rigorosa fra diritto e morale , in quanto quello riguarda un numero minore di azioni e si astiene , per motivi di garanzia individuale , da ogni ingerenza nella nostra personalità subiettiva . Anche a questo riguardo dunque possiamo dire che la nuova scuola , combattendo la scuola " classica " , ha un po ' combattuto " contro i mulini a vento " . È forse il caso di ripetere ancora una volta che molte controversie si potrebbero evitare , se chi combatte una dottrina si proponesse sul serio di comprenderla completamente , e se , anziché scegliere questa o quell ' affermazione , staccata di questo o quell ' autore , per aver facile giuoco di demolirla , si curasse di considerare la teoria avversa nella sua coerenza logica e nella sua forma più accettabile ; se insomma invece di prendere le teorie per il loro lato più debole , si prendessero dal loro lato più vero . È così che troppo spesso uno si maraviglia della facilità colla quale può sbaragliare un avversario creduto formidabile , mentre non si accorge che quella che ha dinanzi a sé non è l ' avversario in carne ed ossa , ma una immagine impagliata , per così dire , del medesimo , posta inoltre nella maniera più acconcia per essere colpita . Un esame più attento gli avrebbe tosto chiarito l ' inganno . Spesso fatti e cose , che a prima vista ci appaiono illogici ed assurdi , cessano poi di apparirci tali appena uno studio più accurato e una conoscenza più precisa della complessa realtà ci forzano a riconoscere un fondamento ed una giustificazione che prima ci erano sfuggiti solo in grazia di ingenuo semplicismo e , diciamolo pure , di un ' ignoranza da dilettanti . La lezione che ci dànno i fatti è spesso una lezione di modestia . È assai frequente , ed in special modo di fronte al diritto , un certo atteggiamento di fastidiosa impazienza e d ' intolleranza , che dipende dall ' incapacità di afferrare la ragione della molteplicità , della complicanza e sottigliezza delle esigenze a cui deesi piegare chi lavora in un campo pratico . Il diritto è un prodotto essenzialmente " storico " , frutto di sforzi protratti per secoli in vista di risultati pratici di grande interesse ma di enorme difficoltà : esso ha dovuto nel suo svolgimento tener conto di innumerevoli esigenze talora contraddittorie , preferire spesso fra più mali il minimo , cercare il contemperamento delle varie tendenze , dei vari bisogni , delle varie idealità : e rappresenta quindi l ' accumulazione di una sapienza che spesso è di difficile comprensione al profano , e presta facilmente il fianco alle obbiezioni superficiali di un immaturo senso comune . Così chi guarda soprattutto all ' esigenza di far giustizia mal comprenderà perché il giudice sia inceppato da leggi che pretendono fissare anticipatamente la misura della responsabilità del colpevole . Chi guarda invece piuttosto all ' emenda si stupisce della barbarie dei mezzi adoperati nella repressione del delitto , che sono in contraddizione con tutte le teorie moderne sull ' educazione . Chi infine guarda alla necessità di difendere la società , ove non interpreti tale concetto con sufficiente larghezza , si maraviglierà di certe debolezze e condiscendenze , dell ' inefficacia dei mezzi escogitati , oppure vorrà un adattamento della difesa al pericolo concreto , troppo superiore a quanto non permetta la necessità di determinare legalmente la pena prima che la violazione effettiva si sia avverata . Le medesime considerazioni si possono fare , a parer nostro , anche intorno a quell ' altra questione che ci interessa : quella cioè che più specialmente riguarda il metodo del diritto penale . IL METODO DEL DIRITTO PENALE . - La questione del metodo può dirsi il nodo della controversia fra i positivisti ed i " classici " . Il metodo di cui i positivisti propugnano l ' adozione anche nelle discipline penali è , com ' è noto , quello stesso delle scienze naturali , " positive " ; cioè l ' osservazione e , entro i limiti del possibile , lo sperimento , che mettano in luce le vere cause del delitto , rimovendo le quali soltanto si può sperar di sopprimere il delitto stesso . " Il reato è un fatto dell ' uomo , che si verifica in società e che alla società riesce dannoso ; è quindi , un fenomeno individuale e sociale insieme . Or dunque è necessario prima di parlare del reato , studiare l ' uomo che ha commesso il reato e l ' ambiente , nel quale si produsse . Di qui l ' indagine dei caratteri , che si mostrano propri della massa dei delinquenti , da un lato ; dall ' altro , l ' esame delle peculiari condizioni dell ' ambiente fisico e sociale , nel quale la delinquenza fiorisce . Appariva quindi evidente fin dagli esordi del nuovo indirizzo , che il reato , una volta studiato nelle sue manifestazioni reali e quotidiane , era il prodotto e il resultato di un triplice ordine di fattori : antropologici od individuali ( fisici e psichici ) , fisici e sociali . Ora , che un tale studio possa essere fecondo di utili ed interessanti risultati , è cosa evidente . E appunto notiamo che l ' ipotesi del liberum arbitrium indifferentiae colla conseguente impossibilità di ogni studio scientifico del delitto , aveva per tal riguardo un effetto deprimente . Chi invece nega il libero arbitrio ha la speranza di poter un giorno fondare una scienza completa dell ' uomo in tutte le manifestazioni della sua attività morale e materiale , e quindi anche di poter rintracciare tutte quelle cause molteplici che possono aver posto un individuo nella triste " necessità " del delitto . Ma un tale studio , se offre un interesse scientifico e pratico grandissimo , può considerarsi come un metodo accettabile in diritto penale , e tale da poter essere utilmente sostituito al metodo finora prevalente ? Anzitutto , occorre scartare una opinione , che più volte nel corso del presente lavoro abbiamo dichiarata errata : quella cioè che un ' organizzazione , qual è quella del diritto , che ha per scopo la determinazione ed il raggiungimento di fini , possa aver per base unica l ' osservazione della realtà . Se una cosa debba o non debba essere è questione in cui la " scienza " non ha nulla che fare . Se una pena sia o no conveniente , giusta , opportuna è cosa che solo il nostro " sentimento " può decidere . Una pena potrebbe apparirci come la sola efficace a estirpare il delitto e pur essere scartata come quella che urta contro il nostro senso morale . La osservazione della realtà può dirci qual è il risultato dell ' applicazione di una data pena : il nostro sentimento , se il provvedimento della pena comporti un grado di desiderabilità tale da essere adottato per raggiungere questo risultato . In altre parole , anche dopo che la scienza , l ' uso del metodo positivo , ci ha mostrati i mezzi necessari ove si voglia raggiungere il fine , resta sempre adito al giudizio etico se valga la pena di adottarli in vista del medesimo . Perciò , sia che si tratti di elaborare il diritto o di stabilire le sanzioni per la sua violazione , l ' uso esclusivo del metodo " positivo " è addirittura una impossibilità . Ma se tutto ciò è vero , si dirà : se è vero che la sola osservazione oggettiva della realtà non può bastare né al giurista , né al moralista ; pur nondimeno è sempre su un materiale concreto , di fatto , che deve esercitarsi il giudizio nostro , se anche contiene elementi etici ; e quindi quanto più la pena sarà stabilita caso per caso , quanto più essa terrà conto dei molteplici e variabili elementi che possono concorrere a modificare l ' opportunità e la misura del gastigo , tanto più il nostro metodo sarà " positivo " nel senso più proprio della parola ; poiché questo non disconosce la funzione del nostro senso etico nella determinazione del fine , ma richiama l ' attenzione sulla impossibilità di raggiungere un fine qualsiasi senza conoscere la realtà sulla quale si deve operare . Rispondiamo che tali osservazioni sarebbero perfettamente giuste se l ' uso dell ' astrazione non trovasse a sua volta la sua giustificazione nelle esigenze pratiche della materia . È impossibile evitar l ' uso dell ' astrazione nella scienza ; tanto meno sarà possibile evitarlo in morale e diritto . Anche per ciò che riguarda la scienza , i fatti concreti esorbitano sempre dalle categorie nette e precise ch ' essa pone , e contengono sempre dei residui e degli elementi da essa non contemplati . Ciò è vero tanto delle scienze astratte quanto di quelle che si propongono espressamente di studiare i fatti . Il fatto della scienza non è il fatto della natura . E le scienze stesse che hanno per oggetti i fatti procedono per due vie principali : la constatazione delle somiglianze e la determinazione di medie : processi nei quali l ' astrazione si trova continuamente implicata . Se non vi fossero anche nei fatti delle somiglianze e delle ripetizioni accanto alle loro diversità , non solo la scienza storica sarebbe impossibile , ma sarebbe perfino impossibile riferire un fatto qualsiasi per mezzo delle parole ; non avremmo che una successione d ' impressioni indefinibili . " L ' ordine generale dei fatti non esclude certi disordini , né la regolarità certe irregolarità . Lo storico che generalizza , classifica , riassume , deve rendersi conto di ciò ch ' egli fa ; egli deve vedere che la complessità e la varietà del reale sorpassano ogni immaginazione e sfidano ogni sforzo di analisi completa ; egli deve guardarsi dal negare la diversità col pretendere di ricondurla tutta quanta alle unità ch ' egli constata . Nella morale poi , ed a più forte ragione nel diritto , per l ' indole sociale di queste discipline , la necessità di una certa astrazione si presenta come inevitabile . - La morale sociale è certamente più astratta della morale individuale , quale può elaborarsi in un animo generoso , preoccupato della inevitabile insufficienza di tutte le soluzioni generali e a grandi linee dei problemi etici . Ogni precetto categorico , quando sia considerato dalla coscienza individuale desiosa di realizzare il minimo possibile di ingiustizia e d ' immoralità , è atto ad apparir difettoso nel senso che vi sono dei casi rispetto ai quali esso non raggiunge assolutamente più il suo fine . La complicatezza e la sottigliezza della casistica etica è pressoché infinita . Ne consegue pur troppo inevitabilmente , che ogni sistema dogmatico e assoluto di morale , ogni precettistica astratta , ogni " codificazione " delle nostre norme di condotta non può alla lunga non apparire insoddisfacente ed incompleta alle anime più nobili e raffinate , che sono senza posa alla ricerca del massimo bene e del minimo male , ed atta a patire , nei casi reali , di numerose eccezioni . Se alcune norme eterne di morale ci appajono universalmente giuste , come per esempio quella di non fare agli altri ciò che non vorremmo fatto a noi ; ciò dipende e soprattutto dal fatto ch ' esse esprimono piuttosto la condizione d ' animo in cui si deve porre colui che vuol giudicare della via più retta nelle evenienze pratiche , che non una vera e propria regola pratica d ' azione . Ma appena dall ' indeterminatezza ideale si scende nel campo delle pratiche realtà per porre una regola definita da non derogarsi mai nelle vicissitudini della vita , allora nasce tosto il conflitto fra le più delicate aspirazioni dell ' anima individuale e la grossolana rigidità della morale tradizionale e legale . E così l ' opinione pubblica è in genere indulgente verso quelle grandi personalità che dànno , a torto o a ragione , maggiori garanzie di veder meglio e più lontano dagli altri , permettendo loro di violare , in vista di un resultato determinato , i canoni più indiscussi della morale costituita ; è così anche che vediamo talvolta le persone veramente buone e generose mettersi in contrasto coi modi di pensare della società ove vivono , perdonando dove altri condannerebbe , e valersi della loro conoscenza del mondo morale per trovare giustificazioni ed attenuanti prima insospettate alle azioni dei loro simili , ammaestrandoci a guardare più benevolmente la vita degli altri e ad astenerci da ogni giudizio fondato su criteri troppo esclusivi , generali ed assoluti . " De même que la grace est parfois plus belle que la beauté , de même il y a une chose encore plus juste que la justice : la bonté " . Un tal modo di pensare peraltro , ove si generalizzasse in epoche di senso morale malfermo ed incerto , ove non fosse usato con una certa diffidenza e mantenuto in una cerchia , per così dire , tutta individuale e morale , sarebbe certo assai pericoloso . Il permesso di contravvenire alle norme riconosciute di condotta in vista di un fine superiore , se dispensato con troppa larghezza , può condurre , ai peggiori abusi : i risultati della morale gesuitica sono lì per ammaestrarcene . Ogni società richiede per conservarsi e prosperare che un certo numero di regole pratiche di condotta siano universalmente osservate dai consociati , e che la facoltà di violarle in singoli casi non sia abbandonata all ' arbitrio individuale . Il numero di queste regole varia coi tempi , ed è presumibile che diminuisca col crescere della civiltà e col perfezionarsi del senso morale . Intanto possiamo vedere che già si cammina per certi riguardi in questo senso . Nelle vecchie società a base consuetudinaria ed autoritaria un numero enorme di atti , quale oggi a grande stento riusciamo a rappresentarci , era sottratto all ' arbitrio individuale e regolato secondo precetti rigidi e fissi , valevoli per ogni tempo ed ogni circostanza sanzionati da pene severissime ed inflessibili . In tali stadi di civiltà sembra , come osserva il Bagehot , essere stato profondamente , se non consapevolmente sentito che per i popoli ancora all ' inizio della propria evoluzione è meglio il seguire una norma purchessia , che il non seguirne alcuna . Oggi invece siamo in un ' epoca di piena discussione : vediamo l ' individuo ergersi colla propria ragione e col proprio sentimento di fronte alla collettività , senza tollerare altre ingerenze nella sua facoltà di crearsi una vita secondo le proprie aspirazioni e di gudicare della opportunità dei proprii atti nelle singole circostanze , all ' infuori di quelle più strettamente necessarie . La libertà , non solo di fronte alle leggi , ma anche di fronte alla pubblica opinione e alle consuetudini , la reciproca tolleranza in fatto di pensiero e di moralità , tutta questa maggior fluidità e plasticità di tutto l ' ambiente sociale sono sintomi della maggior fiducia riposta nell ' individuo e della corrispondente diffidenza verso le regole di viver sociale di carattere troppo fisso , troppo asssoluto e troppo durevole . Ma che siamo ben lontani ancora dall ' epoca in cui si potrà fare a meno di ogni regola fissa , ce lo mostrano d ' altra parte tutte le nuove leggi sorte in epoca recente allo scopo di guarentire precisamente questa libertà individuale contro i soprusi e gli arbitrii dei singoli , tutti i complicati organi del diritto pubblico odierno , col loro meccanismo di freni e contrappesi , di reciproca vigilanza e controllo , che costituiscono uno dei caratteri delle moderne democrazie . Onde è a dirsi che si tratti piuttosto di una sostituzione di norme piuttosto che di una vera e propria loro diminuzione , e che si è in cerca di regole che contemperino il massimo di libertà e indipendenza individuale , il massimo di fluidità sociale , con quella regolarità e con quell ' equilibrio necessario alla vita di una società ; non del modo di poter fare a meno di qualunque norma ; - tesi quest ' ultima che solo gli anarchici , nel loro incoercibile ottimismo , possono aver l ' audacia di sostenere . Tali norme pertanto , che la loro sanzione sia semplicemente esercitata dall ' opinione ( morale ) , o dallo stato ( diritto ) , non possono in qualche modo non partecipare della natura dell ' astrazione : il diritto non può , per la sua stessa natura di disciplina sociale , piegarsi ai fatti particolari nella loro complessità talora formidabile . È così che nasce il conflitto fra la legge e l ' equità , fra il jus strictum e il jus equum , fra il diritto civile e il naturale , fra il diritto e la giustizia . Il diritto , come disse il Vico , ha bisogno anzitutto del certo ; ora il certo non si può ottenere se non fissando dei limiti e delle categorie generali ed astratte , che , appunto come tali , hanno qualche cosa in sé dell ' arbitrario . Di questi inconvenienti - e come potrebbe essere diversamente ? - partecipa anche il diritto penale . La pena accompagna il precetto giuridico come sua sanzione , precede quindi la violazione del precetto medesimo e non può pertanto non essere astrattamente commisurata , in base a ciò che per una misura media appar giusto , utile . E ciò per una necessità difficilmente evitabile senza andare incontro ad inconvenienti maggiori . È necessario che ogni cittadino conosca che cosa lo attende ov ' egli commetta questa o quella azione lesiva del diritto . È necessario veder guarentito l ' individuo contro l ' arbitrio personale del giudice , contro l ' impeto momentaneo del sentimento pubblico , contro il prevalere di considerazioni estranee al magistero penale . L ' individualità moderna è troppo gelosa della propria integrità per esporla al capriccio variabile e alla mutevole forza del sentimento . Fra le garanzie reclamate oggidì dall ' individuo , la principale è senza dubbio quella consacrata dall ' art . 1 del codice penale nostro , il principio cioè che nessuno possa essere punito per una azione che non sia stata nelle debite forme e anteriormente al suo compimento , dichiarata reato . Nullum delictum , nulla peona sine praevia lege poenali . Come il giudice di un fatto deve essere designato prima che il fatto sia compiuto , così prima del fatto deve essere stabilito che esso costituisce delitto e qual ' è la pena sua . Onde il grave pericolo insito in ogni pena indeterminata . La pena quindi deve essere eseguita quale fu stabilita dalla legge , e non in base ad una presunta temibilità del reo , argomentata dai suoi caratteri particolari . " La pena , scrive il Carrara , non può essere che una pena . Mite sì ; giusta . Ma adeguata al passato ; e inamovibile per fatti posteriori " . Ed ecco la semplice e naturale giustificazione di quel metodo astratto che considera il reato come ente giuridico , contro al quale i positivisti sollevano tante obbiezioni . Ma a prescindere dal suo " sapor metafisico " , non poco irritante forse per i positivisti più profondamente penetrati dallo spirito di scuola , nella espressione ente giuridico non è a vedersi se non l ' espressione della necessità di una determinazione legale del delitto , del valore comparativo dei delitti fra loro e colle rispettive pene , - e ciò puramente a scopo di pubblica garanzia . Fissar la pena prima del resto vuol dire necessariamente fissarla per mezzo di dati astratti , di generalizzazioni , ed in base ad una media : quindi esporla ad essere nei casi concreti , malgrado la discrezione limitata concessa al giudice , ora troppo severa , ora troppo mite . Ma come evitar ciò ? È un ' imperfezione pressoché inevitabile in ogni istituzione sociale ch ' essa non debba tener conto di certe esigenze individuali , e consideri le grandi linee e le grandi masse ; ciò a cui dobbiamo mirare essendo che di queste ingiustizie ve ne sia il minor numero possibile . - Intanto i seguaci della nuova scuola , col voler ridurre senz ' altro il giudizio penale ad un libero esame della temibilità dell ' individuo , tolgono , senza essere forse abbastanza consci della gravità ciò che propongono , una delle più valide garanzie di libertà individuale , una di quelle più faticosamente acquistate in epoche recenti . D ' accordo in ciò colle dottrine in apparenza più discordi dalle loro , come , p . es . , quella della espiazione , essi tendono in pratica a rinnovare le forme più schiette del procedimento inquisitorio , col subbiettivismo , coll ' arbitrio eccessivo del giudice , colla pena indeterminata e straordinaria e la confusione delle parti in giudizio , che a questo sistema sono inerenti . Qualunque sia il nostro parere sulla desiderabilità di ovviare agli inconvenienti che oggi si verificano , non si può negare l ' importanza di simili considerazioni e la necessità di non mai perderle di vista , nel tentar qualunque riforma . Anche per ciò che riguarda il metodo nel diritto penale , possiamo dunque dire che le affermazioni dei positivisti , a meno , che non siano corrette da numerose restrizioni , sono eccessive o peccano di unilateralità , non tenendo sufficiente conto di esigenze e pericoli pratici per volgere l ' attenzione di preferenza a uno solo dei dati del complesso problema della giustizia pratica . Anche qui , possiamo dire che peccano di semplicismo ed ottimismo , mancando pertanto di senso " positivo " . - Tutto ciò ci mostra qual ' è la funzione possibile , e nello stesso tempo quali sono i limiti , del " metodo positivo " nel diritto penale . Non vogliamo dire che le nuove dottrine non rappresentino una tendenza giusta e vera , che il metodo astratto non sia la fonte , in molti casi concreti , di deplorevoli inconvenienti , che la corrente di pensiero scientifico , la quale ha influito così potentemente nel trasformare tutte le condizioni di vita nell ' epoca presente , debba restare senza un efficace infiusso nel diritto penale . Ben diverso è il nostro pensiero . Crediamo piuttosto , che se i positivisti forse non hanno recato tutto il vantaggio che possono recare , se si sono attirata da parte dei " classici " un ' antipatia e una ripulsione eccessiva , ciò è dovuto al fatto ch ' essi non hanno saputo sempre discernere la parte sana delle loro dottrine , ch ' essi hanno interpretato il " positivismo " in un modo troppo angusto e parziale , traendone conseguenze affrettate ed estreme e mancando di quello spirito conciliativo ed equanime , senza il quale ogni collaborazione scientifica è impossibile . Qualunque sia l ' opinione a cui si arrivi sulla necessità di introdurre questa o quella riforma nell ' indirizzo prevalente nel diritto penale , indirizzo che risale al Beccaria , ciò che non gli si può contestare è l ' amore verso la libertà umana ed i diritti individuali , a cui sono ispirati i suoi principi . - Ogni giudizio su di esso che non tenesse conto delle sue origini nel grande movimento razionalistico del secolo XVIII correrebbe il rischio di essere ingiusto e manchevole . Come reazione a tutto un sistema , inveterato da secoli di soprusi e d ' arbitrii , per cui l ' individuo era continuamente minacciato di pene oscure ed incerte , motivate dall ' argomento senza repliche della ragione di stato , niuna meraviglia ch ' essa abbia talora forse anche trapassato il segno in senso contrario . Vediamo infatti il movimento di riforma accennarsi in sulle prime nel Beccaria stesso con forme che a noi parrebbero eccessivamente dogmatiche ed intransigenti , spiegabili in lui per il fatto ch ' egli si era trovato a contatto col sistema , contro il quale combatte , in tutta la sua crudità , mentre non era naturalmente in grado di misurare gli eventuali danni del sistema opposto . Sono caratteri della dottrina del Beccaria : l ' intolleranza assoluta di ogni interpretazione della legge penale , non giustificabile neppure con giudici peggiori di quelli del tempo suo ; un ossequio alla legge e alla certezza della pena portato fino all ' acciecamento di non volerne saper neanche del diritto di grazia ; la mancanza di ogni senso storico . Tolto quindi assolutamente l ' arbitrio del giudice ; e alle pene arbitrarie sostituite pene assolutamente determinate e fisse . " Chi potrebbe lagnarsi della proclamazione di questi principi , osserva il Brusa riferendosi alla nuova legislazione criminale , per ciò solo che di un tratto essi non tennero conto di certe esigenze ulteriori della giustizia pratica ? Se il diritto criminale avesse dovuto attendere la propria risurrezione prima dallo spirito storico che non da quello speculativo , neanche la riforma leopoldina e le altre contemporanee avrebbero potuto precorrere la rivoluzione del 1849 . Chi può anzi dire se , per esempio , l ' obbrobrioso mercato della giustizia che profittava a giudici e sovrani avrebbe altrimenti allora cessato , insieme all ' abuso delle mitigazioni per motivi futili ed indegni , come quella che il bigamo avesse , sposando una meretrice , elevato questa ad una vita onorata ? " . La stessa giustificazione utilitaria del diritto di punire , la stessa dottrina del contratto sociale , per quanto oggi si possano riconoscere i loro difetti come teorie generali , hanno nella mente del Beccaria e dei suoi contemporanei una funzione ed un valore che sarebbe ingiusto disconoscere . Essi rappresentano la negazione degli abusi di un sistema anteriore : la teoria utilitaria , come quella che vuol rattenere la pena entro i limiti della necessità di reprimere solo le azioni che veramente turbano l ' ordine e la tranquillità sociale ; la teoria del contratto sociale come quella che denuncia le ineguaglianze stridenti , non più fondate nella reciprocità dei servigi e contrarie al sentimento di giustizia . Oggi la pratica delle legislazioni è venuta introducendo via via quelle limitazioni ai principii assoluti , che apparvero necessarie ad un migliore contemperamento delle varie tendenze . - Al giudice si è concesso quell ' arbitrio che è indispensabile al retto esercizio delle sue funzioni ; entro i limiti fissati dalla legge egli può graduare la pena adattandola quanto è più possibile alla particolare gravità del fatto . Per ciò che riguarda il convincimento , il sistema delle prove morali , sostituito a quello delle prove legali , nel quale massima è la diffidenza verso la personalità del giudice , già segna un passo grandissimo in una direzione nella quale si può molto avanzare . Perocché quando è lasciata al giudice la facoltà di condannare od assolvere secondo il proprio convincimento , sì può intravedere anche la possibilità di lasciargli secondo il proprio convincimento graduare le pene . E l ' istituzione stessa dei giurati , per quanto la si voglia limitata al puro giudizio del fatto , pure è un segno della medesima tendenza . In pratica , i giurati sono i rappresentanti della coscienza popolare anche per ciò che riguarda la valutazione del fatto come delitto o no , e perciò forniscono un avvicinamento , per quanto limitato , alla " individualizzazione " della pena . Ma in tutto ciò il canone più indicato del metodo positivo è di procedere gradatamente , senza sacrificare nulla di ciò che si è ottenuto , in vista di risultati che possono essere problematici ed incerti . La " individualizzazione della pena " non è l ' aspirazione esclusiva di nessuna scuola speciale , ma la tendenza naturale del progresso ; la sola questione da discutersi essendo fino a qual punto essa si possa conciliare con garanzie essenziali di libertà contro gli arbitrii di qualunque specie . Tale questione è troppo grave per essere discussa nel presente lavoro , che pretende più che altro esporre alcune osservazioni pregiudiziali sulle questioni che più spesso si discutono intorno al diritto punitivo ; - la forma stessa in cui tale questione è da noi enunciata , mostra d ' altra parte come riteniamo essere impossibile risolverla così a priori ed in generale . Trattandosi essenzialmente di una questione di misura , essa si presterà a soluzioni sempre varie coll ' avanzare del tempo e col progredire della civiltà , e secondo le divergenze nel carattere e nell ' educazione dei popoli . Nello stabilire il valore comparativo dei reati fra loro e la proporzione loro colle pene , una legge ben fatta dovrà avvicinarsi quanto più è possibile alla realtà delle cose , ed essere quanto più possibile particolareggiata , creando distinzioni e categorie che realmente corrispondano a quelle che si riscontrano nelle cose stesse . Ma ciò non deve considerarsi come un sovvertimento delle basi su cui fin qui posava il diritto penale . - Al contrario , il movimento positivistico deve piuttosto considerarsi come un tentativo di completare ed integrare l ' indirizzo fin qui prevalente nel diritto penale , di spingerlo più velocemente in una direzione già presa , di additarne certe lacune e di colmarle , senza per questo rinunciare ai benefizi dall ' indirizzo prevalente presi più specialmente di mira . - Esso non può propugnare la sostituzione assoluta del " metodo positivo " al metodo astratto : ciò sarebbe , come abbiam visto , non aver intesa del tutto la natura del metodo positivo , e disconoscere quella del diritto stesso : ma nello stesso tempo ci dà un avvertimento di tener conto , più di quanto non lo si sia fatto forse per il passato , dei risultati dell ' osservazione positiva , e soprattutto insiste su alcuni fatti e leggi nuove scoperte o intravedute dalla scienza moderna , che possono condurci a vedere un po ' diversamente la natura dell ' uomo , oggetto del diritto penale , e la società . - Ciò può portare una trasformazione , nella legge stessa , nel senso di darle una maggior specializzazione , nonché nell ' ufficio del giudice , aumentando la sua discrezione , perché egli possa tener conto di quella relatività , che tutti i fenomeni posseggono , e che non si può trascurare senza lacerare in qualche modo la giustizia come la verità . Ed è qui che si manifesta una delle pieghe caratteristiche del pensiero moderno , che merita attenzione . La " negazione del libero arbitrio " , nel senso tradizionale , non è , come abbiam visto , una dottrina così sovversiva come alcuni hanno voluto farla apparire : e non è che in base ad un equivoco che si può sostenere ch ' essa scalzi le basi del diritto e della morale . Ciò non ostante non è a negarsi l ' influenza che deve esercitare il nuovo modo di concepire la libertà sulle concezioni etiche e giuridiche . Il " liberum arbitrium indifferentiae " come solo ed indispensabile fondamento della libertà e della responsabilità , portava a far concepire queste come qualità fisse ed inalterabili dell ' uomo in ogni condizione di tempo e di cose ; eccesso a cui doveva contrapporsi quello di considerare ogni causa ed ogni condizione assegnabile come una minorante della responsabilità . Ogni ricerca sulle condizioni obbiettive della responsabilità dichiarata pericolosa , o scoraggiata come impossibile . Il " negatore del libero arbitrio " che non sia vittima di equivoci sul valore di tal negazione , sarà portato invece a vedere nella libertà e responsabilità , qualità esistenti nell ' uomo , ma analoghe alle altre , atte cioè ad essere studiate nella loro genesi e nella loro evoluzione , suscettibili di gradazioni infinite , e subordinate alla presenza di certe condizioni e concomitanti , a concepire in altri termini la responsabilità piuttosto dinamicamente ed evoluzionisticamente , che staticamente . Ed in questo senso gli studi nuovi sulla responsabilità possono portare un contributo prezioso , come al sociologo , così al legislatore e al giurista . Col mostrarci quali delle nostre azioni veramente dipendano dalla nostra volontà , fino a che punto siamo effettivamente liberi di compiere una data azione , e fino a che punto invece la responsabilità dei nostri atti vanisca dinanzi all ' influenza di cause prepotenti , essa può rivelarci nuovi casi di irresponsabilità , come anche di responsabilità finora inaspettate ( ipnotismo , suggestione ) . Né il giurista deve guardare con sospetto e diffidenza la corrente dei nuovi studi come se ogni risultato di questi dovesse segnare un ' offesa alla integrità del diritto e della morale . L ' idea di un antagonismo fra gli studi " positivi " in genere e le nostre aspirazioni etiche è un concetto falso , contro il quale è stato nostro intento di combattere in tutto il corso del presente lavoro . Abbiamo dunque visto a che cosa si riduca la possibilità per gli studi scientifici di modificare il nostro concetto di responsabilità : non nella negazione di questa , ma nell ' avvertimento che la responsabilità è qualche cosa di più fuggitivo , di meno palpabile , di assai più legato al fatto particolare nella sua complessità , di quanto forse non lo supponessero le vecchie scuole di morale , sta l ' importanza della nuova scuola anche nel campo del diritto penale . Ed è questo anzi , a mio parere , ciò che dovrebbe renderla sopra ogni altra cosa simpatica . Essa tende a mostrarci sempre più che anche nel campo dell ' infamia e del delitto sono numerosi i disgraziati , coloro che hanno assai più bisogno di essere educati , ajutati e curati che d ' essere minacciati di punizione . Nonostante le intemperanze e gli errori incontestabili che ne hanno segnato il sorgere , la nuova scuola desta attenzione e interesse per il nuovo soffio di simpatia che da essa nccessariamente , quasi a dispetto di certe sue premesse utilitarie , spira verso coloro che furono condotti al delitto e all ' abbrutimento da cause strapotenti . Essa ci addita , se non l ' impossibilità , la terribile difficoltà di sfuggire a certi impulsi quando tutto nella vita concorre a togliere stimolo e potenza alla difesa contro di essi . Essa ci mostra , anche nel campo della morale , l ' esistenza di una schiera di privilegiati , che compiono il bene senza fatica , poiché tutto in loro , condizioni fisiologiche , psicologiche e sociali , cospira a far loro vedere il lato buono delle cose , che godono una specie di " rendita di situazione " morale , mentre per altri la medesima condotta non potrebbe mantenersi se non a prezzo di indicibili sforzi e sacrifizi . Onde un grande e benefico impulso a tutte le riforme sociali , che tendono a togliere le cause della delinquenza , in modo da render quanto meno necessario è possibile il provvedimento increscioso ed imperfetto dell ' applicazione della pena . La pena non è il miglior modo di difesa sociale , o di tutela giuridica che dir si voglia . La sua efficacia è limitata : è presto raggiunto il punto oltre il quale un aumento nella severità di essa non produce più una diminuzione corrispondente negli attentati al diritto . La sicurezza sociale non è perciò da essa se non imperfettamente ristabilita : il senso morale , se non imperfettamente soddisfatto . Ogni giorno , coll ' ingentilirsi dei costumi , cresce la ripugnanza per i mezzi fisici di repressione ; ogni giorno , si sente maggiormente il bisogno di trovare mezzi più potenti e più civili di prevenire il delitto . Sotto un certo aspetto , la pena può considerarsi come il sintomo dell ' impotenza della società a provvedere altrimenti ai mali che la travagliano . Troppo forse si è creduto per lo addietro che i mezzi penali fossero la panacea per tutte le correnti delittuose che serpeggiano nella società . Gli studi positivi moderni , psicologici , antropologici e sociali , hanno se non altro il merito di aver fatto concepire in un modo più relativo la natura e la funzione del diritto penale . La controversia fra la scuola positiva e la scuola classica può dirsi pertanto un prodotto , più che di divergenze reali di dottrine , di tendenze e di aspirazioni . Eccessivamente ostile è stata forse finora l ' attitudine sì da una parte che dall ' altra ; ed è venuto , parmi , il momento in cui alle lotte ed alle polemiche , in parte almeno sterili , debba succedere il riconoscimento dei rispettivi limiti , il contemperamento delle tendenze , e la serena collaborazione . - " Se nel secolo XVI , scrive Carlo Cattaneo in alcune sue mirabili pagine , che fu il primo dell ' era moderna , la ragione individuale aveva ardito farsi a discutere popolarmente li arcani religiosi , e nel XVII li asserti delle scuole filosofiche , nel XVIII ella estese quell ' aspro sindacato a tutte le istituzioni civili . Sommo divenne il contrasto fra la vita delli uomini e i loro pensieri . Vivendo in mezzo all ' intreccio dei vincoli sociali , quelle menti animate dai geometri e acuite dal calcolo mercantile osarono domandare se , e come , e quanto ciascuna istituzione giovasse ad ogni individuo partecipe della civile aggregazione . Tutto si valutò dunque col giudicio individuale e giusta l ' individuale interesse . Si considerò la società come un patto fra eguali ; si domandò la revisione del patto , il ritorno all ' uguaglianza primitiva , la restituzione dello stato naturale del genere umano . Le predilezioni delle scuole e l ' inesplicabile eccellenza delle arti e delle lettere antiche sospinsero ad immaginare un mondo primitivo , educato nelle lingue , nelle arti , nelle scienze , nelle leggi da una serie di geni benefici , l ' opera dei quali sotto lo sforzo della superstizione e della violenza fosse venuta oscurandosi successivamente fino alle caligini del Medio Evo , ma potesse coll ' opera d ' altri geni rivocarsi in breve , e quasi di repente , al nativo splendore . Vi fu perfino chi preferì ad una fittizia civiltà , ingombra dei ruderi d ' ogni tempo e piena di ingiustizie e di corruttele , la semplice e pura vita , che li uomini dovevano aver gioito prima del patto sociale in seno alla primigenia selva della terra . Adunque lo sforzo capitale del pensiero umano nello scorso secolo XVIII era una generale censura delle istituzioni del tempo , nel senso di ogni individuo , e all ' intento di ristaurare il regno della logica naturale e della personale indipendenza . Nel secolo presente vi fu quasi riflusso del pensiero umano in contrario verso . Si trovò che l ' utile di ogni individuo scaturiva dal complesso dell ' azienda sociale , né poteva avverarsi mai nella solitudine o nel dissociamento . Le più complicate istituzioni apparvero necessari effetti del consorzio civile e forme della sua esistenza . Si vide che certe consuetudini erano scala e preparazione ad altre migliori , alle quali i popoli non potevano giungere altrimenti ; e così si vennero spiegando e giustificando certi ordinamenti transitori , che in faccia ad una logica immediata sembravano assurdi e barbari . Viceversa s ' intravvide sotto lo splendore delle libertà antiche l ' oppressione e la servitù delle moltitudini , e nella dolorosa ruina di quelle meravigliose civiltà si riconobbe un evento che poteva condurre all ' emancipazione degli oppressi . La consolante dottrina del progresso si svolse dal seno della istoria si vide il genere umano elevarsi dalla ferocia del vivere ferino , attraverso alla guerra , alla schiavitù , alle devastazioni , alle tirannidi , ai supplici , alle torture , sino all ' effezione graduale dell ' utile , del giusto , dell ' equo , del bello , del vero , della pace , della carità . Allora si rallentò quella inesorabile censura , spinta dai nostri padri nel diretto interesse dell ' individuo ; ed in quella vece si promosse un ' interpretazione benigna , benigna forse oltre misura , di tutte le transazioni scalari e successive della civil società : si giustificò il senso comune dei popoli , che aveva sancito e venerato ciò che era rispettivamente opportuno ai luoghi ed ai tempi ; e le leggi più celebri apparvero piuttosto frutti di una certa graduale maturanza d ' interessi e di opinioni , che liberi decreti della mente individua dei legislatori . Perloché la tendenza più comune del pensiero istorico in questo secolo XIX è una generale spiegazione delle eccessive forme civili , in quanto promuovono gradualmente lo spontaneo sviluppo dell ' individuo ed il suo bene , nello sviluppo e nel bene della intera società . Questo comune movimento delle dottrine filosofiche e istoriche nell ' età nostra si diramò poi per molte strade assai divergenti . Li uni , mettendosi a tutta carriera nella idea delle successive evoluzioni sociali , vollero stringere un corso di secoli in poche giornate , e s ' appresero di slancio al sogno di un incivilimento nuovo ed inaudito , senza famiglia , senza eredità , senza proprietà . Altri al contrario acquietandosi nella generale giustificazione dei fatti , e confidando nel genio naturale delle moltitudini , e nella forza ingenita che spinge le cose al compimento di un ordine prestabilito , ricadono nel fatalismo dell ' oriente , e maledicendo alla virtù infelice santificano la vittoria e adorano la forza . Altri fraintesero la giustificazione istorica del passato , e vi supposero la necessità di ritornare le cose ai loro principi ; e vanamente additarono , come mèta ad un viaggio retrogrado dell ' umanità , ora l ' un ora l ' altra delle età già consumate . In mezzo a queste aberrazioni , i più veggenti sanno congiungere la fiducia nel progresso alla paziente accettazione delle lente e graduate sue fasi , e alla critica proporzionale e perseverante , ch ' è pur necessaria a promuoverlo . Essi sanno discernere le istituzioni transitorie e caduche da quelle senza cui l ' umano consorzio non regge . Essi nutrono la generosa persuasione che l ' individuo non è sempre cieco strumento del tempo , ma una forza libera e viva , la quale tratto tratto può far trapiombare la dubia bilancia delle umane cose . Questa scuola pratica , che studia il campo della libertà umana nel seno della necessità e del tempo , deve librarsi tra la violenza logica delle dottrine passate , e l ' indolente e servile ottimismo delle dottrine che si levarono sulla ruina di quelle " . Sarebbe difficile invero immaginare un quadro più eloquente e più vero di ciò che è stato il grande movimento scientifico del secolo testé trascorso e un cenno più chiaro e riassuntivo di quelli che sono veramente , a parer nostro , i caratteri essenziali delle tendenze positive moderne . In un altro nostro scritto , abbiamo tentato di dare al " positivismo " un significato più vasto , e nello stesso tempo meno radicale e dogmatico di quello che gli attribuiscono molti dei sostenitori dei " sistemi " positivistici ; di mostrare cioè come sia vano il voler restringere questo all ' accettazione ed alla applicazione di pochi principi teorici e metodologici , e come si tratti , piuttosto che di un brusco mutamento nella direzione del pensiero scientifico , dello sviluppo graduale di una specie di facoltà nuova , così variata e complessa nei suoi diversi aspetti che è pressoché impossibile di darne una definizione che sia insieme e completa e precisa . Chi potrebbe , per esempio , formulare esattamente i principi su cui si fonda il senso storico , quella delicata facoltà di comprendere ogni epoca sotto il suo vero colore , facoltà che è uno dei tratti più caratteristici della società intellettuale contemporanea ? È qualche cosa di simile a ciò che si chiama , nella vita sociale , la inestimabile qualità del " tatto " del " saper vivere " - qualche cosa che non s ' insegna , ma che s ' impara bensì , frequentando certe persone , vivendo in certi ambienti , respirando , come si suol dire , una certa atmosfera . " Se osserviamo - dicevamo - la differenza fra la scienza e la filosofia moderna e quelle che hanno per lo più prevalso nel passato , vediamo che ciò che più nettamente caratterizza questa in confronto a quella è lo spirito nuovo di cui questa è animata . Vediamo in essa , da un lato , una maggior circospezione nelle osservazioni e nelle esperienze , una conoscenza più esatta dei mezzi più atti a raggiungere un determinato risultato scientifico , una maggior prudenza nella generalizzazione e nella deduzione , un più completo disinteresse , per così dire , nella aspirazione alla verità , un ' unità più completa nella sua ricerca , e infine una indipendenza maggiore da considerazioni estranee alla scienza ; dall ' altra parte , un perfezionamento dello spirito critico , la tendenza a non accontentarsi di spiegazioni puramente verbali e formali di fenomeni , ad analizzare i nostri concetti e a scomporre ne ' suoi elementi ogni nostra cognizione . Finalmente , bisogna tener conto della influenza profonda esercitata in tutti i rami dello scibile dal nuovo elemento di recente introdotto nelle speculazioni filosofiche e scientifiche : la teoria della evoluzione . Mentre prima v ' era la tendenza a considerare ogni cosa " sub specie aeternitatis " , oggi tutto invece ci appare in preda ad un perpetuo lavorio di trasformazione e siamo portati a considerare tutti gli eventi piuttosto da un punto di vista dinamico che statico . Si è propagato fra noi un sentimento oltremodo vivace della relatività di tutti i fenomeni concreti al momento , cosmologico o storico , in cui si producono ; onde una reazione contro i modi troppo astratti e semplicisti di concepire la realtà , i quali troppo trascuravano il " coefficiente del tempo " , e contro la filosofia razionalista del secolo XVIII ; è la propagazione del metodo storico comparativo in tutte le scienze " . È a torto che alcuni hanno voluto vedere in questo complesso di tendenze , frutto della maturità scientifica dei tempi nostri , l ' indicazione di una limitazione effettiva del nostro sapere ad una porzione ristretta della realtà , mentre un vasto campo di questa , tutto ciò ché riferisce all ' al di là dei fenomeni , sia per sempre sottratto alle nostre indagini . L ' Agnosticismo sistematico è anzi ciò che vi può esser di più estraneo alla scienza moderna . Se si è creduto il contrario , ciò dipende dall ' influenza che nella filosofia moderna hanno avuto le teorie della conoscenza di Hume , Berkeley , Kant . Ma tali dottrine , qualunque sia la nostra opinione sulla loro intrinseca accettabilità e giustezza , qualunque sia stata l ' opinione dei loro stessi creatori , non giustificano , come è stato mostrato , alcuna delle conseguenze agnostiche e scettiche che alcuni ne hanno tratto . Il loro scopo , non è , abbiamo detto , di dare un giudizio sulla possibilità o l ' attendibilità della nostra conoscenza , ma di definirla e spiegarla ; di dirci che cosa intendiamo dire quando affermiamo che la tal cosa esiste , che la sua causa è la tal altra cosa , etc . , non di dirci se tali nostri giudizi siano veri o no . Delle parole causa , sostanza , realtà e simili esse ci forniscono definizioni nuove e diverse dalle antiche ; ma non ne segue che per ciò solo alcuna porzione della realtà sia sottratta alle nostre ricerche come non ne segue neppure che debba prevalere questo o quel metodo di ricerca ad ogni altro . Se oggi sappiamo imporre dei limiti ad una troppo impaziente curiosità scientifica , se ci atteniamo di preferenza , ove ciò sia possibile , al metodo induttivo o sperimentale , piuttosto che all ' astratto e razionale ; ciò non che per la nostra esperienza intellettuale più matura , la quale ci ha insegnato la via più economica e sicura per giungere alla scoperta del vero , ed a guardarci da certe intemperanze ed errori in cui troppo spesso caddero i pensatori del passato . Concludendo adunque , il positivismo più che un sistema nuovo e radicalmente diverso da quelli che lo hanno preceduto , rappresenta un complesso di tendenze che si sono formate a poco a poco in un grande secolo di indefesso lavoro pratico ed intellettuale , di incessante discussione e di inesorabile critica : il sorgere delle scuole storiche ed evoluzionistiche , la visione sempre più netta della relatività e della complessità dei fenomeni , la ripugnanza a concepire qualsiasi campo della realtà come non soggetto a leggi " naturali " sono tutte manifestazioni del medesimo movimento . Di queste tendenze generali del mondo moderno dovevano inevitabilmente risentirsi anche la morale ed il diritto , e ciò naturalmente non poteva avvenire senza un periodo di crisi , contrassegnato dalla eccessiva baldanza demolitrice degli uni , da eccessivi timori e ingiustificati scoraggiamenti degli altri . Per ciò che riguarda il diritto penale , abbiam visto come ciò si palesasse soprattutto nella pretesa demolizione del concetto di responsabilità , e nelle offese all ' autonomia del nostro senso morale nel determinare l ' esistenza e la ragione del " diritto di punire " . Ma abbiam visto pure , come ciò derivasse da una errata interpretazione dei principii supremi su cui il movimento positivo si reputa fondato . Resta dunque , come sola legittima e veramente feconda , la tendenza rappresentata da tutti i moderni studi psicologici e sociali , criminologici e antropologici . Nello stesso tempo , abbiamo rilevato come ciò possa portare a limitazione e sostituzioni parziali del diritto punitivo con altri mezzi migliori . Non già però in forza della enunciazione di alcuni principii , ma per opera dei risultati a cui eventualmente i nuovi studi metteranno a capo . Fino a che punto ciò potrà portare ad una trasformazione profonda del presente indirizzo nel diritto penale , è impossibile determinare sin d ' ora , solo un avvenire di studi , d ' esperienze e d ' ulteriore maturazione scientifica e morale potrà dare gradualmente a questa domanda una completa risposta . Gennaio - Ottobre 1901
IL SANGUE D'EUROPA ( PINTOR GIAIME , 1943 )
Saggistica ,
1939 I . È difficile crescere Infanzia del cuore . Podbielski esplora , con quel timido amore che guidò prima di lui Rilke e Alain - Fournier , l ' anima giovanile . E al suo sguardo , come a quello dei maestri , si offrono paesaggi autunnali : i paesaggi ricchi d ' ombre su cui autore e figure si confondono insensibilmente . Ma in questa uniformità di orizzonti è il segno di un ' attitudine genuina più che di una scuola , nell ' incapacità a separare il disegno dal gesto è l ' impronta di nature costrette a un esclusivo lirismo . Podbielski ignora la catarsi perché ignora il dramma . Fra Klaus e Dedalus , ritratti di giovani artisti , ogni somiglianza è esclusa . Dove Joyce dispone vigorosi contrasti o si rifugia nell ' ironia e così drammatizza , Podbielski contamina , traduce sempre in un invariato lamento . Perenne contaminazione , viva e umana nell ' adeguarsi della storia interiore del protagonista alla vita esterna nei suoi quotidiani eventi . Alain - Fournier aveva scoperto per l ' anima giovanile quel « domane inconnu » che è il suo intatto regno . Ma l ' inquieta anima del ragazzo di Podbielski non ha un suo regno . Klaus cade in città da semplici consuetudini di villaggio e il suo destino è sommerso nel turbine dei destini altrui . Sono pochi giorni di esperienze . Il ragazzo ha assistito per caso a un ' opera teatrale in cui crede di vedere rappresentati i propri dubbi e le proprie ansietà , il dramma di chi teme di non poter affrontare la vita senza una guida . Scrive all ' autore , Hesber , che lo riceve benevolmente , esperto di queste angosce giovanili , ma sa che non potrà aiutarlo . Semplicissima trama : gli incontri successivi del ragazzo con lo scrittore e i suoi amici , l ' interessamento febbrile a questa nuova vita , l ' amore che si matura per Gela , l ' amica di Hesber , e l ' inevitabile distacco che pone una precisa moralità . Solo il ritorno alla solitudine , la dolorosa indipendenza da ogni legame faranno del ragazzo inquieto un artista . Messaggio non nuovo . Ho ricordato in principio un maestro , Rilke , e altri nomi dovrei aggiungere , primo fra tutti quello di Gide . Il breve romanzo è condotto sui temi cari a Rilke e a Gide ( la ricchezza della sorte , il figliol prodigo , la riconoscenza delle cose , il ritorno alla solitudine ) . Certo Podbielski non è un novatore . Così i modi del suo stile sono spesso legati a esempi di un decadentismo primitivo ; quello delle inani bianche sul nero lucido del pianoforte , quello delle frasi interrotte da ambigui puntini . Posizioni stilistiche e morali cui siamo avversi . Non perché predica il ritorno alla solitudine o per amore a certe sue faticose immagini , ci siamo rivolti a Podbielski . Ma perché nuova e pura è in lui la precisa volontà d ' arte . Volontà che talvolta , come nel secondo dei frammenti tradotti , pienamente si attua . Per queste rare pagine l ' autore ventiduenne merita l ' augurio più giusto : che egli possa seguire la via del maggiore fra i suoi maestri , Rilke , il quale dai primi versi indulgenti alla più semplice curva del sentimento e del ritmo seppe educare il canto alla dignità delle ultime espressioni . Perché , come dice Gela al ragazzo inquieto : « Nichts ist schwerer als wachsen » ( Niente è più difficile che crescere ) . II . Viaggio a interlaken Il vangelo dei milionari . Partimmo dalla dormente cittadina francese mentre l ' alba si annunziava appena dietro i tetti delle vecchie case . Davanti all ' agenzia di viaggi , punto di ritrovo e di partenza , attendevano alcune persone ; un giovanotto sollevava la saracinesca con il rumore stridulo e isolato delle ore notturne . Il mio amico disse che erano mercanti di buoi . Mi sorprese dapprima una conoscenza così profonda delle classi sociali , ma vidi poi un cartello che annunziava per quel giorno la grande fiera bovina di Thun e riconobbi che il loro aspetto non ammetteva equivoci . Vicino ai mercanti aspettavano pazientemente mogli e figlie . Dopo un quarto d ' ora arrivò l ' autobus , una vettura grande e traballante non senza lussi di arredamento . Nostra meta non era la fiera di Thun ; era il grande congresso internazionale degli Oxford Groups , che riuniva quel giorno a Interlaken uomini e donne di tutti i paesi : santi crociati in veste moderna , coperti di una spirituale armatura . Il mio compagno di viaggio , un giovane giornalista tedesco che aveva citato questa elegante definizione , mi dava ora ampie notizie sulla setta che io conoscevo solo attraverso letture e conversazioni casuali . Confuso spesso , fuori del mondo anglosassone , con il movimento di Oxford che nel secolo scorso tentò di riavvicinare la Chiesa anglicana a quella di Roma , il movimento attuale ha compiti molto più vasti . Si propone , secondo le parole di uno dei suoi capi , di « portare nel mondo la realizzazione dei poteri dello Spirito Santo » . A raggiungere uno scopo così complesso , il fondatore ritiene che basti la pratica della dottrina da lui insegnata , dottrina nata in seguito a circostanze soprannaturali e ricca di elementi mistici assai più che di logica coerenza . Il dottor Frank Nathan D . Buchman , pastore luterano , era tornato dall ' America in Inghilterra , una trentina di anni fa , deluso dalla vita e senza più fede nell ' efficacia della propria missione spirituale . A Oxford un ' improvvisa rivelazione della Divinità , non sappiamo precisamente in che forma , lo illuminò . Dedicatosi all ' apostolato , strinse intorno a sé una prima schiera di giovani studenti , che più tardi , estendendosi , divenne l ' Oxford Group . L ' Oxford Group , spiega il fondatore , non è una chiesa , è un ' associazione di uomini che si propongono di vivere secondo certi principi morali . Doveri dei seguaci sono l ' apostolato e la confessione pubblica . Colonne dell ' edificio i quattro « assoluti » insegnati dal fondatore : assoluta onestà , assoluta purità , assoluto altruismo , assoluto amore . Norme , come si vede , piuttosto generiche . Ma da questi vaghi precetti il dottor Buchman passò più tardi a maggiori programmi . Dichiarò che l ' Oxford Group era una forza mondiale e decise di condurre la lotta contro le potenze malefiche . Un nuovo Islam si mosse alla conquista del mondo . Da tutte le terre britanniche , dall ' Olanda , dalla Scandinavia vennero le adesioni . Mr . Bennett , ex primo ministro canadese , disse : « Come Wesley salvò l ' Inghilterra dagli effetti della Rivoluzione francese , così le forze che voi rappresentate possono sole salvare la civiltà » . Questi piani grandiosi sono esposti in un opuscolo intitolato La marea montante , che sfogliai durante il viaggio . Alcune pagine contengono solo fotografie . Mussolini mentre parla alla folla , Hitler che passa in rivista i reparti nazisti , la flotta americana in manovra : ecco che cosa si vede in tutto il mondo , dice il titolo . Ma altro si prepara nei cuori . Infatti da queste immagini di guerra si passa alla grande fotografia centrale , quadro sensibile della « marea montante » . La gioventù di tutti i paesi , levate in alto le bandiere , marcia verso una meta , invisibile per noi , ma certo allettante a giudicare dagli sguardi dei giovani . L ' Oxford Group guida la rigenerazione del mondo . Cercate in Dio la liberazione dei vostri mali . Adesso il mio amico , che era del resto un giovane di molto spirito , mi raccontava i progressi dalle origini , e una grave sonnolenza cominciava ad avvolgermi . Distiguevo la parola « pazzi » , ripetuta spesso , e rispondevo con cenni di approvazione . Ma la nebbia uguale sui prati , il rombo della macchina e il tepore che mi separava dal freddo esterno mi addormentavano insensibilmente . Dopo poco la marea montante del sonno mi aveva raggiunto . Mi svegliai alla frontiera . Ci avevano fermato due pacifici doganieri svizzeri che si fidavano della nostra onestà , ma volevano disinfettarci . Con risate e lazzi i bovari scesero e esposero le loro grosse suole al diligente spruzzo delle guardie ; noi li seguimmo e l ' autobus partì liberato da ogni impurità . Poi prati , per ore di seguito , cascinali , e Neuchâtel e Berna gaie e luminose in quelle prime ore del mattino . Solo verso le dieci si arrivò allo smagliante lago di Thun che i bovari fotografarono , montando in piedi sui sedili . Ne seguimmo la costa e l ' autista ci depose tutti a Interlaken . Il mio amico e io scendemmo , piuttosto inebetiti dalle sei ore di macchina , e ci avviammo alla posta , luogo di tutti gli appuntamenti nelle città sconosciute ( Interlaken veramente non è una città , è una fila di alberghi tra due laghi ) . Due congressisti inglesi ci dovevano attendere e guidare poi nella tumultuosa folla dei mistici . Ma già l ' Inghilterra ci stringeva da ogni parte : vecchie signore passeggiavano al sole in uniformi quasi coloniali ; altre contrattavano con piccole grida sulle porte dei negozi , altre passavano affannatissime trascinandosi dietro mariti e fratelli . Capii di trovarmi di fronte alla gioventù di tutto il mondo che aveva deposto momentaneamente le bandiere . I due che aspettavano erano giovani davvero . Ci ricevettero con molta cortesia e siccome il mio amico , venuto col segreto proposito di polemizzare , si era dichiarato un ammiratore dei gruppi , lo accolsero benignamente come un neofita . Io , timido di fronte a uomini che fluttuavano fra il terrestre e il soprannaturale , non osai affrontare argomenti elevati . Dopo vaghe parole di ammirazione per la Jungfrau , osservai che i congressisti dovevano essere numerosi . - Certo . Siamo già qualche migliaio . E oggi ne arrivano altri cinquecento . Ma ad Amsterdam eravamo anche di più . Le ultime parole , pronunciate con tono di rimpianto , mi fecero ripensare a quello che aveva detto il mio compagno di viaggio . Nei primi congressi l ' eccitazione era tale che chi aveva ottenuto di comunicare con la Divinità , immediatamente , assetato di purezza , passava alla confessione pubblica . Lo spettacolo di uomini e donne « invasi dal dio » , come personaggi virgiliani , e declamanti a gran voce i loro fatti personali richiamava un pubblico enorme . Poi si capì l ' inopportunità di questi sistemi e ora i congressi non si occupano più di questioni private ; anzi , mi spiegò una delle nostre guide , preferiscono intressarsi solo di problemi internazionali . Tuttavia la pratica della confessione pubblica resta uno dei cardini della vita religiosa dei gruppi . Malvolentieri uno dei loro teorici riconosce che l ' idea della confessione non è del tutto originale : - È anzi uno dei rudimenti della cristianità primitiva , da lungo tempo scomparso eccetto che in alcune fedi in cui sussiste la confessione a Dio attraverso un prete . Non feci commenti a questa strana affermazione e chiesi quale fosse l ' attività dei gruppi nelle questioni internazionali . Mi fu spiegato che in tutte le sedute si discutono i problemi che sembrano più importanti per il benessere dei popoli . Si conclude generalmente con la decisione presa all ' unanimità di inviare un telegramma ; per esempio a Stalin , esortandolo alla pratica delle virtù cristiane . Dopodiché i partecipanti si separavano convinti di aver esercitato un influsso decisivo sugli avvenimenti europei . Queste notizie ci dava lungo la strada uno dei due inglesi che ci disse poi di essere addirittura l ' organizzatore della propaganda fotografica . Doveva avere molto da fare , perché davanti a ogni albergo gruppi teatralmente disposti attendevano di essere fotografati e cantavano inni . Serenità e letizia occupavano gli animi . Percorso il lungo viale entrammo nel più grande albergo di Interlaken , momentaneamente trasformato in quartier generale dell ' Oxford Group . Una folla agitata riempiva il giardino , i corridoi , le sale ; vi si svolgeva un movimento continuo e senza meta . Mi mostrarono la sala dedicata alle pubblicazioni e mi condussero poi in giardino , mentre il mio compagno , che doveva restare qualche giorno , si occupava della propria sistemazione . Per distrarmi mi presentavano a tutti come un amico . Conobbi così l ' uomo più ricco del Giappone , il ministro delle Finanze di uno stato scandinavo e altri personaggi non meno illustri . Finalmente mi gettarono fra le braccia di un signore serio , professore di letteratura italiana in una grande università . Mi aggredì subito : - Cerchiamo un italiano come uno spillo . Abbiamo bisogno di qualcuno che traduca i nostri manifesti . Sareste disposto voi ? Risposi con un ' accettazione generica spinto dalla curiosità e dalla segreta speranza che mi pagassero ( un giovane italiano in Svizzera e così ossessionato dai prezzi che accetta qualunque lavoro purché sia retribuito - Però , - aggiunsi , - bisogna che sia un lavoro breve oppure da continuarsi per corrispondenza . Fra qualche ora devo ripartire per la Francia . - Non partirete , - dichiarò tranquillamente . - Vi accompagneremo noi in automobile quando avrete finito , fra tre , quattro giorni . Lo spettro del franco svizzero mi si presentò di nuovo . Giacché a Interlaken gli alberghi si pagano . Ma il mio amico arrivò a tempo a prelevarmi e a farmi sospendere gli accordi col professore . Il tedesco si era sistemato in pochi minuti e ammirava l ' organizzazione perfetta . Evidentemente gli albergatori svizzeri avevano intuito nei congressisti una facile preda e li avevano accerchiati completamente . Erano adottati sistemi quasi militari . Due tagliandi ci davano diritto a un pasto a prezzo ridotto e alla compagnia di altri venti congressisti . Erano quasi tutti studenti o professori , una tavola di intellettuali . Ogni tanto un signore anziano si alzava , dava l ' annunzio di un discorso o di una assemblea per il pomeriggio e poi mandava in giro un foglio per raccogliere le adesioni . Ma l ' avvenimento più importante del giorno era il grande discorso che avrebbe pronunciato il dottor Buchman . Si attendeva una sua parola sulla situazione politica . Si commentava intanto , come di mirabile esempio , questa sua frase : - Io lavoro diciotto ore del giorno : nove sto in raccoglimento , e nove le impiego a scrivere e a ripetere quello che ho sentito - . Sentii pronunciare a proposito di questo duro orario di lavoro le parole « dinamo spirituale » . Il raccoglimento ( « quiet time » ) che udivo citare per la prima volta , è uno dei precetti del dottor Buchman . Ogni tanto i fedeli devono raccogliersi in meditazione per una diecina di minuti e poi scrivere quello che hanno sentito . - Così , - disse una volta il fondatore , - io ho trovato Dio . Quando i fogli di adesione da firmare me ne davano il tempo , guardavo attentamente la cameriera che ci serviva , una sana ragazza svizzera sul cui viso credevo di scorgere un accenno d ' ironia . Preoccupato di questo atteggiamento , che certo giudicava contrario al principio dell ' assoluta purità , l ' organizzatore della propaganda fotografica iniziò su di me un cortese , ma risoluto tentativo di conversione . - Vediamo , - disse con tono insinuante , - voi avete una fede , credete in Dio ? - Sono cattolico romano - risposi solennemente costringendolo al silenzio . - Anzi , - aggiunsi poi , - in che rapporti siete voi con la Chiesa di Roma ? - Ottimi . Noi consideriamo uguali tutte le Chiese purché vi sia purità di fede nei credenti . - Già , ma io vorrei sapere come la Chiesa cattolica considera voi . - Ah , bene , - disse con incertezza . - Qualche tempo fa un prete cattolico ha pubblicato un articolo di lode del gruppo . La risposta non mi convinse , ed ebbi più tardi conferma della sua inconsistenza . Domandai anche se avessero fra di loro persone di modesta condizione . Non avevo visto che milionari accompagnati da una larga clientela e mi stupivano i frequenti richiami al Vangelo da parte di una compagnia di ricchi . - Certo che abbiamo dei poveri . Vedete , per esempio due operai di Londra , gente che avrà forse tre , quattro scellini in tasca , volevano venire al congresso . Era un desiderio vivo , ma , naturalmente , mancavano i denari . Eppure sono qui . Sapete come hanno fatto ? Hanno pregato . - Sì , ma il viaggio avranno dovuto pagarlo . - Hanno pregato . La prima riflessione , immediata , fu che le mie traduzioni sarebbero state pagate con preghiere ; la seconda che un prete cattolico e due operai sono un esiguo peso di fronte a quello di cinquemila congressisti e della loro scorta d ' oro . In compenso il gruppo si estende . La marea sale e dilaga . Mi parlarono dei nuovi seguaci in Africa del Sud , delle crescenti fortune della dottrina insegnata dal fondatore . Ascoltavo in silenzio questa gente discorrere con serena fatuità delle questioni più gravi , e ne avevo un senso di stanchezza . Volli uscire , subito dopo colazione , alla ricerca di un mondo più reale . Ma , fuori , i suoni aspri delle inglesi e le vocali trascinate delle olandesi riempivano l ' aria . Un vecchietto che vendeva i giornali era l ' unico sottratto a quell ' atmosfera da teatro . E una corrente di simpatia si stabilì fra noi , quando dandoci i giornali , borbottò con gratitudine : - C ' è ancora qualcuno che parla tedesco a Interlaken . III . Incontro con Goethe Werther italiano . Spaini ha tradotto per l ' edizione bellissima di Einaudi il Werther ( Torino 1938 ) . Impresa non singolare . Dai foschi giovani del primo romanticismo fino ai contemporanei ogni generazione letteraria ha avuto i suoi traduttori del Werther . La prima versione girava per l ' Italia negli ultimi anni del Settecento ; fu tra le mani di Ugo Foscolo che poi negò di averla letta , e certo inclinò al suicidio qualche fervido adolescente e preoccupò più di un marito alle corti provinciali . Poi guerre e catastrofi resero giuoco da salotto il lontano colpo di pistola del giovane Werther . Studiosi tradussero ancora il breve romanzo per collezioni di classici . L ' anima fraterna a cui il libro si rivolge sembrò smarrita . Ma dall ' accusa di lavoro superfluo Spaini si difende nella vivace prefazione che apre il volume A un Werther lontano inattuale , ormai estraneo , egli ha voluto dedicare la sua opera . A un Werther che da questa insuperabile distanza ha ripreso giovanilità , e qui è veramente il pericolo per il traduttore . Che si possa contaminare l ' immagine remota che a noi resta del testo goethiano . Se sia lecito cioè dare linguaggio moderno a un romanzo che appunto nella sua grazia rigida ha ritrovato evidenza letteraria . Così si rimpiangono certi amabili costrutti settecenteschi dei primi traduttori e quegli imperfetti in « a » che bastano ad evocare atteggiamenti perduti . « Il celebre signor dottor Goethe - dice l ' autore di una edizione veneziana del 1811 - è un avvocato di Francoforte sul Meno che scrisse varie altre cose degne di essere lette , ma queste lettere particolarmente gli hanno assicurato la stima universale » . Certo costoro potevano accostarsi a un Goethe che aveva scritto varie altre cose degne di esser lette con una castità che a noi non è data . Ma di questa circostanza non seppero il valore . Li preoccupavano gli ardimenti del giovane poeta , e quel linguaggio impetuoso che ridussero a modi composti e sordi . Goethe scrittore li precedeva di troppo . Questa versione di oggi invece è stata compiuta con intelligenza . Spaini ha cercato uno stile scorrevole e insieme piuttosto sostenuto , senza arcaismi fittizi e senza asprezze moderne . Nella seconda parte per una maggiore concitazione del testo la versione italiana ha qualche frase opaca . Ma è una lettura piena di dignità . Bellissima lettura , il Werther . Romanzo cauto , misurato nei suoi impeti , nei rivelati entusiasmi : « Mi piace ! » ecco una frase che odio a morte . Che razza di uomo deve essere uno al quale Lotte piace , per il quale essa non occupa tutti i sensi , tutti i sentimenti ! Mi piace ! Giorni fa un tale mi chiese se mi piaceva Ossian ! » Anche qui dove l ' entusiasmo è voluto non si abbandona a una facile scia di parole . Ritento i brani polemici , che allora scossero una giovinezza e che ora giungono a noi molto attenuati : l ' invocazione al genio . « Oh , amici miei ! Perché mai il fiume del genio prorompe così raramente , così raramente investe con le sue acque in piena e scuote le vostre anime meravigliate ? » Ormai fievole , questo richiamo eroico è entrato nella leggenda , come leggendarie sono certe immagini del giovane Napoleone . Il fiume del genio da Coleridge a Rimbaud e da Rimbaud al surrealismo ha percosso tutti gli argini e a noi resta se mai la cura di ricostruire e moderare . Di qui le facili ironie . Ma l ' Europa letteraria del 1774 non era la nostra , era una specie di giardino olandese . E certi gesti di Goethe , come più tardi il viso crucciato del giovane generale , riprendono in quello sfondo la loro esatta misura . Sussiste tuttavia qualche intemperanza per dar ragione alle censure di una lunga critica , qualche grido improvviso , qualche immoderata effusione . E sorprendono rari accenni piacevolmente frivoli ( il migliore è un breve biglietto : « Sì , cara Lotte , mi mandi più spesso commissioni . Soltanto una preghiera . Non metta più spolverino sui biglietti che mi scrive . Oggi l ' ho portato in fretta alle labbra e poi mi scricchiavano i denti » ) . Ma rimane la grande prontezza di Goethe , il suo sguardo umano . Si pensi alla lettera del primo incontro , alle ultime scene concitate , a certe rapide ironie . Rimane la misura del suo lavoro ( si pensi alle pistole annunciate una prima volta , proposte di nuovo all ' arresto del servo , dominanti alla fine del libro ) . Rimangono le immagini piene di nobiltà che percorrono tutta l ' opera : la fontana , la festa con il temporale , le visioni di Omero e di Ossian . Bellissima lettura . Il Settecento francese e inglese aveva avuto romanzi di indagine preziosa a cui ha riportato più tardi la curva della storia letteraria . I romantici nella piena liberazione del sentimento fantastico raggiunsero luoghi di rara poesia ( l ' Hyperion di Holderlin segna forse in questo senso uno sviluppo estremo ) . Ma Werther , nella facilità dei suoi moti , è una delle figure che ancora illumina meglio il nostro gusto . Vive in una bella luce uniforme , sia che si sdegni o versi lacrime , che danzi nel frac giallo e turchino o si affidi al temibile giuoco delle pistole . IV . Miti nordici I canti dell ' Edda . I miti nordici sono noti per lo più agli italiani attraverso le tortuose vicende della tetralogia wagneriana . Si è fissata un ' immagine sanguigna di quegli eroi e dèi e giganti , che dal teatro traggono come un seguito musicale e luci e colori non veri . Immagini deformate , certo , queste che Wagner vedeva attraverso inevitabili schermi e che a noi trasmise . I romantici avevano spesso amato miti tragici ma casti , e assaporavano ancora nelle loro troppo fresche tragedie il recente gusto dell ' idillio . Più tardi , in un paese letterario avviato al decadentismo , Wagner e Hebbel trovarono nella cruda barbarie dei miti nordici materia preziosa . E li incitò alla loro opera la perenne ambizione germanica al poema nazionale . Comparve allora Siegfried visto attraverso Schopenhauer e quei torbidi fratelli Siegmund e Sieglinde e il tragico fato degli dèi . Immagini alterate ma nobilissime . Perché invano nei testi originali si cercherebbe l ' alato linguaggio del viandante che risponde agli enigmi nel Siegfried di Wagner : « Qual stirpe regna fra le nubi del cielo ? » « Su quelle nubi stanno gli dèi » . ( Ma qui si trascina inevitabile la suggestione musicale ) . Ora gli dèi dell ' Edda ci tornano nella loro genuina figura attraverso la traduzione italiana che di alcuni canti islandesi ha fatto con molta dottrina la signorina Olga Gogala ( Utet , Torino 1939 ) . I frammenti tradotti sono presi appunto dai Canti degli dèi che con i Canti degli eroi formano l ' Edda più antica , quella in versi . Per lungo tempo la raccolta , confinata in un ' Islanda semibarbara , fu ignota all ' Europa . Nel 1643 il vescovo Bryniolf Sveinsson trovò il codice che la conteneva e lo inviò al re di Danimarca , a Copenhagen , dove ancora adesso si trova con il nome di Codex Regius . Prima si conosceva solo l ' Edda in prosa , una raccolta di precetti assai posteriore a questi canti . Dell ' origine dei canti poco si sa . Probabilmente sono opera di profughi che , cacciati dalla Norvegia verso il secolo IX , si rifugiarono nella deserta isola del Nord . Mentre in Scandinavia si diffondeva il cristianesimo , gli esuli dell ' Islanda conservarono quasi immune dall ' influsso cristiano la tradizione delle loro saghe . Più tardi trascrissero i canti e a essi si deve se ci rimane una testimonianza dell ' antichissima poesia europea . Poesia dobbiamo chiamarla per consuetudine di definire così le strofe ritmiche . Ma ora , remota la fede romantica in una presunta arte , voce immediata di popoli , nessuno cercherebbe più nei rozzi testi del Codex Regius un suggerimento poetico . E vedemmo che anche Wagner e Hebbel si limitarono a trarne una grezza materia umana . In verità , l ' interesse umano oltre quello particolarmente culturale dei canti , è sempre grande . Come nota giustamente la traduttrice , questi poemi degli dèi non hanno affatto carattere religioso . Stretti alla terra , ai monti , alle foreste del Nord , gli dèi sovrastano appena una rude umanità . E non li liberano a immagini più pure le favole che i mediterranei inventarono per i loro numi . Restano gravi di vino e di sangue , negati a ogni agilità . E certo si deve questo all ' abbandono dei miti che non furono mai , come i greci , ripresi in epoche colte , ma caddero e lasciarono solo una traccia primitiva . Si leggono storie di facili inganni , come più tardi si ritroveranno nella prima letteratura borghese , di risse e di memorabili banchetti . Poi , confuse nei componimenti , raccolte di proverbi , leggende di uomini saggi , insegnamenti morali . Un gruppo che ha per titolo Hávamál è una specie di codice della vita sociale . E a porre subito in una giusta luce il mondo dei canti basta la prima strofa : Tutte le porte pria d ' entrare in casa son da guardarsi e da provare bene . Non si sa mai se dietro quella soglia non attenda un nemico . Precetti di solito duri , di un compiaciuto e barbarico egoismo . Qualche bella frase hanno le strofe sull ' amicizia , e quelle sulla fama che accade di vedere spesso citate : Muoion le greggi , muoiono le stirpi moriamo anche noi stessi , ma non muore giammai la buona fama e chiunque col bene se l ' acquista . Presentimenti ingenui di un mondo morale , a cui seguono subito curiose norme come quelle che consigliano a chi vuole assassinare di alzarsi presto e di agire di buon mattino . Ma quasi tutti i testi hanno come argomenti imprese gloriose o sono documenti della più antica saggezza . Si sente una grande venerazione per le forze spirituali , forze ancora magiche e nubilose . Così Odino vuote scendere a una gara di dottrina con il più saggio dei giganti . E un ' altra volta ascolta il vaticinio della profetessa che narra l ' origine del mondo e delle stirpi e annuncia la fine degli dèi . ( È il Völuspá , un canto famoso che veramente ha singolari immagini ) . Simbolo preciso del mondo nordico sono le rune , i caratteri magici , segno originario d ' intelligenza . E il più bello dei miti per una suggestione di significati nascosti e per la sua analogia con il simbolo cristiano della croce è quello narrato nel canto runico di Odino : Io so che dall ' albero al vento per ben nove notti pendei ferito da spada , a Odino immolato , io stesso a me stesso ; quell ' albero niuno conosce da quale radice ei germogli . Poi , con uno slancio , Odino si curva a terra dall ' albero , raccoglie dei pezzetti di legno , su cui incide le rune , e per mezzo delle rune , cioè della saggezza , si libera dal segreto martirio . Strani paesaggi questi del Nord . Li animano inconsuete allegorie , estranee a uno spirito che ormai hanno penetrato il simbolo ellenico e quello cristiano . E tutela il mistero un linguaggio inaccessibile . La traduttrice aveva dinanzi a sé un compito molto severo . Noi non possiamo che ammirare silenziosamente la sua erudizione . Ma dobbiamo dire molto bene , come lettori del commento e delle brevi introduzioni ai testi . I canti sono tradotti in versi italiani . In versi duri , ingenui , zoppi , che ci sono molto piaciuti . Perché crediamo che abbiano reso la cadenza barbara dei testi . ( In questi casi i tentativi di versioni rigidamente metriche sono illusori ) . E ancora abbiamo nell ' orecchio certe cadenzate parole . I solenni versi di Odino che ci hanno invitato alla lettura . Perché i detti di Odino sono inutili ai giganti ma preziosi ai figli dell ' uomo : salute a colui che li impara salute a colui che li ascolta . V . Cronache semiserie 1 . Dignitari di Francia . L'8 giugno il gran vecchio , Charles Maurras , è stato ricevuto all ' Accademia di Francia . Maurras , che molti dei suoi compatrioti definiscono con quelle brevi ingiurie di sapore osceno che sono una delle maggiori grazie della lingua francese , è ritenuto da altri addirittura il più grande uomo vivente oggi in Francia . Comunque una figura di molto rilievo . Forse troppo irregolare per la solenne assemblea , questo polemista difensore di una Chiesa che lo ha condannato , di un re che lo trascura e di un ' idea della Francia che i più dei francesi rinnegano . E per molto tempo dall ' Accademia fu escluso . Dice l ' articolo primo dello statuto del 1635 : « Nessuno sarà ricevuto all ' Accademia che non sia gradito al protettore » . Allora il protettore era Richelieu . Ora , secondo le norme , sarebbe il presidente Lebrun . Naturalmente , notre Albert , come dicono i francesi , accetta chiunque con grande cordialità . E il diritto di velo in pratica era passato al defunto segretario perpetuo , uomo bizzosissimo che tenne lontani per molto tempo candidati autorevoli . Morto lui ci fu la corsa degli esclusi : Jérôme Tharaud , Maurois , Maurras . Marraus ha commemorato nella sua orazione Henri - Robert , il grande avvocato che egli sostituisce . Gli ha risposto con l ' elogio tradizionale Henri Bordeaux . Noi non apprezziamo molto l ' opera poetica di Maurras . Ancora meno apprezziamo il suo pensiero politico . Ancora meno i romanzi di Bordeaux . Tuttavia il vecchio e il nuovo immortale hanno fatto due bei discorsi . Una piacevole conversazione , almeno . Maurras ha ricordato con molto spirito le sue visite forzate al Palazzo di giustizia , le sue varie esperienze umane . Bordeaux ha parlato della Provenza , dei doni portati dai parenti al piccolo Carlo con l ' augurio paesano : « Che tu possa essere pieno come un uovo , buono come il pane , saggio come il sale e dritto come un fiammifero » . Poi ha ricordato una serie di gloriosi accademici che conobbero il carcere . Purtroppo , resta la parte dottrinale dei due discorsi . L ' evocazione di un mondo di morti a cui Maurras crede fervidamente , dai firmatari della lontana Enquête sur la monarchie fino al precursore De Bonald . La stanca polemica contro i nemici tradizionali : il barbaro germano , le idee dissolvitrici , la libertà democratica come l ' autorità dello stato totalitario . Un ' aria onesta di destra monarchica in paese repubblicano . Un maresciallo di Francia padrino di questo nemico della costituzione . « Quando cadono le foglie , quando migrano gli augelli » , ha scritto colui che Maurras chiama « le divin Carducci » . Meno macabro della cavalcata di Enrico Quinto , ma forse non meno fantastico , sembrerà a chi guardi oggi la vera Francia quest ' incontro di letterati in abito verde intenti a rievocare nella gran sala dell ' Accademia i lontani santi della patria e il nazionalismo letterario e sanguigno di Maurice Barrès . 2.Nozze sul fiume . Si è risposato Sacha Guitry . Non ce ne importa nulla . Ma siccome tutti i giornali parlano di questo matrimonio e sembrano giudicarlo un avvenimento importante , diamo anche noi qualche notizia , per fissare lo squallore di fatti considerati notevoli . Sacha Guitry , con gli anni che ha , ha sposato una diciannovenne . E questo non vorrebbe dire , perché cose simili fecero Cicerone e tanti altri . Ma ha prescelto modi assurdi . Alle nozze fissate per un certo giorno erano stati invitati tutti i giornalisti di Francia . Il matrimonio fu celebrato invece un giorno prima , appunto per evitare la stampa . E ora il carosello coi giornalisti continua : piacevole inseguimento . Erano testimoni il principe Poniatowski ( perché questi nomi da bollettino della Grande Armata al matrimonio di un attore ? ) e René Benjamin della Accademia Goncourt . Alle undici una telefonata all ' Eliseo invitava il cittadino Lebrun alle nozze del cittadino Guitry . E il presidente si è fatto rappresentare da un alto funzionario . Rinunziamo a descrivere tutte le piacevolezze della cerimonia . A noi questi gesti fanno l ' effetto di certi sorridenti inchini dei giocolieri per un esercizio che non abbiamo capito . Si mette una mano in tasca , si dà qualcosa e ci si allontana smarriti . Non per ripetere un tardo elogio della vita rustica , ma giudichiamo molto più serio il contegno di due giovani contadini dei dintorni di Pisa da noi conosciuti . Siccome non avevano il denaro per il viaggio di nozze a Firenze , si misero su una barca e andarono su e giù fra le canne lungo i greti dell ' Arno . Finché i ragazzini del paese li scoprirono e rievocarono per loro gli antichi fescennini , così da far coprire di rossore il volto della sposa e ridere di timido orgoglio il giovane maschio . 3.Ore in teatro . « Ora viene fuori il diavolo » . Scura e opprimente come le acque notturne , la musica del primo quadro dell ' Oro del Reno invadeva la sala . Dietro un velo di nebbia s ' intravedeva il fondo del fiume , un paesaggio desolato di rocce e contorte vegetazioni . - Ora viene fuori il diavolo , - ripeté il signore accanto a me a una donna e a un bambino che erano con lui . Allora il bambino , che questi ripetuti annunci del diavolo tenevano in agitazione , cominciò a impazientirsi . - Ah eccolo , - disse . Invece comparve Alberico che , dopo aver strisciato sui sassi umidi , prese a dimenarsi e a cantare cupamente . Vidi un certo smarrimento sul viso dei vicini . Poi , d ' improvviso , il sospetto negli occhi del padre . - Scusate , - mi chiese esitante , - ma questo non è il Mefistolele ? - No , è l ' Oro del Reno . - Ah , l ' Oro del Reno - . ( Aveva una voce addolorata , di uomo colpevole ) . Poi non disse nulla . Notai solo che guardava con disprezzo Alberico e i suoi tentativi amorosi . Trattenni il nome di Wagner , che per lui doveva giungere da lontani regni di noia . Mi pareva inutile amareggiare ancora di più una sera scelta per le gioie lucenti del Mefistofele , e naufragata senza rimedio in quelle torbide acque wagneriane . Un ' altra volta davano la Valchiria . Vicino a me stava , seduto per terra , un uomo entrato col favore colpevole del custode . Era vistosamente vestito e aveva in mano un ' arancia . Quando spensero le luci lo vidi affaccendarsi con un temperino sulla sua arancia . Il sipario si aprì , comparve Siegmund lacero e tenebroso : intorno a me vagavano freschi odori di frutta . Poi vidi un ' ombra muoversi al mio fianco . La mano del vicino batteva il tempo con la scorza d ' arancia . Si era disteso sui gradini ; portava lentamente alla bocca gli spicchi e intanto con la mano destra e con la rossa lista della scorza si abbandonava alla musica . Poche persone nella sala erano penetrate da Wagner come lui . Quando al canto dei due amanti si spalancò la porta dell ' oscuro maniero sui prati di primavera , mi tornò più acuto un odore di giardini siciliani . Accettai la bellissima suggestione . Il vicino , tacitamente , aveva tirato fuori un ' altra arancia . Della Lucia di Lammermoor mi piace molto una scena . L ' ingresso dello sposo . In una sala favolosamente illuminata come se ne vedono solo ai teatri d ' opera , una folla di signore e signori molto ben vestiti , attendono e passeggiano . In fondo « una porta praticabile » , dice la didascalia . Dalla Porta praticabile entra , annunciato da una musica festosa , Enrico , e lo saluta il bellissimo coro « Per te d ' immenso giubilo » . Ma lo spettacolo è prezioso . Enrico attraversa la scena con passo risoluto e a viso aperto . Dalle due parti gentiluomini , armigeri e signore si piegano in un concorde inchino . Qualche comparsa , che ha per l ' inchino una particolare disposizione , continua a genuflettersi con leggiadria e a sventolare il cappello , benché il nobile signore sia già entrato e abbia salutato tutti . Intanto lo sposo è arrivato alla ribalta . Il Pubblico , anche se molto accorto , è inconsciamente soggiogato dall ' aspetto autorevole di Enrico , dal suo passo trionfale . Si stabilisce un silenzio rispettoso . Allora Enrico , che è generalmente un cantante di terz ' ordine , attacca con voce di agnello : Per poco fra le tenebre sparì la vostra stella , io la farò risorgere più fulgida e più bella . Anche ho un ricordo piuttosto gaio dei teatri a cui si andava con la scuola . Ci facevano sentire cattivi concerti oppure drammi . Drammi storici , spesso . Poi a scuola qualche atteggiamento di immoderato eroismo aveva chiare origini teatrali . Generali che spezzavano spade come fossero lapis , altri che pronunciavano frasi nette , definitive . Gridavamo come ossessi se ci si concedeva la fortuna di una rissa sulla scena . Fu lì , in quei clamorosi teatri , che vidi per le prime volte la ragazza bionda e mite che conobbi più tardi . Ancora adesso la prima memoria di lei è legata al ricordo di cattive musiche e parole declamate , da cui mi distraeva , nella mezza luce della sala , il suo profilo sereno e l ' arco leggero dei capelli sulla fronte . 4.Paesaggi estivi . Vittoriosa la lotta di un pastore contro un ' aquila . I pastori guerrieri scendono dalle loro montagne in queste calde stagioni per raggiungere il triste popolo dei giornali estivi . Sono figure di un teatro a maschere fisse , personaggi che vengono a ritrovare i compagni inevitabili . Le numerose vittime del maltempo , i giovinetti sedicenni che fanno in barca il giro del Mediterraneo , le ragazze uccise per gelosia , occupano in ordine i titoli delle pagine faticosamente composte . Si scorrono , le pagine , senza speranza di una lettura , completando a mente i titoli intravisti . Non tutti , perché qualcosa avviene , e quando non avviene nulla i giornalisti richiamano l ' attenzione con i loro titoli . « Lupi sovietici invadono la Lituania » , annunziava qualche tempo fa un giornale autorevole , certo senza comprendere l ' importanza di questa notizia , la prima che sia arrivata a noi , di bestie , anzi di bestie selvagge , politicamente organizzate ( « Una certa assemblea di vermi politici » , diceva Amleto ) . Ma sono comparse fugaci . I personaggi ricorrenti prevalgono , per pigrizia di giornalisti o per assenza di novità , nella storia dei mesi estivi . Ogni tanto qualche nome splende di una luce più intensa , trascorre come una meteora e sparisce nel buio . « Il ministro sudafricano Pirow visiterà l ' Europa » , scrisse una volta timidamente un quotidiano . « Il ministro Pirow in Germania » , si cominciò a leggere poi più spesso . Dopo qualche giorno fu la vertigine : il ministro Pirow nei Balcani , il ministro Pirow in Francia , in Inghilterra il ministro Pirow dappertutto . I giornali avevano trovato un uomo . Poi quel vecchio vestito di nero col collettino bianco da pastore si imbarcò su un bastimento e naufragò per i giornali europei senza lasciare una traccia , un ricordo . Così fu di un veliero , la Girl Pat se riusciamo a ricordare il nome , che scomparve e riapparì fantasticamente fra le onde dell ' Atlantico . Per qualche giorno i giornali furono soddisfatti e in quel periodo nessun bambino mangiò pezzi di bottiglia o cascò in una caldaia . Ma inevitabilmente si ritorna allo squallore . Sulle terze pagine dei quotidiani francesi si vedono visi preoccupati di gendarmi in cheppì e poi , macilento e distratto , l ' uomo che ha ucciso ventidue donne . In Inghilterra si presentano al pubblico i nuovi baronetti . Nessuna vanità appare tanto intelligente da meritare un commento . Rimangono le miserie di P . G . Wodehouse a Le Touquet e tenuissimi pettegolezzi europei . Nelle vanità dobbiamo rifugiarci quando oltre i confini di un atlante circoscritto , nelle pagine a cui la nostra ricerca non arriva , si succedono notizie sempre più gravi . E ogni giorno la lettura rinnova il monito di Romeo : « Peace , peace , Mercutio , peace ! Thouthalk ' st of nothing » ( Basta , basta , Mercutio , tu parli di nulla ) . VI . La stagione di Aci Trezza I Malavoglia . Si è sempre insistito sulla sorte di Verga , autore mal compreso , autore che ogni nuova critica ha voluto spogliare di soprastrutture e pregiudizi anteriori per porre finalmente in una luce onesta e definitiva . Questo lavoro generoso anche se spesso illusorio e la convinzione dei critici più autorevoli degli ultimi trent ' anni hanno costruito ormai intorno al romanziere siciliano un muro di fama intoccabile . Scaduto il tempo della sua più umile popolarità , quella delle opere giovanili , Verga è passato alle antologie scolastiche e al freddo decoro delle commemorazioni senza un conforto di letture estese e intelligenti , senza cioè una riconoscenza ( che è cosa diversa dal riconoscimento o forse del riconoscimento è la forma più diffusa ) . Ora , questo accade per tutti e sarebbe assurdo rammaricarsene ( si pensi a D ' Annunzio e alle diverse maschere che la sua opera ancora sopporta ) . Ma per esistono ragioni più gravi di distanza , di ostilità . Certo egli sopravvisse ai suoi anni , fu confuso poi con altri vicini a lui per coincidenza di date e d ' interessi più che per la loro natura letteraria , e accomunato nel rifiuto di una poetica così fiera di velleità e di pretese come la verista . Da parte del pubblico il rifiuto naturalmente è disinteresse e fastidio ; per la storia letteraria , Verga non poteva sparire e in fondo mantenne sempre il rispetto dei lettori più consapevoli . Attento ad altre voci , in tempi d ' inquietudine , Serra diede quel giudizio un po ' distante : « Passano gli anni e la sua figura non diminuisce ; il maestro del verismo si perde , ma lo scrittore grandeggia » . Il grande scrittore : era già l ' esilio del romanziere vivente fra i maestri non letti . La stessa severità dell ' opera , la sua durezza dovevano respingere un pubblico conquistato ai fulgidi romanzi dannunziani e a quella che si chiamava arte spiritualista contro il tenace positivismo verghiano . Ora sorprende ritrovare I Malavoglia in una nuova edizione ( Mondadori , 1939 ) , romanzo destinato a larghe letture , accanto a opere assai più facili e d ' interesse immediato , legate al cinema e a un costume americano così diverso da quello della remota Italia di Verga . E forse è utile rileggerlo disinteressatamente , come se fosse libero da una storia di decenni , per scoprirne ancora la ricchezza di suggerimenti spontanei e il poco caduto , artificio o polemica . « Non volli fare opera polemica ma opera d ' arte » , aveva scritto già Verga in quella breve pagina che precede la prima edizione . Ma queste sono parole comuni e si sa come egli fosse legato a una dottrina e come ogni formula mantenga un contenuto polemico : più una formula come quella dei veristi che accoglieva accanto ai motivi tecnici e alla naturale predilezione per una materia circoscritta addirittura motivi extraletterari di critica e di testimonianza sociale . Certo Verga fu lontano da qualunque concessione a esigenze temporali , fu naturalmente protetto dal suo sicuro animo letterario . E in lui erano impossibili quei risultati deteriori che diede certo naturalismo tedesco o l ' opera più clamorosa di un Blasco Ibañez . Ma il freddo di una « educazione poetica » sussiste in altre pagine , sussiste anche nei Malavoglia che sono probabilmente l ' opera più sorvegliata e matura . Il disegno , prima di tutto . Da altri si vide nell ' ampio svolgimento una misura di umanità . A noi questa umanità non giova ora ; interessa solo l ' altra umanità , la vita lettera dei personaggi , e i limiti che a questi personaggi possono venire da qualsiasi rigidezza . Lo sforzo di un programma era già nella idea iniziale : i cinque romanzi collegati da richiami esteriori , ma uniti nel comune significato zoliano di documento sociale . Poi gli ultimi non furono scritti e I Malavoglia e Mastro don Gesualdo rimangono come risultati autonomi , quasi liberi da ogni peso sensibile . Del resto quel piano dell ' opera non era che uno schema esteriore la cui traccia letteraria sarebbe stata probabilmente assai debole . Il disegno invece ritorna nel corpo dei Malavoglia per oscurarne la solenne libertà , e precisamente in quell ' addensarsi di conclusioni che , secondo noi , vizia la seconda parte . ( Si accettino queste note a un momento dell ' opera soprattutto come mezzo per chiarirne la più giusta grandezza e insieme come segno di una divergenza dal giudizio comune ) . A tutti i personaggi nel risolversi del racconto è assegnata una sorte : uomini e donne che in principio vivevano della loro libertà non sfuggono a una definizione e a una sentenza Assumono cioè la loro parte , secondo il proposito dell ' autore e i suggerimenti della dottrina : entrano a costituire il quadro sociale . Sono anche le pagine in cui Verga cede di più al colore , quel colore meridionale e sanguigno , scenario inevitabile della nostra prosa verista , che in opere assai meno ricche come i romanzi della Serao e in parte i bozzetti di Di Giacomo , doveva prevalere sul dramma o avviarlo a soluzioni facili . Qui indebolisce solo il dramma di ' Ntoni , in cui altri vide il centro dell ' opera come quello in cui l ' umanità di queste creature pone più evidenti i suoi problemi ; che per noi invece segna già la deriva del racconto . Con la malavita di ' Ntoni e quella sua coltellata , con la caduta di Lia declina a un ' avventura carnale e romanzesca il fato terrestre dei Malavoglia . Si è detto fato , e quest ' accenno al declino potrebbe autorizzare interpretazioni mitiche molto lontane dal nostro pensiero . I richiami alla tragedia greca , come quelli al mondo letterario russo , hanno qui il solito debole valore di suggestione critica . Il fato dei Malavoglia è solo la dura traccia della loro vita , la necessità della loro esistenza e , letterariamente , la ragione dell ' opera . Anzi , occorre insistere sull ' aggettivo « terrestre » . Fino da principio la sorte si annuncia ai Malavoglia in una sua esemplare materializzazione : il carico dei lupini . E i lupini torneranno nel discorso e nell ' azione come una guida inesorabile alla vita dei protagonisti . Poi questi elementi terrestri si ripeteranno , saranno come i nodi dell ' azione , quasi idoli per i personaggi , e per noi simboli letterari di una straordinaria evidenza ( i lupini , la chiusa della Vespa , la barca ) . La casa è forse il più gentile di questi simboli e il più ricco , quella casa del nespolo che il distacco e l ' amore dei Malavoglia rendono a una umana presenza . Sulla felicità non casuale di certi nomi che disegnano le immagini più care ( la casa del nespolo , la Mena detta Sant ' Agata ) , ci si potrebbe fermare per misurarne il difficile peso . Così un altro elemento non trascurabile sono le sentenze che ricorrono fino all ' ultimo . Sembrano faticosi e inutili , quei proverbi , o se mai debolmente pittoreschi . Ma la loro funzione di architettura nel povero mondo logico dei pescatori si precisa quando padron ' Ntoni infermo e sfinito non sa più parlare che attraverso un parossismo di proverbi , e il rompersi delle frasi nei detti consueti segna barlumi di pensiero e disperati tentativi di aggrapparsi alla vita di prima . È anche difficile riconoscere la simpatia verghiana , l ' amore ai personaggi nella loro astrazione e quindi nella lettera . L ' unica vicenda narrata con amore è quella di Alfio e Mena , e ai due giovani viene come una casta nobiltà : sono senza colpa , ma nessuna piega di simpatia li accompagna . Del resto i Malavoglia si possono chiamare i veri uomini del romanzo perché i loro motivi costanti sono la povertà e il dolore ; gli altri vivono solo in funzione di sentimenti inferiori e precisi . Fu la grande paura del preteso verismo : cedere a effusioni benevole ; per cui , se Verga accettò inconsciamente formule negative , si tenne sempre lontano nel tempo della maturità da ogni possibile indulgenza di maniera . Fu anche , questo , più volgarmente , il suo pessimismo . Si sa che in questo libro poco zoliano mancano le descrizioni . L ' unica nel senso tradizionale è quella della tempesta che in verità non conta tra le pagine migliori . ( Invece le poche soste in cui si accenna alla natura hanno da questa loro rara presenza una strana freschezza : orti e giardini nel paese di mare , i campi , le strade siciliane ) . Ma il racconto incalza sempre con la sua necessità . Di solito i « fatti » decisivi sono riferiti in fretta , senza una dichiarata attenzione . E si è detto prima del decadere degli ultimi capitoli perché essi appunto contrastano con la misurata intelligenza di questa introduzione . Contro il precipitare della vicenda dei Malavoglia nel clamore del processo e nelle luci più fosche sta l ' origine della loro disgrazia , quel naufragio appena ricordato e la decisione dei due compari di agire contro la famiglia . Qui , nell ' incerto muoversi della sorte , la pretesa d ' imparzialità , trasfigurata e resa concreta , ha quasi una sua reale giustificazione . O almeno si ha di fronte uno degli esempi più persuasivi della funzione del narratore rispetto all ' opera ( e si pensa a Manzoni , qui come altrove ) . Così , spoglia di ogni eccesso di sentimento è la morte della Maruzza , momento dell ' opera tragica , non incontro di spunti emotivi . E l ' annunzio è introdotto tranquillamente con uno di quei brevi racconti che servono anche in altre pagine : « Ma ella non sapeva che doveva partire anche lei ... che doveva lasciarli per via tutti quelli cui voleva bene e che gli erano attaccati al cuore e glielo strappavano a pezzetti ora l ' uno ora l ' altro » . È la conclusione di una lunga scena fra la madre e il figlio e nella sua indifferenza dice l ' ora più dolorosa dei Malavoglia . Ma in questo annullare i fatti alla sola dignità letteraria del racconto , nella piena vittoria del testo sulla cronaca è forse il merito più grande di Verga narratore , è anche per noi la sua vera modernità . Padrone poi Scarfoglio di dire che Verga non aveva portato nulla alla tecnica del racconto , se per tecnica intendeva , come ancora s ' intende , un giuoco di buoni accorgimenti . Forse l ' intelligenza dei motivi esteriori prevale in certe scene bellissime , come quella dell ' annunzio di Lissa , che del resto giovano a distendere la forza del racconto , e riposano , come riposa sempre il breve e aspro umorismo verghiano . ( In autori meno tenuti a un disegno o addirittura vaganti come Proust , la stessa necessità di riposo e di esercizio porta a quei lunghi intermezzi ironici che in Proust , appunto per la loro autonomia , hanno un valore quasi di « cadenza » ) . Certo nessun accorgimento avrebbe potuto aggiungere nobiltà alle parole che salutano la partenza dalla casa : « Maruzza guardava la porta del cortile dalla quale erano usciti Luca e Bastianuccio e la stradicciola per la quale il figlio suo se n ' era andato coi calzoni rimboccati mentre pioveva e non l ' aveva visto più sotto il paracqua d ' incerata » . È una sosta appena voluta fra due riprese del racconto , ma quel ragazzo nella pioggia sotto il paracqua d ' incerata porta su di sé tutta la stremata poesia dei Malavoglia . Si è detto in principio della minore intensità dell ' ultima parte , al declinare della vicenda . Che ha poi un esito felice , perché l ' impallidire dei personaggi , quel chiudersi di ciascuno nella propria maschera , segna veramente il congedo . E benché il romanzo volutamente abbia la sua fine in un giorno come tutti gli altri ( « Ma il primo di tutti a cominciare la sua giornata è stato Rocco Spatu » ) , si sente che la stagione di Aci Trezza è trascorsa , che quegli uomini e quelle donne sono partiti come Padron ' Ntoni per il loro viaggio , più lontano di Trieste e di Alessandria d ' Egitto . 1940 VII . Letture italiane 1 . Il pericolo dell ' inconcludenza . La nostra lettura di Morovich fu continuamente interrotta da rabbiose ricerche . Queste ricerche riguardavano « le fonti » della sua prosa ; erano dovute alla presenza nella nostra memoria di un preciso stile che Morovich richiamava con insistenza ma che non riuscivamo a identificare . I primi capitoli del suo nuovo libro ( I ritratti nel bosco , Parenti , 1939 ) bastano a suggerire qualche barlume , ma poi ogni tentativo di definizione è subito smentito . Se mai i nomi tentati possono valere come una parentela momentanea e forse inavvertita . Il racconto che ha per titolo I ritratti nel bosco , per esempio , potrebbe far pensare a Chesterton ; se Chesterton non fosse più vivace e definitivo . Qualche altro ricorda sicuramente un certo umorismo russo ( La paura dei ladri è costruito sullo schema preciso di una novella di Cecov ) . Ma , a parte l ' evidente animo antirusso di questi personaggi ( e in loro non resta nulla del lungo tremito di Cecov ) , qui era proprio il racconto di Morovich , o addirittura la sua sintassi che ci premeva di riconoscere . Finché ci parve di trovare questo esempio sfuggente non in un autore , ma in una maniera , non in una fonte quindi ma in una ragionata analogia . I racconti di Morovich sono scritti come quegli intrecci di opere insigni che si leggono nei libri di testo , sono canovacci , riassunti . Sono in un certo senso il racconto essenziale e lo scheletro del racconto . E questo vale sia che egli narri una vicenda esteriore , sia che discenda a perplessi stati d ' animo . Procede sempre con la sua naturale speditezza di cronaca e con quelle brevi , lucide osservazioni . Tanto che da questa particolare natura derivano alla sua prosa segni inconfondibili . Per esempio l ' assenza totale dal suo racconto di elementi descrittivi . Ogni capitolo è preceduto da una immaginaria didascalia : la scena si svolge in un giardino ( o in una casa ) e se mai qualche accenno sommario ha un interesse immediato di inquadratura ( « Gli uccelli volavano nella notte stridendo di terrore mentre i tuoni rotolavano in cielo » ) . Ma manca qualsiasi riposo , qualsiasi attesa nel periodo , che conceda una tranquilla diversione e apra un nuovo respiro , al contrario di tanta prosa moderna italiana che si nutre solo di queste pause . Poi a un esame più attento del testo si distinguono i diversi aspetti di Morovich e sono anch ' essi lucidi e precisi . Probabilmente l ' esempio migliore del suo scrivere sono quei racconti brevissimi in cui una fantasia fredda e leggera si sostiene sempre a un ' armatura di stile . « Antonio si svegliò bruscamente disturbato da un rumore come di zoccoli . Accese la lampadina e vide che era la Morte la quale passeggiava in su e in giù per la stanza e che , vedendosi osservata , si fermò e indicò col dito il cassetto del tavolino da notte » . L ' uomo si preoccupa per il rumore dei piedi scarni che può svegliare i vicini . « - Se vuoi che prenda la rivoltella , - le disse Antonio indicando le ciabatte sul tappeto , - mi devi fare il piacere di calzare le mie pantofole . - Sta bene , - rispose la Morte , e subito le calzò . Ora passeggiava senza alcun rumore . Antonio spense la luce . Pareva proprio che nella stanza non ci fosse nessuno . Si guardò bene dal prendere dal cassetto la rivoltella e dopo un poco dormiva di nuovo profondamente » . Qui la favola veramente ha una conclusione che non è solo nell ' umorismo raggiunto ma nella misura della narrazione , nei suoi limiti così chiaramente mantenuti . Non meno intelligente la storia degli spettri che per far morire di paura Silvestro lo avevano aspettato la notte su una corda fra due pali . Silvestro torna brillo , si accorge che la moglie ha lasciato la biancheria senza fermarla , e con due fermagli di legno assicura gli spettri alla corda . Sono giuochi molto rischiosi , anch ' essi sospesi sulla corda , ma in questi casi prendono agilità dalla libera fantasia . Che dà anche , a lui scrittore affrettato , le sue rare immagini : « Giorgio invece era inquieto . Verso la mezzanotte uscì dalla casa dove gelava . Gli ci volle poco per scoprire la Morte , immobile nella luce lunare accanto a una botte piena di ghiaccio » . Sarà facile riconoscere il valore di quella botte piena di ghiaccio almeno per una scenografia ( e poi l ' incontro dell ' uomo con la Morte sarà commentato benissimo e avrà un seguito molto ricco ) . Meno buoni i racconti allegorici : se la storia della fortuna non dispiace per una sua strana crudezza , quell ' altra dell ' ispirazione è sicuramente fredda . Del resto il pericolo costante di Morovich è l ' inconcludenza . Certe storie si svolgono con molta precisione e serietà , ma in fondo occupano molto più spazio di quanto non ne meriti il loro vago significato . Perché è certo che queste prose si leggono un poco come apologhi e si vuole una conclusione qualunque . Anche se l ' intensità sarà data da elementi esteriori come la morte della ragazza nel Cartoccio di funghi o la malattia in quella pagina di cui ci restava un sottile ricordo di quando fu pubblicata in « Omnibus » : I signori bevevano il cognac . Un ultimo aspetto di Morovich si può cercare in quei pochi racconti più ampi che dovrebbero reggersi da sé , senza l ' ausilio di una moralità o un intervento fantastico . Il più notevole forse è quello intitolato Una donna di quindici anni , che , discutibile tutto , ha qualche momento assai bello ( basterebbero le esitazioni della ragazza , la fine calma e quel sottile umore di parodia che circola nei racconti borghesi di Morovich ) . Del resto è un autore molto diverso ; proprio alla fine si trova un curioso racconto con certi particolari vivaci che era difficile aspettarsi . Ma si potrà riconoscere quasi sempre . E questo , anche se per il critico è una conclusione facile e comune , resta per l ' autore il risultato più sicuro . Qui per Morovich il merito più difficile . Degli altri suoi meriti la freschezza e i nitidi contorni , nessuno vorrà discutere . Come i suoi pericoli , si è detto , sono l ' inconcludenza e la geometria , il gusto del disegno ben misurato anche se inutile e l ' orgoglio di una lucida intelligenza . 2 . Involuzione della satira Questo libro ( Mosca , Ricordi di scuola , Rizzoli , 1939 ) è stato preceduto da una intelligentissima pubblicità . Non so se Mosca si renda conto che egli compie opera assai più elevata quando scrive accanto ai suoi buffi disegni : « Uom colla barba al libraio non garba » , e fa poi intervenire « il dottor Newmann che tanto può sull ' animo dei librai » per indurlo a vendere i Ricordi di scuola agli uomini colla barba , di quando scrive con animo raccolto e serietà di propositi gli stessi Ricordi di scuola . È questa una questione molto importante perché riguarda , oltre i limiti personali di Mosca , la misura dell ' autocritica nello scrittore di parodie e la possibilità di trasferire su un piano creativo quelle doti di attenzione e di vivacità che sono proprie appunto di un certo umorismo . Le risposte suggerite dal nostro esempio sono assai sconfortanti . Confermano l ' antica opinione che l ' esercizio sullo stile altrui per una ripresa ironica annulli qualsiasi tentativo di un ' espressione propria . L ' esempio di Mosca poi è particolarmente interessante perché testimonia la possibilità di una strana involuzione . Dimostra cioè che , partiti da De Amicis per una spietata parodia , si può andare a finire a De Amicis e riviverlo seriamente . Chi , prima di ogni considerazione tecnica , cercasse alle origini dell ' umorismo di Mosca un dato sicuro , troverebbe probabilmente l ' insofferenza di un certo mondo borghese facilmente atteggiato a cui egli reagisce rappresentandolo in formule rigide e grottesche . La figura astratta del « vecchietto » di Mosca , per esempio , vale come una delle migliori prove di questo procedimento . Poi , con una notevole intelligenza , egli seppe trovare ai suoi personaggi scenari ugualmente astratti e un linguaggio convenzionale e arbitrario di grande efficacia . ( Qui si potrebbero fare i soliti nomi troppo seri per Mosca . Incontri col surrealismo ci sono certamente , ma non sappiamo che peso abbiano ) . Comunque , si era detto di De Amicis . E De Amicis rappresentava appunto in Italia , in un ' Italia non troppo lontana , la tutela di quella educazione sentimentale da cui nasce l ' umorismo di Mosca . ( Per molti riguardi il mondo della scuola ; e Mosca ha ancora qualcosa di scolaresco ) . Poi la polemica si estende a tutto un tardo Ottocento provinciale e piccolo - borghese che eccita in vario modo la fantasia dei nostri umoristi . ( E un gusto chiarissimo in certi disegnatori e soprattutto nei tipografi ) . Ma ecco che ora Mosca , posto di fronte a un ' esperienza sentita , si trova a una curiosa incapacità d ' espressione . E finisce col riecheggiare ingenuamente quei modi di cui era parso vittorioso e distruttore nelle sue cose ironiche . Non che i Ricordi di scuola siano un libro propriamente mancato ; hanno qualche scaltrezza e qualche merito , ma in fondo inclinano pericolosamente a De Amicis e sono degni di una affrettata condanna . Mosca scrittore non avrebbe nemmeno meritato questo discorso se noi non avessimo in grande considerazione Mosca parodista . E se abbiamo insistito sulla parodia è appunto perché giudichiamo il suo genio esclusivamente parodistico . Finora il risultato più importante è probabilmente il « Bertoldo » , un giornale a cui si deve dedicare qualche attenzione non fosse altro per il peso che ha ormai sul costume italiano . Ed è veramente l ' unico giornale che eserciti una funzione attiva di critica al costume . Coglie nell ' avvenimento quotidiano il margine comico , riconosce soprattutto il momento in cui la notizia o la persona sono divenute familiari al pubblico , hanno assunto cioè quella rigidità che permette una efficace parodia . Qui è appunto il valore del « Bertoldo » : commento alla moda e al gusto di un popolo . A questo risultato i redattori del « Bertoldo » sono arrivati con grande precisione di gusto . ( E anche onestamente . Si veda come sono sfruttati gli elementi umoristici nella guerra attuale senza mai un accento d ' immoralità Ma dove altri si ferma a uno scherzo occasionale , Mosca ha coscienza di svolgere opera di cultura . E qui si possono ricordare due suoi saggi . Il primo è quella storia della scienza che si pubblica a puntate sul « Bertoldo » e che è una magnifica satira delle opere di divulgazione scientifica . E questo ci pare il Mosca migliore . L ' altra rubrica , che pure ha molta fortuna , è quella dedicata alla poesia moderna , e per diverse ragioni è opportuno citarla . Sarà facile riconoscere anche lì il significato umoristico in uno spunto di parodia , nella ripresa cioè di un linguaggio accademico intessuto di citazioni e di richiami ad autorità . Sarebbe invece perfettamente assurdo accogliere l ' opinione diffusa che la critica di Mosca i rappresenti una sana reazione agli estremisti della poesia contemporanea . Una simile funzione potrebbe anche essere utile contro gli sfruttatori di una cifra , se esercitata da persona molto saggia e capace di discriminare . Ma una tale maturità critica manca naturalmente a Mosca il quale , splendidamente ignaro , condanna alle stesse facezie testi di poesia come quelli di Ungaretti , di Gatto , di Luzi , o addirittura di Rilke , e testi degli ultimi cretini . Una volta poi messa bene in chiaro l ' assoluta nullità del suo metodo critico , non c ' è niente di male che si diverta con la poesia . Quello che importa è che egli rinunzi a diventare « poetico » . Gli elementi crepuscolari che ingentilivano la sua ironia rivelano , messi a nudo , una grande povertà letteraria . Riportano soprattutto Mosca a quelle angustie del sentimento borghese che egli aveva spezzato col suo dono d ' umorismo elevando a disegno astratto l ' ingenua visione dell ' uomo comune . 3 . Sui limiti di Pirandello . L ' unica immagine che ci restava di Pirandello era quella del vecchio curvo dinanzi a un sipario con le braccia un po ' aperte , e nel viso a punta e negli occhi il segno di una carnale affinità coi suoi personaggi . L ' altro , il professore e il polemista di questi saggi , non viveva più che in una memoria attardata . E da una scelta così sommaria l ' uomo aveva pochissimo danno . Infatti il sostegno che l ' opera critica porta all ' intelligenza di Pirandello è minimo ; direi che queste pagine giovano piuttosto a mettere in luce i limiti di un pensiero altrimenti forte di qualche ragione nella sua riconosciuta ambiguità ( Saggi di Pirandello , a cura di M . Lo Vecchio Musti , Mondadori , Milano 1939 ) . Certo l ' ingegno che trascinava l ' autore drammatico a crudeli giuochi sugli uomini e poteva suscitare intorno ai suoi volubili problemi una estrema tensione intellettuale , qui , di fronte a un impegno critico preciso , manca . Il dialogo allusivo e bizzarro dei suoi racconti , scritto su una tela continua di amarezza , aveva raggiunto un alto valore di espressione letteraria . Costretto a un ' argomentazione serrata , Pirandello trasporta sul terreno critico i suoi modi discorsivi e ne trae pessimi effetti di stile e risultati critici assai deboli . « Bella consolazione , la filosofia ! » Questa conclusione esclamativa segna a un certo punto l ' insofferenza di un metodo che da altri gli veniva proposto come esempio di critica matura e insieme un suo modo di evadere che a tutti apparirà alquanto primitivo e sommario . Interessano ormai poco quei lunghi discorsi col D ' Ancona e col Rajna , interrotti da citazioni di Alfredo Binet . E si nota che il lavoro non ha mai un suo centro . Scritti in un tempo di fiere polemiche sulla natura della critica , questi saggi rimangono incerti fra esempi contrastanti : l ' estetica nuova di Croce , la tradizione erudito - filologica delle università nostre e tedesche e un certo positivismo di origine francese e di scarsa utilità letteraria . Mantengono cioè un carattere composito sconcertante . Così il celebre saggio sull ' umorismo che in verità non è degno di grande fama . Il disordine , l ' imprecisione e l ' inettitudine a concludere tolgono qualunque ragione di utilità all ' opera . Non si può condurre un lungo studio su antitesi così approssimative come quella stabilita fra umorismo in senso stretto e umorismo in senso largo , o arbitrarie come quella fra umorismo e ironia . E s ' intende che , nella polemica con un avversario della lucida forza di Croce , Pirandello , anche nei suoi motivi ragionevoli , finisce col dibattersi in disperate conclusioni . Altri saggi cadono per la stessa povertà della materia ( come quello su Alberto Cantoni o quello sul verso di Dante , contro Garlanda ) . E dove l ' impegno è più serio , negli scritti su attore e traduttore su teatro vecchio e teatro nuovo , si sente il gusto delle affermazioni facili e una certa tendenza a risolvere i problemi più gravi in maniera sbrigativa e arrogante . Ma forse i saggi non sarebbero ebbero tutti da respingere se non ne rendesse faticosa la lettura una triste assenza di fantasia . Le pagine migliori restano quelle dei discorsi su Verga ( specialmente del secondo , detto all ' Accademia d ' Italia nel '31 ) . Qui si perdonano arbitrî e giudizi non veri per un franco tentativo di accostamento all ' opera , un principio di dialogo fra Pirandello e Verga . Ed è il meno che si dovrebbe chiedere alla critica di uomini della statura di Pirandello : una notizia personale e sommaria sui fatti dell ' arte . 4 . L ' onore d ' Italia . La preparazione alla guerra intesa come necessità politica della Nazione e ultimo dovere del nostro Risorgimento fu opera , nei primi anni del secolo , di uomini maturi alla visione politica o devoti a una ideologia ; trovò più tardi il suo momento cruciale nell ' impeto delle lotte che precedettero l ' intervento . Ma la preparazione alla guerra come fattore spirituale , alla guerra esperienza di uomini , era stata il lavoro inconsapevole di una generazione quanto mai fervida a rivedere i valori della nostra tradizione , a cercare per la prima volta il senso di una cultura italiana moderna . Questa opera di rielaborazione e di rinnovamento fu merito in Italia soprattutto della « Voce » . Pochi anni prima D ' Annunzio aveva scritto le sue canzoni civili e , scoppiata la guerra nel '14 , l ' altro gruppo degli intellettuali fiorentini , quello raccolto intorno a « Lacerba » , iniziò una furiosa campagna per l ' Intervento . Ma queste due voci , pure clamorose e ascoltate , non significarono in fondo molto più di un proclama letterario : troppo lontano D ' Annunzio dalla umile realtà dei problemi e perduto in una sua visione retorica ; e gli altri , i lacerbiani , troppo soggetti a umori personali e strettamente impegnati in una polemica sui fatti . I valori profondi che potevano sostenere una prova così severa si dovevano cercare altrove . Fu allora che l ' opera educativa intrapresa dalla rivista di Firenze trovò la sua più ardua conferma . I giovani educati su quelle pagine a una nozione della cultura che fosse approfondimento spirituale e scuola di giusto rigore , abbandonarono senza gesti le loro letture , il loro orgoglio , e l ' aspirazione a una più civile vita d ' Europa , per portare un contributo alla comune fatica del popolo . E nella guerra portarono con questa umiltà di soldati la loro letteratura , non come ornamento inutile e offensivo ma piuttosto come modo di vivere , necessità inseparabile . Più tardi ebbero quasi tutti dalla prova vissuta un preciso insegnamento o addirittura una nuova vita . Su uomini come Soffici la guerra doveva agire da elemento chiarificatore , disperdere tutto quello che i frivolo ed esterno si agitava nella sua letteratura e ridurre lo scrittore a una lucidità e a una severità prima non raggiunte . Su altri , come un Jahier , l ' esempio fu certamente diverso . Jahier portava alla guerra la sua intransigenza , la sua sincerità , il suo rigore di moralista . Era , come temperamento , il più adatto a sentire l ' austerità di una esperienza di quella natura e a ricavarne i significati meno scoperti . Tanto che , se mai , il suo pericolo era una coscienza troppo severa della prova che si affrontava , un ritegno che limitasse l ' espressione letteraria e riuscisse alla sua diffidenza di protestante verso il fatto estetico . E Con me e con gli alpini porta la traccia di questo stato d ' animo . Ogni tanto la pagina letteraria devia insensibilmente diventa discorso ai soldati o meditazione religiosa . Forse perché egli si sentiva un maestro e una guida ( diresse dopo la ritirata « L ' Astico » , giornale per i soldati ) , il figlio di quei pastori calvinisti che evoca in Ragazzo , rigidi e sicuri sopra la comunità genuflessa . Certo Jahier aveva bisogno dell ' artificio , della costrizione letteraria . ( E in Ragazzo le parti migliori sono appunto quelle più letterarie dove si cercano chiari effetti di stile e la pagina non si affida solo alla generosità di un temperamento ) . Ma , con queste riserve , rimane il suo un libro bellissimo . Quello fra i nostri libri di guerra più nudo e sincero , quello più aderente in ogni pagina alla moralità e alla realtà degli avvenimenti . E insieme il più militare . Stuparich andò in guerra con la stessa castità ma con un animo sperduto e una tenue sensibilità giovanile . Jahier scrisse veramente un diario militare , di uno che ha abdicato a ogni altra forma di vita per vivere secondo un dovere . Forse perché fu anche il nostro scrittore più vicino ai soldati , quello che li guardò con animo meno letterario . Li rappresentò sempre nella loro povertà umana , ripetendo il loro linguaggio dialettale , le loro canzoni di guerra . E in quei montanari veneti inconsapevoli del loro compito egli vide a un tratto il soldato , trovò i lineamenti più difficili della virtù . E li descrisse in quelle pagine bellissime che si chiamano Ritratto del soldato Somacal e che chiude un ' affermazione da non scordare : « Ho trovato vicino a te l ' onore d ' Italia , Somacal Luigi » . 5 . La rivolta di Jahier . Ormai dovrebbe essere facile a una critica avveduta riconoscere negli anni della « Voce » l ' unico nostro romanticismo . Che ebbe , come dovunque in Europa , i suoi gilets rossi e i suoi capelli dipinti di verde ; tutto l ' aspetto cioè meno ingenuo e felice . Fu anzi un romanticismo particolarmente animoso . Lo scontro a Firenze fra vociani e futuristi e la breve brutalità delle bastonature diedero un sapore di avventura militaresca a questi miti giovanili . Ma , mentre gli elementi estremi si fissarono poi in « Lacerba » e continuarono ad accendere razzi sempre più smorti nel tardo futurismo , ai nomi della « Voce » rimase un crisma di severità e il predicato di moralisti . Piero Jahier fu appunto di questi ; anch ' egli trovò nella guerra un suo naturale destino e lo seguì con l ' obbedienza e la penetrazione dell ' uomo di fede . Ma se la guerra poté scoprire certe sue virtù e suggerirgli quel quaderno Con me e con gli alpini , ch ' è tra i nostri più nobili diari , lo scrittore aveva dato altre prove , era affidato alle pagine di questa disperata autobiografia , Ragazzo , e ai primi scritti vociani , che ora Vallecchi ristampa dopo venti anni di silenzio ( Ragazzo e prime poesie , Vallecchi , Firenze 1939 ) . Testi di questa natura possono ancora suscitare diffidenze e incomprensioni . Perché rappresentano forse l ' ultima sommossa tentata dallo scrittore contro la letteratura , i suoi ordini e le sue tradizioni . In Ragazzo questa violazione non è soltanto un fatto di lingua , il quale sarebbe meno difficile a definire e in fondo più volgare ed esterno . Ma è piuttosto , secondo il moto romantico , una rivolta dell ' individuo , una violenza di contenuti polemici che spesso sovrasta e travolge la letteratura . In Ragazzo deve apparire tutto : la miseria più vile , rappresentata con una fiera virilità di linguaggio , la cronaca e il sentimento teso e scoperto . Ed è qui appunto , e non sugli ardimenti esteriori , che si può esercitare una prima censura . Chiedersi cioè se questa generosità trovi sempre una vera espressione letteraria o talvolta non viva solo del proprio slancio . Ma in fondo Jahier riuscì quasi sempre . Poteva correre lungo limiti estremi , scrivere senza ritegno della famiglia povera e della morte del padre , perché aveva raggiunto quel grado d ' intensità che giustifica la nuda confessione e spiega il sentimentalismo e l ' angoscia . Si leggano quelle pagine bellissime che aprono il libro , con la corsa del ragazzo via da scuola e l ' ansietà bruciata nelle ultime righe : Devi essere te , sorella , vero . Via quel piccione . Ma è una donna alla finestra presto : una donna alla finestra ... Ma è una donna alla finestra ... ma è la mia mamma colle braccia tese . È questo un procedimento molto semplice , e il raccontare si risolve in un grido . Ma qui sarà appunto il grido ad affermarsi come fatto di stile , avrà nella pagina di Jahier il valore che aveva nei testi di uno scrittore a lui caro : Péguy . Non si possono unire , questi due uomini , solo sotto il segno di un temperamento . Perché essi avevano appunto in comune uno stile , il dono cioè che la critica più rigida dichiara di non trovare dietro un ' opera tuttavia generosa . Erano , sì , tumultuari , ma si dovrà riconoscere sotto quel tumulto una ferma ragione letteraria . ( E sono certamente risultati di stile le ossessionanti ripetizioni di Péguy e i periodi costruiti su un « ma » iniziale di Jahier ) . Del resto bastano a confermare questo dono le poche pagine in cui il discorso si placa , come in quelle parole che ricordano l ' origine del ragazzo e chiudono un capitolo torbido e concitato nella calma bellezza di queste immagini : « Dietro le sue spalle ribelli ci sono le nonne calviniste coi capelli lisci spartiti intorno al viso austero ; ci sono i Pastori che s ' alzavano sul pulpito rigidi nella toga nera e lasciavan cadere sull ' assemblea genuflessa l ' invocazione sicura : ' Notre aide est au nom de Dieu ' » . E nelle ultime parole si troverà anche un ' altra delle ragioni essenziali di Jahier . La sua religiosità , quel rigore calvinista che guidò ogni suo gesto e si scoprì sempre anche nell ' opera letteraria . Così i versi raccolti in fondo al volume , e che si chiamano « prime poesie » , non sono probabilmente poesia ( sebbene qualcuna si possa citare con sicurezza ) . Sono , in mezzo a un ' esaltazione verbale , certo caduca , brani di preghiera . E anche qui la preghiera non è genere letterario , ma piuttosto inconsapevole deviazione da un intento diverso . Errore proprio di un tempo come quello dei vociani in cui talvolta il fervore delle intenzioni confondeva le pagine . Ma con questi difetti essi ebbero meriti poi non più ritrovati . Furono dalla parte giusta , videro molte cose e ne scoprirono altre . Furono i primi in Italia a saper gridare . Gridare non come un maestro che provi il proprio sdegno o come grida l ' auriga eretto su un finto cocchio ( perché la nostra tradizione era ricca e aveva anche questo ) ; ma come gridano gli uomini , i quali , contro un ' opinione letteraria corrente , non possono sempre parlare piano . 6 . Fantasie convenzionali . L ' ingenuità di certe storie in cui giovinette si offrono alla divinità del fiume e sono subito divorate dai coccodrilli era ormai confinata al cinema ; a questa regione subalterna del pittoresco . Ma in fondo diverte , dopo una prima sorpresa , ritrovare vicende , che di solito accompagna l ' urlo e il clamore del pubblico , nelle pagine nitide di un « narratore italiano » ( Guelfo Civinini , Vecchie storie d ' oltremare , Mondadori , 1940 ) . Uno apre il volume e trova subito l ' avorio nero , i vecchi filibustieri , le schiave tredicenni e le donne di tutti gli oceani . Poi , veramente , non trova altro . Protagonisti e paesaggio annunziano un mondo letterario chiuso che rapidamente si precisa . Restano vagamente intorno al testo le memorie di una nobile letteratura , ma sono ancora distanti . Kipling , Conrad , Stevenson , London , autori a noi molto cari , si presentano dietro le pagine con un ' aria un po ' smorta . E forse su questi Angli minori si potrebbe non insistere , fingere di non riconoscerli . Ma altri tentativi sono più arditi : Shakespeare , per esempio , si poteva lasciarlo da parte . E invece anche Shakespeare vi è compreso : la storia di Romeo e Giulietta trasportata in Somalia è uno degli ornamenti del libro . Qui conviene fermarsi sul momento criticamente più notevole dell ' opera . Civinini è una persona intelligente e si accorge benissimo della instabilità letteraria dei suoi racconti . Ma ha creduto di trovare un rimedio in quel tono bonario e familiare che era naturale ai suoi bozzetti toscani . Procedimento che a noi pare sbagliato : perché , se ci si rassegna a leggere racconti di pirati , di avvoltoi e di tribù somale , si preferisce vederli presi sul serio , da qualcuno che ci creda . Civinini invece sta in mezzo : un po ' crede ai suoi racconti , e un po ' ci scherza . I libri di questo genere si reggono poi su una nozione convenzionale del bello . Così , le schiave dal seno d ' ambra devono essere bellissime , gli uomini valorosi e i paesaggi ardenti o desolati . Qui invece gli uomini hanno gli occhi pieni di mosche , le donne sono grasse e il paesaggio noioso . Se , escluso qualunque risultato d ' arte , il bello convenzionale può avere un valore decorativo , il brutto convenzionale non ha assolutamente ragione di esistere . Con questo non si vuole affatto mettere in dubbio la buona fede di Civinini . Sono gli argomenti , i fatti , che trascinano inevitabilmente al falso con i loro nomi corruttori : Oriente , avventura . Così è da escludere , per esempio , che Civinini voglia passare i suoi ultimi anni in un faro fra i marosi . È anche difficile che egli abbia sognato di diventare cantibai , e in questa veste di compiere le peggiori atrocità . A Civinini queste fantasie sembrano belle e una presunzione di bellezza sostituisce benissimo una presunzione di verità . Ma la nostra critica è fondata su un atteggiamento iniziale , su una forte divergenza di gusto . 7 . L ' Italia sofferta . Il volgere degli entusiasmi di Papini dalla mania devastatrice dei primi anni a questa sua fierezza di maestro delle esperienze spirituali , braccio della Chiesa e capo delle lettere , doveva convincerlo a prendere un ' ultima figura , a divenire col tempo scrittore celebrativo . Così due tradizioni della nostra società letteraria , e non le migliori , si chiudono in lui : quella dell ' autore di invettive , pronto a percuotere , e quella del dignitario celebrante secondo un linguaggio comune i fasti riconosciuti . Questo occorreva dire subito per riportare alla sua giusta misura l ' ultimo Papini , distinguerlo da quei Machiavelli e Foscolo e Carducci a cui egli si richiama in una esteriore dignità di gesti e da cui lo separano tuttavia altro vigore e fermezza d ' animo . Italia mia , ha scritto Papini , è un libro di passione . E di queste parole vorremmo tener conto come del più sicuro merito . Perché è l ' unico punto che abbiamo in comune con Papini , il punto su cui potremmo incontrarci se il suo discorso agisse su di noi oltre il segno di una breve esaltazione verbale . Ma anche Papini sa che una passione affidata a parole sorde e logore non brucia , rimane appena un impegno . E questa è la vera conclusione della lettura : quel linguaggio disperato e violento è ancora lontano , non nostro . Tuttavia si potrebbe accogliere senza rammarico la parte più propriamente oratoria dell ' opera . Quegli Appunti per un inno all ' Italia , che sono scritti con molta enfasi e certo servirebbero a un inno non bello . Ma , quando non si voglia prenderli per poesia e neanche per appunti di poesia , potranno valere come notevoli brani celebrativi . Così la Lettera a uno straniero e i Lineamenti spirituali d ' Italia , pagine di un respiro polemico acceso , utili come segni di un gusto , documenti di un entusiasmo . Dove Papini è inaccettabile nel suo impegno critico . Quando afferma di fare storia o addirittura filosofia della storia . Quando traccia le grandi linee di un evento secondo criteri stranissimi e si fa obiezioni scolastiche a cui risponde da sé . Certo egli è sicuro ormai delle sue verità e della freddezza e della miseria degli studi tradizionali . Ma , nonostante questo disprezzo , la storia e la filosofia non accennano a tornare a Plutarco . Restano discipline a cui si porta forse tanta passione quanta Papini ne chiede ora a gran voce , ma una passione assai più chiara e severa , e insieme l ' obbligo di un estremo rigore intellettuale . Così è ancora difficile sollevarsi oltre i limiti di un fermo lavoro di studi , a « volo d ' aquila » . ( La simbologia di quest ' opera ha una ricchezza ritrovabile appena in certe insegne del cinema : aquile e querce , campane , fiamme ) . Soprattutto quando questo volo si sostiene a notizie e riferimenti di una meravigliosa ingenuità . Del resto la storiografia di Papini , come i versi di alcuni suoi amici , ci confermano sempre più a un nostro antico sospetto . Che l ' animo liceale sia una forma insopprimibile nella vita dello spinto e che dove intemperanze giovanili lo hanno oscurato per una ansietà di precoci rivoluzioni , quest ' animo ritorni più tardi , spoglio di ogni sereno albore , viziato dalla vecchiaia . Dispiace scrivere con tanta sicurezza , quasi con oltracotanza . Dispiace dover parlare così di un uonio di cui altre volte si riconobbe la voce calda e vicina ; non sentire più , noi giovani , l ' empito della sua frase , la sua persuasione , questa sua clamorosa Italia ( « l ' Italia non è già la matrona da teatro , - dice a un certo punto , - né la balia ... » ; e poi cedendo a una peggiore allegoria : « È quella giovane , e eretta che guarda dalle sue montagne ... » La nostra è più dura e sofferta e non si piega alle immagini ) . Ma forse non è questa nemmeno la sua Italia . Per noi la patria di Papini resta quella che egli credette di riconoscere nei lineamenti spirituali di qualche alta figura di maestro e di amico , di cui ritrovò il volto terreno lungo i muri e le strade della sua estiva Toscana . 8 . Il rischio dell ' isolamento « E di fronte al freddo che dai più lontani limiti della campagna , dalle crete , dalle colline , dalla valle del fiume , sembrava stringerla per un lungo assedio , la villa si chiuse nella solita passiva resistenza di tutti gli anni » . Parole che meglio di qualunque introduzione preparano al romanzo aprendo quegli orizzonti fermi in cui poi il racconto stagnerà come in un suo naturale grigiore , al freddo degli eventi . Dalla natura astratta e rigida di queste terre si spiegherà una storia non meno chiusa in un duro riserbo . E come il paesaggio fissato nelle « crete » intorno alla villa superi i lineamenti della campagna toscana , così questo racconto andrà molto oltre i confini di una breve cronaca provinciale . « Un lungo assedio » . Ecco il motivo che regola i personaggi e le immagini di Bilenchi , e definisce la sua letteratura . L ' infanzia di Sergio , il bambino intorno a cui si snoda il romanzo , sarà un seguito di esitazioni e di angosce da cui insensibilmente si precisa la coscienza , nel raccogliere il filo di queste deboli vicende per dare un ' unità nell ' ordine della memoria , e l ' impegno di Bilenchi . Un libro uscito un anno fa , San Silvano di Dessì , può dare in parte i termini di un giudizio . In Dessì l ' ansietà , gli abbandoni e perfino la presenza d ' influssi culturali immediati portavano al libro un vigore di immagini che qui resta estraneo . In Conservatorio tutti gli impulsi sono ridotti a un ostinato silenzio : nessun frastuono esterno passa il giardino della villa e i muri di santa Teresa . E se l ' esecuzione risulta ferma e precisa oltre ogni attesa , non si può vincere un dubbio iniziale sulla validità di questo atteggiamento . Domandarsi cioè se un impegno tanto preciso trova la giusta resistenza dei fatti . Cosa rimane , in fondo , a una memoria immediata ? Su quel lavoro continuo i capricci delle due donne , Marta e Vera , la loro ambigua realtà . Perché esse sono ancorate a un ' esperienza precedente , a una vita di cui arriva solo una vaga notizia allusiva . E il romanzo probabilmente è in quelle memorie rimaste inutili negli anni di santa Teresa che affiorano dalle conversazioni e dai giuochi . Così santa Teresa diventa il centro della vicenda , un paese pieno di attesa , quello che era nel libro di Alain - Fournier « le domaine inconnu » . Poi , quando Sergio entra anche lui al Conservatorio e si aspetta la cifra che risolva l ' intreccio , tutto diventa più vicino e sbiadito ; si affronta un ' assoluta assenza di risultati . L ' attenzione potrà riaccendersi , ma si riaccenderà al primo esitare del racconto , quando sorge il pericolo di un ' avventura ( al primo errore cioè nello svolgimento dell ' opera ) . E le avventure verranno e saranno terrestri e di una sconcertante durezza . Così resta nel libro un dissidio fra la presenza fisica di questi episodi ( la cura dei muli , pure molto bello , i prigionieri , la barbara uccisione alla fine ) e il disegno dei primi capitoli . Un dissidio fra gli uomini e le donne del libro : Bruno , Giulio , Carlo hanno su di sé la guerra , il socialismo , e biografie precise e carnali ; le donne , Vera , Clara , vivono in una regione fantastica , separata e diversa . Dissidio che si può risolvere se si riportano i termini alla memoria di Sergio , se si fa di lui il vero autore dell ' opera . Così i personaggi spariscono e resta un diario grigio e unito , l ' unica forma possibile , in fondo , per chi abbia accolto una certa esigenza di stile . Conservatorio è scritto molto letterariamente . La narrazione ha trovato un suo tono continuo nella spezzatura dei periodi ; ma il dialogo di Bilenchi resta secondo me un fatto incerto : è ancora troppo serrato oltre i limiti della verità . Tuttavia questa somma di esitazioni e di censure e qualche deciso contrasto devono essere considerati soprattutto come una testimonianza di stima per Bilenchi . Il quale resta nelle sue discutibili prove uno dei nostri scrittori più sicuri , uno dei pochi a cui si possono riportare con certezza i modi di una nuova narrativa indipendente . 9 . La polemica su Pascoli . I poeti , consumate le prime ragioni che giustificavano la loro presenza nel secolo , sopravvivono in virtù di motivi inferiori , di fatti che toccano appena i confini dell ' arte . Prima cioè che la loro opera sia diventata un esempio duraturo e dopo che la scomparsa dell ' uomo ha trascinato con sé gli interessi meno precisi , resta ai poeti un valore provvisorio : un nome , in fondo , e una funzione sociale . La funzione sociale di Pascoli è per ora quella di dare agli ignari una poesia tutta avvilita al dato del sentimento , una cronaca offerta con i motivi del canto , e il mito inerte ma necessario della « cosa poetica » . Così egli sarà ancora per molti anni il signore delle nostre antologie , ripeterà il suo grande nome a capo di quei verseggiatori inutili che hanno un ciclo vitale simile alle farfalle e bastano appena a nutrire una generazione di tranquilli scolari . Questa che parrebbe considerazione esteriore , intesa a limitare un Pascoli tutto decorativo e scolastico , ha invece un significato letterario . Riguarda cioè il fatto più importante nella storia della poesia pascoliana , la diserzione dello scrittore dalla linea dei suoi maestri e la pretesa di una poesia autoctona . Serra accennò a questa pretesa quando volle insistere su un Pascoli non umanista . E Pascoli stesso diede la definitiva conferma in quei suoi scritti di dottrina e di sentimento che sono tutti una magra polemica contro la tradizione letteraria italiana , la poesia che sa di chiuso , che non sa mai di guazza e d ' erba fresca . Egli avrebbe scritto per primo in un paese accademico la poesia che sa di guazza . E si dice che fu un disertore , non un novatore , perché questa pretesa si fermò alle prime conquiste , cadde con tutti i residui della poetica pascoliana appena scosso quel labile mondo di cultura e di gusto da cui la dottrina nasceva . Tuttavia il suo inganno d ' ingenuità e d ' infanzia restò a fondamento della fede dei discepoli e bastò allora a convincere i lettori meno avveduti . Si pensi a Thovez , a quel suo libro clamoroso che minava gli ordini della letteratura per una impossibile rivincita . Pascoli è quasi salvo dalle accuse di Thovez : a lui si riconoscevano volentieri la franchezza e il decoro di un ' altra età , quei pregi che la nostra cultura aveva ormai oppressi e perduti . Del resto , libri come quello di Thovez servono appena a provare lo sgomento di uno spttatore giovanile di fronte all ' ordine perpetuo della tradizione : sono uno specchio esemplare della rivolta . Ma accanto a Thovez le due voci più autorevoli del suo tempo accolsero Pascoli in modo diverso . Croce con una severità di procedere che sotto apparenze polemiche nascondeva un vero interesse di lettura . E benché si senta già all ' inizio di quel moto che avrebbe portato il critico , secondo un ' antica espressione , a mettere tappi quadrati dentro bottiglie rotonde ( a lavorare cioè su testi che gli eran ormai sfuggiti ) , il suo saggio propone alcune questioni che sono certamente in vigore . Serra scrisse il più vago e assorto dei suoi saggi , le pagine distratte dalla chiara visione della Romagna e dal saluto all ' amico poeta . E concluse con una affermazione di impossibilità , una rinuncia alla critica ( che era poi il termine definitivo di tutto il suo lavoro ) . Tuttavia l ' intero svolgimento del suo saggio , qualche nota ( « l ' intelligenza imperfetta » ) e la stessa citazione del giudizio sono dati indispensabili alla critica pascoliana ; così valgono le citazioni , e scoprono un Pascoli quasi nostro , certo assai diverso e distante dallo scrittore d ' allora . La critica successiva continuò in questo dubbio proponendo la questione di fede . Anche il referendum indetto dalla Ronda nel '21 fu assai poco definitivo . Rimase un sospetto reciproco a dividere le due parti e il rammarico da una parte e dall ' altra di argomenti non riconosciuti . Se mai , i rondisti contribuirono con la loro opera a segnare i veri limiti che separavano ormai dal poeta le nuove generazioni . Ma ora , dopo ancora vent ' anni , nessuno potrà togliere a Giovanni Pascoli il suo vero nome di poeta . Ora che la coerenza del suo linguaggio si ritrova intatta e felice nelle poche pagine riuscite ; che dai libri riconosciuti , i Canti o Myricae , è facile estrarre ogni giorno termini di imprevista bellezza . Così si è scoperto il vero significato dei Poemi conviviali , la dignità letteraria e il gusto preciso di quell ' opera . Si discusse un tempo per sapere se i Poemi erano o no greci . E sono se mai sulla linea più pura della poesia moderna , testi utili a una poesia del decadentismo europeo come forse nessun altro in Italia . Perché il Pascoli di Barga , lui che visto di spalle sembrava un fattore , è ancora il più europeo dei nostri poeti della fine del secolo . Carducci è tradotto dagli ungheresi e dai romeni e piace a Maurras ; ma è sempre un impegno difficile quello di assegnarlo a una qualunque tradizione moderna . D ' Annunzio confuse nelle sue disperate invenzioni il dialetto di Pescara a voci delle più remote capitali d ' Europa . Ma se mai il poeta europeo è quello dei romanzi e del Poema paradisiaco ; quello nostro , lo scrittore del terzo libro , è un fenomeno difficile e raro , come la sua lingua e i suoi gesti ; e non so chi fuori d ' Italia potrebbe capire l ' Alcione e risentirlo poesia . Pascoli invece fu coerente nel suo errore e nelle sue scoperte , sempre teso a una vera interpretazione dei fatti . È appunto per essere stato così unito al suo tempo , così tenace , che egli ancora ci preoccupa e che la nostra polemica verso di lui non è esaurita . Egli rimane , certo , dei nostri veri poeti , quello che ha scritto più brutte poesie . Si scoprono , a leggere , oscure derivazioni . Tutta la più trista scultura del primo Novecento è pascoliana ; le donne che da piedistalli di marmo si sporgono sui fiumi della patria e hanno i capelli simili a fiamme e sui capelli la spada del guerriero , sono pascoliane . Così fu Pascoli l ' ultimo a evocare Mazzini con procedimenti quasi pirotecnici all ' urto delle strofe . Ma queste sono censure facili , accettate dai custodi meno rigidi della sua fama . È più grave che tutto il suo mondo sia caduto a un giro così rapido , quel mondo governato da supreme antitesi di riso e di pianto , fitto di oggetti inutili al nostro bisogno di poesia . ( Si pensi alla presenza insopportabile degli uccelli nei libri pascoliani ) . Così tutto un residuo polemico doveva manifestarsi all ' incontro con una letteratura tanto coerente e imperiosa . Baldini , il quale ha premesso un avvertimento alla raccolta di tutte le Poesie ( Mondadori , 1939 ) , ha dovuto superare tali animosità . E , in età più pacata , ha risolto quasi tutte le antinomie ; pur avvertendo gli errori , ha cercato di dissimularli in un ampio panneggiamento critico . Ha dato cioè il giudizio più equanime che si possa dare su un Pascoli ormai classico , affidato al rispetto dei minori . Pure , estranea a questi contrasti di umore e di età , la poesia segue una sua calma traiettoria . Vive di trapassi e di suggerimenti che il tempo protegge da ogni discussione nel silenzio della tecnica . E di questa eredità tecnica dell ' opera pascoliana non si potrà dubitare quando si legga qua e là qualche rigo della più vitale poesia di oggi : « il lungo colloquio coi poveri morti , la cenere , il vento - il vento che tarda , la morte , la morte che vive » , o , leggermente alterato : « non recidere , forbice , quel volto » ( Eugenio Montale , Le occasioni ) . VIII . I « poeti » nazisti Un ' antologia tedesca La vicenda della poesia nella Germania del dopoguerra è un difficile esempio . Il volgere delle esperienze letterarie , alcune torbide e false , altre certamente valide , trovò una brusca fine nel 1932-33 coll ' avvento del nazional - socialismo , la condanna dei tentativi d ' avanguardia e il proclamato ritorno alla tradizione . Ma una tradizione , si badi , intesa in senso niente affatto letterario : il richiamo accademico dei nostri conservatori sarebbe accolto con sicura indifferenza dai teorici della nuova arte tedesca . Per il nazionalsocialismo tradizione è una somma di valori presi alla storia del popolo , elementi essenziali nell ' anima della razza . E questi valori non hanno origine naturalmente nella struttura tecnica della pagina ; ma in fatti primordiali e mitici , governati dal ritmo di quelle diadi che sono quasi le formule sacre della dottrina tedesca ( « Blut und Boden , Blut und Ehre » ) . « Come vi fu un ' arte figurativa degenerata , così per gli anni trascorsi si può parlare di una poesia degenerata largamente diffusa » . Queste parole aprono la prefazione che due giovani autori , H . Gerstner e K . Schworm , hanno scritto per l ' antologia dei poeti contemporanei edita dal « Zentralverlag » del Partito ( Deutsche Dichter unserer Zeit , 1939 ) . Un ' opera certamente notevole ; se non altro per la coerenza e il rigore con cui sono stati applicati principî altre volte rimasti a una vaga enunciazione . E molto utile a chi voglia cercare nella letteratura gli ultimi motivi della polemica culturale tedesca . Dopo i rivolgimenti di qualche anno fa la letteratura tedesca sembrò trovare i suoi valori più sicuri in quegli scrittori che , usciti dalla guerra senza una crisi di dissolvimento , potevano difendere alcune ragioni essenziali e insieme appoggiarsi a una vera dignità letteraria . Autori come Carossa o anche Binding , e fra i più giovani Alverdes , rappresentavano appunto questa forza . Ora gli autori citati e tutti quelli vicini a loro come posizione sono esclusi dell ' antologia , o perché i loro nomi sono già entrati nella storia letteraria o perché si considera superato il momento che essi rappresentavano . È sopravvenuta una generazione assai più rigida e coerente nelle sue pretese . Una generazione che , secondo le parole del testo , « ha superato l ' idealismo estetico per vivere di un idealismo politico » . Attraverso la formula alquanto rozza ( perché certo , nella patria di Hegel quell ' idealismo estetico è molto indeterminato ) si intravede l ' ambizione affermata da questi principî : confondere a una sola misura l ' esito letterario e politico dell ' opera d ' arte . Dato il significato strettamente nazionale di quasi tutte le opere raccolte , citare non sarà molto utile . Anche perché gli autori sono nella maggior parte giovanissimi . Dei vecchi è compreso solo qualcuno che vanta meriti particolari ( nemmeno H . F . Blunck o H . Grimm , scrittori pure autorevoli ) . È compreso Dietrich Eckart , l ' amico del Führer e di Rosenberg , uno dei maestri spirituali del terzo Reich , il cui grido « Deutschland erwache » è scritto sugli stendardi delle SA . Se egli fu un mediocre letterato nelle sue prove continue , a qualche canto patriottico , al « Deutschland erwache » si deve riconoscere un certo maschio vigore . Accanto a lui pochi altri : Johst presidente della Reichsschrifttumskammer ; Hohlbaum ; il vecchio Bartels che per primo introdusse nella storia letteraria la distinzione tra arte tedesca e arte giudaica . I giovani sono molti e vicini fra loro . Celebrano temi comuni : il combattimento , la caduta e la rinascita della Germania , la liberazione attraverso il Führer . Si riconosce qualche figura notevole : il Reichsjugendführer Baldur von Schirach , che pubblica i suoi versi fra quelli dei gregari ; e si possono isolare per una maggiore compiutezza formale quelli già più noti e letterariamente più esperti : Schumann , E . W . Möller , Anacker . Anzi qualcuno dei migliori , Schumann per esempio , è arrivato ormai a una rigidezza di stile che ha un suo significato letterario ( e ricorda vagamente l ' aria poetica del primo Impero francese ) . Ma la parte più utile del volume è rappresentata dalle note che precedono i testi . La valutazione critica nel senso tradizionale è completamente abbandonata . Dopo le notizie biografiche , il giudizio riguarda dati estranei all ' arte o certamente marginali : gli argomenti esposti , qualche nuovo criterio di scelta ( esita quindi fra una retorica dei contenuti e un commento celebrativo ) . Hermann Gerstner , uno dei compilatori dell ' antologia , ha tra i suoi meriti letterari quello di avere scritto un romanzo , La strada nel bosco , in cui « ci conduce nel bosco tedesco e mostra come la costruzione di una potente autostrada libera dalla miseria materiale e morale un villaggio sperduto e i suoi abitanti » . Lo scrittore è giudicato quindi in ragione delle sue scoperte , dei motivi che ha saputo trovare e svolgere a sostegno di una tesi . E la letteratura ritorna una gara su argomenti comuni . Sono anche interessanti i criteri di scelta . Molti irredenti nel volume : austriaci , tedeschi dei Sudeti , tedeschi di Danzica . E nelle biografie accenni insistenti alle origini umili dei nuovi scrittori . Un altro dato letterario importante è la larga parte data agli autori di opere per radio , ai giornalisti , agli scrittori di propaganda . Un ' immagine della letteratura che sia sempre più strumento di educazione popolare , attività coordinata ( e a questo si è arrivati ormai senza esitazione e senza polemiche ) . La riduzione di ogni categoria al principio del « Volk » trova qui una sua estrema conseguenza . E come per il diritto si ripete la frase del ministro Franck : « È giusto ciò che giova al popolo , è ingiusto ciò che gli nuoce » , sarà per la letteratura bello ciò che esalta il popolo , brutto ciò che lo abbassa . Fenomeno , mi pare , straordinariamente importante nella cultura dell ' Europa contemporanea . Tuttavia , siccome chi scrive di un libro di poeti non può ignorare la poesia , resta il dovere di un giudizio sui testi . Che può essere solo distante e severo : alla luce di una nostra nozione di poesia queste cinquecento pagine sono bianche e nitide come i fogli di un calendario . E sarà anche lecito chiudere la lettura di un libro tutto dedicato al « deutsch » e al « volksdeutsch » con una professione di nazionalismo . Con un calmo ritorno ai valori della nostra ultima poesia . Una poesia che ad altri apparirà forse debole e astratta , ma che certo vive di una sua sostanza umana , se oltre questo breve impiglio di nomi e di fatti non consuma la propria fortuna e la propria verità . IX . Gusto e giuoco di Jünger Capricci e figure . L ' opera letteraria di Ernst Jünger ha una sua origine precisa e le stesse ragioni di vita negli anni dell ' immediato dopoguerra tedesco . Il suo primo libro : In Stahlgewittern , era dedicato al combattimento come esperienza virile . Traditi i motivi del sentimento e ogni partecipazione umana ai fatti che si svolgevano , Jünger tentava il saggio sulla guerra come realtà di numeri ; irrigidiva qualunque moto spirituale nell ' astrazione del fatto meccanico e cercava il senso di una civiltà nei rapporti fra gli uomini sorti da quella strenua condizione di vita . Esempio di qualche interesse in una letteratura in gran parte travolta da ragioni d ' affetto e pochissimo disposti a seguire un freddo sguardo documentario . Tuttavia l ' errore di Jünger , il suo estetismo e la fede nelle cifre dell ' intelligenza si scoprivano già in questa rinuncia a un intervento morale , nel tentativo di ridurre la guerra a una rivoluzione del mondo sensibile e a un fenomeno della coscienza . Le opere successive , fino a Feuer und Blut , che è del 1926 , confermarono queste doti : la precisione del giudizio critico e , nelle pagine più meditate , una rara fermezza di stile . Così si accentuò la preoccupazione politica . ( « Politica » per Jünger è sempre stata considerazione delle masse e ha suggerito notizie vigorose dove il rifiuto di un approfondimento razionale non deviava i problemi a soluzioni evidentemente sommarie ) . Benché quindi la sua opera non contenesse mai dichiarazioni di partito e fosse lontana dall ' apologia volgare dei nazionalisti , il rigore del suo atteggiamento e l ' assenza nei suoi libri di qualunque polemica umanitaria lo fecero considerare scrittore di destra . Il nazionalsocialismo riconobbe più tardi in lui il primo interprete della guerra tedesca . Le facoltà propriamente letterarie di Jünger , il gusto saggistico e l ' ordine freddo della prosa riapparvero in uno spazio di aperta fantasia nell ' Abenteuerliche Herz , uscito nel 1928 . Questa prima serie di saggi e l ' altra di scritti più ampi intitolata Blätter und Steine spostavano il campo d ' interesse a un mondo di rapporti fantastici ; dalle spiagge dalmate e dal valore delle vocali Jünger traeva i temi di disordinate avventure . Più tardi i paesi divennero solo un punto di riferimento astratto al viaggio dello scrittore ; le sue rigide analisi toccarono i confini del surrealismo . Rimase su queste libere basi il gusto della costruzione intellettuale che le letture di Jünger sorreggono e difendono dal pericolo d ' ingenuità . Ma rimase anche un freddo sapore di giuoco . Così se si vuol chiedere un risultato definitivo a qualche pagina di Jüer credo che si debbano scegliere quelle di minore impegno critico : i frammenti allucinati e percossi dove la prosa si tende e il ritmo accetta i suggerimenti di uno spazio immaginario . Jünger pensatore invece ha se mai valore politico . Nel 1932 era uscito il suo più importante saggio di contenuto sociale , Der Arbeiter . Esaltazione di una società futura fondata sul lavoro come forza religiosa e cardine di una disciplina totalitaria , il libro , che pure segnava un deciso orientamento a sinistra , fu condannato dai marxisti ortodossi per il suo residuo letterario . Sembrò esprimere cioè l ' inquieto « animus » rivoluzionario che portava con sé il giovane movimento nazionalsocialista ; e influì certamente su alcuni dei più autorevoli dottrinari del partito ( Karl Schmitt , per esempio ) . Solo in seguito dissensi d ' interpretazione e un preciso interesse d ' arte allontanarono Jünger dall ' attività politica diretta . I suoi ultimi libri sono di pura invenzione letteraria . Un romanzo autobiografico , Afrikamische Spiele evoca le sue doti migliori di ordine e di chiarezza . Partito da un fragile spunto ( la storia di un ragazzo - la sua storia - che fugge da casa per arruolarsi nella legione straniera ) , Jünger è riuscito a mantenere il respiro e la giovanile libertà del libro d ' avventure su uno sfondo continuo d ' intelligenza e d ' ironia . Così nitido e scarno Afrikanische Spiele è uno dei più piacevoli romanzi che si siano scritti in Germania in questi ultimi anni . Nel 1938 uscì una seconda edizione del Cuore avventuroso riveduta e portata a un più severo impegno letterario . Da quel volume che per ora è l ' ultimo , sono state scelte le pagine tradotte . Capricci e figure , il sottotitolo del libro , spiega alcuni indefinibili motivi di Jünger . Qui , trascurati i saggi più ampi , dove una pretesa d ' intelligenza non sempre riesce a chiudere il suo cerchio , si sono raccolte pagine staccate , giorni di un diario metafisico . In particolare alcuni esercizi sul macabro , che dalla naturale assenza dello scrittore , dal suo distacco , sulla pagina prendono un rilievo e una luce deserta non confondibili . Dei difetti più palesi , dell ' estetismo di alcune raffigurazioni e del respiro frigido che percorre il testo , si e già detto . Comunque merita attenzione in Italia il rigore di una tale prosa e questi primi tentativi di deformazione fantastica : tentativi ora così rari in una letteratura tutta intenta al più umile lavoro documentario e celebrativo . Ernst Jünger è nato a Heidelberg nel 1895 e ha vissuto negli ultimi anni a Ueberlingen sul Bodensee . Allo scrittore politico ha dedicato un ottimo saggio Delio Cantimori . L ' opera letteraria non è ancora conosciuta in Italia . X . Fin edella seconda vigilia La freccia di carta . I giornali della Svizzera francese hanno raccolto un ' eredità che nessuno vorrà toccare , quella di una stampa mediocre e orgogliosa che gli ideali della borghesia nutrivano nella Francia d ' anteguerra . Un simile passaggio non era difficile a prevedere . Sono lontani i tempi in cui Ginevra rappresentava una civiltà ribelle e vigorosa . Col decadere del protestantesimo a religione per i moderati , ogni vestigio di forza è sparito dalle rive di quei laghi e le grandi statue dei riformatori sono rimaste a guardare un popolo lontano più di ogni altro da propositi rivoluzionari . È sorto a Ginevra un palazzo e la solennità degli atri e dei portici ha finito col sopravvivere a ogni concreta realtà ; finché la sigla S.d.N. si è cancellata pianamente dalla zona dei nostri interessi e una incerta fuga in automobile ha travolto con sé le ultime speranze della collaborazione europea . Provincia intellettuale della Francia , Ginevra non ripete i motivi di lotta che pure agitavano la Francia d ' anteguerra . Il dovere della neutralità incombe su ogni parola che si pronuncia in Svizzera , obbliga i giornali a occuparsi nelle prime pagine di curiosità zoologiche e attenua e diminuisce le reazioni più pure . Sussiste un tema che supera probabilmente i limiti della tradizione pittoresca fondata sulle frecce e le mele e sostiene la dignità del popolo elvetico : la volontà d ' indipendenza . E la calma risoluta con cui gli svizzeri si preparano a difendere l ' unità politica della loro nazione è una prova che basta a cancellare molti errori . Del resto è certo che l ' attività migliore del popolo svizzero , l ' opera dei suoi studiosi e dei suoi tecnici , vale a riscattare gli esempi di mediocrità che ci troveremo di fronte . « Pour que le Parthénon ne soit pas touché » . Così la « Gazette de Lausanne » del 30 ottobre si rivolge ai suoi lettori . Ora , scrivere un articolo su questo argomento , nel paese che fu una delle patrie di Nietzsche , significa avere al posto del senso tragico il senso scolastico della vita . E le ragioni sono immediate . Gli aviatori italiani non toccheranno certamente il Partenone . Non hanno nessuna ragione per farlo . Se lo toccassero sarebbe una sventura : il Partenone è tuttavia un segno di opere illustri e di tempi esemplari ; e ci auguriamo con tutti che il giorno della sua rovina non debba venire . Ma è il linguaggio del giornale svizzero a cui vogliamo replicare . « Est ­ il possible , - scrive la ' Gazette de Lausanne ' , - que un jour funeste l ' Acropole soit atteinte ? Cela ne se peut pas , cela toucherait au sacrilège » . Si sente che il redattore di questo articolo nei suoi riposi scrive versi alessandrini . La sua commozione è sincera e documentata ; si appoggia naturalmente a ricordi storici di papi che fermano il barbaro e di statue della divinità davanti a cui l ' orda si arresta e si inchina . Il signor V . parla insomma in nome della civiltà e dello spirito . Ora , è su questa questione della civiltà che senza intenti polemici si vorrebbe discutere , tanto ci pare incerta la visione che hanno gli Svizzeri della guerra attuale . Crede veramente la « Gazette de Lausanne » che in questo momento in Europa nulla sia più importante dell ' Acropoli ? I popoli europei si affrontano in una lotta da cui molti usciranno distrutti ; principî che hanno sorretto la vita delle nazioni e per cui i migliori sono caduti sul campo o sul patibolo rischiano di perdere ogni valore ; gli uomini di buona volontà combattono da anni per la loro salvezza . Giunge dalle città d ' Europa il rumore delle fucilazioni . Ma tutte queste sono contingenze del secolo , risponderebbe probabilmente il signor V . , mentre l ' Acropoli è eterna . Ed è questo il senso scolastico della vita . Noi non speriamo di convincere il signor V . E ci importa poco in fondo , tanto siamo sicuri delle nostre idee e fermi a una nostra nozione di civiltà . Una civiltà i cui valori siano da cercare solo negli animi degli uomini e non nelle pietre squadrate , sorgano pure queste pietre sull ' Acropoli di Atene . Un altro slogan dei giornali svizzeri i di questi giorni è quello dell ' « uomo provvidenziale » . L ' uomo provvidenziale sarebbe il maresciallo Pétain . È lontanissima da noi l ' idea di mancare di rispetto a un vecchio che ha raccolto su di sé il peso di tante sciagure e porta tuttavia il contributo delle sue forze a una causa difficile e precaria . Ma non riusciamo a vedere in lui alcunché di provvidenziale . Durante la grande guerra egli rese splendidi servizi come capo ; in seguito portò alla Francia la sua devozione , la sua esperienza e un ingegno lucido e sicuro . Fu capo di stato maggiore dell ' esercito e successore di Lyautey nel Marocco . Finita la guerra di Spagna il suo prestigio personale e la sua autorità di vecchio maestro di Franco lo fecero scegliere a rappresentante della repubblica presso la Spagna nazionale . E anche questa non fu una missione precisamente gloriosa . Ora la stampa francese e quella svizzera si commuovono a descrivere l ' incontro Hitler - Pétain . Quando il vecchio soldato portò la sua divisa turchina e le sette stelle di maresciallo davanti alla compagnia d ' onore dei soldati germanici i vecchi contadini alzarono le braccia e i giornalisti piansero . Così l ' uomo che regge oggi la Francia e porta il grado che fu di Turenne e di Massena si presentava al vincitore per accettarne le condizioni . Era certo uno spettacolo grave , ma non tale da suscitare l ' entusiasmo dei francesi presenti . Pure allora parve un trionfo . Il Führer ricevette il maresciallo « avec une déférence marquée » ; e su questo dato di pura curiosità i commentatori si fondarono per una celebrazione insensata . La Francia aveva ritrovato se stessa e il suo prestigio . Non si poteva procedere alla ricostruzione europea senza tener conto della sua voce . Solo i successivi comunicati tedeschi riportarono la realtà . Ma soprattutto irragionevole e fondato solo su dati di stato civile è il paragone che si istituisce fra Pétain e Clemenceau . Che cosa abbiano di comune questi due uomini contrari per origini e per tendenze non si capisce . Entrambi raccolsero nelle loro mani in un momento decisivo la sorte della Francia . Ma , se questo non è un particolare superfluo , Clemenceau vinse la guerra e Pétain la perdette . E un solco più profondo resta fra le due figure . Perché , qualunque fosse stato l ' esito della guerra del '14 , il vecchio radicale avrebbe scelto un ' altra chiusa alla propria vita politica : non la pia invocazione alla Madonna di Lourdes con cui il maresciallo Pétain salutò la rovina della Francia . 1941 XI . Dalle ore dell ' angoscia Commento a un soldato tedesco . Dietro gli schemi universali offerti dalla propaganda , la gioventù d ' Europa cerca dalle due parti una ragione e uno scopo alla guerra che si combatte . E non può trovarli nelle statistiche e nei discorsi , nei dati dell ' economia e della storia diplomatica , perché in realtà questo suo lavoro si traduce in una ricerca interiore , nella ricerca delle proprie possibilità e dei propri mezzi , della propria misura personale di fronte alla guerra . Opera di puro egoismo come sono le opere migliori della giovinezza , questa ha un valore politico immediato : di indice sulle future esperienze . Perché , quando la generazione di cui si discorre sarà arrivata a governare , il senso dell ' avventura ora attraversata dominerà le sue decisioni . Su una parola , « generazione » , si innesta la polemica . Tutti ricordano probabilmente il fervore con cui furono salutati in Francia e in Germania i giovani chiamati a rompere una lunga teoria di pace e a sostenere per primi in Europa la guerra . Il chiasso discorde dei letterati e tutta la triste eloquenza degli uomini politici non bastarono allora a nascondere una imminente realtà di sventure . Ma certo l ' attesa era minore e guastata da fantasie profane , se le conseguenze maturate a poco a poco nei quattro anni di guerra portarono un così grave turbamento negli spiriti . Tornati alla Germania agonica del dopoguerra , alla Francia esaltata di Poincaré , molti dei sopravvissuti si affrettarono a proclamare la loro rovina . I compagni di Psichari , quelli che dovevano riscattare le virtù francesi nella prova del combattimento e ridare una giovinezza alla patria , portavano solo amarezza e squallore , l ' inutilità della esperienza vissuta . Dalla guerra non tornavano i cavalieri del Santo Sepolcro , ma una borghesia sperduta e diffidente che esitava ancora fra l ' uniforme abbandonata nelle trincee di ieri e i compiti insostenibili di una nuova vita civile . Questa fu la « generazione perduta » . Il mito nato dallo sgomento di quegli anni si è trascinato fino a noi e ancora occupa i fasti di una mediocre letteratura . Ma la generazione perduta non è un ' invenzione letteraria . È un duro problema , e ogni guerra ne ripropone i termini alla nostra cura e alla nostra inquietudine . Venti anni fa , non senza una coda retorica , gli uomini più sensibili alla gravità degli eventi trascorsi si domandavano il perché di così alte sciagure e alludevano al sacrificio delle vite e al peso inevitabile sulle generazioni avvenire . Qualunque risposta allora sarebbe stata falsa o inutile perché in verità le accuse premevano sugli uomini e escludevano ogni tentativo di apologia . Ma i tempi sono ora rivolti ad altre considerazioni , e si misura con altri metri il valore delle esperienze , se occorre affrontare inattese risoluzioni e valutarne per una nostra storia la portata improvvisa . Così , senza attendere i rimorsi di un ' altra età e gli scrupoli della cauta riflessione , altri prevengono le requisitorie future e chiudono ogni esitazione con un breve atto di forza . Allo stesso modo sono sorti quei procedimenti i giuridici che hanno distrutto un ' antica Europa e travolto con sé l ' autorità delle consuetudini . « Denn wir sind Soldaten geworden » : « Perché siamo divenuti soldati » . A questa conclusione sommaria Heinz Oertmann , soldato del Reich , riduce l ' ansietà di un popolo e tutti i confusi propositi dei suoi coetanei in Europa . Una risposta così provvisoria può offendere probabilmente chi crede a un giusto dovere di responsabilità e all ' obbligo continuo di vigilanza e di controllo sulla propria opera ; ma porta con sé una nozione tanto precisa e concreta del proprio stato che non è facile rifiutarla . E vale , se mai , come un esempio di difficile coerenza . Io non mi esagero l ' importanza di un documento individuale ( è una lettera a un compagno pubblicata da un grande giornale tedesco ) . Ma ho raccolto queste parole perché credo che riportino un senso più largo di quello originario , e perché l ' intelligenza delle citazioni e il rigore della scrittura fanno presumere nell ' autore qualità non mediocri . L ' inizio è il solito , di un giovane intellettuale tedesco cui è rimasto degli anni delle esperienze romantiche il gusto della confessione e il senso precario di certi valori . Le notti passate a discutere nel fumo dei bicchieri , quando un vago disegno d ' Europa si presentava alle coscienze e poneva problemi fino allora ignorati , l ' aria pesante dei caffè letterari segnano i confini di questi episodi . Ma venti anni fa un simile teatro borghese sarebbe caduto alla prima invocazione di guerra e le ragioni patriottiche sarebbero accorse a fare di questo « clerc » esitante un fedele vassallo dell ' imperatore . Qui neppure una parola è sacrificata a tali antiche figure ; la giustificazione è fredda e distante e non richiede la fede che per un grazioso complemento finale . Le opere bastano altrimenti a condurre avanti , e la divisa grigio - ferro protegge dalle tentazioni del mondo . Così si può rifiutare tutto un bagaglio faticoso e inutile , contentarsi del proprio mestiere , della propria giornata , divenire soldati . L ' idea germanica , le insegne dell ' impero a Norimberga e i discorsi di Fichte non sono importanti qui . Importante è vivere coi soldati la loro vicenda quotidiana , muoversi da un paese all ' altro secondo gli ordini che si ricevono e lentamente accondiscendere a questa abitudine di vita così da farne la propria e da sentirla familiare e necessaria , più che un dovere . Chi non veda l ' importanza di questo passaggio per la storia attuale è piuttosto maldisposto . Perché la traduzione di un tale stato d ' animo sul terreno politico è chiara e precisa : significa adozione della guerra come modo di vita e conquista di un mito a cui sorreggersi con la stessa forza che si dedicava un tempo ai voti religiosi . Durante l ' altra guerra l ' ideologia della pace e della giustizia non ebbe in fondo altro nemico che un vecchio nazionalismo finito , ancorato a memorie inutili . Ma le polemiche fra Hauptmann e Romain Rolland sono ora così dimenticate da far sorridere chi le riesumasse a paragone . Quando il vecchio drammaturgo scriveva , al Reichstag tedesco parlavano contro i crediti di guerra Liebknecht e Haase , e un grande poeta affrontava dubbioso il nuovo dio : « Per la prima volta ti vedo sorgere sentito dire , distante , incredibile dio della guerra » . Ora non esiste un grande poeta tedesco . I poeti del Reich si adunano a Weimar sotto la presidenza di un tenente colonnello e formulano curiose proposizioni di estetica di guerra . Ma chi dinanzi a questi fatti sorridesse condannando , commetterebbe una grave leggerezza . Perché i cattivi poeti del Reich sono i buoni soldati del Reich . E da questa confusione di propositi , da queste false dottrine si stacca un fatto preciso : il sorgere attraverso la guerra di una coscienza militare . Per la prima volta dopo Napoleone si assiste in Europa a questo fenomeno : il formarsi non di una casta di militari , ma di un ceto a cui l ' esperienza di combattimento vissuta a lungo in comune presterà caratteri non cancellabili . Negli anni turbinosi che seguirono al 1815 cosa significò in fondo il bonapartismo ? Nulla come pensiero politico : dottrinari rigidi ai loro principî quali i teorici della restaurazione e gli eredi del più intransigente dogmatismo repubblicano dovevano trovare una debole resistenza nei vecchi colonnelli e nei baroni dell ' impero . Ma dietro gli interessi materiali che univano poche famiglie restava , comune a un più largo popolo , il mito del soldato , e alle coscienze individuali quell ' età tornava 66 attraverso il ricordo di un ' impresa ininterrotta e gloriosa , presente nei discorsi degli uomini e nel rammarico di quelli venuti tardi . Il paragone è provvisorio . Pure è probabile che qualunque sia l ' esito della guerra i tedeschi non dimentichino l ' anno che ora è trascorso . « Wir sind Menschen von Position ... torneremo ai nostri uffici , alle nostre scuole , alle nostre redazioni ... » Ma chi potrà cancellare dal ricordo fisico di questi uomini il senso dell ' avventura vissuta in comune , le ore nelle città conquistate in Fiandra o in Polonia , le pianure orientali traversate col moto violento dei carri armati e lo sbarco invernale in Norvegia ? Chi potrà convincerli che il loro passato è falso e convertirli a una dottrina diversa ? « Cosa volete , sono un filologo , ho creduto nell ' Inghilterra e sono del 1906» . Parole raccolte da Oertmann nel colloquio con un giovane olandese , che è citato come uno dei due episodi a cui si deve la lettera . Nella grande città di mare , battuta dalla guerra , questo colloquio doveva dire l ' antagonismo di due formazioni spirituali e spiegare la vittoria della gioventù tedesca . E infatti se nelle parole dell ' olandese è facile riconoscere una resa opaca e tranquilla , assai più notevole è il commento del soldato tedesco . « Vedi , non è vero più niente di quello che abbiamo pensato . Quest ' epoca può averci resi più critici , più diffidenti verso le parole e i libri , ma noi non siamo una generazione di trapasso , non siamo una generazione perduta . Abbiamo la nostra missione come ogni gruppo di giovani , la missione che c ' impongono l ' età e le circostanze , non più facile né più difficile di altre ... » E qui mi pare che s ' incontri l ' opera decisiva , in questo tremito che accompagna le parole più sicure e tradisce una imprevedibile ansia . Pesa curiosamente su questa dichiarazione il senso del pericolo corso , la paura imminente di perdersi . 67 Generazione 1906 . Erano gli uomini che si ritenevano troppo giovani per la storia gia cresciuta , troppo vecchi per quella che si preparava . La guerra li ha sottratti a questi dubbi e a questa sfiducia , li ha buttati sul terreno a cui cautamente si avvicinavano . Esistevano dei problemi individuali e non esistono più : l ' ordine militare non tollera simili strascichi . Esistevano i problemi e i doveri di una generazione e sono stati messi da parte e dimenticati : con gli individui e le loro fortune anche la generazione è sopraffatta , non conta . « Wir sind nicht mehr eine Generation ... » Così comincia l ' ultimo , più duro paragrafo : « Noi non siamo più una generazione . Noi siamo una classe . Un apporto all ' esercito . La classe 1906 » . Arrivati a questo punto è lecito accogliere con qualche incertezza la soluzione scelta . Perché , portato a un tale rigore il culto della disciplina , la vittoria confina con l ' abdicazione ; la scelta di una missione con il rifiuto delle responsabilità . Come sempre , i due poli della forza estrema e della debolezza sono vicinissimi ; e a chi voglia giudicare tra i due limiti rimane solo una misura di paragone : l ' esito dell ' impresa . Perché è facile dall ' altra parte affermare che si tratti di fenomeni secondari di reazione e raccogliere sotto un giudizio di estetismo militare certe dichiarate preferenze . Ma finché il successo accompagnerà le grige armate del Reich e sulle città conquistate sventolerà la bandiera bianca e rossa , non vi sarà posto in Europa per altri uomini e per un ' idea contrastante . XII . Poesia e documento Pretesto americano . In Europa ( e per i fatti letterari l ' Europa moderna comincia nel 1636 ) i poeti affrontano un ' età minore col sopraggiungere della fortuna ; e questo loro deperire ha più tardi una sua fine retorica dietro i vetri delle accademie 68 o nel rispetto unanime di uomini altrimenti viziati . In America l ' irrigidimento e quella morte anteriore che si rivelano nel cadere delle polemiche intorno a un nome ormai ripetuto seguono corsi probabilmente diversi . La fama condanna laggiù ai rapidi sussulti delle macchine , l ' orgasmo dei numeri invade l ' agile spazio della fantasia e impone i ritmi di una responsabilità insostenibile . Ma , dietro gli esempi della corruzione umana , sono assai più importanti quelli che insegnano la corruzione dell ' opera d ' arte , la sua breve decadenza di fronte e contro la folla . L ' opera non resiste al logorio di una interpretazione collettiva , assume presto i valori di chi le confida un interesse mediocre e da parola diviene proverbio , simbolo astratto di bellezza . Così , per coloro che credevano a una poesia di Biancaneve di Disney , la degenerazione di quei motivi sarà stata palese quando i sette nani apparvero su tutti i muri della città , confusero la loro persona fantastica ai simboli minori della vita borghese . ( Come se un mottetto di Montale dovesse servire per la pubblicità ; e , credo , morirebbe subito . I valorosi giovani parlano sempre della pagina e dell ' eterno mentre è probabile che la poesia non duri oltre il disegno dei fatti accidentali ) . Di queste forze risolutive il cinema è ora la più attiva ( nella sua struttura attuale , non per necessità di origine ) . Esso consuma il primo significato dell ' opera accelerando il moto diversivo ; compie la mediazione fra il personaggio vitale dell ' autore , la sua libertà senza limiti e l ' automa necessario alla memoria passiva del pubblico . Così sono morti Anna Karenina e Poil de Carotte e basterebbe un solo film per ridurre Faust a pochi gesti senza spazio . Per questo sarebbe stolto ormai chiedere un voto di poesia alla signora Pearl S . Buck . Ella ha scritto un libro La buona terra , che il pubblico ammira , e il cui senso è giunto agli ignari attraverso una macchinosa riduzione cinematografica . Le sue opere sono tradotte in tedesco e 69 in spagnolo ; il suo nome ha raggiunto la costellazione astrale dei manifesti ( quel popolo virtuoso di cui un poeta moderno ha detto : « De nos affiches les noms adorés » ) . Così Pearl S . Buck ha un suo feudo letterario , la Cina , come la Deledda aveva il suo piccolo feudo sardo e altri in un tempo più ingenuo le pianure erbose dell ' Ovest o le isole dei mari del Sud . Ma la Cina è più ricca : la Cina è drammatica , pittoresca , didascalica . Da questo paese inesauribile la Buck ha tratto tutte le ragioni del suo lavoro e ora lo organizza e lo divide secondo un criterio incensurabile . Alla Cina ella deve la sua fortuna , una fortuna popolata di draghi . La scrittrice merita questa fortuna : è una donna umana e giusta , di integra intelligenza ; fedele alla sua educazione americana tanto da non capire probabilmente valori di altra origine . ( Anche la sua Cina , credo , è solo una traduzione illuminata ) . Scrittori di questa natura cadono nel premio Nobel come altri per necessità si abbandonano al vizio o diventano pazzi . Assumono quindi un valore convenzionale nei quadri della società e a essi non si può chiedere altro che di rappresentare degnamente la parte loro affidata . Il colonnello Lindberg , Ford , il senatore Borah potrebbero starle accanto , uomini rappresentativi di una effimera società secolare . Pure nessuno di noi avrebbe letto un libro del colonnello Lindberg . Io ho letto invece Angelo guerriero di Pearl S . Buck , che gli editori presentano arbitrariamente come romanzo . Fedele a un intento documentario , deserto di fantasia , Angelo guerriero è la biografia del padre della scrittrice , missionario in Cina . Per molto tempo , fino a Emile Faguet circa , la critica letteraria francese si fondò principalmente sulla « peinture des caractères » . E per « la peinture des caractères » , Angelo guerriero è un ottimo libro . Isola questo vecchio dagli occhi chiari su una indefinita folla cinese e dai moti dei protagonisti trae un discreto colore , quasi il nerbo di una narrazione . Ma il clima rievocativo del libro , la sua accensione letteraria non superano i limiti di una intelligente pietà filiale . Libri cosiffatti uccidono qualunque apprezzamento critico . Si devono tuttavia considerare onesti se riescono a suggerire riflessioni disinteressate , a deviare il pensiero a nuovi argomenti ( secondo una nozione della letteratura ormai abbandonata dai tecnici ) . Qui la presenza di una figura che vive di sue ragioni morali e il ricordo di miti così distanti dai nostri quali sono quelli del protestantesimo americano bastano a far convergere sul libro interessi non mediocri . XIII . Per una cultura unitaria Le Università e la cultura . Con profonda soddisfazione dei buoni , in Italia , la sede naturale della cultura resta l ' Università . Credo che questo stato di cose corrisponda a una antica consuetudine italiana e soprattutto sia l ' esito di una tradizione recente . E credo che in fondo conferisca al nostro terreno culturale una solidità e una compattezza di qualche valore . Il progressivo svincolarsi della cultura europea dal costume universitario ( fenomeno tutto esterno , si badi , e di un interesse se mai sociale ) , che occupa in varie figure i primi decenni del secolo , in Italia è certo assai meno sensibile che altrove . In Francia fu carico di significati politici quando i professori rappresentarono una classe e una educazione politica d ' intransigenza e obbligarono gli astanti alla reazione . Del resto la Francia , paese delle libere esperienze , doveva accogliere con naturalezza questa estrema ventata romantica e autorizzare i più svagati tentativi . La Francia era il paese dove i Cahiers di Péguy rappresentavano ancora un ' affermazione positiva contro le memorie inutili della Sorbona , e ove doveva nascere umilmente e quindi prosperare « La Nouvelle Revue Française » , il migliore documento di cultura antiuniversitaria che finora ci abbia dato l ' Europa . ( E qui soccorrerebbero moltissimi esempi ; ma ricordo un numero della rivista dedicato a Tocqueville e Gobineau , i due compagni d ' ufficio , in cui chiaramente si lasciava intendere che Tocqueville era uno storico limitato e di vedute accademiche , mentre Gobineau era davvero un pensatore libero da impacci : opinione manifestamente ridicola ) . Da questi cenni è facile capire cosa s ' intenda qui per cultura antiuniversitaria . Ma in un senso più largo , polemica antiuniversitaria vuol dire polemica antiistituzonale ; quindi il significato di ultimo clamore romantico che viene a un tale atteggiamento di spirito . Di qui anche i diversi aspetti del problema nelle nazioni civili . In Inghilterra , dove anche l ' Università è un centro di studi semiprivato , il problema non deve essere quasi sensibile . In Francia fu appunto clamoroso ; mentre in Germania e da noi urta contro il senso fortissimo della istituzione universitaria . Così fra i tedeschi il padre di questa cultura eroica e dissipata , spregiatrice delle biblioteche e amante delle montagne , fu appunto filologo e professore d ' università , si adattò a vivere qualche volta in pianura e solo alla sua tarda pazzia deve ora l ' approvazione dei reprobi . Da noi la situazione non mi pare diversa . L ' unico movimento serio che abbia intrapreso una polemica culturale è stato , credo , « La Voce » . E il senso di quella polemica fu chiarissimo : combattere per un ' Università contro un ' altra Università , procedere a una sostituzione secondo i quadri e non all ' abbattimento dei quadri . Si pensi del resto agli uomini che erano al centro di quella polemica , a maestri della tempra di Lombardo Radice in cui il senso sociale della scuola fu continuamente a capo di ogni preoccupazione . E più di tutti ai due uomini intorno ai quali si è svolta la nostra maggiore cultura : così rigidamente universitario Croce , nel suo sdegnoso antiaccademismo , e così fervido di discepoli Gentile dai primi anni d ' insegnamento fino alle ultime attività politiche . Già il fatto che siano stati , dopo De Sanctis , ministri questi due uomini , è un curioso privilegio della cultura italiana . Si provi a trasferire la stessa esperienza in Francia o in Germania per immaginarne i disastrosi risultati . La Repubblica del dopoguerra si è procurata molti guai , ma non quello di fare Alain ministro dell ' Educazione ; e Ludwig Klages non ha inflitto ai fanciulli di Germania la sua filosofia dell ' anima . Così il senso della nostra esperienza mi pare certamente benefico per una unità di criteri che non vuol dire unità d ' intenti , ma significa forse di più in un terreno che è dominato dal metodo . Non solo alcune scuole o alcuni canoni d ' interpretazione , ma addirittura alcune forme di pensiero sono scomparse dal nostro orizzonte culturale . Tutto quel vario rigoglio sociologico che dà ancora frutti in Francia e in America da noi non riuscì a produrre un libro leggibile . ( E così per quasi tutti i derivati della vecchia cultura positivistica : i nostri teorici sono passati come falciatrici meccaniche e non hanno lasciato traccia di culture estranee ; tanto che quasi si desidera di vedere un sociologo o un evoluzionista , sia pure confinato in una riserva di caccia ) . Finalmente l ' Università assicura il tranquillo decoro dei concorsi e delle opere : esclude fino a un certo limite l ' avventura intellettuale . All ' influenza della cultura universitaria dobbiamo la fortuna di avere un solo storico di tipo aquilino come Papini e un buon numero di professori onesti e addottrinati . Questo per quanto riguarda il nucleo più virile della nostra cultura , quegli orientamenti di pensiero da cui dipendono le discipline storiche e filosofiche e ai quali è legata anche l ' alta cultura giuridica . Restano due grandi ali : la cultura strettamente scientifica e quella letteraria . Della prima non è necessario parlare perché è ovvio che i veri scienziati sono i professori d ' università e non gli inventori delle macchine da scrivere . L ' altro argomento da considerare in margine , è quello , da noi prediletto , della civiltà letteraria . Su questo terreno il distacco è sensibile , e siccome i letterati , oltre che per il numero , per il loro immenso rumore occupano una parte assai estesa delle nostre province spirituali , questo dissidio ha preso l ' aspetto di una cirsi severa . È aperta una libera discussione per l ' attribuzione delle responsabilità : il professor Russo giudica che sia colpa dei dilettanti , i letterati fiorentini pensano che sia colpa dei marci residui idealistici . In realtà se un dissidio esiste è di natura probabilmente fisiologica e non tale da preoccupare . Personalmente sono convinto che la nostra società letteraria , attraverso certe sue debolezze e certe evidenti inanità rappresenti uno stadio assai progredito . E che elabori con notevole coraggio i temi di una cultura indipendente . Ma trovo naturale che non possa essere seguita dall ' Università in questo compito di pattuglia . ( E del resto l ' Università è una categoria molto incerta : a Roma per esempio , accanto a maestri di vecchia formazione , occupano le cattedre di letterature straniere uomini aperti a qualsiasi moderna suggestione ) . Non capisco quindi perché critici come Falqui si agitino tanto per dimostrare che non siamo capiti . ( Dico « siamo » perché essendo nato nel 1919 aspiro anch ' io alla protezione di Falqui ) . Uno scrittore della natura di Bo , che in altri tempi sarebbe stato tenuto in quarantena per almeno vent ' anni , è professore di università . Non lo hanno capito , ma lo hanno fatto professore d ' università ; quasi per fiducia . Pretendere ora che lo capiscano per forza mi pare un abuso . Senza contare che non vedo l ' utilità di essere così largamente capiti . Il giorno in cui Carlo Emilio Gadda fosse incluso nelle antologie scolastiche e la gente in treno leggesse Montale a noi resterebbe un mediocre compito di chiosatori e di cronisti . Così , dissipato questo breve fermento letterario , credo che si possa aver fede nella struttura unitaria della nostra cultura . Questo non vuol dire naturalmente che si debba aver fede nei valori che la nostra cultura afferma o tradisce : l ' inchiesta graziosamente ci esime da un giudizio . E in questi limiti credo anche che il problema università anti - università non sia ora al colmo dei nostri dissidi . Ma se mai altri di ordine diverso : il significato che hanno assunto , per una generazione procedente da principî rivoluzionari , valori di origine oscura e lontana ; il limite , arduo problema , dei rapporti tra cultura e politica . XIV . La sconfitta della Francia L ' abito verde . Qualche anno fa di questa commedia francese fecero un film , e in occasione del tricentenario dell ' Accademia francese il pubblico europeo rise signorilmente dei vecchi generali e dei filologi sordi , di un mondo che le ambizioni delle donne sospingevano al culto dell ' immortalità . Era la rivincita piuttosto infelice della corruzione borghese su un mito di cultura e di arte che anche nella sua ultima decadenza restava inaccessibile a quelle categorie . Ma era anche un sintomo di reazioni più larghe , di un gusto diffuso . Perché certo in Francia nessuno credeva più all ' immortalità . Nessuno credeva in Francia all ' immortalità ; neppure quel sergente che guidava noi giovani per le cripte del Panthéon , e accompagnando le parole con un largo gesto funebre annunziava : « Ici repose Victor Hugo , grand poète et écrivain » . Scandiva metricamente la frase , ma in fondo era del tutto estraneo al seguito . « Ici repose Jean Jaurès ... » E chi sa cosa diceva di Jean Jaurès . Già allora le sentinelle , ferme a gambe larghe sulla Piazza Reale di Monaco , facevano capire che sarebbe successo qualcosa di grave . Un paese può disprezzare le accademie quando ha il modo di sostituirle . Così in Germania furono travolte le istituzioni , e un popolo che credeva nelle corone di lauro e negli archi di trionfo fu incoraggiato a questa innocua passione dalle diplomazie europee . Caduta la grande struttura dell ' esercito , il mito della forza militare prussiana sembrava destinato a sparire con gli ultimi residui dell ' impero , e l ' elmo a chiodo di Guglielmo non era più vicino ai programmi di Stresemann del lungo granatiere di Brandeburgo . Ma le trovate retoriche dei tribuni , anche rivoluzionari , colpiscono ogni tanto il senso dei fatti storici meglio di un paziente lavoro di indagine e di una severa volontà di elaborazione . « La guerra è l ' industria nazionale della Prussia » , aveva detto Mirabeau . A Stresemann , che aveva studiato la storia economica ed era amico di Ugo Stinnes e di industrie si intendeva veramente , quelle parole dovevano suonare come un felice ricordo scolastico , qualcosa come le notizie sui Germani di Tacito . Pure il suo temperamento politico , la sua preparazione tecnica e una volontà indubbia di condurre il paese su nuove strade non bastarono a evitare il risorgere di energie molto più elementari , come l ' alta tradizione di pensiero socialista e la pratica diffusa fra gli operai dei grandi centri industriali non avevano impedito nel 1914 la vittoria di altre passioni , di altri moti . Molti fatti sono intervenuti nella struttura politica ed economica della Germania moderna . Ma nel 1940 , dopo i discorsi di Goering sul burro e i cannoni , la proposizione di Mirabeau era vera anche nel suo più stretto significato economico . A tali delusioni vanno incontro gli uomini più accorti e preparati di fronte alla complessità di certe esperienze . « Non è agitando pochi scalmanati nelle birrerie di Monaco che si fa la nuova Germania » , aveva scritto Stresemann nel suo diario a proposito del putsch Hitler - Ludendorff . E con lui erano d ' accordo gli uomini più eminenti del paese e i politici stranieri . Ora , dopo quindici anni , i pareri saranno discordi sul valore di novità che rappresentò la Germania nazista . Ma è chiaro anche per i diplomatici inglesi che dal 1933 la Germania agisce sulla storia contemporanea attraverso gli scalmanati delle birrerie . Così un equivoco formale ha retto per molti anni le relazioni fra l ' Europa democratica e la Germania . L ' equivoco fra l ' accademia e l ' azione diretta , fra il grido di rivincita e gli uomini che per la rivincita lavoravano tranquillamente in silenzio . « Invictis victi vestiti » , scrivevano i tedeschi sui monumenti . E anche questo gusto per l ' epigrafe latina sembrava in quei tempi una prova del loro insuperato accademismo . Altri fatti si svolgevano in sottordine , che parevano non interessare le diplomazie . Il lavoro paziente di riarmo , il giuoco delle fabbriche con presunti scopi civili , tutta la tacita organizzazione per la nuova vittoria appartengono alla storia politica e ormai sono noti al pubblico . Ma quella che interessa a noi è la sorte degli uomini ; almeno di un gruppo di uomini che a un certo punto trovò chiusa la propria strada e disperso e abbattuto il mondo dei propri interessi : i militari tedeschi . Alcuni evidentemente si diedero all ' avventura . La repubblica del dopoguerra era il paese ideale per le più disordinate aspirazioni ; e le bande di guerrieri baltici , le comunità di mistici della tradizione , i raggruppamenti reazionari raccolsero questa marea di disoccupati . Ma la parte più adulta cercò una via pacifica per sopravvivere . Gli ufficiali effettivi divennero maestri di scuola , diedero lezioni di inglese e si occuparono di commercio con la stessa ostinata sicurezza con cui avevano compiuto il loro primo servizio ; soprattutto con la persuasione di lavorare per la Germania . E su questa via avrebbero dato probabilmente il meglio delle loro forze ; avrebbero mostrato cosa significa per l ' Europa quell ' enorme riserva che essi chiamano con orgoglio il lavoro tedesco . Solo una serie di sbagli da parte degli avversari e il corso tetro e vertiginoso della storia europea del dopoguerra potevano indurli a tornare con tanta rapidità sul terreno che si erano scelto in principio . Non fu necessario aspettare il solito salto delle generazioni ; gli stessi uomini , invecchiati , ripresero le uniformi di guerra e alcuni di loro , lasciati gli uffici e le occupazioni degli anni di attesa , accettarono le bande rosse di ufficiali di stato maggiore , si sedettero a un tavolo di comando , e in tre settimane liquidarono il piccolo Belgio , Gamelin e il suo Quartier generale , e il corpo di spedizione del visconte Gort . Vicenda sconcertante e non ancora conchiusa per gli individui ; a cui nemmeno i consueti ricordi napoleonici danno un paragone valido . Ma ora , ripensando alla sorte di questi uomini , viene spontanea una domanda . Cosa sarà di una classe che non era meno orgogliosa e compatta della casta militare tedesca , di quella « France militaire » che occupava i cuori dei buoni repubblicani , anche quando la Camera e la stampa riesumavano contro i generali vecchi argomenti polemici ? Cosa sarà del nostro amico Jean , che era devoto alle accademie e credeva in Saint - Cyr ? Il problema di questi uomini è serio . Il sottotenente Jean , il quale una volta ha giurato di servire le istituzioni della repubblica , su quale istituzione terrà fermo ? Tutta la sua geografia era costruita intorno ad alcuni punti fissi , ad alcuni nomi . Gamelin , il vecchio ufficiale di Joffre , era il più illustre ; altri nomi saranno bastati un giorno a incutergli il severo rispetto del grado : Corap , Giraud . Erano i capi , allora , e dei capi non era lecito dubitare a un giovane sottotenente , ma solo a parlamentari corrotti e incompetenti . Ora questo scheletro è precipitato . Gamelin è sotto inchiesta , i generali travolti ; il giovane colonnello di stato maggiore che rappresentava con particolari qualità « l ' Armée future » è condannato a morte in contumacia . Potranno rialzarsi i più giovani da questa scossa e ripristinare i valori a cui si affidavano ? E quali saranno le vie per giungere a una così ardua rigenerazione ? Jean saprà risponderci ; se a quest ' ora egli non ozia in un campo di qualche cittadina tedesca o non è da molto tempo caduto sulla Somme o sull ' Aisne con al petto uno dei distintivi che portano il motto e lo stendardo dei reggimenti di Francia . Questa vicenda individuale , si è detto , non è nuova . Ma alcune considerazioni di carattere militare sono ora fresche e valide , piene di insegnamenti Quando i professori di ginnastica diventarono colonnelli di stato maggiore , e gli ex sottufficiali presero il comando dei corpi d ' armata celeri , i capi delle varie accademie militari in Europa guardarono con molta commiserazione ai nuovi quadri dell ' esercito tedesco . Qualche ufficiale poteva ancora portare con sé l ' educazione dello stato maggiore di Ludendorff , e i giovani formati dal nazismo erano certamente preparati ; ma i quadri vitali , la massa degli ufficiali superiori e generali si potevano giudicare insufficienti . La radice di un giudizio così sicuro è facile a ritrovare in un solo punto : la formazione accademica di certe classi militari . In tutti gli scritti che sono apparsi sulla campagna di Francia l ' evidenza di alcuni fatti ampiamente riconosciuta urta ancora contro una terminologia legata a vecchie abitudini , difficile da sopprimere . I tedeschi possono vincere tutte le battaglie che vogliono ; ai critici militari d ' Europa non sarà mai chiaro perché i capi dell ' esercito francese , uomini formati alla scuola di Foch e di Joffre , hanno perduto la guerra . Un articolo recente di Pertinax , dedicato a Gamelin e apparso su una grande rivista americana , porta a questo problema dei generali elementi notevoli d ' informazione e un giudizio che in linea di massima è da condividere . E insieme rivela per vari trapassi di linguaggio l ' evoluzione che alcune idee hanno subito nella mente di un uomo certo informato e capace . « Ottimi generali sono stati alla testa dell ' esercito tedesco dal 1919 a oggi » ; dice a un certo punto Pertinax , e cita von Seeckt , von Hammerstein , von Fritsch . « Nessuno di loro vi è rimasto . Nessuno di loro , una volta dimesso è stato richiamato » . Questo è appunto il fatto essenziale . Von Fritsch era certo un ottimo generale ; ma era ottimo com ' è ottimo Weygand , e probabilmente non avrebbe battuto Weygand . Aveva al suo attivo un eccellente passato e tutti i requisiti per comandare degnamente un esercito . Invece è morto ( è stato detto ) come un oscuro ufficiale combattendo a fianco del suo reggimento in Polonia . Altri sono caduti presto nella triste dimenticanza che avvolge i generali della riserva . Nel gennaio del 1938 , quando Hitler eliminò bruscamente alcuni dei capi militari del Reich ( fra cui appunto von Fritsch ) , si disse da più parti ch ' era un suicidio e che i nazionalsocialisti si tagliavano le gambe da soli . Cosa potevano valere i generali quasi ignoti sostenuti dal partito ? La questione è rimasta sospesa per due anni ; ora è risolta definitivamente dal corso delle vicende militari . I non persuasi possono formulare solo ipotesi di terzo grado : cosa sarebbe avvenuto se ... Così come sono andate sinora le cose , i generali di questa guerra saranno Keitel , Brauchitsch , List o chi sta dietro a loro . E a von Fritsch si potranno dedicare solo pagine commoventi come quelle che si dedicano al generale Hoche . Il quale era la spada della repubblica e se fosse vissuto avrebbe fermato Napoleone ; ma ebbe la sventura di morire giovane e non fermò Napoleone . Chi era Gamelin di fronte a simili avversari ? Egli era un uomo di grande intelligenza , secondo il parere di quasi tutti i tecnici che lo hanno avvicinato ; un uomo dotato di una sicura capacità di giudizio e di un ' autorità tale da fargli presiedere naturalmente le più importanti riunioni d ' Europa . L ' irresolutezza latente del suo carattere non preoccupava ministri come Daladier , la cui fama di energia e di vigore si appoggiava soprattutto a discorsi vibrati e a qualche atto di violenza in materia di politica sociale . A dire il vero Gamelin non fu mai considerato con molto entusiasmo da Paul Reynaud , ma quando Reynaud salì al potere i tempi erano già precipitosi . Quello che si vorrebbe ribadire ora è che la presenza di Gamelin a capo di tutte le forze combattenti francesi non fu certo il fattore determinante della sconfitta . I difetti personali del generalissimo influirono in modo sensibile sul corso delle operazioni ; ma un peso altrimenti importante ebbero difetti che non erano dell ' uomo Gamelin , bensì del sistema di cui egli faceva parte . È quella che si è indicata prima come formazione accademica . Accademia significa soprattutto conservazione di valori tramandati . E tale compito , che può essere difficile e alto in tempi di cauta elaborazione , diventa pericoloso in epoche che sono attraversate da nuovi principî , come , per la tecnica della guerra , tra il 1918 e il 1940 . Questo ormai lo sa chi scrive , lo sa chi legge , lo sanno tutti , insomma . Ma fino alla primavera 1940 tale convinzione era molto meno diffusa . Nel campo militare , educazione accademica voleva dire fede nel principio della difensiva , e in Francia fede nella linea Maginot . E si deve riconoscere che una simile disposizione d ' animo non era proprio solo di Gamelm : era divisa da Weygand , era divisa da Pétain . Quando uscì un libro del generale Chauvineau intitolato : Une invasion est - elle encore possible ? , che considerava appunto il problema di un nuovo attacco tedesco e concludeva per i sicuri vantaggi di un sistema difensivo , a tutti fu dato leggere una prefazione firmata Pétain e pienamente d ' accordo . Il libro di De Gaulle sulla guerra futura fu accolto con curiosità dallo Stato Maggiore , secondo Pertinax , ma in fondo non convinse nessuno . E Weygand lo rimandò indietro con una nota fredda e cortese : « Mi ha molto interessato , ma non sono d ' accordo » . Questo l ' atteggiamento unanime degli alti gradi militari nella Francia d ' anteguerra . E non era che il riflesso su una data mentalità di stati d ' animo più diffusi , il sintomo del grave ritardo con cui la repubblica di Albert Lebrun seguiva la storia concitata del secolo . Una di quelle mediocri frasi che fanno fortuna in tempi di crisi , « perdere l ' autobus » , è applicata ora a volta a volta , e con esito disuguale , dagli inglesi ai tedeschi e dai tedeschi agli inglesi . In realtà , l ' unico paese che aveva irreparabilmente perduto l ' autobus era la Francia . La Francia dei militari e dei borghesi , delle rivendicazioni sociali e dell ' impero africano . Quando si è cercato un solo motivo a cui congiungere queste diverse aspirazioni , nulla è parso utile . Non il tema della nazionalità che in questa guerra sembra avere una parte sempre più secondaria . Non la coscienza di difendere un interesse acquisito ( un diritto , in altre parole , un ordinamento giuridico ) , che sostiene valide e unite le forze dell ' Impero britannico . Soprattutto non la fede in quei principî a cui solo si può richiedere da una nazione moderna il sacrificio della vita e della salute dei propri sudditi . La mistica della repubblica , a cui si afferrava disperatamente Péguy , da molto tempo aveva lasciato il suolo di Francia . Quei diritti che egli citava con un continuo entusiasmo : « quel diritto di voto che ora è così facile per voi combattere e deridere , ma per cui altri uomini sono morti , quel gesto comune dell ' urna per cui malati esausti si sono alzati dai loro letti mossi dalla sola volontà di realizzare il diritto ... » Tutte queste erano parole inevitabilmente superate dall ' esperienza recente . La mistica della repubblica non si alimenta di compromessi . E quale compromesso più palese di quello che fu posto alla base del regime Pétain : salvare insieme la pace dei « foyers » normanni e l ' integrità dell ' impero ? La Francia sconfitta poteva essere travolta da una crisi e scoprire tuttavia un paese più profondo , un suolo meno colpito nelle sue virtù produttive . In altri tempi , questi trapassi si erano svolti sotto il segno miracoloso dei santi di Francia . Ma ora né santa Giovanna , né santa Genoveffa potevano rigenerare il loro popolo : solo quelle robuste crisi che hanno scosso altri popoli moderni sul loro cammino . E ancora una volta si è creduto nell ' intervento personale , nel gesto della Madonna di Lourdes e nella gloria senile di un uomo . Ma solo cronisti molto più ingenui e infelici dei vecchi maestri medioevali , storici della forza del signor di Montigny potevano credere sul serio che a salvare la Francia caduta bastassero le forze di Pierre Laval , senatore della Senna . Così la vecchia struttura sopravvive malata e resistente . Sopravvive il vecchio costume che ha assunto una nuova autorità , ora che l ' abito verde è salito al più alto seggio della repubblica nella persona del maresciallo Pétain . « Philippe Pétain Chef de l ' État » , sta scritto sulle monete . Potrebbero anche metterci , piccolo piccolo , « de l ' Académie Française » . E sotto un così alto simbolo la vita accademica ha ripreso nella Francia del dopoguerra un vigore che non si aspettava . Tutti ne sono partecipi in qualche modo : gli intellettuali che lealmente riconoscono la loro responsabilità di fronte alla guerra , gli uomini politici che costituiscono partiti , vuoi di raggruppamento , vuoi d ' isolamento , e soprattutto i giudici e gli imputati della surreale corte di Rion . I giudici condannano a morte i contumaci con la più alta tranquillità , ma per evitare disordini si astengono dal giudicare i presenti . Gli imputati trascorrono il loro tempo nella lettura e nella meditazione e sono stranamente simili a quei coetanei di La Rochefoucauld che vivevano perduti nel ricordo di un ordine antico dove tutto era aperto all ' intrigo e al giuoco delle qualità personali , e il giuramento prestato alla regina scioglieva da quello prestato al re . Spettacolo triste nella sua indecisione , come sarebbe tragico e doloroso se mai dovesse volgersi al serio . Anche lì , tra quegli uomini , vi sono alcune visibili differenze . Così l ' unico governante non accademico che abbia avuto la Francia negli ultimi tempi , Paul Reynaud , si distingue dai compagni per la sua attività giovanile . E mentre gli altri scrivono le loro memorie o leggono Boezio , egli si esercita , a quanto si dice , al salto della siepe . Scuola di indubbio vigore per un uomo di cinquant ' anni e , se si vuole , esercizio pieno di significati allusivi . XV . L ' allegoria del sentimento Conversazione in Sicilia . Da parte degli uomini liberi , di coloro cioè che nutrono la loro presunzione di una totale assenza di confronti , ricorrono accuse alla nostra letteratura ; e si definisce un mondo chiuso e mediocre dove il denaro regola le ambizioni e le giovani personalità sono soffocate con terrore asiatico . Il problema delle giovani personalità angustia in particolare il crescere dell ' ultima generazione . Questa visione è soltanto pittoresca , ed è chiaro che un simile bakuninismo della cultura non ha grandi ragioni a suo vantaggio oltre la personale impazienza degli autori che lo proclamano . Pure la struttura attuale della nostra società letteraria giustifica in certo modo il sorgere di tali leggende , e il vigore polemico con cui si difendono alcune posizioni raggiunte accresce la distanza fra i gruppi , determina un incolmabile vuoto . A Firenze , a Milano e a Roma i giovani che hanno rappresentato in questi anni un tentativo di ricerca letteraria indipendente si trovano naturalmente isolati contro la sorpresa del pubblico e l ' ostilità rigorosa di altre attitudini critiche . Nasce da questo contrasto un senso di solidarietà che li stringe su interessi comuni ed eccita la parte avversa all ' uso di termini spregiativi quali setta , consorteria e camorra . Accuse evidentemente di futile peso . Ma quella solidarietà , se non ha origini massoniche come presume una parte dell ' opinione pubblica , induce certo il germe di altri pericoli : la beatitudine critica e la tendenza all ' indiscriminazione . Ignara delle nuove norme di guerra la giovane letteratura avanza come la falange macedone , in ordine chiuso , portando avanti un certo numero di inetti e di disertori sostenuti dalla fiducia generale . E il vero pericolo di una cultura orientata in questo senso non risiede nel sostituire le nebbie del Nord alla tradizione solare , ma nel difendere , protetto dalle nebbie del Nord , l ' assoluto cretino accanto allo scrittore dotato . La prosperità dei cretini non è diminuita infatti col sorgere di una letteratura che richiede alla sua base un più complesso esercizio . Questo preambolo doveva solo servire qui a isolare un libro che vorremmo difendere dalla confusione polemica perché , portandosi subito oltre la « terra di nessuno » dei programmi e delle esperienze , si aggiunge al nostro patrimonio reale , crea miti e figure che , vivi ora al nostro sentimento , entreranno per questa porta nella storia della recente poesia . È il romanzo che uscì sulla rivista « Letteratura » sotto il conteso titolo di Conversazione in Sicilia e che ora dal nome di un breve racconto che lo precede si chiama Nome e lagrime . Nome e lagrime dura il giro di poche pagine , è un racconto inquieto e sensibile dove le immagini si succedono con la rapida tristezza delle apparenze e hanno la stessa futile attrattiva . La corsa nella città dietro l ' occhio rosso del gasogeno , la presenza ambigua di una ragazza di cui non si saprà il nome bastano a suscitare l ' angoscia che penetra ogni parola del giuoco . I tempi di Nome e lagrime hanno la durata esatta del balletto , le sue immagini lo stesso penetrante nitore . Tuttavia per questa assoluta simultaneità di movimenti quelle pagine sono alla conclusione di una maniera di Vittorini , definiscono un poco la sua recente esperienza formale . E per questo crediamo sia bene leggerle dopo quel libro profondamente imperfetto e pieno di terribili astrattezze che è Conversazione in Sicilia . « Io ero quell ' inverno in preda ad astratti furori » . Così comincia la prima parte di Conversazione in Sicilia , il viaggio « nel cuore puro della Sicilia » , l ' evocazione di un paese che non vuol essere paragonato ad alcuna immagine terrestre e che proprio da questa sua distanza trae una singolare verità . « La quiete nella non speranza » , il primo stadio del dolore virile , avvia il libro alle sue tristi avventure , e il corrispondente di questa condizione umana è una ammirevole prosa che introduce lo stile di Vittorini : « Pioveva intanto e passavano i giorni , i mesi , e io avevo le scarpe rotte , l ' acqua che mi entrava nelle scarpe , e non vi era più altro che questo : pioggia , massacri sui manifesti dei giornali , e acqua nelle mie scarpe rotte , muti amici , la vita in me come un sordo sogno , e non speranza , quiete » . ( Più tardi nel libro altri esempi di questa felice oratoria confermeranno il valore concreto della prosa di Vittorini ) . In quel viaggio si annunziano intanto i primi simboli del paese Sicilia : « un po ' di malaria un po ' di tisi » , e a sopportarli intervengono le prime figure umane . Sono uomini poveri e donne avvolte negli scialli , « siciliani con la visiera del berretto molle sul naso » , ma i loro gesti rigidi e le parole astratte ( dicano New York , dicano pesceduovo ) introducono sicuramente all ' allegoria . Occorrerà qui spiegare questa parola bizzarra ; ma nessun ' altra potrebbe definire il rapporto esatto che corre fra le figure del romanzo e la passione poetica che le agita . In nessun libro recente il dolore o l ' angoscia , il dato umano insomma , che è all ' origine della creazione , sono apparsi così evidenti , meno oscurati dalla trama letteraria . E per questo Conversazione in Sicilia ha un valore assoluto di allegoria , unica allegoria possibile del sentimento , discorso in cui gli uomini e le cose portano segni a noi familiari e tuttavia sono sempre molto remoti , oltre i limiti della cronaca . Certo , per accettare un termine così antico occorrerà togliergli qualunque significato informativo : allegorici sono i personaggi di Vittorini non come i monumenti della città di Torino , ma come le figure di Alice nel paese delle meraviglie , per fare un nome a caso , come gli attori del melodramma o i personaggi di un ideale teatro shakesperiano . A quest ' ultimo paragone teatrale riconducono del resto alcuni tecnici , come quel gran finale dove tutte le figure sono radunate sotto la grande statua di donna e ciascuna riprende il proprio discorso nell ' affermazione conclusiva . L ' ultima scena risente forse , nella pesantezza dei simboli , di un gusto un po ' carico e diminuito : così l ' episodio finale del padre , che ricorda i sogni arbitrari dei romantici . Ma poco prima sono le pagine più intense del libro , il colloquio col soldato morto e l ' improvviso rivelarsi del dono più puro di Vittorini , quella immediata evocazione di miti che i gesti più semplici risolvono nella verità quotidiana . ( « Insomma la volete o no ? - gridai . - La voglio , la voglio , - il soldato rispose » ) . Altrove le stesse felici illuminazioni ricorrono nelle pagine più oscure del libro , traversano tutta quella parte centrale dove temi ricchi e preziosi si alternano con altri di incerta interpretazione . E dovunque lo stesso accento di verità batte sulle parole che ricordano l ' assunto lontano del libro : il dolore del « mondo offeso » e la presenza di « nuovi doveri » . « Non fu sul campo che morirono i suoi Gracchi » , dice la madre al figlio salutandolo dopo i loro strani colloqui . E questo commiato inatteso è una delle chiavi possibili per capire il molto tenebroso che in questo libro , come nel secondo Faust , l ' autore ha messo deliberatamente . Ma decifrare non è indispensabile a un lettore ingenuo . Leggere basterà a chi voglia seguire il corso poetico della vicenda , scoprire un mondo che è vivo e puro ai confini non mutabili della fantasia e della memoria . Altri diranno ora dei rapporti che pongono quest ' opera nel cielo astratto della poesia . A noi piace concludere una volta con il nobile rischio del giudizio letterario . E così per finire un discorso incominciato vorremmo dire che il romanzo di Vittorini è un libro molto importante per la nuova letteratura . Il più importante forse che sia venuto nelle nostre mani da quando ci portarono , con una bella ape disegnata sopra , il volume scuro delle Occasioni : poesie di E . Montale . XVI . Contro i miti romantici Il nuovo romanticismo . Le questioni male impostate hanno sempre uno straordinario successo e in definitiva sono il mezzo più utile per giudicare del proprio atteggiamento e delle idee altrui . Così su questa rivista è nato un seguito di note assai vive su un argomento in origine scialbo e ozioso quale era quello del « nuovo romanticismo » . A un titolo di questo genere non si può non opporre una prima obiezione di carattere formale : romanticismo è un termine che ha una accezione storica precisa . Col tempo si è formato poi intorno a questa parola un alone discreto ; romantico e romanticismo hanno preso a significare cose diverse e fantastiche come avviene di tutti i vocaboli che dal linguaggio dottrinale passano all ' uso volgare e acquistano in colore e varietà quanto perdono in determinatezza . Ora , una discussione che abbia qualche pretesa culturale non può adoperare la parola « romanticismo » come l ' adoperano gli industriali del cinema per i loro compiti pubblicitari ( e parlano di una giovane attrice dotata di temperamento « romantico e sensibile » ) . È se mai l ' errore da evitare con più cura . Invece mi pare che questa contaminazione non fosse del tutto lontana dall ' animo di Angioletti quando , in termini di amabile dilettantismo , egli sollevò la questione . Un vento leggero come il favonio gli pareva apportatore di una nuova vita spirituale e alcuni segni egli vedeva già impressi sull ' opera dei maggiori fra i nostri scrittori viventi . Io non credo che il favonio , per esempio , di Ungaretti , susciti mai più che una leggera increspatura sul mare dei sentimenti contemporanei ( la responsabilità di questa immagine ricade tutta su Angioletti che ha incominciato ) . Ma , a parte questa riduzione del quadro visivo - Angioletti vede grande dove io vedo piccolo - , credo di riconoscere il suo orientamento e di apprezzarlo . Sviluppi molto diversi ha avuto la questione portata in altri campi . A un pacifico voto formulato da Manlio Lupinacci il quale domandava per la generazione futura simpatia umana e coraggio morale , Galvano della Volpe e Mario Alicata hanno risposto con due vivaci articoli , il primo avvertendo che la civiltà futura in quanto civiltà della tecnica non ammette coraggio e simpatia ma solo lavoro ( conclusione che sembra piuttosto malinconica ) , e il secondo postulando la necessità di più rigorose esigenze morali . Quindi Spirito in un articolo molto preciso ha esaminato i motivi reazionari che perdurano nell ' Europa contemporanea , e poiché egli giudica che questi motivi siano di natura illuministica , ha invocato a superarli un nuovo romanticismo . Ognuno di questi scrittori , dunque , intende a modo suo il termine romanticismo , ma tutti sono concordi nell ' auspicare il sorgere di un nuovo lievito spirituale che modifichi la struttura odierna e dia all ' Europa l ' ordine di cui ha bisogno . Io non mi rendo conto chiaramente di questa esigenza ; o meglio , non vedo perché questa rivoluzione , o ritorno , debba chiamarsi romantica ; tutte le mie tendenze mi portano se mai a credere il contrario e a combattere nella discendenza romantica il primo fattore di reazione . Inoltre gli scritti che ho citato e in particolare i primi tre hanno accentuato il carattere moralistico della disputa : a me preme fissare alcuni aspetti culturali perché chi vuole ne tragga poi delle conclusioni attive . Innanzi tutto : cos ' è il romanticismo per noi ? Io penso che convenga restringersi al significato limitatamente storico della parola . So benissimo che è possibile tracciare linee di contatto all ' infinito e stabilire alberi genealogici simili alla quercia di Arturo ; ma in questo modo si disperde soltanto il contenuto delle proprie affermazioni . Così non sono d ' accordo con il mio amico Alicata quando chiama romantico san Bernardo e romantici i Vangeli , e mi pare che sia anche quello un indulgere a cattive consuetudini . Di fronte all ' esempio storico e liberi da qualunque categoria arbitraria sarà forse più facile venire a un ' intesa . Le derivazioni romantiche nella nostra vita spirituale sono ora così complesse e intricate che è in certo modo impossibile discriminarle . Ma è tuttavia necessario compiere un lavoro di vaglio sulle singole esperienze che giorno per giorno si presentano , saggiarne l ' utilità particolare al di fuori di ogni valutazione complessiva . Così i frutti buoni del romanticismo , quelli che hanno un sapore vivo per noi , saranno la poesia di Keats e il teatro di Kleist , la filosofia di Schelling e la musica di Schumann . Saranno nell ' ordine politico i moti rivoluzionari che vanno dal '21 al '48 e le affermazioni di indipendenza e di dignità personale che svilupparono i teorici del liberalisimo europeo . I frutti cattivi ( per noi ) saranno la poesia di Byron e la teoria politica di Adam Müller , il vago empito religioso che accompagnò tante manifestazioni del secolo scorso e la parte eccessiva attribuita alle forze incoscienti e in genere alla sfera dell ' irrazionale . Sono tutti esempi presi a caso , forse reversibili . Comunque , si tratti di ideologie o di opere realizzate , siamo sempre sul piano delle tracce concrete , dei dati esatti . Al di fuori di questa che è l ' eredità storica di un tempo , il tempo romantico , si vuole abbracciare ora uno stato d ' animo , un pathos , risuscitare tutti quei fattori imponderabili che preparano lo sfogo , « l ' éclosion romantique » . E questa tendenza io credo che si debba combattere , non solo perché geneticamente irrealizzabile ( questo lo sa bene anche chi si propone un tale compito ) ma perché falsa e oziosa nei suoi motivi . Sono proprio i residui di quel pathos romantico il più grave peso morto che l ' Europa intellettuale si trascina . I miti romantici splendono con tutto il loro vigore sul nostro cielo ; e romantici sono gli idoli a cui sacrifica la patte più corrotta d ' Europa . Di fronte a questa unanime decadenza la Dea Ragione di Robespierre , già oggetto di molti sarcasmi , appare in una luce nobile e calma ; e uomini e momenti del secolo XVIII dimenticati o condannati come antistorici riprendono la loro funzione esemplare . La tesi di Spirito appare così capovolta : proprio quei temi che sembravano a lui esauriti e disfatti , noi pensiamo che una generazione più giovane possa riprenderli e farne il cardine di un ' opera rivoluzionaria . S ' intende che con questo giudizio il terreno delle considerazioni storiche è abbandonato , e si passa a un altro problema : di scelta e di polemica attiva . Il problema della strada da scegliere , in cui le soluzioni individuali hanno un peso secondario . A sostegno della mia tesi io ho solo una certa esperienza dei miei coetanei ; un ' esperienza abbastanza importante perché la mia generazione ( quella nata fra il '10 e il '20 ) è l ' ultima arrivata alla consapevolezza e in questo senso quella che ha in mano i fili . So che è difficile determinare le pretese e i compiti di una generazione prima che essa sia giunta al suo punto di maturità , abbia affrontato le circostanze che serviranno a definirla . Ma sui sintomi che fin d ' ora si annunziano nei migliori e nei più capaci mi pare che da molte parti ci si inganni . Che l ' attuale generazione abbia sete di trascendenza , di lotta col demone , di miti eroici e di sublimi orrori , io non credo . Essa lascia ai vecchi intellettuali delusi questa confusione di propositi ; le conversioni religiose e il distacco dal mondo . Posta di fronte a dei problemi vitali , educata fra avversità precise e sensibili , l ' ultima generazione non ha tempo di costruirsi il dramma interiore : ha trovato un dramma esteriore perfettamente costruito . Solo sfruttando le armi di questa sua esperienza , unendo una estrema freddezza di giudizio alla volontà tranquilla di difendere la propria natura , essa potrà sfuggire alla condizione di servitù che si prepara per le minoranze inutili . I segni di questa reazione sono ancora lontani ; ma certo non bastano a ingannare le molte prove di smarrimento che capitano sotto gli occhi ( perché sono appunto prove di smarrimento , non indice di un qualsiasi futuro ) . Gli autori politici che parlano del Mediterraneo in termini spirituali , i critici letterari che scrivono di Eugenio Montale in termini agiografici sono gli ultimi mostri di un tempo che ha sofferto molte crisi . Il rosso crepuscolo di questi dèi non riuscirà a commuoverci , quando la chiarezza delle idee e l ' onestà dei propositi avranno ancora una volta ragione dei mistici , dei taumaturghi e dei profeti . XVII . La guerra esperienza subita Wieckert o del martirio . Da una letteratura incerta sui dati della tradizione e in gran parte soffocata dall ' impegno politico e divulgativo , emergono quegli scrittori che una vaga disposizione naturale sorregge nel loro lavoro : quelli cioè che vedono ancora nella poesia un dono da custodire e da difendere , e non un ufficio da assumere di fronte al pubblico . È così che il nome di Carossa , altrimenti destinato a non superare una breve cerchia di ammiratori , sembra oggi rappresentare i valori più genuini della poesia tedesca . Accanto a Carossa una posizione particolare in quest ' ordine di serietà spetta a Ernst Wiechert , i cui libri trovano in Italia accoglienza sempre più favorevole . Dopo La signora e La vita semplice pubblicati da Mondadori e La serva di Doskocil Jürgen , che uscì per i tipi di Sperling e Kupfer , è ora la volta di Ognuno , romanzo di guerra che l ' editore Frassinelli presenta in accurata veste tipografica nella buonissima versione di Massimo Mila . Ognuno è il protagonista del libro , uno dei tanti che la guerra ha colpito nella loro sorte giovanile e definitivamente asservito alle proprie leggi , staccandoli da ogni altra promessa . Questa che fu l ' esperienza principale della generazione di Wiechert e che è poi tornata con diversi significati nelle pagine e nei diari dei superstiti , ha mantenuto qui il suo valore originario di destino , avventura individuale . Ogni contatto col mondo inteso come rapporto polemico o tentativo di giudizio è evitato da Wiechert con la cura più assidua ; sembrerebbe una contaminazione su queste pagine a cui non si può chiedere altro messaggio che quello di una vaga solidarietà umana . Nella sua volontaria abnegazione è il pregio principale dello scrittore Wiechert , nell ' avere egli rinunciato all ' opera celebrativa come al pamphlet , alla vendetta . ( Molti libri di guerra sono in realtà solo vendette ) . Ma in questa rinuncia è anche il suo limite : e chi legge vedrà di pagina in pagina sfaldarsi la storia e l ' umanità dei personaggi svanire dietro un leggero velo di lagrime . In realtà Wiechert non è un narratore . È un uomo capace di tenere evocazioni e di un ' ammirevole chiarezza di linguaggio , ma non si preoccupa affatto di sostenere il racconto con i mezzi più elementari . È uno scrittore a tesi , secondo una formula comune , ma le sue sono tesi sentimentali e guardinghe che stentano a precisarsi . Così la tesi di questo libro è il dolore , il dolore dei giovani che consumano e perdono la loro età , il dolore delle madri , il dolore delle donne . Altri hanno elevato su queste basi meravigliose costruzioni polemiche e affrontato i più ardui argomenti ; Wiechert è lontanissimo da un impegno di questo genere : a lui basta condividere l ' esperienza e riconoscerne le ultime ripercussioni nell ' animo dei protagonisti . I personaggi di Ognuno sostengono la loro parte con il martirio , non con un qualsiasi argomento , e alla fine lasciano il lettore incerto sulla loro fisionomia leggermente ribelle . Questa inclinazione dell ' autore si riconosce del resto nella stesura del libro , nel suo progressivo staccarsi da ogni interesse concreto . Seguendo una rapidissima deriva passa dalle chiare evocazioni delle prime pagine , da quelle caserme di pace dove si logora la giovinezza dei protagonisti , a una regione di mito sempre più confusa . La guerra è già un mito nell ' animo dei ragazzi , un mito assai più nobile di quello che propone la propaganda ufficiale , ma tuttavia un termine irreale e distante . La madre , la madre sposa , la madre amante , le mani , i flauti , le notti con i fili d ' erba in bocca : tutto questo tumulto di immagini complementari precipita nella seconda metà del volume e soffoca qualsiasi libertà di parola . È il dannunzianesimo dell ' anima , la tabe essenziale della prosa tedesca moderna . Da noi quella forma di eccitazione sentimentale ha esaurito la propria fortuna nei primi anni del secolo ; in Germania si perpetua con un ' incredibile varietà di toni e di argomenti e sembra rispondere a una necessità dei tempi . Il destino più comune dei personaggi letterari tedeschi è dunque quello di essere creature o demiurghi , quasi mai uomini . Questo sfuggire alla misura umana nella rappresentazione d ' arte mi pare un segno notevole di debolezza , certo un segno assai più grave di quella corruzione che si voleva riconoscere in altre forme d ' arte ormai condannate . Qui la prova più certa è data dalla reazione tipicamente virile , dalla reazione al fatto politico . Tutte le volte che la parola « patria » ritorna nel libro è un diffondersi di lunghe ripercussioni . Questi personaggi non si alzano in piedi battendo i tacchi come avviene nella maggior parte dei romanzi tedeschi contemporanei . Soffrono o sorridono , sanno che alcune parole devono essere pesate ogni volta per essere comprese , e finalmente obbediscono o rinunciano , ma sempre in una curiosa distanza fantastica . Che si possa andare oltre una tale separazione di fantasia e risalire all ' origine dei miti per discuterli non è conciliabile con la fede di Wiechert . E questo valutare il fatto storico e politico come un idolum , come un fatto naturale che deve essere preso nella coscienza ma non alterato , mi pare il sintomo più grave di smarrimento . Un seguito di smarrimenti è tutta la storia di questi giovani ; una fitta vicenda spirituale che non tocca mai i limiti della personalità individuale . La guerra e i suoi simboli sono motivo di un continuo approfondimento interiore , ma non si vede dove questo approfondimento possa portare uomini sforniti di ogni centro morale . Sensibili e accorti , essi subiscono le esperienze , e credono così di assolvere una missione ; non si accorgono che « subire » l ' esperienza , qualsiasi esperienza , significa colare a picco . Questa digressione , s ' intende , non tocca il significato letterario dell ' opera di Wiechert . Direi anzi che le cose dette sopra confermano la sua felice disposizione ; in questa totale assenza di giudizio è il primo presupposto di una pura sensibilità ( chi vuole può anche tradurre vichianamente in termini eletti ) . Ma le digressioni non sono inutili . Soprattutto quando a distrarre dall ' opera letteraria intervengono elementi così forti come quelli attuali . Qui si parlava di soldati tedeschi : di uomini a cui è impossibile non pensare nelle giornate dell ' agosto 1941 . XVIII . Sul disordine ideologico tedesco Scrittori tedeschi . Bonaventura Tecchi continua a svolgere i temi di una narrativa indipendente e personale e ha dato ancora l ' anno scorso con Giovani amici una prova della sua freschezza d ' animo e della sua chiara fantasia . Il suo valore critico restava invece consegnato al volume su Wackenroder , che apparve più di dieci anni fa nelle edizioni di Solaria ; piace ora veder raccolti in un grosso volume edito da Parenti i saggi e gli articoli da lui dedicati in questi ultimi venti anni agli scrittori della Germania contemporanea . Il libro non ha pretese di rivelazione critica né di presentazione organica di un periodo ( sulle doti più mature di Tecchi critico illuminerà meglio il secondo volume , in cui sono annunciati cinque lunghi saggi anch ' essi già apparsi su riviste di studio o nati dall ' insegnamento universitario ) . Qui note semplicemente informative e recensioni di vario impegno si alternano a brevi saggi in cui il discreto moralismo di Tecchi illumina aspetti imprevisti dell ' opera d ' arte . La nota più interessante del libro mi pare che sia appunto questa : la reazione costante del critico sicuro di un gusto e di una regola umana all ' effusione sentimentale e al disordine ideologico di una letteratura come quella tedesca del dopoguerra , a cui si potrebbe applicare in blocco il giudizio che Goethe dava di Arnim : « È come una botte senza cerchi che perde vino da tutte le parti » . Perdeva anche del buon vino ; ed è motivo di rammarico che tutto quel fermento di programmi e di opere non sia arrivato a una pacificazione naturale . Finita di morte violenta quella letteratura non ha lasciato un segno delle sue ultime intenzioni e una traccia precisa da seguire . Già da qualche anno la nuova poesia tedesca procede infatti su strade diverse e non riconosce alcuna parentela con quella che l ' ha preceduta . Secondo questo schema il libro di Tecchi si può dividere in due parti : una dedicata agli scrittori di Weimar e l ' altra a quelli del terzo Reich . La prima ha più un andamento di cronaca : i libri e gli autori vi sono avvicinati secondo motivi spesso occasionali e nelle pagine del critico interessa soprattutto l ' attenzione rivolta a qualche fenomeno di massa , a quelle reazioni psicologiche e di gusto che sono lo sfondo naturale dell ' epoca . Questa parte , pur felice nei suoi svolgimenti , non offre quindi dati nuovi per la soluzione del problema a cui accennavo prima : la determinazione dei veri valori poetici della Germania negli anni dal '18 al '33 . Il miglior contributo critico che si può ricavare in questo senso dai saggi di Tecchi è se mai nei limiti che egli pone ad autori di più vasta fama : Werfel , Wassermann , Heinrich Mann . Tutti sono considerati con molta attenzione ; e di quasi tutti si scopre il difetto emergente , quel compromesso con le ragioni dell ' arte che ha finito per suscitare intorno alle loro opere più un fervore di intelligenti discussioni che il calmo silenzio della poesia . Del resto agisce in queste pagine anche una sottintesa polemica personale ; e da uno scrittore così poco ideologico come è Tecchi è giusto aspettarsi queste esitazioni e queste riserve . Più decisamente critico il tono della seconda parte del volume che comprende gli scrittori degli ultimi anni . Anche qui per uno studioso straniero il primo compito è quello di valutare a una misura di intelligenza e di civiltà europee i tentativi compiuti in Germania . E Tecchi assolve con giusta severità il suo compito ricordando le pregiudiziali dogmatiche che vietano agli scrittori tedeschi un completo abbandono alla loro arte . Preoccupati quasi tutti di esprimere un ideale non solo umano ma germanico , di restituire alla sua purezza la tradizione nazionale e di altre istanze ugualmente fantastiche , essi smarriscono il senso delle loro possibilità letterarie . L ' equivoco degli scrittori di grandi propositi è denunciato con molta precisione da Tecchi : autori come Kolbenheyer o Grimm suscitano in noi la stessa impressione di disagio che si ritrova in queste pagine , e alla giovane poesia di Gerhard Schumann nessuno che abbia una educazione letteraria moderna può prestar fede . Così è facile concludere che , se le ambizioni di molta letteratura di Weimar sono cadute presto nell ' effimero gusto della « rivoluzione permanente » , il ritorno all ' ordine bandito dagli scrittori del terzo Reich ha chiuso in un ' aura provinciale alcune delle aspirazioni più generose e ha obbligato al silenzio i non conformisti . Tecchi indica con mano sicura i nomi di coloro che sfuggono a questa scolorita atmosfera : Jünger , Carossa , Wiechert fra i prosatori , Britting per qualche poesia . Si può sottoscrivere quasi interamente a questi giudizi e insieme constatarne l ' esattezza attraverso le ripercussioni che la qualità dell ' autore ha sulle pagine del critico . Mentre altrove il giudizio di Tecchi appare sommario e affrettato proprio per una mancanza di materia da penetrare , si veda come il suo linguaggio critico si fa subito pieno quando egli ha di fronte un testo ricco di possibilità , un autore per cui senta qualche affinità elettiva . Per quest ' ultimo carattere vorrei indicare i capitoli su Wiechert e le pagine molto belle su Thomas Mann . L ' analisi di un libro così importante per il suo tempo come è Unordnung und frühes Leid è condotta da Tecchi con una leggerezza di mano veramente ammirevole . Del resto se prima ho indicato una costante nell ' accorto moralismo di Tecchi recensore , vorrei anche rilevare il progresso tecnico che si riconosce nel corso di questo libro . Dai saggi del '24-25 agli ultimi del '40 il cammino compiuto dal critico è grande . Non resta che augurarsi altre prove di questa maturità di giudizio e di questa chiarezza ideale , raggiunte da Tecchi in venti anni di continuo e disinteressato esercizio d ' intelligenza . 1942 XIX . L ' esempio di Pisacane Prefazione al Saggio sulla Rivoluzione . Per la maggior parte degli italiani il nome di Carlo Pisacane non suscita altro ricordo che quello scolastico e vago dell ' impresa di Sapri . Ma questo episodio rischia di non essere compreso da chi volesse vedervi solo il gesto disperato di un ribelle : in realtà esso fu la conclusione di una vita governata da ideali concreti , tutta unita in uno sforzo di coerenza e di chiarezza interiore . Tenente del genio nell ' esercito borbonico , più tardi disertore e perseguitato ; volontario nella campagna del '48 , capo di Stato Maggiore nella difesa della Repubblica Romana , rifugiato in Piemonte e occupato nella preparazione del movimento insurrezionale , egli cercò una ragione dottrinale a questa sua opera di rivoluzionario e la trovò in una teoria della storia della politica che anima tutta la sua polemica nazionale e che lo allontana singolarmente dalle idee dei contemporanei . Resta da vedere quanto nel suo pensiero così poco incline agli svolgimenti astratti fosse estraneo ad aspirazioni più diffuse , a un moto che , contenuto per molto tempo in forme rozze e provinciali , sarebbe riuscito solo più tardi a manifestare la propria vitalità e a imporre le ragioni che lo guidavano accanto ad altre ormai accettate e potenti . Ma è certo che fra i dottrinari del Risorgimento ( fra coloro cioè che affidarono il loro nome a una concezione politica ampiamente riconosciuta ) Pisacane non ha compagni . Devoto a un tempo a Mazzini e a Cattaneo , partecipe dei moti dei contemporanei e sensibile a tutti i loro problemi , egli si stacca dai federalisti come dai mazziniani ortodossi , per formulare il pensiero più audacemente rivoluzionario che abbia dato il suo tempo : è l ' unico socialista intransigente dell ' Italia pre - unitaria , e un socialista per temperamento e per metodi assai più vicino ai moderni teorici che ai vecchi dottrinari di un ' utopia collettivista . L ' affinità dei motivi svolti nel Saggio sulla Rivoluzione e già in alcune pagine di Guerra combattuta con i temi fondamentali del marxismo è così evidente che ha procurato a Pisacane il nome di materialista storico e la fama di precursore di Sorel . Tali avvicinamenti possono sorprendere chi è rimasto all ' immagine leggermente sfocata dell ' eroe di Sapri ; tuttavia essi trovano una precisa conferma nel linguaggio politico dello scrittore napoletano . L ' affermazione così frequente in Pisacane che le idee derivano dai fatti , e non questi da quelle , corrisponde nella sua sommaria enunciazione al cosiddetto « rovesciamento della dialettica hegeliana » operato da Marx . La subordinazione dei fatti di natura politica a quelli di natura economica , che sarà più tardi il cardine del materialismo storico , ritorna con chiarezza in queste pagine ( p . 116 : « la ragione economica nella società domina la politica » ) . Perfino alcuni aspetti strettamente economici del processo storico , come la legge del concentramento dei capitali , sono noti a Pisacane ; e il gusto delle formule di battaglia ( « distruzione di chi usurpa » ) fa pensare alle formule divulgate più tardi dal marxismo ( « espropriare gli espropriatori » ) . Queste affinità di linguaggio hanno indotto gli studiosi a domandarsi se Pisacane avesse letto a Londra il Manifesto dei comunisti . Dai dati che si posseggono non risulta un contatto diretto fra il nostro esule e il gruppo di emigrati internazionali che faceva capo a Marx e a Engels ; comunque quello che preme sottolineare qui non è un problema di scuole , ma il singolare interesse che la polemica sociale di Pisacane ha tuttora nei riguardi del movimento rivoluzionario europeo . A quel movimento egli appartiene per l ' intensità e il rigore delle sue convinzioni , ancor più che per lo sviluppo del suo pensiero . Pisacane non fu un grande teorico . I principî che sopra si sono citati e che attraverso il diffondersi del marxismo dovevano diventare la più forte leva rivoluzionaria d ' Europa sarebbero rimasti nelle sue opere a uno stadio letterario probabilmente infecondo . Nelle pagine dei Saggi si trovano mescolate a intuizioni felici vecchie e screditate dottrine ; e bisogna riconoscere che , se egli aveva raccolto la tradizione del pensiero politico italiano del Settecento , ne aveva anche avuto in eredità costruzioni artificiose e caduche , ora tanto più vuote dopo un secolo di vita . Ma quello che non può non colpire lettori avvezzi al linguaggio dei nostri scrittori del secolo scorso è il tono nuovo di Pisacane , la sua spregiudicatezza di fronte a problemi da altri appena sfiorati e il vigore ideologico che si rivela nelle pagine più penetranti . La parte veramente notevole dì questo saggio è quella dedicata alla demolizione dei miti borghesi : il capitolo sulla proprietà , quello sulla religione e sulla fratellanza . Rare volte nella nostra letteratura si sono affrontati con tanta sicurezza e con tanta libertà di linguaggio argomenti che la tradizione e il sentimento degli italiani rendevano difficilissimi . Solo questo nobile borbonico , della famiglia dei duchi di San Giovanni , poteva arrivare a proposizioni così radicali come quelle che si leggono nella Rivoluzione . « Ostacoli all ' umana felicità , come scogli di sicuro naufragio , il diritto di proprietà ed il governo » , è scritto a pag . 128; e più avanti i giudizi sul cristianesimo provano un ' avversione irreducibile non solo alla Chiesa di Roma ma a ogni forma di vita religiosa . Quanto fosse radicata in lui questa pregiudiziale laica si vede del resto anche nei giudizi su Mazzini che , più o meno benevoli secondo i tempi , insistono tutti con molta acutezza sul motivo del distacco religioso . Infine notevolissime le pagine del capitolo IV in cui il mito della fratellanza è rifiutato con parole che sono piuttosto di un contemporaneo di Sorel e di Pareto che di un discepolo dell ' umanitarismo settecentesco : « Il fine è l ' unità d ' interessi , la fratellanza , mezzo la riforma completa degli ordini sociali operata con la forza » ( dove l ' accento è da mettere evidentemente sulla seconda proposizione , sul mezzo e non sul fine ) . Così Pisacane si stacca dai moderati , da quei dottrinari i quali « badano che la scienza non esca dalla sua innocenza » e a cui si rivolge il suo sarcasmo come più tardi quello di Marx . Egli afferma risolutamente la propria natura rivoluzionaria ; si pone sulla via di quei « riformatori » che ha indicati poco prima come l ' aristocrazia delle nazioni moderne e in cui vede rappresentato l ' esempio della più alta virtù civile . Questo coraggio ideologico mi pare che rappresenti il maggior contributo di Pisacane alla storia del pensiero politico italiano . E che insieme documenti la sua maturità di uomo , il grado di persuasione a cui era giunto attraverso letture e contatti personali un individuo per altro destinato a una vita non certo di studio ( la sua era prima di tutto una vocazione militare ) . A questa maturità di coscienza e a questa chiarezza interiore non corrispose in lui una maturità politica . I singoli problemi gli sfuggono nella loro formulazione immediata : giudicava secondo gli schemi della propria ideologia e si affidava al difficile esempio di una natura generosa e impulsiva . Di fronte al problema italiano la soluzione scelta da Pisacane fu fin dal principio quella mazziniana ; e da questo atteggiamento iniziale deriva in gran parte il suo errore politico . Meno fiducioso di Mazzini nelle virtù messianiche dei popoli , addirittura sprezzante quando accenna nel Testamento all ' « ignobile volgo » che segue la fortuna dei vincitori , egli divide tuttavia l ' indifferenza degli ideologi del suo partito per le possibilità individuali nell ' uomo politico : « La vanità dell ' uomo lo induce a credersi creatore di quei concetti che ha semplicemente svolto , ispiratore di quelle imprese che dall ' universale volontà sospinto produsse a fine » ( p . 180 ) . Dinanzi ai problemi del Risorgimento prendere una tale posizione significava non prevedere il fenomeno Cavour . Il « fenomeno » , ché verso l ' uomo Pisacane non ebbe né poteva avere alcuna simpatia , persuaso com ' era che il costituzionalismo dei governanti piemontesi fosse più dannoso all ' Italia dell ' assolutismo borbonico . La sua tesi doveva essere smentita dai fatti almeno per quanto si riferisce alla capacità del Piemonte di promuovere l ' unità nazionale ; essa non è ancora del tutto vinta nell ' ordine delle affermazioni ideali , e da molto tempo le conseguenze e i pericoli denunciati dai mazziniani provano la loro realtà di fronte all ' Italia unita . Comunque contro il politico Cavour Pisacane non poteva cedere . Egli apparteneva a un ' altra razza , alla razza di coloro che nella storia del secolo scorso dovevano sostenere una parte diversa e difficile : non quella di chi raccoglie e ricostruisce , ma quella di chi abbatte e sacrifica . Solo tra questi suoi compagni di lotta egli appare nella luce che lo spiega , e trova la sua misura storica . Altra forza educativa ( almeno come capacità di convincere e di guidare ) ebbe Mazzini , e diversa capacità di teorico e di sistematore Marx . Ma inevitabilmente fra questi due nomi si pone quello di Pisacane come un esempio di rara indipendenza di giudizio e di coerenza interiore . Così vicino a Marx nella capacità di adoperare al servizio di una ideologia tutti i mezzi di una forte dialettica , nella assoluta spregiudicatezza e nel rifiuto di ogni compromesso ; così fedele a Mazzini nella persuasione che ogni problema politico si riduce in definitiva a un problema di coscienza , egli attinge alle due maggiori forze rivoluzionarie del suo tempo . Comporre il dissidio fra il determinismo economico dell ' uno e il volontarismo etico dell ' altro era compito troppo alto per Pisacane ; ma da questa apparente contraddizione egli trae il vero significato della sua opera . Resta , la sua , soprattutto una lezione morale . E non si può non riconoscere una raggiunta maturità umana a chi prima di partire per l ' impresa di Sapri poteva dettare le ultime parole del Testamento . Non solo Dio e la sua legge sono lontani da quelle righe , ma vi appare superata qualunque ipostasi che possa soccorrere i morenti ; la patria , il popolo , la gloria sono appena nominati in quel saluto : « Tutta la mia ambizione , tutto il mio premio lo trovo nel fondo della mia coscienza e nel cuore di tutti quei cari e generosi amici che hanno cooperato e diviso i miei palpiti e le mie speranze » . XX . Indipendenza e ignoranza Sul protezionismo della cultura . Due anni fa , agli ultimi littoriali della cultura , ricordiamo che si discuteva sul tema « Indipendenza della letteratura italiana » e che furono coperti d ' ingiurie e di fischi i pochi che tentarono di dare una interpretazione reazionaria all ' argomento . Reazionari erano allora quelli che domandavano l ' esclusione dal nostro orizzonte culturale di un complesso di opere e di modi espressivi che erano giudicati falsi solo perché stranieri . Tutti eravamo d ' accordo nel deprecare la facile fortuna che trovano in Italia libri spesso mediocri ; ma nessuno credeva seriamente che questo male si potesse eliminare adottando misure repressive , chiudendo la porta a ogni esperienza che fosse nata fuori d ' Italia e cercando una facile immunità e nella inerzia spirituale . In quegli anni noi ci eravamo proposto un ideale d ' indipendenza alquanto più alto : che fosse consapevole elaborazione di una materia discorde , riduzione a un unico linguaggio e a un ' unica dignità italiana dei motivi più diversi . Così ci fu facile dimostrare che la cultura non è un prodotto da misurare in termini da bilancia commerciale , che ogni scambio è produttivo in un mondo dove non valgono le leggi dell ' economia e che , in genere , la censura prefettizia è un efficace mezzo di controllo , ma non basta a promuovere una letteratura indipendente . Del resto i littoriali avevavo un vivo carattere di assemblea rivoluzionaria e quando i contraddittori si fermavano su tesi così semplici e meschine era lecito disfarsene in modo brusco e abbandonarli all ' ironia del pubblico . Da allora non sentimmo più parlare di protezionismo della cultura . Leggemmo qualche tempo fa la candida proposta di un noto drammaturgo italiano il quale suggeriva di escludere dai nostri repertori tutte le opere drammatiche di autori stranieri , compresi Shakespeare e Goethe , perché diseducative ; ma quella proposta , in cui non si sapeva dove finisse il civismo e dove cominciasse un ' energica tutela dei propri interessi , fu accolta molto freddamente ; e crediamo che Shakespeare si reciti ancora nei nostri teatri senza alcuna offesa per i soldati che combattono e con probabile vantaggio per l ' educazione popolare . Questa necessità di distinguere secondo valori e soprattutto di non temere il contagio è stata bene intesa , almeno come arma di propaganda , dai tedeschi ; e ricordiamo che ancora pochi mesi fa , nella vetrina di una grande libreria di Monaco spiccava l ' orgogliosa scritta : « Le ultime novità inglesi e francesi » , e i libri di Lawrence erano allineati in buon ordine accanto a quelli di Carossa e di Binding . Si poteva dunque sperare che la tesi dell ' indipendenza come ignoranza fosse definitivamente abbandonata ; ma essa riaffiora in un articolo di Goffredo Coppola apparso sul « Popolo d ' Italia » il 15 gennaio , in cui si chiede un provvedimento di polizia contro Dostojevskij e si considera traditore della patria e d ' intesa col nemico chi si avventuri a tradurre il vecchio Charles Dickens . Ci pare , questo , un atteggiamento così equivoco e dannoso da meritare una breve discussione . Esaminando il bilancio per il 1941 di una casa editrice italiana , Goffredo Coppola nota che il catalogo di quella casa comprende alcune opere anglosassoni e russe . Soprattutto lo colpisce il fatto che sia stata pubblicata quest ' anno una nuova edizione di Guerra e pace di Leone Tolstoi , anzi di « Lev Tolstòj come Casa Einaudi stampa con giudaica scrupolosità di forestiero » . Ora si vorrebbe domandare a Goffredo Coppola perché adoperi parole così compromettenti . Che cosa vuol dire « giudaica scrupolosità di forestiero » ? Il nome Tolstòj si scrive così , e il fatto che l ' Italia fascista sia in guerra con la Russia bolscevica non è una buona ragione per sbagliare l ' ortografia dei nomi propri . Allo stesso modo chi scrivesse Churchill con una elle sola non darebbe prova di un particolare odio all ' Inghilterra , ma solo di una scarsa conoscenza dell ' ortografia . Goffredo Coppola se la prende con le traduzioni e non sa che solo paesi di alta cultura possono tradurre molto ; che la traduzione , quando è veramente opera letteraria , non significa atto di soggezione ma presa di possesso . Tutte queste opere che entrano in Italia saranno un fecondo terreno di prova per chi sappia affrontarle con intelligenza critica e riconoscere in questo continuo confronto la misura della propria originalità . Quanto agli altri , gli imitatori della commedia francese e i succubi di Körmendi , essi potranno forse essere tratti in inganno ; ma perché dovremmo preoccuparci di salvare uomini così evidentemente predestinati all ' errore ? La vera cultura italiana non ha bisogno di censori . Questa è la nostra certezza , fondata sulla fiducia nel lavoro dei migliori contemporanei , sulla loro maturità di giudizio . Guerra di religione è intitolato l ' articolo di Goffredo Coppola . Certo ; ma questa che si combatte è una guerra di religione a cui rivendichiamo un senso e una dignità nuovi , se deve rispondere all ' idea che ce ne siamo formata in un ' epoca di faticoso rinnovamento . Mentre il Coppola - certo per amore di polemica - tenta far credere di avere un ' idea alquanto diversa delle guerre di religione . Press ' a poco quella che doveva avere il califfo Omar , « intransigente » anche lui , il quale , compiuto il meritorio gesto di bruciare la biblioteca di Alessandria , aggiunse la nota frase sull ' utilità dei libri che non fossero il Corano . Ma non possiamo credere che Goffredo Coppola , di cui conosciamo l ' impegno di studioso e la spregiudicatezza di polemista abbia voluto riferirsi a questa forma di facile intransigenza che più volte ha ripudiata nei suoi scritti . XXI . La decomposizione di una società I rivoluzionari decadenti . Lo spettacolo delle nazioni oppresse e divise , questo antico tema biblico è ormai troppo familiare ai nostri occhi perché il primo sgomento non debba cedere a una più fredda passione e risolversi nel severo giudizio della storia contemporanea . Pure , se i paesi provinciali e discordi continuano la loro vicenda di spartizioni e minacciano una interminabile storia di rappresaglie e di crisi , non si può accettare la scomparsa di una grande nazione come un incidente di guerra . Nessuna guerra e nessuna ideologia potranno cancellare dalla storia d ' Europa il nome Francia o il nome Germania . Per questo si guarda oggi con particolare cura alla Francia che è al principio del 1942 il paese più smembrato d ' Europa . Questa definizione non considera affatto lo stato del territorio francese . La linea di demarcazione , la sottile linea verde che corre da Ginevra a Baiona , è appena un simbolo geografico di questa sorte . È il confine più astratto d ' Europa : passa in mezzo ai campi , taglia le strade e solo al cadere della sera assume una sua realtà sensibile , quando da una parte si accendono le fioche luci della Francia di Pétain e dall ' altra scende il buio che avvolge l ' Europa in guerra . Altre linee , meno visibili ma più profonde , dividono i francesi fra loro ; ne fanno un popolo smarrito e discorde che cerca senza tregua una via al riscatto dei propri errori ed esita con sconcertante facilità fra soluzioni opposte . Il primo tentativo , subito dopo la disfatta , fu quello di ricomporre l ' unità ideale del paese , quella figura di donna tante volte mutata nel tempo che ha trovato la sua ultima espressione in un puro e bel disegno di Matisse , « Gardez votre confiance dans la France éternelle » . Così si chiudono i discorsi del maresciallo : ma invocazioni e figure non bastano a coprire uno stato di profondo squallore , e l ' incubo del provvisorio grava sulle storiche decisioni di Vichy . Dietro questa « France éternelle » , che ha un po ' l ' irrealtà dei vecchi simboli repubblicani , esistono molti paesi che portano il nome di Francia . Esiste la Francia di Pétain , piena di ritratti del Maresciallo nelle vetrine , di striscioni tricolori , di preghiere per la Vergine , di ceri e di famiglie savoiarde leali . Esiste una Francia dissidente , di piccoli borghesi , di ascoltatori di radio straniere , occupati a scrivere sui muri e a comprare di nascosto distintivi degaullisti . Esiste ancora la Francia in qualche isolotto che ubbidisce a De Gaulle e nelle riunioni segrete di individui votati alla resistenza . Nella povertà generale di carbone e di burro , di olio e di benzina , la Francia del 1941 ha visto nascere qualche libro . Pochi libri , scritti in fretta e stampati male , semibruciati come quel manoscritto di Petitjean che un proiettile tedesco colpì a Forbach , mentre un bombardamento ne distruggeva le bozze a Tours . Ma sono i segni di una lenta ripresa : le vetrine hanno di nuovo l ' aspetto rigoglioso di una volta e i frontespizi bianchi della NRF si affacciano dai chioschi delle stazioni a portare il consueto saluto della civiltà francese . Degli editori risorti il maggiore è Grasset , e a lui si deve con i Cahiers di Montesquieu l ' opera più importante dell ' annata . Strano libro , quei Cahiers . Diffuso dopo quasi duecento anni dalla morte dell ' autore e composto in modo da sorprendere gli studiosi , il libro è stato subito tradotto in tedesco e ha avuto quasi più successo in Germania che in Francia . Molte parti sono ormai invecchiate : notizie di corte o moralità settecentesche ; ma non si può ascoltare senza qualche sgomento la voce del vecchio magistrato tornare sulla terra per portare al suo popolo un messaggio di rassegnazione . « La France n ' est plus au milieu d ' Europe , c ' est l ' Allemagne » . Questa l ' unica voce di un grande del passato venuta a confortare i francesi del nostro secolo : dai viventi non si poteva aspettare maggiore conforto e non si è avuto . Una specie d ' ombra è scesa sugli uomini che rappresentavano fino a pochi mesi fa l ' intelligenza francese . Al tempo dell ' invasione corsero oscure voci sulla sorte degli intellettuali : si disse che Gide era morto e che altri erano scomparsi sulle strade dell ' esercito tedesco . In realtà Gide è vivo e pubblica tutte le settimane delle curiose interviste sul « Figaro » ; dopo un primo momento di disordine fisico e di ripugnanza morale quasi tutti gli altri sono tornati alla superficie e cercano di riprendere le antiche fila nell ' aria diversa dell ' armistizio . Ma un fenomeno più grave ha colpito con Gide gli uomini che formavano il senato della cultura francese . Quella letteratura che occupava con abbastanza dignità gli ultimi venticinque anni e che aveva i suoi capi nella triade Gide - Claudel - Valery ha trovato in questa guerra la sua fine spirituale . I futuri storici che ameranno , come Thibaudet , la divisione per epoche , potranno servirsi di questa approssimazione con sufficiente chiarezza . Un libro come Les nourritures o come Monsieur Teste non avrebbe più ragione di uscire dopo questa guerra . E del resto lo stesso Gide lo ha riconosciuto , illuminato forse dal suo estremo egoismo , quando a una domanda sull ' avvenire della letteratura ha risposto che solo la sorte dei giovani lo interessa : quanto a lui e ai suoi coetanei , essi hanno già detto la loro parola , il loro messaggio non è di questo mondo . Sarebbe facile fare del moralismo su una tale scomparsa : più onesto indicare il limite cronologico , la conclusione formale di un periodo . E il migliore esempio è forse l ' ultimo libro di Valéry : Mélange , una informe raccolta di annotazioni in prosa e in versi dove sembra che si estinguano tutti i temi di un ' ultima poetica simbolista . « Mélange c ' est l ' esprit » è la triste conclusione di questo libro di cui non resta altro ricordo che il segno di una ornata vecchiaia e l ' eco fresca di qualche verso . ( « Quel silence , battu d ' un simple bruit de bêche ! - Je m ' éveille attendu par cette neige fraîche - qui me saisit au creux de ma chère chaleur » ) . Molto più vivo nei suoi limiti di confessione letteraria un breve fascicolo di versi pubblicato da Aragon con il titolo di Crève - coeur . Dopo molte traversie politiche e ideologiche , dopo esser stato combattente in Spagna e direttore di un grande giornale , l ' autore di Anicet ha ritrovato un ingenuo linguaggio poetico per accennare ai motivi della sua guerra . Gide ha indicato in questo libro , che ripete i modi della vecchia canzone , una possibile via di salvezza per la poesia francese ; certo accanto a effimere scoperte formali l ' opera di Aragon annunzia una non comune vitalità umana e un ' alta dignità di linguaggio . Ma i libri di poesia si perdono nella voce confusa della moltitudine : la letteratura di questo tempo è rivolta ad altri fini , documentari e apologetici . Come sul terreno politico l ' armistizio è stato la rivincita degli esclusi , il ritorno di aspirazioni e programmi che da settant ' anni lottavano contro la repubblica democratica , senza che un uomo nuovo abbia potuto raccogliere l ' eredità dei nonagenari , così nessun giovane è venuto a sostenere le sorti dell ' intelligenza francese . Ma voci che fino a ieri erano ascoltate con curiosità come ornamento di una libera discussione , hanno trovato a un tratto dei consensi e rappresentano , almeno di fronte agli estranei , l ' ultimo dato della cultura contemporanea . Un uomo che pareva destinato a compiere questa parte di demolitore delle rovine repubblicane è Henri de Montherlant . Ancora indeciso fra la poesia civile e il romanzo erotico , padrone di una nitida intelligenza e viziato nelle sue radici profonde , Montherlant è più di ogni altro l ' uomo della crisi . Il suo libro Solstice de juin rappresenta il vero « désarroi » della Francia , la velleità rivoluzionaria e il triste spirito di reazione che animano le classi uscite intatte da questa guerra . La repubblica è caduta e la repubblica ideale che invocava Péguy è un nome troppo borghese per gli esteti della rivoluzione individuale . Il « bushido » , gli ordini cavallereschi medioevali , il disprezzo per la donna e altre cretinerie di questo genere sono i miti che propone al suo popolo un soldato reduce dalla più dura delle sconfitte . La guerra non ha insegnato a Montherlant nulla delle sue semplici virtù : la rassegnazione e il coraggio , la pietà di fronte al pericolo . È stata una specie di corrida per intellettuale disoccupato : « J ' avais pour ces armées déconfites la même indifférence qu ' on a pour le cheval du picador , atterré , qui s ' empêtre dans ses tripes . Déjà le jeu était ailleurs » . Abbastanza vicino a lui nell ' ideologia è Drieu La Rochelle , l ' ambiguo Drieu , ultimo direttore della NRF e attivo propugnatore della collaborazione con la Germania . ( Con Chardonne , Jouhandeau e qualche altro minore , egli ha rappresentato la Francia al recente convegno degli scrittori europei a Weimar ) . Drieu ha raccolto un anno fa le sue Notes pour comprendre le siècle ; ed è anche questo un libro assai utile per capire la « Weltanschauung » da decadenti rivoluzionari che anima gli ultimi superstiti di una classe vinta . L ' esaltazione della barbarie risorta fa da sfondo alla vecchiaia di tutto un mondo , una vecchiaia così povera di contenuto genuino da appoggiarsi a deboli trovate pubblicitarie e al gusto mediocre del paradosso . Nelle note di Drieu si può leggere fra l ' altro che l ' omosessualità è una conseguenza della pace , e più tardi questa singolare proposizione : « La révolution philosophique et religieuse qui ne fait que de commencer fait ses premiers pas par le sport . Quelqu ' un a - t - il songé à écrire une histoire du sport ? Cette histoire serait plus importante que celle du marxisme qu ' elle implique un moment , puis noie dans son flot » . Più ingegnoso un tentativo di interpretare la recente cultura francese attraverso una contrapposizione di tipi letterari . Da una parte : France , Duhamel , Giraudoux , Mauriac , Maurois , i tentatori ; dall ' altra i custodi dell ' intelligenza virile : Sorel , Barrès , Maurras , Péguy , Bernanos , Céline , Giono , Malraux , Petitjean . E fra i contemporanei con valore esemplare Gide e Valéry contro Claudel . Schema che , oltre ai difetti di tutte le classificazioni letterarie , ha il torto di mettere accanto sotto un pretesto di affinità elettive uomini di diversi propositi . È chiaro che il problema di un paese come la Francia è un problema di coscienza assai prima che un problema di stile . E basta risalire al ricordo di Dreyfus per convincersi che quella scelta andrebbe mutata di fronte a un fatto concreto : quasi nessuno nella Francia di oggi sarebbe dreyfusardo . Petitjean è citato da Drieu come l ' ultimo rappresentante della tradizione virile . In verità non è dubbio che egli sia un uomo dotato di una certa risolutezza ; ma io non saprei dire fino a che punto la sua coerenza verbale si traduca in forza politica e dove il suo inquieto animo rivoluzionario si plachi in una ferma convinzione . Petit ­ jean ha l ' aria di coloro che per avere tutto compreso e superato sfociano in un generico attivismo e finiscono per esaurire la loro vitalità nel puro virtuosismo critico . Dei suoi Combats préliminaires « dedicati a tutti coloro che queste sconfitte preliminari hanno lasciato assetati di vittoria finale » , la parte veramente concreta è un breve diario di guerra ; tutto il resto è aspirazione e leggenda , mito dell ' uomo inattuale e profezia disarmata . Accanto a questi libri che portano su un piano ideologico la rivolta della borghesia francese , altri puramente documentari o autobiografici hanno avuto maggior fortuna di pubblico . È il caso di Vingt - six hommes di Baroncelli , un romanzo di guerra inteso a esaltare la più alta virtù militare : il cameratismo . È il caso di un libro di Paul Mousset : Quand le temps travaillait pour nous ( proibito in zona libera ) , in cui il risentimento del francese medio contro l ' alleato britannico più fortunato e più forte trova argomenti vivaci e la penna di un abilissimo giornalista . Altri infine hanno raccontato la loro campagna e i giorni confusi dell ' armistizio con intenti diversi . Bénoist - Méchin ha raccolto in un austero diario le sue impressioni di prigionia ; brutale e caotico Céline ha descritto ai francesi i fasti della « retraite motorisée » . Da questi libri raccolti a caso è difficile trarre una definizione che serva al nostro giudizio . Il loro valore letterario è spesso mediocre : ragioni esterne premono da vicino sull ' opera d ' arte e impediscono il libero formarsi di una cultura . Ma i libri dell ' armistizio restano per il loro valore documentario : provano la civiltà di un popolo che sa analizzarsi fino nelle sue pieghe più profonde , e insieme provano la crisi severa che attraversa la Francia . Questa vivida intelligenza e questo gusto ancora insuperato dell ' opera d ' arte non varcano mai i limiti della natura individuale ; si confondono nelle tenebre più fitte appena sfiorano un problema umano , cessano di apparire « gratuiti » per divenire « strumentali » . Crisi in un paese come la Francia può voler dire soltanto questo : distanza fra il fine e i mezzi , contrasto fra l ' eredità intellettuale e le forze che dovrebbero plasmarla , fra la maturità del gusto e il vigore creativo . L ' impressione generale che si ricava dalla lettura di questi documenti è che gli intellettuali francesi non sanno che cosa vogliono . I comunisti hanno un loro programma , i degaullisti anche . Perfino i puri del regime di Pétain vivono di una loro convinzione arcaica ma ferma . Solo i « clercs » che parlano in nome dell ' intelligenza francese sfuggono a ogni precisazione , si difendono dietro il comodo riparo della crisi individuale . Se due partiti esistono ancora in Francia sono quello dei rimasti e quello dei fuggiti ; fra gli attuali collaboratori della NRF e uomini come Malraux o Benda si è creato un distacco che non è soltanto ideologico . Nella madrepatria i contrasti spariscono : la necessità del compromesso ha creato quella tendenza politica che va sotto il nome straordinario di « attesismo » e che esprime una situazione spirituale nuova nella storia . Gli intellettuali cercano di conciliare le esigenze del loro mestiere con i tempi tragici , come gli uomini di Vichy tentano di salvare il salvabile nel vecchio giuoco delle diplomazie . Ma abbandonati fra il paternalismo cattolico del maresciallo e il cinismo degli ideologi di destra i francesi rischiano di perdere qualcosa che è più importante delle colonie atlantiche e della flotta : rischiano di perdere il senso umano della virilità . Virili erano ancora quelli che la guerra ha sorpresi , piccoli borghesi di Parigi e contadini della provincia , partiti « pour faire peur à Hitler » con le loro goffe divise e con i loro vecchi aeroplani . Alcuni di loro sono morti ; altri scontano ora nei campi di concentramento e nel lavoro obbligatorio l ' ingenuità di un tempo in cui tutto sembrava troppo vicino . Al loro posto sono apparsi i profeti della reazione , i 128 piccoli Machiavelli che genera ogni sconfitta . La scritta « liberté , égalité , fraternité » è scomparsa dai frontoni dei palazzi , indice di un tempo che bisogna scordare ; e Montherlant detta ai contemporanei i precetti di un ' etica nietzschiana . Forse tutto questo non è che fermento del dopoguerra , e in Germania lo « spenglerismo » non fu meno orgoglioso e funesto , Ma per la nostra chiarezza e senza alcuna animosità occorre definire i valori della Francia di oggi . Riconoscere che quel mondo appare povero , debole e corrotto di fronte alle vere forze che combattono in Europa , di fronte a un solo soldato russo o tedesco caduto nella pianura orientale per la difesa di un ordine che serva all ' Europa futura . XXII . Un messaggio sbagliato Sulle scogliere di marmo . Ernst Jünger , di cui si comincia a parlare ora in Francia e in Italia e che anche in Germania è considerato con grande disparità di giudizi , è forse il maggiore scrittore tedesco di oggi . Una definizione così brusca deve essere presa con cautela : emergere nel mondo letterario della Germania contemporanea non significa portare un messaggio nuovo e positivo , ma affermare con un certo diritto la propria validità letteraria . In questo senso Ernst Jünger ha un ' importanza già chiara : il suo posto nella prosa tedesca è quello di un maestro ; e fra coloro che scrivono e pubblicano entro i confini del grande Reich forse il solo Carossa può stargli a pari per naturale dignità di scrittore . A Carossa , che gli si potrebbe contrapporre come uomo e come « Weltanschauung » , lo apparenta anche la posizione che essi occupano di fronte alla storia letteraria tedesca . Provenienti da mondi di dottrina e di gusto affatto diversi essi sono i più illustri epigoni della tradizione letteraria tedesca , e in questo rappresentano meglio di ogni altro le sorti di una cultura che non ha saputo rinnovarsi oltre certi limiti e vive in modo assai precario di un patrimonio ereditato . Carossa ripete nella sua calma e nobile maturità il mito di Goethe , molto attenuato e impoverito ; Jünger si può considerare l ' ultimo episodio della tradizione romantica e precisamente di quella via orfica e tumultuosa che passa nei suoi ultimi « detours » attraverso Nietzsche e George . Tale qualifica gli viene dal suo gusto di prosatore e di stilista non meno che dal suo atteggiamento di pensiero , che fa di lui una figura estremamente rappresentativa per indicare la crisi odierna . Gli inizi di Jünger sono caratteristici . Egli si rivelò al pubblico come scrittore di guerra nel 1919 , e dai primi diari di quegli anni fino alle ultime meditazioni dell ' uomo maturo , la guerra è rimasta il motivo inspiratore della sua arte , le leggi e i valori del combattimento i termini della sua moralità . Questa esperienza si è riflessa prima di tutto in una forma letteraria nuova ; la prosa rigida del giovane scrittore , il taglio netto del suo discorso lo hanno separato subito dalla marca di retori tornati dal fronte e hanno elevato i suoi saggi di guerra sopra molte pagine celebrative o patetiche nate in Germania dopo la disfatta . L ' annullamento delle più forti emozioni in una immagine fredda e perfetta , il riscatto della povertà umana attraverso la visione fantastica , sono stati la sua scoperta originaria e hanno dato alle sue prime opere il sigillo formale della « Stahlhartromantik » . Più tardi questa dote naturale si è progressivamente affinata sino a produrre quei liberi giuochi della fantasia che con il nome di Capricci e figure e di Foglie e pietre costituiscono il più autorevole contributo di Jünger alla letteratura moderna europea . D ' altra parte la sua intelligenza costruttiva si esercitava su temi politici e sociologici , e negli ultimi anni di Weimar Jünger pubblicava un saggio sulla Mobilitazione totale e l ' opera teorica Il lavoratore in cui è annunciato il sorgere di una società futura fondata , come un moderno ordine cavalleresco , sulla disciplina del lavoro . Questi saggi , che pure hanno avuto un notevole influsso sulle tendenze più avanzate della Germania del dopoguerra , portano i segni della vocazione letteraria dell ' autore , e sono importanti piuttosto come indicazione di un interesse culturale che per il loro contenuto di dottrina . All ' infuori delle divagazioni politiche Jünger torna sempre all ' autobiografia ; e pura autobiografia è un piacevolissimo romanzo Giuochi africani in cui è raccontato con molta vivacità di colori un episodio avventuroso della sua adolescenza . Salvo che per uno studio di Delio Cantimori sullo scrittore politico e per alcuni saggi di traduzione apparsi sulla rivista romana « La Ruota » , l ' opera di Jünger non era conosciuta in Italia . Alessandro Pellegrini ha raccolto ora in un volume della « Medusa » di Mondadori il libro più significativo della sua recente evoluzione : Sulle scogliere di marmo e alcuni capitoli tolti dai precedenti volumi di saggi . In quelle ultime pagine di Capricci gli amatori del giuoco fantastico potranno trovare i più raffinati esempi dell ' intelligenza da acquario di Ernst Jünger . La sua crudeltà cerebrale , il suo gusto del nitido e del levigato si esprimono in quei brevi capitoli con grande forza persuasiva , e la traduzione veramente notevole di Pellegrini permette di seguirne tutte le asperità e le dolcezze con una mano delicatissima . Lo stesso mondo di superbo estetismo , ma più compatto e uniforme , riappare nelle Scogliere di marmo , unito a una insolita profondità di significati . In una regione fantastica , che per i suoi aspetti fisici ricorda la Dalmazia , mentre per i nomi dei luoghi e la natura dei personaggi appartiene a una curiosa mitologia , si svolge la lotta fra l ' ordine umano , impersonato in alcune figure di saggi e di eremiti , e l ' irrompere oscuro della violenza e della follia . Il pregio letterario del libro è nella sapiente descrizione di questa marea montante dell ' angoscia e nella libertà stilistica di alcune pagine , mentre altrove il linguaggio ricercato e purissimo non riesce sempre a sostenere lo sforzo di uno stile così prezioso . Tuttavia l ' interesse del libro , il suo valore di curiosità è , piuttosto che in queste qualità letterarie , nel suo significato di confessione personale , Jünger ha tradotto la sua esperienza del dopoguerra in una allegoria che non si sa se più ingenua o temeraria . I riferimenti sono così chiari che si potrebbe quasi compilare un glossario : così i mauretani , politecnici della potenza , sono i militari , la guerra di Alta Piana è la grande guerra ; e altrettanto facile sarebbe riconoscere Bracquemart e le tetre bande del Forestaro . Questo premere dell ' esperienza sulla fantasia prova la serietà con cui Jünger ha sentito certi problemi del suo tempo ; insieme sollecita a un dialogo e propone alcune soluzioni per i giovani venuti dopo . Pellegrini sottolinea nella sua intelligente prefazione il motivo di riscatto religioso che dà al libro un valore apostolico ; e in realtà molti in Germania credono al messaggio di Jünger . Ma nonostante i suoi significati religiosi e guerrieri Jünger appartiene per noi a una letteratura decadente o , se si preferisce , decaduta . Egli non ha nulla da dire alla nostra generazione , e i soldati tedeschi che si sono portati al fronte Auf den Marmorklippen accanto ai testi di Goethe hanno commesso un grave errore di scelta . Nello stesso anno in cui usciva in Germania Auf den Marmorklippen , Elio Vittorini pubblicava in Italia Conversazione in Sicilia . I due libri portano due messaggi assolutamente diversi e significano nelle loro evidenti allegorie il contrasto di due tempi fra cui forse si iscriverà il segno di una vera rottura . XXIII . Il mondo offeso Scrittori a Weimar . « A nome del suo presidente Hans Carossa ho l ' onore di invitarvi al Convegno dell ' Unione degli scrittori europei che avrà luogo a Weimar dal 7 all'11 ottobre » . Seguivano a queste parole frasi di circostanza , promesse di vita facile e la firma di un funzionario dell ' Ambasciata tedesca . Poco dopo arrivò un biglietto di Vittorini che era stato invitato anche lui e questa presenza di un amico mi mise di buon umore ; mandai un corretto telegramma di ringraziamento e preparai le valige . La Germania è solenne quando si arriva dal Brennero la mattina : i prati sono freschi e le montagne imminenti , contadine lavorano curve sulla terra e i vecchi sono immobili accanto alle loro case aguzze . Qualche prigioniero si intravede lungo i binari e alle stazioni salgono giovani soldati , ma non entrano nel paesaggio inumano della montagna e nulla ricorda il respiro affannoso e l ' ansia precoce di altri paesi in guerra . Anche a Monaco poco era mutato dalle ultime volte : soltanto qualche vetrina era sostituita da parti di legno , segno probabile della incursione inglese , e su quelle ancora rotte una scritta annunziava con brevità tedesca : « Wer plündert wird erschossen » ( Chi rapina è ucciso ) . Poi venne la Franconia calma e deserta , i tetti di Norimberga sotto il sole e le piccole stazioni popolate di donne . Solo la sera la terra diventò « nigra » , quando il treno entrò in Turingia in mezzo alle foreste e si avvicinarono le città dai nomi claustrali , Bebra , Fulda , Apolda . Bisognò allora cambiare in piccole stazioni e io caddi cercando di prendere il treno in corsa ; peregrinai per Jena in un buio terribile alla ricerca dell ' Orso nero , e finalmente mi addormentai fra le braccia dello stesso Orso nero , rimandando al giorno dopo l ' ultimo breve tragitto . La prima sorpresa la mattina furono le facce familiari e assonnate degli italiani : Cecchi , Baldini e Falqui che aspettavano allo stesso binario , accompagnati da un inviato del Ministero della Propaganda tedesco . Il barone Von Hutten , discendente dell ' umanista e uomo compitissimo e spiritoso , fu per tutto il nostro soggiorno un tutore estremamente sollecito del nostro benessere . Quel giorno dovette subito placare un piccolo incidente con un signore di aspetto professorale che non voleva riconoscere il nostro diritto allo scompartimento riservato e protestava , in lingua aulica . Alla minaccia di fare intervenire gli agenti costui si alzò pronunciando con dignità la frase : « Cedo alla violenza » , e Cecchi insistette per portarlo con noi a Weimar e presentarlo al congresso , ma la severità e l ' ordine del convegno non l ' avrebbero tollerato . Di quell ' ordine severo e esemplare riconoscemmo i primi segni quando , arrivati all ' Albergo dell ' Elefante , luogo già famoso in tempi parlamentari e ora rinnovato per i fasti nazionalsocialisti , ci buttarono addosso marchi , tagliandi per il vitto , programmi , biglietti d ' ingresso e carte per il fumo . Restava appena il tempo per farsi la barba e poi Cecchi dovette pronunciare un discorso sullo stato della presente letteratura in Italia . Disse cose intelligenti con voce sommessa e affrettata e il semicerchio degli ospiti riuniti nella Sala del Camino si mosse concorde ad applaudirlo . Avevamo tanta gente intorno a noi che era difficile riconoscere con chi si aveva a che fare . Solo più tardi le successive relazioni permisero di tracciare i confini nella complicata geografia della nuova Europa ; le facce corrisposero ai visi , gli interpreti gettarono i primi ponti . Mancava il Presidente , Carossa , malato in Italia , e mancava Papini ; li sostituiva un piccolo professore finlandese , Koskenniemi , e dirigeva le discussioni il segretario generale della società , il romanziere Rothe , uomo intelligente e preciso , molto idoneo al suo compito . Le discussioni non dovevano toccare per ora argomenti letterari , su cui sarebbe stato difficile trovare un linguaggio comune , ma ciascuna delegazione si limitava a riferire sull ' attività svolta dalla società nel proprio paese . La delegazione italiana era una delle più numerose . Farinelli , magnificamente spettinato , generoso di parole e di abbracci , pronto a rispondere in qualsiasi lingua a qualsiasi allocuzione , era un capo esemplare e fu uno dei maggiori successi del convegno . Cecchi e Baldini , ritrosi e incuriositi , tradivano la loro sorpresa di fronte a una folla insolita : a volte impaziente Cecchi , placido e acuto Baldini ( confessò una sera che mai come in mezzo agli scrittori europei si era sentito Rione Flaminio ) . In realtà la loro educazione rondista non corrispondeva al clima di folclore cosmopolita che inevitabilmente si era creato a Weimar ; e Falqui aggiungeva alla reazione dei due maestri un rapido e vivace commento . Accanto agli accademici completavano la delegazione Sertoli , in rappresentanza del Ministero , e due professori non propriamente letterati , Acito e Cogni provati amici della Germania . Due giorni prima della fine arrivò Vittorini col suo aspetto saraceno e il suo sorriso di uomo dritto . Con lui , che non parlava la lingua ma faceva ugualmente amicizie e si intendeva con tutti , si passò una piacevole serata in compagnia dei francesi e di una giovane e civilissima editrice di Berlino , Toni Muller . Per la Francia erano venuti Chardonne e Drieu La Rochelle ; svagato e mondano il primo , chiuso il secondo in un ironico riserbo come conveniva all ' uomo che si proclamava il più intelligente del congresso . Li accompagnavano Thérive , il critico del « Temps » , e due giovani , Blond e Fraigneau : gente vivace e in complesso civile , per quanto di una civiltà più di costume che di cultura . La Spagna era rappresentata da tre signori in uniforme nera , coperti delle più rutilanti decorazioni che io avessi mai visto , parchi di parole e animati nei gesti ( si facevano il segno della croce a ogni partenza di treno ) . Per la Svizzera c ' era Knittel , sanguigno e massiccio come i suoi libri ; per il Belgio , d ' Hubermont , qualche olandese e qualche fiammingo . Ma il tono fondamentale era dato dai balcanici e dagli scandinavi i quali riempivano tre quarti dei seggi con le loro donne e i loro costumi , le loro barbe e i loro premi Nobel . Intendersi con questa gente sul piano letterario non era facile . Gli interpreti riducevano in italiano e in tedesco i diversi idiomi europei , ma la diversità degli accenti restava fortissima , e fra il discorso moderato di Cecchi e quello successivo di uno scrittore norvegese il quale compose una specie di rapsodia sulla storia della sua terra e parlò delle rune e degli scaldi e della futura Norvegia come grande potenza dello spirito , i punti di contatto erano minimi . Così l ' augurio finale di Karl Rothe che nella prossima riunione si potesse parlare di libri e di programmi culturali senza uniformi e senza fotografi , fu accolto con un applauso amichevole e sfiduciato . A Weimar i fotografi imperavano . E tuttavia la parte delle uniformi e delle insegne non fu senza interesse per chi sapesse subire il difficile tirocinio del cerimoniale tedesco . Ci furono innumerevoli brindisi e innumerevoli discorsi , gite e concerti . ( Una gita molto bella a Eisenach per visitare la Wartburg che come edificio ha la caratteristica di molti monumenti storici tedeschi , di essere cioè una rocca medioevale fatta quasi interamente nel secolo scorso , ma conserva il ricordo di Lutero e domina bellissime foreste ) . E sullo sfondo di queste fitte giornate vedemmo muoversi e funzionare la grande macchina tedesca . Diretti egregiamente dal dottor Hövel del Ministero della Propaganda , pochi fiduciari e qualche ragazza provvedevano ai compiti della giornata , organizzavano viaggi e partenze , distribuivano denaro , subivano i capricci degli ospiti . Cameriere energiche e veloci servivano a tavola con l ' impeto delle truppe d ' assalto , e alle porte montavano la guardia ragazzi della Hitler - Jugend , dritti sulle gambe lunghe , silenziosi e ubbidienti nelle loro uniformi nere . Quella era la Germania , un ' immagine ridotta e familiare dell ' altra più aspra che combatte a Oriente , ma simile nella struttura interiore e nei caratteri umani . Quanto ai poeti , i tedeschi che erano numerosissimi , svolgevano le loro riunioni separati e noi eravamo loro ospiti solo nelle occasioni più solenni ; così non fu sempre possibile raggiungere chi si voleva conoscere e vedere i pochi a cui era giusto attribuire un valore letterario . Mancavano i due maggiori , Carossa e Jünger , e qualche altro non era stato invitato : dei nomi più noti in Italia c ' erano Mechow e Alverdes , Biscoff , Britting , la Miegel . C ' erano i due capi della letteratura ufficiale , Blunck e Johst , e c ' era il giovane lirico Gerhard Schumann in uniforme di generale delle SA . Uno dopo l ' altro i veri protagonisti delle riunioni salivano sul podio nella casa del partito e pronunciavano un discorso ; le loro relazioni , ascoltate con molto rispetto e definite , spesso non a torto , « fabelhaft » , avevano carattere prevalentemente politico : così Dwinger parlò sul bolscevismo come minaccia per la civiltà e Schumann sulla poesia di guerra . Finalmente domenica 11 ottobre , ultimo giorno del congresso , scrittori tedeschi e ospiti stranieri si riunirono per partecipare all ' atto ufficiale di chiusura . Lo scenario cambiò di colpo come nell ' epilogo di un dramma barocco : il tono dimesso e democratico delle sedute in albergo cedette al più rigido stile totalitario e i signori che erano stati accanto a noi in comune abito grigio si coprirono a un tratto di aquile e di nastrini . La grande sala della Weimarhalle era pavesata di bandiere : il rosso e l ' oro dei generali splendevano nelle prime file tra le giacche nere degli scrittori europei . Un ' orchestra si era disposta immobile intorno all ' arengario e lampi di magnesio diffondevano brividi dalle gallerie in alto . « Soldaten und Fahnen , hoch ! » gridò il più elevato dei gerarchi presenti ed entrò Goebbels col suo passo strascicato e un seguito di personaggi in uniforme . Quindi la sala si ricompose lentamente mentre l ' orchestra suonava musiche militari . Parlò per primo il Gauleiter della Turingia , Sauckel , il quale , salutato il ministro , definì i nemici contro i quali combatte l ' Asse : bolscevismo , democrazia , giudaismo , americanismo . Poi parlò Johst , presidente della Camera degli scrittori del Reich e ripeté l ' assicurazione del Führer che da questa guerra non sarebbero usciti stati borghesi . L ' orchestra eseguì i preludi di Liszt che simboleggiano la campagna orientale , e finalmente salì sul podio Goebbels e con la sua voce misurata e precisa espose agli scrittori le direttive del terzo Reich . La parte più importante del discorso fu quella polemica : in Germania si disprezzano gli scrittori che scrivono per fini estetici , lo scrittore che resta accanto o dietro al proprio tempo non ha diritto di esistere . Il ministro si rallegrò quindi del gran numero di libri e di altri scritti pubblicati sulla guerra e concluse con l ' affermazione più volte ripetuta che questa che si combatte non è solo una guerra di forze materiali ma soprattutto un conflitto di spiriti . Così la guerra , che per qualche giorno era stata tenuta lontano dai discorsi cosmopoliti , ma che era ancora alta su quegli uomini e dominava il loro avvenire , tornò fra noi come l ' ospite principale . Il giorno fu ancora preso da riunioni e concerti , ma la mattina dopo rimasi solo a Weimar con Vittorini , e nella città vuota di ospiti e priva di bandiere i simboli della crisi apparvero più scoperti e palesi . Goethe e Schiller erano nascosti sotto una casupola di mattoni , finti libri erano esposti nelle vetrine e le donne passeggiavano sole nel vecchio parco di Weimar . Con Vittorini che conosce « il mondo offeso » fu facile parlare di quegli argomenti che un congresso della letteratura europea non può affrontare ; della letteratura come una onesta vocazione , e soprattutto dell ' Europa : una cosa che ci pareva troppo grande e incerta e afflitta perché trecento signori riuniti a Weimar nell ' ottobre 1942 potessero parlare in suo nome . 1943 XXIV . L ' ultima esperienza francese I . Profeti senza fede . Vichy , gennaio Mentre il fascismo francese manifesta la sua inanità nelle modeste prove dei partiti totalitari di Doriot e di Déat e la situazione politica della Francia si precisa sempre meglio come una situazione di puro attesismo ( a Vichy si parla di « quelques chefs indignes » ; ma è opportuno ricordare che tutti i capi militari del Nord Africa , gli uomini cioè meglio qualificati per il loro lealismo e la loro devozione a Pétain sono passati in massa alla dissidenza dopo lo sbarco americano ) , si va affermando in alcuni ceti della cultura francese un fascismo ideologico , una dottrina o tendenza fascista , che ha ormai una breve tradizione e si appoggia a qualche nome significativo . Montherlant e Drieu La Rochelle sono i due esempi più notevoli di questo atteggiamento intellettuale e Bénoist - Méchin è l ' uomo che lo ha sostenuto con più fortuna sul terreno politico fino alla sua recente caduta . A questi maestri e precursori si ispirano diversi gruppi di giovani i quali , anche se divisi dai loro programmi immediati , sono però riconoscibili per certi caratteri comuni : irrazionalismo , culto della forza e dell ' onore , sentimenti antidemocratici , imperialismo come meta ultima e collaborazione con la Germania come meta vicina . Non si può dire in complesso che si tratti di un fenomeno imprevedibile né di forze nuove venute ora a maturazione : sono piuttosto voci della vecchia Francia che si perdevano un tempo nel confuso clamore della terza repubblica e che , per essere ora le sole autorizzate e quelle che corrispondono alla congiuntura politica , hanno preso un tono più alto e s ' impongono all ' attenzione del pubblico . Un tipico esponente di questa sitoazione è Alfred Fabre - Luce . Fabre - Luce è un isolato nella vita politica e un signore nella vita civile . Ancora di recente Drieu La Rochelle in un corsivo della « Nouvelle Revue Française » , intitolato chi sa perché Libéraux , faceva delle varianti su questa condizione di patrizio di Fabre - Luce , che per molto tempo gli ha alienato la simpatia della critica e lo ha confinato in un ' aura di dilettantismo . Egli stesso del resto contribuiva a questa fama disperdendo la sua attività in tutte le zone della cultura e dedicandosi alla narrativa , al teatro e alla critica , con esito sempre discutibile . Solo dopo la guerra Fabre - Luce ha puntato decisamente sul suo talento politico e , oltre a qualche saggio minore , ha scritto quella fortunatissima cronaca della vita francese dal '39 al '42 che si chiama appunto Journal de la France ed è uno dei libri più venduti e più letti degli ultimi anni . Il Journal è un libro prezioso per seguire l ' evoluzione degli avvenimenti e delle idee nella Francia di Pétain e , benché scritto in modo un po ' ornato e pittoresco ( letterariamente Fabre - Luce è un adepto di Giraudoux ) , rivela una mano di giornalista non comune . Quanto ai sentimenti dell ' autore , si avverte quella inclinazione a destra che , variamente mascherata , è poi l ' impronta caratteristica degli uomini della sua classe e dei suoi gusti . Tuttavia per indicare con esattezza una situazione spirituale il Journal non basta ; la stessa abilità con cui è scritto lo rende evasivo e sfuggente . Fabre - Luce ha rimediato a questa lacuna dandoci ora un libro che dovrebbe essere il documento migliore per intendere ragioni e propositi dei suoi compagni di dottrina ; questa Anthologie de l ' Europe nouvelle ( Plon , 1942 ) , che raccoglie le pagine più significative dei nuovi classici , indica i profeti e le guide a cui dovrebbe rivolgersi la gioventù del dopoguerra . Il libro si apre con un capitolo che è intitolato Realismo e che con il solito Machiavelli e il solito Nietzsche e un insolito e ambiguo Pascal mette insieme una professione di fede di pessimismo generico . Ora , è bene forse chiarire un punto che trascende di molto l ' importanza del signor Fabre - Luce e delle sue idee sull ' avvenire d ' Europa . Si può essere pessimisti riguardo ai tempi e alle circostanze , riguardo alle sorti di un paese o di una classe , riguardo a questi o a quegli uomini , ma non si può essere pessimisti riguardo all ' uomo . Non lo si può , almeno quando si vuol fare della politica sul serio , essere cioè uomini prima di tutto . Un tale atteggiamento che una moda in decadenza si ostina a considerare sano e virile , è soltanto stupido : noi abbiamo superato , sì , l ' ottimismo dogmatico di Rousseau , come questa gente non si stanca di ripetere , ma non abbiamo scordato che tutte le grandi rivoluzioni sono state fatte da uomini i quali credevano nell ' uomo , che volevano mutarlo e costringerlo , ma che in definitiva volevano aiutarlo . A che scopo altrimenti fare una rivoluzione e non legarsi una pietra al collo e buttarsi in mare ? Così il vero elemento discriminatore fra rivoluzione e reazione , questo sottile sostegno del giudizio storico , potrà apparire alla nostra coscienza chiuso nella più semplice delle formule : la sorte dell ' uomo di fronte ai suoi simili . Il preteso realismo dei rivoluzionari decadenti li porta invece a scegliersi come maestri sociologi invecchiati e politici senza fortuna , uomini che dalla loro stessa inerzia hanno tratto ispirazione a fantasie e progetti di potere . Dopo un inizio così netto la scelta di Fabre - Luce non lascia molte sorprese . I nomi che si susseguono nei diversi capitoli del libro appartengono a una medesima costellazione politica o vi sono assunti con atto arbitrario ( Péguy e Georges Sorel , secondo la distinzione che si è fatta prima , restano come rivoluzionari di fronte alla storia , Nietzsche è troppo vario e complesso per servire da trampolino a questi esercizi ; ma H . S . Chamberlain , Spengler , Unamuno , Maurras appartengono a una sola categoria di disordine intellettuale e di debolezza umana e Jacques Chardonne , che Fabre - Luce cita coraggiosamente sotto il titolo Socialismo antimarxista , è soltanto un romanziere di second ' ordine che fa ridere contrapposto a Marx ) . Il compilatore nota nella prefazione che la parte degli anglosassoni nella formazione delle nuove ideologie sembra essere molto modesta , mentre Francia e Germania vi avrebbero contribuito più di tutte le altre nazioni . E il merito concreto di un libro di questo genere dovrebbe essere almeno quello di riavvicinare la cultura francese alla tedesca , di colmare così un lungo e dannoso silenzio . Ma a tutti è chiaro che la cultura tedesca non è quella rappresentata in queste pagine da due brani di Goethe e di Nietzsche e da tutte le povere apparizioni del momento : i Grimm , i Kolbenheyer , gli Dwinger , che Fabre - Luce presenta con l ' ingenua soddisfazione del neofita . E come l ' autore e i suoi compagni di dottrina non hanno riconosciuto la vera tradizione della civiltà tedesca nelle sue forme storiche , così non sono riusciti a penetrare l ' essenza della Germania di oggi , di quella Germania di cui pure cercano l ' appoggio e ammirano l ' esempio . Essi si sono fermati nella loro ricerca a una zona tutta esterna di polemica ideologica , che corrisponde se mai alla fase preparatoria del nazionalsocialismo . Con i tedeschi in casa non si sono accorti del grande mutamento che la guerra , vera prova di una rivoluzione , ha portato in Germania , semplificando i rapporti e riducendo il paese a uno stato elementare di tensione da cui è lontano ogni schema ideologico . I soldati che traversano le stazioni d ' Europa carichi d ' inverosimili bagagli , obbedienti e tranquilli , quegli ufficiali delle SS i quali trascorrono le loro vacanze pilotando apparecchi da bombardamento , hanno superato Möller van der Bruck non meno di Kant , non sono soltanto fuori di un ' ideologia , ma fuori dell ' ideologia . Per comprendere questo fenomeno non è necessario forse leggere tutto Il tramonto dell ' Occidente , ma piuttosto rivivere lo stato febbrile , la povertà , l ' angoscia da cui è nato il terzo Reich . Esperienze tutte estranee e incomprensibili per gli uomini educati nella Francia fra le due guerre , paese delle violenze verbali e delle caute attese . 2 . La decadenza comune . Vichy , maggio Se questi anni di confusione e di equivoci , di povertà e di paura , vorranno tuttavia essere ricordati nella storia di Francia , se questo paese , percorso da soldati stranieri e logorato dall ' opportunismo , vorrà lasciare un suo magro segno ideologico , il nome di Drieu La Rochelle vi sarà certo legato . Come tutti i protagonisti della « Révolution nationale » , egli è un rappresentante genuino dei tempi che si vogliono negare ( giacché la caratteristica di questa curiosa rivoluzione , dove i marescialli nonagenari hanno avuto la meglio sui generali settantenni , è di essere fatta di « refou - lements » e di risacche : una rivoluzione di cui tutti i capipopolo sono Philippe Égalité ) . Come la maggior parte di loro egli è un protagonista involontario , e credo che sarebbe per il primo molto scontento di sentirsi citare in questi termini e in questa compagnia . Pure , quando nella propria vita si fa della politica intellettuale , bisogna rassegnarsi ai pericolosi soprassalti della macchina politica , e oggi Drieu La Rochelle si trova auotomaticamente al centro di un mondo di interessi e di opinioni a cui è forse lontano dal dare il proprio consenso . Soravvissuto al crollo dei monumenti repubblicani , invocato ai giovani come maestro , direttore del maggiore organo della cultura francese militante , la « Nouvelle Revue Française » , egli deve assumere per forza certi impegni e certe responsabilità . Questa è la giusta conclusione di una carriera intellettuale sempre leggermente pervertita , che lo ha portato a credere in formule negative e a vedere in Jacques Doriot il vero rivoluzionario dei nostri tempi . Pure la sua eresia non merita una condanna sommaria , perché nel corso della sua lunga avventura Drieu ha avuto almeno un merito : ha salvato una lucidità di idee e una esattezza di termini che mancano di solito agli eresiarchi e che permettono una precisa valutazione del suo errore . Rifacevo questa constatazione leggendo la prefazione scritta nel '42 alla nuova edizione integrale di Gilles , una lucida e intelligente prefazione a un brutto romanzo . Gilles è brutto per molte ragioni : intanto è uno degli esempi più cospicui di quella che si potrebbe chiamare « l ' illusione del romanzo » prosperata con la NRF . Si sa l ' importanza preponderante che quel gruppo di scrittori accordò al romanzo attraverso una discutibile poetica : praticamente il romanzo , portato a un limite estremo di ibridismo , divenne il pretesto buono a tutti per raccontare le proprie faccende private o per esporre le proprie idee generali . Gilles è un caso tipico di questa doppia deviazione ; e del resto la critica più avveduta l ' ha riconosciuto fin dal primo momento negandogli ogni merito come opera narrativa . Ma questa constatazione indurrebbe semplicemente a non parlarne : io credo invece che di Gilles si debba parlare , perché questo libro , che racconta la vita di un francese fra le due guerre e in cui evidentemente molti francesi si sono riconosciuti ( se ne sono fatte 27 edizioni ) , è uno dei documenti più precisi e convincenti sul costume francese degli ultimi venti anni . Drieu stesso si rende conto dell ' importanza principalmente polemica del suo libro quando nella prefazione porta prima di tutto la discussione sul terreno morale . « Mi sono trovato come tutti gli altri scrittori contemporanei di fronte a un fatto schiacciante : la decadenza » . Questo è il presupposto del libro a cui è indispensabile risalire per comprenderne certi aspetti essenziali . La povertà di sangue e la miseria morale di una società a cui l ' uomo solo non può sfuggire sono i motivi su cui Drieu ha costruito il suo romanzo saggio . E questa povertà di sangue , questa miseria morale risultano benissimo dalla triste vicenda di Gilles , dalla celebrazione di una gente erotica e finanziaria , annegata nell ' adulteno e nel traffico politico , sempre più lontana da un ' immagine concreta dell ' uomo . Ma quello che forse Drieu non sospetta è quanto egli stesso sia complice di quella miseria , indissolubilmente legato ai suoi personaggi da una comunità di linguaggio e di gusti che lo tradisce come una somiglianza fisionomica . Egli pretende di scrivere la satira della borghesia francese , ma la satira presuppone un distacco netto , l ' appartenenza a una sfera che ha già rotto i ponti con il mondo che si vuole rappresentare . Hemingway ha descritto ambienti e persone in preda a un ' orribile decadenza , ma vi è passato attraverso netto come il suo linguaggio , e chi chiude The Sun Also Rises si sente fresco e tranquillo come dopo la più onesta delle letture . Così in Francia il pessimismo totale di Jean - Paul Sartre , in Italia l ' acredine del primo Moravia sono molto meno corrotti di questo libro politico , perché suppongono appunto una satira risoluta e sincera . Drieu al contrario è profondamente radicato in un mondo di cui vede l ' insufficienza : vi dedica la sua amara ironia , ma non osa fare un gesto per liberarsene . E qui è la nozione stessa di decadenza che viene in causa e determina una variazione . La decadenza non è mai un fatto « écrasant » per l ' individuo , è sempre un fatto possibile che si tratta di subire o di respingere . Nella sua prefazione Drieu rimprovera ad altri scrittori contemporanei l ' evasione dal loro mondo naturale per paura di cedere ai pericoli circostanti . Ma quella evasione indica appunto la vitalità delle reazioni di un uomo contro le insidie sociali : Malraux che cerca in Cina e in Spagna quei motivi umani che non trova in Francia è un esempio positivo , ed è per questo che L ' espoir resterà come un libro edificante , mentre Gilles sarà appena l ' ultima celebrazione di una crisi senza uscite . Tale problema della decadenza di un uomo e di una società è immanente sull ' orizzonte politico europeo , e il desiderio di discuterlo la sola origine di questo commento . Esso ci tocca tutti in quanto figli e partecipi di una civiltà borghese , ed è tanto più necessario meditarlo di fronte a uomini come Drieu , Montherlant o Ernst Jünger che ce ne offrono soluzioni ingannevoli e vestono di ambigue parole la semplice figura della rivoluzione . XXV . La lotta contro gli idoli Americana . Un libro conta sempre per quello che non si propone , per quel margine di imprevisto che contiene in sé come una riserva di energia e di vigore . Così l ' antologia di Vittorini , Americana , apparsa in una raccolta di opere di carattere divulgativo e facile a confondersi in una nozione critica comune . Quando si parla di narrativa tedesca o di teatro religioso si allude a un ' unità scolastica , a un pretesto di cultura . Ma il libro di cui vogliamo parlare conta per un significato diverso : vale come il messaggio disinvolto di un popolo a chi è lontano dalle sue rive e la risposta orgogliosa dell ' America ai problemi del mondo nuovo . Questa è stata almeno la riuscita di Vittorini , e su questa riuscita polemica si può iniziare un discorso più vivo di quello che spetterebbe a una semplice antologia di testi . Americana : la brevità del nome suggella la ricchezza delle intenzioni , evoca la fantasia dei viaggiatori piuttosto che lo studio dei filologi . L ' America è stata sempre da noi oggetto di una valutazione unitaria : forse la sua compattezza geografica e la distanza sul mare hanno contribuito a creare questo mito di un paese che cresce come un unico corpo e si configura e si atteggia secondo abitudini proprie . Emigranti arrivavano da tutte le terre d ' Europa , ma la grande voce dell ' America copriva presto il frastuono delle lingue diverse e confondeva in un ' unica razza i popoli lontani . Architetture sorgevano di fronte ai due oceani diverse da quelle delle nostre città . E quando questo slancio del vivere superò la sua fase iniziale , uscì dalle praterie e dalle miniere per farsi industria e potenza , la curiosità indulgente degli europei si coprì di un tono polemico , finché parve a qualcuno che un vero conflitto fosse sorto tra le due civiltà , simile all ' urto violento e inevitabile delle età successive . Questo complesso di diffidenza e di curiosità trovò altrove la sua espressione naturale in una ricca sociologia ; soprattutto dopo la guerra , quando l ' America entrò da vicino nella vita europea e impose i propri gusti e le proprie tendenze . Allora si studiò questo astratto nei suoi fenomeni più appariscenti , la democrazia totale e il cinematografo , la musica negra e i cartelli industriali ; altri processi restarono indistinti nell ' ombra , troppo embrionali o discosti per colpire occhi non esercitati . Da noi in Italia la sociologia non fiorisce , e le relazioni fra i due popoli rimasero allo stato grezzo dei rapporti di massa : influenzate dalla povertà degli emigranti , dagli aspetti più chiassosi della pubblicità . Pure la forma America era ormai troppo netta all ' orizzonte per non suscitare la curiosità degli intellettuali ; e accanto a libri lirici , come quello di Soldati , e ai documenti inespressivi del giornalismo politico , uscì qualche anno fa America amara , primo saggio importante delle reazioni della nostra intelligenza alle forme ormai mature della cultura americana . America amara è un libro esemplare . Puro di linguaggio come pochi scrittori europei e sensibile al valore della parola attraverso una sottile educazione letteraria , Cecchi porta con sé i limiti della « regione » : subisce lo spazio come un ostacolo invalicabile . La Toscana , questa regione troppo civile , è presente in ogni suo giudizio , e le figure ormai consuete del paesaggio toscano sono il limite di ogni altra terra . Viaggiatore instancabile , egli è uno degli uomini meno capaci di adattarsi alle sorprese del viaggio , uno dei più ostinatamente rinchiusi nei pregiudizi di una sola patria . Accanto a questa inferiorità geografica Cecchi è trattenuto nel suo giudizio politico da un ' altra remora : la caratteristica inettitudine della sua generazione a comprendere tutti quei valori che sfuggono all ' apprezzamento estetico , la tendenza a convertire i fatti del costume in pura curiosità e le situazioni sociali in moti della fantasia . Questa disposizione può essere in uno scrittore motivo di superiorità e infatti ha liberato la letteratura del nostro secolo da faticosi complessi ideologici e le ha dato un nuovo respiro ; ma è insieme il primo sintomo di oscuri pericoli . Da noi ha coinciso , dopo l ' esaurimento di poche esperienze più coraggiose ( « La Voce » , Gobetti ) , con l ' affermazione di una scuola la cui eredità si è presto consumata e il cui maggior torto storico sarà di aver vissuto in pacifica contemporaneità col fascismo . In Francia , madrepatria di tutte le colonie letterarie moderne , lo stesso fenomeno ha conosciuto casi più cospicui e convincenti . Si pensi all ' assoluta infondatezza delle pretese politiche di Gide , alla debolezza di Valéry quando si avventura a discutere di cose temporali , all ' amabile e infruttuoso arabesco tracciato da Giraudoux in Pleins pouvoirs . La critica di Cecchi , come quella di tutti costoro , rigorosa e talvolta perfetta sul piano orizzontale della pagina , non ha alcuna validità quando cerca di svilupparsi in altre dimensioni , quando abbandona il terreno familiare della variazione per tentare quello , più aspro del giudizio . Si assiste allora al vano spettacolo dello scenografo che vuol rendere abitabili le sue pareti , del matematico indotto a portare le sue formule sulle sabbie mobili dell ' economia politica . Solo ragioni così forti , e un ' altra che non possiamo discutere , ma che decide in definitiva di ogni controversia - l ' età che ci separa - possono spiegare il contrasto nato fra le nostre intelligenze su questo nome di America . Perché dove Cecchi ha raccolto scrupolosamente un museo di orrori , dove ha isolato malattie e decadenza e riconosciuto un mondo a cui è impossibile prestar fede , noi abbiamo sentito una voce profondamente vicina , quella di veri amici e dei primi contemporanei . Vuoti e oscurità sono stati colmati nella nostra anima dalla presenza di questa America . I miti dell ' infanzia , logorati in una scolorita tradizione dialettale e bonaria , risorgono più candidi e freschi sulle autostrade d ' America . L ' infanzia di Saroyan , armeno d ' America , è la nostra , con le stesse scoperte e gli stessi desideri , un ' infanzia dove biciclette e giornali hanno la presenza incantevole che è negata agli oggetti consunti delle fiabe . E la nuova leggenda nasce fra pianoforti e canzoni in un tremante cinematografo . Le donne astratte di un tempo , le prime apparse all ' orizzonte dell ' adolescenza , erano protagoniste di avventure decise su uno schermo di provincia , e i nomi impronunciabili delle dive americane segnavano le gloriose tappe di un ' educazione sentimentale . E dopo che la guerra del 1914 aveva confuso la nostra fantasia attraverso un ' ambigua leggenda , prima che un ' altra guerra tradisse il vero significato di quell ' episodio da cui doveva scaturire la nostra maturità , Hemingway aveva scritto A Farewell to Arms , primo sicuro esempio di come l ' uomo solo possa ottenere la liberazione da un costume ormai scaduto , sottrarsi con le proprie energie alle imboscate della storia . Cecchi non può rendersi conto dell ' enorme importanza di tutto questo , del valore del prezioso carico di spezie e di oro che i nuovi vascelli hanno riportato dall ' America . Egli si accanisce nella sua critica ai narratori americani su discutibili motivi filologici per giustificare quella che è prima di tutto una incompatibilità esistenziale : l ' incompatibilità di chi è cresciuto in un ' aria condizionata con i liberi terreni d ' America e di chi ha confessato troppo francamente il proprio rispetto dei « carabinieri a cavallo » per poter comprendere gli impulsi e le reazioni di una folla in tumulto . Il suo nome torna ora in testa a questa antologia a firma di una prefazione che è veramente amara per il suo rifiuto di ogni intesa con l ' avversario . Ma subito dopo , le pagine che Vittorini ha dedicato ai diversi momenti della cultura americana rappresentano l ' antitesi più netta alla formula di Cecchi , ne rovesciano insieme il contenuto ideologico e il metodo critico . Vittorini sa che una pura lettura musicale dei testi non ci serve più , che dopo i saggi più recenti della critica europea , insistere su quella strada significa perdere il sapore genuino della parola scritta per arrendersi alla pura sensibilità . ( E in Francia , dove la stessa evoluzione storica ha raggiunto un grado più maturo , la critica non giornalistica è precipitata in un vortice da cui è difficile salvarsi ) . Vittorini compie quel rovesciamento di valori che era necessario per tenere in piedi una storia letteraria che sia ancora storia universale , propone senza accorgersene una tesi radicale , una via di salvezza , per cui sarà proprio l ' oggetto , l ' origine concreta dell ' ispirazione , a determinare una scala di valori e a dirigere l ' interesse del critico . Una tale formula potrebbe provocare le più facili condanne e richiamare polemiche ormai sepolte se fosse appunto una formula , se corrispondesse a una dottrina , a una qualsiasi estetica neorealistica . Ma essa è prima di tutto un ' invenzione e uno sfogo , un rivolgersi a quello che cresce intorno i noi con la disinteressata ricerca della creatura viva e con quella pura curiosità da cui nasce ogni giudizio valido . Perché , che cos ' è in fondo una rivelazione poetica se non la scoperta di un nuovo paese , lo sguardo che improvvisamente si ferma su figure prima indistinte , l ' emergere dal buio di parole sconosciute ? Tutti i veri poeti , i veri maestri del passato sono rimasti nella nostra memoria come governatori di una provincia , scopritori di tesori che ci hanno lasciati in eredità . A loro appartengono certe ore del giorno come ai pittori appartengono i paesaggi che l ' arte ha riscattato : ogni libro , ogni opera compiuta resta come un segno dell ' uomo piantato nella giungla circostante . In questa progressiva opera di conquista e di incivilimento , in questo espandersi dell ' uomo oltre i confini della sua esperienza primitiva , l ' America si trova ora come la terra più fertile e generosa . Un secolo e mezzo fa la Germania usciva definitivamente dalla preistoria culturale e mostrava ormai un profilo inconfondibile nella geografia dei popoli europei . Cinquant ' anni or sono un gruppo di intellettuali e di scrittori di genio portava a termine una faticosa opera di riavvicinamento storico e faceva dono al mondo occidentale della Russia , del suo paesaggio e della sua esperienza religiosa , delle sue esaltazioni collettive e delle sue malattie . L ' America ha ora raggiunto quel punto di equilibrio in cui la letteratura cessa di essere materia vissuta e non è ancora tradizione accademica : gli scrittori che vivono in questo periodo hanno il diritto di chiamarsi classici perché in loro si precisa per la prima volta una figura dell ' America che non ha bisogno di alcun richiamo . Hawthorne , Melville , i nomi maggiori del secolo scorso , avevano già raccolto il materiale per una storia americana , avevano parlato a momenti con una voce che non è possibile confondere , ma in loro erano ancora presenti i residui di una storia più antica : sentivano i vincoli di una tradizione religiosa , potevano intuire forse le ragioni di una nuova legge , non porre i fondamenti di un nuovo costume . Soltanto la generazione attuale ha fatto dei suoi mezzi d ' espressione , dei suoi film e dei suoi libri un ' arma di guerra totale , ha accompagnato con lo slancio della propria parola il progresso di un secolo che chiedeva l ' impegno di tutte le proprie energie , ha saputo celebrare le nuove opere dell ' uomo nell ' atto stesso in cui venivano compiute . Come in ogni vero rivolgimento letterario , i nomi che contano fra gli scrittori americani d ' oggi , Hemingway , Faulkner , Saroyan sono soprattutto gli inventori di uno stile ; ma il loro è uno stile sotto cui è ancora fresca la materia terrestre , che deve la sua pienezza alla presenza di nuovi oggetti : di nuove macchine e di nuove case , di nuove relazioni fra gli uomini . Sentire questo assoluto privilegio non è ancora esaurire il compito del critico , ma è la prima condizione per non fraintendere lo sforzo che un popolo e una generazione fanno per esprimersi . E , questa consapevolezza si trova nelle note che Vittorini ha anteposto a ogni gruppo di scrittori . Libere da ogni influsso scolastico , sorrette da una fantasia vigorosa e sicura , esse sono uno dei più notevoli esempi di storia letteraria vissuta da uno scrittore ; certo più vicine a esempi classici , come L ' Allemagne della Staël o Die romantische Schule di Heine , che al consueto lavoro dei critici di mestiere . Il fatto che Vittorini abbia scritto queste pagine qualche mese dopo Conversazione in Sicilia prova quale forza egli sia per la nostra cultura , come il suo nome abbia già varcato i limiti di una viva amicizia per iscriversi in una storia più duratura e profonda . Forse perché mentre leggevo questo libro la campagna bavarese passava davanti ai miei occhi dai finestrini di un treno , la Germania si è a poco a poco presentata nella riflessione come l ' antitesi naturale di questo mondo e in un significato più esteso il suo specchio in Europa . Nessun popolo è più vicino a quello americano per la giovinezza del sangue e il candore dei desiderî e nessun popolo celebra con parole tanto diverse la propria leggenda . Le vie della corruzione e quelle della purezza sono anche qui paurosamente vicine ; ma una continua follia trascina i tedeschi fuori della loro strada , li opprime in avventure disumane e difficili . Così questi due popoli , che pochi anni fa lottavano vicini nel caldo degli stadi e cercavano il migliore esempio di un lavoro organizzato , si affrontano ora come i protagonisti di una lotta cruenta : essi hanno preso su di sé la responsabilità di dirigere il mondo e colpiscono senza ritegno gli ultimi ostacoli alla loro impetuosa natura . Perché questo è il senso maggiore della guerra che si combatte . Alla consuetudine diplomatica e alla fantasia dei generali si presentano ancora vecchie figure : l ' equilibrio europeo e la « France éternelle » , la monarchia asburgica e gli stati cuscinetto . Ma queste figure appartengono alla pace di Wesfalia quella di Versailles : dietro la loro vacillante realtà chi bisogno di corpi vivi e di parole senza inganno vede altri nomi : America e Germania , Russia , Cina . Da una parte e dall ' altra sono impegnate forze capaci di correggere il corso della nostra esperienza , di buttarci in un angolo come rottami inutili o di condurci in salvo su una riva qualsiasi . Ma l ' America vincerà questa guerra perché il suo slancio iniziale obbedisce a forze più vere , perché crede facile e giusto quello che si propone . Keep smiling , « conserva il tuo sorriso » : questo « slogan » di pace veniva dall ' America con tutto un seguito di musiche edificanti , quando l ' Europa era una vetrina vuota e l ' austerità di costumi imposta ai paesi totalitari scopriva soltanto il volto disperato e amaro della reazione fascista . L ' estrema semplicità dell ' ottimismo americano poteva indignare quanti erano persuasi del dovere di portare il lutto in segno d ' umanità , quanti anteponevano l ' orgoglio per i propri morti alla salute dei propri vivi . Ma il grande orgoglio dell ' America per i suoi figli di oggi sarà la consapevolezza che essi hanno corso sulla strada più ripida della storia , che hanno evitato i pericoli e le insidie di uno sviluppo quasi senza soste . L ' arricchimento e la corruzione burocratica , i gangster e le crisi , tutto è diventato natura in un corpo che cresce . E questa è la sola storia dell ' America : un popolo che cresce , che copre con il suo continuo entusiasmo gli errori già commessi e riscatta nella buona volontà i pericoli futuri . Le forze più ostili potevano incontrarsi sul suolo americano , le malattie e la miseria ; ma la media di questi rischi e paure era sempre una positività , ripeteva ogni volta l ' esaltazione dell ' uomo . Certo una simile avventura non poteva essere proclamata ad alta voce , doveva trovare una maschera qualsiasi , una cifra divulgabile : troppo vecchio sangue inglese restava nella razza americana per permettere un ' esposizione così impudica di propositi morali e un gusto dell ' astratto decisamente riprovevole . Allora il benessere , la ricchezza o semplicemente il danaro coprirono questi astratti furori , diedero un contenuto concreto allo slancio verso l ' uomo che animava la gioventù americana . E tutti gli esteti oziosi che si sentivano contemporanei di Pericle , gli pseudo - filosofi avvolti in distinzioni metafisiche , i giornalisti che avevano assunto la difesa dell ' occidente volsero le spalle a un popolo così manifestamente degenere . Grava sulla civiltà americana la stupidità di una frase : civiltà materialistica . Civiltà di produttori : questo è l ' orgoglio di una razza che non ha sacrificato le proprie forze a velleità ideologiche e non è caduta nel facile trabocchetto dei « valori spirituali » ; ma ha fatto della tecnica la propria vita , ha sentito nuovi affetti nascere dalla pratica quotidiana del lavoro collettivo e nuove leggende sorgere dagli orizzonti conquistati . Qualunque cosa pensino i critici romantici , un ' esperienza così profondamente rivoluzionaria non è rimasta senza parole ; e mentre nell ' Europa del dopoguerra si riprendevano i temi di una cultura decadente o si adottavano formule come quella surrealista , necessariamente sprovviste di futuro , l ' America si esprimeva in una nuova narrativa e in nuovo linguaggio , inventava il cinematografo . Che cosa sia il cinema americano molti sentono , con quell ' ambivalenza di simpatia e di fastidio che è stata descritta come uno dei nostri irriducibili complessi di europei , ma nessuno forse ha posto in luce con il necessario vigore . Ora che un ' astinenza obbligatoria ci ha guariti dagli eccessi di pubblicità e dal fastidio dell ' abitudine si può forse ricapitolare il significato di quell ' episodio educativo e riconoscere nel cinema americano il più grande messaggio che abbia ricevuto la nostra generazione . Certo il cinema è nato in Europa e in Europa ha fatto le sue prime prove ; ma appena uscito dallo stadio infantile , è diventato una mediocre appendice delle nostre letterature . L ' equivoco di una estetica rigida su presupposti discutibili ha fatto sì che per anni si agitassero i problemi più fatui : chi sia l ' autore del film , in che rapporto si trovi l ' attore col regista . Solo in Russia il cinema aveva riconosciuto la sua strada e la seguiva con la naturalezza di chi non cerca una giustificazione araldica , ma si affida allo slancio delle proprie forze . E quando qualche anno dopo rinacque in America con la stessa facile spontaneità ma dotato di una molto maggiore capacità di espansione , i custodi del gusto letterario incorrotto cominciarono a piangere sulla industrializzazione , sulla decadenza dell ' arte muta e su altre sciagure da laboratorio . Pure anche qui capitalismo americano e proletariato russo si incontravano nella loro risoluta volontà di provare un mondo non ancora scoperto , di servirsi con fiducia e con energia dei nuovi strumenti dell ' uomo . Nato come industria di lusso , sottoposto alle più dure leggi dell ' economia capitalistica , il cinema americano doveva presto diventare il nutrimento di una massa anonima , esprimere i suoi bisogni e le sue preferenze , instaurare il primo colloquio tra le grandi folle di tutto il mondo e una cultura unitaria . Allora il cinema entrò nella nostra vita come una presenza insostituibile ; cresciuto con la nostra stessa giovinezza ci insegnò a vedere e a comporre secondo nuove misure , modificò la storia e la geografia nei nostri cervelli , fu insieme scuola e polemica , divertimento e mitologia . In questo sforzo di espansione la sua importanza era soprattutto sociale in quanto , arma serenamente rivoluzionaria , aboliva le frontiere politiche e collaborava alla presa di coscienza più urgente per il nostro tempo , quella dell ' unità della razza . Ma nell ' ordine estetico il suo significato non era minore , perché senza il cinema i nostri occhi vedrebbero il mondo in un ' altra luce , e oggi è sicuro che gli anonimi autori del film americano furono i primi a rispondere all ' appello rivolto da Baudelaire agli artisti moderni , i primi a mostrare come siamo giovani e belli con le nostre scarpe di vernice e con le nostre cravatte borghesi . Questa certezza era indispensabile per uscire da un mediocre estetismo e , più o meno palesemente secondo le affinità del gusto , la lezione americana fu assimilata da tutti i popoli civili . Sola ostinatamente chiusa nei suoi complessi medioevali , la Germania di oggi rifiuta di accettarla . Il corno del postiglione di Eichendorff suona ancora nei versi dei cattivi poeti del terzo Reich : nessuno di loro potrà riconoscere dei valori visivi fuori di una cornice tradizionale , sentire una musica non consacrata da ragioni accademiche . Ogni ragazza tedesca rinnova le scoperte che una sua bisavola fece in un crepuscolo d ' autunno , si estasia di fronte agli stessi paesaggi , trova « fabelhaft » e « wunderbar » le stesse reliquie archeologiche . Il fascino del deserto , l ' esotismo , il cielo azzurro d ' Italia restano i limiti di una poetica che da oltre un secolo basta a nutrire questi irriducibili filistei : nessuno di loro ha capito che una fabbrica della periferia di Berlino può essere non meno « natura » degli scogli di Capri e che una finestra intravista dalle vetture dell ' U . Bahn ha molto più diritto a essere ammirata di un « point de vue » riconosciuto , come nei giardini barocchi . L ' universo romantico , questo pericoloso giocattolo per uomini difesi da una superiore ironia , è passato tale e quale nelle mani dei nipoti , ridotto a una formula comune e venerato come un oggetto da museo . Tutte le reazioni tentate in più di un secolo dall ' intelligenza europea , da Heine a Thomas Mann , non hanno potuto correggere questo vizio fondamentale dell ' anima tedesca . Così l ' estetica romantica agisce come un ingorgo nello sviluppo di una libera sensibilità e la politica romantica copre col suo equivoco la sostanziale incertezza di un popolo cresciuto attraverso prove durissime , ma a cui è sempre mancata una vera esperienza politica . In virtú di quell ' equivoco è nato il regime nazionalsocialista , assurda perversione a cui si deve se un paese proletario vive secondo ideali piccolo - borghesi . Per quell ' equivoco il più forte paese produttore d ' Europa ha posto uno iato incolmabile fra produzione e cultura , dirige la sua industria verso scopi di guerra , mette nelle mani dei militari il miracolo dell ' organizzazione . La Germania di oggi perpetua la retorica dell ' uomo inattuale ; sulle più povere derivazioni nietzschiane celebra la rivolta del mito contro l ' uomo concreto , si avvolge in insanabili contrasti . Il sangue e la terra sono diventati gli emblemi di un popolo che nella confusione del sangue e nell ' indifferenza ai problemi territoriali aveva trovato la sua civiltà ; il paese che per primo ha conosciuto il grande sforzo dell ' industria centralizzata moderna non ha altro esempio da proporre alle generazioni future che la comunità di villaggio . Su un tale inconciliabile antagonismo di fedi e di dottrine ereditate si basa ora il conflitto fra America e Germania . L ' importante è viaggiare , risponde un popolo di pionieri ai mistici del focolare domestico ; e l ' antico idolo di patria s ' infrange , ritorna memoria dell ' uomo , terra a cui si crede e si pensa , ma che non può renderci schiavi . Con lui periscono altre sovrastrutture radicate nel profondo delle nostre abitudini , molte viltà e pigrizie mascherate da nobili parole . L ' America non ha cimiteri da difendere . In questa lotta contro gli idoli può riconoscere la sua missione : nella lotta contro i gentili che continuamente riproducono il loro errore e oppongono all ' uomo un ' ortodossia o un rito , una macchina politica o dottrinale . A contatto di questa generosa missione l ' utopia del mondo nuovo riprende coraggio ; ancora pura enunciazione nell ' ideologia marxista , si fa prova concreta dovunque l ' uomo non cede agli oscuri pericoli della mistica e del rimpianto , non si rifugia nella neutralità e nel disinteresse , ma affronta liberamente e con i propri mezzi i compiti di un ' esistenza problematica . Questo può avvenire in America , può avvenire in Russia . Nelle nostre parole dedicate all ' America molto sarà ingenuo e inesatto , molto si riferirà ad argomenti forse estranei al fenomeno storico Usa e alle sue forme attuali . Ma poco importa : perché , anche se il Continente non esistesse , le nostre parole non perderebbero il loro significato . Questa America non ha bisogno di Colombo , essa è scoperta dentro di noi , è la terra a cui si tende con la stessa speranza e la stessa fiducia dei primi emigranti e di chiunque sia deciso a difendere a prezzo di fatiche e di errori la dignità della condizione umana . XXVI . Il monito dell ' altro dopoguerra Il sangue d ' europa . Sarà bene che tutti gli italiani i quali esercitano in virtuose recriminazioni la loro fantasia politica leggano un libro destinato a scuotere chi non è ancora persuaso della natura essenzialmente vulcanica del sottosuolo d ' Europa , I proscritti di Ernst von Salomon ( Einaudi , 1943 ) . Probabilmente questo nome non dirà molto ai lettori di oggi ; ma quando il libro uscì in Germania , una quindicina di anni fa , fu accolto con un enorme rumore di giudizi contrastanti e divenne il centro di una discussione non soltanto letteraria . Molti giovani , cresciuti nello smarrimento del dopoguerra , vi trovarono la materia di cui nutrire la loro impaziente ambizione ; altri , fedeli a una tradizione di costume o impegnati dall ' altra parte nella lotta politica , lo salutarono come il manifesto dell ' Apocalisse . Il motivo spicciolo , la ragione immediata di questo interesse e della violenza delle reazioni era un dato biografico : l ' autore del libo era uno degli assassini di Rathenau e la sua spietata confessione aveva un forte sapore di scandalo . Ma lo scandalo Salomon varca di molto i confini di un episodio giudiziario , è lo scandalo della Germania , lo scandalo di un paese che l ' Europa aveva messo al bando mentre la guerra si spegneva ai suoi confini e tutte le fibre tese per oltre quattro anni si spezzavano . Lo stesso assassinio di Rathenau , episodio centrale del libro , si confonde in un clima di arbitrî e di terrore che il grande incendio d ' Europa domina coi suoi riflessi . Vera ragione del libro è il dopoguerra , quel dopoguerra che solo la Germania conobbe , quando il crollo delle istituzioni significò la rottura di un equilibrio difficilmente recuperabile , e la prima scossa provocò una vertiginosa caduta di valori veri e fittizi . La polemica contro l ' antico ordine divenne allora negazione di ogni ordine , i contrasti di classe raggiunsero uno stadio di violenza improduttiva e i soldati del più disciplinato esercito del mondo portarono le loro armi a una lotta senza disciplina . Stretta in questo vortice di contraddizioni la Germania si logorava senza trovare una via d ' uscita e le forze chiamate a soccorrerla esaurivano una dopo l ' altra le loro possibilità . I proscritti furono coloro che accettarono questo stato di cose come una condizione insopprimibile , che , nutriti di odio e di disprezzo , vollero portare alle ultime conseguenze il germe della rovina e varcarono senza esitare le soglie dell ' Apocalisse . Reduci dal fronte , che la guerra aveva consunti ma che dalla guerra , come un vizio insanabile , non sapevano più staccarsi , adolescenti cresciuti lontano da ogni scuola di umanità , idealisti e avventurieri , si riconobbero una missione comune . Si costituirono bande armate con compiti indefiniti : il nemico era l ' Intesa che imponeva condizioni di pace vessatorie , erano i popoli finitimi stretti come bestie da preda intorno alle spoglie del Reich , ma era anche la debole repubblica di Weimar e le forze che in essa si esprimevano : la socialdemocrazia e il marxismo . Quale fosse invece il motivo comune che stringeva queste azioni e la meta positiva che questi uomini si proponevano è molto più difficile definire . L ' importante era agire : organizzare la guerriglia nei territori di confine , promuovere il sabotaggio contro le potenze occupanti , punire con atti di terrorismo gli incerti e i traditori . In nome di che cosa avvenne tutto questo ? Una parola torna spesso nei discorsi esaltati dei capi e nei proclami dei corpi franchi : « Germania » ; ma è facile accorgersi che si tratta di un vessillo mistico più che di una concreta insegna politica , e i canoni del nazionalismo tradizionale indicano malissimo le pretese e le intenzioni dei proscritti . Così la qualifica di reazionari puri che si suole dare ai corpi franchi , se risponde alla funzione storica assolta in definitiva da quelle formazioni , quando la lotta si polarizzò fra loro e gli elementi di sinistra , esprime molto vagamente le oscure forze che guidarono i più generosi fra i proscritti , quelli di cui Salomon è l ' interprete autorizzato e convinto . Reazionari di sinistra , se si può tentare una definizione di questo genere , si assunsero una posizione nuova nella storia del nostro secolo : combatterono le forze progressiste perché rappresentavano il maggior tentativo di dire alla Germania un nuovo volto e nuove leggi , ma non ebbero che ironia e disprezzo per le destre tradizionali a cui erano osservati . Dalla guerra portarono lo spirito estremamente libero dei soldati di ventura e il bisogno di combattere per qualcosa e contro qualcuno , ma se in qualcosa credettero , fu nella caduta della civiltà borghese e in una specie di rigenerazione mistica che la Germania avrebbe raggiunto attraverso il sangue e il sacrificio . Le confuse dottrine sul tramonto dell ' Occidente sono un altro aspetto di questa mentalità insieme alle ripetute contraddizioni per cui Rathenau , il più vicino a loro degli uomini politici tedeschi , fu scelto a vittima esemplare , e di tutti gli avversari gli unici a essere considerati con una certa benevolenza furono i più aspri : i comunisti . Certo nulla di conservatore rimase in costoro : più pericolosi dei reazionari comuni , essi gettarono il seme dell ' anarchia nel campo della reazione , colpirono i vivi per difendere il fantasma di una patria perduta e adoperarono tutte le loro forze perché si affermasse sovrano « il primo , istinto dell ' uomo : la distruzione » . Quanto di questo spirito sia passato nella ideologia nazionalsocialista è noto a tutti coloro che hanno seguito lo sviluppo del movimento . Gli uomini della tempra di Salomon , che ne costituivano l ' estrema ala sinistra , esaurirono la loro funzione quando il partito entrò nel suo secondo momento , passò dalla fase rivoluzionaria alla fase organizzativa : ma a loro resta legato il germe più vitale dell ' ideologia e l ' origine di una dottrina che nella guerra ha le sue radici e nella guerra dovrà concludere le sue dure vicende . Così credo di non sbagliarmi se dico che i testi più signifcativi dell ' hitlerismo sono ancora oggi questo libro di Salomori e gli scritti di Ernst Jünger . L ' accostamento è insolito e ha valore solo per quel che riguarda il sostrato ideologico e di costume , non certo un ' affinità letteraria . Jünger è infatti uno scrittore letteratissimo , e proprio questa sua armatura culturale lo ha portato a poco a poco a spegnere i motivi rivoluzionari e a rifugiarsi nelle ultime opere in un virtuoso e disperato estetismo . Quanto alle qualità letterarie dello scrittore Salomon , esse costituiscono in fondo un argomento secondario . Chi ha visto in lui un grande narratore ha torto : Salomon si muove vagamente nel clima dell ' espressionismo ; il suo trucco consiste nel creare un ' atmosfera concitata attraverso l ' evocazione di orrori fisici e psicologici , cervelli spappolati sui muri , voluttà che nascono dal contatto con una canna di mitragliatrice . Dove manca un motore esterno di agitazione , per esempio nell ' ultima parte che descrive la prigionia , l ' interesse langue rapidamente e le formule di Salomon si scoprono in tutta la loro facilità . D ' altra parte rifiutare all ' autore dei Proscritti ogni dote di scrittore e farne semplicemente un delinquente esibizionista , come ha preteso qualcuno , è un errore . L ' evocazione delle ore più febbrili del dopoguerra , la Berlino desolata del '19 , gli assalti alle case operaie sono resi con una superba crudezza : Ci battemmo dappertutto con le guardie che tiravano dai tetti ; scivolammo incollati ai muri delle case , intorno agli angoli , fucile imbracciato , cercando qualche spiraglio aperto ; rimanemmo in agguato dietro barricate costruite in fretta , ci allungammo in terra dietro colonne di avvisi e fanali , sfondammo porte e ci precipitammo su per scale oscure , sparammo su tutto ciò che portava armi e non apparteneva alla truppa , e qualche volta stendemmo nelle strade anche uomini disarmati , anche donne , anche bambini qualche volta , e sui loro corpi fischiavano le pallottole , e accadeva qualche volta che i morti fossero colpiti : sembrava allora che trasalissero un ' ultima volta e noi sentivamo in bocca un cattivo sapore ( P . 39 ) . Altrove questa eloquenza si gonfia di un pathos polemico , quando è rivolta al mondo circostante dei bonzi e dei politicanti di mestiere e crea quadri di un vigoroso rilievo . Ma non per questo bisogna considerare Salomon uno scrittore da antologia . La sua importanza è altrove , è nell ' avere tentato un genere di narrativa documentaria di cui oggi gli scrittori americani , Hemingway alla testa , ci mostrano le ragioni profonde . Alla tendenza tutta introvertita della più recente narrativa europea questa letteratura contrappone una violenta « contaminatio » col cinematografo e col giornalismo , ma soprattutto rivendica allo scrittore , all ' uomo di cultura , il diritto di discutere apertamente i presupposti della condizione umana . Libri come Im Westen nichts Neues di Remarque , L ' espoir di Malraux o il recente The Moon is Down di Steinbeck sacrificano palesemente i problemi di stile a una fedeltà giornalistica umile e polemica insieme . In questo senso I proscritti è uno dei pezzi centrali di un documentario costruito con le testimonianze di tutti i partiti e di tutte le scuole e dotato per noi di un valore essenziale , perché illumina meglio di ogni testo di storia il destino di un ' epoca in cui la tolleranza doveva diventare una colpa e la morte fisica scendere con inaudita violenza su intere generazioni . Se questo ciclo parossistico sia per concludersi noi non possiamo dire . Certo oggi , all ' avvicinarsi della fine di un ' altra guerra mondiale , la fucilata dei proscritti suona come un ' eco sinistra all ' orecchio dei cittadini d ' Europa , e chiama ancora una volta a raccolta le forze più segrete che difendono la nostra civiltà . XXVII . L ' ora del riscatto Il colpo di stato del 25 luglio . Nella primavera del 1943 l ' opposizione clandestina al fascismo aveva esaurito praticamente la sua funzione originaria . Questa funzione era stata importantissima : aveva tenuta viva per oltre vent ' anni l ' unica linea di pensiero politico indipendente in Italia , aveva mostrato al fascismo la sua sostanziale debolezza e aveva preparato attraverso la lotta e il sacrificio i quadri di un avvenire migliore . Ma non poteva superare un certo limite : a ogni tentativo di uscire dal chiuso delle cellule e delle amicizie rispondeva immediata la reazione poliziesca , e il più maturo dei centri di opposizione , il partito comunista , che si sforzava di portare la lotta dal gruppetto clandestino all ' azione di massa , vedeva inesorabilmente repressi i propri tentativi , strozzato sul nascere ogni movimento più esteso , colpiti i quadri che era difficile sostituire . Certo , vent ' anni di storia non erano passati inutilmente . La corruzione interna di un regime inizialmente bacato , la stanchezza per le continue avventure militari , il disagio per una politica economica disordinata e pazzesca avevano influito potentemente sull ' animo delle masse e avevano portato il popolo italianoa una condizione ben diversa da quella di illusoria concordia che aveva accompagnato , per esempio , la conquista dell ' Etiopia . La condotta rovinosa della nuova guerra diede il colpo definitivo a questo stato di cose , precipitando dalla parte dell ' opposizione insieme a pochi fascisti delusi tutta la folla dei pigri e degli opportunisti . L ' antifascismo dispose allora di una forza che non aveva mai posseduto prima ; l ' enorme maggioranza del popolo italiano , contrario al regime e alla guerra , si trovò schierata contro una esigua minoranza di fascisti stretti senza più convinzione ai loro privilegi e alle loro prerogative . Eppure proprio questo grado di maturità nello sviluppo dell ' opinione pubblica corrispondeva a un punto morto nella sfera dell ' azione politica . Perché uno squilibrio così evidente non tendeva a risolversi , il peso delle masse disorganizzate e inesperte non bastava a capovolgere la bilancia del potere politico e , secondo ogni probabilità , se non fossero intervenuti agenti esterni la guerra fascista sarebbe continuata fino alla sconfitta completa , il popolo si sarebbe piegato sotto un peso sempre maggiore di lutti e di sventure , e soltanto le armi degli alleati avrebbero liberato l ' Italia dall ' assurdo fardello che l ' opprimeva . Le ragioni di questo stato di fatto in apparenza paradossale sono da ricercare in condizioni tecniche che la scienza politica contemporanea ha largamente studiato . Lo stato totalitario moderno è una macchina che si muove con poche leve e pochissime persone . Chi non è in possesso di queste leve potrà svolgere una azione più o meno feconda , ma è destinato a spezzarsi appena giunto a un certo limite , è condannato a restare irrimediabilmente lontano dalla iniziativa politica . In Italia lo stato fascista era una macchina che funzionava malissimo , i suoi congegni erano rozzi e imperfetti e a ciò si deve se , a differenza di quanto avvenne in Russia o in Germania , larghe sfere della vita pubblica rimasero in sostanza immuni dalla sua azione . Tuttavia questa macchina imperfetta sarebbe bastata a spezzare ogni resistenza interna se il fascismo non avesse commesso l ' errore di lasciare alcune delle leve di comando in mano a forze apparentemente controllate , in realtà estranee . Dopo vent ' anni di regime la più importante di queste forze era ancora la monarchia ; e al vecchio istituito giustamente condannato da tutti gli italiani responsabili e privo di ogni consistenza e prestigio morale , era riservato il compito di dare la spinta finale all ' edificio marcio del fascismo , di assumersi cioè l ' iniziativa che nessuna forza sana in Italia poteva rivendicare . Pronta a tutti i compromessi per salvaguardare la propria posizione , priva di vero contatto col paese , Casa Savoia aveva vissuto per vent ' anni in perfetto accordo col regime che aveva salvato nel '22 il trono pericolante e che permetteva ai suoi dignitari una sicura e comoda vita . Essa aveva avuto però l ' abilità di mantenersi esteriormente staccata dal fascismo , conservando una vaga veste di irresponsabilita costituzionale e dando credito a voci di dissidenza da parte del principe ereditario o di altri principi del sangue . In sostanza la dinastia poteva contare sull ' attaccamento degli strati meno evoluti della popolazione e sulla fedeltà della maggior parte dell ' esercito : dato quest ' ultimo molto importante , perché l ' esercito divenuto strumento debolissimo contro il nemico esterno , era tuttavia la organizzazione più efficiente rimasta in piedi nel paese . Era quindi naturale che da varie parti si guardasse a Casa reale come a uno dei possibili perni del futuro rivolgimento , da alcuni con sincera fiducia , da altri con la speranza di servirsi della pedina monarchica per un più vasto giuoco . Per molto tempo la monarchia non sembrò incoraggiare questi sentimenti . Ma col volgere della guerra verso una fine disastrosa , il suo atteggiamento di cauta riserva di fronte al regime si accentuò . Nell ' autunno del '42 due grandi avvenimenti militari , il fallimento dell ' offensiva tedesca in Russia , culminata nella battaglia di Stalingrado , e lo sbarco angloamericano nell ' Africa francese del nord col successivo crollo del fronte africano dell ' Asse , avevano dato la sensazione che la guerra fosse perduta per la Germania . Da quel momento l ' azione di sganciamento della monarchia dal fascismo acquistò un moto progressivo . Membri della Casa reale presero contatto direttamente e attraverso emissari con esponenti dell ' opposizione , e fu stabilita tutta una rete di sondaggi destinata a identificare le forze favorevoli e a valutare le possibilità di successo di un ' iniziativa monarchica per l ' eliminazione di Mussolini e la fine della guerra . Fu facile convincersi che l ' enorme maggioranza del popolo avrebbe accolto come una liberazione qualunque gesto contro il fascismo e che tutti gli elementi politici , dai conservatori ai comunisti , avrebbero o sostenuto chi se ne fosse fatto l ' iniziatore . Così nella primavera del '43 il disegno del colpo di stato passò dallo stadio di ipotesi a quello di progetto . Era convenuto che la corona avrebbe avuto l ' iniziativa e che i gruppi politici l ' avrebbero appoggiata con tutte le loro forze . Le modalità non importavano molto ; restava da stabilire il momento della attuazione . Cominciò allora quella ridda d ' incertezze , di rinvii , di contraddizioni che caratterizza molto bene la mentalità degli uomini preposti alla esecuzione del piano e che fino da allora ne prefigurò il mediocre esito . Qualunque fosse stato infatti il giudizio dei singoli sulla via da seguire , una cosa era certa : che ogni momento che passava rendeva più grave la situazione e diminuiva il valore del gesto . Occorreva non perdere tempo : questo principio era ammesso in teoria da tutti gli interessati ma praticamente trovava dovunque ostacoli e resistenze . I tardivi scrupoli costituzionali del re , l ' insufficienza dei capi militari , le esitanze di alcuni degli nomini politici consultati furono altrettante remore alla sollecita realizzazione del progetto . La paura dei tedeschi impose tali cautele , anche di fronte ai collaboratori più fidati , che si fini col dare l ' impressione , soprattutto ai gruppi di sinistra , che si trattasse di una mistificazione e che in realtà il colpo di stato non sarebbe mai avvenuto . Questa prima conseguenza non sarebbe stata in sé molto temibile , in quanto il colpo doveva avvenire con l ' intervento diretto di pochissime persone ed era inutile farne partecipi elementi destinati comunque ad appoggiarlo . Ma purtroppo le incertezze non erano solo apparenti : esse corrispondevano a una effettiva mancanza di idee negli organizzatori e incidevano su due aspetti essenziali della situazione : le trattative con gli alleati e la resistenza alla reazione tedesca . Le trattative con gli anglosassoni furono condotte per vie molteplici e vaghe , con sondaggi a lunghissima distanza e soprattutto senza mai rendersi conto di un fatto decisivo : gli alleati avevano costituito con la loro caratteristica lentezza e metodicità un piano militare destinato a riuscire in ogni caso , e molto difficilmente lo avrebbero modificato per venire incontro alle esigenze italiane . Occorreva dunque fornire loro tutti gli elementi necessari e quindi metterli di fronte al fatto compiuto , senza presumere di poter strappare da essi più di quanto ci consentisse la nostra debole posizione . Per il resto provvedere noi ad assicurarci la possibilità di sopravvivere nel periodo che sarebbe trascorso fra la richiesta di armistizio e l ' arrivo degli angloamericani in Italia . Il problema fondamentale non era quello diplomatico , era quello di predisporre la resistenza alla reazione tedesca . Ora , i militari assicuravano di averlo preso in esame , ma diversi indizi lasciavano supporre che la preparazione morale e tecnica in quel settore fosse ancora a uno stadio molto arretrato . Del resto continuava a trovare credito l ' assurda tesi che i tedeschi si sarebbero ritirati spontaneamente e che all ' Italia sarebbe stata risparmiata la triste sorte di campo di battaglia e all ' esercito quella di dover combattere contro l ' antico alleato . Intanto la situazione si evolveva rapidamente e le occasioni più favorevoli passavano senza che si osasse sfruttarle . La prima di queste occasioni poteva essere la caduta dell ' ultimo baluardo dell ' Asse in Tunisia , episodio che ebbe una profonda ripercussione in Italia in quanto mise in evidenza i contrasti ormai acuti fra il nostro soldato e quello tedesco e soprattutto diffuse la sensazione che la penisola sarebbe stata il prossimo obiettivo degli alleati . Si trovavano allora nel paese pochissime forze tedesche ed erano tornati dalla Russia i resti del corpo di spedizione italiano , togliendo così uno dei più spinosi ostacoli al nostro distacco dalla Germania . Tuttavia l ' occasione fu giudicata prematura perché gli anglosassoni non erano ancora pronti a intervenire in Europa e le nostre forze da sole non sarebbero riuscite a contenere i tedeschi . Si entrò allora nel periodo cruciale , quello che intercorse fra la fine dei combattimenti in Tunisia e lo sbarco alleato in Sicilia ( 12 maggio - 10 luglio ) . Tutti coloro che avevano una responsabilità politica ed erano al corrente della situazione adoperarono ogni mezzo per convincere il re della necessità di attuare senza più ritardi una decisione da cui poteva dipendere la salvezza del paese . Vale la pena di esaminare quali erano le prospettive che si aprivano ai loro occhi e quale significato avrebbe avuto allora il rovesciamento della posizione italiana . Un paese condotto per venti anni da una banda di avventurieri , impoverito delle sue migliori energie , compromesso in tutte le avventure internazionali , si trovava dopo tre anni di guerra sul punto di dover pagare con la sconfitta totale le responsabilità dei suoi capi . Tuttavia , per un concorso di circostanze eccezionalmente fortunate , gli si apriva una via di salvezza che nessuno avrebbe osato sperare più facile e sicura . L ' eliminazione del regime fascista e il conseguente distacco dalla Germania sarebbero apparsi a tutto il mondo come il naturale esaudimento dei voti del popolo italiano , e l ' elemento di rischio che il gesto comportava ne avrebbe garantito la sincerità . D ' altra parte la nostra forza militare , che rappresentava ormai un peso morto per la Germania , sarebbe stata assai notevole gettata dall ' altra parte della bilancia , in quanto un accordo con l ' Italia avrebbe aperto agli alleati le porte della fortezza europea , allora ancora intatta , e avrebbe capovolto la situazione nei Balcani , dove era lecito sperare che le nostre truppe , d ' intesa con i patrioti , avrebbero avuto il predominio e dove gli altri stati vassalli della Germania non aspettavano che un esempio per uscire da una crisi insostenibile . Gli alleati erano pronti a imbarcarsi : occorreva soltanto prevenirli perché il gesto apparisse un ' iniziativa spontanea e non una resa di fronte all ' inevitabile . Quanto alla situazione interna , tutte le forze importanti in Italia avevano uguale interesse al buon esito dell ' impresa : le masse non più disposte a tollerare il peso di una guerra senza speranze ; i partiti politici che nella caduta del fascismo vedevano la condizione preliminare di ogni futura attività e che contavano evidentemente di passare presto oltre l ' iniziativa monarchica ; ma soprattutto la stessa monarchia che , mettendosi alla testa della resistenza popolare contro la reazione tedesca , poteva evidentemente ricostituirsi una base di prestigio altrimenti perduta . Perché questo complesso di vantaggi non fu sfruttato ? Alcuni aspetti particolari sono tuttavia oscuri e mancano ancora oggi , per poter valutare con esattezza la situazione , elementi assai importanti , come quelli che concernono le trattative segrete e che coprono in sostanza le responsabilità anglosassoni . Ma il quadro generale è nettissimo e un elemento ne emerge con assoluta evidenza : l ' inadeguatezza degli uomini che diressero il colpo di stato di fronte al compito rivoluzionario a cui erano chiamati . La cricca dei generali che manovrò in definitiva i comandi non vide mai nella liberazione dal fascismo un gesto rivoluzionario ; essa concepì sempre il colpo di stato come un espediente necessario a tirarsi fuori da una cattiva situazione . Le sue obiezioni al fascismo furono sempre tecniche , non di principio , e i discorsi che Badoglio pronunciò dopo l ' armistizio , accusando Mussolini soprattutto di aver trascurato la preparazione della guerra , sono una prova evidente di questo stato d ' animo . Partendo da simili premesse non si poteva che avviarsi su una strada nettamente equivoca di fronte alle esigenze del paese , cercare dovunque compromessi e garanzie e vagheggiare l ' assurda idea di un colpo di stato senza rischi . Infatti per convincere i congiurati a muoversi non bastarono le sollecitazioni e le promesse : ci volle lo sbarco alleato in Sicilia che rivelò la schiacciante superiorità aereo - navale degli angloamericani e nello stesso tempo svalutò la portata della nostra iniziativa ; ci volle il primo bombardamento di Roma con i fischi che salutarono l ' automobile reale nei sobborghi colpiti . Soltanto allora , quando anche i più ottimisti avevano deposto le loro speranze , la macchina fu messa in moto . Bisogna riconoscere che l ' esecuzione tecnica del colpo è l ' unico episodio riuscito dell ' intera vicenda . Con accortezza degna più della Sublime Porta che di un sovrano costituzionale , Vittorio Emanuele riuscì ad attirare nel giuoco i capi del fascismo dissidente , probabilmente promettendo loro la successione , provocò il voto di sfiducia del Gran Consiglio e finalmente fece catturare a casa sua e trasportare in un ' autoambulanza l ' uomo che da venti anni compariva al suo fianco come il padre della patria . Così una rivoluzione che si era dovuta adattare a presentarsi come un colpo di stato si risolse in una brillante manovra di palazzo . Gli sviluppi politici ne apparvero subito negativi . Il 25 luglio , alla notizia delle dimissioni di Mussolini , data dalla radio nella forma più cauta alle undici di sera , in tutte le città d ' Italia la folla si era riversata nelle strade e aveva celebrato con clamoroso entusiasmo la fine dell ' èra fascista . L ' Italia di Mussolini si era disfatta in un giorno come una facciata di cartapesta ; ma quel primo giorno aveva provato anche l ' immaturità organizzativa delle masse italiane . Pace era la parola che in tutte le dimostrazioni aveva coperto le altre grida e che i partiti avevano fatta propria nelle prime manifestazioni ufficiali . Ma il proclama di Badoglio conteneva la formula : « la guerra continua » , e il nuovo governo non ebbe difficoltà a imporre la sua linea : già la sera del 26 luglio lo stato d ' assedio e severissime disposizioni di ordine pubblico vietavano ogni inopportuna manifestazione di dissenso . Così il rivolgimento si fermava a mezza strada : il fascismo era caduto , ma restava in piedi la sua struttura burocratico - militare , continuava l ' alleanza con la Germania e continuava la guerra che nulla poteva ormai giustificare . Evidentemente , se le masse italiane avessero avuto un ' effettiva maturità politica , se i partiti antifascisti avessero potuto contare su di una base larga e disciplinata , nessuna misura repressiva sarebbe bastata a imporre la continuazione della guerra , e al colpo di stato sarebbe seguita la rivoluzione antifascista e antitedesca . Ma questo non era : le masse , dopo la prima ubriacatura , tornarono a una condizione di passività , e i partiti , ancora privi dei loro quadri migliori e sorpresi dal passaggio dalla fase clandestina a quella legale , non ebbero la forza di padroneggiare la situazione . D ' altra parte Badoglio aveva dalla sua un argomento a cui non si poteva controbattere : quello della sicurezza militare . La tesi del governo , che del resto non fu mai enunciata esplicitamente ma solo sottintesa , era pressappoco questa : gli anglosassoni non sono ancora pronti a intervenire sul continente ; dal canto loro i tedeschi hanno concentrato in Italia forze preponderanti e una nostra iniziativa ufficiale per la pace separata provocherebbe una reazione a cui non potremmo resistere . Occorre dunque , sotto pena di perdere una parte del territorio e di compromettere l ' esito di tutta l ' impresa , temporeggiare finché gli accordi con gli alleati non saranno maturi e non ci consentiranno di denunciare il patto con la Germania . Questa soluzione , tipica della mentalità dilatoria e pseudo - diplomatica dei nostri generali , non teneva conto di fattori politici molto importanti : l ' entusiasmo degli italiani nei primi giorni , durante i quali la resistenza ai tedeschi sarebbe stata vista come il corollario indispensabile della liberazione dal fascismo e quindi sostenuta da tutti , e per contro la demoralizzazione dei tedeschi , veramente sconvolti da un cataclisma politico che erano lontanissimi dal prevedere . Inoltre non si valutava abbastanza il fatto che raccogliere , sia pure provvisoriamente , l ' eredità del fascismo metteva il nuovo governo e tutto il popolo italiano in una posizione terribilmente falsa di fronte all ' opinione pubblica mondiale : era assurdo abbattere un regime totalitario e proclamare il ritorno alle tradizioni del Risorgimento per restare impegnati a fianco della Germania in una guerra contro le democrazie . Queste obiezioni erano abbastanza facili e furono subito rivolte al governo dalla stampa tuttora clandestina dei partiti e dagli stessi uomini politici che avevano accesso al Quirinale e alla Presidenza del Consiglio ; ma poiché non vi era mezzo di sostenerle con argomenti più energici della persuasione , si dovette trovare un « modus vivendi » che permettesse alle forze antifasciste di non perdere interamente contatto col centro . Si stabilì allora un rapporto di natura insolita fra il governo e l ' opposizione , rapporto che durò all ' incirca inalterato nelle sei settimane del regime Badoglio . Alla base , la grande massa del popolo era rimasta profondamente delusa dalla continuazione della guerra : vedeva peggiorare la situazione economica e ripetersi i bombardamenti sulle città . In queste condizioni gli sproloqui della stampa sulla ripristinata libertà non avevano molto successo e la gente si domandava a che cosa fosse servito il colpo di stato e finiva col confidare in soluzioni miracoliste . Era abbastanza diffusa per esempio l ' idea che a una nostra richiesta d ' armistizio tedeschi e inglesi avrebbero lasciato il territorio italiano per andare a combattere altrove , e anche elementi vicini al governo sgomento . Quando , pochi giorni dopo il colpo di stato , si sparse la notizia che Hitler si era ucciso , vi furono impressionanti manifestazioni di gioia da parte dei militari tedeschi che in diverse città fraternizzarono con i nostri soldati . Subito dopo cominciò l ' afflusso in Italia di SS e di reparti speciali per « rafforzare il morale delle truppe » . non si peritavano di diffondere simili sciocchezze . Solo una minoranza era convinta che pace « tout court » non aveva più senso e che pace con gli anglosassoni voleva dire guerra alla Germania . Si vedevano i gravi inconvenienti di questa soluzione ( mutilazione del territorio , dominio tedesco almeno su una parte dell ' Italia del Nord , forse guerra civile ) , ma essa era accolta ugualmente come il punto di arrivo inevitabile della politica fascista e insieme il punto di partenza per il rinnovamento ideologico e civile del nostro paese . Espressione di questo elemento politicamente più evoluto erano i partiti . Per tutto il periodo che va dal colpo di stato all ' armistizio si può parlare di partiti in senso collettivo , perché effettivamente l ' opera dei sei partiti riuniti nella concentrazione antifascista ( liberale , democrazia del lavoro , democrazia cristiana , partito d ' azione , socialista e comunista ) per la parte che ci interessa fu condotta in comune . C ' erano naturalmente differenze grandissime di metodi e di programmi e contrasti che ritardarono e intralciarono l ' azione collettiva , ma in sostanza la linea politica fu imposta dalle circostanze piuttosto che scelta in base a presupposti ideologici e si può riassumere in una formula : premere sul governo e sospingerlo in ogni modo ad agire senza rompere definitivamente con esso . In realtà il governo aveva molto bisogno di essere sospinto . Già la scelta dei ministri , merito quasi esclusivo di un cortigiano ambizioso e senza idee , il duca Aquarone , era stata infelicissima . Il criterio prevalso di formare un gabinetto di funzionari , criterio di per sé discutibile , era stato applicato nel modo più elementare ; si era preso un direttore generale per quasi ogni ministero e lo si era messo a capo dell ' amministrazione . Non solo così il governo non aveva una fisonomia politica , ma molti dei ministri non si potevano neanche dire generici antifascisti . Essi erano legati , per gli uffici occupati fin allora , a persone e a interessi del passato regime e non erano in grado di intervenire con la necessaria energia per produrre una situazione nuova . La stampa , che era passata solo in parte in mano di uomini veramente spregiudicati , avrebbe potuto tuttavia essere un efficace stimolo se non fosse stata imbrigliata da una censura severissima e dalle disposizioni per nulla mutate dell ' antico Ministero della Cultura popolare ( anche in questo privi di fantasia , gli autori del colpo di stato non avevano capito che quello della propaganda era uno dei posti più importanti da assegnare e avevano chiamato a coprirlo un funzionario senza rilievo , fino al giorno prima direttore generale del ministero fascista ) . In queste condizioni , l ' opposizione , rappresentata ormai dal comitato nazionale dei partiti antifascisti , iniziò la sua opera fra notevoli difficoltà . Tutti i provvedimenti di un certo coraggio rivolti a mostrare che la fine del fascismo non era stata una data qualsiasi nella storia degli ultimi anni , che qualche cosa era cambiato nella vita italiana , furono il frutto dei laboriosi interventi del comitato presso il governo . Occorreva l ' ordine del giorno controfirmato dai sei partiti per convincere Badoglio che il regime di terrore instaurato in varie città dai comandi militari non rispondeva alla nuova situazione ; la visita di un ex presidente del Consiglio al Ministero dell ' Interno per ottenere la sostituzione di un prefetto squadrista ; un seguito di lettere e telefonate perché si desse finalmente corso all ' ordine di liberazione di un confinato politico . Senza questa pressione ininterrotta dell ' opinione pubblica , costretta a esprimersi per bocca di pochi autorizzati , il fascismo sarebbe stato sepolto onorevolmente , macchiato solo di un lieve sospetto di concussione , e la legge sull ' arricchimento dei gerarchi e i fasci scalpellati sugli edifici pubblici sarebbero rimasti l ' unica vendetta del popolo italiano per venti anni di soprusi . Le due battaglie più importanti combattute dall ' opposizione su questo terreno dei provvedimenti rivoluzionari furono quella per l ' immediata liberazione dei detenuti politici e quella per l ' eliminazione dei fascisti pericolosi . La prima fu vinta faticosamente ed ebbe il merito di riportare nella vita pubblica uomini di grande valore che gli anni di carcere non avevano piegato e che poterono subito riprendere il loro posto alla testa dei partiti . La seconda si trascinò miseramente senza che si riuscisse mai a vincere i ritegni del governo e l ' ostilità della polizia rimasta fondamentalmente fascista . Soltanto quando , verso la fine di agosto , fu scoperto un vasto complotto appoggiato alla ambasciata tedesca , Badoglio si decise a far eseguire diversi arresti fra i fascisti più facinorosi . Ma se questi erano problemi molto urgenti ed era giusto dedicarvi le prime energie , era chiaro che la loro soluzione definitiva e quella di ogni altra questione dipendevano in realtà da un problema più ampio : quello della posizione internazionale dell ' Italia e dell ' uscita dalla guerra . Col 25 luglio il popolo italiano aveva ripudiato definitivamente il fascismo e aveva condannato la sua opera , ma era rimasto formalmente contro le Nazioni Unite e alleato della Germania nazionalsocialista . Come ora si potesse uscire da questo equivoco ed evitare la rovina totale del paese era l ' unica seria preoccupazione del momento . Purtroppo , proprio su questo terreno dove sarebbe stato più necessario , era difficilissimo intervenire . Consapevole della forza che gli dava la gravità della situazione e mascherandosi dietro il vecchio armamentario retorico degli interessi supremi del paese e della necessità di stringersi tutti intorno a un solo responsabile , Badoglio aveva praticamente inibito ogni controllo sulla sua politica estera che conduceva con criteri di stato maggiore , senza neppure farne parte agli altri membri del governo . Di fronte alle pressioni e alle insistenze dei gruppi politici , il maresciallo rispondeva assumendo un contegno enigmatico , lasciando capire che sentiva le loro esigenze e che il governo era già avanti sulla via di soddisfarle , ma che la terribile gravità del momento gli imponeva un riserbo assoluto , anzi lo costringeva a fingere spesso atteggiamenti non suoi . Le sue dichiarazioni si concludevano generalmente con vaghe promesse e con accenni altrettanto vaghi agli ostacoli che trovava la sua opera . Tutto l ' interesse della situazione politica italiana si concentrò così intorno ad un solo dilemma : il governo fa o non fa le trattative , farà o non farà la pace . Da una parte e dall ' altra di questa alternativa militavano ragioni piuttosto forti . Evidentemente Badoglio non aveva preso il potere in modo così rischioso per assumersi il compito di portare a termine una guerra già perduta . Era inoltre notoriamente antitedesco ; e tutto faceva supporre che avrebbe cercato di staccarsi dalla Germania appena gli fosse stato possibile . In questo caso , se cioè erano in corso trattative militari con gli alleati e si aspettava solo il momento buono per renderle pubbliche , un gesto intempestivo dell ' opposizione diventava un grande errore , poteva far precipitare tutto e dare ai tedeschi il pretesto di prendere in mano la situazione . D ' altra parte , se le trattative non esistevano o erano destinate a fallire , come altri indizi lasciavano supporre , lo starsene in attesa rappresentava una gravissima perdita di tempo e un tradimento di fronte al popolo italiano . Decidere in base a semplici indizi era molto rischioso : si finì col restare sulla linea già adottata di premere sul governo evitando una rottura , e fu solo accentuata la pressione . Questa linea ebbe del resto la sua sanzione pubblica quando , dopo lunghe trattative , gli esponenti dei partiti accettarono le cariche sindacali offerte loro dal ministro delle Corporazioni , Piccardi , a condizione che fosse pubblicato un comunicato in cui dichiaravano di assumere la carica nell ' interesse della categoria , ma di scindere le loro responsabilità sindacali dalla responsabilità politica . Una volta concluso tale patto , mentre i tempi della guerra si affrettavano e incombeva la minaccia di un colpo di mano tedesco con successiva restaurazione fascista , sarebbe stato facile al governo guadagnarsi , se non la collaborazione completa , la fiducia dei gruppi d ' opposizione . Non era necessario per questo tradire nessun segreto militare : bastava mostrarsi più aperti verso le esigenze dell ' opinione pubblica e desistere da una politica interna fatta di compromessi e di paure . Fedele al suo piccolo machiavellismo di generale travestito da uomo politico , Badoglio intensificò invece le contromanovre , moltiplicò gli equivoci e riuscì a produrre un disorientamento totale del paese . Ai primi di settembre , mentre il suo rappresentante era tornato in Sicilia con pieni poteri per firmare l ' armistizio , il maresciallo prometteva in segreto ai capi dell ' opposizione la formazione di un governo politico per la guerra antitedesca , ma intanto faceva spargere voci d ' imminenti soluzioni di compromesso e assicurava i rappresentanti di Hitler della sua indefettibile lealtà . Questa superiore strategia ebbe l ' esito che si meritava : la sera dell'8 settembre la dichiarazione d ' armistizio trovò impreparati tutti quelli che avrebbero dovuto avere una funzione positiva e preparatissimi gli avversari . Poche ore dopo l ' annuncio ufficiale , le colonne tedesche marciavano su Roma e il re e Badoglio fuggivano precipitosamente abbandonando il paese all ' anarchia e allo sfacelo . Le giornate che seguirono l'8 settembre furono le più gravi che l ' Italia abbia attraversato da quando esiste come paese unito . Caduto Mussolini , Badoglio non aveva voluto andare oltre e rompere l ' alleanza nazista per timore di sviluppi che non avrebbe saputo dominare . I suoi seguaci rappresentavano allora le terribili conseguenze di un gesto cosìtemerario : Torino e Milano distrutte , l ' Italia del Nord invasa , un ritorno di elementi fascisti con programma vendicativo . Per evitare questi mali il governo aveva obbligato gli italiani a reprimere il loro primo slancio rivoluzionario e trasformato quella che sarebbe stata una sincera esplosione di popolo in una ambigua manovra diplomatica . I capi militari avevano avuto quaranta giorni di tempo per predisporre la resistenza e ancora cinque giorni dopo la conclusione dell ' armistizio per dare gli ultimi ritocchi alla loro sapiente opera . È questo era il risultato di tante precauzioni : Torino e Milano veramente distrutte , non dai bombardamenti tedeschi ma da quelli alleati , l ' Italia occupata dai tedeschi non fino alla valle del Po ma fino al Mezzogiorno , Mussolini liberato , i fascisti al potere . In una guerra che aveva visto la tragedia della Polonia , il crollo della Francia e della Jugoslavia , nessuno spettacolo fu più tragico del disfacimento della compagine italiana . Delle forze armate , la sola marina eseguì ordini precisi e raggiunse in gran parte i porti alleati ; l ' aviazione praticamente non esisteva più ; l ' esercito entrò nel caos . In tre giorni la resistenza organizzata fu soffocata quasi dovunque . Roma , intorno a cui Badoglio aveva concentrato cinque divisioni , si arrese a due divisioni tedesche ; abbandonata all ' arbitrio dei comandanti militari , senza un responsabile politico , senza una voce che la sostenesse , la città visse tre giorni di angoscia e di entusiasmo , ma la volontà di resistere della popolazione non servì contro gli intrighi dei generali . Nelle altre città manifestazioni d ' inettitudine , viltà , aperti tradimenti dei capi sabotarono la resistenza . L ' armata dei Balcani , forte di quasi trenta divisioni , si sfasciò come un frutto marcio : immense colonne di fuggiaschi raggiunsero la costa sotto la protezione dei patrioti jugoslavi i quali si limitarono a toglier loro armi e vestiario . Tutte le strade d ' Italia si coprirono di sbandati che portarono da un capo all ' altro della penisola l ' immagine vivente dell ' umiliazione e della sconfitta . Le responsabilità dirette di questi avvenimenti , le ragioni dei singoli episodi saranno discusse ancora per molto tempo . Certo il re e i capi militari ne portano il peso maggiore : la loro viltà e la loro inettitudine sono costati all ' Italia quasi quanto i delitti dei fascisti . Certo un intervento più generoso , soprattutto più fiducioso , degli alleati avrebbe modificato notevolmente la situazione : Roma , per esempio , si poteva tenere ed evitare così il senso della catastrofe totale . Ma le responsabilità storiche che confluiscono in questa crisi di pochi giorni superano il gruppetto di uomini che si trovavano momentaneamente in primo piano ; e la lezione diretta che noi possiamo trarne , oltre a un generico sdegno , è la certezza del fallimento della classe dirigente italiana : questo fatto , mascherato per anni dietro ogni sorta di equilibrismi , oggi scoperto e evidente come una piaga incurabile . I soldati che nel settembre scorso traversavano l ' Italia affamati e seminudi , volevano soprattutto tornare a casa , non sentire più parlare di guerra e di fatiche . Erano un popolo vinto ; ma portavano dentro di sé il germe di un ' oscura ripresa : il senso delle offese inflitte e subite , il disgusto per l ' ingiustizia in cui erano vissuti . Ma coloro che per anni li avevano comandati e diretti , i profittatori e i complici del fascismo , gli ufficiali abituati a servire e a farsi servire ma incapaci di assumere una responsabilità , non erano solo dei vinti , erano un popolo di morti . La caduta dell ' impalcatura statale scoprì le miserie che ci affliggevano , scoprì che il fascismo non era stato una parentesi , ma una grave malattia e aveva intaccato quasi dappertutto le fibre della nazione . Poteva scomparire in modo pacifico e i suoi postumi potevano essere curati : le giornate di settembre esclusero questa possibilità e gettarono il paese nelle estreme convulsioni . Tornò il terrore sulle città italiane , appoggiato all ' agonizzante potenza hitleriana , e il fantomatico Duce di Verona cancellò il Duce dell ' autoambulanza , restituì alla reazione la sua maschera tragica . Ormai l ' Italia uscirà da questi crisi attraverso una prova durissima : la distruzione delle sue città , la deportazione dei suoi giovani , le sofferenze , la fame . Questa prova può essere il principio di un risorgimento soltanto se si ha il coraggio di accettarla come impulso a una rigenerazione totale ; se ci si persuade che un popolo portato alla rovina da una finta rivoluzione può essere salvato e riscattato soltanto da una vera rivoluzione . L ' ULTIMA LETTERA Per mio fratello . Napoli , 28 novembre 1943 Carissimo , parto in questi giorni per un ' impresa di esito incerto : raggiungere gruppi di rifugiati nei dintorni di Roma , portare loro armi e istruzioni . Ti lascio questa lettera per salutarti nel caso che non dovessi tornare e per spiegarti lo stato d ' animo in cui affronto questa missione . I casi particolari che l ' hanno preceduta sono di un certo interesse biografico , ma sono troppo complicati da riferire : qualcuno degli amici che è da questa parte vi potrà raccontare come nella mia fuga da Roma sia arrivato nei territori controllati da Badoglio , come abbia passato a Brindisi dieci pessimi giorni presso il Comando Supremo e come , dopo essermi convinto che nulla era cambiato fra i militari , sia riuscito con una nuova fuga a raggiungere Napoli . Qui mi è stato facile fra gli amici politici e i reduci dalla emigrazione trovare un ambiente congeniale e ho contribuito a costituire un Centro Italiano di Propaganda che potrebbe avere una funzione utile e che mi ha riportato provvisoriamente alle mie attività normali e a un ritmo di vita pacifico . Ma in tutto questo periodo è rimasta in sospeso la necessità di partecipare più da vicino a un ordine di cose che non giustifica i comodi metodi della guerra psicologica ; e l ' attuale irrigidirsi della situazione militare , la prospettiva che la miseria in cui vive la maggior parte degli italiani debba ancora peggiorare hanno reso più urgente la decisione . Così , dopo il fallimento , per ragioni indipendenti dalla nostra volontà , di altri progetti più ambiziosi ma non irragionevoli , ho accettato di organizzare una spedizione con un gruppo di amici . È la conclusione naturale di quest ' ultima avventura , ma soprattutto il punto d ' arrivo di un ' esperienza che coinvolge tutta la nostra giovinezza . In realtà la guerra , ultima fase del fascismo trionfante , ha agito su di noi più profondamente di quanto risulti a prima vista . La guerra ha distolto materialmente gli uomini dalle loro abitudini , li ha costretti a prendere atto con le mani e con gli occhi dei pericoli che minacciano i presupposti di ogni vita individuale , li ha persuasi che non c ' è possibilità di salvezza nella neutralità e nell ' isolamento . Nei più deboli questa violenza ha agito come una rottura degli schemi esteriori in cui vivevano : sarà la « generazione perduta » , che ha visto infrante le proprie « carriere » ; nei più forti ha portato una massa di materiali grezzi , di nuovi dati su cui crescerà la nuova esperienza . Senza la guerra io sarei rimasto un intellettuale con interessi prevalentemente letterari : avrei discusso i problemi dell ' ordine politico , ma soprattutto avrei cercato nella storia dell ' uomo solo le ragioni di un profondo interesse , e l ' incontro con una ragazza o un impulso qualunque alla fantasia avrebbero contato per me più di ogni partito o dottrina . Altri amici , meglio disposti a sentire immediatamente il fatto politico , si erano dedicati da anni alla lotta contro il fascismo . Pur sentendomi sempre più vicino a loro , non so se mi sarei deciso a impegnarmi totalmente su quella strada : c ' era in me un fondo troppo forte di gusti individuali , d ' indifferenza e di spirito critico per sacrificare tutto questo a una fede collettiva . Soltanto la guerra ha risolto la situazione , travolgendo certi ostacoli , sgombrando il terreno da molti comodi ripari e mettendomi brutalmente a contatto con un mondo inconciliabile . Credo che per la maggior parte dei miei coetanei questo passaggio sia stato naturale : la corsa verso la politica è un fenomeno che ho constatato in molti dei migliori , simile a quello che avvenne in Germania quando si esaurì l ' ultima generazione romantica . Fenomeni di questo genere si riproducono ogni volta che la politica cessa di essere ordinaria amministrazione e impegna tutte le forze di una società per salvarla da una grave malattia , per rispondere a un estremo pericolo . Una società moderna si basa su una grande varietà di specificazioni , ma può sussistere soltanto se conserva la possibilità di abolirle a un certo momento per sacrificare tutto a un ' unica esigenza rivoluzionaria . È questo il senso morale , non tecnico , della mobilitazione : una gioventù che non si conserva « disponibile » , che si perde completamente nelle varie tecniche , è compromessa . A un certo momento gli intellettuali devono essere capaci di trasferire la loro esperienza sul terreno dell ' utilità comune , ciascuno deve sapere prendere il suo posto in una organizzazione di combattimento . Questo vale soprattutto per l ' Italia . Parlo dell ' Italia non perché mi stia più a cuore della Germania o dell ' America , ma perché gli italiani sono la parte del genere umano con cui mi trovo naturalmente a contatto e su cui posso agire più facilmente . Gli italiani sono un popolo fiacco , profondamente corrotto dalla sua storia recente , sempre sul punto di cedere a una viltà o a una debolezza . Ma essi continuano a esprimere minoranze rivoluzionarie di prim ' ordine : filosofi e operai che sono all ' avanguardia d ' Europa . L ' Italia è nata dal pensiero di pochi intellettuali : il Risorgimento , unico episodio della nostra storia politica , è stato lo sforzo di altre minoranze per restituire all ' Europa un popolo di africani e di levantini . Oggi in nessuna nazione civile il distacco fra le possibilità vitali e la condizione attuale è così grande : tocca a noi di colmare questo distacco e di dichiarare lo stato d ' emergenza . Musicisti e scrittori dobbiamo rinunciare ai nostri privilegi per contribuire alla liberazione di tutti . Contrariamente a quanto afferma una frase celebre , le rivoluzioni riescono quando le preparano i poeti e i pittori , purché i poeti e i pittori sappiano quale deve essere la loro parte . Vent ' anni fa la confusione dominante poteva far prendere sul serio l ' impresa di Fiume . Oggi sono riaperte agli italiani tutte le possibilità del Risorgimento : nessun gesto è inutile purché non sia fine a se stesso . Quanto a me , ti assicuro che l ' idea di andare a fare il partigiano in questa stagione mi diverte pochissimo ; non ho mai apprezzato come ora i pregi della vita civile e ho coscienza di essere un ottimo traduttore e un buon diplomatico , ma secondo ogni probabilità un mediocre partigiano . Tuttavia è l ' unica possibilità aperta e l ' accolgo . Se non dovessi tornare non mostratevi inconsolabili . Una delle poche certezze acquistate nella mia esperienza è che non ci sono individui insostituibili e perdite irreparabili . Un uomo vivo trova sempre ragioni sufficienti di gioie negli altri uomini vivi , e tu che sei giovane e vitale hai il dovere di lasciare che i morti seppelliscano i morti . Anche per questo ho scritto a te e ho parlato di cose che forse ti sembrano ora meno evidenti ma che in definitiva contano più delle altre . Mi sarebbe stato difficile rivolgere la stessa esortazione alla mamma e agli zii , e il pensiero della loro angoscia è la più grave preoccupazione che abbia in questo momento . Non posso fermarmi su una difficile materia sentimentale , ma voglio che conoscano la mia gratitudine : il loro affetto e la loro presenza sono stati uno dei fattori positivi principali nella mia vita . Un ' altra grande ragione di felicità è stata l ' amicizia , la possibilità di vincere la solitudine istituendo sinceri rapporti fra gli uomini . Gli amici che mi sono stati più vicini , Kamenetzki , Balbo , qualcuna delle ragazze che ho amato , dividono con voi questi sereni pensieri e mi assicurano di non avere trascorso inutilmente questi anni di giovinezza . SAGGI CRITICI I . Introduzione a « Kätchen di heilbronn » di Kleist La storia della poesia vive di una continua scoperta , del ricordo mutevole e perenne dell ' opera compiuta . Nessun poeta moderno serve più di Kleist a questa valutazione dell ' arte , e il cammino che resta da compiere per portare la sua opera nel quadro della nostra esperienza è la conclusione di una lunga disputa , l ' ultimo capitolo a una storia accidentata e diversa . Comprendere Kleist significa penetrare nel folto degli equivoci , giungere alla mediazione diretta fra il suo gusto e i contemporanei . E se tale passo è indispensabile per intendere il significato di ogni poesia , qui la ricerca non sarà inutile : non darà scoperte archeologiche ma una mediazione feconda , perché Kleist , come Stendhal o Leopardi , non ha esaurito il giro delle sue ripercussioni , la sua opera è scoperta al gusto dei contemporanei , la sua leggenda non si è ancora estinta nel facile disegno di una mitologia ufficiale . La leggenda di Kleist : il tema è così evidente che ha fornito il titolo di un libro a uno dei suoi critici più recenti . E in realtà la leggenda investe tutto Kleist : procede dalla complessità della sua figura umana e dal significato della sua apparizione letteraria . La critica patetica ha raccolto in lui tutti i motivi di una vita delirante e ha scoperto in quella morte senza esempio la formula per infinite divagazioni . La critica allegorica ha trovato nell ' uomo posto dalla sorte di fronte a Goethe e apparso nel pieno fervore del romanticismo tedesco , un terreno straordinariamente fertile per ogni abuso d ' interpretazione . Tutti gli schemi coincidono con la geometria arbitraria della sua mente : l ' erotismo e la metafisica cristiana , il mito nazionale e quello umanitario . E tutte le formule sono buone per indicare l ' uomo che fu a volta a volta portatore del genio tragico tedesco ed erede della psicologia settecentesca , profeta della Germania liberata e guida ai sentieri dell ' inconscio . Così la « confusione dei sentimenti » di cui parlava Goethe a proposito dell ' autore , si è fortemente arricchita della successiva confusione critica , e il disordine si perpetua nell ' odierna controversia sul valore della sua opera . La poesia resta come un ' intatta ricchezza su questa corrente di notizie e di inganni e offre la sua fortuna mutevole alla nostra ostinata ricerca . Al centro delle varie ambizioni critiche si trova , come si è detto , la vita di Kleist . Una povera vita : di uomo trascinato dalla malattia e sempre angosciato da problemi e miti senza risposta , ma ricca di un oscuro impulso , chiusa in questa orgogliosa follia che fa della sua fine il più singolare episodio dell ' avventura romantica . Forse questo rapporto continuo tra la creazione letteraria e la esperienza di vita - documentato nelle lettere che sono una delle parti indispensabili dell ' opera di Kleist - questo scambio perenne fra il motivo personale che anima gli scritti e l ' invenzione fantastica che egli infuse nella propria esistenza , giustificano un ' attenzione altrimenti superflua ai casi della biografia . Comincia con Kleist una storia che occuperà tutto il secolo XIX , quella storia che ha come sua prima insegna le pistole da viaggio di Werther e giunge fino ai torbidi casi di Rimbaud e al mito moderno del figliuol prodigo . Nasce il ritratto dell ' artista come profugo ; e la sua prima rivelazione coincide col sorgere di una società nuova . Il romanticismo , riconosciuto più tardi nei suoi limiti espressivi , è allora tumulto e passione : cresce nel sangue degli uomini prima che nei loro libri , cambia il destino dei viaggi prima di modificare il corso degli studi . Si trasforma il paesaggio in cui gli europei sono vissuti fino a quel giorno e l ' esatta misura di Palladio cede alle oscure selve medioevali . Prima che gli Schlegel diffondano il verbo della chiesa romantica e quando il libro della Stäel è ancora limitato a un pubblico di lettori colti , la vita orgogliosa di Lord Byron annuncia all ' Europa la scoperta di un mondo nuovo . La vita di Kleist è assai più limitata , porta ancora i segni della provincia prussiana in un ' Europa civile e cosmopolita . I tentativi di interpretazione titanica suggeriti più tardi dai critici deformano notevolmente la realtà : il suo odio per Napoleone , l ' antagonismo con Goethe , la reazione non naturale a Kant , non sono esempi di un positivo orgoglio di fronte ai maggiori uomini del suo tempo , ma piuttosto la prova della sua natura di velleitario . Quello che importa nella sua storia è la capacità di accogliere i motivi biografici più diversi , di fare di una vita privata il perfetto paradigma del secolo . Kleist era nato il 18 ottobre 1777 da una famiglia di nobili della Marca Orientale . Indotto dalla tradizione domestica a entrare nell ' esercito , lascia il servizio a ventidue anni per insofferenza di una disciplina che limita la sua natura , e si dedica allo studio e alla educazione delle persone care con incostante passione . Ma quasi subito comincia l ' irrequietezza che dominerà la sua esistenza . Nel 1800 abbandona una prima volta Francoforte , i corsi universitari e la fidanzata per un misterioso viaggio a Würzburg in compagnia di un amico . Scrive da Würzburg delle lettere esaltate e da quel momento non ritrova più un ordine esteriore da imporre alla propria vita . Ottiene a Berlino un ufficio provvisorio , ma dopo pochi mesi lascia Berlino per Parigi dove spera di potersi dedicare all ' insegnamento del tedesco e della nuova filosofia . La grande città lo sgomenta : deluso dai francesi e dalla loro civiltà cade nell ' episodio rousseauiano e tenta un esperimento di vita primitiva in una piccola isola del lago di Thun . Quando nell ' autunno del 1802 torna in Germania , Kleist ha scoperto la vocazione letteraria e ha riconosciuto una meta a cui rivolgere le proprie disordinate ambizioni . La gloria , il mito settecentesco inteso in tutto il suo candore , lo attira con una forza primitiva , e il giovane quasi sconosciuto parla di aggiungere onore alla tradizione familiare e di strappare dalla fronte di Goethe il lauro del poeta germanico . Conosce a Weimar Goethe e Schiller , è accolto con amicizia da Wieland . Ma in tutto questo periodo matura in lui l ' angoscia che lo trascinerà come un malato o un demente per le città d ' Europa . L ' opera incompiuta , il Guiscardo , lo ossessiona come una febbre fisica : si esalta a ogni riconoscimento del suo stato e traversa ore di pericolosa prostrazione . Nel gennaio del 1803 lascia la casa di Wieland dopo un laconico annuncio alla sorella : « Ho trovato qui più amore che non fosse giusto e presto o tardi devo fuggire : strano destino ! » Soggiorna a Lipsia e a Dresda : propositi di suicidio e confuse aspirazioni per il futuro si mescolano stranamente nell ' esperienza di quei mesi . Nell ' ottobre dello stesso anno , dopo un ultimo colloquio con i suoi , riparte senza una ragione precisa , traversa la Francia in preda a un freddo delirio , e arrivato a Parigi compie il primo gesto tragico della sua vita : brucia tutti i suoi scritti e si congeda dalle persone che amava con una lettera alla sorella in cui annuncia il suo prossimo trapasso : « Mi rallegra la vista della tomba infinitamente bella » . Aveva deciso di arruolarsi nell ' esercito francese raccolto sulla Manica per lo sbarco in Inghilterra e di morire « la bella morte delle battaglie » . Un amico lo trovò qualche giorno dopo mentre errava lungo la costa della Normandia , sospettato di spionaggio e in pericolo di vita , e lo fece rimpatriare . Dal suo ritorno in Germania ( novembre 1803 ) al giugno 1804 non si sa più nulla di Kleist : una malattia che lo colse a Magonza sembra consumare in un ' unica febbre tutte le energie sprecate e gli astratti furori della sua giovinezza . La seconda parte della sua vita porta la stessa impronta di disordinata avventura . Königsberg , Dresda , Praga , Berlino , sono le tappe di un viaggio che non conosce tregua e che non consola il poeta della sua sfortuna e l ' uomo della sua povertà . La sua vicenda è nella corsa precipite dei cavalli , nel distacco doloroso dalle insegne a cui in ogni nuova sosta sembra chiedere rifugio . Traversa come un sonnambulo i campi di battaglia , è arrestato e messo in fortezza , e appena libero torna a cospirare e ad agitarsi . Sempre sprovvisto di denaro vive degli aiuti della sorella e per un certo tempo di una pensione della regina Luisa ; si illude di poter tornare agli uffici pubblici e ricade come in un vizio antico nel mestiere letterario . Riferimenti esterni di qualche importanza per questo periodo sono i giornali che successivamente egli diresse : il « Phoebus » , fondato a Dresda con Adam Müller , che fu per tutto il 1808 uno dei più notevoli fogli del movimento romantico ; la « Germania » appena progettata a Praga nel l ' estate del 1809 come una bandiera di raccolta del nazionalismo tedesco e morta subito dopo la vittoria napoleonica di Wagram ; infine i « Berliner Abendblätter » , quotidiano di opposizione alla politica liberale di Hardenberg , in cui ritorna l ' influsso di Adam Müller e l ' interesse molteplice e insoddisfatto dello scrittore Kleist . Tutte queste imprese , iniziate con grande spreco di programmi , caddero presto quasi travolte dalla instabilità naturale dell ' uomo . E le opere letterarie non ebbero maggior fortuna : editori e direttori di teatro furono costantemente in conflitto col poeta di difficile umore , e dei suoi drammi due soli furono rappresentati in vita e senza successo . Così disgusto e passione si alternarono nel governare gli ultimi anni della vita di Kleist . Nell ' agosto del 1811 scrive ancora : « Appena sarò libero da quest ' impegno , mi proverò di nuovo a scrivere opere di fantasia . A volte durante una lettura o a teatro sento come un soffio della mia prima giovinezza . La vita che posa deserta di fronte a me mi appare d ' improvviso in una luce splendida e sento agitarsi nel mio animo forze che credevo estinte » . Ma poco dopo l ' ultima ondata di disgusto avrà un effetto più duraturo . A Berlino , attraverso amici comuni , aveva conosciuto Henriette Vogel , moglie di un funzionario prussiano e vagamente appassionata di letteratura e di musica . Questa donna non giovane e non bella doveva essere la prima a subire fino in fondo la suggestione di Kleist e doveva dividere con lui il passo più difficile della sua esistenza . Le lettere scambiate fra i due nel periodo della loro breve amicizia testimoniano di una rara esaltazione , contengono frasi che ricordano il linguaggio più acceso di Käthchen , e spumeggiano di tutta l ' enfasi che era nella natura di Kleist . Ma l ' ultimo atto di cui essi furono protagonisti è un modello di consapevolezza e di virtù , la più notevole eccezione all ' inettitudine tecnica di Kleist , il primo capolavoro nella storia segreta dei suicidi . Tutta la barbarie fisica che aveva accompagnato la vita dell ' uomo , il rigurgito di sangue che acceca i suoi personaggi , si placano nella tranquilla visione della morte ; e la tragedia romantica spinta così ai suoi ultimi limiti supera se stessa e ricade in un leggero velo di nebbia e di lacrime . Per il modo in cui fu compiuto quel suicidio non appartiene alla moda transitoria di Werther ma risale agli esempi di una più antica civiltà e si adorna di tutto l ' orgoglio della tradizione stoica . Il 20 novembre 1811 i due amanti partono in carrozza sulla via di Potsdam diretti a una piccola osteria sulle rive del Wannsee . Là si dispongono a una breve villeggiatura e preparano la scena della loro fine con una cura che tradisce la vocazione teatrale di Kleist . Scrivono agli amici le ultime lettere , lettere che resterebbero in ogni caso come un prezioso documento psicologico , tanto l ' ironia e la tenerezza crescono di significato in quello stretto contatto con la morte . Poi , scelto un luogo adatto nel cavo di un vecchio albero , allontanano per un istante la cameriera e si uccidono con la stessa arma : Kleist con un colpo alla bocca , Henriette al cuore , per non turbare in un atto così solenne i lineamenti del viso . Nel corso di questa vita , agitata da un demone così violento , poche cose ebbero un ' importanza non puramente biografica , utile cioè anche per noi . Gli amici erano personalità di secondo piano : meno Adam Müller che ebbe un influsso durevole sulla sua attività intellettuale , tutti gli altri furono piuttosto episodi della vita di Kleist che figure dotate di una esistenza propria . Le sue relazioni letterarie con i contemporanei sono assai curiose : dai rapporti con Wieland , Goethe , Arnim , Fouqué , Tieck , risulta che essi erano colpiti soprattutto dagli aspetti bizzarri della personalità di Kleist , dalle sue tare fisiche e insieme dal singolare fascino che contrastava con la mediocrità apparente dell ' uomo . Quando Goethe , molti anni dopo la morte di Kleist , volle raccogliere il suo giudizio sull ' uomo , disse : « Egli mosse sempre in me , con le più pure intenzioni d ' affetto , sgomento e orrore , come un corpo ben dotato dalla natura che soffra di una malattia incurabile » . Queste parole spesso interpretate come un segno di inimicizia sono la prova migliore dell ' equanimità penetrante di Goethe . Di fronte al male che assillava Kleist egli non poteva esprimere meglio il proprio distacco , e se più tardi una cattiva letteratura ha preso origine da questo giudizio , la colpa è di chi non ha saputo distinguere fra patologia normale e critica della persona . La lettera che Goethe scrisse a Kleist dopo la lettura della Pentesilea tocca come un ferro di chirurgo i punti morti della fantasia kleistiana , e nessuna interpretazione allegorica può aggiungere qualcosa alla chiarezza dei rapporti letterari che essa pone fra i due uomini . Nietzsche indicò più tardi con parole precise il vero dissidio che li separava quando disse che Goethe aborriva in Kleist « i lati incurabili della natura » , quella zona segreta da cui nasce la tragedia e da cui Goethe volle sempre tenersi lontano come gli animali dal buio . Goethe , per cui il solo pensiero di scrivere una tragedia era stato un tempo un ' angoscia e un pericolo , non poteva accettare la natura tragica di Kleist ; e pieno di sgomento di fronte a quella favolosa creatura , Pentesilea , non poteva riconoscere l ' uomo il quale confessava di aver posto nella storia inumana dell ' amazzone « tutto il dolore e tutto lo splendore della propria anima » . Sul significato di Kleist come uomo politico le opinioni sono discordi . La politica dei romantici è sempre stata una categoria molto imprecisa , e Kleist , così vicino a Adam Müller , ne divise tutte le incertezze e i pericoli . Ma egli era cresciuto in un ' epoca in cui certi valori di civiltà e di vita politica europea erano stati troppo chiaramente enunciati perché si potessero subito scordare , e il nazionalismo a cui si convertì negli ultimi anni non è affatto comparabile ad altre manifestazioni più recenti dello spirito tedesco . Le espressioni del suo odio verso la Francia furono sì acerbe e terribili , come tutto quello che veniva da Kleist , ma la Germania del 1810 , ora confusa in un mito comune di sangue e di suolo , non era la Germania del 1870 , né quella del 1933 , e l ' esaltazione patriottica che ebbe tanta parte negli ultimi anni di Kleist non intaccò mai la sua coscienza di uomo . Così anche i suoi scritti più feroci , come il Catechismo di un tedesco , conservano le tracce di una sana educazione illuministica e sono penetrati da un linguaggio di libertà e di giustizia a cui l ' empito retorico non toglie ogni accento generoso . Infine l ' ultimo elemento che non si può trascurare perché in certo modo circoscrive tutta la personalità di Kleist è quello erotico . È stato detto che la sua vita è il problema erotico personificato , e certo una gran parte dell ' interesse rivolto a Kleist da alcuni strati della cultura moderna si deve a questa singolare posizione sessuale . Fino dai primi anni le donne occupano interamente la sua esistenza : Ulrike , la sorella , è l ' unica ad accompagnarlo anche nelle più infelici avventure , e la fidanzata di Francoforte , Wilhelmine von Zenge , è strettamente legata al suo sviluppo intellettuale . Poi figure concrete : le sorelle von Schlieben , Luoise Wieland , Maria von Kleist , Henriette Vogel , e altre persone appena intraviste , come la leggendaria contadina del lago di Thun , determinano crisi e rinascite nella vita di Kleist , sono protagoniste della sua avventura terrena e insieme episodi della sua storia fantastica . Ogni tentativo di far coincidere questi due mondi è destinato a fallire : resta il fatto , soltanto importante per noi , che a eccezione di Kohlhaas tutti i drammi e tutti i racconti di Kleist hanno come sfondo un tema erotico . Una così forte concentrazione di sentimenti basta a far presumere una natura anormale , e in realtà i rapporti che Kleist ebbe con tutte queste donne furono tempestosi e ambigui . La chiave biografica della sua situazione sessuale è nel viaggio a Würzburg del 1800 : di là egli scrisse a Wilhelmine von Zenge alcune strane lettere in cui accennò più volte al gran mutamento intervenuto nella sua vita , all ' atto che lo aveva reso degno di lei , e al loro avvenire di felicità matrimoniale . Dopo le prime indulgenti interpretazioni ottocentesche , secondo cui il poeta avrebbe avuto nel suo viaggio la rivelazione della natura , i biografi sono ora quasi tutti d ' accordo nel ritenere che Kleist abbia subito a Würzburg una cura intesa a guarirlo di una debolezza di origine nervosa sopravvenuta per eccessi giovanili . Un simile dato di fatto riempì naturalmente di giubilo la cultura positivista della fine del secolo scorso , e da allora tutta la critica di orientamenti psicanalitici ha fatto di Kleist il suo eroe , confondendo valori letterari e curiosità biografiche e tentando di stabilire impossibili determinismi . Ora , dissipato forse l ' errore freudiano , non sfuggirà il valore letterario di questo episodio . Alcmena , la marchesa di O . , Toni del Fidanzamento a San Domingo , sono i personaggi di un mondo di cui Käthchen di Heilbronn e Pentesilea rappresentano i due poli estremi e che è stato rivelato da Kleist con una intensità senza pari . La dilatazione dell ' erotismo fino ai suoi limiti morbosi , il furore del sangue e del sesso danno l ' accento più deciso all ' opera di Kleist e la mettono così violentemente in contrasto con l ' ambiente in cui nacque . Il mondo morale dell ' uomo del Settecento dominato da alcuni universali , la virtù o la grazia , si dissolve e scopre enormi piaghe e passioni insoddisfatte . Su questa via si eserciteranno poi innumerevoli altri nei cento anni che vanno da Kleist a Baudelaire e da Baudelaire a Joyce . Parlare di decadentismo qui è forse superfluo : certo Kleist è legato a un determinato momento della nostra sensibilità ; e queste conclusioni a cui si giunge attraverso un esame sommario della sua vita trovano la loro conferma più chiara nell ' analisi del suo sviluppo interiore . All ' origine della personalità culturale di Kleist non sta un letterato ma un moralista . Tutti i documenti che si posseggono della sua giovinezza provano che i suoi interessi erano prevalentemente morali , quasi mai orientati in senso tecnico . Occupò molti anni nello studio delle scienze , uno studio concepito in modo illuministico e sempre rivolto al perfezionamento della personalità umana ; si dedicò alla matematica e alla filosofia con l ' eclettismo proprio del suo tempo . Direi che il livello medio dell ' educazione illuministica è rappresentato benissimo dal giovane Kleist , con la mania pedagogica e il gusto delle affermazioni morali , il vago empito religioso che accompagnava ogni sua certezza . Le lettere giovanili alla sorella e alla fidanzata sono un terribile esempio di questa serietà di autodidatta ; si sentiva successivamente attirato dai vari rami della , scienza settecentesca e voleva versarla con ordine nel grembo delle due donne . Organizzava corsi e dava lezioni ; una volta , scrisse che non concepiva come si potesse vivere senza costituirsi un piano di esistenza . E già il senso della malattia affiora in quest ' ordine trascendentale , lo rende così distante dall ' ordine umano di Goethe . Più tardi anche il suo maggior incontro nel campo della cultura tedesca , quello con la filosofia kantiana , fu dominato dallo stesso squilibrio . Credette di trovare nell ' affermazione kantiana dell ' inconoscibilità del noumeno la condanna di tutti i suoi sforzi di adolescente e fu preso da una disperazione quasi fisica . Lasciò allora i progetti e le ambizioni che lo avevano occupato fino a quel giorno , prese a viaggiare e a scrivere con lo stesso dissoluto entusiasmo . Ora si discute dai critici se Kleist abbia capito Kant e addirittura se lo abbia letto nel testo . Ma l ' incontro col pensiero kantiano è certo un momento decisivo nella storia del poeta Kleist . Esso segna lo sfasciarsi della costruzione razionalistica , la prima crepa in un sistema di pensiero che aveva difeso come una corazza il giovane scrittore . Le affermazioni di libertà dell ' individuo e di trionfo delle passioni succedono agli atti di fede nella scienza e nella virtù , l ' enfasi del sentimento sostituisce l ' enfasi della ragione . La tesi kantiana , ingenuamente tradotta in termini personali , non sparirà più dall ' opera di Kleist e il conflitto fra verità e apparenza ritornerà come un tema ossessivo nelle vicende dei drammi e dei racconti . Ma un processo descritto in termini così rigorosamente intellettuali rischierebbe di ingannare sulla natura dell ' evoluzione di Kleist . Il viaggio a Würzburg del 1800 aveva destato in lui un vago bisogno di azione , e alla certezza distrutta nel dominio dell ' intelletto egli doveva sostituire un nuovo credo . Le dottrine filosofiche e pedagogiche che avevano rivelato la categoria del sentimento furono il migliore impulso a uscire da questa crisi , e nelle Confessioni di Jean - Jacques egli trovò quello che non potevano dargli la critica kantiana e l ' alto esempio di Goethe : una spiegazione della propria natura . Così i motivi della sua fede giovanile cadono fra i residui scolastici e il nome che da allora ricorre più spesso nelle lettere di Kleist è quello di Rousseau . In un simile passaggio da una circoscritta educazione illuministica , attraverso la nuova filosofia , alla scoperta di un mondo che si pone come il mondo della libertà e dell ' individuo creatore , è facile riconoscere uno splendido paradigma del secolo , oltre che la migliore guida per seguire l ' evoluzione del poeta . La vittoria del motivo sentimentale coincide in Kleist con la conquista dell ' espressione letteraria : il mondo che egli ritrova nell ' intimo della propria natura è quello che Rousseau ha scoperto e che i romantici difendono nel loro fervore rivoluzionario . Debole e irruento Kleist doveva esprimere meglio di ogni altro questo capovolgimento di valori : la lettera a Rühle von Lilienstern dell ' agosto 1806 è la più netta smentita ai precetti contenuti nella dissertazione di sette anni prima al maestro Martini . Il lavoro intellettuale esaltato allora come unica strada alla felicità è ora respinto come un peso inutile : « O l ' intelletto ! Lo sciagurato intelletto ! Non studiare troppo , mio caro . La tua traduzione di Racine ha brani eccellenti . Segui il tuo sentimento . Quello che ti pare buono , daccelo , e alla buon ' ora . È come e un colpo di dadi , ma non esiste altro » . Un passo ulteriore su questa via sarà compiuto qualche anno dopo con il saggio Sul teatro delle marionette , il più importante scritto teorico di Kleist . Due interlocutori immaginari nel giardino pubblico di una città tedesca espongono la tesi della superiorità del burattino sull ' attore : libero il primo dalla legge di gravità , gratuito e perfetto in ogni suo gesto ; ancora avviluppato il secondo nel giro delle proprie intenzioni . Con quest ' ultimo saggio Kleist pone i fondamenti di un ' estetica irrazionalista che potrà essere compresa solo in tempi molto vicino a noi : perché l ' esaltazione della marionetta come mezzo espressivo implica il rifiuto di ogni verosimiglianza esteriore e la scoperta del surreale . È notevole che una storia così elaborata non contenga quasi elementi letterari . I nomi che contano sono Kant e Rousseau , nomi di filosofi e di moralisti ; e gli scritti teorici a cui si è accennato valgono appena come rare intuizioni o si limitano a fornire notizie sulla genesi del suo linguaggio drammatico . Ogni altro tentativo di istituire rapporti di scuola o di tendenza è destinato a fallire di fronte a una personalità così violentemente autoctona . Le sue letture giovanili furono probabilmente scolastiche : i classici latini e greci , i maestri di retorica e gli scrittori francesi del gran secolo . Più tardi conobbe i contemporanei e , certo molto bene , le opere di Wieland e di Goethe e il teatro di Schiller . Per rintracciare un influsso preciso sull ' opera di Kleist al di fuori di questo cerchio limitato di interessi bisognerà arrivare a un curioso teorico dei sogni , E . G . von Schubert , o risalire all ' esempio di Shakespeare , dove ogni riferimento ai testi diventa problematico e una vaga parentela spirituale conta ancora più di qualsiasi derivazione provata . Da Goethe , così raffinatamente letterato pur nei suoi vari interessi , lo distacca questa mancanza di interessi formali . La storia delle opere di Goethe è una storia di esperienze letterarie e i suoi diari e le sue conversazioni provano una continua attenzione alle cose dell ' arte . In Kleist non ci fu mai una precisa natura di letterato : soprattutto non si può parlare per la sua opera di progresso stilistico . Quando nel 1800 egli dichiara di aver dinanzi a sé una carriera letteraria , questa affermazione non suona diversa da altre precedenti , cadute nel rapido corso delle ambizioni kleistiane . Ma aveva scoperto quel giorno la propria vocazione maggiore e la sua prima opera ha già tutti i segni di una necessità rigorosa , è l ' immagine giovanile di un ' opera classica . Da allora tutti i drammi e i racconti di Kleist vivranno di questa fortissima impronta senza che una sensibile evoluzione formale accompagni il loro crescere , modifichi oltre alla tecnica e i dati esteriori le più profonde qualità del linguaggio . Necessità non vuol dire facilità ; e la lunga fatica sul Guiscardo , le ricorrenti crisi di disperazione basterebbero a provare la serietà del suo impegno di poeta . Quello che si sa del suo modo di comporre conferma la nostra ipotesi . Arnim e Brentano derisero la sua diligenza di letterato , l ' interminabile lavoro di correzione a cui si dedicava sui testi ; e tutti gli altri critici più acuti hanno sottolineato l ' elemento di pedanteria senza di cui non è spiegabile la personalità di Kleist . Probabilmente egli trasportò nelle cose dell ' arte un ' abitudine giovanile : quel complesso scolastico , quel bisogno di perfezione e di ordine che avevano accompagnato i suoi fallimenti di uomo e che dovevano trovare la loro giustificazione proprio nell ' opera letteraria . Tali notizie contrastano con l ' immagine fantastica che è rimasta del poeta . Ma la tendenza all ' interpretazione puramente dionisiaca di Kleist , oltre che piuttosto volgare nei suoi motivi , è inesatta letterariamente . Lo spirito dionisiaco penetra certo Pentesilea ( che infatti è giudicata l ' opera capitale da quegli interpreti ) , ma non spiega la costruzione rigida dei racconti , non giustifica gli ultimi documenti della sua vita : quelle lettere che annunciano il suicidio e cominciano come Kohlhaas o la Marchesa di O . , col freddo gelo di un enunciato : « Giacciamo uccisi sulla via di Potsdam ... » . In realtà nessuna interpretazione univoca basta a esaurire la vitalità di un poeta ; e dove altri hanno seguito il flusso di follia che penetra in apparenza tutto il suo mondo , a noi converrà tracciarne i limiti , salvare ciò che d ' ingenuo e pittoresco continua al crescere fra quelle rive tempestose . Solo in questa involontaria dialettica si potrà riconoscere una nuova immagine dello scrittore e dare alla sua figura storica una più profonda ragione . Come il fenomeno culturale Kleist è il rompere di energie sentimentali da un involucro razionalista e settecentesco , così il fenomeno letterario è il brivido che a un tratto percorre l ' unità ragionata della sua opera . E lo sgomento che da Goethe ai contemporanei coglie i lettori di Kleist nasce dal pensiero che il suo volto nasconde la perenne ambiguità della maschera tragica , che il giovane malaticcio e balbuziente porta dentro di sé l ' urlo feroce di Pentesilea e la desolata follia di Käthchen . Quando nel 1821 Tieck raccolse e pubblicò le opere di Kleist , si fermò nella sua prefazione sul Principe di Homburg , che vedeva allora la luce per la prima volta e che definì un dono incomparabile per il teatro tedesco , e subito dopo sulla Famiglia Schroffenstein e su Käthchen di Heilbronn . Da allora il furore critico che Kleist ha sempre attirato su di sé si è ripercosso nella diversa valutazione delle opere . In particolare delle due grandi correnti ideologiche che si dividono la critica kleistiana , quella psicanalitica e letteraria ha preferito Anfitrione e Pentesilea , mentre quella eroica e celebrativa , ancora molto forte in Germania , ha messo l ' accento soprattutto sulla Battaglia d ' Arminio . Ora dopo oltre un secolo di diverse contese è forse giusto tornare sul giudizio di Tieck e , lasciando da parte il Principe di Homburg che è l ' opera meno discussa , mettere di nuovo a fuoco gli altri due drammi . Appunto perché sottratte all ' ideologia , la Famiglia Schroffenstein e Käthchen di Heilbronn sono per noi le opere che restituiscono più chiara l ' immagine di Kleist . Meno immediate di Pentesilea , più deboli del Principe di Homburg , esse rispondono meglio di quei drammi al nostro vivo bisogno di poesia . E in questo caso l ' accordo col giudizio di Tieck non sarebbe casuale perché indicherebbe un avvicinamento alla misura originaria del poeta attraverso le soprastrutture e gli inganni di una lunga epoca critica . La Famiglia Schroffenstein , edita nella forma attuale nel 1803 ma in quel tempo già più volte rielaborata , ha caratteri evidenti di immaturità su cui tutti i giudizi sono concordi . Tuttavia è con Käthchen l ' opera che illumina meglio il momento shakespeariano nel dramma di Kleist e resta , nella grande confusione di stile e di motivi , un ' opera straordinariamente vitale . I grandi conflitti di virtù astratte e di sentimenti che si ripeteranno poi fino a Kohlhaas sono presentati con molta chiarezza nei primi atti di quel dramma . Ma quando l ' impostazione retorica e ogni tanto la tecnica del verso farebbero pensare a Schiller , un ' ondata di entusiasmo kleistiano travolge i limiti apparenti , crea una atmosfera di desolato stupore nuova nel teatro tedesco . Il desiderio e l ' angoscia , gli stadi elementari della passione , risolvono le virtù astratte dei personaggi : le figure si cancellano ai nostri occhi e l ' azione si perde in un vago clamore verbale . Qualche edizione tedesca conserva ancora il quadro degli « Hauptcharaktere » nella Famiglia Schroffenstein . Un simile lavoro , perfettamente ozioso , mostra come non si sia capito nulla del significato dell ' opera e in genere dell ' ispirazione romantica . Le categorie psicologiche inventate per il teatro francese si applicano ancora benissimo a Schiller , ma diventano uno stupido strumento scolastico per chi voglia misurarvi i personaggi di Kleist . Descrivere i caratteri della Famiglia Schroffenstein è press ' a poco come fissare in una formula psicologica i protagonisti dei Fratelli Karamazoff . Con Kleist , almeno con il Kleist più ardito di Kätchchen e della Famiglia Schroffenstein , comincia quella dissoluzione del personaggio che porterà ai più sconcertanti esempi moderni : ora marionette , ora esseri profondamente razionali , gli uomini e le donne di quei drammi sfuggono a qualsiasi modulo esteriore , vendicano nella loro assoluta libertà il lungo asservimento a una poetica classica . La vicenda si snoda e si perfeziona , tocca episodi di un tragico temerario e si perde in battute gratuite e superflue : l ' interesse lascia sempre più la rappresentazione dei fatti per guidarci a una segreta e fortissima « orchestra » . E qui soccorre un ultimo esempio che probabilmente non è stato mai fatto e che è forse il più significativo per Kleist : quello dell ' opera lirica . Pare che Kleist mostrasse da giovane un notevole talento musicale , ma questa può essere una coincidenza senza valore : quello che è certo è che il suo genio drammatico ha i suoi veri eredi soltanto nei grandi operisti dell ' Ottocento . Il senso del tragico , presto scaduto nelle formule del teatro borghese , doveva trovare soluzioni inattese nello scenario confuso dell ' opera in musica . Hebbel e Ibsen sono lontanissimi da Kleist e come in genere tutta la letteratura ottocentesca trasportano in un linguaggio moderno problemi e miti ereditati da Schiller . Ma per capire Kleist è molto più utile seguire la linea che da Weber e Berlioz porta a Wagner e considerare in ultima analisi il nome sorprendente di Verdi . Chi trovasse arbitrario l ' ultimo riferimento pensi alla concitazione di certe scene di massa , al continuo alternarsi di episodi patetici e di effetti brutali , infine a quell ' assurda conclusione del quinto atto dove in un ' apoteosi di vestiti scambiati , di personaggi inutili e di omicidî non commoventi tutti i nodi del dramma , si sciolgono come per caso . Un senso , così eroico dell ' assurdo è rintracciabile solo nell ' opera lirica italiana , e Rigoletto e Un ballo in maschera sono il più bell ' epilogo di un dramma avviato per queste strade . Accanto a questo aspetto ideologico , la Famiglia Schroffenstein interessa per un altro motivo : filologico . Nasce in quel dramma il linguaggio di Kleist , quel verso fatto di spezzature e di ripetizioni , che dà al dialogo un carattere fortemente antiaccademico e interrompe ogni voluta retorica in un improvviso singhiozzo . Il sonnambulismo dei personaggi si esprime naturalmente in questa forma concitata e contrasta nel modo più netto con la lucida visione del mondo degli eroi schilleriani . Per la prima volta si parla sul teatro tedesco un linguaggio che non ha nulla a che fare con la tradizione letteraria , né col basso realismo della commedia volgare . Sarà appunto questo linguaggio , portato a un alto grado di perfezione , che tornerà in Käthchen con tutti i segni della maturità di Kleist . Quale sia il vero messaggio di Käthchen , religioso e umano , è stato discusso fra gli interpreti che hanno voluto riconoscervi una complicata allegoria kleistiana . Per noi il messaggio poetico è molto chiaro ed è contenuto nel rapporto , altrove enunciato dallo stesso autore , fra l ' azione come giuoco istintivo di sentimenti e il linguaggio come giuoco istintivo di parole . Nel suo saggio Sulla elaborazione progressiva delle idee Kleist dà alcuni splendidi esempi di quello che egli intendesse per fantasia letteraria : capacità di segnare su un libro aperto i moti della immaginazione , sviluppo autonomo del linguaggio da una facoltà non controllata . A questo irrazionalismo estetico corrispondeva nell ' ultimo periodo della vita di Kleist un profondo irrazionalismo etico . Così la verità e il bene si manifestano solo attraverso gli aspetti notturni della nostra natura , nei momenti in cui cade ogni schermo e sorgono immagini che l ' intelletto non spiega . Di qui l ' importanza del sogno in Käthchen , il contrasto fra quello che si manifesta alla luce del giorno e le assorte figure della notte , il rompersi dei piani degli uomini sotto l ' impero di una più forte volontà . Käthchen è il dramma dell ' imprevedibile ; nel colmo delle scene risolutive i personaggi si mettono a discutere degli argomenti più impensati e suscitano un ' improvvisa tensione come acrobati che si affannino nel vuoto ( vedi il bellissimo episodio dei servi che litigano per appoggiare la scala nel terzo atto ) . Scene assolutamente gratuite come il dialogo fra il Burgravio di Friburgo e Giacomo Pech , pure nel terzo atto , hanno per molto tempo provocato lo sdegno dei critici . Eppure il genio del teatro romantico tedesco è proprio in questa libertà di parola , nel nobile sdegno di ogni compiutezza esteriore . Dal Gatto con gli stivali di Tieck , a Scherzo , satira , ironia di Grabbe , al Woyzeck di Büchner , corre una tradizione in cui l ' amore della « licenza » è diventato motivo di una nuova e libera maniera poetica . Kleist fu l ' assertore teorico di questo mondo quando nella conclusione del saggio Sul teatro delle marionette accennò a coloro che per aver mangiato di nuovo all ' albero della saggezza sarebbero tornati nella primitiva innocenza . Solo alla luce di questo paradosso , romantico si può comprendere il valore positivo di molte ingenuità che turbano Käthchen e risolvere le contraddizioni di un tale « sorprendente miscuglio di cose sensate e insensate » , ( Goethe ) . Così le figure del dramma non sono uomini e donne legati a una vicenda corporea , ma attori di una storia fantastica . Cunegonda è essenzialmente « personaggio » , quasi marionetta che i fili dell ' immaginazione sottraggono a ogni peso terreno . La sua parte è strettamente verbale , i suoi gesti non corrispondono a una premessa psicologica , ma avvengono , secondo le parole di Kleist , nel dominio astratto della legge del pendolo . Perfino l ' assurdo particolare della sua composizione fisica è una garanzia di naturalezza in quanto toglie ogni pretesa di veridicità alla favola di cui essa è protagonista . E del resto ogni inverosimiglianza non è salvata dal riso che corre per tutto il dramma , da quel raro e difficile impiego dell ' umorismo nell ' opera tragica ? A questa estrema rarefazione intellettuale corrisponde in Käthchen di Heilbronn una grande semplicità di sentimenti e di visione . Kleist confessò più tardi di aver ceduto in quell ' opera a suggestioni esteriori , e normalmente si riconosce in Kätchen un traviamento del gusto in senso popolare . Ma esiste qualcosa di più di una semplice adesione alla moda dominante e il consiglio di Goethe conta per qualche cosa accanto agli applausi del pubblico . Una delle espressioni più felici che Goethe abbia trovato per indicare il suo distacco da Kleist è quella del « teatro invisibile » . E il voltafaccia più notevole nel corso dell ' opera di Kleist è appunto quello che precede i due ultimi drammi : Käthchen di Heilbronn e il Principe di Homburg . Dopo la Famiglia Schroffenstein lo scrittore Kleist si era inoltrato per strade assai difficili . Il Guiscardo , iniziato press ' a poco nello stesso tempo ma con diversi propositi , porta già l ' impronta di un altro ingegno . È il tipico esempio dell ' ambizione umana di Kleist , della grandiosità imperfetta della sua natura . Wieland disse per primo la frase famosa che « se Eschilo , Sofocle e Shakespeare si fossero riuniti in una sola persona , non avrebbero potuto scrivere qualcosa di più alto del Guiscardo » . E da allora è rimasta intorno a quell ' opera un ' aura di commosso stupore . Gran parte di questa fortuna si deve probabilmente alla mania tedesca dell ' opera incompiuta , dell ' abbozzo come dato metafisico . In realtà del frammento il Guiscardo ha tutti i difetti : resta come opera tragica fermo a una promessa iniziale che nasconde la sorte matura del dramma , e vive di questa incerta promessa e del linguaggio straordinariamente vigoroso delle prime scene . La Brocca rotta è completamente isolata nell ' opera di Kleist e in fondo nella letteratura tedesca . Gli imitatori hanno cercato invano di riprodurre la straordinaria vitalità di questo episodio e i fedeli di Kleist non persuadono nel loro tentativo di allegorizzare il breve quadro di genere oltre i suoi limiti di perfetto esercizio tecnico . Molto più ricco di significati certi è Anfitrione in cui i sottili veleni kleistiani agiscono già in profondo . Da un testo così condizionato dal gusto di una società moderna , come quello di Molière , Kleist è riuscito a ricavare una storia senza tempo , un ' avventura profondamente allusiva in cui gli effetti dell ' intrigo sono sacrificati a una complicata ricerca umana . La « confusione di sentimenti » è palese in quel dramma : l ' abbandono della norma universale per una pericolosa eresia . Già ai contemporanei parve ripugnante quel miscuglio di sacro e di profano , e Goethe si sdegnò del « travestimento cristiano » dei personaggi . Infine con Pentesilea i motivi che urgono nei drammi precedenti si rivelano con una forza inaudita : la volontà di Kleist di scendere negli angoli più remoti della coscienza rompe ogni freno e celebra la sua vittoria nella sanguinosa visione dell ' amazzone . Non solo la leggenda antica è violata nei suoi sensi , ma un mondo nuovo è scoperto negli impulsi e nelle passioni di quegli eroi . Dopo la discesa agli inferi che è Pentesilea , il poeta non poteva che perdersi nelle nebbie del « teatro dell ' avvenire » o per la via opposta tentare una soluzione liberatrice con una fuga nel visibile . Käthchen di Heilbronn serve proprio per questo , per ritrovare la purezza discreta dell ' opera d ' arte , la sua dolce invenzione . I castelli che ardono nello sfondo di questo dramma , i fiumi passati a guado , le notti di tempesta non sono vuoti scenari , ma i simboli di un mondo esterno che si ricompone lentamente . In questo gusto della visione immediata Kleist ritrova una dote essenziale della sua natura di poeta : la capacità di scorgere e di rappresentare . Heine lo definì « scrittore plastico » , e in realtà egli che si lamentava dei propri « mezzi talenti » fu l ' unico a possedere un vero talento espressivo fra i suoi contemporanei . Fouqué è pallido e mediocre , Arnim artificioso , Friedrich Schlegel paurosamente astratto , accanto a questo animatore di figure e di gesti . E mentre i suoi personaggi si muovono con assurda evidenza e la favola confina sempre più col puro giuoco fantastico , Käthchen di Heilbronn porta su queste scene fittizie il respiro di una più pura umanità . Essa traversa la storia come una creatura di un ' altra razza , una creatura di carne in mezzo a creature di legno , e il suo linguaggio d ' amore tocca una zona più profonda della nostra coscienza e lega l ' intero dramma di Kleist alla storia della vera poesia . II . Saggi sul teatro tedesco I . Introduzione . È consuetudine che ogni antologia si presenti al pubblico con una serie di precisazioni e di limiti iniziali che valgono in sostanza come una difesa dalle accuse più facilmente prevedibili . In realtà il compito di riunire opere e collaboratori diversi , per uno scopo già difficile , è tale che quasi sempre si sopporta malvolentieri la responsabilità dell ' esito e si preferisce disperderla nel numero o imputarla alle circostanze . Ma , al di fuori di questa comprensibile premura giustificativa , un onesto dialogo col lettore è indispensabile per chiarire le intenzioni di chi ha contribuito al lavoro e per sopperire al difetto di unità e di coerenza nella struttura esterna dell ' opera . Scopo di questa raccolta è dunque di introdurre il pubblico italiano alla storia del teatro tedesco , una storia tortuosa e ricchissima , da cui molte sorprese potranno derivare a chi non ha consuetudine con quella civiltà letteraria . Nessun popolo come il tedesco , salvo forse gli spagnoli , ha sentito il teatro con tanta vitale necessità , ne ha fatto il suo più illustre mezzo d ' espressione e insieme la platea di tutti i disordini e gli entusiasmi popolari . La lingua tedesca nasce in opere dialogate : Il villano di Boemia , che diamo come introduzione alla nostra raccolta , è uno dei primi monumenti della prosa letteraria in Germania , e il passaggio dal linguaggio di curia a quello di una libera espressione artistica vi si avverte in tutta la sua rozza purezza . Hans Sachs sarà un secolo più tardi il corifeo di una società borghese matura e vigorosa per cui la letteratura è svago e distrazione , prima testimonianza seritta di una civiltà che si riconosce e si scopre . Ma il teatro quale noi lo intendiamo comincerà col barocco . In quell ' epoca consacrata all ' eloquenza il teatro è molto più che un genere letterario , è la più completa rappresentazione della vita e la sua celebrazione nobile e popolare insieme . Gli uomini che lo creano , Opitz , Gryphius , sono i legislatori di un gusto che si riproduce deformandosi fino nei più umili strati sociali , i maestri di un tempo che essi sorvegliano dall ' alto della loro dottrina come dal sommo di una scalinata barocca . Intorno a loro pullula tutta una serie di manifestazioni minori ma vivacissime , spettacoli di comici vagabondi e teatro edificante degli ordini religiosi , farsa popolare nella polvere del retrobottega e lucida e armoniosa opera di corte . La satira sociale si alterna con la trattazione di soggetti sacri in questo bisogno di vedere e di esprimere , e personaggi contrastanti si schierano in un ' unica parata allegorica . Così sulle scene di legno , oltre le povere vicende dei mimi , si svolgono le controversie che animano tutta la vita spirituale tedesca e gli ideali dei dotti trovano nel teatro il loro specchio concreto , il loro punto di contatto con la folla mutevole delle città . Quando più tardi anche in Germania si fa sentire la grande ventata di rinnovamento , il bisogno di uscire dagli idoli barocchi , per seguire le vie diritte della ragione e quelle tortuose e ambili del sentimento , due scuole si fronteggiano , ricche di tesi e di programmi : ma insieme Lessing dà l ' esempio più insigne di quello che sarà il teatro moderno e dedica il suo ingegno sagace e attivo al lungo lavoro della Drammaturgia amburghese . Finalmente , quando la cultura tedesca , già antica e gloriosa , trova la sua vera pienezza , si libera delle pastoie dell ' imitazione straniera , per fare della Germania la più ricca provincia letteraria d ' Europa , i nomi che portano più lontano questo messaggio sono Goethe e Schiller ed è ancora dalle tavole di un palcoscenico che i loro attori parlano all ' Europa la lingua di una epoca nuova . Accanto a questo rigoglio letterario e conseguenza naturale di tanta ricchezza e di tanto fervore si sviluppa il mezzo tecnico , il teatro , voglio dire , come complesso di artifici e di esperienze , come scuola e come spettacolo . Questo privilegio dura fino a oggi , e chiunque abbia mai varcato la soglia di un teatro tedesco sa quale atmosfera di nobile tradizione si respiri in quelle sale venerabili come accademie . La linea che è stata scelta da noi per seguire questa complicata vicenda è naturalmente quella che ci è parsa più dritta : la linea della poesia . In una rassegna destinata a indicare sommariamente i termini di un ' evoluzione che dura qualche secolo , stabilire rapporti esatti e definire momenti culturali con giusta approssimazione sarebbe stato un compito impossibile . Si è voluto tuttavia uscire dall ' anonimo dei passaggi obbligati per segnare risolutamente alcuni filoni , quelli più ricchi , secondo noi , di genuine possibilità poetiche . Nei limiti consentiti dallo spazio e con l ' obbligo di non cancellare episodi la cui importanza culturale sia indiscutibile , scelte e omissioni vogliono indicare cioè un deciso atteggiamento di gusto e si propongono come esemplari . I primi testi contenuti nella raccolta hanno ancora l ' aspetto grezzo dei monumenti arcaici , ma sono , come quelli , pietre su cui edificheranno le civiltà successive . Lo spazio più ampio è dedicato invece agli anni che vanno dall ' irrompere dello « Sturm und Drang » fino al più maturo romanticismo : in quegli uomini che , secondo l ' espressione di Goethe , ebbero vent ' anni quando la Germania aveva vent ' anni , riposa ancora il germe più fecondo dell ' intelligenza tedesca e gli echi suscitati dalle loro parole non sono ancora spenti ai nostri orecchi di moderni . Di Goethe e Kleist sono date rispettivamente due opere , segno di una supremazia che è facile riconoscere al nostro gusto e che risulta nella sua polarità molto più istruttiva di quella tradizionalmente rappresentata da Goethe e Schiller . Subito dopo , il nucleo principale dell ' antologia è costituito dai romantici e da una categoria di romantici a cui da qualche tempo si rivolge un ' attenzione più meditata e fruttuosa . Tieck , Arnim , Büchner , un certo Grabbe rappresentano valori che solo alla luce di esperienze poetiche molto più approfondite si rilevano in tutta la loro ricchezza , e il fervore di ricerca che da parte della critica moderna viene spiegato intorno alla loro opera è un segno non fortuito di affinità letteraria . Per contro il periodo che va da Hebbel ai contemporanei è quasi completamente trascurato . I drammi degli autori che popolano quel periodo sono ancora nelle biblioteche dei nostri padri in cattive traduzioni italiane e continuano a essere recitati nei nostri teatri da cattive compagnie . Essi non meritano per ora un riscatto ed è giusto che rimangano avvolti in questa atmosfera di indeterminatezza . Hofmannsthal chiude la raccolta : l ' epoca che viene dopo di lui è ancora un terreno troppo accidentato e malsicuro perché ci si possa avventurare con animo sereno , e la grazia e il vigore delle sue immagini sono un addio più conveniente alla storia che abbiamo trattata dei gesti parossistici e interrogativi di molta letteratura che lo ha seguito . Queste le nostre convinzioni letterarie ; in altri casi la scelta è stata determinata da ragioni d ' indole tecnica : opere di importanza minore sono state preferite ad altre di maggior significato , perché difficilmente di queste ultime si sarebbe potuto dare una traduzione adeguata . Così è per Gryphius : uno dei grandi drammi , Cardenio e Zelinda o Leone Armeno lo avrebbero certo assai meglio rappresentato del Peter Squenz , il quale non è che un momento felice della sua produzione minore . Ma ci si domanda quale traduttore avrebbe saputo rendere con dignità e senza noia il faticoso passo degli alessandrini seicenteschi . Per la scelta dei testi prevale dunque assolutamente il criterio della leggibilità : gli errori di prospettiva che potrebbero derivarne al lettore saranno corretti dalle note che precedono ogni capitolo . Finalmente l ' ultimo criterio che ci ha guidati nella compilazione è stato quello di dare , finché fosse possibile , opere sconosciute in Italia . Gran parte di questo materiale è nuovo per noi : Il villano di Boemia , la cui importanza è stata illustrata soprattutto da studiosi recenti , come il Burdach , non è molto noto in Italia , nonostante i suoi chiari rapporti con la cultura umanistica del Trecento . Nuovi sono i Fastnachtsspiele e nuovo è naturalmente Christian Reuter , la cui scoperta , come quella di tanti scrittori del tardo barocco , si deve alla curiosità e allo zelo della critica post - romantica . Anche per i moderni si è voluto seguire lo stesso criterio , dando la preferenza fra le diverse opere di uno scrittore a quelle che avessero meno probabilità di essere conosciute dagli italiani . Per Goethe , di cui non si potevano dare evidentemente delle novità , è stata scelta la prima versione della Stella , quella del 1775 , che si distacca dalla versione definitiva per alcune particolarità di linguaggio e soprattutto per il finale , tipico delle convinzioni umanitarie e anticonformiste del giovane Goethe . Inedite , cioè scritte appositamente , sono tutte le traduzioni , meno quella della Vendetta di Crimilde del Donadoni , a cui si è voluto rendere omaggio come all ' opera di un morto recente che ancora ci appartiene . Agli altri traduttori , che con vario successo hanno assolto il loro compito e alleggerito quello del compilatore , va il nostro amichevole ringraziamento . Un ringraziamento speciale rivolgiamo al professor Leonello Vincenti , dell ' Università di Torino , che fino dal principio ha dato al nostro progetto l ' appoggio prezioso del suo consiglio e della sua dottrina . 2 . Teatro barocco . Finora si è parlato di teatro con il leggero abuso che autorizza una convenzione lungamente stabilita . Ma in realtà questa parola , tolta alla tradizione classica e grave di significati culturali , rappresenta male il succedersi di fenomeni profondamente diversi , legati ai bisogni di epoche che non conoscono « nuances » . La rappresentazione medioevale , sacra e profana , è piuttosto un rito con un contenuto rigido che un ' opera drammatica quale noi siamo disposti a vederla attraverso la nostra esperienza di moderni . La Riforma rivalutò la parola : le preoccupazioni di ordine pedagogico e religioso che animavano quegli autori diedero alle loro opere un sigillo di eloquenza , rimasto poi come l ' unica impronta del loro passaggio nel mondo ; la mancanza di forti personalità letterarie mantiene infatti tutta quella produzione in un rango minore di scuola e polemica da cui appena si stacca qualche nome più significativo , come quelli di Waldis e di Rebhuhn . Ma è solo con la Controriforma , con le prime avvisaglie di un ' estetica e di un gusto barocco che il teatro che noi conosciamo fa il suo ingresso nella cultura tedesca . Verso la fine del Cinquecento sono presenti in Germania tutti gli elementi che condizionano la nascita di una vera letteratura drammatica . Prima di tutto si fa sensibile l ' influsso straniero : compagnie di comici italiani danno spettacoli in varie corti tedesche , ma il loro passaggio non sembra avere grandi ripercussioni . Molto più importante è invece l ' esempio dato dai comici vaganti inglesi . Questi attori , venuti dall ' Inghilterra con un repertorio illustre ( Shakespeare , Marlowe , e altri più oscuri ) , che le necessità della traduzione e l ' obbligo di adattarsi al gusto di un pubblico più rozzo di quello inglese , trasformano fino a renderlo irriconoscibile , insegnano tuttavia una concezione del teatro singolarmente adatta ai tempi nuovi . Sul loro esempio si formano in Germania compagnie drammatiche , di cui presto fanno parte anche le donne , il gusto dello spettacolo si diffonde in tutte le classi del popolo , si cominciano a costruire teatri . Non meno esteso e immediato è l ' influsso delle mode letterarie che essi portano dall ' Inghilterra . I loro drammi , veri canovacci intessuti di episodi violenti e incredibili ( bisogna vedere che cosa quegli ingenui attori riescono a fare dell ' Amleto ) diffondono un gusto dell ' azione visibile e ingegnosa che il pubblico tedesco raccoglie con avidità . Prima ancora dello scadere del secolo autori tedeschi si provano nel nuovo genere d ' arte , e uno spirito particolarmente aperto alle suggestioni del momento , il duca Heinrich Julius von Braunschweig , dà i primi esempi del dramma barocco in Germania . Le opere di Heinrich Julius , atroci vicende di peccati commessi e scontati , con conclusioni edificanti , non basterebbero ad assicurare al loro autore un grande nome di poeta ; ma la figura dell ' uomo è certo notevole . Protettore di poeti e di artisti , fautore dell ' assolutismo monarchico , assertore della diffusione del diritto romano in Germania , egli è uno dei personaggi che rappresentano meglio gli orientamenti dell ' età nuova . Del resto il solo fatto che il nome di un principe succeda negli annali della poesia tedesca a quello del ciabattino Hans Sachs , è un segno della trasformazione che la società tedesca ha subito in questo scorcio di secolo . Il centro della cultura si è spostato verso le corti : la borghesia protestante che finora ha tenuto in mano il governo , si è logorata nelle contese di religione e si trasforma lentamente in un corpo di funzionari . È piuttosto nei territori mantenuti al cattolicesimo , dove si sono fermamente stabilite le vecchie dinastie , che si può cercare uno sviluppo libero e generoso di manifestazioni d ' arte . Un fortissimo impulso a questo rinnovamento dei valori sensibili è dato dalla milizia che incarna la volonta combattiva della reazione cattolica : la compagnia di Gesù . Non solo l ' Ordine domina il mondo della cultura , riservandosi la disciplina dell ' insegnamento , e modifica l ' architettura delle città con le sue innumerevoli chiese , ma si fa promotore attivo di un ' arte come quella drammatica sempre sospetta di spiriti profani . Nato dalla pratica scolastica della esercitazione o « declamatio » , il teatro dei Gesuiti , attentissimi anche in questo alle fluttuazioni del secolo , si sviluppa soprattutto come spettacolo , fino a raggiungere proporzioni di una ricchezza e di una complessità mai viste . Al di fuori di questa genialità scenica , il valore letterario dei loro testi , scritti in latino , non supera quasi mai quello di una esercitazione scolastica , ma alcuni nomi meritano di essere ricordati , soprattutto quello di Jacob Bidermann , che fu acclamato dai contemporanei quale sommo tragico e il cui Cenodoxus , riesumato qualche anno fa in Germania , potè trovare ancora caldi ammiratori . La grande importanza assunta da fenomeni come il teatro degli ordini religiosi e l ' architettura dei Gesuiti ha indotto qualche critico moderno a parlare del barocco come di arte della Controriforma . In realtà , se la culla del barocco è stato il mondo cattolico , e alcune città del Sud , che ancora ne conservano fortissima l ' impronta , sono rimaste i fortilizi di quella tradizione e di quel gusto , una tesi così radicale non regge oltre la prima approssimazione ; e a dimostrare che il barocco penetra a poco a poco tutti gli spiriti del Seicento , basterebbe il fatto che la successiva evoluzione sposta di nuovo il centro della cultura tedesca verso nord , in Sassonia e in Slesia . In quelle province si riproducono con forme appena diverse i fenomeni che si sono visti nelle capitali cattoliche : agli spettacoli di Vienna e di Monaco succedono quelli non meno splendidi di Breslavia , al teatro degli ordini religiosi si contrappone quello dei ginnasi protestanti che si evolve verso forme sensibilmente vicine . Infine nella terra protestante di Slesia nasce la scuola che darà la formula definitiva alla poetica del barocco tedesco e comprenderà i nomi maggiori della letteratura del Seicento . Il fondatore della scuola , destinato ad avere una autorità incontestata sul gusto del tempo , Martin Opitz , è una di quelle figure che la fama goduta in vita compromette di fronte ai posteri . Poco dotato come poeta egli seppe guadagnare la supremazia su tutti i letterati del tempo attraverso l ' esercizio di facoltà che corrispondevano perfettamente ai bisogni della cultura tedesca di allora . In un ' età in cui la Germania , come tutta l ' Europa , organizza il proprio gusto sulla base della tradizione umanistica ma con una netta volontà di indipendenza nazionale , negli anni che vedono sorgere le prime accademie , in cui la lingua stessa si definisce e con essa i generi letterari , l ' attività di Opitz , traduttore , critico , autore di una poetica che accoglie tutti i motivi del Rinascimento letterario europeo , è un vero paradigma delle tendenze del secolo . Egli adempie in un paese molto più arretrato della Francia , alle funzioni di un Malherbe e in parte di un Boileau , e non c ' è da stupirsi che la gratitudine alquanto confusa e declamatoria dei contemporanei gli abbia attribuito il titolo di nuovo Orazio e di nuovo Marone . Ma se Opitz con i suoi precetti e con l ' esempio dei suoi rifacimenti e traduzioni indica la strada , il creatore originale nasce solo venti anni dopo nella stessa provincia slesiana : è Andreas Gryphius . Avvicinarsi a Gryphius con l ' intenzione di una immediata partecipazione poetica è un ' impresa temeraria : i suoi componimenti elegiaci e didascalici , i suoi sonetti scritti in sonori alessandrini , sono enormemente distanti dalla nostra sensibilità educata ad altre voci dall ' esperienza romantica ; e i suoi drammi storici , carichi di eroismi solenni , di azioni macchinose e di figure allegoriche , hanno la rigida e desolante struttura di edifici inabitabili . Ma questa inaccessibilità di gusti è una conseguenza della poetica estremista del Seicento ( e il mondo classico di Corneille , con i suoi sublimi fantocci , non ci appare altrettanto povero di contenuto umano ? ) L ' opera di Gryphius merita un ' attenzione più meditata perché nel soffocante abito barocco egli porta una vera natura di scrittore , un temperamento tragico ed elegiaco che si rivela soprattutto in quelle opere , come Cardenio e Zelinda dove è meno palese l ' influsso della moda dominante . Del resto anche la celebrazione dei motivi consueti del tempo - fatuità di ogni cosa umana miseria delle passioni e trionfo delle virtù morali - trova in lui accenti profondi e spontanei ; e le altre qualità che lo imposero alla ammirazione del pubblico , la maestria tecnica e l ' elevata dottrina , sono appena il coronamento di una naturale superiorità del poeta . Accanto al bizzarro Simplizissimus e alle raccolte dei lirici e dei mistici slesiani i drammi di Gryphius restano certo come il monumento maggiore della civilta letteraria del Seicento . Un solo drammaturgo , fra quelli che lo seguono , è degno di essere menzionato accanto a lui : il giurista e magistrato David Caspar di Lohenstein . In questo autore che al teatro dedicò solo gli ozi di una vita presa dagli uffici pubblici ( fu anche sindaco di Breslavia ) , l ' inclinazione , già palese in Gryphius , a passare dal rigido classicismo a una atmosfera più carica di colorito barocco , diviene dominante . L ' intrigo è l ' elemento principale dei suoi drammi ; la psicologia dei personaggi vi è trattata in modo più realistico , ma insieme l ' atroce e il meraviglioso vi si incontrano con un compiacimento sensuale che resterà come il sigillo del più maturo barocco . A Gryphius e a Lohenstein succedono gli epigoni che rimaneggiano la materia ereditata senza alcuna intelligenza ; ma fra quei due nomi maggiori si può chiudere tutta l ' evoluzione del teatro del tempo . Già in Gryphius sono presenti elementi culturali definiti ; all ' influsso primitivo , dei comici inglesi , che concerne soprattutto l ' azione scenica , si affiancano altri motivi , frutto dell ' esperienza di un uomo che ha viaggiato l ' Europa e ha conosciuto le letterature antiche e quelle contemporanee . Prima di tutto i classici . Le traduzioni opitziane da Seneca e Sofocle restano il modello della dignità tragica per tutta la Germania e hanno un ' importanza che è appena possibile sopravvalutare in un ' epoca tanto bisognosa di esempi e di regole . Fra i moderni i quali hanno seguito la buona via , i francesi , destinati ad avere un influsso determinante sul teatro successivo , non hanno per ora molto seguito ( anzi , Gryphius polemizza con Corneille nella prefazione al Leone Armeno ) ; in Italia domina già l ' opera lirica , e gli spagnoli , affini per diversi aspetti , non sono conosciuti . Più importante è invece l ' Olanda , che con gli scritti umanistici di un Heinsius e con i drammi biblici di un Vondel offre gli esempi meglio rispondenti al gusto tedesco ed è per le condizioni generali della sua cultura e della sua vita religiosa il paese meno distante dalla giovane Germania . Perché la situazione della Germania nella prima metà del Seicento è affatto particolare in Europa . La guerra dei trent ' anni ha finito di distruggere quello che le lotte di religione hanno lasciato in piedi : la strage , la disperazione , l ' abbandono diventano l ' esperienza quotidiana del popolo . La religiosità tormentata del secolo trae dalle sventure subite impulso a severe meditazioni e a sfoghi mistici , ma il bisogno di esteriorizzare e di celebrare traduce presto questi sentimenti in cerimonie e visioni . Nasce così il teatro barocco , moralistico e allegorico , ricco di svolgimenti , di avventure e di immagini . La tragedia è movimento di emozioni : il meraviglioso , talvolta lo sfondo esotico o curioso fanno da cornice alla vicenda dell ' uomo insigne che cede ai colpi del fato : i grandi personaggi storici , la cui sorte può avere un significato edificante , sono i legittimi protagonisti di un teatro di cui è stato detto che lo stoicismo romano e lo spirito protestante sono le leve morali . L ' alessandrino recentemente codificato e imposto dalla scuola slesiana veste del suo ricco paludamento quei magnanimi discorsi . Mentre dunque la tragedia , genere nobile , si perfeziona e si svolge secondo i canoni descritti , un ' evoluzione parallela dà la sua impronta agli altri generi . Il pubblico dei ginnasi e delle corti , il pubblico che ha letto i classici latini non vuol più saperne delle piatte rappresentazioni dei « Meistersinger » . Dagli intermezzi della tragedia , che col suo fosco moralismo doveva opprimere gli animi , nasce una commedia colta destinata a distrarre e a ingentilire , di cui ancora Gryphius dà gli esempi più illustri . La satira grossolana delle epoche precedenti cede il posto a una vera commedia d ' intrigo imitata dai latini : finché la nuova società non è abbastanza matura e definita per giustificare a sua volta una satira più moderna di costumi e di caratteri . Ma a questo punto , con Christian Reuter e Christian Weise , il secolo barocco è giunto al suo crepuscolo . Le commedie di Christian Reuter , studente libertino di Lipsia , portano in scena una società che ha già disfatto le trame della dignità barocca e si riconosce piuttosto nel mondo di Molière che in quello convenzionale dei classici ; il ciclo dei romanzi di « Schelmuffsky » consuma la parodia del romanzo d ' avventure , genere amatissimo in tutto il secolo e di cui ancora pochi anni prima un altro duca di Braunschweig , Anton Ulrich , aveva dato gli esempi più significativi . La stessa tendenza è rappresentata con forza anche maggiore dal poligrafo Christian Weise , il quale nei suoi romanzi politici , nelle sue commedie e nei suoi scritti si fa banditore di un nuovo verbo destinato a scuotere dalle fondamenta tutti i cardini della poetica barocca : la naturalezza . Così si compie l ' ultima scomposizione del mondo culturale del Seicento : nuove regole disciplinano la fantasia degli artisti , nuove distinzioni governano i generi letterari . Mentre il romanzo , ricchissimo di futuro , si avvia su strade intentate , da avventuroso e didascalico si fa galante e sentimentale , il teatro , trascinato dal suo stesso impulso al visibile e al meraviglioso , trova formule sempre più complesse di rappresentazione e di gioco . È l ' ora della commedia musicale , del « Singspiel » , il cui testo ha appena funzione di libretto e che ha soprattutto fortuna presso le piccole corti . La musica , la coreografia diventano ingredienti sempre più necessari al buon funzionamento di uno spettacolo : sotto la formula ancora seicentesca del « Gesamtkunstwerk » barocco si profila l ' idolo dei tempi nuovi , l ' opera in musica . 3 . Da Lessing a Goethe . Da Opitz in poi il grande sforzo dell ' epoca del razionalismo era stato di portare a unità teatro e ordine : « queste due parole inconciliabili in Germania » ( Gundolf ) . Ma la battaglia per la ragione è segnata da continue eresie , da fughe verso il sensibile e da ritorni alla natura , finché l ' edificio sempre incerto del razionalismo tedesco precipita travolto da un movimento che nel proprio nome ha conservato l ' impeto di forze contenute e violente : lo « Sturm und Drang » . Nella prima metà del Settecento Johann Christoph Gottsched è l ' ultimo e il più autorevole rappresentante di quella volontà ordinatrice : la sua opera di legislatore e di critico completa l ' opera appena iniziata da Opitz , ma in un clima di cultura molto più maturo , arricchito dall ' esperienza moderna e da uno studio più approfondito degli antichi . Gli scrittori del gran secolo francese hanno dato l ' esempio di come si possa far rivivere un teatro classico ai nostri giorni , e alla luce delle regole da loro definitivamente affermate la grossolanità medioevale e il turgore barocco appaiono ugualmente condannabili come tentativi di epoche incivili . Anche il gusto troppo diffuso dell ' opera lirica e dello spettacolo popolare è combattuto da questo retore intransigente , deciso a ricondurre il teatro a una superiore aritmetica di regole e ai precetti di Aristotele . La letteratura drammatica guadagna in dignità verbale quanto perde in vigore spontaneo e rischia di chiudersi in una desolata accademia . Ma l ' illusione dell ' immobilità si frantuma sotto l ' impulso di nuove forze : il razionalismo nutre dentro di sé i propri nemici e offre continuamente il fianco a obiezioni e proteste . Così a Gottsched e ai suoi seguaci si contrappone la scuola svizzera di Bodmer , non meno pedantesca nelle sue premesse dottrinali , ma animata da un pathos religioso che potrà consentire fruttuose evasioni nel fantastico e da cui si svilupperà un giorno l ' opera poetica di Klopstock . Altrove il rigore classicistico inclina verso il rococò , si fa tenero e grazioso . E del resto la vera nemica delle regole , la fantasia , si insinua da più parti , se anche il maestro del classicismo europeo , Voltaire , di cui Gottsched non è che un luogotenente provinciale , indulge alla barbarie inglese di Shakespeare a cui perdona le molte stravaganze per amore del suo genio nativo . Shakespeare , questo nome impronunciabile , che ancora poco tempo prima era citato in Germania come Saspar , comincia a diventare in quegli anni il centro di dispute e di considerazioni feconde . Nuovi nomi , la natura , il genio , si arrogano diritti di fronte alla pretesa irrevocabilità del gusto e alle regole degli antichi . Finalmente il più grande avversario di Voltaire in Europa , Lessing , riprende con diversa consapevolezza il tema della natura razionale del bello e dedica al problema particolare del teatro la sua Drammaturgia amburghese . Con Lessing la cultura del Settecento entra nella sua fase più viva . Come individuo egli non esce dall ' ambito del razionalismo : il suo sforzo intellettuale consiste nel trovare alla creazione artistica regole più profonde di quelle scolastiche proposte da Gottsched e dagli svizzeri , e il suo sforzo creativo non lo porta a introdurre una nuova sensibilità , ma a vedere con chiarezza un nuovo mondo umano , i limiti di un gusto che i contemporanei intuivano confusamente . Le preoccupazioni moralistiche e intellettuali di questo grande illuminista fanno sì che il più bello dei suoi drammi sia ancora Nathan il saggio , pura parabola della saggezza ; ma come scrittore , come uomo di cultura , come dottrinario , egli realizza una sua missione . Se i vari Weise , Gottsched , Bodmer contano nel regno delle intenzioni , Lessing scende nel concreto : i suoi personaggi vivono di una vita reale e il suo ingegno naturalmente libero lo porta a conclusioni molto lontane dai punti di partenza . Così la Drammaturgia amburghese può contenere la tesi rivoluzionaria che : « se il teatro tedesco dovesse seguire la propria naturale tendenza somiglierebbe più all ' inglese che al francese » , e aprire in tal modo le dighe all ' irrompente romanticismo . A questa rara lungimiranza Lessing deve la sua singolare posizione di mediatore fra due mondi , quello circostante dell ' « Aufklärung » e quello prossimo dello « Sturm und Drang » ; e di lui si è potuto dire giustamente che i contemporanei ne ammirarono la capacità di pensare la vita e i posteri il dono di vivere il mondo del pensiero . Con la poesia di Klopstock e la critica di Lessing la cultura del Settecento è arrivata al suo punto di estrema maturazione : sospinta da altri impulsi ( l ' eclettismo di Wieland , che con le sue traduzioni da Shakespeare e le sue letture romantiche doveva influire in modo sensibile sulla generazione successiva ) , il mondo dell ' « Aufklärung » si consuma a poco a poco ; dalle sue ceneri sorge un nuovo e strano universo : lo « Sturm und Drang » . Come molti movimenti di grande risonanza culturale lo « Sturm und Drang » è un movimento preletterario . Senza Goethe e Schiller i suoi banditori resterebbero appena come confusi ideologi nella storia della letteratura : essi vivevano in fondo di un ' eredità tramandata che un ' improvvisa parola d ' ordine aveva permesso di dilapidare . Essi furono i primi a gettare nel campo dell ' arte le fiaccole incendiarie che il pensiero settecentesco aveva acceso : le dottrine di libertà dell ' individuo e di trionfo delle passioni , le proteste contro l ' ordinamento sociale , il disprezzo delle convenzioni e delle regole estetiche . Coerenti in questo loro indirizzo instaurarono il disordine per odio della legge scritta e si avviarono con passo deciso sulla strada dell ' anarchia . Canone critico e giustificazione della loro opera sediziosa era la dottrina del genio . Ma il genio faceva appunto difetto alla maggior parte degli « Stürmer und Dränger » e a questo squilibrio interiore , a questo equivoco pregiudiziale si deve l ' impressione di vuoto e di velleità che danno spesso le loro opere . Essi si valsero dei materiali incendiari che avevano scoperto senza grande fantasia , adoperarono la lingua plebea di Shakespeare , i costumi della società borghese , le formule del titanismo come contenuti grezzi , che dovevano valere per la loro sola presenza . Tipico rappresentante di questo semplicismo è Heinrich Leopold Wagner , autore di una fosca parodia del primo Faust , L ' infanticida ; e non molto più resistente sembra oggi l ' opera di Klinger , che con uno dei suoi drammi diede il nome al movimento e che tradusse in termini letterari il bisogno di passione e l ' ansietà di delirio attinti all ' opera più tumultuosa di Shakespeare . Più dotato degli altri due , vero esempio del genio mancato in cui confluiscono correnti di creatività e vene di follia , è Lenz , l ' amico di Goethe , al quale è necessario tornare oggi per gustare gli aspetti meno caduchi dello « Sturm und Drang » . I suoi capricci intellettuali colpiscono come bizzarre fantasie e l ' empito di rivolta contro le convenzioni e gli abusi si esprime nei suoi drammi sociali con un vigore che accende una volta tanto i nuovi contenuti e dà loro una vera giustificazione estetica . Oltre a questi che furono i banditori più consapevoli della dottrina , al movimento di rivolta e di scoperta parteciparono in modo diverso tutti gli scrittori della fine del secolo , dal sensuale e colorito Heinse , in cui si avvertono le prime tracce di un rinascente paganesimo , a Friedrich Müller autore di teneri e plastici idilli . Ma il vero significato , la gloria storica dello « Sturm und Drang » è che a quella giovanile infatuazione presero parte Goethe e Schiller . In Goethe e Schiller il messaggio del secolo , il grande appello all ' individuo , che Herder aveva tradotto mirabilmente nel dominio della cultura e che doveva nutrire tutta la generazione romantica , trova per la prima volta la sua vera pienezza . Insieme essi ricreano nel corso della loro opera una nuova legge sulle rovine delle vecchie norme : dal mondo inerte del classicismo fanno nascere la letteratura classica tedesca . Tuttavia il loro ingresso nella storia avviene sotto i segni dello « Sturm und Drang » . Goetz von Berlichingen è del 1772 , Werther del 1774 , I masnadieri del 1781 . In quelle opere i motivi correnti dell ' epoca trovano una vitalità improvvisa : la tradizione è veramente travolta dalla furia disgregatrice di Karl Moor , il quadro della storia tedesca si popola di figure e di emblemi nella vicenda di Goetz e un nuovo simbolo traversa il ciclo della mitologia moderna col suicidio di Werther . In seguito l ' evoluzione letteraria e umana dei due scrittori doveva portarli ad allontanarsi sempre più da quegli accenti iniziali , e il rifiuto finale dell ' avventura dello « Sturm und Drang » segnare la condanna di un movimento che l ' impotenza dei suoi segnaci aveva già consumato . Ma il cammino di Goethe e Schiller indicava anche la via d ' uscita verso un costume letterario più alto . Nella loro esperienza il superamento della barbarie preromantica avveniva attraverso una consapevole riduzione alla realtà interiore di quelle antitesi e di quei miti che i loro coetanei avevano brandito come torce fumose . E in una tale opera di approfondimento e di riscatto umano l ' amicizia dei due uomini , del resto diversi e contrastanti , ha anche oggi la sua ragione storica e le loro opere contraddittorie trovano un sicuro equilibrio . Schiller , debole poeta , affida a una superba eloquenza la soluzione di quei problemi che agitano la sua natura di moralista e di storico . Il suo pathos non è mai lirico , non è in fondo che una violenza retorica , ma sorregge nel suo movimento sincero l ' azione drammatica e fa del sublime e del patetico non solo dei magri surrogati della poesia , ma i cardini di una concezione del mondo e i fattori di una educazione morale a cui tutto l ' Ottocento s ' inchina . Goethe vive invece un ' evoluzione assolutamente creatrice . L ' esperienza che trascina Schiller a meditare più profondamente i temi del suo entusiasmo giovanile determina in lui nuove figure , preme sulla fantasia e si traduce naturalmente in nuovi ritmi e nuove immagini . Clavigo , Stella , Egmont , personaggi e creature che vivono ciascuno di una particolare atmosfera , sono gli incontri del poeta in questa discesa verso il reale e l ' umano e preparano alla nitida visione degli ultimi drammi . Faust e Wilhelm Meister esprimono nella loro vicenda esemplare il corso di questa perfetta « Bildung » . L ' esperienza raccolta , l ' acquisizione umana in una tale avventura sono così grandi che fanno dimenticare facilmente i dati tecnici . Ma il teatro è ormai irriconoscibile nei suoi termini . Attraverso le selve germaniche e le vicissitudini borghesi Goethe e Schiller ritrovano la Grecia : una Grecia che non ha più nulla in comune con l ' imitazione classicistica , un paese che vive secondo leggi proprie e sorge chiaro e distante accanto alla Grecia antica . La sposa di Messina e Ifigenia in Taurine segnano gli episodi conclusivi di un destino poetico che abbraccia nel suo temerario sviluppo tutti i motivi della cultura moderna . Ma se quelle opere terminano un lavoro individuale e placano l ' ansietà di due esistenze , un mondo è rimasto scoperto dietro il loro passaggio , che nessuno potrà più ignorare . Forse soltanto il Faust , l ' opera tedesca , nella sua complessità formale e nel suo significato recondito , dice quanto profonda sia stata questa ricerca e come abbia arricchito di parole e di miti il mutevole orizzonte dell ' esperienza poetica . 4 . I romantici . Romanticismo , questa parola seducente e imprecisa domina da molto tempo il nostro orizzonte culturale , ma nessuno può dire di possedere il suo significato storico che , come la struttura di certe regioni vulcaniche , esita ancora sotto l ' impulso di forze incontrollabili . Al tempo della Stäel romanticismo era la visione di paesaggi nostalgici , l ' edera che saliva alle finestre di castelli in rovina , l ' amore di nature ingenue ed esaltate per un mondo senza leggi , tutto percorso da sotterranee vene di poesia . Una nuova visione della storia , un gusto pronunciato del primitivo e del favoloso e l ' esplosione di sentimenti che la civiltà settecentesca aveva represso diedero la loro impronta all ' evoluzione successiva di quel nome . Ora la ricerca critica è rivolta a zone più segrete , a quelle che circoscrivono i moti elementari della creazione e in cui l ' individuo stesso , centro instabile dell ' universo romantico , talvolta si annulla e scompare per lasciare al suo posto voci indistinte . Una sensibilità particolare ai rapporti tra la vita e il sogno ( fortuna non casuale di Calderón ) , l ' attenzione concessa a fenomeni psicologici anormali o addirittura morbosi , sono stati i principali indizi su cui si è mossa questa tendenza critica che porta a escludere dall ' episodio romantico uomini come Walter Scott o Manzoni ( in verità legati ai loro coetanei solo da esteriori affinità di contenuti ) , e mette in dubbio la validità del primo romanticismo francese , quello dei panciotti rossi , per celebrare l ' altro , la rivoluzione espressiva e metafisica che va da Nerval e Baudelaire al surrealismo . Una tale concezione , che tende a isolare i dati essenziali dell ' « anima romantica » , è nata evidentemente sotto l ' impero di poetiche molto più moderne e rischia di alterare i presupposti storici di quell ' esperienza ; tuttavia essa ha per noi il pregio di mettere in luce uno dei caratteri peculiari di ogni letteratura romantica : la sua antiplasticità , la sua mancanza di limiti formali e tecnici . Il teatro è visione e misura . Ora , il romanticismo tedesco fin dalle sue prime formulazioni fu avverso per principio a ogni visione netta ( non per nulla la più grande gloria tedesca è la musica romantica , mentre pittura e scultura di quel periodo sono terribilmente mediocri ) . La negazione della legge era veramente negli scrittori romantici una vocazione interiore : corrispondeva all ' assenza di ogni misura istintiva , al bisogno di vivere e di respirare nell ' indeterminato . Si pensi alla dissolutezza formale di un Jean Paul , alle nebbie perenni in cui si nuove un Novalis , forse le due nature più genuinainente romantiche . In altri l ' impulso creatore si manifestò addirittura in forme riflesse , critiche o filosofiche , senza arrivare mai a concretarsi in un ' immagine . Così , dei fondatori della prima scuola romantica , uomini chiamati a esercitare un influsso tanto profondo su tutta la sensibilità del secolo , nessuno si può dire uno scrittore riuscito . Friedrich Schlegel , fortissimo ingegno di critico e di storico , consumò tutte le sue ambizioni letterarie in un disgraziato romanzo , Lucinda , che è il colmo della confusione espressiva ; suo fratello August Wilhelm dedicò le sue migliori energie alla traduzione di Shakespeare , opera esemplare ma tipicamente di mediazione culturale , non creativa . Più dotato artisticamente degli altri due , Tieck scrisse drammi e racconti che importano nella storia della letteratura : tuttavia anche essi non sfuggono mai a un certo sapore di genericità e la fama dello scrittore è legata piuttosto agli articoli critici , talvolta estremamente penetranti , e a quelle rare opere in cui l ' alleanza della fantasia con una intelligenza ironica raggiunge effetti di sorprendente ricchezza . Il gatto con gli stivali è un superiore giuoco d ' intelligenza , ma per la sua stessa natura non può costituire un modello . Di fronte al teatro contemporaneo i romantici si espressero meglio per negazione , attraverso la satira e la polemica . Schiller è il bersaglio indiretto di questa polemica per la fantasia , che scopre facilmente quanto di meccanico fosse rimasto nella sua concezione del dramma , ma soprattutto gli pseudo - Schiller , i vari Iffland , Kotzebue , dominatori del gusto popolare e perduti in orribili macchine teatrali . La coscienza critica di quello che non doveva essere il nuovo teatro è dunque lucidissima : manca soltanto l ' esempio positivo da contrapporre a quelle deviazioni . Solo Tieck intuì , col suo sicuro ingegno , qual era l ' uomo che poteva rispondere al difficile compito ; ma quest ' uomo , il più grande scrittore , forse l ' unico grande scrittore il cui nome si possa associare a quello del teatro romantico , Heinrich von Kleist , visse al di fuori della fitta società del suo tempo e divise con Hölderlin , come lui solitario e profugo , una sorte particolarmente severa e la gloria tardiva dopo la morte . In Kleist l ' ondata shakespeariana che agita il teatro tedesco dalla metà del Settecento trova finalmente uno sfogo . Wieland aveva tratto dall ' inglese i motivi fiabeschi e faritastici , Herder e Goethe ne avevano scoperta la vastità umana e la ricchezza espressiva , Kleist rievoca la passione , primo impulso dell ' opera tragica , e la traduce in parole di una sconcertante evidenza . Il suo linguaggio , rotto e incoerente , dichiara per la prima volta le paurose lacune dell ' anima romantica . L ' isterismo e la malattia , figure estreme di questa visione del mondo , sono stati celebrati in modo esclusivo dalla critica moderna come il patrimonio di Kleist ( mentre Il principe di Homburg e già Käthchen di Heilbronn provano l ' esistenza di altri motivi discreti o addirittura idillici ) . Ma l ' importante è riconoscere in lui una vera natura di tragico e una delle guide certe sullo sviluppo della sensibilità moderna . Che questo risultato non fosse casuale , che egli vedesse quale svolta rappresentava la sua concezione del dramma , prova il breve e mirabile scritto Sul teatro delle marionette , uno dei pochi convincenti saggi di estetica irrazionalistica che ci siano rimasti nella forma paradossale propria del gusto romantico . Accanto a Kleist gli altri scrittori contemporanei tradiscono una carenza vitale . Il più importante è Zacharias Werner , autore applauditissimo e fondatore di un dramma che si è convenuto di chiamare fatalista . Il suo teatro , basato su effetti di una tragica brutalità , non porta alcuna seria innovazione di ordine letterario , ma ha una notevole portata come indice di un gusto che si mantiene attraverso le discordi evoluzioni del secolo . A lui , oltre che a Schiller , si può far risalire un senso teatrale che , riconosciuto come deteriore dalle intelligenze più avvedute , è tuttavia all ' origine della manifestazione centrale del teatro ottocentesco : l ' opera lirica . Di coloro che ne perpetuarono la tradizione strettamente letteraria , l ' unico degno di essere ricordato è Christian Dietrich Grabbe . Natura profondamente bizzarra , egli ebbe il merito di scrivere accanto ai soliti drammi storici sproporzionati e pazzeschi una commedia satirica : Scherzo , satira , ironia e altre cose più profonde , in cui rivive in un ' atmosfera di assoluta libertà tutta la geniale ironia della Germania romantica . Altri scrittori venuti dopo si contentarono di rielaborare senza grande intelligenza la materia ormai consueta di un falso medioevo , riducendo a un repertorio comune la superba mitologia del sentimento tedesco . Intanto la giovane scuola romantica , quella di Heidelberg , più ricca di genuini temperamenti artistici , aveva ripreso l ' equivoco dei suoi padri trasportando sulla scena la storia e la leggenda con pretese non sempre fondate di scoperta e di rivelazione poetica . Brentano , puro temperamento lirico , scrisse un grande dramma : La fondazione di Praga , e una commedia : Ponce de Leon , ugualmente fallite come opere teatrali . Altrettanto priva di una struttura attendibile è la maggiore opera drammatica di Arnim : Gerusalemme e Halle , rielaborazione su motivi shakespeariani del Cardenio e Zelinda di Gryphius . Si sa quale è oggi l ' importanza di Arnim per l ' interpretazione più recente della poetica romantica : si tende a vedere in lui l ' assertore consapevole della impersonalità del fatto artistico e il precursore di molte formule moderne fino al surrealismo . In realtà la sua opera , confusa e inorganica , contiene rare bellezze e , oltre che nelle novelle , sprazzi di una fredda e sconcertante poesia si trovano nel drammi minori e in alcuni frammenti di romanzi . Ma con Arnim il gratuito e l ' assurdo sono ormai il dominio esclusivo dell ' intelligenza romantica , il giuoco iniziato da Jean Paul e continuato attraverso Hoffmann e altri minori ha raggiunto i limiti della legittimità . Bisogna arrivare alle soglie di quel mondo perché altro sangue alimenti il corpo dell ' arte tedesca e perché un vero poeta trovi nuove realtà fuori dell ' ambito angusto di un ' immaginazione ormai soltanto tecnica . Questo poeta è Georg Büchner : in lui l ' esperienza romantica si traduce giustamente in maturità espressiva , ma alle formule intellettuali e alle facili mode del tardo romanticismo egli sostituisce un pathos che nasce da una nuova visione del destino umano , dalla scoperta del fatto sociale in cui si annullano le pretese di assoluto della fantasia letteraria . Mentre nella maggior parte dei suoi coetanei questa rivelazione del mondo esterno si traduce in forme eminentemente pratiche , crea una generazione di rivoluzionari e di polemisti , Büchner mantiene un ' alta purezza espressiva e , morto giovanissimo , lascia col frammento di novella : Lenz , e col Woyzeck due fra le opere maggiori della poesia tedesca moderna . 5 . Teatro viennese . Uno dei caratteri essenziali dell ' episodio romantico in Germania è la stretta interdipendenza , non soltanto letteraria e ideologica ma biografica , in cui si muovono i protagonisti . In un paese pieno di frontiere interne e di tradizioni locali invitte i romantici vivono come una unica stirpe , i loro destini s ' incrociano continuamente , fanno nascere amicizie e rivalità , collaborazioni , adulterî . Chiusa a questo fermento di avventure individuali , come presto estranea al lo sviluppo politico della nuova Germania , l ' Austria degli Absburgo vive allora la sua insigne vecchiaia : tramonta il sacro romano impero della nazione tedesca , e Vienna rinuncia per sempre a essere la capitale del Reich , per ridursi a un rango di città cosmopolita o di provincia tedesca . Il poeta di questa Austria civile e dialettale in cui riposano i germi di vecchie culture si terrà anch ' egli discosto dall ' esaltazione contemporanea e , benché attentissimo alle ragioni e alle mode del secolo , non uscirà da un costume di dignitoso riserbo . La sua lunga vita sarà divisa fra il teatro e il lavoro burocratico , senza che mai i draghi della fantasia notturna levino il capo a turbarlo nelle ore d ' ufficio . Grillparzer è tipicamente un contemporaneo dei romantici : ne divide le inclinazioni intellettuali e a volte ne imita l ' accento , ma attraverso la sua natura le pretese romantiche escono talmente deformate che è impossibile riconoscerle . I suoi drammi risentono degli stessi modelli letterari ( così l ' interesse prevalente per il teatro spagnolo ) , ma la loro importanza è di ordine affatto diverso . Mentre il teatro romantico vive di una incoerente genialità , le opere di Grillparzer devono il posto notevole che esse occupano nella storia della letteratura tedesca alle virtù tecniche del drammaturgo , rimaste forse insuperate , e a certi passaggi in cui la discreta umanità dell ' autore trova felici e rare espressioni poetiche . Grillparzer è un fenomeno isolato difficilmente definibile in una situazione culturale . Ma nella « terra dei feaci » austriaca un ' altra tradizione si era mantenuta che prima di estinguersi darà ancora saporosi frutti : la tradizione barocca . Il teatro che avevano creato i poeti visionari e accademici del Seicento tedesco trova a Vienna la sua patria definitiva , diventa gloria particolare di quella città che per tutto il secolo successivo doveva accogliere la più europea delle corti in una cornice vivissima di tradizione popolare . Il primo elemento a cui si allaccia il nuovo teatro viennese è ancora l ' « Ordensdrama » , la rappresentazione scolastica di cui i Gesuiti avevano fatto una grande cerimonia per il pubblico barocco . Nella seconda metà del secolo XVII un italiano di Trento , Niccolò Avancini , aveva portato al loro massimo splendore i « Ludi cesarei » , come ormai si chiamavano quelle avventurose storie allegoriche di principi e di virtù . Ma già il suo spettacolo , splendido e raffinato , fitto di intermezzi , luminarie , apoteosi , è ai margini della tradizione letteraria viva . Da allora si precisa quel distacco che sarà uno dei fattori determinanti della cultura del Settecento . Gli elementi barocchi , cacciati dall ' alta letteratura sempre più dominata da spiriti razionalistici , si rifugiano nell ' opera lirica e nello spettacolo popolare , che alimentano con una rara vitalità . Mentre in tutta l ' Europa il nuovo teatro d ' imitazione inglese e francese offre le sue ragionevoli vicende borghesi e cosmopolite , la tradizione barocca attinge alle fonti locali e mantiene contro tutte le volontà di riforma i lazzi dei buffoni e i gorgheggi delle prime donne . In Italia si sviluppa la commedia dell ' arte , questo singolare prodotto che risale alle forme più antiche della comicità indigena e non ha alcun rapporto con la tendenza contemporanea del teatro letterario . A Vienna , legata all ' Italia per tante ragioni di cultura , i protagonisti di una simile vicenda sono pure attori e uomini di teatro : Stranitzky , il creatore della figura di Hanswurst , tipica maschera della comicità grossolana contro cui si accanisce l ' ira degli « Aufklärer » ; il comico Kurz , detto Bernardone , autore di burleschi e pantomime : fino a Schikaneder , il librettista e impresario di Mozart , che col Flauto magico doveva dare la sua ultima e più felice espressione a un genere ormai consunto . Non bisogna illudersi sull ' importanza letteraria di queste manifestazioni che , sepolte sotto il disprezzo degli illuministi , hanno poi goduto di una effimera rivalutazione . I creatori del teatro popolare viennese sono uomini che contano per il loro attaccamento al mestiere , per qualità tecniche e mimiche , ma il teatro scritto risulta molto povero e soprattutto una manifestazione di maniera , non meno delle più complicate finzioni dell ' accademia settecentesca . Il significato storico della loro esistenza è nella lotta contro il razionalismo , che mantiene viva una tradizione fantastica e permette agli spiriti indigeni più genuini di restare desti sotto l ' uniformità del gusto neoclassico . Verso la fine del Settecento questa tradizione è solamente popolare . L ' opera lirica ha subito le severe riforme dei teorici dell ' arte pura , conosce le nobili forme di un Gluck , di uno Spontini ; gli intermezzi sono quasi completamente aboliti dalla tragedia classica ; e musica , coreografia e spiriti bizzarri si rifugiano fra le quinte del teatro popolare viennese . Intanto l ' elemento fondamentale del dramma barocco , l ' allegoria , subisce nel corso degli ultimi decenni una curiosa evoluzione . Nata per rappresentare l ' ordine rigido e solenne dell ' universo barocco , l ' allegoria si è fatta razionale quando il mondo ha voluto a tutti i costi somigliare a una macchina , è diventata eudemonistica col trionfo delle ideologie umanitarie , e finalmente , esaurita ogni sua funzione accademica , serve a un gusto ingenuo di figure e di illusioni per consumare il proprio destino nella parodia . Nella Vienna del Congresso la parodia raggiunge una incredibile prosperità : ogni avvenimento politico , ogni successo letterario è seguito da un corteo di parodie e gli autori più fortunati nel nuovo genere acquistano una vera celebrità . Tuttavia questo tipo di rappresentazione sarebbe rimasto puramente un episodio pittoresco legato alla storia dei gloriosi teatri viennesi se , ai primi dell ' Ottocento , in un mondo ormai lontano dalle visioni barocche , non fosse comparso con Ferdinand Raimund un autore dotato di virtù e di ambizioni tali da risvegliare a breve vita la tradizione morente . Attore comico , Raimund comincia a scrivere opere nel gusto dell ' epoca , fiabe e commedie fantastiche , ricche di uno spirito genuino ma non diverse nel tono da quelle dei maggiori drammaturghi popolari : un Bäuerle , un Meisl . Ma presto , consapevole della propria dignità e sospinto da una natura in fondo più drammatica che comica , Raimund tenta forme nuove : nascono così gli « Original Zauberspiele » , bizzarre opere in cui lo stile giocoso della farsa viennese cerca di sollevarsi ad altezze tragiche ed il vecchio repertorio dei geni , delle virtù e degli dèi , ormai ridotto a una funzione di puro divertimento , è adoperato con le intenzioni edificanti del teatro barocco . Il pubblico non accolse con favore questo tentativo di distrarlo dalle sue preferenze abituali e la carriera di Raimund , le cui ultime opere sono quasi commedie di carattere estranee alla tradizione barocca , è un continuo contrasto fra le aspirizioni letterarie dello scrittore e le leggi e i gusti di un mondo a cui l ' uomo non poteva sottrarsi . L ' impresa di Raimund era in definitiva destinata a fallire , ma il suo passaggio lascia una traccia nella storia del teatro viennese che si libera da certi schemi facilmente convenzionali e sulla via di un vivace realismo vanta almeno due nomi di importanza europea : Nestroy , anche egli attore e ultimo erede della pura comicità indigena , e , già sullo scadere del secolo , Anzengruber , scrittore di più vaste ambizioni in cui la satira politica prevale sulla materia tradizionale e i temi del realismo popolare confluiscono nella grande corrente del naturalismo europeo . 6 . Ultimo atto . Il secolo scorso è diviso in Germania in due tempi ben distinti . L ' impulso vitale dei romantici , la loro genialità , il loro coraggio fanno balenare gli ultimi riflessi del grande incendio fino alla metà del secolo : poi il singolare fenomeno si compone e si acqueta e le ultime scintille si perdono in un crepuscolo che annuncia l ' avvento senza speranza di un ' èra borghese . Eichendorff , che vive la sua esistenza di alto funzionario ornandola appena delle lievi figurazioni dei suoi racconti , delle ombre che popolano le sue notti italiane , Mörike , perduto in tenere reminiscenze , lirico e novellista minore , Lenau , a cui manca la voce per fare della storia della sua anima un ' esperienza assolutamente umana , sono i maggiori epigoni della grande avventura . Lontano a forza da questa Germania dolorante , che si dibatte senza risolversi fra il vecchio e il nuovo , l ' intelligenza più lucida di quegli anni , Heine , può salutare l ' esperienza trascorsa nel suo saggio sulla Scuola romantica e concluderla nella sua persona con singolare evidenza . Intanto le energie più vive del tempo si volgono ad altro : crescono nelle attività mediate , nella politica , nel giornalismo . Il processo che con la comparsa della « Giovane Germania » è ancora alla sua fase letteraria , sia pure di crisi , scivolerà rapidamente su un altro terreno , investirà tutta la civiltà tedesca per trasformare quello che cento anni prima era il paese dei musicisti e dei filosofi nello stato degli industriali e nel Reich dei politici . Nei primi anni del secolo il punto di fuoco della vita tedesca , il peso stesso della parola Germania era a Weimar , fra Goethe e Schiller ; gli uomini di stato avevano la nobile statura di Humboldt e i sovrani la liberalità di Carlo Augusto e la grazia della regina Luisa . Poi , negli anni che sono intorno al '48 , il centro di gravità si sposta fra gli alunni delle nuove scienze naturali e tecniche , i politici di Francoforte , gli ideologi e i polemisti della « Rheinische Zeitung » . Ma dopo il '70 è la Berlino di Bismarck che incarna la Germania unitaria e imperialista , e una grande svolta si è compiuta nella storia dei popoli europei . Gli intellettuali di questo tempo , i maestri della Germania uscita dalla sua crisi di adolescenza , sono gli storici e i sociologi capaci di sceverare gli elementi costanti nella tumultuosa preistoria del popolo tedesco , di dare una base concreta alle aspirazioni e alle velleità che già si delineano . Più in alto , forti della loro pretesa inattualità , ma profondamente radicati nell ' atmosfera del secolo , padri di tutti gli errori e i benefici che ne deriveranno , stanno i profeti : Wagner , sempre circondato da incendi e incantesimi è già disposto a corrompere nell ' estetismo della missione individuale le sue superbe scoperte ; Nietzsche , rivolto a un futuro che gli sfuggirà sempre come un ' essenza metafisica , ma che anima la sua visione e dà a ogni sua parola un pathos non confondibile . Nonostante il grande apporto che questi due uomini daranno alla cultura europea , o forse appunto in virtù della loro soffocante personalità , il contributo diretto che essi recano all ' arte è esiguo . La prosa di Zarathustra arriva solo dopo molti anni a turbare le coscienze letterarie europee e la formula estetica di Wagner , fonte di infinite discussioni , non si traduce in realtà fuori della cerchia sacra di Bayreuth . L ' arte , dissoluta delle sue leggi antiche attraverso tanti attacchi e tanti titanismi , va alla deriva : si perde in avventure metafisiche o approda a infeconde spiagge borghesi . Il teatro la segue in questi viaggi senza meta . Pure un grande scrittore compare ancora sulla scena del teatro tedesco , il più grande forse che la Germania abbia avuto accanto ai due che abbiamo nominato per ultimi : Friedrich Hebbel . Non legato ad alcuna scuola , solitario e insoddisfatto , Hebbel è il simbolo del vigore tedesco in un ' ora di profonda inquietudine . In quest ' uomo mal cresciuto e condannato a una perpetua infelicità , rivivono la passione di Kleist e l ' eloquenza di Schiller e si trasformano in parole d ' arte le turbinose ideologie di un secolo che tocca la sua maturità . È compiuta in lui quella elaborazione dei contenuti romantici che darà un nuovo fondo alla sensibilità moderna : i temi del decadentismo europeo , gli alti temi del sesso e del sangue , dominano i suoi drammi , che essi rievochino il crepuscolo di antichi idoli e il sorgere di nuove civiltà , o discendano , come Maria Maddalena , nella dura legge dell ' esistenza borghese . Ma Hebbel mantiene in questa inclinazione già morbida una robusta figura di scrittore e di uomo e costruisce la sua opera su un fortissimo sostrato ideologico e critico che non ha ancora perduto la sua validità . Accanto a lui gli altri contemporanei fanno una debole parte di comparse . Otto Ludwig è l ' unico che merita di essere citato con onore : natura anch ' egli riflessiva e critica ( importanti sono i suoi studi su Shakespeare ) , tocca con una forza grave e sorda temi biblici e episodi di vita quotidiana e nel suo dramma Il guardaboschi , scritto in una lingua povera e quasi dialettale , mostra come sia ormai matura l ' esigenza di una tragedia popolare nel senso più semplice e immediato . Con Hebbel e Ludwig una nota nuova è entrata nella letteratura tedesca : l ' istanza realistica , che un Büchner aveva sentito con istintiva purezza ( superandola del resto nell ' impeto dell ' espressione ) , e che ora dietro l ' esempio francese e quello di Ibsen si estende a tutta l ' Europa e crea una scuola ricca di presupposti teorici e intimamente legata al trionfante positivismo . Teatro e romanzo diventano presto il campo della nuova battaglia che in Germania , dopo i furori romantici , è particolarmente sentita . ( Ma l ' equivoco realista sarà svelato anche prima dell ' equivoco romantico , e l ' episodio del chirurgo che , assistendo a un dramma verista dove un ' attrice si dispone a partorire di fronte al pubblico , scaglia il proprio forcipe sulla scena fra la gazzarra generale , è una bella leggenda , degna di Muzio Scevola e delle storie antiche ) . Molti nomi prendono parte a questa battaglia che ha appunto il torto di essere una vera battaglia , con veri cadaveri e veri trionfatori : da Sudermann , nome ingiallito , solo consegnato a una esteriore abilità di drammaturgo , a Wedekind , nome che è già rivolto all ' intelligenza , ma ancora impigliato in fumosi complessi eretico - sociali . La nostra intenzione è di lasciarli da parte in attesa che altri distingua quello che è degno di ricordo da quello che si è disfatto con la carta e la colla dei cartelloni pubblicitari . Per il nostro compito d ' informazione un solo nome riassume tutta questa vicenda nel suo orgoglioso disordine : quello di Gerhard Hauptmann . Autore di oltre cento opere che vanno dal realismo brutale alla rigidezza neoclassica e indicano come il pendolo delle mode letterarie batta ormai oscillazioni corte e rapidissime , proteso verso Goethe nell ' universalità degli interessi e perfino in una assurda somiglianza fisica , Hauptmann è soprattutto il più glorioso esempio della confusione che può albergare nella testa di un intellettuale tedesco . La sua opera vale come repertorio di tutti i temi drammatici apparsi nella storia del teatro , i suoi personaggi , che vanno dalla proletaria slesiana a Ifigenia e da Gesù Cristo in veste di maestro di scuola a Till Eulenspiegel , esauriscono ogni possibile fantasia di vestiarista . Successi e contrasti accompagnano naturalmente questa carriera ricca di frequenti ritorni : la critica si limiterà a sottolineare che i risultati più attendibili di Hauptmann sono legati alla prima polemica per il realismo e a qualche delicata leggenda ripresa nella maturità . Da un tale caos si doveva uscire , come in tutta l ' Europa , attraverso un consapevole ritorno ai valori lirici , a quel primato dello stile che i teorici dell ' arte documentaria avevano creduto di poter facilmente sopprimere . E in questo la Germania fu particolarmente fortunata : la triade George , Hofmannsthal , Rilke è una delle costellazioni più luminose sul cielo della fine del secolo , e una di quelle che possono meglio orientare sulle rotte della poesia . Rilke fu un solitario , la cui voce arriva forse più lontano di quella di ogni altro contemporaneo , ma il cui passaggio nel mondo fu troppo discreto per provocare reazioni diffuse ; degli altri due , in principio collaboratori diretti nella vittoriosa polemica contro il naturalismo , Hofmannsthal è quello che ci interessa di più per i fini di questa raccolta . La sua opera drammatica , contemporanea della temibile inflazione letteraria ora descritta , si distingue nella giungla circostante per la rigorosa unità dello stile , per la presenza di un gusto che è perfettamente definito benché tragga la sua ricchezza dalle fonti più disparate . Vero europeo , Hofmannsthal fa confluire in sé tutte le tendenze e le aspirazioni di un ' epoca profondamente riflessiva , che ha ripreso i suggerimenti romantici con un sapore più torbido e maturo , e conosce l ' inquieto estetismo di Swinburne e di Debussy , di Maeterlink e di D ' Annunzio . Tutti i motivi di una poetica decadente ( quella delle città morte e delle campane sommerse , materia mostratasi poi così fragile ) sono filtrati nei drammi e nelle liriche di Hofmannsthal ; ma più civile d ' un D ' Annunzio , anche se meno fortemente dotato , questo austriaco sa trasformare i temi più pericolosi in misurate occasioni di poesia e si distacca dai contemporanei per la maggiore consapevolezza dei limiti di un gusto , per la lucidità intellettuale che lo assiste tanto nel comporre quanto nel teorizzare sulle cose dell ' arte e sui moti di una civiltà in crisi . Dopo Hofmannsthal il teatro tedesco è tutt ' altro che finito . Wedekind aveva già rimosso zone oscure e segrete : col dopoguerra sopravviene un fortunoso arrembaggio , un nuovo « Sturm und Drang » , che a differenza dell ' antico non intacca solo i contenuti sociali , la sfera esterna dell ' arte , ma si riflette altresí sui modi del canto e risale alle fonti ultime della immaginazione . Il teatro si trasforma prodigiosamente sotto questi impulsi sediziosi e la struttura tradizionale dell ' opera crolla come un castello di carta . Un pubblico stordito dalla guerra e dalla rivoluzione assiste alle sconcertanti imprese dei nuovi registi e scenografi , vede incontrarsi sulla scena la psicanalisi e il marxismo , ascolta le promesse di un ' èra di prosperità e i ragionati deliri degli espressionisti . Mirabili sforzi di intelligenza segnano la strada che conosce i nomi di Fritz von Unruh , Franz Werfel , Ernst Barlach , e ancora qualche nome rispettabile , come quello di Billinger , sopravvive alla reazione politica in cui quel fervore di invenzioni è soffocato senza aver potuto dare la propria misura definitiva . Ma , vista a distanza , l ' esperienza di Hofmannsthal sembra conclusiva perché nessuno degli scrittori citati regge a lungo a un severo controllo e nessuno ha portato nelle sue invenzioni il segno di una vera necessità . Del resto il teatro , come macchina e come mito , non sembra suscettibile di molti sviluppi . Dopo tutti gli sfoghi e le scoperte di un secolo tecnico ( tecnico , s ' intende , anche nel regno della fantasia ) , Pirandello lo riprende dove lo aveva lasciato Tieck ( anzi , nessuna opera moderna raggiunge la perfetta consapevolezza di giuoco del Gatto con gli stivali ) e tutte le formule sceniche succedutesi in questi vent ' anni , dalle più complesse dell ' immediato dopoguerra fino a quella recente e semplicissima dell ' americano Thornton Wilder , indicano piuttosto la stanchezza di un mezzo di espressione che non genuine possibilità di futuro . In verità si tratta di un fenomeno che penetra più profondamente di quanto sembri a prima vista e che solo l ' abitudine , madre degli uomini , nasconde . Attraverso le disperate contorsioni e i tentativi di ringiovanimento degli ultimi decenni il teatro , tutto il teatro , non quello in lingua tedesca o francese , ma quello che da secoli vive nei suoi elementi primordiali , la maschera e l ' attore , un fondale fra due quinte , comincia a vacillare . Naturalmente attori e registi , drammaturghi e scenografi , tutti coloro che vivono con passione questa vicenda e che sono gli eredi di una storia cosìillustre ed antica , non lo riconoscono , si rifiutano sdegnosamente di prendere sul serio i sintomi della malattia . Ma il teatro non è più per gli uomini quello che era stato il dramma allegorico per il pubblico barocco e la commedia sentimentale per la società del Settecento , quello spettacolo che sorretto dalla musica aveva attirato il mutevole genio dell ' « ancien régime » e commosso la gioventú romantica . Le sale sono ancora affollate di un pubblico borghese , ma sempre più la scena diventa possesso dei virtuosi e il libretto cade in mano dei mestieranti ; le vecchie forme durano troppo per non far sospettare della vitalità delle nuove ; lo spettacolo ha un tono di commemorazione più che di celebrazione . I veri scrittori del Novecento che producono per il teatro : Shaw , Pirandello , Giraudoux , O ' Neill , fanno sempre più della letteratura dialogata : crescono nelle loro opere le ragioni culturali , sparisce la leggenda . Così si estende a tutto un mondo il complesso della vecchiaia : le quinte si coprono di polvere , il legno e il cartone si uniscono male alle nuove macchine di acciaio . E mentre i più gloriosi teatri d ' Europa si trasformano insensibilmente in musei e accademie e i mediocri scadono a un rango culturale di terz ' ordine , il nostro bisogno di parole e di immagini si volge ad altre zone : la nuova leggenda , proletaria e cosmopolita , nasce di là dall ' oceano in un tremante cinematografo .
CRISTO SI È FERMATO A EBOLI ( LEVI CARLO , 1945 )
Saggistica ,
, scavata dalle acque in buche , coni , piagge di aspetto maligno , come un paesaggio lunare . Le porte di