Saggistica ,
[
Introduzione
]
-
La
controversia
che
ai
dì
nostri
si
agita
fra
quella
che
suolsi
chiamare
scuola
"
positiva
"
del
diritto
penale
e
la
scuola
detta
"
classica
"
non
è
che
il
riflesso
nel
campo
del
diritto
di
un
dissidio
assai
più
vasto
che
si
manifesta
in
tutto
quanto
il
campo
delle
discipline
filosofiche
e
morali
.
La
negazione
del
libero
arbitrio
,
e
,
secondo
i
seguaci
della
nuova
scuola
,
la
conseguente
negazione
di
ogni
responsabilità
morale
;
la
tesi
loro
che
in
diritto
penale
occorra
abbandonare
la
considerazione
astratta
del
reato
come
entità
a
sé
,
e
sia
necessario
invece
studiare
il
delinquente
nelle
sue
particolarità
fisiologiche
,
psicologiche
ed
antropologiche
,
il
delitto
nelle
sue
cause
sì
individuali
che
sociali
;
la
loro
tendenza
ad
erigere
il
diritto
penale
su
basi
utilitarie
;
tutte
le
innovazioni
insomma
sì
teoriche
che
pratiche
di
cui
la
scuola
positiva
si
fa
propugnatrice
si
presentano
come
corollari
di
quelli
che
sono
i
principî
del
movimento
scientifico
moderno
;
movimento
di
cui
il
"
positivismo
"
vuol
considerarsi
come
la
più
genuina
manifestazione
.
Il
positivismo
moderno
,
da
altri
designato
sotto
il
nome
di
filosofia
della
esperienza
,
non
fu
,
com
'
è
noto
,
eretto
a
sistema
filosofico
che
dal
Comte
,
ma
rintraccia
le
sue
origini
assai
più
addietro
,
e
può
considerarsi
,
nella
sua
espressione
generale
,
come
una
fondamentale
tendenza
dello
spirito
umano
.
Due
furono
in
ogni
tempo
le
vie
per
cui
l
'
uomo
tentò
di
accrescere
la
sfera
della
propria
conoscenza
:
ora
ripiegandosi
sopra
sé
stesso
,
traendo
dalle
profondità
della
propria
mente
e
dalla
contemplazione
delle
idee
la
parte
maggiore
dello
scibile
;
ora
invece
volgendo
lo
sguardo
attento
allo
svolgersi
dei
fatti
nel
mondo
reale
,
registrandoli
con
pazienti
osservazioni
e
confronti
,
per
ridurli
a
formole
via
via
più
schematiche
e
più
generali
.
All
'
una
corrisponde
la
tendenza
aprioristica
o
speculativa
,
all
'
altra
quella
positiva
,
empirica
o
sperimentale
.
Queste
due
tendenze
si
sono
in
ogni
tempo
divise
il
campo
del
pensiero
filosofico
,
e
nella
filosofia
greca
le
vediamo
principalmente
rappresentate
,
l
'
una
da
Platone
,
l
'
altra
da
Aristotile
.
Ma
vi
sono
state
epoche
,
in
cui
l
'
una
o
l
'
altra
delle
due
ha
sembrato
prender
decisamente
il
sopravvento
.
Così
il
prevalere
della
prima
tendenza
ha
contrassegnato
in
genere
le
epoche
di
profondo
fervore
mistico
e
religioso
,
atto
a
distogliere
l
'
attenzione
dell
'
uomo
dal
mondo
delle
realtà
terrene
,
per
rivolgerla
a
mondi
ideali
,
più
razionali
e
perfetti
di
quello
nel
quale
la
nostra
vita
si
svolge
;
mentre
l
'
osservazione
dell
'
effettivo
prodursi
ed
avvicendarsi
dei
fenomeni
ha
contrassegnato
invece
piuttosto
quelli
d
'
intensa
attività
ed
interesse
pratico
.
È
così
che
sono
opera
principalmente
del
pensiero
teologico
quegli
abusi
e
quelle
esagerazioni
del
metodo
astratto
ed
aprioristico
che
hanno
viziato
in
modo
così
singolare
la
scienza
del
Medio
Evo
,
e
che
hanno
senza
dubbio
contribuito
potentemente
a
provocare
quella
reazione
contro
la
scolastica
e
la
"
metafisica
"
che
dura
tuttora
,
e
di
cui
il
positivismo
moderno
è
la
più
recente
espressione
.
Alla
scolastica
il
positivismo
si
contrappone
sì
come
metodo
che
come
dottrina
.
-
Era
infatti
appunto
la
credenza
mistica
in
una
realtà
diversa
e
superiore
a
quella
sensibile
,
e
quindi
non
raggiungibile
per
mezzo
dell
'
osservazione
e
dello
sperimento
,
e
di
ogni
ragionamento
che
da
questi
prendesse
le
mosse
,
era
la
credenza
in
una
realtà
"
trascendentale
"
per
accedere
alla
quale
solo
potevano
valere
le
facoltà
superiori
dell
'
intelletto
e
della
ragione
pura
,
quella
che
giustificava
l
'
uso
troppo
esclusivo
,
tanto
nei
sistemi
metafisici
che
in
quelli
teologici
,
del
raziocinio
astratto
e
speculativo
.
Per
lungo
tempo
credettero
gli
uomini
che
i
fenomeni
conosciuti
per
mezzo
della
osservazione
sensibile
fossero
la
parte
più
caduca
,
più
transitoria
,
e
meno
degna
di
fede
,
del
nostro
sapere
.
Mentre
essa
non
può
fornirci
che
le
apparenze
puramente
passeggiere
del
"
mondo
dell
'
esperienza
"
,
la
nostra
ragione
,
il
nostro
intelletto
,
l
'
intuizione
,
o
addirittura
la
rivelazione
"
soprannaturale
"
ci
mettono
in
presenza
dell
'
Immutabile
,
dell
'
Assoluto
,
del
Necessario
,
in
quanto
si
contrappongono
al
Variabile
,
al
Relativo
,
al
Contingente
,
-
di
quelle
verità
eterne
ed
imperiture
che
"
trascendono
"
la
sfera
della
esperienza
.
Senza
tener
conto
di
questa
credenza
in
una
realtà
trascendentale
che
precedette
loro
,
credo
sia
impossibile
il
giudicare
rettamente
della
funzione
e
del
valore
di
molti
sistemi
filosofici
,
passati
e
moderni
.
Comunque
,
era
la
realtà
trascendentale
l
'
oggetto
di
quella
che
fu
detta
"
metafisica
"
,
e
fu
per
essa
che
la
metafisica
fu
considerata
non
solo
come
la
parte
più
nobile
ed
elevata
,
ma
anche
come
la
parte
più
"
verace
"
del
nostro
sapere
.
Col
progresso
del
pensiero
si
produsse
,
com
'
è
noto
,
un
vasto
movimento
che
fece
perdere
alle
investigazioni
metafisiche
il
favore
originariamente
tributato
loro
.
Il
cammino
trionfale
delle
scienze
fisiche
,
le
conquiste
del
metodo
sperimentale
,
la
coscienza
dell
'
infecondità
di
quel
tipo
di
speculazione
che
consiste
nel
preoccuparsi
quasi
esclusivamente
del
concatenamento
logico
delle
idee
senza
fermarsi
a
verificare
le
premesse
,
giustificazione
ultima
di
ogni
ragionamento
;
infine
la
grande
rivoluzione
metodologica
che
è
associata
col
nome
di
Bacone
;
tutto
ciò
contribuì
ad
estendere
la
sfera
d
'
influenza
della
"
fisica
"
e
ad
esaltarla
di
fronte
alla
"
metafisica
"
.
Il
primo
a
formulare
nettamente
l
'
opposizione
fra
il
positivismo
,
come
sistema
filosofico
distinto
,
e
la
metafisica
,
fu
il
creatore
della
parola
stessa
"
positivismo
"
e
il
fondatore
del
sistema
:
Augusto
Comte
.
Colla
sua
legge
dei
tre
stadi
della
conoscenza
umana
,
di
cui
il
terzo
solo
è
compatibile
secondo
lui
con
la
verità
scientifica
,
egli
condannava
inesorabilmente
ad
un
tempo
le
dottrine
ed
i
metodi
metafisici
.
Chi
legge
le
prime
pagine
del
suo
Cours
de
Philosophie
positive
,
scorge
subito
come
per
lui
il
rinnovamento
del
metodo
non
sia
che
la
conseguenza
logica
di
un
modo
radicalmente
nuovo
di
considerare
l
'
universo
ed
i
suoi
rapporti
con
la
conoscenza
dell
'
uomo
.
Ciò
che
distingue
lo
stadio
positivo
dallo
stadio
teologico
e
da
quello
metafisico
"
il
quale
in
fondo
non
è
che
una
modificazione
del
primo
"
,
è
che
in
esso
"
la
mente
umana
,
riconoscendo
l
'
impossibilità
d
'
ottenere
delle
nozioni
assolute
,
rinunzia
a
ricercare
l
'
origine
e
la
destinazione
dell
'
universo
,
e
a
conoscere
le
cause
intime
dei
fenomeni
per
applicarsi
solo
alla
scoperta
,
mediante
l
'
uso
ben
combinato
del
ragionamento
e
dell
'
osservazione
,
delle
loro
leggi
effettive
,
vale
a
dire
delle
loro
relazioni
invariabili
di
successione
e
di
similitudine
.
La
spiegazione
dei
fatti
,
ridotta
allora
a
dei
termini
reali
,
non
è
più
quindi
che
il
legame
stabilito
fra
i
diversi
fenomeni
particolari
e
alcuni
fatti
generali
,
di
cui
il
progresso
tende
sempre
più
a
diminuire
il
numero
"
.
Ora
,
se
osserviamo
questo
periodo
,
come
pure
gli
altri
che
lo
accompagnano
vediamo
che
è
facile
riscontrare
in
esso
due
elementi
distinti
,
sebbene
messi
in
stretto
rapporto
fra
di
loro
.
Oltre
all
'
elemento
metodologico
-
l
'
ammonimento
da
tener
conto
della
realtà
positiva
,
a
usare
con
sobrietà
del
raziocinio
allo
scopo
di
evitare
il
pericolo
di
equivoci
,
sofismi
,
spiegazioni
verbali
o
altri
errori
;
-
vi
si
scorge
l
'
idea
di
una
vera
e
propria
limitazione
della
conoscenza
umana
.
Non
può
l
'
uomo
conoscere
le
"
cause
intime
"
dei
fenomeni
e
deve
abbandonare
la
vana
pretesa
di
penetrare
fino
alle
"
essenze
"
alle
"
sostanze
"
delle
cose
,
di
risalire
alle
loro
origini
o
ricercare
il
loro
fine
.
La
sua
conoscenza
è
puramente
relativa
;
una
vasta
porzione
della
realtà
deve
rimanere
per
lui
in
eterno
un
mistero
,
un
campo
per
le
ipotesi
più
svariate
,
tutte
egualmente
destituite
di
ogni
possibilità
di
verificazione
.
È
questa
la
teoria
detta
della
"
relatività
della
conoscenza
"
,
la
quale
ha
prestato
allo
Spencer
gli
argomenti
per
la
sua
celebre
dottrina
dell
'
Inconoscibile
,
ma
che
si
riconnette
storicamente
e
logicamente
alle
classiche
ricerche
di
Locke
,
Hume
,
Berkeley
e
finalmente
Kant
,
sulla
natura
e
le
funzioni
della
nostra
conoscenza
.
Quale
sia
la
portata
di
tali
ricerche
è
noto
:
esse
ebbero
per
oggetto
l
'
analisi
dei
nostri
concetti
più
elevati
ed
astratti
,
lo
studio
della
origine
delle
nostre
idee
,
e
dimostrarono
la
natura
sensoriale
"
empirica
"
di
ogni
conoscenza
,
la
dipendenza
di
ciò
che
diciamo
"
mondo
esteriore
"
dalle
nostre
rappresentazioni
,
il
contenuto
sperimentale
dei
nostri
concetti
di
causa
e
di
sostanza
.
A
torto
o
a
ragione
,
da
tali
ricerche
scaturì
una
vena
di
scetticismo
e
d
'
agnosticismo
che
ancora
oggi
domina
gran
parte
del
pensiero
filosofico
,
e
risalta
evidente
negli
scritti
dei
più
fra
i
positivisti
.
Il
positivismo
è
da
questi
concepito
come
una
dottrina
critica
e
demolitrice
,
che
rovesci
,
per
la
sola
virtù
del
suo
modo
di
concepire
la
conoscenza
umana
,
tutto
un
mondo
di
antiche
idee
e
credenze
di
cui
dimostra
irrevocabilmente
la
falsità
.
Tutti
quegli
oggetti
del
pensiero
,
cui
si
accompagnava
nella
mente
dei
"
metafisici
"
qualche
credenza
effettivamente
resa
inaccettabile
dalla
nuova
teoria
della
conoscenza
(
p
.
es
.
la
credenza
ch
'
essi
facessero
parte
della
realtà
"
trascendentale
"
)
,
sono
per
ciò
solo
dichiarati
"
entità
metafisiche
"
,
destituite
pertanto
d
'
ogni
valore
e
significato
e
da
scartarsi
senza
ulteriore
esame
.
Non
è
qui
il
luogo
di
mostrare
quali
danni
alla
correttezza
del
pensiero
filosofico
può
aver
recato
tal
maniera
di
ragionare
.
Avremo
occasione
di
tornare
varie
volte
su
questo
argomento
,
specialmente
a
riguardo
del
modo
con
cui
molti
positivisti
considerano
la
libertà
e
la
volontà
,
designate
da
loro
quali
entità
metafisiche
.
Di
questo
elemento
scettico
si
risente
in
parte
l
'
attitudine
assunta
dal
"
positivismo
"
moderno
di
fronte
alle
questioni
morali
e
giuridiche
.
Ma
qui
bisogna
inoltre
tener
conto
dell
'
apparente
antagonismo
fra
la
concezione
"
scientifica
"
delle
cose
e
quella
che
e
morale
e
diritto
hanno
considerato
finora
come
essenziale
alla
propria
esistenza
e
a
cui
il
positivismo
quella
vorrebbe
sostituire
.
La
scienza
tende
a
concepire
i
fenomeni
come
svolgentisi
gli
uni
dagli
altri
secondo
leggi
fisse
e
costanti
,
fornite
del
carattere
della
necessità
;
mentre
la
morale
e
il
diritto
li
considerano
come
atti
a
mutarsi
e
trasformarsi
docilmente
sotto
la
mano
dell
'
uomo
,
dotato
di
volontà
e
libertà
.
Di
qui
un
dissidio
che
,
apparente
o
reale
che
sia
,
ha
ad
ogni
modo
fatto
credere
esservi
fra
i
risultati
della
scienza
ed
i
postulati
della
morale
un
'
insanabile
contraddizione
,
ogni
progresso
dell
'
una
dovendo
segnare
una
restrizione
ed
un
abbassamento
dell
'
altra
.
È
questo
il
problema
omai
secolare
del
libero
arbitrio
,
la
discussione
del
quale
dal
positivismo
sembra
avere
ricevuto
nei
tempi
recenti
nuovo
incitamento
e
importanza
più
grave
,
e
che
può
considerarsi
altresì
come
il
pernio
attorno
al
quale
si
aggira
la
controversia
da
esso
sollevata
a
riguardo
del
diritto
penale
.
-
Consideriamo
ora
più
specialmente
la
"
scuola
positiva
del
diritto
penale
"
.
Anche
qui
vediamo
la
proposta
di
un
metodo
,
nuovo
e
diverso
,
fondata
su
un
modo
nuovo
e
diverso
di
concepire
la
base
e
la
natura
del
diritto
di
punire
.
Come
il
positivismo
in
genere
dichiara
"
antiscientifici
"
i
metodi
della
metafisica
in
nome
di
una
nuova
teoria
della
conoscenza
,
così
pure
noi
vediamo
nella
scuola
"
positiva
"
come
contrapposta
alla
scuola
classica
,
la
pretesa
di
inaugurare
un
metodo
nuovo
,
più
"
scientifico
"
di
quello
finora
prevalso
nelle
discipline
penali
.
L
'
indirizzo
prevalente
del
diritto
penale
,
sia
per
le
sue
origini
che
risalgono
a
quel
generoso
movimento
di
reazione
che
si
produsse
nel
secolo
XVIII
contro
gli
abusi
e
gli
arbitrii
che
viziavano
l
'
amministrazione
della
giustizia
,
e
quindi
nel
razionalismo
individualistico
degli
enciclopedisti
;
-
sia
anche
per
le
tendenze
psicologiche
e
le
opinioni
individuali
degli
scrittori
che
più
hanno
influito
su
di
essa
;
-
ma
soprattutto
,
diciamolo
sin
d
'
ora
,
per
le
esigenze
imprescindibili
della
materia
penale
,
si
è
sempre
attenuto
,
e
si
attiene
tuttora
,
ad
un
metodo
essenzialmente
astratto
.
Non
questo
o
quell
'
individuo
autore
del
reato
,
ma
il
reato
stesso
è
l
'
oggetto
del
diritto
penale
:
e
il
reato
considerato
non
come
fatto
concreto
,
ma
come
ente
astratto
,
come
mero
rapporto
di
contraddizione
fra
l
'
atto
dell
'
uomo
e
la
legge
dello
stato
.
È
al
reato
così
inteso
che
viene
commisurata
la
pena
,
indipendentemente
da
ogni
effetto
d
'
emenda
o
di
ravvedimento
che
sia
a
presumersi
abbia
ad
avverarsi
nell
'
autore
del
fatto
lesivo
,
indipendentemente
dalla
pericolosità
speciale
dell
'
individuo
quale
può
risultare
dall
'
esame
particolare
di
lui
,
indipendentemente
infine
da
ogni
idea
di
esemplarità
ulteriore
della
pena
sui
male
intenzionati
.
-
Per
i
positivisti
,
un
tale
metodo
si
trova
in
contraddizione
colle
regole
più
utili
e
feconde
del
metodo
sperimentale
;
esso
è
per
loro
un
metodo
"
metafisico
"
,
come
è
una
"
entità
metafisica
"
per
loro
il
reato
quale
è
dalla
scuola
classica
considerato
e
studiato
.
Ma
non
solo
il
metodo
:
i
principii
stessi
su
cui
si
fonda
secondo
i
classici
,
il
diritto
di
punire
sono
per
loro
"
metafisici
"
.
È
questo
anzi
il
punto
in
cui
più
si
manifesta
il
carattere
critico
e
demolitore
delle
nuove
dottrine
,
analogo
a
quello
che
abbiamo
riscontrato
nel
positivismo
in
generale
.
Qui
come
là
,
la
riforma
del
metodo
si
annunzia
come
la
conseguenza
logica
della
mutazione
nelle
dottrine
;
cosicché
un
giudizio
completo
nel
metodo
non
potrà
aversi
se
non
dopo
un
esame
,
per
quanto
sommario
,
di
queste
sue
basi
teoriche
,
e
della
questione
se
e
fino
a
qual
punto
il
metodo
possa
considerarsene
come
una
logica
derivazione
.
Due
sono
i
punti
teorici
fondamentali
nei
quali
la
scuola
positiva
si
pone
come
avversaria
alla
classica
.
L
'
uno
è
rappresentato
dalla
questione
del
libero
arbitrio
,
l
'
esistenza
del
quale
la
scuola
"
classica
"
postula
come
fondamento
della
imputabilità
,
mentre
è
dall
'
altra
scuola
negata
.
L
'
altro
punto
è
la
"
giustificazione
"
del
diritto
di
punire
,
che
l
'
una
pone
nella
giustizia
,
l
'
altra
nell
'
utilità
,
nella
necessità
in
cui
si
trova
la
società
di
difendersi
dai
suoi
nemici
.
Come
è
facile
vedere
,
queste
premesse
trascendono
la
sfera
speciale
del
diritto
punitivo
per
avere
una
portata
addirittura
sul
modo
di
concepire
la
morale
.
-
Coll
'
identificarla
col
calcolo
utilitario
,
esse
tendono
a
toglierle
esistenza
distinta
;
come
,
negando
la
libertà
,
esse
le
tolgono
la
"
condizione
pratica
"
per
la
sua
possibilità
.
Per
ciò
che
riguarda
il
diritto
penale
,
piuttosto
che
a
produrre
una
riforma
di
esso
,
tali
dottrine
,
se
considerate
nella
loro
espressione
estrema
,
sembrano
atte
piuttosto
a
scalzarne
addirittura
le
basi
.
I
diversi
argomenti
dei
positivisti
sono
concatenati
fra
loro
.
Ragionano
i
positivisti
:
negato
il
libero
arbitrio
,
su
cui
poggiavano
l
'
idea
di
responsabilità
,
di
merito
e
demerito
,
idee
necessarie
così
alla
morale
come
al
diritto
,
ne
viene
di
conseguenza
che
il
diritto
di
punire
,
nel
senso
più
comune
di
questo
vocabolo
,
non
è
più
ammissibile
né
nella
società
,
né
negli
individui
,
e
sola
rimane
la
necessità
per
la
società
di
difendersi
da
chi
ne
lede
il
benessere
e
la
tranquillità
,
di
porlo
nell
'
impossibilità
di
nuocere
altrimenti
,
di
rimuovere
le
cause
per
cui
egli
fu
condotto
a
ciò
fare
.
A
questo
fine
unico
mezzo
è
lo
studio
accurato
dei
precedenti
del
colpevole
,
la
ricerca
di
tutti
i
coefficienti
che
cooperarono
alla
produzione
necessaria
del
male
,
e
ciò
col
duplice
intento
di
rimuovere
le
cause
individuali
e
sociali
del
delitto
,
di
curare
nell
'
individuo
l
'
irresistibile
impulso
a
commetterlo
;
nonché
di
mettere
,
nel
modo
più
opportuno
e
su
di
lui
efficace
,
il
reo
nella
pratica
impossibilità
di
tradurlo
in
atto
,
per
tutto
il
tempo
che
l
'
impulso
dura
.
La
verità
è
che
,
ammessi
tali
principî
,
si
avrà
una
medicina
od
una
profilassi
individuale
o
sociale
;
si
avrà
un
complesso
di
riforme
per
prevenire
in
modo
diverso
il
delitto
;
ma
di
un
vero
e
proprio
diritto
penale
non
si
potrà
parlare
.
Comunque
,
è
da
tali
premesse
che
si
traggono
le
conseguenze
surriferite
intorno
al
metodo
in
diritto
penale
.
Non
più
la
considerazione
astratta
del
reato
,
ma
lo
studio
concreto
del
delinquente
e
di
tutte
le
cause
che
lo
spinsero
a
delinquere
.
Solo
così
potrà
ottenersi
una
efficace
difesa
e
rigenerazione
sociale
.
Il
metodo
da
adottarsi
,
secondo
i
positivisti
,
non
è
diverso
da
quello
invalso
per
lo
studio
dei
fenomeni
naturali
:
mediante
l
'
osservazione
e
lo
sperimento
acquistare
una
conoscenza
chiara
del
modo
di
prodursi
e
di
svolgersi
dei
fenomeni
,
delle
leggi
fatali
che
li
governano
:
allo
scopo
di
poter
poi
agire
,
modificando
gli
antecedenti
,
sui
conseguenti
,
e
di
accrescere
così
il
nostro
potere
sulla
natura
.
Fino
a
che
punto
tale
concezione
è
essa
legittima
?
Fino
a
che
punto
i
principî
del
positivismo
come
sistema
filosofico
,
se
veri
in
generale
,
sono
applicabili
alla
sfera
più
particolare
del
diritto
penale
?
E
quali
sono
le
conseguenze
legittime
di
una
tale
applicazione
?
A
nostro
parere
,
se
la
tendenza
generale
segnata
dal
positivismo
è
giusta
,
come
quella
che
rappresenta
la
maturità
scientifica
dei
tempi
nostri
;
bisogna
però
guardarsi
da
certe
intemperanze
ed
eccessività
,
frequenti
negli
scritti
dei
positivisti
,
ma
che
del
vero
e
proprio
metodo
positivo
costituiscono
la
più
flagrante
violazione
.
Se
molte
delle
premesse
che
la
scuola
positiva
in
diritto
penale
fa
sue
,
sono
tali
che
nessuno
potrebbe
con
cognizione
di
causa
negar
loro
la
propria
adesione
;
pure
molte
delle
illazioni
che
essa
ne
trae
sono
inesatte
od
errate
,
o
non
tengono
conto
di
elementi
pure
imprescindibili
dell
'
oggetto
loro
.
Per
chiarir
ciò
,
converrà
prima
prendere
in
esame
la
questione
del
libero
arbitrio
:
per
poi
passare
alle
altre
questioni
implicate
dal
nostro
argomento
.
LIBERO
ARBITRIO
ED
IMPUTABILITÀ
MORALE
.
La
teoria
,
che
per
la
prima
volta
io
comprendeva
rettamente
,
cessava
di
essere
scoraggiante
,
e
,
oltre
al
sollievo
che
ne
venne
al
mio
spirito
,
io
cessai
di
soffrire
sotto
al
peso
,
così
grave
per
chi
mira
ad
essere
un
riformatore
delle
altrui
opinioni
,
di
reputare
una
dottrina
come
vera
,
e
la
dottrina
contraria
come
moralmente
benefica
.
[
MILL
,
Autobiography
,
,
1873
,
p
.
170
]
.
-
Se
noi
ricerchiamo
qual
'
è
la
ragione
dell
'
interesse
e
della
passione
di
cui
la
questione
del
libero
arbitrio
è
stata
in
ogni
tempo
l
'
oggetto
,
non
ci
sarà
difficile
vedere
ch
'
essa
sta
principalmente
nell
'
enorme
importanza
pratica
del
problema
della
Responsabilità
.
L
'
intima
connessione
fra
questo
e
la
libertà
del
volere
è
insieme
un
dato
del
senso
comune
,
un
risultato
della
riflessione
filosofica
,
e
un
prodotto
dell
'
evoluzione
del
diritto
dalle
forme
più
brutali
di
reazione
violenta
e
senza
misura
contro
la
causa
,
qualunque
essa
sia
,
del
danno
ricevuto
,
a
quelle
rigorosamente
misurate
e
strettamente
personali
delle
civiltà
più
progredite
.
Una
conveniente
trattazione
del
tema
della
responsabilità
non
potrebbe
quindi
andar
disgiunta
da
una
discussione
,
per
quanto
sommaria
,
della
celebre
questione
detta
del
"
libero
arbitrio
"
.
Questa
,
com
'
è
noto
,
sembra
essere
una
delle
questioni
più
ribelli
che
abbiano
mai
affaticato
l
'
ingegno
umano
;
e
da
più
secoli
ch
'
essa
è
controversa
,
non
sembra
ancora
aver
mosso
il
passo
decisivo
verso
la
sua
soluzione
.
Oggi
ancora
per
alcuni
il
libero
arbitrio
è
"
un
'
illusione
"
per
altri
esso
è
una
verità
evidente
,
un
"
fatto
"
che
non
ha
bisogno
neppure
di
dimostrazione
.
Per
quasi
tutti
poi
,
l
'
affermazione
o
la
negazione
del
libero
arbitrio
è
un
dilemma
gravissimo
,
onde
dipendono
conseguenze
teoriche
e
pratiche
di
incalcolabile
valore
.
Si
tratta
infatti
di
sapere
"
se
l
'
uomo
possa
determinarsi
da
sé
ad
agire
in
un
modo
piuttosto
che
in
un
altro
,
se
possa
scegliere
liberamente
il
male
ed
il
bene
,
e
se
perciò
possa
essere
ritenuto
responsabile
dei
propri
atti
"
.
Il
consenso
comune
è
sempre
stato
per
il
verdetto
affermativo
,
mentre
la
filosofia
,
che
col
senso
comune
non
di
rado
si
trova
in
conflitto
,
ha
dato
per
bocca
di
molti
fra
i
suoi
più
eminenti
cultori
responso
contrario
.
Secondo
l
'
opinione
più
generale
,
la
questione
"
se
l
'
uomo
possa
determinarsi
ad
agire
"
si
identifica
con
quella
della
causalità
nelle
umane
azioni
:
se
cioè
all
'
uomo
,
in
quanto
è
dotato
della
facoltà
di
volere
,
sia
applicabile
il
principio
di
causalità
.
L
'
uomo
solo
,
dicono
alcuni
,
sfugge
alla
"
legge
di
necessità
"
che
governa
tutti
quanti
gli
altri
esseri
.
Niuna
regola
lo
costringe
,
niuna
legge
fatale
gli
addita
in
anticipo
la
via
da
seguirsi
.
Egli
solo
perciò
è
veramente
libero
;
libero
non
"
relativamente
"
,
come
lo
possono
essere
alcuni
agenti
della
natura
di
fronte
ad
altri
,
ma
"
assolutamente
"
.
A
tali
affermazioni
rispondono
altri
,
facendosi
forti
di
tutto
il
movimento
scientifico
moderno
ed
asserendo
l
'
impero
della
causalità
anche
nel
campo
dell
'
umane
azioni
,
donde
essa
sembrava
voler
essere
per
sempre
esclusa
.
Essi
si
credono
perciò
anche
in
diritto
di
negare
che
le
azioni
umane
possano
dirsi
libere
,
e
ne
traggono
argomento
per
rifiutar
loro
la
responsabilità
,
così
morale
che
giuridica
.
È
un
dilemma
dal
quale
sembra
non
esservi
scampo
:
da
una
parte
una
esigenza
suprema
della
morale
e
del
sentimento
,
dall
'
altra
l
'
autorità
della
scienza
,
oggi
sempre
crescente
.
Delle
due
tesi
alternative
,
la
prima
ci
conduce
alla
concezione
di
una
volontà
quasi
nata
per
miracolo
,
distaccata
da
ogni
suo
antecedente
,
non
atta
ad
essere
studiata
nelle
sue
origini
,
nelle
sue
cause
,
non
suscettibile
cioè
di
alcuna
conoscenza
scientifica
(
scire
est
per
causas
scire
)
;
l
'
altra
sembra
por
capo
ad
un
fatalismo
più
o
meno
larvato
(
poiché
nessuno
,
come
ben
osserva
il
Mill
,
è
coerentemente
fatalista
)
.
E
mentre
il
fatalismo
ci
ripugna
,
ed
è
d
'
altra
parte
contrario
all
'
intuitiva
coscienza
e
all
'
orgoglio
dell
'
uomo
,
l
'
ammettere
una
soluzione
assoluta
della
continuità
naturale
fra
gli
antecedenti
tutti
quanti
della
volontà
e
la
volontà
stessa
,
un
abisso
attraverso
il
quale
non
sia
possibile
tendere
alcun
filo
logico
di
prevedibilità
,
è
cosa
non
meno
contraria
,
per
altri
rispetti
,
alle
nostre
esigenze
pratiche
ed
intellettuali
.
Come
la
morale
sembra
postulare
l
'
affermazione
del
"
libero
arbitrio
"
,
così
tutta
quanta
la
scienza
dell
'
uomo
sembra
postularne
la
negazione
.
Entrambe
le
alternative
sono
insomma
,
per
dirla
col
James
,
postulati
di
razionalità
,
la
scelta
fra
i
quali
non
può
non
riuscirvi
per
un
lato
od
un
altro
,
dolorosa
.
Nel
fatto
,
sulla
inevitabilità
di
questo
dilemma
sorgono
gravi
dubbi
.
È
evidente
,
che
se
una
necessità
inesorabile
costringesse
gli
uomini
ad
agire
in
determinate
guise
e
non
altrimenti
;
se
l
'
uomo
fosse
condannato
ad
assistere
,
spettatore
inerte
,
automa
cosciente
,
allo
svolgersi
degli
avvenimenti
predeterminati
ab
aeterno
da
un
fato
contro
cui
ogni
resistenza
è
vana
,
la
nostra
credenza
nella
responsabilità
sua
sarebbe
un
imperdonabile
errore
.
Questa
è
la
tesi
del
fatalismo
logico
e
coerente
.
Ma
il
fatalismo
come
dottrina
implica
l
'
impotenza
della
volontà
umana
dinanzi
a
forze
che
la
trascinano
suo
malgrado
:
esso
pone
queste
forze
come
estrinseche
alla
volontà
,
come
fattori
a
lei
esterni
che
entrano
in
lotta
con
lei
e
finalmente
la
dominano
vittoriosamente
.
Per
il
fatalista
,
la
volontà
esiste
come
entità
distinta
,
già
completamente
formata
;
esiste
l
'
impulso
ad
agire
,
la
tendenza
al
bene
o
al
male
,
il
dolore
e
il
piacere
,
il
desiderio
,
l
'
aspirazione
,
l
'
ideale
;
tutto
quel
complesso
di
elementi
che
contribuiscono
alla
costituzione
di
una
volontà
risoluta
;
solo
che
tutte
queste
forze
rimangono
senza
alcun
effetto
.
"
Ducunt
volentem
fata
,
nolentem
trahunt
"
,
è
l
'
espressione
tipica
del
modo
fatalistico
di
concepir
la
vita
:
nel
quale
la
volontà
ed
il
fato
sono
rappresentati
come
potenze
antagonistiche
,
l
'
una
però
destinata
a
soggiacere
eternamente
all
'
altra
.
La
questione
del
libero
arbitrio
però
,
com
'
è
generalmente
intesa
,
non
si
limita
a
considerare
soltanto
la
volontà
in
rapporto
alle
forze
che
ne
possono
limitare
o
contrastare
l
'
effetto
.
Se
infatti
noi
ci
domandiamo
quali
sono
le
cause
che
hanno
prodotta
una
determinata
volizione
,
oppur
discutiamo
in
astratto
se
cause
siffatte
esistono
o
sono
discopribili
,
consideriamo
la
volontà
non
più
ne
'
suoi
effetti
,
ma
nel
processo
stesso
della
sua
formazione
.
Posso
benissimo
conoscere
l
'
atto
volontario
e
saperlo
distinguere
nel
caso
pratico
dagli
atti
di
diversa
natura
,
attribuire
alla
volontà
la
sua
più
piena
efficacia
;
e
nello
stesso
tempo
rimanere
dubbioso
intorno
a
qualche
qualità
propria
dell
'
atto
volontario
stesso
.
Così
posso
pormi
la
questione
,
alla
quale
più
propriamente
si
riduce
la
controversia
del
determinismo
:
fra
le
proprietà
che
distinguono
l
'
azione
volontaria
da
quella
che
non
è
tale
,
si
trova
anche
la
proprietà
di
fare
eccezione
al
principio
di
causalità
?
Si
differenzia
essa
dalle
non
volontarie
per
una
maggiore
indeterminatezza
,
o
per
una
indeterminatezza
assoluta
?
Questa
seconda
questione
è
assai
diversa
dalla
prima
,
se
cioè
gli
atti
umani
dipendano
o
non
dipendano
dalla
volontà
.
Mentre
quella
portava
essenzialmente
sulla
volontarietà
delle
umane
azioni
,
questa
porta
sulla
loro
prevedibilità
;
mentre
quella
verteva
sulla
possibilità
per
noi
di
agire
in
un
modo
piuttosto
che
in
un
altro
,
questa
verte
piuttosto
sulla
possibilità
per
gli
altri
di
influire
su
di
noi
:
mentre
infine
la
soluzione
di
quella
può
decidere
della
fiducia
che
possiamo
avere
in
noi
,
questa
decide
piuttosto
della
fiducia
che
in
noi
possono
avere
gli
altri
.
L
'
insistere
sulla
radicale
diversità
dei
due
problemi
non
è
,
come
alcuno
potrebbe
ritenere
,
l
'
enunciare
un
truismo
:
tale
diversità
è
atta
ad
essere
stranamente
trascurata
.
Molti
la
riconoscono
in
principio
,
per
poi
dimenticarsene
nell
'
ulteriore
svolgimento
delle
loro
dottrine
,
mentre
altri
adoperano
un
linguaggio
che
lascia
incerto
quale
dei
due
problemi
intendano
trattare
.
Ciò
produce
uno
stato
di
confusione
e
d
'
equivoco
da
cui
è
assai
difficile
liberarsi
,
anche
per
le
menti
più
avvezze
alla
critica
logica
.
-
Chi
nega
il
libero
arbitrio
è
raro
che
con
ciò
voglia
negare
il
carattere
di
volontarietà
che
hanno
alcune
fra
le
nostre
azioni
.
Interrogato
,
è
anzi
probabile
ch
'
egli
protesti
contro
una
supposizione
siffatta
.
"
Chi
ha
mai
contestato
,
egli
dirà
,
l
'
esistenza
di
volizioni
e
la
loro
relativa
efficacia
?
Ciò
sarebbe
puerile
.
Sono
i
nostri
avversari
che
ci
fraintendono
.
Per
costoro
,
la
volontà
sorge
dal
nulla
;
è
un
vero
miracolo
;
è
un
concetto
che
si
trova
nel
contrasto
più
aperto
colla
concezione
scientifica
,
"
positiva
"
del
mondo
;
è
infine
una
"
entità
metafisica
"
che
noi
ci
sentiamo
in
diritto
di
scartare
sdegnosamente
.
Ma
altra
cosa
è
affermare
che
le
nostre
relazioni
son
"
necessarie
"
e
altra
cosa
affermare
che
non
possiamo
fare
ciò
che
vogliamo
.
Questa
è
la
libertà
fisica
,
mentre
noi
ci
riferiamo
alla
libertà
"
morale
"
,
fondata
nell
'
assurdo
concetto
di
una
volontà
senza
cause
.
È
soltanto
nel
concetto
di
volontà
che
differiamo
dai
nostri
avversari
;
alla
loro
concezione
metafisica
noi
sostituiamo
la
sola
concezione
positiva
"
.
A
tal
discorso
non
potremmo
rispondere
se
non
che
su
ciò
possiamo
essere
in
parte
d
'
accordo
con
loro
,
e
che
il
solo
argomento
di
discussione
sarà
fino
a
qual
punto
certe
ulteriori
loro
affermazioni
siano
conformi
alla
premessa
così
enunciata
.
Quando
si
muta
il
concetto
di
una
cosa
,
quando
,
in
altre
parole
,
non
si
fa
che
negarle
certe
proprietà
e
attribuirgliene
certe
altre
,
occorre
star
bene
attenti
a
distinguere
dalle
proprietà
che
se
ne
vanno
quelle
che
rimangono
,
per
non
attribuire
a
tal
mutamento
di
concetto
conseguenze
maggiori
di
quelle
che
veramente
ne
derivano
.
Quando
neghiamo
agli
atti
umani
l
'
attributo
della
libertà
,
occorre
essere
ben
cauti
a
sapere
di
qual
libertà
si
parla
.
Per
lungo
tempo
si
è
creduto
che
"
l
'
essenza
"
della
libertà
consistesse
nell
'
indipendenza
da
quel
principio
di
causalità
che
regge
la
natura
esteriore
;
perciò
chi
pretende
estendere
il
principio
di
causalità
alle
azioni
umane
si
è
creduto
in
diritto
di
negare
che
queste
si
possano
dir
"
libere
"
.
Lo
stesso
è
a
dirsi
dell
'
attributo
della
"
volontarietà
"
:
se
i
nostri
atti
volontari
sono
quelli
che
fuggono
ad
ogni
vincolo
causale
,
ciò
significa
che
non
v
'
è
attività
umana
che
meriti
veramente
il
nome
di
volontaria
.
Il
male
si
è
che
le
parole
"
volontario
"
e
"
libero
"
hanno
,
nel
linguaggio
ordinario
,
un
significato
determinato
ed
ormai
consacrato
dall
'
uso
.
Venti
volte
al
giorno
io
dico
:
voglio
,
e
mi
sento
libero
di
eseguire
la
mia
volontà
.
Se
qualcuno
mi
viene
a
dire
che
tale
mia
persuasione
è
frutto
di
una
"
illusione
"
,
il
mio
buon
senso
si
ribella
,
e
sono
inclinato
a
dar
del
mistificatore
al
mio
interlocutore
.
Che
se
poi
le
sue
ragioni
mi
convincono
,
io
ne
risento
un
effetto
deprimente
,
e
propendo
verso
una
concezione
fatalistica
della
vita
.
È
che
la
violazione
dell
'
uso
corrente
delle
parole
non
avviene
quasi
mai
impunemente
;
tosto
o
tardi
la
confusione
si
produce
,
con
danni
teorici
e
pratici
talora
gravissimi
.
È
come
se
qualcuno
spacciasse
monete
con
valore
effettivo
inferiore
al
loro
valor
nominale
,
e
credesse
d
'
essere
scevro
di
ogni
responsabilità
,
e
di
avere
evitato
ogni
inconveniente
,
per
non
essersene
egli
valso
se
non
per
il
loro
valore
effettivo
,
dichiarando
oltre
a
ciò
il
valore
stesso
alla
persona
ricevente
.
A
parte
la
possibilità
della
frode
e
di
illecito
guadagno
per
quest
'
ultima
,
è
certo
che
vi
sarà
tosto
o
tardi
chi
prenderà
le
monete
per
il
loro
valore
nominale
,
se
qualcuno
non
ne
arresta
il
corso
denunziando
l
'
inganno
.
Non
altrimenti
avviene
per
le
parole
adoperate
in
un
senso
troppo
diverso
dall
'
usuale
.
Il
linguaggio
ha
un
valore
essenzialmente
sociale
,
quasi
direi
pubblico
,
e
a
nessun
singolo
è
lecito
farlo
variare
arbitrariamente
.
Ogni
parola
desta
in
noi
,
occorre
non
dimenticarselo
,
una
folla
di
associazioni
,
che
solo
in
parte
soggiacciono
al
nostro
controllo
cosciente
.
Le
"
questioni
di
parola
"
che
generalmente
sono
considerate
come
disquisizioni
sterili
ed
oziose
,
hanno
invece
una
importanza
grande
appunto
per
ciò
:
che
una
parola
,
a
meno
che
non
sia
coniata
ex
novo
,
porta
seco
una
moltitudine
di
rappresentazioni
associate
che
è
vano
il
volere
assolutamente
sopprimere
negli
altri
,
e
perfino
in
noi
.
Il
chiedersi
se
ad
un
dato
oggetto
sia
applicabile
un
dato
nome
equivale
praticamente
a
chiedersi
se
tale
oggetto
possegga
le
qualità
che
da
tal
nome
sono
o
debbono
essere
rappresentate
ed
evocate
,
se
cioè
tale
oggetto
debba
farsi
registrare
nella
"
classe
di
oggetti
"
che
il
nome
designa
.
Ogni
questione
di
parola
pertanto
,
coinvolgendo
più
o
meno
direttamente
una
questione
di
classificazione
,
è
nello
stesso
tempo
anche
una
questione
di
pensiero
:
la
sola
differenza
fra
essa
e
la
"
questione
di
fatto
"
consistendo
in
ciò
,
che
mentre
in
quest
'
ultima
si
tratta
di
vedere
se
esista
un
determinato
oggetto
o
quali
sono
i
suoi
rapporti
con
altri
,
nella
prima
si
discute
se
quei
rapporti
(
ad
es
.
di
somiglianza
)
che
abbiamo
constatati
fra
più
oggetti
e
che
vengono
connotati
da
un
nome
si
estendano
anche
ad
un
altro
oggetto
:
il
che
si
esprime
dicendo
che
questo
oggetto
deve
o
non
deve
essere
chiamato
in
quel
dato
modo
.
Non
si
meravigli
quindi
alcuno
se
ravviserà
nella
presente
discussione
del
problema
del
libero
arbitrio
i
caratteri
propri
della
"
questione
di
parola
"
.
È
appunto
solo
sollevando
una
"
questione
di
parola
"
che
le
nostre
idee
sul
libero
arbitrio
e
i
suoi
rapporti
colla
responsabilità
morale
e
giuridica
potranno
farsi
chiare
;
ed
è
dal
non
averla
sollevata
per
tempo
che
dipende
,
in
gran
parte
,
lo
sterile
dispendio
di
forze
intellettuali
che
intorno
a
questa
questione
si
è
prodotto
.
L
'
inconveniente
,
che
rende
difficili
tutte
le
questioni
del
genere
di
questa
del
libero
arbitrio
,
non
è
,
come
alcuno
ha
creduto
,
ch
'
esse
non
abbiano
per
oggetto
l
'
esperienza
accessibile
e
che
perciò
offrano
soluzioni
le
une
e
le
altre
egualmente
indimostrabili
come
vere
;
ma
che
i
concetti
e
le
idee
sono
in
esse
rappresentate
da
parole
il
cui
significato
,
volgare
o
filosofico
,
ha
variato
storicamente
e
non
è
oggi
facile
a
definirsi
,
e
che
quindi
recano
implicazioni
intellettuali
o
sentimentali
aventi
coi
concetti
maestri
,
per
così
dire
,
un
semplice
rapporto
di
contiguità
e
non
di
dipendenza
logica
.
Vedremo
ciò
meglio
or
ora
.
Ma
è
così
che
spesso
gli
avversari
discutono
come
se
asserissero
cose
irreconciliabilmente
opposte
,
mentre
in
realtà
fanno
affermazioni
che
potrebbero
benissimo
sussistere
l
'
una
accanto
all
'
altra
senza
nuocersi
:
ed
avviene
altresì
che
ciascuno
di
essi
,
trasportato
dalla
foga
della
disputa
e
dallo
spirito
di
scuola
,
nonché
tratto
in
inganno
dal
suono
stesso
delle
proprie
parole
,
trascura
di
fare
le
necessarie
distinzioni
e
si
rifiuta
di
ammettere
quelle
parti
della
dottrina
avversaria
,
spesso
le
più
fondamentali
,
alle
quali
egli
non
avrebbe
di
per
sé
alcuna
obbiezione
da
fare
.
Avviene
pertanto
che
l
'
errore
di
ciascuno
consista
piuttosto
in
ciò
che
ognuno
indebitamente
nega
dell
'
altro
,
anziché
in
ciò
ch
'
egli
afferma
di
cognizione
propria
;
e
nelle
conseguenze
ch
'
egli
da
questa
indiscriminata
negazione
trae
.
-
È
generalmente
nota
la
distinzione
fra
quei
giudizii
che
il
Kant
chiama
analitici
e
quelli
ch
'
egli
chiama
sintetici
,
e
che
furono
per
lo
addietro
designati
come
proposizioni
essenziali
e
proposizioni
accidentali
.
Mentre
colle
proposizioni
sintetiche
,
che
possono
anche
essere
chiamate
proposizioni
reali
(
Mill
)
,
intendiamo
asserire
qualche
cosa
di
nuovo
nell
'
oggetto
designato
da
un
nome
,
che
perciò
non
era
implicato
nel
significato
del
nome
stesso
,
nelle
proposizioni
analitiche
,
che
possono
essere
considerate
come
verbali
,
noi
"
asseriamo
di
una
cosa
sotto
ad
un
nome
determinato
solo
ciò
che
è
asserito
di
essa
per
il
semplice
fatto
di
averla
chiamata
con
quel
nome
"
(
Mill
)
.
Tale
distinzione
non
ha
forse
quell
'
importanza
che
le
venne
da
alcuni
attribuita
,
per
il
fatto
che
praticamente
riesce
assai
difficile
il
riconoscere
quali
sono
le
proposizioni
analitiche
e
quali
le
sintetiche
.
Le
parole
non
conservano
il
medesimo
significato
da
tempo
a
tempo
,
né
da
individuo
ad
individuo
.
Esse
vanno
ora
estendendo
il
loro
senso
a
proprietà
che
prima
erano
fuori
dalla
loro
sfera
d
'
applicazione
,
ora
abbandonandone
altre
che
prima
in
essa
rientravano
.
Onde
non
sempre
le
proposizioni
sono
sintetiche
o
analitiche
per
tutti
:
certe
proprietà
,
che
per
alcuni
sono
pure
e
semplici
implicazioni
del
significato
di
una
parola
,
per
altri
,
più
ignoranti
o
meno
riflessivi
,
sono
elementi
nuovi
,
su
cui
la
loro
attenzione
va
espressamente
richiamata
.
"
Le
parole
,
scrive
un
arguto
filosofo
,
che
sono
l
'
intermediario
indispensabile
fra
il
mio
pensiero
e
l
'
altrui
,
hanno
ben
l
'
aria
di
essere
un
intermediario
inutile
ed
incomodo
fra
il
pensiero
e
il
suo
oggetto
.
Il
pensiero
per
sua
natura
è
dinamico
e
vivente
;
esso
non
è
,
ma
diventa
,
è
un
progresso
,
non
una
cosa
;
esso
è
un
organismo
di
cui
le
immagini
rappresentano
le
cellule
,
con
questa
differenza
,
che
"
ogni
cellula
occupa
un
punto
determinato
del
corpo
,
mentre
un
'
idea
veramente
nostra
riempie
tutto
il
nostro
organismo
"
(
Bergson
)
.
Le
immagini
si
avviluppano
,
si
generano
,
si
penetrano
fra
di
loro
;
esse
formano
un
tessuto
vivente
.
Questo
tessuto
,
il
linguaggio
lo
lacera
,
lo
mette
in
brandelli
,
poi
ch
'
esso
esige
che
"
noi
stabiliamo
fra
le
nostre
idee
le
medesime
distinzioni
nette
e
precise
,
la
medesima
discontinuità
che
fra
gli
oggetti
materiali
"
(
Bergson
)
.
Come
l
'
arcobaleno
sulla
cascata
permane
colla
sua
gamma
di
vivaci
colori
nonostante
il
fluire
incessante
delle
molecole
liquide
che
ne
sono
quasi
il
sostegno
materiale
,
come
il
corpo
umano
si
mantiene
colle
sue
fattezze
pressoché
inalterate
attraverso
al
perenne
rinnovarsi
della
materia
organica
che
lo
compone
,
così
,
mentre
il
pensiero
si
trova
in
uno
stato
di
plasticità
e
di
fluidità
continue
,
le
forme
del
linguaggio
che
servono
ad
esprimerlo
hanno
la
fissità
dei
solidi
che
non
mutano
d
'
aspetto
se
non
per
la
lenta
corrosione
degli
elementi
esteriori
.
Parole
rimaste
quasi
inalterate
a
traverso
i
secoli
sono
passate
a
poco
a
poco
per
infinite
sfumature
di
significato
,
in
modo
da
trovarsi
alla
fine
della
loro
evoluzione
a
contatto
,
per
così
dire
,
con
pensieri
diversissimi
da
quelli
ch
'
esse
rappresentavano
originariamente
.
La
storia
delle
scienze
e
della
filosofia
ci
offre
innumerevoli
esempi
di
questa
attitudine
del
pensiero
a
scivolare
sotto
alle
parole
.
E
ciò
che
si
verifica
per
i
popoli
si
verifica
pure
per
gli
individui
.
Per
il
medesimo
individuo
,
nei
diversi
stadi
della
sua
vita
,
a
seconda
dei
diversi
gradi
della
sua
educazione
e
della
sua
esperienza
,
il
significato
di
una
parola
cambia
.
Così
pure
se
ci
volgiamo
a
considerare
i
rapporti
degli
uomini
fra
di
loro
,
vediamo
che
per
quanto
i
diversi
individui
adoperino
gli
stessi
termini
a
designare
a
un
dipresso
i
medesimi
oggetti
,
dietro
a
tale
uso
abbastanza
uniforme
si
celano
differenze
notevoli
nel
senso
dei
termini
stessi
.
In
altre
parole
,
numerose
espressioni
,
pure
avendo
per
tutti
la
medesima
estensione
,
non
hanno
per
tutti
la
medesima
comprensione
:
non
altrimenti
che
gli
oggetti
sul
mercato
,
vendutivi
ad
un
prezzo
ch
'
è
eguale
all
'
incirca
per
tutti
,
possono
rappresentare
per
gl
'
individui
che
se
li
scambiano
gradi
diversissimi
di
valore
subbiettivo
,
cioè
di
"
utilità
marginale
"
.
"
Ciò
dipende
,
dice
il
succitato
scrittore
,
dal
modo
in
cui
facciamo
la
conoscenza
delle
parole
.
È
a
forza
di
veder
attribuire
le
medesime
parole
ad
una
quantità
di
oggetti
differenti
che
si
arriva
ad
indovinarne
il
senso
,
se
pur
ci
si
arriva
:
poiché
di
rado
si
osserva
,
e
mai
con
grande
precisione
,
e
qualche
volta
non
si
osserva
affatto
ciò
che
tutti
questi
oggetti
hanno
in
comune
.
Così
"
un
fratello
sa
chi
sono
i
suoi
fratelli
e
le
sue
sorelle
,
molto
tempo
prima
di
avere
una
nozione
qualsiasi
della
natura
dei
fatti
implicati
nel
significato
di
tali
nomi
(
MILL
,
System
of
logic
,
I
,
1
,
Ch
.
II
)
"
.
"
Per
provare
che
qualche
fraintendimento
esiste
sempre
in
fondo
alle
conversazioni
,
basta
considerarne
parecchie
che
si
succedono
sul
medesimo
argomento
.
Il
malinteso
,
impercettibile
a
prima
vista
,
diventa
allora
patente
e
colpisce
le
menti
anche
meno
accorte
.
È
così
che
la
storia
si
converte
in
leggenda
.
Il
sistema
filosofico
più
intelligibile
in
sé
e
più
chiaramente
esposto
,
se
si
propaga
e
si
estende
,
è
atto
a
diventare
una
raccolta
di
formole
vane
od
una
nuova
dottrina
.
Esso
non
è
più
compreso
o
è
mal
compreso
.
E
in
tal
modo
che
nel
Medio
Evo
ogni
commento
alla
filosofia
di
Aristotile
è
un
traviamento
oppure
un
pensiero
originale
.
Ora
la
scolastica
è
un
fatto
di
tutti
i
tempi
:
essa
compare
nell
'
antichità
,
e
il
Rinascimento
l
'
ha
appena
rovesciata
ch
'
esso
la
ristabilisce
sotto
altra
forma
"
.
Comunque
,
è
il
fatto
che
le
parole
non
hanno
eguale
comprensione
per
tutti
coloro
che
le
adoperano
,
quello
che
rende
quasi
impossibile
stabilire
quali
siano
le
proposizioni
sintetiche
e
quali
le
analitiche
.
Così
si
suol
addurre
generalmente
,
seguendo
il
Kant
,
come
esempio
di
proposizione
analitica
la
frase
:
i
corpi
sono
estesi
,
mentre
quest
'
altra
:
i
corpi
sono
pesanti
,
sarebbe
una
proposizione
sintetica
.
Ora
ciò
non
è
esatto
,
poiché
se
chi
ha
studiato
nei
libri
di
fisica
,
dove
corpo
è
generalmente
definito
come
ciò
che
occupa
dello
spazio
,
è
probabile
pensi
che
l
'
estensione
è
un
attributo
assai
più
direttamente
implicato
in
tal
nome
;
d
'
altra
parte
può
darsi
che
l
'
operaio
o
il
contadino
,
che
assai
più
spesso
ha
sentito
la
pesantezza
dei
corpi
di
quel
che
non
abbia
ragionato
sulla
loro
estensione
,
troverà
più
naturale
attribuir
loro
la
prima
che
la
seconda
.
È
vero
che
mentre
tutti
i
corpi
"
occupano
dello
spazio
"
,
vi
sono
dei
corpi
che
non
pesano
pel
braccio
che
li
solleva
;
ma
se
per
pesante
s
'
intende
semplicemente
soggetto
alla
gravità
,
si
vedrà
che
la
frase
:
i
corpi
sono
pesanti
,
è
non
meno
analitica
dell
'
altra
.
Il
principio
d
'
inerzia
,
o
di
conservazione
dell
'
energia
,
e
quello
della
conservazione
della
materia
ci
appajono
oggi
così
evidenti
che
sono
da
alcuno
in
ciò
equiparati
agli
assiomi
della
aritmetica
.
Eppure
vi
è
stato
un
tempo
in
cui
tali
verità
erano
apertamente
disconosciute
,
in
cui
si
credeva
che
il
movimento
si
esaurisse
e
la
materia
svanisse
senza
lasciar
traccia
di
sé
,
ed
è
solo
attraverso
ad
una
lunga
serie
di
sforzi
intellettuali
che
gli
uomini
sono
arrivati
a
convincersi
del
contrario
.
Il
principio
che
la
materia
"
non
si
crea
né
si
distrugge
"
,
è
asceso
al
grado
di
giudizio
analitico
solo
in
tempi
relativamente
recenti
.
In
tesi
generale
il
cammino
della
scienza
tende
ad
aumentare
il
numero
delle
proposizioni
che
sono
,
o
possono
essere
per
chi
le
enuncia
,
analitiche
.
-
Le
leggi
scientifiche
formulano
rapporti
invariabili
di
coesistenza
e
successione
fra
fatti
e
proprietà
;
il
che
ci
permette
di
dedurre
dalla
presenza
di
un
fatto
o
di
una
proprietà
una
catena
sempre
più
lunga
di
fatti
o
proprietà
.
-
Ora
le
proprietà
di
un
oggetto
sono
quelle
che
servono
alla
sua
definizione
-
un
oggetto
è
un
insieme
di
proprietà
costantemente
legate
fra
loro
.
-
Ciò
che
ci
dà
il
concetto
di
un
oggetto
non
è
che
l
'
insieme
delle
sue
proprietà
essenziali
:
e
tali
sono
quelle
appunto
che
intendo
attribuirgli
quando
gli
assegno
quel
dato
nome
.
E
quando
io
affermo
di
un
oggetto
una
di
queste
proprietà
le
quali
sono
,
o
possono
essere
contenute
nella
sua
definizione
,
io
enuncio
una
proposizione
analitica
.
Ora
la
scienza
accresce
il
numero
delle
proprietà
legate
fra
loro
in
modo
,
che
la
presenza
di
una
di
essa
sia
indizio
certo
della
presenza
delle
altre
.
-
Tutte
le
proposizioni
generali
ch
'
essa
enuncia
sono
sintetiche
per
chi
le
ode
per
la
prima
volta
,
ma
sono
atte
a
divenir
analitiche
per
chi
è
familiare
con
esse
.
Se
tutti
gli
oggetti
designati
da
un
nome
posseggono
invariabilmente
,
oltre
alle
proprietà
sin
qui
conosciute
come
costituenti
la
connotazione
del
nome
stesso
,
anche
altre
proprietà
ciò
vorrà
dire
che
basterà
d
'
ora
in
poi
semplicemente
aver
applicato
il
nome
stesso
ad
un
oggetto
per
intendere
che
questo
possiede
,
oltre
a
quelle
,
anche
queste
.
"
La
scienza
,
scrive
il
Dugas
,
è
un
linguaggio
ben
fatto
,
e
questo
linguaggio
è
l
'
espressione
,
ognora
più
abbreviativa
e
più
semplice
,
di
una
realtà
meglio
conosciuta
nei
suoi
particolari
e
nella
sua
complessità
"
.
Ma
se
pertanto
col
progredire
della
scienza
il
numero
dei
giudizi
analitici
tende
a
crescere
,
talora
per
avventura
accade
che
una
proprietà
,
fino
a
un
certo
momento
ritenuta
"
essenziale
"
ad
un
dato
oggetto
,
si
scopra
non
esser
tale
,
sia
perché
si
trovano
altri
oggetti
,
pur
aventi
tale
comunanza
di
proprietà
con
quello
da
costringerci
a
chiamarlo
collo
stesso
nome
,
ma
mancanti
di
quella
proprietà
in
particolare
;
sia
perché
una
nuova
corrente
di
pensiero
porti
a
negare
quell
'
opinione
finora
generale
.
In
breve
,
anche
nel
cammino
della
scienza
bisogna
tener
conto
dell
'
errore
possibile
.
Che
avverrebbe
se
domani
si
verificasse
un
caso
ben
constatato
di
annullamento
della
materia
?
-
Quando
si
scopre
l
'
errore
,
cioè
si
riconosce
che
una
data
proprietà
non
è
affatto
,
come
si
credeva
,
caratteristica
di
un
dato
oggetto
,
una
scelta
si
impone
:
o
si
mantiene
il
nome
di
prima
a
quel
gruppo
d
'
oggetti
,
rifiutando
d
'
ora
innanzi
la
definizione
che
se
ne
dava
mediante
quella
proprietà
;
o
si
seguita
a
ritenere
quella
proprietà
essenziale
all
'
applicabilità
del
nome
,
affermando
così
che
il
tal
gruppo
di
oggetti
non
"
merita
"
più
tal
nome
.
Ad
ogni
modo
tutto
ciò
mette
sempre
capo
ad
un
rifiuto
o
ad
una
sostituzione
di
definizione
.
Tale
rifiuto
o
sostituzione
non
interessa
gli
oggetti
reali
se
non
per
ciò
che
riguarda
quella
o
quelle
determinate
proprietà
.
Gli
oggetti
rimangono
integri
pel
rimanente
,
né
apprendiamo
nulla
sulla
loro
esistenza
o
meno
.
Non
sempre
però
di
ciò
si
tien
conto
.
Accade
,
abbiamo
visto
,
che
coloro
i
quali
sono
avvezzi
a
sentir
definire
l
'
oggetto
mediante
quella
proprietà
particolare
,
si
rifiutino
d
'
ora
innanzi
ad
applicare
il
nome
di
quell
'
oggetto
al
complesso
di
proprietà
rimanenti
,
o
,
ciò
che
è
lo
stesso
si
rifiutino
di
ammettere
l
'
esistenza
di
oggetti
a
cui
quel
nome
sia
applicabile
,
col
pretesto
che
quelli
che
esistono
"
mancano
delle
proprietà
necessarie
per
potere
essere
così
chiamati
"
.
Che
cosa
ne
deriva
?
che
siccome
invece
nel
linguaggio
ordinario
il
nome
indica
anche
la
presenza
delle
altre
proprietà
,
il
loro
rifiuto
è
male
interpretato
,
si
crede
che
"
l
'
oggetto
"
sia
addirittura
negato
,
e
se
ne
desumono
delle
conseguenze
che
sono
altrettante
erronee
quanto
difficili
a
dimostrarsi
tali
.
Infatti
la
premessa
onde
si
parte
,
il
rifiuto
di
applicare
un
dato
nome
,
può
esser
giusta
;
ma
secundum
quid
,
vale
a
dire
secondo
la
definizione
particolare
che
del
nome
è
stata
data
.
D
'
altra
parte
le
conseguenze
sono
tratte
da
quel
rifiuto
preso
sic
et
simpliciter
,
come
riguardante
il
nome
nella
sua
più
completa
ed
usuale
connotazione
.
Ci
troviamo
quindi
dinnanzi
ad
un
sofisma
,
che
spesso
si
cela
sotto
le
pieghe
di
una
sottilissima
e
complicatissima
dialettica
,
ma
che
non
è
per
questo
meno
fecondo
di
danni
.
-
Se
ora
consideriamo
più
particolarmente
la
questione
del
"
libero
arbitrio
"
vediamo
subito
come
ad
essa
si
applichi
tutto
ciò
che
abbiamo
detto
sin
qui
sulla
influenza
di
un
linguaggio
poco
preciso
nel
rendere
pressoché
insolubili
certi
problemi
.
-
La
fusione
del
problema
del
fatalismo
con
quello
della
"
causalità
delle
umane
azioni
"
è
stata
ed
è
prevalentemente
favorita
dalla
non
sufficiente
accuratezza
nell
'
accertare
che
cosa
si
intende
dire
colle
parole
causa
,
necessità
,
libertà
,
quando
si
afferma
che
anche
le
volizioni
umane
sono
necessarie
,
che
di
esse
si
potrebbero
determinare
le
cause
con
altrettanta
sicurezza
come
a
riguardo
di
qualunque
fenomeno
naturale
;
che
l
'
uomo
pertanto
non
è
"
libero
"
.
Senza
tener
conto
di
ciò
,
rimarrà
sempre
inesplicabile
come
la
conciliazione
fra
i
concetti
di
libertà
e
necessità
appaia
agli
uni
così
semplice
ed
evidente
,
mentre
ad
altri
essa
appare
addirittura
una
cosa
"
enorme
"
.
-
Alla
domanda
:
esiste
il
libero
arbitrio
?
-
si
potranno
dare
risposte
in
apparenza
contraddittorie
,
in
realtà
suscettibili
di
essere
nello
stesso
tempo
vere
e
false
,
fintanto
che
non
si
è
data
una
soluzione
alla
prima
questione
:
che
cosa
cioè
s
'
intenda
,
o
si
debba
intendere
per
libero
arbitrio
.
Originariamente
,
liberum
arbitrium
non
poteva
voler
dire
altro
che
la
facoltà
di
scegliere
volontariamente
fra
le
diverse
azioni
quella
che
si
preferisca
,
e
di
menare
ad
esecuzione
il
verdetto
della
volontà
.
Libero
arbitrio
e
volontà
non
potevano
avere
significato
diverso
,
e
questione
del
libero
arbitrio
non
poteva
rappresentare
se
non
la
questione
se
e
fino
a
che
punto
l
'
uomo
possa
volere
ciò
che
fa
.
Solo
più
tardi
questa
-
se
l
'
uomo
possa
volere
ciò
che
fa
e
fare
ciò
che
vuole
-
venne
considerata
come
la
questione
semplicemente
della
libertà
fisica
,
-
questione
facilmente
risolubile
in
senso
affermativo
;
mentre
la
questione
detta
del
"
libero
arbitrio
"
fu
trasportata
in
una
sfera
più
alta
,
quella
della
"
libertà
metafisica
"
in
cui
pur
si
stimò
conservasse
gran
parte
della
sua
importanza
pratica
e
morale
e
seguitasse
ad
essere
il
fondamento
della
responsabilità
etica
ed
anche
giuridica
.
Tale
libertà
metafisica
poi
fu
fatta
consistere
nell
'
indipendenza
più
assoluta
da
ogni
vincolo
di
causalità
.
Per
comprender
per
qual
processo
psicologico
sia
avvenuto
tale
trapasso
,
occorre
considerare
che
per
lungo
tempo
,
specialmente
sotto
l
'
influsso
del
pensiero
teologico
,
fu
creduto
che
l
'
indipendenza
dalla
causalità
costituisse
effettivamente
l
'
"
essenza
"
dell
'
atto
volontario
,
e
la
proprietà
fondamentale
per
cui
questo
potesse
dirsi
libero
e
quindi
responsabile
.
La
parola
libertà
poteva
dunque
per
tutto
questo
tempo
"
connotare
"
indifferentemente
l
'
attributo
della
volontarietà
e
quello
della
mancanza
di
causalità
.
Ma
quando
cambiò
il
modo
di
considerar
la
natura
dell
'
azione
volontaria
;
quando
si
suppose
o
si
credette
dimostrato
che
anche
di
essa
potevano
rintracciarsi
le
cause
;
ne
venne
che
chi
al
nome
libertà
faceva
corrispondere
soprattutto
il
secondo
degli
attributi
si
credette
poter
affermar
legittimamente
che
l
'
uomo
non
fosse
libero
,
e
conseguentemente
anche
che
non
fosse
neppur
responsabile
delle
proprie
azioni
.
Ne
nacque
quindi
la
credenza
che
alla
responsabilità
morale
nell
'
uomo
non
bastasse
la
libertà
fisica
,
pratica
,
ch
'
egli
asserisce
ad
ogni
istante
della
sua
vita
dicendo
:
io
voglio
,
-
ma
fosse
necessaria
una
libertà
più
elevata
e
recondita
,
di
cui
fu
fatto
un
problema
a
parte
.
Ora
è
intorno
a
questo
concetto
di
una
libertà
"
superiore
"
che
verte
tutta
la
questione
.
L
'
estensione
della
parola
libertà
a
quest
'
ulteriore
problema
è
cosa
legittima
,
e
tale
da
non
ingenerare
equivoci
?
Ed
è
proprio
questa
la
libertà
in
cui
ha
suo
fondamento
il
concetto
dell
'
umana
responsabilità
?
La
nostra
opinione
è
che
il
problema
della
libertà
è
uno
solo
.
Ed
è
il
problema
della
volontarietà
.
Ogni
indagine
avente
per
oggetto
una
libertà
"
ulteriore
"
,
più
profonda
e
verace
di
questa
implica
un
impiego
abusivo
di
termini
atto
a
traviare
il
pensiero
filosofico
,
e
pertanto
da
scartarsi
.
Quando
,
nella
discussione
intorno
al
libero
arbitrio
,
gli
uni
asseriscono
che
l
'
uomo
non
è
libero
,
l
'
importo
vero
della
loro
asserzione
è
che
l
'
uomo
non
possa
dirsi
libero
secondo
la
definizione
speciale
data
del
liberum
arbitrium
indifferentiae
dai
loro
avversari
.
Senza
tener
conto
di
ciò
ogni
apprezzamento
della
loro
dottrina
e
delle
sue
conseguenze
riescirà
malsicuro
.
Essi
intendono
semplicemente
negare
che
delle
volizioni
umane
sia
assolutamente
impossibile
rintracciare
le
cause
,
e
di
"
negare
"
quindi
quel
concetto
di
libertà
che
in
tale
assenza
di
cause
la
faceva
consistere
.
Ma
la
parola
libertà
,
come
le
altre
che
occorrono
in
questa
questione
,
"
causa
"
,
"
necessità
"
,
e
simili
,
hanno
-
giova
ripeterlo
-
un
significato
ormai
consacrato
dall
'
uso
.
La
distinzione
fra
atti
liberi
e
non
liberi
è
una
distinzione
che
ci
serve
continuamente
nelle
vicissitudini
quotidiane
.
Tutti
noi
profferiamo
continuamente
giudizi
sulla
libertà
nostra
o
l
'
altrui
,
valutiamo
l
'
innocenza
o
la
colpevolezza
di
questo
o
quell
'
individuo
,
ne
ricerchiamo
le
scuse
,
le
attenuanti
o
le
aggravanti
,
senza
mai
aver
ragionato
se
le
nostre
affermazioni
implichino
la
negazione
della
causalità
e
senza
il
più
delle
volte
sospettare
neppure
di
trattar
come
risolto
"
un
problema
metafisico
della
più
alta
importanza
e
difficoltà
"
.
Prendiamo
le
parole
così
come
ci
vengono
presentate
dall
'
uso
volgare
,
e
le
applichiamo
,
senza
troppo
esitare
,
ai
casi
pratici
ogni
qualvolta
in
essi
ravvisiamo
certi
caratteri
,
certi
segni
,
che
sono
,
logicamente
parlando
,
quelle
che
si
chiamano
le
note
dei
nostri
concetti
,
e
formano
la
connotazione
delle
parole
.
Determinare
quali
sono
queste
note
,
e
qual
è
pertanto
il
contenuto
dei
giudizi
che
tutti
noi
,
uomini
incolti
e
scienziati
,
confusi
nelle
esigenze
della
vita
pratica
,
dieci
e
dieci
volte
al
giorno
profferiamo
,
è
compito
d
'
importanza
,
non
solo
psicologica
,
ma
anche
logica
e
filosofica
grandissima
.
Esso
è
anzi
lo
scopo
di
gran
parte
dell
'
indagine
filosofica
passata
e
presente
.
Non
altrimenti
vanno
considerate
tutte
le
speculazioni
che
soglionsi
raggruppare
sotto
il
nome
di
teoria
della
conoscenza
.
Le
classiche
ricerche
di
Berkeley
sul
concetto
di
realtà
,
di
Hume
sul
concetto
di
causa
,
per
tacer
d
'
altre
,
non
hanno
,
come
venne
da
molti
creduto
,
lo
scopo
di
rispondere
alla
domanda
"
se
la
realtà
esista
"
o
"
sia
conoscibile
"
se
si
possano
o
no
ritrovare
le
cause
vere
dei
fenomeni
;
ma
piuttosto
di
analizzare
il
contenuto
di
tali
concetti
,
da
dirci
che
cosa
intendiamo
dire
quando
enunciamo
giudizi
sulla
realtà
dei
fenomeni
e
sulle
loro
cause
.
Sarebbe
assurdo
il
pensare
che
tali
giudizi
siano
privi
di
senso
,
e
che
i
termini
corrispondenti
meritino
addirittura
di
essere
cancellati
dal
nostro
vocabolario
"
scientifico
"
.
Si
potrà
discutere
quali
siano
i
caratteri
su
cui
si
basa
la
distinzione
fra
atti
liberi
e
non
liberi
,
non
già
rifiutarla
senz
'
altro
.
Alcune
distinzioni
,
specie
se
create
artificialmente
dallo
scienziato
in
vista
di
certe
differenze
fra
i
fatti
,
possono
bensì
essere
scartate
senza
scrupolo
e
abbandonate
per
sempre
,
ove
si
riconosca
inesistente
la
differenza
su
cui
si
fondavano
:
ma
altre
invece
-
che
troppo
di
frequente
ci
servono
nel
linguaggio
parlato
e
che
è
lecito
quindi
presumere
siano
basate
su
differenze
reali
fra
i
fenomeni
,
se
anche
generiche
e
difficili
a
determinarsi
-
non
possono
esserlo
senza
gravi
inconvenienti
.
"
Si
potrebbe
dire
,
scrive
il
Vailati
,
che
la
tattica
più
opportuna
da
adottarsi
dal
filosofo
e
dallo
psicologo
,
di
fronte
ad
una
parola
che
,
dalla
tradizione
o
dal
linguaggio
comune
,
gli
venga
presentata
con
significato
indeciso
o
viziato
da
pericolose
associazioni
,
sia
quella
consigliata
dal
vangelo
rispetto
al
peccatore
:
"
non
si
deve
desiderare
la
morte
ma
ch
'
essa
si
converta
e
viva
"
;
che
cioè
essa
,
spogliata
e
purificata
da
ogni
indeterminatezza
od
ambiguità
,
entri
a
far
parte
del
linguaggio
tecnico
assumendo
un
senso
quanto
meno
è
possibile
disforme
da
quello
che
vagamente
e
quasi
istintivamente
il
linguaggio
comune
le
attribuisce
"
.
Se
ora
interroghiamo
l
'
uso
popolare
;
se
ci
domandiamo
che
cosa
vogliamo
dire
quando
diciamo
di
essere
liberi
di
scegliere
questo
piuttosto
che
quel
corso
d
'
azione
,
vediamo
che
in
ogni
caso
ci
riferiamo
alla
nostra
facoltà
di
volere
una
cosa
piuttosto
che
un
'
altra
,
e
di
eseguire
la
nostra
determinazione
volontaria
.
Qualunque
sia
il
risultato
dei
moderni
studi
di
psicologia
e
di
fisiologia
sulla
volontà
;
qualunque
sia
la
risposta
che
la
scienza
moderna
sarà
per
dare
a
quell
'
altro
e
"
più
elevato
"
problema
:
se
le
nostre
azioni
siano
o
no
determinate
da
cause
;
resterà
sempre
per
noi
ridubitata
l
'
esistenza
di
un
'
azione
volontaria
come
distinta
dall
'
azione
involontaria
.
Spetterà
allo
psicologo
,
al
fisiologo
,
al
filosofo
il
determinare
su
che
si
basi
tal
distinzione
,
lo
spinger
quindi
più
innanzi
l
'
indagine
intorno
alla
natura
dei
fatti
implicati
nel
nostro
discorso
quando
diciamo
di
volere
.
Ma
il
fatto
che
talora
vogliamo
,
e
talora
non
vogliamo
agire
,
che
talora
la
nostra
volontà
resta
senza
efficacia
,
talora
invece
sortisce
il
suo
pieno
effetto
,
non
potrà
essere
distrutto
da
alcuno
sforzo
di
dialettica
.
Avremo
fatto
un
gran
passo
innanzi
quando
ci
saremo
convinti
che
ciò
che
il
senso
comune
ha
in
ogni
tempo
postulato
non
è
la
libertà
"
metafisica
"
,
consistente
nell
'
esser
sciolti
da
ogni
vincolo
di
"
causalità
"
,
ma
è
la
libertà
pratica
,
"
fisica
"
di
fare
ciò
che
vogliamo
.
-
Aggiungiamo
che
a
questo
riguardo
il
responso
della
scienza
e
della
filosofia
non
può
essere
che
la
piena
giustificazione
di
quello
del
senso
comune
.
L
'
uomo
è
dotato
di
aspirazioni
sentimentali
ed
ideali
,
di
una
ragione
capace
di
guidar
la
sua
mano
nella
scelta
dei
fini
e
dei
mezzi
,
di
una
mente
cioè
,
nella
quale
si
rispecchia
l
'
avvenire
e
dalla
quale
l
'
avvenire
è
in
parte
plasmato
;
ciò
sarà
sempre
vero
,
sia
che
la
mente
stessa
segua
ne
'
suoi
processi
una
tal
qual
regolarità
che
ci
permetta
un
giorno
di
determinarne
le
leggi
,
sia
che
questo
debba
restar
in
eterno
vietato
agli
sforzi
degli
psicologi
.
Poiché
tale
è
la
sola
pretesa
legittima
che
possano
vantare
i
"
deterministi
"
.
E
se
essi
hanno
così
spesso
palesata
la
tendenza
a
negare
o
almeno
a
deprezzare
l
'
efficacia
direttiva
della
nostra
ragione
sulle
nostre
azioni
,
nel
che
consiste
propriamente
la
volontà
e
così
pure
la
libertà
,
ciò
dipende
oltre
a
tutto
dal
persistere
in
loro
di
un
concetto
della
causalità
e
della
necessità
,
che
essi
stessi
poi
magari
in
altre
occasioni
professano
di
rigettare
.
-
È
ciò
che
osserva
il
Mill
in
un
celebre
capitolo
del
suo
Sistema
di
logica
.
"
Molti
non
credono
affatto
,
egli
dice
,
e
pochissimi
sentono
praticamente
che
non
v
'
è
nella
causalità
nulla
oltre
ad
una
invariabile
,
certa
ed
incondizionale
successione
.
Pochi
sono
coloro
ai
quali
la
semplice
costanza
di
successione
appaia
un
vincolo
di
unione
abbastanza
stringente
per
un
rapporto
di
natura
così
speciale
come
quello
di
causa
ed
effetto
.
-
Anche
se
la
ragione
lo
ripudia
,
l
'
immaginazione
conserva
il
sentimento
di
una
connessione
più
intima
,
di
un
qualche
strano
legame
o
misteriosa
costrizione
esercitata
dall
'
antecedente
sul
conseguente
.
Ora
è
appunto
ciò
che
,
considerato
in
applicazione
alla
umana
volontà
,
confligge
colla
nostra
coscienza
e
rivolta
i
nostri
sentimenti
.
-
Siamo
certi
,
che
nel
caso
delle
nostre
religioni
una
tal
costrizione
misteriosa
non
esiste
"
.
"
Coloro
che
credono
che
le
cause
traggano
seco
i
loro
effetti
per
un
mistico
legame
hanno
ragione
di
credere
che
la
relazione
fra
le
volizioni
e
i
loro
antecedenti
sia
d
'
altra
natura
.
Ma
essi
dovrebbero
fare
un
passo
innanzi
,
e
riconoscere
che
questo
è
anche
vero
del
rapporto
di
ogni
altro
effetto
col
suo
antecedente
.
Se
un
tal
vincolo
è
considerato
come
implicato
dalla
parola
necessità
,
la
dottrina
non
è
vera
delle
azioni
umane
;
ma
neppure
è
essa
allora
vera
degli
oggetti
inanimati
.
Sarebbe
assai
più
corretto
il
dire
,
che
la
materia
non
è
vincolata
da
necessità
,
che
l
'
affermare
ciò
della
mente
"
.
La
cosa
apparirà
anche
più
chiara
ove
si
rifletta
all
'
origine
psicologica
di
questo
concetto
di
un
legame
più
intimo
e
stringente
fra
i
fenomeni
della
natura
esteriore
che
non
fra
quelli
del
nostro
mondo
interno
.
A
dirimere
i
rapporti
fra
gli
elementi
della
natura
esteriore
è
necessario
un
certo
sforzo
.
-
Cosicché
l
'
affermazione
che
una
cosa
è
causa
di
un
'
altra
viene
ad
essere
il
più
delle
volte
anche
l
'
espressione
della
nostra
impotenza
,
assoluta
o
relativa
,
di
impedire
che
,
data
la
causa
,
l
'
effetto
si
produca
;
il
che
esprimiamo
dicendo
che
è
necessario
,
che
è
inevitabile
,
che
il
tal
fatto
si
produca
,
che
non
sta
in
nostro
potere
di
modificare
il
rapporto
fra
esso
e
i
suoi
antecedenti
,
o
che
per
far
ciò
si
richiede
da
parte
nostra
la
spesa
di
una
certa
somma
di
energia
.
I
rapporti
del
concetto
popolare
della
causalità
col
sentimento
dello
sforzo
furono
a
torto
trascurati
dal
Hume
e
dal
Mill
.
È
evidente
che
lo
sforzo
non
è
altro
che
l
'
indice
che
qualche
cosa
si
oppone
all
'
esecuzione
della
nostra
volontà
.
Se
la
necessità
indica
sforzo
,
relativa
impotenza
,
allora
necessità
e
volontarietà
sono
termini
antagonistici
.
Azioni
volontarie
sono
quelle
che
per
eccellenza
stanno
nel
nostro
potere
.
Non
è
peraltro
l
'
estensione
alle
azioni
volontarie
di
questa
causalità
o
necessità
in
senso
più
stretto
quella
che
i
deterministi
possono
volere
,
poiché
essa
implicherebbe
una
contraddizione
nei
termini
.
-
Essi
non
possono
affermare
se
non
che
anche
della
produzione
delle
azioni
volontarie
è
possibile
stabilire
le
leggi
.
Ma
legge
qui
non
indica
se
non
prevedibilità
.
Ogni
legge
stabilisce
che
dati
certi
elementi
della
realtà
,
se
ne
potranno
prevedere
certi
altri
.
Essa
presuppone
altresì
che
altri
elementi
nel
caso
contrario
non
vengano
a
disturbare
il
rapporto
così
stabilito
.
La
combinazione
di
più
elementi
dà
luogo
ad
effetti
che
sarebbe
stato
impossibile
argomentare
a
priori
dall
'
esame
di
ciascun
elemento
separato
ma
che
,
data
la
combinazione
,
si
possono
con
ogni
certezza
prevedere
.
Onde
se
si
conoscessero
le
leggi
dell
'
azione
combinata
di
tutti
gli
elementi
presenti
in
un
dato
oggetto
,
ad
un
istante
dato
,
sarebbe
possibile
dedurne
con
tutta
sicurezza
ciò
che
avverrà
nel
momento
successivo
.
Nella
sfera
della
volontà
,
ciò
significa
che
se
all
'
istante
che
precede
immediatamente
l
'
azione
io
conoscessi
tutti
gli
elementi
presenti
,
potrei
predire
infallibilmente
l
'
azione
che
seguirà
.
Quest
'
asserzione
teorica
non
fa
del
resto
che
mostrarci
la
quasi
-
impossibilità
pratica
che
tale
predizione
avvenga
.
-
Ben
lungi
dal
convincere
l
'
agente
della
inevitabilità
delle
proprie
azioni
,
essa
deve
fargli
presente
che
ogni
suo
pensiero
,
ogni
sua
considerazione
-
quella
"
se
esista
o
no
il
libero
arbitrio
"
compresa
-
introduce
per
ciò
solo
un
nuovo
elemento
al
complesso
di
cause
che
determineranno
l
'
evento
.
I
rapporti
di
causalità
che
lo
studioso
avrà
riscontrati
fra
i
fatti
del
suo
pensiero
e
le
sue
azioni
non
saranno
mai
per
riprodursi
indisturbati
ogni
qualvolta
egli
vorrà
servirsene
per
predire
il
corso
del
proprio
pensiero
o
della
propria
attività
nel
momento
prossimo
successivo
;
e
questo
perché
?
perché
il
semplice
fatto
di
conoscere
tutto
ciò
in
anticipo
rende
deforme
la
realtà
concreta
dalle
premesse
delle
leggi
da
lui
stabilite
:
tale
conoscenza
può
fornire
motivi
nuovi
ed
inaspettati
ad
una
delle
alternative
possibili
.
-
E
così
via
all
'
infinito
.
Come
si
vede
,
si
può
ammettere
la
possibilità
di
determinare
le
leggi
dell
'
azione
volontaria
e
nello
stesso
tempo
affermare
nell
'
uomo
il
potere
più
assoluto
di
modificare
a
suo
talento
il
corso
delle
proprie
azioni
,
dichiarando
antiscientifica
e
contraddittoria
ogni
concezione
fatalistica
della
volontà
.
Nulla
di
più
può
essere
postulato
dai
moralisti
più
rigorosi
ed
esigenti
,
per
ciò
che
riguarda
la
pratica
possibilità
della
morale
,
la
quale
sarebbe
certamente
nulla
ove
l
'
uomo
non
potesse
disporre
dei
suoi
atti
a
suo
talento
.
Ogni
esame
degli
scritti
loro
,
non
meno
che
ogni
indagine
della
coscienza
popolare
,
ci
convincerà
che
ciò
che
è
veramente
necessario
alla
morale
terrena
è
l
'
esistenza
di
quella
libertà
che
alcuni
hanno
chiamata
,
con
frase
inesatta
ed
equivoca
,
libertà
fisica
.
"
L
'
uomo
,
scrive
il
Carrara
,
ha
la
facoltà
di
determinarsi
nelle
sue
azioni
,
preferendo
a
proprio
talento
il
fare
e
il
non
fare
dietro
i
calcoli
del
proprio
intelletto
.
Questa
potenza
è
quella
che
costituisce
la
sua
libertà
d
'
elezione
.
È
in
virtù
di
tale
facoltà
che
gli
si
chiede
conto
degli
atti
a
cui
si
determina
"
.
"
Il
magistrato
trova
in
un
individuo
la
causa
materiale
di
un
atto
e
gli
dice
:
tu
facesti
:
imputazione
fisica
.
Trova
quell
'
individuo
con
volontà
intelligente
e
gli
dice
:
tu
facesti
volontariamente
:
imputazione
morale
"
.
"
La
morale
,
scrive
il
Brusa
,
insegna
che
l
'
uomo
ha
,
fra
i
previsti
,
l
'
obbligo
di
renderne
reale
uno
,
il
quale
possa
ragionevolmente
adattarsi
come
degno
de
'
suoi
fini
ideali
.
La
morale
dice
e
dirà
sempre
all
'
uomo
finché
essa
sussisterà
:
tu
devi
.
Ora
se
tu
devi
,
gli
è
che
tu
puoi
"
.
Orbene
,
che
cosa
v
'
è
in
una
libertà
così
concepita
,
che
cozzi
veramente
contro
l
'
ammissione
di
un
vincolo
di
causalità
fra
la
volontà
e
i
suoi
antecedenti
,
quale
siamo
venuti
delucidando
?
Dobbiamo
andar
più
oltre
,
e
col
Ihering
,
il
grande
filosofo
del
diritto
,
non
certo
sospetto
di
non
aver
stimato
al
suo
giusto
valore
la
funzione
della
volontà
nelle
opere
individuali
e
sociali
dell
'
uomo
,
che
senza
una
qualche
causalità
riesce
difficile
addirittura
il
concepire
la
volontà
?
"
Senza
ragion
sufficiente
,
egli
dice
,
un
movimento
della
volontà
è
altrettanto
impensabile
quanto
il
movimento
della
materia
:
la
libertà
del
volere
nel
senso
,
che
la
volontà
si
possa
mettere
in
moto
spontaneamente
senza
alcuna
causa
impulsiva
,
è
qualche
cosa
di
simile
al
barone
di
Münchhausen
,
traente
sé
stesso
per
i
capelli
fuor
della
palude
"
.
Comunque
,
il
moralista
non
ha
bisogno
,
per
concepir
la
possibilità
della
morale
fra
gli
uomini
,
di
suppor
risolta
in
senso
negativo
la
questione
"
se
le
nostre
azioni
obbediscano
o
no
al
principio
di
causalità
"
.
Quand
'
anche
fosse
dimostrato
irrevocabilmente
che
la
legge
di
causalità
non
soffre
eccezione
alcuna
neppure
nella
sfera
dell
'
attività
umana
,
rimarrebbe
sempre
indiscussa
l
'
esistenza
di
azioni
volontarie
distinte
da
quelle
che
tali
non
sono
.
Non
è
quindi
nella
negazione
del
"
libero
arbitrio
"
,
nel
senso
tradizionale
di
questa
espressione
,
che
possa
fondarsi
logicamente
la
negazione
della
responsabilità
dell
'
uomo
di
fronte
al
suo
simile
per
le
azioni
commesse
;
ed
ogni
affermazione
dei
positivisti
come
di
altri
la
quale
implichi
una
tal
premessa
è
pertanto
inammissibile
.
-
Noi
abbiamo
fin
qui
parlato
della
volontarietà
delle
nostre
azioni
come
sufficiente
a
costituire
il
fondamento
della
responsabilità
dell
'
uomo
di
fronte
ai
propri
simili
.
Con
questo
non
abbiamo
voluto
affermare
ch
'
essa
sia
sufficiente
ad
altre
esigenze
,
principalmente
a
quelle
del
sentimento
religioso
.
Ciò
che
basta
a
stabilire
la
responsabilità
dell
'
uomo
di
fronte
ad
un
altro
uomo
può
non
bastare
a
stabilirne
la
responsabilità
di
fronte
a
Dio
.
Per
farsi
una
idea
di
come
sia
sorta
e
si
sia
radicata
l
'
opinione
che
alla
possibilità
di
una
imputazione
morale
sia
necessaria
una
libertà
consistente
nell
'
indipendenza
da
ogni
causalità
,
bisogna
tener
conto
della
parte
importantissima
rappresentata
dal
"
problema
del
libero
arbitrio
"
nella
teologia
cristiana
.
È
noto
infatti
com
'
esso
costituisca
,
per
così
dire
,
il
pernio
delle
questioni
più
gravi
e
difficili
che
abbiano
agitato
il
pensiero
teologico
:
la
predestinazione
,
la
grazia
,
il
peccato
originale
,
la
redenzione
,
la
stessa
bontà
,
preveggenza
,
e
onnipotenza
divina
;
e
sia
stato
nel
seno
della
chiesa
,
dai
tempi
primitivi
fino
ai
nostri
giorni
,
una
delle
più
vivaci
sorgenti
d
'
eresie
e
di
scismi
.
Il
sentimento
religioso
è
fenomeno
oltremodo
complesso
,
composto
di
elementi
morali
ed
intellettuali
che
spesso
si
trovano
in
conflitto
fra
loro
.
Qualunque
sia
esso
stato
al
suo
inizio
:
sia
esso
stato
il
frutto
del
primo
svegliarsi
della
curiosità
scientifica
,
abbia
esso
avuto
origine
nel
sentimento
di
terrore
dell
'
uomo
primitivo
dinnanzi
ai
paurosi
fenomeni
della
natura
,
oppure
nelle
prime
e
malcerte
esigenze
del
suo
senso
morale
,
il
certo
si
è
che
nelle
nostre
religioni
più
evolute
si
riscontra
la
presenza
di
questi
vari
elementi
,
per
quanto
trasformati
e
sublimati
.
La
divinità
è
anzitutto
concepita
come
"
spiegazione
"
suprema
dell
'
universo
,
come
suprema
verità
,
ed
è
considerata
come
la
causa
prima
ed
il
sostrato
essenziale
di
tutti
i
fenomeni
.
Le
sue
attribuzioni
sono
l
'
infinità
e
l
'
eternità
,
l
'
onnipotenza
e
l
'
onniveggenza
;
ogni
limite
imposto
alla
personalità
divina
ripugna
alla
coscienza
religiosa
dei
tempi
moderni
.
Ma
nello
stesso
tempo
la
divinità
personifica
e
rappresenta
il
principio
e
la
sanzione
morale
suprema
,
il
fine
di
ogni
esistenza
,
la
sua
giustificazione
.
Affinché
il
sentimento
religioso
sia
pienamente
soddisfatto
,
affinché
una
religione
sia
veramente
tale
(
religio
?
)
,
occorre
che
la
divinità
,
oltreché
pensata
,
possa
essere
anche
venerata
ed
amata
.
Il
valore
delle
religioni
non
sta
tanto
nell
'
essere
esse
una
spiegazione
dell
'
universo
,
quanto
nell
'
essere
una
spiegazione
ottimistica
,
consolatrice
,
confortante
.
In
questa
loro
missione
sentimentale
va
ravvisata
una
delle
principali
ragioni
della
loro
forza
.
Ma
per
ciò
,
bisogna
che
la
divinità
possa
apparirci
come
immensamente
giusta
ed
immensamente
buona
,
come
la
raddrizzatrice
di
ogni
torto
,
la
compensatrice
della
infelicità
della
vita
,
come
quella
che
risolve
,
insomma
,
il
problema
del
male
:
in
essa
deve
convergere
non
la
sola
fede
,
ma
anche
la
speranza
e
la
carità
degli
uomini
.
Fino
a
che
punto
è
possibile
l
'
accordo
fra
queste
esigenze
del
sentimento
religioso
?
Il
problema
non
ha
mai
cessato
di
agitare
la
mente
dei
credenti
.
Esso
è
,
per
così
dire
,
il
problema
teologico
per
eccellenza
.
Se
Dio
è
causa
di
tutte
le
cose
,
come
spiegare
la
presenza
,
d
'
altronde
incontestabile
,
di
tanto
dolore
e
di
tanta
perversità
nell
'
universo
?
Se
Dio
è
onnipotente
ed
onniscente
,
come
non
ammetterlo
nello
stesso
tempo
o
indifferente
,
o
addirittura
malevolo
a
nostro
riguardo
?
Come
sopratutto
ammettere
in
lui
il
diritto
di
castigare
l
'
uomo
per
aver
commesso
un
fallo
la
cui
responsabilità
ultima
risalirebbe
a
lui
?
"
L
'
ultimo
autore
di
tutte
le
nostre
volizioni
,
scrive
Hume
,
fu
il
creatore
del
mondo
,
che
per
il
primo
impresse
il
movimento
a
questa
immensa
macchina
e
pose
tutti
gli
esseri
in
quella
posizione
particolare
,
dalla
quale
ogni
evento
successivo
doveva
risultare
per
una
inevitabile
necessità
.
Le
azioni
umane
possono
dunque
o
non
contenere
malizia
alcuna
,
come
quelle
che
procedono
da
una
causa
così
perfetta
,
oppure
,
se
ne
contengono
,
debbono
coinvolgere
il
creatore
nel
biasimo
che
meritano
,
dal
momento
che
si
riconosce
ch
'
egli
ne
è
la
causa
ultima
e
il
vero
autore
.
Perocché
come
un
uomo
che
ha
appiccato
il
fuoco
ad
una
mina
,
è
responsabile
di
tutte
le
conseguenze
di
questo
atto
,
tanto
se
la
miccia
è
lunga
come
se
è
corta
,
-
così
,
dovunque
si
trovi
una
catena
continua
di
modificazioni
necessarie
,
l
'
Essere
,
finito
o
infinito
,
che
ha
prodotto
la
prima
deve
essere
considerato
anche
come
l
'
autore
di
tutte
le
altre
"
.
Di
qui
l
'
ipotesi
del
libero
arbitrio
,
secondo
la
quale
la
volontà
è
essa
stessa
un
anello
terminale
nella
catena
delle
cause
,
è
essa
stessa
una
causa
prima
.
La
necessità
di
tale
ipotesi
s
'
impose
ai
dottori
della
chiesa
sin
dai
tempi
più
antichi
.
"
Né
gli
elogi
,
né
i
supplizi
,
dice
Clemente
d
'
Alessandria
,
sono
fondati
in
giustizia
,
se
l
'
anima
non
ha
il
libero
potere
di
desiderare
e
d
'
astenersi
,
e
se
il
vizio
è
involontario
"
.
Ma
subito
aggiunge
:
affinché
per
quanto
è
possibile
Dio
non
sia
la
causa
dei
vizî
degli
uomini
.
I
Manichei
,
che
,
com
'
è
noto
,
negavano
il
"
libero
arbitrio
"
,
erano
costretti
ad
ammettere
un
altro
principio
del
male
(
Hylè
)
.
Essi
furono
combattuti
vivacemente
da
Sant
'
Agostino
,
il
quale
peraltro
credette
risolvere
la
questione
concludendo
che
l
'
uomo
non
ha
avuto
il
"
libero
arbitrio
"
se
non
prima
della
caduta
,
ma
che
da
allora
in
poi
,
divenuto
preda
del
peccato
,
non
ha
più
da
sperare
la
propria
salvezza
se
non
dalla
predestinazione
e
dalla
redenzione
.
Ad
un
grado
maggiore
di
maturità
è
giunta
la
controversia
con
S
.
Tommaso
d
'
Aquino
.
L
'
uomo
è
dotato
di
libero
arbitrio
"
alioquim
frustra
essent
consilia
,
exhortationes
,
praecepta
,
prohibitiones
,
praemia
et
poenae
"
.
Il
libero
arbitrio
però
v
'
è
identificato
colla
volontà
,
e
la
distinzione
fra
volontario
ed
involontario
v
'
è
fondata
sulla
definizione
datane
da
Aristotile
.
Dio
è
sempre
la
causa
prima
di
tutte
le
cose
,
e
naturali
,
e
volontarie
.
Ma
"
come
per
le
cause
naturali
egli
non
toglie
,
movendole
,
che
i
loro
atti
siano
naturali
,
così
,
movendo
le
cause
volontarie
non
toglie
che
le
azioni
loro
siano
volontarie
,
ma
piuttosto
ciò
produce
in
loro
,
poiché
opera
in
ciascuna
cosa
secondo
la
proprietà
sua
"
.
S
.
Tommaso
ammette
dunque
la
predestinazione
:
tuttavia
egli
la
concilia
colle
esigenze
opposte
mediante
la
dottrina
delle
cause
contingenti
.
Tale
dottrina
ha
una
importanza
immensa
nella
concezione
cosmologica
del
medio
evo
,
in
cui
fra
le
altre
cose
,
serviva
a
spiegare
la
presunta
influenza
degli
astri
sul
corso
della
vita
umana
,
come
appare
anche
in
Dante
.
Secondo
questa
concezione
,
che
risale
alle
dottrine
d
'
Aristotile
sulla
materia
e
sulla
forma
-
sebbene
vi
sia
chi
discute
ch
'
essa
sia
una
riproduzione
genuina
del
pensiero
di
lui
-
l
'
ordine
che
regge
l
'
universo
e
che
emana
da
Dio
non
è
costante
in
tutte
le
sue
parti
.
Il
mondo
ci
presenta
una
gerarchia
digradante
da
una
maggiore
ad
una
minor
perfezione
,
regolarità
,
ed
uniformità
..
Il
tipo
della
uniformità
e
della
regolarità
era
la
sfera
esteriore
del
Cosmo
,
l
'
Aplanes
(
Empireo
)
coll
'
innumerabil
genere
delle
stelle
fisse
incastonate
in
esso
,
eterna
e
sempre
in
moto
nella
medesima
orbita
circolare
,
per
necessità
della
sua
stessa
natura
,
e
senza
alcuna
potenzialità
di
fare
altrimenti
.
Ma
la
terra
e
i
corpi
elementari
,
organici
ed
inorganici
,
sotto
alla
sfera
lunare
e
nell
'
interno
del
Cosmo
,
apparivano
di
perfezione
inferiore
e
di
natura
diversa
.
Erano
invero
in
parte
governati
e
pervasi
dal
movimento
e
dall
'
influenza
della
sostanza
celestiale
nella
quale
erano
comprese
,
e
dalla
quale
prendevano
in
prestito
la
loro
forma
implicata
colla
materia
,
col
principio
cioè
di
potenzialità
,
di
trasformazione
,
di
mutabilità
,
di
irregolarità
,
di
generazione
e
distruzione
.
Vi
sono
dunque
nei
corpi
sublunari
e
tendenze
fisse
e
tendenze
variabili
.
Le
tendenze
costanti
sono
quelle
che
costituiscono
la
natura
,
la
quale
sempre
aspira
al
bene
,
o
alla
perpetua
rinnovazione
di
forme
perfette
al
massimo
grado
,
per
quanto
impedita
in
quest
'
opera
dalle
influenze
avverse
,
e
perciò
atta
a
non
produr
mai
se
non
individui
difettosi
e
destinati
a
perire
(
per
ch
'
a
risponder
la
materia
è
sorda
)
.
La
parte
variabile
è
costituita
dalla
"
spontaneità
"
o
"
caso
"
i
quali
costituiscono
un
agente
indipendente
che
accompagna
inseparabilmente
la
natura
,
sempre
modificandone
pervertendone
,
frustrandone
i
propositi
.
Inoltre
,
i
diversi
agenti
naturali
di
frequente
reagiscono
gli
uni
sugli
altri
,
mentre
le
tendenze
irregolari
agiscono
alla
loro
volta
su
essi
tutti
.
Nella
misura
in
cui
agisce
la
natura
,
in
ciascuno
dei
suoi
agenti
distinti
,
i
fenomeni
sono
regolari
e
prevedibili
:
tutto
ciò
ch
'
è
uniforme
,
o
che
,
senza
essere
del
tutto
uniforme
,
ricorre
naturalmente
e
frequentemente
,
è
opera
sua
.
Ma
,
oltre
ed
accanto
alla
natura
,
vi
è
l
'
influenza
del
caso
e
della
spontaneità
,
che
è
essenzialmente
irregolare
e
imprevedibile
:
sotto
questa
influenza
vi
sono
possibilità
tanto
pro
che
contro
:
di
due
eventi
alternativi
,
tanto
l
'
uno
che
l
'
altro
possono
egualmente
prodursi
.
[
Grote
,
Aristotle
,
I
,
pp
.
164-165
]
.
Per
noi
,
che
siamo
oggi
portati
a
vedere
nella
apparente
assenza
di
cause
determinanti
piuttosto
un
segno
della
nostra
ignoranza
che
non
dell
'
irregolarità
della
natura
,
tale
concetto
di
una
irredimibile
contingenza
può
non
parere
accettabile
.
La
parola
contingenza
,
se
rimanesse
nel
nostro
vocabolario
filosofico
,
non
designerebbe
se
non
quei
fatti
che
,
per
la
complessità
e
il
numero
delle
loro
cause
,
per
la
remota
disparità
degli
elementi
che
concorrono
a
formarli
,
per
la
loro
attitudine
a
modificarsi
per
ogni
più
piccola
influenza
sopravveniente
,
ci
è
impossibile
,
allo
stato
attuale
delle
nostre
cognizioni
,
di
prevedere
.
-
Essa
starebbe
cioè
a
rappresentarci
piuttosto
la
presenza
di
leggi
molteplici
,
intreccianti
i
loro
effetti
,
la
esistenza
cioè
di
un
ordine
più
complicato
,
che
non
la
mancanza
di
ogni
legge
.
La
contingenza
in
questo
senso
non
sarebbe
che
relativa
,
non
assoluta
.
Se
per
causa
s
'
intende
non
il
complesso
degli
elementi
necessari
e
sufficienti
alla
produzione
di
un
fenomeno
,
ma
anche
quelli
semplicemente
necessari
,
causa
contingente
significherà
quel
fattore
che
può
dar
luogo
a
prodotti
diversi
a
seconda
della
diversità
degli
altri
fattori
con
cui
si
trova
in
combinazione
;
così
il
sole
sarebbe
una
causa
contingente
rispetto
all
'
esistenza
della
vita
organica
sui
pianeti
.
-
Così
intesa
,
la
distinzione
fra
cause
necessarie
e
contingenti
può
riescire
di
qualche
utilità
,
ed
è
forse
ad
averla
trascurata
che
sono
dovuti
alcuni
errori
che
si
sono
accreditati
e
diffusi
nel
mondo
scientifico
moderno
.
In
questo
senso
-
nel
senso
di
una
maggior
complessità
di
cause
-
si
può
dire
,
senza
timore
di
sollevare
contestazioni
,
che
le
azioni
volontarie
rientrano
nella
contingenza
.
Ma
oggi
in
generale
,
per
la
nostra
educazione
scientifica
,
siamo
poco
disposti
ad
ammettere
che
vi
sia
una
porzione
dell
'
universo
ove
la
legge
e
l
'
ordine
non
estendano
il
loro
dominio
:
una
contingenza
come
quella
di
S
.
Tommaso
ci
ripugna
ed
urta
contro
tendenze
ormai
inveterate
in
noi
.
Giova
osservare
però
che
non
mancano
tentativi
,
anche
modernissimi
,
di
ripristinare
un
concetto
di
contingenza
analogo
a
quello
di
S
.
Tommaso
;
e
ciò
sempre
,
osserviamolo
,
per
fini
e
mire
essenzialmente
teologiche
.
Certo
si
è
che
la
contingenza
in
senso
assoluto
rappresenta
pur
sempre
quella
soluzione
di
continuità
nella
catena
causale
,
che
è
indispensabile
per
evitar
di
concepire
il
male
come
una
emanazione
della
divinità
.
Il
male
allora
non
sorge
e
si
sviluppa
se
non
in
quella
parte
dell
'
universo
ove
domina
la
contingenza
.
Il
dualismo
inerente
ad
ogni
religione
positiva
qui
si
fa
manifesto
:
da
una
parte
Dio
e
la
"
natura
"
che
,
"
obbedendo
all
'
istinto
a
lei
dato
che
la
porta
"
,
aspira
alla
perfezione
;
dall
'
altra
una
potenza
avversa
,
sia
essa
il
caso
,
la
materia
,
la
volontà
umana
od
uno
spirito
maligno
,
il
demonio
.
Fino
a
qual
punto
la
teologia
sia
riescita
a
togliere
la
contraddizione
fra
l
'
infinità
e
l
'
onnipotenza
di
Dio
e
la
presenza
di
questa
potenza
avversa
,
è
questione
troppo
grave
per
esser
qui
discussa
;
tanto
più
che
contraddizioni
siffatte
,
insuperabili
dalla
fredda
ragione
,
possono
benissimo
essere
superate
ove
intervenga
un
atto
di
fede
.
In
ultima
analisi
,
per
la
teologia
il
problema
della
predestinazione
si
risolve
coll
'
ammettere
si
tratti
di
un
mistero
:
è
imperscrutabile
il
giudizio
per
cui
la
divinità
permette
talvolta
il
trionfo
del
male
.
Alla
provvidenza
spetta
,
secondo
S
.
Tommaso
,
permettere
alcuni
difetti
nelle
cose
,
e
l
'
apparente
ingiustizia
della
giustizia
divina
non
è
che
una
conseguenza
della
limitatezza
della
nostra
ragione
.
"
Niente
,
osserva
il
Vailati
,
prova
meglio
la
inevitabilità
dell
'
ipotesi
del
libero
arbitrio
per
i
teologi
,
quanto
il
constatare
le
enormi
assurdità
in
cui
furono
costretti
a
cadere
ogni
qualvolta
tentarono
di
rigettarla
.
Così
,
per
esempio
....
dalla
negazione
del
libero
arbitrio
Lutero
fu
costretto
ad
ammettere
la
credenza
,
moralmente
mostruosa
,
che
la
salvezza
o
la
dannazione
eterna
degli
uomini
non
dipendesse
affatto
dalla
loro
condotta
,
ma
solo
dal
beneplacito
(
grazia
)
di
Dio
,
il
quale
creandole
sapeva
già
che
una
parte
di
essi
era
irrevocabilmente
destinata
alle
pene
dell
'
inferno
.
Per
adoperare
la
sua
immagine
,
ingenua
e
cinica
nello
stesso
tempo
:
quando
Dio
nei
sacri
libri
esorta
gli
uomini
al
ben
fare
,
fa
come
quei
genitori
che
,
ai
loro
bambini
non
ancora
abili
a
camminare
,
dicono
di
venir
verso
di
loro
,
ben
sapendo
che
non
lo
possono
fare
onde
essi
sian
costretti
ad
invocare
il
loro
aiuto
"
.
Insomma
,
"
fu
soprattutto
la
difficoltà
di
conciliare
l
'
esistenza
troppo
evidente
del
male
nel
mondo
,
colla
credenza
,
troppo
preziosa
,
nella
prescienza
e
nella
giustizia
divina
,
quella
che
rese
necessaria
l
'
introduzione
di
un
'
ipotesi
che
,
come
questa
del
libero
arbitrio
,
sgravasse
da
una
parte
il
creatore
dalla
taccia
di
aver
creato
un
mondo
imperfetto
e
pieno
di
miserie
di
ogni
genere
,
e
dall
'
altra
attribuisse
a
queste
il
carattere
di
"
punizioni
"
o
"
espiazioni
"
provocate
e
rese
necessarie
dalle
disubbidienze
e
dai
peccati
degli
uomini
.
I
metafisici
che
credono
che
la
questione
del
libero
arbitrio
possa
continuare
ad
avere
un
senso
qualunque
all
'
infuori
di
ogni
implicazione
teologica
rassomigliano
a
quegli
amputati
che
si
illudono
di
sentir
ancora
dei
dolori
e
delle
trafitture
nel
membro
che
non
hanno
più
;
essi
sono
dei
teologi
.
con
una
gamba
di
legno
"
.
-
Una
cosa
infatti
altamente
degna
di
nota
è
che
il
"
problema
del
libero
arbitrio
"
,
nella
forma
in
cui
è
oggi
comunemente
inteso
,
pare
fosse
totalmente
sconosciuto
ai
grandi
pensatori
dell
'
antichità
.
I
più
fra
essi
,
è
vero
,
sembrano
aver
ammesso
insieme
con
Aristotile
un
elemento
di
spontaneità
e
di
variazione
irregolare
nell
'
universo
,
ma
questa
era
per
loro
una
veduta
puramente
cosmologica
.
Consideravano
la
causalità
e
la
volontarietà
delle
umane
azioni
come
due
questioni
differenti
,
da
trattarsi
separatamente
e
irrilevanti
l
'
una
per
l
'
altra
;
non
le
raggruppavano
insieme
in
un
solo
problema
globale
,
per
così
dire
,
pressoché
insolubile
se
non
per
mezzo
di
un
mistero
.
Ciò
è
tanto
vero
che
secondo
alcuni
di
essi
,
p
.
es
.
Epicuro
,
la
volontà
,
governata
dai
motivi
,
non
rientra
affatto
nella
cerchia
,
pur
da
loro
ammessa
,
dei
fenomeni
essenzialmente
irregolari
e
spontanei
.
Questa
mancanza
del
problema
"
del
libero
arbitrio
"
nella
filosofia
antica
è
quella
che
fa
far
le
alte
maraviglie
allo
Schopenhauer
,
e
gli
ispira
anzi
per
essa
un
certo
qual
disprezzo
.
"
Gli
antichi
,
egli
scrive
,
non
sono
da
consultarsi
su
tale
questione
,
perché
la
loro
filosofia
,
per
così
dire
ancora
allo
stato
d
'
infanzia
(
?
)
,
non
si
era
ancora
fatta
un
'
idea
adeguata
dei
due
più
profondi
o
più
gravi
problemi
della
filosofia
moderna
,
quello
cioè
del
libero
arbitrio
e
quello
della
realtà
del
mondo
esteriore
,
ossia
del
rapporto
fra
l
'
ideale
e
il
reale
.
Quanto
al
grado
di
chiarezza
e
di
comprensione
al
quale
avevano
portata
la
questione
del
libero
arbitrio
,
è
ciò
di
cui
si
può
rendersi
conto
in
modo
soddisfacente
coll
'
Etica
a
Nicomaco
di
Aristotile
(
III
,
c
.
1-8
)
;
si
riconoscerà
che
il
suo
giudizio
a
questo
proposito
non
concerne
essenzialmente
che
la
libertà
fisica
ed
intellettuale
,
ed
è
perciò
ch
'
egli
non
parla
che
dell
'
ekousion
e
dell
'
akousion
,
confondendo
gli
atti
volontari
cogli
atti
liberi
.
Il
problema
assai
più
difficile
della
libertà
morale
non
gli
si
è
ancora
presentato
,
sebbene
a
momenti
il
suo
pensiero
si
estenda
fino
a
questo
punto
,
sopratutto
in
un
punto
dell
'
Etica
a
Nicomaco
(
II
,
2
e
III
,
7
)
,
ma
egli
commette
l
'
errore
di
dedurre
il
carattere
dalle
azioni
,
anziché
queste
da
quello
"
.
Ebbene
ciò
non
fa
,
a
nostro
parere
,
che
far
risaltare
in
questo
la
superiorità
di
Aristotile
sul
filosofo
tedesco
.
La
sua
concezione
è
assai
più
positiva
-
se
per
positivo
s
'
intende
chi
possiede
una
visione
netta
della
realtà
ed
i
suoi
problemi
e
chi
sa
di
questi
discernere
gli
elementi
essenziali
da
quelli
puramente
accessori
-
di
quella
dello
Schopenhauer
.
La
ragione
per
cui
Aristotile
,
in
un
'
opera
di
morale
,
non
fa
parola
del
"
problema
del
libero
arbitrio
"
è
ch
'
esso
,
-
inteso
come
lo
intenderebbe
lo
Schopenhauer
,
-
non
è
neppur
veramente
un
problema
nel
senso
proprio
della
parola
.
Il
trasporto
della
questione
della
causalità
delle
umane
azioni
volontarie
-
problema
cosmologico
e
teologico
-
nel
campo
della
morale
,
e
l
'
applicazione
alla
questione
così
trasportata
del
nome
di
libero
arbitrio
,
hanno
fatto
credere
che
nella
morale
esista
un
problema
là
dove
veramente
non
ne
esiste
nessuno
.
Quando
il
moralista
ha
constatato
che
esiste
una
volontà
e
che
questa
è
pienamente
efficace
,
tutte
le
sue
esigenze
sono
soddisfatte
.
E
questo
è
il
solo
significato
legittimo
,
a
nostro
parere
,
della
parola
libertà
.
L
'
immaginare
una
libertà
ulteriore
,
la
sola
"
verace
"
,
consistente
nella
"
possibilità
di
volere
diversamente
da
come
abbian
voluto
,
pur
rimanendo
costanti
tutti
quanti
gli
antecedenti
della
nostra
volizione
"
;
libertà
che
non
sia
quella
di
cui
si
parla
ogni
giorno
quando
si
afferma
di
esser
liberi
perché
sì
può
far
ciò
che
si
vuole
,
ma
da
cui
dipendano
nondimeno
tutte
le
conseguenze
che
soglionsi
generalmente
far
dipendere
da
quella
;
-
il
sostituire
insomma
al
concetto
"
pratico
"
della
libertà
un
presunto
concetto
"
trascendentale
"
;
-
equivale
a
voler
a
tutti
i
costi
considerare
come
non
risolta
una
questione
che
già
lo
è
.
Sarebbe
difficile
trovare
un
sintomo
più
caratteristico
di
quella
che
i
tedeschi
chiamano
Grübelsucht
,
e
che
consiste
in
una
tendenza
insaziabile
a
dubitar
di
tutto
,
della
propria
esistenza
,
della
esistenza
degli
oggetti
che
ci
circondano
,
della
nostra
capacità
a
pensare
,
a
sapere
,
a
volere
;
mentre
è
evidente
che
,
se
la
parola
certezza
ha
un
significato
qualsiasi
,
essa
è
applicabile
a
questi
casi
della
nostra
esperienza
più
immediata
e
giornaliera
.
Quelli
che
lo
Schopenhauer
chiama
"
i
due
più
profondi
e
gravi
problemi
della
filosofia
moderna
"
non
hanno
altra
origine
.
Alla
"
realtà
del
mondo
esteriore
"
abbiamo
accennato
in
un
altro
scritto
,
parlando
della
teoria
della
"
relatività
della
conoscenza
"
.
Abbiamo
osservato
,
che
l
'
affermazione
di
una
siffatta
"
relatività
"
non
implica
alcuna
diminuzione
della
nostra
certezza
riguardo
alla
realtà
delle
cose
;
ciò
deriva
da
una
errata
interpretazione
del
valore
e
della
funzione
delle
indagini
del
Berkeley
.
Tali
indagini
non
avevano
per
scopo
di
dirci
se
le
cose
esteriori
esistano
,
di
insegnarci
cioè
qualchecosa
sulla
veridicità
della
nostra
conoscenza
,
ma
solo
di
analizzare
la
natura
del
nostro
giudizio
nell
'
esistenza
delle
cose
,
che
cosa
intendiamo
dire
quando
diciamo
:
la
tal
cosa
esiste
.
Così
il
problema
dei
rapporti
fra
l
'
ideale
ed
il
reale
non
può
essere
che
il
tentativo
di
stabilire
su
che
si
basi
tale
distinzione
.
Vi
è
una
parte
della
realtà
che
noi
crediamo
particolarmente
legata
al
nostro
io
,
un
'
altra
che
crediamo
"
indipendente
"
da
esso
.
Vi
è
una
parte
più
apparente
della
realtà
(
le
parvenze
sensibili
delle
cose
)
,
un
'
altra
più
recondita
,
a
conoscer
la
quale
giungiamo
per
mezzo
del
ragionamento
(
di
cui
argomentiamo
l
'
esistenza
)
.
Così
l
'
astronomo
giunge
a
determinare
per
mezzo
del
calcolo
i
movimenti
reali
degli
astri
,
in
contrapposto
ai
loro
movimenti
apparenti
sulla
volta
celeste
.
È
questo
-
e
non
altro
-
ciò
che
volevano
dire
gli
antichi
coll
'
antitesi
fra
i
nooumena
(
le
cose
come
reali
)
e
i
phainomena
(
le
cose
apparenti
)
;
ma
un
concetto
qual
è
quello
del
noumeno
Kantiano
non
era
ancor
venuto
loro
in
mente
.
O
la
distinzione
fra
il
fenomeno
e
il
noumeno
serve
a
discernere
alcuni
fra
gli
oggetti
della
nostra
conoscenza
da
altri
,
ed
allora
ha
un
senso
,
e
può
essere
utile
:
o
serve
a
designare
il
rapporto
fra
tutta
quanta
la
nostra
conoscenza
,
(
cioè
tutto
il
nostro
mondo
)
reale
e
possibile
,
e
una
presunta
realtà
al
di
fuori
di
essa
,
ed
allora
essa
è
addirittura
un
non
senso
.
Lo
stesso
può
dirsi
della
"
libertà
trascendentale
"
.
Questa
,
si
chiami
essa
libertà
d
'
indifferenza
o
libero
arbitrio
,
sta
precisamente
alla
libertà
nel
senso
comune
della
parola
,
come
il
noumeno
,
la
realtà
trascendentale
sta
a
quella
cui
possiam
pervenire
mediante
le
operazioni
ordinarie
del
nostro
intelletto
.
I
teorici
della
conoscenza
,
Berkeley
,
Hume
,
Kant
hanno
,
si
dice
,
dimostrato
l
'
inconoscibilità
di
una
realtà
siffatta
.
Bisogna
andar
più
oltre
,
e
dichiarare
l
'
inesistenza
di
essa
,
come
rappresentata
da
una
nozione
assurda
,
contraddittoria
e
quindi
inconcepibile
.
Non
facendo
ciò
,
si
trarranno
sempre
da
tali
teorie
conseguenze
illegittime
in
senso
scettico
:
si
crederà
cioè
,
esservi
una
porzione
della
realtà
esistente
che
sia
stata
da
tali
studi
dichiarata
inaccessibile
alla
mente
umana
,
mentre
non
si
è
fatto
che
abolire
un
concetto
,
e
più
che
un
concetto
,
una
parola
la
quale
,
essendo
vuota
di
senso
,
non
è
applicabile
ad
alcunché
di
reale
.
Per
convincersi
che
simile
è
il
caso
per
la
libertà
metafisica
o
morale
,
basta
considerare
le
definizioni
che
se
ne
sogliono
dare
,
sia
che
essa
si
affermi
,
sia
ch
'
essa
venga
negata
.
È
impossibile
definire
questa
libertà
senza
dare
artificialmente
a
tutte
le
parole
della
definizione
un
senso
diverso
dall
'
usuale
;
un
senso
"
trascendentale
"
.
"
Per
libertà
morale
o
libertà
volitiva
o
libero
arbitrio
,
scrive
il
Ferri
,
si
intende
:
la
facoltà
per
cui
l
'
uomo
può
volere
una
determinata
cosa
piuttosto
che
un
'
altra
,
indipendentemente
da
ogni
causa
o
motivo
,
esterno
o
interno
,
che
lo
determini
necessariamente
a
quella
data
volizione
o
decisione
della
volontà
.
Questa
è
appunto
la
libertà
che
forma
l
'
oggetto
della
tanto
dibattuta
questione
,
e
si
esprime
così
:
io
posso
voler
fare
questa
cosa
o
quella
,
a
mio
piacere
,
all
'
infuori
ed
in
opposizione
ad
ogni
motivo
,
a
qualsiasi
causa
necessaria
,
fisica
o
psichica
,
esterna
od
interna
"
.
A
chi
ben
guardi
questo
periodo
,
apparrà
chiaro
che
il
suo
contesto
si
presta
egualmente
bene
ad
indicare
quel
genere
di
libertà
che
è
semplicemente
implicato
dalla
volontarietà
delle
nostre
azioni
.
Il
Ferri
parla
di
un
uomo
che
può
agire
a
suo
piacere
,
indipendentemente
da
qualsiasi
causa
o
motivo
,
senza
vincolo
di
sorta
,
esterno
od
interno
,
che
lo
determini
necessariamente
.
Sembra
dunque
che
,
secondo
tale
definizione
la
libertà
che
il
Ferri
combatte
postuli
la
presistenza
di
un
qualchecosa
che
si
chiama
uomo
con
un
"
piacere
"
suo
proprio
,
e
ne
implichi
la
indipendenza
di
fronte
ad
altre
cause
,
i
motivi
,
siano
essi
esterni
(
?
)
od
interni
.
Ora
la
facoltà
di
poter
perseverare
nella
propria
volontà
a
dispetto
di
motivi
ulteriori
,
è
certo
uno
dei
dati
della
credenza
comune
nella
libertà
.
Il
negare
questo
potere
;
postulare
l
'
uomo
esistente
come
forza
,
qualunque
ne
sia
l
'
origine
,
ed
immaginare
questa
forza
annichilita
,
impotente
di
fronte
ad
altre
forze
da
lei
distinte
,
non
è
questa
la
concezione
del
fatalismo
?
È
appunto
la
negazione
di
questa
libertà
così
definita
che
può
condurre
i
lettori
(
e
gli
scrittori
stessi
)
a
conseguenze
prettamente
fatalistiche
.
Ma
tale
invece
non
era
il
pensiero
di
chi
questa
definizione
enunciava
:
le
parole
,
inadatte
ad
esprimere
cose
tanto
elevate
,
lo
hanno
tradito
.
Il
potere
di
agire
a
piacer
nostro
,
di
cui
qui
si
tratta
,
non
è
quel
potere
,
che
tutti
sappiamo
di
possedere
,
di
agire
come
ci
pare
opportuno
,
utile
,
buono
,
perché
questa
è
la
libertà
fisica
,
su
cui
non
v
'
è
discussione
aperta
.
La
libertà
"
morale
"
è
qualchecosa
di
molto
più
elevato
,
e
si
libra
in
una
sfera
ove
la
debolezza
dell
'
umana
ragione
può
invano
sperare
di
raggiungerla
.
Essa
non
è
la
libertà
di
fare
ciò
che
si
vuole
,
perché
questa
viene
sdegnosamente
rigettata
come
libertà
fisica
;
non
è
la
libertà
consistente
nel
volere
questa
o
quella
cosa
,
e
neppure
,
checché
se
ne
dica
,
quella
consistente
nel
voler
volere
,
-
poiché
anche
gli
sforzi
dell
'
attenzione
,
l
'
ostinazione
a
persistere
in
un
proposito
a
dispetto
di
tutto
e
di
tutti
,
l
'
acciecamento
volontario
sono
suscettibili
di
una
spiegazione
"
deterministica
"
.
Che
cosa
è
dunque
questa
libertà
?
Essa
è
una
creatura
vaporosa
,
che
sparisce
appena
facciamo
il
gesto
di
mettervi
sopra
la
mano
,
che
si
dilegua
in
alto
,
sempre
più
in
alto
,
che
precede
l
'
inseguitore
come
l
'
ombra
precede
il
corpo
,
indefinitamente
.
La
libertà
,
secondo
Malebranche
,
è
un
"
mistero
"
.
Ora
per
lo
scienziato
,
che
studia
il
problema
della
libertà
come
gli
vien
posto
dal
senso
comune
,
la
libertà
non
può
essere
un
mistero
.
Un
problema
deve
essere
almeno
concepibile
perché
egli
tenti
di
darne
una
soluzione
.
Egli
può
studiare
il
problema
della
volontarietà
delle
umane
azioni
,
e
può
studiare
il
problema
della
causalità
delle
umane
azioni
.
Sono
due
problemi
differenti
.
Ma
il
problema
della
"
libertà
"
è
uno
solo
.
La
parola
libertà
,
come
tutte
le
altre
parole
del
nostro
linguaggio
,
è
stata
creata
dagli
uomini
per
il
loro
uso
e
consumo
.
Essa
è
fatta
per
essere
riempita
di
buona
e
solida
sostanza
,
tolta
al
mondo
nel
quale
viviamo
e
a
conoscere
il
quale
si
affaticano
le
nostre
intelligenze
;
non
per
essere
vuotata
pneumaticamente
di
ogni
contenuto
sensibile
e
respirabile
e
poi
conservata
e
ammirata
con
superstiziosa
venerazione
,
come
se
ancor
contenesse
qualche
essenza
preziosa
.
Le
parole
nostre
tutte
hanno
un
senso
determinato
(
o
determinabile
)
ed
umano
,
né
ci
è
lecito
,
per
capriccio
,
dar
loro
un
preteso
senso
trascendentale
che
-
per
il
fatto
che
siamo
noi
stessi
uomini
-
non
potrebbe
essere
se
non
un
vero
e
proprio
non
senso
.
Di
tali
non
sensi
,
prodotti
da
parole
che
restano
campate
in
aria
dopo
che
loro
fu
tolto
ogni
valore
assegnabile
,
ve
ne
sono
stati
nella
storia
del
pensiero
assai
più
di
quanto
non
parrebbe
possibile
a
prima
vista
.
È
compito
dello
scienziato
e
del
filosofo
lo
scoprirli
appena
si
formano
e
toglierli
di
mezzo
,
e
questo
suo
lavoro
è
tutt
'
altro
che
privo
di
importanza
,
vista
la
facilità
che
hanno
gli
uomini
a
cadere
nelle
forme
più
svariate
di
psittacismo
.
Ma
quello
che
giova
notare
,
è
che
la
negazione
di
"
concetti
"
consimili
,
nulli
ab
initio
,
per
così
dire
,
per
la
presenza
di
elementi
contraddittori
,
non
è
da
confondersi
affatto
coll
'
affermazione
dell
'
inapplicabilità
dei
concetti
veri
a
determinati
oggetti
o
alla
realtà
in
genere
:
tale
negazione
non
è
che
la
constatazione
,
rispetto
ai
primi
,
della
loro
intima
ed
essenziale
nullità
.
Il
loro
annientamento
non
lascia
quindi
alcun
vacuum
nel
mondo
del
pensiero
,
alcuna
limitazione
di
esso
,
che
possa
dare
adito
a
scetticismo
di
sorta
;
la
loro
forma
è
già
subito
riempita
efficacemente
,
né
alcuna
soluzione
di
continuità
resta
a
segnare
il
luogo
ove
essi
già
furono
.
Risulta
così
illegittimo
ogni
dubbio
sulla
nostra
libertà
non
meno
che
sulla
esistenza
o
realtà
in
genere
delle
cose
.
Come
,
quando
ho
debitamente
constatato
,
con
tutti
i
mezzi
di
prova
che
come
uomo
ho
a
mia
disposizione
,
la
presenza
di
un
oggetto
,
la
mia
credenza
nell
'
esistenza
di
esso
ha
ogni
grado
immaginabile
e
desiderabile
di
certezza
,
né
v
'
è
luogo
a
dubbio
ulteriore
-
tutte
le
conseguenze
teoriche
e
pratiche
che
decorrono
da
tale
credenza
sono
d
'
ora
innanzi
legittime
;
-
così
,
quando
ho
constatato
di
trovarmi
nella
condizione
di
poter
scegliere
a
mia
volontà
fra
più
azioni
possibili
,
non
mi
è
lecito
dubbio
alcuno
sulla
libertà
mia
.
Concludendo
dunque
il
dilemma
che
il
più
delle
volte
si
crede
posto
dalla
"
questione
del
libero
arbitrio
"
-
quello
cioè
fra
la
credenza
nell
'
assoluta
imprevedibilità
degli
atti
volontari
,
e
l
'
accettazione
di
un
fatalismo
deprimente
e
distruttore
di
ogni
morale
responsabilità
,
-
è
un
falso
dilemma
.
L
'
analisi
logica
della
questione
ci
ha
condotto
a
ravvisarvi
due
problemi
distinti
,
suscettibili
ciascuno
di
soluzioni
opposte
,
ma
indipendenti
fra
loro
.
Da
una
parte
,
la
questione
se
le
nostre
azioni
dipendano
dalla
nostra
volontà
;
o
meglio
-
poiché
è
evidente
che
ve
ne
sono
alcune
che
ne
dipendono
-
quali
sono
le
azioni
che
ne
dipendono
;
fino
a
che
punto
cioè
siamo
liberi
,
e
pertanto
responsabili
.
Rientrano
in
tale
questione
tutti
quegli
studi
sulla
psicologia
e
la
patologia
della
volontà
che
sono
di
tanta
utilità
così
al
sociologo
,
come
al
moralista
e
al
giurista
.
Dall
'
altra
parte
,
la
questione
più
"
elevata
"
forse
,
ma
certo
praticamente
meno
importante
,
e
ad
ogni
modo
irrilevante
per
l
'
altra
,
se
alle
nostre
azioni
sia
o
no
applicabile
il
principio
di
causalità
.
Chi
tale
applicabilità
nega
,
intende
asserire
che
i
fenomeni
della
nostra
mente
,
che
sono
gli
antecedenti
dell
'
azione
volontaria
,
posseggono
una
fondamentale
ed
irrimediabile
irregolarità
:
che
cioè
una
previsione
sicura
dei
loro
effetti
,
come
non
si
ha
ora
,
non
si
potrà
mai
avere
.
Essi
pretendono
in
altre
parole
segnare
sin
d
'
ora
un
limite
insuperabile
alla
psicologia
della
volontà
.
Quale
delle
due
opinioni
contrarie
sia
la
vera
è
cosa
assai
ardua
a
decidersi
allo
stato
presente
delle
nostre
cognizioni
.
Certo
si
è
che
col
progredire
della
scienza
si
vanno
scoprendo
di
continuo
nuovi
casi
di
uniformità
e
regolarità
fra
i
fenomeni
,
e
non
sfuggono
a
questa
sorte
i
fenomeni
psichici
,
per
quanto
in
modo
meno
spiccato
degli
altri
.
Molta
della
contingenza
Aristotelica
o
Tomistica
si
è
ormai
dileguata
ai
nostri
occhi
;
e
la
materia
,
che
per
Aristotile
rappresentava
il
principio
della
irregolarità
,
oggi
,
mutato
significato
,
è
venuta
ad
apparirci
come
la
sede
delle
leggi
più
fisse
e
sicure
che
signoreggiano
l
'
Universo
,
-
le
meccaniche
,
le
fisiche
e
chimiche
.
Fin
qui
,
la
natura
si
è
mostrata
abbastanza
docile
ai
nostri
desideri
:
i
fatti
suoi
si
sono
lasciati
a
poco
a
poco
ridurre
in
leggi
,
plasmare
ad
una
forma
più
razionale
di
quella
che
ci
vien
presentata
dal
crudo
ordine
dell
'
esperienza
;
ed
è
ciò
che
ha
permesso
all
'
uomo
di
tanto
estendere
il
suo
potere
sulle
forze
naturali
,
che
ha
prodotto
le
meraviglie
del
vapore
e
dell
'
elettricità
,
dell
'
industria
,
dell
'
igiene
e
della
terapia
moderne
.
Ma
"
fino
a
che
punto
,
per
dirla
con
un
acuto
pensatore
americano
,
la
natura
si
mostrerà
così
plastica
nell
'
avvenire
,
nessuno
può
dire
.
Il
nostro
solo
mezzo
di
saper
ciò
è
di
metterla
alla
prova
"
.
Intanto
a
questa
lotta
dell
'
uomo
contro
l
'
oscura
potenza
del
caso
e
del
disordine
possiamo
assistere
con
una
certa
serena
tranquillità
,
sicuri
che
,
qualunque
ne
sia
l
'
esito
,
esso
non
potrà
essere
fatale
ad
alcuno
dei
supremi
postulati
della
nostra
vita
morale
.
Se
fosse
vero
che
dall
'
esito
di
questa
lotta
dipende
per
noi
la
possibilità
di
applicare
il
concetto
di
responsabilità
,
ogni
progresso
della
fisiologia
e
della
psicologia
dovrebbe
segnare
una
restrizione
della
sfera
della
morale
.
Ogni
motivo
per
agire
dovrebbe
costituire
un
'
attenuante
dell
'
azione
commessa
.
Fortunatamente
,
non
è
dell
'
assenza
di
motivi
e
di
cause
che
il
diritto
e
la
morale
hanno
bisogno
:
la
loro
base
in
tal
caso
sarebbe
davvero
troppo
malsicura
e
ristretta
.
Essi
hanno
soltanto
bisogno
che
l
'
atto
sia
l
'
emanazione
del
carattere
e
della
personalità
cosciente
dell
'
individuo
che
valuta
i
motivi
,
in
altre
parole
della
sua
ragione
.
La
suscettibilità
al
motivo
,
l
'
attitudine
cioè
ad
agire
in
modo
diverso
a
seconda
della
previsione
delle
conseguenze
dei
nostri
atti
,
ben
lungi
dall
'
essere
un
argomento
contro
la
libertà
e
la
responsabilità
,
è
piuttosto
la
prova
di
essa
.
Nella
vita
,
le
persone
di
maggior
volontà
non
sono
quelle
che
persistono
in
un
modo
d
'
agire
,
sordi
ad
ogni
voce
in
contrario
,
ma
quelli
che
meglio
si
lasciano
convincere
dalla
bontà
degli
argomenti
;
non
i
più
impulsivi
,
ma
i
più
riflessivi
nell
'
azione
:
non
quelli
che
seguono
la
randagia
associazione
delle
idee
,
ma
le
regole
della
logica
.
Per
meglio
chiarire
tutto
ciò
,
non
sarà
male
il
far
parola
dei
caratteri
distintivi
dell
'
atto
volontario
,
e
della
natura
dei
fatti
implicati
in
esso
.
Ne
derivano
infatti
conseguenze
per
la
morale
ed
il
diritto
che
meritano
forse
di
essere
segnalate
.
LA
VOLONTÀ
.
-
Che
cos
'
è
un
atto
volontario
?
E
perché
l
'
atto
volontario
solo
è
atto
responsabile
?
"
Atto
volontario
,
dice
Aristotile
,
sembra
esser
l
'
atto
il
cui
principio
è
nell
'
agente
stesso
,
che
sa
in
particolare
tutte
le
condizioni
che
l
'
atto
suo
coinvolge
"
.
"
La
parola
volontario
designa
,
propriamente
parlando
,
ciò
che
noi
facciamo
senza
esservi
costretti
da
una
necessità
qualsiasi
.
Involontarie
sono
quelle
cose
che
noi
facciamo
per
forza
maggiore
o
per
ignoranza
"
.
"
Una
cosa
fatta
per
forza
maggiore
è
quella
la
cui
causa
è
esteriore
,
e
di
tal
natura
che
l
'
essere
che
agisce
e
che
soffre
non
contribuisca
in
nulla
a
questa
causa
:
per
esempio
,
quando
siamo
trascinati
da
un
vento
irresistibile
,
o
da
gente
che
si
è
impadronita
della
nostra
persona
"
.
Tali
definizioni
d
'
Aristotile
,
quantunque
non
si
discostino
dall
'
uso
volgare
delle
parole
,
ed
esprimano
ciò
a
cui
tutti
siamo
disposti
a
consentire
,
hanno
forse
bisogno
di
esser
completate
.
Molti
movimenti
del
nostro
corpo
sembrano
aver
il
loro
principio
in
"
noi
"
senza
per
questo
meritare
il
nome
di
volontari
,
nel
senso
più
ristretto
secondo
il
quale
ci
reputiamo
responsabili
per
averli
commessi
.
La
nostra
vita
psichica
reagisce
continuamente
sulla
nostra
vita
fisica
e
fisiologica
;
essa
produce
in
noi
i
movimenti
riflessi
ed
istintivi
,
tutto
quel
complesso
di
reazioni
svariate
che
costituiscono
le
emozioni
,
eppure
questi
fatti
rientrano
in
una
categoria
ch
'
è
di
somma
importanza
il
poter
distinguere
da
quella
degli
atti
propriamente
volontari
.
Di
certi
impulsi
,
di
certi
atti
che
hanno
la
loro
sorgente
nell
'
oscuro
meccanismo
della
nostra
vita
reflessa
e
istintiva
noi
non
sogliamo
ritenerci
responsabili
se
non
nella
misura
in
cui
potevamo
impedirli
:
cosicché
la
responsabilità
,
degradando
poco
a
poco
,
svanisce
addirittura
quando
tali
impulsi
superino
un
certo
grado
di
intensità
,
che
li
rende
"
irresistibili
"
.
Come
ed
in
che
senso
le
passioni
,
che
pur
costituiscono
tanta
parte
della
nostra
individualità
,
possono
rappresentare
una
limitazione
alla
volontà
,
ponendosi
di
fronte
a
questa
come
potenze
a
lei
avverse
?
Lo
stesso
Aristotile
sembra
imbarazzato
a
rispondere
a
questa
domanda
:
"
Così
,
egli
scrive
,
non
si
possono
a
buon
dritto
chiamare
involontari
gli
atti
che
ci
fanno
commettere
la
collera
e
il
desiderio
.
Una
prima
ragione
si
è
che
,
ciò
ammesso
,
ne
verrebbe
di
conseguenza
che
nessun
essere
all
'
infuori
dell
'
uomo
,
agirebbe
volontariamente
,
neppure
i
bambini
.
Possiamo
dire
che
noi
non
facciamo
niente
di
nostra
piena
e
libera
volontà
,
nelle
cose
della
collera
e
del
desiderio
?
Oppur
dobbiamo
far
qui
una
distinzione
,
ed
ammettere
che
noi
facciamo
il
bene
volontariamente
e
il
male
involontariamente
?
ma
non
sarebbe
ridicolo
di
ammettere
una
distinzione
simile
,
dal
momento
che
non
vi
è
che
un
solo
e
medesimo
agente
che
cagiona
tutti
questi
atti
?
"
.
Gli
è
che
tali
impulsi
,
istinti
e
passioni
sono
bensì
fra
i
coefficienti
della
volontà
,
fra
gli
elementi
che
combinandosi
dànno
origine
al
fatto
complesso
della
volizione
,
e
senza
i
quali
anche
quegli
atti
che
posseggono
nel
grado
più
eminente
il
carattere
della
volontarietà
sarebbero
inintelligibili
.
-
Ma
i
movimenti
che
questi
impulsi
producono
possono
considerarsi
come
volontari
o
no
a
seconda
del
contenuto
intellettuale
,
per
così
dire
,
della
nostra
mente
al
momento
in
cui
si
eseguiscono
e
che
su
di
essi
infierisce
.
Mentre
infatti
fra
gli
scienziati
e
i
filosofi
non
manca
chi
consideri
tutta
quanta
la
nostra
vita
impulsiva
ed
attiva
,
impulsi
e
stati
sentimentali
come
manifestazioni
della
volontà
(
Schopenhauer
)
,
il
linguaggio
ordinario
sembra
riserbare
la
designazione
di
volontari
a
quelli
fra
gli
impulsi
che
siano
preceduti
o
accompagnati
da
una
chiara
e
lucida
coscienza
dell
'
atto
che
sta
per
seguire
,
con
una
visione
più
o
meno
netta
,
più
o
meno
penetrante
,
delle
sue
conseguenze
.
Questa
coscienza
è
quella
che
permette
ad
altri
impulsi
,
atti
a
controbilanciare
il
primo
,
di
sorgere
:
che
permette
,
cioè
,
il
fatto
dell
'
inibizione
,
senza
la
possibilità
della
quale
non
vi
è
atto
propriamente
volontario
.
Fermiamoci
un
momento
a
considerare
che
cos
'
è
implicato
da
ciò
.
Non
è
raro
di
trovare
scrittori
che
definiscono
gli
atti
volontari
come
quelli
a
determinare
i
quali
contribuiscono
le
nostre
idee
,
le
nostre
rappresentazioni
.
Un
tal
modo
di
esprimersi
non
è
tuttavia
del
tutto
esatto
.
-
Per
adoprare
una
frase
cara
ad
alcuni
deterministi
,
non
è
vero
che
"
ogni
determinismo
interno
rappresenti
una
determinazione
volontaria
"
.
Le
nostre
idee
e
rappresentazioni
possono
produrre
numerose
reazioni
che
pur
non
sono
volontarie
.
Se
,
per
esempio
,
estendo
il
dito
indice
della
mia
mano
,
e
ad
occhi
chiusi
mi
sforzo
di
rappresentarmi
,
più
vivacemente
che
sia
possibile
,
di
tenere
un
revolver
in
mano
e
di
premere
il
grilletto
,
mi
avverrà
certamente
di
sentire
il
mio
dito
a
tremare
per
la
tendenza
a
contrarsi
;
e
,
se
fosse
connesso
con
un
apparecchio
registratore
,
esso
certamente
tradirebbe
il
suo
stato
di
tensione
col
segnare
movimenti
incipienti
.
Questi
non
avvengono
perché
io
so
di
non
avere
in
mano
la
rivoltella
,
e
quindi
io
inibisco
la
tendenza
iniziale
.
Ma
quei
movimenti
incipienti
tengono
dietro
ad
una
rappresentazione
mia
,
e
pur
non
sono
volontari
,
anzi
si
compiono
contro
la
volontà
mia
.
Altro
esempio
sono
tutti
i
movimenti
"
incoscienti
"
che
si
compiono
quando
alcuno
di
noi
è
internamente
assorto
nella
meditazione
o
nella
fantasticheria
(
rêverie
)
,
come
il
parlar
da
soli
accompagnandosi
col
gesto
:
e
tanti
altri
.
Per
spiegare
la
produzione
dell
'
azione
volontaria
bisogna
dunque
specificare
maggiormente
e
ricorrere
a
fatti
di
natura
più
particolare
.
-
Esiste
una
categoria
di
fatti
psichici
che
è
opportuno
classificare
a
parte
dalle
semplici
"
rappresentazioni
"
,
o
"
idee
"
,
e
sono
le
nostre
credenze
,
i
giudizi
che
formuliamo
sulle
cose
.
Ora
è
di
somma
importanza
notare
che
è
solo
a
quegli
atti
su
cui
hanno
influito
vere
e
proprie
credenze
nostre
,
che
diamo
il
nome
di
volontari
.
-
Se
prima
io
non
ho
premuto
il
grilletto
,
è
perché
ben
sapevo
che
il
grilletto
non
esisteva
che
nella
mia
immaginazione
.
Il
premere
un
grilletto
immaginario
è
cosa
assurda
,
e
perciò
non
ho
voluto
far
ciò
.
-
Così
è
:
altra
cosa
è
rappresentarsi
un
albero
,
altra
cosa
il
credere
nella
sua
esistenza
,
il
giudicare
:
l
'
albero
è
.
Ogni
giudizio
presuppone
l
'
esistenza
di
rappresentazioni
,
ma
queste
sono
distinte
da
quello
e
possono
anche
esistere
senza
di
esso
.
Nello
stato
anteriore
alla
determinazione
volontaria
,
lo
stato
di
deliberazione
,
ciò
che
si
svolge
nella
nostra
mente
non
è
il
conflitto
di
semplici
idee
contraddittorie
,
richiamantisi
l
'
una
l
'
altra
secondo
le
leggi
dell
'
associazione
per
contiguità
o
per
similarità
:
ma
quello
fra
più
giudizi
sull
'
atto
che
si
compie
o
sta
per
compiersi
,
e
le
sue
conseguenze
certe
o
probabili
.
-
Perché
vi
sia
atto
volontario
,
occorre
che
tali
giudizi
figurino
fra
le
cause
dell
'
atto
stesso
:
ch
'
essi
cioè
abbiano
la
facoltà
di
sospenderne
o
di
modificarne
la
produzione
.
Se
ben
si
considera
,
è
proprio
questo
il
criterio
differenziale
fra
le
azioni
volontarie
e
le
involontarie
.
-
Se
io
sto
per
prendere
una
grave
determinazione
,
per
esempio
,
quella
di
commettere
il
suicidio
gettandomi
dalla
finestra
,
fino
ad
un
certo
momento
,
ogni
considerazione
nuova
sopravveniente
ha
la
capacità
di
sospendere
l
'
esecuzione
dell
'
atto
:
il
dolore
che
proveranno
i
congiunti
e
gli
amici
,
la
condizione
in
cui
rimarranno
gli
altri
componenti
la
famiglia
,
la
possibilità
di
porre
rimedio
alle
cause
della
mia
disperazione
,
l
'
irrevocabilità
dell
'
atto
,
o
semplicemente
il
male
fisico
della
caduta
sono
considerazioni
che
possono
,
anche
quando
ho
già
scavalcata
la
ringhiera
,
indurmi
a
non
condurre
a
termine
l
'
azione
incominciata
.
Perciò
io
dico
che
tale
azione
dipende
dalla
mia
volontà
.
Ma
da
un
certo
momento
in
poi
:
da
quando
il
punto
di
appoggio
è
perduto
e
l
'
individuo
si
è
abbandonato
,
ogni
ulteriore
considerazione
è
inutile
:
se
ad
un
certo
punto
della
discesa
l
'
individuo
è
colto
dal
pensiero
ch
'
egli
si
sfracellerà
immancabilmente
le
ossa
sul
marciapiede
,
ciò
non
gli
impedirà
di
seguitare
a
cadere
secondo
la
legge
inesorabile
della
gravità
:
l
'
atto
non
dipende
più
dal
suo
volere
.
Lo
stesso
avviene
quando
spesso
la
nostra
volontà
si
trova
in
lotta
con
le
leggi
del
nostro
organismo
.
Vi
sono
certi
movimenti
che
si
possono
bensì
non
cominciare
,
ma
che
una
volta
cominciati
non
si
possono
interrompere
.
In
altri
l
'
impulso
ad
eseguirle
cresce
colla
ripetizione
degli
atti
:
ad
un
certo
momento
della
vita
esso
diventa
realmente
irresistibile
.
In
altri
ancora
l
'
atto
è
irresistibile
sin
da
principio
quando
l
'
agente
si
trovi
in
determinate
condizioni
;
a
lui
non
è
possibile
che
evitare
le
condizioni
stesse
.
È
così
che
nascono
,
com
'
è
noto
,
la
maggior
parte
dei
vizi
di
cui
l
'
uomo
si
fa
poi
schiavo
;
è
su
ciò
che
è
fondata
la
massima
pedagogica
:
principiis
obsta
.
Tutto
ciò
rientra
nella
questione
dei
limiti
della
volontà
,
lo
studio
della
quale
è
d
'
importanza
capitale
per
il
pedagogo
,
il
moralista
,
il
sociologo
,
il
giurista
.
Nella
natura
infatti
i
fenomeni
che
godono
di
questa
singolare
proprietà
,
per
noi
oltremodo
preziosa
,
di
poter
esser
modificati
dalle
nostre
credenze
e
dai
nostri
giudizi
,
dalle
considerazioni
cioè
che
facciamo
sul
loro
modo
di
svolgersi
,
sono
in
numero
relativamente
ristretto
.
Degli
altri
noi
siamo
spettatori
,
ma
non
motori
.
Le
loro
successioni
e
le
loro
coesistenze
,
i
loro
divorzi
e
i
loro
connubi
sono
stabiliti
da
vincoli
così
tenaci
che
possiamo
bensì
conoscerli
,
ma
non
possiamo
infrangerli
.
Conosciuti
,
tali
vincoli
fra
i
fenomeni
saranno
gli
elementi
della
nostra
concezione
scientifica
dell
'
Universo
,
la
base
sempre
più
larga
,
sulla
quale
si
erigerà
quella
possibilità
di
previsione
delle
conseguenze
degli
atti
nostri
,
che
è
atta
a
renderci
sempre
più
potenti
nella
nostra
relativa
impotenza
di
fronte
all
'
immensa
natura
.
Ma
la
nostra
influenza
su
di
essi
non
sarà
che
indiretta
:
se
vogliamo
renderci
propizie
le
loro
forze
,
se
vogliamo
piegarle
ai
nostri
fini
,
non
possiamo
farlo
se
non
per
mezzo
di
quella
parte
della
realtà
,
che
realmente
si
mostra
obbediente
al
semplice
fiat
nostro
.
Che
una
parte
siffatta
della
realtà
esista
,
è
indubitabile
:
tutti
coloro
che
hanno
come
noi
identificato
la
libertà
colla
volontarietà
delle
azioni
,
hanno
considerato
la
libertà
come
un
fatto
evidente
.
Hanno
avuto
torto
però
alcuni
di
essi
di
considerare
questo
fatto
come
un
attestato
diretto
della
coscienza
.
Ciò
che
ci
dice
che
un
dato
atto
,
un
dato
movimento
terrà
dietro
ad
una
determinata
nostra
credenza
,
è
,
non
meno
che
per
quelli
che
tengono
dietro
direttamente
agli
stimoli
"
esteriori
"
,
l
'
esperienza
.
Desidero
che
domani
piova
,
e
la
pioggia
non
cade
per
questo
:
stimo
invece
opportuno
che
il
mio
braccio
si
muova
per
prendere
quell
'
oggetto
,
che
la
mia
bocca
articoli
certi
suoni
,
che
la
mia
penna
scriva
le
presenti
parole
,
ed
ecco
!
la
cosa
è
fatta
.
Nel
formulare
il
mio
desiderio
,
io
ben
sapevo
che
esso
si
sarebbe
realizzato
nel
primo
caso
,
che
non
si
sarebbe
realizzato
nel
secondo
.
Onde
io
dal
semplice
esame
del
mio
stato
d
'
animo
posso
dire
a
priori
se
esso
sarà
efficace
o
no
a
diventare
,
secondo
l
'
espressione
del
Kant
,
la
causa
dell
'
esistenza
del
proprio
oggetto
;
se
quindi
,
io
potrò
formularlo
nella
forma
risoluta
:
"
io
voglio
"
,
o
dovrò
limitarmi
a
quella
più
mite
e
modesta
:
"
io
desidero
"
,
o
"
io
spero
.
"
-
Ma
ciò
non
è
che
un
prodotto
delle
ripetute
esperienze
fatte
,
per
mezzo
delle
quali
ho
potuto
constatare
"
quali
movimenti
tengano
dietro
a
quali
pensieri
.
"
Tanto
è
vero
che
nel
caso
di
paralisi
il
rapporto
di
successione
normale
è
rotto
,
l
'
esperienza
deve
rifarsi
da
capo
:
in
un
paralitico
di
data
recente
,
vi
hanno
tutti
gli
antecedenti
dell
'
azione
volontaria
,
compresa
la
certezza
che
l
'
azione
seguirà
-
ma
l
'
azione
invece
questa
volta
non
si
produce
:
il
braccio
non
si
alza
,
le
labbra
non
si
muovono
ad
articolare
il
suono
,
le
gambe
si
rifiutano
al
comando
che
vien
loro
impartito
col
consueto
vigore
.
È
questo
uno
stato
di
cose
a
cui
presto
tien
dietro
la
convinzione
della
propria
impotenza
;
sparisce
il
vero
e
proprio
carattere
di
volizione
,
e
subentra
il
semplice
desiderio
,
distinto
dalla
volontà
vera
e
propria
in
quanto
per
questa
è
necessaria
la
previsione
dell
'
atto
.
-
Un
essere
adunque
che
non
avesse
avuto
esperienza
anteriore
non
potrebbe
,
nel
senso
proprio
della
parola
,
volere
.
Tutte
le
reazioni
sue
agli
stimoli
di
ogni
sorta
sarebbero
di
natura
inaspettata
per
lui
.
"
I
movimenti
volontari
,
scrive
il
James
,
debbono
essere
funzioni
secondarie
,
non
primitive
,
del
nostro
organismo
.
È
questo
il
primo
punto
che
deve
essere
capito
nella
psicologia
della
volontà
.
I
movimenti
reflessi
,
istintivi
,
emozionali
sono
tutti
fatti
primarii
:
i
centri
nervosi
sono
organizzati
in
modo
che
certi
stimoli
fanno
scattare
certe
parti
esplosive
;
e
la
creatura
che
assiste
per
la
prima
volta
ad
una
di
tali
esplosioni
,
fa
una
esperienza
nuova
.
Un
giorno
assistevo
insieme
ad
un
bambino
all
'
arrivo
rumoroso
di
un
treno
diretto
nella
stazione
.
Il
bambino
che
si
trovava
assai
vicino
ad
una
piattaforma
si
scosse
e
si
mise
a
piangere
,
divenne
pallido
col
respiro
affannoso
,
e
gridando
corse
a
me
a
nascondersi
il
viso
.
Sono
convinto
che
quel
piccolo
essere
non
era
meno
maravigliato
per
il
proprio
contegno
che
per
l
'
arrivo
del
treno
,
e
certo
più
di
quanto
fossi
io
,
che
assistevo
alla
scena
.
Naturalmente
,
se
una
tale
reazione
si
ripetesse
spesso
,
sapremmo
presto
che
cosa
ci
dobbiamo
aspettare
da
noi
stessi
,
e
potremmo
prevedere
la
nostra
condotta
,
pur
rimanendo
questa
involontaria
ed
incontrollabile
come
prima
.
Ma
se
,
nell
'
azione
volontaria
propriamente
detta
,
l
'
azione
volontaria
deve
essere
preveduta
,
ne
consegue
che
nessuna
creatura
che
non
abbia
un
potere
divinatorio
potrà
mai
eseguire
per
la
prima
volta
un
atto
volontario
.
Ora
noi
non
siamo
forniti
di
un
potere
di
visione
profetica
dei
movimenti
che
possiamo
fare
,
più
che
delle
sensazioni
che
possiamo
avere
.
Come
dobbiamo
aspettare
che
le
sensazioni
ci
si
presentino
,
così
dobbiamo
aspettare
che
i
nostri
movimenti
si
siano
compiuti
involontariamente
,
prima
di
formarci
l
'
idea
di
ciò
che
sono
l
'
uno
o
l
'
altro
di
questi
due
processi
.
Noi
impariamo
per
la
via
della
esperienza
tutte
le
possibilità
che
possediamo
:
quando
un
movimento
particolare
avvenuto
una
volta
in
modo
casuale
,
reflesso
e
involontario
ha
lasciato
una
traccia
di
sé
nella
nostra
memoria
,
il
movimento
può
essere
di
nuovo
desiderato
,
può
essere
proposto
come
fine
,
può
essere
deliberatamente
voluto
.
Ma
è
impossibile
vedere
in
qual
modo
avrebbe
potuto
essere
voluto
altrimenti
.
Una
provvista
di
idee
dei
vari
movimenti
possibili
,
formatasi
nella
memoria
,
per
l
'
esperienza
fatta
compiendoli
involontariamente
,
è
pertanto
il
primo
requisito
della
vita
volontaria
"
.
Vediamo
dunque
come
le
azioni
reflesse
ed
istintive
,
che
alcuni
sogliono
contrapporre
alla
volontà
come
qualchecosa
di
irreducibilmente
diverso
,
siano
invece
il
materiale
onde
la
volontà
si
vale
e
senza
il
quale
sarebbe
impossibile
comprendere
i
suoi
movimenti
.
Inoltre
,
ben
lungi
dal
rappresentare
antiche
azioni
volontarie
rese
incoscienti
,
o
subcoscienti
,
dalla
lunga
ripetizione
,
esse
sono
qualchecosa
di
anteriore
alla
volontà
,
qualchecosa
che
può
bensì
esservi
senza
che
esista
una
vera
e
propria
volontà
,
ma
senza
di
cui
una
volontà
qualsiasi
è
inintelligibile
.
Se
ora
forse
molte
delle
nostre
reazioni
istintive
sono
azioni
volontarie
diventate
automatiche
,
ciò
vuol
dire
che
prima
ancora
vi
dovevano
essere
altre
azioni
automatiche
,
se
anche
diverse
dalle
attuali
.
La
volontà
presuppone
quella
che
il
Bain
chiama
attività
spontanea
del
sistema
nervoso
,
per
la
quale
a
certi
determinati
stimoli
,
esteriori
od
interiori
,
rispondono
determinate
reazioni
.
"
Si
può
paragonare
il
sistema
nervoso
a
un
organo
i
cui
mantici
sono
costantemente
tesi
e
pronti
a
scaricarsi
in
tutti
i
sensi
a
seconda
dei
tasti
che
preme
l
'
organista
.
Lo
stimolo
delle
nostre
sensazioni
e
dei
nostri
sentimenti
(
feelings
)
non
dà
la
forza
interna
,
ma
determina
il
punto
ove
si
produrrà
la
scarica
e
come
essa
si
produrrà
.
Questa
attività
diremo
così
automatica
del
nostro
sistema
nervoso
è
la
base
di
tutta
quanta
la
nostra
vita
emozionale
,
sentimentale
,
affettiva
.
La
vista
di
certi
oggetti
,
di
certi
aggruppamenti
di
linee
e
di
colori
,
il
contatto
di
certi
corpi
,
l
'
audizione
di
certi
suoni
,
ogni
sensazione
insomma
fa
nascere
nel
nostro
organismo
certe
reazioni
determinate
,
piacevoli
o
dolorose
,
certe
preferenze
o
repulsioni
,
certi
impulsi
ad
agire
,
che
non
possono
altrimenti
chiamarsi
se
non
istintivi
.
E
nella
vita
istintiva
hanno
la
loro
radice
,
più
o
meno
direttamente
,
tutti
i
nostri
sentimenti
,
dai
più
elementari
e
volgari
,
ai
più
complessi
,
elevati
e
raffinati
.
-
La
vita
istintiva
fornisce
alla
volontà
,
oltreché
,
come
abbiamo
visto
,
i
suoi
materiali
,
anche
ogni
fine
,
ogni
ragione
in
vista
della
quale
essa
si
determina
.
I
grandi
fini
,
ai
quali
si
vogliono
talora
ricondurre
tutti
gli
altri
subordinati
:
la
nostra
conservazione
,
la
conservazione
della
specie
,
la
felicità
o
il
piacere
;
quelle
tendenze
che
possono
orientare
tutta
quanta
la
vita
di
un
uomo
,
l
'
amore
,
il
sentimento
familiare
o
patriottico
,
la
bramosia
di
sapere
,
la
passione
artistica
,
l
'
aspirazione
umanitaria
,
che
cosa
sono
in
ultima
analisi
,
se
non
grandi
istinti
,
più
degli
altri
"
fondamentali
"
?
E
nel
dire
ch
'
essi
sono
istinti
,
noi
non
intendiamo
affatto
deprezzarli
.
Il
fatto
che
un
istinto
,
una
nostra
tendenza
è
"
cieca
"
,
che
è
impossibile
"
giustificarla
"
con
una
"
ragione
"
qualsiasi
non
dice
nulla
infatti
sulla
opportunità
o
meno
per
gli
uomini
di
seguirla
;
imperocché
ciò
è
vero
di
tutte
le
nostre
maggiori
tendenze
.
Una
nostra
tendenza
,
una
nostra
preferenza
,
non
può
giustificarsi
se
non
mediante
un
'
altra
tendenza
,
un
'
altra
preferenza
;
onde
è
forza
pur
far
capo
ad
una
tendenza
,
ad
una
preferenza
che
non
ha
bisogno
di
essere
ulteriormente
giustificata
,
ad
un
qualche
cosa
cioè
,
la
cui
preferibilità
ci
sembri
perfettamente
ovvia
e
naturale
.
Ogni
sentimento
,
nel
fatto
,
basta
a
sé
stesso
;
e
alla
domanda
di
un
perché
non
si
può
rispondere
,
nella
massima
parte
dei
casi
,
se
non
:
perché
è
così
.
La
ragazza
piace
al
suo
innamorato
non
per
alcun
fine
indiretto
o
remoto
,
ma
semplicemente
perché
gli
piace
:
s
'
egli
la
sposa
,
anche
per
altri
motivi
per
la
sua
posizione
sociale
o
i
suoi
danari
,
s
'
egli
ciò
facendo
crede
di
servire
la
patria
,
o
,
avendo
una
vena
filosofica
,
è
convinto
di
servire
all
'
alto
fine
della
conservazione
della
razza
,
tutti
questi
sentimenti
sono
elementi
estranei
all
'
amore
,
che
possono
bensì
rinforzarlo
e
magari
sostituirlo
,
ma
che
non
possono
essere
,
agli
occhi
dell
'
innamorato
,
la
giustificazione
della
propria
passione
.
Il
bisogno
di
giustificare
ai
propri
occhi
un
sentimento
è
già
una
prova
ch
'
esso
incomincia
a
vacillare
.
Presso
l
'
uomo
non
meno
che
presso
gli
animali
esiste
un
certo
numero
di
tendenze
che
non
hanno
altra
giustificazione
all
'
infuori
della
propria
esistenza
.
Nel
gatto
la
vista
del
topo
fuggente
,
nella
gallina
la
vista
delle
uova
,
nel
cane
l
'
odore
di
un
buon
boccone
provocano
l
'
impulso
ad
una
serie
di
atti
,
il
fine
dei
quali
può
benissimo
essere
conosciuto
dall
'
animale
in
questione
,
ma
che
si
compierebbero
egualmente
anche
ove
tale
conoscenza
mancasse
.
La
gallina
che
ha
già
covato
e
veduti
i
pulcini
,
il
gatto
ed
il
cane
che
sanno
ormai
per
esperienza
qual
complesso
di
raffinate
sensazioni
rappresentino
il
topo
acchiappato
e
il
boccone
furato
,
alla
vista
degli
oggetti
stessi
non
provano
più
quel
semplice
e
cieco
impulso
ad
agire
della
prima
volta
:
prima
ancora
di
essersi
mossi
è
sorta
in
loro
la
rappresentazione
(
previsione
)
degli
effetti
dei
loro
movimenti
,
e
questi
effetti
possono
presentarsi
come
desiderabili
alla
loro
volta
,
cioè
rinforzare
l
'
impulso
primitivo
,
oppure
come
dolorosi
,
e
quindi
neutralizzarlo
.
Nel
caso
del
cane
,
accanto
alla
delizia
del
boccone
può
sorgere
il
ricordo
e
la
previsione
delle
frustate
del
padrone
.
Dal
momento
in
cui
nasce
la
possibilità
che
un
impulso
sia
frenato
dalla
previsione
di
conseguenze
ulteriori
,
l
'
azione
comincia
a
meritarsi
il
nome
di
volontaria
.
Intanto
l
'
azione
si
compierebbe
egualmente
anche
senza
quella
nozione
delle
conseguenze
desiderabili
dell
'
atto
,
che
costituisce
ciò
che
ìmpropriamente
chiamasi
"
l
'
idea
del
fine
"
.
Per
la
gallina
il
desiderio
di
covare
le
uova
è
altrettanto
finale
quanto
lo
è
per
noi
quello
di
mangiare
quando
abbiamo
fame
.
Le
uova
le
vengono
presentate
,
ed
essa
vi
si
adagia
sopra
,
né
essa
sa
perché
,
se
non
che
la
cosa
l
'
attrae
e
la
seduce
.
Le
uova
sono
per
lei
una
fonte
di
emozioni
,
e
l
'
oggetto
di
un
forte
sentimento
,
le
cui
ragioni
trascendono
di
gran
lunga
le
sue
capacità
intellettuali
,
e
che
per
lei
è
cosa
più
naturale
di
questo
mondo
.
Così
parteciperanno
per
lei
di
questa
tinta
emozionale
,
per
così
dire
,
tutti
quegli
oggetti
ch
'
essa
giungerà
ad
associare
colle
uova
stesse
:
le
uova
saranno
suscettibili
di
diventar
fine
per
una
quantità
di
atti
ad
esse
relativi
,
atti
in
sé
magari
spiacevoli
,
ma
eseguiti
in
vista
del
piacere
dato
dalle
uova
stesse
.
Abbiamo
dunque
veduto
che
cosa
contraddistingua
la
volontà
:
l
'
influenza
sui
nostri
atti
dei
giudizi
che
formuliamo
intorno
agli
atti
stessi
.
Abbiamo
veduto
altresì
come
ciò
presupponga
l
'
esistenza
di
impulsi
,
di
tendenze
,
di
preferenze
per
così
dire
automatiche
del
nostro
organismo
;
i
quali
fatti
costituiscono
una
terza
categoria
di
fenomeni
altrettanto
distinta
dalle
credenze
(
giudizi
)
quanto
queste
lo
sono
dalle
rappresentazioni
.
Essi
sono
la
base
di
ogni
nostra
vita
sentimentale
ed
affettiva
,
sia
essa
di
natura
inferiore
come
la
vegetativa
,
o
superiore
come
quella
estetica
e
morale
.
-
Possiamo
ora
giungere
a
conseguenze
di
qualche
importanza
a
riguardo
del
concetto
di
responsabilità
.
Se
le
azioni
volontarie
sono
solo
quelle
e
tutte
quelle
,
su
cui
influiscono
i
nostri
giudizi
sulle
conseguenze
loro
,
ne
consegue
che
solo
l
'
azione
volontaria
potrà
essere
impedita
dalla
previsione
di
un
male
vicino
o
lontano
che
sia
per
derivarne
a
qualcuno
(
propria
,
persona
,
famiglia
,
amici
,
patria
,
umanità
)
.
Solo
su
di
essa
potrà
agire
il
motivo
,
egoistico
od
altruistico
.
Ora
giova
notare
che
non
è
la
specie
,
la
qualità
di
tale
influenza
che
importa
alla
responsabilità
.
Se
io
,
dopo
aver
accertato
tutte
le
conseguenze
,
sicure
o
probabili
,
dei
miei
atti
;
dopo
aver
veduto
con
perfetta
lucidità
che
agendo
in
una
determinata
guisa
produrrò
un
determinato
danno
alla
tal
persona
o
alla
tal
cosa
la
integrità
della
quale
è
sancita
dal
senso
morale
pubblico
:
pur
nondimeno
persisto
nel
mio
disegno
semplicemente
perché
questa
considerazione
non
mi
fa
alcuna
impressione
e
mi
lascia
freddo
ed
indifferente
,
vale
a
dire
se
persisto
nel
mio
disegno
per
deficienza
d
'
impulso
al
ben
fare
,
io
non
sono
meno
responsabile
per
questo
.
In
altre
parole
,
la
deficienza
sentimentale
non
è
di
per
sé
sola
una
minorante
della
responsabilità
.
È
questo
un
punto
che
merita
di
richiamare
la
nostra
attenzione
poiché
costituisce
,
per
così
dire
,
il
nodo
della
questione
della
responsabilità
.
Il
principio
che
abbiamo
enunciato
è
atto
ad
essere
trascurato
ai
giorni
nostri
,
in
cui
taluni
sembrano
credere
che
il
non
aver
sentito
che
bisognava
agire
in
un
dato
modo
sia
una
scusa
sufficiente
per
non
aver
fatto
il
proprio
dovere
.
Eppure
il
principio
è
irrecusabile
anche
dal
punto
di
vista
deterministico
.
Ciò
che
intendiamo
biasimare
in
un
individuo
è
appunto
questa
mancanza
dei
sentimenti
,
nella
quale
si
rivela
la
sua
personalità
.
Affinché
un
individuo
possa
essere
ritenuto
responsabile
occorre
che
l
'
azione
fosse
in
suo
potere
.
Ma
"
essere
in
suo
potere
"
che
cosa
implica
,
se
non
"
l
'
assenza
di
ogni
ostacolo
insuperabile
eccetto
la
mancanza
di
spinta
al
bene
?
"
È
precisamente
in
questo
caso
che
la
punizione
e
l
'
espressione
della
disapprovazione
morale
sono
anche
utili
per
fornire
la
forza
impulsiva
deficiente
.
La
presenza
di
un
sentimento
malvagio
,
la
mancanza
di
un
sentimento
buono
,
non
alterano
adunque
la
misura
della
responsabilità
di
un
individuo
.
La
preponderanza
di
un
sentimento
qualsiasi
è
sempre
necessaria
all
'
azione
.
Se
quindi
,
per
dichiarare
uno
responsabile
,
bisognasse
constatare
che
i
sentimenti
buoni
e
malvagi
si
controbilanciano
in
lui
;
ne
deriverebbe
la
pratica
inapplicabilità
del
concetto
di
responsabilità
.
Solo
quando
un
sentimento
acquista
tale
un
sopravvento
da
invadere
tutto
quanto
il
campo
della
coscienza
,
togliendole
quella
lucidità
ch
'
è
necessaria
per
agire
volontariamente
:
solo
quando
il
sentimento
degenera
in
passione
,
e
più
che
in
passione
,
in
monomania
,
precludendo
addirittura
la
via
al
sorgere
di
ogni
considerazione
a
sé
contraria
,
dando
così
alle
reazioni
dell
'
individuo
qualche
cosa
della
natura
cieca
e
pressoché
irresistibile
dell
'
azione
riflessa
:
solo
allora
potrà
parlarsi
di
una
diminuzione
di
responsabilità
.
Ma
finché
l
'
organismo
intellettuale
rimane
inalterato
e
rimane
quindi
la
possibilità
che
sorgano
impulsi
contrari
alla
passione
dominante
,
la
responsabilità
persiste
inalterata
.
Qual
'
è
il
punto
in
cui
si
produce
il
tracollo
,
in
cui
la
preponderanza
della
passione
cioè
diviene
irresistibile
?
È
questo
il
problema
pratico
della
responsabilità
,
quello
a
cui
si
trova
di
fronte
il
giudice
e
il
moralista
nei
singoli
casi
concreti
.
Risolverlo
astrattamente
è
cosa
impossibile
.
I
limiti
del
potere
d
'
inibizione
si
spostano
di
continuo
col
crescere
della
civiltà
col
perfezionarsi
della
educazione
.
Vi
è
sempre
un
certo
punto
,
in
cui
la
coscienza
generale
quasi
istintivamente
riconosce
che
,
crescendo
più
oltre
l
'
impulso
,
esso
diviene
tale
che
nessuno
dei
consociati
in
circostanze
determinate
saprebbe
resistergli
.
Si
crea
così
una
certa
norma
,
una
certa
media
intorno
alle
quali
oscillano
i
limiti
della
responsabilità
.
Come
tali
,
esse
sono
necessariamente
imperfette
,
e
necessariamente
creano
talora
nel
loro
conflitto
colla
realtà
delle
cose
,
particolari
ingiustizie
e
crudeltà
come
indebite
indulgenze
.
Ma
ciò
è
inevitabile
,
data
la
origine
sociale
del
concetto
di
responsabilità
.
Solo
potrebbe
essere
un
giudice
infallibile
di
sé
l
'
individuo
stesso
,
ove
fosse
imparziale
,
oppure
una
divinità
omnisciente
.
Strettamente
legata
colla
questione
dei
limiti
della
responsabilità
è
quella
di
stabilire
quali
sono
gli
oggetti
su
cui
la
volontà
estende
il
proprio
potere
.
Non
manca
chi
pretende
restringere
gli
effetti
della
volontà
a
quegli
eventi
che
possono
essere
prodotti
dalle
contrazioni
muscolari
.
Ora
è
certo
che
questi
costituiscono
la
parte
più
ovvia
ed
evidente
della
sfera
della
volontà
.
Ma
una
parte
non
meno
importante
soprattutto
moralmente
è
costituita
dai
cambiamenti
che
possiamo
provocare
nel
corso
dei
nostri
pensieri
e
dei
nostri
sentimenti
.
Se
ciò
avvenga
con
o
senza
il
concorso
del
nostro
sistema
muscolare
è
questione
non
risoluta
del
tutto
,
ma
che
ad
ogni
modo
non
toglie
l
'
importanza
del
fatto
in
sé
.
Possiamo
entro
certi
limiti
dominare
e
dirigere
i
nostri
pensieri
ed
i
nostri
sentimenti
,
specialmente
mediante
l
'
attenzione
volontaria
.
Ed
a
proposito
dell
'
attenzione
è
bene
avvertire
che
anche
a
suo
riguardo
è
impossibile
concludere
a
priori
la
possibilità
di
una
spiegazione
"
deterministica
"
.
Anche
qui
possiamo
ripetere
ciò
che
abbiamo
detto
in
generale
della
volontà
.
Vi
sono
degli
oggetti
che
attraggono
quasi
automaticamente
la
nostra
attenzione
(
oggetti
brillanti
,
nuovi
insoliti
,
cose
in
sé
piacevoli
,
ecc
.
)
,
in
modo
da
farci
concentrare
nella
loro
contemplazione
,
in
piena
dimenticanza
di
ogni
altra
realtà
.
Ma
l
'
attenzione
può
svegliarsi
,
per
qualche
fine
remoto
,
e
appuntarsi
in
oggetti
in
sé
privi
di
qualunque
attrattiva
:
allora
nasce
propriamente
l
'
attenzione
volontaria
,
accompagnata
da
quel
sentimento
di
sforzo
nel
quale
alcuni
hanno
voluto
vedere
a
tutti
i
costi
un
argomento
in
favore
dell
'
indeterminismo
assoluto
.
Ma
se
noi
persistiamo
in
una
occupazione
mentale
anche
a
dispetto
degli
ostacoli
oppostici
dalla
nostra
stessa
costituzione
cerebrale
,
stanchezza
ecc
.
,
ciò
sarà
sempre
per
qualche
ragione
(
perché
crediamo
sia
utile
,
necessario
,
doveroso
far
ciò
)
.
Anzi
la
differenza
fra
l
'
attenzione
volontaria
ed
involontaria
starà
tutta
qui
:
che
nel
primo
caso
sappiamo
perché
stiamo
attenti
alle
cose
,
nel
secondo
no
.
Restano
infine
fra
gli
effetti
della
volontà
le
alterazioni
che
possiamo
produrre
sulle
nostre
abitudini
e
le
nostre
future
tendenze
all
'
azione
,
per
mezzo
delle
quali
possiamo
quasi
,
per
così
dire
,
rinnovare
la
nostra
personalità
.
Nell
'
educazione
non
sarà
mai
troppa
l
'
attenzione
attribuita
a
questa
terza
categoria
d
'
effetti
.
Lo
scopo
principale
dell
'
educazione
è
di
rendere
l
'
individuo
un
"
fascio
di
abitudini
"
buone
,
in
modo
che
lo
sforzo
ch
'
egli
dovrà
fare
per
tener
la
via
retta
d
'
azione
sia
quanto
più
lieve
è
possibile
.
Allora
,
quando
l
'
individuo
in
sé
stesso
,
o
altri
su
di
lui
hanno
ottenuto
questo
scopo
,
l
'
azione
volontaria
stessa
diviene
una
cosa
molto
più
semplice
,
in
quanto
ormai
più
non
si
rivolge
che
all
'
esterno
:
l
'
individuo
non
ha
più
bisogno
di
diffidare
delle
sue
forze
interne
,
dei
suoi
impulsi
:
è
giunto
il
momento
in
cui
l
'
educatore
può
rivolgere
al
suo
pupillo
le
parole
di
Virgilio
a
Dante
,
giunto
in
cima
alla
bella
montagna
del
Purgatorio
:
Tratto
ti
ho
qui
con
ingegno
e
con
arte
;
Lo
tuo
piacere
omai
prendi
per
duce
;
Fuor
sei
dell
'
erte
vie
,
fuor
se
'
dell
'
arte
.
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
..
Non
aspettar
mio
dir
più
,
né
mio
cenno
:
Libero
,
dritto
e
sano
è
lo
tuo
arbitrio
,
E
fallo
fòra
non
fare
a
suo
senno
;
Perch
'
io
te
sopra
te
corono
e
mitrio
.
(
Purg
.
,
XXVII
,
130-132,139-142
)
.
-
Perché
-
qualcuno
potrebbe
chiedere
-
questa
digressione
sulla
natura
e
i
caratteri
della
volontà
,
dal
momento
che
tutti
sappiamo
distinguere
un
atto
volontario
da
un
atto
involontario
?
Ciò
basta
perfettamente
per
ogni
bisogno
pratico
,
ed
è
soltanto
dal
lato
pratico
che
la
volontà
è
considerata
dal
moralista
e
dal
giurista
.
La
volontà
è
una
delle
cose
a
noi
più
direttamente
note
,
e
,
anziché
aver
bisogno
di
esser
"
definita
"
,
può
essa
stessa
servirci
a
definire
una
moltitudine
di
cose
.
Il
meglio
quindi
da
farsi
per
il
moralista
,
il
giurista
e
il
sociologo
è
di
assumere
la
volontà
come
un
dato
,
lasciando
allo
psicologo
e
al
metafisico
le
ulteriori
indagini
,
che
per
i
primi
non
hanno
alcun
interesse
diretto
.
Rispondiamo
,
che
se
tale
è
la
conclusione
a
cui
si
dovrebbe
arrivare
,
non
è
per
questo
men
vero
che
spesso
non
ne
vien
tenuto
conto
,
ed
è
abbastanza
,
generale
la
convinzione
che
la
scienza
possa
in
qualche
modo
negare
la
volontà
o
qualcuno
de
'
suoi
attributi
essenziali
alle
esigenze
pratiche
:
ed
il
rilevare
,
per
quanto
in
modo
sommario
,
i
principali
caratteri
per
cui
,
anche
secondo
la
scienza
psicologica
più
recente
,
si
distingue
il
processo
delle
nostre
volizioni
,
serve
quindi
ad
evitare
certi
errori
assai
comuni
,
che
tendono
ad
attribuire
alla
scienza
stessa
un
aspetto
assai
più
"
rivoluzionario
"
di
quanto
in
realtà
non
abbia
.
Le
conclusioni
a
cui
siamo
giunti
non
sono
del
tutto
irrilevanti
per
una
esatta
comprensione
della
posizione
della
morale
e
del
diritto
di
fronte
alle
scienze
propriamente
dette
.
Anzi
tutto
,
abbiamo
visto
che
ogni
descrizione
del
processo
volitivo
è
incompleta
,
la
quale
non
rilevi
come
precedenti
causali
caratteristici
della
volizione
siano
le
nostre
credenze
,
vale
a
dire
i
giudizi
che
facciamo
intorno
alle
cose
,
strettamente
o
lontanamente
connesse
coll
'
atto
che
stiamo
per
compiere
.
Abbiamo
osservato
d
'
altra
parte
,
che
ciò
presuppone
anche
nel
nostro
organismo
un
'
attività
automatica
,
per
la
quale
tali
credenze
siano
impulsive
,
facciano
cioè
nascere
in
noi
tendenze
a
determinate
azioni
;
e
come
le
tendenze
stesse
costituiscono
tutta
la
nostra
vita
istintiva
,
emozionale
,
affettiva
,
e
sono
perciò
la
base
di
ogni
nostra
preferenza
,
di
ogni
nostro
apprezzamento
sulla
desiderabilità
delle
diverse
azioni
possibili
che
,
nello
stato
di
deliberazione
volontaria
,
si
presentano
come
alternative
.
Vediamo
ora
in
che
questo
possa
interessarci
.
Che
la
credenza
,
e
non
la
semplice
rappresentazione
in
quanto
da
essa
si
distingue
,
sia
il
precedente
causale
dell
'
atto
volontario
,
ci
mostra
subito
che
della
produzione
di
questo
nessuna
meccanica
di
rappresentazioni
,
susseguentisi
per
via
di
semplice
associazione
,
potrebbe
render
esatta
ragione
.
La
psicologia
associazionistica
inglese
,
e
quella
intellettualistica
di
Herbart
non
teneva
abbastanza
conto
di
ciò
:
essa
tentava
di
derivare
tutti
quanti
i
processi
mentali
dalle
rappresentazioni
e
dai
loro
rapporti
.
Nella
psicologia
più
recente
invece
si
manifesta
la
tendenza
a
mantener
distinti
da
quelle
sì
i
fatti
di
credenza
come
gli
stati
emozionali
e
volitivi
,
gli
uni
e
gli
altri
indefinibili
per
mezzo
delle
sole
rappresentazioni
.
Ora
le
nostre
credenze
,
i
nostri
giudizi
,
sebbene
non
siano
per
nulla
indipendenti
dalle
leggi
per
cui
si
susseguono
fra
loro
le
rappresentazioni
(
leggi
dell
'
associazione
psicologica
)
,
soggiacciono
ad
altre
leggi
loro
particolari
che
da
quelle
non
possono
in
alcun
modo
dedursi
.
Tali
leggi
,
che
sono
quelle
per
cui
la
evidenza
(
la
credibilità
)
di
un
giudizio
scaturisce
da
quella
di
un
altro
giudizio
,
e
su
cui
pertanto
sono
fondati
tanto
il
processo
di
spiegazione
che
quello
di
dimostrazione
,
formano
la
base
della
logica
umana
.
Resta
perciò
salvato
quello
che
può
dirsi
il
carattere
razionale
della
volontà
,
carattere
a
cui
per
uno
strano
equivoco
si
è
creduto
che
la
"
scienza
"
potesse
in
qualche
modo
attentare
,
e
che
viene
implicato
nelle
definizioni
che
i
moralisti
più
rigorosi
ed
esigenti
dànno
della
facoltà
di
volere
e
quindi
della
libertà
.
Affermare
poi
che
la
volontà
presuppone
altresì
quegli
stati
emozionali
e
affettivi
che
costituiscono
un
terzo
elemento
irreducibile
della
nostra
vita
mentale
,
equivale
a
rilevare
un
'
altra
qualità
della
volontà
che
i
deterministi
sono
troppo
spesso
portati
a
trascurare
o
a
negare
:
voglio
dire
quella
che
potrebbe
chiamarsi
la
sua
spontaneità
ed
originalità
;
qualità
che
anch
'
essa
pertanto
non
ha
nulla
di
contraddittorio
con
un
determinato
bene
inteso
.
Da
nessuna
combinazione
di
rappresentazioni
o
credenze
potrebbe
dedursi
quale
sarà
l
'
atto
seguente
ove
non
si
conosca
quale
sarà
il
sentimento
,
nel
senso
più
ampio
della
parola
,
ch
'
esse
determineranno
:
in
altre
parole
,
quale
sarà
l
'
azione
che
l
'
agente
preferirà
.
Ora
,
come
nelle
leggi
che
regolano
le
nostre
credenze
va
ricercato
il
fondamento
della
logica
,
così
in
altre
leggi
particolari
secondo
cui
si
svolgono
le
nostre
preferenze
,
le
nostre
emozioni
,
va
ricercato
il
fondamento
psicologico
sì
dell
'
estetica
come
della
morale
propriamente
detta
.
Scopo
della
morale
è
di
determinare
i
fini
che
l
'
uomo
deve
proporsi
nell
'
operare
.
Ora
tutto
ciò
che
vogliamo
,
lo
vogliamo
come
fine
o
come
mezzo
ad
un
fine
.
Il
fine
stesso
poi
può
apparirci
a
sua
volta
come
mezzo
ad
un
fine
ulteriore
,
e
così
via
;
vale
a
dire
che
possiamo
via
via
"
giustificare
"
le
nostre
azioni
o
i
nostri
proponimenti
col
riferirli
a
fini
sempre
superiori
,
creando
così
una
scala
od
una
gerarchia
di
fini
gli
uni
agli
altri
subordinati
.
Ma
-
ritornando
su
ciò
che
abbiamo
detto
a
proposito
degli
istinti
in
questo
procedimento
non
potremo
andare
all
'
infinito
:
vi
sarà
un
certo
numero
di
fini
che
ci
apparranno
degni
di
essere
desiderati
innanzi
a
tutto
e
per
sé
stessi
;
la
cui
bontà
o
preferibilità
ci
apparrà
così
evidente
da
non
aver
bisogno
di
ulteriore
"
giustificazione
"
.
Ora
,
come
nel
decidere
della
rispettiva
desiderabilità
dei
diversi
fini
,
così
nel
decidere
di
questi
fini
ultimi
il
nostro
"
senso
morale
"
è
giudice
inappellabile
.
Ogni
tentativo
di
sfuggire
in
modo
definitivo
al
suo
verdetto
è
assurdo
:
non
si
farà
che
spostare
la
questione
,
per
tornare
,
quando
si
tratti
di
deciderla
,
alla
medesima
autorità
a
cui
abbiam
voluto
sottrarci
.
Insomma
,
senza
qualchecosa
di
desiderabile
in
sé
,
senza
un
termine
finale
,
la
cui
desiderabilità
giustifichi
le
altre
ma
non
abbia
bisogno
di
essere
giustificata
;
senza
un
"
imperativo
categorico
"
di
qualche
sorta
,
non
vi
è
morale
,
né
altra
scienza
pratica
che
sia
possibile
.
L
'
"
INDIPENDENZA
"
DELLA
MORALE
.
-
Da
tutto
ciò
che
abbiamo
detto
fin
qui
vediamo
balzare
in
piena
luce
un
principio
spesso
implicitamente
od
esplicitamente
violato
da
scienziati
e
filosofi
,
che
è
merito
della
scuola
criticista
francese
,
fondata
dal
Renouvier
,
di
avere
strenuamente
rivendicato
,
e
che
forma
il
cardine
,
per
così
dire
,
di
quella
filosofia
.
Vogliam
parlare
di
quello
che
fu
detto
"
principio
della
indipendenza
della
morale
"
.
Ciò
che
fin
qui
abbiamo
detto
può
non
considerarsi
che
come
una
illustrazione
del
medesimo
principio
.
Sono
due
i
modi
con
cui
l
'
attività
scientifica
(
comprendendo
con
questa
tutti
i
tentativi
di
spiegazione
generale
o
speciale
dei
fenomeni
,
e
quindi
anche
i
sistemi
metafisici
le
religiosi
)
hanno
sembrato
minacciare
l
'
esistenza
autonoma
della
morale
:
l
'
uno
consiste
nella
negazione
della
libertà
,
"
condizione
pratica
"
della
morale
;
l
'
altro
in
una
tendenza
più
o
meno
conscia
a
non
considerare
più
come
inappellabile
il
giudizio
del
senso
morale
,
e
nella
corrispondente
opinione
che
la
scienza
possa
in
certo
qual
modo
sostituirlo
nella
determinazione
di
ciò
che
è
bene
di
fare
.
Per
ciò
che
riguarda
il
primo
punto
,
crediamo
di
aver
dimostrato
che
il
timore
,
che
la
scienza
possa
in
alcun
modo
scalzare
le
basi
della
morale
e
del
diritto
,
essere
privo
di
fondamento
.
La
negazione
del
"
libero
arbitrio
"
,
in
quanto
questo
si
confonde
colla
inapplicabilità
del
principio
di
causalità
alle
umane
azioni
,
non
implica
la
negazione
della
libertà
umana
.
Alla
credenza
dell
'
uomo
nella
propria
libertà
noi
attribuiamo
,
con
Aristotile
e
Cartesio
,
con
Cousin
e
Mill
tutta
la
forza
di
una
verità
scientifica
.
Non
sempre
ed
in
ogni
caso
-
ma
in
generale
e
nella
normalità
-
le
nostre
credenze
hanno
il
potere
di
influenzare
le
nostre
azioni
;
quel
complesso
di
giudizi
sulla
realtà
delle
cose
,
come
sono
e
come
saranno
in
seguito
al
nostro
atto
,
congiunto
all
'
apprezzamento
etico
che
ne
facciamo
,
ha
per
la
massima
parte
di
noi
e
in
gran
parte
degli
eventi
della
nostra
vita
,
la
facoltà
di
tradursi
negli
atti
nostri
.
E
in
tale
facoltà
è
ravvisata
l
'
attuazione
più
piena
e
completa
della
libertà
,
quale
è
postulata
dalla
morale
e
dal
diritto
.
Ogni
altro
senso
della
parola
libertà
è
invero
illegittimo
e
atto
a
traviare
il
pensiero
.
Andiamo
dunque
più
oltre
di
coloro
,
i
quali
ritengono
dover
noi
mantener
la
libertà
come
postulato
supremo
della
morale
e
del
diritto
sol
perché
la
credenza
nella
libertà
è
ancor
generale
fra
gli
uomini
,
e
la
morale
ed
il
diritto
,
avendo
uno
scopo
essenzialmente
sociale
,
debbono
tener
conto
della
opinione
della
maggioranza
e
non
di
quella
di
solitari
pensatori
.
Noi
al
contrario
siamo
convinti
che
la
negazione
della
libertà
quale
base
della
morale
e
del
diritto
sia
fondata
su
un
vero
e
proprio
sofisma
,
che
scientificamente
non
regge
.
Essa
ha
,
come
abbiamo
osservato
,
lo
stesso
valore
della
"
negazione
della
realtà
esteriore
"
e
simili
tesi
in
cui
pur
troppo
si
è
spesso
smarrita
l
'
alta
filosofia
.
Come
a
chi
negava
la
realtà
delle
cose
esteriori
fu
da
taluno
risposto
col
dare
un
calcio
ad
una
pietra
;
come
a
chi
negava
il
moto
fu
risposto
col
mettersi
a
camminare
,
così
è
lecito
a
chiunque
confutare
un
filosofo
negatore
della
libertà
col
compiere
la
più
insignificante
delle
azioni
volontarie
.
-
La
prova
che
egli
così
fornisce
non
è
soltanto
in
pieno
accordo
col
senso
comune
:
essa
è
del
tutto
conforme
allo
spirito
scientifico
e
consona
ai
più
rigidi
canoni
del
metodo
sperimentale
.
A
riguardo
del
secondo
punto
,
qualche
altra
osservazione
è
forse
necessaria
.
Che
la
scienza
possa
dimostrare
"
l
'
assurdità
"
di
un
ideale
etico
è
opinione
oggidì
ancora
comune
,
com
'
è
ancora
opinione
comune
che
essa
dimostri
essere
"
illusioni
"
intere
categorie
di
parvenze
sensibili
degli
oggetti
.
È
tutt
'
altro
che
raro
,
per
esempio
,
il
trovare
fra
gli
scienziati
chi
vi
affermi
che
quei
fatti
di
special
natura
sui
quali
la
scienza
moderna
ha
attratto
di
preferenza
l
'
attenzione
degli
studiosi
,
quali
le
vibrazioni
degli
atomi
materiali
,
costituiscono
la
sola
"
realtà
"
,
mentre
quelle
apparenze
,
che
assumono
i
corpi
in
quanto
cadono
sotto
questo
o
quel
senso
,
rientrano
nel
mondo
delle
"
illusioni
"
.
Così
il
fisico
vi
dirà
:
noi
crediamo
di
veder
rosso
o
turchino
,
ci
immaginiamo
di
udire
una
determinata
nota
,
di
provare
una
data
sensazione
,
poniamo
,
di
calore
;
ma
in
realtà
non
esistono
che
certe
vibrazioni
dell
'
aria
o
dell
'
etere
che
colpiscono
i
nostri
organi
del
senso
.
Tali
affermazioni
,
che
possono
anche
non
avere
un
senso
errato
,
implicano
ad
ogni
modo
un
uso
equivoco
della
parola
illusione
.
Chi
ci
dice
così
non
si
accorge
che
anche
quelle
vibrazioni
cui
egli
accenna
,
non
ci
sarebbero
note
affatto
se
non
possedessimo
in
qualche
altro
senso
il
mezzo
di
percepirle
,
direttamente
o
indirettamente
-
senza
o
con
l
'
aiuto
di
strumenti
e
del
raziocinio
.
Egli
non
ha
dunque
alcun
diritto
di
chiamare
illusione
alcuna
delle
percezioni
stesse
.
Egli
crede
di
dar
la
preferenza
,
sulla
realtà
che
appare
ai
nostri
sensi
,
ad
una
realtà
diversa
e
più
reale
.
-
Nel
fatto
invece
egli
non
fa
che
posporre
una
parte
della
realtà
che
gli
appare
ai
sensi
,
ad
un
'
altra
parte
della
medesima
realtà
.
Parimenti
lo
scienziato
,
il
quale
si
rifiuta
di
ammettere
come
giusto
un
ideale
etico
col
pretesto
che
la
scienza
ne
ha
dimostrata
la
assurdità
,
è
sovente
vittima
di
un
'
illusione
sulla
natura
delle
proprie
ricerche
.
Egli
crede
in
certo
qual
modo
di
potersi
emancipare
dai
pregiudizi
del
bene
e
del
male
,
uscir
dalla
sfera
della
morale
,
ma
invece
vi
si
trova
sempre
e
necessariamente
di
nuovo
rinchiuso
.
Egli
potrà
bensì
eseguire
tutte
le
operazioni
che
vuole
sostituendo
un
fine
etico
ad
un
altro
,
ma
nel
far
questo
egli
compie
pur
sempre
opera
di
moralista
e
non
di
scienziato
,
e
la
sua
posizione
sarà
altrettanto
"
poco
scientifica
"
quanto
prima
.
In
altri
termini
,
la
scienza
non
può
creare
"
valori
etici
"
,
come
non
può
neppure
creare
valori
estetici
.
"
L
'
osservazione
ed
il
ragionamento
scientifico
,
scrive
il
Vailati
,
non
possono
condurci
che
a
prevedere
le
conseguenze
delle
nostre
azioni
o
a
determinare
i
mezzi
per
arrivare
a
questo
o
quello
scopo
.
Le
conclusioni
alle
quali
si
giunge
possono
essere
poste
sotto
questa
forma
:
se
si
vuole
,
o
non
si
vuole
,
la
tal
cosa
,
si
deve
volere
la
tale
o
tal
altra
cosa
.
Ma
con
nessuno
sforzo
di
alchimia
dialettica
potrebbesi
giungere
a
conclusioni
della
forma
seguente
:
si
deve
volere
,
o
non
si
deve
volere
,
la
tale
o
tal
altra
cosa
"
.
-
È
notevole
l
'
analogia
fra
quella
che
chiamasi
"
giustificazione
"
nel
mondo
morale
,
e
la
"
spiegazione
"
o
"
dimostrazione
"
nel
mondo
scientifico
.
Allo
stesso
modo
come
si
"
spiega
"
un
fatto
ed
una
legge
mostrando
che
si
può
dedurre
da
un
altro
fatto
o
da
un
'
altra
legge
,
così
non
si
può
"
giustificare
"
un
atto
od
una
norma
(
un
modo
generale
di
agire
che
ci
par
desiderabile
)
se
non
deducendola
(
mostrando
ch
'
essa
ne
è
un
presupposto
necessario
)
da
un
altro
atto
o
da
un
altra
legge
.
-
Ma
ciò
con
cui
si
"
spiega
"
,
si
dimostra
,
si
prova
un
fatto
(
una
credenza
)
non
può
essere
che
un
altro
fatto
(
un
'
altra
credenza
)
;
così
ciò
con
cui
si
"
giustifica
"
una
norma
d
'
agire
,
e
qualunque
nostra
aspirazione
in
genere
,
non
può
essere
che
un
'
altra
norma
d
'
agire
,
un
'
altra
nostra
aspirazione
.
Non
si
potrà
mai
"
giustificare
"
un
ideale
etico
per
mezzo
di
una
semplice
credenza
,
come
non
si
può
spiegare
nessun
fatto
per
mezzo
di
semplici
rappresentazioni
.
Ora
,
il
numero
delle
cose
verso
le
quali
proviamo
una
specie
di
tendenza
impulsiva
che
ci
appar
così
naturale
da
non
aver
bisogno
di
giustificarsi
,
è
notevole
.
-
Ci
riferiamo
a
quello
che
abbiamo
detto
degli
istinti
.
-
Ogni
istinto
,
con
tutte
le
emozioni
e
gli
affetti
corrispondenti
,
è
atto
a
costituire
un
fine
in
sé
.
E
nell
'
uomo
gli
istinti
,
ben
lungi
dall
'
essere
più
scarsi
che
negli
altri
animali
,
sono
assai
più
numerosi
o
svariati
,
ed
è
questa
una
delle
ragioni
della
sua
superiorità
.
Il
bisogno
di
una
"
giustificazione
"
nasce
solo
allorquando
fra
i
diversi
impulsi
,
fra
le
diverse
tendenze
si
produce
un
conflitto
:
quando
cose
di
per
sé
indifferenti
o
ripulsive
acquistano
la
capacità
di
muoverci
verso
di
loro
per
i
rapporti
di
dipendenza
che
giungiamo
a
stabilire
fra
esse
e
le
cose
che
sono
oggetto
diretto
delle
nostre
aspirazioni
e
desideri
.
Se
la
cosa
è
indifferente
,
allora
ad
essa
si
trasmette
,
intatto
,
il
suo
valore
emozionale
;
ma
se
la
cosa
invece
ha
un
contenuto
emozionale
già
di
per
sé
,
allora
questo
concorre
ad
accrescere
o
a
diminuire
lo
stimolo
che
ci
porta
all
'
azione
.
Per
raggiungere
un
fine
,
occorre
passare
sopra
ad
una
quantità
di
mezzi
sgradevoli
o
ripugnanti
:
vi
è
un
punto
però
,
nel
quale
la
sgradevolezza
dei
mezzi
supera
il
limite
,
e
la
loro
adozione
non
è
più
"
giustificata
"
dal
fine
.
È
così
che
si
"
costituisce
il
bilancio
"
,
per
così
dire
,
dei
pro
e
dei
contro
di
un
determinato
genere
di
condotta
:
se
l
'
attivo
supera
il
passivo
,
le
azioni
si
compiono
;
altrimenti
l
'
uomo
si
astiene
dall
'
agire
.
Alla
"
costituzione
del
bilancio
"
la
scienza
concorre
,
ed
abbiamo
visto
come
:
per
opera
sua
la
catena
delle
conseguenze
prevedibili
si
accresce
ogni
giorno
di
preziosi
anelli
;
ma
ciascuno
di
questi
anelli
è
,
sin
dalla
sua
comparsa
,
subito
valutato
dal
sentimento
,
ed
in
questa
valutazione
la
"
scienza
"
non
ha
nulla
che
vedere
e
deve
dichiararsi
incompetente
.
Osserviamo
ancora
che
la
principale
funzione
del
processo
di
giustificazione
si
ha
nei
rapporti
degli
uomini
fra
loro
.
Nonostante
che
ciascuno
di
noi
abbia
una
quantità
di
fini
separati
che
gli
appaiono
di
per
sé
desiderabili
;
nonostante
che
vi
sono
per
me
e
gli
altri
innumerevoli
cose
il
cui
perseguimento
è
assolutamente
disinteressato
e
che
si
ricercherebbero
egualmente
anche
se
fosse
assolutamente
impossibile
trovar
per
loro
la
più
piccola
"
giustificazione
"
;
nondimeno
gli
uomini
sono
continuamente
in
cerca
di
fini
,
che
essendo
universalmente
riconosciuti
come
degni
di
essere
appetiti
,
possano
servire
di
giustificazione
degli
atti
dei
singoli
di
fronte
ai
consociati
.
La
tendenza
all
'
unificazione
esiste
tanto
nella
morale
quanto
nella
scienza
.
Anche
fra
le
credenze
ve
ne
è
un
certo
numero
che
per
ciascuno
di
noi
non
ha
bisogno
di
essere
né
spiegata
,
né
dimostrata
vera
:
ma
ciò
non
toglie
che
il
conoscerne
la
spiegazione
,
la
dimostrazione
mi
mette
in
grado
di
convincere
chi
era
restio
ad
ammetterla
,
col
mostrargli
ch
'
essa
è
una
conseguenza
de
'
principii
che
a
lui
e
a
me
sono
comuni
o
di
fatti
ch
'
egli
stesso
non
può
rifiutarsi
di
riconoscere
come
veri
.
-
Così
in
morale
sarebbe
certamente
desiderabile
il
trovare
un
principio
etico
,
riconosciuto
universalmente
come
giusto
,
un
fine
supremo
a
cui
si
potesse
dimostrare
che
tutti
gli
altri
corrispondono
.
Ciò
è
forse
un
'
utopia
:
ma
ad
ogni
modo
,
ogni
qualvolta
si
riesce
a
dimostrare
che
un
dato
fatto
,
oltre
a
soddisfare
ad
un
dato
fine
,
soddisfa
anche
ad
un
fine
ulteriore
,
che
oltre
ad
essere
desiderato
per
sé
può
anche
essere
desiderato
in
vista
di
un
altro
bene
,
io
faccio
un
effettivo
passo
innanzi
verso
quella
possibilità
di
convincere
tutti
della
opportunità
di
un
dato
corso
d
'
azione
,
verso
quella
concordia
su
ciò
che
è
bene
(
in
concreto
)
,
che
è
stata
,
in
ogni
tempo
l
'
aspirazione
suprema
della
morale
.
I
tentativi
ordinari
di
unificazione
degli
scopi
morali
non
corrispondono
peraltro
,
troppo
spesso
,
che
apparentemente
a
tale
aspirazione
.
Essi
(
come
,
p
.
es
.
per
citare
quello
che
appare
il
più
plausibile
,
l
'
utilitarismo
)
o
non
sono
che
delle
unificazioni
puramente
verbali
(
in
quanto
che
quando
si
tratti
di
definire
,
poniamo
,
il
preteso
scopo
unico
,
il
bene
della
società
,
questo
finisce
collo
scindersi
in
una
quantità
di
beni
desiderabili
ciascuno
per
proprio
conto
)
,
oppure
equivalgono
ad
un
'
arbitraria
mutilazione
delle
aspirazioni
morali
dell
'
uomo
,
e
ad
una
"
ingiustificabile
"
soppressione
o
dedignificazione
dei
suoi
più
nobili
impulsi
eccettuato
uno
solo
,
-
come
se
non
fosse
meglio
,
di
questi
,
averne
a
disposizione
uno
di
più
piuttosto
che
uno
di
meno
.
Il
torto
loro
è
di
tendere
,
non
a
mostrare
,
che
la
bontà
,
per
esempio
,
di
certe
cose
o
di
tutte
le
cose
buone
,
è
accompagnata
dalla
loro
utilità
;
e
che
quindi
convenga
compierle
anche
a
chi
la
loro
bontà
direttamente
non
sente
;
ma
a
mostrare
che
la
sola
giustificazione
legittima
delle
cose
è
la
loro
utilità
;
nel
che
dicono
,
o
una
cosa
ovvia
di
per
sé
,
e
quindi
irrilevante
,
o
addirittura
basata
sul
falso
.
LA
"
GIUSTIFICAZIONE
"
DEL
DIRITTO
DI
PUNIRE
-
La
controversia
fra
i
positivisti
e
i
classici
nel
diritto
penale
verte
,
come
abbiamo
accennato
,
oltreché
sul
libero
arbitrio
,
anche
sulla
giustificazione
della
pena
.
Dopo
ciò
che
è
stato
detto
sul
processo
di
giustificazione
non
sarà
troppo
difficile
il
chiarire
questo
secondo
punto
.
La
posizione
assunta
dalla
scuola
positivistica
di
fronte
a
quella
classica
,
per
ciò
che
riguarda
il
diritto
di
punire
,
è
nettamente
utilitaria
.
Essa
pretende
bandire
dalle
proprie
considerazioni
ogni
idea
di
merito
o
di
demerito
,
si
propone
di
fare
astrazione
da
ogni
fine
etico
,
e
pretende
di
fondare
la
necessità
della
pena
nel
solo
criterio
della
pericolosità
del
delinquente
,
convertendo
quindi
il
diritto
di
punire
nella
semplice
necessità
o
utilità
per
la
società
,
simile
in
questo
a
qualsiasi
organismo
vivente
nella
natura
,
di
difendersi
da
chi
ne
minaccia
l
'
esistenza
od
il
benessere
.
Se
ben
si
guardi
in
fondo
a
questo
proponimento
di
"
evitar
la
morale
"
si
vedrà
la
principale
,
se
non
la
sola
ragione
sua
sta
nella
premessa
negazione
del
libero
arbitrio
.
Ogni
giudizio
di
merito
presuppone
l
'
imputabilità
morale
.
Questa
essendo
,
secondo
i
positivisti
,
dimostrata
insostenibile
per
la
negazione
del
libero
arbitrio
,
ne
deriva
che
il
principale
argomento
in
favore
della
loro
tesi
utilitaria
è
dato
dall
'
impossibilità
di
dare
altra
base
al
diritto
di
punire
.
Un
tale
argomento
però
,
crediamo
di
averlo
dimostrato
,
non
regge
alla
critica
.
La
negazione
del
"
libero
arbitrio
"
lascia
impregiudicata
ogni
questione
di
morale
umana
e
sociale
.
Ma
anche
se
ciò
non
fosse
-
ed
è
strano
che
i
positivisti
e
gli
altri
sostenitori
della
loro
tesi
non
l
'
avvertano
-
;
anche
se
la
negazione
del
libero
arbitrio
portasse
seco
di
necessità
"
l
'
impossibilità
della
morale
"
,
e
bene
e
male
,
virtù
e
vizio
,
merito
e
demerito
,
ricompensa
e
castigo
dovessero
essere
d
'
ora
innanzi
nomi
vani
e
senza
subbietto
;
ciò
avverrebbe
ad
ogni
modo
per
essere
stato
dimostrato
che
sia
per
l
'
uomo
impossibile
proporsi
qualunque
fine
ed
attuarlo
;
non
soltanto
i
fini
morali
in
particolare
.
Non
solo
il
bene
morale
,
ma
anche
l
'
utile
dovrebbe
essere
bandito
dal
campo
delle
giustificazioni
;
la
parola
stessa
"
giustificazione
"
cesserebbe
anzi
di
aver
qualsiasi
significato
.
Niente
può
servire
meglio
di
queste
conseguenze
enormi
come
riduzione
all
'
assurdo
delle
tesi
fatalistiche
che
si
annidano
spesso
più
o
meno
inconsciamente
nelle
dottrine
che
assumono
la
negazione
del
libero
arbitrio
come
loro
punto
di
partenza
.
Ai
soli
argomenti
che
soglionsi
in
generale
addurre
a
favore
dell
'
utilitarismo
sono
dunque
ridotti
coloro
che
vogliono
sostituire
la
"
difesa
della
società
"
senz
'
altro
ad
ogni
altra
base
del
diritto
penale
.
La
verbalità
di
questa
sostituzione
colpisce
subito
lo
sguardo
.
Sarebbe
difficile
invero
trovare
una
espressione
più
vaga
ed
indeterminata
,
che
meglio
si
adatti
a
tutti
i
gusti
e
meglio
si
presti
a
tutte
le
interpretazioni
ed
illazioni
più
svariate
.
Anzitutto
,
osserviamo
che
si
tratta
di
un
fine
etico
,
non
meno
"
trascendentale
"
di
qualunque
altro
fine
.
Si
presuppone
come
dimostrato
che
la
"
Società
"
sia
desiderabile
in
sé
,
e
debba
avere
la
prevalenza
indiscussa
su
tutti
gli
altri
fini
possibili
.
Oppure
si
suppone
che
scopo
e
giustificazione
della
società
sia
di
essere
la
miglior
condizione
per
l
'
attuazione
di
questi
ultimi
;
-
ed
in
questo
secondo
caso
torna
ad
affacciarsi
il
problema
:
quali
sono
essi
?
E
fino
a
che
punto
,
credendo
di
fare
il
"
bene
della
società
"
si
corre
il
rischio
di
offendere
questi
fini
?
-
E
ci
troviamo
altrettanto
lontani
da
una
soluzione
soddisfacente
del
problema
quanto
lo
eravamo
prima
di
introdurre
il
concetto
della
difesa
della
società
.
Che
rimane
dunque
di
tal
concetto
?
Una
frase
equivoca
,
che
dà
addito
al
pericolo
continuo
di
violazioni
e
soprusi
nell
'
esercizio
del
magistero
penale
,
per
l
'
impossibilità
di
determinare
che
cosa
si
debba
intendere
per
bene
della
società
e
la
conseguente
probabilità
che
qualche
furbo
l
'
identifichi
con
questo
o
quell
'
interesse
transitorio
e
particolare
.
Nel
fatto
,
se
la
"
difesa
della
società
"
come
giustificazione
del
diritto
di
punire
si
presenta
con
un
aspetto
così
plausibile
,
è
appunto
in
grazia
della
sua
grande
elasticità
.
Se
interpretata
con
sufficiente
larghezza
,
tutti
,
compresi
i
classici
,
si
possono
trovare
daccordo
nell
'
accettarla
.
Ma
la
dottrina
"
classica
"
ci
offre
,
a
mio
avviso
,
una
concezione
assai
più
maturata
,
una
definizione
assai
più
rigorosa
e
scientifica
di
qual
genere
di
difesa
sociale
sia
quella
a
cui
serve
il
diritto
penale
;
e
tale
da
non
essere
affatto
in
contraddizione
inconciliabile
con
ciò
che
forma
la
parte
sostanziale
del
positivismo
moderno
.
Nel
mentre
ch
'
essa
ci
dà
un
'
approssimazione
assai
maggiore
alla
vera
natura
e
funzione
del
magistero
punitivo
,
non
pregiudica
d
'
altra
parte
,
col
suo
principio
della
tutela
giuridica
,
alla
questione
dei
fini
a
cui
più
specialmente
questo
deve
servire
,
lasciando
la
determinazione
loro
a
chi
ne
ha
veramente
la
competenza
,
al
moralista
cioè
e
alla
coscienza
pubblica
,
manifestatasi
per
mezzo
degli
organi
a
ciò
designati
.
"
Il
delitto
come
fatto
,
scrive
il
Carrara
,
ha
origine
dalle
umane
passioni
,
le
quali
spingono
l
'
uomo
a
ledere
il
diritto
del
proprio
simile
malgrado
la
legge
che
proibiva
di
farlo
.
Il
delitto
come
ente
giuridico
ha
origine
dalla
natura
della
società
civile
.
L
'
associazione
(
che
all
'
uomo
è
imposta
dalla
legge
eterna
come
mezzo
di
conservazione
e
di
progresso
intellettuale
)
,
non
sussisterebbe
né
risponderebbe
ai
suoi
fini
,
se
ciascuno
dei
consociati
avesse
libera
ogni
sua
volontà
,
anche
ingiusta
e
dannosa
ad
altrui
.
Di
qui
la
necessità
,
di
proibire
certi
atti
che
turberebbero
l
'
ordine
esterno
,
e
decretare
che
qualora
si
commettano
saranno
considerati
come
delitti
"
.
Il
bisogno
della
difesa
del
diritto
rende
necessaria
l
'
autorità
dello
Stato
.
"
La
tutela
giuridica
,
scrive
egli
nella
mirabile
introduzione
alla
parte
speciale
del
suo
Programma
,
non
potrebbe
convenientemente
esercitarsi
mercè
la
sola
azione
disgregata
degli
individui
,
nella
quale
non
sempre
sarebbesi
trovata
,
razionalità
,
uniformità
e
potenza
;
per
lo
che
avrebbe
mancato
del
più
necessario
dei
suoi
elementi
:
la
certezza
di
sé
.
Così
la
costituzione
della
autorità
sociale
e
il
rispetto
alla
medesima
è
un
precetto
imposto
all
'
uomo
dalla
stessa
legge
di
natura
,
perché
la
forza
umana
alla
quale
è
consegnato
il
mantenimento
della
sovranità
del
diritto
si
eserciti
in
modo
razionale
,
uniforme
e
potente
.
Tranne
per
questo
fine
la
costituzione
dell
'
impero
sui
consociati
non
sarebbe
che
un
abuso
di
forza
"
.
"
Riconosciuta
così
nell
'
autorità
sociale
la
potestà
legittima
di
esercitare
una
coazione
efficace
sugli
individui
per
la
conservazione
della
legge
giuridica
,
lo
esercizio
di
tale
coazione
piuttosto
col
mezzo
del
castigo
che
col
mezzo
della
prevenzione
diretta
altro
non
è
che
la
consguenza
di
uno
stato
di
fatto
che
rende
necessaria
quella
forma
piuttosto
che
questa
.
Essendo
umanamente
impossibile
anche
ad
una
autorità
sociale
,
per
quanto
potentemente
armata
,
fermare
in
precedenza
il
braccio
del
micidiale
e
dell
'
avido
che
muove
alla
violazione
del
diritto
,
la
forza
tutelatrice
bisogna
che
si
eserciti
mediante
la
coazione
morale
.
La
necessità
della
coazione
morale
legittima
la
minaccia
della
pena
.
E
poiché
la
minaccia
della
pena
non
sarebbe
minaccia
efficace
ma
vana
parola
,
se
allo
avvenimento
di
una
violazione
la
pena
non
cogliesse
realmente
il
violatore
;
la
necessità
e
legittimità
della
minaccia
porta
seco
la
necessità
e
la
legittimità
della
irrogazione
effettiva
del
castigo
"
.
Difficile
è
davvero
comprendere
in
che
cosa
una
concezione
siffatta
possa
essere
stata
reputata
in
contraddizione
formale
coi
portati
della
scienza
moderna
.
In
ogni
stadio
di
civiltà
vi
è
stato
un
certo
numero
di
azioni
che
gli
uomini
stimarono
non
doversi
permettere
,
un
certo
numero
di
fini
,
individuali
e
sociali
,
il
cui
raggiungimento
dovesse
essere
garantito
.
Di
questi
,
che
non
hanno
mai
rappresentato
tutti
quanti
i
fini
a
cui
gli
uomini
aspirano
,
ma
solo
la
parte
più
essenziale
,
una
specie
di
minimum
di
moralità
sociale
reputato
indispensabile
alla
vita
in
comune
,
fu
stimato
necessario
rilasciare
la
protezione
all
'
autorità
sociale
,
qualunque
essa
fosse
;
e
sono
quelli
precisamente
che
quando
sono
raccolti
a
sistema
costituiscono
ciò
che
viene
chiamato
il
diritto
di
un
popolo
.
La
determinazione
di
questi
fini
,
come
già
più
volte
affermammo
,
non
spetta
allo
scienziato
,
e
neppure
al
giurista
in
quanto
egli
li
trova
già
elaborati
dalla
coscienza
popolare
,
dal
"
senso
morale
"
generale
.
Questi
può
talora
,
come
legislatore
,
come
interprete
ed
ispiratore
della
coscienza
popolare
,
assumere
anche
in
parte
questa
funzione
-
è
nota
la
funzione
che
ebbero
i
giureconsulti
e
i
magistrati
nello
svolgimento
storico
del
giure
romano
;
ma
,
in
quanto
egli
determina
non
che
cosa
è
ma
che
cosa
deve
essere
,
non
è
la
semplice
scienza
che
parla
in
lui
,
ma
la
voce
della
coscienza
morale
sua
o
per
mezzo
suo
quella
generale
del
popolo
.
Tali
fini
,
sebbene
dal
vivere
sociale
elaborati
e
resi
sempre
più
chiari
collo
svilupparsi
del
senso
morale
e
giuridico
,
pure
rappresentano
alla
loro
volta
in
molta
parte
la
ragione
stessa
per
cui
il
vivere
sociale
si
è
costituito
;
sono
quindi
sotto
molti
rispetti
la
giustificazione
della
società
,
qualchecosa
di
più
"
fondamentale
"
ancora
di
essa
,
e
che
può
essere
considerata
come
ad
essa
anteriore
.
La
"
società
"
adunque
,
negli
organi
che
la
rappresentano
o
sono
creduti
rappresentarla
,
si
"
difende
"
contro
l
'
azione
che
viola
quei
principî
ch
'
essa
ritiene
indispensabile
siano
rispettati
.
Ma
la
difesa
della
società
,
se
così
chiamar
si
vuole
,
non
si
esercita
contro
un
uomo
libero
(
dotato
di
volontà
)
allo
stesso
modo
con
cui
si
eserciterebbe
contro
un
pericolo
naturale
,
un
animale
furioso
,
un
pazzo
infrenabile
.
Contro
questi
agenti
la
sola
maniera
di
provvedere
è
di
porre
impedimenti
fisici
all
'
effettuazione
del
danno
.
Ma
sull
'
uomo
libero
,
suscettibile
di
essere
influenzato
da
motivi
,
capace
pertanto
di
astenersi
da
una
azione
in
vista
delle
conseguenze
che
questa
porterà
su
lui
o
su
altri
,
è
possibile
agire
per
via
morale
.
Nuovi
motivi
possono
essere
presentati
od
imposti
alla
sua
considerazione
per
astenersi
da
atti
che
egli
altrimenti
avrebbe
compiuti
.
Questi
motivi
possono
essere
considerazioni
intorno
all
'
immoralità
o
inciviltà
dell
'
azione
stessa
,
fornitigli
per
mezzo
della
persuasione
e
alimentati
in
lui
dal
fatto
stesso
che
la
coscienza
sociale
colpisce
l
'
azione
con
una
pena
(
vedi
Brusa
,
Proleg
.
,
p
.
135
)
e
simili
;
ma
possono
anche
consistere
nella
minaccia
di
un
male
effettivo
per
l
'
agente
,
la
quale
chiami
a
raccolta
,
ove
i
sentimenti
socievoli
ed
altruistici
non
bastino
,
anche
i
sentimenti
egoistici
a
distogliere
l
'
individuo
dalla
violazione
del
diritto
.
Così
nasce
la
necessità
della
pena
,
la
quale
può
essere
definita
in
genere
come
quel
complesso
di
conseguenze
dolorose
artificialmente
annesse
a
date
azioni
volontarie
dalla
legge
o
dalla
pubblica
opinione
allo
scopo
di
diminuirne
il
numero
e
di
tranquillare
la
coscienza
sociale
.
La
pena
dunque
,
ripetiamo
,
può
essere
considerata
come
un
modo
di
"
difesa
"
;
ma
essa
è
un
modo
di
difesa
speciale
,
diretto
contro
speciali
pericoli
e
speciali
nemici
.
Il
giustificare
quindi
la
pena
colla
difesa
della
società
può
anche
non
implicare
un
errore
;
ma
a
condizione
di
non
significare
se
non
ciò
che
altri
,
con
locuzione
più
precisa
,
chiamano
"
tutela
giuridica
"
.
-
Ove
ben
si
consideri
,
tutte
le
altre
dottrine
che
sono
state
escogitate
per
render
ragione
del
diritto
di
punire
sono
deficienti
per
non
aver
tenuto
conto
di
tutti
i
dati
del
problema
,
per
aver
contemplato
un
solo
lato
,
se
anche
vero
,
della
questione
,
facendo
più
o
meno
astrazione
dalle
esigenze
pratiche
alle
quali
soggiace
in
ogni
suo
stadio
il
diritto
,
ed
in
qualche
modo
dimenticando
che
il
diritto
è
un
organismo
concreto
,
la
cui
vitalità
ed
il
cui
retto
funzionamento
dipendono
dal
soddisfacimento
di
condizioni
molteplici
,
fuor
dalle
quali
esso
corre
il
rischio
di
venir
meno
al
suo
fine
;
-
per
aver
mancato
,
pertanto
,
di
senso
"
positivo
"
,
nel
significato
più
proprio
di
questa
parola
.
La
teoria
della
giustizia
assoluta
-
della
espiazione
-
della
pena
fondata
puramente
ed
assolutamente
sulla
proporzione
fra
il
male
e
la
colpa
da
compensarsi
e
retribuirsi
col
male
del
castigo
,
se
si
basa
puramente
sul
giudizio
del
merito
e
demerito
del
colpevole
e
non
viene
in
pratica
limitata
da
altre
considerazioni
,
mette
capo
,
nonché
ad
una
indebita
confusione
del
diritto
colla
morale
,
ad
un
esagerato
subiettivismo
.
Allo
speculatore
astratto
essa
si
presenta
come
idealmente
giusta
,
ed
anche
come
idealmente
efficace
.
Che
cosa
può
meglio
contribuire
a
far
sì
che
gli
uomini
perseverino
nella
retta
via
,
dell
'
idea
che
saranno
puniti
esattamente
in
proporzione
del
loro
merito
,
tenuto
conto
di
tutto
ciò
che
può
alleviare
,
di
tutto
ciò
che
può
aggravare
la
loro
responsabilità
?
Ma
un
tal
giudizio
richiede
un
giudice
onniveggente
ed
infallibile
,
quale
solo
può
ritrovarsi
in
una
divinità
.
Non
per
nulla
i
sistemi
religiosi
hanno
sempre
avuta
la
tendenza
ad
accettare
senza
restrizioni
la
dottrina
dell
'
espiazione
.
Nel
fatto
,
siccome
la
giustizia
terrena
è
amministrata
da
uomini
atti
ad
ingannarsi
ed
a
peccare
,
la
teoria
del
perfetto
adattamento
del
castigo
al
demerito
è
stata
la
fonte
dei
peggiori
abusi
.
Essa
è
quella
,
che
,
abbandonando
al
giudice
una
discrezione
illimitata
,
è
stata
uno
dei
più
validi
sostegni
del
sistema
inquisitorio
di
procedura
.
La
teoria
della
esemplarità
della
pena
,
d
'
altra
parte
,
è
esposta
ad
obbiezioni
analoghe
.
Essa
urta
anzitutto
contro
il
nostro
sentimento
di
giustizia
,
poiché
non
sarebbe
ammissibile
che
,
solo
per
dare
un
esempio
agli
altri
fosse
punito
gravemente
chi
ha
commesso
un
fatto
,
la
responsabilità
per
il
quale
sia
per
molti
riguardi
mitigata
.
Intesa
in
questo
senso
,
la
teoria
della
esemplarità
potrebbe
legittimare
anche
la
condanna
del
pazzo
e
di
chi
ha
agito
per
forza
maggiore
,
e
perfino
quei
giudizi
contro
gli
animali
e
le
cose
che
furono
comuni
nel
Medio
Evo
.
Vero
è
che
la
maggior
parte
dei
seguaci
di
tale
dottrina
la
intendono
in
un
modo
assai
più
razionale
:
poiché
,
si
può
obbiettare
,
l
'
esempio
non
è
efficace
se
non
quando
la
punizione
si
applica
a
chi
agisce
in
condizioni
simili
alle
nostre
,
onde
chi
è
,
normalmente
o
per
accidente
,
privo
della
facoltà
di
astenersi
volontariamente
da
una
azione
,
non
deve
esserne
colpito
.
Ma
allora
si
può
rispondere
che
,
con
tali
ed
altre
specificazioni
,
l
'
elemento
della
esemplarità
trova
il
suo
posto
anche
nella
teoria
"
classica
"
della
tutela
giuridica
.
È
ovvio
che
la
ragione
per
cui
alla
minaccia
della
pena
è
indispensabile
far
seguire
effettivamente
la
pena
che
altrimenti
mancherebbe
l
'
esempio
.
Lo
stesso
Carrara
novera
l
'
esemplarità
fra
i
requisiti
della
pena
;
ma
nello
stesso
tempo
pone
in
guardia
contro
la
cattiva
interpretazione
e
la
indebita
estensione
del
criterio
della
esemplarità
.
"
La
pena
,
egli
scrive
,
deve
essere
esemplare
:
tale
cioè
che
ingeneri
nei
cittadini
la
persuasione
che
il
reo
ha
patito
un
male
.
La
mancanza
del
primo
requisito
(
l
'
afflittività
)
fa
cessare
l
'
efficacia
della
pena
rispetto
al
reo
;
la
mancanza
di
questo
secondo
la
fa
cessare
rispetto
a
tutti
gli
altri
;
e
così
nei
buoni
come
nei
malvagi
per
diversa
ragione
.
Ma
la
esemplarità
che
richiedesi
nelle
pene
non
devesi
riguardare
come
il
fine
precipuo
a
cui
essa
deve
servire
:
ciò
condurrebbe
alla
falsa
dottrina
della
intimidazione
.
Deve
piuttosto
intendersi
come
una
condizione
esteriore
della
pena
nella
sua
irrogazione
.
Ma
non
deve
spingersi
all
'
effetto
di
aggiungere
alla
pena
tormenti
oltre
alla
giusta
misura
sotto
il
pretesto
di
renderla
più
esemplare
.
La
esemplarità
,
in
una
parola
,
deve
essere
un
risultato
che
si
deve
ottenere
dalla
punizione
,
senza
che
,
per
ottenerla
,
se
ne
alteri
la
misura
oltre
il
rapporto
della
giustizia
"
.
L
'
emenda
del
reo
è
pure
incontestabilmente
uno
degli
scopi
a
cui
sarebbe
desiderabile
che
corrispondesse
la
pena
.
Ma
si
può
essa
stabilire
come
criterio
supremo
,
a
cui
tutti
gli
altri
debbano
cedere
?
Essa
viola
l
'
esigenza
che
la
pena
sia
certa
,
nonché
l
'
altra
ch
'
essa
sia
spiacevole
e
dolorosa
.
L
'
emenda
non
potrebbe
ottenersi
se
non
coi
buoni
trattamenti
:
il
risultato
d
'
altra
parte
sarebbe
nella
maggior
parte
dei
casi
problematico
.
Il
fine
dell
'
emenda
dovrà
dunque
,
fino
a
che
la
pena
sarà
destinata
sopra
ed
anzitutto
a
guarentire
la
tranquillità
dei
consociati
,
sempre
considerarsi
come
un
fine
subordinato
.
Finalmente
,
la
teoria
dei
"
positivisti
"
.
È
curioso
notare
come
questa
,
per
quanto
si
attenga
sempre
al
semplice
diritto
di
difesa
sociale
,
pure
quando
si
tratta
di
interpretarlo
si
presenti
piuttosto
come
una
dottrina
eclettica
,
che
fa
larga
parte
alle
diverse
esigenze
delle
altre
scuole
,
e
mentre
ora
sembra
accostarsi
alle
forme
più
utilitarie
di
difesa
(
colla
giustificazione
perfino
della
pena
di
morte
)
,
ora
si
accosta
piuttosto
alla
dottrina
dell
'
emenda
,
ed
ora
invece
,
col
dar
maggior
rilievo
all
'
elemento
subiettivo
nell
'
esame
del
delinquente
,
ai
medesimi
risultati
cui
mette
capo
la
teoria
dell
'
espiazione
.
Secondo
il
Florian
,
gli
scopi
della
pena
sono
tre
:
a
)
porre
il
delinquente
nella
impossibilità
materiale
di
nuocere
(
pura
difesa
)
;
b
)
cercare
che
il
delinquente
non
ricada
nel
delitto
e
che
in
lui
si
destino
sentimenti
ed
attitudini
sociali
(
emenda
)
;
c
)
trattenere
gli
altri
dal
delitto
mediante
la
minaccia
e
l
'
intimidazione
.
Nella
dottrina
però
dei
positivisti
è
notevole
la
sfiducia
rispetto
a
quest
'
ultimo
fine
,
cioè
all
'
efficacia
della
minaccia
della
pena
a
distogliere
i
male
intenzionati
dal
delinquere
.
Se
basata
sulla
negazione
assoluta
del
"
libero
arbitrio
"
,
tale
sfiducia
è
,
come
abbiamo
visto
,
del
tutto
infondata
;
se
invece
derivata
dal
concetto
della
irresistibilità
di
certi
impulsi
per
certe
categorie
d
'
individui
,
sordi
perciò
alla
coazione
morale
,
la
questione
è
ben
lungi
dall
'
essere
definitivamente
risolta
,
ma
si
presenta
come
plausibile
e
di
immenso
interesse
.
Le
ricerche
e
le
intuizioni
geniali
del
Lombroso
non
hanno
,
e
non
dovrebbero
avere
,
altro
scopo
che
di
stabilire
se
esistano
tali
categorie
d
'
individui
,
quali
siano
e
come
riconoscerle
.
Tali
ricerche
possono
portare
a
risultati
preziosi
,
di
grandissima
importanza
anche
per
il
diritto
penale
,
ma
certamente
non
pare
che
il
materiale
di
fatti
sin
qui
accumulato
sia
sufficiente
per
poter
ancora
considerar
la
teoria
come
scientificamente
provata
.
Troppo
è
ardua
tale
questione
per
poterla
qui
discutere
:
essa
è
di
competenza
dello
psichiatra
,
del
fisiologo
e
dell
'
antropologo
più
che
del
giurista
,
il
quale
si
deve
limitare
ad
accettare
i
portati
dei
loro
studi
ove
abbia
sufficienti
garanzie
ch
'
essi
sono
solidamente
fondati
.
Non
si
tratta
ad
ogni
modo
-
ed
è
questo
il
punto
di
massima
importanza
per
la
presente
dissertazione
-
di
una
questione
di
assoluta
affermazione
o
negazione
,
ma
di
una
questione
di
misura
.
La
teoria
del
delinquente
nato
non
può
pretender
di
essere
estesa
a
tutti
quanti
gli
umani
delinquenti
.
La
tesi
dell
'
inefficacia
assoluta
della
pena
a
prevenire
il
delitto
mi
par
troppo
contraria
alla
coscienza
generale
e
alla
esperienza
particolare
che
ciascuno
di
noi
sì
è
fatta
della
natura
umana
,
per
poter
esser
vera
.
-
Le
manca
inoltre
una
base
di
fatto
,
poiché
nessuno
ha
osato
sperimentare
che
cosa
diverrebbe
la
società
ove
per
quindici
giorni
si
decretasse
l
'
impunità
assoluta
per
ogni
sorta
di
delitti
.
-
Ma
l
'
efficacia
della
pena
ha
certamente
dei
limiti
-
lo
prova
il
fatto
stesso
che
,
a
malgrado
delle
pene
anche
severissime
,
il
delitto
non
ha
mai
cessato
completamente
d
'
esistere
-
;
ed
è
di
sommo
interesse
il
conoscere
quali
sono
questi
limiti
.
Non
è
quindi
l
'
irresponsabilità
in
generale
,
ma
sono
alcuni
casi
di
irresponsabilità
che
la
nuova
scuola
farebbe
risaltare
;
ed
in
questo
la
sua
posizione
è
,
a
priori
,
inoppugnabile
.
Rimane
l
'
affermazione
della
scuola
positiva
di
voler
fare
astrazione
da
ogni
concetto
di
merito
o
demerito
,
di
retribuzione
.
Qui
ancora
,
tale
affermazione
,
se
fondata
nella
negazione
del
libero
arbitrio
,
è
insostenibile
.
Il
principio
della
difesa
sociale
non
può
d
'
altra
parte
fornirle
appoggio
di
sorta
.
La
nostra
coscienza
morale
,
come
ci
addita
quali
sono
i
fini
che
debbono
essere
protetti
contro
eventuali
violazioni
,
così
pure
ci
addita
i
limiti
entro
cui
tale
protezione
,
si
designi
essa
come
difesa
sociale
o
tutela
giuridica
,
va
mantenuta
-
l
'
individualità
umana
,
per
la
simpatia
naturale
che
desta
,
costituendo
di
per
sé
stessa
un
fine
che
va
rispettato
.
Vi
sarà
quindi
un
punto
in
cui
il
fine
della
sicurezza
pubblica
,
la
cui
necessità
è
tanto
più
urgente
quanto
è
più
grave
il
male
minacciato
,
non
basta
più
a
giustificare
il
sacrifizio
dell
'
individualità
-
in
cui
la
pena
(
che
,
per
essere
una
restrizione
della
personalità
,
è
in
sé
un
male
)
sembra
un
mezzo
troppo
increscioso
per
ottenere
il
risultato
voluto
.
Quale
è
questo
punto
?
Quello
in
cui
la
pena
cessa
di
essere
giusta
,
perché
sproporzionata
al
demerito
del
colpevole
.
Nel
determinare
questo
punto
,
la
nostra
coscienza
morale
sarà
giudice
inappellabile
:
dopo
ciò
che
abbiamo
detto
nel
suo
corso
di
giustificazione
non
ci
pare
che
ciò
abbia
bisogno
di
essere
ulteriormente
dimostrato
.
Ecco
dunque
come
il
concetto
del
merito
,
di
ciò
che
è
giusto
subisca
il
delinquente
come
conseguenza
del
suo
operato
,
è
concetto
che
non
si
può
assolutamente
evitare
,
perché
esso
è
un
elemento
che
entra
continuamente
nei
nostri
giudizi
.
Che
se
poi
invece
l
'
affermazione
dei
positivisti
di
voler
fare
astrazione
da
tale
idea
indica
il
proponimento
di
escludere
dal
diritto
penale
le
considerazioni
d
'
indole
più
strettamente
etica
,
allora
questo
è
un
principio
già
ammesso
nella
distinzione
rigorosa
fra
diritto
e
morale
,
in
quanto
quello
riguarda
un
numero
minore
di
azioni
e
si
astiene
,
per
motivi
di
garanzia
individuale
,
da
ogni
ingerenza
nella
nostra
personalità
subiettiva
.
Anche
a
questo
riguardo
dunque
possiamo
dire
che
la
nuova
scuola
,
combattendo
la
scuola
"
classica
"
,
ha
un
po
'
combattuto
"
contro
i
mulini
a
vento
"
.
È
forse
il
caso
di
ripetere
ancora
una
volta
che
molte
controversie
si
potrebbero
evitare
,
se
chi
combatte
una
dottrina
si
proponesse
sul
serio
di
comprenderla
completamente
,
e
se
,
anziché
scegliere
questa
o
quell
'
affermazione
,
staccata
di
questo
o
quell
'
autore
,
per
aver
facile
giuoco
di
demolirla
,
si
curasse
di
considerare
la
teoria
avversa
nella
sua
coerenza
logica
e
nella
sua
forma
più
accettabile
;
se
insomma
invece
di
prendere
le
teorie
per
il
loro
lato
più
debole
,
si
prendessero
dal
loro
lato
più
vero
.
È
così
che
troppo
spesso
uno
si
maraviglia
della
facilità
colla
quale
può
sbaragliare
un
avversario
creduto
formidabile
,
mentre
non
si
accorge
che
quella
che
ha
dinanzi
a
sé
non
è
l
'
avversario
in
carne
ed
ossa
,
ma
una
immagine
impagliata
,
per
così
dire
,
del
medesimo
,
posta
inoltre
nella
maniera
più
acconcia
per
essere
colpita
.
Un
esame
più
attento
gli
avrebbe
tosto
chiarito
l
'
inganno
.
Spesso
fatti
e
cose
,
che
a
prima
vista
ci
appaiono
illogici
ed
assurdi
,
cessano
poi
di
apparirci
tali
appena
uno
studio
più
accurato
e
una
conoscenza
più
precisa
della
complessa
realtà
ci
forzano
a
riconoscere
un
fondamento
ed
una
giustificazione
che
prima
ci
erano
sfuggiti
solo
in
grazia
di
ingenuo
semplicismo
e
,
diciamolo
pure
,
di
un
'
ignoranza
da
dilettanti
.
La
lezione
che
ci
dànno
i
fatti
è
spesso
una
lezione
di
modestia
.
È
assai
frequente
,
ed
in
special
modo
di
fronte
al
diritto
,
un
certo
atteggiamento
di
fastidiosa
impazienza
e
d
'
intolleranza
,
che
dipende
dall
'
incapacità
di
afferrare
la
ragione
della
molteplicità
,
della
complicanza
e
sottigliezza
delle
esigenze
a
cui
deesi
piegare
chi
lavora
in
un
campo
pratico
.
Il
diritto
è
un
prodotto
essenzialmente
"
storico
"
,
frutto
di
sforzi
protratti
per
secoli
in
vista
di
risultati
pratici
di
grande
interesse
ma
di
enorme
difficoltà
:
esso
ha
dovuto
nel
suo
svolgimento
tener
conto
di
innumerevoli
esigenze
talora
contraddittorie
,
preferire
spesso
fra
più
mali
il
minimo
,
cercare
il
contemperamento
delle
varie
tendenze
,
dei
vari
bisogni
,
delle
varie
idealità
:
e
rappresenta
quindi
l
'
accumulazione
di
una
sapienza
che
spesso
è
di
difficile
comprensione
al
profano
,
e
presta
facilmente
il
fianco
alle
obbiezioni
superficiali
di
un
immaturo
senso
comune
.
Così
chi
guarda
soprattutto
all
'
esigenza
di
far
giustizia
mal
comprenderà
perché
il
giudice
sia
inceppato
da
leggi
che
pretendono
fissare
anticipatamente
la
misura
della
responsabilità
del
colpevole
.
Chi
guarda
invece
piuttosto
all
'
emenda
si
stupisce
della
barbarie
dei
mezzi
adoperati
nella
repressione
del
delitto
,
che
sono
in
contraddizione
con
tutte
le
teorie
moderne
sull
'
educazione
.
Chi
infine
guarda
alla
necessità
di
difendere
la
società
,
ove
non
interpreti
tale
concetto
con
sufficiente
larghezza
,
si
maraviglierà
di
certe
debolezze
e
condiscendenze
,
dell
'
inefficacia
dei
mezzi
escogitati
,
oppure
vorrà
un
adattamento
della
difesa
al
pericolo
concreto
,
troppo
superiore
a
quanto
non
permetta
la
necessità
di
determinare
legalmente
la
pena
prima
che
la
violazione
effettiva
si
sia
avverata
.
Le
medesime
considerazioni
si
possono
fare
,
a
parer
nostro
,
anche
intorno
a
quell
'
altra
questione
che
ci
interessa
:
quella
cioè
che
più
specialmente
riguarda
il
metodo
del
diritto
penale
.
IL
METODO
DEL
DIRITTO
PENALE
.
-
La
questione
del
metodo
può
dirsi
il
nodo
della
controversia
fra
i
positivisti
ed
i
"
classici
"
.
Il
metodo
di
cui
i
positivisti
propugnano
l
'
adozione
anche
nelle
discipline
penali
è
,
com
'
è
noto
,
quello
stesso
delle
scienze
naturali
,
"
positive
"
;
cioè
l
'
osservazione
e
,
entro
i
limiti
del
possibile
,
lo
sperimento
,
che
mettano
in
luce
le
vere
cause
del
delitto
,
rimovendo
le
quali
soltanto
si
può
sperar
di
sopprimere
il
delitto
stesso
.
"
Il
reato
è
un
fatto
dell
'
uomo
,
che
si
verifica
in
società
e
che
alla
società
riesce
dannoso
;
è
quindi
,
un
fenomeno
individuale
e
sociale
insieme
.
Or
dunque
è
necessario
prima
di
parlare
del
reato
,
studiare
l
'
uomo
che
ha
commesso
il
reato
e
l
'
ambiente
,
nel
quale
si
produsse
.
Di
qui
l
'
indagine
dei
caratteri
,
che
si
mostrano
propri
della
massa
dei
delinquenti
,
da
un
lato
;
dall
'
altro
,
l
'
esame
delle
peculiari
condizioni
dell
'
ambiente
fisico
e
sociale
,
nel
quale
la
delinquenza
fiorisce
.
Appariva
quindi
evidente
fin
dagli
esordi
del
nuovo
indirizzo
,
che
il
reato
,
una
volta
studiato
nelle
sue
manifestazioni
reali
e
quotidiane
,
era
il
prodotto
e
il
resultato
di
un
triplice
ordine
di
fattori
:
antropologici
od
individuali
(
fisici
e
psichici
)
,
fisici
e
sociali
.
Ora
,
che
un
tale
studio
possa
essere
fecondo
di
utili
ed
interessanti
risultati
,
è
cosa
evidente
.
E
appunto
notiamo
che
l
'
ipotesi
del
liberum
arbitrium
indifferentiae
colla
conseguente
impossibilità
di
ogni
studio
scientifico
del
delitto
,
aveva
per
tal
riguardo
un
effetto
deprimente
.
Chi
invece
nega
il
libero
arbitrio
ha
la
speranza
di
poter
un
giorno
fondare
una
scienza
completa
dell
'
uomo
in
tutte
le
manifestazioni
della
sua
attività
morale
e
materiale
,
e
quindi
anche
di
poter
rintracciare
tutte
quelle
cause
molteplici
che
possono
aver
posto
un
individuo
nella
triste
"
necessità
"
del
delitto
.
Ma
un
tale
studio
,
se
offre
un
interesse
scientifico
e
pratico
grandissimo
,
può
considerarsi
come
un
metodo
accettabile
in
diritto
penale
,
e
tale
da
poter
essere
utilmente
sostituito
al
metodo
finora
prevalente
?
Anzitutto
,
occorre
scartare
una
opinione
,
che
più
volte
nel
corso
del
presente
lavoro
abbiamo
dichiarata
errata
:
quella
cioè
che
un
'
organizzazione
,
qual
è
quella
del
diritto
,
che
ha
per
scopo
la
determinazione
ed
il
raggiungimento
di
fini
,
possa
aver
per
base
unica
l
'
osservazione
della
realtà
.
Se
una
cosa
debba
o
non
debba
essere
è
questione
in
cui
la
"
scienza
"
non
ha
nulla
che
fare
.
Se
una
pena
sia
o
no
conveniente
,
giusta
,
opportuna
è
cosa
che
solo
il
nostro
"
sentimento
"
può
decidere
.
Una
pena
potrebbe
apparirci
come
la
sola
efficace
a
estirpare
il
delitto
e
pur
essere
scartata
come
quella
che
urta
contro
il
nostro
senso
morale
.
La
osservazione
della
realtà
può
dirci
qual
è
il
risultato
dell
'
applicazione
di
una
data
pena
:
il
nostro
sentimento
,
se
il
provvedimento
della
pena
comporti
un
grado
di
desiderabilità
tale
da
essere
adottato
per
raggiungere
questo
risultato
.
In
altre
parole
,
anche
dopo
che
la
scienza
,
l
'
uso
del
metodo
positivo
,
ci
ha
mostrati
i
mezzi
necessari
ove
si
voglia
raggiungere
il
fine
,
resta
sempre
adito
al
giudizio
etico
se
valga
la
pena
di
adottarli
in
vista
del
medesimo
.
Perciò
,
sia
che
si
tratti
di
elaborare
il
diritto
o
di
stabilire
le
sanzioni
per
la
sua
violazione
,
l
'
uso
esclusivo
del
metodo
"
positivo
"
è
addirittura
una
impossibilità
.
Ma
se
tutto
ciò
è
vero
,
si
dirà
:
se
è
vero
che
la
sola
osservazione
oggettiva
della
realtà
non
può
bastare
né
al
giurista
,
né
al
moralista
;
pur
nondimeno
è
sempre
su
un
materiale
concreto
,
di
fatto
,
che
deve
esercitarsi
il
giudizio
nostro
,
se
anche
contiene
elementi
etici
;
e
quindi
quanto
più
la
pena
sarà
stabilita
caso
per
caso
,
quanto
più
essa
terrà
conto
dei
molteplici
e
variabili
elementi
che
possono
concorrere
a
modificare
l
'
opportunità
e
la
misura
del
gastigo
,
tanto
più
il
nostro
metodo
sarà
"
positivo
"
nel
senso
più
proprio
della
parola
;
poiché
questo
non
disconosce
la
funzione
del
nostro
senso
etico
nella
determinazione
del
fine
,
ma
richiama
l
'
attenzione
sulla
impossibilità
di
raggiungere
un
fine
qualsiasi
senza
conoscere
la
realtà
sulla
quale
si
deve
operare
.
Rispondiamo
che
tali
osservazioni
sarebbero
perfettamente
giuste
se
l
'
uso
dell
'
astrazione
non
trovasse
a
sua
volta
la
sua
giustificazione
nelle
esigenze
pratiche
della
materia
.
È
impossibile
evitar
l
'
uso
dell
'
astrazione
nella
scienza
;
tanto
meno
sarà
possibile
evitarlo
in
morale
e
diritto
.
Anche
per
ciò
che
riguarda
la
scienza
,
i
fatti
concreti
esorbitano
sempre
dalle
categorie
nette
e
precise
ch
'
essa
pone
,
e
contengono
sempre
dei
residui
e
degli
elementi
da
essa
non
contemplati
.
Ciò
è
vero
tanto
delle
scienze
astratte
quanto
di
quelle
che
si
propongono
espressamente
di
studiare
i
fatti
.
Il
fatto
della
scienza
non
è
il
fatto
della
natura
.
E
le
scienze
stesse
che
hanno
per
oggetti
i
fatti
procedono
per
due
vie
principali
:
la
constatazione
delle
somiglianze
e
la
determinazione
di
medie
:
processi
nei
quali
l
'
astrazione
si
trova
continuamente
implicata
.
Se
non
vi
fossero
anche
nei
fatti
delle
somiglianze
e
delle
ripetizioni
accanto
alle
loro
diversità
,
non
solo
la
scienza
storica
sarebbe
impossibile
,
ma
sarebbe
perfino
impossibile
riferire
un
fatto
qualsiasi
per
mezzo
delle
parole
;
non
avremmo
che
una
successione
d
'
impressioni
indefinibili
.
"
L
'
ordine
generale
dei
fatti
non
esclude
certi
disordini
,
né
la
regolarità
certe
irregolarità
.
Lo
storico
che
generalizza
,
classifica
,
riassume
,
deve
rendersi
conto
di
ciò
ch
'
egli
fa
;
egli
deve
vedere
che
la
complessità
e
la
varietà
del
reale
sorpassano
ogni
immaginazione
e
sfidano
ogni
sforzo
di
analisi
completa
;
egli
deve
guardarsi
dal
negare
la
diversità
col
pretendere
di
ricondurla
tutta
quanta
alle
unità
ch
'
egli
constata
.
Nella
morale
poi
,
ed
a
più
forte
ragione
nel
diritto
,
per
l
'
indole
sociale
di
queste
discipline
,
la
necessità
di
una
certa
astrazione
si
presenta
come
inevitabile
.
-
La
morale
sociale
è
certamente
più
astratta
della
morale
individuale
,
quale
può
elaborarsi
in
un
animo
generoso
,
preoccupato
della
inevitabile
insufficienza
di
tutte
le
soluzioni
generali
e
a
grandi
linee
dei
problemi
etici
.
Ogni
precetto
categorico
,
quando
sia
considerato
dalla
coscienza
individuale
desiosa
di
realizzare
il
minimo
possibile
di
ingiustizia
e
d
'
immoralità
,
è
atto
ad
apparir
difettoso
nel
senso
che
vi
sono
dei
casi
rispetto
ai
quali
esso
non
raggiunge
assolutamente
più
il
suo
fine
.
La
complicatezza
e
la
sottigliezza
della
casistica
etica
è
pressoché
infinita
.
Ne
consegue
pur
troppo
inevitabilmente
,
che
ogni
sistema
dogmatico
e
assoluto
di
morale
,
ogni
precettistica
astratta
,
ogni
"
codificazione
"
delle
nostre
norme
di
condotta
non
può
alla
lunga
non
apparire
insoddisfacente
ed
incompleta
alle
anime
più
nobili
e
raffinate
,
che
sono
senza
posa
alla
ricerca
del
massimo
bene
e
del
minimo
male
,
ed
atta
a
patire
,
nei
casi
reali
,
di
numerose
eccezioni
.
Se
alcune
norme
eterne
di
morale
ci
appajono
universalmente
giuste
,
come
per
esempio
quella
di
non
fare
agli
altri
ciò
che
non
vorremmo
fatto
a
noi
;
ciò
dipende
e
soprattutto
dal
fatto
ch
'
esse
esprimono
piuttosto
la
condizione
d
'
animo
in
cui
si
deve
porre
colui
che
vuol
giudicare
della
via
più
retta
nelle
evenienze
pratiche
,
che
non
una
vera
e
propria
regola
pratica
d
'
azione
.
Ma
appena
dall
'
indeterminatezza
ideale
si
scende
nel
campo
delle
pratiche
realtà
per
porre
una
regola
definita
da
non
derogarsi
mai
nelle
vicissitudini
della
vita
,
allora
nasce
tosto
il
conflitto
fra
le
più
delicate
aspirazioni
dell
'
anima
individuale
e
la
grossolana
rigidità
della
morale
tradizionale
e
legale
.
E
così
l
'
opinione
pubblica
è
in
genere
indulgente
verso
quelle
grandi
personalità
che
dànno
,
a
torto
o
a
ragione
,
maggiori
garanzie
di
veder
meglio
e
più
lontano
dagli
altri
,
permettendo
loro
di
violare
,
in
vista
di
un
resultato
determinato
,
i
canoni
più
indiscussi
della
morale
costituita
;
è
così
anche
che
vediamo
talvolta
le
persone
veramente
buone
e
generose
mettersi
in
contrasto
coi
modi
di
pensare
della
società
ove
vivono
,
perdonando
dove
altri
condannerebbe
,
e
valersi
della
loro
conoscenza
del
mondo
morale
per
trovare
giustificazioni
ed
attenuanti
prima
insospettate
alle
azioni
dei
loro
simili
,
ammaestrandoci
a
guardare
più
benevolmente
la
vita
degli
altri
e
ad
astenerci
da
ogni
giudizio
fondato
su
criteri
troppo
esclusivi
,
generali
ed
assoluti
.
"
De
même
que
la
grace
est
parfois
plus
belle
que
la
beauté
,
de
même
il
y
a
une
chose
encore
plus
juste
que
la
justice
:
la
bonté
"
.
Un
tal
modo
di
pensare
peraltro
,
ove
si
generalizzasse
in
epoche
di
senso
morale
malfermo
ed
incerto
,
ove
non
fosse
usato
con
una
certa
diffidenza
e
mantenuto
in
una
cerchia
,
per
così
dire
,
tutta
individuale
e
morale
,
sarebbe
certo
assai
pericoloso
.
Il
permesso
di
contravvenire
alle
norme
riconosciute
di
condotta
in
vista
di
un
fine
superiore
,
se
dispensato
con
troppa
larghezza
,
può
condurre
,
ai
peggiori
abusi
:
i
risultati
della
morale
gesuitica
sono
lì
per
ammaestrarcene
.
Ogni
società
richiede
per
conservarsi
e
prosperare
che
un
certo
numero
di
regole
pratiche
di
condotta
siano
universalmente
osservate
dai
consociati
,
e
che
la
facoltà
di
violarle
in
singoli
casi
non
sia
abbandonata
all
'
arbitrio
individuale
.
Il
numero
di
queste
regole
varia
coi
tempi
,
ed
è
presumibile
che
diminuisca
col
crescere
della
civiltà
e
col
perfezionarsi
del
senso
morale
.
Intanto
possiamo
vedere
che
già
si
cammina
per
certi
riguardi
in
questo
senso
.
Nelle
vecchie
società
a
base
consuetudinaria
ed
autoritaria
un
numero
enorme
di
atti
,
quale
oggi
a
grande
stento
riusciamo
a
rappresentarci
,
era
sottratto
all
'
arbitrio
individuale
e
regolato
secondo
precetti
rigidi
e
fissi
,
valevoli
per
ogni
tempo
ed
ogni
circostanza
sanzionati
da
pene
severissime
ed
inflessibili
.
In
tali
stadi
di
civiltà
sembra
,
come
osserva
il
Bagehot
,
essere
stato
profondamente
,
se
non
consapevolmente
sentito
che
per
i
popoli
ancora
all
'
inizio
della
propria
evoluzione
è
meglio
il
seguire
una
norma
purchessia
,
che
il
non
seguirne
alcuna
.
Oggi
invece
siamo
in
un
'
epoca
di
piena
discussione
:
vediamo
l
'
individuo
ergersi
colla
propria
ragione
e
col
proprio
sentimento
di
fronte
alla
collettività
,
senza
tollerare
altre
ingerenze
nella
sua
facoltà
di
crearsi
una
vita
secondo
le
proprie
aspirazioni
e
di
gudicare
della
opportunità
dei
proprii
atti
nelle
singole
circostanze
,
all
'
infuori
di
quelle
più
strettamente
necessarie
.
La
libertà
,
non
solo
di
fronte
alle
leggi
,
ma
anche
di
fronte
alla
pubblica
opinione
e
alle
consuetudini
,
la
reciproca
tolleranza
in
fatto
di
pensiero
e
di
moralità
,
tutta
questa
maggior
fluidità
e
plasticità
di
tutto
l
'
ambiente
sociale
sono
sintomi
della
maggior
fiducia
riposta
nell
'
individuo
e
della
corrispondente
diffidenza
verso
le
regole
di
viver
sociale
di
carattere
troppo
fisso
,
troppo
asssoluto
e
troppo
durevole
.
Ma
che
siamo
ben
lontani
ancora
dall
'
epoca
in
cui
si
potrà
fare
a
meno
di
ogni
regola
fissa
,
ce
lo
mostrano
d
'
altra
parte
tutte
le
nuove
leggi
sorte
in
epoca
recente
allo
scopo
di
guarentire
precisamente
questa
libertà
individuale
contro
i
soprusi
e
gli
arbitrii
dei
singoli
,
tutti
i
complicati
organi
del
diritto
pubblico
odierno
,
col
loro
meccanismo
di
freni
e
contrappesi
,
di
reciproca
vigilanza
e
controllo
,
che
costituiscono
uno
dei
caratteri
delle
moderne
democrazie
.
Onde
è
a
dirsi
che
si
tratti
piuttosto
di
una
sostituzione
di
norme
piuttosto
che
di
una
vera
e
propria
loro
diminuzione
,
e
che
si
è
in
cerca
di
regole
che
contemperino
il
massimo
di
libertà
e
indipendenza
individuale
,
il
massimo
di
fluidità
sociale
,
con
quella
regolarità
e
con
quell
'
equilibrio
necessario
alla
vita
di
una
società
;
non
del
modo
di
poter
fare
a
meno
di
qualunque
norma
;
-
tesi
quest
'
ultima
che
solo
gli
anarchici
,
nel
loro
incoercibile
ottimismo
,
possono
aver
l
'
audacia
di
sostenere
.
Tali
norme
pertanto
,
che
la
loro
sanzione
sia
semplicemente
esercitata
dall
'
opinione
(
morale
)
,
o
dallo
stato
(
diritto
)
,
non
possono
in
qualche
modo
non
partecipare
della
natura
dell
'
astrazione
:
il
diritto
non
può
,
per
la
sua
stessa
natura
di
disciplina
sociale
,
piegarsi
ai
fatti
particolari
nella
loro
complessità
talora
formidabile
.
È
così
che
nasce
il
conflitto
fra
la
legge
e
l
'
equità
,
fra
il
jus
strictum
e
il
jus
equum
,
fra
il
diritto
civile
e
il
naturale
,
fra
il
diritto
e
la
giustizia
.
Il
diritto
,
come
disse
il
Vico
,
ha
bisogno
anzitutto
del
certo
;
ora
il
certo
non
si
può
ottenere
se
non
fissando
dei
limiti
e
delle
categorie
generali
ed
astratte
,
che
,
appunto
come
tali
,
hanno
qualche
cosa
in
sé
dell
'
arbitrario
.
Di
questi
inconvenienti
-
e
come
potrebbe
essere
diversamente
?
-
partecipa
anche
il
diritto
penale
.
La
pena
accompagna
il
precetto
giuridico
come
sua
sanzione
,
precede
quindi
la
violazione
del
precetto
medesimo
e
non
può
pertanto
non
essere
astrattamente
commisurata
,
in
base
a
ciò
che
per
una
misura
media
appar
giusto
,
utile
.
E
ciò
per
una
necessità
difficilmente
evitabile
senza
andare
incontro
ad
inconvenienti
maggiori
.
È
necessario
che
ogni
cittadino
conosca
che
cosa
lo
attende
ov
'
egli
commetta
questa
o
quella
azione
lesiva
del
diritto
.
È
necessario
veder
guarentito
l
'
individuo
contro
l
'
arbitrio
personale
del
giudice
,
contro
l
'
impeto
momentaneo
del
sentimento
pubblico
,
contro
il
prevalere
di
considerazioni
estranee
al
magistero
penale
.
L
'
individualità
moderna
è
troppo
gelosa
della
propria
integrità
per
esporla
al
capriccio
variabile
e
alla
mutevole
forza
del
sentimento
.
Fra
le
garanzie
reclamate
oggidì
dall
'
individuo
,
la
principale
è
senza
dubbio
quella
consacrata
dall
'
art
.
1
del
codice
penale
nostro
,
il
principio
cioè
che
nessuno
possa
essere
punito
per
una
azione
che
non
sia
stata
nelle
debite
forme
e
anteriormente
al
suo
compimento
,
dichiarata
reato
.
Nullum
delictum
,
nulla
peona
sine
praevia
lege
poenali
.
Come
il
giudice
di
un
fatto
deve
essere
designato
prima
che
il
fatto
sia
compiuto
,
così
prima
del
fatto
deve
essere
stabilito
che
esso
costituisce
delitto
e
qual
'
è
la
pena
sua
.
Onde
il
grave
pericolo
insito
in
ogni
pena
indeterminata
.
La
pena
quindi
deve
essere
eseguita
quale
fu
stabilita
dalla
legge
,
e
non
in
base
ad
una
presunta
temibilità
del
reo
,
argomentata
dai
suoi
caratteri
particolari
.
"
La
pena
,
scrive
il
Carrara
,
non
può
essere
che
una
pena
.
Mite
sì
;
giusta
.
Ma
adeguata
al
passato
;
e
inamovibile
per
fatti
posteriori
"
.
Ed
ecco
la
semplice
e
naturale
giustificazione
di
quel
metodo
astratto
che
considera
il
reato
come
ente
giuridico
,
contro
al
quale
i
positivisti
sollevano
tante
obbiezioni
.
Ma
a
prescindere
dal
suo
"
sapor
metafisico
"
,
non
poco
irritante
forse
per
i
positivisti
più
profondamente
penetrati
dallo
spirito
di
scuola
,
nella
espressione
ente
giuridico
non
è
a
vedersi
se
non
l
'
espressione
della
necessità
di
una
determinazione
legale
del
delitto
,
del
valore
comparativo
dei
delitti
fra
loro
e
colle
rispettive
pene
,
-
e
ciò
puramente
a
scopo
di
pubblica
garanzia
.
Fissar
la
pena
prima
del
resto
vuol
dire
necessariamente
fissarla
per
mezzo
di
dati
astratti
,
di
generalizzazioni
,
ed
in
base
ad
una
media
:
quindi
esporla
ad
essere
nei
casi
concreti
,
malgrado
la
discrezione
limitata
concessa
al
giudice
,
ora
troppo
severa
,
ora
troppo
mite
.
Ma
come
evitar
ciò
?
È
un
'
imperfezione
pressoché
inevitabile
in
ogni
istituzione
sociale
ch
'
essa
non
debba
tener
conto
di
certe
esigenze
individuali
,
e
consideri
le
grandi
linee
e
le
grandi
masse
;
ciò
a
cui
dobbiamo
mirare
essendo
che
di
queste
ingiustizie
ve
ne
sia
il
minor
numero
possibile
.
-
Intanto
i
seguaci
della
nuova
scuola
,
col
voler
ridurre
senz
'
altro
il
giudizio
penale
ad
un
libero
esame
della
temibilità
dell
'
individuo
,
tolgono
,
senza
essere
forse
abbastanza
consci
della
gravità
ciò
che
propongono
,
una
delle
più
valide
garanzie
di
libertà
individuale
,
una
di
quelle
più
faticosamente
acquistate
in
epoche
recenti
.
D
'
accordo
in
ciò
colle
dottrine
in
apparenza
più
discordi
dalle
loro
,
come
,
p
.
es
.
,
quella
della
espiazione
,
essi
tendono
in
pratica
a
rinnovare
le
forme
più
schiette
del
procedimento
inquisitorio
,
col
subbiettivismo
,
coll
'
arbitrio
eccessivo
del
giudice
,
colla
pena
indeterminata
e
straordinaria
e
la
confusione
delle
parti
in
giudizio
,
che
a
questo
sistema
sono
inerenti
.
Qualunque
sia
il
nostro
parere
sulla
desiderabilità
di
ovviare
agli
inconvenienti
che
oggi
si
verificano
,
non
si
può
negare
l
'
importanza
di
simili
considerazioni
e
la
necessità
di
non
mai
perderle
di
vista
,
nel
tentar
qualunque
riforma
.
Anche
per
ciò
che
riguarda
il
metodo
nel
diritto
penale
,
possiamo
dunque
dire
che
le
affermazioni
dei
positivisti
,
a
meno
,
che
non
siano
corrette
da
numerose
restrizioni
,
sono
eccessive
o
peccano
di
unilateralità
,
non
tenendo
sufficiente
conto
di
esigenze
e
pericoli
pratici
per
volgere
l
'
attenzione
di
preferenza
a
uno
solo
dei
dati
del
complesso
problema
della
giustizia
pratica
.
Anche
qui
,
possiamo
dire
che
peccano
di
semplicismo
ed
ottimismo
,
mancando
pertanto
di
senso
"
positivo
"
.
-
Tutto
ciò
ci
mostra
qual
'
è
la
funzione
possibile
,
e
nello
stesso
tempo
quali
sono
i
limiti
,
del
"
metodo
positivo
"
nel
diritto
penale
.
Non
vogliamo
dire
che
le
nuove
dottrine
non
rappresentino
una
tendenza
giusta
e
vera
,
che
il
metodo
astratto
non
sia
la
fonte
,
in
molti
casi
concreti
,
di
deplorevoli
inconvenienti
,
che
la
corrente
di
pensiero
scientifico
,
la
quale
ha
influito
così
potentemente
nel
trasformare
tutte
le
condizioni
di
vita
nell
'
epoca
presente
,
debba
restare
senza
un
efficace
infiusso
nel
diritto
penale
.
Ben
diverso
è
il
nostro
pensiero
.
Crediamo
piuttosto
,
che
se
i
positivisti
forse
non
hanno
recato
tutto
il
vantaggio
che
possono
recare
,
se
si
sono
attirata
da
parte
dei
"
classici
"
un
'
antipatia
e
una
ripulsione
eccessiva
,
ciò
è
dovuto
al
fatto
ch
'
essi
non
hanno
saputo
sempre
discernere
la
parte
sana
delle
loro
dottrine
,
ch
'
essi
hanno
interpretato
il
"
positivismo
"
in
un
modo
troppo
angusto
e
parziale
,
traendone
conseguenze
affrettate
ed
estreme
e
mancando
di
quello
spirito
conciliativo
ed
equanime
,
senza
il
quale
ogni
collaborazione
scientifica
è
impossibile
.
Qualunque
sia
l
'
opinione
a
cui
si
arrivi
sulla
necessità
di
introdurre
questa
o
quella
riforma
nell
'
indirizzo
prevalente
nel
diritto
penale
,
indirizzo
che
risale
al
Beccaria
,
ciò
che
non
gli
si
può
contestare
è
l
'
amore
verso
la
libertà
umana
ed
i
diritti
individuali
,
a
cui
sono
ispirati
i
suoi
principi
.
-
Ogni
giudizio
su
di
esso
che
non
tenesse
conto
delle
sue
origini
nel
grande
movimento
razionalistico
del
secolo
XVIII
correrebbe
il
rischio
di
essere
ingiusto
e
manchevole
.
Come
reazione
a
tutto
un
sistema
,
inveterato
da
secoli
di
soprusi
e
d
'
arbitrii
,
per
cui
l
'
individuo
era
continuamente
minacciato
di
pene
oscure
ed
incerte
,
motivate
dall
'
argomento
senza
repliche
della
ragione
di
stato
,
niuna
meraviglia
ch
'
essa
abbia
talora
forse
anche
trapassato
il
segno
in
senso
contrario
.
Vediamo
infatti
il
movimento
di
riforma
accennarsi
in
sulle
prime
nel
Beccaria
stesso
con
forme
che
a
noi
parrebbero
eccessivamente
dogmatiche
ed
intransigenti
,
spiegabili
in
lui
per
il
fatto
ch
'
egli
si
era
trovato
a
contatto
col
sistema
,
contro
il
quale
combatte
,
in
tutta
la
sua
crudità
,
mentre
non
era
naturalmente
in
grado
di
misurare
gli
eventuali
danni
del
sistema
opposto
.
Sono
caratteri
della
dottrina
del
Beccaria
:
l
'
intolleranza
assoluta
di
ogni
interpretazione
della
legge
penale
,
non
giustificabile
neppure
con
giudici
peggiori
di
quelli
del
tempo
suo
;
un
ossequio
alla
legge
e
alla
certezza
della
pena
portato
fino
all
'
acciecamento
di
non
volerne
saper
neanche
del
diritto
di
grazia
;
la
mancanza
di
ogni
senso
storico
.
Tolto
quindi
assolutamente
l
'
arbitrio
del
giudice
;
e
alle
pene
arbitrarie
sostituite
pene
assolutamente
determinate
e
fisse
.
"
Chi
potrebbe
lagnarsi
della
proclamazione
di
questi
principi
,
osserva
il
Brusa
riferendosi
alla
nuova
legislazione
criminale
,
per
ciò
solo
che
di
un
tratto
essi
non
tennero
conto
di
certe
esigenze
ulteriori
della
giustizia
pratica
?
Se
il
diritto
criminale
avesse
dovuto
attendere
la
propria
risurrezione
prima
dallo
spirito
storico
che
non
da
quello
speculativo
,
neanche
la
riforma
leopoldina
e
le
altre
contemporanee
avrebbero
potuto
precorrere
la
rivoluzione
del
1849
.
Chi
può
anzi
dire
se
,
per
esempio
,
l
'
obbrobrioso
mercato
della
giustizia
che
profittava
a
giudici
e
sovrani
avrebbe
altrimenti
allora
cessato
,
insieme
all
'
abuso
delle
mitigazioni
per
motivi
futili
ed
indegni
,
come
quella
che
il
bigamo
avesse
,
sposando
una
meretrice
,
elevato
questa
ad
una
vita
onorata
?
"
.
La
stessa
giustificazione
utilitaria
del
diritto
di
punire
,
la
stessa
dottrina
del
contratto
sociale
,
per
quanto
oggi
si
possano
riconoscere
i
loro
difetti
come
teorie
generali
,
hanno
nella
mente
del
Beccaria
e
dei
suoi
contemporanei
una
funzione
ed
un
valore
che
sarebbe
ingiusto
disconoscere
.
Essi
rappresentano
la
negazione
degli
abusi
di
un
sistema
anteriore
:
la
teoria
utilitaria
,
come
quella
che
vuol
rattenere
la
pena
entro
i
limiti
della
necessità
di
reprimere
solo
le
azioni
che
veramente
turbano
l
'
ordine
e
la
tranquillità
sociale
;
la
teoria
del
contratto
sociale
come
quella
che
denuncia
le
ineguaglianze
stridenti
,
non
più
fondate
nella
reciprocità
dei
servigi
e
contrarie
al
sentimento
di
giustizia
.
Oggi
la
pratica
delle
legislazioni
è
venuta
introducendo
via
via
quelle
limitazioni
ai
principii
assoluti
,
che
apparvero
necessarie
ad
un
migliore
contemperamento
delle
varie
tendenze
.
-
Al
giudice
si
è
concesso
quell
'
arbitrio
che
è
indispensabile
al
retto
esercizio
delle
sue
funzioni
;
entro
i
limiti
fissati
dalla
legge
egli
può
graduare
la
pena
adattandola
quanto
è
più
possibile
alla
particolare
gravità
del
fatto
.
Per
ciò
che
riguarda
il
convincimento
,
il
sistema
delle
prove
morali
,
sostituito
a
quello
delle
prove
legali
,
nel
quale
massima
è
la
diffidenza
verso
la
personalità
del
giudice
,
già
segna
un
passo
grandissimo
in
una
direzione
nella
quale
si
può
molto
avanzare
.
Perocché
quando
è
lasciata
al
giudice
la
facoltà
di
condannare
od
assolvere
secondo
il
proprio
convincimento
,
sì
può
intravedere
anche
la
possibilità
di
lasciargli
secondo
il
proprio
convincimento
graduare
le
pene
.
E
l
'
istituzione
stessa
dei
giurati
,
per
quanto
la
si
voglia
limitata
al
puro
giudizio
del
fatto
,
pure
è
un
segno
della
medesima
tendenza
.
In
pratica
,
i
giurati
sono
i
rappresentanti
della
coscienza
popolare
anche
per
ciò
che
riguarda
la
valutazione
del
fatto
come
delitto
o
no
,
e
perciò
forniscono
un
avvicinamento
,
per
quanto
limitato
,
alla
"
individualizzazione
"
della
pena
.
Ma
in
tutto
ciò
il
canone
più
indicato
del
metodo
positivo
è
di
procedere
gradatamente
,
senza
sacrificare
nulla
di
ciò
che
si
è
ottenuto
,
in
vista
di
risultati
che
possono
essere
problematici
ed
incerti
.
La
"
individualizzazione
della
pena
"
non
è
l
'
aspirazione
esclusiva
di
nessuna
scuola
speciale
,
ma
la
tendenza
naturale
del
progresso
;
la
sola
questione
da
discutersi
essendo
fino
a
qual
punto
essa
si
possa
conciliare
con
garanzie
essenziali
di
libertà
contro
gli
arbitrii
di
qualunque
specie
.
Tale
questione
è
troppo
grave
per
essere
discussa
nel
presente
lavoro
,
che
pretende
più
che
altro
esporre
alcune
osservazioni
pregiudiziali
sulle
questioni
che
più
spesso
si
discutono
intorno
al
diritto
punitivo
;
-
la
forma
stessa
in
cui
tale
questione
è
da
noi
enunciata
,
mostra
d
'
altra
parte
come
riteniamo
essere
impossibile
risolverla
così
a
priori
ed
in
generale
.
Trattandosi
essenzialmente
di
una
questione
di
misura
,
essa
si
presterà
a
soluzioni
sempre
varie
coll
'
avanzare
del
tempo
e
col
progredire
della
civiltà
,
e
secondo
le
divergenze
nel
carattere
e
nell
'
educazione
dei
popoli
.
Nello
stabilire
il
valore
comparativo
dei
reati
fra
loro
e
la
proporzione
loro
colle
pene
,
una
legge
ben
fatta
dovrà
avvicinarsi
quanto
più
è
possibile
alla
realtà
delle
cose
,
ed
essere
quanto
più
possibile
particolareggiata
,
creando
distinzioni
e
categorie
che
realmente
corrispondano
a
quelle
che
si
riscontrano
nelle
cose
stesse
.
Ma
ciò
non
deve
considerarsi
come
un
sovvertimento
delle
basi
su
cui
fin
qui
posava
il
diritto
penale
.
-
Al
contrario
,
il
movimento
positivistico
deve
piuttosto
considerarsi
come
un
tentativo
di
completare
ed
integrare
l
'
indirizzo
fin
qui
prevalente
nel
diritto
penale
,
di
spingerlo
più
velocemente
in
una
direzione
già
presa
,
di
additarne
certe
lacune
e
di
colmarle
,
senza
per
questo
rinunciare
ai
benefizi
dall
'
indirizzo
prevalente
presi
più
specialmente
di
mira
.
-
Esso
non
può
propugnare
la
sostituzione
assoluta
del
"
metodo
positivo
"
al
metodo
astratto
:
ciò
sarebbe
,
come
abbiam
visto
,
non
aver
intesa
del
tutto
la
natura
del
metodo
positivo
,
e
disconoscere
quella
del
diritto
stesso
:
ma
nello
stesso
tempo
ci
dà
un
avvertimento
di
tener
conto
,
più
di
quanto
non
lo
si
sia
fatto
forse
per
il
passato
,
dei
risultati
dell
'
osservazione
positiva
,
e
soprattutto
insiste
su
alcuni
fatti
e
leggi
nuove
scoperte
o
intravedute
dalla
scienza
moderna
,
che
possono
condurci
a
vedere
un
po
'
diversamente
la
natura
dell
'
uomo
,
oggetto
del
diritto
penale
,
e
la
società
.
-
Ciò
può
portare
una
trasformazione
,
nella
legge
stessa
,
nel
senso
di
darle
una
maggior
specializzazione
,
nonché
nell
'
ufficio
del
giudice
,
aumentando
la
sua
discrezione
,
perché
egli
possa
tener
conto
di
quella
relatività
,
che
tutti
i
fenomeni
posseggono
,
e
che
non
si
può
trascurare
senza
lacerare
in
qualche
modo
la
giustizia
come
la
verità
.
Ed
è
qui
che
si
manifesta
una
delle
pieghe
caratteristiche
del
pensiero
moderno
,
che
merita
attenzione
.
La
"
negazione
del
libero
arbitrio
"
,
nel
senso
tradizionale
,
non
è
,
come
abbiam
visto
,
una
dottrina
così
sovversiva
come
alcuni
hanno
voluto
farla
apparire
:
e
non
è
che
in
base
ad
un
equivoco
che
si
può
sostenere
ch
'
essa
scalzi
le
basi
del
diritto
e
della
morale
.
Ciò
non
ostante
non
è
a
negarsi
l
'
influenza
che
deve
esercitare
il
nuovo
modo
di
concepire
la
libertà
sulle
concezioni
etiche
e
giuridiche
.
Il
"
liberum
arbitrium
indifferentiae
"
come
solo
ed
indispensabile
fondamento
della
libertà
e
della
responsabilità
,
portava
a
far
concepire
queste
come
qualità
fisse
ed
inalterabili
dell
'
uomo
in
ogni
condizione
di
tempo
e
di
cose
;
eccesso
a
cui
doveva
contrapporsi
quello
di
considerare
ogni
causa
ed
ogni
condizione
assegnabile
come
una
minorante
della
responsabilità
.
Ogni
ricerca
sulle
condizioni
obbiettive
della
responsabilità
dichiarata
pericolosa
,
o
scoraggiata
come
impossibile
.
Il
"
negatore
del
libero
arbitrio
"
che
non
sia
vittima
di
equivoci
sul
valore
di
tal
negazione
,
sarà
portato
invece
a
vedere
nella
libertà
e
responsabilità
,
qualità
esistenti
nell
'
uomo
,
ma
analoghe
alle
altre
,
atte
cioè
ad
essere
studiate
nella
loro
genesi
e
nella
loro
evoluzione
,
suscettibili
di
gradazioni
infinite
,
e
subordinate
alla
presenza
di
certe
condizioni
e
concomitanti
,
a
concepire
in
altri
termini
la
responsabilità
piuttosto
dinamicamente
ed
evoluzionisticamente
,
che
staticamente
.
Ed
in
questo
senso
gli
studi
nuovi
sulla
responsabilità
possono
portare
un
contributo
prezioso
,
come
al
sociologo
,
così
al
legislatore
e
al
giurista
.
Col
mostrarci
quali
delle
nostre
azioni
veramente
dipendano
dalla
nostra
volontà
,
fino
a
che
punto
siamo
effettivamente
liberi
di
compiere
una
data
azione
,
e
fino
a
che
punto
invece
la
responsabilità
dei
nostri
atti
vanisca
dinanzi
all
'
influenza
di
cause
prepotenti
,
essa
può
rivelarci
nuovi
casi
di
irresponsabilità
,
come
anche
di
responsabilità
finora
inaspettate
(
ipnotismo
,
suggestione
)
.
Né
il
giurista
deve
guardare
con
sospetto
e
diffidenza
la
corrente
dei
nuovi
studi
come
se
ogni
risultato
di
questi
dovesse
segnare
un
'
offesa
alla
integrità
del
diritto
e
della
morale
.
L
'
idea
di
un
antagonismo
fra
gli
studi
"
positivi
"
in
genere
e
le
nostre
aspirazioni
etiche
è
un
concetto
falso
,
contro
il
quale
è
stato
nostro
intento
di
combattere
in
tutto
il
corso
del
presente
lavoro
.
Abbiamo
dunque
visto
a
che
cosa
si
riduca
la
possibilità
per
gli
studi
scientifici
di
modificare
il
nostro
concetto
di
responsabilità
:
non
nella
negazione
di
questa
,
ma
nell
'
avvertimento
che
la
responsabilità
è
qualche
cosa
di
più
fuggitivo
,
di
meno
palpabile
,
di
assai
più
legato
al
fatto
particolare
nella
sua
complessità
,
di
quanto
forse
non
lo
supponessero
le
vecchie
scuole
di
morale
,
sta
l
'
importanza
della
nuova
scuola
anche
nel
campo
del
diritto
penale
.
Ed
è
questo
anzi
,
a
mio
parere
,
ciò
che
dovrebbe
renderla
sopra
ogni
altra
cosa
simpatica
.
Essa
tende
a
mostrarci
sempre
più
che
anche
nel
campo
dell
'
infamia
e
del
delitto
sono
numerosi
i
disgraziati
,
coloro
che
hanno
assai
più
bisogno
di
essere
educati
,
ajutati
e
curati
che
d
'
essere
minacciati
di
punizione
.
Nonostante
le
intemperanze
e
gli
errori
incontestabili
che
ne
hanno
segnato
il
sorgere
,
la
nuova
scuola
desta
attenzione
e
interesse
per
il
nuovo
soffio
di
simpatia
che
da
essa
nccessariamente
,
quasi
a
dispetto
di
certe
sue
premesse
utilitarie
,
spira
verso
coloro
che
furono
condotti
al
delitto
e
all
'
abbrutimento
da
cause
strapotenti
.
Essa
ci
addita
,
se
non
l
'
impossibilità
,
la
terribile
difficoltà
di
sfuggire
a
certi
impulsi
quando
tutto
nella
vita
concorre
a
togliere
stimolo
e
potenza
alla
difesa
contro
di
essi
.
Essa
ci
mostra
,
anche
nel
campo
della
morale
,
l
'
esistenza
di
una
schiera
di
privilegiati
,
che
compiono
il
bene
senza
fatica
,
poiché
tutto
in
loro
,
condizioni
fisiologiche
,
psicologiche
e
sociali
,
cospira
a
far
loro
vedere
il
lato
buono
delle
cose
,
che
godono
una
specie
di
"
rendita
di
situazione
"
morale
,
mentre
per
altri
la
medesima
condotta
non
potrebbe
mantenersi
se
non
a
prezzo
di
indicibili
sforzi
e
sacrifizi
.
Onde
un
grande
e
benefico
impulso
a
tutte
le
riforme
sociali
,
che
tendono
a
togliere
le
cause
della
delinquenza
,
in
modo
da
render
quanto
meno
necessario
è
possibile
il
provvedimento
increscioso
ed
imperfetto
dell
'
applicazione
della
pena
.
La
pena
non
è
il
miglior
modo
di
difesa
sociale
,
o
di
tutela
giuridica
che
dir
si
voglia
.
La
sua
efficacia
è
limitata
:
è
presto
raggiunto
il
punto
oltre
il
quale
un
aumento
nella
severità
di
essa
non
produce
più
una
diminuzione
corrispondente
negli
attentati
al
diritto
.
La
sicurezza
sociale
non
è
perciò
da
essa
se
non
imperfettamente
ristabilita
:
il
senso
morale
,
se
non
imperfettamente
soddisfatto
.
Ogni
giorno
,
coll
'
ingentilirsi
dei
costumi
,
cresce
la
ripugnanza
per
i
mezzi
fisici
di
repressione
;
ogni
giorno
,
si
sente
maggiormente
il
bisogno
di
trovare
mezzi
più
potenti
e
più
civili
di
prevenire
il
delitto
.
Sotto
un
certo
aspetto
,
la
pena
può
considerarsi
come
il
sintomo
dell
'
impotenza
della
società
a
provvedere
altrimenti
ai
mali
che
la
travagliano
.
Troppo
forse
si
è
creduto
per
lo
addietro
che
i
mezzi
penali
fossero
la
panacea
per
tutte
le
correnti
delittuose
che
serpeggiano
nella
società
.
Gli
studi
positivi
moderni
,
psicologici
,
antropologici
e
sociali
,
hanno
se
non
altro
il
merito
di
aver
fatto
concepire
in
un
modo
più
relativo
la
natura
e
la
funzione
del
diritto
penale
.
La
controversia
fra
la
scuola
positiva
e
la
scuola
classica
può
dirsi
pertanto
un
prodotto
,
più
che
di
divergenze
reali
di
dottrine
,
di
tendenze
e
di
aspirazioni
.
Eccessivamente
ostile
è
stata
forse
finora
l
'
attitudine
sì
da
una
parte
che
dall
'
altra
;
ed
è
venuto
,
parmi
,
il
momento
in
cui
alle
lotte
ed
alle
polemiche
,
in
parte
almeno
sterili
,
debba
succedere
il
riconoscimento
dei
rispettivi
limiti
,
il
contemperamento
delle
tendenze
,
e
la
serena
collaborazione
.
-
"
Se
nel
secolo
XVI
,
scrive
Carlo
Cattaneo
in
alcune
sue
mirabili
pagine
,
che
fu
il
primo
dell
'
era
moderna
,
la
ragione
individuale
aveva
ardito
farsi
a
discutere
popolarmente
li
arcani
religiosi
,
e
nel
XVII
li
asserti
delle
scuole
filosofiche
,
nel
XVIII
ella
estese
quell
'
aspro
sindacato
a
tutte
le
istituzioni
civili
.
Sommo
divenne
il
contrasto
fra
la
vita
delli
uomini
e
i
loro
pensieri
.
Vivendo
in
mezzo
all
'
intreccio
dei
vincoli
sociali
,
quelle
menti
animate
dai
geometri
e
acuite
dal
calcolo
mercantile
osarono
domandare
se
,
e
come
,
e
quanto
ciascuna
istituzione
giovasse
ad
ogni
individuo
partecipe
della
civile
aggregazione
.
Tutto
si
valutò
dunque
col
giudicio
individuale
e
giusta
l
'
individuale
interesse
.
Si
considerò
la
società
come
un
patto
fra
eguali
;
si
domandò
la
revisione
del
patto
,
il
ritorno
all
'
uguaglianza
primitiva
,
la
restituzione
dello
stato
naturale
del
genere
umano
.
Le
predilezioni
delle
scuole
e
l
'
inesplicabile
eccellenza
delle
arti
e
delle
lettere
antiche
sospinsero
ad
immaginare
un
mondo
primitivo
,
educato
nelle
lingue
,
nelle
arti
,
nelle
scienze
,
nelle
leggi
da
una
serie
di
geni
benefici
,
l
'
opera
dei
quali
sotto
lo
sforzo
della
superstizione
e
della
violenza
fosse
venuta
oscurandosi
successivamente
fino
alle
caligini
del
Medio
Evo
,
ma
potesse
coll
'
opera
d
'
altri
geni
rivocarsi
in
breve
,
e
quasi
di
repente
,
al
nativo
splendore
.
Vi
fu
perfino
chi
preferì
ad
una
fittizia
civiltà
,
ingombra
dei
ruderi
d
'
ogni
tempo
e
piena
di
ingiustizie
e
di
corruttele
,
la
semplice
e
pura
vita
,
che
li
uomini
dovevano
aver
gioito
prima
del
patto
sociale
in
seno
alla
primigenia
selva
della
terra
.
Adunque
lo
sforzo
capitale
del
pensiero
umano
nello
scorso
secolo
XVIII
era
una
generale
censura
delle
istituzioni
del
tempo
,
nel
senso
di
ogni
individuo
,
e
all
'
intento
di
ristaurare
il
regno
della
logica
naturale
e
della
personale
indipendenza
.
Nel
secolo
presente
vi
fu
quasi
riflusso
del
pensiero
umano
in
contrario
verso
.
Si
trovò
che
l
'
utile
di
ogni
individuo
scaturiva
dal
complesso
dell
'
azienda
sociale
,
né
poteva
avverarsi
mai
nella
solitudine
o
nel
dissociamento
.
Le
più
complicate
istituzioni
apparvero
necessari
effetti
del
consorzio
civile
e
forme
della
sua
esistenza
.
Si
vide
che
certe
consuetudini
erano
scala
e
preparazione
ad
altre
migliori
,
alle
quali
i
popoli
non
potevano
giungere
altrimenti
;
e
così
si
vennero
spiegando
e
giustificando
certi
ordinamenti
transitori
,
che
in
faccia
ad
una
logica
immediata
sembravano
assurdi
e
barbari
.
Viceversa
s
'
intravvide
sotto
lo
splendore
delle
libertà
antiche
l
'
oppressione
e
la
servitù
delle
moltitudini
,
e
nella
dolorosa
ruina
di
quelle
meravigliose
civiltà
si
riconobbe
un
evento
che
poteva
condurre
all
'
emancipazione
degli
oppressi
.
La
consolante
dottrina
del
progresso
si
svolse
dal
seno
della
istoria
si
vide
il
genere
umano
elevarsi
dalla
ferocia
del
vivere
ferino
,
attraverso
alla
guerra
,
alla
schiavitù
,
alle
devastazioni
,
alle
tirannidi
,
ai
supplici
,
alle
torture
,
sino
all
'
effezione
graduale
dell
'
utile
,
del
giusto
,
dell
'
equo
,
del
bello
,
del
vero
,
della
pace
,
della
carità
.
Allora
si
rallentò
quella
inesorabile
censura
,
spinta
dai
nostri
padri
nel
diretto
interesse
dell
'
individuo
;
ed
in
quella
vece
si
promosse
un
'
interpretazione
benigna
,
benigna
forse
oltre
misura
,
di
tutte
le
transazioni
scalari
e
successive
della
civil
società
:
si
giustificò
il
senso
comune
dei
popoli
,
che
aveva
sancito
e
venerato
ciò
che
era
rispettivamente
opportuno
ai
luoghi
ed
ai
tempi
;
e
le
leggi
più
celebri
apparvero
piuttosto
frutti
di
una
certa
graduale
maturanza
d
'
interessi
e
di
opinioni
,
che
liberi
decreti
della
mente
individua
dei
legislatori
.
Perloché
la
tendenza
più
comune
del
pensiero
istorico
in
questo
secolo
XIX
è
una
generale
spiegazione
delle
eccessive
forme
civili
,
in
quanto
promuovono
gradualmente
lo
spontaneo
sviluppo
dell
'
individuo
ed
il
suo
bene
,
nello
sviluppo
e
nel
bene
della
intera
società
.
Questo
comune
movimento
delle
dottrine
filosofiche
e
istoriche
nell
'
età
nostra
si
diramò
poi
per
molte
strade
assai
divergenti
.
Li
uni
,
mettendosi
a
tutta
carriera
nella
idea
delle
successive
evoluzioni
sociali
,
vollero
stringere
un
corso
di
secoli
in
poche
giornate
,
e
s
'
appresero
di
slancio
al
sogno
di
un
incivilimento
nuovo
ed
inaudito
,
senza
famiglia
,
senza
eredità
,
senza
proprietà
.
Altri
al
contrario
acquietandosi
nella
generale
giustificazione
dei
fatti
,
e
confidando
nel
genio
naturale
delle
moltitudini
,
e
nella
forza
ingenita
che
spinge
le
cose
al
compimento
di
un
ordine
prestabilito
,
ricadono
nel
fatalismo
dell
'
oriente
,
e
maledicendo
alla
virtù
infelice
santificano
la
vittoria
e
adorano
la
forza
.
Altri
fraintesero
la
giustificazione
istorica
del
passato
,
e
vi
supposero
la
necessità
di
ritornare
le
cose
ai
loro
principi
;
e
vanamente
additarono
,
come
mèta
ad
un
viaggio
retrogrado
dell
'
umanità
,
ora
l
'
un
ora
l
'
altra
delle
età
già
consumate
.
In
mezzo
a
queste
aberrazioni
,
i
più
veggenti
sanno
congiungere
la
fiducia
nel
progresso
alla
paziente
accettazione
delle
lente
e
graduate
sue
fasi
,
e
alla
critica
proporzionale
e
perseverante
,
ch
'
è
pur
necessaria
a
promuoverlo
.
Essi
sanno
discernere
le
istituzioni
transitorie
e
caduche
da
quelle
senza
cui
l
'
umano
consorzio
non
regge
.
Essi
nutrono
la
generosa
persuasione
che
l
'
individuo
non
è
sempre
cieco
strumento
del
tempo
,
ma
una
forza
libera
e
viva
,
la
quale
tratto
tratto
può
far
trapiombare
la
dubia
bilancia
delle
umane
cose
.
Questa
scuola
pratica
,
che
studia
il
campo
della
libertà
umana
nel
seno
della
necessità
e
del
tempo
,
deve
librarsi
tra
la
violenza
logica
delle
dottrine
passate
,
e
l
'
indolente
e
servile
ottimismo
delle
dottrine
che
si
levarono
sulla
ruina
di
quelle
"
.
Sarebbe
difficile
invero
immaginare
un
quadro
più
eloquente
e
più
vero
di
ciò
che
è
stato
il
grande
movimento
scientifico
del
secolo
testé
trascorso
e
un
cenno
più
chiaro
e
riassuntivo
di
quelli
che
sono
veramente
,
a
parer
nostro
,
i
caratteri
essenziali
delle
tendenze
positive
moderne
.
In
un
altro
nostro
scritto
,
abbiamo
tentato
di
dare
al
"
positivismo
"
un
significato
più
vasto
,
e
nello
stesso
tempo
meno
radicale
e
dogmatico
di
quello
che
gli
attribuiscono
molti
dei
sostenitori
dei
"
sistemi
"
positivistici
;
di
mostrare
cioè
come
sia
vano
il
voler
restringere
questo
all
'
accettazione
ed
alla
applicazione
di
pochi
principi
teorici
e
metodologici
,
e
come
si
tratti
,
piuttosto
che
di
un
brusco
mutamento
nella
direzione
del
pensiero
scientifico
,
dello
sviluppo
graduale
di
una
specie
di
facoltà
nuova
,
così
variata
e
complessa
nei
suoi
diversi
aspetti
che
è
pressoché
impossibile
di
darne
una
definizione
che
sia
insieme
e
completa
e
precisa
.
Chi
potrebbe
,
per
esempio
,
formulare
esattamente
i
principi
su
cui
si
fonda
il
senso
storico
,
quella
delicata
facoltà
di
comprendere
ogni
epoca
sotto
il
suo
vero
colore
,
facoltà
che
è
uno
dei
tratti
più
caratteristici
della
società
intellettuale
contemporanea
?
È
qualche
cosa
di
simile
a
ciò
che
si
chiama
,
nella
vita
sociale
,
la
inestimabile
qualità
del
"
tatto
"
del
"
saper
vivere
"
-
qualche
cosa
che
non
s
'
insegna
,
ma
che
s
'
impara
bensì
,
frequentando
certe
persone
,
vivendo
in
certi
ambienti
,
respirando
,
come
si
suol
dire
,
una
certa
atmosfera
.
"
Se
osserviamo
-
dicevamo
-
la
differenza
fra
la
scienza
e
la
filosofia
moderna
e
quelle
che
hanno
per
lo
più
prevalso
nel
passato
,
vediamo
che
ciò
che
più
nettamente
caratterizza
questa
in
confronto
a
quella
è
lo
spirito
nuovo
di
cui
questa
è
animata
.
Vediamo
in
essa
,
da
un
lato
,
una
maggior
circospezione
nelle
osservazioni
e
nelle
esperienze
,
una
conoscenza
più
esatta
dei
mezzi
più
atti
a
raggiungere
un
determinato
risultato
scientifico
,
una
maggior
prudenza
nella
generalizzazione
e
nella
deduzione
,
un
più
completo
disinteresse
,
per
così
dire
,
nella
aspirazione
alla
verità
,
un
'
unità
più
completa
nella
sua
ricerca
,
e
infine
una
indipendenza
maggiore
da
considerazioni
estranee
alla
scienza
;
dall
'
altra
parte
,
un
perfezionamento
dello
spirito
critico
,
la
tendenza
a
non
accontentarsi
di
spiegazioni
puramente
verbali
e
formali
di
fenomeni
,
ad
analizzare
i
nostri
concetti
e
a
scomporre
ne
'
suoi
elementi
ogni
nostra
cognizione
.
Finalmente
,
bisogna
tener
conto
della
influenza
profonda
esercitata
in
tutti
i
rami
dello
scibile
dal
nuovo
elemento
di
recente
introdotto
nelle
speculazioni
filosofiche
e
scientifiche
:
la
teoria
della
evoluzione
.
Mentre
prima
v
'
era
la
tendenza
a
considerare
ogni
cosa
"
sub
specie
aeternitatis
"
,
oggi
tutto
invece
ci
appare
in
preda
ad
un
perpetuo
lavorio
di
trasformazione
e
siamo
portati
a
considerare
tutti
gli
eventi
piuttosto
da
un
punto
di
vista
dinamico
che
statico
.
Si
è
propagato
fra
noi
un
sentimento
oltremodo
vivace
della
relatività
di
tutti
i
fenomeni
concreti
al
momento
,
cosmologico
o
storico
,
in
cui
si
producono
;
onde
una
reazione
contro
i
modi
troppo
astratti
e
semplicisti
di
concepire
la
realtà
,
i
quali
troppo
trascuravano
il
"
coefficiente
del
tempo
"
,
e
contro
la
filosofia
razionalista
del
secolo
XVIII
;
è
la
propagazione
del
metodo
storico
comparativo
in
tutte
le
scienze
"
.
È
a
torto
che
alcuni
hanno
voluto
vedere
in
questo
complesso
di
tendenze
,
frutto
della
maturità
scientifica
dei
tempi
nostri
,
l
'
indicazione
di
una
limitazione
effettiva
del
nostro
sapere
ad
una
porzione
ristretta
della
realtà
,
mentre
un
vasto
campo
di
questa
,
tutto
ciò
ché
riferisce
all
'
al
di
là
dei
fenomeni
,
sia
per
sempre
sottratto
alle
nostre
indagini
.
L
'
Agnosticismo
sistematico
è
anzi
ciò
che
vi
può
esser
di
più
estraneo
alla
scienza
moderna
.
Se
si
è
creduto
il
contrario
,
ciò
dipende
dall
'
influenza
che
nella
filosofia
moderna
hanno
avuto
le
teorie
della
conoscenza
di
Hume
,
Berkeley
,
Kant
.
Ma
tali
dottrine
,
qualunque
sia
la
nostra
opinione
sulla
loro
intrinseca
accettabilità
e
giustezza
,
qualunque
sia
stata
l
'
opinione
dei
loro
stessi
creatori
,
non
giustificano
,
come
è
stato
mostrato
,
alcuna
delle
conseguenze
agnostiche
e
scettiche
che
alcuni
ne
hanno
tratto
.
Il
loro
scopo
,
non
è
,
abbiamo
detto
,
di
dare
un
giudizio
sulla
possibilità
o
l
'
attendibilità
della
nostra
conoscenza
,
ma
di
definirla
e
spiegarla
;
di
dirci
che
cosa
intendiamo
dire
quando
affermiamo
che
la
tal
cosa
esiste
,
che
la
sua
causa
è
la
tal
altra
cosa
,
etc
.
,
non
di
dirci
se
tali
nostri
giudizi
siano
veri
o
no
.
Delle
parole
causa
,
sostanza
,
realtà
e
simili
esse
ci
forniscono
definizioni
nuove
e
diverse
dalle
antiche
;
ma
non
ne
segue
che
per
ciò
solo
alcuna
porzione
della
realtà
sia
sottratta
alle
nostre
ricerche
come
non
ne
segue
neppure
che
debba
prevalere
questo
o
quel
metodo
di
ricerca
ad
ogni
altro
.
Se
oggi
sappiamo
imporre
dei
limiti
ad
una
troppo
impaziente
curiosità
scientifica
,
se
ci
atteniamo
di
preferenza
,
ove
ciò
sia
possibile
,
al
metodo
induttivo
o
sperimentale
,
piuttosto
che
all
'
astratto
e
razionale
;
ciò
non
che
per
la
nostra
esperienza
intellettuale
più
matura
,
la
quale
ci
ha
insegnato
la
via
più
economica
e
sicura
per
giungere
alla
scoperta
del
vero
,
ed
a
guardarci
da
certe
intemperanze
ed
errori
in
cui
troppo
spesso
caddero
i
pensatori
del
passato
.
Concludendo
adunque
,
il
positivismo
più
che
un
sistema
nuovo
e
radicalmente
diverso
da
quelli
che
lo
hanno
preceduto
,
rappresenta
un
complesso
di
tendenze
che
si
sono
formate
a
poco
a
poco
in
un
grande
secolo
di
indefesso
lavoro
pratico
ed
intellettuale
,
di
incessante
discussione
e
di
inesorabile
critica
:
il
sorgere
delle
scuole
storiche
ed
evoluzionistiche
,
la
visione
sempre
più
netta
della
relatività
e
della
complessità
dei
fenomeni
,
la
ripugnanza
a
concepire
qualsiasi
campo
della
realtà
come
non
soggetto
a
leggi
"
naturali
"
sono
tutte
manifestazioni
del
medesimo
movimento
.
Di
queste
tendenze
generali
del
mondo
moderno
dovevano
inevitabilmente
risentirsi
anche
la
morale
ed
il
diritto
,
e
ciò
naturalmente
non
poteva
avvenire
senza
un
periodo
di
crisi
,
contrassegnato
dalla
eccessiva
baldanza
demolitrice
degli
uni
,
da
eccessivi
timori
e
ingiustificati
scoraggiamenti
degli
altri
.
Per
ciò
che
riguarda
il
diritto
penale
,
abbiam
visto
come
ciò
si
palesasse
soprattutto
nella
pretesa
demolizione
del
concetto
di
responsabilità
,
e
nelle
offese
all
'
autonomia
del
nostro
senso
morale
nel
determinare
l
'
esistenza
e
la
ragione
del
"
diritto
di
punire
"
.
Ma
abbiam
visto
pure
,
come
ciò
derivasse
da
una
errata
interpretazione
dei
principii
supremi
su
cui
il
movimento
positivo
si
reputa
fondato
.
Resta
dunque
,
come
sola
legittima
e
veramente
feconda
,
la
tendenza
rappresentata
da
tutti
i
moderni
studi
psicologici
e
sociali
,
criminologici
e
antropologici
.
Nello
stesso
tempo
,
abbiamo
rilevato
come
ciò
possa
portare
a
limitazione
e
sostituzioni
parziali
del
diritto
punitivo
con
altri
mezzi
migliori
.
Non
già
però
in
forza
della
enunciazione
di
alcuni
principii
,
ma
per
opera
dei
risultati
a
cui
eventualmente
i
nuovi
studi
metteranno
a
capo
.
Fino
a
che
punto
ciò
potrà
portare
ad
una
trasformazione
profonda
del
presente
indirizzo
nel
diritto
penale
,
è
impossibile
determinare
sin
d
'
ora
,
solo
un
avvenire
di
studi
,
d
'
esperienze
e
d
'
ulteriore
maturazione
scientifica
e
morale
potrà
dare
gradualmente
a
questa
domanda
una
completa
risposta
.
Gennaio
-
Ottobre
1901
Saggistica ,
1939
I
.
È
difficile
crescere
Infanzia
del
cuore
.
Podbielski
esplora
,
con
quel
timido
amore
che
guidò
prima
di
lui
Rilke
e
Alain
-
Fournier
,
l
'
anima
giovanile
.
E
al
suo
sguardo
,
come
a
quello
dei
maestri
,
si
offrono
paesaggi
autunnali
:
i
paesaggi
ricchi
d
'
ombre
su
cui
autore
e
figure
si
confondono
insensibilmente
.
Ma
in
questa
uniformità
di
orizzonti
è
il
segno
di
un
'
attitudine
genuina
più
che
di
una
scuola
,
nell
'
incapacità
a
separare
il
disegno
dal
gesto
è
l
'
impronta
di
nature
costrette
a
un
esclusivo
lirismo
.
Podbielski
ignora
la
catarsi
perché
ignora
il
dramma
.
Fra
Klaus
e
Dedalus
,
ritratti
di
giovani
artisti
,
ogni
somiglianza
è
esclusa
.
Dove
Joyce
dispone
vigorosi
contrasti
o
si
rifugia
nell
'
ironia
e
così
drammatizza
,
Podbielski
contamina
,
traduce
sempre
in
un
invariato
lamento
.
Perenne
contaminazione
,
viva
e
umana
nell
'
adeguarsi
della
storia
interiore
del
protagonista
alla
vita
esterna
nei
suoi
quotidiani
eventi
.
Alain
-
Fournier
aveva
scoperto
per
l
'
anima
giovanile
quel
«
domane
inconnu
»
che
è
il
suo
intatto
regno
.
Ma
l
'
inquieta
anima
del
ragazzo
di
Podbielski
non
ha
un
suo
regno
.
Klaus
cade
in
città
da
semplici
consuetudini
di
villaggio
e
il
suo
destino
è
sommerso
nel
turbine
dei
destini
altrui
.
Sono
pochi
giorni
di
esperienze
.
Il
ragazzo
ha
assistito
per
caso
a
un
'
opera
teatrale
in
cui
crede
di
vedere
rappresentati
i
propri
dubbi
e
le
proprie
ansietà
,
il
dramma
di
chi
teme
di
non
poter
affrontare
la
vita
senza
una
guida
.
Scrive
all
'
autore
,
Hesber
,
che
lo
riceve
benevolmente
,
esperto
di
queste
angosce
giovanili
,
ma
sa
che
non
potrà
aiutarlo
.
Semplicissima
trama
:
gli
incontri
successivi
del
ragazzo
con
lo
scrittore
e
i
suoi
amici
,
l
'
interessamento
febbrile
a
questa
nuova
vita
,
l
'
amore
che
si
matura
per
Gela
,
l
'
amica
di
Hesber
,
e
l
'
inevitabile
distacco
che
pone
una
precisa
moralità
.
Solo
il
ritorno
alla
solitudine
,
la
dolorosa
indipendenza
da
ogni
legame
faranno
del
ragazzo
inquieto
un
artista
.
Messaggio
non
nuovo
.
Ho
ricordato
in
principio
un
maestro
,
Rilke
,
e
altri
nomi
dovrei
aggiungere
,
primo
fra
tutti
quello
di
Gide
.
Il
breve
romanzo
è
condotto
sui
temi
cari
a
Rilke
e
a
Gide
(
la
ricchezza
della
sorte
,
il
figliol
prodigo
,
la
riconoscenza
delle
cose
,
il
ritorno
alla
solitudine
)
.
Certo
Podbielski
non
è
un
novatore
.
Così
i
modi
del
suo
stile
sono
spesso
legati
a
esempi
di
un
decadentismo
primitivo
;
quello
delle
inani
bianche
sul
nero
lucido
del
pianoforte
,
quello
delle
frasi
interrotte
da
ambigui
puntini
.
Posizioni
stilistiche
e
morali
cui
siamo
avversi
.
Non
perché
predica
il
ritorno
alla
solitudine
o
per
amore
a
certe
sue
faticose
immagini
,
ci
siamo
rivolti
a
Podbielski
.
Ma
perché
nuova
e
pura
è
in
lui
la
precisa
volontà
d
'
arte
.
Volontà
che
talvolta
,
come
nel
secondo
dei
frammenti
tradotti
,
pienamente
si
attua
.
Per
queste
rare
pagine
l
'
autore
ventiduenne
merita
l
'
augurio
più
giusto
:
che
egli
possa
seguire
la
via
del
maggiore
fra
i
suoi
maestri
,
Rilke
,
il
quale
dai
primi
versi
indulgenti
alla
più
semplice
curva
del
sentimento
e
del
ritmo
seppe
educare
il
canto
alla
dignità
delle
ultime
espressioni
.
Perché
,
come
dice
Gela
al
ragazzo
inquieto
:
«
Nichts
ist
schwerer
als
wachsen
»
(
Niente
è
più
difficile
che
crescere
)
.
II
.
Viaggio
a
interlaken
Il
vangelo
dei
milionari
.
Partimmo
dalla
dormente
cittadina
francese
mentre
l
'
alba
si
annunziava
appena
dietro
i
tetti
delle
vecchie
case
.
Davanti
all
'
agenzia
di
viaggi
,
punto
di
ritrovo
e
di
partenza
,
attendevano
alcune
persone
;
un
giovanotto
sollevava
la
saracinesca
con
il
rumore
stridulo
e
isolato
delle
ore
notturne
.
Il
mio
amico
disse
che
erano
mercanti
di
buoi
.
Mi
sorprese
dapprima
una
conoscenza
così
profonda
delle
classi
sociali
,
ma
vidi
poi
un
cartello
che
annunziava
per
quel
giorno
la
grande
fiera
bovina
di
Thun
e
riconobbi
che
il
loro
aspetto
non
ammetteva
equivoci
.
Vicino
ai
mercanti
aspettavano
pazientemente
mogli
e
figlie
.
Dopo
un
quarto
d
'
ora
arrivò
l
'
autobus
,
una
vettura
grande
e
traballante
non
senza
lussi
di
arredamento
.
Nostra
meta
non
era
la
fiera
di
Thun
;
era
il
grande
congresso
internazionale
degli
Oxford
Groups
,
che
riuniva
quel
giorno
a
Interlaken
uomini
e
donne
di
tutti
i
paesi
:
santi
crociati
in
veste
moderna
,
coperti
di
una
spirituale
armatura
.
Il
mio
compagno
di
viaggio
,
un
giovane
giornalista
tedesco
che
aveva
citato
questa
elegante
definizione
,
mi
dava
ora
ampie
notizie
sulla
setta
che
io
conoscevo
solo
attraverso
letture
e
conversazioni
casuali
.
Confuso
spesso
,
fuori
del
mondo
anglosassone
,
con
il
movimento
di
Oxford
che
nel
secolo
scorso
tentò
di
riavvicinare
la
Chiesa
anglicana
a
quella
di
Roma
,
il
movimento
attuale
ha
compiti
molto
più
vasti
.
Si
propone
,
secondo
le
parole
di
uno
dei
suoi
capi
,
di
«
portare
nel
mondo
la
realizzazione
dei
poteri
dello
Spirito
Santo
»
.
A
raggiungere
uno
scopo
così
complesso
,
il
fondatore
ritiene
che
basti
la
pratica
della
dottrina
da
lui
insegnata
,
dottrina
nata
in
seguito
a
circostanze
soprannaturali
e
ricca
di
elementi
mistici
assai
più
che
di
logica
coerenza
.
Il
dottor
Frank
Nathan
D
.
Buchman
,
pastore
luterano
,
era
tornato
dall
'
America
in
Inghilterra
,
una
trentina
di
anni
fa
,
deluso
dalla
vita
e
senza
più
fede
nell
'
efficacia
della
propria
missione
spirituale
.
A
Oxford
un
'
improvvisa
rivelazione
della
Divinità
,
non
sappiamo
precisamente
in
che
forma
,
lo
illuminò
.
Dedicatosi
all
'
apostolato
,
strinse
intorno
a
sé
una
prima
schiera
di
giovani
studenti
,
che
più
tardi
,
estendendosi
,
divenne
l
'
Oxford
Group
.
L
'
Oxford
Group
,
spiega
il
fondatore
,
non
è
una
chiesa
,
è
un
'
associazione
di
uomini
che
si
propongono
di
vivere
secondo
certi
principi
morali
.
Doveri
dei
seguaci
sono
l
'
apostolato
e
la
confessione
pubblica
.
Colonne
dell
'
edificio
i
quattro
«
assoluti
»
insegnati
dal
fondatore
:
assoluta
onestà
,
assoluta
purità
,
assoluto
altruismo
,
assoluto
amore
.
Norme
,
come
si
vede
,
piuttosto
generiche
.
Ma
da
questi
vaghi
precetti
il
dottor
Buchman
passò
più
tardi
a
maggiori
programmi
.
Dichiarò
che
l
'
Oxford
Group
era
una
forza
mondiale
e
decise
di
condurre
la
lotta
contro
le
potenze
malefiche
.
Un
nuovo
Islam
si
mosse
alla
conquista
del
mondo
.
Da
tutte
le
terre
britanniche
,
dall
'
Olanda
,
dalla
Scandinavia
vennero
le
adesioni
.
Mr
.
Bennett
,
ex
primo
ministro
canadese
,
disse
:
«
Come
Wesley
salvò
l
'
Inghilterra
dagli
effetti
della
Rivoluzione
francese
,
così
le
forze
che
voi
rappresentate
possono
sole
salvare
la
civiltà
»
.
Questi
piani
grandiosi
sono
esposti
in
un
opuscolo
intitolato
La
marea
montante
,
che
sfogliai
durante
il
viaggio
.
Alcune
pagine
contengono
solo
fotografie
.
Mussolini
mentre
parla
alla
folla
,
Hitler
che
passa
in
rivista
i
reparti
nazisti
,
la
flotta
americana
in
manovra
:
ecco
che
cosa
si
vede
in
tutto
il
mondo
,
dice
il
titolo
.
Ma
altro
si
prepara
nei
cuori
.
Infatti
da
queste
immagini
di
guerra
si
passa
alla
grande
fotografia
centrale
,
quadro
sensibile
della
«
marea
montante
»
.
La
gioventù
di
tutti
i
paesi
,
levate
in
alto
le
bandiere
,
marcia
verso
una
meta
,
invisibile
per
noi
,
ma
certo
allettante
a
giudicare
dagli
sguardi
dei
giovani
.
L
'
Oxford
Group
guida
la
rigenerazione
del
mondo
.
Cercate
in
Dio
la
liberazione
dei
vostri
mali
.
Adesso
il
mio
amico
,
che
era
del
resto
un
giovane
di
molto
spirito
,
mi
raccontava
i
progressi
dalle
origini
,
e
una
grave
sonnolenza
cominciava
ad
avvolgermi
.
Distiguevo
la
parola
«
pazzi
»
,
ripetuta
spesso
,
e
rispondevo
con
cenni
di
approvazione
.
Ma
la
nebbia
uguale
sui
prati
,
il
rombo
della
macchina
e
il
tepore
che
mi
separava
dal
freddo
esterno
mi
addormentavano
insensibilmente
.
Dopo
poco
la
marea
montante
del
sonno
mi
aveva
raggiunto
.
Mi
svegliai
alla
frontiera
.
Ci
avevano
fermato
due
pacifici
doganieri
svizzeri
che
si
fidavano
della
nostra
onestà
,
ma
volevano
disinfettarci
.
Con
risate
e
lazzi
i
bovari
scesero
e
esposero
le
loro
grosse
suole
al
diligente
spruzzo
delle
guardie
;
noi
li
seguimmo
e
l
'
autobus
partì
liberato
da
ogni
impurità
.
Poi
prati
,
per
ore
di
seguito
,
cascinali
,
e
Neuchâtel
e
Berna
gaie
e
luminose
in
quelle
prime
ore
del
mattino
.
Solo
verso
le
dieci
si
arrivò
allo
smagliante
lago
di
Thun
che
i
bovari
fotografarono
,
montando
in
piedi
sui
sedili
.
Ne
seguimmo
la
costa
e
l
'
autista
ci
depose
tutti
a
Interlaken
.
Il
mio
amico
e
io
scendemmo
,
piuttosto
inebetiti
dalle
sei
ore
di
macchina
,
e
ci
avviammo
alla
posta
,
luogo
di
tutti
gli
appuntamenti
nelle
città
sconosciute
(
Interlaken
veramente
non
è
una
città
,
è
una
fila
di
alberghi
tra
due
laghi
)
.
Due
congressisti
inglesi
ci
dovevano
attendere
e
guidare
poi
nella
tumultuosa
folla
dei
mistici
.
Ma
già
l
'
Inghilterra
ci
stringeva
da
ogni
parte
:
vecchie
signore
passeggiavano
al
sole
in
uniformi
quasi
coloniali
;
altre
contrattavano
con
piccole
grida
sulle
porte
dei
negozi
,
altre
passavano
affannatissime
trascinandosi
dietro
mariti
e
fratelli
.
Capii
di
trovarmi
di
fronte
alla
gioventù
di
tutto
il
mondo
che
aveva
deposto
momentaneamente
le
bandiere
.
I
due
che
aspettavano
erano
giovani
davvero
.
Ci
ricevettero
con
molta
cortesia
e
siccome
il
mio
amico
,
venuto
col
segreto
proposito
di
polemizzare
,
si
era
dichiarato
un
ammiratore
dei
gruppi
,
lo
accolsero
benignamente
come
un
neofita
.
Io
,
timido
di
fronte
a
uomini
che
fluttuavano
fra
il
terrestre
e
il
soprannaturale
,
non
osai
affrontare
argomenti
elevati
.
Dopo
vaghe
parole
di
ammirazione
per
la
Jungfrau
,
osservai
che
i
congressisti
dovevano
essere
numerosi
.
-
Certo
.
Siamo
già
qualche
migliaio
.
E
oggi
ne
arrivano
altri
cinquecento
.
Ma
ad
Amsterdam
eravamo
anche
di
più
.
Le
ultime
parole
,
pronunciate
con
tono
di
rimpianto
,
mi
fecero
ripensare
a
quello
che
aveva
detto
il
mio
compagno
di
viaggio
.
Nei
primi
congressi
l
'
eccitazione
era
tale
che
chi
aveva
ottenuto
di
comunicare
con
la
Divinità
,
immediatamente
,
assetato
di
purezza
,
passava
alla
confessione
pubblica
.
Lo
spettacolo
di
uomini
e
donne
«
invasi
dal
dio
»
,
come
personaggi
virgiliani
,
e
declamanti
a
gran
voce
i
loro
fatti
personali
richiamava
un
pubblico
enorme
.
Poi
si
capì
l
'
inopportunità
di
questi
sistemi
e
ora
i
congressi
non
si
occupano
più
di
questioni
private
;
anzi
,
mi
spiegò
una
delle
nostre
guide
,
preferiscono
intressarsi
solo
di
problemi
internazionali
.
Tuttavia
la
pratica
della
confessione
pubblica
resta
uno
dei
cardini
della
vita
religiosa
dei
gruppi
.
Malvolentieri
uno
dei
loro
teorici
riconosce
che
l
'
idea
della
confessione
non
è
del
tutto
originale
:
-
È
anzi
uno
dei
rudimenti
della
cristianità
primitiva
,
da
lungo
tempo
scomparso
eccetto
che
in
alcune
fedi
in
cui
sussiste
la
confessione
a
Dio
attraverso
un
prete
.
Non
feci
commenti
a
questa
strana
affermazione
e
chiesi
quale
fosse
l
'
attività
dei
gruppi
nelle
questioni
internazionali
.
Mi
fu
spiegato
che
in
tutte
le
sedute
si
discutono
i
problemi
che
sembrano
più
importanti
per
il
benessere
dei
popoli
.
Si
conclude
generalmente
con
la
decisione
presa
all
'
unanimità
di
inviare
un
telegramma
;
per
esempio
a
Stalin
,
esortandolo
alla
pratica
delle
virtù
cristiane
.
Dopodiché
i
partecipanti
si
separavano
convinti
di
aver
esercitato
un
influsso
decisivo
sugli
avvenimenti
europei
.
Queste
notizie
ci
dava
lungo
la
strada
uno
dei
due
inglesi
che
ci
disse
poi
di
essere
addirittura
l
'
organizzatore
della
propaganda
fotografica
.
Doveva
avere
molto
da
fare
,
perché
davanti
a
ogni
albergo
gruppi
teatralmente
disposti
attendevano
di
essere
fotografati
e
cantavano
inni
.
Serenità
e
letizia
occupavano
gli
animi
.
Percorso
il
lungo
viale
entrammo
nel
più
grande
albergo
di
Interlaken
,
momentaneamente
trasformato
in
quartier
generale
dell
'
Oxford
Group
.
Una
folla
agitata
riempiva
il
giardino
,
i
corridoi
,
le
sale
;
vi
si
svolgeva
un
movimento
continuo
e
senza
meta
.
Mi
mostrarono
la
sala
dedicata
alle
pubblicazioni
e
mi
condussero
poi
in
giardino
,
mentre
il
mio
compagno
,
che
doveva
restare
qualche
giorno
,
si
occupava
della
propria
sistemazione
.
Per
distrarmi
mi
presentavano
a
tutti
come
un
amico
.
Conobbi
così
l
'
uomo
più
ricco
del
Giappone
,
il
ministro
delle
Finanze
di
uno
stato
scandinavo
e
altri
personaggi
non
meno
illustri
.
Finalmente
mi
gettarono
fra
le
braccia
di
un
signore
serio
,
professore
di
letteratura
italiana
in
una
grande
università
.
Mi
aggredì
subito
:
-
Cerchiamo
un
italiano
come
uno
spillo
.
Abbiamo
bisogno
di
qualcuno
che
traduca
i
nostri
manifesti
.
Sareste
disposto
voi
?
Risposi
con
un
'
accettazione
generica
spinto
dalla
curiosità
e
dalla
segreta
speranza
che
mi
pagassero
(
un
giovane
italiano
in
Svizzera
e
così
ossessionato
dai
prezzi
che
accetta
qualunque
lavoro
purché
sia
retribuito
-
Però
,
-
aggiunsi
,
-
bisogna
che
sia
un
lavoro
breve
oppure
da
continuarsi
per
corrispondenza
.
Fra
qualche
ora
devo
ripartire
per
la
Francia
.
-
Non
partirete
,
-
dichiarò
tranquillamente
.
-
Vi
accompagneremo
noi
in
automobile
quando
avrete
finito
,
fra
tre
,
quattro
giorni
.
Lo
spettro
del
franco
svizzero
mi
si
presentò
di
nuovo
.
Giacché
a
Interlaken
gli
alberghi
si
pagano
.
Ma
il
mio
amico
arrivò
a
tempo
a
prelevarmi
e
a
farmi
sospendere
gli
accordi
col
professore
.
Il
tedesco
si
era
sistemato
in
pochi
minuti
e
ammirava
l
'
organizzazione
perfetta
.
Evidentemente
gli
albergatori
svizzeri
avevano
intuito
nei
congressisti
una
facile
preda
e
li
avevano
accerchiati
completamente
.
Erano
adottati
sistemi
quasi
militari
.
Due
tagliandi
ci
davano
diritto
a
un
pasto
a
prezzo
ridotto
e
alla
compagnia
di
altri
venti
congressisti
.
Erano
quasi
tutti
studenti
o
professori
,
una
tavola
di
intellettuali
.
Ogni
tanto
un
signore
anziano
si
alzava
,
dava
l
'
annunzio
di
un
discorso
o
di
una
assemblea
per
il
pomeriggio
e
poi
mandava
in
giro
un
foglio
per
raccogliere
le
adesioni
.
Ma
l
'
avvenimento
più
importante
del
giorno
era
il
grande
discorso
che
avrebbe
pronunciato
il
dottor
Buchman
.
Si
attendeva
una
sua
parola
sulla
situazione
politica
.
Si
commentava
intanto
,
come
di
mirabile
esempio
,
questa
sua
frase
:
-
Io
lavoro
diciotto
ore
del
giorno
:
nove
sto
in
raccoglimento
,
e
nove
le
impiego
a
scrivere
e
a
ripetere
quello
che
ho
sentito
-
.
Sentii
pronunciare
a
proposito
di
questo
duro
orario
di
lavoro
le
parole
«
dinamo
spirituale
»
.
Il
raccoglimento
(
«
quiet
time
»
)
che
udivo
citare
per
la
prima
volta
,
è
uno
dei
precetti
del
dottor
Buchman
.
Ogni
tanto
i
fedeli
devono
raccogliersi
in
meditazione
per
una
diecina
di
minuti
e
poi
scrivere
quello
che
hanno
sentito
.
-
Così
,
-
disse
una
volta
il
fondatore
,
-
io
ho
trovato
Dio
.
Quando
i
fogli
di
adesione
da
firmare
me
ne
davano
il
tempo
,
guardavo
attentamente
la
cameriera
che
ci
serviva
,
una
sana
ragazza
svizzera
sul
cui
viso
credevo
di
scorgere
un
accenno
d
'
ironia
.
Preoccupato
di
questo
atteggiamento
,
che
certo
giudicava
contrario
al
principio
dell
'
assoluta
purità
,
l
'
organizzatore
della
propaganda
fotografica
iniziò
su
di
me
un
cortese
,
ma
risoluto
tentativo
di
conversione
.
-
Vediamo
,
-
disse
con
tono
insinuante
,
-
voi
avete
una
fede
,
credete
in
Dio
?
-
Sono
cattolico
romano
-
risposi
solennemente
costringendolo
al
silenzio
.
-
Anzi
,
-
aggiunsi
poi
,
-
in
che
rapporti
siete
voi
con
la
Chiesa
di
Roma
?
-
Ottimi
.
Noi
consideriamo
uguali
tutte
le
Chiese
purché
vi
sia
purità
di
fede
nei
credenti
.
-
Già
,
ma
io
vorrei
sapere
come
la
Chiesa
cattolica
considera
voi
.
-
Ah
,
bene
,
-
disse
con
incertezza
.
-
Qualche
tempo
fa
un
prete
cattolico
ha
pubblicato
un
articolo
di
lode
del
gruppo
.
La
risposta
non
mi
convinse
,
ed
ebbi
più
tardi
conferma
della
sua
inconsistenza
.
Domandai
anche
se
avessero
fra
di
loro
persone
di
modesta
condizione
.
Non
avevo
visto
che
milionari
accompagnati
da
una
larga
clientela
e
mi
stupivano
i
frequenti
richiami
al
Vangelo
da
parte
di
una
compagnia
di
ricchi
.
-
Certo
che
abbiamo
dei
poveri
.
Vedete
,
per
esempio
due
operai
di
Londra
,
gente
che
avrà
forse
tre
,
quattro
scellini
in
tasca
,
volevano
venire
al
congresso
.
Era
un
desiderio
vivo
,
ma
,
naturalmente
,
mancavano
i
denari
.
Eppure
sono
qui
.
Sapete
come
hanno
fatto
?
Hanno
pregato
.
-
Sì
,
ma
il
viaggio
avranno
dovuto
pagarlo
.
-
Hanno
pregato
.
La
prima
riflessione
,
immediata
,
fu
che
le
mie
traduzioni
sarebbero
state
pagate
con
preghiere
;
la
seconda
che
un
prete
cattolico
e
due
operai
sono
un
esiguo
peso
di
fronte
a
quello
di
cinquemila
congressisti
e
della
loro
scorta
d
'
oro
.
In
compenso
il
gruppo
si
estende
.
La
marea
sale
e
dilaga
.
Mi
parlarono
dei
nuovi
seguaci
in
Africa
del
Sud
,
delle
crescenti
fortune
della
dottrina
insegnata
dal
fondatore
.
Ascoltavo
in
silenzio
questa
gente
discorrere
con
serena
fatuità
delle
questioni
più
gravi
,
e
ne
avevo
un
senso
di
stanchezza
.
Volli
uscire
,
subito
dopo
colazione
,
alla
ricerca
di
un
mondo
più
reale
.
Ma
,
fuori
,
i
suoni
aspri
delle
inglesi
e
le
vocali
trascinate
delle
olandesi
riempivano
l
'
aria
.
Un
vecchietto
che
vendeva
i
giornali
era
l
'
unico
sottratto
a
quell
'
atmosfera
da
teatro
.
E
una
corrente
di
simpatia
si
stabilì
fra
noi
,
quando
dandoci
i
giornali
,
borbottò
con
gratitudine
:
-
C
'
è
ancora
qualcuno
che
parla
tedesco
a
Interlaken
.
III
.
Incontro
con
Goethe
Werther
italiano
.
Spaini
ha
tradotto
per
l
'
edizione
bellissima
di
Einaudi
il
Werther
(
Torino
1938
)
.
Impresa
non
singolare
.
Dai
foschi
giovani
del
primo
romanticismo
fino
ai
contemporanei
ogni
generazione
letteraria
ha
avuto
i
suoi
traduttori
del
Werther
.
La
prima
versione
girava
per
l
'
Italia
negli
ultimi
anni
del
Settecento
;
fu
tra
le
mani
di
Ugo
Foscolo
che
poi
negò
di
averla
letta
,
e
certo
inclinò
al
suicidio
qualche
fervido
adolescente
e
preoccupò
più
di
un
marito
alle
corti
provinciali
.
Poi
guerre
e
catastrofi
resero
giuoco
da
salotto
il
lontano
colpo
di
pistola
del
giovane
Werther
.
Studiosi
tradussero
ancora
il
breve
romanzo
per
collezioni
di
classici
.
L
'
anima
fraterna
a
cui
il
libro
si
rivolge
sembrò
smarrita
.
Ma
dall
'
accusa
di
lavoro
superfluo
Spaini
si
difende
nella
vivace
prefazione
che
apre
il
volume
A
un
Werther
lontano
inattuale
,
ormai
estraneo
,
egli
ha
voluto
dedicare
la
sua
opera
.
A
un
Werther
che
da
questa
insuperabile
distanza
ha
ripreso
giovanilità
,
e
qui
è
veramente
il
pericolo
per
il
traduttore
.
Che
si
possa
contaminare
l
'
immagine
remota
che
a
noi
resta
del
testo
goethiano
.
Se
sia
lecito
cioè
dare
linguaggio
moderno
a
un
romanzo
che
appunto
nella
sua
grazia
rigida
ha
ritrovato
evidenza
letteraria
.
Così
si
rimpiangono
certi
amabili
costrutti
settecenteschi
dei
primi
traduttori
e
quegli
imperfetti
in
«
a
»
che
bastano
ad
evocare
atteggiamenti
perduti
.
«
Il
celebre
signor
dottor
Goethe
-
dice
l
'
autore
di
una
edizione
veneziana
del
1811
-
è
un
avvocato
di
Francoforte
sul
Meno
che
scrisse
varie
altre
cose
degne
di
essere
lette
,
ma
queste
lettere
particolarmente
gli
hanno
assicurato
la
stima
universale
»
.
Certo
costoro
potevano
accostarsi
a
un
Goethe
che
aveva
scritto
varie
altre
cose
degne
di
esser
lette
con
una
castità
che
a
noi
non
è
data
.
Ma
di
questa
circostanza
non
seppero
il
valore
.
Li
preoccupavano
gli
ardimenti
del
giovane
poeta
,
e
quel
linguaggio
impetuoso
che
ridussero
a
modi
composti
e
sordi
.
Goethe
scrittore
li
precedeva
di
troppo
.
Questa
versione
di
oggi
invece
è
stata
compiuta
con
intelligenza
.
Spaini
ha
cercato
uno
stile
scorrevole
e
insieme
piuttosto
sostenuto
,
senza
arcaismi
fittizi
e
senza
asprezze
moderne
.
Nella
seconda
parte
per
una
maggiore
concitazione
del
testo
la
versione
italiana
ha
qualche
frase
opaca
.
Ma
è
una
lettura
piena
di
dignità
.
Bellissima
lettura
,
il
Werther
.
Romanzo
cauto
,
misurato
nei
suoi
impeti
,
nei
rivelati
entusiasmi
:
«
Mi
piace
!
»
ecco
una
frase
che
odio
a
morte
.
Che
razza
di
uomo
deve
essere
uno
al
quale
Lotte
piace
,
per
il
quale
essa
non
occupa
tutti
i
sensi
,
tutti
i
sentimenti
!
Mi
piace
!
Giorni
fa
un
tale
mi
chiese
se
mi
piaceva
Ossian
!
»
Anche
qui
dove
l
'
entusiasmo
è
voluto
non
si
abbandona
a
una
facile
scia
di
parole
.
Ritento
i
brani
polemici
,
che
allora
scossero
una
giovinezza
e
che
ora
giungono
a
noi
molto
attenuati
:
l
'
invocazione
al
genio
.
«
Oh
,
amici
miei
!
Perché
mai
il
fiume
del
genio
prorompe
così
raramente
,
così
raramente
investe
con
le
sue
acque
in
piena
e
scuote
le
vostre
anime
meravigliate
?
»
Ormai
fievole
,
questo
richiamo
eroico
è
entrato
nella
leggenda
,
come
leggendarie
sono
certe
immagini
del
giovane
Napoleone
.
Il
fiume
del
genio
da
Coleridge
a
Rimbaud
e
da
Rimbaud
al
surrealismo
ha
percosso
tutti
gli
argini
e
a
noi
resta
se
mai
la
cura
di
ricostruire
e
moderare
.
Di
qui
le
facili
ironie
.
Ma
l
'
Europa
letteraria
del
1774
non
era
la
nostra
,
era
una
specie
di
giardino
olandese
.
E
certi
gesti
di
Goethe
,
come
più
tardi
il
viso
crucciato
del
giovane
generale
,
riprendono
in
quello
sfondo
la
loro
esatta
misura
.
Sussiste
tuttavia
qualche
intemperanza
per
dar
ragione
alle
censure
di
una
lunga
critica
,
qualche
grido
improvviso
,
qualche
immoderata
effusione
.
E
sorprendono
rari
accenni
piacevolmente
frivoli
(
il
migliore
è
un
breve
biglietto
:
«
Sì
,
cara
Lotte
,
mi
mandi
più
spesso
commissioni
.
Soltanto
una
preghiera
.
Non
metta
più
spolverino
sui
biglietti
che
mi
scrive
.
Oggi
l
'
ho
portato
in
fretta
alle
labbra
e
poi
mi
scricchiavano
i
denti
»
)
.
Ma
rimane
la
grande
prontezza
di
Goethe
,
il
suo
sguardo
umano
.
Si
pensi
alla
lettera
del
primo
incontro
,
alle
ultime
scene
concitate
,
a
certe
rapide
ironie
.
Rimane
la
misura
del
suo
lavoro
(
si
pensi
alle
pistole
annunciate
una
prima
volta
,
proposte
di
nuovo
all
'
arresto
del
servo
,
dominanti
alla
fine
del
libro
)
.
Rimangono
le
immagini
piene
di
nobiltà
che
percorrono
tutta
l
'
opera
:
la
fontana
,
la
festa
con
il
temporale
,
le
visioni
di
Omero
e
di
Ossian
.
Bellissima
lettura
.
Il
Settecento
francese
e
inglese
aveva
avuto
romanzi
di
indagine
preziosa
a
cui
ha
riportato
più
tardi
la
curva
della
storia
letteraria
.
I
romantici
nella
piena
liberazione
del
sentimento
fantastico
raggiunsero
luoghi
di
rara
poesia
(
l
'
Hyperion
di
Holderlin
segna
forse
in
questo
senso
uno
sviluppo
estremo
)
.
Ma
Werther
,
nella
facilità
dei
suoi
moti
,
è
una
delle
figure
che
ancora
illumina
meglio
il
nostro
gusto
.
Vive
in
una
bella
luce
uniforme
,
sia
che
si
sdegni
o
versi
lacrime
,
che
danzi
nel
frac
giallo
e
turchino
o
si
affidi
al
temibile
giuoco
delle
pistole
.
IV
.
Miti
nordici
I
canti
dell
'
Edda
.
I
miti
nordici
sono
noti
per
lo
più
agli
italiani
attraverso
le
tortuose
vicende
della
tetralogia
wagneriana
.
Si
è
fissata
un
'
immagine
sanguigna
di
quegli
eroi
e
dèi
e
giganti
,
che
dal
teatro
traggono
come
un
seguito
musicale
e
luci
e
colori
non
veri
.
Immagini
deformate
,
certo
,
queste
che
Wagner
vedeva
attraverso
inevitabili
schermi
e
che
a
noi
trasmise
.
I
romantici
avevano
spesso
amato
miti
tragici
ma
casti
,
e
assaporavano
ancora
nelle
loro
troppo
fresche
tragedie
il
recente
gusto
dell
'
idillio
.
Più
tardi
,
in
un
paese
letterario
avviato
al
decadentismo
,
Wagner
e
Hebbel
trovarono
nella
cruda
barbarie
dei
miti
nordici
materia
preziosa
.
E
li
incitò
alla
loro
opera
la
perenne
ambizione
germanica
al
poema
nazionale
.
Comparve
allora
Siegfried
visto
attraverso
Schopenhauer
e
quei
torbidi
fratelli
Siegmund
e
Sieglinde
e
il
tragico
fato
degli
dèi
.
Immagini
alterate
ma
nobilissime
.
Perché
invano
nei
testi
originali
si
cercherebbe
l
'
alato
linguaggio
del
viandante
che
risponde
agli
enigmi
nel
Siegfried
di
Wagner
:
«
Qual
stirpe
regna
fra
le
nubi
del
cielo
?
»
«
Su
quelle
nubi
stanno
gli
dèi
»
.
(
Ma
qui
si
trascina
inevitabile
la
suggestione
musicale
)
.
Ora
gli
dèi
dell
'
Edda
ci
tornano
nella
loro
genuina
figura
attraverso
la
traduzione
italiana
che
di
alcuni
canti
islandesi
ha
fatto
con
molta
dottrina
la
signorina
Olga
Gogala
(
Utet
,
Torino
1939
)
.
I
frammenti
tradotti
sono
presi
appunto
dai
Canti
degli
dèi
che
con
i
Canti
degli
eroi
formano
l
'
Edda
più
antica
,
quella
in
versi
.
Per
lungo
tempo
la
raccolta
,
confinata
in
un
'
Islanda
semibarbara
,
fu
ignota
all
'
Europa
.
Nel
1643
il
vescovo
Bryniolf
Sveinsson
trovò
il
codice
che
la
conteneva
e
lo
inviò
al
re
di
Danimarca
,
a
Copenhagen
,
dove
ancora
adesso
si
trova
con
il
nome
di
Codex
Regius
.
Prima
si
conosceva
solo
l
'
Edda
in
prosa
,
una
raccolta
di
precetti
assai
posteriore
a
questi
canti
.
Dell
'
origine
dei
canti
poco
si
sa
.
Probabilmente
sono
opera
di
profughi
che
,
cacciati
dalla
Norvegia
verso
il
secolo
IX
,
si
rifugiarono
nella
deserta
isola
del
Nord
.
Mentre
in
Scandinavia
si
diffondeva
il
cristianesimo
,
gli
esuli
dell
'
Islanda
conservarono
quasi
immune
dall
'
influsso
cristiano
la
tradizione
delle
loro
saghe
.
Più
tardi
trascrissero
i
canti
e
a
essi
si
deve
se
ci
rimane
una
testimonianza
dell
'
antichissima
poesia
europea
.
Poesia
dobbiamo
chiamarla
per
consuetudine
di
definire
così
le
strofe
ritmiche
.
Ma
ora
,
remota
la
fede
romantica
in
una
presunta
arte
,
voce
immediata
di
popoli
,
nessuno
cercherebbe
più
nei
rozzi
testi
del
Codex
Regius
un
suggerimento
poetico
.
E
vedemmo
che
anche
Wagner
e
Hebbel
si
limitarono
a
trarne
una
grezza
materia
umana
.
In
verità
,
l
'
interesse
umano
oltre
quello
particolarmente
culturale
dei
canti
,
è
sempre
grande
.
Come
nota
giustamente
la
traduttrice
,
questi
poemi
degli
dèi
non
hanno
affatto
carattere
religioso
.
Stretti
alla
terra
,
ai
monti
,
alle
foreste
del
Nord
,
gli
dèi
sovrastano
appena
una
rude
umanità
.
E
non
li
liberano
a
immagini
più
pure
le
favole
che
i
mediterranei
inventarono
per
i
loro
numi
.
Restano
gravi
di
vino
e
di
sangue
,
negati
a
ogni
agilità
.
E
certo
si
deve
questo
all
'
abbandono
dei
miti
che
non
furono
mai
,
come
i
greci
,
ripresi
in
epoche
colte
,
ma
caddero
e
lasciarono
solo
una
traccia
primitiva
.
Si
leggono
storie
di
facili
inganni
,
come
più
tardi
si
ritroveranno
nella
prima
letteratura
borghese
,
di
risse
e
di
memorabili
banchetti
.
Poi
,
confuse
nei
componimenti
,
raccolte
di
proverbi
,
leggende
di
uomini
saggi
,
insegnamenti
morali
.
Un
gruppo
che
ha
per
titolo
Hávamál
è
una
specie
di
codice
della
vita
sociale
.
E
a
porre
subito
in
una
giusta
luce
il
mondo
dei
canti
basta
la
prima
strofa
:
Tutte
le
porte
pria
d
'
entrare
in
casa
son
da
guardarsi
e
da
provare
bene
.
Non
si
sa
mai
se
dietro
quella
soglia
non
attenda
un
nemico
.
Precetti
di
solito
duri
,
di
un
compiaciuto
e
barbarico
egoismo
.
Qualche
bella
frase
hanno
le
strofe
sull
'
amicizia
,
e
quelle
sulla
fama
che
accade
di
vedere
spesso
citate
:
Muoion
le
greggi
,
muoiono
le
stirpi
moriamo
anche
noi
stessi
,
ma
non
muore
giammai
la
buona
fama
e
chiunque
col
bene
se
l
'
acquista
.
Presentimenti
ingenui
di
un
mondo
morale
,
a
cui
seguono
subito
curiose
norme
come
quelle
che
consigliano
a
chi
vuole
assassinare
di
alzarsi
presto
e
di
agire
di
buon
mattino
.
Ma
quasi
tutti
i
testi
hanno
come
argomenti
imprese
gloriose
o
sono
documenti
della
più
antica
saggezza
.
Si
sente
una
grande
venerazione
per
le
forze
spirituali
,
forze
ancora
magiche
e
nubilose
.
Così
Odino
vuote
scendere
a
una
gara
di
dottrina
con
il
più
saggio
dei
giganti
.
E
un
'
altra
volta
ascolta
il
vaticinio
della
profetessa
che
narra
l
'
origine
del
mondo
e
delle
stirpi
e
annuncia
la
fine
degli
dèi
.
(
È
il
Völuspá
,
un
canto
famoso
che
veramente
ha
singolari
immagini
)
.
Simbolo
preciso
del
mondo
nordico
sono
le
rune
,
i
caratteri
magici
,
segno
originario
d
'
intelligenza
.
E
il
più
bello
dei
miti
per
una
suggestione
di
significati
nascosti
e
per
la
sua
analogia
con
il
simbolo
cristiano
della
croce
è
quello
narrato
nel
canto
runico
di
Odino
:
Io
so
che
dall
'
albero
al
vento
per
ben
nove
notti
pendei
ferito
da
spada
,
a
Odino
immolato
,
io
stesso
a
me
stesso
;
quell
'
albero
niuno
conosce
da
quale
radice
ei
germogli
.
Poi
,
con
uno
slancio
,
Odino
si
curva
a
terra
dall
'
albero
,
raccoglie
dei
pezzetti
di
legno
,
su
cui
incide
le
rune
,
e
per
mezzo
delle
rune
,
cioè
della
saggezza
,
si
libera
dal
segreto
martirio
.
Strani
paesaggi
questi
del
Nord
.
Li
animano
inconsuete
allegorie
,
estranee
a
uno
spirito
che
ormai
hanno
penetrato
il
simbolo
ellenico
e
quello
cristiano
.
E
tutela
il
mistero
un
linguaggio
inaccessibile
.
La
traduttrice
aveva
dinanzi
a
sé
un
compito
molto
severo
.
Noi
non
possiamo
che
ammirare
silenziosamente
la
sua
erudizione
.
Ma
dobbiamo
dire
molto
bene
,
come
lettori
del
commento
e
delle
brevi
introduzioni
ai
testi
.
I
canti
sono
tradotti
in
versi
italiani
.
In
versi
duri
,
ingenui
,
zoppi
,
che
ci
sono
molto
piaciuti
.
Perché
crediamo
che
abbiano
reso
la
cadenza
barbara
dei
testi
.
(
In
questi
casi
i
tentativi
di
versioni
rigidamente
metriche
sono
illusori
)
.
E
ancora
abbiamo
nell
'
orecchio
certe
cadenzate
parole
.
I
solenni
versi
di
Odino
che
ci
hanno
invitato
alla
lettura
.
Perché
i
detti
di
Odino
sono
inutili
ai
giganti
ma
preziosi
ai
figli
dell
'
uomo
:
salute
a
colui
che
li
impara
salute
a
colui
che
li
ascolta
.
V
.
Cronache
semiserie
1
.
Dignitari
di
Francia
.
L'8
giugno
il
gran
vecchio
,
Charles
Maurras
,
è
stato
ricevuto
all
'
Accademia
di
Francia
.
Maurras
,
che
molti
dei
suoi
compatrioti
definiscono
con
quelle
brevi
ingiurie
di
sapore
osceno
che
sono
una
delle
maggiori
grazie
della
lingua
francese
,
è
ritenuto
da
altri
addirittura
il
più
grande
uomo
vivente
oggi
in
Francia
.
Comunque
una
figura
di
molto
rilievo
.
Forse
troppo
irregolare
per
la
solenne
assemblea
,
questo
polemista
difensore
di
una
Chiesa
che
lo
ha
condannato
,
di
un
re
che
lo
trascura
e
di
un
'
idea
della
Francia
che
i
più
dei
francesi
rinnegano
.
E
per
molto
tempo
dall
'
Accademia
fu
escluso
.
Dice
l
'
articolo
primo
dello
statuto
del
1635
:
«
Nessuno
sarà
ricevuto
all
'
Accademia
che
non
sia
gradito
al
protettore
»
.
Allora
il
protettore
era
Richelieu
.
Ora
,
secondo
le
norme
,
sarebbe
il
presidente
Lebrun
.
Naturalmente
,
notre
Albert
,
come
dicono
i
francesi
,
accetta
chiunque
con
grande
cordialità
.
E
il
diritto
di
velo
in
pratica
era
passato
al
defunto
segretario
perpetuo
,
uomo
bizzosissimo
che
tenne
lontani
per
molto
tempo
candidati
autorevoli
.
Morto
lui
ci
fu
la
corsa
degli
esclusi
:
Jérôme
Tharaud
,
Maurois
,
Maurras
.
Marraus
ha
commemorato
nella
sua
orazione
Henri
-
Robert
,
il
grande
avvocato
che
egli
sostituisce
.
Gli
ha
risposto
con
l
'
elogio
tradizionale
Henri
Bordeaux
.
Noi
non
apprezziamo
molto
l
'
opera
poetica
di
Maurras
.
Ancora
meno
apprezziamo
il
suo
pensiero
politico
.
Ancora
meno
i
romanzi
di
Bordeaux
.
Tuttavia
il
vecchio
e
il
nuovo
immortale
hanno
fatto
due
bei
discorsi
.
Una
piacevole
conversazione
,
almeno
.
Maurras
ha
ricordato
con
molto
spirito
le
sue
visite
forzate
al
Palazzo
di
giustizia
,
le
sue
varie
esperienze
umane
.
Bordeaux
ha
parlato
della
Provenza
,
dei
doni
portati
dai
parenti
al
piccolo
Carlo
con
l
'
augurio
paesano
:
«
Che
tu
possa
essere
pieno
come
un
uovo
,
buono
come
il
pane
,
saggio
come
il
sale
e
dritto
come
un
fiammifero
»
.
Poi
ha
ricordato
una
serie
di
gloriosi
accademici
che
conobbero
il
carcere
.
Purtroppo
,
resta
la
parte
dottrinale
dei
due
discorsi
.
L
'
evocazione
di
un
mondo
di
morti
a
cui
Maurras
crede
fervidamente
,
dai
firmatari
della
lontana
Enquête
sur
la
monarchie
fino
al
precursore
De
Bonald
.
La
stanca
polemica
contro
i
nemici
tradizionali
:
il
barbaro
germano
,
le
idee
dissolvitrici
,
la
libertà
democratica
come
l
'
autorità
dello
stato
totalitario
.
Un
'
aria
onesta
di
destra
monarchica
in
paese
repubblicano
.
Un
maresciallo
di
Francia
padrino
di
questo
nemico
della
costituzione
.
«
Quando
cadono
le
foglie
,
quando
migrano
gli
augelli
»
,
ha
scritto
colui
che
Maurras
chiama
«
le
divin
Carducci
»
.
Meno
macabro
della
cavalcata
di
Enrico
Quinto
,
ma
forse
non
meno
fantastico
,
sembrerà
a
chi
guardi
oggi
la
vera
Francia
quest
'
incontro
di
letterati
in
abito
verde
intenti
a
rievocare
nella
gran
sala
dell
'
Accademia
i
lontani
santi
della
patria
e
il
nazionalismo
letterario
e
sanguigno
di
Maurice
Barrès
.
2.Nozze
sul
fiume
.
Si
è
risposato
Sacha
Guitry
.
Non
ce
ne
importa
nulla
.
Ma
siccome
tutti
i
giornali
parlano
di
questo
matrimonio
e
sembrano
giudicarlo
un
avvenimento
importante
,
diamo
anche
noi
qualche
notizia
,
per
fissare
lo
squallore
di
fatti
considerati
notevoli
.
Sacha
Guitry
,
con
gli
anni
che
ha
,
ha
sposato
una
diciannovenne
.
E
questo
non
vorrebbe
dire
,
perché
cose
simili
fecero
Cicerone
e
tanti
altri
.
Ma
ha
prescelto
modi
assurdi
.
Alle
nozze
fissate
per
un
certo
giorno
erano
stati
invitati
tutti
i
giornalisti
di
Francia
.
Il
matrimonio
fu
celebrato
invece
un
giorno
prima
,
appunto
per
evitare
la
stampa
.
E
ora
il
carosello
coi
giornalisti
continua
:
piacevole
inseguimento
.
Erano
testimoni
il
principe
Poniatowski
(
perché
questi
nomi
da
bollettino
della
Grande
Armata
al
matrimonio
di
un
attore
?
)
e
René
Benjamin
della
Accademia
Goncourt
.
Alle
undici
una
telefonata
all
'
Eliseo
invitava
il
cittadino
Lebrun
alle
nozze
del
cittadino
Guitry
.
E
il
presidente
si
è
fatto
rappresentare
da
un
alto
funzionario
.
Rinunziamo
a
descrivere
tutte
le
piacevolezze
della
cerimonia
.
A
noi
questi
gesti
fanno
l
'
effetto
di
certi
sorridenti
inchini
dei
giocolieri
per
un
esercizio
che
non
abbiamo
capito
.
Si
mette
una
mano
in
tasca
,
si
dà
qualcosa
e
ci
si
allontana
smarriti
.
Non
per
ripetere
un
tardo
elogio
della
vita
rustica
,
ma
giudichiamo
molto
più
serio
il
contegno
di
due
giovani
contadini
dei
dintorni
di
Pisa
da
noi
conosciuti
.
Siccome
non
avevano
il
denaro
per
il
viaggio
di
nozze
a
Firenze
,
si
misero
su
una
barca
e
andarono
su
e
giù
fra
le
canne
lungo
i
greti
dell
'
Arno
.
Finché
i
ragazzini
del
paese
li
scoprirono
e
rievocarono
per
loro
gli
antichi
fescennini
,
così
da
far
coprire
di
rossore
il
volto
della
sposa
e
ridere
di
timido
orgoglio
il
giovane
maschio
.
3.Ore
in
teatro
.
«
Ora
viene
fuori
il
diavolo
»
.
Scura
e
opprimente
come
le
acque
notturne
,
la
musica
del
primo
quadro
dell
'
Oro
del
Reno
invadeva
la
sala
.
Dietro
un
velo
di
nebbia
s
'
intravedeva
il
fondo
del
fiume
,
un
paesaggio
desolato
di
rocce
e
contorte
vegetazioni
.
-
Ora
viene
fuori
il
diavolo
,
-
ripeté
il
signore
accanto
a
me
a
una
donna
e
a
un
bambino
che
erano
con
lui
.
Allora
il
bambino
,
che
questi
ripetuti
annunci
del
diavolo
tenevano
in
agitazione
,
cominciò
a
impazientirsi
.
-
Ah
eccolo
,
-
disse
.
Invece
comparve
Alberico
che
,
dopo
aver
strisciato
sui
sassi
umidi
,
prese
a
dimenarsi
e
a
cantare
cupamente
.
Vidi
un
certo
smarrimento
sul
viso
dei
vicini
.
Poi
,
d
'
improvviso
,
il
sospetto
negli
occhi
del
padre
.
-
Scusate
,
-
mi
chiese
esitante
,
-
ma
questo
non
è
il
Mefistolele
?
-
No
,
è
l
'
Oro
del
Reno
.
-
Ah
,
l
'
Oro
del
Reno
-
.
(
Aveva
una
voce
addolorata
,
di
uomo
colpevole
)
.
Poi
non
disse
nulla
.
Notai
solo
che
guardava
con
disprezzo
Alberico
e
i
suoi
tentativi
amorosi
.
Trattenni
il
nome
di
Wagner
,
che
per
lui
doveva
giungere
da
lontani
regni
di
noia
.
Mi
pareva
inutile
amareggiare
ancora
di
più
una
sera
scelta
per
le
gioie
lucenti
del
Mefistofele
,
e
naufragata
senza
rimedio
in
quelle
torbide
acque
wagneriane
.
Un
'
altra
volta
davano
la
Valchiria
.
Vicino
a
me
stava
,
seduto
per
terra
,
un
uomo
entrato
col
favore
colpevole
del
custode
.
Era
vistosamente
vestito
e
aveva
in
mano
un
'
arancia
.
Quando
spensero
le
luci
lo
vidi
affaccendarsi
con
un
temperino
sulla
sua
arancia
.
Il
sipario
si
aprì
,
comparve
Siegmund
lacero
e
tenebroso
:
intorno
a
me
vagavano
freschi
odori
di
frutta
.
Poi
vidi
un
'
ombra
muoversi
al
mio
fianco
.
La
mano
del
vicino
batteva
il
tempo
con
la
scorza
d
'
arancia
.
Si
era
disteso
sui
gradini
;
portava
lentamente
alla
bocca
gli
spicchi
e
intanto
con
la
mano
destra
e
con
la
rossa
lista
della
scorza
si
abbandonava
alla
musica
.
Poche
persone
nella
sala
erano
penetrate
da
Wagner
come
lui
.
Quando
al
canto
dei
due
amanti
si
spalancò
la
porta
dell
'
oscuro
maniero
sui
prati
di
primavera
,
mi
tornò
più
acuto
un
odore
di
giardini
siciliani
.
Accettai
la
bellissima
suggestione
.
Il
vicino
,
tacitamente
,
aveva
tirato
fuori
un
'
altra
arancia
.
Della
Lucia
di
Lammermoor
mi
piace
molto
una
scena
.
L
'
ingresso
dello
sposo
.
In
una
sala
favolosamente
illuminata
come
se
ne
vedono
solo
ai
teatri
d
'
opera
,
una
folla
di
signore
e
signori
molto
ben
vestiti
,
attendono
e
passeggiano
.
In
fondo
«
una
porta
praticabile
»
,
dice
la
didascalia
.
Dalla
Porta
praticabile
entra
,
annunciato
da
una
musica
festosa
,
Enrico
,
e
lo
saluta
il
bellissimo
coro
«
Per
te
d
'
immenso
giubilo
»
.
Ma
lo
spettacolo
è
prezioso
.
Enrico
attraversa
la
scena
con
passo
risoluto
e
a
viso
aperto
.
Dalle
due
parti
gentiluomini
,
armigeri
e
signore
si
piegano
in
un
concorde
inchino
.
Qualche
comparsa
,
che
ha
per
l
'
inchino
una
particolare
disposizione
,
continua
a
genuflettersi
con
leggiadria
e
a
sventolare
il
cappello
,
benché
il
nobile
signore
sia
già
entrato
e
abbia
salutato
tutti
.
Intanto
lo
sposo
è
arrivato
alla
ribalta
.
Il
Pubblico
,
anche
se
molto
accorto
,
è
inconsciamente
soggiogato
dall
'
aspetto
autorevole
di
Enrico
,
dal
suo
passo
trionfale
.
Si
stabilisce
un
silenzio
rispettoso
.
Allora
Enrico
,
che
è
generalmente
un
cantante
di
terz
'
ordine
,
attacca
con
voce
di
agnello
:
Per
poco
fra
le
tenebre
sparì
la
vostra
stella
,
io
la
farò
risorgere
più
fulgida
e
più
bella
.
Anche
ho
un
ricordo
piuttosto
gaio
dei
teatri
a
cui
si
andava
con
la
scuola
.
Ci
facevano
sentire
cattivi
concerti
oppure
drammi
.
Drammi
storici
,
spesso
.
Poi
a
scuola
qualche
atteggiamento
di
immoderato
eroismo
aveva
chiare
origini
teatrali
.
Generali
che
spezzavano
spade
come
fossero
lapis
,
altri
che
pronunciavano
frasi
nette
,
definitive
.
Gridavamo
come
ossessi
se
ci
si
concedeva
la
fortuna
di
una
rissa
sulla
scena
.
Fu
lì
,
in
quei
clamorosi
teatri
,
che
vidi
per
le
prime
volte
la
ragazza
bionda
e
mite
che
conobbi
più
tardi
.
Ancora
adesso
la
prima
memoria
di
lei
è
legata
al
ricordo
di
cattive
musiche
e
parole
declamate
,
da
cui
mi
distraeva
,
nella
mezza
luce
della
sala
,
il
suo
profilo
sereno
e
l
'
arco
leggero
dei
capelli
sulla
fronte
.
4.Paesaggi
estivi
.
Vittoriosa
la
lotta
di
un
pastore
contro
un
'
aquila
.
I
pastori
guerrieri
scendono
dalle
loro
montagne
in
queste
calde
stagioni
per
raggiungere
il
triste
popolo
dei
giornali
estivi
.
Sono
figure
di
un
teatro
a
maschere
fisse
,
personaggi
che
vengono
a
ritrovare
i
compagni
inevitabili
.
Le
numerose
vittime
del
maltempo
,
i
giovinetti
sedicenni
che
fanno
in
barca
il
giro
del
Mediterraneo
,
le
ragazze
uccise
per
gelosia
,
occupano
in
ordine
i
titoli
delle
pagine
faticosamente
composte
.
Si
scorrono
,
le
pagine
,
senza
speranza
di
una
lettura
,
completando
a
mente
i
titoli
intravisti
.
Non
tutti
,
perché
qualcosa
avviene
,
e
quando
non
avviene
nulla
i
giornalisti
richiamano
l
'
attenzione
con
i
loro
titoli
.
«
Lupi
sovietici
invadono
la
Lituania
»
,
annunziava
qualche
tempo
fa
un
giornale
autorevole
,
certo
senza
comprendere
l
'
importanza
di
questa
notizia
,
la
prima
che
sia
arrivata
a
noi
,
di
bestie
,
anzi
di
bestie
selvagge
,
politicamente
organizzate
(
«
Una
certa
assemblea
di
vermi
politici
»
,
diceva
Amleto
)
.
Ma
sono
comparse
fugaci
.
I
personaggi
ricorrenti
prevalgono
,
per
pigrizia
di
giornalisti
o
per
assenza
di
novità
,
nella
storia
dei
mesi
estivi
.
Ogni
tanto
qualche
nome
splende
di
una
luce
più
intensa
,
trascorre
come
una
meteora
e
sparisce
nel
buio
.
«
Il
ministro
sudafricano
Pirow
visiterà
l
'
Europa
»
,
scrisse
una
volta
timidamente
un
quotidiano
.
«
Il
ministro
Pirow
in
Germania
»
,
si
cominciò
a
leggere
poi
più
spesso
.
Dopo
qualche
giorno
fu
la
vertigine
:
il
ministro
Pirow
nei
Balcani
,
il
ministro
Pirow
in
Francia
,
in
Inghilterra
il
ministro
Pirow
dappertutto
.
I
giornali
avevano
trovato
un
uomo
.
Poi
quel
vecchio
vestito
di
nero
col
collettino
bianco
da
pastore
si
imbarcò
su
un
bastimento
e
naufragò
per
i
giornali
europei
senza
lasciare
una
traccia
,
un
ricordo
.
Così
fu
di
un
veliero
,
la
Girl
Pat
se
riusciamo
a
ricordare
il
nome
,
che
scomparve
e
riapparì
fantasticamente
fra
le
onde
dell
'
Atlantico
.
Per
qualche
giorno
i
giornali
furono
soddisfatti
e
in
quel
periodo
nessun
bambino
mangiò
pezzi
di
bottiglia
o
cascò
in
una
caldaia
.
Ma
inevitabilmente
si
ritorna
allo
squallore
.
Sulle
terze
pagine
dei
quotidiani
francesi
si
vedono
visi
preoccupati
di
gendarmi
in
cheppì
e
poi
,
macilento
e
distratto
,
l
'
uomo
che
ha
ucciso
ventidue
donne
.
In
Inghilterra
si
presentano
al
pubblico
i
nuovi
baronetti
.
Nessuna
vanità
appare
tanto
intelligente
da
meritare
un
commento
.
Rimangono
le
miserie
di
P
.
G
.
Wodehouse
a
Le
Touquet
e
tenuissimi
pettegolezzi
europei
.
Nelle
vanità
dobbiamo
rifugiarci
quando
oltre
i
confini
di
un
atlante
circoscritto
,
nelle
pagine
a
cui
la
nostra
ricerca
non
arriva
,
si
succedono
notizie
sempre
più
gravi
.
E
ogni
giorno
la
lettura
rinnova
il
monito
di
Romeo
:
«
Peace
,
peace
,
Mercutio
,
peace
!
Thouthalk
'
st
of
nothing
»
(
Basta
,
basta
,
Mercutio
,
tu
parli
di
nulla
)
.
VI
.
La
stagione
di
Aci
Trezza
I
Malavoglia
.
Si
è
sempre
insistito
sulla
sorte
di
Verga
,
autore
mal
compreso
,
autore
che
ogni
nuova
critica
ha
voluto
spogliare
di
soprastrutture
e
pregiudizi
anteriori
per
porre
finalmente
in
una
luce
onesta
e
definitiva
.
Questo
lavoro
generoso
anche
se
spesso
illusorio
e
la
convinzione
dei
critici
più
autorevoli
degli
ultimi
trent
'
anni
hanno
costruito
ormai
intorno
al
romanziere
siciliano
un
muro
di
fama
intoccabile
.
Scaduto
il
tempo
della
sua
più
umile
popolarità
,
quella
delle
opere
giovanili
,
Verga
è
passato
alle
antologie
scolastiche
e
al
freddo
decoro
delle
commemorazioni
senza
un
conforto
di
letture
estese
e
intelligenti
,
senza
cioè
una
riconoscenza
(
che
è
cosa
diversa
dal
riconoscimento
o
forse
del
riconoscimento
è
la
forma
più
diffusa
)
.
Ora
,
questo
accade
per
tutti
e
sarebbe
assurdo
rammaricarsene
(
si
pensi
a
D
'
Annunzio
e
alle
diverse
maschere
che
la
sua
opera
ancora
sopporta
)
.
Ma
per
esistono
ragioni
più
gravi
di
distanza
,
di
ostilità
.
Certo
egli
sopravvisse
ai
suoi
anni
,
fu
confuso
poi
con
altri
vicini
a
lui
per
coincidenza
di
date
e
d
'
interessi
più
che
per
la
loro
natura
letteraria
,
e
accomunato
nel
rifiuto
di
una
poetica
così
fiera
di
velleità
e
di
pretese
come
la
verista
.
Da
parte
del
pubblico
il
rifiuto
naturalmente
è
disinteresse
e
fastidio
;
per
la
storia
letteraria
,
Verga
non
poteva
sparire
e
in
fondo
mantenne
sempre
il
rispetto
dei
lettori
più
consapevoli
.
Attento
ad
altre
voci
,
in
tempi
d
'
inquietudine
,
Serra
diede
quel
giudizio
un
po
'
distante
:
«
Passano
gli
anni
e
la
sua
figura
non
diminuisce
;
il
maestro
del
verismo
si
perde
,
ma
lo
scrittore
grandeggia
»
.
Il
grande
scrittore
:
era
già
l
'
esilio
del
romanziere
vivente
fra
i
maestri
non
letti
.
La
stessa
severità
dell
'
opera
,
la
sua
durezza
dovevano
respingere
un
pubblico
conquistato
ai
fulgidi
romanzi
dannunziani
e
a
quella
che
si
chiamava
arte
spiritualista
contro
il
tenace
positivismo
verghiano
.
Ora
sorprende
ritrovare
I
Malavoglia
in
una
nuova
edizione
(
Mondadori
,
1939
)
,
romanzo
destinato
a
larghe
letture
,
accanto
a
opere
assai
più
facili
e
d
'
interesse
immediato
,
legate
al
cinema
e
a
un
costume
americano
così
diverso
da
quello
della
remota
Italia
di
Verga
.
E
forse
è
utile
rileggerlo
disinteressatamente
,
come
se
fosse
libero
da
una
storia
di
decenni
,
per
scoprirne
ancora
la
ricchezza
di
suggerimenti
spontanei
e
il
poco
caduto
,
artificio
o
polemica
.
«
Non
volli
fare
opera
polemica
ma
opera
d
'
arte
»
,
aveva
scritto
già
Verga
in
quella
breve
pagina
che
precede
la
prima
edizione
.
Ma
queste
sono
parole
comuni
e
si
sa
come
egli
fosse
legato
a
una
dottrina
e
come
ogni
formula
mantenga
un
contenuto
polemico
:
più
una
formula
come
quella
dei
veristi
che
accoglieva
accanto
ai
motivi
tecnici
e
alla
naturale
predilezione
per
una
materia
circoscritta
addirittura
motivi
extraletterari
di
critica
e
di
testimonianza
sociale
.
Certo
Verga
fu
lontano
da
qualunque
concessione
a
esigenze
temporali
,
fu
naturalmente
protetto
dal
suo
sicuro
animo
letterario
.
E
in
lui
erano
impossibili
quei
risultati
deteriori
che
diede
certo
naturalismo
tedesco
o
l
'
opera
più
clamorosa
di
un
Blasco
Ibañez
.
Ma
il
freddo
di
una
«
educazione
poetica
»
sussiste
in
altre
pagine
,
sussiste
anche
nei
Malavoglia
che
sono
probabilmente
l
'
opera
più
sorvegliata
e
matura
.
Il
disegno
,
prima
di
tutto
.
Da
altri
si
vide
nell
'
ampio
svolgimento
una
misura
di
umanità
.
A
noi
questa
umanità
non
giova
ora
;
interessa
solo
l
'
altra
umanità
,
la
vita
lettera
dei
personaggi
,
e
i
limiti
che
a
questi
personaggi
possono
venire
da
qualsiasi
rigidezza
.
Lo
sforzo
di
un
programma
era
già
nella
idea
iniziale
:
i
cinque
romanzi
collegati
da
richiami
esteriori
,
ma
uniti
nel
comune
significato
zoliano
di
documento
sociale
.
Poi
gli
ultimi
non
furono
scritti
e
I
Malavoglia
e
Mastro
don
Gesualdo
rimangono
come
risultati
autonomi
,
quasi
liberi
da
ogni
peso
sensibile
.
Del
resto
quel
piano
dell
'
opera
non
era
che
uno
schema
esteriore
la
cui
traccia
letteraria
sarebbe
stata
probabilmente
assai
debole
.
Il
disegno
invece
ritorna
nel
corpo
dei
Malavoglia
per
oscurarne
la
solenne
libertà
,
e
precisamente
in
quell
'
addensarsi
di
conclusioni
che
,
secondo
noi
,
vizia
la
seconda
parte
.
(
Si
accettino
queste
note
a
un
momento
dell
'
opera
soprattutto
come
mezzo
per
chiarirne
la
più
giusta
grandezza
e
insieme
come
segno
di
una
divergenza
dal
giudizio
comune
)
.
A
tutti
i
personaggi
nel
risolversi
del
racconto
è
assegnata
una
sorte
:
uomini
e
donne
che
in
principio
vivevano
della
loro
libertà
non
sfuggono
a
una
definizione
e
a
una
sentenza
Assumono
cioè
la
loro
parte
,
secondo
il
proposito
dell
'
autore
e
i
suggerimenti
della
dottrina
:
entrano
a
costituire
il
quadro
sociale
.
Sono
anche
le
pagine
in
cui
Verga
cede
di
più
al
colore
,
quel
colore
meridionale
e
sanguigno
,
scenario
inevitabile
della
nostra
prosa
verista
,
che
in
opere
assai
meno
ricche
come
i
romanzi
della
Serao
e
in
parte
i
bozzetti
di
Di
Giacomo
,
doveva
prevalere
sul
dramma
o
avviarlo
a
soluzioni
facili
.
Qui
indebolisce
solo
il
dramma
di
'
Ntoni
,
in
cui
altri
vide
il
centro
dell
'
opera
come
quello
in
cui
l
'
umanità
di
queste
creature
pone
più
evidenti
i
suoi
problemi
;
che
per
noi
invece
segna
già
la
deriva
del
racconto
.
Con
la
malavita
di
'
Ntoni
e
quella
sua
coltellata
,
con
la
caduta
di
Lia
declina
a
un
'
avventura
carnale
e
romanzesca
il
fato
terrestre
dei
Malavoglia
.
Si
è
detto
fato
,
e
quest
'
accenno
al
declino
potrebbe
autorizzare
interpretazioni
mitiche
molto
lontane
dal
nostro
pensiero
.
I
richiami
alla
tragedia
greca
,
come
quelli
al
mondo
letterario
russo
,
hanno
qui
il
solito
debole
valore
di
suggestione
critica
.
Il
fato
dei
Malavoglia
è
solo
la
dura
traccia
della
loro
vita
,
la
necessità
della
loro
esistenza
e
,
letterariamente
,
la
ragione
dell
'
opera
.
Anzi
,
occorre
insistere
sull
'
aggettivo
«
terrestre
»
.
Fino
da
principio
la
sorte
si
annuncia
ai
Malavoglia
in
una
sua
esemplare
materializzazione
:
il
carico
dei
lupini
.
E
i
lupini
torneranno
nel
discorso
e
nell
'
azione
come
una
guida
inesorabile
alla
vita
dei
protagonisti
.
Poi
questi
elementi
terrestri
si
ripeteranno
,
saranno
come
i
nodi
dell
'
azione
,
quasi
idoli
per
i
personaggi
,
e
per
noi
simboli
letterari
di
una
straordinaria
evidenza
(
i
lupini
,
la
chiusa
della
Vespa
,
la
barca
)
.
La
casa
è
forse
il
più
gentile
di
questi
simboli
e
il
più
ricco
,
quella
casa
del
nespolo
che
il
distacco
e
l
'
amore
dei
Malavoglia
rendono
a
una
umana
presenza
.
Sulla
felicità
non
casuale
di
certi
nomi
che
disegnano
le
immagini
più
care
(
la
casa
del
nespolo
,
la
Mena
detta
Sant
'
Agata
)
,
ci
si
potrebbe
fermare
per
misurarne
il
difficile
peso
.
Così
un
altro
elemento
non
trascurabile
sono
le
sentenze
che
ricorrono
fino
all
'
ultimo
.
Sembrano
faticosi
e
inutili
,
quei
proverbi
,
o
se
mai
debolmente
pittoreschi
.
Ma
la
loro
funzione
di
architettura
nel
povero
mondo
logico
dei
pescatori
si
precisa
quando
padron
'
Ntoni
infermo
e
sfinito
non
sa
più
parlare
che
attraverso
un
parossismo
di
proverbi
,
e
il
rompersi
delle
frasi
nei
detti
consueti
segna
barlumi
di
pensiero
e
disperati
tentativi
di
aggrapparsi
alla
vita
di
prima
.
È
anche
difficile
riconoscere
la
simpatia
verghiana
,
l
'
amore
ai
personaggi
nella
loro
astrazione
e
quindi
nella
lettera
.
L
'
unica
vicenda
narrata
con
amore
è
quella
di
Alfio
e
Mena
,
e
ai
due
giovani
viene
come
una
casta
nobiltà
:
sono
senza
colpa
,
ma
nessuna
piega
di
simpatia
li
accompagna
.
Del
resto
i
Malavoglia
si
possono
chiamare
i
veri
uomini
del
romanzo
perché
i
loro
motivi
costanti
sono
la
povertà
e
il
dolore
;
gli
altri
vivono
solo
in
funzione
di
sentimenti
inferiori
e
precisi
.
Fu
la
grande
paura
del
preteso
verismo
:
cedere
a
effusioni
benevole
;
per
cui
,
se
Verga
accettò
inconsciamente
formule
negative
,
si
tenne
sempre
lontano
nel
tempo
della
maturità
da
ogni
possibile
indulgenza
di
maniera
.
Fu
anche
,
questo
,
più
volgarmente
,
il
suo
pessimismo
.
Si
sa
che
in
questo
libro
poco
zoliano
mancano
le
descrizioni
.
L
'
unica
nel
senso
tradizionale
è
quella
della
tempesta
che
in
verità
non
conta
tra
le
pagine
migliori
.
(
Invece
le
poche
soste
in
cui
si
accenna
alla
natura
hanno
da
questa
loro
rara
presenza
una
strana
freschezza
:
orti
e
giardini
nel
paese
di
mare
,
i
campi
,
le
strade
siciliane
)
.
Ma
il
racconto
incalza
sempre
con
la
sua
necessità
.
Di
solito
i
«
fatti
»
decisivi
sono
riferiti
in
fretta
,
senza
una
dichiarata
attenzione
.
E
si
è
detto
prima
del
decadere
degli
ultimi
capitoli
perché
essi
appunto
contrastano
con
la
misurata
intelligenza
di
questa
introduzione
.
Contro
il
precipitare
della
vicenda
dei
Malavoglia
nel
clamore
del
processo
e
nelle
luci
più
fosche
sta
l
'
origine
della
loro
disgrazia
,
quel
naufragio
appena
ricordato
e
la
decisione
dei
due
compari
di
agire
contro
la
famiglia
.
Qui
,
nell
'
incerto
muoversi
della
sorte
,
la
pretesa
d
'
imparzialità
,
trasfigurata
e
resa
concreta
,
ha
quasi
una
sua
reale
giustificazione
.
O
almeno
si
ha
di
fronte
uno
degli
esempi
più
persuasivi
della
funzione
del
narratore
rispetto
all
'
opera
(
e
si
pensa
a
Manzoni
,
qui
come
altrove
)
.
Così
,
spoglia
di
ogni
eccesso
di
sentimento
è
la
morte
della
Maruzza
,
momento
dell
'
opera
tragica
,
non
incontro
di
spunti
emotivi
.
E
l
'
annunzio
è
introdotto
tranquillamente
con
uno
di
quei
brevi
racconti
che
servono
anche
in
altre
pagine
:
«
Ma
ella
non
sapeva
che
doveva
partire
anche
lei
...
che
doveva
lasciarli
per
via
tutti
quelli
cui
voleva
bene
e
che
gli
erano
attaccati
al
cuore
e
glielo
strappavano
a
pezzetti
ora
l
'
uno
ora
l
'
altro
»
.
È
la
conclusione
di
una
lunga
scena
fra
la
madre
e
il
figlio
e
nella
sua
indifferenza
dice
l
'
ora
più
dolorosa
dei
Malavoglia
.
Ma
in
questo
annullare
i
fatti
alla
sola
dignità
letteraria
del
racconto
,
nella
piena
vittoria
del
testo
sulla
cronaca
è
forse
il
merito
più
grande
di
Verga
narratore
,
è
anche
per
noi
la
sua
vera
modernità
.
Padrone
poi
Scarfoglio
di
dire
che
Verga
non
aveva
portato
nulla
alla
tecnica
del
racconto
,
se
per
tecnica
intendeva
,
come
ancora
s
'
intende
,
un
giuoco
di
buoni
accorgimenti
.
Forse
l
'
intelligenza
dei
motivi
esteriori
prevale
in
certe
scene
bellissime
,
come
quella
dell
'
annunzio
di
Lissa
,
che
del
resto
giovano
a
distendere
la
forza
del
racconto
,
e
riposano
,
come
riposa
sempre
il
breve
e
aspro
umorismo
verghiano
.
(
In
autori
meno
tenuti
a
un
disegno
o
addirittura
vaganti
come
Proust
,
la
stessa
necessità
di
riposo
e
di
esercizio
porta
a
quei
lunghi
intermezzi
ironici
che
in
Proust
,
appunto
per
la
loro
autonomia
,
hanno
un
valore
quasi
di
«
cadenza
»
)
.
Certo
nessun
accorgimento
avrebbe
potuto
aggiungere
nobiltà
alle
parole
che
salutano
la
partenza
dalla
casa
:
«
Maruzza
guardava
la
porta
del
cortile
dalla
quale
erano
usciti
Luca
e
Bastianuccio
e
la
stradicciola
per
la
quale
il
figlio
suo
se
n
'
era
andato
coi
calzoni
rimboccati
mentre
pioveva
e
non
l
'
aveva
visto
più
sotto
il
paracqua
d
'
incerata
»
.
È
una
sosta
appena
voluta
fra
due
riprese
del
racconto
,
ma
quel
ragazzo
nella
pioggia
sotto
il
paracqua
d
'
incerata
porta
su
di
sé
tutta
la
stremata
poesia
dei
Malavoglia
.
Si
è
detto
in
principio
della
minore
intensità
dell
'
ultima
parte
,
al
declinare
della
vicenda
.
Che
ha
poi
un
esito
felice
,
perché
l
'
impallidire
dei
personaggi
,
quel
chiudersi
di
ciascuno
nella
propria
maschera
,
segna
veramente
il
congedo
.
E
benché
il
romanzo
volutamente
abbia
la
sua
fine
in
un
giorno
come
tutti
gli
altri
(
«
Ma
il
primo
di
tutti
a
cominciare
la
sua
giornata
è
stato
Rocco
Spatu
»
)
,
si
sente
che
la
stagione
di
Aci
Trezza
è
trascorsa
,
che
quegli
uomini
e
quelle
donne
sono
partiti
come
Padron
'
Ntoni
per
il
loro
viaggio
,
più
lontano
di
Trieste
e
di
Alessandria
d
'
Egitto
.
1940
VII
.
Letture
italiane
1
.
Il
pericolo
dell
'
inconcludenza
.
La
nostra
lettura
di
Morovich
fu
continuamente
interrotta
da
rabbiose
ricerche
.
Queste
ricerche
riguardavano
«
le
fonti
»
della
sua
prosa
;
erano
dovute
alla
presenza
nella
nostra
memoria
di
un
preciso
stile
che
Morovich
richiamava
con
insistenza
ma
che
non
riuscivamo
a
identificare
.
I
primi
capitoli
del
suo
nuovo
libro
(
I
ritratti
nel
bosco
,
Parenti
,
1939
)
bastano
a
suggerire
qualche
barlume
,
ma
poi
ogni
tentativo
di
definizione
è
subito
smentito
.
Se
mai
i
nomi
tentati
possono
valere
come
una
parentela
momentanea
e
forse
inavvertita
.
Il
racconto
che
ha
per
titolo
I
ritratti
nel
bosco
,
per
esempio
,
potrebbe
far
pensare
a
Chesterton
;
se
Chesterton
non
fosse
più
vivace
e
definitivo
.
Qualche
altro
ricorda
sicuramente
un
certo
umorismo
russo
(
La
paura
dei
ladri
è
costruito
sullo
schema
preciso
di
una
novella
di
Cecov
)
.
Ma
,
a
parte
l
'
evidente
animo
antirusso
di
questi
personaggi
(
e
in
loro
non
resta
nulla
del
lungo
tremito
di
Cecov
)
,
qui
era
proprio
il
racconto
di
Morovich
,
o
addirittura
la
sua
sintassi
che
ci
premeva
di
riconoscere
.
Finché
ci
parve
di
trovare
questo
esempio
sfuggente
non
in
un
autore
,
ma
in
una
maniera
,
non
in
una
fonte
quindi
ma
in
una
ragionata
analogia
.
I
racconti
di
Morovich
sono
scritti
come
quegli
intrecci
di
opere
insigni
che
si
leggono
nei
libri
di
testo
,
sono
canovacci
,
riassunti
.
Sono
in
un
certo
senso
il
racconto
essenziale
e
lo
scheletro
del
racconto
.
E
questo
vale
sia
che
egli
narri
una
vicenda
esteriore
,
sia
che
discenda
a
perplessi
stati
d
'
animo
.
Procede
sempre
con
la
sua
naturale
speditezza
di
cronaca
e
con
quelle
brevi
,
lucide
osservazioni
.
Tanto
che
da
questa
particolare
natura
derivano
alla
sua
prosa
segni
inconfondibili
.
Per
esempio
l
'
assenza
totale
dal
suo
racconto
di
elementi
descrittivi
.
Ogni
capitolo
è
preceduto
da
una
immaginaria
didascalia
:
la
scena
si
svolge
in
un
giardino
(
o
in
una
casa
)
e
se
mai
qualche
accenno
sommario
ha
un
interesse
immediato
di
inquadratura
(
«
Gli
uccelli
volavano
nella
notte
stridendo
di
terrore
mentre
i
tuoni
rotolavano
in
cielo
»
)
.
Ma
manca
qualsiasi
riposo
,
qualsiasi
attesa
nel
periodo
,
che
conceda
una
tranquilla
diversione
e
apra
un
nuovo
respiro
,
al
contrario
di
tanta
prosa
moderna
italiana
che
si
nutre
solo
di
queste
pause
.
Poi
a
un
esame
più
attento
del
testo
si
distinguono
i
diversi
aspetti
di
Morovich
e
sono
anch
'
essi
lucidi
e
precisi
.
Probabilmente
l
'
esempio
migliore
del
suo
scrivere
sono
quei
racconti
brevissimi
in
cui
una
fantasia
fredda
e
leggera
si
sostiene
sempre
a
un
'
armatura
di
stile
.
«
Antonio
si
svegliò
bruscamente
disturbato
da
un
rumore
come
di
zoccoli
.
Accese
la
lampadina
e
vide
che
era
la
Morte
la
quale
passeggiava
in
su
e
in
giù
per
la
stanza
e
che
,
vedendosi
osservata
,
si
fermò
e
indicò
col
dito
il
cassetto
del
tavolino
da
notte
»
.
L
'
uomo
si
preoccupa
per
il
rumore
dei
piedi
scarni
che
può
svegliare
i
vicini
.
«
-
Se
vuoi
che
prenda
la
rivoltella
,
-
le
disse
Antonio
indicando
le
ciabatte
sul
tappeto
,
-
mi
devi
fare
il
piacere
di
calzare
le
mie
pantofole
.
-
Sta
bene
,
-
rispose
la
Morte
,
e
subito
le
calzò
.
Ora
passeggiava
senza
alcun
rumore
.
Antonio
spense
la
luce
.
Pareva
proprio
che
nella
stanza
non
ci
fosse
nessuno
.
Si
guardò
bene
dal
prendere
dal
cassetto
la
rivoltella
e
dopo
un
poco
dormiva
di
nuovo
profondamente
»
.
Qui
la
favola
veramente
ha
una
conclusione
che
non
è
solo
nell
'
umorismo
raggiunto
ma
nella
misura
della
narrazione
,
nei
suoi
limiti
così
chiaramente
mantenuti
.
Non
meno
intelligente
la
storia
degli
spettri
che
per
far
morire
di
paura
Silvestro
lo
avevano
aspettato
la
notte
su
una
corda
fra
due
pali
.
Silvestro
torna
brillo
,
si
accorge
che
la
moglie
ha
lasciato
la
biancheria
senza
fermarla
,
e
con
due
fermagli
di
legno
assicura
gli
spettri
alla
corda
.
Sono
giuochi
molto
rischiosi
,
anch
'
essi
sospesi
sulla
corda
,
ma
in
questi
casi
prendono
agilità
dalla
libera
fantasia
.
Che
dà
anche
,
a
lui
scrittore
affrettato
,
le
sue
rare
immagini
:
«
Giorgio
invece
era
inquieto
.
Verso
la
mezzanotte
uscì
dalla
casa
dove
gelava
.
Gli
ci
volle
poco
per
scoprire
la
Morte
,
immobile
nella
luce
lunare
accanto
a
una
botte
piena
di
ghiaccio
»
.
Sarà
facile
riconoscere
il
valore
di
quella
botte
piena
di
ghiaccio
almeno
per
una
scenografia
(
e
poi
l
'
incontro
dell
'
uomo
con
la
Morte
sarà
commentato
benissimo
e
avrà
un
seguito
molto
ricco
)
.
Meno
buoni
i
racconti
allegorici
:
se
la
storia
della
fortuna
non
dispiace
per
una
sua
strana
crudezza
,
quell
'
altra
dell
'
ispirazione
è
sicuramente
fredda
.
Del
resto
il
pericolo
costante
di
Morovich
è
l
'
inconcludenza
.
Certe
storie
si
svolgono
con
molta
precisione
e
serietà
,
ma
in
fondo
occupano
molto
più
spazio
di
quanto
non
ne
meriti
il
loro
vago
significato
.
Perché
è
certo
che
queste
prose
si
leggono
un
poco
come
apologhi
e
si
vuole
una
conclusione
qualunque
.
Anche
se
l
'
intensità
sarà
data
da
elementi
esteriori
come
la
morte
della
ragazza
nel
Cartoccio
di
funghi
o
la
malattia
in
quella
pagina
di
cui
ci
restava
un
sottile
ricordo
di
quando
fu
pubblicata
in
«
Omnibus
»
:
I
signori
bevevano
il
cognac
.
Un
ultimo
aspetto
di
Morovich
si
può
cercare
in
quei
pochi
racconti
più
ampi
che
dovrebbero
reggersi
da
sé
,
senza
l
'
ausilio
di
una
moralità
o
un
intervento
fantastico
.
Il
più
notevole
forse
è
quello
intitolato
Una
donna
di
quindici
anni
,
che
,
discutibile
tutto
,
ha
qualche
momento
assai
bello
(
basterebbero
le
esitazioni
della
ragazza
,
la
fine
calma
e
quel
sottile
umore
di
parodia
che
circola
nei
racconti
borghesi
di
Morovich
)
.
Del
resto
è
un
autore
molto
diverso
;
proprio
alla
fine
si
trova
un
curioso
racconto
con
certi
particolari
vivaci
che
era
difficile
aspettarsi
.
Ma
si
potrà
riconoscere
quasi
sempre
.
E
questo
,
anche
se
per
il
critico
è
una
conclusione
facile
e
comune
,
resta
per
l
'
autore
il
risultato
più
sicuro
.
Qui
per
Morovich
il
merito
più
difficile
.
Degli
altri
suoi
meriti
la
freschezza
e
i
nitidi
contorni
,
nessuno
vorrà
discutere
.
Come
i
suoi
pericoli
,
si
è
detto
,
sono
l
'
inconcludenza
e
la
geometria
,
il
gusto
del
disegno
ben
misurato
anche
se
inutile
e
l
'
orgoglio
di
una
lucida
intelligenza
.
2
.
Involuzione
della
satira
Questo
libro
(
Mosca
,
Ricordi
di
scuola
,
Rizzoli
,
1939
)
è
stato
preceduto
da
una
intelligentissima
pubblicità
.
Non
so
se
Mosca
si
renda
conto
che
egli
compie
opera
assai
più
elevata
quando
scrive
accanto
ai
suoi
buffi
disegni
:
«
Uom
colla
barba
al
libraio
non
garba
»
,
e
fa
poi
intervenire
«
il
dottor
Newmann
che
tanto
può
sull
'
animo
dei
librai
»
per
indurlo
a
vendere
i
Ricordi
di
scuola
agli
uomini
colla
barba
,
di
quando
scrive
con
animo
raccolto
e
serietà
di
propositi
gli
stessi
Ricordi
di
scuola
.
È
questa
una
questione
molto
importante
perché
riguarda
,
oltre
i
limiti
personali
di
Mosca
,
la
misura
dell
'
autocritica
nello
scrittore
di
parodie
e
la
possibilità
di
trasferire
su
un
piano
creativo
quelle
doti
di
attenzione
e
di
vivacità
che
sono
proprie
appunto
di
un
certo
umorismo
.
Le
risposte
suggerite
dal
nostro
esempio
sono
assai
sconfortanti
.
Confermano
l
'
antica
opinione
che
l
'
esercizio
sullo
stile
altrui
per
una
ripresa
ironica
annulli
qualsiasi
tentativo
di
un
'
espressione
propria
.
L
'
esempio
di
Mosca
poi
è
particolarmente
interessante
perché
testimonia
la
possibilità
di
una
strana
involuzione
.
Dimostra
cioè
che
,
partiti
da
De
Amicis
per
una
spietata
parodia
,
si
può
andare
a
finire
a
De
Amicis
e
riviverlo
seriamente
.
Chi
,
prima
di
ogni
considerazione
tecnica
,
cercasse
alle
origini
dell
'
umorismo
di
Mosca
un
dato
sicuro
,
troverebbe
probabilmente
l
'
insofferenza
di
un
certo
mondo
borghese
facilmente
atteggiato
a
cui
egli
reagisce
rappresentandolo
in
formule
rigide
e
grottesche
.
La
figura
astratta
del
«
vecchietto
»
di
Mosca
,
per
esempio
,
vale
come
una
delle
migliori
prove
di
questo
procedimento
.
Poi
,
con
una
notevole
intelligenza
,
egli
seppe
trovare
ai
suoi
personaggi
scenari
ugualmente
astratti
e
un
linguaggio
convenzionale
e
arbitrario
di
grande
efficacia
.
(
Qui
si
potrebbero
fare
i
soliti
nomi
troppo
seri
per
Mosca
.
Incontri
col
surrealismo
ci
sono
certamente
,
ma
non
sappiamo
che
peso
abbiano
)
.
Comunque
,
si
era
detto
di
De
Amicis
.
E
De
Amicis
rappresentava
appunto
in
Italia
,
in
un
'
Italia
non
troppo
lontana
,
la
tutela
di
quella
educazione
sentimentale
da
cui
nasce
l
'
umorismo
di
Mosca
.
(
Per
molti
riguardi
il
mondo
della
scuola
;
e
Mosca
ha
ancora
qualcosa
di
scolaresco
)
.
Poi
la
polemica
si
estende
a
tutto
un
tardo
Ottocento
provinciale
e
piccolo
-
borghese
che
eccita
in
vario
modo
la
fantasia
dei
nostri
umoristi
.
(
E
un
gusto
chiarissimo
in
certi
disegnatori
e
soprattutto
nei
tipografi
)
.
Ma
ecco
che
ora
Mosca
,
posto
di
fronte
a
un
'
esperienza
sentita
,
si
trova
a
una
curiosa
incapacità
d
'
espressione
.
E
finisce
col
riecheggiare
ingenuamente
quei
modi
di
cui
era
parso
vittorioso
e
distruttore
nelle
sue
cose
ironiche
.
Non
che
i
Ricordi
di
scuola
siano
un
libro
propriamente
mancato
;
hanno
qualche
scaltrezza
e
qualche
merito
,
ma
in
fondo
inclinano
pericolosamente
a
De
Amicis
e
sono
degni
di
una
affrettata
condanna
.
Mosca
scrittore
non
avrebbe
nemmeno
meritato
questo
discorso
se
noi
non
avessimo
in
grande
considerazione
Mosca
parodista
.
E
se
abbiamo
insistito
sulla
parodia
è
appunto
perché
giudichiamo
il
suo
genio
esclusivamente
parodistico
.
Finora
il
risultato
più
importante
è
probabilmente
il
«
Bertoldo
»
,
un
giornale
a
cui
si
deve
dedicare
qualche
attenzione
non
fosse
altro
per
il
peso
che
ha
ormai
sul
costume
italiano
.
Ed
è
veramente
l
'
unico
giornale
che
eserciti
una
funzione
attiva
di
critica
al
costume
.
Coglie
nell
'
avvenimento
quotidiano
il
margine
comico
,
riconosce
soprattutto
il
momento
in
cui
la
notizia
o
la
persona
sono
divenute
familiari
al
pubblico
,
hanno
assunto
cioè
quella
rigidità
che
permette
una
efficace
parodia
.
Qui
è
appunto
il
valore
del
«
Bertoldo
»
:
commento
alla
moda
e
al
gusto
di
un
popolo
.
A
questo
risultato
i
redattori
del
«
Bertoldo
»
sono
arrivati
con
grande
precisione
di
gusto
.
(
E
anche
onestamente
.
Si
veda
come
sono
sfruttati
gli
elementi
umoristici
nella
guerra
attuale
senza
mai
un
accento
d
'
immoralità
Ma
dove
altri
si
ferma
a
uno
scherzo
occasionale
,
Mosca
ha
coscienza
di
svolgere
opera
di
cultura
.
E
qui
si
possono
ricordare
due
suoi
saggi
.
Il
primo
è
quella
storia
della
scienza
che
si
pubblica
a
puntate
sul
«
Bertoldo
»
e
che
è
una
magnifica
satira
delle
opere
di
divulgazione
scientifica
.
E
questo
ci
pare
il
Mosca
migliore
.
L
'
altra
rubrica
,
che
pure
ha
molta
fortuna
,
è
quella
dedicata
alla
poesia
moderna
,
e
per
diverse
ragioni
è
opportuno
citarla
.
Sarà
facile
riconoscere
anche
lì
il
significato
umoristico
in
uno
spunto
di
parodia
,
nella
ripresa
cioè
di
un
linguaggio
accademico
intessuto
di
citazioni
e
di
richiami
ad
autorità
.
Sarebbe
invece
perfettamente
assurdo
accogliere
l
'
opinione
diffusa
che
la
critica
di
Mosca
i
rappresenti
una
sana
reazione
agli
estremisti
della
poesia
contemporanea
.
Una
simile
funzione
potrebbe
anche
essere
utile
contro
gli
sfruttatori
di
una
cifra
,
se
esercitata
da
persona
molto
saggia
e
capace
di
discriminare
.
Ma
una
tale
maturità
critica
manca
naturalmente
a
Mosca
il
quale
,
splendidamente
ignaro
,
condanna
alle
stesse
facezie
testi
di
poesia
come
quelli
di
Ungaretti
,
di
Gatto
,
di
Luzi
,
o
addirittura
di
Rilke
,
e
testi
degli
ultimi
cretini
.
Una
volta
poi
messa
bene
in
chiaro
l
'
assoluta
nullità
del
suo
metodo
critico
,
non
c
'
è
niente
di
male
che
si
diverta
con
la
poesia
.
Quello
che
importa
è
che
egli
rinunzi
a
diventare
«
poetico
»
.
Gli
elementi
crepuscolari
che
ingentilivano
la
sua
ironia
rivelano
,
messi
a
nudo
,
una
grande
povertà
letteraria
.
Riportano
soprattutto
Mosca
a
quelle
angustie
del
sentimento
borghese
che
egli
aveva
spezzato
col
suo
dono
d
'
umorismo
elevando
a
disegno
astratto
l
'
ingenua
visione
dell
'
uomo
comune
.
3
.
Sui
limiti
di
Pirandello
.
L
'
unica
immagine
che
ci
restava
di
Pirandello
era
quella
del
vecchio
curvo
dinanzi
a
un
sipario
con
le
braccia
un
po
'
aperte
,
e
nel
viso
a
punta
e
negli
occhi
il
segno
di
una
carnale
affinità
coi
suoi
personaggi
.
L
'
altro
,
il
professore
e
il
polemista
di
questi
saggi
,
non
viveva
più
che
in
una
memoria
attardata
.
E
da
una
scelta
così
sommaria
l
'
uomo
aveva
pochissimo
danno
.
Infatti
il
sostegno
che
l
'
opera
critica
porta
all
'
intelligenza
di
Pirandello
è
minimo
;
direi
che
queste
pagine
giovano
piuttosto
a
mettere
in
luce
i
limiti
di
un
pensiero
altrimenti
forte
di
qualche
ragione
nella
sua
riconosciuta
ambiguità
(
Saggi
di
Pirandello
,
a
cura
di
M
.
Lo
Vecchio
Musti
,
Mondadori
,
Milano
1939
)
.
Certo
l
'
ingegno
che
trascinava
l
'
autore
drammatico
a
crudeli
giuochi
sugli
uomini
e
poteva
suscitare
intorno
ai
suoi
volubili
problemi
una
estrema
tensione
intellettuale
,
qui
,
di
fronte
a
un
impegno
critico
preciso
,
manca
.
Il
dialogo
allusivo
e
bizzarro
dei
suoi
racconti
,
scritto
su
una
tela
continua
di
amarezza
,
aveva
raggiunto
un
alto
valore
di
espressione
letteraria
.
Costretto
a
un
'
argomentazione
serrata
,
Pirandello
trasporta
sul
terreno
critico
i
suoi
modi
discorsivi
e
ne
trae
pessimi
effetti
di
stile
e
risultati
critici
assai
deboli
.
«
Bella
consolazione
,
la
filosofia
!
»
Questa
conclusione
esclamativa
segna
a
un
certo
punto
l
'
insofferenza
di
un
metodo
che
da
altri
gli
veniva
proposto
come
esempio
di
critica
matura
e
insieme
un
suo
modo
di
evadere
che
a
tutti
apparirà
alquanto
primitivo
e
sommario
.
Interessano
ormai
poco
quei
lunghi
discorsi
col
D
'
Ancona
e
col
Rajna
,
interrotti
da
citazioni
di
Alfredo
Binet
.
E
si
nota
che
il
lavoro
non
ha
mai
un
suo
centro
.
Scritti
in
un
tempo
di
fiere
polemiche
sulla
natura
della
critica
,
questi
saggi
rimangono
incerti
fra
esempi
contrastanti
:
l
'
estetica
nuova
di
Croce
,
la
tradizione
erudito
-
filologica
delle
università
nostre
e
tedesche
e
un
certo
positivismo
di
origine
francese
e
di
scarsa
utilità
letteraria
.
Mantengono
cioè
un
carattere
composito
sconcertante
.
Così
il
celebre
saggio
sull
'
umorismo
che
in
verità
non
è
degno
di
grande
fama
.
Il
disordine
,
l
'
imprecisione
e
l
'
inettitudine
a
concludere
tolgono
qualunque
ragione
di
utilità
all
'
opera
.
Non
si
può
condurre
un
lungo
studio
su
antitesi
così
approssimative
come
quella
stabilita
fra
umorismo
in
senso
stretto
e
umorismo
in
senso
largo
,
o
arbitrarie
come
quella
fra
umorismo
e
ironia
.
E
s
'
intende
che
,
nella
polemica
con
un
avversario
della
lucida
forza
di
Croce
,
Pirandello
,
anche
nei
suoi
motivi
ragionevoli
,
finisce
col
dibattersi
in
disperate
conclusioni
.
Altri
saggi
cadono
per
la
stessa
povertà
della
materia
(
come
quello
su
Alberto
Cantoni
o
quello
sul
verso
di
Dante
,
contro
Garlanda
)
.
E
dove
l
'
impegno
è
più
serio
,
negli
scritti
su
attore
e
traduttore
su
teatro
vecchio
e
teatro
nuovo
,
si
sente
il
gusto
delle
affermazioni
facili
e
una
certa
tendenza
a
risolvere
i
problemi
più
gravi
in
maniera
sbrigativa
e
arrogante
.
Ma
forse
i
saggi
non
sarebbero
ebbero
tutti
da
respingere
se
non
ne
rendesse
faticosa
la
lettura
una
triste
assenza
di
fantasia
.
Le
pagine
migliori
restano
quelle
dei
discorsi
su
Verga
(
specialmente
del
secondo
,
detto
all
'
Accademia
d
'
Italia
nel
'31
)
.
Qui
si
perdonano
arbitrî
e
giudizi
non
veri
per
un
franco
tentativo
di
accostamento
all
'
opera
,
un
principio
di
dialogo
fra
Pirandello
e
Verga
.
Ed
è
il
meno
che
si
dovrebbe
chiedere
alla
critica
di
uomini
della
statura
di
Pirandello
:
una
notizia
personale
e
sommaria
sui
fatti
dell
'
arte
.
4
.
L
'
onore
d
'
Italia
.
La
preparazione
alla
guerra
intesa
come
necessità
politica
della
Nazione
e
ultimo
dovere
del
nostro
Risorgimento
fu
opera
,
nei
primi
anni
del
secolo
,
di
uomini
maturi
alla
visione
politica
o
devoti
a
una
ideologia
;
trovò
più
tardi
il
suo
momento
cruciale
nell
'
impeto
delle
lotte
che
precedettero
l
'
intervento
.
Ma
la
preparazione
alla
guerra
come
fattore
spirituale
,
alla
guerra
esperienza
di
uomini
,
era
stata
il
lavoro
inconsapevole
di
una
generazione
quanto
mai
fervida
a
rivedere
i
valori
della
nostra
tradizione
,
a
cercare
per
la
prima
volta
il
senso
di
una
cultura
italiana
moderna
.
Questa
opera
di
rielaborazione
e
di
rinnovamento
fu
merito
in
Italia
soprattutto
della
«
Voce
»
.
Pochi
anni
prima
D
'
Annunzio
aveva
scritto
le
sue
canzoni
civili
e
,
scoppiata
la
guerra
nel
'14
,
l
'
altro
gruppo
degli
intellettuali
fiorentini
,
quello
raccolto
intorno
a
«
Lacerba
»
,
iniziò
una
furiosa
campagna
per
l
'
Intervento
.
Ma
queste
due
voci
,
pure
clamorose
e
ascoltate
,
non
significarono
in
fondo
molto
più
di
un
proclama
letterario
:
troppo
lontano
D
'
Annunzio
dalla
umile
realtà
dei
problemi
e
perduto
in
una
sua
visione
retorica
;
e
gli
altri
,
i
lacerbiani
,
troppo
soggetti
a
umori
personali
e
strettamente
impegnati
in
una
polemica
sui
fatti
.
I
valori
profondi
che
potevano
sostenere
una
prova
così
severa
si
dovevano
cercare
altrove
.
Fu
allora
che
l
'
opera
educativa
intrapresa
dalla
rivista
di
Firenze
trovò
la
sua
più
ardua
conferma
.
I
giovani
educati
su
quelle
pagine
a
una
nozione
della
cultura
che
fosse
approfondimento
spirituale
e
scuola
di
giusto
rigore
,
abbandonarono
senza
gesti
le
loro
letture
,
il
loro
orgoglio
,
e
l
'
aspirazione
a
una
più
civile
vita
d
'
Europa
,
per
portare
un
contributo
alla
comune
fatica
del
popolo
.
E
nella
guerra
portarono
con
questa
umiltà
di
soldati
la
loro
letteratura
,
non
come
ornamento
inutile
e
offensivo
ma
piuttosto
come
modo
di
vivere
,
necessità
inseparabile
.
Più
tardi
ebbero
quasi
tutti
dalla
prova
vissuta
un
preciso
insegnamento
o
addirittura
una
nuova
vita
.
Su
uomini
come
Soffici
la
guerra
doveva
agire
da
elemento
chiarificatore
,
disperdere
tutto
quello
che
i
frivolo
ed
esterno
si
agitava
nella
sua
letteratura
e
ridurre
lo
scrittore
a
una
lucidità
e
a
una
severità
prima
non
raggiunte
.
Su
altri
,
come
un
Jahier
,
l
'
esempio
fu
certamente
diverso
.
Jahier
portava
alla
guerra
la
sua
intransigenza
,
la
sua
sincerità
,
il
suo
rigore
di
moralista
.
Era
,
come
temperamento
,
il
più
adatto
a
sentire
l
'
austerità
di
una
esperienza
di
quella
natura
e
a
ricavarne
i
significati
meno
scoperti
.
Tanto
che
,
se
mai
,
il
suo
pericolo
era
una
coscienza
troppo
severa
della
prova
che
si
affrontava
,
un
ritegno
che
limitasse
l
'
espressione
letteraria
e
riuscisse
alla
sua
diffidenza
di
protestante
verso
il
fatto
estetico
.
E
Con
me
e
con
gli
alpini
porta
la
traccia
di
questo
stato
d
'
animo
.
Ogni
tanto
la
pagina
letteraria
devia
insensibilmente
diventa
discorso
ai
soldati
o
meditazione
religiosa
.
Forse
perché
egli
si
sentiva
un
maestro
e
una
guida
(
diresse
dopo
la
ritirata
«
L
'
Astico
»
,
giornale
per
i
soldati
)
,
il
figlio
di
quei
pastori
calvinisti
che
evoca
in
Ragazzo
,
rigidi
e
sicuri
sopra
la
comunità
genuflessa
.
Certo
Jahier
aveva
bisogno
dell
'
artificio
,
della
costrizione
letteraria
.
(
E
in
Ragazzo
le
parti
migliori
sono
appunto
quelle
più
letterarie
dove
si
cercano
chiari
effetti
di
stile
e
la
pagina
non
si
affida
solo
alla
generosità
di
un
temperamento
)
.
Ma
,
con
queste
riserve
,
rimane
il
suo
un
libro
bellissimo
.
Quello
fra
i
nostri
libri
di
guerra
più
nudo
e
sincero
,
quello
più
aderente
in
ogni
pagina
alla
moralità
e
alla
realtà
degli
avvenimenti
.
E
insieme
il
più
militare
.
Stuparich
andò
in
guerra
con
la
stessa
castità
ma
con
un
animo
sperduto
e
una
tenue
sensibilità
giovanile
.
Jahier
scrisse
veramente
un
diario
militare
,
di
uno
che
ha
abdicato
a
ogni
altra
forma
di
vita
per
vivere
secondo
un
dovere
.
Forse
perché
fu
anche
il
nostro
scrittore
più
vicino
ai
soldati
,
quello
che
li
guardò
con
animo
meno
letterario
.
Li
rappresentò
sempre
nella
loro
povertà
umana
,
ripetendo
il
loro
linguaggio
dialettale
,
le
loro
canzoni
di
guerra
.
E
in
quei
montanari
veneti
inconsapevoli
del
loro
compito
egli
vide
a
un
tratto
il
soldato
,
trovò
i
lineamenti
più
difficili
della
virtù
.
E
li
descrisse
in
quelle
pagine
bellissime
che
si
chiamano
Ritratto
del
soldato
Somacal
e
che
chiude
un
'
affermazione
da
non
scordare
:
«
Ho
trovato
vicino
a
te
l
'
onore
d
'
Italia
,
Somacal
Luigi
»
.
5
.
La
rivolta
di
Jahier
.
Ormai
dovrebbe
essere
facile
a
una
critica
avveduta
riconoscere
negli
anni
della
«
Voce
»
l
'
unico
nostro
romanticismo
.
Che
ebbe
,
come
dovunque
in
Europa
,
i
suoi
gilets
rossi
e
i
suoi
capelli
dipinti
di
verde
;
tutto
l
'
aspetto
cioè
meno
ingenuo
e
felice
.
Fu
anzi
un
romanticismo
particolarmente
animoso
.
Lo
scontro
a
Firenze
fra
vociani
e
futuristi
e
la
breve
brutalità
delle
bastonature
diedero
un
sapore
di
avventura
militaresca
a
questi
miti
giovanili
.
Ma
,
mentre
gli
elementi
estremi
si
fissarono
poi
in
«
Lacerba
»
e
continuarono
ad
accendere
razzi
sempre
più
smorti
nel
tardo
futurismo
,
ai
nomi
della
«
Voce
»
rimase
un
crisma
di
severità
e
il
predicato
di
moralisti
.
Piero
Jahier
fu
appunto
di
questi
;
anch
'
egli
trovò
nella
guerra
un
suo
naturale
destino
e
lo
seguì
con
l
'
obbedienza
e
la
penetrazione
dell
'
uomo
di
fede
.
Ma
se
la
guerra
poté
scoprire
certe
sue
virtù
e
suggerirgli
quel
quaderno
Con
me
e
con
gli
alpini
,
ch
'
è
tra
i
nostri
più
nobili
diari
,
lo
scrittore
aveva
dato
altre
prove
,
era
affidato
alle
pagine
di
questa
disperata
autobiografia
,
Ragazzo
,
e
ai
primi
scritti
vociani
,
che
ora
Vallecchi
ristampa
dopo
venti
anni
di
silenzio
(
Ragazzo
e
prime
poesie
,
Vallecchi
,
Firenze
1939
)
.
Testi
di
questa
natura
possono
ancora
suscitare
diffidenze
e
incomprensioni
.
Perché
rappresentano
forse
l
'
ultima
sommossa
tentata
dallo
scrittore
contro
la
letteratura
,
i
suoi
ordini
e
le
sue
tradizioni
.
In
Ragazzo
questa
violazione
non
è
soltanto
un
fatto
di
lingua
,
il
quale
sarebbe
meno
difficile
a
definire
e
in
fondo
più
volgare
ed
esterno
.
Ma
è
piuttosto
,
secondo
il
moto
romantico
,
una
rivolta
dell
'
individuo
,
una
violenza
di
contenuti
polemici
che
spesso
sovrasta
e
travolge
la
letteratura
.
In
Ragazzo
deve
apparire
tutto
:
la
miseria
più
vile
,
rappresentata
con
una
fiera
virilità
di
linguaggio
,
la
cronaca
e
il
sentimento
teso
e
scoperto
.
Ed
è
qui
appunto
,
e
non
sugli
ardimenti
esteriori
,
che
si
può
esercitare
una
prima
censura
.
Chiedersi
cioè
se
questa
generosità
trovi
sempre
una
vera
espressione
letteraria
o
talvolta
non
viva
solo
del
proprio
slancio
.
Ma
in
fondo
Jahier
riuscì
quasi
sempre
.
Poteva
correre
lungo
limiti
estremi
,
scrivere
senza
ritegno
della
famiglia
povera
e
della
morte
del
padre
,
perché
aveva
raggiunto
quel
grado
d
'
intensità
che
giustifica
la
nuda
confessione
e
spiega
il
sentimentalismo
e
l
'
angoscia
.
Si
leggano
quelle
pagine
bellissime
che
aprono
il
libro
,
con
la
corsa
del
ragazzo
via
da
scuola
e
l
'
ansietà
bruciata
nelle
ultime
righe
:
Devi
essere
te
,
sorella
,
vero
.
Via
quel
piccione
.
Ma
è
una
donna
alla
finestra
presto
:
una
donna
alla
finestra
...
Ma
è
una
donna
alla
finestra
...
ma
è
la
mia
mamma
colle
braccia
tese
.
È
questo
un
procedimento
molto
semplice
,
e
il
raccontare
si
risolve
in
un
grido
.
Ma
qui
sarà
appunto
il
grido
ad
affermarsi
come
fatto
di
stile
,
avrà
nella
pagina
di
Jahier
il
valore
che
aveva
nei
testi
di
uno
scrittore
a
lui
caro
:
Péguy
.
Non
si
possono
unire
,
questi
due
uomini
,
solo
sotto
il
segno
di
un
temperamento
.
Perché
essi
avevano
appunto
in
comune
uno
stile
,
il
dono
cioè
che
la
critica
più
rigida
dichiara
di
non
trovare
dietro
un
'
opera
tuttavia
generosa
.
Erano
,
sì
,
tumultuari
,
ma
si
dovrà
riconoscere
sotto
quel
tumulto
una
ferma
ragione
letteraria
.
(
E
sono
certamente
risultati
di
stile
le
ossessionanti
ripetizioni
di
Péguy
e
i
periodi
costruiti
su
un
«
ma
»
iniziale
di
Jahier
)
.
Del
resto
bastano
a
confermare
questo
dono
le
poche
pagine
in
cui
il
discorso
si
placa
,
come
in
quelle
parole
che
ricordano
l
'
origine
del
ragazzo
e
chiudono
un
capitolo
torbido
e
concitato
nella
calma
bellezza
di
queste
immagini
:
«
Dietro
le
sue
spalle
ribelli
ci
sono
le
nonne
calviniste
coi
capelli
lisci
spartiti
intorno
al
viso
austero
;
ci
sono
i
Pastori
che
s
'
alzavano
sul
pulpito
rigidi
nella
toga
nera
e
lasciavan
cadere
sull
'
assemblea
genuflessa
l
'
invocazione
sicura
:
'
Notre
aide
est
au
nom
de
Dieu
'
»
.
E
nelle
ultime
parole
si
troverà
anche
un
'
altra
delle
ragioni
essenziali
di
Jahier
.
La
sua
religiosità
,
quel
rigore
calvinista
che
guidò
ogni
suo
gesto
e
si
scoprì
sempre
anche
nell
'
opera
letteraria
.
Così
i
versi
raccolti
in
fondo
al
volume
,
e
che
si
chiamano
«
prime
poesie
»
,
non
sono
probabilmente
poesia
(
sebbene
qualcuna
si
possa
citare
con
sicurezza
)
.
Sono
,
in
mezzo
a
un
'
esaltazione
verbale
,
certo
caduca
,
brani
di
preghiera
.
E
anche
qui
la
preghiera
non
è
genere
letterario
,
ma
piuttosto
inconsapevole
deviazione
da
un
intento
diverso
.
Errore
proprio
di
un
tempo
come
quello
dei
vociani
in
cui
talvolta
il
fervore
delle
intenzioni
confondeva
le
pagine
.
Ma
con
questi
difetti
essi
ebbero
meriti
poi
non
più
ritrovati
.
Furono
dalla
parte
giusta
,
videro
molte
cose
e
ne
scoprirono
altre
.
Furono
i
primi
in
Italia
a
saper
gridare
.
Gridare
non
come
un
maestro
che
provi
il
proprio
sdegno
o
come
grida
l
'
auriga
eretto
su
un
finto
cocchio
(
perché
la
nostra
tradizione
era
ricca
e
aveva
anche
questo
)
;
ma
come
gridano
gli
uomini
,
i
quali
,
contro
un
'
opinione
letteraria
corrente
,
non
possono
sempre
parlare
piano
.
6
.
Fantasie
convenzionali
.
L
'
ingenuità
di
certe
storie
in
cui
giovinette
si
offrono
alla
divinità
del
fiume
e
sono
subito
divorate
dai
coccodrilli
era
ormai
confinata
al
cinema
;
a
questa
regione
subalterna
del
pittoresco
.
Ma
in
fondo
diverte
,
dopo
una
prima
sorpresa
,
ritrovare
vicende
,
che
di
solito
accompagna
l
'
urlo
e
il
clamore
del
pubblico
,
nelle
pagine
nitide
di
un
«
narratore
italiano
»
(
Guelfo
Civinini
,
Vecchie
storie
d
'
oltremare
,
Mondadori
,
1940
)
.
Uno
apre
il
volume
e
trova
subito
l
'
avorio
nero
,
i
vecchi
filibustieri
,
le
schiave
tredicenni
e
le
donne
di
tutti
gli
oceani
.
Poi
,
veramente
,
non
trova
altro
.
Protagonisti
e
paesaggio
annunziano
un
mondo
letterario
chiuso
che
rapidamente
si
precisa
.
Restano
vagamente
intorno
al
testo
le
memorie
di
una
nobile
letteratura
,
ma
sono
ancora
distanti
.
Kipling
,
Conrad
,
Stevenson
,
London
,
autori
a
noi
molto
cari
,
si
presentano
dietro
le
pagine
con
un
'
aria
un
po
'
smorta
.
E
forse
su
questi
Angli
minori
si
potrebbe
non
insistere
,
fingere
di
non
riconoscerli
.
Ma
altri
tentativi
sono
più
arditi
:
Shakespeare
,
per
esempio
,
si
poteva
lasciarlo
da
parte
.
E
invece
anche
Shakespeare
vi
è
compreso
:
la
storia
di
Romeo
e
Giulietta
trasportata
in
Somalia
è
uno
degli
ornamenti
del
libro
.
Qui
conviene
fermarsi
sul
momento
criticamente
più
notevole
dell
'
opera
.
Civinini
è
una
persona
intelligente
e
si
accorge
benissimo
della
instabilità
letteraria
dei
suoi
racconti
.
Ma
ha
creduto
di
trovare
un
rimedio
in
quel
tono
bonario
e
familiare
che
era
naturale
ai
suoi
bozzetti
toscani
.
Procedimento
che
a
noi
pare
sbagliato
:
perché
,
se
ci
si
rassegna
a
leggere
racconti
di
pirati
,
di
avvoltoi
e
di
tribù
somale
,
si
preferisce
vederli
presi
sul
serio
,
da
qualcuno
che
ci
creda
.
Civinini
invece
sta
in
mezzo
:
un
po
'
crede
ai
suoi
racconti
,
e
un
po
'
ci
scherza
.
I
libri
di
questo
genere
si
reggono
poi
su
una
nozione
convenzionale
del
bello
.
Così
,
le
schiave
dal
seno
d
'
ambra
devono
essere
bellissime
,
gli
uomini
valorosi
e
i
paesaggi
ardenti
o
desolati
.
Qui
invece
gli
uomini
hanno
gli
occhi
pieni
di
mosche
,
le
donne
sono
grasse
e
il
paesaggio
noioso
.
Se
,
escluso
qualunque
risultato
d
'
arte
,
il
bello
convenzionale
può
avere
un
valore
decorativo
,
il
brutto
convenzionale
non
ha
assolutamente
ragione
di
esistere
.
Con
questo
non
si
vuole
affatto
mettere
in
dubbio
la
buona
fede
di
Civinini
.
Sono
gli
argomenti
,
i
fatti
,
che
trascinano
inevitabilmente
al
falso
con
i
loro
nomi
corruttori
:
Oriente
,
avventura
.
Così
è
da
escludere
,
per
esempio
,
che
Civinini
voglia
passare
i
suoi
ultimi
anni
in
un
faro
fra
i
marosi
.
È
anche
difficile
che
egli
abbia
sognato
di
diventare
cantibai
,
e
in
questa
veste
di
compiere
le
peggiori
atrocità
.
A
Civinini
queste
fantasie
sembrano
belle
e
una
presunzione
di
bellezza
sostituisce
benissimo
una
presunzione
di
verità
.
Ma
la
nostra
critica
è
fondata
su
un
atteggiamento
iniziale
,
su
una
forte
divergenza
di
gusto
.
7
.
L
'
Italia
sofferta
.
Il
volgere
degli
entusiasmi
di
Papini
dalla
mania
devastatrice
dei
primi
anni
a
questa
sua
fierezza
di
maestro
delle
esperienze
spirituali
,
braccio
della
Chiesa
e
capo
delle
lettere
,
doveva
convincerlo
a
prendere
un
'
ultima
figura
,
a
divenire
col
tempo
scrittore
celebrativo
.
Così
due
tradizioni
della
nostra
società
letteraria
,
e
non
le
migliori
,
si
chiudono
in
lui
:
quella
dell
'
autore
di
invettive
,
pronto
a
percuotere
,
e
quella
del
dignitario
celebrante
secondo
un
linguaggio
comune
i
fasti
riconosciuti
.
Questo
occorreva
dire
subito
per
riportare
alla
sua
giusta
misura
l
'
ultimo
Papini
,
distinguerlo
da
quei
Machiavelli
e
Foscolo
e
Carducci
a
cui
egli
si
richiama
in
una
esteriore
dignità
di
gesti
e
da
cui
lo
separano
tuttavia
altro
vigore
e
fermezza
d
'
animo
.
Italia
mia
,
ha
scritto
Papini
,
è
un
libro
di
passione
.
E
di
queste
parole
vorremmo
tener
conto
come
del
più
sicuro
merito
.
Perché
è
l
'
unico
punto
che
abbiamo
in
comune
con
Papini
,
il
punto
su
cui
potremmo
incontrarci
se
il
suo
discorso
agisse
su
di
noi
oltre
il
segno
di
una
breve
esaltazione
verbale
.
Ma
anche
Papini
sa
che
una
passione
affidata
a
parole
sorde
e
logore
non
brucia
,
rimane
appena
un
impegno
.
E
questa
è
la
vera
conclusione
della
lettura
:
quel
linguaggio
disperato
e
violento
è
ancora
lontano
,
non
nostro
.
Tuttavia
si
potrebbe
accogliere
senza
rammarico
la
parte
più
propriamente
oratoria
dell
'
opera
.
Quegli
Appunti
per
un
inno
all
'
Italia
,
che
sono
scritti
con
molta
enfasi
e
certo
servirebbero
a
un
inno
non
bello
.
Ma
,
quando
non
si
voglia
prenderli
per
poesia
e
neanche
per
appunti
di
poesia
,
potranno
valere
come
notevoli
brani
celebrativi
.
Così
la
Lettera
a
uno
straniero
e
i
Lineamenti
spirituali
d
'
Italia
,
pagine
di
un
respiro
polemico
acceso
,
utili
come
segni
di
un
gusto
,
documenti
di
un
entusiasmo
.
Dove
Papini
è
inaccettabile
nel
suo
impegno
critico
.
Quando
afferma
di
fare
storia
o
addirittura
filosofia
della
storia
.
Quando
traccia
le
grandi
linee
di
un
evento
secondo
criteri
stranissimi
e
si
fa
obiezioni
scolastiche
a
cui
risponde
da
sé
.
Certo
egli
è
sicuro
ormai
delle
sue
verità
e
della
freddezza
e
della
miseria
degli
studi
tradizionali
.
Ma
,
nonostante
questo
disprezzo
,
la
storia
e
la
filosofia
non
accennano
a
tornare
a
Plutarco
.
Restano
discipline
a
cui
si
porta
forse
tanta
passione
quanta
Papini
ne
chiede
ora
a
gran
voce
,
ma
una
passione
assai
più
chiara
e
severa
,
e
insieme
l
'
obbligo
di
un
estremo
rigore
intellettuale
.
Così
è
ancora
difficile
sollevarsi
oltre
i
limiti
di
un
fermo
lavoro
di
studi
,
a
«
volo
d
'
aquila
»
.
(
La
simbologia
di
quest
'
opera
ha
una
ricchezza
ritrovabile
appena
in
certe
insegne
del
cinema
:
aquile
e
querce
,
campane
,
fiamme
)
.
Soprattutto
quando
questo
volo
si
sostiene
a
notizie
e
riferimenti
di
una
meravigliosa
ingenuità
.
Del
resto
la
storiografia
di
Papini
,
come
i
versi
di
alcuni
suoi
amici
,
ci
confermano
sempre
più
a
un
nostro
antico
sospetto
.
Che
l
'
animo
liceale
sia
una
forma
insopprimibile
nella
vita
dello
spinto
e
che
dove
intemperanze
giovanili
lo
hanno
oscurato
per
una
ansietà
di
precoci
rivoluzioni
,
quest
'
animo
ritorni
più
tardi
,
spoglio
di
ogni
sereno
albore
,
viziato
dalla
vecchiaia
.
Dispiace
scrivere
con
tanta
sicurezza
,
quasi
con
oltracotanza
.
Dispiace
dover
parlare
così
di
un
uonio
di
cui
altre
volte
si
riconobbe
la
voce
calda
e
vicina
;
non
sentire
più
,
noi
giovani
,
l
'
empito
della
sua
frase
,
la
sua
persuasione
,
questa
sua
clamorosa
Italia
(
«
l
'
Italia
non
è
già
la
matrona
da
teatro
,
-
dice
a
un
certo
punto
,
-
né
la
balia
...
»
;
e
poi
cedendo
a
una
peggiore
allegoria
:
«
È
quella
giovane
,
e
eretta
che
guarda
dalle
sue
montagne
...
»
La
nostra
è
più
dura
e
sofferta
e
non
si
piega
alle
immagini
)
.
Ma
forse
non
è
questa
nemmeno
la
sua
Italia
.
Per
noi
la
patria
di
Papini
resta
quella
che
egli
credette
di
riconoscere
nei
lineamenti
spirituali
di
qualche
alta
figura
di
maestro
e
di
amico
,
di
cui
ritrovò
il
volto
terreno
lungo
i
muri
e
le
strade
della
sua
estiva
Toscana
.
8
.
Il
rischio
dell
'
isolamento
«
E
di
fronte
al
freddo
che
dai
più
lontani
limiti
della
campagna
,
dalle
crete
,
dalle
colline
,
dalla
valle
del
fiume
,
sembrava
stringerla
per
un
lungo
assedio
,
la
villa
si
chiuse
nella
solita
passiva
resistenza
di
tutti
gli
anni
»
.
Parole
che
meglio
di
qualunque
introduzione
preparano
al
romanzo
aprendo
quegli
orizzonti
fermi
in
cui
poi
il
racconto
stagnerà
come
in
un
suo
naturale
grigiore
,
al
freddo
degli
eventi
.
Dalla
natura
astratta
e
rigida
di
queste
terre
si
spiegherà
una
storia
non
meno
chiusa
in
un
duro
riserbo
.
E
come
il
paesaggio
fissato
nelle
«
crete
»
intorno
alla
villa
superi
i
lineamenti
della
campagna
toscana
,
così
questo
racconto
andrà
molto
oltre
i
confini
di
una
breve
cronaca
provinciale
.
«
Un
lungo
assedio
»
.
Ecco
il
motivo
che
regola
i
personaggi
e
le
immagini
di
Bilenchi
,
e
definisce
la
sua
letteratura
.
L
'
infanzia
di
Sergio
,
il
bambino
intorno
a
cui
si
snoda
il
romanzo
,
sarà
un
seguito
di
esitazioni
e
di
angosce
da
cui
insensibilmente
si
precisa
la
coscienza
,
nel
raccogliere
il
filo
di
queste
deboli
vicende
per
dare
un
'
unità
nell
'
ordine
della
memoria
,
e
l
'
impegno
di
Bilenchi
.
Un
libro
uscito
un
anno
fa
,
San
Silvano
di
Dessì
,
può
dare
in
parte
i
termini
di
un
giudizio
.
In
Dessì
l
'
ansietà
,
gli
abbandoni
e
perfino
la
presenza
d
'
influssi
culturali
immediati
portavano
al
libro
un
vigore
di
immagini
che
qui
resta
estraneo
.
In
Conservatorio
tutti
gli
impulsi
sono
ridotti
a
un
ostinato
silenzio
:
nessun
frastuono
esterno
passa
il
giardino
della
villa
e
i
muri
di
santa
Teresa
.
E
se
l
'
esecuzione
risulta
ferma
e
precisa
oltre
ogni
attesa
,
non
si
può
vincere
un
dubbio
iniziale
sulla
validità
di
questo
atteggiamento
.
Domandarsi
cioè
se
un
impegno
tanto
preciso
trova
la
giusta
resistenza
dei
fatti
.
Cosa
rimane
,
in
fondo
,
a
una
memoria
immediata
?
Su
quel
lavoro
continuo
i
capricci
delle
due
donne
,
Marta
e
Vera
,
la
loro
ambigua
realtà
.
Perché
esse
sono
ancorate
a
un
'
esperienza
precedente
,
a
una
vita
di
cui
arriva
solo
una
vaga
notizia
allusiva
.
E
il
romanzo
probabilmente
è
in
quelle
memorie
rimaste
inutili
negli
anni
di
santa
Teresa
che
affiorano
dalle
conversazioni
e
dai
giuochi
.
Così
santa
Teresa
diventa
il
centro
della
vicenda
,
un
paese
pieno
di
attesa
,
quello
che
era
nel
libro
di
Alain
-
Fournier
«
le
domaine
inconnu
»
.
Poi
,
quando
Sergio
entra
anche
lui
al
Conservatorio
e
si
aspetta
la
cifra
che
risolva
l
'
intreccio
,
tutto
diventa
più
vicino
e
sbiadito
;
si
affronta
un
'
assoluta
assenza
di
risultati
.
L
'
attenzione
potrà
riaccendersi
,
ma
si
riaccenderà
al
primo
esitare
del
racconto
,
quando
sorge
il
pericolo
di
un
'
avventura
(
al
primo
errore
cioè
nello
svolgimento
dell
'
opera
)
.
E
le
avventure
verranno
e
saranno
terrestri
e
di
una
sconcertante
durezza
.
Così
resta
nel
libro
un
dissidio
fra
la
presenza
fisica
di
questi
episodi
(
la
cura
dei
muli
,
pure
molto
bello
,
i
prigionieri
,
la
barbara
uccisione
alla
fine
)
e
il
disegno
dei
primi
capitoli
.
Un
dissidio
fra
gli
uomini
e
le
donne
del
libro
:
Bruno
,
Giulio
,
Carlo
hanno
su
di
sé
la
guerra
,
il
socialismo
,
e
biografie
precise
e
carnali
;
le
donne
,
Vera
,
Clara
,
vivono
in
una
regione
fantastica
,
separata
e
diversa
.
Dissidio
che
si
può
risolvere
se
si
riportano
i
termini
alla
memoria
di
Sergio
,
se
si
fa
di
lui
il
vero
autore
dell
'
opera
.
Così
i
personaggi
spariscono
e
resta
un
diario
grigio
e
unito
,
l
'
unica
forma
possibile
,
in
fondo
,
per
chi
abbia
accolto
una
certa
esigenza
di
stile
.
Conservatorio
è
scritto
molto
letterariamente
.
La
narrazione
ha
trovato
un
suo
tono
continuo
nella
spezzatura
dei
periodi
;
ma
il
dialogo
di
Bilenchi
resta
secondo
me
un
fatto
incerto
:
è
ancora
troppo
serrato
oltre
i
limiti
della
verità
.
Tuttavia
questa
somma
di
esitazioni
e
di
censure
e
qualche
deciso
contrasto
devono
essere
considerati
soprattutto
come
una
testimonianza
di
stima
per
Bilenchi
.
Il
quale
resta
nelle
sue
discutibili
prove
uno
dei
nostri
scrittori
più
sicuri
,
uno
dei
pochi
a
cui
si
possono
riportare
con
certezza
i
modi
di
una
nuova
narrativa
indipendente
.
9
.
La
polemica
su
Pascoli
.
I
poeti
,
consumate
le
prime
ragioni
che
giustificavano
la
loro
presenza
nel
secolo
,
sopravvivono
in
virtù
di
motivi
inferiori
,
di
fatti
che
toccano
appena
i
confini
dell
'
arte
.
Prima
cioè
che
la
loro
opera
sia
diventata
un
esempio
duraturo
e
dopo
che
la
scomparsa
dell
'
uomo
ha
trascinato
con
sé
gli
interessi
meno
precisi
,
resta
ai
poeti
un
valore
provvisorio
:
un
nome
,
in
fondo
,
e
una
funzione
sociale
.
La
funzione
sociale
di
Pascoli
è
per
ora
quella
di
dare
agli
ignari
una
poesia
tutta
avvilita
al
dato
del
sentimento
,
una
cronaca
offerta
con
i
motivi
del
canto
,
e
il
mito
inerte
ma
necessario
della
«
cosa
poetica
»
.
Così
egli
sarà
ancora
per
molti
anni
il
signore
delle
nostre
antologie
,
ripeterà
il
suo
grande
nome
a
capo
di
quei
verseggiatori
inutili
che
hanno
un
ciclo
vitale
simile
alle
farfalle
e
bastano
appena
a
nutrire
una
generazione
di
tranquilli
scolari
.
Questa
che
parrebbe
considerazione
esteriore
,
intesa
a
limitare
un
Pascoli
tutto
decorativo
e
scolastico
,
ha
invece
un
significato
letterario
.
Riguarda
cioè
il
fatto
più
importante
nella
storia
della
poesia
pascoliana
,
la
diserzione
dello
scrittore
dalla
linea
dei
suoi
maestri
e
la
pretesa
di
una
poesia
autoctona
.
Serra
accennò
a
questa
pretesa
quando
volle
insistere
su
un
Pascoli
non
umanista
.
E
Pascoli
stesso
diede
la
definitiva
conferma
in
quei
suoi
scritti
di
dottrina
e
di
sentimento
che
sono
tutti
una
magra
polemica
contro
la
tradizione
letteraria
italiana
,
la
poesia
che
sa
di
chiuso
,
che
non
sa
mai
di
guazza
e
d
'
erba
fresca
.
Egli
avrebbe
scritto
per
primo
in
un
paese
accademico
la
poesia
che
sa
di
guazza
.
E
si
dice
che
fu
un
disertore
,
non
un
novatore
,
perché
questa
pretesa
si
fermò
alle
prime
conquiste
,
cadde
con
tutti
i
residui
della
poetica
pascoliana
appena
scosso
quel
labile
mondo
di
cultura
e
di
gusto
da
cui
la
dottrina
nasceva
.
Tuttavia
il
suo
inganno
d
'
ingenuità
e
d
'
infanzia
restò
a
fondamento
della
fede
dei
discepoli
e
bastò
allora
a
convincere
i
lettori
meno
avveduti
.
Si
pensi
a
Thovez
,
a
quel
suo
libro
clamoroso
che
minava
gli
ordini
della
letteratura
per
una
impossibile
rivincita
.
Pascoli
è
quasi
salvo
dalle
accuse
di
Thovez
:
a
lui
si
riconoscevano
volentieri
la
franchezza
e
il
decoro
di
un
'
altra
età
,
quei
pregi
che
la
nostra
cultura
aveva
ormai
oppressi
e
perduti
.
Del
resto
,
libri
come
quello
di
Thovez
servono
appena
a
provare
lo
sgomento
di
uno
spttatore
giovanile
di
fronte
all
'
ordine
perpetuo
della
tradizione
:
sono
uno
specchio
esemplare
della
rivolta
.
Ma
accanto
a
Thovez
le
due
voci
più
autorevoli
del
suo
tempo
accolsero
Pascoli
in
modo
diverso
.
Croce
con
una
severità
di
procedere
che
sotto
apparenze
polemiche
nascondeva
un
vero
interesse
di
lettura
.
E
benché
si
senta
già
all
'
inizio
di
quel
moto
che
avrebbe
portato
il
critico
,
secondo
un
'
antica
espressione
,
a
mettere
tappi
quadrati
dentro
bottiglie
rotonde
(
a
lavorare
cioè
su
testi
che
gli
eran
ormai
sfuggiti
)
,
il
suo
saggio
propone
alcune
questioni
che
sono
certamente
in
vigore
.
Serra
scrisse
il
più
vago
e
assorto
dei
suoi
saggi
,
le
pagine
distratte
dalla
chiara
visione
della
Romagna
e
dal
saluto
all
'
amico
poeta
.
E
concluse
con
una
affermazione
di
impossibilità
,
una
rinuncia
alla
critica
(
che
era
poi
il
termine
definitivo
di
tutto
il
suo
lavoro
)
.
Tuttavia
l
'
intero
svolgimento
del
suo
saggio
,
qualche
nota
(
«
l
'
intelligenza
imperfetta
»
)
e
la
stessa
citazione
del
giudizio
sono
dati
indispensabili
alla
critica
pascoliana
;
così
valgono
le
citazioni
,
e
scoprono
un
Pascoli
quasi
nostro
,
certo
assai
diverso
e
distante
dallo
scrittore
d
'
allora
.
La
critica
successiva
continuò
in
questo
dubbio
proponendo
la
questione
di
fede
.
Anche
il
referendum
indetto
dalla
Ronda
nel
'21
fu
assai
poco
definitivo
.
Rimase
un
sospetto
reciproco
a
dividere
le
due
parti
e
il
rammarico
da
una
parte
e
dall
'
altra
di
argomenti
non
riconosciuti
.
Se
mai
,
i
rondisti
contribuirono
con
la
loro
opera
a
segnare
i
veri
limiti
che
separavano
ormai
dal
poeta
le
nuove
generazioni
.
Ma
ora
,
dopo
ancora
vent
'
anni
,
nessuno
potrà
togliere
a
Giovanni
Pascoli
il
suo
vero
nome
di
poeta
.
Ora
che
la
coerenza
del
suo
linguaggio
si
ritrova
intatta
e
felice
nelle
poche
pagine
riuscite
;
che
dai
libri
riconosciuti
,
i
Canti
o
Myricae
,
è
facile
estrarre
ogni
giorno
termini
di
imprevista
bellezza
.
Così
si
è
scoperto
il
vero
significato
dei
Poemi
conviviali
,
la
dignità
letteraria
e
il
gusto
preciso
di
quell
'
opera
.
Si
discusse
un
tempo
per
sapere
se
i
Poemi
erano
o
no
greci
.
E
sono
se
mai
sulla
linea
più
pura
della
poesia
moderna
,
testi
utili
a
una
poesia
del
decadentismo
europeo
come
forse
nessun
altro
in
Italia
.
Perché
il
Pascoli
di
Barga
,
lui
che
visto
di
spalle
sembrava
un
fattore
,
è
ancora
il
più
europeo
dei
nostri
poeti
della
fine
del
secolo
.
Carducci
è
tradotto
dagli
ungheresi
e
dai
romeni
e
piace
a
Maurras
;
ma
è
sempre
un
impegno
difficile
quello
di
assegnarlo
a
una
qualunque
tradizione
moderna
.
D
'
Annunzio
confuse
nelle
sue
disperate
invenzioni
il
dialetto
di
Pescara
a
voci
delle
più
remote
capitali
d
'
Europa
.
Ma
se
mai
il
poeta
europeo
è
quello
dei
romanzi
e
del
Poema
paradisiaco
;
quello
nostro
,
lo
scrittore
del
terzo
libro
,
è
un
fenomeno
difficile
e
raro
,
come
la
sua
lingua
e
i
suoi
gesti
;
e
non
so
chi
fuori
d
'
Italia
potrebbe
capire
l
'
Alcione
e
risentirlo
poesia
.
Pascoli
invece
fu
coerente
nel
suo
errore
e
nelle
sue
scoperte
,
sempre
teso
a
una
vera
interpretazione
dei
fatti
.
È
appunto
per
essere
stato
così
unito
al
suo
tempo
,
così
tenace
,
che
egli
ancora
ci
preoccupa
e
che
la
nostra
polemica
verso
di
lui
non
è
esaurita
.
Egli
rimane
,
certo
,
dei
nostri
veri
poeti
,
quello
che
ha
scritto
più
brutte
poesie
.
Si
scoprono
,
a
leggere
,
oscure
derivazioni
.
Tutta
la
più
trista
scultura
del
primo
Novecento
è
pascoliana
;
le
donne
che
da
piedistalli
di
marmo
si
sporgono
sui
fiumi
della
patria
e
hanno
i
capelli
simili
a
fiamme
e
sui
capelli
la
spada
del
guerriero
,
sono
pascoliane
.
Così
fu
Pascoli
l
'
ultimo
a
evocare
Mazzini
con
procedimenti
quasi
pirotecnici
all
'
urto
delle
strofe
.
Ma
queste
sono
censure
facili
,
accettate
dai
custodi
meno
rigidi
della
sua
fama
.
È
più
grave
che
tutto
il
suo
mondo
sia
caduto
a
un
giro
così
rapido
,
quel
mondo
governato
da
supreme
antitesi
di
riso
e
di
pianto
,
fitto
di
oggetti
inutili
al
nostro
bisogno
di
poesia
.
(
Si
pensi
alla
presenza
insopportabile
degli
uccelli
nei
libri
pascoliani
)
.
Così
tutto
un
residuo
polemico
doveva
manifestarsi
all
'
incontro
con
una
letteratura
tanto
coerente
e
imperiosa
.
Baldini
,
il
quale
ha
premesso
un
avvertimento
alla
raccolta
di
tutte
le
Poesie
(
Mondadori
,
1939
)
,
ha
dovuto
superare
tali
animosità
.
E
,
in
età
più
pacata
,
ha
risolto
quasi
tutte
le
antinomie
;
pur
avvertendo
gli
errori
,
ha
cercato
di
dissimularli
in
un
ampio
panneggiamento
critico
.
Ha
dato
cioè
il
giudizio
più
equanime
che
si
possa
dare
su
un
Pascoli
ormai
classico
,
affidato
al
rispetto
dei
minori
.
Pure
,
estranea
a
questi
contrasti
di
umore
e
di
età
,
la
poesia
segue
una
sua
calma
traiettoria
.
Vive
di
trapassi
e
di
suggerimenti
che
il
tempo
protegge
da
ogni
discussione
nel
silenzio
della
tecnica
.
E
di
questa
eredità
tecnica
dell
'
opera
pascoliana
non
si
potrà
dubitare
quando
si
legga
qua
e
là
qualche
rigo
della
più
vitale
poesia
di
oggi
:
«
il
lungo
colloquio
coi
poveri
morti
,
la
cenere
,
il
vento
-
il
vento
che
tarda
,
la
morte
,
la
morte
che
vive
»
,
o
,
leggermente
alterato
:
«
non
recidere
,
forbice
,
quel
volto
»
(
Eugenio
Montale
,
Le
occasioni
)
.
VIII
.
I
«
poeti
»
nazisti
Un
'
antologia
tedesca
La
vicenda
della
poesia
nella
Germania
del
dopoguerra
è
un
difficile
esempio
.
Il
volgere
delle
esperienze
letterarie
,
alcune
torbide
e
false
,
altre
certamente
valide
,
trovò
una
brusca
fine
nel
1932-33
coll
'
avvento
del
nazional
-
socialismo
,
la
condanna
dei
tentativi
d
'
avanguardia
e
il
proclamato
ritorno
alla
tradizione
.
Ma
una
tradizione
,
si
badi
,
intesa
in
senso
niente
affatto
letterario
:
il
richiamo
accademico
dei
nostri
conservatori
sarebbe
accolto
con
sicura
indifferenza
dai
teorici
della
nuova
arte
tedesca
.
Per
il
nazionalsocialismo
tradizione
è
una
somma
di
valori
presi
alla
storia
del
popolo
,
elementi
essenziali
nell
'
anima
della
razza
.
E
questi
valori
non
hanno
origine
naturalmente
nella
struttura
tecnica
della
pagina
;
ma
in
fatti
primordiali
e
mitici
,
governati
dal
ritmo
di
quelle
diadi
che
sono
quasi
le
formule
sacre
della
dottrina
tedesca
(
«
Blut
und
Boden
,
Blut
und
Ehre
»
)
.
«
Come
vi
fu
un
'
arte
figurativa
degenerata
,
così
per
gli
anni
trascorsi
si
può
parlare
di
una
poesia
degenerata
largamente
diffusa
»
.
Queste
parole
aprono
la
prefazione
che
due
giovani
autori
,
H
.
Gerstner
e
K
.
Schworm
,
hanno
scritto
per
l
'
antologia
dei
poeti
contemporanei
edita
dal
«
Zentralverlag
»
del
Partito
(
Deutsche
Dichter
unserer
Zeit
,
1939
)
.
Un
'
opera
certamente
notevole
;
se
non
altro
per
la
coerenza
e
il
rigore
con
cui
sono
stati
applicati
principî
altre
volte
rimasti
a
una
vaga
enunciazione
.
E
molto
utile
a
chi
voglia
cercare
nella
letteratura
gli
ultimi
motivi
della
polemica
culturale
tedesca
.
Dopo
i
rivolgimenti
di
qualche
anno
fa
la
letteratura
tedesca
sembrò
trovare
i
suoi
valori
più
sicuri
in
quegli
scrittori
che
,
usciti
dalla
guerra
senza
una
crisi
di
dissolvimento
,
potevano
difendere
alcune
ragioni
essenziali
e
insieme
appoggiarsi
a
una
vera
dignità
letteraria
.
Autori
come
Carossa
o
anche
Binding
,
e
fra
i
più
giovani
Alverdes
,
rappresentavano
appunto
questa
forza
.
Ora
gli
autori
citati
e
tutti
quelli
vicini
a
loro
come
posizione
sono
esclusi
dell
'
antologia
,
o
perché
i
loro
nomi
sono
già
entrati
nella
storia
letteraria
o
perché
si
considera
superato
il
momento
che
essi
rappresentavano
.
È
sopravvenuta
una
generazione
assai
più
rigida
e
coerente
nelle
sue
pretese
.
Una
generazione
che
,
secondo
le
parole
del
testo
,
«
ha
superato
l
'
idealismo
estetico
per
vivere
di
un
idealismo
politico
»
.
Attraverso
la
formula
alquanto
rozza
(
perché
certo
,
nella
patria
di
Hegel
quell
'
idealismo
estetico
è
molto
indeterminato
)
si
intravede
l
'
ambizione
affermata
da
questi
principî
:
confondere
a
una
sola
misura
l
'
esito
letterario
e
politico
dell
'
opera
d
'
arte
.
Dato
il
significato
strettamente
nazionale
di
quasi
tutte
le
opere
raccolte
,
citare
non
sarà
molto
utile
.
Anche
perché
gli
autori
sono
nella
maggior
parte
giovanissimi
.
Dei
vecchi
è
compreso
solo
qualcuno
che
vanta
meriti
particolari
(
nemmeno
H
.
F
.
Blunck
o
H
.
Grimm
,
scrittori
pure
autorevoli
)
.
È
compreso
Dietrich
Eckart
,
l
'
amico
del
Führer
e
di
Rosenberg
,
uno
dei
maestri
spirituali
del
terzo
Reich
,
il
cui
grido
«
Deutschland
erwache
»
è
scritto
sugli
stendardi
delle
SA
.
Se
egli
fu
un
mediocre
letterato
nelle
sue
prove
continue
,
a
qualche
canto
patriottico
,
al
«
Deutschland
erwache
»
si
deve
riconoscere
un
certo
maschio
vigore
.
Accanto
a
lui
pochi
altri
:
Johst
presidente
della
Reichsschrifttumskammer
;
Hohlbaum
;
il
vecchio
Bartels
che
per
primo
introdusse
nella
storia
letteraria
la
distinzione
tra
arte
tedesca
e
arte
giudaica
.
I
giovani
sono
molti
e
vicini
fra
loro
.
Celebrano
temi
comuni
:
il
combattimento
,
la
caduta
e
la
rinascita
della
Germania
,
la
liberazione
attraverso
il
Führer
.
Si
riconosce
qualche
figura
notevole
:
il
Reichsjugendführer
Baldur
von
Schirach
,
che
pubblica
i
suoi
versi
fra
quelli
dei
gregari
;
e
si
possono
isolare
per
una
maggiore
compiutezza
formale
quelli
già
più
noti
e
letterariamente
più
esperti
:
Schumann
,
E
.
W
.
Möller
,
Anacker
.
Anzi
qualcuno
dei
migliori
,
Schumann
per
esempio
,
è
arrivato
ormai
a
una
rigidezza
di
stile
che
ha
un
suo
significato
letterario
(
e
ricorda
vagamente
l
'
aria
poetica
del
primo
Impero
francese
)
.
Ma
la
parte
più
utile
del
volume
è
rappresentata
dalle
note
che
precedono
i
testi
.
La
valutazione
critica
nel
senso
tradizionale
è
completamente
abbandonata
.
Dopo
le
notizie
biografiche
,
il
giudizio
riguarda
dati
estranei
all
'
arte
o
certamente
marginali
:
gli
argomenti
esposti
,
qualche
nuovo
criterio
di
scelta
(
esita
quindi
fra
una
retorica
dei
contenuti
e
un
commento
celebrativo
)
.
Hermann
Gerstner
,
uno
dei
compilatori
dell
'
antologia
,
ha
tra
i
suoi
meriti
letterari
quello
di
avere
scritto
un
romanzo
,
La
strada
nel
bosco
,
in
cui
«
ci
conduce
nel
bosco
tedesco
e
mostra
come
la
costruzione
di
una
potente
autostrada
libera
dalla
miseria
materiale
e
morale
un
villaggio
sperduto
e
i
suoi
abitanti
»
.
Lo
scrittore
è
giudicato
quindi
in
ragione
delle
sue
scoperte
,
dei
motivi
che
ha
saputo
trovare
e
svolgere
a
sostegno
di
una
tesi
.
E
la
letteratura
ritorna
una
gara
su
argomenti
comuni
.
Sono
anche
interessanti
i
criteri
di
scelta
.
Molti
irredenti
nel
volume
:
austriaci
,
tedeschi
dei
Sudeti
,
tedeschi
di
Danzica
.
E
nelle
biografie
accenni
insistenti
alle
origini
umili
dei
nuovi
scrittori
.
Un
altro
dato
letterario
importante
è
la
larga
parte
data
agli
autori
di
opere
per
radio
,
ai
giornalisti
,
agli
scrittori
di
propaganda
.
Un
'
immagine
della
letteratura
che
sia
sempre
più
strumento
di
educazione
popolare
,
attività
coordinata
(
e
a
questo
si
è
arrivati
ormai
senza
esitazione
e
senza
polemiche
)
.
La
riduzione
di
ogni
categoria
al
principio
del
«
Volk
»
trova
qui
una
sua
estrema
conseguenza
.
E
come
per
il
diritto
si
ripete
la
frase
del
ministro
Franck
:
«
È
giusto
ciò
che
giova
al
popolo
,
è
ingiusto
ciò
che
gli
nuoce
»
,
sarà
per
la
letteratura
bello
ciò
che
esalta
il
popolo
,
brutto
ciò
che
lo
abbassa
.
Fenomeno
,
mi
pare
,
straordinariamente
importante
nella
cultura
dell
'
Europa
contemporanea
.
Tuttavia
,
siccome
chi
scrive
di
un
libro
di
poeti
non
può
ignorare
la
poesia
,
resta
il
dovere
di
un
giudizio
sui
testi
.
Che
può
essere
solo
distante
e
severo
:
alla
luce
di
una
nostra
nozione
di
poesia
queste
cinquecento
pagine
sono
bianche
e
nitide
come
i
fogli
di
un
calendario
.
E
sarà
anche
lecito
chiudere
la
lettura
di
un
libro
tutto
dedicato
al
«
deutsch
»
e
al
«
volksdeutsch
»
con
una
professione
di
nazionalismo
.
Con
un
calmo
ritorno
ai
valori
della
nostra
ultima
poesia
.
Una
poesia
che
ad
altri
apparirà
forse
debole
e
astratta
,
ma
che
certo
vive
di
una
sua
sostanza
umana
,
se
oltre
questo
breve
impiglio
di
nomi
e
di
fatti
non
consuma
la
propria
fortuna
e
la
propria
verità
.
IX
.
Gusto
e
giuoco
di
Jünger
Capricci
e
figure
.
L
'
opera
letteraria
di
Ernst
Jünger
ha
una
sua
origine
precisa
e
le
stesse
ragioni
di
vita
negli
anni
dell
'
immediato
dopoguerra
tedesco
.
Il
suo
primo
libro
:
In
Stahlgewittern
,
era
dedicato
al
combattimento
come
esperienza
virile
.
Traditi
i
motivi
del
sentimento
e
ogni
partecipazione
umana
ai
fatti
che
si
svolgevano
,
Jünger
tentava
il
saggio
sulla
guerra
come
realtà
di
numeri
;
irrigidiva
qualunque
moto
spirituale
nell
'
astrazione
del
fatto
meccanico
e
cercava
il
senso
di
una
civiltà
nei
rapporti
fra
gli
uomini
sorti
da
quella
strenua
condizione
di
vita
.
Esempio
di
qualche
interesse
in
una
letteratura
in
gran
parte
travolta
da
ragioni
d
'
affetto
e
pochissimo
disposti
a
seguire
un
freddo
sguardo
documentario
.
Tuttavia
l
'
errore
di
Jünger
,
il
suo
estetismo
e
la
fede
nelle
cifre
dell
'
intelligenza
si
scoprivano
già
in
questa
rinuncia
a
un
intervento
morale
,
nel
tentativo
di
ridurre
la
guerra
a
una
rivoluzione
del
mondo
sensibile
e
a
un
fenomeno
della
coscienza
.
Le
opere
successive
,
fino
a
Feuer
und
Blut
,
che
è
del
1926
,
confermarono
queste
doti
:
la
precisione
del
giudizio
critico
e
,
nelle
pagine
più
meditate
,
una
rara
fermezza
di
stile
.
Così
si
accentuò
la
preoccupazione
politica
.
(
«
Politica
»
per
Jünger
è
sempre
stata
considerazione
delle
masse
e
ha
suggerito
notizie
vigorose
dove
il
rifiuto
di
un
approfondimento
razionale
non
deviava
i
problemi
a
soluzioni
evidentemente
sommarie
)
.
Benché
quindi
la
sua
opera
non
contenesse
mai
dichiarazioni
di
partito
e
fosse
lontana
dall
'
apologia
volgare
dei
nazionalisti
,
il
rigore
del
suo
atteggiamento
e
l
'
assenza
nei
suoi
libri
di
qualunque
polemica
umanitaria
lo
fecero
considerare
scrittore
di
destra
.
Il
nazionalsocialismo
riconobbe
più
tardi
in
lui
il
primo
interprete
della
guerra
tedesca
.
Le
facoltà
propriamente
letterarie
di
Jünger
,
il
gusto
saggistico
e
l
'
ordine
freddo
della
prosa
riapparvero
in
uno
spazio
di
aperta
fantasia
nell
'
Abenteuerliche
Herz
,
uscito
nel
1928
.
Questa
prima
serie
di
saggi
e
l
'
altra
di
scritti
più
ampi
intitolata
Blätter
und
Steine
spostavano
il
campo
d
'
interesse
a
un
mondo
di
rapporti
fantastici
;
dalle
spiagge
dalmate
e
dal
valore
delle
vocali
Jünger
traeva
i
temi
di
disordinate
avventure
.
Più
tardi
i
paesi
divennero
solo
un
punto
di
riferimento
astratto
al
viaggio
dello
scrittore
;
le
sue
rigide
analisi
toccarono
i
confini
del
surrealismo
.
Rimase
su
queste
libere
basi
il
gusto
della
costruzione
intellettuale
che
le
letture
di
Jünger
sorreggono
e
difendono
dal
pericolo
d
'
ingenuità
.
Ma
rimase
anche
un
freddo
sapore
di
giuoco
.
Così
se
si
vuol
chiedere
un
risultato
definitivo
a
qualche
pagina
di
Jüer
credo
che
si
debbano
scegliere
quelle
di
minore
impegno
critico
:
i
frammenti
allucinati
e
percossi
dove
la
prosa
si
tende
e
il
ritmo
accetta
i
suggerimenti
di
uno
spazio
immaginario
.
Jünger
pensatore
invece
ha
se
mai
valore
politico
.
Nel
1932
era
uscito
il
suo
più
importante
saggio
di
contenuto
sociale
,
Der
Arbeiter
.
Esaltazione
di
una
società
futura
fondata
sul
lavoro
come
forza
religiosa
e
cardine
di
una
disciplina
totalitaria
,
il
libro
,
che
pure
segnava
un
deciso
orientamento
a
sinistra
,
fu
condannato
dai
marxisti
ortodossi
per
il
suo
residuo
letterario
.
Sembrò
esprimere
cioè
l
'
inquieto
«
animus
»
rivoluzionario
che
portava
con
sé
il
giovane
movimento
nazionalsocialista
;
e
influì
certamente
su
alcuni
dei
più
autorevoli
dottrinari
del
partito
(
Karl
Schmitt
,
per
esempio
)
.
Solo
in
seguito
dissensi
d
'
interpretazione
e
un
preciso
interesse
d
'
arte
allontanarono
Jünger
dall
'
attività
politica
diretta
.
I
suoi
ultimi
libri
sono
di
pura
invenzione
letteraria
.
Un
romanzo
autobiografico
,
Afrikamische
Spiele
evoca
le
sue
doti
migliori
di
ordine
e
di
chiarezza
.
Partito
da
un
fragile
spunto
(
la
storia
di
un
ragazzo
-
la
sua
storia
-
che
fugge
da
casa
per
arruolarsi
nella
legione
straniera
)
,
Jünger
è
riuscito
a
mantenere
il
respiro
e
la
giovanile
libertà
del
libro
d
'
avventure
su
uno
sfondo
continuo
d
'
intelligenza
e
d
'
ironia
.
Così
nitido
e
scarno
Afrikanische
Spiele
è
uno
dei
più
piacevoli
romanzi
che
si
siano
scritti
in
Germania
in
questi
ultimi
anni
.
Nel
1938
uscì
una
seconda
edizione
del
Cuore
avventuroso
riveduta
e
portata
a
un
più
severo
impegno
letterario
.
Da
quel
volume
che
per
ora
è
l
'
ultimo
,
sono
state
scelte
le
pagine
tradotte
.
Capricci
e
figure
,
il
sottotitolo
del
libro
,
spiega
alcuni
indefinibili
motivi
di
Jünger
.
Qui
,
trascurati
i
saggi
più
ampi
,
dove
una
pretesa
d
'
intelligenza
non
sempre
riesce
a
chiudere
il
suo
cerchio
,
si
sono
raccolte
pagine
staccate
,
giorni
di
un
diario
metafisico
.
In
particolare
alcuni
esercizi
sul
macabro
,
che
dalla
naturale
assenza
dello
scrittore
,
dal
suo
distacco
,
sulla
pagina
prendono
un
rilievo
e
una
luce
deserta
non
confondibili
.
Dei
difetti
più
palesi
,
dell
'
estetismo
di
alcune
raffigurazioni
e
del
respiro
frigido
che
percorre
il
testo
,
si
e
già
detto
.
Comunque
merita
attenzione
in
Italia
il
rigore
di
una
tale
prosa
e
questi
primi
tentativi
di
deformazione
fantastica
:
tentativi
ora
così
rari
in
una
letteratura
tutta
intenta
al
più
umile
lavoro
documentario
e
celebrativo
.
Ernst
Jünger
è
nato
a
Heidelberg
nel
1895
e
ha
vissuto
negli
ultimi
anni
a
Ueberlingen
sul
Bodensee
.
Allo
scrittore
politico
ha
dedicato
un
ottimo
saggio
Delio
Cantimori
.
L
'
opera
letteraria
non
è
ancora
conosciuta
in
Italia
.
X
.
Fin
edella
seconda
vigilia
La
freccia
di
carta
.
I
giornali
della
Svizzera
francese
hanno
raccolto
un
'
eredità
che
nessuno
vorrà
toccare
,
quella
di
una
stampa
mediocre
e
orgogliosa
che
gli
ideali
della
borghesia
nutrivano
nella
Francia
d
'
anteguerra
.
Un
simile
passaggio
non
era
difficile
a
prevedere
.
Sono
lontani
i
tempi
in
cui
Ginevra
rappresentava
una
civiltà
ribelle
e
vigorosa
.
Col
decadere
del
protestantesimo
a
religione
per
i
moderati
,
ogni
vestigio
di
forza
è
sparito
dalle
rive
di
quei
laghi
e
le
grandi
statue
dei
riformatori
sono
rimaste
a
guardare
un
popolo
lontano
più
di
ogni
altro
da
propositi
rivoluzionari
.
È
sorto
a
Ginevra
un
palazzo
e
la
solennità
degli
atri
e
dei
portici
ha
finito
col
sopravvivere
a
ogni
concreta
realtà
;
finché
la
sigla
S.d.N.
si
è
cancellata
pianamente
dalla
zona
dei
nostri
interessi
e
una
incerta
fuga
in
automobile
ha
travolto
con
sé
le
ultime
speranze
della
collaborazione
europea
.
Provincia
intellettuale
della
Francia
,
Ginevra
non
ripete
i
motivi
di
lotta
che
pure
agitavano
la
Francia
d
'
anteguerra
.
Il
dovere
della
neutralità
incombe
su
ogni
parola
che
si
pronuncia
in
Svizzera
,
obbliga
i
giornali
a
occuparsi
nelle
prime
pagine
di
curiosità
zoologiche
e
attenua
e
diminuisce
le
reazioni
più
pure
.
Sussiste
un
tema
che
supera
probabilmente
i
limiti
della
tradizione
pittoresca
fondata
sulle
frecce
e
le
mele
e
sostiene
la
dignità
del
popolo
elvetico
:
la
volontà
d
'
indipendenza
.
E
la
calma
risoluta
con
cui
gli
svizzeri
si
preparano
a
difendere
l
'
unità
politica
della
loro
nazione
è
una
prova
che
basta
a
cancellare
molti
errori
.
Del
resto
è
certo
che
l
'
attività
migliore
del
popolo
svizzero
,
l
'
opera
dei
suoi
studiosi
e
dei
suoi
tecnici
,
vale
a
riscattare
gli
esempi
di
mediocrità
che
ci
troveremo
di
fronte
.
«
Pour
que
le
Parthénon
ne
soit
pas
touché
»
.
Così
la
«
Gazette
de
Lausanne
»
del
30
ottobre
si
rivolge
ai
suoi
lettori
.
Ora
,
scrivere
un
articolo
su
questo
argomento
,
nel
paese
che
fu
una
delle
patrie
di
Nietzsche
,
significa
avere
al
posto
del
senso
tragico
il
senso
scolastico
della
vita
.
E
le
ragioni
sono
immediate
.
Gli
aviatori
italiani
non
toccheranno
certamente
il
Partenone
.
Non
hanno
nessuna
ragione
per
farlo
.
Se
lo
toccassero
sarebbe
una
sventura
:
il
Partenone
è
tuttavia
un
segno
di
opere
illustri
e
di
tempi
esemplari
;
e
ci
auguriamo
con
tutti
che
il
giorno
della
sua
rovina
non
debba
venire
.
Ma
è
il
linguaggio
del
giornale
svizzero
a
cui
vogliamo
replicare
.
«
Est
il
possible
,
-
scrive
la
'
Gazette
de
Lausanne
'
,
-
que
un
jour
funeste
l
'
Acropole
soit
atteinte
?
Cela
ne
se
peut
pas
,
cela
toucherait
au
sacrilège
»
.
Si
sente
che
il
redattore
di
questo
articolo
nei
suoi
riposi
scrive
versi
alessandrini
.
La
sua
commozione
è
sincera
e
documentata
;
si
appoggia
naturalmente
a
ricordi
storici
di
papi
che
fermano
il
barbaro
e
di
statue
della
divinità
davanti
a
cui
l
'
orda
si
arresta
e
si
inchina
.
Il
signor
V
.
parla
insomma
in
nome
della
civiltà
e
dello
spirito
.
Ora
,
è
su
questa
questione
della
civiltà
che
senza
intenti
polemici
si
vorrebbe
discutere
,
tanto
ci
pare
incerta
la
visione
che
hanno
gli
Svizzeri
della
guerra
attuale
.
Crede
veramente
la
«
Gazette
de
Lausanne
»
che
in
questo
momento
in
Europa
nulla
sia
più
importante
dell
'
Acropoli
?
I
popoli
europei
si
affrontano
in
una
lotta
da
cui
molti
usciranno
distrutti
;
principî
che
hanno
sorretto
la
vita
delle
nazioni
e
per
cui
i
migliori
sono
caduti
sul
campo
o
sul
patibolo
rischiano
di
perdere
ogni
valore
;
gli
uomini
di
buona
volontà
combattono
da
anni
per
la
loro
salvezza
.
Giunge
dalle
città
d
'
Europa
il
rumore
delle
fucilazioni
.
Ma
tutte
queste
sono
contingenze
del
secolo
,
risponderebbe
probabilmente
il
signor
V
.
,
mentre
l
'
Acropoli
è
eterna
.
Ed
è
questo
il
senso
scolastico
della
vita
.
Noi
non
speriamo
di
convincere
il
signor
V
.
E
ci
importa
poco
in
fondo
,
tanto
siamo
sicuri
delle
nostre
idee
e
fermi
a
una
nostra
nozione
di
civiltà
.
Una
civiltà
i
cui
valori
siano
da
cercare
solo
negli
animi
degli
uomini
e
non
nelle
pietre
squadrate
,
sorgano
pure
queste
pietre
sull
'
Acropoli
di
Atene
.
Un
altro
slogan
dei
giornali
svizzeri
i
di
questi
giorni
è
quello
dell
'
«
uomo
provvidenziale
»
.
L
'
uomo
provvidenziale
sarebbe
il
maresciallo
Pétain
.
È
lontanissima
da
noi
l
'
idea
di
mancare
di
rispetto
a
un
vecchio
che
ha
raccolto
su
di
sé
il
peso
di
tante
sciagure
e
porta
tuttavia
il
contributo
delle
sue
forze
a
una
causa
difficile
e
precaria
.
Ma
non
riusciamo
a
vedere
in
lui
alcunché
di
provvidenziale
.
Durante
la
grande
guerra
egli
rese
splendidi
servizi
come
capo
;
in
seguito
portò
alla
Francia
la
sua
devozione
,
la
sua
esperienza
e
un
ingegno
lucido
e
sicuro
.
Fu
capo
di
stato
maggiore
dell
'
esercito
e
successore
di
Lyautey
nel
Marocco
.
Finita
la
guerra
di
Spagna
il
suo
prestigio
personale
e
la
sua
autorità
di
vecchio
maestro
di
Franco
lo
fecero
scegliere
a
rappresentante
della
repubblica
presso
la
Spagna
nazionale
.
E
anche
questa
non
fu
una
missione
precisamente
gloriosa
.
Ora
la
stampa
francese
e
quella
svizzera
si
commuovono
a
descrivere
l
'
incontro
Hitler
-
Pétain
.
Quando
il
vecchio
soldato
portò
la
sua
divisa
turchina
e
le
sette
stelle
di
maresciallo
davanti
alla
compagnia
d
'
onore
dei
soldati
germanici
i
vecchi
contadini
alzarono
le
braccia
e
i
giornalisti
piansero
.
Così
l
'
uomo
che
regge
oggi
la
Francia
e
porta
il
grado
che
fu
di
Turenne
e
di
Massena
si
presentava
al
vincitore
per
accettarne
le
condizioni
.
Era
certo
uno
spettacolo
grave
,
ma
non
tale
da
suscitare
l
'
entusiasmo
dei
francesi
presenti
.
Pure
allora
parve
un
trionfo
.
Il
Führer
ricevette
il
maresciallo
«
avec
une
déférence
marquée
»
;
e
su
questo
dato
di
pura
curiosità
i
commentatori
si
fondarono
per
una
celebrazione
insensata
.
La
Francia
aveva
ritrovato
se
stessa
e
il
suo
prestigio
.
Non
si
poteva
procedere
alla
ricostruzione
europea
senza
tener
conto
della
sua
voce
.
Solo
i
successivi
comunicati
tedeschi
riportarono
la
realtà
.
Ma
soprattutto
irragionevole
e
fondato
solo
su
dati
di
stato
civile
è
il
paragone
che
si
istituisce
fra
Pétain
e
Clemenceau
.
Che
cosa
abbiano
di
comune
questi
due
uomini
contrari
per
origini
e
per
tendenze
non
si
capisce
.
Entrambi
raccolsero
nelle
loro
mani
in
un
momento
decisivo
la
sorte
della
Francia
.
Ma
,
se
questo
non
è
un
particolare
superfluo
,
Clemenceau
vinse
la
guerra
e
Pétain
la
perdette
.
E
un
solco
più
profondo
resta
fra
le
due
figure
.
Perché
,
qualunque
fosse
stato
l
'
esito
della
guerra
del
'14
,
il
vecchio
radicale
avrebbe
scelto
un
'
altra
chiusa
alla
propria
vita
politica
:
non
la
pia
invocazione
alla
Madonna
di
Lourdes
con
cui
il
maresciallo
Pétain
salutò
la
rovina
della
Francia
.
1941
XI
.
Dalle
ore
dell
'
angoscia
Commento
a
un
soldato
tedesco
.
Dietro
gli
schemi
universali
offerti
dalla
propaganda
,
la
gioventù
d
'
Europa
cerca
dalle
due
parti
una
ragione
e
uno
scopo
alla
guerra
che
si
combatte
.
E
non
può
trovarli
nelle
statistiche
e
nei
discorsi
,
nei
dati
dell
'
economia
e
della
storia
diplomatica
,
perché
in
realtà
questo
suo
lavoro
si
traduce
in
una
ricerca
interiore
,
nella
ricerca
delle
proprie
possibilità
e
dei
propri
mezzi
,
della
propria
misura
personale
di
fronte
alla
guerra
.
Opera
di
puro
egoismo
come
sono
le
opere
migliori
della
giovinezza
,
questa
ha
un
valore
politico
immediato
:
di
indice
sulle
future
esperienze
.
Perché
,
quando
la
generazione
di
cui
si
discorre
sarà
arrivata
a
governare
,
il
senso
dell
'
avventura
ora
attraversata
dominerà
le
sue
decisioni
.
Su
una
parola
,
«
generazione
»
,
si
innesta
la
polemica
.
Tutti
ricordano
probabilmente
il
fervore
con
cui
furono
salutati
in
Francia
e
in
Germania
i
giovani
chiamati
a
rompere
una
lunga
teoria
di
pace
e
a
sostenere
per
primi
in
Europa
la
guerra
.
Il
chiasso
discorde
dei
letterati
e
tutta
la
triste
eloquenza
degli
uomini
politici
non
bastarono
allora
a
nascondere
una
imminente
realtà
di
sventure
.
Ma
certo
l
'
attesa
era
minore
e
guastata
da
fantasie
profane
,
se
le
conseguenze
maturate
a
poco
a
poco
nei
quattro
anni
di
guerra
portarono
un
così
grave
turbamento
negli
spiriti
.
Tornati
alla
Germania
agonica
del
dopoguerra
,
alla
Francia
esaltata
di
Poincaré
,
molti
dei
sopravvissuti
si
affrettarono
a
proclamare
la
loro
rovina
.
I
compagni
di
Psichari
,
quelli
che
dovevano
riscattare
le
virtù
francesi
nella
prova
del
combattimento
e
ridare
una
giovinezza
alla
patria
,
portavano
solo
amarezza
e
squallore
,
l
'
inutilità
della
esperienza
vissuta
.
Dalla
guerra
non
tornavano
i
cavalieri
del
Santo
Sepolcro
,
ma
una
borghesia
sperduta
e
diffidente
che
esitava
ancora
fra
l
'
uniforme
abbandonata
nelle
trincee
di
ieri
e
i
compiti
insostenibili
di
una
nuova
vita
civile
.
Questa
fu
la
«
generazione
perduta
»
.
Il
mito
nato
dallo
sgomento
di
quegli
anni
si
è
trascinato
fino
a
noi
e
ancora
occupa
i
fasti
di
una
mediocre
letteratura
.
Ma
la
generazione
perduta
non
è
un
'
invenzione
letteraria
.
È
un
duro
problema
,
e
ogni
guerra
ne
ripropone
i
termini
alla
nostra
cura
e
alla
nostra
inquietudine
.
Venti
anni
fa
,
non
senza
una
coda
retorica
,
gli
uomini
più
sensibili
alla
gravità
degli
eventi
trascorsi
si
domandavano
il
perché
di
così
alte
sciagure
e
alludevano
al
sacrificio
delle
vite
e
al
peso
inevitabile
sulle
generazioni
avvenire
.
Qualunque
risposta
allora
sarebbe
stata
falsa
o
inutile
perché
in
verità
le
accuse
premevano
sugli
uomini
e
escludevano
ogni
tentativo
di
apologia
.
Ma
i
tempi
sono
ora
rivolti
ad
altre
considerazioni
,
e
si
misura
con
altri
metri
il
valore
delle
esperienze
,
se
occorre
affrontare
inattese
risoluzioni
e
valutarne
per
una
nostra
storia
la
portata
improvvisa
.
Così
,
senza
attendere
i
rimorsi
di
un
'
altra
età
e
gli
scrupoli
della
cauta
riflessione
,
altri
prevengono
le
requisitorie
future
e
chiudono
ogni
esitazione
con
un
breve
atto
di
forza
.
Allo
stesso
modo
sono
sorti
quei
procedimenti
i
giuridici
che
hanno
distrutto
un
'
antica
Europa
e
travolto
con
sé
l
'
autorità
delle
consuetudini
.
«
Denn
wir
sind
Soldaten
geworden
»
:
«
Perché
siamo
divenuti
soldati
»
.
A
questa
conclusione
sommaria
Heinz
Oertmann
,
soldato
del
Reich
,
riduce
l
'
ansietà
di
un
popolo
e
tutti
i
confusi
propositi
dei
suoi
coetanei
in
Europa
.
Una
risposta
così
provvisoria
può
offendere
probabilmente
chi
crede
a
un
giusto
dovere
di
responsabilità
e
all
'
obbligo
continuo
di
vigilanza
e
di
controllo
sulla
propria
opera
;
ma
porta
con
sé
una
nozione
tanto
precisa
e
concreta
del
proprio
stato
che
non
è
facile
rifiutarla
.
E
vale
,
se
mai
,
come
un
esempio
di
difficile
coerenza
.
Io
non
mi
esagero
l
'
importanza
di
un
documento
individuale
(
è
una
lettera
a
un
compagno
pubblicata
da
un
grande
giornale
tedesco
)
.
Ma
ho
raccolto
queste
parole
perché
credo
che
riportino
un
senso
più
largo
di
quello
originario
,
e
perché
l
'
intelligenza
delle
citazioni
e
il
rigore
della
scrittura
fanno
presumere
nell
'
autore
qualità
non
mediocri
.
L
'
inizio
è
il
solito
,
di
un
giovane
intellettuale
tedesco
cui
è
rimasto
degli
anni
delle
esperienze
romantiche
il
gusto
della
confessione
e
il
senso
precario
di
certi
valori
.
Le
notti
passate
a
discutere
nel
fumo
dei
bicchieri
,
quando
un
vago
disegno
d
'
Europa
si
presentava
alle
coscienze
e
poneva
problemi
fino
allora
ignorati
,
l
'
aria
pesante
dei
caffè
letterari
segnano
i
confini
di
questi
episodi
.
Ma
venti
anni
fa
un
simile
teatro
borghese
sarebbe
caduto
alla
prima
invocazione
di
guerra
e
le
ragioni
patriottiche
sarebbero
accorse
a
fare
di
questo
«
clerc
»
esitante
un
fedele
vassallo
dell
'
imperatore
.
Qui
neppure
una
parola
è
sacrificata
a
tali
antiche
figure
;
la
giustificazione
è
fredda
e
distante
e
non
richiede
la
fede
che
per
un
grazioso
complemento
finale
.
Le
opere
bastano
altrimenti
a
condurre
avanti
,
e
la
divisa
grigio
-
ferro
protegge
dalle
tentazioni
del
mondo
.
Così
si
può
rifiutare
tutto
un
bagaglio
faticoso
e
inutile
,
contentarsi
del
proprio
mestiere
,
della
propria
giornata
,
divenire
soldati
.
L
'
idea
germanica
,
le
insegne
dell
'
impero
a
Norimberga
e
i
discorsi
di
Fichte
non
sono
importanti
qui
.
Importante
è
vivere
coi
soldati
la
loro
vicenda
quotidiana
,
muoversi
da
un
paese
all
'
altro
secondo
gli
ordini
che
si
ricevono
e
lentamente
accondiscendere
a
questa
abitudine
di
vita
così
da
farne
la
propria
e
da
sentirla
familiare
e
necessaria
,
più
che
un
dovere
.
Chi
non
veda
l
'
importanza
di
questo
passaggio
per
la
storia
attuale
è
piuttosto
maldisposto
.
Perché
la
traduzione
di
un
tale
stato
d
'
animo
sul
terreno
politico
è
chiara
e
precisa
:
significa
adozione
della
guerra
come
modo
di
vita
e
conquista
di
un
mito
a
cui
sorreggersi
con
la
stessa
forza
che
si
dedicava
un
tempo
ai
voti
religiosi
.
Durante
l
'
altra
guerra
l
'
ideologia
della
pace
e
della
giustizia
non
ebbe
in
fondo
altro
nemico
che
un
vecchio
nazionalismo
finito
,
ancorato
a
memorie
inutili
.
Ma
le
polemiche
fra
Hauptmann
e
Romain
Rolland
sono
ora
così
dimenticate
da
far
sorridere
chi
le
riesumasse
a
paragone
.
Quando
il
vecchio
drammaturgo
scriveva
,
al
Reichstag
tedesco
parlavano
contro
i
crediti
di
guerra
Liebknecht
e
Haase
,
e
un
grande
poeta
affrontava
dubbioso
il
nuovo
dio
:
«
Per
la
prima
volta
ti
vedo
sorgere
sentito
dire
,
distante
,
incredibile
dio
della
guerra
»
.
Ora
non
esiste
un
grande
poeta
tedesco
.
I
poeti
del
Reich
si
adunano
a
Weimar
sotto
la
presidenza
di
un
tenente
colonnello
e
formulano
curiose
proposizioni
di
estetica
di
guerra
.
Ma
chi
dinanzi
a
questi
fatti
sorridesse
condannando
,
commetterebbe
una
grave
leggerezza
.
Perché
i
cattivi
poeti
del
Reich
sono
i
buoni
soldati
del
Reich
.
E
da
questa
confusione
di
propositi
,
da
queste
false
dottrine
si
stacca
un
fatto
preciso
:
il
sorgere
attraverso
la
guerra
di
una
coscienza
militare
.
Per
la
prima
volta
dopo
Napoleone
si
assiste
in
Europa
a
questo
fenomeno
:
il
formarsi
non
di
una
casta
di
militari
,
ma
di
un
ceto
a
cui
l
'
esperienza
di
combattimento
vissuta
a
lungo
in
comune
presterà
caratteri
non
cancellabili
.
Negli
anni
turbinosi
che
seguirono
al
1815
cosa
significò
in
fondo
il
bonapartismo
?
Nulla
come
pensiero
politico
:
dottrinari
rigidi
ai
loro
principî
quali
i
teorici
della
restaurazione
e
gli
eredi
del
più
intransigente
dogmatismo
repubblicano
dovevano
trovare
una
debole
resistenza
nei
vecchi
colonnelli
e
nei
baroni
dell
'
impero
.
Ma
dietro
gli
interessi
materiali
che
univano
poche
famiglie
restava
,
comune
a
un
più
largo
popolo
,
il
mito
del
soldato
,
e
alle
coscienze
individuali
quell
'
età
tornava
66
attraverso
il
ricordo
di
un
'
impresa
ininterrotta
e
gloriosa
,
presente
nei
discorsi
degli
uomini
e
nel
rammarico
di
quelli
venuti
tardi
.
Il
paragone
è
provvisorio
.
Pure
è
probabile
che
qualunque
sia
l
'
esito
della
guerra
i
tedeschi
non
dimentichino
l
'
anno
che
ora
è
trascorso
.
«
Wir
sind
Menschen
von
Position
...
torneremo
ai
nostri
uffici
,
alle
nostre
scuole
,
alle
nostre
redazioni
...
»
Ma
chi
potrà
cancellare
dal
ricordo
fisico
di
questi
uomini
il
senso
dell
'
avventura
vissuta
in
comune
,
le
ore
nelle
città
conquistate
in
Fiandra
o
in
Polonia
,
le
pianure
orientali
traversate
col
moto
violento
dei
carri
armati
e
lo
sbarco
invernale
in
Norvegia
?
Chi
potrà
convincerli
che
il
loro
passato
è
falso
e
convertirli
a
una
dottrina
diversa
?
«
Cosa
volete
,
sono
un
filologo
,
ho
creduto
nell
'
Inghilterra
e
sono
del
1906»
.
Parole
raccolte
da
Oertmann
nel
colloquio
con
un
giovane
olandese
,
che
è
citato
come
uno
dei
due
episodi
a
cui
si
deve
la
lettera
.
Nella
grande
città
di
mare
,
battuta
dalla
guerra
,
questo
colloquio
doveva
dire
l
'
antagonismo
di
due
formazioni
spirituali
e
spiegare
la
vittoria
della
gioventù
tedesca
.
E
infatti
se
nelle
parole
dell
'
olandese
è
facile
riconoscere
una
resa
opaca
e
tranquilla
,
assai
più
notevole
è
il
commento
del
soldato
tedesco
.
«
Vedi
,
non
è
vero
più
niente
di
quello
che
abbiamo
pensato
.
Quest
'
epoca
può
averci
resi
più
critici
,
più
diffidenti
verso
le
parole
e
i
libri
,
ma
noi
non
siamo
una
generazione
di
trapasso
,
non
siamo
una
generazione
perduta
.
Abbiamo
la
nostra
missione
come
ogni
gruppo
di
giovani
,
la
missione
che
c
'
impongono
l
'
età
e
le
circostanze
,
non
più
facile
né
più
difficile
di
altre
...
»
E
qui
mi
pare
che
s
'
incontri
l
'
opera
decisiva
,
in
questo
tremito
che
accompagna
le
parole
più
sicure
e
tradisce
una
imprevedibile
ansia
.
Pesa
curiosamente
su
questa
dichiarazione
il
senso
del
pericolo
corso
,
la
paura
imminente
di
perdersi
.
67
Generazione
1906
.
Erano
gli
uomini
che
si
ritenevano
troppo
giovani
per
la
storia
gia
cresciuta
,
troppo
vecchi
per
quella
che
si
preparava
.
La
guerra
li
ha
sottratti
a
questi
dubbi
e
a
questa
sfiducia
,
li
ha
buttati
sul
terreno
a
cui
cautamente
si
avvicinavano
.
Esistevano
dei
problemi
individuali
e
non
esistono
più
:
l
'
ordine
militare
non
tollera
simili
strascichi
.
Esistevano
i
problemi
e
i
doveri
di
una
generazione
e
sono
stati
messi
da
parte
e
dimenticati
:
con
gli
individui
e
le
loro
fortune
anche
la
generazione
è
sopraffatta
,
non
conta
.
«
Wir
sind
nicht
mehr
eine
Generation
...
»
Così
comincia
l
'
ultimo
,
più
duro
paragrafo
:
«
Noi
non
siamo
più
una
generazione
.
Noi
siamo
una
classe
.
Un
apporto
all
'
esercito
.
La
classe
1906
»
.
Arrivati
a
questo
punto
è
lecito
accogliere
con
qualche
incertezza
la
soluzione
scelta
.
Perché
,
portato
a
un
tale
rigore
il
culto
della
disciplina
,
la
vittoria
confina
con
l
'
abdicazione
;
la
scelta
di
una
missione
con
il
rifiuto
delle
responsabilità
.
Come
sempre
,
i
due
poli
della
forza
estrema
e
della
debolezza
sono
vicinissimi
;
e
a
chi
voglia
giudicare
tra
i
due
limiti
rimane
solo
una
misura
di
paragone
:
l
'
esito
dell
'
impresa
.
Perché
è
facile
dall
'
altra
parte
affermare
che
si
tratti
di
fenomeni
secondari
di
reazione
e
raccogliere
sotto
un
giudizio
di
estetismo
militare
certe
dichiarate
preferenze
.
Ma
finché
il
successo
accompagnerà
le
grige
armate
del
Reich
e
sulle
città
conquistate
sventolerà
la
bandiera
bianca
e
rossa
,
non
vi
sarà
posto
in
Europa
per
altri
uomini
e
per
un
'
idea
contrastante
.
XII
.
Poesia
e
documento
Pretesto
americano
.
In
Europa
(
e
per
i
fatti
letterari
l
'
Europa
moderna
comincia
nel
1636
)
i
poeti
affrontano
un
'
età
minore
col
sopraggiungere
della
fortuna
;
e
questo
loro
deperire
ha
più
tardi
una
sua
fine
retorica
dietro
i
vetri
delle
accademie
68
o
nel
rispetto
unanime
di
uomini
altrimenti
viziati
.
In
America
l
'
irrigidimento
e
quella
morte
anteriore
che
si
rivelano
nel
cadere
delle
polemiche
intorno
a
un
nome
ormai
ripetuto
seguono
corsi
probabilmente
diversi
.
La
fama
condanna
laggiù
ai
rapidi
sussulti
delle
macchine
,
l
'
orgasmo
dei
numeri
invade
l
'
agile
spazio
della
fantasia
e
impone
i
ritmi
di
una
responsabilità
insostenibile
.
Ma
,
dietro
gli
esempi
della
corruzione
umana
,
sono
assai
più
importanti
quelli
che
insegnano
la
corruzione
dell
'
opera
d
'
arte
,
la
sua
breve
decadenza
di
fronte
e
contro
la
folla
.
L
'
opera
non
resiste
al
logorio
di
una
interpretazione
collettiva
,
assume
presto
i
valori
di
chi
le
confida
un
interesse
mediocre
e
da
parola
diviene
proverbio
,
simbolo
astratto
di
bellezza
.
Così
,
per
coloro
che
credevano
a
una
poesia
di
Biancaneve
di
Disney
,
la
degenerazione
di
quei
motivi
sarà
stata
palese
quando
i
sette
nani
apparvero
su
tutti
i
muri
della
città
,
confusero
la
loro
persona
fantastica
ai
simboli
minori
della
vita
borghese
.
(
Come
se
un
mottetto
di
Montale
dovesse
servire
per
la
pubblicità
;
e
,
credo
,
morirebbe
subito
.
I
valorosi
giovani
parlano
sempre
della
pagina
e
dell
'
eterno
mentre
è
probabile
che
la
poesia
non
duri
oltre
il
disegno
dei
fatti
accidentali
)
.
Di
queste
forze
risolutive
il
cinema
è
ora
la
più
attiva
(
nella
sua
struttura
attuale
,
non
per
necessità
di
origine
)
.
Esso
consuma
il
primo
significato
dell
'
opera
accelerando
il
moto
diversivo
;
compie
la
mediazione
fra
il
personaggio
vitale
dell
'
autore
,
la
sua
libertà
senza
limiti
e
l
'
automa
necessario
alla
memoria
passiva
del
pubblico
.
Così
sono
morti
Anna
Karenina
e
Poil
de
Carotte
e
basterebbe
un
solo
film
per
ridurre
Faust
a
pochi
gesti
senza
spazio
.
Per
questo
sarebbe
stolto
ormai
chiedere
un
voto
di
poesia
alla
signora
Pearl
S
.
Buck
.
Ella
ha
scritto
un
libro
La
buona
terra
,
che
il
pubblico
ammira
,
e
il
cui
senso
è
giunto
agli
ignari
attraverso
una
macchinosa
riduzione
cinematografica
.
Le
sue
opere
sono
tradotte
in
tedesco
e
69
in
spagnolo
;
il
suo
nome
ha
raggiunto
la
costellazione
astrale
dei
manifesti
(
quel
popolo
virtuoso
di
cui
un
poeta
moderno
ha
detto
:
«
De
nos
affiches
les
noms
adorés
»
)
.
Così
Pearl
S
.
Buck
ha
un
suo
feudo
letterario
,
la
Cina
,
come
la
Deledda
aveva
il
suo
piccolo
feudo
sardo
e
altri
in
un
tempo
più
ingenuo
le
pianure
erbose
dell
'
Ovest
o
le
isole
dei
mari
del
Sud
.
Ma
la
Cina
è
più
ricca
:
la
Cina
è
drammatica
,
pittoresca
,
didascalica
.
Da
questo
paese
inesauribile
la
Buck
ha
tratto
tutte
le
ragioni
del
suo
lavoro
e
ora
lo
organizza
e
lo
divide
secondo
un
criterio
incensurabile
.
Alla
Cina
ella
deve
la
sua
fortuna
,
una
fortuna
popolata
di
draghi
.
La
scrittrice
merita
questa
fortuna
:
è
una
donna
umana
e
giusta
,
di
integra
intelligenza
;
fedele
alla
sua
educazione
americana
tanto
da
non
capire
probabilmente
valori
di
altra
origine
.
(
Anche
la
sua
Cina
,
credo
,
è
solo
una
traduzione
illuminata
)
.
Scrittori
di
questa
natura
cadono
nel
premio
Nobel
come
altri
per
necessità
si
abbandonano
al
vizio
o
diventano
pazzi
.
Assumono
quindi
un
valore
convenzionale
nei
quadri
della
società
e
a
essi
non
si
può
chiedere
altro
che
di
rappresentare
degnamente
la
parte
loro
affidata
.
Il
colonnello
Lindberg
,
Ford
,
il
senatore
Borah
potrebbero
starle
accanto
,
uomini
rappresentativi
di
una
effimera
società
secolare
.
Pure
nessuno
di
noi
avrebbe
letto
un
libro
del
colonnello
Lindberg
.
Io
ho
letto
invece
Angelo
guerriero
di
Pearl
S
.
Buck
,
che
gli
editori
presentano
arbitrariamente
come
romanzo
.
Fedele
a
un
intento
documentario
,
deserto
di
fantasia
,
Angelo
guerriero
è
la
biografia
del
padre
della
scrittrice
,
missionario
in
Cina
.
Per
molto
tempo
,
fino
a
Emile
Faguet
circa
,
la
critica
letteraria
francese
si
fondò
principalmente
sulla
«
peinture
des
caractères
»
.
E
per
«
la
peinture
des
caractères
»
,
Angelo
guerriero
è
un
ottimo
libro
.
Isola
questo
vecchio
dagli
occhi
chiari
su
una
indefinita
folla
cinese
e
dai
moti
dei
protagonisti
trae
un
discreto
colore
,
quasi
il
nerbo
di
una
narrazione
.
Ma
il
clima
rievocativo
del
libro
,
la
sua
accensione
letteraria
non
superano
i
limiti
di
una
intelligente
pietà
filiale
.
Libri
cosiffatti
uccidono
qualunque
apprezzamento
critico
.
Si
devono
tuttavia
considerare
onesti
se
riescono
a
suggerire
riflessioni
disinteressate
,
a
deviare
il
pensiero
a
nuovi
argomenti
(
secondo
una
nozione
della
letteratura
ormai
abbandonata
dai
tecnici
)
.
Qui
la
presenza
di
una
figura
che
vive
di
sue
ragioni
morali
e
il
ricordo
di
miti
così
distanti
dai
nostri
quali
sono
quelli
del
protestantesimo
americano
bastano
a
far
convergere
sul
libro
interessi
non
mediocri
.
XIII
.
Per
una
cultura
unitaria
Le
Università
e
la
cultura
.
Con
profonda
soddisfazione
dei
buoni
,
in
Italia
,
la
sede
naturale
della
cultura
resta
l
'
Università
.
Credo
che
questo
stato
di
cose
corrisponda
a
una
antica
consuetudine
italiana
e
soprattutto
sia
l
'
esito
di
una
tradizione
recente
.
E
credo
che
in
fondo
conferisca
al
nostro
terreno
culturale
una
solidità
e
una
compattezza
di
qualche
valore
.
Il
progressivo
svincolarsi
della
cultura
europea
dal
costume
universitario
(
fenomeno
tutto
esterno
,
si
badi
,
e
di
un
interesse
se
mai
sociale
)
,
che
occupa
in
varie
figure
i
primi
decenni
del
secolo
,
in
Italia
è
certo
assai
meno
sensibile
che
altrove
.
In
Francia
fu
carico
di
significati
politici
quando
i
professori
rappresentarono
una
classe
e
una
educazione
politica
d
'
intransigenza
e
obbligarono
gli
astanti
alla
reazione
.
Del
resto
la
Francia
,
paese
delle
libere
esperienze
,
doveva
accogliere
con
naturalezza
questa
estrema
ventata
romantica
e
autorizzare
i
più
svagati
tentativi
.
La
Francia
era
il
paese
dove
i
Cahiers
di
Péguy
rappresentavano
ancora
un
'
affermazione
positiva
contro
le
memorie
inutili
della
Sorbona
,
e
ove
doveva
nascere
umilmente
e
quindi
prosperare
«
La
Nouvelle
Revue
Française
»
,
il
migliore
documento
di
cultura
antiuniversitaria
che
finora
ci
abbia
dato
l
'
Europa
.
(
E
qui
soccorrerebbero
moltissimi
esempi
;
ma
ricordo
un
numero
della
rivista
dedicato
a
Tocqueville
e
Gobineau
,
i
due
compagni
d
'
ufficio
,
in
cui
chiaramente
si
lasciava
intendere
che
Tocqueville
era
uno
storico
limitato
e
di
vedute
accademiche
,
mentre
Gobineau
era
davvero
un
pensatore
libero
da
impacci
:
opinione
manifestamente
ridicola
)
.
Da
questi
cenni
è
facile
capire
cosa
s
'
intenda
qui
per
cultura
antiuniversitaria
.
Ma
in
un
senso
più
largo
,
polemica
antiuniversitaria
vuol
dire
polemica
antiistituzonale
;
quindi
il
significato
di
ultimo
clamore
romantico
che
viene
a
un
tale
atteggiamento
di
spirito
.
Di
qui
anche
i
diversi
aspetti
del
problema
nelle
nazioni
civili
.
In
Inghilterra
,
dove
anche
l
'
Università
è
un
centro
di
studi
semiprivato
,
il
problema
non
deve
essere
quasi
sensibile
.
In
Francia
fu
appunto
clamoroso
;
mentre
in
Germania
e
da
noi
urta
contro
il
senso
fortissimo
della
istituzione
universitaria
.
Così
fra
i
tedeschi
il
padre
di
questa
cultura
eroica
e
dissipata
,
spregiatrice
delle
biblioteche
e
amante
delle
montagne
,
fu
appunto
filologo
e
professore
d
'
università
,
si
adattò
a
vivere
qualche
volta
in
pianura
e
solo
alla
sua
tarda
pazzia
deve
ora
l
'
approvazione
dei
reprobi
.
Da
noi
la
situazione
non
mi
pare
diversa
.
L
'
unico
movimento
serio
che
abbia
intrapreso
una
polemica
culturale
è
stato
,
credo
,
«
La
Voce
»
.
E
il
senso
di
quella
polemica
fu
chiarissimo
:
combattere
per
un
'
Università
contro
un
'
altra
Università
,
procedere
a
una
sostituzione
secondo
i
quadri
e
non
all
'
abbattimento
dei
quadri
.
Si
pensi
del
resto
agli
uomini
che
erano
al
centro
di
quella
polemica
,
a
maestri
della
tempra
di
Lombardo
Radice
in
cui
il
senso
sociale
della
scuola
fu
continuamente
a
capo
di
ogni
preoccupazione
.
E
più
di
tutti
ai
due
uomini
intorno
ai
quali
si
è
svolta
la
nostra
maggiore
cultura
:
così
rigidamente
universitario
Croce
,
nel
suo
sdegnoso
antiaccademismo
,
e
così
fervido
di
discepoli
Gentile
dai
primi
anni
d
'
insegnamento
fino
alle
ultime
attività
politiche
.
Già
il
fatto
che
siano
stati
,
dopo
De
Sanctis
,
ministri
questi
due
uomini
,
è
un
curioso
privilegio
della
cultura
italiana
.
Si
provi
a
trasferire
la
stessa
esperienza
in
Francia
o
in
Germania
per
immaginarne
i
disastrosi
risultati
.
La
Repubblica
del
dopoguerra
si
è
procurata
molti
guai
,
ma
non
quello
di
fare
Alain
ministro
dell
'
Educazione
;
e
Ludwig
Klages
non
ha
inflitto
ai
fanciulli
di
Germania
la
sua
filosofia
dell
'
anima
.
Così
il
senso
della
nostra
esperienza
mi
pare
certamente
benefico
per
una
unità
di
criteri
che
non
vuol
dire
unità
d
'
intenti
,
ma
significa
forse
di
più
in
un
terreno
che
è
dominato
dal
metodo
.
Non
solo
alcune
scuole
o
alcuni
canoni
d
'
interpretazione
,
ma
addirittura
alcune
forme
di
pensiero
sono
scomparse
dal
nostro
orizzonte
culturale
.
Tutto
quel
vario
rigoglio
sociologico
che
dà
ancora
frutti
in
Francia
e
in
America
da
noi
non
riuscì
a
produrre
un
libro
leggibile
.
(
E
così
per
quasi
tutti
i
derivati
della
vecchia
cultura
positivistica
:
i
nostri
teorici
sono
passati
come
falciatrici
meccaniche
e
non
hanno
lasciato
traccia
di
culture
estranee
;
tanto
che
quasi
si
desidera
di
vedere
un
sociologo
o
un
evoluzionista
,
sia
pure
confinato
in
una
riserva
di
caccia
)
.
Finalmente
l
'
Università
assicura
il
tranquillo
decoro
dei
concorsi
e
delle
opere
:
esclude
fino
a
un
certo
limite
l
'
avventura
intellettuale
.
All
'
influenza
della
cultura
universitaria
dobbiamo
la
fortuna
di
avere
un
solo
storico
di
tipo
aquilino
come
Papini
e
un
buon
numero
di
professori
onesti
e
addottrinati
.
Questo
per
quanto
riguarda
il
nucleo
più
virile
della
nostra
cultura
,
quegli
orientamenti
di
pensiero
da
cui
dipendono
le
discipline
storiche
e
filosofiche
e
ai
quali
è
legata
anche
l
'
alta
cultura
giuridica
.
Restano
due
grandi
ali
:
la
cultura
strettamente
scientifica
e
quella
letteraria
.
Della
prima
non
è
necessario
parlare
perché
è
ovvio
che
i
veri
scienziati
sono
i
professori
d
'
università
e
non
gli
inventori
delle
macchine
da
scrivere
.
L
'
altro
argomento
da
considerare
in
margine
,
è
quello
,
da
noi
prediletto
,
della
civiltà
letteraria
.
Su
questo
terreno
il
distacco
è
sensibile
,
e
siccome
i
letterati
,
oltre
che
per
il
numero
,
per
il
loro
immenso
rumore
occupano
una
parte
assai
estesa
delle
nostre
province
spirituali
,
questo
dissidio
ha
preso
l
'
aspetto
di
una
cirsi
severa
.
È
aperta
una
libera
discussione
per
l
'
attribuzione
delle
responsabilità
:
il
professor
Russo
giudica
che
sia
colpa
dei
dilettanti
,
i
letterati
fiorentini
pensano
che
sia
colpa
dei
marci
residui
idealistici
.
In
realtà
se
un
dissidio
esiste
è
di
natura
probabilmente
fisiologica
e
non
tale
da
preoccupare
.
Personalmente
sono
convinto
che
la
nostra
società
letteraria
,
attraverso
certe
sue
debolezze
e
certe
evidenti
inanità
rappresenti
uno
stadio
assai
progredito
.
E
che
elabori
con
notevole
coraggio
i
temi
di
una
cultura
indipendente
.
Ma
trovo
naturale
che
non
possa
essere
seguita
dall
'
Università
in
questo
compito
di
pattuglia
.
(
E
del
resto
l
'
Università
è
una
categoria
molto
incerta
:
a
Roma
per
esempio
,
accanto
a
maestri
di
vecchia
formazione
,
occupano
le
cattedre
di
letterature
straniere
uomini
aperti
a
qualsiasi
moderna
suggestione
)
.
Non
capisco
quindi
perché
critici
come
Falqui
si
agitino
tanto
per
dimostrare
che
non
siamo
capiti
.
(
Dico
«
siamo
»
perché
essendo
nato
nel
1919
aspiro
anch
'
io
alla
protezione
di
Falqui
)
.
Uno
scrittore
della
natura
di
Bo
,
che
in
altri
tempi
sarebbe
stato
tenuto
in
quarantena
per
almeno
vent
'
anni
,
è
professore
di
università
.
Non
lo
hanno
capito
,
ma
lo
hanno
fatto
professore
d
'
università
;
quasi
per
fiducia
.
Pretendere
ora
che
lo
capiscano
per
forza
mi
pare
un
abuso
.
Senza
contare
che
non
vedo
l
'
utilità
di
essere
così
largamente
capiti
.
Il
giorno
in
cui
Carlo
Emilio
Gadda
fosse
incluso
nelle
antologie
scolastiche
e
la
gente
in
treno
leggesse
Montale
a
noi
resterebbe
un
mediocre
compito
di
chiosatori
e
di
cronisti
.
Così
,
dissipato
questo
breve
fermento
letterario
,
credo
che
si
possa
aver
fede
nella
struttura
unitaria
della
nostra
cultura
.
Questo
non
vuol
dire
naturalmente
che
si
debba
aver
fede
nei
valori
che
la
nostra
cultura
afferma
o
tradisce
:
l
'
inchiesta
graziosamente
ci
esime
da
un
giudizio
.
E
in
questi
limiti
credo
anche
che
il
problema
università
anti
-
università
non
sia
ora
al
colmo
dei
nostri
dissidi
.
Ma
se
mai
altri
di
ordine
diverso
:
il
significato
che
hanno
assunto
,
per
una
generazione
procedente
da
principî
rivoluzionari
,
valori
di
origine
oscura
e
lontana
;
il
limite
,
arduo
problema
,
dei
rapporti
tra
cultura
e
politica
.
XIV
.
La
sconfitta
della
Francia
L
'
abito
verde
.
Qualche
anno
fa
di
questa
commedia
francese
fecero
un
film
,
e
in
occasione
del
tricentenario
dell
'
Accademia
francese
il
pubblico
europeo
rise
signorilmente
dei
vecchi
generali
e
dei
filologi
sordi
,
di
un
mondo
che
le
ambizioni
delle
donne
sospingevano
al
culto
dell
'
immortalità
.
Era
la
rivincita
piuttosto
infelice
della
corruzione
borghese
su
un
mito
di
cultura
e
di
arte
che
anche
nella
sua
ultima
decadenza
restava
inaccessibile
a
quelle
categorie
.
Ma
era
anche
un
sintomo
di
reazioni
più
larghe
,
di
un
gusto
diffuso
.
Perché
certo
in
Francia
nessuno
credeva
più
all
'
immortalità
.
Nessuno
credeva
in
Francia
all
'
immortalità
;
neppure
quel
sergente
che
guidava
noi
giovani
per
le
cripte
del
Panthéon
,
e
accompagnando
le
parole
con
un
largo
gesto
funebre
annunziava
:
«
Ici
repose
Victor
Hugo
,
grand
poète
et
écrivain
»
.
Scandiva
metricamente
la
frase
,
ma
in
fondo
era
del
tutto
estraneo
al
seguito
.
«
Ici
repose
Jean
Jaurès
...
»
E
chi
sa
cosa
diceva
di
Jean
Jaurès
.
Già
allora
le
sentinelle
,
ferme
a
gambe
larghe
sulla
Piazza
Reale
di
Monaco
,
facevano
capire
che
sarebbe
successo
qualcosa
di
grave
.
Un
paese
può
disprezzare
le
accademie
quando
ha
il
modo
di
sostituirle
.
Così
in
Germania
furono
travolte
le
istituzioni
,
e
un
popolo
che
credeva
nelle
corone
di
lauro
e
negli
archi
di
trionfo
fu
incoraggiato
a
questa
innocua
passione
dalle
diplomazie
europee
.
Caduta
la
grande
struttura
dell
'
esercito
,
il
mito
della
forza
militare
prussiana
sembrava
destinato
a
sparire
con
gli
ultimi
residui
dell
'
impero
,
e
l
'
elmo
a
chiodo
di
Guglielmo
non
era
più
vicino
ai
programmi
di
Stresemann
del
lungo
granatiere
di
Brandeburgo
.
Ma
le
trovate
retoriche
dei
tribuni
,
anche
rivoluzionari
,
colpiscono
ogni
tanto
il
senso
dei
fatti
storici
meglio
di
un
paziente
lavoro
di
indagine
e
di
una
severa
volontà
di
elaborazione
.
«
La
guerra
è
l
'
industria
nazionale
della
Prussia
»
,
aveva
detto
Mirabeau
.
A
Stresemann
,
che
aveva
studiato
la
storia
economica
ed
era
amico
di
Ugo
Stinnes
e
di
industrie
si
intendeva
veramente
,
quelle
parole
dovevano
suonare
come
un
felice
ricordo
scolastico
,
qualcosa
come
le
notizie
sui
Germani
di
Tacito
.
Pure
il
suo
temperamento
politico
,
la
sua
preparazione
tecnica
e
una
volontà
indubbia
di
condurre
il
paese
su
nuove
strade
non
bastarono
a
evitare
il
risorgere
di
energie
molto
più
elementari
,
come
l
'
alta
tradizione
di
pensiero
socialista
e
la
pratica
diffusa
fra
gli
operai
dei
grandi
centri
industriali
non
avevano
impedito
nel
1914
la
vittoria
di
altre
passioni
,
di
altri
moti
.
Molti
fatti
sono
intervenuti
nella
struttura
politica
ed
economica
della
Germania
moderna
.
Ma
nel
1940
,
dopo
i
discorsi
di
Goering
sul
burro
e
i
cannoni
,
la
proposizione
di
Mirabeau
era
vera
anche
nel
suo
più
stretto
significato
economico
.
A
tali
delusioni
vanno
incontro
gli
uomini
più
accorti
e
preparati
di
fronte
alla
complessità
di
certe
esperienze
.
«
Non
è
agitando
pochi
scalmanati
nelle
birrerie
di
Monaco
che
si
fa
la
nuova
Germania
»
,
aveva
scritto
Stresemann
nel
suo
diario
a
proposito
del
putsch
Hitler
-
Ludendorff
.
E
con
lui
erano
d
'
accordo
gli
uomini
più
eminenti
del
paese
e
i
politici
stranieri
.
Ora
,
dopo
quindici
anni
,
i
pareri
saranno
discordi
sul
valore
di
novità
che
rappresentò
la
Germania
nazista
.
Ma
è
chiaro
anche
per
i
diplomatici
inglesi
che
dal
1933
la
Germania
agisce
sulla
storia
contemporanea
attraverso
gli
scalmanati
delle
birrerie
.
Così
un
equivoco
formale
ha
retto
per
molti
anni
le
relazioni
fra
l
'
Europa
democratica
e
la
Germania
.
L
'
equivoco
fra
l
'
accademia
e
l
'
azione
diretta
,
fra
il
grido
di
rivincita
e
gli
uomini
che
per
la
rivincita
lavoravano
tranquillamente
in
silenzio
.
«
Invictis
victi
vestiti
»
,
scrivevano
i
tedeschi
sui
monumenti
.
E
anche
questo
gusto
per
l
'
epigrafe
latina
sembrava
in
quei
tempi
una
prova
del
loro
insuperato
accademismo
.
Altri
fatti
si
svolgevano
in
sottordine
,
che
parevano
non
interessare
le
diplomazie
.
Il
lavoro
paziente
di
riarmo
,
il
giuoco
delle
fabbriche
con
presunti
scopi
civili
,
tutta
la
tacita
organizzazione
per
la
nuova
vittoria
appartengono
alla
storia
politica
e
ormai
sono
noti
al
pubblico
.
Ma
quella
che
interessa
a
noi
è
la
sorte
degli
uomini
;
almeno
di
un
gruppo
di
uomini
che
a
un
certo
punto
trovò
chiusa
la
propria
strada
e
disperso
e
abbattuto
il
mondo
dei
propri
interessi
:
i
militari
tedeschi
.
Alcuni
evidentemente
si
diedero
all
'
avventura
.
La
repubblica
del
dopoguerra
era
il
paese
ideale
per
le
più
disordinate
aspirazioni
;
e
le
bande
di
guerrieri
baltici
,
le
comunità
di
mistici
della
tradizione
,
i
raggruppamenti
reazionari
raccolsero
questa
marea
di
disoccupati
.
Ma
la
parte
più
adulta
cercò
una
via
pacifica
per
sopravvivere
.
Gli
ufficiali
effettivi
divennero
maestri
di
scuola
,
diedero
lezioni
di
inglese
e
si
occuparono
di
commercio
con
la
stessa
ostinata
sicurezza
con
cui
avevano
compiuto
il
loro
primo
servizio
;
soprattutto
con
la
persuasione
di
lavorare
per
la
Germania
.
E
su
questa
via
avrebbero
dato
probabilmente
il
meglio
delle
loro
forze
;
avrebbero
mostrato
cosa
significa
per
l
'
Europa
quell
'
enorme
riserva
che
essi
chiamano
con
orgoglio
il
lavoro
tedesco
.
Solo
una
serie
di
sbagli
da
parte
degli
avversari
e
il
corso
tetro
e
vertiginoso
della
storia
europea
del
dopoguerra
potevano
indurli
a
tornare
con
tanta
rapidità
sul
terreno
che
si
erano
scelto
in
principio
.
Non
fu
necessario
aspettare
il
solito
salto
delle
generazioni
;
gli
stessi
uomini
,
invecchiati
,
ripresero
le
uniformi
di
guerra
e
alcuni
di
loro
,
lasciati
gli
uffici
e
le
occupazioni
degli
anni
di
attesa
,
accettarono
le
bande
rosse
di
ufficiali
di
stato
maggiore
,
si
sedettero
a
un
tavolo
di
comando
,
e
in
tre
settimane
liquidarono
il
piccolo
Belgio
,
Gamelin
e
il
suo
Quartier
generale
,
e
il
corpo
di
spedizione
del
visconte
Gort
.
Vicenda
sconcertante
e
non
ancora
conchiusa
per
gli
individui
;
a
cui
nemmeno
i
consueti
ricordi
napoleonici
danno
un
paragone
valido
.
Ma
ora
,
ripensando
alla
sorte
di
questi
uomini
,
viene
spontanea
una
domanda
.
Cosa
sarà
di
una
classe
che
non
era
meno
orgogliosa
e
compatta
della
casta
militare
tedesca
,
di
quella
«
France
militaire
»
che
occupava
i
cuori
dei
buoni
repubblicani
,
anche
quando
la
Camera
e
la
stampa
riesumavano
contro
i
generali
vecchi
argomenti
polemici
?
Cosa
sarà
del
nostro
amico
Jean
,
che
era
devoto
alle
accademie
e
credeva
in
Saint
-
Cyr
?
Il
problema
di
questi
uomini
è
serio
.
Il
sottotenente
Jean
,
il
quale
una
volta
ha
giurato
di
servire
le
istituzioni
della
repubblica
,
su
quale
istituzione
terrà
fermo
?
Tutta
la
sua
geografia
era
costruita
intorno
ad
alcuni
punti
fissi
,
ad
alcuni
nomi
.
Gamelin
,
il
vecchio
ufficiale
di
Joffre
,
era
il
più
illustre
;
altri
nomi
saranno
bastati
un
giorno
a
incutergli
il
severo
rispetto
del
grado
:
Corap
,
Giraud
.
Erano
i
capi
,
allora
,
e
dei
capi
non
era
lecito
dubitare
a
un
giovane
sottotenente
,
ma
solo
a
parlamentari
corrotti
e
incompetenti
.
Ora
questo
scheletro
è
precipitato
.
Gamelin
è
sotto
inchiesta
,
i
generali
travolti
;
il
giovane
colonnello
di
stato
maggiore
che
rappresentava
con
particolari
qualità
«
l
'
Armée
future
»
è
condannato
a
morte
in
contumacia
.
Potranno
rialzarsi
i
più
giovani
da
questa
scossa
e
ripristinare
i
valori
a
cui
si
affidavano
?
E
quali
saranno
le
vie
per
giungere
a
una
così
ardua
rigenerazione
?
Jean
saprà
risponderci
;
se
a
quest
'
ora
egli
non
ozia
in
un
campo
di
qualche
cittadina
tedesca
o
non
è
da
molto
tempo
caduto
sulla
Somme
o
sull
'
Aisne
con
al
petto
uno
dei
distintivi
che
portano
il
motto
e
lo
stendardo
dei
reggimenti
di
Francia
.
Questa
vicenda
individuale
,
si
è
detto
,
non
è
nuova
.
Ma
alcune
considerazioni
di
carattere
militare
sono
ora
fresche
e
valide
,
piene
di
insegnamenti
Quando
i
professori
di
ginnastica
diventarono
colonnelli
di
stato
maggiore
,
e
gli
ex
sottufficiali
presero
il
comando
dei
corpi
d
'
armata
celeri
,
i
capi
delle
varie
accademie
militari
in
Europa
guardarono
con
molta
commiserazione
ai
nuovi
quadri
dell
'
esercito
tedesco
.
Qualche
ufficiale
poteva
ancora
portare
con
sé
l
'
educazione
dello
stato
maggiore
di
Ludendorff
,
e
i
giovani
formati
dal
nazismo
erano
certamente
preparati
;
ma
i
quadri
vitali
,
la
massa
degli
ufficiali
superiori
e
generali
si
potevano
giudicare
insufficienti
.
La
radice
di
un
giudizio
così
sicuro
è
facile
a
ritrovare
in
un
solo
punto
:
la
formazione
accademica
di
certe
classi
militari
.
In
tutti
gli
scritti
che
sono
apparsi
sulla
campagna
di
Francia
l
'
evidenza
di
alcuni
fatti
ampiamente
riconosciuta
urta
ancora
contro
una
terminologia
legata
a
vecchie
abitudini
,
difficile
da
sopprimere
.
I
tedeschi
possono
vincere
tutte
le
battaglie
che
vogliono
;
ai
critici
militari
d
'
Europa
non
sarà
mai
chiaro
perché
i
capi
dell
'
esercito
francese
,
uomini
formati
alla
scuola
di
Foch
e
di
Joffre
,
hanno
perduto
la
guerra
.
Un
articolo
recente
di
Pertinax
,
dedicato
a
Gamelin
e
apparso
su
una
grande
rivista
americana
,
porta
a
questo
problema
dei
generali
elementi
notevoli
d
'
informazione
e
un
giudizio
che
in
linea
di
massima
è
da
condividere
.
E
insieme
rivela
per
vari
trapassi
di
linguaggio
l
'
evoluzione
che
alcune
idee
hanno
subito
nella
mente
di
un
uomo
certo
informato
e
capace
.
«
Ottimi
generali
sono
stati
alla
testa
dell
'
esercito
tedesco
dal
1919
a
oggi
»
;
dice
a
un
certo
punto
Pertinax
,
e
cita
von
Seeckt
,
von
Hammerstein
,
von
Fritsch
.
«
Nessuno
di
loro
vi
è
rimasto
.
Nessuno
di
loro
,
una
volta
dimesso
è
stato
richiamato
»
.
Questo
è
appunto
il
fatto
essenziale
.
Von
Fritsch
era
certo
un
ottimo
generale
;
ma
era
ottimo
com
'
è
ottimo
Weygand
,
e
probabilmente
non
avrebbe
battuto
Weygand
.
Aveva
al
suo
attivo
un
eccellente
passato
e
tutti
i
requisiti
per
comandare
degnamente
un
esercito
.
Invece
è
morto
(
è
stato
detto
)
come
un
oscuro
ufficiale
combattendo
a
fianco
del
suo
reggimento
in
Polonia
.
Altri
sono
caduti
presto
nella
triste
dimenticanza
che
avvolge
i
generali
della
riserva
.
Nel
gennaio
del
1938
,
quando
Hitler
eliminò
bruscamente
alcuni
dei
capi
militari
del
Reich
(
fra
cui
appunto
von
Fritsch
)
,
si
disse
da
più
parti
ch
'
era
un
suicidio
e
che
i
nazionalsocialisti
si
tagliavano
le
gambe
da
soli
.
Cosa
potevano
valere
i
generali
quasi
ignoti
sostenuti
dal
partito
?
La
questione
è
rimasta
sospesa
per
due
anni
;
ora
è
risolta
definitivamente
dal
corso
delle
vicende
militari
.
I
non
persuasi
possono
formulare
solo
ipotesi
di
terzo
grado
:
cosa
sarebbe
avvenuto
se
...
Così
come
sono
andate
sinora
le
cose
,
i
generali
di
questa
guerra
saranno
Keitel
,
Brauchitsch
,
List
o
chi
sta
dietro
a
loro
.
E
a
von
Fritsch
si
potranno
dedicare
solo
pagine
commoventi
come
quelle
che
si
dedicano
al
generale
Hoche
.
Il
quale
era
la
spada
della
repubblica
e
se
fosse
vissuto
avrebbe
fermato
Napoleone
;
ma
ebbe
la
sventura
di
morire
giovane
e
non
fermò
Napoleone
.
Chi
era
Gamelin
di
fronte
a
simili
avversari
?
Egli
era
un
uomo
di
grande
intelligenza
,
secondo
il
parere
di
quasi
tutti
i
tecnici
che
lo
hanno
avvicinato
;
un
uomo
dotato
di
una
sicura
capacità
di
giudizio
e
di
un
'
autorità
tale
da
fargli
presiedere
naturalmente
le
più
importanti
riunioni
d
'
Europa
.
L
'
irresolutezza
latente
del
suo
carattere
non
preoccupava
ministri
come
Daladier
,
la
cui
fama
di
energia
e
di
vigore
si
appoggiava
soprattutto
a
discorsi
vibrati
e
a
qualche
atto
di
violenza
in
materia
di
politica
sociale
.
A
dire
il
vero
Gamelin
non
fu
mai
considerato
con
molto
entusiasmo
da
Paul
Reynaud
,
ma
quando
Reynaud
salì
al
potere
i
tempi
erano
già
precipitosi
.
Quello
che
si
vorrebbe
ribadire
ora
è
che
la
presenza
di
Gamelin
a
capo
di
tutte
le
forze
combattenti
francesi
non
fu
certo
il
fattore
determinante
della
sconfitta
.
I
difetti
personali
del
generalissimo
influirono
in
modo
sensibile
sul
corso
delle
operazioni
;
ma
un
peso
altrimenti
importante
ebbero
difetti
che
non
erano
dell
'
uomo
Gamelin
,
bensì
del
sistema
di
cui
egli
faceva
parte
.
È
quella
che
si
è
indicata
prima
come
formazione
accademica
.
Accademia
significa
soprattutto
conservazione
di
valori
tramandati
.
E
tale
compito
,
che
può
essere
difficile
e
alto
in
tempi
di
cauta
elaborazione
,
diventa
pericoloso
in
epoche
che
sono
attraversate
da
nuovi
principî
,
come
,
per
la
tecnica
della
guerra
,
tra
il
1918
e
il
1940
.
Questo
ormai
lo
sa
chi
scrive
,
lo
sa
chi
legge
,
lo
sanno
tutti
,
insomma
.
Ma
fino
alla
primavera
1940
tale
convinzione
era
molto
meno
diffusa
.
Nel
campo
militare
,
educazione
accademica
voleva
dire
fede
nel
principio
della
difensiva
,
e
in
Francia
fede
nella
linea
Maginot
.
E
si
deve
riconoscere
che
una
simile
disposizione
d
'
animo
non
era
proprio
solo
di
Gamelm
:
era
divisa
da
Weygand
,
era
divisa
da
Pétain
.
Quando
uscì
un
libro
del
generale
Chauvineau
intitolato
:
Une
invasion
est
-
elle
encore
possible
?
,
che
considerava
appunto
il
problema
di
un
nuovo
attacco
tedesco
e
concludeva
per
i
sicuri
vantaggi
di
un
sistema
difensivo
,
a
tutti
fu
dato
leggere
una
prefazione
firmata
Pétain
e
pienamente
d
'
accordo
.
Il
libro
di
De
Gaulle
sulla
guerra
futura
fu
accolto
con
curiosità
dallo
Stato
Maggiore
,
secondo
Pertinax
,
ma
in
fondo
non
convinse
nessuno
.
E
Weygand
lo
rimandò
indietro
con
una
nota
fredda
e
cortese
:
«
Mi
ha
molto
interessato
,
ma
non
sono
d
'
accordo
»
.
Questo
l
'
atteggiamento
unanime
degli
alti
gradi
militari
nella
Francia
d
'
anteguerra
.
E
non
era
che
il
riflesso
su
una
data
mentalità
di
stati
d
'
animo
più
diffusi
,
il
sintomo
del
grave
ritardo
con
cui
la
repubblica
di
Albert
Lebrun
seguiva
la
storia
concitata
del
secolo
.
Una
di
quelle
mediocri
frasi
che
fanno
fortuna
in
tempi
di
crisi
,
«
perdere
l
'
autobus
»
,
è
applicata
ora
a
volta
a
volta
,
e
con
esito
disuguale
,
dagli
inglesi
ai
tedeschi
e
dai
tedeschi
agli
inglesi
.
In
realtà
,
l
'
unico
paese
che
aveva
irreparabilmente
perduto
l
'
autobus
era
la
Francia
.
La
Francia
dei
militari
e
dei
borghesi
,
delle
rivendicazioni
sociali
e
dell
'
impero
africano
.
Quando
si
è
cercato
un
solo
motivo
a
cui
congiungere
queste
diverse
aspirazioni
,
nulla
è
parso
utile
.
Non
il
tema
della
nazionalità
che
in
questa
guerra
sembra
avere
una
parte
sempre
più
secondaria
.
Non
la
coscienza
di
difendere
un
interesse
acquisito
(
un
diritto
,
in
altre
parole
,
un
ordinamento
giuridico
)
,
che
sostiene
valide
e
unite
le
forze
dell
'
Impero
britannico
.
Soprattutto
non
la
fede
in
quei
principî
a
cui
solo
si
può
richiedere
da
una
nazione
moderna
il
sacrificio
della
vita
e
della
salute
dei
propri
sudditi
.
La
mistica
della
repubblica
,
a
cui
si
afferrava
disperatamente
Péguy
,
da
molto
tempo
aveva
lasciato
il
suolo
di
Francia
.
Quei
diritti
che
egli
citava
con
un
continuo
entusiasmo
:
«
quel
diritto
di
voto
che
ora
è
così
facile
per
voi
combattere
e
deridere
,
ma
per
cui
altri
uomini
sono
morti
,
quel
gesto
comune
dell
'
urna
per
cui
malati
esausti
si
sono
alzati
dai
loro
letti
mossi
dalla
sola
volontà
di
realizzare
il
diritto
...
»
Tutte
queste
erano
parole
inevitabilmente
superate
dall
'
esperienza
recente
.
La
mistica
della
repubblica
non
si
alimenta
di
compromessi
.
E
quale
compromesso
più
palese
di
quello
che
fu
posto
alla
base
del
regime
Pétain
:
salvare
insieme
la
pace
dei
«
foyers
»
normanni
e
l
'
integrità
dell
'
impero
?
La
Francia
sconfitta
poteva
essere
travolta
da
una
crisi
e
scoprire
tuttavia
un
paese
più
profondo
,
un
suolo
meno
colpito
nelle
sue
virtù
produttive
.
In
altri
tempi
,
questi
trapassi
si
erano
svolti
sotto
il
segno
miracoloso
dei
santi
di
Francia
.
Ma
ora
né
santa
Giovanna
,
né
santa
Genoveffa
potevano
rigenerare
il
loro
popolo
:
solo
quelle
robuste
crisi
che
hanno
scosso
altri
popoli
moderni
sul
loro
cammino
.
E
ancora
una
volta
si
è
creduto
nell
'
intervento
personale
,
nel
gesto
della
Madonna
di
Lourdes
e
nella
gloria
senile
di
un
uomo
.
Ma
solo
cronisti
molto
più
ingenui
e
infelici
dei
vecchi
maestri
medioevali
,
storici
della
forza
del
signor
di
Montigny
potevano
credere
sul
serio
che
a
salvare
la
Francia
caduta
bastassero
le
forze
di
Pierre
Laval
,
senatore
della
Senna
.
Così
la
vecchia
struttura
sopravvive
malata
e
resistente
.
Sopravvive
il
vecchio
costume
che
ha
assunto
una
nuova
autorità
,
ora
che
l
'
abito
verde
è
salito
al
più
alto
seggio
della
repubblica
nella
persona
del
maresciallo
Pétain
.
«
Philippe
Pétain
Chef
de
l
'
État
»
,
sta
scritto
sulle
monete
.
Potrebbero
anche
metterci
,
piccolo
piccolo
,
«
de
l
'
Académie
Française
»
.
E
sotto
un
così
alto
simbolo
la
vita
accademica
ha
ripreso
nella
Francia
del
dopoguerra
un
vigore
che
non
si
aspettava
.
Tutti
ne
sono
partecipi
in
qualche
modo
:
gli
intellettuali
che
lealmente
riconoscono
la
loro
responsabilità
di
fronte
alla
guerra
,
gli
uomini
politici
che
costituiscono
partiti
,
vuoi
di
raggruppamento
,
vuoi
d
'
isolamento
,
e
soprattutto
i
giudici
e
gli
imputati
della
surreale
corte
di
Rion
.
I
giudici
condannano
a
morte
i
contumaci
con
la
più
alta
tranquillità
,
ma
per
evitare
disordini
si
astengono
dal
giudicare
i
presenti
.
Gli
imputati
trascorrono
il
loro
tempo
nella
lettura
e
nella
meditazione
e
sono
stranamente
simili
a
quei
coetanei
di
La
Rochefoucauld
che
vivevano
perduti
nel
ricordo
di
un
ordine
antico
dove
tutto
era
aperto
all
'
intrigo
e
al
giuoco
delle
qualità
personali
,
e
il
giuramento
prestato
alla
regina
scioglieva
da
quello
prestato
al
re
.
Spettacolo
triste
nella
sua
indecisione
,
come
sarebbe
tragico
e
doloroso
se
mai
dovesse
volgersi
al
serio
.
Anche
lì
,
tra
quegli
uomini
,
vi
sono
alcune
visibili
differenze
.
Così
l
'
unico
governante
non
accademico
che
abbia
avuto
la
Francia
negli
ultimi
tempi
,
Paul
Reynaud
,
si
distingue
dai
compagni
per
la
sua
attività
giovanile
.
E
mentre
gli
altri
scrivono
le
loro
memorie
o
leggono
Boezio
,
egli
si
esercita
,
a
quanto
si
dice
,
al
salto
della
siepe
.
Scuola
di
indubbio
vigore
per
un
uomo
di
cinquant
'
anni
e
,
se
si
vuole
,
esercizio
pieno
di
significati
allusivi
.
XV
.
L
'
allegoria
del
sentimento
Conversazione
in
Sicilia
.
Da
parte
degli
uomini
liberi
,
di
coloro
cioè
che
nutrono
la
loro
presunzione
di
una
totale
assenza
di
confronti
,
ricorrono
accuse
alla
nostra
letteratura
;
e
si
definisce
un
mondo
chiuso
e
mediocre
dove
il
denaro
regola
le
ambizioni
e
le
giovani
personalità
sono
soffocate
con
terrore
asiatico
.
Il
problema
delle
giovani
personalità
angustia
in
particolare
il
crescere
dell
'
ultima
generazione
.
Questa
visione
è
soltanto
pittoresca
,
ed
è
chiaro
che
un
simile
bakuninismo
della
cultura
non
ha
grandi
ragioni
a
suo
vantaggio
oltre
la
personale
impazienza
degli
autori
che
lo
proclamano
.
Pure
la
struttura
attuale
della
nostra
società
letteraria
giustifica
in
certo
modo
il
sorgere
di
tali
leggende
,
e
il
vigore
polemico
con
cui
si
difendono
alcune
posizioni
raggiunte
accresce
la
distanza
fra
i
gruppi
,
determina
un
incolmabile
vuoto
.
A
Firenze
,
a
Milano
e
a
Roma
i
giovani
che
hanno
rappresentato
in
questi
anni
un
tentativo
di
ricerca
letteraria
indipendente
si
trovano
naturalmente
isolati
contro
la
sorpresa
del
pubblico
e
l
'
ostilità
rigorosa
di
altre
attitudini
critiche
.
Nasce
da
questo
contrasto
un
senso
di
solidarietà
che
li
stringe
su
interessi
comuni
ed
eccita
la
parte
avversa
all
'
uso
di
termini
spregiativi
quali
setta
,
consorteria
e
camorra
.
Accuse
evidentemente
di
futile
peso
.
Ma
quella
solidarietà
,
se
non
ha
origini
massoniche
come
presume
una
parte
dell
'
opinione
pubblica
,
induce
certo
il
germe
di
altri
pericoli
:
la
beatitudine
critica
e
la
tendenza
all
'
indiscriminazione
.
Ignara
delle
nuove
norme
di
guerra
la
giovane
letteratura
avanza
come
la
falange
macedone
,
in
ordine
chiuso
,
portando
avanti
un
certo
numero
di
inetti
e
di
disertori
sostenuti
dalla
fiducia
generale
.
E
il
vero
pericolo
di
una
cultura
orientata
in
questo
senso
non
risiede
nel
sostituire
le
nebbie
del
Nord
alla
tradizione
solare
,
ma
nel
difendere
,
protetto
dalle
nebbie
del
Nord
,
l
'
assoluto
cretino
accanto
allo
scrittore
dotato
.
La
prosperità
dei
cretini
non
è
diminuita
infatti
col
sorgere
di
una
letteratura
che
richiede
alla
sua
base
un
più
complesso
esercizio
.
Questo
preambolo
doveva
solo
servire
qui
a
isolare
un
libro
che
vorremmo
difendere
dalla
confusione
polemica
perché
,
portandosi
subito
oltre
la
«
terra
di
nessuno
»
dei
programmi
e
delle
esperienze
,
si
aggiunge
al
nostro
patrimonio
reale
,
crea
miti
e
figure
che
,
vivi
ora
al
nostro
sentimento
,
entreranno
per
questa
porta
nella
storia
della
recente
poesia
.
È
il
romanzo
che
uscì
sulla
rivista
«
Letteratura
»
sotto
il
conteso
titolo
di
Conversazione
in
Sicilia
e
che
ora
dal
nome
di
un
breve
racconto
che
lo
precede
si
chiama
Nome
e
lagrime
.
Nome
e
lagrime
dura
il
giro
di
poche
pagine
,
è
un
racconto
inquieto
e
sensibile
dove
le
immagini
si
succedono
con
la
rapida
tristezza
delle
apparenze
e
hanno
la
stessa
futile
attrattiva
.
La
corsa
nella
città
dietro
l
'
occhio
rosso
del
gasogeno
,
la
presenza
ambigua
di
una
ragazza
di
cui
non
si
saprà
il
nome
bastano
a
suscitare
l
'
angoscia
che
penetra
ogni
parola
del
giuoco
.
I
tempi
di
Nome
e
lagrime
hanno
la
durata
esatta
del
balletto
,
le
sue
immagini
lo
stesso
penetrante
nitore
.
Tuttavia
per
questa
assoluta
simultaneità
di
movimenti
quelle
pagine
sono
alla
conclusione
di
una
maniera
di
Vittorini
,
definiscono
un
poco
la
sua
recente
esperienza
formale
.
E
per
questo
crediamo
sia
bene
leggerle
dopo
quel
libro
profondamente
imperfetto
e
pieno
di
terribili
astrattezze
che
è
Conversazione
in
Sicilia
.
«
Io
ero
quell
'
inverno
in
preda
ad
astratti
furori
»
.
Così
comincia
la
prima
parte
di
Conversazione
in
Sicilia
,
il
viaggio
«
nel
cuore
puro
della
Sicilia
»
,
l
'
evocazione
di
un
paese
che
non
vuol
essere
paragonato
ad
alcuna
immagine
terrestre
e
che
proprio
da
questa
sua
distanza
trae
una
singolare
verità
.
«
La
quiete
nella
non
speranza
»
,
il
primo
stadio
del
dolore
virile
,
avvia
il
libro
alle
sue
tristi
avventure
,
e
il
corrispondente
di
questa
condizione
umana
è
una
ammirevole
prosa
che
introduce
lo
stile
di
Vittorini
:
«
Pioveva
intanto
e
passavano
i
giorni
,
i
mesi
,
e
io
avevo
le
scarpe
rotte
,
l
'
acqua
che
mi
entrava
nelle
scarpe
,
e
non
vi
era
più
altro
che
questo
:
pioggia
,
massacri
sui
manifesti
dei
giornali
,
e
acqua
nelle
mie
scarpe
rotte
,
muti
amici
,
la
vita
in
me
come
un
sordo
sogno
,
e
non
speranza
,
quiete
»
.
(
Più
tardi
nel
libro
altri
esempi
di
questa
felice
oratoria
confermeranno
il
valore
concreto
della
prosa
di
Vittorini
)
.
In
quel
viaggio
si
annunziano
intanto
i
primi
simboli
del
paese
Sicilia
:
«
un
po
'
di
malaria
un
po
'
di
tisi
»
,
e
a
sopportarli
intervengono
le
prime
figure
umane
.
Sono
uomini
poveri
e
donne
avvolte
negli
scialli
,
«
siciliani
con
la
visiera
del
berretto
molle
sul
naso
»
,
ma
i
loro
gesti
rigidi
e
le
parole
astratte
(
dicano
New
York
,
dicano
pesceduovo
)
introducono
sicuramente
all
'
allegoria
.
Occorrerà
qui
spiegare
questa
parola
bizzarra
;
ma
nessun
'
altra
potrebbe
definire
il
rapporto
esatto
che
corre
fra
le
figure
del
romanzo
e
la
passione
poetica
che
le
agita
.
In
nessun
libro
recente
il
dolore
o
l
'
angoscia
,
il
dato
umano
insomma
,
che
è
all
'
origine
della
creazione
,
sono
apparsi
così
evidenti
,
meno
oscurati
dalla
trama
letteraria
.
E
per
questo
Conversazione
in
Sicilia
ha
un
valore
assoluto
di
allegoria
,
unica
allegoria
possibile
del
sentimento
,
discorso
in
cui
gli
uomini
e
le
cose
portano
segni
a
noi
familiari
e
tuttavia
sono
sempre
molto
remoti
,
oltre
i
limiti
della
cronaca
.
Certo
,
per
accettare
un
termine
così
antico
occorrerà
togliergli
qualunque
significato
informativo
:
allegorici
sono
i
personaggi
di
Vittorini
non
come
i
monumenti
della
città
di
Torino
,
ma
come
le
figure
di
Alice
nel
paese
delle
meraviglie
,
per
fare
un
nome
a
caso
,
come
gli
attori
del
melodramma
o
i
personaggi
di
un
ideale
teatro
shakesperiano
.
A
quest
'
ultimo
paragone
teatrale
riconducono
del
resto
alcuni
tecnici
,
come
quel
gran
finale
dove
tutte
le
figure
sono
radunate
sotto
la
grande
statua
di
donna
e
ciascuna
riprende
il
proprio
discorso
nell
'
affermazione
conclusiva
.
L
'
ultima
scena
risente
forse
,
nella
pesantezza
dei
simboli
,
di
un
gusto
un
po
'
carico
e
diminuito
:
così
l
'
episodio
finale
del
padre
,
che
ricorda
i
sogni
arbitrari
dei
romantici
.
Ma
poco
prima
sono
le
pagine
più
intense
del
libro
,
il
colloquio
col
soldato
morto
e
l
'
improvviso
rivelarsi
del
dono
più
puro
di
Vittorini
,
quella
immediata
evocazione
di
miti
che
i
gesti
più
semplici
risolvono
nella
verità
quotidiana
.
(
«
Insomma
la
volete
o
no
?
-
gridai
.
-
La
voglio
,
la
voglio
,
-
il
soldato
rispose
»
)
.
Altrove
le
stesse
felici
illuminazioni
ricorrono
nelle
pagine
più
oscure
del
libro
,
traversano
tutta
quella
parte
centrale
dove
temi
ricchi
e
preziosi
si
alternano
con
altri
di
incerta
interpretazione
.
E
dovunque
lo
stesso
accento
di
verità
batte
sulle
parole
che
ricordano
l
'
assunto
lontano
del
libro
:
il
dolore
del
«
mondo
offeso
»
e
la
presenza
di
«
nuovi
doveri
»
.
«
Non
fu
sul
campo
che
morirono
i
suoi
Gracchi
»
,
dice
la
madre
al
figlio
salutandolo
dopo
i
loro
strani
colloqui
.
E
questo
commiato
inatteso
è
una
delle
chiavi
possibili
per
capire
il
molto
tenebroso
che
in
questo
libro
,
come
nel
secondo
Faust
,
l
'
autore
ha
messo
deliberatamente
.
Ma
decifrare
non
è
indispensabile
a
un
lettore
ingenuo
.
Leggere
basterà
a
chi
voglia
seguire
il
corso
poetico
della
vicenda
,
scoprire
un
mondo
che
è
vivo
e
puro
ai
confini
non
mutabili
della
fantasia
e
della
memoria
.
Altri
diranno
ora
dei
rapporti
che
pongono
quest
'
opera
nel
cielo
astratto
della
poesia
.
A
noi
piace
concludere
una
volta
con
il
nobile
rischio
del
giudizio
letterario
.
E
così
per
finire
un
discorso
incominciato
vorremmo
dire
che
il
romanzo
di
Vittorini
è
un
libro
molto
importante
per
la
nuova
letteratura
.
Il
più
importante
forse
che
sia
venuto
nelle
nostre
mani
da
quando
ci
portarono
,
con
una
bella
ape
disegnata
sopra
,
il
volume
scuro
delle
Occasioni
:
poesie
di
E
.
Montale
.
XVI
.
Contro
i
miti
romantici
Il
nuovo
romanticismo
.
Le
questioni
male
impostate
hanno
sempre
uno
straordinario
successo
e
in
definitiva
sono
il
mezzo
più
utile
per
giudicare
del
proprio
atteggiamento
e
delle
idee
altrui
.
Così
su
questa
rivista
è
nato
un
seguito
di
note
assai
vive
su
un
argomento
in
origine
scialbo
e
ozioso
quale
era
quello
del
«
nuovo
romanticismo
»
.
A
un
titolo
di
questo
genere
non
si
può
non
opporre
una
prima
obiezione
di
carattere
formale
:
romanticismo
è
un
termine
che
ha
una
accezione
storica
precisa
.
Col
tempo
si
è
formato
poi
intorno
a
questa
parola
un
alone
discreto
;
romantico
e
romanticismo
hanno
preso
a
significare
cose
diverse
e
fantastiche
come
avviene
di
tutti
i
vocaboli
che
dal
linguaggio
dottrinale
passano
all
'
uso
volgare
e
acquistano
in
colore
e
varietà
quanto
perdono
in
determinatezza
.
Ora
,
una
discussione
che
abbia
qualche
pretesa
culturale
non
può
adoperare
la
parola
«
romanticismo
»
come
l
'
adoperano
gli
industriali
del
cinema
per
i
loro
compiti
pubblicitari
(
e
parlano
di
una
giovane
attrice
dotata
di
temperamento
«
romantico
e
sensibile
»
)
.
È
se
mai
l
'
errore
da
evitare
con
più
cura
.
Invece
mi
pare
che
questa
contaminazione
non
fosse
del
tutto
lontana
dall
'
animo
di
Angioletti
quando
,
in
termini
di
amabile
dilettantismo
,
egli
sollevò
la
questione
.
Un
vento
leggero
come
il
favonio
gli
pareva
apportatore
di
una
nuova
vita
spirituale
e
alcuni
segni
egli
vedeva
già
impressi
sull
'
opera
dei
maggiori
fra
i
nostri
scrittori
viventi
.
Io
non
credo
che
il
favonio
,
per
esempio
,
di
Ungaretti
,
susciti
mai
più
che
una
leggera
increspatura
sul
mare
dei
sentimenti
contemporanei
(
la
responsabilità
di
questa
immagine
ricade
tutta
su
Angioletti
che
ha
incominciato
)
.
Ma
,
a
parte
questa
riduzione
del
quadro
visivo
-
Angioletti
vede
grande
dove
io
vedo
piccolo
-
,
credo
di
riconoscere
il
suo
orientamento
e
di
apprezzarlo
.
Sviluppi
molto
diversi
ha
avuto
la
questione
portata
in
altri
campi
.
A
un
pacifico
voto
formulato
da
Manlio
Lupinacci
il
quale
domandava
per
la
generazione
futura
simpatia
umana
e
coraggio
morale
,
Galvano
della
Volpe
e
Mario
Alicata
hanno
risposto
con
due
vivaci
articoli
,
il
primo
avvertendo
che
la
civiltà
futura
in
quanto
civiltà
della
tecnica
non
ammette
coraggio
e
simpatia
ma
solo
lavoro
(
conclusione
che
sembra
piuttosto
malinconica
)
,
e
il
secondo
postulando
la
necessità
di
più
rigorose
esigenze
morali
.
Quindi
Spirito
in
un
articolo
molto
preciso
ha
esaminato
i
motivi
reazionari
che
perdurano
nell
'
Europa
contemporanea
,
e
poiché
egli
giudica
che
questi
motivi
siano
di
natura
illuministica
,
ha
invocato
a
superarli
un
nuovo
romanticismo
.
Ognuno
di
questi
scrittori
,
dunque
,
intende
a
modo
suo
il
termine
romanticismo
,
ma
tutti
sono
concordi
nell
'
auspicare
il
sorgere
di
un
nuovo
lievito
spirituale
che
modifichi
la
struttura
odierna
e
dia
all
'
Europa
l
'
ordine
di
cui
ha
bisogno
.
Io
non
mi
rendo
conto
chiaramente
di
questa
esigenza
;
o
meglio
,
non
vedo
perché
questa
rivoluzione
,
o
ritorno
,
debba
chiamarsi
romantica
;
tutte
le
mie
tendenze
mi
portano
se
mai
a
credere
il
contrario
e
a
combattere
nella
discendenza
romantica
il
primo
fattore
di
reazione
.
Inoltre
gli
scritti
che
ho
citato
e
in
particolare
i
primi
tre
hanno
accentuato
il
carattere
moralistico
della
disputa
:
a
me
preme
fissare
alcuni
aspetti
culturali
perché
chi
vuole
ne
tragga
poi
delle
conclusioni
attive
.
Innanzi
tutto
:
cos
'
è
il
romanticismo
per
noi
?
Io
penso
che
convenga
restringersi
al
significato
limitatamente
storico
della
parola
.
So
benissimo
che
è
possibile
tracciare
linee
di
contatto
all
'
infinito
e
stabilire
alberi
genealogici
simili
alla
quercia
di
Arturo
;
ma
in
questo
modo
si
disperde
soltanto
il
contenuto
delle
proprie
affermazioni
.
Così
non
sono
d
'
accordo
con
il
mio
amico
Alicata
quando
chiama
romantico
san
Bernardo
e
romantici
i
Vangeli
,
e
mi
pare
che
sia
anche
quello
un
indulgere
a
cattive
consuetudini
.
Di
fronte
all
'
esempio
storico
e
liberi
da
qualunque
categoria
arbitraria
sarà
forse
più
facile
venire
a
un
'
intesa
.
Le
derivazioni
romantiche
nella
nostra
vita
spirituale
sono
ora
così
complesse
e
intricate
che
è
in
certo
modo
impossibile
discriminarle
.
Ma
è
tuttavia
necessario
compiere
un
lavoro
di
vaglio
sulle
singole
esperienze
che
giorno
per
giorno
si
presentano
,
saggiarne
l
'
utilità
particolare
al
di
fuori
di
ogni
valutazione
complessiva
.
Così
i
frutti
buoni
del
romanticismo
,
quelli
che
hanno
un
sapore
vivo
per
noi
,
saranno
la
poesia
di
Keats
e
il
teatro
di
Kleist
,
la
filosofia
di
Schelling
e
la
musica
di
Schumann
.
Saranno
nell
'
ordine
politico
i
moti
rivoluzionari
che
vanno
dal
'21
al
'48
e
le
affermazioni
di
indipendenza
e
di
dignità
personale
che
svilupparono
i
teorici
del
liberalisimo
europeo
.
I
frutti
cattivi
(
per
noi
)
saranno
la
poesia
di
Byron
e
la
teoria
politica
di
Adam
Müller
,
il
vago
empito
religioso
che
accompagnò
tante
manifestazioni
del
secolo
scorso
e
la
parte
eccessiva
attribuita
alle
forze
incoscienti
e
in
genere
alla
sfera
dell
'
irrazionale
.
Sono
tutti
esempi
presi
a
caso
,
forse
reversibili
.
Comunque
,
si
tratti
di
ideologie
o
di
opere
realizzate
,
siamo
sempre
sul
piano
delle
tracce
concrete
,
dei
dati
esatti
.
Al
di
fuori
di
questa
che
è
l
'
eredità
storica
di
un
tempo
,
il
tempo
romantico
,
si
vuole
abbracciare
ora
uno
stato
d
'
animo
,
un
pathos
,
risuscitare
tutti
quei
fattori
imponderabili
che
preparano
lo
sfogo
,
«
l
'
éclosion
romantique
»
.
E
questa
tendenza
io
credo
che
si
debba
combattere
,
non
solo
perché
geneticamente
irrealizzabile
(
questo
lo
sa
bene
anche
chi
si
propone
un
tale
compito
)
ma
perché
falsa
e
oziosa
nei
suoi
motivi
.
Sono
proprio
i
residui
di
quel
pathos
romantico
il
più
grave
peso
morto
che
l
'
Europa
intellettuale
si
trascina
.
I
miti
romantici
splendono
con
tutto
il
loro
vigore
sul
nostro
cielo
;
e
romantici
sono
gli
idoli
a
cui
sacrifica
la
patte
più
corrotta
d
'
Europa
.
Di
fronte
a
questa
unanime
decadenza
la
Dea
Ragione
di
Robespierre
,
già
oggetto
di
molti
sarcasmi
,
appare
in
una
luce
nobile
e
calma
;
e
uomini
e
momenti
del
secolo
XVIII
dimenticati
o
condannati
come
antistorici
riprendono
la
loro
funzione
esemplare
.
La
tesi
di
Spirito
appare
così
capovolta
:
proprio
quei
temi
che
sembravano
a
lui
esauriti
e
disfatti
,
noi
pensiamo
che
una
generazione
più
giovane
possa
riprenderli
e
farne
il
cardine
di
un
'
opera
rivoluzionaria
.
S
'
intende
che
con
questo
giudizio
il
terreno
delle
considerazioni
storiche
è
abbandonato
,
e
si
passa
a
un
altro
problema
:
di
scelta
e
di
polemica
attiva
.
Il
problema
della
strada
da
scegliere
,
in
cui
le
soluzioni
individuali
hanno
un
peso
secondario
.
A
sostegno
della
mia
tesi
io
ho
solo
una
certa
esperienza
dei
miei
coetanei
;
un
'
esperienza
abbastanza
importante
perché
la
mia
generazione
(
quella
nata
fra
il
'10
e
il
'20
)
è
l
'
ultima
arrivata
alla
consapevolezza
e
in
questo
senso
quella
che
ha
in
mano
i
fili
.
So
che
è
difficile
determinare
le
pretese
e
i
compiti
di
una
generazione
prima
che
essa
sia
giunta
al
suo
punto
di
maturità
,
abbia
affrontato
le
circostanze
che
serviranno
a
definirla
.
Ma
sui
sintomi
che
fin
d
'
ora
si
annunziano
nei
migliori
e
nei
più
capaci
mi
pare
che
da
molte
parti
ci
si
inganni
.
Che
l
'
attuale
generazione
abbia
sete
di
trascendenza
,
di
lotta
col
demone
,
di
miti
eroici
e
di
sublimi
orrori
,
io
non
credo
.
Essa
lascia
ai
vecchi
intellettuali
delusi
questa
confusione
di
propositi
;
le
conversioni
religiose
e
il
distacco
dal
mondo
.
Posta
di
fronte
a
dei
problemi
vitali
,
educata
fra
avversità
precise
e
sensibili
,
l
'
ultima
generazione
non
ha
tempo
di
costruirsi
il
dramma
interiore
:
ha
trovato
un
dramma
esteriore
perfettamente
costruito
.
Solo
sfruttando
le
armi
di
questa
sua
esperienza
,
unendo
una
estrema
freddezza
di
giudizio
alla
volontà
tranquilla
di
difendere
la
propria
natura
,
essa
potrà
sfuggire
alla
condizione
di
servitù
che
si
prepara
per
le
minoranze
inutili
.
I
segni
di
questa
reazione
sono
ancora
lontani
;
ma
certo
non
bastano
a
ingannare
le
molte
prove
di
smarrimento
che
capitano
sotto
gli
occhi
(
perché
sono
appunto
prove
di
smarrimento
,
non
indice
di
un
qualsiasi
futuro
)
.
Gli
autori
politici
che
parlano
del
Mediterraneo
in
termini
spirituali
,
i
critici
letterari
che
scrivono
di
Eugenio
Montale
in
termini
agiografici
sono
gli
ultimi
mostri
di
un
tempo
che
ha
sofferto
molte
crisi
.
Il
rosso
crepuscolo
di
questi
dèi
non
riuscirà
a
commuoverci
,
quando
la
chiarezza
delle
idee
e
l
'
onestà
dei
propositi
avranno
ancora
una
volta
ragione
dei
mistici
,
dei
taumaturghi
e
dei
profeti
.
XVII
.
La
guerra
esperienza
subita
Wieckert
o
del
martirio
.
Da
una
letteratura
incerta
sui
dati
della
tradizione
e
in
gran
parte
soffocata
dall
'
impegno
politico
e
divulgativo
,
emergono
quegli
scrittori
che
una
vaga
disposizione
naturale
sorregge
nel
loro
lavoro
:
quelli
cioè
che
vedono
ancora
nella
poesia
un
dono
da
custodire
e
da
difendere
,
e
non
un
ufficio
da
assumere
di
fronte
al
pubblico
.
È
così
che
il
nome
di
Carossa
,
altrimenti
destinato
a
non
superare
una
breve
cerchia
di
ammiratori
,
sembra
oggi
rappresentare
i
valori
più
genuini
della
poesia
tedesca
.
Accanto
a
Carossa
una
posizione
particolare
in
quest
'
ordine
di
serietà
spetta
a
Ernst
Wiechert
,
i
cui
libri
trovano
in
Italia
accoglienza
sempre
più
favorevole
.
Dopo
La
signora
e
La
vita
semplice
pubblicati
da
Mondadori
e
La
serva
di
Doskocil
Jürgen
,
che
uscì
per
i
tipi
di
Sperling
e
Kupfer
,
è
ora
la
volta
di
Ognuno
,
romanzo
di
guerra
che
l
'
editore
Frassinelli
presenta
in
accurata
veste
tipografica
nella
buonissima
versione
di
Massimo
Mila
.
Ognuno
è
il
protagonista
del
libro
,
uno
dei
tanti
che
la
guerra
ha
colpito
nella
loro
sorte
giovanile
e
definitivamente
asservito
alle
proprie
leggi
,
staccandoli
da
ogni
altra
promessa
.
Questa
che
fu
l
'
esperienza
principale
della
generazione
di
Wiechert
e
che
è
poi
tornata
con
diversi
significati
nelle
pagine
e
nei
diari
dei
superstiti
,
ha
mantenuto
qui
il
suo
valore
originario
di
destino
,
avventura
individuale
.
Ogni
contatto
col
mondo
inteso
come
rapporto
polemico
o
tentativo
di
giudizio
è
evitato
da
Wiechert
con
la
cura
più
assidua
;
sembrerebbe
una
contaminazione
su
queste
pagine
a
cui
non
si
può
chiedere
altro
messaggio
che
quello
di
una
vaga
solidarietà
umana
.
Nella
sua
volontaria
abnegazione
è
il
pregio
principale
dello
scrittore
Wiechert
,
nell
'
avere
egli
rinunciato
all
'
opera
celebrativa
come
al
pamphlet
,
alla
vendetta
.
(
Molti
libri
di
guerra
sono
in
realtà
solo
vendette
)
.
Ma
in
questa
rinuncia
è
anche
il
suo
limite
:
e
chi
legge
vedrà
di
pagina
in
pagina
sfaldarsi
la
storia
e
l
'
umanità
dei
personaggi
svanire
dietro
un
leggero
velo
di
lagrime
.
In
realtà
Wiechert
non
è
un
narratore
.
È
un
uomo
capace
di
tenere
evocazioni
e
di
un
'
ammirevole
chiarezza
di
linguaggio
,
ma
non
si
preoccupa
affatto
di
sostenere
il
racconto
con
i
mezzi
più
elementari
.
È
uno
scrittore
a
tesi
,
secondo
una
formula
comune
,
ma
le
sue
sono
tesi
sentimentali
e
guardinghe
che
stentano
a
precisarsi
.
Così
la
tesi
di
questo
libro
è
il
dolore
,
il
dolore
dei
giovani
che
consumano
e
perdono
la
loro
età
,
il
dolore
delle
madri
,
il
dolore
delle
donne
.
Altri
hanno
elevato
su
queste
basi
meravigliose
costruzioni
polemiche
e
affrontato
i
più
ardui
argomenti
;
Wiechert
è
lontanissimo
da
un
impegno
di
questo
genere
:
a
lui
basta
condividere
l
'
esperienza
e
riconoscerne
le
ultime
ripercussioni
nell
'
animo
dei
protagonisti
.
I
personaggi
di
Ognuno
sostengono
la
loro
parte
con
il
martirio
,
non
con
un
qualsiasi
argomento
,
e
alla
fine
lasciano
il
lettore
incerto
sulla
loro
fisionomia
leggermente
ribelle
.
Questa
inclinazione
dell
'
autore
si
riconosce
del
resto
nella
stesura
del
libro
,
nel
suo
progressivo
staccarsi
da
ogni
interesse
concreto
.
Seguendo
una
rapidissima
deriva
passa
dalle
chiare
evocazioni
delle
prime
pagine
,
da
quelle
caserme
di
pace
dove
si
logora
la
giovinezza
dei
protagonisti
,
a
una
regione
di
mito
sempre
più
confusa
.
La
guerra
è
già
un
mito
nell
'
animo
dei
ragazzi
,
un
mito
assai
più
nobile
di
quello
che
propone
la
propaganda
ufficiale
,
ma
tuttavia
un
termine
irreale
e
distante
.
La
madre
,
la
madre
sposa
,
la
madre
amante
,
le
mani
,
i
flauti
,
le
notti
con
i
fili
d
'
erba
in
bocca
:
tutto
questo
tumulto
di
immagini
complementari
precipita
nella
seconda
metà
del
volume
e
soffoca
qualsiasi
libertà
di
parola
.
È
il
dannunzianesimo
dell
'
anima
,
la
tabe
essenziale
della
prosa
tedesca
moderna
.
Da
noi
quella
forma
di
eccitazione
sentimentale
ha
esaurito
la
propria
fortuna
nei
primi
anni
del
secolo
;
in
Germania
si
perpetua
con
un
'
incredibile
varietà
di
toni
e
di
argomenti
e
sembra
rispondere
a
una
necessità
dei
tempi
.
Il
destino
più
comune
dei
personaggi
letterari
tedeschi
è
dunque
quello
di
essere
creature
o
demiurghi
,
quasi
mai
uomini
.
Questo
sfuggire
alla
misura
umana
nella
rappresentazione
d
'
arte
mi
pare
un
segno
notevole
di
debolezza
,
certo
un
segno
assai
più
grave
di
quella
corruzione
che
si
voleva
riconoscere
in
altre
forme
d
'
arte
ormai
condannate
.
Qui
la
prova
più
certa
è
data
dalla
reazione
tipicamente
virile
,
dalla
reazione
al
fatto
politico
.
Tutte
le
volte
che
la
parola
«
patria
»
ritorna
nel
libro
è
un
diffondersi
di
lunghe
ripercussioni
.
Questi
personaggi
non
si
alzano
in
piedi
battendo
i
tacchi
come
avviene
nella
maggior
parte
dei
romanzi
tedeschi
contemporanei
.
Soffrono
o
sorridono
,
sanno
che
alcune
parole
devono
essere
pesate
ogni
volta
per
essere
comprese
,
e
finalmente
obbediscono
o
rinunciano
,
ma
sempre
in
una
curiosa
distanza
fantastica
.
Che
si
possa
andare
oltre
una
tale
separazione
di
fantasia
e
risalire
all
'
origine
dei
miti
per
discuterli
non
è
conciliabile
con
la
fede
di
Wiechert
.
E
questo
valutare
il
fatto
storico
e
politico
come
un
idolum
,
come
un
fatto
naturale
che
deve
essere
preso
nella
coscienza
ma
non
alterato
,
mi
pare
il
sintomo
più
grave
di
smarrimento
.
Un
seguito
di
smarrimenti
è
tutta
la
storia
di
questi
giovani
;
una
fitta
vicenda
spirituale
che
non
tocca
mai
i
limiti
della
personalità
individuale
.
La
guerra
e
i
suoi
simboli
sono
motivo
di
un
continuo
approfondimento
interiore
,
ma
non
si
vede
dove
questo
approfondimento
possa
portare
uomini
sforniti
di
ogni
centro
morale
.
Sensibili
e
accorti
,
essi
subiscono
le
esperienze
,
e
credono
così
di
assolvere
una
missione
;
non
si
accorgono
che
«
subire
»
l
'
esperienza
,
qualsiasi
esperienza
,
significa
colare
a
picco
.
Questa
digressione
,
s
'
intende
,
non
tocca
il
significato
letterario
dell
'
opera
di
Wiechert
.
Direi
anzi
che
le
cose
dette
sopra
confermano
la
sua
felice
disposizione
;
in
questa
totale
assenza
di
giudizio
è
il
primo
presupposto
di
una
pura
sensibilità
(
chi
vuole
può
anche
tradurre
vichianamente
in
termini
eletti
)
.
Ma
le
digressioni
non
sono
inutili
.
Soprattutto
quando
a
distrarre
dall
'
opera
letteraria
intervengono
elementi
così
forti
come
quelli
attuali
.
Qui
si
parlava
di
soldati
tedeschi
:
di
uomini
a
cui
è
impossibile
non
pensare
nelle
giornate
dell
'
agosto
1941
.
XVIII
.
Sul
disordine
ideologico
tedesco
Scrittori
tedeschi
.
Bonaventura
Tecchi
continua
a
svolgere
i
temi
di
una
narrativa
indipendente
e
personale
e
ha
dato
ancora
l
'
anno
scorso
con
Giovani
amici
una
prova
della
sua
freschezza
d
'
animo
e
della
sua
chiara
fantasia
.
Il
suo
valore
critico
restava
invece
consegnato
al
volume
su
Wackenroder
,
che
apparve
più
di
dieci
anni
fa
nelle
edizioni
di
Solaria
;
piace
ora
veder
raccolti
in
un
grosso
volume
edito
da
Parenti
i
saggi
e
gli
articoli
da
lui
dedicati
in
questi
ultimi
venti
anni
agli
scrittori
della
Germania
contemporanea
.
Il
libro
non
ha
pretese
di
rivelazione
critica
né
di
presentazione
organica
di
un
periodo
(
sulle
doti
più
mature
di
Tecchi
critico
illuminerà
meglio
il
secondo
volume
,
in
cui
sono
annunciati
cinque
lunghi
saggi
anch
'
essi
già
apparsi
su
riviste
di
studio
o
nati
dall
'
insegnamento
universitario
)
.
Qui
note
semplicemente
informative
e
recensioni
di
vario
impegno
si
alternano
a
brevi
saggi
in
cui
il
discreto
moralismo
di
Tecchi
illumina
aspetti
imprevisti
dell
'
opera
d
'
arte
.
La
nota
più
interessante
del
libro
mi
pare
che
sia
appunto
questa
:
la
reazione
costante
del
critico
sicuro
di
un
gusto
e
di
una
regola
umana
all
'
effusione
sentimentale
e
al
disordine
ideologico
di
una
letteratura
come
quella
tedesca
del
dopoguerra
,
a
cui
si
potrebbe
applicare
in
blocco
il
giudizio
che
Goethe
dava
di
Arnim
:
«
È
come
una
botte
senza
cerchi
che
perde
vino
da
tutte
le
parti
»
.
Perdeva
anche
del
buon
vino
;
ed
è
motivo
di
rammarico
che
tutto
quel
fermento
di
programmi
e
di
opere
non
sia
arrivato
a
una
pacificazione
naturale
.
Finita
di
morte
violenta
quella
letteratura
non
ha
lasciato
un
segno
delle
sue
ultime
intenzioni
e
una
traccia
precisa
da
seguire
.
Già
da
qualche
anno
la
nuova
poesia
tedesca
procede
infatti
su
strade
diverse
e
non
riconosce
alcuna
parentela
con
quella
che
l
'
ha
preceduta
.
Secondo
questo
schema
il
libro
di
Tecchi
si
può
dividere
in
due
parti
:
una
dedicata
agli
scrittori
di
Weimar
e
l
'
altra
a
quelli
del
terzo
Reich
.
La
prima
ha
più
un
andamento
di
cronaca
:
i
libri
e
gli
autori
vi
sono
avvicinati
secondo
motivi
spesso
occasionali
e
nelle
pagine
del
critico
interessa
soprattutto
l
'
attenzione
rivolta
a
qualche
fenomeno
di
massa
,
a
quelle
reazioni
psicologiche
e
di
gusto
che
sono
lo
sfondo
naturale
dell
'
epoca
.
Questa
parte
,
pur
felice
nei
suoi
svolgimenti
,
non
offre
quindi
dati
nuovi
per
la
soluzione
del
problema
a
cui
accennavo
prima
:
la
determinazione
dei
veri
valori
poetici
della
Germania
negli
anni
dal
'18
al
'33
.
Il
miglior
contributo
critico
che
si
può
ricavare
in
questo
senso
dai
saggi
di
Tecchi
è
se
mai
nei
limiti
che
egli
pone
ad
autori
di
più
vasta
fama
:
Werfel
,
Wassermann
,
Heinrich
Mann
.
Tutti
sono
considerati
con
molta
attenzione
;
e
di
quasi
tutti
si
scopre
il
difetto
emergente
,
quel
compromesso
con
le
ragioni
dell
'
arte
che
ha
finito
per
suscitare
intorno
alle
loro
opere
più
un
fervore
di
intelligenti
discussioni
che
il
calmo
silenzio
della
poesia
.
Del
resto
agisce
in
queste
pagine
anche
una
sottintesa
polemica
personale
;
e
da
uno
scrittore
così
poco
ideologico
come
è
Tecchi
è
giusto
aspettarsi
queste
esitazioni
e
queste
riserve
.
Più
decisamente
critico
il
tono
della
seconda
parte
del
volume
che
comprende
gli
scrittori
degli
ultimi
anni
.
Anche
qui
per
uno
studioso
straniero
il
primo
compito
è
quello
di
valutare
a
una
misura
di
intelligenza
e
di
civiltà
europee
i
tentativi
compiuti
in
Germania
.
E
Tecchi
assolve
con
giusta
severità
il
suo
compito
ricordando
le
pregiudiziali
dogmatiche
che
vietano
agli
scrittori
tedeschi
un
completo
abbandono
alla
loro
arte
.
Preoccupati
quasi
tutti
di
esprimere
un
ideale
non
solo
umano
ma
germanico
,
di
restituire
alla
sua
purezza
la
tradizione
nazionale
e
di
altre
istanze
ugualmente
fantastiche
,
essi
smarriscono
il
senso
delle
loro
possibilità
letterarie
.
L
'
equivoco
degli
scrittori
di
grandi
propositi
è
denunciato
con
molta
precisione
da
Tecchi
:
autori
come
Kolbenheyer
o
Grimm
suscitano
in
noi
la
stessa
impressione
di
disagio
che
si
ritrova
in
queste
pagine
,
e
alla
giovane
poesia
di
Gerhard
Schumann
nessuno
che
abbia
una
educazione
letteraria
moderna
può
prestar
fede
.
Così
è
facile
concludere
che
,
se
le
ambizioni
di
molta
letteratura
di
Weimar
sono
cadute
presto
nell
'
effimero
gusto
della
«
rivoluzione
permanente
»
,
il
ritorno
all
'
ordine
bandito
dagli
scrittori
del
terzo
Reich
ha
chiuso
in
un
'
aura
provinciale
alcune
delle
aspirazioni
più
generose
e
ha
obbligato
al
silenzio
i
non
conformisti
.
Tecchi
indica
con
mano
sicura
i
nomi
di
coloro
che
sfuggono
a
questa
scolorita
atmosfera
:
Jünger
,
Carossa
,
Wiechert
fra
i
prosatori
,
Britting
per
qualche
poesia
.
Si
può
sottoscrivere
quasi
interamente
a
questi
giudizi
e
insieme
constatarne
l
'
esattezza
attraverso
le
ripercussioni
che
la
qualità
dell
'
autore
ha
sulle
pagine
del
critico
.
Mentre
altrove
il
giudizio
di
Tecchi
appare
sommario
e
affrettato
proprio
per
una
mancanza
di
materia
da
penetrare
,
si
veda
come
il
suo
linguaggio
critico
si
fa
subito
pieno
quando
egli
ha
di
fronte
un
testo
ricco
di
possibilità
,
un
autore
per
cui
senta
qualche
affinità
elettiva
.
Per
quest
'
ultimo
carattere
vorrei
indicare
i
capitoli
su
Wiechert
e
le
pagine
molto
belle
su
Thomas
Mann
.
L
'
analisi
di
un
libro
così
importante
per
il
suo
tempo
come
è
Unordnung
und
frühes
Leid
è
condotta
da
Tecchi
con
una
leggerezza
di
mano
veramente
ammirevole
.
Del
resto
se
prima
ho
indicato
una
costante
nell
'
accorto
moralismo
di
Tecchi
recensore
,
vorrei
anche
rilevare
il
progresso
tecnico
che
si
riconosce
nel
corso
di
questo
libro
.
Dai
saggi
del
'24-25
agli
ultimi
del
'40
il
cammino
compiuto
dal
critico
è
grande
.
Non
resta
che
augurarsi
altre
prove
di
questa
maturità
di
giudizio
e
di
questa
chiarezza
ideale
,
raggiunte
da
Tecchi
in
venti
anni
di
continuo
e
disinteressato
esercizio
d
'
intelligenza
.
1942
XIX
.
L
'
esempio
di
Pisacane
Prefazione
al
Saggio
sulla
Rivoluzione
.
Per
la
maggior
parte
degli
italiani
il
nome
di
Carlo
Pisacane
non
suscita
altro
ricordo
che
quello
scolastico
e
vago
dell
'
impresa
di
Sapri
.
Ma
questo
episodio
rischia
di
non
essere
compreso
da
chi
volesse
vedervi
solo
il
gesto
disperato
di
un
ribelle
:
in
realtà
esso
fu
la
conclusione
di
una
vita
governata
da
ideali
concreti
,
tutta
unita
in
uno
sforzo
di
coerenza
e
di
chiarezza
interiore
.
Tenente
del
genio
nell
'
esercito
borbonico
,
più
tardi
disertore
e
perseguitato
;
volontario
nella
campagna
del
'48
,
capo
di
Stato
Maggiore
nella
difesa
della
Repubblica
Romana
,
rifugiato
in
Piemonte
e
occupato
nella
preparazione
del
movimento
insurrezionale
,
egli
cercò
una
ragione
dottrinale
a
questa
sua
opera
di
rivoluzionario
e
la
trovò
in
una
teoria
della
storia
della
politica
che
anima
tutta
la
sua
polemica
nazionale
e
che
lo
allontana
singolarmente
dalle
idee
dei
contemporanei
.
Resta
da
vedere
quanto
nel
suo
pensiero
così
poco
incline
agli
svolgimenti
astratti
fosse
estraneo
ad
aspirazioni
più
diffuse
,
a
un
moto
che
,
contenuto
per
molto
tempo
in
forme
rozze
e
provinciali
,
sarebbe
riuscito
solo
più
tardi
a
manifestare
la
propria
vitalità
e
a
imporre
le
ragioni
che
lo
guidavano
accanto
ad
altre
ormai
accettate
e
potenti
.
Ma
è
certo
che
fra
i
dottrinari
del
Risorgimento
(
fra
coloro
cioè
che
affidarono
il
loro
nome
a
una
concezione
politica
ampiamente
riconosciuta
)
Pisacane
non
ha
compagni
.
Devoto
a
un
tempo
a
Mazzini
e
a
Cattaneo
,
partecipe
dei
moti
dei
contemporanei
e
sensibile
a
tutti
i
loro
problemi
,
egli
si
stacca
dai
federalisti
come
dai
mazziniani
ortodossi
,
per
formulare
il
pensiero
più
audacemente
rivoluzionario
che
abbia
dato
il
suo
tempo
:
è
l
'
unico
socialista
intransigente
dell
'
Italia
pre
-
unitaria
,
e
un
socialista
per
temperamento
e
per
metodi
assai
più
vicino
ai
moderni
teorici
che
ai
vecchi
dottrinari
di
un
'
utopia
collettivista
.
L
'
affinità
dei
motivi
svolti
nel
Saggio
sulla
Rivoluzione
e
già
in
alcune
pagine
di
Guerra
combattuta
con
i
temi
fondamentali
del
marxismo
è
così
evidente
che
ha
procurato
a
Pisacane
il
nome
di
materialista
storico
e
la
fama
di
precursore
di
Sorel
.
Tali
avvicinamenti
possono
sorprendere
chi
è
rimasto
all
'
immagine
leggermente
sfocata
dell
'
eroe
di
Sapri
;
tuttavia
essi
trovano
una
precisa
conferma
nel
linguaggio
politico
dello
scrittore
napoletano
.
L
'
affermazione
così
frequente
in
Pisacane
che
le
idee
derivano
dai
fatti
,
e
non
questi
da
quelle
,
corrisponde
nella
sua
sommaria
enunciazione
al
cosiddetto
«
rovesciamento
della
dialettica
hegeliana
»
operato
da
Marx
.
La
subordinazione
dei
fatti
di
natura
politica
a
quelli
di
natura
economica
,
che
sarà
più
tardi
il
cardine
del
materialismo
storico
,
ritorna
con
chiarezza
in
queste
pagine
(
p
.
116
:
«
la
ragione
economica
nella
società
domina
la
politica
»
)
.
Perfino
alcuni
aspetti
strettamente
economici
del
processo
storico
,
come
la
legge
del
concentramento
dei
capitali
,
sono
noti
a
Pisacane
;
e
il
gusto
delle
formule
di
battaglia
(
«
distruzione
di
chi
usurpa
»
)
fa
pensare
alle
formule
divulgate
più
tardi
dal
marxismo
(
«
espropriare
gli
espropriatori
»
)
.
Queste
affinità
di
linguaggio
hanno
indotto
gli
studiosi
a
domandarsi
se
Pisacane
avesse
letto
a
Londra
il
Manifesto
dei
comunisti
.
Dai
dati
che
si
posseggono
non
risulta
un
contatto
diretto
fra
il
nostro
esule
e
il
gruppo
di
emigrati
internazionali
che
faceva
capo
a
Marx
e
a
Engels
;
comunque
quello
che
preme
sottolineare
qui
non
è
un
problema
di
scuole
,
ma
il
singolare
interesse
che
la
polemica
sociale
di
Pisacane
ha
tuttora
nei
riguardi
del
movimento
rivoluzionario
europeo
.
A
quel
movimento
egli
appartiene
per
l
'
intensità
e
il
rigore
delle
sue
convinzioni
,
ancor
più
che
per
lo
sviluppo
del
suo
pensiero
.
Pisacane
non
fu
un
grande
teorico
.
I
principî
che
sopra
si
sono
citati
e
che
attraverso
il
diffondersi
del
marxismo
dovevano
diventare
la
più
forte
leva
rivoluzionaria
d
'
Europa
sarebbero
rimasti
nelle
sue
opere
a
uno
stadio
letterario
probabilmente
infecondo
.
Nelle
pagine
dei
Saggi
si
trovano
mescolate
a
intuizioni
felici
vecchie
e
screditate
dottrine
;
e
bisogna
riconoscere
che
,
se
egli
aveva
raccolto
la
tradizione
del
pensiero
politico
italiano
del
Settecento
,
ne
aveva
anche
avuto
in
eredità
costruzioni
artificiose
e
caduche
,
ora
tanto
più
vuote
dopo
un
secolo
di
vita
.
Ma
quello
che
non
può
non
colpire
lettori
avvezzi
al
linguaggio
dei
nostri
scrittori
del
secolo
scorso
è
il
tono
nuovo
di
Pisacane
,
la
sua
spregiudicatezza
di
fronte
a
problemi
da
altri
appena
sfiorati
e
il
vigore
ideologico
che
si
rivela
nelle
pagine
più
penetranti
.
La
parte
veramente
notevole
dì
questo
saggio
è
quella
dedicata
alla
demolizione
dei
miti
borghesi
:
il
capitolo
sulla
proprietà
,
quello
sulla
religione
e
sulla
fratellanza
.
Rare
volte
nella
nostra
letteratura
si
sono
affrontati
con
tanta
sicurezza
e
con
tanta
libertà
di
linguaggio
argomenti
che
la
tradizione
e
il
sentimento
degli
italiani
rendevano
difficilissimi
.
Solo
questo
nobile
borbonico
,
della
famiglia
dei
duchi
di
San
Giovanni
,
poteva
arrivare
a
proposizioni
così
radicali
come
quelle
che
si
leggono
nella
Rivoluzione
.
«
Ostacoli
all
'
umana
felicità
,
come
scogli
di
sicuro
naufragio
,
il
diritto
di
proprietà
ed
il
governo
»
,
è
scritto
a
pag
.
128;
e
più
avanti
i
giudizi
sul
cristianesimo
provano
un
'
avversione
irreducibile
non
solo
alla
Chiesa
di
Roma
ma
a
ogni
forma
di
vita
religiosa
.
Quanto
fosse
radicata
in
lui
questa
pregiudiziale
laica
si
vede
del
resto
anche
nei
giudizi
su
Mazzini
che
,
più
o
meno
benevoli
secondo
i
tempi
,
insistono
tutti
con
molta
acutezza
sul
motivo
del
distacco
religioso
.
Infine
notevolissime
le
pagine
del
capitolo
IV
in
cui
il
mito
della
fratellanza
è
rifiutato
con
parole
che
sono
piuttosto
di
un
contemporaneo
di
Sorel
e
di
Pareto
che
di
un
discepolo
dell
'
umanitarismo
settecentesco
:
«
Il
fine
è
l
'
unità
d
'
interessi
,
la
fratellanza
,
mezzo
la
riforma
completa
degli
ordini
sociali
operata
con
la
forza
»
(
dove
l
'
accento
è
da
mettere
evidentemente
sulla
seconda
proposizione
,
sul
mezzo
e
non
sul
fine
)
.
Così
Pisacane
si
stacca
dai
moderati
,
da
quei
dottrinari
i
quali
«
badano
che
la
scienza
non
esca
dalla
sua
innocenza
»
e
a
cui
si
rivolge
il
suo
sarcasmo
come
più
tardi
quello
di
Marx
.
Egli
afferma
risolutamente
la
propria
natura
rivoluzionaria
;
si
pone
sulla
via
di
quei
«
riformatori
»
che
ha
indicati
poco
prima
come
l
'
aristocrazia
delle
nazioni
moderne
e
in
cui
vede
rappresentato
l
'
esempio
della
più
alta
virtù
civile
.
Questo
coraggio
ideologico
mi
pare
che
rappresenti
il
maggior
contributo
di
Pisacane
alla
storia
del
pensiero
politico
italiano
.
E
che
insieme
documenti
la
sua
maturità
di
uomo
,
il
grado
di
persuasione
a
cui
era
giunto
attraverso
letture
e
contatti
personali
un
individuo
per
altro
destinato
a
una
vita
non
certo
di
studio
(
la
sua
era
prima
di
tutto
una
vocazione
militare
)
.
A
questa
maturità
di
coscienza
e
a
questa
chiarezza
interiore
non
corrispose
in
lui
una
maturità
politica
.
I
singoli
problemi
gli
sfuggono
nella
loro
formulazione
immediata
:
giudicava
secondo
gli
schemi
della
propria
ideologia
e
si
affidava
al
difficile
esempio
di
una
natura
generosa
e
impulsiva
.
Di
fronte
al
problema
italiano
la
soluzione
scelta
da
Pisacane
fu
fin
dal
principio
quella
mazziniana
;
e
da
questo
atteggiamento
iniziale
deriva
in
gran
parte
il
suo
errore
politico
.
Meno
fiducioso
di
Mazzini
nelle
virtù
messianiche
dei
popoli
,
addirittura
sprezzante
quando
accenna
nel
Testamento
all
'
«
ignobile
volgo
»
che
segue
la
fortuna
dei
vincitori
,
egli
divide
tuttavia
l
'
indifferenza
degli
ideologi
del
suo
partito
per
le
possibilità
individuali
nell
'
uomo
politico
:
«
La
vanità
dell
'
uomo
lo
induce
a
credersi
creatore
di
quei
concetti
che
ha
semplicemente
svolto
,
ispiratore
di
quelle
imprese
che
dall
'
universale
volontà
sospinto
produsse
a
fine
»
(
p
.
180
)
.
Dinanzi
ai
problemi
del
Risorgimento
prendere
una
tale
posizione
significava
non
prevedere
il
fenomeno
Cavour
.
Il
«
fenomeno
»
,
ché
verso
l
'
uomo
Pisacane
non
ebbe
né
poteva
avere
alcuna
simpatia
,
persuaso
com
'
era
che
il
costituzionalismo
dei
governanti
piemontesi
fosse
più
dannoso
all
'
Italia
dell
'
assolutismo
borbonico
.
La
sua
tesi
doveva
essere
smentita
dai
fatti
almeno
per
quanto
si
riferisce
alla
capacità
del
Piemonte
di
promuovere
l
'
unità
nazionale
;
essa
non
è
ancora
del
tutto
vinta
nell
'
ordine
delle
affermazioni
ideali
,
e
da
molto
tempo
le
conseguenze
e
i
pericoli
denunciati
dai
mazziniani
provano
la
loro
realtà
di
fronte
all
'
Italia
unita
.
Comunque
contro
il
politico
Cavour
Pisacane
non
poteva
cedere
.
Egli
apparteneva
a
un
'
altra
razza
,
alla
razza
di
coloro
che
nella
storia
del
secolo
scorso
dovevano
sostenere
una
parte
diversa
e
difficile
:
non
quella
di
chi
raccoglie
e
ricostruisce
,
ma
quella
di
chi
abbatte
e
sacrifica
.
Solo
tra
questi
suoi
compagni
di
lotta
egli
appare
nella
luce
che
lo
spiega
,
e
trova
la
sua
misura
storica
.
Altra
forza
educativa
(
almeno
come
capacità
di
convincere
e
di
guidare
)
ebbe
Mazzini
,
e
diversa
capacità
di
teorico
e
di
sistematore
Marx
.
Ma
inevitabilmente
fra
questi
due
nomi
si
pone
quello
di
Pisacane
come
un
esempio
di
rara
indipendenza
di
giudizio
e
di
coerenza
interiore
.
Così
vicino
a
Marx
nella
capacità
di
adoperare
al
servizio
di
una
ideologia
tutti
i
mezzi
di
una
forte
dialettica
,
nella
assoluta
spregiudicatezza
e
nel
rifiuto
di
ogni
compromesso
;
così
fedele
a
Mazzini
nella
persuasione
che
ogni
problema
politico
si
riduce
in
definitiva
a
un
problema
di
coscienza
,
egli
attinge
alle
due
maggiori
forze
rivoluzionarie
del
suo
tempo
.
Comporre
il
dissidio
fra
il
determinismo
economico
dell
'
uno
e
il
volontarismo
etico
dell
'
altro
era
compito
troppo
alto
per
Pisacane
;
ma
da
questa
apparente
contraddizione
egli
trae
il
vero
significato
della
sua
opera
.
Resta
,
la
sua
,
soprattutto
una
lezione
morale
.
E
non
si
può
non
riconoscere
una
raggiunta
maturità
umana
a
chi
prima
di
partire
per
l
'
impresa
di
Sapri
poteva
dettare
le
ultime
parole
del
Testamento
.
Non
solo
Dio
e
la
sua
legge
sono
lontani
da
quelle
righe
,
ma
vi
appare
superata
qualunque
ipostasi
che
possa
soccorrere
i
morenti
;
la
patria
,
il
popolo
,
la
gloria
sono
appena
nominati
in
quel
saluto
:
«
Tutta
la
mia
ambizione
,
tutto
il
mio
premio
lo
trovo
nel
fondo
della
mia
coscienza
e
nel
cuore
di
tutti
quei
cari
e
generosi
amici
che
hanno
cooperato
e
diviso
i
miei
palpiti
e
le
mie
speranze
»
.
XX
.
Indipendenza
e
ignoranza
Sul
protezionismo
della
cultura
.
Due
anni
fa
,
agli
ultimi
littoriali
della
cultura
,
ricordiamo
che
si
discuteva
sul
tema
«
Indipendenza
della
letteratura
italiana
»
e
che
furono
coperti
d
'
ingiurie
e
di
fischi
i
pochi
che
tentarono
di
dare
una
interpretazione
reazionaria
all
'
argomento
.
Reazionari
erano
allora
quelli
che
domandavano
l
'
esclusione
dal
nostro
orizzonte
culturale
di
un
complesso
di
opere
e
di
modi
espressivi
che
erano
giudicati
falsi
solo
perché
stranieri
.
Tutti
eravamo
d
'
accordo
nel
deprecare
la
facile
fortuna
che
trovano
in
Italia
libri
spesso
mediocri
;
ma
nessuno
credeva
seriamente
che
questo
male
si
potesse
eliminare
adottando
misure
repressive
,
chiudendo
la
porta
a
ogni
esperienza
che
fosse
nata
fuori
d
'
Italia
e
cercando
una
facile
immunità
e
nella
inerzia
spirituale
.
In
quegli
anni
noi
ci
eravamo
proposto
un
ideale
d
'
indipendenza
alquanto
più
alto
:
che
fosse
consapevole
elaborazione
di
una
materia
discorde
,
riduzione
a
un
unico
linguaggio
e
a
un
'
unica
dignità
italiana
dei
motivi
più
diversi
.
Così
ci
fu
facile
dimostrare
che
la
cultura
non
è
un
prodotto
da
misurare
in
termini
da
bilancia
commerciale
,
che
ogni
scambio
è
produttivo
in
un
mondo
dove
non
valgono
le
leggi
dell
'
economia
e
che
,
in
genere
,
la
censura
prefettizia
è
un
efficace
mezzo
di
controllo
,
ma
non
basta
a
promuovere
una
letteratura
indipendente
.
Del
resto
i
littoriali
avevavo
un
vivo
carattere
di
assemblea
rivoluzionaria
e
quando
i
contraddittori
si
fermavano
su
tesi
così
semplici
e
meschine
era
lecito
disfarsene
in
modo
brusco
e
abbandonarli
all
'
ironia
del
pubblico
.
Da
allora
non
sentimmo
più
parlare
di
protezionismo
della
cultura
.
Leggemmo
qualche
tempo
fa
la
candida
proposta
di
un
noto
drammaturgo
italiano
il
quale
suggeriva
di
escludere
dai
nostri
repertori
tutte
le
opere
drammatiche
di
autori
stranieri
,
compresi
Shakespeare
e
Goethe
,
perché
diseducative
;
ma
quella
proposta
,
in
cui
non
si
sapeva
dove
finisse
il
civismo
e
dove
cominciasse
un
'
energica
tutela
dei
propri
interessi
,
fu
accolta
molto
freddamente
;
e
crediamo
che
Shakespeare
si
reciti
ancora
nei
nostri
teatri
senza
alcuna
offesa
per
i
soldati
che
combattono
e
con
probabile
vantaggio
per
l
'
educazione
popolare
.
Questa
necessità
di
distinguere
secondo
valori
e
soprattutto
di
non
temere
il
contagio
è
stata
bene
intesa
,
almeno
come
arma
di
propaganda
,
dai
tedeschi
;
e
ricordiamo
che
ancora
pochi
mesi
fa
,
nella
vetrina
di
una
grande
libreria
di
Monaco
spiccava
l
'
orgogliosa
scritta
:
«
Le
ultime
novità
inglesi
e
francesi
»
,
e
i
libri
di
Lawrence
erano
allineati
in
buon
ordine
accanto
a
quelli
di
Carossa
e
di
Binding
.
Si
poteva
dunque
sperare
che
la
tesi
dell
'
indipendenza
come
ignoranza
fosse
definitivamente
abbandonata
;
ma
essa
riaffiora
in
un
articolo
di
Goffredo
Coppola
apparso
sul
«
Popolo
d
'
Italia
»
il
15
gennaio
,
in
cui
si
chiede
un
provvedimento
di
polizia
contro
Dostojevskij
e
si
considera
traditore
della
patria
e
d
'
intesa
col
nemico
chi
si
avventuri
a
tradurre
il
vecchio
Charles
Dickens
.
Ci
pare
,
questo
,
un
atteggiamento
così
equivoco
e
dannoso
da
meritare
una
breve
discussione
.
Esaminando
il
bilancio
per
il
1941
di
una
casa
editrice
italiana
,
Goffredo
Coppola
nota
che
il
catalogo
di
quella
casa
comprende
alcune
opere
anglosassoni
e
russe
.
Soprattutto
lo
colpisce
il
fatto
che
sia
stata
pubblicata
quest
'
anno
una
nuova
edizione
di
Guerra
e
pace
di
Leone
Tolstoi
,
anzi
di
«
Lev
Tolstòj
come
Casa
Einaudi
stampa
con
giudaica
scrupolosità
di
forestiero
»
.
Ora
si
vorrebbe
domandare
a
Goffredo
Coppola
perché
adoperi
parole
così
compromettenti
.
Che
cosa
vuol
dire
«
giudaica
scrupolosità
di
forestiero
»
?
Il
nome
Tolstòj
si
scrive
così
,
e
il
fatto
che
l
'
Italia
fascista
sia
in
guerra
con
la
Russia
bolscevica
non
è
una
buona
ragione
per
sbagliare
l
'
ortografia
dei
nomi
propri
.
Allo
stesso
modo
chi
scrivesse
Churchill
con
una
elle
sola
non
darebbe
prova
di
un
particolare
odio
all
'
Inghilterra
,
ma
solo
di
una
scarsa
conoscenza
dell
'
ortografia
.
Goffredo
Coppola
se
la
prende
con
le
traduzioni
e
non
sa
che
solo
paesi
di
alta
cultura
possono
tradurre
molto
;
che
la
traduzione
,
quando
è
veramente
opera
letteraria
,
non
significa
atto
di
soggezione
ma
presa
di
possesso
.
Tutte
queste
opere
che
entrano
in
Italia
saranno
un
fecondo
terreno
di
prova
per
chi
sappia
affrontarle
con
intelligenza
critica
e
riconoscere
in
questo
continuo
confronto
la
misura
della
propria
originalità
.
Quanto
agli
altri
,
gli
imitatori
della
commedia
francese
e
i
succubi
di
Körmendi
,
essi
potranno
forse
essere
tratti
in
inganno
;
ma
perché
dovremmo
preoccuparci
di
salvare
uomini
così
evidentemente
predestinati
all
'
errore
?
La
vera
cultura
italiana
non
ha
bisogno
di
censori
.
Questa
è
la
nostra
certezza
,
fondata
sulla
fiducia
nel
lavoro
dei
migliori
contemporanei
,
sulla
loro
maturità
di
giudizio
.
Guerra
di
religione
è
intitolato
l
'
articolo
di
Goffredo
Coppola
.
Certo
;
ma
questa
che
si
combatte
è
una
guerra
di
religione
a
cui
rivendichiamo
un
senso
e
una
dignità
nuovi
,
se
deve
rispondere
all
'
idea
che
ce
ne
siamo
formata
in
un
'
epoca
di
faticoso
rinnovamento
.
Mentre
il
Coppola
-
certo
per
amore
di
polemica
-
tenta
far
credere
di
avere
un
'
idea
alquanto
diversa
delle
guerre
di
religione
.
Press
'
a
poco
quella
che
doveva
avere
il
califfo
Omar
,
«
intransigente
»
anche
lui
,
il
quale
,
compiuto
il
meritorio
gesto
di
bruciare
la
biblioteca
di
Alessandria
,
aggiunse
la
nota
frase
sull
'
utilità
dei
libri
che
non
fossero
il
Corano
.
Ma
non
possiamo
credere
che
Goffredo
Coppola
,
di
cui
conosciamo
l
'
impegno
di
studioso
e
la
spregiudicatezza
di
polemista
abbia
voluto
riferirsi
a
questa
forma
di
facile
intransigenza
che
più
volte
ha
ripudiata
nei
suoi
scritti
.
XXI
.
La
decomposizione
di
una
società
I
rivoluzionari
decadenti
.
Lo
spettacolo
delle
nazioni
oppresse
e
divise
,
questo
antico
tema
biblico
è
ormai
troppo
familiare
ai
nostri
occhi
perché
il
primo
sgomento
non
debba
cedere
a
una
più
fredda
passione
e
risolversi
nel
severo
giudizio
della
storia
contemporanea
.
Pure
,
se
i
paesi
provinciali
e
discordi
continuano
la
loro
vicenda
di
spartizioni
e
minacciano
una
interminabile
storia
di
rappresaglie
e
di
crisi
,
non
si
può
accettare
la
scomparsa
di
una
grande
nazione
come
un
incidente
di
guerra
.
Nessuna
guerra
e
nessuna
ideologia
potranno
cancellare
dalla
storia
d
'
Europa
il
nome
Francia
o
il
nome
Germania
.
Per
questo
si
guarda
oggi
con
particolare
cura
alla
Francia
che
è
al
principio
del
1942
il
paese
più
smembrato
d
'
Europa
.
Questa
definizione
non
considera
affatto
lo
stato
del
territorio
francese
.
La
linea
di
demarcazione
,
la
sottile
linea
verde
che
corre
da
Ginevra
a
Baiona
,
è
appena
un
simbolo
geografico
di
questa
sorte
.
È
il
confine
più
astratto
d
'
Europa
:
passa
in
mezzo
ai
campi
,
taglia
le
strade
e
solo
al
cadere
della
sera
assume
una
sua
realtà
sensibile
,
quando
da
una
parte
si
accendono
le
fioche
luci
della
Francia
di
Pétain
e
dall
'
altra
scende
il
buio
che
avvolge
l
'
Europa
in
guerra
.
Altre
linee
,
meno
visibili
ma
più
profonde
,
dividono
i
francesi
fra
loro
;
ne
fanno
un
popolo
smarrito
e
discorde
che
cerca
senza
tregua
una
via
al
riscatto
dei
propri
errori
ed
esita
con
sconcertante
facilità
fra
soluzioni
opposte
.
Il
primo
tentativo
,
subito
dopo
la
disfatta
,
fu
quello
di
ricomporre
l
'
unità
ideale
del
paese
,
quella
figura
di
donna
tante
volte
mutata
nel
tempo
che
ha
trovato
la
sua
ultima
espressione
in
un
puro
e
bel
disegno
di
Matisse
,
«
Gardez
votre
confiance
dans
la
France
éternelle
»
.
Così
si
chiudono
i
discorsi
del
maresciallo
:
ma
invocazioni
e
figure
non
bastano
a
coprire
uno
stato
di
profondo
squallore
,
e
l
'
incubo
del
provvisorio
grava
sulle
storiche
decisioni
di
Vichy
.
Dietro
questa
«
France
éternelle
»
,
che
ha
un
po
'
l
'
irrealtà
dei
vecchi
simboli
repubblicani
,
esistono
molti
paesi
che
portano
il
nome
di
Francia
.
Esiste
la
Francia
di
Pétain
,
piena
di
ritratti
del
Maresciallo
nelle
vetrine
,
di
striscioni
tricolori
,
di
preghiere
per
la
Vergine
,
di
ceri
e
di
famiglie
savoiarde
leali
.
Esiste
una
Francia
dissidente
,
di
piccoli
borghesi
,
di
ascoltatori
di
radio
straniere
,
occupati
a
scrivere
sui
muri
e
a
comprare
di
nascosto
distintivi
degaullisti
.
Esiste
ancora
la
Francia
in
qualche
isolotto
che
ubbidisce
a
De
Gaulle
e
nelle
riunioni
segrete
di
individui
votati
alla
resistenza
.
Nella
povertà
generale
di
carbone
e
di
burro
,
di
olio
e
di
benzina
,
la
Francia
del
1941
ha
visto
nascere
qualche
libro
.
Pochi
libri
,
scritti
in
fretta
e
stampati
male
,
semibruciati
come
quel
manoscritto
di
Petitjean
che
un
proiettile
tedesco
colpì
a
Forbach
,
mentre
un
bombardamento
ne
distruggeva
le
bozze
a
Tours
.
Ma
sono
i
segni
di
una
lenta
ripresa
:
le
vetrine
hanno
di
nuovo
l
'
aspetto
rigoglioso
di
una
volta
e
i
frontespizi
bianchi
della
NRF
si
affacciano
dai
chioschi
delle
stazioni
a
portare
il
consueto
saluto
della
civiltà
francese
.
Degli
editori
risorti
il
maggiore
è
Grasset
,
e
a
lui
si
deve
con
i
Cahiers
di
Montesquieu
l
'
opera
più
importante
dell
'
annata
.
Strano
libro
,
quei
Cahiers
.
Diffuso
dopo
quasi
duecento
anni
dalla
morte
dell
'
autore
e
composto
in
modo
da
sorprendere
gli
studiosi
,
il
libro
è
stato
subito
tradotto
in
tedesco
e
ha
avuto
quasi
più
successo
in
Germania
che
in
Francia
.
Molte
parti
sono
ormai
invecchiate
:
notizie
di
corte
o
moralità
settecentesche
;
ma
non
si
può
ascoltare
senza
qualche
sgomento
la
voce
del
vecchio
magistrato
tornare
sulla
terra
per
portare
al
suo
popolo
un
messaggio
di
rassegnazione
.
«
La
France
n
'
est
plus
au
milieu
d
'
Europe
,
c
'
est
l
'
Allemagne
»
.
Questa
l
'
unica
voce
di
un
grande
del
passato
venuta
a
confortare
i
francesi
del
nostro
secolo
:
dai
viventi
non
si
poteva
aspettare
maggiore
conforto
e
non
si
è
avuto
.
Una
specie
d
'
ombra
è
scesa
sugli
uomini
che
rappresentavano
fino
a
pochi
mesi
fa
l
'
intelligenza
francese
.
Al
tempo
dell
'
invasione
corsero
oscure
voci
sulla
sorte
degli
intellettuali
:
si
disse
che
Gide
era
morto
e
che
altri
erano
scomparsi
sulle
strade
dell
'
esercito
tedesco
.
In
realtà
Gide
è
vivo
e
pubblica
tutte
le
settimane
delle
curiose
interviste
sul
«
Figaro
»
;
dopo
un
primo
momento
di
disordine
fisico
e
di
ripugnanza
morale
quasi
tutti
gli
altri
sono
tornati
alla
superficie
e
cercano
di
riprendere
le
antiche
fila
nell
'
aria
diversa
dell
'
armistizio
.
Ma
un
fenomeno
più
grave
ha
colpito
con
Gide
gli
uomini
che
formavano
il
senato
della
cultura
francese
.
Quella
letteratura
che
occupava
con
abbastanza
dignità
gli
ultimi
venticinque
anni
e
che
aveva
i
suoi
capi
nella
triade
Gide
-
Claudel
-
Valery
ha
trovato
in
questa
guerra
la
sua
fine
spirituale
.
I
futuri
storici
che
ameranno
,
come
Thibaudet
,
la
divisione
per
epoche
,
potranno
servirsi
di
questa
approssimazione
con
sufficiente
chiarezza
.
Un
libro
come
Les
nourritures
o
come
Monsieur
Teste
non
avrebbe
più
ragione
di
uscire
dopo
questa
guerra
.
E
del
resto
lo
stesso
Gide
lo
ha
riconosciuto
,
illuminato
forse
dal
suo
estremo
egoismo
,
quando
a
una
domanda
sull
'
avvenire
della
letteratura
ha
risposto
che
solo
la
sorte
dei
giovani
lo
interessa
:
quanto
a
lui
e
ai
suoi
coetanei
,
essi
hanno
già
detto
la
loro
parola
,
il
loro
messaggio
non
è
di
questo
mondo
.
Sarebbe
facile
fare
del
moralismo
su
una
tale
scomparsa
:
più
onesto
indicare
il
limite
cronologico
,
la
conclusione
formale
di
un
periodo
.
E
il
migliore
esempio
è
forse
l
'
ultimo
libro
di
Valéry
:
Mélange
,
una
informe
raccolta
di
annotazioni
in
prosa
e
in
versi
dove
sembra
che
si
estinguano
tutti
i
temi
di
un
'
ultima
poetica
simbolista
.
«
Mélange
c
'
est
l
'
esprit
»
è
la
triste
conclusione
di
questo
libro
di
cui
non
resta
altro
ricordo
che
il
segno
di
una
ornata
vecchiaia
e
l
'
eco
fresca
di
qualche
verso
.
(
«
Quel
silence
,
battu
d
'
un
simple
bruit
de
bêche
!
-
Je
m
'
éveille
attendu
par
cette
neige
fraîche
-
qui
me
saisit
au
creux
de
ma
chère
chaleur
»
)
.
Molto
più
vivo
nei
suoi
limiti
di
confessione
letteraria
un
breve
fascicolo
di
versi
pubblicato
da
Aragon
con
il
titolo
di
Crève
-
coeur
.
Dopo
molte
traversie
politiche
e
ideologiche
,
dopo
esser
stato
combattente
in
Spagna
e
direttore
di
un
grande
giornale
,
l
'
autore
di
Anicet
ha
ritrovato
un
ingenuo
linguaggio
poetico
per
accennare
ai
motivi
della
sua
guerra
.
Gide
ha
indicato
in
questo
libro
,
che
ripete
i
modi
della
vecchia
canzone
,
una
possibile
via
di
salvezza
per
la
poesia
francese
;
certo
accanto
a
effimere
scoperte
formali
l
'
opera
di
Aragon
annunzia
una
non
comune
vitalità
umana
e
un
'
alta
dignità
di
linguaggio
.
Ma
i
libri
di
poesia
si
perdono
nella
voce
confusa
della
moltitudine
:
la
letteratura
di
questo
tempo
è
rivolta
ad
altri
fini
,
documentari
e
apologetici
.
Come
sul
terreno
politico
l
'
armistizio
è
stato
la
rivincita
degli
esclusi
,
il
ritorno
di
aspirazioni
e
programmi
che
da
settant
'
anni
lottavano
contro
la
repubblica
democratica
,
senza
che
un
uomo
nuovo
abbia
potuto
raccogliere
l
'
eredità
dei
nonagenari
,
così
nessun
giovane
è
venuto
a
sostenere
le
sorti
dell
'
intelligenza
francese
.
Ma
voci
che
fino
a
ieri
erano
ascoltate
con
curiosità
come
ornamento
di
una
libera
discussione
,
hanno
trovato
a
un
tratto
dei
consensi
e
rappresentano
,
almeno
di
fronte
agli
estranei
,
l
'
ultimo
dato
della
cultura
contemporanea
.
Un
uomo
che
pareva
destinato
a
compiere
questa
parte
di
demolitore
delle
rovine
repubblicane
è
Henri
de
Montherlant
.
Ancora
indeciso
fra
la
poesia
civile
e
il
romanzo
erotico
,
padrone
di
una
nitida
intelligenza
e
viziato
nelle
sue
radici
profonde
,
Montherlant
è
più
di
ogni
altro
l
'
uomo
della
crisi
.
Il
suo
libro
Solstice
de
juin
rappresenta
il
vero
«
désarroi
»
della
Francia
,
la
velleità
rivoluzionaria
e
il
triste
spirito
di
reazione
che
animano
le
classi
uscite
intatte
da
questa
guerra
.
La
repubblica
è
caduta
e
la
repubblica
ideale
che
invocava
Péguy
è
un
nome
troppo
borghese
per
gli
esteti
della
rivoluzione
individuale
.
Il
«
bushido
»
,
gli
ordini
cavallereschi
medioevali
,
il
disprezzo
per
la
donna
e
altre
cretinerie
di
questo
genere
sono
i
miti
che
propone
al
suo
popolo
un
soldato
reduce
dalla
più
dura
delle
sconfitte
.
La
guerra
non
ha
insegnato
a
Montherlant
nulla
delle
sue
semplici
virtù
:
la
rassegnazione
e
il
coraggio
,
la
pietà
di
fronte
al
pericolo
.
È
stata
una
specie
di
corrida
per
intellettuale
disoccupato
:
«
J
'
avais
pour
ces
armées
déconfites
la
même
indifférence
qu
'
on
a
pour
le
cheval
du
picador
,
atterré
,
qui
s
'
empêtre
dans
ses
tripes
.
Déjà
le
jeu
était
ailleurs
»
.
Abbastanza
vicino
a
lui
nell
'
ideologia
è
Drieu
La
Rochelle
,
l
'
ambiguo
Drieu
,
ultimo
direttore
della
NRF
e
attivo
propugnatore
della
collaborazione
con
la
Germania
.
(
Con
Chardonne
,
Jouhandeau
e
qualche
altro
minore
,
egli
ha
rappresentato
la
Francia
al
recente
convegno
degli
scrittori
europei
a
Weimar
)
.
Drieu
ha
raccolto
un
anno
fa
le
sue
Notes
pour
comprendre
le
siècle
;
ed
è
anche
questo
un
libro
assai
utile
per
capire
la
«
Weltanschauung
»
da
decadenti
rivoluzionari
che
anima
gli
ultimi
superstiti
di
una
classe
vinta
.
L
'
esaltazione
della
barbarie
risorta
fa
da
sfondo
alla
vecchiaia
di
tutto
un
mondo
,
una
vecchiaia
così
povera
di
contenuto
genuino
da
appoggiarsi
a
deboli
trovate
pubblicitarie
e
al
gusto
mediocre
del
paradosso
.
Nelle
note
di
Drieu
si
può
leggere
fra
l
'
altro
che
l
'
omosessualità
è
una
conseguenza
della
pace
,
e
più
tardi
questa
singolare
proposizione
:
«
La
révolution
philosophique
et
religieuse
qui
ne
fait
que
de
commencer
fait
ses
premiers
pas
par
le
sport
.
Quelqu
'
un
a
-
t
-
il
songé
à
écrire
une
histoire
du
sport
?
Cette
histoire
serait
plus
importante
que
celle
du
marxisme
qu
'
elle
implique
un
moment
,
puis
noie
dans
son
flot
»
.
Più
ingegnoso
un
tentativo
di
interpretare
la
recente
cultura
francese
attraverso
una
contrapposizione
di
tipi
letterari
.
Da
una
parte
:
France
,
Duhamel
,
Giraudoux
,
Mauriac
,
Maurois
,
i
tentatori
;
dall
'
altra
i
custodi
dell
'
intelligenza
virile
:
Sorel
,
Barrès
,
Maurras
,
Péguy
,
Bernanos
,
Céline
,
Giono
,
Malraux
,
Petitjean
.
E
fra
i
contemporanei
con
valore
esemplare
Gide
e
Valéry
contro
Claudel
.
Schema
che
,
oltre
ai
difetti
di
tutte
le
classificazioni
letterarie
,
ha
il
torto
di
mettere
accanto
sotto
un
pretesto
di
affinità
elettive
uomini
di
diversi
propositi
.
È
chiaro
che
il
problema
di
un
paese
come
la
Francia
è
un
problema
di
coscienza
assai
prima
che
un
problema
di
stile
.
E
basta
risalire
al
ricordo
di
Dreyfus
per
convincersi
che
quella
scelta
andrebbe
mutata
di
fronte
a
un
fatto
concreto
:
quasi
nessuno
nella
Francia
di
oggi
sarebbe
dreyfusardo
.
Petitjean
è
citato
da
Drieu
come
l
'
ultimo
rappresentante
della
tradizione
virile
.
In
verità
non
è
dubbio
che
egli
sia
un
uomo
dotato
di
una
certa
risolutezza
;
ma
io
non
saprei
dire
fino
a
che
punto
la
sua
coerenza
verbale
si
traduca
in
forza
politica
e
dove
il
suo
inquieto
animo
rivoluzionario
si
plachi
in
una
ferma
convinzione
.
Petit
jean
ha
l
'
aria
di
coloro
che
per
avere
tutto
compreso
e
superato
sfociano
in
un
generico
attivismo
e
finiscono
per
esaurire
la
loro
vitalità
nel
puro
virtuosismo
critico
.
Dei
suoi
Combats
préliminaires
«
dedicati
a
tutti
coloro
che
queste
sconfitte
preliminari
hanno
lasciato
assetati
di
vittoria
finale
»
,
la
parte
veramente
concreta
è
un
breve
diario
di
guerra
;
tutto
il
resto
è
aspirazione
e
leggenda
,
mito
dell
'
uomo
inattuale
e
profezia
disarmata
.
Accanto
a
questi
libri
che
portano
su
un
piano
ideologico
la
rivolta
della
borghesia
francese
,
altri
puramente
documentari
o
autobiografici
hanno
avuto
maggior
fortuna
di
pubblico
.
È
il
caso
di
Vingt
-
six
hommes
di
Baroncelli
,
un
romanzo
di
guerra
inteso
a
esaltare
la
più
alta
virtù
militare
:
il
cameratismo
.
È
il
caso
di
un
libro
di
Paul
Mousset
:
Quand
le
temps
travaillait
pour
nous
(
proibito
in
zona
libera
)
,
in
cui
il
risentimento
del
francese
medio
contro
l
'
alleato
britannico
più
fortunato
e
più
forte
trova
argomenti
vivaci
e
la
penna
di
un
abilissimo
giornalista
.
Altri
infine
hanno
raccontato
la
loro
campagna
e
i
giorni
confusi
dell
'
armistizio
con
intenti
diversi
.
Bénoist
-
Méchin
ha
raccolto
in
un
austero
diario
le
sue
impressioni
di
prigionia
;
brutale
e
caotico
Céline
ha
descritto
ai
francesi
i
fasti
della
«
retraite
motorisée
»
.
Da
questi
libri
raccolti
a
caso
è
difficile
trarre
una
definizione
che
serva
al
nostro
giudizio
.
Il
loro
valore
letterario
è
spesso
mediocre
:
ragioni
esterne
premono
da
vicino
sull
'
opera
d
'
arte
e
impediscono
il
libero
formarsi
di
una
cultura
.
Ma
i
libri
dell
'
armistizio
restano
per
il
loro
valore
documentario
:
provano
la
civiltà
di
un
popolo
che
sa
analizzarsi
fino
nelle
sue
pieghe
più
profonde
,
e
insieme
provano
la
crisi
severa
che
attraversa
la
Francia
.
Questa
vivida
intelligenza
e
questo
gusto
ancora
insuperato
dell
'
opera
d
'
arte
non
varcano
mai
i
limiti
della
natura
individuale
;
si
confondono
nelle
tenebre
più
fitte
appena
sfiorano
un
problema
umano
,
cessano
di
apparire
«
gratuiti
»
per
divenire
«
strumentali
»
.
Crisi
in
un
paese
come
la
Francia
può
voler
dire
soltanto
questo
:
distanza
fra
il
fine
e
i
mezzi
,
contrasto
fra
l
'
eredità
intellettuale
e
le
forze
che
dovrebbero
plasmarla
,
fra
la
maturità
del
gusto
e
il
vigore
creativo
.
L
'
impressione
generale
che
si
ricava
dalla
lettura
di
questi
documenti
è
che
gli
intellettuali
francesi
non
sanno
che
cosa
vogliono
.
I
comunisti
hanno
un
loro
programma
,
i
degaullisti
anche
.
Perfino
i
puri
del
regime
di
Pétain
vivono
di
una
loro
convinzione
arcaica
ma
ferma
.
Solo
i
«
clercs
»
che
parlano
in
nome
dell
'
intelligenza
francese
sfuggono
a
ogni
precisazione
,
si
difendono
dietro
il
comodo
riparo
della
crisi
individuale
.
Se
due
partiti
esistono
ancora
in
Francia
sono
quello
dei
rimasti
e
quello
dei
fuggiti
;
fra
gli
attuali
collaboratori
della
NRF
e
uomini
come
Malraux
o
Benda
si
è
creato
un
distacco
che
non
è
soltanto
ideologico
.
Nella
madrepatria
i
contrasti
spariscono
:
la
necessità
del
compromesso
ha
creato
quella
tendenza
politica
che
va
sotto
il
nome
straordinario
di
«
attesismo
»
e
che
esprime
una
situazione
spirituale
nuova
nella
storia
.
Gli
intellettuali
cercano
di
conciliare
le
esigenze
del
loro
mestiere
con
i
tempi
tragici
,
come
gli
uomini
di
Vichy
tentano
di
salvare
il
salvabile
nel
vecchio
giuoco
delle
diplomazie
.
Ma
abbandonati
fra
il
paternalismo
cattolico
del
maresciallo
e
il
cinismo
degli
ideologi
di
destra
i
francesi
rischiano
di
perdere
qualcosa
che
è
più
importante
delle
colonie
atlantiche
e
della
flotta
:
rischiano
di
perdere
il
senso
umano
della
virilità
.
Virili
erano
ancora
quelli
che
la
guerra
ha
sorpresi
,
piccoli
borghesi
di
Parigi
e
contadini
della
provincia
,
partiti
«
pour
faire
peur
à
Hitler
»
con
le
loro
goffe
divise
e
con
i
loro
vecchi
aeroplani
.
Alcuni
di
loro
sono
morti
;
altri
scontano
ora
nei
campi
di
concentramento
e
nel
lavoro
obbligatorio
l
'
ingenuità
di
un
tempo
in
cui
tutto
sembrava
troppo
vicino
.
Al
loro
posto
sono
apparsi
i
profeti
della
reazione
,
i
128
piccoli
Machiavelli
che
genera
ogni
sconfitta
.
La
scritta
«
liberté
,
égalité
,
fraternité
»
è
scomparsa
dai
frontoni
dei
palazzi
,
indice
di
un
tempo
che
bisogna
scordare
;
e
Montherlant
detta
ai
contemporanei
i
precetti
di
un
'
etica
nietzschiana
.
Forse
tutto
questo
non
è
che
fermento
del
dopoguerra
,
e
in
Germania
lo
«
spenglerismo
»
non
fu
meno
orgoglioso
e
funesto
,
Ma
per
la
nostra
chiarezza
e
senza
alcuna
animosità
occorre
definire
i
valori
della
Francia
di
oggi
.
Riconoscere
che
quel
mondo
appare
povero
,
debole
e
corrotto
di
fronte
alle
vere
forze
che
combattono
in
Europa
,
di
fronte
a
un
solo
soldato
russo
o
tedesco
caduto
nella
pianura
orientale
per
la
difesa
di
un
ordine
che
serva
all
'
Europa
futura
.
XXII
.
Un
messaggio
sbagliato
Sulle
scogliere
di
marmo
.
Ernst
Jünger
,
di
cui
si
comincia
a
parlare
ora
in
Francia
e
in
Italia
e
che
anche
in
Germania
è
considerato
con
grande
disparità
di
giudizi
,
è
forse
il
maggiore
scrittore
tedesco
di
oggi
.
Una
definizione
così
brusca
deve
essere
presa
con
cautela
:
emergere
nel
mondo
letterario
della
Germania
contemporanea
non
significa
portare
un
messaggio
nuovo
e
positivo
,
ma
affermare
con
un
certo
diritto
la
propria
validità
letteraria
.
In
questo
senso
Ernst
Jünger
ha
un
'
importanza
già
chiara
:
il
suo
posto
nella
prosa
tedesca
è
quello
di
un
maestro
;
e
fra
coloro
che
scrivono
e
pubblicano
entro
i
confini
del
grande
Reich
forse
il
solo
Carossa
può
stargli
a
pari
per
naturale
dignità
di
scrittore
.
A
Carossa
,
che
gli
si
potrebbe
contrapporre
come
uomo
e
come
«
Weltanschauung
»
,
lo
apparenta
anche
la
posizione
che
essi
occupano
di
fronte
alla
storia
letteraria
tedesca
.
Provenienti
da
mondi
di
dottrina
e
di
gusto
affatto
diversi
essi
sono
i
più
illustri
epigoni
della
tradizione
letteraria
tedesca
,
e
in
questo
rappresentano
meglio
di
ogni
altro
le
sorti
di
una
cultura
che
non
ha
saputo
rinnovarsi
oltre
certi
limiti
e
vive
in
modo
assai
precario
di
un
patrimonio
ereditato
.
Carossa
ripete
nella
sua
calma
e
nobile
maturità
il
mito
di
Goethe
,
molto
attenuato
e
impoverito
;
Jünger
si
può
considerare
l
'
ultimo
episodio
della
tradizione
romantica
e
precisamente
di
quella
via
orfica
e
tumultuosa
che
passa
nei
suoi
ultimi
«
detours
»
attraverso
Nietzsche
e
George
.
Tale
qualifica
gli
viene
dal
suo
gusto
di
prosatore
e
di
stilista
non
meno
che
dal
suo
atteggiamento
di
pensiero
,
che
fa
di
lui
una
figura
estremamente
rappresentativa
per
indicare
la
crisi
odierna
.
Gli
inizi
di
Jünger
sono
caratteristici
.
Egli
si
rivelò
al
pubblico
come
scrittore
di
guerra
nel
1919
,
e
dai
primi
diari
di
quegli
anni
fino
alle
ultime
meditazioni
dell
'
uomo
maturo
,
la
guerra
è
rimasta
il
motivo
inspiratore
della
sua
arte
,
le
leggi
e
i
valori
del
combattimento
i
termini
della
sua
moralità
.
Questa
esperienza
si
è
riflessa
prima
di
tutto
in
una
forma
letteraria
nuova
;
la
prosa
rigida
del
giovane
scrittore
,
il
taglio
netto
del
suo
discorso
lo
hanno
separato
subito
dalla
marca
di
retori
tornati
dal
fronte
e
hanno
elevato
i
suoi
saggi
di
guerra
sopra
molte
pagine
celebrative
o
patetiche
nate
in
Germania
dopo
la
disfatta
.
L
'
annullamento
delle
più
forti
emozioni
in
una
immagine
fredda
e
perfetta
,
il
riscatto
della
povertà
umana
attraverso
la
visione
fantastica
,
sono
stati
la
sua
scoperta
originaria
e
hanno
dato
alle
sue
prime
opere
il
sigillo
formale
della
«
Stahlhartromantik
»
.
Più
tardi
questa
dote
naturale
si
è
progressivamente
affinata
sino
a
produrre
quei
liberi
giuochi
della
fantasia
che
con
il
nome
di
Capricci
e
figure
e
di
Foglie
e
pietre
costituiscono
il
più
autorevole
contributo
di
Jünger
alla
letteratura
moderna
europea
.
D
'
altra
parte
la
sua
intelligenza
costruttiva
si
esercitava
su
temi
politici
e
sociologici
,
e
negli
ultimi
anni
di
Weimar
Jünger
pubblicava
un
saggio
sulla
Mobilitazione
totale
e
l
'
opera
teorica
Il
lavoratore
in
cui
è
annunciato
il
sorgere
di
una
società
futura
fondata
,
come
un
moderno
ordine
cavalleresco
,
sulla
disciplina
del
lavoro
.
Questi
saggi
,
che
pure
hanno
avuto
un
notevole
influsso
sulle
tendenze
più
avanzate
della
Germania
del
dopoguerra
,
portano
i
segni
della
vocazione
letteraria
dell
'
autore
,
e
sono
importanti
piuttosto
come
indicazione
di
un
interesse
culturale
che
per
il
loro
contenuto
di
dottrina
.
All
'
infuori
delle
divagazioni
politiche
Jünger
torna
sempre
all
'
autobiografia
;
e
pura
autobiografia
è
un
piacevolissimo
romanzo
Giuochi
africani
in
cui
è
raccontato
con
molta
vivacità
di
colori
un
episodio
avventuroso
della
sua
adolescenza
.
Salvo
che
per
uno
studio
di
Delio
Cantimori
sullo
scrittore
politico
e
per
alcuni
saggi
di
traduzione
apparsi
sulla
rivista
romana
«
La
Ruota
»
,
l
'
opera
di
Jünger
non
era
conosciuta
in
Italia
.
Alessandro
Pellegrini
ha
raccolto
ora
in
un
volume
della
«
Medusa
»
di
Mondadori
il
libro
più
significativo
della
sua
recente
evoluzione
:
Sulle
scogliere
di
marmo
e
alcuni
capitoli
tolti
dai
precedenti
volumi
di
saggi
.
In
quelle
ultime
pagine
di
Capricci
gli
amatori
del
giuoco
fantastico
potranno
trovare
i
più
raffinati
esempi
dell
'
intelligenza
da
acquario
di
Ernst
Jünger
.
La
sua
crudeltà
cerebrale
,
il
suo
gusto
del
nitido
e
del
levigato
si
esprimono
in
quei
brevi
capitoli
con
grande
forza
persuasiva
,
e
la
traduzione
veramente
notevole
di
Pellegrini
permette
di
seguirne
tutte
le
asperità
e
le
dolcezze
con
una
mano
delicatissima
.
Lo
stesso
mondo
di
superbo
estetismo
,
ma
più
compatto
e
uniforme
,
riappare
nelle
Scogliere
di
marmo
,
unito
a
una
insolita
profondità
di
significati
.
In
una
regione
fantastica
,
che
per
i
suoi
aspetti
fisici
ricorda
la
Dalmazia
,
mentre
per
i
nomi
dei
luoghi
e
la
natura
dei
personaggi
appartiene
a
una
curiosa
mitologia
,
si
svolge
la
lotta
fra
l
'
ordine
umano
,
impersonato
in
alcune
figure
di
saggi
e
di
eremiti
,
e
l
'
irrompere
oscuro
della
violenza
e
della
follia
.
Il
pregio
letterario
del
libro
è
nella
sapiente
descrizione
di
questa
marea
montante
dell
'
angoscia
e
nella
libertà
stilistica
di
alcune
pagine
,
mentre
altrove
il
linguaggio
ricercato
e
purissimo
non
riesce
sempre
a
sostenere
lo
sforzo
di
uno
stile
così
prezioso
.
Tuttavia
l
'
interesse
del
libro
,
il
suo
valore
di
curiosità
è
,
piuttosto
che
in
queste
qualità
letterarie
,
nel
suo
significato
di
confessione
personale
,
Jünger
ha
tradotto
la
sua
esperienza
del
dopoguerra
in
una
allegoria
che
non
si
sa
se
più
ingenua
o
temeraria
.
I
riferimenti
sono
così
chiari
che
si
potrebbe
quasi
compilare
un
glossario
:
così
i
mauretani
,
politecnici
della
potenza
,
sono
i
militari
,
la
guerra
di
Alta
Piana
è
la
grande
guerra
;
e
altrettanto
facile
sarebbe
riconoscere
Bracquemart
e
le
tetre
bande
del
Forestaro
.
Questo
premere
dell
'
esperienza
sulla
fantasia
prova
la
serietà
con
cui
Jünger
ha
sentito
certi
problemi
del
suo
tempo
;
insieme
sollecita
a
un
dialogo
e
propone
alcune
soluzioni
per
i
giovani
venuti
dopo
.
Pellegrini
sottolinea
nella
sua
intelligente
prefazione
il
motivo
di
riscatto
religioso
che
dà
al
libro
un
valore
apostolico
;
e
in
realtà
molti
in
Germania
credono
al
messaggio
di
Jünger
.
Ma
nonostante
i
suoi
significati
religiosi
e
guerrieri
Jünger
appartiene
per
noi
a
una
letteratura
decadente
o
,
se
si
preferisce
,
decaduta
.
Egli
non
ha
nulla
da
dire
alla
nostra
generazione
,
e
i
soldati
tedeschi
che
si
sono
portati
al
fronte
Auf
den
Marmorklippen
accanto
ai
testi
di
Goethe
hanno
commesso
un
grave
errore
di
scelta
.
Nello
stesso
anno
in
cui
usciva
in
Germania
Auf
den
Marmorklippen
,
Elio
Vittorini
pubblicava
in
Italia
Conversazione
in
Sicilia
.
I
due
libri
portano
due
messaggi
assolutamente
diversi
e
significano
nelle
loro
evidenti
allegorie
il
contrasto
di
due
tempi
fra
cui
forse
si
iscriverà
il
segno
di
una
vera
rottura
.
XXIII
.
Il
mondo
offeso
Scrittori
a
Weimar
.
«
A
nome
del
suo
presidente
Hans
Carossa
ho
l
'
onore
di
invitarvi
al
Convegno
dell
'
Unione
degli
scrittori
europei
che
avrà
luogo
a
Weimar
dal
7
all'11
ottobre
»
.
Seguivano
a
queste
parole
frasi
di
circostanza
,
promesse
di
vita
facile
e
la
firma
di
un
funzionario
dell
'
Ambasciata
tedesca
.
Poco
dopo
arrivò
un
biglietto
di
Vittorini
che
era
stato
invitato
anche
lui
e
questa
presenza
di
un
amico
mi
mise
di
buon
umore
;
mandai
un
corretto
telegramma
di
ringraziamento
e
preparai
le
valige
.
La
Germania
è
solenne
quando
si
arriva
dal
Brennero
la
mattina
:
i
prati
sono
freschi
e
le
montagne
imminenti
,
contadine
lavorano
curve
sulla
terra
e
i
vecchi
sono
immobili
accanto
alle
loro
case
aguzze
.
Qualche
prigioniero
si
intravede
lungo
i
binari
e
alle
stazioni
salgono
giovani
soldati
,
ma
non
entrano
nel
paesaggio
inumano
della
montagna
e
nulla
ricorda
il
respiro
affannoso
e
l
'
ansia
precoce
di
altri
paesi
in
guerra
.
Anche
a
Monaco
poco
era
mutato
dalle
ultime
volte
:
soltanto
qualche
vetrina
era
sostituita
da
parti
di
legno
,
segno
probabile
della
incursione
inglese
,
e
su
quelle
ancora
rotte
una
scritta
annunziava
con
brevità
tedesca
:
«
Wer
plündert
wird
erschossen
»
(
Chi
rapina
è
ucciso
)
.
Poi
venne
la
Franconia
calma
e
deserta
,
i
tetti
di
Norimberga
sotto
il
sole
e
le
piccole
stazioni
popolate
di
donne
.
Solo
la
sera
la
terra
diventò
«
nigra
»
,
quando
il
treno
entrò
in
Turingia
in
mezzo
alle
foreste
e
si
avvicinarono
le
città
dai
nomi
claustrali
,
Bebra
,
Fulda
,
Apolda
.
Bisognò
allora
cambiare
in
piccole
stazioni
e
io
caddi
cercando
di
prendere
il
treno
in
corsa
;
peregrinai
per
Jena
in
un
buio
terribile
alla
ricerca
dell
'
Orso
nero
,
e
finalmente
mi
addormentai
fra
le
braccia
dello
stesso
Orso
nero
,
rimandando
al
giorno
dopo
l
'
ultimo
breve
tragitto
.
La
prima
sorpresa
la
mattina
furono
le
facce
familiari
e
assonnate
degli
italiani
:
Cecchi
,
Baldini
e
Falqui
che
aspettavano
allo
stesso
binario
,
accompagnati
da
un
inviato
del
Ministero
della
Propaganda
tedesco
.
Il
barone
Von
Hutten
,
discendente
dell
'
umanista
e
uomo
compitissimo
e
spiritoso
,
fu
per
tutto
il
nostro
soggiorno
un
tutore
estremamente
sollecito
del
nostro
benessere
.
Quel
giorno
dovette
subito
placare
un
piccolo
incidente
con
un
signore
di
aspetto
professorale
che
non
voleva
riconoscere
il
nostro
diritto
allo
scompartimento
riservato
e
protestava
,
in
lingua
aulica
.
Alla
minaccia
di
fare
intervenire
gli
agenti
costui
si
alzò
pronunciando
con
dignità
la
frase
:
«
Cedo
alla
violenza
»
,
e
Cecchi
insistette
per
portarlo
con
noi
a
Weimar
e
presentarlo
al
congresso
,
ma
la
severità
e
l
'
ordine
del
convegno
non
l
'
avrebbero
tollerato
.
Di
quell
'
ordine
severo
e
esemplare
riconoscemmo
i
primi
segni
quando
,
arrivati
all
'
Albergo
dell
'
Elefante
,
luogo
già
famoso
in
tempi
parlamentari
e
ora
rinnovato
per
i
fasti
nazionalsocialisti
,
ci
buttarono
addosso
marchi
,
tagliandi
per
il
vitto
,
programmi
,
biglietti
d
'
ingresso
e
carte
per
il
fumo
.
Restava
appena
il
tempo
per
farsi
la
barba
e
poi
Cecchi
dovette
pronunciare
un
discorso
sullo
stato
della
presente
letteratura
in
Italia
.
Disse
cose
intelligenti
con
voce
sommessa
e
affrettata
e
il
semicerchio
degli
ospiti
riuniti
nella
Sala
del
Camino
si
mosse
concorde
ad
applaudirlo
.
Avevamo
tanta
gente
intorno
a
noi
che
era
difficile
riconoscere
con
chi
si
aveva
a
che
fare
.
Solo
più
tardi
le
successive
relazioni
permisero
di
tracciare
i
confini
nella
complicata
geografia
della
nuova
Europa
;
le
facce
corrisposero
ai
visi
,
gli
interpreti
gettarono
i
primi
ponti
.
Mancava
il
Presidente
,
Carossa
,
malato
in
Italia
,
e
mancava
Papini
;
li
sostituiva
un
piccolo
professore
finlandese
,
Koskenniemi
,
e
dirigeva
le
discussioni
il
segretario
generale
della
società
,
il
romanziere
Rothe
,
uomo
intelligente
e
preciso
,
molto
idoneo
al
suo
compito
.
Le
discussioni
non
dovevano
toccare
per
ora
argomenti
letterari
,
su
cui
sarebbe
stato
difficile
trovare
un
linguaggio
comune
,
ma
ciascuna
delegazione
si
limitava
a
riferire
sull
'
attività
svolta
dalla
società
nel
proprio
paese
.
La
delegazione
italiana
era
una
delle
più
numerose
.
Farinelli
,
magnificamente
spettinato
,
generoso
di
parole
e
di
abbracci
,
pronto
a
rispondere
in
qualsiasi
lingua
a
qualsiasi
allocuzione
,
era
un
capo
esemplare
e
fu
uno
dei
maggiori
successi
del
convegno
.
Cecchi
e
Baldini
,
ritrosi
e
incuriositi
,
tradivano
la
loro
sorpresa
di
fronte
a
una
folla
insolita
:
a
volte
impaziente
Cecchi
,
placido
e
acuto
Baldini
(
confessò
una
sera
che
mai
come
in
mezzo
agli
scrittori
europei
si
era
sentito
Rione
Flaminio
)
.
In
realtà
la
loro
educazione
rondista
non
corrispondeva
al
clima
di
folclore
cosmopolita
che
inevitabilmente
si
era
creato
a
Weimar
;
e
Falqui
aggiungeva
alla
reazione
dei
due
maestri
un
rapido
e
vivace
commento
.
Accanto
agli
accademici
completavano
la
delegazione
Sertoli
,
in
rappresentanza
del
Ministero
,
e
due
professori
non
propriamente
letterati
,
Acito
e
Cogni
provati
amici
della
Germania
.
Due
giorni
prima
della
fine
arrivò
Vittorini
col
suo
aspetto
saraceno
e
il
suo
sorriso
di
uomo
dritto
.
Con
lui
,
che
non
parlava
la
lingua
ma
faceva
ugualmente
amicizie
e
si
intendeva
con
tutti
,
si
passò
una
piacevole
serata
in
compagnia
dei
francesi
e
di
una
giovane
e
civilissima
editrice
di
Berlino
,
Toni
Muller
.
Per
la
Francia
erano
venuti
Chardonne
e
Drieu
La
Rochelle
;
svagato
e
mondano
il
primo
,
chiuso
il
secondo
in
un
ironico
riserbo
come
conveniva
all
'
uomo
che
si
proclamava
il
più
intelligente
del
congresso
.
Li
accompagnavano
Thérive
,
il
critico
del
«
Temps
»
,
e
due
giovani
,
Blond
e
Fraigneau
:
gente
vivace
e
in
complesso
civile
,
per
quanto
di
una
civiltà
più
di
costume
che
di
cultura
.
La
Spagna
era
rappresentata
da
tre
signori
in
uniforme
nera
,
coperti
delle
più
rutilanti
decorazioni
che
io
avessi
mai
visto
,
parchi
di
parole
e
animati
nei
gesti
(
si
facevano
il
segno
della
croce
a
ogni
partenza
di
treno
)
.
Per
la
Svizzera
c
'
era
Knittel
,
sanguigno
e
massiccio
come
i
suoi
libri
;
per
il
Belgio
,
d
'
Hubermont
,
qualche
olandese
e
qualche
fiammingo
.
Ma
il
tono
fondamentale
era
dato
dai
balcanici
e
dagli
scandinavi
i
quali
riempivano
tre
quarti
dei
seggi
con
le
loro
donne
e
i
loro
costumi
,
le
loro
barbe
e
i
loro
premi
Nobel
.
Intendersi
con
questa
gente
sul
piano
letterario
non
era
facile
.
Gli
interpreti
riducevano
in
italiano
e
in
tedesco
i
diversi
idiomi
europei
,
ma
la
diversità
degli
accenti
restava
fortissima
,
e
fra
il
discorso
moderato
di
Cecchi
e
quello
successivo
di
uno
scrittore
norvegese
il
quale
compose
una
specie
di
rapsodia
sulla
storia
della
sua
terra
e
parlò
delle
rune
e
degli
scaldi
e
della
futura
Norvegia
come
grande
potenza
dello
spirito
,
i
punti
di
contatto
erano
minimi
.
Così
l
'
augurio
finale
di
Karl
Rothe
che
nella
prossima
riunione
si
potesse
parlare
di
libri
e
di
programmi
culturali
senza
uniformi
e
senza
fotografi
,
fu
accolto
con
un
applauso
amichevole
e
sfiduciato
.
A
Weimar
i
fotografi
imperavano
.
E
tuttavia
la
parte
delle
uniformi
e
delle
insegne
non
fu
senza
interesse
per
chi
sapesse
subire
il
difficile
tirocinio
del
cerimoniale
tedesco
.
Ci
furono
innumerevoli
brindisi
e
innumerevoli
discorsi
,
gite
e
concerti
.
(
Una
gita
molto
bella
a
Eisenach
per
visitare
la
Wartburg
che
come
edificio
ha
la
caratteristica
di
molti
monumenti
storici
tedeschi
,
di
essere
cioè
una
rocca
medioevale
fatta
quasi
interamente
nel
secolo
scorso
,
ma
conserva
il
ricordo
di
Lutero
e
domina
bellissime
foreste
)
.
E
sullo
sfondo
di
queste
fitte
giornate
vedemmo
muoversi
e
funzionare
la
grande
macchina
tedesca
.
Diretti
egregiamente
dal
dottor
Hövel
del
Ministero
della
Propaganda
,
pochi
fiduciari
e
qualche
ragazza
provvedevano
ai
compiti
della
giornata
,
organizzavano
viaggi
e
partenze
,
distribuivano
denaro
,
subivano
i
capricci
degli
ospiti
.
Cameriere
energiche
e
veloci
servivano
a
tavola
con
l
'
impeto
delle
truppe
d
'
assalto
,
e
alle
porte
montavano
la
guardia
ragazzi
della
Hitler
-
Jugend
,
dritti
sulle
gambe
lunghe
,
silenziosi
e
ubbidienti
nelle
loro
uniformi
nere
.
Quella
era
la
Germania
,
un
'
immagine
ridotta
e
familiare
dell
'
altra
più
aspra
che
combatte
a
Oriente
,
ma
simile
nella
struttura
interiore
e
nei
caratteri
umani
.
Quanto
ai
poeti
,
i
tedeschi
che
erano
numerosissimi
,
svolgevano
le
loro
riunioni
separati
e
noi
eravamo
loro
ospiti
solo
nelle
occasioni
più
solenni
;
così
non
fu
sempre
possibile
raggiungere
chi
si
voleva
conoscere
e
vedere
i
pochi
a
cui
era
giusto
attribuire
un
valore
letterario
.
Mancavano
i
due
maggiori
,
Carossa
e
Jünger
,
e
qualche
altro
non
era
stato
invitato
:
dei
nomi
più
noti
in
Italia
c
'
erano
Mechow
e
Alverdes
,
Biscoff
,
Britting
,
la
Miegel
.
C
'
erano
i
due
capi
della
letteratura
ufficiale
,
Blunck
e
Johst
,
e
c
'
era
il
giovane
lirico
Gerhard
Schumann
in
uniforme
di
generale
delle
SA
.
Uno
dopo
l
'
altro
i
veri
protagonisti
delle
riunioni
salivano
sul
podio
nella
casa
del
partito
e
pronunciavano
un
discorso
;
le
loro
relazioni
,
ascoltate
con
molto
rispetto
e
definite
,
spesso
non
a
torto
,
«
fabelhaft
»
,
avevano
carattere
prevalentemente
politico
:
così
Dwinger
parlò
sul
bolscevismo
come
minaccia
per
la
civiltà
e
Schumann
sulla
poesia
di
guerra
.
Finalmente
domenica
11
ottobre
,
ultimo
giorno
del
congresso
,
scrittori
tedeschi
e
ospiti
stranieri
si
riunirono
per
partecipare
all
'
atto
ufficiale
di
chiusura
.
Lo
scenario
cambiò
di
colpo
come
nell
'
epilogo
di
un
dramma
barocco
:
il
tono
dimesso
e
democratico
delle
sedute
in
albergo
cedette
al
più
rigido
stile
totalitario
e
i
signori
che
erano
stati
accanto
a
noi
in
comune
abito
grigio
si
coprirono
a
un
tratto
di
aquile
e
di
nastrini
.
La
grande
sala
della
Weimarhalle
era
pavesata
di
bandiere
:
il
rosso
e
l
'
oro
dei
generali
splendevano
nelle
prime
file
tra
le
giacche
nere
degli
scrittori
europei
.
Un
'
orchestra
si
era
disposta
immobile
intorno
all
'
arengario
e
lampi
di
magnesio
diffondevano
brividi
dalle
gallerie
in
alto
.
«
Soldaten
und
Fahnen
,
hoch
!
»
gridò
il
più
elevato
dei
gerarchi
presenti
ed
entrò
Goebbels
col
suo
passo
strascicato
e
un
seguito
di
personaggi
in
uniforme
.
Quindi
la
sala
si
ricompose
lentamente
mentre
l
'
orchestra
suonava
musiche
militari
.
Parlò
per
primo
il
Gauleiter
della
Turingia
,
Sauckel
,
il
quale
,
salutato
il
ministro
,
definì
i
nemici
contro
i
quali
combatte
l
'
Asse
:
bolscevismo
,
democrazia
,
giudaismo
,
americanismo
.
Poi
parlò
Johst
,
presidente
della
Camera
degli
scrittori
del
Reich
e
ripeté
l
'
assicurazione
del
Führer
che
da
questa
guerra
non
sarebbero
usciti
stati
borghesi
.
L
'
orchestra
eseguì
i
preludi
di
Liszt
che
simboleggiano
la
campagna
orientale
,
e
finalmente
salì
sul
podio
Goebbels
e
con
la
sua
voce
misurata
e
precisa
espose
agli
scrittori
le
direttive
del
terzo
Reich
.
La
parte
più
importante
del
discorso
fu
quella
polemica
:
in
Germania
si
disprezzano
gli
scrittori
che
scrivono
per
fini
estetici
,
lo
scrittore
che
resta
accanto
o
dietro
al
proprio
tempo
non
ha
diritto
di
esistere
.
Il
ministro
si
rallegrò
quindi
del
gran
numero
di
libri
e
di
altri
scritti
pubblicati
sulla
guerra
e
concluse
con
l
'
affermazione
più
volte
ripetuta
che
questa
che
si
combatte
non
è
solo
una
guerra
di
forze
materiali
ma
soprattutto
un
conflitto
di
spiriti
.
Così
la
guerra
,
che
per
qualche
giorno
era
stata
tenuta
lontano
dai
discorsi
cosmopoliti
,
ma
che
era
ancora
alta
su
quegli
uomini
e
dominava
il
loro
avvenire
,
tornò
fra
noi
come
l
'
ospite
principale
.
Il
giorno
fu
ancora
preso
da
riunioni
e
concerti
,
ma
la
mattina
dopo
rimasi
solo
a
Weimar
con
Vittorini
,
e
nella
città
vuota
di
ospiti
e
priva
di
bandiere
i
simboli
della
crisi
apparvero
più
scoperti
e
palesi
.
Goethe
e
Schiller
erano
nascosti
sotto
una
casupola
di
mattoni
,
finti
libri
erano
esposti
nelle
vetrine
e
le
donne
passeggiavano
sole
nel
vecchio
parco
di
Weimar
.
Con
Vittorini
che
conosce
«
il
mondo
offeso
»
fu
facile
parlare
di
quegli
argomenti
che
un
congresso
della
letteratura
europea
non
può
affrontare
;
della
letteratura
come
una
onesta
vocazione
,
e
soprattutto
dell
'
Europa
:
una
cosa
che
ci
pareva
troppo
grande
e
incerta
e
afflitta
perché
trecento
signori
riuniti
a
Weimar
nell
'
ottobre
1942
potessero
parlare
in
suo
nome
.
1943
XXIV
.
L
'
ultima
esperienza
francese
I
.
Profeti
senza
fede
.
Vichy
,
gennaio
Mentre
il
fascismo
francese
manifesta
la
sua
inanità
nelle
modeste
prove
dei
partiti
totalitari
di
Doriot
e
di
Déat
e
la
situazione
politica
della
Francia
si
precisa
sempre
meglio
come
una
situazione
di
puro
attesismo
(
a
Vichy
si
parla
di
«
quelques
chefs
indignes
»
;
ma
è
opportuno
ricordare
che
tutti
i
capi
militari
del
Nord
Africa
,
gli
uomini
cioè
meglio
qualificati
per
il
loro
lealismo
e
la
loro
devozione
a
Pétain
sono
passati
in
massa
alla
dissidenza
dopo
lo
sbarco
americano
)
,
si
va
affermando
in
alcuni
ceti
della
cultura
francese
un
fascismo
ideologico
,
una
dottrina
o
tendenza
fascista
,
che
ha
ormai
una
breve
tradizione
e
si
appoggia
a
qualche
nome
significativo
.
Montherlant
e
Drieu
La
Rochelle
sono
i
due
esempi
più
notevoli
di
questo
atteggiamento
intellettuale
e
Bénoist
-
Méchin
è
l
'
uomo
che
lo
ha
sostenuto
con
più
fortuna
sul
terreno
politico
fino
alla
sua
recente
caduta
.
A
questi
maestri
e
precursori
si
ispirano
diversi
gruppi
di
giovani
i
quali
,
anche
se
divisi
dai
loro
programmi
immediati
,
sono
però
riconoscibili
per
certi
caratteri
comuni
:
irrazionalismo
,
culto
della
forza
e
dell
'
onore
,
sentimenti
antidemocratici
,
imperialismo
come
meta
ultima
e
collaborazione
con
la
Germania
come
meta
vicina
.
Non
si
può
dire
in
complesso
che
si
tratti
di
un
fenomeno
imprevedibile
né
di
forze
nuove
venute
ora
a
maturazione
:
sono
piuttosto
voci
della
vecchia
Francia
che
si
perdevano
un
tempo
nel
confuso
clamore
della
terza
repubblica
e
che
,
per
essere
ora
le
sole
autorizzate
e
quelle
che
corrispondono
alla
congiuntura
politica
,
hanno
preso
un
tono
più
alto
e
s
'
impongono
all
'
attenzione
del
pubblico
.
Un
tipico
esponente
di
questa
sitoazione
è
Alfred
Fabre
-
Luce
.
Fabre
-
Luce
è
un
isolato
nella
vita
politica
e
un
signore
nella
vita
civile
.
Ancora
di
recente
Drieu
La
Rochelle
in
un
corsivo
della
«
Nouvelle
Revue
Française
»
,
intitolato
chi
sa
perché
Libéraux
,
faceva
delle
varianti
su
questa
condizione
di
patrizio
di
Fabre
-
Luce
,
che
per
molto
tempo
gli
ha
alienato
la
simpatia
della
critica
e
lo
ha
confinato
in
un
'
aura
di
dilettantismo
.
Egli
stesso
del
resto
contribuiva
a
questa
fama
disperdendo
la
sua
attività
in
tutte
le
zone
della
cultura
e
dedicandosi
alla
narrativa
,
al
teatro
e
alla
critica
,
con
esito
sempre
discutibile
.
Solo
dopo
la
guerra
Fabre
-
Luce
ha
puntato
decisamente
sul
suo
talento
politico
e
,
oltre
a
qualche
saggio
minore
,
ha
scritto
quella
fortunatissima
cronaca
della
vita
francese
dal
'39
al
'42
che
si
chiama
appunto
Journal
de
la
France
ed
è
uno
dei
libri
più
venduti
e
più
letti
degli
ultimi
anni
.
Il
Journal
è
un
libro
prezioso
per
seguire
l
'
evoluzione
degli
avvenimenti
e
delle
idee
nella
Francia
di
Pétain
e
,
benché
scritto
in
modo
un
po
'
ornato
e
pittoresco
(
letterariamente
Fabre
-
Luce
è
un
adepto
di
Giraudoux
)
,
rivela
una
mano
di
giornalista
non
comune
.
Quanto
ai
sentimenti
dell
'
autore
,
si
avverte
quella
inclinazione
a
destra
che
,
variamente
mascherata
,
è
poi
l
'
impronta
caratteristica
degli
uomini
della
sua
classe
e
dei
suoi
gusti
.
Tuttavia
per
indicare
con
esattezza
una
situazione
spirituale
il
Journal
non
basta
;
la
stessa
abilità
con
cui
è
scritto
lo
rende
evasivo
e
sfuggente
.
Fabre
-
Luce
ha
rimediato
a
questa
lacuna
dandoci
ora
un
libro
che
dovrebbe
essere
il
documento
migliore
per
intendere
ragioni
e
propositi
dei
suoi
compagni
di
dottrina
;
questa
Anthologie
de
l
'
Europe
nouvelle
(
Plon
,
1942
)
,
che
raccoglie
le
pagine
più
significative
dei
nuovi
classici
,
indica
i
profeti
e
le
guide
a
cui
dovrebbe
rivolgersi
la
gioventù
del
dopoguerra
.
Il
libro
si
apre
con
un
capitolo
che
è
intitolato
Realismo
e
che
con
il
solito
Machiavelli
e
il
solito
Nietzsche
e
un
insolito
e
ambiguo
Pascal
mette
insieme
una
professione
di
fede
di
pessimismo
generico
.
Ora
,
è
bene
forse
chiarire
un
punto
che
trascende
di
molto
l
'
importanza
del
signor
Fabre
-
Luce
e
delle
sue
idee
sull
'
avvenire
d
'
Europa
.
Si
può
essere
pessimisti
riguardo
ai
tempi
e
alle
circostanze
,
riguardo
alle
sorti
di
un
paese
o
di
una
classe
,
riguardo
a
questi
o
a
quegli
uomini
,
ma
non
si
può
essere
pessimisti
riguardo
all
'
uomo
.
Non
lo
si
può
,
almeno
quando
si
vuol
fare
della
politica
sul
serio
,
essere
cioè
uomini
prima
di
tutto
.
Un
tale
atteggiamento
che
una
moda
in
decadenza
si
ostina
a
considerare
sano
e
virile
,
è
soltanto
stupido
:
noi
abbiamo
superato
,
sì
,
l
'
ottimismo
dogmatico
di
Rousseau
,
come
questa
gente
non
si
stanca
di
ripetere
,
ma
non
abbiamo
scordato
che
tutte
le
grandi
rivoluzioni
sono
state
fatte
da
uomini
i
quali
credevano
nell
'
uomo
,
che
volevano
mutarlo
e
costringerlo
,
ma
che
in
definitiva
volevano
aiutarlo
.
A
che
scopo
altrimenti
fare
una
rivoluzione
e
non
legarsi
una
pietra
al
collo
e
buttarsi
in
mare
?
Così
il
vero
elemento
discriminatore
fra
rivoluzione
e
reazione
,
questo
sottile
sostegno
del
giudizio
storico
,
potrà
apparire
alla
nostra
coscienza
chiuso
nella
più
semplice
delle
formule
:
la
sorte
dell
'
uomo
di
fronte
ai
suoi
simili
.
Il
preteso
realismo
dei
rivoluzionari
decadenti
li
porta
invece
a
scegliersi
come
maestri
sociologi
invecchiati
e
politici
senza
fortuna
,
uomini
che
dalla
loro
stessa
inerzia
hanno
tratto
ispirazione
a
fantasie
e
progetti
di
potere
.
Dopo
un
inizio
così
netto
la
scelta
di
Fabre
-
Luce
non
lascia
molte
sorprese
.
I
nomi
che
si
susseguono
nei
diversi
capitoli
del
libro
appartengono
a
una
medesima
costellazione
politica
o
vi
sono
assunti
con
atto
arbitrario
(
Péguy
e
Georges
Sorel
,
secondo
la
distinzione
che
si
è
fatta
prima
,
restano
come
rivoluzionari
di
fronte
alla
storia
,
Nietzsche
è
troppo
vario
e
complesso
per
servire
da
trampolino
a
questi
esercizi
;
ma
H
.
S
.
Chamberlain
,
Spengler
,
Unamuno
,
Maurras
appartengono
a
una
sola
categoria
di
disordine
intellettuale
e
di
debolezza
umana
e
Jacques
Chardonne
,
che
Fabre
-
Luce
cita
coraggiosamente
sotto
il
titolo
Socialismo
antimarxista
,
è
soltanto
un
romanziere
di
second
'
ordine
che
fa
ridere
contrapposto
a
Marx
)
.
Il
compilatore
nota
nella
prefazione
che
la
parte
degli
anglosassoni
nella
formazione
delle
nuove
ideologie
sembra
essere
molto
modesta
,
mentre
Francia
e
Germania
vi
avrebbero
contribuito
più
di
tutte
le
altre
nazioni
.
E
il
merito
concreto
di
un
libro
di
questo
genere
dovrebbe
essere
almeno
quello
di
riavvicinare
la
cultura
francese
alla
tedesca
,
di
colmare
così
un
lungo
e
dannoso
silenzio
.
Ma
a
tutti
è
chiaro
che
la
cultura
tedesca
non
è
quella
rappresentata
in
queste
pagine
da
due
brani
di
Goethe
e
di
Nietzsche
e
da
tutte
le
povere
apparizioni
del
momento
:
i
Grimm
,
i
Kolbenheyer
,
gli
Dwinger
,
che
Fabre
-
Luce
presenta
con
l
'
ingenua
soddisfazione
del
neofita
.
E
come
l
'
autore
e
i
suoi
compagni
di
dottrina
non
hanno
riconosciuto
la
vera
tradizione
della
civiltà
tedesca
nelle
sue
forme
storiche
,
così
non
sono
riusciti
a
penetrare
l
'
essenza
della
Germania
di
oggi
,
di
quella
Germania
di
cui
pure
cercano
l
'
appoggio
e
ammirano
l
'
esempio
.
Essi
si
sono
fermati
nella
loro
ricerca
a
una
zona
tutta
esterna
di
polemica
ideologica
,
che
corrisponde
se
mai
alla
fase
preparatoria
del
nazionalsocialismo
.
Con
i
tedeschi
in
casa
non
si
sono
accorti
del
grande
mutamento
che
la
guerra
,
vera
prova
di
una
rivoluzione
,
ha
portato
in
Germania
,
semplificando
i
rapporti
e
riducendo
il
paese
a
uno
stato
elementare
di
tensione
da
cui
è
lontano
ogni
schema
ideologico
.
I
soldati
che
traversano
le
stazioni
d
'
Europa
carichi
d
'
inverosimili
bagagli
,
obbedienti
e
tranquilli
,
quegli
ufficiali
delle
SS
i
quali
trascorrono
le
loro
vacanze
pilotando
apparecchi
da
bombardamento
,
hanno
superato
Möller
van
der
Bruck
non
meno
di
Kant
,
non
sono
soltanto
fuori
di
un
'
ideologia
,
ma
fuori
dell
'
ideologia
.
Per
comprendere
questo
fenomeno
non
è
necessario
forse
leggere
tutto
Il
tramonto
dell
'
Occidente
,
ma
piuttosto
rivivere
lo
stato
febbrile
,
la
povertà
,
l
'
angoscia
da
cui
è
nato
il
terzo
Reich
.
Esperienze
tutte
estranee
e
incomprensibili
per
gli
uomini
educati
nella
Francia
fra
le
due
guerre
,
paese
delle
violenze
verbali
e
delle
caute
attese
.
2
.
La
decadenza
comune
.
Vichy
,
maggio
Se
questi
anni
di
confusione
e
di
equivoci
,
di
povertà
e
di
paura
,
vorranno
tuttavia
essere
ricordati
nella
storia
di
Francia
,
se
questo
paese
,
percorso
da
soldati
stranieri
e
logorato
dall
'
opportunismo
,
vorrà
lasciare
un
suo
magro
segno
ideologico
,
il
nome
di
Drieu
La
Rochelle
vi
sarà
certo
legato
.
Come
tutti
i
protagonisti
della
«
Révolution
nationale
»
,
egli
è
un
rappresentante
genuino
dei
tempi
che
si
vogliono
negare
(
giacché
la
caratteristica
di
questa
curiosa
rivoluzione
,
dove
i
marescialli
nonagenari
hanno
avuto
la
meglio
sui
generali
settantenni
,
è
di
essere
fatta
di
«
refou
-
lements
»
e
di
risacche
:
una
rivoluzione
di
cui
tutti
i
capipopolo
sono
Philippe
Égalité
)
.
Come
la
maggior
parte
di
loro
egli
è
un
protagonista
involontario
,
e
credo
che
sarebbe
per
il
primo
molto
scontento
di
sentirsi
citare
in
questi
termini
e
in
questa
compagnia
.
Pure
,
quando
nella
propria
vita
si
fa
della
politica
intellettuale
,
bisogna
rassegnarsi
ai
pericolosi
soprassalti
della
macchina
politica
,
e
oggi
Drieu
La
Rochelle
si
trova
auotomaticamente
al
centro
di
un
mondo
di
interessi
e
di
opinioni
a
cui
è
forse
lontano
dal
dare
il
proprio
consenso
.
Soravvissuto
al
crollo
dei
monumenti
repubblicani
,
invocato
ai
giovani
come
maestro
,
direttore
del
maggiore
organo
della
cultura
francese
militante
,
la
«
Nouvelle
Revue
Française
»
,
egli
deve
assumere
per
forza
certi
impegni
e
certe
responsabilità
.
Questa
è
la
giusta
conclusione
di
una
carriera
intellettuale
sempre
leggermente
pervertita
,
che
lo
ha
portato
a
credere
in
formule
negative
e
a
vedere
in
Jacques
Doriot
il
vero
rivoluzionario
dei
nostri
tempi
.
Pure
la
sua
eresia
non
merita
una
condanna
sommaria
,
perché
nel
corso
della
sua
lunga
avventura
Drieu
ha
avuto
almeno
un
merito
:
ha
salvato
una
lucidità
di
idee
e
una
esattezza
di
termini
che
mancano
di
solito
agli
eresiarchi
e
che
permettono
una
precisa
valutazione
del
suo
errore
.
Rifacevo
questa
constatazione
leggendo
la
prefazione
scritta
nel
'42
alla
nuova
edizione
integrale
di
Gilles
,
una
lucida
e
intelligente
prefazione
a
un
brutto
romanzo
.
Gilles
è
brutto
per
molte
ragioni
:
intanto
è
uno
degli
esempi
più
cospicui
di
quella
che
si
potrebbe
chiamare
«
l
'
illusione
del
romanzo
»
prosperata
con
la
NRF
.
Si
sa
l
'
importanza
preponderante
che
quel
gruppo
di
scrittori
accordò
al
romanzo
attraverso
una
discutibile
poetica
:
praticamente
il
romanzo
,
portato
a
un
limite
estremo
di
ibridismo
,
divenne
il
pretesto
buono
a
tutti
per
raccontare
le
proprie
faccende
private
o
per
esporre
le
proprie
idee
generali
.
Gilles
è
un
caso
tipico
di
questa
doppia
deviazione
;
e
del
resto
la
critica
più
avveduta
l
'
ha
riconosciuto
fin
dal
primo
momento
negandogli
ogni
merito
come
opera
narrativa
.
Ma
questa
constatazione
indurrebbe
semplicemente
a
non
parlarne
:
io
credo
invece
che
di
Gilles
si
debba
parlare
,
perché
questo
libro
,
che
racconta
la
vita
di
un
francese
fra
le
due
guerre
e
in
cui
evidentemente
molti
francesi
si
sono
riconosciuti
(
se
ne
sono
fatte
27
edizioni
)
,
è
uno
dei
documenti
più
precisi
e
convincenti
sul
costume
francese
degli
ultimi
venti
anni
.
Drieu
stesso
si
rende
conto
dell
'
importanza
principalmente
polemica
del
suo
libro
quando
nella
prefazione
porta
prima
di
tutto
la
discussione
sul
terreno
morale
.
«
Mi
sono
trovato
come
tutti
gli
altri
scrittori
contemporanei
di
fronte
a
un
fatto
schiacciante
:
la
decadenza
»
.
Questo
è
il
presupposto
del
libro
a
cui
è
indispensabile
risalire
per
comprenderne
certi
aspetti
essenziali
.
La
povertà
di
sangue
e
la
miseria
morale
di
una
società
a
cui
l
'
uomo
solo
non
può
sfuggire
sono
i
motivi
su
cui
Drieu
ha
costruito
il
suo
romanzo
saggio
.
E
questa
povertà
di
sangue
,
questa
miseria
morale
risultano
benissimo
dalla
triste
vicenda
di
Gilles
,
dalla
celebrazione
di
una
gente
erotica
e
finanziaria
,
annegata
nell
'
adulteno
e
nel
traffico
politico
,
sempre
più
lontana
da
un
'
immagine
concreta
dell
'
uomo
.
Ma
quello
che
forse
Drieu
non
sospetta
è
quanto
egli
stesso
sia
complice
di
quella
miseria
,
indissolubilmente
legato
ai
suoi
personaggi
da
una
comunità
di
linguaggio
e
di
gusti
che
lo
tradisce
come
una
somiglianza
fisionomica
.
Egli
pretende
di
scrivere
la
satira
della
borghesia
francese
,
ma
la
satira
presuppone
un
distacco
netto
,
l
'
appartenenza
a
una
sfera
che
ha
già
rotto
i
ponti
con
il
mondo
che
si
vuole
rappresentare
.
Hemingway
ha
descritto
ambienti
e
persone
in
preda
a
un
'
orribile
decadenza
,
ma
vi
è
passato
attraverso
netto
come
il
suo
linguaggio
,
e
chi
chiude
The
Sun
Also
Rises
si
sente
fresco
e
tranquillo
come
dopo
la
più
onesta
delle
letture
.
Così
in
Francia
il
pessimismo
totale
di
Jean
-
Paul
Sartre
,
in
Italia
l
'
acredine
del
primo
Moravia
sono
molto
meno
corrotti
di
questo
libro
politico
,
perché
suppongono
appunto
una
satira
risoluta
e
sincera
.
Drieu
al
contrario
è
profondamente
radicato
in
un
mondo
di
cui
vede
l
'
insufficienza
:
vi
dedica
la
sua
amara
ironia
,
ma
non
osa
fare
un
gesto
per
liberarsene
.
E
qui
è
la
nozione
stessa
di
decadenza
che
viene
in
causa
e
determina
una
variazione
.
La
decadenza
non
è
mai
un
fatto
«
écrasant
»
per
l
'
individuo
,
è
sempre
un
fatto
possibile
che
si
tratta
di
subire
o
di
respingere
.
Nella
sua
prefazione
Drieu
rimprovera
ad
altri
scrittori
contemporanei
l
'
evasione
dal
loro
mondo
naturale
per
paura
di
cedere
ai
pericoli
circostanti
.
Ma
quella
evasione
indica
appunto
la
vitalità
delle
reazioni
di
un
uomo
contro
le
insidie
sociali
:
Malraux
che
cerca
in
Cina
e
in
Spagna
quei
motivi
umani
che
non
trova
in
Francia
è
un
esempio
positivo
,
ed
è
per
questo
che
L
'
espoir
resterà
come
un
libro
edificante
,
mentre
Gilles
sarà
appena
l
'
ultima
celebrazione
di
una
crisi
senza
uscite
.
Tale
problema
della
decadenza
di
un
uomo
e
di
una
società
è
immanente
sull
'
orizzonte
politico
europeo
,
e
il
desiderio
di
discuterlo
la
sola
origine
di
questo
commento
.
Esso
ci
tocca
tutti
in
quanto
figli
e
partecipi
di
una
civiltà
borghese
,
ed
è
tanto
più
necessario
meditarlo
di
fronte
a
uomini
come
Drieu
,
Montherlant
o
Ernst
Jünger
che
ce
ne
offrono
soluzioni
ingannevoli
e
vestono
di
ambigue
parole
la
semplice
figura
della
rivoluzione
.
XXV
.
La
lotta
contro
gli
idoli
Americana
.
Un
libro
conta
sempre
per
quello
che
non
si
propone
,
per
quel
margine
di
imprevisto
che
contiene
in
sé
come
una
riserva
di
energia
e
di
vigore
.
Così
l
'
antologia
di
Vittorini
,
Americana
,
apparsa
in
una
raccolta
di
opere
di
carattere
divulgativo
e
facile
a
confondersi
in
una
nozione
critica
comune
.
Quando
si
parla
di
narrativa
tedesca
o
di
teatro
religioso
si
allude
a
un
'
unità
scolastica
,
a
un
pretesto
di
cultura
.
Ma
il
libro
di
cui
vogliamo
parlare
conta
per
un
significato
diverso
:
vale
come
il
messaggio
disinvolto
di
un
popolo
a
chi
è
lontano
dalle
sue
rive
e
la
risposta
orgogliosa
dell
'
America
ai
problemi
del
mondo
nuovo
.
Questa
è
stata
almeno
la
riuscita
di
Vittorini
,
e
su
questa
riuscita
polemica
si
può
iniziare
un
discorso
più
vivo
di
quello
che
spetterebbe
a
una
semplice
antologia
di
testi
.
Americana
:
la
brevità
del
nome
suggella
la
ricchezza
delle
intenzioni
,
evoca
la
fantasia
dei
viaggiatori
piuttosto
che
lo
studio
dei
filologi
.
L
'
America
è
stata
sempre
da
noi
oggetto
di
una
valutazione
unitaria
:
forse
la
sua
compattezza
geografica
e
la
distanza
sul
mare
hanno
contribuito
a
creare
questo
mito
di
un
paese
che
cresce
come
un
unico
corpo
e
si
configura
e
si
atteggia
secondo
abitudini
proprie
.
Emigranti
arrivavano
da
tutte
le
terre
d
'
Europa
,
ma
la
grande
voce
dell
'
America
copriva
presto
il
frastuono
delle
lingue
diverse
e
confondeva
in
un
'
unica
razza
i
popoli
lontani
.
Architetture
sorgevano
di
fronte
ai
due
oceani
diverse
da
quelle
delle
nostre
città
.
E
quando
questo
slancio
del
vivere
superò
la
sua
fase
iniziale
,
uscì
dalle
praterie
e
dalle
miniere
per
farsi
industria
e
potenza
,
la
curiosità
indulgente
degli
europei
si
coprì
di
un
tono
polemico
,
finché
parve
a
qualcuno
che
un
vero
conflitto
fosse
sorto
tra
le
due
civiltà
,
simile
all
'
urto
violento
e
inevitabile
delle
età
successive
.
Questo
complesso
di
diffidenza
e
di
curiosità
trovò
altrove
la
sua
espressione
naturale
in
una
ricca
sociologia
;
soprattutto
dopo
la
guerra
,
quando
l
'
America
entrò
da
vicino
nella
vita
europea
e
impose
i
propri
gusti
e
le
proprie
tendenze
.
Allora
si
studiò
questo
astratto
nei
suoi
fenomeni
più
appariscenti
,
la
democrazia
totale
e
il
cinematografo
,
la
musica
negra
e
i
cartelli
industriali
;
altri
processi
restarono
indistinti
nell
'
ombra
,
troppo
embrionali
o
discosti
per
colpire
occhi
non
esercitati
.
Da
noi
in
Italia
la
sociologia
non
fiorisce
,
e
le
relazioni
fra
i
due
popoli
rimasero
allo
stato
grezzo
dei
rapporti
di
massa
:
influenzate
dalla
povertà
degli
emigranti
,
dagli
aspetti
più
chiassosi
della
pubblicità
.
Pure
la
forma
America
era
ormai
troppo
netta
all
'
orizzonte
per
non
suscitare
la
curiosità
degli
intellettuali
;
e
accanto
a
libri
lirici
,
come
quello
di
Soldati
,
e
ai
documenti
inespressivi
del
giornalismo
politico
,
uscì
qualche
anno
fa
America
amara
,
primo
saggio
importante
delle
reazioni
della
nostra
intelligenza
alle
forme
ormai
mature
della
cultura
americana
.
America
amara
è
un
libro
esemplare
.
Puro
di
linguaggio
come
pochi
scrittori
europei
e
sensibile
al
valore
della
parola
attraverso
una
sottile
educazione
letteraria
,
Cecchi
porta
con
sé
i
limiti
della
«
regione
»
:
subisce
lo
spazio
come
un
ostacolo
invalicabile
.
La
Toscana
,
questa
regione
troppo
civile
,
è
presente
in
ogni
suo
giudizio
,
e
le
figure
ormai
consuete
del
paesaggio
toscano
sono
il
limite
di
ogni
altra
terra
.
Viaggiatore
instancabile
,
egli
è
uno
degli
uomini
meno
capaci
di
adattarsi
alle
sorprese
del
viaggio
,
uno
dei
più
ostinatamente
rinchiusi
nei
pregiudizi
di
una
sola
patria
.
Accanto
a
questa
inferiorità
geografica
Cecchi
è
trattenuto
nel
suo
giudizio
politico
da
un
'
altra
remora
:
la
caratteristica
inettitudine
della
sua
generazione
a
comprendere
tutti
quei
valori
che
sfuggono
all
'
apprezzamento
estetico
,
la
tendenza
a
convertire
i
fatti
del
costume
in
pura
curiosità
e
le
situazioni
sociali
in
moti
della
fantasia
.
Questa
disposizione
può
essere
in
uno
scrittore
motivo
di
superiorità
e
infatti
ha
liberato
la
letteratura
del
nostro
secolo
da
faticosi
complessi
ideologici
e
le
ha
dato
un
nuovo
respiro
;
ma
è
insieme
il
primo
sintomo
di
oscuri
pericoli
.
Da
noi
ha
coinciso
,
dopo
l
'
esaurimento
di
poche
esperienze
più
coraggiose
(
«
La
Voce
»
,
Gobetti
)
,
con
l
'
affermazione
di
una
scuola
la
cui
eredità
si
è
presto
consumata
e
il
cui
maggior
torto
storico
sarà
di
aver
vissuto
in
pacifica
contemporaneità
col
fascismo
.
In
Francia
,
madrepatria
di
tutte
le
colonie
letterarie
moderne
,
lo
stesso
fenomeno
ha
conosciuto
casi
più
cospicui
e
convincenti
.
Si
pensi
all
'
assoluta
infondatezza
delle
pretese
politiche
di
Gide
,
alla
debolezza
di
Valéry
quando
si
avventura
a
discutere
di
cose
temporali
,
all
'
amabile
e
infruttuoso
arabesco
tracciato
da
Giraudoux
in
Pleins
pouvoirs
.
La
critica
di
Cecchi
,
come
quella
di
tutti
costoro
,
rigorosa
e
talvolta
perfetta
sul
piano
orizzontale
della
pagina
,
non
ha
alcuna
validità
quando
cerca
di
svilupparsi
in
altre
dimensioni
,
quando
abbandona
il
terreno
familiare
della
variazione
per
tentare
quello
,
più
aspro
del
giudizio
.
Si
assiste
allora
al
vano
spettacolo
dello
scenografo
che
vuol
rendere
abitabili
le
sue
pareti
,
del
matematico
indotto
a
portare
le
sue
formule
sulle
sabbie
mobili
dell
'
economia
politica
.
Solo
ragioni
così
forti
,
e
un
'
altra
che
non
possiamo
discutere
,
ma
che
decide
in
definitiva
di
ogni
controversia
-
l
'
età
che
ci
separa
-
possono
spiegare
il
contrasto
nato
fra
le
nostre
intelligenze
su
questo
nome
di
America
.
Perché
dove
Cecchi
ha
raccolto
scrupolosamente
un
museo
di
orrori
,
dove
ha
isolato
malattie
e
decadenza
e
riconosciuto
un
mondo
a
cui
è
impossibile
prestar
fede
,
noi
abbiamo
sentito
una
voce
profondamente
vicina
,
quella
di
veri
amici
e
dei
primi
contemporanei
.
Vuoti
e
oscurità
sono
stati
colmati
nella
nostra
anima
dalla
presenza
di
questa
America
.
I
miti
dell
'
infanzia
,
logorati
in
una
scolorita
tradizione
dialettale
e
bonaria
,
risorgono
più
candidi
e
freschi
sulle
autostrade
d
'
America
.
L
'
infanzia
di
Saroyan
,
armeno
d
'
America
,
è
la
nostra
,
con
le
stesse
scoperte
e
gli
stessi
desideri
,
un
'
infanzia
dove
biciclette
e
giornali
hanno
la
presenza
incantevole
che
è
negata
agli
oggetti
consunti
delle
fiabe
.
E
la
nuova
leggenda
nasce
fra
pianoforti
e
canzoni
in
un
tremante
cinematografo
.
Le
donne
astratte
di
un
tempo
,
le
prime
apparse
all
'
orizzonte
dell
'
adolescenza
,
erano
protagoniste
di
avventure
decise
su
uno
schermo
di
provincia
,
e
i
nomi
impronunciabili
delle
dive
americane
segnavano
le
gloriose
tappe
di
un
'
educazione
sentimentale
.
E
dopo
che
la
guerra
del
1914
aveva
confuso
la
nostra
fantasia
attraverso
un
'
ambigua
leggenda
,
prima
che
un
'
altra
guerra
tradisse
il
vero
significato
di
quell
'
episodio
da
cui
doveva
scaturire
la
nostra
maturità
,
Hemingway
aveva
scritto
A
Farewell
to
Arms
,
primo
sicuro
esempio
di
come
l
'
uomo
solo
possa
ottenere
la
liberazione
da
un
costume
ormai
scaduto
,
sottrarsi
con
le
proprie
energie
alle
imboscate
della
storia
.
Cecchi
non
può
rendersi
conto
dell
'
enorme
importanza
di
tutto
questo
,
del
valore
del
prezioso
carico
di
spezie
e
di
oro
che
i
nuovi
vascelli
hanno
riportato
dall
'
America
.
Egli
si
accanisce
nella
sua
critica
ai
narratori
americani
su
discutibili
motivi
filologici
per
giustificare
quella
che
è
prima
di
tutto
una
incompatibilità
esistenziale
:
l
'
incompatibilità
di
chi
è
cresciuto
in
un
'
aria
condizionata
con
i
liberi
terreni
d
'
America
e
di
chi
ha
confessato
troppo
francamente
il
proprio
rispetto
dei
«
carabinieri
a
cavallo
»
per
poter
comprendere
gli
impulsi
e
le
reazioni
di
una
folla
in
tumulto
.
Il
suo
nome
torna
ora
in
testa
a
questa
antologia
a
firma
di
una
prefazione
che
è
veramente
amara
per
il
suo
rifiuto
di
ogni
intesa
con
l
'
avversario
.
Ma
subito
dopo
,
le
pagine
che
Vittorini
ha
dedicato
ai
diversi
momenti
della
cultura
americana
rappresentano
l
'
antitesi
più
netta
alla
formula
di
Cecchi
,
ne
rovesciano
insieme
il
contenuto
ideologico
e
il
metodo
critico
.
Vittorini
sa
che
una
pura
lettura
musicale
dei
testi
non
ci
serve
più
,
che
dopo
i
saggi
più
recenti
della
critica
europea
,
insistere
su
quella
strada
significa
perdere
il
sapore
genuino
della
parola
scritta
per
arrendersi
alla
pura
sensibilità
.
(
E
in
Francia
,
dove
la
stessa
evoluzione
storica
ha
raggiunto
un
grado
più
maturo
,
la
critica
non
giornalistica
è
precipitata
in
un
vortice
da
cui
è
difficile
salvarsi
)
.
Vittorini
compie
quel
rovesciamento
di
valori
che
era
necessario
per
tenere
in
piedi
una
storia
letteraria
che
sia
ancora
storia
universale
,
propone
senza
accorgersene
una
tesi
radicale
,
una
via
di
salvezza
,
per
cui
sarà
proprio
l
'
oggetto
,
l
'
origine
concreta
dell
'
ispirazione
,
a
determinare
una
scala
di
valori
e
a
dirigere
l
'
interesse
del
critico
.
Una
tale
formula
potrebbe
provocare
le
più
facili
condanne
e
richiamare
polemiche
ormai
sepolte
se
fosse
appunto
una
formula
,
se
corrispondesse
a
una
dottrina
,
a
una
qualsiasi
estetica
neorealistica
.
Ma
essa
è
prima
di
tutto
un
'
invenzione
e
uno
sfogo
,
un
rivolgersi
a
quello
che
cresce
intorno
i
noi
con
la
disinteressata
ricerca
della
creatura
viva
e
con
quella
pura
curiosità
da
cui
nasce
ogni
giudizio
valido
.
Perché
,
che
cos
'
è
in
fondo
una
rivelazione
poetica
se
non
la
scoperta
di
un
nuovo
paese
,
lo
sguardo
che
improvvisamente
si
ferma
su
figure
prima
indistinte
,
l
'
emergere
dal
buio
di
parole
sconosciute
?
Tutti
i
veri
poeti
,
i
veri
maestri
del
passato
sono
rimasti
nella
nostra
memoria
come
governatori
di
una
provincia
,
scopritori
di
tesori
che
ci
hanno
lasciati
in
eredità
.
A
loro
appartengono
certe
ore
del
giorno
come
ai
pittori
appartengono
i
paesaggi
che
l
'
arte
ha
riscattato
:
ogni
libro
,
ogni
opera
compiuta
resta
come
un
segno
dell
'
uomo
piantato
nella
giungla
circostante
.
In
questa
progressiva
opera
di
conquista
e
di
incivilimento
,
in
questo
espandersi
dell
'
uomo
oltre
i
confini
della
sua
esperienza
primitiva
,
l
'
America
si
trova
ora
come
la
terra
più
fertile
e
generosa
.
Un
secolo
e
mezzo
fa
la
Germania
usciva
definitivamente
dalla
preistoria
culturale
e
mostrava
ormai
un
profilo
inconfondibile
nella
geografia
dei
popoli
europei
.
Cinquant
'
anni
or
sono
un
gruppo
di
intellettuali
e
di
scrittori
di
genio
portava
a
termine
una
faticosa
opera
di
riavvicinamento
storico
e
faceva
dono
al
mondo
occidentale
della
Russia
,
del
suo
paesaggio
e
della
sua
esperienza
religiosa
,
delle
sue
esaltazioni
collettive
e
delle
sue
malattie
.
L
'
America
ha
ora
raggiunto
quel
punto
di
equilibrio
in
cui
la
letteratura
cessa
di
essere
materia
vissuta
e
non
è
ancora
tradizione
accademica
:
gli
scrittori
che
vivono
in
questo
periodo
hanno
il
diritto
di
chiamarsi
classici
perché
in
loro
si
precisa
per
la
prima
volta
una
figura
dell
'
America
che
non
ha
bisogno
di
alcun
richiamo
.
Hawthorne
,
Melville
,
i
nomi
maggiori
del
secolo
scorso
,
avevano
già
raccolto
il
materiale
per
una
storia
americana
,
avevano
parlato
a
momenti
con
una
voce
che
non
è
possibile
confondere
,
ma
in
loro
erano
ancora
presenti
i
residui
di
una
storia
più
antica
:
sentivano
i
vincoli
di
una
tradizione
religiosa
,
potevano
intuire
forse
le
ragioni
di
una
nuova
legge
,
non
porre
i
fondamenti
di
un
nuovo
costume
.
Soltanto
la
generazione
attuale
ha
fatto
dei
suoi
mezzi
d
'
espressione
,
dei
suoi
film
e
dei
suoi
libri
un
'
arma
di
guerra
totale
,
ha
accompagnato
con
lo
slancio
della
propria
parola
il
progresso
di
un
secolo
che
chiedeva
l
'
impegno
di
tutte
le
proprie
energie
,
ha
saputo
celebrare
le
nuove
opere
dell
'
uomo
nell
'
atto
stesso
in
cui
venivano
compiute
.
Come
in
ogni
vero
rivolgimento
letterario
,
i
nomi
che
contano
fra
gli
scrittori
americani
d
'
oggi
,
Hemingway
,
Faulkner
,
Saroyan
sono
soprattutto
gli
inventori
di
uno
stile
;
ma
il
loro
è
uno
stile
sotto
cui
è
ancora
fresca
la
materia
terrestre
,
che
deve
la
sua
pienezza
alla
presenza
di
nuovi
oggetti
:
di
nuove
macchine
e
di
nuove
case
,
di
nuove
relazioni
fra
gli
uomini
.
Sentire
questo
assoluto
privilegio
non
è
ancora
esaurire
il
compito
del
critico
,
ma
è
la
prima
condizione
per
non
fraintendere
lo
sforzo
che
un
popolo
e
una
generazione
fanno
per
esprimersi
.
E
,
questa
consapevolezza
si
trova
nelle
note
che
Vittorini
ha
anteposto
a
ogni
gruppo
di
scrittori
.
Libere
da
ogni
influsso
scolastico
,
sorrette
da
una
fantasia
vigorosa
e
sicura
,
esse
sono
uno
dei
più
notevoli
esempi
di
storia
letteraria
vissuta
da
uno
scrittore
;
certo
più
vicine
a
esempi
classici
,
come
L
'
Allemagne
della
Staël
o
Die
romantische
Schule
di
Heine
,
che
al
consueto
lavoro
dei
critici
di
mestiere
.
Il
fatto
che
Vittorini
abbia
scritto
queste
pagine
qualche
mese
dopo
Conversazione
in
Sicilia
prova
quale
forza
egli
sia
per
la
nostra
cultura
,
come
il
suo
nome
abbia
già
varcato
i
limiti
di
una
viva
amicizia
per
iscriversi
in
una
storia
più
duratura
e
profonda
.
Forse
perché
mentre
leggevo
questo
libro
la
campagna
bavarese
passava
davanti
ai
miei
occhi
dai
finestrini
di
un
treno
,
la
Germania
si
è
a
poco
a
poco
presentata
nella
riflessione
come
l
'
antitesi
naturale
di
questo
mondo
e
in
un
significato
più
esteso
il
suo
specchio
in
Europa
.
Nessun
popolo
è
più
vicino
a
quello
americano
per
la
giovinezza
del
sangue
e
il
candore
dei
desiderî
e
nessun
popolo
celebra
con
parole
tanto
diverse
la
propria
leggenda
.
Le
vie
della
corruzione
e
quelle
della
purezza
sono
anche
qui
paurosamente
vicine
;
ma
una
continua
follia
trascina
i
tedeschi
fuori
della
loro
strada
,
li
opprime
in
avventure
disumane
e
difficili
.
Così
questi
due
popoli
,
che
pochi
anni
fa
lottavano
vicini
nel
caldo
degli
stadi
e
cercavano
il
migliore
esempio
di
un
lavoro
organizzato
,
si
affrontano
ora
come
i
protagonisti
di
una
lotta
cruenta
:
essi
hanno
preso
su
di
sé
la
responsabilità
di
dirigere
il
mondo
e
colpiscono
senza
ritegno
gli
ultimi
ostacoli
alla
loro
impetuosa
natura
.
Perché
questo
è
il
senso
maggiore
della
guerra
che
si
combatte
.
Alla
consuetudine
diplomatica
e
alla
fantasia
dei
generali
si
presentano
ancora
vecchie
figure
:
l
'
equilibrio
europeo
e
la
«
France
éternelle
»
,
la
monarchia
asburgica
e
gli
stati
cuscinetto
.
Ma
queste
figure
appartengono
alla
pace
di
Wesfalia
quella
di
Versailles
:
dietro
la
loro
vacillante
realtà
chi
bisogno
di
corpi
vivi
e
di
parole
senza
inganno
vede
altri
nomi
:
America
e
Germania
,
Russia
,
Cina
.
Da
una
parte
e
dall
'
altra
sono
impegnate
forze
capaci
di
correggere
il
corso
della
nostra
esperienza
,
di
buttarci
in
un
angolo
come
rottami
inutili
o
di
condurci
in
salvo
su
una
riva
qualsiasi
.
Ma
l
'
America
vincerà
questa
guerra
perché
il
suo
slancio
iniziale
obbedisce
a
forze
più
vere
,
perché
crede
facile
e
giusto
quello
che
si
propone
.
Keep
smiling
,
«
conserva
il
tuo
sorriso
»
:
questo
«
slogan
»
di
pace
veniva
dall
'
America
con
tutto
un
seguito
di
musiche
edificanti
,
quando
l
'
Europa
era
una
vetrina
vuota
e
l
'
austerità
di
costumi
imposta
ai
paesi
totalitari
scopriva
soltanto
il
volto
disperato
e
amaro
della
reazione
fascista
.
L
'
estrema
semplicità
dell
'
ottimismo
americano
poteva
indignare
quanti
erano
persuasi
del
dovere
di
portare
il
lutto
in
segno
d
'
umanità
,
quanti
anteponevano
l
'
orgoglio
per
i
propri
morti
alla
salute
dei
propri
vivi
.
Ma
il
grande
orgoglio
dell
'
America
per
i
suoi
figli
di
oggi
sarà
la
consapevolezza
che
essi
hanno
corso
sulla
strada
più
ripida
della
storia
,
che
hanno
evitato
i
pericoli
e
le
insidie
di
uno
sviluppo
quasi
senza
soste
.
L
'
arricchimento
e
la
corruzione
burocratica
,
i
gangster
e
le
crisi
,
tutto
è
diventato
natura
in
un
corpo
che
cresce
.
E
questa
è
la
sola
storia
dell
'
America
:
un
popolo
che
cresce
,
che
copre
con
il
suo
continuo
entusiasmo
gli
errori
già
commessi
e
riscatta
nella
buona
volontà
i
pericoli
futuri
.
Le
forze
più
ostili
potevano
incontrarsi
sul
suolo
americano
,
le
malattie
e
la
miseria
;
ma
la
media
di
questi
rischi
e
paure
era
sempre
una
positività
,
ripeteva
ogni
volta
l
'
esaltazione
dell
'
uomo
.
Certo
una
simile
avventura
non
poteva
essere
proclamata
ad
alta
voce
,
doveva
trovare
una
maschera
qualsiasi
,
una
cifra
divulgabile
:
troppo
vecchio
sangue
inglese
restava
nella
razza
americana
per
permettere
un
'
esposizione
così
impudica
di
propositi
morali
e
un
gusto
dell
'
astratto
decisamente
riprovevole
.
Allora
il
benessere
,
la
ricchezza
o
semplicemente
il
danaro
coprirono
questi
astratti
furori
,
diedero
un
contenuto
concreto
allo
slancio
verso
l
'
uomo
che
animava
la
gioventù
americana
.
E
tutti
gli
esteti
oziosi
che
si
sentivano
contemporanei
di
Pericle
,
gli
pseudo
-
filosofi
avvolti
in
distinzioni
metafisiche
,
i
giornalisti
che
avevano
assunto
la
difesa
dell
'
occidente
volsero
le
spalle
a
un
popolo
così
manifestamente
degenere
.
Grava
sulla
civiltà
americana
la
stupidità
di
una
frase
:
civiltà
materialistica
.
Civiltà
di
produttori
:
questo
è
l
'
orgoglio
di
una
razza
che
non
ha
sacrificato
le
proprie
forze
a
velleità
ideologiche
e
non
è
caduta
nel
facile
trabocchetto
dei
«
valori
spirituali
»
;
ma
ha
fatto
della
tecnica
la
propria
vita
,
ha
sentito
nuovi
affetti
nascere
dalla
pratica
quotidiana
del
lavoro
collettivo
e
nuove
leggende
sorgere
dagli
orizzonti
conquistati
.
Qualunque
cosa
pensino
i
critici
romantici
,
un
'
esperienza
così
profondamente
rivoluzionaria
non
è
rimasta
senza
parole
;
e
mentre
nell
'
Europa
del
dopoguerra
si
riprendevano
i
temi
di
una
cultura
decadente
o
si
adottavano
formule
come
quella
surrealista
,
necessariamente
sprovviste
di
futuro
,
l
'
America
si
esprimeva
in
una
nuova
narrativa
e
in
nuovo
linguaggio
,
inventava
il
cinematografo
.
Che
cosa
sia
il
cinema
americano
molti
sentono
,
con
quell
'
ambivalenza
di
simpatia
e
di
fastidio
che
è
stata
descritta
come
uno
dei
nostri
irriducibili
complessi
di
europei
,
ma
nessuno
forse
ha
posto
in
luce
con
il
necessario
vigore
.
Ora
che
un
'
astinenza
obbligatoria
ci
ha
guariti
dagli
eccessi
di
pubblicità
e
dal
fastidio
dell
'
abitudine
si
può
forse
ricapitolare
il
significato
di
quell
'
episodio
educativo
e
riconoscere
nel
cinema
americano
il
più
grande
messaggio
che
abbia
ricevuto
la
nostra
generazione
.
Certo
il
cinema
è
nato
in
Europa
e
in
Europa
ha
fatto
le
sue
prime
prove
;
ma
appena
uscito
dallo
stadio
infantile
,
è
diventato
una
mediocre
appendice
delle
nostre
letterature
.
L
'
equivoco
di
una
estetica
rigida
su
presupposti
discutibili
ha
fatto
sì
che
per
anni
si
agitassero
i
problemi
più
fatui
:
chi
sia
l
'
autore
del
film
,
in
che
rapporto
si
trovi
l
'
attore
col
regista
.
Solo
in
Russia
il
cinema
aveva
riconosciuto
la
sua
strada
e
la
seguiva
con
la
naturalezza
di
chi
non
cerca
una
giustificazione
araldica
,
ma
si
affida
allo
slancio
delle
proprie
forze
.
E
quando
qualche
anno
dopo
rinacque
in
America
con
la
stessa
facile
spontaneità
ma
dotato
di
una
molto
maggiore
capacità
di
espansione
,
i
custodi
del
gusto
letterario
incorrotto
cominciarono
a
piangere
sulla
industrializzazione
,
sulla
decadenza
dell
'
arte
muta
e
su
altre
sciagure
da
laboratorio
.
Pure
anche
qui
capitalismo
americano
e
proletariato
russo
si
incontravano
nella
loro
risoluta
volontà
di
provare
un
mondo
non
ancora
scoperto
,
di
servirsi
con
fiducia
e
con
energia
dei
nuovi
strumenti
dell
'
uomo
.
Nato
come
industria
di
lusso
,
sottoposto
alle
più
dure
leggi
dell
'
economia
capitalistica
,
il
cinema
americano
doveva
presto
diventare
il
nutrimento
di
una
massa
anonima
,
esprimere
i
suoi
bisogni
e
le
sue
preferenze
,
instaurare
il
primo
colloquio
tra
le
grandi
folle
di
tutto
il
mondo
e
una
cultura
unitaria
.
Allora
il
cinema
entrò
nella
nostra
vita
come
una
presenza
insostituibile
;
cresciuto
con
la
nostra
stessa
giovinezza
ci
insegnò
a
vedere
e
a
comporre
secondo
nuove
misure
,
modificò
la
storia
e
la
geografia
nei
nostri
cervelli
,
fu
insieme
scuola
e
polemica
,
divertimento
e
mitologia
.
In
questo
sforzo
di
espansione
la
sua
importanza
era
soprattutto
sociale
in
quanto
,
arma
serenamente
rivoluzionaria
,
aboliva
le
frontiere
politiche
e
collaborava
alla
presa
di
coscienza
più
urgente
per
il
nostro
tempo
,
quella
dell
'
unità
della
razza
.
Ma
nell
'
ordine
estetico
il
suo
significato
non
era
minore
,
perché
senza
il
cinema
i
nostri
occhi
vedrebbero
il
mondo
in
un
'
altra
luce
,
e
oggi
è
sicuro
che
gli
anonimi
autori
del
film
americano
furono
i
primi
a
rispondere
all
'
appello
rivolto
da
Baudelaire
agli
artisti
moderni
,
i
primi
a
mostrare
come
siamo
giovani
e
belli
con
le
nostre
scarpe
di
vernice
e
con
le
nostre
cravatte
borghesi
.
Questa
certezza
era
indispensabile
per
uscire
da
un
mediocre
estetismo
e
,
più
o
meno
palesemente
secondo
le
affinità
del
gusto
,
la
lezione
americana
fu
assimilata
da
tutti
i
popoli
civili
.
Sola
ostinatamente
chiusa
nei
suoi
complessi
medioevali
,
la
Germania
di
oggi
rifiuta
di
accettarla
.
Il
corno
del
postiglione
di
Eichendorff
suona
ancora
nei
versi
dei
cattivi
poeti
del
terzo
Reich
:
nessuno
di
loro
potrà
riconoscere
dei
valori
visivi
fuori
di
una
cornice
tradizionale
,
sentire
una
musica
non
consacrata
da
ragioni
accademiche
.
Ogni
ragazza
tedesca
rinnova
le
scoperte
che
una
sua
bisavola
fece
in
un
crepuscolo
d
'
autunno
,
si
estasia
di
fronte
agli
stessi
paesaggi
,
trova
«
fabelhaft
»
e
«
wunderbar
»
le
stesse
reliquie
archeologiche
.
Il
fascino
del
deserto
,
l
'
esotismo
,
il
cielo
azzurro
d
'
Italia
restano
i
limiti
di
una
poetica
che
da
oltre
un
secolo
basta
a
nutrire
questi
irriducibili
filistei
:
nessuno
di
loro
ha
capito
che
una
fabbrica
della
periferia
di
Berlino
può
essere
non
meno
«
natura
»
degli
scogli
di
Capri
e
che
una
finestra
intravista
dalle
vetture
dell
'
U
.
Bahn
ha
molto
più
diritto
a
essere
ammirata
di
un
«
point
de
vue
»
riconosciuto
,
come
nei
giardini
barocchi
.
L
'
universo
romantico
,
questo
pericoloso
giocattolo
per
uomini
difesi
da
una
superiore
ironia
,
è
passato
tale
e
quale
nelle
mani
dei
nipoti
,
ridotto
a
una
formula
comune
e
venerato
come
un
oggetto
da
museo
.
Tutte
le
reazioni
tentate
in
più
di
un
secolo
dall
'
intelligenza
europea
,
da
Heine
a
Thomas
Mann
,
non
hanno
potuto
correggere
questo
vizio
fondamentale
dell
'
anima
tedesca
.
Così
l
'
estetica
romantica
agisce
come
un
ingorgo
nello
sviluppo
di
una
libera
sensibilità
e
la
politica
romantica
copre
col
suo
equivoco
la
sostanziale
incertezza
di
un
popolo
cresciuto
attraverso
prove
durissime
,
ma
a
cui
è
sempre
mancata
una
vera
esperienza
politica
.
In
virtú
di
quell
'
equivoco
è
nato
il
regime
nazionalsocialista
,
assurda
perversione
a
cui
si
deve
se
un
paese
proletario
vive
secondo
ideali
piccolo
-
borghesi
.
Per
quell
'
equivoco
il
più
forte
paese
produttore
d
'
Europa
ha
posto
uno
iato
incolmabile
fra
produzione
e
cultura
,
dirige
la
sua
industria
verso
scopi
di
guerra
,
mette
nelle
mani
dei
militari
il
miracolo
dell
'
organizzazione
.
La
Germania
di
oggi
perpetua
la
retorica
dell
'
uomo
inattuale
;
sulle
più
povere
derivazioni
nietzschiane
celebra
la
rivolta
del
mito
contro
l
'
uomo
concreto
,
si
avvolge
in
insanabili
contrasti
.
Il
sangue
e
la
terra
sono
diventati
gli
emblemi
di
un
popolo
che
nella
confusione
del
sangue
e
nell
'
indifferenza
ai
problemi
territoriali
aveva
trovato
la
sua
civiltà
;
il
paese
che
per
primo
ha
conosciuto
il
grande
sforzo
dell
'
industria
centralizzata
moderna
non
ha
altro
esempio
da
proporre
alle
generazioni
future
che
la
comunità
di
villaggio
.
Su
un
tale
inconciliabile
antagonismo
di
fedi
e
di
dottrine
ereditate
si
basa
ora
il
conflitto
fra
America
e
Germania
.
L
'
importante
è
viaggiare
,
risponde
un
popolo
di
pionieri
ai
mistici
del
focolare
domestico
;
e
l
'
antico
idolo
di
patria
s
'
infrange
,
ritorna
memoria
dell
'
uomo
,
terra
a
cui
si
crede
e
si
pensa
,
ma
che
non
può
renderci
schiavi
.
Con
lui
periscono
altre
sovrastrutture
radicate
nel
profondo
delle
nostre
abitudini
,
molte
viltà
e
pigrizie
mascherate
da
nobili
parole
.
L
'
America
non
ha
cimiteri
da
difendere
.
In
questa
lotta
contro
gli
idoli
può
riconoscere
la
sua
missione
:
nella
lotta
contro
i
gentili
che
continuamente
riproducono
il
loro
errore
e
oppongono
all
'
uomo
un
'
ortodossia
o
un
rito
,
una
macchina
politica
o
dottrinale
.
A
contatto
di
questa
generosa
missione
l
'
utopia
del
mondo
nuovo
riprende
coraggio
;
ancora
pura
enunciazione
nell
'
ideologia
marxista
,
si
fa
prova
concreta
dovunque
l
'
uomo
non
cede
agli
oscuri
pericoli
della
mistica
e
del
rimpianto
,
non
si
rifugia
nella
neutralità
e
nel
disinteresse
,
ma
affronta
liberamente
e
con
i
propri
mezzi
i
compiti
di
un
'
esistenza
problematica
.
Questo
può
avvenire
in
America
,
può
avvenire
in
Russia
.
Nelle
nostre
parole
dedicate
all
'
America
molto
sarà
ingenuo
e
inesatto
,
molto
si
riferirà
ad
argomenti
forse
estranei
al
fenomeno
storico
Usa
e
alle
sue
forme
attuali
.
Ma
poco
importa
:
perché
,
anche
se
il
Continente
non
esistesse
,
le
nostre
parole
non
perderebbero
il
loro
significato
.
Questa
America
non
ha
bisogno
di
Colombo
,
essa
è
scoperta
dentro
di
noi
,
è
la
terra
a
cui
si
tende
con
la
stessa
speranza
e
la
stessa
fiducia
dei
primi
emigranti
e
di
chiunque
sia
deciso
a
difendere
a
prezzo
di
fatiche
e
di
errori
la
dignità
della
condizione
umana
.
XXVI
.
Il
monito
dell
'
altro
dopoguerra
Il
sangue
d
'
europa
.
Sarà
bene
che
tutti
gli
italiani
i
quali
esercitano
in
virtuose
recriminazioni
la
loro
fantasia
politica
leggano
un
libro
destinato
a
scuotere
chi
non
è
ancora
persuaso
della
natura
essenzialmente
vulcanica
del
sottosuolo
d
'
Europa
,
I
proscritti
di
Ernst
von
Salomon
(
Einaudi
,
1943
)
.
Probabilmente
questo
nome
non
dirà
molto
ai
lettori
di
oggi
;
ma
quando
il
libro
uscì
in
Germania
,
una
quindicina
di
anni
fa
,
fu
accolto
con
un
enorme
rumore
di
giudizi
contrastanti
e
divenne
il
centro
di
una
discussione
non
soltanto
letteraria
.
Molti
giovani
,
cresciuti
nello
smarrimento
del
dopoguerra
,
vi
trovarono
la
materia
di
cui
nutrire
la
loro
impaziente
ambizione
;
altri
,
fedeli
a
una
tradizione
di
costume
o
impegnati
dall
'
altra
parte
nella
lotta
politica
,
lo
salutarono
come
il
manifesto
dell
'
Apocalisse
.
Il
motivo
spicciolo
,
la
ragione
immediata
di
questo
interesse
e
della
violenza
delle
reazioni
era
un
dato
biografico
:
l
'
autore
del
libo
era
uno
degli
assassini
di
Rathenau
e
la
sua
spietata
confessione
aveva
un
forte
sapore
di
scandalo
.
Ma
lo
scandalo
Salomon
varca
di
molto
i
confini
di
un
episodio
giudiziario
,
è
lo
scandalo
della
Germania
,
lo
scandalo
di
un
paese
che
l
'
Europa
aveva
messo
al
bando
mentre
la
guerra
si
spegneva
ai
suoi
confini
e
tutte
le
fibre
tese
per
oltre
quattro
anni
si
spezzavano
.
Lo
stesso
assassinio
di
Rathenau
,
episodio
centrale
del
libro
,
si
confonde
in
un
clima
di
arbitrî
e
di
terrore
che
il
grande
incendio
d
'
Europa
domina
coi
suoi
riflessi
.
Vera
ragione
del
libro
è
il
dopoguerra
,
quel
dopoguerra
che
solo
la
Germania
conobbe
,
quando
il
crollo
delle
istituzioni
significò
la
rottura
di
un
equilibrio
difficilmente
recuperabile
,
e
la
prima
scossa
provocò
una
vertiginosa
caduta
di
valori
veri
e
fittizi
.
La
polemica
contro
l
'
antico
ordine
divenne
allora
negazione
di
ogni
ordine
,
i
contrasti
di
classe
raggiunsero
uno
stadio
di
violenza
improduttiva
e
i
soldati
del
più
disciplinato
esercito
del
mondo
portarono
le
loro
armi
a
una
lotta
senza
disciplina
.
Stretta
in
questo
vortice
di
contraddizioni
la
Germania
si
logorava
senza
trovare
una
via
d
'
uscita
e
le
forze
chiamate
a
soccorrerla
esaurivano
una
dopo
l
'
altra
le
loro
possibilità
.
I
proscritti
furono
coloro
che
accettarono
questo
stato
di
cose
come
una
condizione
insopprimibile
,
che
,
nutriti
di
odio
e
di
disprezzo
,
vollero
portare
alle
ultime
conseguenze
il
germe
della
rovina
e
varcarono
senza
esitare
le
soglie
dell
'
Apocalisse
.
Reduci
dal
fronte
,
che
la
guerra
aveva
consunti
ma
che
dalla
guerra
,
come
un
vizio
insanabile
,
non
sapevano
più
staccarsi
,
adolescenti
cresciuti
lontano
da
ogni
scuola
di
umanità
,
idealisti
e
avventurieri
,
si
riconobbero
una
missione
comune
.
Si
costituirono
bande
armate
con
compiti
indefiniti
:
il
nemico
era
l
'
Intesa
che
imponeva
condizioni
di
pace
vessatorie
,
erano
i
popoli
finitimi
stretti
come
bestie
da
preda
intorno
alle
spoglie
del
Reich
,
ma
era
anche
la
debole
repubblica
di
Weimar
e
le
forze
che
in
essa
si
esprimevano
:
la
socialdemocrazia
e
il
marxismo
.
Quale
fosse
invece
il
motivo
comune
che
stringeva
queste
azioni
e
la
meta
positiva
che
questi
uomini
si
proponevano
è
molto
più
difficile
definire
.
L
'
importante
era
agire
:
organizzare
la
guerriglia
nei
territori
di
confine
,
promuovere
il
sabotaggio
contro
le
potenze
occupanti
,
punire
con
atti
di
terrorismo
gli
incerti
e
i
traditori
.
In
nome
di
che
cosa
avvenne
tutto
questo
?
Una
parola
torna
spesso
nei
discorsi
esaltati
dei
capi
e
nei
proclami
dei
corpi
franchi
:
«
Germania
»
;
ma
è
facile
accorgersi
che
si
tratta
di
un
vessillo
mistico
più
che
di
una
concreta
insegna
politica
,
e
i
canoni
del
nazionalismo
tradizionale
indicano
malissimo
le
pretese
e
le
intenzioni
dei
proscritti
.
Così
la
qualifica
di
reazionari
puri
che
si
suole
dare
ai
corpi
franchi
,
se
risponde
alla
funzione
storica
assolta
in
definitiva
da
quelle
formazioni
,
quando
la
lotta
si
polarizzò
fra
loro
e
gli
elementi
di
sinistra
,
esprime
molto
vagamente
le
oscure
forze
che
guidarono
i
più
generosi
fra
i
proscritti
,
quelli
di
cui
Salomon
è
l
'
interprete
autorizzato
e
convinto
.
Reazionari
di
sinistra
,
se
si
può
tentare
una
definizione
di
questo
genere
,
si
assunsero
una
posizione
nuova
nella
storia
del
nostro
secolo
:
combatterono
le
forze
progressiste
perché
rappresentavano
il
maggior
tentativo
di
dire
alla
Germania
un
nuovo
volto
e
nuove
leggi
,
ma
non
ebbero
che
ironia
e
disprezzo
per
le
destre
tradizionali
a
cui
erano
osservati
.
Dalla
guerra
portarono
lo
spirito
estremamente
libero
dei
soldati
di
ventura
e
il
bisogno
di
combattere
per
qualcosa
e
contro
qualcuno
,
ma
se
in
qualcosa
credettero
,
fu
nella
caduta
della
civiltà
borghese
e
in
una
specie
di
rigenerazione
mistica
che
la
Germania
avrebbe
raggiunto
attraverso
il
sangue
e
il
sacrificio
.
Le
confuse
dottrine
sul
tramonto
dell
'
Occidente
sono
un
altro
aspetto
di
questa
mentalità
insieme
alle
ripetute
contraddizioni
per
cui
Rathenau
,
il
più
vicino
a
loro
degli
uomini
politici
tedeschi
,
fu
scelto
a
vittima
esemplare
,
e
di
tutti
gli
avversari
gli
unici
a
essere
considerati
con
una
certa
benevolenza
furono
i
più
aspri
:
i
comunisti
.
Certo
nulla
di
conservatore
rimase
in
costoro
:
più
pericolosi
dei
reazionari
comuni
,
essi
gettarono
il
seme
dell
'
anarchia
nel
campo
della
reazione
,
colpirono
i
vivi
per
difendere
il
fantasma
di
una
patria
perduta
e
adoperarono
tutte
le
loro
forze
perché
si
affermasse
sovrano
«
il
primo
,
istinto
dell
'
uomo
:
la
distruzione
»
.
Quanto
di
questo
spirito
sia
passato
nella
ideologia
nazionalsocialista
è
noto
a
tutti
coloro
che
hanno
seguito
lo
sviluppo
del
movimento
.
Gli
uomini
della
tempra
di
Salomon
,
che
ne
costituivano
l
'
estrema
ala
sinistra
,
esaurirono
la
loro
funzione
quando
il
partito
entrò
nel
suo
secondo
momento
,
passò
dalla
fase
rivoluzionaria
alla
fase
organizzativa
:
ma
a
loro
resta
legato
il
germe
più
vitale
dell
'
ideologia
e
l
'
origine
di
una
dottrina
che
nella
guerra
ha
le
sue
radici
e
nella
guerra
dovrà
concludere
le
sue
dure
vicende
.
Così
credo
di
non
sbagliarmi
se
dico
che
i
testi
più
signifcativi
dell
'
hitlerismo
sono
ancora
oggi
questo
libro
di
Salomori
e
gli
scritti
di
Ernst
Jünger
.
L
'
accostamento
è
insolito
e
ha
valore
solo
per
quel
che
riguarda
il
sostrato
ideologico
e
di
costume
,
non
certo
un
'
affinità
letteraria
.
Jünger
è
infatti
uno
scrittore
letteratissimo
,
e
proprio
questa
sua
armatura
culturale
lo
ha
portato
a
poco
a
poco
a
spegnere
i
motivi
rivoluzionari
e
a
rifugiarsi
nelle
ultime
opere
in
un
virtuoso
e
disperato
estetismo
.
Quanto
alle
qualità
letterarie
dello
scrittore
Salomon
,
esse
costituiscono
in
fondo
un
argomento
secondario
.
Chi
ha
visto
in
lui
un
grande
narratore
ha
torto
:
Salomon
si
muove
vagamente
nel
clima
dell
'
espressionismo
;
il
suo
trucco
consiste
nel
creare
un
'
atmosfera
concitata
attraverso
l
'
evocazione
di
orrori
fisici
e
psicologici
,
cervelli
spappolati
sui
muri
,
voluttà
che
nascono
dal
contatto
con
una
canna
di
mitragliatrice
.
Dove
manca
un
motore
esterno
di
agitazione
,
per
esempio
nell
'
ultima
parte
che
descrive
la
prigionia
,
l
'
interesse
langue
rapidamente
e
le
formule
di
Salomon
si
scoprono
in
tutta
la
loro
facilità
.
D
'
altra
parte
rifiutare
all
'
autore
dei
Proscritti
ogni
dote
di
scrittore
e
farne
semplicemente
un
delinquente
esibizionista
,
come
ha
preteso
qualcuno
,
è
un
errore
.
L
'
evocazione
delle
ore
più
febbrili
del
dopoguerra
,
la
Berlino
desolata
del
'19
,
gli
assalti
alle
case
operaie
sono
resi
con
una
superba
crudezza
:
Ci
battemmo
dappertutto
con
le
guardie
che
tiravano
dai
tetti
;
scivolammo
incollati
ai
muri
delle
case
,
intorno
agli
angoli
,
fucile
imbracciato
,
cercando
qualche
spiraglio
aperto
;
rimanemmo
in
agguato
dietro
barricate
costruite
in
fretta
,
ci
allungammo
in
terra
dietro
colonne
di
avvisi
e
fanali
,
sfondammo
porte
e
ci
precipitammo
su
per
scale
oscure
,
sparammo
su
tutto
ciò
che
portava
armi
e
non
apparteneva
alla
truppa
,
e
qualche
volta
stendemmo
nelle
strade
anche
uomini
disarmati
,
anche
donne
,
anche
bambini
qualche
volta
,
e
sui
loro
corpi
fischiavano
le
pallottole
,
e
accadeva
qualche
volta
che
i
morti
fossero
colpiti
:
sembrava
allora
che
trasalissero
un
'
ultima
volta
e
noi
sentivamo
in
bocca
un
cattivo
sapore
(
P
.
39
)
.
Altrove
questa
eloquenza
si
gonfia
di
un
pathos
polemico
,
quando
è
rivolta
al
mondo
circostante
dei
bonzi
e
dei
politicanti
di
mestiere
e
crea
quadri
di
un
vigoroso
rilievo
.
Ma
non
per
questo
bisogna
considerare
Salomon
uno
scrittore
da
antologia
.
La
sua
importanza
è
altrove
,
è
nell
'
avere
tentato
un
genere
di
narrativa
documentaria
di
cui
oggi
gli
scrittori
americani
,
Hemingway
alla
testa
,
ci
mostrano
le
ragioni
profonde
.
Alla
tendenza
tutta
introvertita
della
più
recente
narrativa
europea
questa
letteratura
contrappone
una
violenta
«
contaminatio
»
col
cinematografo
e
col
giornalismo
,
ma
soprattutto
rivendica
allo
scrittore
,
all
'
uomo
di
cultura
,
il
diritto
di
discutere
apertamente
i
presupposti
della
condizione
umana
.
Libri
come
Im
Westen
nichts
Neues
di
Remarque
,
L
'
espoir
di
Malraux
o
il
recente
The
Moon
is
Down
di
Steinbeck
sacrificano
palesemente
i
problemi
di
stile
a
una
fedeltà
giornalistica
umile
e
polemica
insieme
.
In
questo
senso
I
proscritti
è
uno
dei
pezzi
centrali
di
un
documentario
costruito
con
le
testimonianze
di
tutti
i
partiti
e
di
tutte
le
scuole
e
dotato
per
noi
di
un
valore
essenziale
,
perché
illumina
meglio
di
ogni
testo
di
storia
il
destino
di
un
'
epoca
in
cui
la
tolleranza
doveva
diventare
una
colpa
e
la
morte
fisica
scendere
con
inaudita
violenza
su
intere
generazioni
.
Se
questo
ciclo
parossistico
sia
per
concludersi
noi
non
possiamo
dire
.
Certo
oggi
,
all
'
avvicinarsi
della
fine
di
un
'
altra
guerra
mondiale
,
la
fucilata
dei
proscritti
suona
come
un
'
eco
sinistra
all
'
orecchio
dei
cittadini
d
'
Europa
,
e
chiama
ancora
una
volta
a
raccolta
le
forze
più
segrete
che
difendono
la
nostra
civiltà
.
XXVII
.
L
'
ora
del
riscatto
Il
colpo
di
stato
del
25
luglio
.
Nella
primavera
del
1943
l
'
opposizione
clandestina
al
fascismo
aveva
esaurito
praticamente
la
sua
funzione
originaria
.
Questa
funzione
era
stata
importantissima
:
aveva
tenuta
viva
per
oltre
vent
'
anni
l
'
unica
linea
di
pensiero
politico
indipendente
in
Italia
,
aveva
mostrato
al
fascismo
la
sua
sostanziale
debolezza
e
aveva
preparato
attraverso
la
lotta
e
il
sacrificio
i
quadri
di
un
avvenire
migliore
.
Ma
non
poteva
superare
un
certo
limite
:
a
ogni
tentativo
di
uscire
dal
chiuso
delle
cellule
e
delle
amicizie
rispondeva
immediata
la
reazione
poliziesca
,
e
il
più
maturo
dei
centri
di
opposizione
,
il
partito
comunista
,
che
si
sforzava
di
portare
la
lotta
dal
gruppetto
clandestino
all
'
azione
di
massa
,
vedeva
inesorabilmente
repressi
i
propri
tentativi
,
strozzato
sul
nascere
ogni
movimento
più
esteso
,
colpiti
i
quadri
che
era
difficile
sostituire
.
Certo
,
vent
'
anni
di
storia
non
erano
passati
inutilmente
.
La
corruzione
interna
di
un
regime
inizialmente
bacato
,
la
stanchezza
per
le
continue
avventure
militari
,
il
disagio
per
una
politica
economica
disordinata
e
pazzesca
avevano
influito
potentemente
sull
'
animo
delle
masse
e
avevano
portato
il
popolo
italianoa
una
condizione
ben
diversa
da
quella
di
illusoria
concordia
che
aveva
accompagnato
,
per
esempio
,
la
conquista
dell
'
Etiopia
.
La
condotta
rovinosa
della
nuova
guerra
diede
il
colpo
definitivo
a
questo
stato
di
cose
,
precipitando
dalla
parte
dell
'
opposizione
insieme
a
pochi
fascisti
delusi
tutta
la
folla
dei
pigri
e
degli
opportunisti
.
L
'
antifascismo
dispose
allora
di
una
forza
che
non
aveva
mai
posseduto
prima
;
l
'
enorme
maggioranza
del
popolo
italiano
,
contrario
al
regime
e
alla
guerra
,
si
trovò
schierata
contro
una
esigua
minoranza
di
fascisti
stretti
senza
più
convinzione
ai
loro
privilegi
e
alle
loro
prerogative
.
Eppure
proprio
questo
grado
di
maturità
nello
sviluppo
dell
'
opinione
pubblica
corrispondeva
a
un
punto
morto
nella
sfera
dell
'
azione
politica
.
Perché
uno
squilibrio
così
evidente
non
tendeva
a
risolversi
,
il
peso
delle
masse
disorganizzate
e
inesperte
non
bastava
a
capovolgere
la
bilancia
del
potere
politico
e
,
secondo
ogni
probabilità
,
se
non
fossero
intervenuti
agenti
esterni
la
guerra
fascista
sarebbe
continuata
fino
alla
sconfitta
completa
,
il
popolo
si
sarebbe
piegato
sotto
un
peso
sempre
maggiore
di
lutti
e
di
sventure
,
e
soltanto
le
armi
degli
alleati
avrebbero
liberato
l
'
Italia
dall
'
assurdo
fardello
che
l
'
opprimeva
.
Le
ragioni
di
questo
stato
di
fatto
in
apparenza
paradossale
sono
da
ricercare
in
condizioni
tecniche
che
la
scienza
politica
contemporanea
ha
largamente
studiato
.
Lo
stato
totalitario
moderno
è
una
macchina
che
si
muove
con
poche
leve
e
pochissime
persone
.
Chi
non
è
in
possesso
di
queste
leve
potrà
svolgere
una
azione
più
o
meno
feconda
,
ma
è
destinato
a
spezzarsi
appena
giunto
a
un
certo
limite
,
è
condannato
a
restare
irrimediabilmente
lontano
dalla
iniziativa
politica
.
In
Italia
lo
stato
fascista
era
una
macchina
che
funzionava
malissimo
,
i
suoi
congegni
erano
rozzi
e
imperfetti
e
a
ciò
si
deve
se
,
a
differenza
di
quanto
avvenne
in
Russia
o
in
Germania
,
larghe
sfere
della
vita
pubblica
rimasero
in
sostanza
immuni
dalla
sua
azione
.
Tuttavia
questa
macchina
imperfetta
sarebbe
bastata
a
spezzare
ogni
resistenza
interna
se
il
fascismo
non
avesse
commesso
l
'
errore
di
lasciare
alcune
delle
leve
di
comando
in
mano
a
forze
apparentemente
controllate
,
in
realtà
estranee
.
Dopo
vent
'
anni
di
regime
la
più
importante
di
queste
forze
era
ancora
la
monarchia
;
e
al
vecchio
istituito
giustamente
condannato
da
tutti
gli
italiani
responsabili
e
privo
di
ogni
consistenza
e
prestigio
morale
,
era
riservato
il
compito
di
dare
la
spinta
finale
all
'
edificio
marcio
del
fascismo
,
di
assumersi
cioè
l
'
iniziativa
che
nessuna
forza
sana
in
Italia
poteva
rivendicare
.
Pronta
a
tutti
i
compromessi
per
salvaguardare
la
propria
posizione
,
priva
di
vero
contatto
col
paese
,
Casa
Savoia
aveva
vissuto
per
vent
'
anni
in
perfetto
accordo
col
regime
che
aveva
salvato
nel
'22
il
trono
pericolante
e
che
permetteva
ai
suoi
dignitari
una
sicura
e
comoda
vita
.
Essa
aveva
avuto
però
l
'
abilità
di
mantenersi
esteriormente
staccata
dal
fascismo
,
conservando
una
vaga
veste
di
irresponsabilita
costituzionale
e
dando
credito
a
voci
di
dissidenza
da
parte
del
principe
ereditario
o
di
altri
principi
del
sangue
.
In
sostanza
la
dinastia
poteva
contare
sull
'
attaccamento
degli
strati
meno
evoluti
della
popolazione
e
sulla
fedeltà
della
maggior
parte
dell
'
esercito
:
dato
quest
'
ultimo
molto
importante
,
perché
l
'
esercito
divenuto
strumento
debolissimo
contro
il
nemico
esterno
,
era
tuttavia
la
organizzazione
più
efficiente
rimasta
in
piedi
nel
paese
.
Era
quindi
naturale
che
da
varie
parti
si
guardasse
a
Casa
reale
come
a
uno
dei
possibili
perni
del
futuro
rivolgimento
,
da
alcuni
con
sincera
fiducia
,
da
altri
con
la
speranza
di
servirsi
della
pedina
monarchica
per
un
più
vasto
giuoco
.
Per
molto
tempo
la
monarchia
non
sembrò
incoraggiare
questi
sentimenti
.
Ma
col
volgere
della
guerra
verso
una
fine
disastrosa
,
il
suo
atteggiamento
di
cauta
riserva
di
fronte
al
regime
si
accentuò
.
Nell
'
autunno
del
'42
due
grandi
avvenimenti
militari
,
il
fallimento
dell
'
offensiva
tedesca
in
Russia
,
culminata
nella
battaglia
di
Stalingrado
,
e
lo
sbarco
angloamericano
nell
'
Africa
francese
del
nord
col
successivo
crollo
del
fronte
africano
dell
'
Asse
,
avevano
dato
la
sensazione
che
la
guerra
fosse
perduta
per
la
Germania
.
Da
quel
momento
l
'
azione
di
sganciamento
della
monarchia
dal
fascismo
acquistò
un
moto
progressivo
.
Membri
della
Casa
reale
presero
contatto
direttamente
e
attraverso
emissari
con
esponenti
dell
'
opposizione
,
e
fu
stabilita
tutta
una
rete
di
sondaggi
destinata
a
identificare
le
forze
favorevoli
e
a
valutare
le
possibilità
di
successo
di
un
'
iniziativa
monarchica
per
l
'
eliminazione
di
Mussolini
e
la
fine
della
guerra
.
Fu
facile
convincersi
che
l
'
enorme
maggioranza
del
popolo
avrebbe
accolto
come
una
liberazione
qualunque
gesto
contro
il
fascismo
e
che
tutti
gli
elementi
politici
,
dai
conservatori
ai
comunisti
,
avrebbero
o
sostenuto
chi
se
ne
fosse
fatto
l
'
iniziatore
.
Così
nella
primavera
del
'43
il
disegno
del
colpo
di
stato
passò
dallo
stadio
di
ipotesi
a
quello
di
progetto
.
Era
convenuto
che
la
corona
avrebbe
avuto
l
'
iniziativa
e
che
i
gruppi
politici
l
'
avrebbero
appoggiata
con
tutte
le
loro
forze
.
Le
modalità
non
importavano
molto
;
restava
da
stabilire
il
momento
della
attuazione
.
Cominciò
allora
quella
ridda
d
'
incertezze
,
di
rinvii
,
di
contraddizioni
che
caratterizza
molto
bene
la
mentalità
degli
uomini
preposti
alla
esecuzione
del
piano
e
che
fino
da
allora
ne
prefigurò
il
mediocre
esito
.
Qualunque
fosse
stato
infatti
il
giudizio
dei
singoli
sulla
via
da
seguire
,
una
cosa
era
certa
:
che
ogni
momento
che
passava
rendeva
più
grave
la
situazione
e
diminuiva
il
valore
del
gesto
.
Occorreva
non
perdere
tempo
:
questo
principio
era
ammesso
in
teoria
da
tutti
gli
interessati
ma
praticamente
trovava
dovunque
ostacoli
e
resistenze
.
I
tardivi
scrupoli
costituzionali
del
re
,
l
'
insufficienza
dei
capi
militari
,
le
esitanze
di
alcuni
degli
nomini
politici
consultati
furono
altrettante
remore
alla
sollecita
realizzazione
del
progetto
.
La
paura
dei
tedeschi
impose
tali
cautele
,
anche
di
fronte
ai
collaboratori
più
fidati
,
che
si
fini
col
dare
l
'
impressione
,
soprattutto
ai
gruppi
di
sinistra
,
che
si
trattasse
di
una
mistificazione
e
che
in
realtà
il
colpo
di
stato
non
sarebbe
mai
avvenuto
.
Questa
prima
conseguenza
non
sarebbe
stata
in
sé
molto
temibile
,
in
quanto
il
colpo
doveva
avvenire
con
l
'
intervento
diretto
di
pochissime
persone
ed
era
inutile
farne
partecipi
elementi
destinati
comunque
ad
appoggiarlo
.
Ma
purtroppo
le
incertezze
non
erano
solo
apparenti
:
esse
corrispondevano
a
una
effettiva
mancanza
di
idee
negli
organizzatori
e
incidevano
su
due
aspetti
essenziali
della
situazione
:
le
trattative
con
gli
alleati
e
la
resistenza
alla
reazione
tedesca
.
Le
trattative
con
gli
anglosassoni
furono
condotte
per
vie
molteplici
e
vaghe
,
con
sondaggi
a
lunghissima
distanza
e
soprattutto
senza
mai
rendersi
conto
di
un
fatto
decisivo
:
gli
alleati
avevano
costituito
con
la
loro
caratteristica
lentezza
e
metodicità
un
piano
militare
destinato
a
riuscire
in
ogni
caso
,
e
molto
difficilmente
lo
avrebbero
modificato
per
venire
incontro
alle
esigenze
italiane
.
Occorreva
dunque
fornire
loro
tutti
gli
elementi
necessari
e
quindi
metterli
di
fronte
al
fatto
compiuto
,
senza
presumere
di
poter
strappare
da
essi
più
di
quanto
ci
consentisse
la
nostra
debole
posizione
.
Per
il
resto
provvedere
noi
ad
assicurarci
la
possibilità
di
sopravvivere
nel
periodo
che
sarebbe
trascorso
fra
la
richiesta
di
armistizio
e
l
'
arrivo
degli
angloamericani
in
Italia
.
Il
problema
fondamentale
non
era
quello
diplomatico
,
era
quello
di
predisporre
la
resistenza
alla
reazione
tedesca
.
Ora
,
i
militari
assicuravano
di
averlo
preso
in
esame
,
ma
diversi
indizi
lasciavano
supporre
che
la
preparazione
morale
e
tecnica
in
quel
settore
fosse
ancora
a
uno
stadio
molto
arretrato
.
Del
resto
continuava
a
trovare
credito
l
'
assurda
tesi
che
i
tedeschi
si
sarebbero
ritirati
spontaneamente
e
che
all
'
Italia
sarebbe
stata
risparmiata
la
triste
sorte
di
campo
di
battaglia
e
all
'
esercito
quella
di
dover
combattere
contro
l
'
antico
alleato
.
Intanto
la
situazione
si
evolveva
rapidamente
e
le
occasioni
più
favorevoli
passavano
senza
che
si
osasse
sfruttarle
.
La
prima
di
queste
occasioni
poteva
essere
la
caduta
dell
'
ultimo
baluardo
dell
'
Asse
in
Tunisia
,
episodio
che
ebbe
una
profonda
ripercussione
in
Italia
in
quanto
mise
in
evidenza
i
contrasti
ormai
acuti
fra
il
nostro
soldato
e
quello
tedesco
e
soprattutto
diffuse
la
sensazione
che
la
penisola
sarebbe
stata
il
prossimo
obiettivo
degli
alleati
.
Si
trovavano
allora
nel
paese
pochissime
forze
tedesche
ed
erano
tornati
dalla
Russia
i
resti
del
corpo
di
spedizione
italiano
,
togliendo
così
uno
dei
più
spinosi
ostacoli
al
nostro
distacco
dalla
Germania
.
Tuttavia
l
'
occasione
fu
giudicata
prematura
perché
gli
anglosassoni
non
erano
ancora
pronti
a
intervenire
in
Europa
e
le
nostre
forze
da
sole
non
sarebbero
riuscite
a
contenere
i
tedeschi
.
Si
entrò
allora
nel
periodo
cruciale
,
quello
che
intercorse
fra
la
fine
dei
combattimenti
in
Tunisia
e
lo
sbarco
alleato
in
Sicilia
(
12
maggio
-
10
luglio
)
.
Tutti
coloro
che
avevano
una
responsabilità
politica
ed
erano
al
corrente
della
situazione
adoperarono
ogni
mezzo
per
convincere
il
re
della
necessità
di
attuare
senza
più
ritardi
una
decisione
da
cui
poteva
dipendere
la
salvezza
del
paese
.
Vale
la
pena
di
esaminare
quali
erano
le
prospettive
che
si
aprivano
ai
loro
occhi
e
quale
significato
avrebbe
avuto
allora
il
rovesciamento
della
posizione
italiana
.
Un
paese
condotto
per
venti
anni
da
una
banda
di
avventurieri
,
impoverito
delle
sue
migliori
energie
,
compromesso
in
tutte
le
avventure
internazionali
,
si
trovava
dopo
tre
anni
di
guerra
sul
punto
di
dover
pagare
con
la
sconfitta
totale
le
responsabilità
dei
suoi
capi
.
Tuttavia
,
per
un
concorso
di
circostanze
eccezionalmente
fortunate
,
gli
si
apriva
una
via
di
salvezza
che
nessuno
avrebbe
osato
sperare
più
facile
e
sicura
.
L
'
eliminazione
del
regime
fascista
e
il
conseguente
distacco
dalla
Germania
sarebbero
apparsi
a
tutto
il
mondo
come
il
naturale
esaudimento
dei
voti
del
popolo
italiano
,
e
l
'
elemento
di
rischio
che
il
gesto
comportava
ne
avrebbe
garantito
la
sincerità
.
D
'
altra
parte
la
nostra
forza
militare
,
che
rappresentava
ormai
un
peso
morto
per
la
Germania
,
sarebbe
stata
assai
notevole
gettata
dall
'
altra
parte
della
bilancia
,
in
quanto
un
accordo
con
l
'
Italia
avrebbe
aperto
agli
alleati
le
porte
della
fortezza
europea
,
allora
ancora
intatta
,
e
avrebbe
capovolto
la
situazione
nei
Balcani
,
dove
era
lecito
sperare
che
le
nostre
truppe
,
d
'
intesa
con
i
patrioti
,
avrebbero
avuto
il
predominio
e
dove
gli
altri
stati
vassalli
della
Germania
non
aspettavano
che
un
esempio
per
uscire
da
una
crisi
insostenibile
.
Gli
alleati
erano
pronti
a
imbarcarsi
:
occorreva
soltanto
prevenirli
perché
il
gesto
apparisse
un
'
iniziativa
spontanea
e
non
una
resa
di
fronte
all
'
inevitabile
.
Quanto
alla
situazione
interna
,
tutte
le
forze
importanti
in
Italia
avevano
uguale
interesse
al
buon
esito
dell
'
impresa
:
le
masse
non
più
disposte
a
tollerare
il
peso
di
una
guerra
senza
speranze
;
i
partiti
politici
che
nella
caduta
del
fascismo
vedevano
la
condizione
preliminare
di
ogni
futura
attività
e
che
contavano
evidentemente
di
passare
presto
oltre
l
'
iniziativa
monarchica
;
ma
soprattutto
la
stessa
monarchia
che
,
mettendosi
alla
testa
della
resistenza
popolare
contro
la
reazione
tedesca
,
poteva
evidentemente
ricostituirsi
una
base
di
prestigio
altrimenti
perduta
.
Perché
questo
complesso
di
vantaggi
non
fu
sfruttato
?
Alcuni
aspetti
particolari
sono
tuttavia
oscuri
e
mancano
ancora
oggi
,
per
poter
valutare
con
esattezza
la
situazione
,
elementi
assai
importanti
,
come
quelli
che
concernono
le
trattative
segrete
e
che
coprono
in
sostanza
le
responsabilità
anglosassoni
.
Ma
il
quadro
generale
è
nettissimo
e
un
elemento
ne
emerge
con
assoluta
evidenza
:
l
'
inadeguatezza
degli
uomini
che
diressero
il
colpo
di
stato
di
fronte
al
compito
rivoluzionario
a
cui
erano
chiamati
.
La
cricca
dei
generali
che
manovrò
in
definitiva
i
comandi
non
vide
mai
nella
liberazione
dal
fascismo
un
gesto
rivoluzionario
;
essa
concepì
sempre
il
colpo
di
stato
come
un
espediente
necessario
a
tirarsi
fuori
da
una
cattiva
situazione
.
Le
sue
obiezioni
al
fascismo
furono
sempre
tecniche
,
non
di
principio
,
e
i
discorsi
che
Badoglio
pronunciò
dopo
l
'
armistizio
,
accusando
Mussolini
soprattutto
di
aver
trascurato
la
preparazione
della
guerra
,
sono
una
prova
evidente
di
questo
stato
d
'
animo
.
Partendo
da
simili
premesse
non
si
poteva
che
avviarsi
su
una
strada
nettamente
equivoca
di
fronte
alle
esigenze
del
paese
,
cercare
dovunque
compromessi
e
garanzie
e
vagheggiare
l
'
assurda
idea
di
un
colpo
di
stato
senza
rischi
.
Infatti
per
convincere
i
congiurati
a
muoversi
non
bastarono
le
sollecitazioni
e
le
promesse
:
ci
volle
lo
sbarco
alleato
in
Sicilia
che
rivelò
la
schiacciante
superiorità
aereo
-
navale
degli
angloamericani
e
nello
stesso
tempo
svalutò
la
portata
della
nostra
iniziativa
;
ci
volle
il
primo
bombardamento
di
Roma
con
i
fischi
che
salutarono
l
'
automobile
reale
nei
sobborghi
colpiti
.
Soltanto
allora
,
quando
anche
i
più
ottimisti
avevano
deposto
le
loro
speranze
,
la
macchina
fu
messa
in
moto
.
Bisogna
riconoscere
che
l
'
esecuzione
tecnica
del
colpo
è
l
'
unico
episodio
riuscito
dell
'
intera
vicenda
.
Con
accortezza
degna
più
della
Sublime
Porta
che
di
un
sovrano
costituzionale
,
Vittorio
Emanuele
riuscì
ad
attirare
nel
giuoco
i
capi
del
fascismo
dissidente
,
probabilmente
promettendo
loro
la
successione
,
provocò
il
voto
di
sfiducia
del
Gran
Consiglio
e
finalmente
fece
catturare
a
casa
sua
e
trasportare
in
un
'
autoambulanza
l
'
uomo
che
da
venti
anni
compariva
al
suo
fianco
come
il
padre
della
patria
.
Così
una
rivoluzione
che
si
era
dovuta
adattare
a
presentarsi
come
un
colpo
di
stato
si
risolse
in
una
brillante
manovra
di
palazzo
.
Gli
sviluppi
politici
ne
apparvero
subito
negativi
.
Il
25
luglio
,
alla
notizia
delle
dimissioni
di
Mussolini
,
data
dalla
radio
nella
forma
più
cauta
alle
undici
di
sera
,
in
tutte
le
città
d
'
Italia
la
folla
si
era
riversata
nelle
strade
e
aveva
celebrato
con
clamoroso
entusiasmo
la
fine
dell
'
èra
fascista
.
L
'
Italia
di
Mussolini
si
era
disfatta
in
un
giorno
come
una
facciata
di
cartapesta
;
ma
quel
primo
giorno
aveva
provato
anche
l
'
immaturità
organizzativa
delle
masse
italiane
.
Pace
era
la
parola
che
in
tutte
le
dimostrazioni
aveva
coperto
le
altre
grida
e
che
i
partiti
avevano
fatta
propria
nelle
prime
manifestazioni
ufficiali
.
Ma
il
proclama
di
Badoglio
conteneva
la
formula
:
«
la
guerra
continua
»
,
e
il
nuovo
governo
non
ebbe
difficoltà
a
imporre
la
sua
linea
:
già
la
sera
del
26
luglio
lo
stato
d
'
assedio
e
severissime
disposizioni
di
ordine
pubblico
vietavano
ogni
inopportuna
manifestazione
di
dissenso
.
Così
il
rivolgimento
si
fermava
a
mezza
strada
:
il
fascismo
era
caduto
,
ma
restava
in
piedi
la
sua
struttura
burocratico
-
militare
,
continuava
l
'
alleanza
con
la
Germania
e
continuava
la
guerra
che
nulla
poteva
ormai
giustificare
.
Evidentemente
,
se
le
masse
italiane
avessero
avuto
un
'
effettiva
maturità
politica
,
se
i
partiti
antifascisti
avessero
potuto
contare
su
di
una
base
larga
e
disciplinata
,
nessuna
misura
repressiva
sarebbe
bastata
a
imporre
la
continuazione
della
guerra
,
e
al
colpo
di
stato
sarebbe
seguita
la
rivoluzione
antifascista
e
antitedesca
.
Ma
questo
non
era
:
le
masse
,
dopo
la
prima
ubriacatura
,
tornarono
a
una
condizione
di
passività
,
e
i
partiti
,
ancora
privi
dei
loro
quadri
migliori
e
sorpresi
dal
passaggio
dalla
fase
clandestina
a
quella
legale
,
non
ebbero
la
forza
di
padroneggiare
la
situazione
.
D
'
altra
parte
Badoglio
aveva
dalla
sua
un
argomento
a
cui
non
si
poteva
controbattere
:
quello
della
sicurezza
militare
.
La
tesi
del
governo
,
che
del
resto
non
fu
mai
enunciata
esplicitamente
ma
solo
sottintesa
,
era
pressappoco
questa
:
gli
anglosassoni
non
sono
ancora
pronti
a
intervenire
sul
continente
;
dal
canto
loro
i
tedeschi
hanno
concentrato
in
Italia
forze
preponderanti
e
una
nostra
iniziativa
ufficiale
per
la
pace
separata
provocherebbe
una
reazione
a
cui
non
potremmo
resistere
.
Occorre
dunque
,
sotto
pena
di
perdere
una
parte
del
territorio
e
di
compromettere
l
'
esito
di
tutta
l
'
impresa
,
temporeggiare
finché
gli
accordi
con
gli
alleati
non
saranno
maturi
e
non
ci
consentiranno
di
denunciare
il
patto
con
la
Germania
.
Questa
soluzione
,
tipica
della
mentalità
dilatoria
e
pseudo
-
diplomatica
dei
nostri
generali
,
non
teneva
conto
di
fattori
politici
molto
importanti
:
l
'
entusiasmo
degli
italiani
nei
primi
giorni
,
durante
i
quali
la
resistenza
ai
tedeschi
sarebbe
stata
vista
come
il
corollario
indispensabile
della
liberazione
dal
fascismo
e
quindi
sostenuta
da
tutti
,
e
per
contro
la
demoralizzazione
dei
tedeschi
,
veramente
sconvolti
da
un
cataclisma
politico
che
erano
lontanissimi
dal
prevedere
.
Inoltre
non
si
valutava
abbastanza
il
fatto
che
raccogliere
,
sia
pure
provvisoriamente
,
l
'
eredità
del
fascismo
metteva
il
nuovo
governo
e
tutto
il
popolo
italiano
in
una
posizione
terribilmente
falsa
di
fronte
all
'
opinione
pubblica
mondiale
:
era
assurdo
abbattere
un
regime
totalitario
e
proclamare
il
ritorno
alle
tradizioni
del
Risorgimento
per
restare
impegnati
a
fianco
della
Germania
in
una
guerra
contro
le
democrazie
.
Queste
obiezioni
erano
abbastanza
facili
e
furono
subito
rivolte
al
governo
dalla
stampa
tuttora
clandestina
dei
partiti
e
dagli
stessi
uomini
politici
che
avevano
accesso
al
Quirinale
e
alla
Presidenza
del
Consiglio
;
ma
poiché
non
vi
era
mezzo
di
sostenerle
con
argomenti
più
energici
della
persuasione
,
si
dovette
trovare
un
«
modus
vivendi
»
che
permettesse
alle
forze
antifasciste
di
non
perdere
interamente
contatto
col
centro
.
Si
stabilì
allora
un
rapporto
di
natura
insolita
fra
il
governo
e
l
'
opposizione
,
rapporto
che
durò
all
'
incirca
inalterato
nelle
sei
settimane
del
regime
Badoglio
.
Alla
base
,
la
grande
massa
del
popolo
era
rimasta
profondamente
delusa
dalla
continuazione
della
guerra
:
vedeva
peggiorare
la
situazione
economica
e
ripetersi
i
bombardamenti
sulle
città
.
In
queste
condizioni
gli
sproloqui
della
stampa
sulla
ripristinata
libertà
non
avevano
molto
successo
e
la
gente
si
domandava
a
che
cosa
fosse
servito
il
colpo
di
stato
e
finiva
col
confidare
in
soluzioni
miracoliste
.
Era
abbastanza
diffusa
per
esempio
l
'
idea
che
a
una
nostra
richiesta
d
'
armistizio
tedeschi
e
inglesi
avrebbero
lasciato
il
territorio
italiano
per
andare
a
combattere
altrove
,
e
anche
elementi
vicini
al
governo
sgomento
.
Quando
,
pochi
giorni
dopo
il
colpo
di
stato
,
si
sparse
la
notizia
che
Hitler
si
era
ucciso
,
vi
furono
impressionanti
manifestazioni
di
gioia
da
parte
dei
militari
tedeschi
che
in
diverse
città
fraternizzarono
con
i
nostri
soldati
.
Subito
dopo
cominciò
l
'
afflusso
in
Italia
di
SS
e
di
reparti
speciali
per
«
rafforzare
il
morale
delle
truppe
»
.
non
si
peritavano
di
diffondere
simili
sciocchezze
.
Solo
una
minoranza
era
convinta
che
pace
«
tout
court
»
non
aveva
più
senso
e
che
pace
con
gli
anglosassoni
voleva
dire
guerra
alla
Germania
.
Si
vedevano
i
gravi
inconvenienti
di
questa
soluzione
(
mutilazione
del
territorio
,
dominio
tedesco
almeno
su
una
parte
dell
'
Italia
del
Nord
,
forse
guerra
civile
)
,
ma
essa
era
accolta
ugualmente
come
il
punto
di
arrivo
inevitabile
della
politica
fascista
e
insieme
il
punto
di
partenza
per
il
rinnovamento
ideologico
e
civile
del
nostro
paese
.
Espressione
di
questo
elemento
politicamente
più
evoluto
erano
i
partiti
.
Per
tutto
il
periodo
che
va
dal
colpo
di
stato
all
'
armistizio
si
può
parlare
di
partiti
in
senso
collettivo
,
perché
effettivamente
l
'
opera
dei
sei
partiti
riuniti
nella
concentrazione
antifascista
(
liberale
,
democrazia
del
lavoro
,
democrazia
cristiana
,
partito
d
'
azione
,
socialista
e
comunista
)
per
la
parte
che
ci
interessa
fu
condotta
in
comune
.
C
'
erano
naturalmente
differenze
grandissime
di
metodi
e
di
programmi
e
contrasti
che
ritardarono
e
intralciarono
l
'
azione
collettiva
,
ma
in
sostanza
la
linea
politica
fu
imposta
dalle
circostanze
piuttosto
che
scelta
in
base
a
presupposti
ideologici
e
si
può
riassumere
in
una
formula
:
premere
sul
governo
e
sospingerlo
in
ogni
modo
ad
agire
senza
rompere
definitivamente
con
esso
.
In
realtà
il
governo
aveva
molto
bisogno
di
essere
sospinto
.
Già
la
scelta
dei
ministri
,
merito
quasi
esclusivo
di
un
cortigiano
ambizioso
e
senza
idee
,
il
duca
Aquarone
,
era
stata
infelicissima
.
Il
criterio
prevalso
di
formare
un
gabinetto
di
funzionari
,
criterio
di
per
sé
discutibile
,
era
stato
applicato
nel
modo
più
elementare
;
si
era
preso
un
direttore
generale
per
quasi
ogni
ministero
e
lo
si
era
messo
a
capo
dell
'
amministrazione
.
Non
solo
così
il
governo
non
aveva
una
fisonomia
politica
,
ma
molti
dei
ministri
non
si
potevano
neanche
dire
generici
antifascisti
.
Essi
erano
legati
,
per
gli
uffici
occupati
fin
allora
,
a
persone
e
a
interessi
del
passato
regime
e
non
erano
in
grado
di
intervenire
con
la
necessaria
energia
per
produrre
una
situazione
nuova
.
La
stampa
,
che
era
passata
solo
in
parte
in
mano
di
uomini
veramente
spregiudicati
,
avrebbe
potuto
tuttavia
essere
un
efficace
stimolo
se
non
fosse
stata
imbrigliata
da
una
censura
severissima
e
dalle
disposizioni
per
nulla
mutate
dell
'
antico
Ministero
della
Cultura
popolare
(
anche
in
questo
privi
di
fantasia
,
gli
autori
del
colpo
di
stato
non
avevano
capito
che
quello
della
propaganda
era
uno
dei
posti
più
importanti
da
assegnare
e
avevano
chiamato
a
coprirlo
un
funzionario
senza
rilievo
,
fino
al
giorno
prima
direttore
generale
del
ministero
fascista
)
.
In
queste
condizioni
,
l
'
opposizione
,
rappresentata
ormai
dal
comitato
nazionale
dei
partiti
antifascisti
,
iniziò
la
sua
opera
fra
notevoli
difficoltà
.
Tutti
i
provvedimenti
di
un
certo
coraggio
rivolti
a
mostrare
che
la
fine
del
fascismo
non
era
stata
una
data
qualsiasi
nella
storia
degli
ultimi
anni
,
che
qualche
cosa
era
cambiato
nella
vita
italiana
,
furono
il
frutto
dei
laboriosi
interventi
del
comitato
presso
il
governo
.
Occorreva
l
'
ordine
del
giorno
controfirmato
dai
sei
partiti
per
convincere
Badoglio
che
il
regime
di
terrore
instaurato
in
varie
città
dai
comandi
militari
non
rispondeva
alla
nuova
situazione
;
la
visita
di
un
ex
presidente
del
Consiglio
al
Ministero
dell
'
Interno
per
ottenere
la
sostituzione
di
un
prefetto
squadrista
;
un
seguito
di
lettere
e
telefonate
perché
si
desse
finalmente
corso
all
'
ordine
di
liberazione
di
un
confinato
politico
.
Senza
questa
pressione
ininterrotta
dell
'
opinione
pubblica
,
costretta
a
esprimersi
per
bocca
di
pochi
autorizzati
,
il
fascismo
sarebbe
stato
sepolto
onorevolmente
,
macchiato
solo
di
un
lieve
sospetto
di
concussione
,
e
la
legge
sull
'
arricchimento
dei
gerarchi
e
i
fasci
scalpellati
sugli
edifici
pubblici
sarebbero
rimasti
l
'
unica
vendetta
del
popolo
italiano
per
venti
anni
di
soprusi
.
Le
due
battaglie
più
importanti
combattute
dall
'
opposizione
su
questo
terreno
dei
provvedimenti
rivoluzionari
furono
quella
per
l
'
immediata
liberazione
dei
detenuti
politici
e
quella
per
l
'
eliminazione
dei
fascisti
pericolosi
.
La
prima
fu
vinta
faticosamente
ed
ebbe
il
merito
di
riportare
nella
vita
pubblica
uomini
di
grande
valore
che
gli
anni
di
carcere
non
avevano
piegato
e
che
poterono
subito
riprendere
il
loro
posto
alla
testa
dei
partiti
.
La
seconda
si
trascinò
miseramente
senza
che
si
riuscisse
mai
a
vincere
i
ritegni
del
governo
e
l
'
ostilità
della
polizia
rimasta
fondamentalmente
fascista
.
Soltanto
quando
,
verso
la
fine
di
agosto
,
fu
scoperto
un
vasto
complotto
appoggiato
alla
ambasciata
tedesca
,
Badoglio
si
decise
a
far
eseguire
diversi
arresti
fra
i
fascisti
più
facinorosi
.
Ma
se
questi
erano
problemi
molto
urgenti
ed
era
giusto
dedicarvi
le
prime
energie
,
era
chiaro
che
la
loro
soluzione
definitiva
e
quella
di
ogni
altra
questione
dipendevano
in
realtà
da
un
problema
più
ampio
:
quello
della
posizione
internazionale
dell
'
Italia
e
dell
'
uscita
dalla
guerra
.
Col
25
luglio
il
popolo
italiano
aveva
ripudiato
definitivamente
il
fascismo
e
aveva
condannato
la
sua
opera
,
ma
era
rimasto
formalmente
contro
le
Nazioni
Unite
e
alleato
della
Germania
nazionalsocialista
.
Come
ora
si
potesse
uscire
da
questo
equivoco
ed
evitare
la
rovina
totale
del
paese
era
l
'
unica
seria
preoccupazione
del
momento
.
Purtroppo
,
proprio
su
questo
terreno
dove
sarebbe
stato
più
necessario
,
era
difficilissimo
intervenire
.
Consapevole
della
forza
che
gli
dava
la
gravità
della
situazione
e
mascherandosi
dietro
il
vecchio
armamentario
retorico
degli
interessi
supremi
del
paese
e
della
necessità
di
stringersi
tutti
intorno
a
un
solo
responsabile
,
Badoglio
aveva
praticamente
inibito
ogni
controllo
sulla
sua
politica
estera
che
conduceva
con
criteri
di
stato
maggiore
,
senza
neppure
farne
parte
agli
altri
membri
del
governo
.
Di
fronte
alle
pressioni
e
alle
insistenze
dei
gruppi
politici
,
il
maresciallo
rispondeva
assumendo
un
contegno
enigmatico
,
lasciando
capire
che
sentiva
le
loro
esigenze
e
che
il
governo
era
già
avanti
sulla
via
di
soddisfarle
,
ma
che
la
terribile
gravità
del
momento
gli
imponeva
un
riserbo
assoluto
,
anzi
lo
costringeva
a
fingere
spesso
atteggiamenti
non
suoi
.
Le
sue
dichiarazioni
si
concludevano
generalmente
con
vaghe
promesse
e
con
accenni
altrettanto
vaghi
agli
ostacoli
che
trovava
la
sua
opera
.
Tutto
l
'
interesse
della
situazione
politica
italiana
si
concentrò
così
intorno
ad
un
solo
dilemma
:
il
governo
fa
o
non
fa
le
trattative
,
farà
o
non
farà
la
pace
.
Da
una
parte
e
dall
'
altra
di
questa
alternativa
militavano
ragioni
piuttosto
forti
.
Evidentemente
Badoglio
non
aveva
preso
il
potere
in
modo
così
rischioso
per
assumersi
il
compito
di
portare
a
termine
una
guerra
già
perduta
.
Era
inoltre
notoriamente
antitedesco
;
e
tutto
faceva
supporre
che
avrebbe
cercato
di
staccarsi
dalla
Germania
appena
gli
fosse
stato
possibile
.
In
questo
caso
,
se
cioè
erano
in
corso
trattative
militari
con
gli
alleati
e
si
aspettava
solo
il
momento
buono
per
renderle
pubbliche
,
un
gesto
intempestivo
dell
'
opposizione
diventava
un
grande
errore
,
poteva
far
precipitare
tutto
e
dare
ai
tedeschi
il
pretesto
di
prendere
in
mano
la
situazione
.
D
'
altra
parte
,
se
le
trattative
non
esistevano
o
erano
destinate
a
fallire
,
come
altri
indizi
lasciavano
supporre
,
lo
starsene
in
attesa
rappresentava
una
gravissima
perdita
di
tempo
e
un
tradimento
di
fronte
al
popolo
italiano
.
Decidere
in
base
a
semplici
indizi
era
molto
rischioso
:
si
finì
col
restare
sulla
linea
già
adottata
di
premere
sul
governo
evitando
una
rottura
,
e
fu
solo
accentuata
la
pressione
.
Questa
linea
ebbe
del
resto
la
sua
sanzione
pubblica
quando
,
dopo
lunghe
trattative
,
gli
esponenti
dei
partiti
accettarono
le
cariche
sindacali
offerte
loro
dal
ministro
delle
Corporazioni
,
Piccardi
,
a
condizione
che
fosse
pubblicato
un
comunicato
in
cui
dichiaravano
di
assumere
la
carica
nell
'
interesse
della
categoria
,
ma
di
scindere
le
loro
responsabilità
sindacali
dalla
responsabilità
politica
.
Una
volta
concluso
tale
patto
,
mentre
i
tempi
della
guerra
si
affrettavano
e
incombeva
la
minaccia
di
un
colpo
di
mano
tedesco
con
successiva
restaurazione
fascista
,
sarebbe
stato
facile
al
governo
guadagnarsi
,
se
non
la
collaborazione
completa
,
la
fiducia
dei
gruppi
d
'
opposizione
.
Non
era
necessario
per
questo
tradire
nessun
segreto
militare
:
bastava
mostrarsi
più
aperti
verso
le
esigenze
dell
'
opinione
pubblica
e
desistere
da
una
politica
interna
fatta
di
compromessi
e
di
paure
.
Fedele
al
suo
piccolo
machiavellismo
di
generale
travestito
da
uomo
politico
,
Badoglio
intensificò
invece
le
contromanovre
,
moltiplicò
gli
equivoci
e
riuscì
a
produrre
un
disorientamento
totale
del
paese
.
Ai
primi
di
settembre
,
mentre
il
suo
rappresentante
era
tornato
in
Sicilia
con
pieni
poteri
per
firmare
l
'
armistizio
,
il
maresciallo
prometteva
in
segreto
ai
capi
dell
'
opposizione
la
formazione
di
un
governo
politico
per
la
guerra
antitedesca
,
ma
intanto
faceva
spargere
voci
d
'
imminenti
soluzioni
di
compromesso
e
assicurava
i
rappresentanti
di
Hitler
della
sua
indefettibile
lealtà
.
Questa
superiore
strategia
ebbe
l
'
esito
che
si
meritava
:
la
sera
dell'8
settembre
la
dichiarazione
d
'
armistizio
trovò
impreparati
tutti
quelli
che
avrebbero
dovuto
avere
una
funzione
positiva
e
preparatissimi
gli
avversari
.
Poche
ore
dopo
l
'
annuncio
ufficiale
,
le
colonne
tedesche
marciavano
su
Roma
e
il
re
e
Badoglio
fuggivano
precipitosamente
abbandonando
il
paese
all
'
anarchia
e
allo
sfacelo
.
Le
giornate
che
seguirono
l'8
settembre
furono
le
più
gravi
che
l
'
Italia
abbia
attraversato
da
quando
esiste
come
paese
unito
.
Caduto
Mussolini
,
Badoglio
non
aveva
voluto
andare
oltre
e
rompere
l
'
alleanza
nazista
per
timore
di
sviluppi
che
non
avrebbe
saputo
dominare
.
I
suoi
seguaci
rappresentavano
allora
le
terribili
conseguenze
di
un
gesto
cosìtemerario
:
Torino
e
Milano
distrutte
,
l
'
Italia
del
Nord
invasa
,
un
ritorno
di
elementi
fascisti
con
programma
vendicativo
.
Per
evitare
questi
mali
il
governo
aveva
obbligato
gli
italiani
a
reprimere
il
loro
primo
slancio
rivoluzionario
e
trasformato
quella
che
sarebbe
stata
una
sincera
esplosione
di
popolo
in
una
ambigua
manovra
diplomatica
.
I
capi
militari
avevano
avuto
quaranta
giorni
di
tempo
per
predisporre
la
resistenza
e
ancora
cinque
giorni
dopo
la
conclusione
dell
'
armistizio
per
dare
gli
ultimi
ritocchi
alla
loro
sapiente
opera
.
È
questo
era
il
risultato
di
tante
precauzioni
:
Torino
e
Milano
veramente
distrutte
,
non
dai
bombardamenti
tedeschi
ma
da
quelli
alleati
,
l
'
Italia
occupata
dai
tedeschi
non
fino
alla
valle
del
Po
ma
fino
al
Mezzogiorno
,
Mussolini
liberato
,
i
fascisti
al
potere
.
In
una
guerra
che
aveva
visto
la
tragedia
della
Polonia
,
il
crollo
della
Francia
e
della
Jugoslavia
,
nessuno
spettacolo
fu
più
tragico
del
disfacimento
della
compagine
italiana
.
Delle
forze
armate
,
la
sola
marina
eseguì
ordini
precisi
e
raggiunse
in
gran
parte
i
porti
alleati
;
l
'
aviazione
praticamente
non
esisteva
più
;
l
'
esercito
entrò
nel
caos
.
In
tre
giorni
la
resistenza
organizzata
fu
soffocata
quasi
dovunque
.
Roma
,
intorno
a
cui
Badoglio
aveva
concentrato
cinque
divisioni
,
si
arrese
a
due
divisioni
tedesche
;
abbandonata
all
'
arbitrio
dei
comandanti
militari
,
senza
un
responsabile
politico
,
senza
una
voce
che
la
sostenesse
,
la
città
visse
tre
giorni
di
angoscia
e
di
entusiasmo
,
ma
la
volontà
di
resistere
della
popolazione
non
servì
contro
gli
intrighi
dei
generali
.
Nelle
altre
città
manifestazioni
d
'
inettitudine
,
viltà
,
aperti
tradimenti
dei
capi
sabotarono
la
resistenza
.
L
'
armata
dei
Balcani
,
forte
di
quasi
trenta
divisioni
,
si
sfasciò
come
un
frutto
marcio
:
immense
colonne
di
fuggiaschi
raggiunsero
la
costa
sotto
la
protezione
dei
patrioti
jugoslavi
i
quali
si
limitarono
a
toglier
loro
armi
e
vestiario
.
Tutte
le
strade
d
'
Italia
si
coprirono
di
sbandati
che
portarono
da
un
capo
all
'
altro
della
penisola
l
'
immagine
vivente
dell
'
umiliazione
e
della
sconfitta
.
Le
responsabilità
dirette
di
questi
avvenimenti
,
le
ragioni
dei
singoli
episodi
saranno
discusse
ancora
per
molto
tempo
.
Certo
il
re
e
i
capi
militari
ne
portano
il
peso
maggiore
:
la
loro
viltà
e
la
loro
inettitudine
sono
costati
all
'
Italia
quasi
quanto
i
delitti
dei
fascisti
.
Certo
un
intervento
più
generoso
,
soprattutto
più
fiducioso
,
degli
alleati
avrebbe
modificato
notevolmente
la
situazione
:
Roma
,
per
esempio
,
si
poteva
tenere
ed
evitare
così
il
senso
della
catastrofe
totale
.
Ma
le
responsabilità
storiche
che
confluiscono
in
questa
crisi
di
pochi
giorni
superano
il
gruppetto
di
uomini
che
si
trovavano
momentaneamente
in
primo
piano
;
e
la
lezione
diretta
che
noi
possiamo
trarne
,
oltre
a
un
generico
sdegno
,
è
la
certezza
del
fallimento
della
classe
dirigente
italiana
:
questo
fatto
,
mascherato
per
anni
dietro
ogni
sorta
di
equilibrismi
,
oggi
scoperto
e
evidente
come
una
piaga
incurabile
.
I
soldati
che
nel
settembre
scorso
traversavano
l
'
Italia
affamati
e
seminudi
,
volevano
soprattutto
tornare
a
casa
,
non
sentire
più
parlare
di
guerra
e
di
fatiche
.
Erano
un
popolo
vinto
;
ma
portavano
dentro
di
sé
il
germe
di
un
'
oscura
ripresa
:
il
senso
delle
offese
inflitte
e
subite
,
il
disgusto
per
l
'
ingiustizia
in
cui
erano
vissuti
.
Ma
coloro
che
per
anni
li
avevano
comandati
e
diretti
,
i
profittatori
e
i
complici
del
fascismo
,
gli
ufficiali
abituati
a
servire
e
a
farsi
servire
ma
incapaci
di
assumere
una
responsabilità
,
non
erano
solo
dei
vinti
,
erano
un
popolo
di
morti
.
La
caduta
dell
'
impalcatura
statale
scoprì
le
miserie
che
ci
affliggevano
,
scoprì
che
il
fascismo
non
era
stato
una
parentesi
,
ma
una
grave
malattia
e
aveva
intaccato
quasi
dappertutto
le
fibre
della
nazione
.
Poteva
scomparire
in
modo
pacifico
e
i
suoi
postumi
potevano
essere
curati
:
le
giornate
di
settembre
esclusero
questa
possibilità
e
gettarono
il
paese
nelle
estreme
convulsioni
.
Tornò
il
terrore
sulle
città
italiane
,
appoggiato
all
'
agonizzante
potenza
hitleriana
,
e
il
fantomatico
Duce
di
Verona
cancellò
il
Duce
dell
'
autoambulanza
,
restituì
alla
reazione
la
sua
maschera
tragica
.
Ormai
l
'
Italia
uscirà
da
questi
crisi
attraverso
una
prova
durissima
:
la
distruzione
delle
sue
città
,
la
deportazione
dei
suoi
giovani
,
le
sofferenze
,
la
fame
.
Questa
prova
può
essere
il
principio
di
un
risorgimento
soltanto
se
si
ha
il
coraggio
di
accettarla
come
impulso
a
una
rigenerazione
totale
;
se
ci
si
persuade
che
un
popolo
portato
alla
rovina
da
una
finta
rivoluzione
può
essere
salvato
e
riscattato
soltanto
da
una
vera
rivoluzione
.
L
'
ULTIMA
LETTERA
Per
mio
fratello
.
Napoli
,
28
novembre
1943
Carissimo
,
parto
in
questi
giorni
per
un
'
impresa
di
esito
incerto
:
raggiungere
gruppi
di
rifugiati
nei
dintorni
di
Roma
,
portare
loro
armi
e
istruzioni
.
Ti
lascio
questa
lettera
per
salutarti
nel
caso
che
non
dovessi
tornare
e
per
spiegarti
lo
stato
d
'
animo
in
cui
affronto
questa
missione
.
I
casi
particolari
che
l
'
hanno
preceduta
sono
di
un
certo
interesse
biografico
,
ma
sono
troppo
complicati
da
riferire
:
qualcuno
degli
amici
che
è
da
questa
parte
vi
potrà
raccontare
come
nella
mia
fuga
da
Roma
sia
arrivato
nei
territori
controllati
da
Badoglio
,
come
abbia
passato
a
Brindisi
dieci
pessimi
giorni
presso
il
Comando
Supremo
e
come
,
dopo
essermi
convinto
che
nulla
era
cambiato
fra
i
militari
,
sia
riuscito
con
una
nuova
fuga
a
raggiungere
Napoli
.
Qui
mi
è
stato
facile
fra
gli
amici
politici
e
i
reduci
dalla
emigrazione
trovare
un
ambiente
congeniale
e
ho
contribuito
a
costituire
un
Centro
Italiano
di
Propaganda
che
potrebbe
avere
una
funzione
utile
e
che
mi
ha
riportato
provvisoriamente
alle
mie
attività
normali
e
a
un
ritmo
di
vita
pacifico
.
Ma
in
tutto
questo
periodo
è
rimasta
in
sospeso
la
necessità
di
partecipare
più
da
vicino
a
un
ordine
di
cose
che
non
giustifica
i
comodi
metodi
della
guerra
psicologica
;
e
l
'
attuale
irrigidirsi
della
situazione
militare
,
la
prospettiva
che
la
miseria
in
cui
vive
la
maggior
parte
degli
italiani
debba
ancora
peggiorare
hanno
reso
più
urgente
la
decisione
.
Così
,
dopo
il
fallimento
,
per
ragioni
indipendenti
dalla
nostra
volontà
,
di
altri
progetti
più
ambiziosi
ma
non
irragionevoli
,
ho
accettato
di
organizzare
una
spedizione
con
un
gruppo
di
amici
.
È
la
conclusione
naturale
di
quest
'
ultima
avventura
,
ma
soprattutto
il
punto
d
'
arrivo
di
un
'
esperienza
che
coinvolge
tutta
la
nostra
giovinezza
.
In
realtà
la
guerra
,
ultima
fase
del
fascismo
trionfante
,
ha
agito
su
di
noi
più
profondamente
di
quanto
risulti
a
prima
vista
.
La
guerra
ha
distolto
materialmente
gli
uomini
dalle
loro
abitudini
,
li
ha
costretti
a
prendere
atto
con
le
mani
e
con
gli
occhi
dei
pericoli
che
minacciano
i
presupposti
di
ogni
vita
individuale
,
li
ha
persuasi
che
non
c
'
è
possibilità
di
salvezza
nella
neutralità
e
nell
'
isolamento
.
Nei
più
deboli
questa
violenza
ha
agito
come
una
rottura
degli
schemi
esteriori
in
cui
vivevano
:
sarà
la
«
generazione
perduta
»
,
che
ha
visto
infrante
le
proprie
«
carriere
»
;
nei
più
forti
ha
portato
una
massa
di
materiali
grezzi
,
di
nuovi
dati
su
cui
crescerà
la
nuova
esperienza
.
Senza
la
guerra
io
sarei
rimasto
un
intellettuale
con
interessi
prevalentemente
letterari
:
avrei
discusso
i
problemi
dell
'
ordine
politico
,
ma
soprattutto
avrei
cercato
nella
storia
dell
'
uomo
solo
le
ragioni
di
un
profondo
interesse
,
e
l
'
incontro
con
una
ragazza
o
un
impulso
qualunque
alla
fantasia
avrebbero
contato
per
me
più
di
ogni
partito
o
dottrina
.
Altri
amici
,
meglio
disposti
a
sentire
immediatamente
il
fatto
politico
,
si
erano
dedicati
da
anni
alla
lotta
contro
il
fascismo
.
Pur
sentendomi
sempre
più
vicino
a
loro
,
non
so
se
mi
sarei
deciso
a
impegnarmi
totalmente
su
quella
strada
:
c
'
era
in
me
un
fondo
troppo
forte
di
gusti
individuali
,
d
'
indifferenza
e
di
spirito
critico
per
sacrificare
tutto
questo
a
una
fede
collettiva
.
Soltanto
la
guerra
ha
risolto
la
situazione
,
travolgendo
certi
ostacoli
,
sgombrando
il
terreno
da
molti
comodi
ripari
e
mettendomi
brutalmente
a
contatto
con
un
mondo
inconciliabile
.
Credo
che
per
la
maggior
parte
dei
miei
coetanei
questo
passaggio
sia
stato
naturale
:
la
corsa
verso
la
politica
è
un
fenomeno
che
ho
constatato
in
molti
dei
migliori
,
simile
a
quello
che
avvenne
in
Germania
quando
si
esaurì
l
'
ultima
generazione
romantica
.
Fenomeni
di
questo
genere
si
riproducono
ogni
volta
che
la
politica
cessa
di
essere
ordinaria
amministrazione
e
impegna
tutte
le
forze
di
una
società
per
salvarla
da
una
grave
malattia
,
per
rispondere
a
un
estremo
pericolo
.
Una
società
moderna
si
basa
su
una
grande
varietà
di
specificazioni
,
ma
può
sussistere
soltanto
se
conserva
la
possibilità
di
abolirle
a
un
certo
momento
per
sacrificare
tutto
a
un
'
unica
esigenza
rivoluzionaria
.
È
questo
il
senso
morale
,
non
tecnico
,
della
mobilitazione
:
una
gioventù
che
non
si
conserva
«
disponibile
»
,
che
si
perde
completamente
nelle
varie
tecniche
,
è
compromessa
.
A
un
certo
momento
gli
intellettuali
devono
essere
capaci
di
trasferire
la
loro
esperienza
sul
terreno
dell
'
utilità
comune
,
ciascuno
deve
sapere
prendere
il
suo
posto
in
una
organizzazione
di
combattimento
.
Questo
vale
soprattutto
per
l
'
Italia
.
Parlo
dell
'
Italia
non
perché
mi
stia
più
a
cuore
della
Germania
o
dell
'
America
,
ma
perché
gli
italiani
sono
la
parte
del
genere
umano
con
cui
mi
trovo
naturalmente
a
contatto
e
su
cui
posso
agire
più
facilmente
.
Gli
italiani
sono
un
popolo
fiacco
,
profondamente
corrotto
dalla
sua
storia
recente
,
sempre
sul
punto
di
cedere
a
una
viltà
o
a
una
debolezza
.
Ma
essi
continuano
a
esprimere
minoranze
rivoluzionarie
di
prim
'
ordine
:
filosofi
e
operai
che
sono
all
'
avanguardia
d
'
Europa
.
L
'
Italia
è
nata
dal
pensiero
di
pochi
intellettuali
:
il
Risorgimento
,
unico
episodio
della
nostra
storia
politica
,
è
stato
lo
sforzo
di
altre
minoranze
per
restituire
all
'
Europa
un
popolo
di
africani
e
di
levantini
.
Oggi
in
nessuna
nazione
civile
il
distacco
fra
le
possibilità
vitali
e
la
condizione
attuale
è
così
grande
:
tocca
a
noi
di
colmare
questo
distacco
e
di
dichiarare
lo
stato
d
'
emergenza
.
Musicisti
e
scrittori
dobbiamo
rinunciare
ai
nostri
privilegi
per
contribuire
alla
liberazione
di
tutti
.
Contrariamente
a
quanto
afferma
una
frase
celebre
,
le
rivoluzioni
riescono
quando
le
preparano
i
poeti
e
i
pittori
,
purché
i
poeti
e
i
pittori
sappiano
quale
deve
essere
la
loro
parte
.
Vent
'
anni
fa
la
confusione
dominante
poteva
far
prendere
sul
serio
l
'
impresa
di
Fiume
.
Oggi
sono
riaperte
agli
italiani
tutte
le
possibilità
del
Risorgimento
:
nessun
gesto
è
inutile
purché
non
sia
fine
a
se
stesso
.
Quanto
a
me
,
ti
assicuro
che
l
'
idea
di
andare
a
fare
il
partigiano
in
questa
stagione
mi
diverte
pochissimo
;
non
ho
mai
apprezzato
come
ora
i
pregi
della
vita
civile
e
ho
coscienza
di
essere
un
ottimo
traduttore
e
un
buon
diplomatico
,
ma
secondo
ogni
probabilità
un
mediocre
partigiano
.
Tuttavia
è
l
'
unica
possibilità
aperta
e
l
'
accolgo
.
Se
non
dovessi
tornare
non
mostratevi
inconsolabili
.
Una
delle
poche
certezze
acquistate
nella
mia
esperienza
è
che
non
ci
sono
individui
insostituibili
e
perdite
irreparabili
.
Un
uomo
vivo
trova
sempre
ragioni
sufficienti
di
gioie
negli
altri
uomini
vivi
,
e
tu
che
sei
giovane
e
vitale
hai
il
dovere
di
lasciare
che
i
morti
seppelliscano
i
morti
.
Anche
per
questo
ho
scritto
a
te
e
ho
parlato
di
cose
che
forse
ti
sembrano
ora
meno
evidenti
ma
che
in
definitiva
contano
più
delle
altre
.
Mi
sarebbe
stato
difficile
rivolgere
la
stessa
esortazione
alla
mamma
e
agli
zii
,
e
il
pensiero
della
loro
angoscia
è
la
più
grave
preoccupazione
che
abbia
in
questo
momento
.
Non
posso
fermarmi
su
una
difficile
materia
sentimentale
,
ma
voglio
che
conoscano
la
mia
gratitudine
:
il
loro
affetto
e
la
loro
presenza
sono
stati
uno
dei
fattori
positivi
principali
nella
mia
vita
.
Un
'
altra
grande
ragione
di
felicità
è
stata
l
'
amicizia
,
la
possibilità
di
vincere
la
solitudine
istituendo
sinceri
rapporti
fra
gli
uomini
.
Gli
amici
che
mi
sono
stati
più
vicini
,
Kamenetzki
,
Balbo
,
qualcuna
delle
ragazze
che
ho
amato
,
dividono
con
voi
questi
sereni
pensieri
e
mi
assicurano
di
non
avere
trascorso
inutilmente
questi
anni
di
giovinezza
.
SAGGI
CRITICI
I
.
Introduzione
a
«
Kätchen
di
heilbronn
»
di
Kleist
La
storia
della
poesia
vive
di
una
continua
scoperta
,
del
ricordo
mutevole
e
perenne
dell
'
opera
compiuta
.
Nessun
poeta
moderno
serve
più
di
Kleist
a
questa
valutazione
dell
'
arte
,
e
il
cammino
che
resta
da
compiere
per
portare
la
sua
opera
nel
quadro
della
nostra
esperienza
è
la
conclusione
di
una
lunga
disputa
,
l
'
ultimo
capitolo
a
una
storia
accidentata
e
diversa
.
Comprendere
Kleist
significa
penetrare
nel
folto
degli
equivoci
,
giungere
alla
mediazione
diretta
fra
il
suo
gusto
e
i
contemporanei
.
E
se
tale
passo
è
indispensabile
per
intendere
il
significato
di
ogni
poesia
,
qui
la
ricerca
non
sarà
inutile
:
non
darà
scoperte
archeologiche
ma
una
mediazione
feconda
,
perché
Kleist
,
come
Stendhal
o
Leopardi
,
non
ha
esaurito
il
giro
delle
sue
ripercussioni
,
la
sua
opera
è
scoperta
al
gusto
dei
contemporanei
,
la
sua
leggenda
non
si
è
ancora
estinta
nel
facile
disegno
di
una
mitologia
ufficiale
.
La
leggenda
di
Kleist
:
il
tema
è
così
evidente
che
ha
fornito
il
titolo
di
un
libro
a
uno
dei
suoi
critici
più
recenti
.
E
in
realtà
la
leggenda
investe
tutto
Kleist
:
procede
dalla
complessità
della
sua
figura
umana
e
dal
significato
della
sua
apparizione
letteraria
.
La
critica
patetica
ha
raccolto
in
lui
tutti
i
motivi
di
una
vita
delirante
e
ha
scoperto
in
quella
morte
senza
esempio
la
formula
per
infinite
divagazioni
.
La
critica
allegorica
ha
trovato
nell
'
uomo
posto
dalla
sorte
di
fronte
a
Goethe
e
apparso
nel
pieno
fervore
del
romanticismo
tedesco
,
un
terreno
straordinariamente
fertile
per
ogni
abuso
d
'
interpretazione
.
Tutti
gli
schemi
coincidono
con
la
geometria
arbitraria
della
sua
mente
:
l
'
erotismo
e
la
metafisica
cristiana
,
il
mito
nazionale
e
quello
umanitario
.
E
tutte
le
formule
sono
buone
per
indicare
l
'
uomo
che
fu
a
volta
a
volta
portatore
del
genio
tragico
tedesco
ed
erede
della
psicologia
settecentesca
,
profeta
della
Germania
liberata
e
guida
ai
sentieri
dell
'
inconscio
.
Così
la
«
confusione
dei
sentimenti
»
di
cui
parlava
Goethe
a
proposito
dell
'
autore
,
si
è
fortemente
arricchita
della
successiva
confusione
critica
,
e
il
disordine
si
perpetua
nell
'
odierna
controversia
sul
valore
della
sua
opera
.
La
poesia
resta
come
un
'
intatta
ricchezza
su
questa
corrente
di
notizie
e
di
inganni
e
offre
la
sua
fortuna
mutevole
alla
nostra
ostinata
ricerca
.
Al
centro
delle
varie
ambizioni
critiche
si
trova
,
come
si
è
detto
,
la
vita
di
Kleist
.
Una
povera
vita
:
di
uomo
trascinato
dalla
malattia
e
sempre
angosciato
da
problemi
e
miti
senza
risposta
,
ma
ricca
di
un
oscuro
impulso
,
chiusa
in
questa
orgogliosa
follia
che
fa
della
sua
fine
il
più
singolare
episodio
dell
'
avventura
romantica
.
Forse
questo
rapporto
continuo
tra
la
creazione
letteraria
e
la
esperienza
di
vita
-
documentato
nelle
lettere
che
sono
una
delle
parti
indispensabili
dell
'
opera
di
Kleist
-
questo
scambio
perenne
fra
il
motivo
personale
che
anima
gli
scritti
e
l
'
invenzione
fantastica
che
egli
infuse
nella
propria
esistenza
,
giustificano
un
'
attenzione
altrimenti
superflua
ai
casi
della
biografia
.
Comincia
con
Kleist
una
storia
che
occuperà
tutto
il
secolo
XIX
,
quella
storia
che
ha
come
sua
prima
insegna
le
pistole
da
viaggio
di
Werther
e
giunge
fino
ai
torbidi
casi
di
Rimbaud
e
al
mito
moderno
del
figliuol
prodigo
.
Nasce
il
ritratto
dell
'
artista
come
profugo
;
e
la
sua
prima
rivelazione
coincide
col
sorgere
di
una
società
nuova
.
Il
romanticismo
,
riconosciuto
più
tardi
nei
suoi
limiti
espressivi
,
è
allora
tumulto
e
passione
:
cresce
nel
sangue
degli
uomini
prima
che
nei
loro
libri
,
cambia
il
destino
dei
viaggi
prima
di
modificare
il
corso
degli
studi
.
Si
trasforma
il
paesaggio
in
cui
gli
europei
sono
vissuti
fino
a
quel
giorno
e
l
'
esatta
misura
di
Palladio
cede
alle
oscure
selve
medioevali
.
Prima
che
gli
Schlegel
diffondano
il
verbo
della
chiesa
romantica
e
quando
il
libro
della
Stäel
è
ancora
limitato
a
un
pubblico
di
lettori
colti
,
la
vita
orgogliosa
di
Lord
Byron
annuncia
all
'
Europa
la
scoperta
di
un
mondo
nuovo
.
La
vita
di
Kleist
è
assai
più
limitata
,
porta
ancora
i
segni
della
provincia
prussiana
in
un
'
Europa
civile
e
cosmopolita
.
I
tentativi
di
interpretazione
titanica
suggeriti
più
tardi
dai
critici
deformano
notevolmente
la
realtà
:
il
suo
odio
per
Napoleone
,
l
'
antagonismo
con
Goethe
,
la
reazione
non
naturale
a
Kant
,
non
sono
esempi
di
un
positivo
orgoglio
di
fronte
ai
maggiori
uomini
del
suo
tempo
,
ma
piuttosto
la
prova
della
sua
natura
di
velleitario
.
Quello
che
importa
nella
sua
storia
è
la
capacità
di
accogliere
i
motivi
biografici
più
diversi
,
di
fare
di
una
vita
privata
il
perfetto
paradigma
del
secolo
.
Kleist
era
nato
il
18
ottobre
1777
da
una
famiglia
di
nobili
della
Marca
Orientale
.
Indotto
dalla
tradizione
domestica
a
entrare
nell
'
esercito
,
lascia
il
servizio
a
ventidue
anni
per
insofferenza
di
una
disciplina
che
limita
la
sua
natura
,
e
si
dedica
allo
studio
e
alla
educazione
delle
persone
care
con
incostante
passione
.
Ma
quasi
subito
comincia
l
'
irrequietezza
che
dominerà
la
sua
esistenza
.
Nel
1800
abbandona
una
prima
volta
Francoforte
,
i
corsi
universitari
e
la
fidanzata
per
un
misterioso
viaggio
a
Würzburg
in
compagnia
di
un
amico
.
Scrive
da
Würzburg
delle
lettere
esaltate
e
da
quel
momento
non
ritrova
più
un
ordine
esteriore
da
imporre
alla
propria
vita
.
Ottiene
a
Berlino
un
ufficio
provvisorio
,
ma
dopo
pochi
mesi
lascia
Berlino
per
Parigi
dove
spera
di
potersi
dedicare
all
'
insegnamento
del
tedesco
e
della
nuova
filosofia
.
La
grande
città
lo
sgomenta
:
deluso
dai
francesi
e
dalla
loro
civiltà
cade
nell
'
episodio
rousseauiano
e
tenta
un
esperimento
di
vita
primitiva
in
una
piccola
isola
del
lago
di
Thun
.
Quando
nell
'
autunno
del
1802
torna
in
Germania
,
Kleist
ha
scoperto
la
vocazione
letteraria
e
ha
riconosciuto
una
meta
a
cui
rivolgere
le
proprie
disordinate
ambizioni
.
La
gloria
,
il
mito
settecentesco
inteso
in
tutto
il
suo
candore
,
lo
attira
con
una
forza
primitiva
,
e
il
giovane
quasi
sconosciuto
parla
di
aggiungere
onore
alla
tradizione
familiare
e
di
strappare
dalla
fronte
di
Goethe
il
lauro
del
poeta
germanico
.
Conosce
a
Weimar
Goethe
e
Schiller
,
è
accolto
con
amicizia
da
Wieland
.
Ma
in
tutto
questo
periodo
matura
in
lui
l
'
angoscia
che
lo
trascinerà
come
un
malato
o
un
demente
per
le
città
d
'
Europa
.
L
'
opera
incompiuta
,
il
Guiscardo
,
lo
ossessiona
come
una
febbre
fisica
:
si
esalta
a
ogni
riconoscimento
del
suo
stato
e
traversa
ore
di
pericolosa
prostrazione
.
Nel
gennaio
del
1803
lascia
la
casa
di
Wieland
dopo
un
laconico
annuncio
alla
sorella
:
«
Ho
trovato
qui
più
amore
che
non
fosse
giusto
e
presto
o
tardi
devo
fuggire
:
strano
destino
!
»
Soggiorna
a
Lipsia
e
a
Dresda
:
propositi
di
suicidio
e
confuse
aspirazioni
per
il
futuro
si
mescolano
stranamente
nell
'
esperienza
di
quei
mesi
.
Nell
'
ottobre
dello
stesso
anno
,
dopo
un
ultimo
colloquio
con
i
suoi
,
riparte
senza
una
ragione
precisa
,
traversa
la
Francia
in
preda
a
un
freddo
delirio
,
e
arrivato
a
Parigi
compie
il
primo
gesto
tragico
della
sua
vita
:
brucia
tutti
i
suoi
scritti
e
si
congeda
dalle
persone
che
amava
con
una
lettera
alla
sorella
in
cui
annuncia
il
suo
prossimo
trapasso
:
«
Mi
rallegra
la
vista
della
tomba
infinitamente
bella
»
.
Aveva
deciso
di
arruolarsi
nell
'
esercito
francese
raccolto
sulla
Manica
per
lo
sbarco
in
Inghilterra
e
di
morire
«
la
bella
morte
delle
battaglie
»
.
Un
amico
lo
trovò
qualche
giorno
dopo
mentre
errava
lungo
la
costa
della
Normandia
,
sospettato
di
spionaggio
e
in
pericolo
di
vita
,
e
lo
fece
rimpatriare
.
Dal
suo
ritorno
in
Germania
(
novembre
1803
)
al
giugno
1804
non
si
sa
più
nulla
di
Kleist
:
una
malattia
che
lo
colse
a
Magonza
sembra
consumare
in
un
'
unica
febbre
tutte
le
energie
sprecate
e
gli
astratti
furori
della
sua
giovinezza
.
La
seconda
parte
della
sua
vita
porta
la
stessa
impronta
di
disordinata
avventura
.
Königsberg
,
Dresda
,
Praga
,
Berlino
,
sono
le
tappe
di
un
viaggio
che
non
conosce
tregua
e
che
non
consola
il
poeta
della
sua
sfortuna
e
l
'
uomo
della
sua
povertà
.
La
sua
vicenda
è
nella
corsa
precipite
dei
cavalli
,
nel
distacco
doloroso
dalle
insegne
a
cui
in
ogni
nuova
sosta
sembra
chiedere
rifugio
.
Traversa
come
un
sonnambulo
i
campi
di
battaglia
,
è
arrestato
e
messo
in
fortezza
,
e
appena
libero
torna
a
cospirare
e
ad
agitarsi
.
Sempre
sprovvisto
di
denaro
vive
degli
aiuti
della
sorella
e
per
un
certo
tempo
di
una
pensione
della
regina
Luisa
;
si
illude
di
poter
tornare
agli
uffici
pubblici
e
ricade
come
in
un
vizio
antico
nel
mestiere
letterario
.
Riferimenti
esterni
di
qualche
importanza
per
questo
periodo
sono
i
giornali
che
successivamente
egli
diresse
:
il
«
Phoebus
»
,
fondato
a
Dresda
con
Adam
Müller
,
che
fu
per
tutto
il
1808
uno
dei
più
notevoli
fogli
del
movimento
romantico
;
la
«
Germania
»
appena
progettata
a
Praga
nel
l
'
estate
del
1809
come
una
bandiera
di
raccolta
del
nazionalismo
tedesco
e
morta
subito
dopo
la
vittoria
napoleonica
di
Wagram
;
infine
i
«
Berliner
Abendblätter
»
,
quotidiano
di
opposizione
alla
politica
liberale
di
Hardenberg
,
in
cui
ritorna
l
'
influsso
di
Adam
Müller
e
l
'
interesse
molteplice
e
insoddisfatto
dello
scrittore
Kleist
.
Tutte
queste
imprese
,
iniziate
con
grande
spreco
di
programmi
,
caddero
presto
quasi
travolte
dalla
instabilità
naturale
dell
'
uomo
.
E
le
opere
letterarie
non
ebbero
maggior
fortuna
:
editori
e
direttori
di
teatro
furono
costantemente
in
conflitto
col
poeta
di
difficile
umore
,
e
dei
suoi
drammi
due
soli
furono
rappresentati
in
vita
e
senza
successo
.
Così
disgusto
e
passione
si
alternarono
nel
governare
gli
ultimi
anni
della
vita
di
Kleist
.
Nell
'
agosto
del
1811
scrive
ancora
:
«
Appena
sarò
libero
da
quest
'
impegno
,
mi
proverò
di
nuovo
a
scrivere
opere
di
fantasia
.
A
volte
durante
una
lettura
o
a
teatro
sento
come
un
soffio
della
mia
prima
giovinezza
.
La
vita
che
posa
deserta
di
fronte
a
me
mi
appare
d
'
improvviso
in
una
luce
splendida
e
sento
agitarsi
nel
mio
animo
forze
che
credevo
estinte
»
.
Ma
poco
dopo
l
'
ultima
ondata
di
disgusto
avrà
un
effetto
più
duraturo
.
A
Berlino
,
attraverso
amici
comuni
,
aveva
conosciuto
Henriette
Vogel
,
moglie
di
un
funzionario
prussiano
e
vagamente
appassionata
di
letteratura
e
di
musica
.
Questa
donna
non
giovane
e
non
bella
doveva
essere
la
prima
a
subire
fino
in
fondo
la
suggestione
di
Kleist
e
doveva
dividere
con
lui
il
passo
più
difficile
della
sua
esistenza
.
Le
lettere
scambiate
fra
i
due
nel
periodo
della
loro
breve
amicizia
testimoniano
di
una
rara
esaltazione
,
contengono
frasi
che
ricordano
il
linguaggio
più
acceso
di
Käthchen
,
e
spumeggiano
di
tutta
l
'
enfasi
che
era
nella
natura
di
Kleist
.
Ma
l
'
ultimo
atto
di
cui
essi
furono
protagonisti
è
un
modello
di
consapevolezza
e
di
virtù
,
la
più
notevole
eccezione
all
'
inettitudine
tecnica
di
Kleist
,
il
primo
capolavoro
nella
storia
segreta
dei
suicidi
.
Tutta
la
barbarie
fisica
che
aveva
accompagnato
la
vita
dell
'
uomo
,
il
rigurgito
di
sangue
che
acceca
i
suoi
personaggi
,
si
placano
nella
tranquilla
visione
della
morte
;
e
la
tragedia
romantica
spinta
così
ai
suoi
ultimi
limiti
supera
se
stessa
e
ricade
in
un
leggero
velo
di
nebbia
e
di
lacrime
.
Per
il
modo
in
cui
fu
compiuto
quel
suicidio
non
appartiene
alla
moda
transitoria
di
Werther
ma
risale
agli
esempi
di
una
più
antica
civiltà
e
si
adorna
di
tutto
l
'
orgoglio
della
tradizione
stoica
.
Il
20
novembre
1811
i
due
amanti
partono
in
carrozza
sulla
via
di
Potsdam
diretti
a
una
piccola
osteria
sulle
rive
del
Wannsee
.
Là
si
dispongono
a
una
breve
villeggiatura
e
preparano
la
scena
della
loro
fine
con
una
cura
che
tradisce
la
vocazione
teatrale
di
Kleist
.
Scrivono
agli
amici
le
ultime
lettere
,
lettere
che
resterebbero
in
ogni
caso
come
un
prezioso
documento
psicologico
,
tanto
l
'
ironia
e
la
tenerezza
crescono
di
significato
in
quello
stretto
contatto
con
la
morte
.
Poi
,
scelto
un
luogo
adatto
nel
cavo
di
un
vecchio
albero
,
allontanano
per
un
istante
la
cameriera
e
si
uccidono
con
la
stessa
arma
:
Kleist
con
un
colpo
alla
bocca
,
Henriette
al
cuore
,
per
non
turbare
in
un
atto
così
solenne
i
lineamenti
del
viso
.
Nel
corso
di
questa
vita
,
agitata
da
un
demone
così
violento
,
poche
cose
ebbero
un
'
importanza
non
puramente
biografica
,
utile
cioè
anche
per
noi
.
Gli
amici
erano
personalità
di
secondo
piano
:
meno
Adam
Müller
che
ebbe
un
influsso
durevole
sulla
sua
attività
intellettuale
,
tutti
gli
altri
furono
piuttosto
episodi
della
vita
di
Kleist
che
figure
dotate
di
una
esistenza
propria
.
Le
sue
relazioni
letterarie
con
i
contemporanei
sono
assai
curiose
:
dai
rapporti
con
Wieland
,
Goethe
,
Arnim
,
Fouqué
,
Tieck
,
risulta
che
essi
erano
colpiti
soprattutto
dagli
aspetti
bizzarri
della
personalità
di
Kleist
,
dalle
sue
tare
fisiche
e
insieme
dal
singolare
fascino
che
contrastava
con
la
mediocrità
apparente
dell
'
uomo
.
Quando
Goethe
,
molti
anni
dopo
la
morte
di
Kleist
,
volle
raccogliere
il
suo
giudizio
sull
'
uomo
,
disse
:
«
Egli
mosse
sempre
in
me
,
con
le
più
pure
intenzioni
d
'
affetto
,
sgomento
e
orrore
,
come
un
corpo
ben
dotato
dalla
natura
che
soffra
di
una
malattia
incurabile
»
.
Queste
parole
spesso
interpretate
come
un
segno
di
inimicizia
sono
la
prova
migliore
dell
'
equanimità
penetrante
di
Goethe
.
Di
fronte
al
male
che
assillava
Kleist
egli
non
poteva
esprimere
meglio
il
proprio
distacco
,
e
se
più
tardi
una
cattiva
letteratura
ha
preso
origine
da
questo
giudizio
,
la
colpa
è
di
chi
non
ha
saputo
distinguere
fra
patologia
normale
e
critica
della
persona
.
La
lettera
che
Goethe
scrisse
a
Kleist
dopo
la
lettura
della
Pentesilea
tocca
come
un
ferro
di
chirurgo
i
punti
morti
della
fantasia
kleistiana
,
e
nessuna
interpretazione
allegorica
può
aggiungere
qualcosa
alla
chiarezza
dei
rapporti
letterari
che
essa
pone
fra
i
due
uomini
.
Nietzsche
indicò
più
tardi
con
parole
precise
il
vero
dissidio
che
li
separava
quando
disse
che
Goethe
aborriva
in
Kleist
«
i
lati
incurabili
della
natura
»
,
quella
zona
segreta
da
cui
nasce
la
tragedia
e
da
cui
Goethe
volle
sempre
tenersi
lontano
come
gli
animali
dal
buio
.
Goethe
,
per
cui
il
solo
pensiero
di
scrivere
una
tragedia
era
stato
un
tempo
un
'
angoscia
e
un
pericolo
,
non
poteva
accettare
la
natura
tragica
di
Kleist
;
e
pieno
di
sgomento
di
fronte
a
quella
favolosa
creatura
,
Pentesilea
,
non
poteva
riconoscere
l
'
uomo
il
quale
confessava
di
aver
posto
nella
storia
inumana
dell
'
amazzone
«
tutto
il
dolore
e
tutto
lo
splendore
della
propria
anima
»
.
Sul
significato
di
Kleist
come
uomo
politico
le
opinioni
sono
discordi
.
La
politica
dei
romantici
è
sempre
stata
una
categoria
molto
imprecisa
,
e
Kleist
,
così
vicino
a
Adam
Müller
,
ne
divise
tutte
le
incertezze
e
i
pericoli
.
Ma
egli
era
cresciuto
in
un
'
epoca
in
cui
certi
valori
di
civiltà
e
di
vita
politica
europea
erano
stati
troppo
chiaramente
enunciati
perché
si
potessero
subito
scordare
,
e
il
nazionalismo
a
cui
si
convertì
negli
ultimi
anni
non
è
affatto
comparabile
ad
altre
manifestazioni
più
recenti
dello
spirito
tedesco
.
Le
espressioni
del
suo
odio
verso
la
Francia
furono
sì
acerbe
e
terribili
,
come
tutto
quello
che
veniva
da
Kleist
,
ma
la
Germania
del
1810
,
ora
confusa
in
un
mito
comune
di
sangue
e
di
suolo
,
non
era
la
Germania
del
1870
,
né
quella
del
1933
,
e
l
'
esaltazione
patriottica
che
ebbe
tanta
parte
negli
ultimi
anni
di
Kleist
non
intaccò
mai
la
sua
coscienza
di
uomo
.
Così
anche
i
suoi
scritti
più
feroci
,
come
il
Catechismo
di
un
tedesco
,
conservano
le
tracce
di
una
sana
educazione
illuministica
e
sono
penetrati
da
un
linguaggio
di
libertà
e
di
giustizia
a
cui
l
'
empito
retorico
non
toglie
ogni
accento
generoso
.
Infine
l
'
ultimo
elemento
che
non
si
può
trascurare
perché
in
certo
modo
circoscrive
tutta
la
personalità
di
Kleist
è
quello
erotico
.
È
stato
detto
che
la
sua
vita
è
il
problema
erotico
personificato
,
e
certo
una
gran
parte
dell
'
interesse
rivolto
a
Kleist
da
alcuni
strati
della
cultura
moderna
si
deve
a
questa
singolare
posizione
sessuale
.
Fino
dai
primi
anni
le
donne
occupano
interamente
la
sua
esistenza
:
Ulrike
,
la
sorella
,
è
l
'
unica
ad
accompagnarlo
anche
nelle
più
infelici
avventure
,
e
la
fidanzata
di
Francoforte
,
Wilhelmine
von
Zenge
,
è
strettamente
legata
al
suo
sviluppo
intellettuale
.
Poi
figure
concrete
:
le
sorelle
von
Schlieben
,
Luoise
Wieland
,
Maria
von
Kleist
,
Henriette
Vogel
,
e
altre
persone
appena
intraviste
,
come
la
leggendaria
contadina
del
lago
di
Thun
,
determinano
crisi
e
rinascite
nella
vita
di
Kleist
,
sono
protagoniste
della
sua
avventura
terrena
e
insieme
episodi
della
sua
storia
fantastica
.
Ogni
tentativo
di
far
coincidere
questi
due
mondi
è
destinato
a
fallire
:
resta
il
fatto
,
soltanto
importante
per
noi
,
che
a
eccezione
di
Kohlhaas
tutti
i
drammi
e
tutti
i
racconti
di
Kleist
hanno
come
sfondo
un
tema
erotico
.
Una
così
forte
concentrazione
di
sentimenti
basta
a
far
presumere
una
natura
anormale
,
e
in
realtà
i
rapporti
che
Kleist
ebbe
con
tutte
queste
donne
furono
tempestosi
e
ambigui
.
La
chiave
biografica
della
sua
situazione
sessuale
è
nel
viaggio
a
Würzburg
del
1800
:
di
là
egli
scrisse
a
Wilhelmine
von
Zenge
alcune
strane
lettere
in
cui
accennò
più
volte
al
gran
mutamento
intervenuto
nella
sua
vita
,
all
'
atto
che
lo
aveva
reso
degno
di
lei
,
e
al
loro
avvenire
di
felicità
matrimoniale
.
Dopo
le
prime
indulgenti
interpretazioni
ottocentesche
,
secondo
cui
il
poeta
avrebbe
avuto
nel
suo
viaggio
la
rivelazione
della
natura
,
i
biografi
sono
ora
quasi
tutti
d
'
accordo
nel
ritenere
che
Kleist
abbia
subito
a
Würzburg
una
cura
intesa
a
guarirlo
di
una
debolezza
di
origine
nervosa
sopravvenuta
per
eccessi
giovanili
.
Un
simile
dato
di
fatto
riempì
naturalmente
di
giubilo
la
cultura
positivista
della
fine
del
secolo
scorso
,
e
da
allora
tutta
la
critica
di
orientamenti
psicanalitici
ha
fatto
di
Kleist
il
suo
eroe
,
confondendo
valori
letterari
e
curiosità
biografiche
e
tentando
di
stabilire
impossibili
determinismi
.
Ora
,
dissipato
forse
l
'
errore
freudiano
,
non
sfuggirà
il
valore
letterario
di
questo
episodio
.
Alcmena
,
la
marchesa
di
O
.
,
Toni
del
Fidanzamento
a
San
Domingo
,
sono
i
personaggi
di
un
mondo
di
cui
Käthchen
di
Heilbronn
e
Pentesilea
rappresentano
i
due
poli
estremi
e
che
è
stato
rivelato
da
Kleist
con
una
intensità
senza
pari
.
La
dilatazione
dell
'
erotismo
fino
ai
suoi
limiti
morbosi
,
il
furore
del
sangue
e
del
sesso
danno
l
'
accento
più
deciso
all
'
opera
di
Kleist
e
la
mettono
così
violentemente
in
contrasto
con
l
'
ambiente
in
cui
nacque
.
Il
mondo
morale
dell
'
uomo
del
Settecento
dominato
da
alcuni
universali
,
la
virtù
o
la
grazia
,
si
dissolve
e
scopre
enormi
piaghe
e
passioni
insoddisfatte
.
Su
questa
via
si
eserciteranno
poi
innumerevoli
altri
nei
cento
anni
che
vanno
da
Kleist
a
Baudelaire
e
da
Baudelaire
a
Joyce
.
Parlare
di
decadentismo
qui
è
forse
superfluo
:
certo
Kleist
è
legato
a
un
determinato
momento
della
nostra
sensibilità
;
e
queste
conclusioni
a
cui
si
giunge
attraverso
un
esame
sommario
della
sua
vita
trovano
la
loro
conferma
più
chiara
nell
'
analisi
del
suo
sviluppo
interiore
.
All
'
origine
della
personalità
culturale
di
Kleist
non
sta
un
letterato
ma
un
moralista
.
Tutti
i
documenti
che
si
posseggono
della
sua
giovinezza
provano
che
i
suoi
interessi
erano
prevalentemente
morali
,
quasi
mai
orientati
in
senso
tecnico
.
Occupò
molti
anni
nello
studio
delle
scienze
,
uno
studio
concepito
in
modo
illuministico
e
sempre
rivolto
al
perfezionamento
della
personalità
umana
;
si
dedicò
alla
matematica
e
alla
filosofia
con
l
'
eclettismo
proprio
del
suo
tempo
.
Direi
che
il
livello
medio
dell
'
educazione
illuministica
è
rappresentato
benissimo
dal
giovane
Kleist
,
con
la
mania
pedagogica
e
il
gusto
delle
affermazioni
morali
,
il
vago
empito
religioso
che
accompagnava
ogni
sua
certezza
.
Le
lettere
giovanili
alla
sorella
e
alla
fidanzata
sono
un
terribile
esempio
di
questa
serietà
di
autodidatta
;
si
sentiva
successivamente
attirato
dai
vari
rami
della
,
scienza
settecentesca
e
voleva
versarla
con
ordine
nel
grembo
delle
due
donne
.
Organizzava
corsi
e
dava
lezioni
;
una
volta
,
scrisse
che
non
concepiva
come
si
potesse
vivere
senza
costituirsi
un
piano
di
esistenza
.
E
già
il
senso
della
malattia
affiora
in
quest
'
ordine
trascendentale
,
lo
rende
così
distante
dall
'
ordine
umano
di
Goethe
.
Più
tardi
anche
il
suo
maggior
incontro
nel
campo
della
cultura
tedesca
,
quello
con
la
filosofia
kantiana
,
fu
dominato
dallo
stesso
squilibrio
.
Credette
di
trovare
nell
'
affermazione
kantiana
dell
'
inconoscibilità
del
noumeno
la
condanna
di
tutti
i
suoi
sforzi
di
adolescente
e
fu
preso
da
una
disperazione
quasi
fisica
.
Lasciò
allora
i
progetti
e
le
ambizioni
che
lo
avevano
occupato
fino
a
quel
giorno
,
prese
a
viaggiare
e
a
scrivere
con
lo
stesso
dissoluto
entusiasmo
.
Ora
si
discute
dai
critici
se
Kleist
abbia
capito
Kant
e
addirittura
se
lo
abbia
letto
nel
testo
.
Ma
l
'
incontro
col
pensiero
kantiano
è
certo
un
momento
decisivo
nella
storia
del
poeta
Kleist
.
Esso
segna
lo
sfasciarsi
della
costruzione
razionalistica
,
la
prima
crepa
in
un
sistema
di
pensiero
che
aveva
difeso
come
una
corazza
il
giovane
scrittore
.
Le
affermazioni
di
libertà
dell
'
individuo
e
di
trionfo
delle
passioni
succedono
agli
atti
di
fede
nella
scienza
e
nella
virtù
,
l
'
enfasi
del
sentimento
sostituisce
l
'
enfasi
della
ragione
.
La
tesi
kantiana
,
ingenuamente
tradotta
in
termini
personali
,
non
sparirà
più
dall
'
opera
di
Kleist
e
il
conflitto
fra
verità
e
apparenza
ritornerà
come
un
tema
ossessivo
nelle
vicende
dei
drammi
e
dei
racconti
.
Ma
un
processo
descritto
in
termini
così
rigorosamente
intellettuali
rischierebbe
di
ingannare
sulla
natura
dell
'
evoluzione
di
Kleist
.
Il
viaggio
a
Würzburg
del
1800
aveva
destato
in
lui
un
vago
bisogno
di
azione
,
e
alla
certezza
distrutta
nel
dominio
dell
'
intelletto
egli
doveva
sostituire
un
nuovo
credo
.
Le
dottrine
filosofiche
e
pedagogiche
che
avevano
rivelato
la
categoria
del
sentimento
furono
il
migliore
impulso
a
uscire
da
questa
crisi
,
e
nelle
Confessioni
di
Jean
-
Jacques
egli
trovò
quello
che
non
potevano
dargli
la
critica
kantiana
e
l
'
alto
esempio
di
Goethe
:
una
spiegazione
della
propria
natura
.
Così
i
motivi
della
sua
fede
giovanile
cadono
fra
i
residui
scolastici
e
il
nome
che
da
allora
ricorre
più
spesso
nelle
lettere
di
Kleist
è
quello
di
Rousseau
.
In
un
simile
passaggio
da
una
circoscritta
educazione
illuministica
,
attraverso
la
nuova
filosofia
,
alla
scoperta
di
un
mondo
che
si
pone
come
il
mondo
della
libertà
e
dell
'
individuo
creatore
,
è
facile
riconoscere
uno
splendido
paradigma
del
secolo
,
oltre
che
la
migliore
guida
per
seguire
l
'
evoluzione
del
poeta
.
La
vittoria
del
motivo
sentimentale
coincide
in
Kleist
con
la
conquista
dell
'
espressione
letteraria
:
il
mondo
che
egli
ritrova
nell
'
intimo
della
propria
natura
è
quello
che
Rousseau
ha
scoperto
e
che
i
romantici
difendono
nel
loro
fervore
rivoluzionario
.
Debole
e
irruento
Kleist
doveva
esprimere
meglio
di
ogni
altro
questo
capovolgimento
di
valori
:
la
lettera
a
Rühle
von
Lilienstern
dell
'
agosto
1806
è
la
più
netta
smentita
ai
precetti
contenuti
nella
dissertazione
di
sette
anni
prima
al
maestro
Martini
.
Il
lavoro
intellettuale
esaltato
allora
come
unica
strada
alla
felicità
è
ora
respinto
come
un
peso
inutile
:
«
O
l
'
intelletto
!
Lo
sciagurato
intelletto
!
Non
studiare
troppo
,
mio
caro
.
La
tua
traduzione
di
Racine
ha
brani
eccellenti
.
Segui
il
tuo
sentimento
.
Quello
che
ti
pare
buono
,
daccelo
,
e
alla
buon
'
ora
.
È
come
e
un
colpo
di
dadi
,
ma
non
esiste
altro
»
.
Un
passo
ulteriore
su
questa
via
sarà
compiuto
qualche
anno
dopo
con
il
saggio
Sul
teatro
delle
marionette
,
il
più
importante
scritto
teorico
di
Kleist
.
Due
interlocutori
immaginari
nel
giardino
pubblico
di
una
città
tedesca
espongono
la
tesi
della
superiorità
del
burattino
sull
'
attore
:
libero
il
primo
dalla
legge
di
gravità
,
gratuito
e
perfetto
in
ogni
suo
gesto
;
ancora
avviluppato
il
secondo
nel
giro
delle
proprie
intenzioni
.
Con
quest
'
ultimo
saggio
Kleist
pone
i
fondamenti
di
un
'
estetica
irrazionalista
che
potrà
essere
compresa
solo
in
tempi
molto
vicino
a
noi
:
perché
l
'
esaltazione
della
marionetta
come
mezzo
espressivo
implica
il
rifiuto
di
ogni
verosimiglianza
esteriore
e
la
scoperta
del
surreale
.
È
notevole
che
una
storia
così
elaborata
non
contenga
quasi
elementi
letterari
.
I
nomi
che
contano
sono
Kant
e
Rousseau
,
nomi
di
filosofi
e
di
moralisti
;
e
gli
scritti
teorici
a
cui
si
è
accennato
valgono
appena
come
rare
intuizioni
o
si
limitano
a
fornire
notizie
sulla
genesi
del
suo
linguaggio
drammatico
.
Ogni
altro
tentativo
di
istituire
rapporti
di
scuola
o
di
tendenza
è
destinato
a
fallire
di
fronte
a
una
personalità
così
violentemente
autoctona
.
Le
sue
letture
giovanili
furono
probabilmente
scolastiche
:
i
classici
latini
e
greci
,
i
maestri
di
retorica
e
gli
scrittori
francesi
del
gran
secolo
.
Più
tardi
conobbe
i
contemporanei
e
,
certo
molto
bene
,
le
opere
di
Wieland
e
di
Goethe
e
il
teatro
di
Schiller
.
Per
rintracciare
un
influsso
preciso
sull
'
opera
di
Kleist
al
di
fuori
di
questo
cerchio
limitato
di
interessi
bisognerà
arrivare
a
un
curioso
teorico
dei
sogni
,
E
.
G
.
von
Schubert
,
o
risalire
all
'
esempio
di
Shakespeare
,
dove
ogni
riferimento
ai
testi
diventa
problematico
e
una
vaga
parentela
spirituale
conta
ancora
più
di
qualsiasi
derivazione
provata
.
Da
Goethe
,
così
raffinatamente
letterato
pur
nei
suoi
vari
interessi
,
lo
distacca
questa
mancanza
di
interessi
formali
.
La
storia
delle
opere
di
Goethe
è
una
storia
di
esperienze
letterarie
e
i
suoi
diari
e
le
sue
conversazioni
provano
una
continua
attenzione
alle
cose
dell
'
arte
.
In
Kleist
non
ci
fu
mai
una
precisa
natura
di
letterato
:
soprattutto
non
si
può
parlare
per
la
sua
opera
di
progresso
stilistico
.
Quando
nel
1800
egli
dichiara
di
aver
dinanzi
a
sé
una
carriera
letteraria
,
questa
affermazione
non
suona
diversa
da
altre
precedenti
,
cadute
nel
rapido
corso
delle
ambizioni
kleistiane
.
Ma
aveva
scoperto
quel
giorno
la
propria
vocazione
maggiore
e
la
sua
prima
opera
ha
già
tutti
i
segni
di
una
necessità
rigorosa
,
è
l
'
immagine
giovanile
di
un
'
opera
classica
.
Da
allora
tutti
i
drammi
e
i
racconti
di
Kleist
vivranno
di
questa
fortissima
impronta
senza
che
una
sensibile
evoluzione
formale
accompagni
il
loro
crescere
,
modifichi
oltre
alla
tecnica
e
i
dati
esteriori
le
più
profonde
qualità
del
linguaggio
.
Necessità
non
vuol
dire
facilità
;
e
la
lunga
fatica
sul
Guiscardo
,
le
ricorrenti
crisi
di
disperazione
basterebbero
a
provare
la
serietà
del
suo
impegno
di
poeta
.
Quello
che
si
sa
del
suo
modo
di
comporre
conferma
la
nostra
ipotesi
.
Arnim
e
Brentano
derisero
la
sua
diligenza
di
letterato
,
l
'
interminabile
lavoro
di
correzione
a
cui
si
dedicava
sui
testi
;
e
tutti
gli
altri
critici
più
acuti
hanno
sottolineato
l
'
elemento
di
pedanteria
senza
di
cui
non
è
spiegabile
la
personalità
di
Kleist
.
Probabilmente
egli
trasportò
nelle
cose
dell
'
arte
un
'
abitudine
giovanile
:
quel
complesso
scolastico
,
quel
bisogno
di
perfezione
e
di
ordine
che
avevano
accompagnato
i
suoi
fallimenti
di
uomo
e
che
dovevano
trovare
la
loro
giustificazione
proprio
nell
'
opera
letteraria
.
Tali
notizie
contrastano
con
l
'
immagine
fantastica
che
è
rimasta
del
poeta
.
Ma
la
tendenza
all
'
interpretazione
puramente
dionisiaca
di
Kleist
,
oltre
che
piuttosto
volgare
nei
suoi
motivi
,
è
inesatta
letterariamente
.
Lo
spirito
dionisiaco
penetra
certo
Pentesilea
(
che
infatti
è
giudicata
l
'
opera
capitale
da
quegli
interpreti
)
,
ma
non
spiega
la
costruzione
rigida
dei
racconti
,
non
giustifica
gli
ultimi
documenti
della
sua
vita
:
quelle
lettere
che
annunciano
il
suicidio
e
cominciano
come
Kohlhaas
o
la
Marchesa
di
O
.
,
col
freddo
gelo
di
un
enunciato
:
«
Giacciamo
uccisi
sulla
via
di
Potsdam
...
»
.
In
realtà
nessuna
interpretazione
univoca
basta
a
esaurire
la
vitalità
di
un
poeta
;
e
dove
altri
hanno
seguito
il
flusso
di
follia
che
penetra
in
apparenza
tutto
il
suo
mondo
,
a
noi
converrà
tracciarne
i
limiti
,
salvare
ciò
che
d
'
ingenuo
e
pittoresco
continua
al
crescere
fra
quelle
rive
tempestose
.
Solo
in
questa
involontaria
dialettica
si
potrà
riconoscere
una
nuova
immagine
dello
scrittore
e
dare
alla
sua
figura
storica
una
più
profonda
ragione
.
Come
il
fenomeno
culturale
Kleist
è
il
rompere
di
energie
sentimentali
da
un
involucro
razionalista
e
settecentesco
,
così
il
fenomeno
letterario
è
il
brivido
che
a
un
tratto
percorre
l
'
unità
ragionata
della
sua
opera
.
E
lo
sgomento
che
da
Goethe
ai
contemporanei
coglie
i
lettori
di
Kleist
nasce
dal
pensiero
che
il
suo
volto
nasconde
la
perenne
ambiguità
della
maschera
tragica
,
che
il
giovane
malaticcio
e
balbuziente
porta
dentro
di
sé
l
'
urlo
feroce
di
Pentesilea
e
la
desolata
follia
di
Käthchen
.
Quando
nel
1821
Tieck
raccolse
e
pubblicò
le
opere
di
Kleist
,
si
fermò
nella
sua
prefazione
sul
Principe
di
Homburg
,
che
vedeva
allora
la
luce
per
la
prima
volta
e
che
definì
un
dono
incomparabile
per
il
teatro
tedesco
,
e
subito
dopo
sulla
Famiglia
Schroffenstein
e
su
Käthchen
di
Heilbronn
.
Da
allora
il
furore
critico
che
Kleist
ha
sempre
attirato
su
di
sé
si
è
ripercosso
nella
diversa
valutazione
delle
opere
.
In
particolare
delle
due
grandi
correnti
ideologiche
che
si
dividono
la
critica
kleistiana
,
quella
psicanalitica
e
letteraria
ha
preferito
Anfitrione
e
Pentesilea
,
mentre
quella
eroica
e
celebrativa
,
ancora
molto
forte
in
Germania
,
ha
messo
l
'
accento
soprattutto
sulla
Battaglia
d
'
Arminio
.
Ora
dopo
oltre
un
secolo
di
diverse
contese
è
forse
giusto
tornare
sul
giudizio
di
Tieck
e
,
lasciando
da
parte
il
Principe
di
Homburg
che
è
l
'
opera
meno
discussa
,
mettere
di
nuovo
a
fuoco
gli
altri
due
drammi
.
Appunto
perché
sottratte
all
'
ideologia
,
la
Famiglia
Schroffenstein
e
Käthchen
di
Heilbronn
sono
per
noi
le
opere
che
restituiscono
più
chiara
l
'
immagine
di
Kleist
.
Meno
immediate
di
Pentesilea
,
più
deboli
del
Principe
di
Homburg
,
esse
rispondono
meglio
di
quei
drammi
al
nostro
vivo
bisogno
di
poesia
.
E
in
questo
caso
l
'
accordo
col
giudizio
di
Tieck
non
sarebbe
casuale
perché
indicherebbe
un
avvicinamento
alla
misura
originaria
del
poeta
attraverso
le
soprastrutture
e
gli
inganni
di
una
lunga
epoca
critica
.
La
Famiglia
Schroffenstein
,
edita
nella
forma
attuale
nel
1803
ma
in
quel
tempo
già
più
volte
rielaborata
,
ha
caratteri
evidenti
di
immaturità
su
cui
tutti
i
giudizi
sono
concordi
.
Tuttavia
è
con
Käthchen
l
'
opera
che
illumina
meglio
il
momento
shakespeariano
nel
dramma
di
Kleist
e
resta
,
nella
grande
confusione
di
stile
e
di
motivi
,
un
'
opera
straordinariamente
vitale
.
I
grandi
conflitti
di
virtù
astratte
e
di
sentimenti
che
si
ripeteranno
poi
fino
a
Kohlhaas
sono
presentati
con
molta
chiarezza
nei
primi
atti
di
quel
dramma
.
Ma
quando
l
'
impostazione
retorica
e
ogni
tanto
la
tecnica
del
verso
farebbero
pensare
a
Schiller
,
un
'
ondata
di
entusiasmo
kleistiano
travolge
i
limiti
apparenti
,
crea
una
atmosfera
di
desolato
stupore
nuova
nel
teatro
tedesco
.
Il
desiderio
e
l
'
angoscia
,
gli
stadi
elementari
della
passione
,
risolvono
le
virtù
astratte
dei
personaggi
:
le
figure
si
cancellano
ai
nostri
occhi
e
l
'
azione
si
perde
in
un
vago
clamore
verbale
.
Qualche
edizione
tedesca
conserva
ancora
il
quadro
degli
«
Hauptcharaktere
»
nella
Famiglia
Schroffenstein
.
Un
simile
lavoro
,
perfettamente
ozioso
,
mostra
come
non
si
sia
capito
nulla
del
significato
dell
'
opera
e
in
genere
dell
'
ispirazione
romantica
.
Le
categorie
psicologiche
inventate
per
il
teatro
francese
si
applicano
ancora
benissimo
a
Schiller
,
ma
diventano
uno
stupido
strumento
scolastico
per
chi
voglia
misurarvi
i
personaggi
di
Kleist
.
Descrivere
i
caratteri
della
Famiglia
Schroffenstein
è
press
'
a
poco
come
fissare
in
una
formula
psicologica
i
protagonisti
dei
Fratelli
Karamazoff
.
Con
Kleist
,
almeno
con
il
Kleist
più
ardito
di
Kätchchen
e
della
Famiglia
Schroffenstein
,
comincia
quella
dissoluzione
del
personaggio
che
porterà
ai
più
sconcertanti
esempi
moderni
:
ora
marionette
,
ora
esseri
profondamente
razionali
,
gli
uomini
e
le
donne
di
quei
drammi
sfuggono
a
qualsiasi
modulo
esteriore
,
vendicano
nella
loro
assoluta
libertà
il
lungo
asservimento
a
una
poetica
classica
.
La
vicenda
si
snoda
e
si
perfeziona
,
tocca
episodi
di
un
tragico
temerario
e
si
perde
in
battute
gratuite
e
superflue
:
l
'
interesse
lascia
sempre
più
la
rappresentazione
dei
fatti
per
guidarci
a
una
segreta
e
fortissima
«
orchestra
»
.
E
qui
soccorre
un
ultimo
esempio
che
probabilmente
non
è
stato
mai
fatto
e
che
è
forse
il
più
significativo
per
Kleist
:
quello
dell
'
opera
lirica
.
Pare
che
Kleist
mostrasse
da
giovane
un
notevole
talento
musicale
,
ma
questa
può
essere
una
coincidenza
senza
valore
:
quello
che
è
certo
è
che
il
suo
genio
drammatico
ha
i
suoi
veri
eredi
soltanto
nei
grandi
operisti
dell
'
Ottocento
.
Il
senso
del
tragico
,
presto
scaduto
nelle
formule
del
teatro
borghese
,
doveva
trovare
soluzioni
inattese
nello
scenario
confuso
dell
'
opera
in
musica
.
Hebbel
e
Ibsen
sono
lontanissimi
da
Kleist
e
come
in
genere
tutta
la
letteratura
ottocentesca
trasportano
in
un
linguaggio
moderno
problemi
e
miti
ereditati
da
Schiller
.
Ma
per
capire
Kleist
è
molto
più
utile
seguire
la
linea
che
da
Weber
e
Berlioz
porta
a
Wagner
e
considerare
in
ultima
analisi
il
nome
sorprendente
di
Verdi
.
Chi
trovasse
arbitrario
l
'
ultimo
riferimento
pensi
alla
concitazione
di
certe
scene
di
massa
,
al
continuo
alternarsi
di
episodi
patetici
e
di
effetti
brutali
,
infine
a
quell
'
assurda
conclusione
del
quinto
atto
dove
in
un
'
apoteosi
di
vestiti
scambiati
,
di
personaggi
inutili
e
di
omicidî
non
commoventi
tutti
i
nodi
del
dramma
,
si
sciolgono
come
per
caso
.
Un
senso
,
così
eroico
dell
'
assurdo
è
rintracciabile
solo
nell
'
opera
lirica
italiana
,
e
Rigoletto
e
Un
ballo
in
maschera
sono
il
più
bell
'
epilogo
di
un
dramma
avviato
per
queste
strade
.
Accanto
a
questo
aspetto
ideologico
,
la
Famiglia
Schroffenstein
interessa
per
un
altro
motivo
:
filologico
.
Nasce
in
quel
dramma
il
linguaggio
di
Kleist
,
quel
verso
fatto
di
spezzature
e
di
ripetizioni
,
che
dà
al
dialogo
un
carattere
fortemente
antiaccademico
e
interrompe
ogni
voluta
retorica
in
un
improvviso
singhiozzo
.
Il
sonnambulismo
dei
personaggi
si
esprime
naturalmente
in
questa
forma
concitata
e
contrasta
nel
modo
più
netto
con
la
lucida
visione
del
mondo
degli
eroi
schilleriani
.
Per
la
prima
volta
si
parla
sul
teatro
tedesco
un
linguaggio
che
non
ha
nulla
a
che
fare
con
la
tradizione
letteraria
,
né
col
basso
realismo
della
commedia
volgare
.
Sarà
appunto
questo
linguaggio
,
portato
a
un
alto
grado
di
perfezione
,
che
tornerà
in
Käthchen
con
tutti
i
segni
della
maturità
di
Kleist
.
Quale
sia
il
vero
messaggio
di
Käthchen
,
religioso
e
umano
,
è
stato
discusso
fra
gli
interpreti
che
hanno
voluto
riconoscervi
una
complicata
allegoria
kleistiana
.
Per
noi
il
messaggio
poetico
è
molto
chiaro
ed
è
contenuto
nel
rapporto
,
altrove
enunciato
dallo
stesso
autore
,
fra
l
'
azione
come
giuoco
istintivo
di
sentimenti
e
il
linguaggio
come
giuoco
istintivo
di
parole
.
Nel
suo
saggio
Sulla
elaborazione
progressiva
delle
idee
Kleist
dà
alcuni
splendidi
esempi
di
quello
che
egli
intendesse
per
fantasia
letteraria
:
capacità
di
segnare
su
un
libro
aperto
i
moti
della
immaginazione
,
sviluppo
autonomo
del
linguaggio
da
una
facoltà
non
controllata
.
A
questo
irrazionalismo
estetico
corrispondeva
nell
'
ultimo
periodo
della
vita
di
Kleist
un
profondo
irrazionalismo
etico
.
Così
la
verità
e
il
bene
si
manifestano
solo
attraverso
gli
aspetti
notturni
della
nostra
natura
,
nei
momenti
in
cui
cade
ogni
schermo
e
sorgono
immagini
che
l
'
intelletto
non
spiega
.
Di
qui
l
'
importanza
del
sogno
in
Käthchen
,
il
contrasto
fra
quello
che
si
manifesta
alla
luce
del
giorno
e
le
assorte
figure
della
notte
,
il
rompersi
dei
piani
degli
uomini
sotto
l
'
impero
di
una
più
forte
volontà
.
Käthchen
è
il
dramma
dell
'
imprevedibile
;
nel
colmo
delle
scene
risolutive
i
personaggi
si
mettono
a
discutere
degli
argomenti
più
impensati
e
suscitano
un
'
improvvisa
tensione
come
acrobati
che
si
affannino
nel
vuoto
(
vedi
il
bellissimo
episodio
dei
servi
che
litigano
per
appoggiare
la
scala
nel
terzo
atto
)
.
Scene
assolutamente
gratuite
come
il
dialogo
fra
il
Burgravio
di
Friburgo
e
Giacomo
Pech
,
pure
nel
terzo
atto
,
hanno
per
molto
tempo
provocato
lo
sdegno
dei
critici
.
Eppure
il
genio
del
teatro
romantico
tedesco
è
proprio
in
questa
libertà
di
parola
,
nel
nobile
sdegno
di
ogni
compiutezza
esteriore
.
Dal
Gatto
con
gli
stivali
di
Tieck
,
a
Scherzo
,
satira
,
ironia
di
Grabbe
,
al
Woyzeck
di
Büchner
,
corre
una
tradizione
in
cui
l
'
amore
della
«
licenza
»
è
diventato
motivo
di
una
nuova
e
libera
maniera
poetica
.
Kleist
fu
l
'
assertore
teorico
di
questo
mondo
quando
nella
conclusione
del
saggio
Sul
teatro
delle
marionette
accennò
a
coloro
che
per
aver
mangiato
di
nuovo
all
'
albero
della
saggezza
sarebbero
tornati
nella
primitiva
innocenza
.
Solo
alla
luce
di
questo
paradosso
,
romantico
si
può
comprendere
il
valore
positivo
di
molte
ingenuità
che
turbano
Käthchen
e
risolvere
le
contraddizioni
di
un
tale
«
sorprendente
miscuglio
di
cose
sensate
e
insensate
»
,
(
Goethe
)
.
Così
le
figure
del
dramma
non
sono
uomini
e
donne
legati
a
una
vicenda
corporea
,
ma
attori
di
una
storia
fantastica
.
Cunegonda
è
essenzialmente
«
personaggio
»
,
quasi
marionetta
che
i
fili
dell
'
immaginazione
sottraggono
a
ogni
peso
terreno
.
La
sua
parte
è
strettamente
verbale
,
i
suoi
gesti
non
corrispondono
a
una
premessa
psicologica
,
ma
avvengono
,
secondo
le
parole
di
Kleist
,
nel
dominio
astratto
della
legge
del
pendolo
.
Perfino
l
'
assurdo
particolare
della
sua
composizione
fisica
è
una
garanzia
di
naturalezza
in
quanto
toglie
ogni
pretesa
di
veridicità
alla
favola
di
cui
essa
è
protagonista
.
E
del
resto
ogni
inverosimiglianza
non
è
salvata
dal
riso
che
corre
per
tutto
il
dramma
,
da
quel
raro
e
difficile
impiego
dell
'
umorismo
nell
'
opera
tragica
?
A
questa
estrema
rarefazione
intellettuale
corrisponde
in
Käthchen
di
Heilbronn
una
grande
semplicità
di
sentimenti
e
di
visione
.
Kleist
confessò
più
tardi
di
aver
ceduto
in
quell
'
opera
a
suggestioni
esteriori
,
e
normalmente
si
riconosce
in
Kätchen
un
traviamento
del
gusto
in
senso
popolare
.
Ma
esiste
qualcosa
di
più
di
una
semplice
adesione
alla
moda
dominante
e
il
consiglio
di
Goethe
conta
per
qualche
cosa
accanto
agli
applausi
del
pubblico
.
Una
delle
espressioni
più
felici
che
Goethe
abbia
trovato
per
indicare
il
suo
distacco
da
Kleist
è
quella
del
«
teatro
invisibile
»
.
E
il
voltafaccia
più
notevole
nel
corso
dell
'
opera
di
Kleist
è
appunto
quello
che
precede
i
due
ultimi
drammi
:
Käthchen
di
Heilbronn
e
il
Principe
di
Homburg
.
Dopo
la
Famiglia
Schroffenstein
lo
scrittore
Kleist
si
era
inoltrato
per
strade
assai
difficili
.
Il
Guiscardo
,
iniziato
press
'
a
poco
nello
stesso
tempo
ma
con
diversi
propositi
,
porta
già
l
'
impronta
di
un
altro
ingegno
.
È
il
tipico
esempio
dell
'
ambizione
umana
di
Kleist
,
della
grandiosità
imperfetta
della
sua
natura
.
Wieland
disse
per
primo
la
frase
famosa
che
«
se
Eschilo
,
Sofocle
e
Shakespeare
si
fossero
riuniti
in
una
sola
persona
,
non
avrebbero
potuto
scrivere
qualcosa
di
più
alto
del
Guiscardo
»
.
E
da
allora
è
rimasta
intorno
a
quell
'
opera
un
'
aura
di
commosso
stupore
.
Gran
parte
di
questa
fortuna
si
deve
probabilmente
alla
mania
tedesca
dell
'
opera
incompiuta
,
dell
'
abbozzo
come
dato
metafisico
.
In
realtà
del
frammento
il
Guiscardo
ha
tutti
i
difetti
:
resta
come
opera
tragica
fermo
a
una
promessa
iniziale
che
nasconde
la
sorte
matura
del
dramma
,
e
vive
di
questa
incerta
promessa
e
del
linguaggio
straordinariamente
vigoroso
delle
prime
scene
.
La
Brocca
rotta
è
completamente
isolata
nell
'
opera
di
Kleist
e
in
fondo
nella
letteratura
tedesca
.
Gli
imitatori
hanno
cercato
invano
di
riprodurre
la
straordinaria
vitalità
di
questo
episodio
e
i
fedeli
di
Kleist
non
persuadono
nel
loro
tentativo
di
allegorizzare
il
breve
quadro
di
genere
oltre
i
suoi
limiti
di
perfetto
esercizio
tecnico
.
Molto
più
ricco
di
significati
certi
è
Anfitrione
in
cui
i
sottili
veleni
kleistiani
agiscono
già
in
profondo
.
Da
un
testo
così
condizionato
dal
gusto
di
una
società
moderna
,
come
quello
di
Molière
,
Kleist
è
riuscito
a
ricavare
una
storia
senza
tempo
,
un
'
avventura
profondamente
allusiva
in
cui
gli
effetti
dell
'
intrigo
sono
sacrificati
a
una
complicata
ricerca
umana
.
La
«
confusione
di
sentimenti
»
è
palese
in
quel
dramma
:
l
'
abbandono
della
norma
universale
per
una
pericolosa
eresia
.
Già
ai
contemporanei
parve
ripugnante
quel
miscuglio
di
sacro
e
di
profano
,
e
Goethe
si
sdegnò
del
«
travestimento
cristiano
»
dei
personaggi
.
Infine
con
Pentesilea
i
motivi
che
urgono
nei
drammi
precedenti
si
rivelano
con
una
forza
inaudita
:
la
volontà
di
Kleist
di
scendere
negli
angoli
più
remoti
della
coscienza
rompe
ogni
freno
e
celebra
la
sua
vittoria
nella
sanguinosa
visione
dell
'
amazzone
.
Non
solo
la
leggenda
antica
è
violata
nei
suoi
sensi
,
ma
un
mondo
nuovo
è
scoperto
negli
impulsi
e
nelle
passioni
di
quegli
eroi
.
Dopo
la
discesa
agli
inferi
che
è
Pentesilea
,
il
poeta
non
poteva
che
perdersi
nelle
nebbie
del
«
teatro
dell
'
avvenire
»
o
per
la
via
opposta
tentare
una
soluzione
liberatrice
con
una
fuga
nel
visibile
.
Käthchen
di
Heilbronn
serve
proprio
per
questo
,
per
ritrovare
la
purezza
discreta
dell
'
opera
d
'
arte
,
la
sua
dolce
invenzione
.
I
castelli
che
ardono
nello
sfondo
di
questo
dramma
,
i
fiumi
passati
a
guado
,
le
notti
di
tempesta
non
sono
vuoti
scenari
,
ma
i
simboli
di
un
mondo
esterno
che
si
ricompone
lentamente
.
In
questo
gusto
della
visione
immediata
Kleist
ritrova
una
dote
essenziale
della
sua
natura
di
poeta
:
la
capacità
di
scorgere
e
di
rappresentare
.
Heine
lo
definì
«
scrittore
plastico
»
,
e
in
realtà
egli
che
si
lamentava
dei
propri
«
mezzi
talenti
»
fu
l
'
unico
a
possedere
un
vero
talento
espressivo
fra
i
suoi
contemporanei
.
Fouqué
è
pallido
e
mediocre
,
Arnim
artificioso
,
Friedrich
Schlegel
paurosamente
astratto
,
accanto
a
questo
animatore
di
figure
e
di
gesti
.
E
mentre
i
suoi
personaggi
si
muovono
con
assurda
evidenza
e
la
favola
confina
sempre
più
col
puro
giuoco
fantastico
,
Käthchen
di
Heilbronn
porta
su
queste
scene
fittizie
il
respiro
di
una
più
pura
umanità
.
Essa
traversa
la
storia
come
una
creatura
di
un
'
altra
razza
,
una
creatura
di
carne
in
mezzo
a
creature
di
legno
,
e
il
suo
linguaggio
d
'
amore
tocca
una
zona
più
profonda
della
nostra
coscienza
e
lega
l
'
intero
dramma
di
Kleist
alla
storia
della
vera
poesia
.
II
.
Saggi
sul
teatro
tedesco
I
.
Introduzione
.
È
consuetudine
che
ogni
antologia
si
presenti
al
pubblico
con
una
serie
di
precisazioni
e
di
limiti
iniziali
che
valgono
in
sostanza
come
una
difesa
dalle
accuse
più
facilmente
prevedibili
.
In
realtà
il
compito
di
riunire
opere
e
collaboratori
diversi
,
per
uno
scopo
già
difficile
,
è
tale
che
quasi
sempre
si
sopporta
malvolentieri
la
responsabilità
dell
'
esito
e
si
preferisce
disperderla
nel
numero
o
imputarla
alle
circostanze
.
Ma
,
al
di
fuori
di
questa
comprensibile
premura
giustificativa
,
un
onesto
dialogo
col
lettore
è
indispensabile
per
chiarire
le
intenzioni
di
chi
ha
contribuito
al
lavoro
e
per
sopperire
al
difetto
di
unità
e
di
coerenza
nella
struttura
esterna
dell
'
opera
.
Scopo
di
questa
raccolta
è
dunque
di
introdurre
il
pubblico
italiano
alla
storia
del
teatro
tedesco
,
una
storia
tortuosa
e
ricchissima
,
da
cui
molte
sorprese
potranno
derivare
a
chi
non
ha
consuetudine
con
quella
civiltà
letteraria
.
Nessun
popolo
come
il
tedesco
,
salvo
forse
gli
spagnoli
,
ha
sentito
il
teatro
con
tanta
vitale
necessità
,
ne
ha
fatto
il
suo
più
illustre
mezzo
d
'
espressione
e
insieme
la
platea
di
tutti
i
disordini
e
gli
entusiasmi
popolari
.
La
lingua
tedesca
nasce
in
opere
dialogate
:
Il
villano
di
Boemia
,
che
diamo
come
introduzione
alla
nostra
raccolta
,
è
uno
dei
primi
monumenti
della
prosa
letteraria
in
Germania
,
e
il
passaggio
dal
linguaggio
di
curia
a
quello
di
una
libera
espressione
artistica
vi
si
avverte
in
tutta
la
sua
rozza
purezza
.
Hans
Sachs
sarà
un
secolo
più
tardi
il
corifeo
di
una
società
borghese
matura
e
vigorosa
per
cui
la
letteratura
è
svago
e
distrazione
,
prima
testimonianza
seritta
di
una
civiltà
che
si
riconosce
e
si
scopre
.
Ma
il
teatro
quale
noi
lo
intendiamo
comincerà
col
barocco
.
In
quell
'
epoca
consacrata
all
'
eloquenza
il
teatro
è
molto
più
che
un
genere
letterario
,
è
la
più
completa
rappresentazione
della
vita
e
la
sua
celebrazione
nobile
e
popolare
insieme
.
Gli
uomini
che
lo
creano
,
Opitz
,
Gryphius
,
sono
i
legislatori
di
un
gusto
che
si
riproduce
deformandosi
fino
nei
più
umili
strati
sociali
,
i
maestri
di
un
tempo
che
essi
sorvegliano
dall
'
alto
della
loro
dottrina
come
dal
sommo
di
una
scalinata
barocca
.
Intorno
a
loro
pullula
tutta
una
serie
di
manifestazioni
minori
ma
vivacissime
,
spettacoli
di
comici
vagabondi
e
teatro
edificante
degli
ordini
religiosi
,
farsa
popolare
nella
polvere
del
retrobottega
e
lucida
e
armoniosa
opera
di
corte
.
La
satira
sociale
si
alterna
con
la
trattazione
di
soggetti
sacri
in
questo
bisogno
di
vedere
e
di
esprimere
,
e
personaggi
contrastanti
si
schierano
in
un
'
unica
parata
allegorica
.
Così
sulle
scene
di
legno
,
oltre
le
povere
vicende
dei
mimi
,
si
svolgono
le
controversie
che
animano
tutta
la
vita
spirituale
tedesca
e
gli
ideali
dei
dotti
trovano
nel
teatro
il
loro
specchio
concreto
,
il
loro
punto
di
contatto
con
la
folla
mutevole
delle
città
.
Quando
più
tardi
anche
in
Germania
si
fa
sentire
la
grande
ventata
di
rinnovamento
,
il
bisogno
di
uscire
dagli
idoli
barocchi
,
per
seguire
le
vie
diritte
della
ragione
e
quelle
tortuose
e
ambili
del
sentimento
,
due
scuole
si
fronteggiano
,
ricche
di
tesi
e
di
programmi
:
ma
insieme
Lessing
dà
l
'
esempio
più
insigne
di
quello
che
sarà
il
teatro
moderno
e
dedica
il
suo
ingegno
sagace
e
attivo
al
lungo
lavoro
della
Drammaturgia
amburghese
.
Finalmente
,
quando
la
cultura
tedesca
,
già
antica
e
gloriosa
,
trova
la
sua
vera
pienezza
,
si
libera
delle
pastoie
dell
'
imitazione
straniera
,
per
fare
della
Germania
la
più
ricca
provincia
letteraria
d
'
Europa
,
i
nomi
che
portano
più
lontano
questo
messaggio
sono
Goethe
e
Schiller
ed
è
ancora
dalle
tavole
di
un
palcoscenico
che
i
loro
attori
parlano
all
'
Europa
la
lingua
di
una
epoca
nuova
.
Accanto
a
questo
rigoglio
letterario
e
conseguenza
naturale
di
tanta
ricchezza
e
di
tanto
fervore
si
sviluppa
il
mezzo
tecnico
,
il
teatro
,
voglio
dire
,
come
complesso
di
artifici
e
di
esperienze
,
come
scuola
e
come
spettacolo
.
Questo
privilegio
dura
fino
a
oggi
,
e
chiunque
abbia
mai
varcato
la
soglia
di
un
teatro
tedesco
sa
quale
atmosfera
di
nobile
tradizione
si
respiri
in
quelle
sale
venerabili
come
accademie
.
La
linea
che
è
stata
scelta
da
noi
per
seguire
questa
complicata
vicenda
è
naturalmente
quella
che
ci
è
parsa
più
dritta
:
la
linea
della
poesia
.
In
una
rassegna
destinata
a
indicare
sommariamente
i
termini
di
un
'
evoluzione
che
dura
qualche
secolo
,
stabilire
rapporti
esatti
e
definire
momenti
culturali
con
giusta
approssimazione
sarebbe
stato
un
compito
impossibile
.
Si
è
voluto
tuttavia
uscire
dall
'
anonimo
dei
passaggi
obbligati
per
segnare
risolutamente
alcuni
filoni
,
quelli
più
ricchi
,
secondo
noi
,
di
genuine
possibilità
poetiche
.
Nei
limiti
consentiti
dallo
spazio
e
con
l
'
obbligo
di
non
cancellare
episodi
la
cui
importanza
culturale
sia
indiscutibile
,
scelte
e
omissioni
vogliono
indicare
cioè
un
deciso
atteggiamento
di
gusto
e
si
propongono
come
esemplari
.
I
primi
testi
contenuti
nella
raccolta
hanno
ancora
l
'
aspetto
grezzo
dei
monumenti
arcaici
,
ma
sono
,
come
quelli
,
pietre
su
cui
edificheranno
le
civiltà
successive
.
Lo
spazio
più
ampio
è
dedicato
invece
agli
anni
che
vanno
dall
'
irrompere
dello
«
Sturm
und
Drang
»
fino
al
più
maturo
romanticismo
:
in
quegli
uomini
che
,
secondo
l
'
espressione
di
Goethe
,
ebbero
vent
'
anni
quando
la
Germania
aveva
vent
'
anni
,
riposa
ancora
il
germe
più
fecondo
dell
'
intelligenza
tedesca
e
gli
echi
suscitati
dalle
loro
parole
non
sono
ancora
spenti
ai
nostri
orecchi
di
moderni
.
Di
Goethe
e
Kleist
sono
date
rispettivamente
due
opere
,
segno
di
una
supremazia
che
è
facile
riconoscere
al
nostro
gusto
e
che
risulta
nella
sua
polarità
molto
più
istruttiva
di
quella
tradizionalmente
rappresentata
da
Goethe
e
Schiller
.
Subito
dopo
,
il
nucleo
principale
dell
'
antologia
è
costituito
dai
romantici
e
da
una
categoria
di
romantici
a
cui
da
qualche
tempo
si
rivolge
un
'
attenzione
più
meditata
e
fruttuosa
.
Tieck
,
Arnim
,
Büchner
,
un
certo
Grabbe
rappresentano
valori
che
solo
alla
luce
di
esperienze
poetiche
molto
più
approfondite
si
rilevano
in
tutta
la
loro
ricchezza
,
e
il
fervore
di
ricerca
che
da
parte
della
critica
moderna
viene
spiegato
intorno
alla
loro
opera
è
un
segno
non
fortuito
di
affinità
letteraria
.
Per
contro
il
periodo
che
va
da
Hebbel
ai
contemporanei
è
quasi
completamente
trascurato
.
I
drammi
degli
autori
che
popolano
quel
periodo
sono
ancora
nelle
biblioteche
dei
nostri
padri
in
cattive
traduzioni
italiane
e
continuano
a
essere
recitati
nei
nostri
teatri
da
cattive
compagnie
.
Essi
non
meritano
per
ora
un
riscatto
ed
è
giusto
che
rimangano
avvolti
in
questa
atmosfera
di
indeterminatezza
.
Hofmannsthal
chiude
la
raccolta
:
l
'
epoca
che
viene
dopo
di
lui
è
ancora
un
terreno
troppo
accidentato
e
malsicuro
perché
ci
si
possa
avventurare
con
animo
sereno
,
e
la
grazia
e
il
vigore
delle
sue
immagini
sono
un
addio
più
conveniente
alla
storia
che
abbiamo
trattata
dei
gesti
parossistici
e
interrogativi
di
molta
letteratura
che
lo
ha
seguito
.
Queste
le
nostre
convinzioni
letterarie
;
in
altri
casi
la
scelta
è
stata
determinata
da
ragioni
d
'
indole
tecnica
:
opere
di
importanza
minore
sono
state
preferite
ad
altre
di
maggior
significato
,
perché
difficilmente
di
queste
ultime
si
sarebbe
potuto
dare
una
traduzione
adeguata
.
Così
è
per
Gryphius
:
uno
dei
grandi
drammi
,
Cardenio
e
Zelinda
o
Leone
Armeno
lo
avrebbero
certo
assai
meglio
rappresentato
del
Peter
Squenz
,
il
quale
non
è
che
un
momento
felice
della
sua
produzione
minore
.
Ma
ci
si
domanda
quale
traduttore
avrebbe
saputo
rendere
con
dignità
e
senza
noia
il
faticoso
passo
degli
alessandrini
seicenteschi
.
Per
la
scelta
dei
testi
prevale
dunque
assolutamente
il
criterio
della
leggibilità
:
gli
errori
di
prospettiva
che
potrebbero
derivarne
al
lettore
saranno
corretti
dalle
note
che
precedono
ogni
capitolo
.
Finalmente
l
'
ultimo
criterio
che
ci
ha
guidati
nella
compilazione
è
stato
quello
di
dare
,
finché
fosse
possibile
,
opere
sconosciute
in
Italia
.
Gran
parte
di
questo
materiale
è
nuovo
per
noi
:
Il
villano
di
Boemia
,
la
cui
importanza
è
stata
illustrata
soprattutto
da
studiosi
recenti
,
come
il
Burdach
,
non
è
molto
noto
in
Italia
,
nonostante
i
suoi
chiari
rapporti
con
la
cultura
umanistica
del
Trecento
.
Nuovi
sono
i
Fastnachtsspiele
e
nuovo
è
naturalmente
Christian
Reuter
,
la
cui
scoperta
,
come
quella
di
tanti
scrittori
del
tardo
barocco
,
si
deve
alla
curiosità
e
allo
zelo
della
critica
post
-
romantica
.
Anche
per
i
moderni
si
è
voluto
seguire
lo
stesso
criterio
,
dando
la
preferenza
fra
le
diverse
opere
di
uno
scrittore
a
quelle
che
avessero
meno
probabilità
di
essere
conosciute
dagli
italiani
.
Per
Goethe
,
di
cui
non
si
potevano
dare
evidentemente
delle
novità
,
è
stata
scelta
la
prima
versione
della
Stella
,
quella
del
1775
,
che
si
distacca
dalla
versione
definitiva
per
alcune
particolarità
di
linguaggio
e
soprattutto
per
il
finale
,
tipico
delle
convinzioni
umanitarie
e
anticonformiste
del
giovane
Goethe
.
Inedite
,
cioè
scritte
appositamente
,
sono
tutte
le
traduzioni
,
meno
quella
della
Vendetta
di
Crimilde
del
Donadoni
,
a
cui
si
è
voluto
rendere
omaggio
come
all
'
opera
di
un
morto
recente
che
ancora
ci
appartiene
.
Agli
altri
traduttori
,
che
con
vario
successo
hanno
assolto
il
loro
compito
e
alleggerito
quello
del
compilatore
,
va
il
nostro
amichevole
ringraziamento
.
Un
ringraziamento
speciale
rivolgiamo
al
professor
Leonello
Vincenti
,
dell
'
Università
di
Torino
,
che
fino
dal
principio
ha
dato
al
nostro
progetto
l
'
appoggio
prezioso
del
suo
consiglio
e
della
sua
dottrina
.
2
.
Teatro
barocco
.
Finora
si
è
parlato
di
teatro
con
il
leggero
abuso
che
autorizza
una
convenzione
lungamente
stabilita
.
Ma
in
realtà
questa
parola
,
tolta
alla
tradizione
classica
e
grave
di
significati
culturali
,
rappresenta
male
il
succedersi
di
fenomeni
profondamente
diversi
,
legati
ai
bisogni
di
epoche
che
non
conoscono
«
nuances
»
.
La
rappresentazione
medioevale
,
sacra
e
profana
,
è
piuttosto
un
rito
con
un
contenuto
rigido
che
un
'
opera
drammatica
quale
noi
siamo
disposti
a
vederla
attraverso
la
nostra
esperienza
di
moderni
.
La
Riforma
rivalutò
la
parola
:
le
preoccupazioni
di
ordine
pedagogico
e
religioso
che
animavano
quegli
autori
diedero
alle
loro
opere
un
sigillo
di
eloquenza
,
rimasto
poi
come
l
'
unica
impronta
del
loro
passaggio
nel
mondo
;
la
mancanza
di
forti
personalità
letterarie
mantiene
infatti
tutta
quella
produzione
in
un
rango
minore
di
scuola
e
polemica
da
cui
appena
si
stacca
qualche
nome
più
significativo
,
come
quelli
di
Waldis
e
di
Rebhuhn
.
Ma
è
solo
con
la
Controriforma
,
con
le
prime
avvisaglie
di
un
'
estetica
e
di
un
gusto
barocco
che
il
teatro
che
noi
conosciamo
fa
il
suo
ingresso
nella
cultura
tedesca
.
Verso
la
fine
del
Cinquecento
sono
presenti
in
Germania
tutti
gli
elementi
che
condizionano
la
nascita
di
una
vera
letteratura
drammatica
.
Prima
di
tutto
si
fa
sensibile
l
'
influsso
straniero
:
compagnie
di
comici
italiani
danno
spettacoli
in
varie
corti
tedesche
,
ma
il
loro
passaggio
non
sembra
avere
grandi
ripercussioni
.
Molto
più
importante
è
invece
l
'
esempio
dato
dai
comici
vaganti
inglesi
.
Questi
attori
,
venuti
dall
'
Inghilterra
con
un
repertorio
illustre
(
Shakespeare
,
Marlowe
,
e
altri
più
oscuri
)
,
che
le
necessità
della
traduzione
e
l
'
obbligo
di
adattarsi
al
gusto
di
un
pubblico
più
rozzo
di
quello
inglese
,
trasformano
fino
a
renderlo
irriconoscibile
,
insegnano
tuttavia
una
concezione
del
teatro
singolarmente
adatta
ai
tempi
nuovi
.
Sul
loro
esempio
si
formano
in
Germania
compagnie
drammatiche
,
di
cui
presto
fanno
parte
anche
le
donne
,
il
gusto
dello
spettacolo
si
diffonde
in
tutte
le
classi
del
popolo
,
si
cominciano
a
costruire
teatri
.
Non
meno
esteso
e
immediato
è
l
'
influsso
delle
mode
letterarie
che
essi
portano
dall
'
Inghilterra
.
I
loro
drammi
,
veri
canovacci
intessuti
di
episodi
violenti
e
incredibili
(
bisogna
vedere
che
cosa
quegli
ingenui
attori
riescono
a
fare
dell
'
Amleto
)
diffondono
un
gusto
dell
'
azione
visibile
e
ingegnosa
che
il
pubblico
tedesco
raccoglie
con
avidità
.
Prima
ancora
dello
scadere
del
secolo
autori
tedeschi
si
provano
nel
nuovo
genere
d
'
arte
,
e
uno
spirito
particolarmente
aperto
alle
suggestioni
del
momento
,
il
duca
Heinrich
Julius
von
Braunschweig
,
dà
i
primi
esempi
del
dramma
barocco
in
Germania
.
Le
opere
di
Heinrich
Julius
,
atroci
vicende
di
peccati
commessi
e
scontati
,
con
conclusioni
edificanti
,
non
basterebbero
ad
assicurare
al
loro
autore
un
grande
nome
di
poeta
;
ma
la
figura
dell
'
uomo
è
certo
notevole
.
Protettore
di
poeti
e
di
artisti
,
fautore
dell
'
assolutismo
monarchico
,
assertore
della
diffusione
del
diritto
romano
in
Germania
,
egli
è
uno
dei
personaggi
che
rappresentano
meglio
gli
orientamenti
dell
'
età
nuova
.
Del
resto
il
solo
fatto
che
il
nome
di
un
principe
succeda
negli
annali
della
poesia
tedesca
a
quello
del
ciabattino
Hans
Sachs
,
è
un
segno
della
trasformazione
che
la
società
tedesca
ha
subito
in
questo
scorcio
di
secolo
.
Il
centro
della
cultura
si
è
spostato
verso
le
corti
:
la
borghesia
protestante
che
finora
ha
tenuto
in
mano
il
governo
,
si
è
logorata
nelle
contese
di
religione
e
si
trasforma
lentamente
in
un
corpo
di
funzionari
.
È
piuttosto
nei
territori
mantenuti
al
cattolicesimo
,
dove
si
sono
fermamente
stabilite
le
vecchie
dinastie
,
che
si
può
cercare
uno
sviluppo
libero
e
generoso
di
manifestazioni
d
'
arte
.
Un
fortissimo
impulso
a
questo
rinnovamento
dei
valori
sensibili
è
dato
dalla
milizia
che
incarna
la
volonta
combattiva
della
reazione
cattolica
:
la
compagnia
di
Gesù
.
Non
solo
l
'
Ordine
domina
il
mondo
della
cultura
,
riservandosi
la
disciplina
dell
'
insegnamento
,
e
modifica
l
'
architettura
delle
città
con
le
sue
innumerevoli
chiese
,
ma
si
fa
promotore
attivo
di
un
'
arte
come
quella
drammatica
sempre
sospetta
di
spiriti
profani
.
Nato
dalla
pratica
scolastica
della
esercitazione
o
«
declamatio
»
,
il
teatro
dei
Gesuiti
,
attentissimi
anche
in
questo
alle
fluttuazioni
del
secolo
,
si
sviluppa
soprattutto
come
spettacolo
,
fino
a
raggiungere
proporzioni
di
una
ricchezza
e
di
una
complessità
mai
viste
.
Al
di
fuori
di
questa
genialità
scenica
,
il
valore
letterario
dei
loro
testi
,
scritti
in
latino
,
non
supera
quasi
mai
quello
di
una
esercitazione
scolastica
,
ma
alcuni
nomi
meritano
di
essere
ricordati
,
soprattutto
quello
di
Jacob
Bidermann
,
che
fu
acclamato
dai
contemporanei
quale
sommo
tragico
e
il
cui
Cenodoxus
,
riesumato
qualche
anno
fa
in
Germania
,
potè
trovare
ancora
caldi
ammiratori
.
La
grande
importanza
assunta
da
fenomeni
come
il
teatro
degli
ordini
religiosi
e
l
'
architettura
dei
Gesuiti
ha
indotto
qualche
critico
moderno
a
parlare
del
barocco
come
di
arte
della
Controriforma
.
In
realtà
,
se
la
culla
del
barocco
è
stato
il
mondo
cattolico
,
e
alcune
città
del
Sud
,
che
ancora
ne
conservano
fortissima
l
'
impronta
,
sono
rimaste
i
fortilizi
di
quella
tradizione
e
di
quel
gusto
,
una
tesi
così
radicale
non
regge
oltre
la
prima
approssimazione
;
e
a
dimostrare
che
il
barocco
penetra
a
poco
a
poco
tutti
gli
spiriti
del
Seicento
,
basterebbe
il
fatto
che
la
successiva
evoluzione
sposta
di
nuovo
il
centro
della
cultura
tedesca
verso
nord
,
in
Sassonia
e
in
Slesia
.
In
quelle
province
si
riproducono
con
forme
appena
diverse
i
fenomeni
che
si
sono
visti
nelle
capitali
cattoliche
:
agli
spettacoli
di
Vienna
e
di
Monaco
succedono
quelli
non
meno
splendidi
di
Breslavia
,
al
teatro
degli
ordini
religiosi
si
contrappone
quello
dei
ginnasi
protestanti
che
si
evolve
verso
forme
sensibilmente
vicine
.
Infine
nella
terra
protestante
di
Slesia
nasce
la
scuola
che
darà
la
formula
definitiva
alla
poetica
del
barocco
tedesco
e
comprenderà
i
nomi
maggiori
della
letteratura
del
Seicento
.
Il
fondatore
della
scuola
,
destinato
ad
avere
una
autorità
incontestata
sul
gusto
del
tempo
,
Martin
Opitz
,
è
una
di
quelle
figure
che
la
fama
goduta
in
vita
compromette
di
fronte
ai
posteri
.
Poco
dotato
come
poeta
egli
seppe
guadagnare
la
supremazia
su
tutti
i
letterati
del
tempo
attraverso
l
'
esercizio
di
facoltà
che
corrispondevano
perfettamente
ai
bisogni
della
cultura
tedesca
di
allora
.
In
un
'
età
in
cui
la
Germania
,
come
tutta
l
'
Europa
,
organizza
il
proprio
gusto
sulla
base
della
tradizione
umanistica
ma
con
una
netta
volontà
di
indipendenza
nazionale
,
negli
anni
che
vedono
sorgere
le
prime
accademie
,
in
cui
la
lingua
stessa
si
definisce
e
con
essa
i
generi
letterari
,
l
'
attività
di
Opitz
,
traduttore
,
critico
,
autore
di
una
poetica
che
accoglie
tutti
i
motivi
del
Rinascimento
letterario
europeo
,
è
un
vero
paradigma
delle
tendenze
del
secolo
.
Egli
adempie
in
un
paese
molto
più
arretrato
della
Francia
,
alle
funzioni
di
un
Malherbe
e
in
parte
di
un
Boileau
,
e
non
c
'
è
da
stupirsi
che
la
gratitudine
alquanto
confusa
e
declamatoria
dei
contemporanei
gli
abbia
attribuito
il
titolo
di
nuovo
Orazio
e
di
nuovo
Marone
.
Ma
se
Opitz
con
i
suoi
precetti
e
con
l
'
esempio
dei
suoi
rifacimenti
e
traduzioni
indica
la
strada
,
il
creatore
originale
nasce
solo
venti
anni
dopo
nella
stessa
provincia
slesiana
:
è
Andreas
Gryphius
.
Avvicinarsi
a
Gryphius
con
l
'
intenzione
di
una
immediata
partecipazione
poetica
è
un
'
impresa
temeraria
:
i
suoi
componimenti
elegiaci
e
didascalici
,
i
suoi
sonetti
scritti
in
sonori
alessandrini
,
sono
enormemente
distanti
dalla
nostra
sensibilità
educata
ad
altre
voci
dall
'
esperienza
romantica
;
e
i
suoi
drammi
storici
,
carichi
di
eroismi
solenni
,
di
azioni
macchinose
e
di
figure
allegoriche
,
hanno
la
rigida
e
desolante
struttura
di
edifici
inabitabili
.
Ma
questa
inaccessibilità
di
gusti
è
una
conseguenza
della
poetica
estremista
del
Seicento
(
e
il
mondo
classico
di
Corneille
,
con
i
suoi
sublimi
fantocci
,
non
ci
appare
altrettanto
povero
di
contenuto
umano
?
)
L
'
opera
di
Gryphius
merita
un
'
attenzione
più
meditata
perché
nel
soffocante
abito
barocco
egli
porta
una
vera
natura
di
scrittore
,
un
temperamento
tragico
ed
elegiaco
che
si
rivela
soprattutto
in
quelle
opere
,
come
Cardenio
e
Zelinda
dove
è
meno
palese
l
'
influsso
della
moda
dominante
.
Del
resto
anche
la
celebrazione
dei
motivi
consueti
del
tempo
-
fatuità
di
ogni
cosa
umana
miseria
delle
passioni
e
trionfo
delle
virtù
morali
-
trova
in
lui
accenti
profondi
e
spontanei
;
e
le
altre
qualità
che
lo
imposero
alla
ammirazione
del
pubblico
,
la
maestria
tecnica
e
l
'
elevata
dottrina
,
sono
appena
il
coronamento
di
una
naturale
superiorità
del
poeta
.
Accanto
al
bizzarro
Simplizissimus
e
alle
raccolte
dei
lirici
e
dei
mistici
slesiani
i
drammi
di
Gryphius
restano
certo
come
il
monumento
maggiore
della
civilta
letteraria
del
Seicento
.
Un
solo
drammaturgo
,
fra
quelli
che
lo
seguono
,
è
degno
di
essere
menzionato
accanto
a
lui
:
il
giurista
e
magistrato
David
Caspar
di
Lohenstein
.
In
questo
autore
che
al
teatro
dedicò
solo
gli
ozi
di
una
vita
presa
dagli
uffici
pubblici
(
fu
anche
sindaco
di
Breslavia
)
,
l
'
inclinazione
,
già
palese
in
Gryphius
,
a
passare
dal
rigido
classicismo
a
una
atmosfera
più
carica
di
colorito
barocco
,
diviene
dominante
.
L
'
intrigo
è
l
'
elemento
principale
dei
suoi
drammi
;
la
psicologia
dei
personaggi
vi
è
trattata
in
modo
più
realistico
,
ma
insieme
l
'
atroce
e
il
meraviglioso
vi
si
incontrano
con
un
compiacimento
sensuale
che
resterà
come
il
sigillo
del
più
maturo
barocco
.
A
Gryphius
e
a
Lohenstein
succedono
gli
epigoni
che
rimaneggiano
la
materia
ereditata
senza
alcuna
intelligenza
;
ma
fra
quei
due
nomi
maggiori
si
può
chiudere
tutta
l
'
evoluzione
del
teatro
del
tempo
.
Già
in
Gryphius
sono
presenti
elementi
culturali
definiti
;
all
'
influsso
primitivo
,
dei
comici
inglesi
,
che
concerne
soprattutto
l
'
azione
scenica
,
si
affiancano
altri
motivi
,
frutto
dell
'
esperienza
di
un
uomo
che
ha
viaggiato
l
'
Europa
e
ha
conosciuto
le
letterature
antiche
e
quelle
contemporanee
.
Prima
di
tutto
i
classici
.
Le
traduzioni
opitziane
da
Seneca
e
Sofocle
restano
il
modello
della
dignità
tragica
per
tutta
la
Germania
e
hanno
un
'
importanza
che
è
appena
possibile
sopravvalutare
in
un
'
epoca
tanto
bisognosa
di
esempi
e
di
regole
.
Fra
i
moderni
i
quali
hanno
seguito
la
buona
via
,
i
francesi
,
destinati
ad
avere
un
influsso
determinante
sul
teatro
successivo
,
non
hanno
per
ora
molto
seguito
(
anzi
,
Gryphius
polemizza
con
Corneille
nella
prefazione
al
Leone
Armeno
)
;
in
Italia
domina
già
l
'
opera
lirica
,
e
gli
spagnoli
,
affini
per
diversi
aspetti
,
non
sono
conosciuti
.
Più
importante
è
invece
l
'
Olanda
,
che
con
gli
scritti
umanistici
di
un
Heinsius
e
con
i
drammi
biblici
di
un
Vondel
offre
gli
esempi
meglio
rispondenti
al
gusto
tedesco
ed
è
per
le
condizioni
generali
della
sua
cultura
e
della
sua
vita
religiosa
il
paese
meno
distante
dalla
giovane
Germania
.
Perché
la
situazione
della
Germania
nella
prima
metà
del
Seicento
è
affatto
particolare
in
Europa
.
La
guerra
dei
trent
'
anni
ha
finito
di
distruggere
quello
che
le
lotte
di
religione
hanno
lasciato
in
piedi
:
la
strage
,
la
disperazione
,
l
'
abbandono
diventano
l
'
esperienza
quotidiana
del
popolo
.
La
religiosità
tormentata
del
secolo
trae
dalle
sventure
subite
impulso
a
severe
meditazioni
e
a
sfoghi
mistici
,
ma
il
bisogno
di
esteriorizzare
e
di
celebrare
traduce
presto
questi
sentimenti
in
cerimonie
e
visioni
.
Nasce
così
il
teatro
barocco
,
moralistico
e
allegorico
,
ricco
di
svolgimenti
,
di
avventure
e
di
immagini
.
La
tragedia
è
movimento
di
emozioni
:
il
meraviglioso
,
talvolta
lo
sfondo
esotico
o
curioso
fanno
da
cornice
alla
vicenda
dell
'
uomo
insigne
che
cede
ai
colpi
del
fato
:
i
grandi
personaggi
storici
,
la
cui
sorte
può
avere
un
significato
edificante
,
sono
i
legittimi
protagonisti
di
un
teatro
di
cui
è
stato
detto
che
lo
stoicismo
romano
e
lo
spirito
protestante
sono
le
leve
morali
.
L
'
alessandrino
recentemente
codificato
e
imposto
dalla
scuola
slesiana
veste
del
suo
ricco
paludamento
quei
magnanimi
discorsi
.
Mentre
dunque
la
tragedia
,
genere
nobile
,
si
perfeziona
e
si
svolge
secondo
i
canoni
descritti
,
un
'
evoluzione
parallela
dà
la
sua
impronta
agli
altri
generi
.
Il
pubblico
dei
ginnasi
e
delle
corti
,
il
pubblico
che
ha
letto
i
classici
latini
non
vuol
più
saperne
delle
piatte
rappresentazioni
dei
«
Meistersinger
»
.
Dagli
intermezzi
della
tragedia
,
che
col
suo
fosco
moralismo
doveva
opprimere
gli
animi
,
nasce
una
commedia
colta
destinata
a
distrarre
e
a
ingentilire
,
di
cui
ancora
Gryphius
dà
gli
esempi
più
illustri
.
La
satira
grossolana
delle
epoche
precedenti
cede
il
posto
a
una
vera
commedia
d
'
intrigo
imitata
dai
latini
:
finché
la
nuova
società
non
è
abbastanza
matura
e
definita
per
giustificare
a
sua
volta
una
satira
più
moderna
di
costumi
e
di
caratteri
.
Ma
a
questo
punto
,
con
Christian
Reuter
e
Christian
Weise
,
il
secolo
barocco
è
giunto
al
suo
crepuscolo
.
Le
commedie
di
Christian
Reuter
,
studente
libertino
di
Lipsia
,
portano
in
scena
una
società
che
ha
già
disfatto
le
trame
della
dignità
barocca
e
si
riconosce
piuttosto
nel
mondo
di
Molière
che
in
quello
convenzionale
dei
classici
;
il
ciclo
dei
romanzi
di
«
Schelmuffsky
»
consuma
la
parodia
del
romanzo
d
'
avventure
,
genere
amatissimo
in
tutto
il
secolo
e
di
cui
ancora
pochi
anni
prima
un
altro
duca
di
Braunschweig
,
Anton
Ulrich
,
aveva
dato
gli
esempi
più
significativi
.
La
stessa
tendenza
è
rappresentata
con
forza
anche
maggiore
dal
poligrafo
Christian
Weise
,
il
quale
nei
suoi
romanzi
politici
,
nelle
sue
commedie
e
nei
suoi
scritti
si
fa
banditore
di
un
nuovo
verbo
destinato
a
scuotere
dalle
fondamenta
tutti
i
cardini
della
poetica
barocca
:
la
naturalezza
.
Così
si
compie
l
'
ultima
scomposizione
del
mondo
culturale
del
Seicento
:
nuove
regole
disciplinano
la
fantasia
degli
artisti
,
nuove
distinzioni
governano
i
generi
letterari
.
Mentre
il
romanzo
,
ricchissimo
di
futuro
,
si
avvia
su
strade
intentate
,
da
avventuroso
e
didascalico
si
fa
galante
e
sentimentale
,
il
teatro
,
trascinato
dal
suo
stesso
impulso
al
visibile
e
al
meraviglioso
,
trova
formule
sempre
più
complesse
di
rappresentazione
e
di
gioco
.
È
l
'
ora
della
commedia
musicale
,
del
«
Singspiel
»
,
il
cui
testo
ha
appena
funzione
di
libretto
e
che
ha
soprattutto
fortuna
presso
le
piccole
corti
.
La
musica
,
la
coreografia
diventano
ingredienti
sempre
più
necessari
al
buon
funzionamento
di
uno
spettacolo
:
sotto
la
formula
ancora
seicentesca
del
«
Gesamtkunstwerk
»
barocco
si
profila
l
'
idolo
dei
tempi
nuovi
,
l
'
opera
in
musica
.
3
.
Da
Lessing
a
Goethe
.
Da
Opitz
in
poi
il
grande
sforzo
dell
'
epoca
del
razionalismo
era
stato
di
portare
a
unità
teatro
e
ordine
:
«
queste
due
parole
inconciliabili
in
Germania
»
(
Gundolf
)
.
Ma
la
battaglia
per
la
ragione
è
segnata
da
continue
eresie
,
da
fughe
verso
il
sensibile
e
da
ritorni
alla
natura
,
finché
l
'
edificio
sempre
incerto
del
razionalismo
tedesco
precipita
travolto
da
un
movimento
che
nel
proprio
nome
ha
conservato
l
'
impeto
di
forze
contenute
e
violente
:
lo
«
Sturm
und
Drang
»
.
Nella
prima
metà
del
Settecento
Johann
Christoph
Gottsched
è
l
'
ultimo
e
il
più
autorevole
rappresentante
di
quella
volontà
ordinatrice
:
la
sua
opera
di
legislatore
e
di
critico
completa
l
'
opera
appena
iniziata
da
Opitz
,
ma
in
un
clima
di
cultura
molto
più
maturo
,
arricchito
dall
'
esperienza
moderna
e
da
uno
studio
più
approfondito
degli
antichi
.
Gli
scrittori
del
gran
secolo
francese
hanno
dato
l
'
esempio
di
come
si
possa
far
rivivere
un
teatro
classico
ai
nostri
giorni
,
e
alla
luce
delle
regole
da
loro
definitivamente
affermate
la
grossolanità
medioevale
e
il
turgore
barocco
appaiono
ugualmente
condannabili
come
tentativi
di
epoche
incivili
.
Anche
il
gusto
troppo
diffuso
dell
'
opera
lirica
e
dello
spettacolo
popolare
è
combattuto
da
questo
retore
intransigente
,
deciso
a
ricondurre
il
teatro
a
una
superiore
aritmetica
di
regole
e
ai
precetti
di
Aristotele
.
La
letteratura
drammatica
guadagna
in
dignità
verbale
quanto
perde
in
vigore
spontaneo
e
rischia
di
chiudersi
in
una
desolata
accademia
.
Ma
l
'
illusione
dell
'
immobilità
si
frantuma
sotto
l
'
impulso
di
nuove
forze
:
il
razionalismo
nutre
dentro
di
sé
i
propri
nemici
e
offre
continuamente
il
fianco
a
obiezioni
e
proteste
.
Così
a
Gottsched
e
ai
suoi
seguaci
si
contrappone
la
scuola
svizzera
di
Bodmer
,
non
meno
pedantesca
nelle
sue
premesse
dottrinali
,
ma
animata
da
un
pathos
religioso
che
potrà
consentire
fruttuose
evasioni
nel
fantastico
e
da
cui
si
svilupperà
un
giorno
l
'
opera
poetica
di
Klopstock
.
Altrove
il
rigore
classicistico
inclina
verso
il
rococò
,
si
fa
tenero
e
grazioso
.
E
del
resto
la
vera
nemica
delle
regole
,
la
fantasia
,
si
insinua
da
più
parti
,
se
anche
il
maestro
del
classicismo
europeo
,
Voltaire
,
di
cui
Gottsched
non
è
che
un
luogotenente
provinciale
,
indulge
alla
barbarie
inglese
di
Shakespeare
a
cui
perdona
le
molte
stravaganze
per
amore
del
suo
genio
nativo
.
Shakespeare
,
questo
nome
impronunciabile
,
che
ancora
poco
tempo
prima
era
citato
in
Germania
come
Saspar
,
comincia
a
diventare
in
quegli
anni
il
centro
di
dispute
e
di
considerazioni
feconde
.
Nuovi
nomi
,
la
natura
,
il
genio
,
si
arrogano
diritti
di
fronte
alla
pretesa
irrevocabilità
del
gusto
e
alle
regole
degli
antichi
.
Finalmente
il
più
grande
avversario
di
Voltaire
in
Europa
,
Lessing
,
riprende
con
diversa
consapevolezza
il
tema
della
natura
razionale
del
bello
e
dedica
al
problema
particolare
del
teatro
la
sua
Drammaturgia
amburghese
.
Con
Lessing
la
cultura
del
Settecento
entra
nella
sua
fase
più
viva
.
Come
individuo
egli
non
esce
dall
'
ambito
del
razionalismo
:
il
suo
sforzo
intellettuale
consiste
nel
trovare
alla
creazione
artistica
regole
più
profonde
di
quelle
scolastiche
proposte
da
Gottsched
e
dagli
svizzeri
,
e
il
suo
sforzo
creativo
non
lo
porta
a
introdurre
una
nuova
sensibilità
,
ma
a
vedere
con
chiarezza
un
nuovo
mondo
umano
,
i
limiti
di
un
gusto
che
i
contemporanei
intuivano
confusamente
.
Le
preoccupazioni
moralistiche
e
intellettuali
di
questo
grande
illuminista
fanno
sì
che
il
più
bello
dei
suoi
drammi
sia
ancora
Nathan
il
saggio
,
pura
parabola
della
saggezza
;
ma
come
scrittore
,
come
uomo
di
cultura
,
come
dottrinario
,
egli
realizza
una
sua
missione
.
Se
i
vari
Weise
,
Gottsched
,
Bodmer
contano
nel
regno
delle
intenzioni
,
Lessing
scende
nel
concreto
:
i
suoi
personaggi
vivono
di
una
vita
reale
e
il
suo
ingegno
naturalmente
libero
lo
porta
a
conclusioni
molto
lontane
dai
punti
di
partenza
.
Così
la
Drammaturgia
amburghese
può
contenere
la
tesi
rivoluzionaria
che
:
«
se
il
teatro
tedesco
dovesse
seguire
la
propria
naturale
tendenza
somiglierebbe
più
all
'
inglese
che
al
francese
»
,
e
aprire
in
tal
modo
le
dighe
all
'
irrompente
romanticismo
.
A
questa
rara
lungimiranza
Lessing
deve
la
sua
singolare
posizione
di
mediatore
fra
due
mondi
,
quello
circostante
dell
'
«
Aufklärung
»
e
quello
prossimo
dello
«
Sturm
und
Drang
»
;
e
di
lui
si
è
potuto
dire
giustamente
che
i
contemporanei
ne
ammirarono
la
capacità
di
pensare
la
vita
e
i
posteri
il
dono
di
vivere
il
mondo
del
pensiero
.
Con
la
poesia
di
Klopstock
e
la
critica
di
Lessing
la
cultura
del
Settecento
è
arrivata
al
suo
punto
di
estrema
maturazione
:
sospinta
da
altri
impulsi
(
l
'
eclettismo
di
Wieland
,
che
con
le
sue
traduzioni
da
Shakespeare
e
le
sue
letture
romantiche
doveva
influire
in
modo
sensibile
sulla
generazione
successiva
)
,
il
mondo
dell
'
«
Aufklärung
»
si
consuma
a
poco
a
poco
;
dalle
sue
ceneri
sorge
un
nuovo
e
strano
universo
:
lo
«
Sturm
und
Drang
»
.
Come
molti
movimenti
di
grande
risonanza
culturale
lo
«
Sturm
und
Drang
»
è
un
movimento
preletterario
.
Senza
Goethe
e
Schiller
i
suoi
banditori
resterebbero
appena
come
confusi
ideologi
nella
storia
della
letteratura
:
essi
vivevano
in
fondo
di
un
'
eredità
tramandata
che
un
'
improvvisa
parola
d
'
ordine
aveva
permesso
di
dilapidare
.
Essi
furono
i
primi
a
gettare
nel
campo
dell
'
arte
le
fiaccole
incendiarie
che
il
pensiero
settecentesco
aveva
acceso
:
le
dottrine
di
libertà
dell
'
individuo
e
di
trionfo
delle
passioni
,
le
proteste
contro
l
'
ordinamento
sociale
,
il
disprezzo
delle
convenzioni
e
delle
regole
estetiche
.
Coerenti
in
questo
loro
indirizzo
instaurarono
il
disordine
per
odio
della
legge
scritta
e
si
avviarono
con
passo
deciso
sulla
strada
dell
'
anarchia
.
Canone
critico
e
giustificazione
della
loro
opera
sediziosa
era
la
dottrina
del
genio
.
Ma
il
genio
faceva
appunto
difetto
alla
maggior
parte
degli
«
Stürmer
und
Dränger
»
e
a
questo
squilibrio
interiore
,
a
questo
equivoco
pregiudiziale
si
deve
l
'
impressione
di
vuoto
e
di
velleità
che
danno
spesso
le
loro
opere
.
Essi
si
valsero
dei
materiali
incendiari
che
avevano
scoperto
senza
grande
fantasia
,
adoperarono
la
lingua
plebea
di
Shakespeare
,
i
costumi
della
società
borghese
,
le
formule
del
titanismo
come
contenuti
grezzi
,
che
dovevano
valere
per
la
loro
sola
presenza
.
Tipico
rappresentante
di
questo
semplicismo
è
Heinrich
Leopold
Wagner
,
autore
di
una
fosca
parodia
del
primo
Faust
,
L
'
infanticida
;
e
non
molto
più
resistente
sembra
oggi
l
'
opera
di
Klinger
,
che
con
uno
dei
suoi
drammi
diede
il
nome
al
movimento
e
che
tradusse
in
termini
letterari
il
bisogno
di
passione
e
l
'
ansietà
di
delirio
attinti
all
'
opera
più
tumultuosa
di
Shakespeare
.
Più
dotato
degli
altri
due
,
vero
esempio
del
genio
mancato
in
cui
confluiscono
correnti
di
creatività
e
vene
di
follia
,
è
Lenz
,
l
'
amico
di
Goethe
,
al
quale
è
necessario
tornare
oggi
per
gustare
gli
aspetti
meno
caduchi
dello
«
Sturm
und
Drang
»
.
I
suoi
capricci
intellettuali
colpiscono
come
bizzarre
fantasie
e
l
'
empito
di
rivolta
contro
le
convenzioni
e
gli
abusi
si
esprime
nei
suoi
drammi
sociali
con
un
vigore
che
accende
una
volta
tanto
i
nuovi
contenuti
e
dà
loro
una
vera
giustificazione
estetica
.
Oltre
a
questi
che
furono
i
banditori
più
consapevoli
della
dottrina
,
al
movimento
di
rivolta
e
di
scoperta
parteciparono
in
modo
diverso
tutti
gli
scrittori
della
fine
del
secolo
,
dal
sensuale
e
colorito
Heinse
,
in
cui
si
avvertono
le
prime
tracce
di
un
rinascente
paganesimo
,
a
Friedrich
Müller
autore
di
teneri
e
plastici
idilli
.
Ma
il
vero
significato
,
la
gloria
storica
dello
«
Sturm
und
Drang
»
è
che
a
quella
giovanile
infatuazione
presero
parte
Goethe
e
Schiller
.
In
Goethe
e
Schiller
il
messaggio
del
secolo
,
il
grande
appello
all
'
individuo
,
che
Herder
aveva
tradotto
mirabilmente
nel
dominio
della
cultura
e
che
doveva
nutrire
tutta
la
generazione
romantica
,
trova
per
la
prima
volta
la
sua
vera
pienezza
.
Insieme
essi
ricreano
nel
corso
della
loro
opera
una
nuova
legge
sulle
rovine
delle
vecchie
norme
:
dal
mondo
inerte
del
classicismo
fanno
nascere
la
letteratura
classica
tedesca
.
Tuttavia
il
loro
ingresso
nella
storia
avviene
sotto
i
segni
dello
«
Sturm
und
Drang
»
.
Goetz
von
Berlichingen
è
del
1772
,
Werther
del
1774
,
I
masnadieri
del
1781
.
In
quelle
opere
i
motivi
correnti
dell
'
epoca
trovano
una
vitalità
improvvisa
:
la
tradizione
è
veramente
travolta
dalla
furia
disgregatrice
di
Karl
Moor
,
il
quadro
della
storia
tedesca
si
popola
di
figure
e
di
emblemi
nella
vicenda
di
Goetz
e
un
nuovo
simbolo
traversa
il
ciclo
della
mitologia
moderna
col
suicidio
di
Werther
.
In
seguito
l
'
evoluzione
letteraria
e
umana
dei
due
scrittori
doveva
portarli
ad
allontanarsi
sempre
più
da
quegli
accenti
iniziali
,
e
il
rifiuto
finale
dell
'
avventura
dello
«
Sturm
und
Drang
»
segnare
la
condanna
di
un
movimento
che
l
'
impotenza
dei
suoi
segnaci
aveva
già
consumato
.
Ma
il
cammino
di
Goethe
e
Schiller
indicava
anche
la
via
d
'
uscita
verso
un
costume
letterario
più
alto
.
Nella
loro
esperienza
il
superamento
della
barbarie
preromantica
avveniva
attraverso
una
consapevole
riduzione
alla
realtà
interiore
di
quelle
antitesi
e
di
quei
miti
che
i
loro
coetanei
avevano
brandito
come
torce
fumose
.
E
in
una
tale
opera
di
approfondimento
e
di
riscatto
umano
l
'
amicizia
dei
due
uomini
,
del
resto
diversi
e
contrastanti
,
ha
anche
oggi
la
sua
ragione
storica
e
le
loro
opere
contraddittorie
trovano
un
sicuro
equilibrio
.
Schiller
,
debole
poeta
,
affida
a
una
superba
eloquenza
la
soluzione
di
quei
problemi
che
agitano
la
sua
natura
di
moralista
e
di
storico
.
Il
suo
pathos
non
è
mai
lirico
,
non
è
in
fondo
che
una
violenza
retorica
,
ma
sorregge
nel
suo
movimento
sincero
l
'
azione
drammatica
e
fa
del
sublime
e
del
patetico
non
solo
dei
magri
surrogati
della
poesia
,
ma
i
cardini
di
una
concezione
del
mondo
e
i
fattori
di
una
educazione
morale
a
cui
tutto
l
'
Ottocento
s
'
inchina
.
Goethe
vive
invece
un
'
evoluzione
assolutamente
creatrice
.
L
'
esperienza
che
trascina
Schiller
a
meditare
più
profondamente
i
temi
del
suo
entusiasmo
giovanile
determina
in
lui
nuove
figure
,
preme
sulla
fantasia
e
si
traduce
naturalmente
in
nuovi
ritmi
e
nuove
immagini
.
Clavigo
,
Stella
,
Egmont
,
personaggi
e
creature
che
vivono
ciascuno
di
una
particolare
atmosfera
,
sono
gli
incontri
del
poeta
in
questa
discesa
verso
il
reale
e
l
'
umano
e
preparano
alla
nitida
visione
degli
ultimi
drammi
.
Faust
e
Wilhelm
Meister
esprimono
nella
loro
vicenda
esemplare
il
corso
di
questa
perfetta
«
Bildung
»
.
L
'
esperienza
raccolta
,
l
'
acquisizione
umana
in
una
tale
avventura
sono
così
grandi
che
fanno
dimenticare
facilmente
i
dati
tecnici
.
Ma
il
teatro
è
ormai
irriconoscibile
nei
suoi
termini
.
Attraverso
le
selve
germaniche
e
le
vicissitudini
borghesi
Goethe
e
Schiller
ritrovano
la
Grecia
:
una
Grecia
che
non
ha
più
nulla
in
comune
con
l
'
imitazione
classicistica
,
un
paese
che
vive
secondo
leggi
proprie
e
sorge
chiaro
e
distante
accanto
alla
Grecia
antica
.
La
sposa
di
Messina
e
Ifigenia
in
Taurine
segnano
gli
episodi
conclusivi
di
un
destino
poetico
che
abbraccia
nel
suo
temerario
sviluppo
tutti
i
motivi
della
cultura
moderna
.
Ma
se
quelle
opere
terminano
un
lavoro
individuale
e
placano
l
'
ansietà
di
due
esistenze
,
un
mondo
è
rimasto
scoperto
dietro
il
loro
passaggio
,
che
nessuno
potrà
più
ignorare
.
Forse
soltanto
il
Faust
,
l
'
opera
tedesca
,
nella
sua
complessità
formale
e
nel
suo
significato
recondito
,
dice
quanto
profonda
sia
stata
questa
ricerca
e
come
abbia
arricchito
di
parole
e
di
miti
il
mutevole
orizzonte
dell
'
esperienza
poetica
.
4
.
I
romantici
.
Romanticismo
,
questa
parola
seducente
e
imprecisa
domina
da
molto
tempo
il
nostro
orizzonte
culturale
,
ma
nessuno
può
dire
di
possedere
il
suo
significato
storico
che
,
come
la
struttura
di
certe
regioni
vulcaniche
,
esita
ancora
sotto
l
'
impulso
di
forze
incontrollabili
.
Al
tempo
della
Stäel
romanticismo
era
la
visione
di
paesaggi
nostalgici
,
l
'
edera
che
saliva
alle
finestre
di
castelli
in
rovina
,
l
'
amore
di
nature
ingenue
ed
esaltate
per
un
mondo
senza
leggi
,
tutto
percorso
da
sotterranee
vene
di
poesia
.
Una
nuova
visione
della
storia
,
un
gusto
pronunciato
del
primitivo
e
del
favoloso
e
l
'
esplosione
di
sentimenti
che
la
civiltà
settecentesca
aveva
represso
diedero
la
loro
impronta
all
'
evoluzione
successiva
di
quel
nome
.
Ora
la
ricerca
critica
è
rivolta
a
zone
più
segrete
,
a
quelle
che
circoscrivono
i
moti
elementari
della
creazione
e
in
cui
l
'
individuo
stesso
,
centro
instabile
dell
'
universo
romantico
,
talvolta
si
annulla
e
scompare
per
lasciare
al
suo
posto
voci
indistinte
.
Una
sensibilità
particolare
ai
rapporti
tra
la
vita
e
il
sogno
(
fortuna
non
casuale
di
Calderón
)
,
l
'
attenzione
concessa
a
fenomeni
psicologici
anormali
o
addirittura
morbosi
,
sono
stati
i
principali
indizi
su
cui
si
è
mossa
questa
tendenza
critica
che
porta
a
escludere
dall
'
episodio
romantico
uomini
come
Walter
Scott
o
Manzoni
(
in
verità
legati
ai
loro
coetanei
solo
da
esteriori
affinità
di
contenuti
)
,
e
mette
in
dubbio
la
validità
del
primo
romanticismo
francese
,
quello
dei
panciotti
rossi
,
per
celebrare
l
'
altro
,
la
rivoluzione
espressiva
e
metafisica
che
va
da
Nerval
e
Baudelaire
al
surrealismo
.
Una
tale
concezione
,
che
tende
a
isolare
i
dati
essenziali
dell
'
«
anima
romantica
»
,
è
nata
evidentemente
sotto
l
'
impero
di
poetiche
molto
più
moderne
e
rischia
di
alterare
i
presupposti
storici
di
quell
'
esperienza
;
tuttavia
essa
ha
per
noi
il
pregio
di
mettere
in
luce
uno
dei
caratteri
peculiari
di
ogni
letteratura
romantica
:
la
sua
antiplasticità
,
la
sua
mancanza
di
limiti
formali
e
tecnici
.
Il
teatro
è
visione
e
misura
.
Ora
,
il
romanticismo
tedesco
fin
dalle
sue
prime
formulazioni
fu
avverso
per
principio
a
ogni
visione
netta
(
non
per
nulla
la
più
grande
gloria
tedesca
è
la
musica
romantica
,
mentre
pittura
e
scultura
di
quel
periodo
sono
terribilmente
mediocri
)
.
La
negazione
della
legge
era
veramente
negli
scrittori
romantici
una
vocazione
interiore
:
corrispondeva
all
'
assenza
di
ogni
misura
istintiva
,
al
bisogno
di
vivere
e
di
respirare
nell
'
indeterminato
.
Si
pensi
alla
dissolutezza
formale
di
un
Jean
Paul
,
alle
nebbie
perenni
in
cui
si
nuove
un
Novalis
,
forse
le
due
nature
più
genuinainente
romantiche
.
In
altri
l
'
impulso
creatore
si
manifestò
addirittura
in
forme
riflesse
,
critiche
o
filosofiche
,
senza
arrivare
mai
a
concretarsi
in
un
'
immagine
.
Così
,
dei
fondatori
della
prima
scuola
romantica
,
uomini
chiamati
a
esercitare
un
influsso
tanto
profondo
su
tutta
la
sensibilità
del
secolo
,
nessuno
si
può
dire
uno
scrittore
riuscito
.
Friedrich
Schlegel
,
fortissimo
ingegno
di
critico
e
di
storico
,
consumò
tutte
le
sue
ambizioni
letterarie
in
un
disgraziato
romanzo
,
Lucinda
,
che
è
il
colmo
della
confusione
espressiva
;
suo
fratello
August
Wilhelm
dedicò
le
sue
migliori
energie
alla
traduzione
di
Shakespeare
,
opera
esemplare
ma
tipicamente
di
mediazione
culturale
,
non
creativa
.
Più
dotato
artisticamente
degli
altri
due
,
Tieck
scrisse
drammi
e
racconti
che
importano
nella
storia
della
letteratura
:
tuttavia
anche
essi
non
sfuggono
mai
a
un
certo
sapore
di
genericità
e
la
fama
dello
scrittore
è
legata
piuttosto
agli
articoli
critici
,
talvolta
estremamente
penetranti
,
e
a
quelle
rare
opere
in
cui
l
'
alleanza
della
fantasia
con
una
intelligenza
ironica
raggiunge
effetti
di
sorprendente
ricchezza
.
Il
gatto
con
gli
stivali
è
un
superiore
giuoco
d
'
intelligenza
,
ma
per
la
sua
stessa
natura
non
può
costituire
un
modello
.
Di
fronte
al
teatro
contemporaneo
i
romantici
si
espressero
meglio
per
negazione
,
attraverso
la
satira
e
la
polemica
.
Schiller
è
il
bersaglio
indiretto
di
questa
polemica
per
la
fantasia
,
che
scopre
facilmente
quanto
di
meccanico
fosse
rimasto
nella
sua
concezione
del
dramma
,
ma
soprattutto
gli
pseudo
-
Schiller
,
i
vari
Iffland
,
Kotzebue
,
dominatori
del
gusto
popolare
e
perduti
in
orribili
macchine
teatrali
.
La
coscienza
critica
di
quello
che
non
doveva
essere
il
nuovo
teatro
è
dunque
lucidissima
:
manca
soltanto
l
'
esempio
positivo
da
contrapporre
a
quelle
deviazioni
.
Solo
Tieck
intuì
,
col
suo
sicuro
ingegno
,
qual
era
l
'
uomo
che
poteva
rispondere
al
difficile
compito
;
ma
quest
'
uomo
,
il
più
grande
scrittore
,
forse
l
'
unico
grande
scrittore
il
cui
nome
si
possa
associare
a
quello
del
teatro
romantico
,
Heinrich
von
Kleist
,
visse
al
di
fuori
della
fitta
società
del
suo
tempo
e
divise
con
Hölderlin
,
come
lui
solitario
e
profugo
,
una
sorte
particolarmente
severa
e
la
gloria
tardiva
dopo
la
morte
.
In
Kleist
l
'
ondata
shakespeariana
che
agita
il
teatro
tedesco
dalla
metà
del
Settecento
trova
finalmente
uno
sfogo
.
Wieland
aveva
tratto
dall
'
inglese
i
motivi
fiabeschi
e
faritastici
,
Herder
e
Goethe
ne
avevano
scoperta
la
vastità
umana
e
la
ricchezza
espressiva
,
Kleist
rievoca
la
passione
,
primo
impulso
dell
'
opera
tragica
,
e
la
traduce
in
parole
di
una
sconcertante
evidenza
.
Il
suo
linguaggio
,
rotto
e
incoerente
,
dichiara
per
la
prima
volta
le
paurose
lacune
dell
'
anima
romantica
.
L
'
isterismo
e
la
malattia
,
figure
estreme
di
questa
visione
del
mondo
,
sono
stati
celebrati
in
modo
esclusivo
dalla
critica
moderna
come
il
patrimonio
di
Kleist
(
mentre
Il
principe
di
Homburg
e
già
Käthchen
di
Heilbronn
provano
l
'
esistenza
di
altri
motivi
discreti
o
addirittura
idillici
)
.
Ma
l
'
importante
è
riconoscere
in
lui
una
vera
natura
di
tragico
e
una
delle
guide
certe
sullo
sviluppo
della
sensibilità
moderna
.
Che
questo
risultato
non
fosse
casuale
,
che
egli
vedesse
quale
svolta
rappresentava
la
sua
concezione
del
dramma
,
prova
il
breve
e
mirabile
scritto
Sul
teatro
delle
marionette
,
uno
dei
pochi
convincenti
saggi
di
estetica
irrazionalistica
che
ci
siano
rimasti
nella
forma
paradossale
propria
del
gusto
romantico
.
Accanto
a
Kleist
gli
altri
scrittori
contemporanei
tradiscono
una
carenza
vitale
.
Il
più
importante
è
Zacharias
Werner
,
autore
applauditissimo
e
fondatore
di
un
dramma
che
si
è
convenuto
di
chiamare
fatalista
.
Il
suo
teatro
,
basato
su
effetti
di
una
tragica
brutalità
,
non
porta
alcuna
seria
innovazione
di
ordine
letterario
,
ma
ha
una
notevole
portata
come
indice
di
un
gusto
che
si
mantiene
attraverso
le
discordi
evoluzioni
del
secolo
.
A
lui
,
oltre
che
a
Schiller
,
si
può
far
risalire
un
senso
teatrale
che
,
riconosciuto
come
deteriore
dalle
intelligenze
più
avvedute
,
è
tuttavia
all
'
origine
della
manifestazione
centrale
del
teatro
ottocentesco
:
l
'
opera
lirica
.
Di
coloro
che
ne
perpetuarono
la
tradizione
strettamente
letteraria
,
l
'
unico
degno
di
essere
ricordato
è
Christian
Dietrich
Grabbe
.
Natura
profondamente
bizzarra
,
egli
ebbe
il
merito
di
scrivere
accanto
ai
soliti
drammi
storici
sproporzionati
e
pazzeschi
una
commedia
satirica
:
Scherzo
,
satira
,
ironia
e
altre
cose
più
profonde
,
in
cui
rivive
in
un
'
atmosfera
di
assoluta
libertà
tutta
la
geniale
ironia
della
Germania
romantica
.
Altri
scrittori
venuti
dopo
si
contentarono
di
rielaborare
senza
grande
intelligenza
la
materia
ormai
consueta
di
un
falso
medioevo
,
riducendo
a
un
repertorio
comune
la
superba
mitologia
del
sentimento
tedesco
.
Intanto
la
giovane
scuola
romantica
,
quella
di
Heidelberg
,
più
ricca
di
genuini
temperamenti
artistici
,
aveva
ripreso
l
'
equivoco
dei
suoi
padri
trasportando
sulla
scena
la
storia
e
la
leggenda
con
pretese
non
sempre
fondate
di
scoperta
e
di
rivelazione
poetica
.
Brentano
,
puro
temperamento
lirico
,
scrisse
un
grande
dramma
:
La
fondazione
di
Praga
,
e
una
commedia
:
Ponce
de
Leon
,
ugualmente
fallite
come
opere
teatrali
.
Altrettanto
priva
di
una
struttura
attendibile
è
la
maggiore
opera
drammatica
di
Arnim
:
Gerusalemme
e
Halle
,
rielaborazione
su
motivi
shakespeariani
del
Cardenio
e
Zelinda
di
Gryphius
.
Si
sa
quale
è
oggi
l
'
importanza
di
Arnim
per
l
'
interpretazione
più
recente
della
poetica
romantica
:
si
tende
a
vedere
in
lui
l
'
assertore
consapevole
della
impersonalità
del
fatto
artistico
e
il
precursore
di
molte
formule
moderne
fino
al
surrealismo
.
In
realtà
la
sua
opera
,
confusa
e
inorganica
,
contiene
rare
bellezze
e
,
oltre
che
nelle
novelle
,
sprazzi
di
una
fredda
e
sconcertante
poesia
si
trovano
nel
drammi
minori
e
in
alcuni
frammenti
di
romanzi
.
Ma
con
Arnim
il
gratuito
e
l
'
assurdo
sono
ormai
il
dominio
esclusivo
dell
'
intelligenza
romantica
,
il
giuoco
iniziato
da
Jean
Paul
e
continuato
attraverso
Hoffmann
e
altri
minori
ha
raggiunto
i
limiti
della
legittimità
.
Bisogna
arrivare
alle
soglie
di
quel
mondo
perché
altro
sangue
alimenti
il
corpo
dell
'
arte
tedesca
e
perché
un
vero
poeta
trovi
nuove
realtà
fuori
dell
'
ambito
angusto
di
un
'
immaginazione
ormai
soltanto
tecnica
.
Questo
poeta
è
Georg
Büchner
:
in
lui
l
'
esperienza
romantica
si
traduce
giustamente
in
maturità
espressiva
,
ma
alle
formule
intellettuali
e
alle
facili
mode
del
tardo
romanticismo
egli
sostituisce
un
pathos
che
nasce
da
una
nuova
visione
del
destino
umano
,
dalla
scoperta
del
fatto
sociale
in
cui
si
annullano
le
pretese
di
assoluto
della
fantasia
letteraria
.
Mentre
nella
maggior
parte
dei
suoi
coetanei
questa
rivelazione
del
mondo
esterno
si
traduce
in
forme
eminentemente
pratiche
,
crea
una
generazione
di
rivoluzionari
e
di
polemisti
,
Büchner
mantiene
un
'
alta
purezza
espressiva
e
,
morto
giovanissimo
,
lascia
col
frammento
di
novella
:
Lenz
,
e
col
Woyzeck
due
fra
le
opere
maggiori
della
poesia
tedesca
moderna
.
5
.
Teatro
viennese
.
Uno
dei
caratteri
essenziali
dell
'
episodio
romantico
in
Germania
è
la
stretta
interdipendenza
,
non
soltanto
letteraria
e
ideologica
ma
biografica
,
in
cui
si
muovono
i
protagonisti
.
In
un
paese
pieno
di
frontiere
interne
e
di
tradizioni
locali
invitte
i
romantici
vivono
come
una
unica
stirpe
,
i
loro
destini
s
'
incrociano
continuamente
,
fanno
nascere
amicizie
e
rivalità
,
collaborazioni
,
adulterî
.
Chiusa
a
questo
fermento
di
avventure
individuali
,
come
presto
estranea
al
lo
sviluppo
politico
della
nuova
Germania
,
l
'
Austria
degli
Absburgo
vive
allora
la
sua
insigne
vecchiaia
:
tramonta
il
sacro
romano
impero
della
nazione
tedesca
,
e
Vienna
rinuncia
per
sempre
a
essere
la
capitale
del
Reich
,
per
ridursi
a
un
rango
di
città
cosmopolita
o
di
provincia
tedesca
.
Il
poeta
di
questa
Austria
civile
e
dialettale
in
cui
riposano
i
germi
di
vecchie
culture
si
terrà
anch
'
egli
discosto
dall
'
esaltazione
contemporanea
e
,
benché
attentissimo
alle
ragioni
e
alle
mode
del
secolo
,
non
uscirà
da
un
costume
di
dignitoso
riserbo
.
La
sua
lunga
vita
sarà
divisa
fra
il
teatro
e
il
lavoro
burocratico
,
senza
che
mai
i
draghi
della
fantasia
notturna
levino
il
capo
a
turbarlo
nelle
ore
d
'
ufficio
.
Grillparzer
è
tipicamente
un
contemporaneo
dei
romantici
:
ne
divide
le
inclinazioni
intellettuali
e
a
volte
ne
imita
l
'
accento
,
ma
attraverso
la
sua
natura
le
pretese
romantiche
escono
talmente
deformate
che
è
impossibile
riconoscerle
.
I
suoi
drammi
risentono
degli
stessi
modelli
letterari
(
così
l
'
interesse
prevalente
per
il
teatro
spagnolo
)
,
ma
la
loro
importanza
è
di
ordine
affatto
diverso
.
Mentre
il
teatro
romantico
vive
di
una
incoerente
genialità
,
le
opere
di
Grillparzer
devono
il
posto
notevole
che
esse
occupano
nella
storia
della
letteratura
tedesca
alle
virtù
tecniche
del
drammaturgo
,
rimaste
forse
insuperate
,
e
a
certi
passaggi
in
cui
la
discreta
umanità
dell
'
autore
trova
felici
e
rare
espressioni
poetiche
.
Grillparzer
è
un
fenomeno
isolato
difficilmente
definibile
in
una
situazione
culturale
.
Ma
nella
«
terra
dei
feaci
»
austriaca
un
'
altra
tradizione
si
era
mantenuta
che
prima
di
estinguersi
darà
ancora
saporosi
frutti
:
la
tradizione
barocca
.
Il
teatro
che
avevano
creato
i
poeti
visionari
e
accademici
del
Seicento
tedesco
trova
a
Vienna
la
sua
patria
definitiva
,
diventa
gloria
particolare
di
quella
città
che
per
tutto
il
secolo
successivo
doveva
accogliere
la
più
europea
delle
corti
in
una
cornice
vivissima
di
tradizione
popolare
.
Il
primo
elemento
a
cui
si
allaccia
il
nuovo
teatro
viennese
è
ancora
l
'
«
Ordensdrama
»
,
la
rappresentazione
scolastica
di
cui
i
Gesuiti
avevano
fatto
una
grande
cerimonia
per
il
pubblico
barocco
.
Nella
seconda
metà
del
secolo
XVII
un
italiano
di
Trento
,
Niccolò
Avancini
,
aveva
portato
al
loro
massimo
splendore
i
«
Ludi
cesarei
»
,
come
ormai
si
chiamavano
quelle
avventurose
storie
allegoriche
di
principi
e
di
virtù
.
Ma
già
il
suo
spettacolo
,
splendido
e
raffinato
,
fitto
di
intermezzi
,
luminarie
,
apoteosi
,
è
ai
margini
della
tradizione
letteraria
viva
.
Da
allora
si
precisa
quel
distacco
che
sarà
uno
dei
fattori
determinanti
della
cultura
del
Settecento
.
Gli
elementi
barocchi
,
cacciati
dall
'
alta
letteratura
sempre
più
dominata
da
spiriti
razionalistici
,
si
rifugiano
nell
'
opera
lirica
e
nello
spettacolo
popolare
,
che
alimentano
con
una
rara
vitalità
.
Mentre
in
tutta
l
'
Europa
il
nuovo
teatro
d
'
imitazione
inglese
e
francese
offre
le
sue
ragionevoli
vicende
borghesi
e
cosmopolite
,
la
tradizione
barocca
attinge
alle
fonti
locali
e
mantiene
contro
tutte
le
volontà
di
riforma
i
lazzi
dei
buffoni
e
i
gorgheggi
delle
prime
donne
.
In
Italia
si
sviluppa
la
commedia
dell
'
arte
,
questo
singolare
prodotto
che
risale
alle
forme
più
antiche
della
comicità
indigena
e
non
ha
alcun
rapporto
con
la
tendenza
contemporanea
del
teatro
letterario
.
A
Vienna
,
legata
all
'
Italia
per
tante
ragioni
di
cultura
,
i
protagonisti
di
una
simile
vicenda
sono
pure
attori
e
uomini
di
teatro
:
Stranitzky
,
il
creatore
della
figura
di
Hanswurst
,
tipica
maschera
della
comicità
grossolana
contro
cui
si
accanisce
l
'
ira
degli
«
Aufklärer
»
;
il
comico
Kurz
,
detto
Bernardone
,
autore
di
burleschi
e
pantomime
:
fino
a
Schikaneder
,
il
librettista
e
impresario
di
Mozart
,
che
col
Flauto
magico
doveva
dare
la
sua
ultima
e
più
felice
espressione
a
un
genere
ormai
consunto
.
Non
bisogna
illudersi
sull
'
importanza
letteraria
di
queste
manifestazioni
che
,
sepolte
sotto
il
disprezzo
degli
illuministi
,
hanno
poi
goduto
di
una
effimera
rivalutazione
.
I
creatori
del
teatro
popolare
viennese
sono
uomini
che
contano
per
il
loro
attaccamento
al
mestiere
,
per
qualità
tecniche
e
mimiche
,
ma
il
teatro
scritto
risulta
molto
povero
e
soprattutto
una
manifestazione
di
maniera
,
non
meno
delle
più
complicate
finzioni
dell
'
accademia
settecentesca
.
Il
significato
storico
della
loro
esistenza
è
nella
lotta
contro
il
razionalismo
,
che
mantiene
viva
una
tradizione
fantastica
e
permette
agli
spiriti
indigeni
più
genuini
di
restare
desti
sotto
l
'
uniformità
del
gusto
neoclassico
.
Verso
la
fine
del
Settecento
questa
tradizione
è
solamente
popolare
.
L
'
opera
lirica
ha
subito
le
severe
riforme
dei
teorici
dell
'
arte
pura
,
conosce
le
nobili
forme
di
un
Gluck
,
di
uno
Spontini
;
gli
intermezzi
sono
quasi
completamente
aboliti
dalla
tragedia
classica
;
e
musica
,
coreografia
e
spiriti
bizzarri
si
rifugiano
fra
le
quinte
del
teatro
popolare
viennese
.
Intanto
l
'
elemento
fondamentale
del
dramma
barocco
,
l
'
allegoria
,
subisce
nel
corso
degli
ultimi
decenni
una
curiosa
evoluzione
.
Nata
per
rappresentare
l
'
ordine
rigido
e
solenne
dell
'
universo
barocco
,
l
'
allegoria
si
è
fatta
razionale
quando
il
mondo
ha
voluto
a
tutti
i
costi
somigliare
a
una
macchina
,
è
diventata
eudemonistica
col
trionfo
delle
ideologie
umanitarie
,
e
finalmente
,
esaurita
ogni
sua
funzione
accademica
,
serve
a
un
gusto
ingenuo
di
figure
e
di
illusioni
per
consumare
il
proprio
destino
nella
parodia
.
Nella
Vienna
del
Congresso
la
parodia
raggiunge
una
incredibile
prosperità
:
ogni
avvenimento
politico
,
ogni
successo
letterario
è
seguito
da
un
corteo
di
parodie
e
gli
autori
più
fortunati
nel
nuovo
genere
acquistano
una
vera
celebrità
.
Tuttavia
questo
tipo
di
rappresentazione
sarebbe
rimasto
puramente
un
episodio
pittoresco
legato
alla
storia
dei
gloriosi
teatri
viennesi
se
,
ai
primi
dell
'
Ottocento
,
in
un
mondo
ormai
lontano
dalle
visioni
barocche
,
non
fosse
comparso
con
Ferdinand
Raimund
un
autore
dotato
di
virtù
e
di
ambizioni
tali
da
risvegliare
a
breve
vita
la
tradizione
morente
.
Attore
comico
,
Raimund
comincia
a
scrivere
opere
nel
gusto
dell
'
epoca
,
fiabe
e
commedie
fantastiche
,
ricche
di
uno
spirito
genuino
ma
non
diverse
nel
tono
da
quelle
dei
maggiori
drammaturghi
popolari
:
un
Bäuerle
,
un
Meisl
.
Ma
presto
,
consapevole
della
propria
dignità
e
sospinto
da
una
natura
in
fondo
più
drammatica
che
comica
,
Raimund
tenta
forme
nuove
:
nascono
così
gli
«
Original
Zauberspiele
»
,
bizzarre
opere
in
cui
lo
stile
giocoso
della
farsa
viennese
cerca
di
sollevarsi
ad
altezze
tragiche
ed
il
vecchio
repertorio
dei
geni
,
delle
virtù
e
degli
dèi
,
ormai
ridotto
a
una
funzione
di
puro
divertimento
,
è
adoperato
con
le
intenzioni
edificanti
del
teatro
barocco
.
Il
pubblico
non
accolse
con
favore
questo
tentativo
di
distrarlo
dalle
sue
preferenze
abituali
e
la
carriera
di
Raimund
,
le
cui
ultime
opere
sono
quasi
commedie
di
carattere
estranee
alla
tradizione
barocca
,
è
un
continuo
contrasto
fra
le
aspirizioni
letterarie
dello
scrittore
e
le
leggi
e
i
gusti
di
un
mondo
a
cui
l
'
uomo
non
poteva
sottrarsi
.
L
'
impresa
di
Raimund
era
in
definitiva
destinata
a
fallire
,
ma
il
suo
passaggio
lascia
una
traccia
nella
storia
del
teatro
viennese
che
si
libera
da
certi
schemi
facilmente
convenzionali
e
sulla
via
di
un
vivace
realismo
vanta
almeno
due
nomi
di
importanza
europea
:
Nestroy
,
anche
egli
attore
e
ultimo
erede
della
pura
comicità
indigena
,
e
,
già
sullo
scadere
del
secolo
,
Anzengruber
,
scrittore
di
più
vaste
ambizioni
in
cui
la
satira
politica
prevale
sulla
materia
tradizionale
e
i
temi
del
realismo
popolare
confluiscono
nella
grande
corrente
del
naturalismo
europeo
.
6
.
Ultimo
atto
.
Il
secolo
scorso
è
diviso
in
Germania
in
due
tempi
ben
distinti
.
L
'
impulso
vitale
dei
romantici
,
la
loro
genialità
,
il
loro
coraggio
fanno
balenare
gli
ultimi
riflessi
del
grande
incendio
fino
alla
metà
del
secolo
:
poi
il
singolare
fenomeno
si
compone
e
si
acqueta
e
le
ultime
scintille
si
perdono
in
un
crepuscolo
che
annuncia
l
'
avvento
senza
speranza
di
un
'
èra
borghese
.
Eichendorff
,
che
vive
la
sua
esistenza
di
alto
funzionario
ornandola
appena
delle
lievi
figurazioni
dei
suoi
racconti
,
delle
ombre
che
popolano
le
sue
notti
italiane
,
Mörike
,
perduto
in
tenere
reminiscenze
,
lirico
e
novellista
minore
,
Lenau
,
a
cui
manca
la
voce
per
fare
della
storia
della
sua
anima
un
'
esperienza
assolutamente
umana
,
sono
i
maggiori
epigoni
della
grande
avventura
.
Lontano
a
forza
da
questa
Germania
dolorante
,
che
si
dibatte
senza
risolversi
fra
il
vecchio
e
il
nuovo
,
l
'
intelligenza
più
lucida
di
quegli
anni
,
Heine
,
può
salutare
l
'
esperienza
trascorsa
nel
suo
saggio
sulla
Scuola
romantica
e
concluderla
nella
sua
persona
con
singolare
evidenza
.
Intanto
le
energie
più
vive
del
tempo
si
volgono
ad
altro
:
crescono
nelle
attività
mediate
,
nella
politica
,
nel
giornalismo
.
Il
processo
che
con
la
comparsa
della
«
Giovane
Germania
»
è
ancora
alla
sua
fase
letteraria
,
sia
pure
di
crisi
,
scivolerà
rapidamente
su
un
altro
terreno
,
investirà
tutta
la
civiltà
tedesca
per
trasformare
quello
che
cento
anni
prima
era
il
paese
dei
musicisti
e
dei
filosofi
nello
stato
degli
industriali
e
nel
Reich
dei
politici
.
Nei
primi
anni
del
secolo
il
punto
di
fuoco
della
vita
tedesca
,
il
peso
stesso
della
parola
Germania
era
a
Weimar
,
fra
Goethe
e
Schiller
;
gli
uomini
di
stato
avevano
la
nobile
statura
di
Humboldt
e
i
sovrani
la
liberalità
di
Carlo
Augusto
e
la
grazia
della
regina
Luisa
.
Poi
,
negli
anni
che
sono
intorno
al
'48
,
il
centro
di
gravità
si
sposta
fra
gli
alunni
delle
nuove
scienze
naturali
e
tecniche
,
i
politici
di
Francoforte
,
gli
ideologi
e
i
polemisti
della
«
Rheinische
Zeitung
»
.
Ma
dopo
il
'70
è
la
Berlino
di
Bismarck
che
incarna
la
Germania
unitaria
e
imperialista
,
e
una
grande
svolta
si
è
compiuta
nella
storia
dei
popoli
europei
.
Gli
intellettuali
di
questo
tempo
,
i
maestri
della
Germania
uscita
dalla
sua
crisi
di
adolescenza
,
sono
gli
storici
e
i
sociologi
capaci
di
sceverare
gli
elementi
costanti
nella
tumultuosa
preistoria
del
popolo
tedesco
,
di
dare
una
base
concreta
alle
aspirazioni
e
alle
velleità
che
già
si
delineano
.
Più
in
alto
,
forti
della
loro
pretesa
inattualità
,
ma
profondamente
radicati
nell
'
atmosfera
del
secolo
,
padri
di
tutti
gli
errori
e
i
benefici
che
ne
deriveranno
,
stanno
i
profeti
:
Wagner
,
sempre
circondato
da
incendi
e
incantesimi
è
già
disposto
a
corrompere
nell
'
estetismo
della
missione
individuale
le
sue
superbe
scoperte
;
Nietzsche
,
rivolto
a
un
futuro
che
gli
sfuggirà
sempre
come
un
'
essenza
metafisica
,
ma
che
anima
la
sua
visione
e
dà
a
ogni
sua
parola
un
pathos
non
confondibile
.
Nonostante
il
grande
apporto
che
questi
due
uomini
daranno
alla
cultura
europea
,
o
forse
appunto
in
virtù
della
loro
soffocante
personalità
,
il
contributo
diretto
che
essi
recano
all
'
arte
è
esiguo
.
La
prosa
di
Zarathustra
arriva
solo
dopo
molti
anni
a
turbare
le
coscienze
letterarie
europee
e
la
formula
estetica
di
Wagner
,
fonte
di
infinite
discussioni
,
non
si
traduce
in
realtà
fuori
della
cerchia
sacra
di
Bayreuth
.
L
'
arte
,
dissoluta
delle
sue
leggi
antiche
attraverso
tanti
attacchi
e
tanti
titanismi
,
va
alla
deriva
:
si
perde
in
avventure
metafisiche
o
approda
a
infeconde
spiagge
borghesi
.
Il
teatro
la
segue
in
questi
viaggi
senza
meta
.
Pure
un
grande
scrittore
compare
ancora
sulla
scena
del
teatro
tedesco
,
il
più
grande
forse
che
la
Germania
abbia
avuto
accanto
ai
due
che
abbiamo
nominato
per
ultimi
:
Friedrich
Hebbel
.
Non
legato
ad
alcuna
scuola
,
solitario
e
insoddisfatto
,
Hebbel
è
il
simbolo
del
vigore
tedesco
in
un
'
ora
di
profonda
inquietudine
.
In
quest
'
uomo
mal
cresciuto
e
condannato
a
una
perpetua
infelicità
,
rivivono
la
passione
di
Kleist
e
l
'
eloquenza
di
Schiller
e
si
trasformano
in
parole
d
'
arte
le
turbinose
ideologie
di
un
secolo
che
tocca
la
sua
maturità
.
È
compiuta
in
lui
quella
elaborazione
dei
contenuti
romantici
che
darà
un
nuovo
fondo
alla
sensibilità
moderna
:
i
temi
del
decadentismo
europeo
,
gli
alti
temi
del
sesso
e
del
sangue
,
dominano
i
suoi
drammi
,
che
essi
rievochino
il
crepuscolo
di
antichi
idoli
e
il
sorgere
di
nuove
civiltà
,
o
discendano
,
come
Maria
Maddalena
,
nella
dura
legge
dell
'
esistenza
borghese
.
Ma
Hebbel
mantiene
in
questa
inclinazione
già
morbida
una
robusta
figura
di
scrittore
e
di
uomo
e
costruisce
la
sua
opera
su
un
fortissimo
sostrato
ideologico
e
critico
che
non
ha
ancora
perduto
la
sua
validità
.
Accanto
a
lui
gli
altri
contemporanei
fanno
una
debole
parte
di
comparse
.
Otto
Ludwig
è
l
'
unico
che
merita
di
essere
citato
con
onore
:
natura
anch
'
egli
riflessiva
e
critica
(
importanti
sono
i
suoi
studi
su
Shakespeare
)
,
tocca
con
una
forza
grave
e
sorda
temi
biblici
e
episodi
di
vita
quotidiana
e
nel
suo
dramma
Il
guardaboschi
,
scritto
in
una
lingua
povera
e
quasi
dialettale
,
mostra
come
sia
ormai
matura
l
'
esigenza
di
una
tragedia
popolare
nel
senso
più
semplice
e
immediato
.
Con
Hebbel
e
Ludwig
una
nota
nuova
è
entrata
nella
letteratura
tedesca
:
l
'
istanza
realistica
,
che
un
Büchner
aveva
sentito
con
istintiva
purezza
(
superandola
del
resto
nell
'
impeto
dell
'
espressione
)
,
e
che
ora
dietro
l
'
esempio
francese
e
quello
di
Ibsen
si
estende
a
tutta
l
'
Europa
e
crea
una
scuola
ricca
di
presupposti
teorici
e
intimamente
legata
al
trionfante
positivismo
.
Teatro
e
romanzo
diventano
presto
il
campo
della
nuova
battaglia
che
in
Germania
,
dopo
i
furori
romantici
,
è
particolarmente
sentita
.
(
Ma
l
'
equivoco
realista
sarà
svelato
anche
prima
dell
'
equivoco
romantico
,
e
l
'
episodio
del
chirurgo
che
,
assistendo
a
un
dramma
verista
dove
un
'
attrice
si
dispone
a
partorire
di
fronte
al
pubblico
,
scaglia
il
proprio
forcipe
sulla
scena
fra
la
gazzarra
generale
,
è
una
bella
leggenda
,
degna
di
Muzio
Scevola
e
delle
storie
antiche
)
.
Molti
nomi
prendono
parte
a
questa
battaglia
che
ha
appunto
il
torto
di
essere
una
vera
battaglia
,
con
veri
cadaveri
e
veri
trionfatori
:
da
Sudermann
,
nome
ingiallito
,
solo
consegnato
a
una
esteriore
abilità
di
drammaturgo
,
a
Wedekind
,
nome
che
è
già
rivolto
all
'
intelligenza
,
ma
ancora
impigliato
in
fumosi
complessi
eretico
-
sociali
.
La
nostra
intenzione
è
di
lasciarli
da
parte
in
attesa
che
altri
distingua
quello
che
è
degno
di
ricordo
da
quello
che
si
è
disfatto
con
la
carta
e
la
colla
dei
cartelloni
pubblicitari
.
Per
il
nostro
compito
d
'
informazione
un
solo
nome
riassume
tutta
questa
vicenda
nel
suo
orgoglioso
disordine
:
quello
di
Gerhard
Hauptmann
.
Autore
di
oltre
cento
opere
che
vanno
dal
realismo
brutale
alla
rigidezza
neoclassica
e
indicano
come
il
pendolo
delle
mode
letterarie
batta
ormai
oscillazioni
corte
e
rapidissime
,
proteso
verso
Goethe
nell
'
universalità
degli
interessi
e
perfino
in
una
assurda
somiglianza
fisica
,
Hauptmann
è
soprattutto
il
più
glorioso
esempio
della
confusione
che
può
albergare
nella
testa
di
un
intellettuale
tedesco
.
La
sua
opera
vale
come
repertorio
di
tutti
i
temi
drammatici
apparsi
nella
storia
del
teatro
,
i
suoi
personaggi
,
che
vanno
dalla
proletaria
slesiana
a
Ifigenia
e
da
Gesù
Cristo
in
veste
di
maestro
di
scuola
a
Till
Eulenspiegel
,
esauriscono
ogni
possibile
fantasia
di
vestiarista
.
Successi
e
contrasti
accompagnano
naturalmente
questa
carriera
ricca
di
frequenti
ritorni
:
la
critica
si
limiterà
a
sottolineare
che
i
risultati
più
attendibili
di
Hauptmann
sono
legati
alla
prima
polemica
per
il
realismo
e
a
qualche
delicata
leggenda
ripresa
nella
maturità
.
Da
un
tale
caos
si
doveva
uscire
,
come
in
tutta
l
'
Europa
,
attraverso
un
consapevole
ritorno
ai
valori
lirici
,
a
quel
primato
dello
stile
che
i
teorici
dell
'
arte
documentaria
avevano
creduto
di
poter
facilmente
sopprimere
.
E
in
questo
la
Germania
fu
particolarmente
fortunata
:
la
triade
George
,
Hofmannsthal
,
Rilke
è
una
delle
costellazioni
più
luminose
sul
cielo
della
fine
del
secolo
,
e
una
di
quelle
che
possono
meglio
orientare
sulle
rotte
della
poesia
.
Rilke
fu
un
solitario
,
la
cui
voce
arriva
forse
più
lontano
di
quella
di
ogni
altro
contemporaneo
,
ma
il
cui
passaggio
nel
mondo
fu
troppo
discreto
per
provocare
reazioni
diffuse
;
degli
altri
due
,
in
principio
collaboratori
diretti
nella
vittoriosa
polemica
contro
il
naturalismo
,
Hofmannsthal
è
quello
che
ci
interessa
di
più
per
i
fini
di
questa
raccolta
.
La
sua
opera
drammatica
,
contemporanea
della
temibile
inflazione
letteraria
ora
descritta
,
si
distingue
nella
giungla
circostante
per
la
rigorosa
unità
dello
stile
,
per
la
presenza
di
un
gusto
che
è
perfettamente
definito
benché
tragga
la
sua
ricchezza
dalle
fonti
più
disparate
.
Vero
europeo
,
Hofmannsthal
fa
confluire
in
sé
tutte
le
tendenze
e
le
aspirazioni
di
un
'
epoca
profondamente
riflessiva
,
che
ha
ripreso
i
suggerimenti
romantici
con
un
sapore
più
torbido
e
maturo
,
e
conosce
l
'
inquieto
estetismo
di
Swinburne
e
di
Debussy
,
di
Maeterlink
e
di
D
'
Annunzio
.
Tutti
i
motivi
di
una
poetica
decadente
(
quella
delle
città
morte
e
delle
campane
sommerse
,
materia
mostratasi
poi
così
fragile
)
sono
filtrati
nei
drammi
e
nelle
liriche
di
Hofmannsthal
;
ma
più
civile
d
'
un
D
'
Annunzio
,
anche
se
meno
fortemente
dotato
,
questo
austriaco
sa
trasformare
i
temi
più
pericolosi
in
misurate
occasioni
di
poesia
e
si
distacca
dai
contemporanei
per
la
maggiore
consapevolezza
dei
limiti
di
un
gusto
,
per
la
lucidità
intellettuale
che
lo
assiste
tanto
nel
comporre
quanto
nel
teorizzare
sulle
cose
dell
'
arte
e
sui
moti
di
una
civiltà
in
crisi
.
Dopo
Hofmannsthal
il
teatro
tedesco
è
tutt
'
altro
che
finito
.
Wedekind
aveva
già
rimosso
zone
oscure
e
segrete
:
col
dopoguerra
sopravviene
un
fortunoso
arrembaggio
,
un
nuovo
«
Sturm
und
Drang
»
,
che
a
differenza
dell
'
antico
non
intacca
solo
i
contenuti
sociali
,
la
sfera
esterna
dell
'
arte
,
ma
si
riflette
altresí
sui
modi
del
canto
e
risale
alle
fonti
ultime
della
immaginazione
.
Il
teatro
si
trasforma
prodigiosamente
sotto
questi
impulsi
sediziosi
e
la
struttura
tradizionale
dell
'
opera
crolla
come
un
castello
di
carta
.
Un
pubblico
stordito
dalla
guerra
e
dalla
rivoluzione
assiste
alle
sconcertanti
imprese
dei
nuovi
registi
e
scenografi
,
vede
incontrarsi
sulla
scena
la
psicanalisi
e
il
marxismo
,
ascolta
le
promesse
di
un
'
èra
di
prosperità
e
i
ragionati
deliri
degli
espressionisti
.
Mirabili
sforzi
di
intelligenza
segnano
la
strada
che
conosce
i
nomi
di
Fritz
von
Unruh
,
Franz
Werfel
,
Ernst
Barlach
,
e
ancora
qualche
nome
rispettabile
,
come
quello
di
Billinger
,
sopravvive
alla
reazione
politica
in
cui
quel
fervore
di
invenzioni
è
soffocato
senza
aver
potuto
dare
la
propria
misura
definitiva
.
Ma
,
vista
a
distanza
,
l
'
esperienza
di
Hofmannsthal
sembra
conclusiva
perché
nessuno
degli
scrittori
citati
regge
a
lungo
a
un
severo
controllo
e
nessuno
ha
portato
nelle
sue
invenzioni
il
segno
di
una
vera
necessità
.
Del
resto
il
teatro
,
come
macchina
e
come
mito
,
non
sembra
suscettibile
di
molti
sviluppi
.
Dopo
tutti
gli
sfoghi
e
le
scoperte
di
un
secolo
tecnico
(
tecnico
,
s
'
intende
,
anche
nel
regno
della
fantasia
)
,
Pirandello
lo
riprende
dove
lo
aveva
lasciato
Tieck
(
anzi
,
nessuna
opera
moderna
raggiunge
la
perfetta
consapevolezza
di
giuoco
del
Gatto
con
gli
stivali
)
e
tutte
le
formule
sceniche
succedutesi
in
questi
vent
'
anni
,
dalle
più
complesse
dell
'
immediato
dopoguerra
fino
a
quella
recente
e
semplicissima
dell
'
americano
Thornton
Wilder
,
indicano
piuttosto
la
stanchezza
di
un
mezzo
di
espressione
che
non
genuine
possibilità
di
futuro
.
In
verità
si
tratta
di
un
fenomeno
che
penetra
più
profondamente
di
quanto
sembri
a
prima
vista
e
che
solo
l
'
abitudine
,
madre
degli
uomini
,
nasconde
.
Attraverso
le
disperate
contorsioni
e
i
tentativi
di
ringiovanimento
degli
ultimi
decenni
il
teatro
,
tutto
il
teatro
,
non
quello
in
lingua
tedesca
o
francese
,
ma
quello
che
da
secoli
vive
nei
suoi
elementi
primordiali
,
la
maschera
e
l
'
attore
,
un
fondale
fra
due
quinte
,
comincia
a
vacillare
.
Naturalmente
attori
e
registi
,
drammaturghi
e
scenografi
,
tutti
coloro
che
vivono
con
passione
questa
vicenda
e
che
sono
gli
eredi
di
una
storia
cosìillustre
ed
antica
,
non
lo
riconoscono
,
si
rifiutano
sdegnosamente
di
prendere
sul
serio
i
sintomi
della
malattia
.
Ma
il
teatro
non
è
più
per
gli
uomini
quello
che
era
stato
il
dramma
allegorico
per
il
pubblico
barocco
e
la
commedia
sentimentale
per
la
società
del
Settecento
,
quello
spettacolo
che
sorretto
dalla
musica
aveva
attirato
il
mutevole
genio
dell
'
«
ancien
régime
»
e
commosso
la
gioventú
romantica
.
Le
sale
sono
ancora
affollate
di
un
pubblico
borghese
,
ma
sempre
più
la
scena
diventa
possesso
dei
virtuosi
e
il
libretto
cade
in
mano
dei
mestieranti
;
le
vecchie
forme
durano
troppo
per
non
far
sospettare
della
vitalità
delle
nuove
;
lo
spettacolo
ha
un
tono
di
commemorazione
più
che
di
celebrazione
.
I
veri
scrittori
del
Novecento
che
producono
per
il
teatro
:
Shaw
,
Pirandello
,
Giraudoux
,
O
'
Neill
,
fanno
sempre
più
della
letteratura
dialogata
:
crescono
nelle
loro
opere
le
ragioni
culturali
,
sparisce
la
leggenda
.
Così
si
estende
a
tutto
un
mondo
il
complesso
della
vecchiaia
:
le
quinte
si
coprono
di
polvere
,
il
legno
e
il
cartone
si
uniscono
male
alle
nuove
macchine
di
acciaio
.
E
mentre
i
più
gloriosi
teatri
d
'
Europa
si
trasformano
insensibilmente
in
musei
e
accademie
e
i
mediocri
scadono
a
un
rango
culturale
di
terz
'
ordine
,
il
nostro
bisogno
di
parole
e
di
immagini
si
volge
ad
altre
zone
:
la
nuova
leggenda
,
proletaria
e
cosmopolita
,
nasce
di
là
dall
'
oceano
in
un
tremante
cinematografo
.