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ADERIRE ALLA STORIA? ( FORMENTINI UBALDO , 1922 )
StampaPeriodica ,
Ho letto con l ' attenzione che gli è dovuta il Manifesto de La Rivoluzione Liberale e non mi dispiace dire che cosa ne penso , o meglio che cosa mi ha fatto pensare . Premetto subito che sono , in tesi , diffidentissimo di questi sunti storici introducenti a una dichiarazione di politica militante , perciò mi occorre premettere un breve ragionamento su codesto precetto dell ' " aderire alla storia " . Carlo Marx , osservando i casi di vari popoli e di vari periodi , trovò che sotto molteplici e mutevoli forme , si svolge in realtà continuamente una lotta fra capitalisti e lavoratori . Mi si passi questa traduzione semplicista e volgare della teoria storica marxista . È per chiarezza . Ora uno che nei panni di Marx , avesse voluto " aderire alla storia " partendo da uguali premesse , avrebbe potuto dire e predicare , per esempio , che la storicità e l ' immanenza del dissidio delle classi erano accettabili come verità formatrici di una coscienza generale eliminante i danni , le sciagure , le dispersioni di forza e di volontà causate dall ' inutile contrasto umano a una legge eterna , e cosi via , organizzando una pratica di rassegnazione . Invece Marx ha ideato al contrario di seppellire la Storia , generando un ' attività soprafattrice della dialettica delle classi . Ora quale è la giusta conseguenza pratica di quella veduta storica , quella di Marx , o l ' altra del supposto antagonista ? La conclusione è che l ' antistoria di Marx é diventata storia con questo frutto , sempre stando a quella visione : - che , frammezzo alla lotta bruta delle classi in sé , oggi ci occorre considerare , in più , una nuova forza , la cui direzione è appunto quella di negare le classi . Di fronte al problema di questo più , di esercitare cioè un ' azione politica positiva in sequenza a certi fatti storici osservati , siamo e saremo sempre a quel punto : la Storia giustifica ugualmente soluzioni discordi e opposte , perché è essa sempre una contraddizione insoluta , o meglio , non giustifica nulla . Così è , venendo al caso nostro , che tutta la questione sta nel tratto fra il primo comma e gli altri due dell ' epigrafe del " Manifesto " . In che modo e perché , " una visione integrale e vigorosa del nostro Risorgimento " ci porta a " lottare contro l ' astrattismo dei demagoghi e dei falsi realisti " , e fin qui passi , ma poi a " inverare le formule empirico - individualiste del liberismo classico all ' inglese e affermare una coscienza moderna dello Stato " ? O non potrebbe la Storia , visto che il nostro processo politico non è stato che lo svolgersi di un riformismo tendente al socialismo di Stato , consigliarci di perfezionare l ' esperimento di questo socialismo di Stato , e educarci a divenir coscienti dei suoi mezzi , dei suoi fini e delle sue possibilità ? Per esempio , proprio in relazione al compito così limpidamente proposto nel " Manifesto " di creare l ' unità nazionale , non c ' è nessuna ragione di giudicare inefficace un procedimento socialistico ( nazionalizzazione ) . Non è questo , per caso , uno degli aspetti dell ' attuale esperienza russa ? Ma quando ci si decide per una condotta liberale o socialista , fra la speculazione storica e la speculazione pratica , sempre , sensibilmente o no , si introduce un altro giudizio : questo è bene , questo è male . Un giudizio etico , il quale , il più delle volte , ha già dominato e sottomesso al suo talento anche il giudizio storico che lo precede . Detto questo non si crederà che io dica per complimento che la dimostrazione storica della " incapacità dell ' Italia a costituirsi in organismo unitario " letta sul " Manifesto " mi piace , voglio dire , mi persuade . Possiamo andar giù , d ' accordo , salvo particolari sui quali per mio conto non ho alla mano elementi soggettivi di giudizio , fino al punto in cui dalla rappresentazione storica si passa a far previsioni per l ' avvenire . Che la storia serva oltre che ad appagare un ' esigenza assoluta del conoscere , anche a far previsioni , è giusto : solo e proprio per questo aspetto , essa è una scienza . Ora si dice nel " Manifesto " , che questo socialismo di Stato che il liberalismo ha ereditato dal Piemonte e ha svolto , uccidendo se stesso , nel nuovo regno , è un movimento effimero : rappresenta una transazione che bisogna superare . Che significa bisogna ? Un imperativo etico , o vale come dire che a una data temperatura , bisogna che un dato metallo fonda ? Tengo il secondo significato e dico che le forze di libertà scoperte dall ' autore del " Manifesto " , anche a giudicare dai bruchi le farfalle non mi sembrano concludenti per affermare una contraddizione immediata al prevalere del socialismo di Stato . Io non stimo ( materialisticamente ) del movimento operaio altra forza che quella delle organizzazioni . Ora , osserviamo . L ' esperimento socialistico si è svolto fin qui attraverso una serie di compromessi fra gli istituti di diritto pubblico e privato esistenti e i fini che lo Stato , più o meno consapevolmente , si proponeva . Ha proceduto attraverso il dissidio intimo fra una morale politica essenzialmente individualistica e la morale propria delle organizzazioni di classe . La fase iniziatasi dopo la guerra , non ancora in pieno svolgimento , è quella appunto in cui bisogna demolire i vecchi istituti giuridici per fondarne altri , propri della rivoluzione che si sta compiendo , e insieme bisogna sostituire alla vecchia morale politica una nuova morale . Se si fa una stima approssimativa del tempo occorrente a questo lavoro , nulla ci persuade della sua brevità , cosicché la previsione piú sicura è che il prossimo periodo storico della vita italiana sia ancora occupato da un processo socialista - burocratico rappresentante la concertazione giuridico - politica del movimento rivoluzionario di classe . Certamente questo moto , che noi giudichiamo svolgentesi in linea retta verso le realizzazioni di un socialismo burocratico , genera incessantemente anche dei processi contrari . Cioè svolge intimamente un processo dialettico . E nello stesso tempo altri elementi fuori dell ' organizzazione di classe e contro di essa , producono a loro volta altre soluzioni antitetiche . Da questa dialettica interna e esterna del movimento sindacale nasce quella che il Gobetti ha definito la Rivoluzione Liberale . Perciò , io credo di essere preciso nell ' interpretare questo novissimo dittico , quando considero quelle tali forze " di libertà " , come forze che , in un primo momento imprecisabile nella sua durata , devono comportarsi rivoluzionariamente in senso proprio o negativo e non in senso positivo e costruttore . In sostanza esse attendono l ' esperimento compiuto dal socialismo di Stato per superarlo , e non lo favoriscono se non per scavargli la fossa . Per rendermi chiaro , piglierò un esempio della storia stessa del socialismo , ricordando il momento quando il socialismo in paesi a costituzione borghese arretrata ( come per esempio il nostro ) , comprese la necessità di affrettare il processo formativo della borghesia , e vi cooperò , più o meno in coscienza , solo per affrettarne la catastrofe . Che questa rivoluzione liberale , la quale si svolge , secondo il già detto , per moti diversi e nemici , possa trovare una guida pratica che ne determini più o meno chiaramente l ' azione immediata , non mi sembra possibile ora ; solo è possibile alla scienza scoprire i lontani rapporti di moto e la composizione di quei fattori . Dico dunque che il momento pratico della " Rivoluzione liberale " è , secondo le mie previsioni , ancora lontano e lascio a questo aggettivo tutta la sua indeterminatezza . Cercando invece di determinare speculativamente la fisionomia probabile di questa rivoluzione , credo che essa finirà per riprendere gli stessi motivi del liberalismo classico , nell ' economia e nel diritto . E ciò sarà quando le nostre scuole liberali , sentiranno di non poter più operare come elementi conservatori dell ' economia e dello Stato attuale , ma di dover agire come elementi rivoluzionari ( questo , mi pare , é il punto del nostro dissenso coi nostri grandi maestri liberali ) ; allora , l ' evoluzione ideologica dei nuovi istituti liberali procederà rapidissima e sorgeranno chiari gli schemi della nuova società , che la rivoluzione porterà al trionfo . Certamente l ' esperimento socialistico non sarà avvenuto invano , nessuno vorrà cancellarlo come uno sgorbio dalla storia ; la rivoluzione avrà , come il " Manifesto " dice , una " coscienza moderna dello Stato " o meglio la sua coscienza dello Stato , cioè semplicemente diventerà , da negativa , positiva . Dopo aver fatte le mie previsioni eccomi al punto di decidermi per un ' azione pratica . Il passaggio è stretto e difficile . La maggior parte degli uomini fortunatamente arriva all ' azione per vie del tutto diverse da quella che noi abbiamo qui battuta , ed è inutile tentare una classificazione anche sommaria di questi motivi . Per uno che viene di biblioteca , supposto che egli possa dominare tutte le determinazioni subiettive che lo influiscono , è indifferente scegliere una qualsiasi delle pratiche di cui ha conosciuto l ' esistenza e l ' andamento . Questi sarebbe , dal punto di vista della preparazione spirituale alla politica attiva , il politico perfetto ( machiavellico ) . Egli sa che tanto operando in A , come in B , lavorerà sempre per il risultato C . Sceglierà la sua via con lo stesso criterio con cui un attore sceglie la sua parte in un dramma di cui conosce lo svolgimento e la fine . Soltanto , come appunto sarebbe cattivo commediante , quegli che sulla scena si inspirasse alla logica finale del dramma anziché alla logica della sua parte , il politico che ha scelto A , parlerà e agirà secondo A , non secondo C . In pratica gli converrà nascondere questo C : oppure attribuirlo solo ad A , o anche , fingendolo un risultato nefasto , attribuirlo all ' azione B , per persuadere il maggior numero ad agire in A . E in questi e in simili schemi si potrebbero tradurre moltissime discussioni che si fanno nei congressi dei partiti . Dunque io ( soggetto astratto ) potrei , senza frode , decidermi tanto ad operare per la rivoluzione prossima probabile del socialismo di Stato , diciamo per il collaborazionismo , quanto dar mano ad anticipare quella rivoluzione di cui abbiamo discorso e che ora dorme con la prima nella medesima culla . Il soggetto concreto confessa che i suoi sentimenti e le sue simpatie spirituali lo inclinano fortemente alla seconda decisione , mentre il suo intelletto realistico lo richiamerebbe alla prima . In fine conclude per rimanersene nella sua specola ; per ritornare cioè a quella pura e semplice problemistica dei primordi dell ' " Unità " , inutilmente abbandonata che aspetta senza fretta la sua sintesi . Generosa è 1'impazienza dei giovani che pretende sintesi affrettate e provvisorie ; generosa non solo , ma tal volta anche fecondamente creatrice come dimostra il brano pressoché autobiografico messo dall ' autore in capo al " Manifesto " . Credo però che anche un certo ascetismo politico , se è secondo genio , giovi a formare , in un Paese dove non c ' è , una classe dirigente . E sotto questo aspetto , mi pare , rientriamo , con l ' autore medesimo , a braccetto , nella praxis .