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LETTERA DA MILANO ( Bianciardi Luciano , 1955 )
StampaPeriodica ,
Carissimi , dovevo proprio raccontarvi una volta o l ' altra , quel che ho visto e quel che ho capito , in questi primi sei mesi milanesi , soprattutto sentivo e sento il bisogno di esporvi , di questo bilancio , la parte negativa , la più grossa , di dirvi insomma quel che non ho capito , o addirittura non visto . Voi sapete bene che cosa ero e che cosa facevo , prima di venire quassù . Sono nato e sono vissuto in provincia , per trent ' anni , e proprio nel momento in cui un uomo sui trent ' anni si trova di fronte alla solita inevitabile crisi ( di crescenza , speriamo ) ho fatto il salto , sono venuto a lavorare quassù . Posso dire di conoscere e di aver capito la mia provincia , la Maremma . Si è già detto che la provincia , come campo d ' indagine , offre notevoli vantaggi rispetto alla città : è un campo d ' osservazione assai più semplice e ristretto . Le sue linee strutturali sono in genere nette e schematiche , mentre nella città esse sono , innanzi tutto , più numerose , e poi intrecciate , accavallate , coincidenti a volte . Anche per un uomo sostanzialmente comune , quale io sono , non è stato difficile , nella provincia in cui sono nato e cresciuto , capire abbastanza chiaramente , pur senza la scelta d ' un partito politico , come stanno le cose , in Italia , chi ha ragione e chi ha torto . Nel caso mio hanno ragione i badilanti , e hanno ragione i minatori , hanno torto i latifondisti , e ha torto la Montecatini . Basta muoversi appena un poco , vedere come questa gente vive ( e muore ) e la scelta viene da sé . Sui libri si troverà , semmai , la conferma di quel che si è visto e di quel che si è deciso , e si stabilirà , da allora in avanti , di servirsi dei libri per aiutare chi ha ragione ad averla nei fatti , oltre che nei diritti . Non c ' è dubbio . Perciò , quando mi proposero di venire quassù , io mi chiesi se era giusto lasciare i badilanti e i minatori , della cui vicinanza sentivo molto il bisogno e il significato . Non solo , pensai anche che la lotta , quassù , si poteva condurre con mezzi migliori , più affinati , e a contatto diretto con il nemico . Mi pareva anzi che quassù il nemico dovesse presentarsi più scoperto e visibile . A Niccioleta la Montecatini non ha altra faccia se non quella delle guardie giurate , povera gente che cerca di campare , o quella del direttore , un ragazzo della mia età , che potrebbe aver fatto con me il liceo , o giocato a pallone . A Milano invece la Montecatini è una realtà tangibile , ovvia , cioè si incontra per strada , la Montecatini è quei due palazzoni di marmo , vetro e alluminio , dieci , dodici piani , all ' angolo fra via Turati e via della Moscova . A Milano la Montecatini ha il cervello , quindi dobbiamo anche noi spostare il nostro cervello quassù , e cercare di migliorarlo , di farlo funzionare nella maniera e nella direzione giusta . Così ragionavo , e per questo mi decisi . Mi avevano detto che avrei trovato una città dura , chiusa , serrata . Milano è forse l ' unica città d ' Italia in cui i portoni sulle strade si chiudono contemporaneamente e inderogabilmente alle dieci di sera . E si chiudono sul serio , di dentro e di fuori , sì che senza chiave non solo non si entra , ma nemmeno si esce di casa . Milano è la città d ' Italia in cui forse è più difficile che sorgano rapporti umani costanti e profondi : provate a viverci qualche tempo ( diciamo come me , sei mesi ) e vedrete quante poche volte una famiglia di conoscenti vi inviterà a cena , o a prendere il caffè . Anche visivamente : Milano è una sorta di labirinto di griglie scure , fra le quali scorrono lunghe , eguali , monotone le strade . Le strade che quassù , a differenza di tutte quelle d ' Italia , non sono luoghi , ma strumenti , rotaie su cui si viaggia a velocità notevole , è vero , ma uniforme . Ed è questa la ragione per cui il traffico , molto più denso rispetto a quello romano , finisce col non avvertirsi , e col dare la sensazione della solitudine e del silenzio . Ma questo è colore . Altre cose , e più importanti , si vedono assai presto . L ' assenza , palese , degli operai . Gli operai non ci sono , almeno in quella Milano che è compresa nel raggio del movimento mio e dei miei colleghi , non entrano mai nel nostro rapporto di lavoro . Gli ultimi operai che ho visto , nel giugno scorso , erano quelli di Sesto . E inatti sono a Sesto , a Monza , alla Bovisa , a Niguarda , non qui . Qui ci sono i ragionieri . Guardate bene , non è il solito termine folcloristico di comodo . Voglio dire proprio i ragionieri , quelli col diploma : come si spiegherebbe , altrimenti , proprio a Milano , una istituzione come l ' Università Bocconi ? Provatevi a pensarla a Roma : a Roma , semmai , sarebbe pensabile un ' ipotetica università per soli funzionari ministeriali . E sono questi , i ragionieri , che fanno il tono umano della città , quelli che incontrate in tram , per strada , la mattina alle nove , che camminano allineati e coperti , con la loro divisa , il completo grigio , la camicia bianca , la cravatta azzurra . Sono quelli che , borsa di pelle sotto il braccio , la mattina , accanto a voi nel bar , si « tirano su » col bicchierino di grappa , la faccia scavata sotto le occhiaie da un solco diritto che raggiunge gli angoli della bocca ( è la « faccia milanese » , dicono ) . Ma nessuno di loro , fra l ' altro , è milanese . Anche nel parlare voi lo avvertite , in quell ' anonimo birignao assai diverso dall ' asciutto e saporito dialetto che raramente , e con gioia , accade di sentire . Non sono milanesi . Direi che almeno due terzi di questo milione e mezzo di milanesi non sono nati qua , sono venuti dalla provincia , vicina e lontana ( i « napoletani a Milano » sono ormai un luogo comune ) e sono venuti perché a Milano « gh ' è el pan , gh ' è la grana » , i soldi , l ' industria . Loro l ' industria non la vedranno mai , faranno parte della Milano interna ( ripeto , l ' unica che io e i miei amici possiamo toccare con mano , ogni giorno ) , della Milano che non produce nulla , ma vende e baratta . Questi milanesi di accatto , che sono la maggioranza , sono venuti a costituire la burocrazia del commercio , una burocrazia assai poco nota e visibile , ma molto peggiore di quella ministeriale , romana , perché più di questa superciliosa e arrogante : non solo , ma anche superba del suo mito . Quando a Roma la gente , di tipi simili , dice « fanatico » , inavvertitamente mette in chiaro il fondo mentale monologico , religioso , che sostiene il loro costume . Come non ho visto gli operai ( e i preti . Questo anche , già detto fra parentesi , vorrei che gli amici milanesi mi chiarissero : perché a Milano non si vede mai un prete in giro ? Che il rito ambrosiano sia qualcosa di più di una particolare liturgia ? ) , come , dicevo , non ho visto gli operai , così non ho ancora visto gli intellettuali . Li ho visti , s ' intende , e li vedo ogni mattina , come singoli , ma mai come gruppo . Non riescono a formarlo , e ad influire come tale sulla vita cittadina . L ' unico gruppo in qualche modo compatto è quello che forma la desolata « scapigliatura » di via Brera . Gli altri fanno i funzionari d ' industria , chiaramente . Basta vedere come funziona una casa editrice : c ' è una redazione di funzionari , che organizza : alla produzione lavorano gli altri , quelli di via Brera , che leggono , recensiscono , traducono , reclutati volta a volta , come braccianti per le « faccende » stagionali . Vi ho detto che persino quel che mi pareva chiaro , la posizione del nemico nei palazzoni di dieci piani , fra via Turati e via della Moscova , a Milano non mi è parso più tanto chiaro . Perché qui le acque si mischiano e si confondono . L ' intellettuale diventa un pezzo dell ' apparato burocratico commerciale , diventa un ragioniere . Fate il conto di quanti scrittori , giornalisti , pittori , fotografi , lavorano per la pubblicità di qualcosa . Quella pubblicità , guardate bene , che insegna che si ha successo nella vita , e negli affari , usando quel lucido da scarpe e quel rasoio elettrico , comparendo bene , presentandosi bene . Appunto perché questa non è la Milano che produce , ma quella che vende e baratta , e in questa società si vende e si baratta proprio presentandosi col volto ben rasato , le scarpe lucide ecc. Per questo una delle preoccupazioni maggiori degli intellettuali , di questi intellettuali , è proprio quella di ben comparire , di non fare brutte figure . Per questo non si sbilanciano , non danno giudizi definitivi , non si aprono , non dicono sciocchezze ( come tutti amiamo fare , perché è la maniera , o almeno una maniera , per dire anche qualche cosa seria ) . Per questo , qui fra noi , è così frequente la figura dell ' autorevole . E ci sono anche altre cose , peggiori e più tristi , di cui ora non voglio parlare , e di queste cose tristi c ' è persino la teorizzazione . La lotta per la vita , dicono , il rapporto delle forze , resistenza come una grande scacchiera su cui tutti ci muoviamo , e su cui è necessario « mangiare il pezzo » che sta sulla casella che piace a noi . Non li credo in malafede , tutt ' altro . E nemmeno li credo fatui e privi di problemi . Anzi ! In questi sei mesi la parola problema è quella che più di tutte ho sentita dire . Mi è capitato , dopo ore di discussione collettiva , di sentire un collega intervenire osservando : « lo penso che il problema sia un altro » . Esiste insomma persino il problema del problema . Cioè esiste , soprattutto , una notevole confusione . E questo è male , perché , al l ' opposto , chi dirige la burocrazia commerciale milanese , chi dirige ragionieri e funzionari ( anche gli intellettuali , perciò ) sa invece assai bene quello che vuole ; non solo , ma va a nozze quando vede la confusione che c ' è dall ' altra parte . ... E questo è male . È male perché , se le cose continuano così , là dalle mie parti i badilanti continueranno a vivere di pane e cipolla , i minatori a morire di silicosi odi grisou . Ora , mi pare chiaro che non può continuare a essere questa la nostra funzione . In termini politici ( e scusate se li adopero male , ma questo non è il mio linguaggio ) si direbbe : il capitale milanese agisce in senso riformistico e provoca il distacco , non di rado l ' ostilità aperta fra la piccola borghesia e la classe operaia . Compito degli intellettuali moderni , e veri , dovrebbe essere quello di tentare la composizione di queste forze ingiustamente divise . Insomma i ragionieri non dovrebbero più pensare che i tranvieri o gli operai di Sesto hanno torto , quando scioperano . Non dovrebbero più rispondere « mica male » quando chiedete loro come va la vita . E toccherebbe a noi far capire a questa gente che ha torto , e che han ragione gli altri e che la vita va proprio male . Ma se noi continuiamo a vivere nel centro , se continuiamo a vivere accanto ai ragionieri , come i ragionieri , mentre gli operai sono alla Bovisa , o a Niguarda , come potremo fare il nostro lavoro ? lo vorrei proprio che voi , amici romani , mi spiegaste , più semplicemente che potete , come si deve fare . Vorrei che me lo spiegassero gli amici milanesi , soprattutto . E che non mi rispondessero , per carità , cominciando a dire che « il problema è un altro » . No , il problema è proprio questo . Ogni volta che torno a Niccioleta mi convinco che è proprio così .