StampaPeriodica ,
Più
facile
del
previsto
Di
prima
occhiata
al
4
a
2
sull
'
Ungheria
,
si
può
anche
pensarlo
.
E
la
superiorità
azzurra
nella
finalissima
della
Coppa
del
Mondo
nei
confronti
dell
'
undici
magiaro
è
stata
così
evidente
e
convincente
che
almeno
un
goal
,
se
non
due
,
di
più
di
scarto
a
nostro
favore
,
non
avrebbe
sorpreso
nessuno
,
anzi
le
cifre
avrebbero
precisato
meglio
la
differenza
effettiva
delle
forze
in
campo
.
Ma
per
riacciuffare
in
così
brillante
stile
il
massimo
titolo
mondiale
,
per
ribadire
così
vigorosamente
in
un
ultimo
e
magistrale
colpo
di
maglio
sul
terreno
di
Colombes
il
chiodo
della
supremazia
azzurra
piantato
nel
'34
e
ripicchiato
alle
Olimpiadi
nel
1936
,
Si
sono
dovuti
prima
superare
tre
autentici
trabocchetti
.
vere
bocche
di
lupo
-
il
cui
sorpassamento
conteneva
gia
di
per
sé
la
fatale
decisione
della
competizione
.
È
stato
su
questi
passaggi
che
s
'
è
deciso
il
titolo
:
l
'
ultimo
episodio
presentava
già
scritta
la
conclusione
logica
.
L
'
incontro
di
ottavo
di
finale
con
la
Norvegia
a
Marsiglia
:
assalto
ad
una
rocca
improvvisamente
rivelatasi
di
granito
,
su
terreno
spinoso
e
minato
quale
può
essere
uno
stadio
assiepato
di
folla
sistematicamente
e
pervicacemente
ostile
agli
azzurri
.
Fu
qui
che
la
bravura
,
la
tecnica
e
soprattutto
lo
spirito
di
bandiera
ci
salvarono
dalla
sorpresa
e
dal
capitombolo
.
Il
nostro
undici
(
e
per
dir
meglio
tutti
e
venti
i
pupilli
di
Pozzo
)
erano
troppo
freschi
di
allenamento
collegiale
e
troppo
imbevuti
di
impostazioni
tematiche
e
di
sviluppi
ortodossi
di
azione
;
reduci
,
come
erano
,
di
accademia
e
di
incontri
di
collaudo
internazionali
di
facile
disimpegno
;
si
trovarono
di
fronte
una
Norvegia
superbamente
impostata
e
attrezzata
in
linea
atletica
e
in
sostanza
agonistica
.
Allenata
da
un
inglese
,
con
giuoco
di
scuola
,
se
non
proprio
di
esecuzione
,
inglese
,
assolto
in
ogni
modo
da
elementi
tutti
velocissimi
,
potenti
,
aggressivi
sino
all
'
esasperazione
.
Osarono
il
tutto
per
il
tutto
.
Da
tempo
si
erano
specificamente
allenati
per
tentare
il
gran
colpo
.
Per
poco
non
vi
riuscirono
.
Ed
il
nostro
schieramento
era
fatto
proprio
in
modo
da
favorire
il
più
graziosamente
possibile
avversari
del
genere
.
Una
prima
falla
la
presentavamo
nella
terza
linea
.
Si
chiamava
Monzeglio
apparso
in
cattiva
giornata
.
Il
sicuro
terzino
di
posizione
del
Campionato
del
Mondo
1934
non
rivelò
lo
scatto
e
il
recupero
indispensabili
.
Difatti
le
sue
entrate
a
vuoto
,
quando
uomo
e
pallone
erano
già
partiti
,
o
i
suoi
vani
inseguimenti
furono
numerosi
e
paurosi
.
Solo
allora
si
pensò
che
nel
rovente
e
duro
massimo
campionato
di
quest
'
anno
,
la
vecchia
Juventus
era
riuscita
a
riportarsi
al
secondo
posto
d
'
una
graduazione
di
ferro
,
per
precipuo
merito
di
una
coppia
di
terzini
:
Foni
-
Rava
.
E
Foni
era
stato
lasciato
in
tribuna
.
Un
errore
di
tal
genere
costrinse
la
nostra
seconda
linea
a
preoccuparsi
più
del
consueto
della
situazione
alle
proprie
spalle
;
né
il
sostegno
destro
,
Serantoni
,
proprio
dalla
stessa
parte
di
Monzeglio
,
è
stato
mai
un
velocista
.
Toccava
quindi
al
centro
-
sostegno
,
Andreolo
,
ora
ripiegare
,
ora
poggiare
sulla
destra
,
con
conseguente
accartocciamento
e
sbandamento
del
sistema
difensivo
.
Non
basta
:
ai
due
interni
di
attacco
,
Ferrari
e
Meazza
,
toccava
giuocare
ancor
più
arretrato
che
mai
non
fosse
stato
nel
loro
metodo
e
nelle
loro
preferenze
,
con
la
risultante
tattica
di
lasciare
pressoché
isolati
i
tre
uomini
di
punta
,
dei
quali
poi
,
le
due
ali
,
Ferrari
a
sinistra
e
Pasinati
a
destra
,
non
erano
davvero
irresistibili
in
fatto
di
velocità
e
di
scatto
.
Un
uomo
solo
dunque
realmente
efficiente
per
l
'
assalto
:
Piola
.
Colaussi
e
Biavati
erano
stati
anche
essi
lasciati
in
tribuna
.
Non
parliamo
poi
di
Olivieri
in
porta
,
semplicemente
prodigioso
,
ma
costretto
a
parate
che
potevano
mettere
a
repentaglio
la
sua
incolumità
.
In
simili
condizioni
,
le
più
ridotte
che
si
fossero
potute
escogitare
,
ci
trovammo
dinanzi
ad
una
Norvegia
al
massimo
della
potenzialità
e
delle
possibilità
.
Come
vincemmo
?
Dovevamo
vincere
ugualmente
.
Come
riconobbero
i
giornali
francesi
,
vinse
la
squadra
che
aveva
svolto
il
giuoco
più
tecnico
e
di
superiore
qualità
,
che
aveva
avuto
in
campo
un
atleta
di
assoluta
eccezione
:
Piola
,
dimostratosi
il
più
grande
centro
attacco
del
Torneo
.
Del
resto
alla
distanza
,
arricchita
di
.
due
tempi
supplementari
,
il
nostro
undici
,
anche
claudicante
,
aveva
ritrovato
il
suo
ritmo
,
ottenendo
nei
tempi
supplementari
il
goal
della
vittoria
con
Piola
.
Ma
il
pericolo
corso
con
la
Norvegia
servì
a
schiarire
le
idee
di
tutti
,
e
a
far
decidere
Pozzo
ad
affidarsi
con
maggiore
risolutezza
sui
fattori
velocità
e
freschezza
nella
composizione
delle
amalgame
atletico
-
agonistiche
da
schierare
sul
terreno
.
Ed
ecco
in
terza
linea
ricollocare
Foni
al
fianco
del
suo
compagno
naturale
,
Rava
.
Sostituire
le
ali
con
due
velocisti
della
specie
:
Colaussi
a
sinistra
e
Biavati
a
destra
.
Questi
un
giovanissimo
,
l
'
altro
un
anziano
tuttora
con
l
'
argento
vivo
nei
polpacci
.
La
seconda
linea
la
lascia
stare
:
con
le
apportate
maggiorazioni
di
rendimento
e
di
mobilità
,
dovrebbe
reggere
bene
ed
accrescere
intanto
la
fusione
propria
e
quella
con
l
'
intero
complesso
.
Olivieri
,
anche
,
rimane
al
suo
posto
:
il
primo
collaudo
è
stato
più
che
convincente
.
Il
trio
centrale
di
attacco
,
anche
se
Ferrari
è
accusato
di
lentezza
,
dovrà
pur
funzionare
secondo
il
noto
rendimento
.
Ed
eccoci
ai
quarti
di
finale
:
2
giugno
a
Parigi
,
allo
Stadio
di
Colombes
.
Come
avevamo
previsto
,
il
pubblico
parigino
è
stato
di
una
sportività
squisita
.
Ma
il
pericolo
per
noi
era
che
l
'
undici
francese
giocasse
bene
veramente
,
sulla
linea
non
solo
della
tecnica
,
ma
della
velocità
,
anzi
delle
sfuriate
caratteristiche
del
temperamento
e
delle
abitudini
francesi
.
Inoltre
quel
pallone
in
uso
in
Francia
(
una
sfera
più
grossa
e
più
leggera
)
e
adoperato
nel
torneo
,
in
barba
a
precise
regole
sul
peso
e
la
circonferenza
,
anche
ulteriormente
rivedute
e
corrette
dalla
F.I.F.A.
,
dava
maledettamente
ai
nervi
ai
nostri
e
a
qualunque
giuocatore
che
si
rispetti
,
del
resto
abituati
al
«
N
.
5
»
piccolo
,
teso
e
sonante
e
del
peso
specifico
sufficiente
a
non
dare
l
'
impressione
di
calciare
nel
vuoto
.
Pozzo
dovette
curare
allenamenti
speciali
su
quel
benedetto
pallone
francese
.
Inoltre
la
squadra
francese
si
trovava
lanciatissima
.
Aveva
battuto
,
in
ottavo
di
finale
,
il
Belgio
per
3-1
ed
era
questo
un
risultato
molto
probante
.
Né
si
dimenticava
che
qualche
mese
innanzi
la
nazionale
italiana
era
uscita
nei
confronti
della
nazionale
francese
,
dallo
Stadio
di
Colombes
appena
con
un
grigio
0-0
...
Quindi
l
'
undici
della
Senna
,
rimpolpato
di
elementi
negri
di
notevole
classe
,
si
presentava
con
morale
elevatissimo
e
temerario
.
Ma
i
rinforzi
di
velocità
e
di
freschezza
apportati
nella
compagine
azzurra
in
questa
seconda
presentazione
non
mancarono
di
funzionare
a
meraviglia
.
Tre
furono
i
palloni
depositati
nella
rete
di
Di
Lorto
(
due
di
Piola
e
uno
di
Colaussi
)
contro
uno
.
La
cattiva
impressione
della
prima
uscita
azzurra
veniva
cancellata
.
Gli
italiani
avevano
impartito
una
lezione
di
tecnica
,
di
stile
,
di
combattività
elettrizzante
.
Finalmente
dall
'
involuto
bozzolo
era
uscita
la
splendida
farfalla
.
Anzi
era
un
'
aquila
quella
,
dalle
penne
dai
colori
dell
'
iride
!
...
Che
si
trattava
proprio
di
un
'
aquila
lo
si
vide
nei
confronti
di
quel
bisbetico
Brasile
che
aveva
cominciato
col
dare
le
vertigini
con
un
6-5
strambo
sulla
Polonia
(
osso
duro
non
meno
della
Norvegia
)
,
ma
poi
dimostratosi
anche
squadra
assennata
oltre
che
acrobatica
e
scintillante
,
nei
confronti
di
una
Cecoslovacchia
dal
giuoco
magistrale
,
ma
troppo
freddo
e
lento
,
rimasto
ancora
sul
piede
di
due
lustri
indietro
.
Nell
'
altro
settore
si
facevano
luce
,
intanto
,
la
Svezia
,
maramaldeggiando
su
un
Cuba
di
scarsa
efficienza
fisica
,
per
8-0;
l
'
Ungheria
,
che
con
un
2-0
di
elevata
qualità
batteva
la
Svizzera
uscita
vincente
per
4-2
da
un
confronto
con
la
Germania
,
ma
stremata
da
un
paragone
che
era
stato
assai
più
uno
scontro
che
un
incontro
calcistico
.
Ormai
alle
semifinali
le
grandi
linee
della
competizione
erano
fissate
.
Da
un
girone
di
ferro
erano
balzate
in
evidenza
Italia
e
Brasile
;
da
un
girone
di
comoda
preparazione
,
Svezia
e
Ungheria
.
Due
gironi
,
e
per
ciascuno
gli
esponenti
di
un
giuoco
diametralmente
opposto
.
Italia
e
Brasile
,
due
squadre
impostate
nettamente
sui
fattori
velocità
,
virtuosismo
,
estro
;
Svezia
,
a
dire
il
vero
,
su
motivi
soltanto
affioranti
,
latenti
e
comunque
inespressi
;
Ungheria
su
una
tecnica
sicura
,
brillante
,
virtuosa
,
ma
dai
temi
invecchiati
,
ben
noti
,
troppo
spesso
al
rallentatore
,
con
esecuzione
affidata
a
troppi
anziani
,
con
un
solo
atleta
diciamo
così
aggiornato
,
il
giovanissimo
Szengeller
interno
sinistro
.
Era
quanto
sufficiente
,
tuttavia
,
perchè
l
'
undici
magiaro
battesse
la
Svezia
nella
semifinale
per
5-1
.
E
Italia
-
Brasile
?
Ecco
:
il
12
giugno
a
Bordeaux
,
Brasile
-
Cecoslovacchia
si
attaccano
ai
ferri
corti
e
si
pestano
a
più
non
posso
.
Nulla
di
fatto
,
anche
con
i
tempi
supplementari
.
Si
chiude
1-1
.
La
vivacità
,
la
potenza
e
la
giocoleria
satanica
dei
pur
sorprendenti
ispano
-
italo
-
negri
non
l
'
hanno
spuntata
contro
la
classica
solidità
dei
boemi
che
già
tanto
filo
da
torcere
avevano
dato
a
Roma
nel
'34
alla
squadra
azzurra
.
Due
giorni
dopo
si
ripete
.
Caso
nuovo
;
è
proprio
il
Brasile
che
mostra
una
maggiore
resistenza
fisica
;
subisce
un
goal
nel
primo
tempo
;
ma
nel
secondo
sfodera
un
recupero
fantastico
,
strabiliante
;
e
vince
netto
e
inesorabile
per
2-1
.
Il
caso
appare
strano
.
Sudamericani
battere
i
cechi
nei
capitoli
solidità
,
resistenza
,
tenacia
combattiva
non
priva
di
mobilità
,
di
recupero
,
di
produzioni
veloci
?
E
qui
si
scopre
un
altro
trabocchetto
,
e
teso
proprio
ai
nostri
danni
.
Il
Brasile
era
venuto
in
Europa
con
due
squadre
specificamente
designate
.
La
seconda
destinata
a
battersi
nelle
partite
preliminari
e
battere
gli
avversari
secondari
,
tra
i
quali
era
considerata
nientemeno
che
la
squadra
cecoslovacca
.
La
prima
,
destinata
,
fresca
e
lustra
a
battersi
con
l
'
Italia
,
che
quegli
esperti
di
Rio
de
Janeiro
e
di
S
.
Paolo
già
vedevano
per
lo
meno
semifinalista
(
ci
conoscono
bene
,
sono
stati
nostri
eccellenti
fornitori
)
.
Toccava
ai
nostri
vecchi
rivali
boemi
costringere
quei
signori
a
smascherare
le
batterie
.
Mille
grazie
!
È
stato
davvero
un
eccellente
servizio
reso
al
calcio
europeo
.
Nel
2-1
di
Bordeaux
si
vide
quale
realmente
era
il
pericolo
brasiliano
.
S
'
intende
che
Pozzo
corse
subito
ai
ripari
.
Vale
a
dire
lasciò
la
sua
squadra
quale
era
:
quella
che
aveva
vinto
tanto
persuasivamente
sulla
Francia
.
Aveva
pur
un
suo
intrinseco
valore
quel
3-1
!
Per
la
tenzone
col
Brasile
bisognava
tornare
all
'
inospitale
Stadio
di
Marsiglia
.
Tanto
meglio
.
I
nostri
campioni
si
sarebbero
messi
da
se
stessi
alla
frusta
.
Il
Brasile
giuocò
una
partita
decisa
,
dura
,
qualche
volta
violenta
.
Voleva
vincere
ad
ogni
costo
del
resto
la
squadra
era
stata
troppo
montata
e
resa
nervosa
dall
'
ambiente
locale
e
non
seppe
sempre
mantenere
i
nervi
a
posto
.
Si
dimostrò
compagine
di
alto
valore
tecnico
come
trattamento
di
palla
dei
singoli
atleti
,
ma
non
come
giuoco
d
'
assieme
.
Ciascuno
per
conto
suo
e
a
modo
suo
.
Non
si
decidevano
ad
eseguire
un
passaggio
senza
aver
prima
esaurito
un
proprio
repertorio
di
virtuosismi
mirabolanti
quanto
sterili
agli
effetti
del
successo
pratico
.
Credettero
bloccare
le
nostre
azioni
offensive
marcando
fortemente
ed
isolando
Piola
(
e
tra
i
suoi
guardiani
c
'
era
un
Domingos
,
il
terzino
-
fenomeno
dell
'
intero
torneo
)
.
Ma
potevano
manovrare
più
libere
le
nostre
velocissime
ali
;
e
Ferrari
e
Meazza
sapevano
tenere
un
collegamento
così
funzionale
tra
l
'
attacco
e
la
difesa
,
che
la
macchina
azzurra
poté
lavorare
a
pieno
e
costante
regime
.
Una
spettacolosa
cannonata
di
Colaussi
su
un
allungo
di
testa
di
Piola
;
un
impeccabile
calcio
di
rigore
di
Meazza
su
giusta
punizione
arbitrale
a
carico
di
Domingos
reo
di
aver
affibbiato
due
calci
nelle
caviglie
di
Piola
,
permanente
spauracchio
nonostante
tutto
,
e
la
vittoria
era
acquisita
anche
se
i
brasiliani
in
recupero
vorticoso
(
quando
però
l
'
Italia
aveva
allentato
ormai
la
stretta
)
,
riuscivano
a
segnare
un
goal
di
consolazione
.
Aveva
trionfato
l
'
unità
veramente
tale
e
non
soltanto
maestra
di
gioco
,
di
schermaglia
e
di
stoccata
.
Così
siamo
giunti
alla
finale
.
Faremo
come
il
Brasile
:
sfodereremo
per
l
'
occasione
una
squadra
nuova
e
fresca
?
Oppure
Pozzo
cambierà
degli
uomini
?
In
verità
,
l
'
Ungheria
si
presenta
in
condizioni
di
freschezza
e
di
forma
ideali
.
Il
suo
girone
non
è
stato
che
un
seguito
di
galoppi
di
salute
.
E
nel
corso
della
stagione
ha
conseguito
successi
che
gli
azzurri
non
vantano
tali
da
far
gridare
alla
resurrezione
del
calcio
magiaro
.
Pozzo
comincia
col
...
bruciare
i
vascelli
e
rimanda
a
casa
tre
riserve
di
alta
efficienza
che
finora
hanno
seguito
la
squadra
:
Genta
,
Donati
e
Olmi
.
La
formazione
andava
bene
così
com
'
era
stata
fissata
dopo
il
tribolato
esperimento
con
la
Norvegia
;
era
apparsa
sempre
in
crescendo
,
anche
con
le
lentezze
e
i
ricami
statici
di
Ferrari
e
le
fughe
-
razzo
,
ma
fuori
bersaglio
,
di
Biavati
.
«
Per
l
'
ultima
battaglia
saranno
a
punto
tanto
il
giovanissimo
quanto
l
'
anziano
;
questo
per
il
suo
canto
del
cigno
,
quello
per
il
primo
«
do
»
di
petto
della
sua
carriera
.
E
sarà
a
giusto
punto
di
cottura
anche
la
forma
dell
'
intera
squadra
»
.
Questo
il
pensiero
del
C.T.
,
ormai
troppo
buon
conoscitore
di
ambiente
,
di
clima
e
di
atleti
propri
ed
altrui
.
L
'
abbiamo
già
detto
:
il
superamento
stesso
degli
ostacoli
e
delle
bocche
di
lupo
appostate
nella
prima
parte
del
percorso
,
vuoi
di
slancio
,
d
'
abilità
,
di
classe
,
vuoi
di
spirito
di
bandiera
,
conteneva
già
di
per
sé
la
logica
inesorabile
conclusione
.
Ed
il
trionfo
,
con
un
finale
bruciante
ed
una
segnatura
netta
di
4-2
sull
'
Ungheria
non
ammette
neanche
una
discussione
di
semplice
accademia
.
Trionfo
ancora
più
netto
e
indiscutibile
che
non
fosse
stato
quello
del
1934
,
dove
si
vollero
sollevare
dubbi
ed
obiezioni
per
il
fatto
che
il
torneo
si
era
svolto
in
casa
nostra
e
la
finalissima
aveva
avuto
luogo
a
Roma
,
nell
'
antro
del
leone
...
Questa
volta
ci
siamo
battuti
nelle
condizioni
ambientali
più
difficili
.
Solo
gli
«
azzurri
»
in
tutto
il
corso
del
torneo
hanno
conosciuto
pubblico
ostile
,
ferocemente
ostile
,
nelle
due
partite
di
Marsiglia
,
che
potevano
per
noi
segnare
un
tracollo
.
Però
la
vecchia
Francia
dei
Paladini
si
è
riabilitata
,
in
fatto
di
cavalleria
,
a
Parigi
e
ne
traiamo
gli
auspici
per
giorni
molto
più
cordiali
tra
le
due
Nazioni
latine
.
Siamo
ben
lieti
questo
ci
preme
non
meno
del
titolo
mondiale
che
sulle
rive
della
Senna
si
sia
potuto
constatare
de
visu
,
con
quale
schietta
lealtà
e
fiera
bravura
sanno
battersi
gli
esponenti
della
gioventù
del
Littorio
.
Al
saluto
romano
degli
azzurri
,
per
la
seconda
volta
Campioni
del
Mondo
,
Parigi
non
ha
risposto
col
pugno
chiuso
dei
ciechi
faziosi
di
Marsiglia
,
ma
con
l
'
aperto
sorriso
e
l
'
applauso
d
'
un
riconoscimento
sincero
.